Raccomandazioni cliniche per i principali tumori solidi: tumori della mammella, del polmone, del colon-retto, della prostata e ginecologici Luglio 2005 Raccomandazioni cliniche per i principali tumori solidi: tumori della mammella, del polmone, del colon-retto, della prostata e ginecologici Direzione ITT Gianni Amunni Direttore Operativo Lucio Luzzatto Direttore Scientifico Luigi Biancalani Medico di Medicina Generale Maurizio Cantore Referente Scientifico Polo Oncologico Pisano (Area Vasta Nord-Ovest) Luigi Cataliotti Referente Scientifico Polo Oncologico Fiorentino (Area Vasta Centro) Luca Cionini Coordinatore Polo Oncologico Pisano (Area Vasta Nord-Ovest) Sergio Crispino Coordinatore Polo Oncologico Senese (Area Vasta Sud-Est) Luisa Fioretto Coordinatore Polo Oncologico Fiorentino (Area Vasta Centro) Michele Maio Referente Scientifico Polo Oncologico Senese (Area Vasta Sud-Est) Marco Rosselli Del Turco Direttore Istituto Scientifico per la Prevenzione Oncologica (CSPO) Alberto Zanobini Direzione Generale del Diritto alla Salute Regione Toscana Coordinatori dei Gruppi di Lavoro Carcinoma mammario Vito Distante, Angelo Di Leo Carcinoma polmonare Andrea Lopes Pegna Carcinoma del colon-retto Francesco Di Costanzo Carcinoma prostatico Andrea Chiavacci Tumori ginecologici Angiolo Gadducci Coordinamento editoriale Barbara Mengoni CSPO Progetto grafico, editing Sergio Landi, Beatrice Paolacci Scientific Press Hanno collaborato alla realizzazione del volume: Daniela Chiaramonte Regione Toscana Silvia Sciammacca Regione Toscana Rita Valle Consorzio Area Vasta Centro ISBN 88-86233-34-5 I capitoli in formato pdf sono disponibili allÕinterno del sito www.salute.toscana.it INDICE Presentazione Enrico Rossi pag. 7 Introduzione Gianni Amunni È 8 Introduzione Lucio Luzzatto È 9 Capitolo 1: Epidemiologia È 11 1.1 Introduzione È 12 1.2 Andamenti temporali È 12 1.3 Sopravvivenza È 13 1.4 Tabelle e grafici È 14 Capitolo 2: Raccomandazioni cliniche per il carcinoma mammario È 33 2.1 Introduzione È 37 2.2 Diagnosi 2.2.1 Screening 2.2.2 Diagnostica per immagini e strumentale 2.2.3 Anatomia patologica 2.2.4 Stadiazione È È È È È 37 37 39 43 48 2.3 Terapia 2.3.1 Terapia chirurgica 2.3.2 Radioterapia 2.3.3 Terapia medica 2.3.4 Conservazione della fertilitˆ È È È È È 48 48 53 58 61 2.4 Follow-up e riabilitazione 2.4.1 Chirurgia conservativa 2.4.2 Mastectomia 2.4.3 Riabilitazione È È È È 61 61 62 62 2.5 Bibliografia di riferimento È 65 2.6 Appendice 2.6.1 Algoritmi diagnostici 2.6.2 Algoritmi terapeutici 2.6.3 Classificazione in stadi 2.6.4 Protocollo riabilitativo 2.6.5 Scheda di valutazione 2.6.6 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni È È È È È È È 66 66 67 74 74 75 77 Capitolo 3: Raccomandazioni cliniche per il carcinoma polmonare È 79 3.1 Introduzione È 80 3.2 Diagnosi 3.2.1 Diagnosi precoce 3.2.2 Fasi diagnostiche e di stadiazione 3.2.3 Funzionalitˆ respiratoria: livelli decisionali per la resezione polmonare 3.2.4 Anatomia patologica È È È È È 80 80 81 81 82 3 INDICE 3.3 Terapia 3.3.1 Scelte terapeutiche per stadio 3.3.2 Terapia per condizioni cliniche particolari 3.3.3 Terapia del carcinoma a piccole cellule (SCLC) 3.3.4 Trattamenti palliativi È È È È È 83 83 85 86 86 3.4 Follow-up È 87 3.5 Bibliografia di riferimento È 88 3.6 Appendice 3.6.1 Classificazione isto-patologica 3.6.2 Grading istologico 3.6.3 Staging patologico del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) 3.6.4 Classificazione in stadi 3.6.5 Stadiazione del carcinoma a piccole cellule (SCLC) 3.6.6 Algoritmo diagnostico e di stadiazione 3.6.7 Algoritmi terapeutici 3.6.8 Algoritmo decisionale nella resezione polmonare 3.6.9 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo diagnostico e di stadiazione 3.6.10 Livelli di evidenza negli algoritmi terapeutici 3.6.11 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo per la terapia del carcinoma a piccole cellule (SCLC) 3.6.12 Algoritmo follow-up 3.6.13 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni È È È È È È È È È È È È È È 89 89 90 91 91 92 92 94 102 104 107 115 116 116 Capitolo 4: Raccomandazioni cliniche per il carcinoma del colon-retto È 117 4.1 Introduzione È 118 4.2 Diagnosi 4.2.1 Strategie di screening nella popolazione a rischio generico per CCR 4.2.2 Protocolli di sorveglianza nella popolazione a rischio aumentato per CCR 4.2.3 Anatomia patologica 4.2.4 Fattori biomolecolari, prognostici e predittivi 4.2.5 Esami di diagnosi e stadiazione È È È È È È 118 118 120 120 123 124 4.3 Terapia 4.3.1 Chirurgia: considerazioni generali 4.3.2 Trattamento integrato del carcinoma del colon 4.3.3 Trattamento integrato delle neoplasie del retto 4.3.4 Trattamento integrato della malattia avanzata colorettale 4.3.5 Trattamento integrato delle neoplasie epiteliali del canale anale 4.3.6 Trattamento integrato multidisciplinare delle metastasi 4.3.7 Trattamento integrato delle recidive del carcinoma del retto È È È È È È È È 127 127 128 129 131 133 134 135 4.4 Follow-up e riabilitazione 4.4.1 Premesse 4.4.2 Indicazioni per il follow-up clinico strumentale dei pazienti con carcinoma del colon e del retto 4.4.3 Riabilitazione del paziente operato per patologia colorettale È È È È 136 136 136 136 4.5 Bibliografia di riferimento È 139 4.6 Appendice 4.6.1 Classificazione anatomo-patologica 4.6.2 Classificazione in stadi 4.6.3 Modello organizzativo dello screening del carcinoma colorettale nella Regione Toscana 4.6.4 Interventi di diagnosi precoce e raccomandazioni per soggetti a rischio aumentato per CCR 4.6.5 Follow-up 4.6.6 Norme dietetiche nei pazienti ileostomizzati 4.6.7 Algoritmo per il programma di riabilitazione multimodale per incontinenza fecale 4.6.8 Algoritmo comunicazione con il paziente 4.6.9 Algoritmo diagnostico 4.6.10 Algoritmo terapeutico 4.6.11 Algoritmo valutazione pre-trattamento È È È È È È È È È È È È 140 140 141 144 145 146 146 147 147 148 148 149 4 INDICE 4.6.12 Algoritmo anatomia patologica 4.6.13 Algoritmo chemioterapia adiuvante 4.6.14 Algoritmo radioterapia 4.6.15 Algoritmo follow-up 4.6.16 Algoritmo trattamento del tumore avanzato 4.6.17 Trattamento delle metastasi epatiche 4.6.18 Ruolo del medico di medicina generale (MMG) 4.6.19 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni È È È È È È È È 149 150 150 151 151 151 152 154 Capitolo 5: Raccomandazioni cliniche per il carcinoma prostatico È 155 5.1 Introduzione È 156 5.2 Diagnosi 5.2.1 Screening 5.2.2 Diagnostica di laboratorio 5.2.3 Diagnostica per immagini e strumentale 5.2.4 Procedure bioptiche 5.2.5 Anatomia patologica È È È È È È 156 156 157 160 161 162 5.3 Terapia 5.3.1 Chirurgia 5.3.2 Radioterapia 5.3.3 Terapia medica 5.3.4 Trattamenti palliativi È È È È È 163 163 166 173 175 5.4 Follow-up e riabilitazione 5.4.1 Follow-up 5.4.2 Riabilitazione È È È 180 180 181 5.5 Bibliografia di riferimento È 182 5.6 Appendice 5.6.1 Classificazione anatomo-patologica 5.6.2 Classificazione in stadi 5.6.3 Algoritmo diagnostico 5.6.4 Algoritmo terapeutico 5.6.5 Algoritmo follow-up 5.6.6 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni È È È È È È È 183 183 183 184 185 185 186 Capitolo 6: Raccomandazioni cliniche per il carcinoma ovarico È 187 6.1 Introduzione È 188 6.2 Diagnosi 6.2.1 Screening 6.2.2 Anatomia patologica 6.2.3 Iter diagnostico 6.2.4 Stadiazione È È È È È 188 188 189 189 189 6.3 Terapia 6.3.1 Terapia integrata 6.3.2 Trattamento delle recidive 6.3.3 Trattamento palliativo È È È È 190 190 193 194 6.4 Follow-up È 194 6.5 Bibliografia di riferimento È 195 6.6 Appendice 6.6.1 Classificazione isto-patologica 6.6.2 Classificazione in stadi 6.6.3 Algoritmi terapeutici 6.6.4 Algoritmo diagnostico È È È È È 196 196 196 197 199 5 INDICE 6.6.5 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico 6.6.6 Algoritmo follow-up 6.6.7 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni È È È 199 200 200 Capitolo 7: Raccomandazioni cliniche per il carcinoma endometriale È 201 7.1 Introduzione È 202 7.2 Diagnosi 7.2.1 Screening 7.2.2 Anatomia patologica 7.2.3. Iter diagnostico 7.2.4. Stadiazione È È È È È 202 202 202 203 203 7.3 Terapia 7.3.1 Terapia integrata 7.3.2 Trattamento delle recidive È È È 204 204 207 7.4 Follow-up È 207 7.5 Bibliografia di riferimento È 208 7.6 Appendice 7.6.1 Classificazione istologica 7.6.2 Classificazione in stadi 7.6.3 Algoritmi terapeutici 7.6.4 Algoritmo diagnostico 7.6.5 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico tumori Tipo I 7.6.6 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico tumori Tipo II 7.6.7 Algoritmo follow-up 7.6.8 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni È È È È È È È È È 209 209 209 210 211 212 212 213 214 Capitolo 8: Raccomandazioni cliniche per il carcinoma cervicale È 215 8.1 Introduzione È 216 8.2 Diagnosi 8.2.1 Screening 8.2.2 Diagnosi clinica 8.2.3 Anatomia Patologica È È È È 216 216 218 218 8.3 Terapia 8.3.1 Terapia integrata 8.3.2 Terapia delle complicanze 8.3.3 Trattamento delle recidive È È È È 218 218 221 221 8.4 Follow-up È 222 8.5 Bibliografia di riferimento È 223 8.6 Appendice 8.6.1 Classificazione istologica 8.6.2 Classificazione in stadi 8.6.3 Algoritmi terapeutici 8.6.4 Algoritmo diagnostico 8.6.5 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico 8.6.6 Algoritmo follow-up 8.6.7 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni È È È È È È È È 224 224 225 225 227 227 228 230 6 PRESENTAZIONE La Regione Toscana ha fatto nel campo dellÕoncologia una scelta forte ed innovativa. Invece di concentrare in unÕunica struttura fisica parte delle strutture oncologiche, ha deciso di valorizzare le relazioni dellÕintera rete territoriale individuando come Istituto Toscano Tumori lÕinsieme dei servizi diffusi nel territorio. Si tratta di unÕoperazione complessa che riunisce in un unico sistema di governo non solo la prevenzione, la diagnosi e la cura, ma anche la medicina ospedaliera e quella territoriale, recependo i contributi sia del Servizio Sanitario Regionale che delle Universitˆ. LÕobiettivo di questa operazione • quello di intercettare la domanda di assistenza oncologica in tutto il territorio e di offrire al paziente accessi diffusi da cui attivare percorsi di cura il pi• omogenei possibile in cui siano garantiti la multidisciplinarietˆ, lÕappropriatezza, lÕattenzione allÕinnovazione. Sarˆ compito dellÕIstituto Toscano Tumori porsi nei confronti dellÕutenza toscana o extraregionale come lo snodo organizzativo che consente risposte di base di qualitˆ e valorizza al tempo stesso lÕinnovazione e lÕalta specializzazione inserendole nei diritti degli utenti. LÕazione della Regione Toscana non • solo nellÕorganizzazione dei percorsi assistenziali, ma lega ad essi un significativo investimento nel settore della ricerca, che collochi il nostro modello nella comunitˆ scientifica internazionale e che dia impulso al valore aggiunto per la clinica del trasferimento nellÕofferta assistenziale dellÕinnovazione che si genera negli studi di base. La pubblicazione di queste ÒRaccomandazioni cliniche per i principali tumori solidiÓ rappresenta un importante traguardo per i tanti professionisti che costituiscono lÕIstituto Toscano Tumori. Questo volume • la testimonianza di un lavoro ampio ed articolato ed • lÕaffermazione di una volontˆ di operare allÕinterno dellÕIstituto secondo protocolli diagnostici e terapeutici condivisi. Con questo documento si rafforza il senso di appartenenza degli operatori al sistema oncologico toscano e si offre ai cittadini uno strumento con cui crescere nella direzione del diritto ad avere cure adeguate e senza differenze di censo o di residenza. Questo volume costituisce un riferimento preciso su quelli che il sistema dellÕoncologia toscana considera ad oggi gli standards ottimali in campo diagnostico e terapeutico e, per il suo alto livello di condivisione, rappresenta una base su cui il governo regionale pu˜ e deve riferirsi negli interventi di programmazione sanitaria. Enrico Rossi Assessore al Diritto alla Salute Regione Toscana 7 INTRODUZIONE LÕIstituto Toscano Tumori si pone lÕobiettivo di garantire ai cittadini che accedono alle sue strutture qualitˆ diffusa nelle prestazioni, omogeneitˆ nei trattamenti, appropriatezza nei percorsi assistenziali. LÕIstituto a rete deve essere infatti in grado di garantire, in maniera gratuita, ad ogni utente la cura adeguata indipendentemente dalla sua residenza o dalla sede attraverso cui accede ai servizi. In pratica ogni paziente deve essere trattato secondo standards consolidati e al tempo stesso avere lÕopportunitˆ, quando se ne presenti effettivamente lÕindicazione, di accedere allÕalta specializzazione, alla tecnologia pesante, allÕinnovazione in campo diagnostico e terapeutico. Questo obiettivo di garantire omogeneitˆ nella qualitˆ e nellÕappropriatezza richiede una forte valorizzazione della rete dei servizi che passa attraverso la collaborazione tra le diverse Aziende Sanitarie e lÕalto livello di condivisione delle scelte cliniche da parte degli operatori. Queste ÒRaccomandazioni cliniche per i principali tumori solidiÓ rappresentano uno strumento fondamentale per rendere visibile ed operativa la possibilitˆ di avere comportamenti omogenei in tutta la rete dei servizi oncologici della Toscana. Alla realizzazione di questo volume hanno contribuito oltre 400 operatori provenienti da tutte le zone della nostra regione, appartenenti a diverse categorie professionali o settori specialistici, che per mesi hanno discusso e lavorato per costruire e condividere le principali indicazioni nellÕapproccio ai tumori del colon, della mammella, della prostata, del polmone e ginecologici. Per ciascuna di queste neoplasie • stato analizzato lÕintero percorso clinico, dalla prevenzione al follow-up o alla fase avanzata di malattia, individuando non solo il ruolo strategico della chirurgia, della chemioterapia e della radioterapia, ma anche i contributi di settori collaterali, ma non meno importanti, quali quello, ad esempio, della riabilitazione o della chirurgia ricostruttiva. Analogamente, in campo diagnostico si • cercato di definire le indagini irrinunciabili e individuare le precise indicazioni alle tecniche pi• sofisticate cercando di perseguire obiettivi di appropriatezza anche per le procedure innovative spesso ancora oggetto di valutazione nellÕambito della comunitˆ scientifica. Questo volume costituisce sicuramente una base di partenza che necessiterˆ di un continuo impegno di aggiornamento al punto che riteniamo che i diversi gruppi di lavoro che ne hanno curato la realizzazione debbano mantenere la loro operativitˆ, valutando costantemente le criticitˆ nellÕapplicazione e, soprattutto, le nuove acquisizioni da inserire. Un impegno prioritario per lÕIstituto Toscano Tumori sarˆ quello non solo di favorire la diffusione di questo strumento, ma anche e soprattutto quello di promuoverne lÕadesione da parte dellÕintero sistema della oncologia toscana, adottando adeguate procedure di monitoraggio. LÕIstituto Toscano Tumori ripone grandi aspettative in questo lavoro che ritiene una tappa fondamentale del proprio percorso di consolidamento, soprattutto per le garanzie che queste ÒRaccomandazioni cliniche per i principali tumori solidiÓ offrono al cittadino, allÕoperatore e al Sistema Sanitario Regionale. Il cittadino saprˆ che, pur accedendo nella propria Azienda Sanitaria di residenza, • comunque inserito in un programma di diagnosi e cura di qualitˆ e uguale in ogni parte del territorio regionale. LÕoperatore si sentirˆ parte di una comunitˆ che cerca di ragionare con gli stessi principi ed attua, con il contributo di tutti, scelte condivise. Il Sistema Sanitario Regionale avrˆ un prezioso riferimento, non solo nella ricerca dellÕappropriatezza, ma anche nella programmazione degli investimenti in campo oncologico. Gianni Amunni Direttore Operativo Istituto Toscano Tumori 8 INTRODUZIONE La missione dellÕITT • capire, curare e prevenire il cancro per tutti: vale a dire, nella nostra mente lÕimpegno nella ricerca • indissolubilmente legato alla realizzazione delle cure ottimali per tutti coloro che si trovano ad affrontare questa malattia. I progressi dellÕoncologia nellÕultimo trentennio compongono un quadro variegato. Mentre di fronte ad alcuni tumori siamo costretti a fare ancora, in molti casi, un atto di umiltˆ che deve stimolarci a nuovi approcci, per altri si sono raggiunti risultati dei quali possiamo, almeno rispetto al passato, andare fieri, con percentuali di guarigione definitiva superiori allÕ80%. Sono migliorate la diagnosi precoce e le terapie, ci sono stati anche spettacolari progressi nel comprendere le basi molecolari dei tumori, tuttavia, occorre ammettere che la ricerca di base sul cancro e lÕoncologia clinica hanno progredito in larga misura su binari paralleli. é ora urgente che queste due linee riescano invece a convergere, fino a fondersi una con lÕaltra. LÕelaborazione da parte dellÕITT di percorsi diagnostico-terapeutici ben precisi risponde proprio a queste esigenze. Da un lato, per vari tipi di tumori i trattamenti che risultano ottimali richiedono sempre pi• spesso approcci combinati, che devono essere gestiti da gruppi di professionisti (disease management teams) ciascuno dei quali agisca di concerto. DallÕaltro, numerosi studi indicano che centri specializzati nel trattamento dei tumori ottengono alla resa dei conti migliori risultati clinici ed almeno in parte ci˜ avviene proprio grazie al funzionamento di questi gruppi. Data la struttura a rete dellÕITT, lÕadozione di percorsi diagnostico-terapeutici unificati ha anche unÕaltra valenza: quella di offrire un trattamento ottimale non solo ai pazienti curati in un particolare ospedale, ma a tutti i pazienti della Toscana. Se • legittimo sperare, come si • detto, che questo approccio migliori i risultati terapeutici, • certo che esso costituisce anche la base per intraprendere ricerche cliniche: ad esempio, lÕidentificazione di gruppi relativamente omogenei di pazienti • quasi un pre-requisito per identificare fattori di rischio genetici e non genetici, o per stabilire correlazioni prognostiche che potranno infine orientare le opzioni terapeutiche disponibili nel modo pi• appropriato per il singolo paziente. é chiaro che questi percorsi, se rappresentano oggi lo stato dellÕarte, vanno adottati; per lo stesso motivo vanno tenuti sempre sotto vigilanza perchŽ siano periodicamente aggiornati. Questa edizione delle ÒRaccomandazioni cliniche per i principali tumori solidiÓ, intanto, dˆ testimonianza di un lungo lavoro eseguito in condivisione di intenti e di competenze e questo le conferisce un valore aggiunto di grande importanza. Pertanto, sono contento di avere questa occasione per ringraziare tutti coloro che hanno contribuito: essi avevano ben presente la missione dellÕITT e i pazienti che lÕITT deve aiutare a vivere meglio. Lucio Luzzatto Direttore Scientifico Istituto Toscano Tumori 9 CAPITOLO 1 EPIDEMIOLOGIA DESCRITTIVA DEI PRINCIPALI TUMORI SOLIDI A cura dell’Istituto Scientifico per la Prevenzione Oncologica (CSPO), Firenze Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Chellini Elisabetta Crocetti Emanuele Mantellini Paola (Coordinatore) Paci Eugenio Sacchettini Claudio Seniori Costantini Adele Specialità Epidemiologia Epidemiologia Epidemilogia Epidemiologia Statistica Epidemiologia Ente di Appartenenza CSPO Firenze CSPO Firenze CSPO Firenze CSPO Firenze CSPO Firenze CSPO Firenze CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica – Firenze 11 EPIDEMIOLOGIA 1.1 INTRODUZIONE Dal 1984 sono attivati in Regione Toscana il Registro di Mortalità Regionale (RMR) ed il Registro Tumori Toscano (RTT). Il RMR annualmente fornisce i dati relativi alla mortalità regionale con relativi tassi standardizzati per età e specifici per causa e sesso. Il RTT copre le province di Firenze e Prato e fornisce dati relativi a incidenza, sopravvivenza e prevalenza di patologia oncologica nella popolazione residente. È possibile quindi disporre dei tassi standardizzati di mortalità per causa oncologica per le 12 ASL toscane, mentre i tassi di incidenza sono calcolati solo nell’area coperta dal RTT. Il RTT è comunque in grado di produrre le stime dei casi incidenti e prevalenti per singola ASL al fine di dare un ordine di grandezza alle problematiche oncologiche utile alla pianificazione dei servizi secondo una metodologia che è descritta in maniera dettagliata sul sito www.cspo.it. I dati riportati di seguito sono relativi alle seguenti patologie oncologiche: tumori della mammella, del polmone, del colon-retto, dell’utero, dell’ovaio e della prostata. Nelle pagine che seguono sono illustrate alcune tabelle generali relative ai casi prevalenti stimati nella Regione, ai casi incidenti stimati per singola ASL e ai tassi standardizzati di mortalità per singola ASL. Per ogni tipologia di tumore sono inoltre illustrati sotto forma di grafico i trends temporali dei tassi standardizzati di mortalità a livello regionale e dei tassi standardizzati di incidenza nell’area di copertura del RTT. A confronto sono inoltre presenti i grafici dei trends temporali dei tassi standardizzati di mortalità, di incidenza e la sopravvivenza relativa riferita ai dati dei Registri Tumori Italiani, elaborati dall’Associazione Italiana Registri Tumori (Pool AIRT), che nel complesso coprono circa 1/3 della popolazione italiana. Infine, alcuni dati sulla sopravvivenza relativa dei tumori della prostata, della mammella, del polmone e del colon-retto nell’area di RTT. 1.2 ANDAMENTI TEMPORALI Il monitoraggio degli andamenti temporali è fondamentale per valutare l’effetto di cambiamenti nelle abitudini di vita della popolazione residente, nella esposizione a fattori di rischio e nel verificare l’efficacia dei sistemi di prevenzione, diagnosi e cura. Relativamente all’incidenza, i dati desunti dal RTT e i dati del Pool AIRT confermano che i tassi grezzi di incidenza aumentano più del doppio rispetto a quanto avviene per quelli standardizzati mentre per la mortalità hanno addirittura un trend opposto. Ciò è dovuto all’effetto dell’invecchiamento della popolazione con quote sempre più rilevanti di soggetti anziani nella popolazione residente. La composizione per età ha un effetto particolarmente rilevante per la patologia neoplastica considerando che i tassi di incidenza (ma anche di mortalità) sono dell’ordine di qualche decina di casi ogni 100.000 soggetti fino ai 30 anni, di centinaia di casi per 100.000 oltre i 50 anni. I tassi grezzi indicano qual è il carico per le strutture sanitarie. Il trend in aumento indica una crescente richiesta ai servizi diagnostici, terapeutici e assistenziali. I tassi grezzi rappresentano ciò che si osserva nella popolazione, ma in realtà un vero confronto temporale lo possiamo fare solo tramite i tassi standardizzati. L’aspetto più rilevante viene dall’osservazione dei dati standardizzati di mortalità, che indicano un trend in significativa riduzione che non è evidenziabile dall’esame dei tassi grezzi. Per quanto riguarda l’area coperta dal RTT l’incidenza risulta in aumento per il tumore della prostata e del colon-retto tra i maschi e per la mammella e il polmone tra le femmine, mentre una significativa riduzione si osserva per il polmone tra i maschi. L’incidenza risulta sostanzialmente stabile per i tumori ginecologici (corpo e cervice uterina e ovaio). Per quanto riguarda la mortalità, molte sedi hanno mostrato un trend alla riduzione, tra queste il polmone e la prostata tra i maschi, la mammella e i tumori dell’utero (corpo e cervice) tra le femmine, il colon-retto, anche se in minor misura, in entrambi i sessi. L’analisi degli andamenti temporali della patologia oncologica nell’area del Registro Tumori Toscano ci suggerisce alcuni spunti di riflessione: – Riduzione della mortalità, per il complesso delle cause tumorali e per molti dei tumori più rilevanti, tra questi il polmone e la prostata tra i maschi, la mammella tra le femmine e i tumori del colon-retto nei due sessi. Questi risultati sono dovuti a fenomeni diversi, alla riduzione dell’incidenza in condizioni di sopravvivenza relativamente stabile, come nel caso del tumore del polmone e ad un miglioramento del percorso diagnosticoterapeutico ipotizzabile per la mammella, la prostata ed il colon-retto. – Aumento dell’incidenza osservato per alcune forme, in parte legato ad una diffusione della diagnosi precoce, come nel caso della mammella e della prostata. Anche per i tumori del colon retto accanto ad un aumento dell’esposizione a fattori di rischio l’aumento dell’incidenza potrebbe essere legato in parte alla diffusione dell’attività di diagnosi precoce. Rilevante è l’aumento osservato nell’incidenza del tumore del polmone nella popolazione femminile opposto a quanto evidenziato per i maschi, effetto del diverso andamento dell’abitudine al fumo nei due sessi. 12 EPIDEMIOLOGIA – L’effetto dell’invecchiamento della popolazione, che provocherà un aumento del numero dei soggetti che si ammaleranno quasi doppio rispetto all’aumento vero dell’incidenza, con una crescente richiesta diagnosticoterapeutica per il servizio sanitario e determinerà inoltre, con l’allungamento della vita media e la riduzione della mortalità competitiva per altre cause, un aumento del numero assoluto dei decessi per tumore, anche se il tasso standardizzato di mortalità è in riduzione. 1.3 SOPRAVVIVENZA La sopravvivenza dei casi del RTT fornisce un indicatore medio sulla attesa di vita dei pazienti nella popolazione indipendentemente dai fattori prognostici più noti, come l’età, la diffusione della malattia alla diagnosi, il tipo di cura, ecc. Per l’insieme dei tumori la sopravvivenza a 5 anni registra valori pari al 43% nei maschi ed al 59% nelle donne. I valori di sopravvivenza riscontrati sono in linea con i livelli medi nazionali. La differenza, piuttosto marcata, nella sopravvivenza nei due sessi è dovuta prevalentemente alla diversa letalità delle forme tumorali che li colpiscono più frequentemente. Le variazioni temporali nella sopravvivenza a 3 e 5 anni mostrano una situazione in netto miglioramento per quasi tutte le sedi tumorali in entrambi i sessi. Per tutte le sedi si hanno variazioni in aumento a 3 e 5 anni pari rispettivamente di 10 e 7 punti percentuali nei maschi e di 7 e 6 punti nelle donne. Tra le sedi per le quali si registrano, soprattutto nei maschi, incrementi consistenti della sopravvivenza possiamo osservare il colon, il retto, la prostata. Per quanto riguarda la mammella femminile, la sopravvivenza, già superiore all’80% ad inizio periodo, è in costante miglioramento, avvicinandosi al 90% a 5 anni per i casi diagnosticati in anni più recenti. A questo risultato hanno contribuito la diffusione delle attività di diagnosi precoce, ampiamente presenti nell’area del Registro, e la diffusa applicazione dei protocolli terapeutici. Il tumore del polmone, oltre a rappresentare la più frequente sede tumorale negli uomini (attualmente affiancata dal colon-retto), risulta una delle sedi a peggior prognosi in entrambi i sessi. Non si registra ancora alcuna variazione temporale nella sopravvivenza che risulta, a 5 anni dalla diagnosi, stabile intorno all’11% per i maschi ed al 15% nelle donne. Questo indica che in media le possibilità di cura per questa patologia non sono cambiate in questo arco temporale e sottolinea ancora una volta la necessità di investire nella prevenzione primaria nell’attesa dei risultati dei recenti studi di efficacia sulla prevenzione secondaria. Per quanto riguarda la prostata si nota un miglioramento impressionante nella sopravvivenza a 5 anni con una variazione dal 45 al 72%, mentre un confronto a 3 anni evidenzia una variazione di circa 25 punti percentuali tra il 1985-88 ed il 1997-00. Tale risultato, in parte legato ai miglioramenti terapeutici, è largamente da attribuirsi alla diffusione del test per la ricerca dell’antigene prostatico specifico (PSA) nella popolazione studiata che porta alla diagnosi di molti tumori anche a comportamento particolarmente favorevole (possibilità di sovradiagnosi). 13 EPIDEMIOLOGIA 1.4 TABELLE E GRAFICI Tabella 1 - Stime dei casi prevalenti dei principali tumori solidi nella regione toscana (anno 2004, tutte le età) Sede Casi prevalenti Mammella (femmine) 28.511 Polmoni e bronchi 4772 Colon-retto 20.245 Ovaio 2280 Utero 7354 Prostata 12.115 Totale 75.277 Tabella 2 - Stime dei casi incidenti per azienda sanitaria: anno 2004, tutte le età, femmine ASL Mammella Polmone Colon-retto Ovaio Utero 1 Massa Carrara 177 26 81 26 47 2 Lucca 208 40 89 27 43 3 Pistoia 231 42 118 30 61 4 Prato 188 23 91 24 34 5 Pisa 307 41 138 41 60 6 Livorno 376 56 165 44 67 7 Siena 248 35 135 39 51 8 Arezzo 247 44 141 42 66 9 Grosseto 213 32 114 29 55 10 Firenze 785 136 352 87 160 11 Empoli 184 24 107 25 47 12 Versilia 159 32 69 20 35 Totale 3323 531 1600 434 726 Tabella 3 - Stime dei casi incidenti per azienda sanitaria: anno 2004, tutte le età, maschi ASL Polmone Colon-retto Prostata 1 Massa Carrara 120 110 135 2 Lucca 130 100 141 3 Pistoia 151 163 154 4 Prato 123 128 125 5 Pisa 172 191 213 6 Livorno 183 216 241 7 Siena 113 186 214 8 Arezzo 141 200 234 9 Grosseto 115 155 171 10 Firenze 430 439 572 11 Empoli 109 129 149 12 Versilia 112 91 96 Totale 1899 2108 2445 14 EPIDEMIOLOGIA Tabella 4 - Tassi standardizzati x 100.000 di mortalità, per azienda sanitaria (anni 1999-2001, tutte le età, femmine) ASL 1 Massa Carrara Mammella 21,3 Polmone 9,0 Colon-retto 14,4 Ovaio 7,0 Utero 6,0 2 Lucca 27,3 13,4 15,9 9,1 5,6 3 Pistoia 22,1 10,6 20,7 5,8 6,5 4 Prato 24,1 8,7 17,9 8,0 4,0 5 Pisa 26,3 13,1 18,1 7,4 6,1 6 Livorno 25,0 10,5 17,9 7,3 4,8 7 Siena 22,0 6,9 20,8 8,2 3,3 8 Arezzo 20,3 12,0 17,5 5,1 4,6 9 Grosseto 21,9 11,8 16,5 8,3 7,5 10 Firenze 24,9 13,5 19,3 7,4 6,4 11 Empoli 19,7 8,3 19,8 6,1 6,3 12 Versilia 25,0 16,9 19,0 7,3 6,7 Tabella 5 - Tassi standardizzati x 100.000 di mortalità per azienda sanitaria (anni 1999-2001, tutte le età, maschi) ASL Polmone Colon-retto Prostata 1 Massa Carrara 84,5 27,0 15,4 2 Lucca 76,6 25,3 21,1 3 Pistoia 73,1 31,2 16,9 4 Prato 74,2 35,4 17,9 5 Pisa 71,3 30,8 17,3 6 Livorno 68,0 34,1 17,0 7 Siena 54,7 31,5 20,3 8 Arezzo 56,2 26,3 18,5 9 Grosseto 69,0 34,9 18,0 10 Firenze 62,9 31,4 18,6 11 Empoli 66,1 27,5 19,6 12 Versilia 83,6 31,6 19,2 Figura 1 - Cancro della mammella (femmine): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di mortalità nella Regione Toscana. Medie mobili a 3 anni: medie aritmetiche di 3 tassi standardizzati annuali in successione. 15 EPIDEMIOLOGIA Figura 2 - Cancro della mammella (femmine > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza Registro Tumori Toscano. Figura 3 - Cancro della mammella (femmine > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. 16 EPIDEMIOLOGIA Figura 4 - Cancro della mammella (femmine): sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. Figura 5 - Cancro del polmone e dei bronchi: trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di mortalità nella Regione Toscana (maschi e femmine, tutte le età). Medie mobili a 3 anni: medie aritmetiche di 3 tassi standardizzati annuali in successione. 17 EPIDEMIOLOGIA Figura 6 - Cancro del polmone e dei bronchi (maschi > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza. Registro Tumori Toscano. Figura 7 - Cancro del polmone e dei bronchi (femmine > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza. Registro Tumori Toscano. 18 EPIDEMIOLOGIA Figura 8 - Cancro del polmone e dei bronchi (maschi > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. Figura 9 - Cancro del polmone e dei bronchi (femmine > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. 19 EPIDEMIOLOGIA Figura 10 - Cancro del polmone e dei bronchi (maschi): sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. Figura 11 - Cancro del polmone e dei bronchi (femmine): sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. 20 EPIDEMIOLOGIA Figura 12 - Cancro del colon-retto (maschi e femmine, tutte le età): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di mortalità nella Regione Toscana. Medie mobili a 3 anni: medie aritmetiche di 3 tassi standardizzati annuali in successione. I PROSSIMI GRAFICI SONO RIFERITI ALLA SEDE COLON, MENTRE LA SEDE RETTO NON È ILLUSTRATA IN QUESTO TESTO Figura 13 - Cancro del colon (maschi > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati di incidenza. Registro Tumori Toscano. 21 EPIDEMIOLOGIA Figura 14 - Cancro del colon (femmine > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati di incidenza. Registro Tumori Toscano. Figura 15 - Cancro del colon (maschi > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. 22 EPIDEMIOLOGIA Figura 16 - Cancro del colon (femmine > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. Figura 17 - Cancro del colon (maschi): sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. 23 EPIDEMIOLOGIA Figura 18 - Cancro del colon (femmine): sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. Figura 19 - Cancro dell’utero (cervice e corpo): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di mortalità nella Regione Toscana. Medie mobili a 3 anni: medie aritmetiche di 3 tassi standardizzati annuali in successione. 24 EPIDEMIOLOGIA Figura 20 - Cancro dell’utero (cervice > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza nella Regione Toscana. Figura 21 - Cancro dell’utero (corpo > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza. Registro Tumori Toscano. 25 EPIDEMIOLOGIA Figura 22 - Cancro dell’utero (cervice > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. Figura 23 - Cancro dell’utero (corpo > 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. 26 EPIDEMIOLOGIA Fig. 24 - Cancro dell’utero (cervice): sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. Figura 25 - Cancro dell’utero (corpo): sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. 27 EPIDEMIOLOGIA Figura 26 - Cancro dell’ovaio: trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di mortalità nella Regione Toscana. Medie mobili a 3 anni: medie aritmetiche di 3 tassi standardizzati annuali in successione. Figura 27 - Cancro dell’ovaio (> 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza nella Regione Toscana. Registro Tumori Toscano. 28 EPIDEMIOLOGIA Figura 28 - Cancro dell’ovaio (> 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. Figura 29 - Cancro dell’ovaio: sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. 29 EPIDEMIOLOGIA Figura 30 - Cancro della prostata: trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di mortalità nella Regione Toscana (tutte le età). Medie mobili a 3 anni: medie aritmetiche di 3 tassi standardizzati annuali in successione. Figura 31 - Cancro della prostata (> 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza. Registro Tumori Toscano. 30 EPIDEMIOLOGIA Figura 32 - Cancro della prostata (> 14 anni): trend temporale dei tassi standardizzati (x 100.000) di incidenza e mortalità. Pool AIRT. Figura 33 - Cancro della prostata: sopravvivenza relativa percentuale per periodo di diagnosi. Pool AIRT e Registro Tumori Toscano. 31 CAPITOLO 2 RACCOMANDAZIONI CLINICHE PER IL CARCINOMA MAMMARIO Coordinatori: Vito Distante*, Angelo Di Leo** * Chirurgia Generale 2, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze ** Oncologia Medica, Azienda Unitˆ Sanitaria Locale 4 Prato Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Algeri Renato Ambrogetti Daniela Angelucci Claudio Angiolini Catia Angiolucci Giovanni Apicella Paola Arena Angela Arrighi Massimo Bagnolesi Paolo Bagnoli Rita Bagnolo Maria Teresa Baldelli Massimo Baldini Editta Baldocchi Roberto Baldoncini Alfonso Bardelli Andrea Barsanti Gemma Bartalucci Elena Bartolozzi Carlo Battaglia Alessandro Battaglia Alessandro Bellandi Giuseppe Bernardini Roberto Berni Daniela Bernini Andrea Bertolaccini Pietro Bertoncini Gianfranco Bevilacqua Generoso Biancalani Mauro Bianchi Simonetta Bizzarri Giuseppe Borelli Monica Bosio Manrico Braccini Giovanni Brancato Beniamino Briganti Stefania Brugnoli Patrizia Buonavia Alessandra Burroni Luca Burroni Maria Grazia Calabrese Claudio Calandri Patrizio Caloni Vittorio Camerini Emilio Capecchi Alma Caponi Claudio Carassale Gianluca Caridi Gabriele Cariti Giuseppe Carli Anton Ferdinando Specialitˆ Oncologia Radiodiagnostica Radiodiagnostica Oncologia Radiodiagnostica Anatomia patologica Medicina nucleare Chirurgia Radiodiagnostica Radioterapia Fisioterapia Chirurgia plastica Oncologia Chirurgia Medicina nucleare Radiodiagnostica Oncologia Oncologia Radiodiagnostica Chirurgia Fisiatria Radiodiagnostica Chirurgia Radiodiagnostica Chirurgia Medicina nucleare Oncologia Anatomia patologica Anatomia patologica Anatomia patologica Chirurgia Fisioterapia Radioterapia Radiodiagnostica Radiodiagnostica Fisioterapia Fisioterapia Radiodiagnostica Medicina nucleare Fisioterapia Chirurgia Chirurgia Chirurgia Radiodiagnostica Fisioterapia Chirurgia Chirurgia Chirurgia Ginecologia Chirurgia Ente di Appartenenza ASL 9 Grosseto CSPO Firenze ASL 9 Grosseto ASL 10 Firenze ASL 8 Arezzo ASL 3 Pistoia ASL 4 Prato ASL 5 Pisa ASL 6 Livorno ASL 8 Arezzo ASL 2 Lucca ASL 8 Arezzo AOU Pisa ASL 2 Lucca ASL 8 Arezzo ASL 6 Livorno ASL 2 Lucca ASL 10 Firenze AOU Pisa ASL 4 Prato ASL 12 Versilia ASL 3 Pistoia ASL 6 Livorno AOUC Firenze AOU Siena ASL 1 Massa Carrara ASL 3 Pistoia AOU Pisa ASL 11 Empoli AOUC Firenze AOU Pisa ASL 3 Pistoia ASL 6 Livorno ASL 5 Pisa CSPO Firenze ASL 6 Livorno Fondazione File Firenze ASL 9 Grosseto AOU Siena AOU Siena AOUC Firenze ASL 3 Pistoia ASL 8 Arezzo ASL 12 Versilia ASL 3 Pistoia ASL 11 Empoli AOUC Firenze Libero professionista ASL 8 Arezzo AOU Siena 33 CARCINOMA MAMMARIO Carli Antonella Casella Donato Castagna Rita Catarzi Sandra Cavani Paolo Cenci Anna Maria Chiarugi Cristina Chiavacci Andrea Ciatti Viviana Cignoni Umberto Cilotti Anna Ciriello Rosa Maria Collini Grazia Consalvo Matteo Cortini Sandro Cosi Barbara Cossu Maria Cristina Cozza Sabino Cristiano Giuseppe Cruciani Anna DÕAniello Carlo Del Frari Anna De Santi Carlo Di Giacomo Anna Maria Di Ienno Alderico Dini Mario Ducci Francesco Duetti Cristiana Ercolini Enrica Erra Fabrizio Evangelista Giuseppe Falaschi Fabio Fallani Elena Falli Francesco Falossi Enzo Fargnoli Rossana Fatigante Lucia Fiaschi Elena Fiaschi Valentino Filidei Mario Filomena Alessandro Francesconi Duilio Gambacorta Giuseppina Gavilli Sergio Gazzarri Gabriele Gentili Cesare Geri Stefania Ghinassi Rosalba Giani Sergio Giannessi Piergiorgio Giannini Augusto Giovannelli Franco Giulianotti P. Cristoforo Giustarini Gloria Goletti Orlando Grechi Morando Guarnieri Alfredo Guerrini Fiorenza Hayward Patricia Herd-Smith Andrea Innocenti Paolo Laddaga Cristina 34 Fisioterapia Chirurgia Fisioterapia Radiodiagnostica Radiodiagnostica Fisioterapia Chirurgia plastica Radioterapia Fisioterapia Chirurgia Radiodiagnostica Fisioterapia Radiodiagnostica Radiodiagnostica Fisioterapia Fisioterapia Radiodiagnostica Radiodiagnostica Radiodiagnostica Radiodiagnostica Chirurgia plastica Fisioterapia Radiodiagnostica Oncologia Chirurgia Chirurgia plastica Radioterapia Fisioterapia Radiodiagnostica Radiodiagnostica Chirurgia Radiodiagnostica Fisioterapia Chirurgia Fisioterapia Radiodiagnostica Radioterapia Fisiatria Fisioterapia Oncologia Chirurgia Chirurgia Anatomia patologica Oncologia Fisioterapia Anatomia patologica Fisioterapia Radiodiagnostica Radiodiagnostica Oncologia Anatomia patologica Radiodiagnostica Chirurgia Anatomia patologica Chirurgia Radiodiagnostica Chirurgia Radiodiagnostica Fisioterapia Chirurgia Radiodiagnostica Fisiatria ASL 2 Lucca AOUC Firenze ASL 9 Grosseto CSPO Firenze ASL 9 Grosseto ASL 11 Empoli ASL 10 Firenze ASL 3 Pistoia ASL 6 Livorno ASL 6 Livorno AOU Pisa ASL 3 Pistoia ASL 10 Firenze ASL 10 Firenze AOUC Firenze ASL 10 Firenze AOU Pisa ASL 5 Pisa ASL 3 Pistoia ASL 4 Prato AOU Siena CGFS Prato ASL 2 Lucca AOU Siena ASL 3 Pistoia AOUC Firenze ASL 2 Lucca ASL 9 Grosseto ASL 2 Lucca ASL 12 Versilia AOU Pisa AOU Pisa ASL 3 Pistoia ASL 4 Prato ASL 5 Pisa ASL 4 Prato AOU Pisa AOU Pisa ASL 7 Siena ASL 5 Pisa ASL 10 Firenze ASL 12 Versilia ASL 10 Firenze Casa di Cura Villanova Firenze ASL 6 Livorno ASL 12 Versilia ASL 3 Pistoia ASL 8 Arezzo AOU Siena ASL 6 Livorno ASL 4 Prato ASL 10 Firenze ASL 9 Grosseto ASL 11 Empoli ASL 5 Pisa ASL 9 Grosseto AOU Siena ASL 2 Lucca ASL 6 Livorno ASL 10 Firenze ASL 10 Firenze ASL 5 Pisa CARCINOMA MAMMARIO La Magra Lidia Lambruschi Giorgio Landucci Elisabetta Lazzeri Stefania Livi Lorenzo Lombardi Cristina Lopane Paolo Lorenzini Paola Lucian˜ Sergio Luzi Pietro Maggi Lorenzo Magi Diligenti Pierluigi Magnanini Simonetta Maltagliati Franco Mameli Lina Manca Giuseppe Manfredini Giulia Maranghi Paolo Marchetti Gabriella Marconi Aroldo Mariani Giuliano Marri Licia Marrucci Andrea Martignetti Angelo Martini Stefano Martini Varesco Masi Andrea Masini Patrizia Massei Alessandro Mazzanti Roberto Mazzia Francesco Mazzucca Nicola Medi Francesco Megha Tiziana Menchi Ilario Meucci Giuseppe Meucci Ilaria Mignogna Marcello Mirri Francesco Modena Donata Molea Nicola Morrone Doralba Mucci Luisa Mungai Valiano Muraca Maria Grazia Nannelli Alessandro Nicolis Cristina Noccioli Walter Nori Jacopo Orzalesi Lorenzo Pacini Patrizio Pagani Elisabetta Pagliai Eliana Francesca Paoli Franco Paoli Marcello Papi Francesca Pattarino Eugenio Pesciullesi Enrico Petretti Cristina Pezzatini Vanna Pezzoli Paolo Picchi Gloria Piccolomini Alessandro Anatomia patologica Radiodiagnostica Oncologia Radiodiagnostica Radioterapia Fisioterapia Oncologia Fisioterapia Radiodiagnostica Anatomia patologica Oncologia Radiodiagnostica Oncologia medica Radiodiagnostica Radiodiagnostica Chirurgia Medicina nucleare Radiodiagnostica Anatomia patologica Chirurgia Medicina nucleare Fisioterapia Radiodiagnostica Oncologia Fisiatria Oncologia Radiodiagnostica Fisioterapia Chirurgia plastica Oncologia Radiodiagnostica Medicina nucleare Chirurgia Anatomia patologica Radiodiagnostica Chirurgia Oncologia Radioterapia Anatomia patologica Fisioterapia Medicina nucleare Radiodiagnostica Radiodiagnostica Radioterapia Oncologia Chirurgia plastica Fisioterapia Fisioterapia Radiodiagnostica Chirurgia Radiodiagnostica Chirurgia Chirurgia Radiodiagnostica Chirurgia Fisioterapia MMG Medicina nucleare Fisioterapia Fisioterapia Fisioterapia Chirurgia Chirurgia ASL 8 Arezzo ASL 1 Massa Carrara AOUC Firenze ASL 10 Firenze AOUC Firenze CSPO Firenze ASL 6 Livorno ASL 1 Massa Carrara ASL 8 Arezzo AOU Siena ASL 10 Firenze AOUC Firenze ASL 8 Arezzo ASL 2 Lucca ASL 5 Pisa AOUC Firenze ASL 1 Massa Carrara ASL 10 Firenze AOU Pisa ASL 2 Lucca AOU Pisa ASL 2 Lucca ASL 11 Empoli ASL 7 Siena ASL 7 Siena ASL 10 Firenze AOUC Firenze ASL 9 Grosseto AOU Pisa AOUC Firenze ASL 6 Livorno ASL 9 Grosseto ASL 12 Versilia AOU Siena ASL 10 Firenze ASL 6 Livorno ASL 10 Firenze ASL 2 Lucca ASL 8 Arezzo ASL 2 Lucca ASL 6 Livorno CSPO Firenze ASL 7 Siena AOUC Firenze CSPO Firenze AOUC Firenze ASL 3 Pistoia AOU Pisa AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 3 Pistoia ASL 2 Lucca ASL 6 Livorno ASL 9 Grosseto ASL 10 Firenze CSPO Firenze ASL 10 Firenze ASL 8 Arezzo ASL 2 Lucca ASL 12 Versilia CSPO Firenze ASL 4 Prato AOU Siena 35 CARCINOMA MAMMARIO Pieraccini Maria Grazia Pieraccini Paolo Pieralli Paolo Pierinelli Catia Pierucci Barbara Pietrini Flavio Pingitore Raffaele Pirtoli Luigi Puccinelli Paolo Reali Umberto Maria Rettori Marco Righi Diana Rinaldini Michela Risso Gabriella Gemma Romei Renato Roncella Manuela Rondanelli Erasmo Rosafio Grazia Rosselli Pierluigi Rossi Armando Rumine Mariangela Sab˜ Claudio Sagliocco Laura Salvadori Adriana Sanchez Luis JosŽ Santini Massimo Santini Sandro Santucci Marco Sarnelli Roberta Segenni Luciana Sforza Vincenzo Simoncini Roberta Sonnati Giuliana Taddei Gian Luigi Tagliagambe Angiolo Tani Angela Tanzini Gabriello Tarchi Roberto Taschini Renzo Tassinari Gina Tavella Ketty Teglia Claudio Tinacci Galliano Torri Tito Tosi Piero Truglia Mara Tucci Enrico Vaggelli Luca Valchera Anna Vattimo Angelo Vegni Giovanni Venezia Simone Vezzosi Vania Viti Maurizio Zanchini Carla Zeroni Grazia Zini Enzo Zito Alessandra Zolfanelli Federica Chirurgia Fisioterapia Chirurgia Fisioterapia Fisioterapia Anatomia patologica Anatomia patologica Radioterapia Oncologia Chirurgia plastica Chirurgia Fisioterapia Oncologia Radiodiagnostica Chirurgia Chirurgia Anatomia patologica Fisioterapia Chirurgia Anatomia patologica Radiodiagnostica Anatomia patologica Fisioterapia Anatomia patologica Chirurgia Fisioterapia Radiodiagnostica Anatomia patologica Anatomia patologica Fisiatria Anatomia patologica Chirurgia Radiodiagnostica Anatomia patologica Radioterapia Radiodiagnostica Chirurgia Medicina nucleare Radiodiagnostica Chirurgia Oncologia ginecologica Chirurgia Anatomia patologica Radiodiagnostica Anatomia patologica Anatomia patologica Radioterapia Medicina nucleare Radiodiagnostica Medicina nucleare Radiodiagnostica Radiodiagnostica Anatomia patologica Chirurgia Fisioterapia Fisioterapia Anatomia patologica Fisiatria Anatomia patologica ASL 9 Grosseto ASL 10 Firenze ASL 8 Arezzo ASL 4 Prato AOUC Firenze ASL 1 Massa Carrara AOU Pisa AOU Siena ASL 12 Versilia ASL 10 Firenze ASL 4 Prato AOU Siena ASL 8 Arezzo CSPO Firenze AOU Siena AOU Pisa ASL 9 Grosseto ASL 3 Pistoia ASL 4 Prato ASL 9 Grosseto ASL 10 Firenze ASL 2 Lucca ASL 12 Versilia ASL 10 Firenze AOUC Firenze ASL 1 Massa Carrara ASL 11 Empoli AOUC Firenze ASL 6 Livorno ASL 5 Pisa ASL 8 Arezzo AOUC Firenze ASL 9 Grosseto AOUC Firenze ASL 1 Massa Carrara ASL 6 Livorno AOU Siena ASL 2 Lucca CSPO Firenze ASL 1 Massa Carrara AOUC Firenze ASL 10 Firenze ASL 10 Firenze ASL 1 Massa Carrara AOU Siena ASL 4 Prato ASL 9 Grosseto AOUC Firenze ASL 12 Versilia AOU Siena ASL 5 Pisa ASL 7 Siena AOUC Firenze ASL 6 Livorno AOUC Firenze ASL 10 Firenze ASL 10 Firenze ASL 8 Arezzo ASL 10 Firenze AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Ð Firenze; AOU Pisa = Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; AOU Siena = Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese; ASL = Azienda Sanitaria Locale; CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Ð Firenze; MMG = Medico di Medicina Generale 36 CARCINOMA MAMMARIO 2.1 INTRODUZIONE Il carcinoma della mammella • il tumore pi• frequente nel sesso femminile ed • la principale causa di morte nelle donne occidentali fra i 40 ed i 50 anni. Negli ultimi anni si • registrato nella nostra Regione, come in molti paesi occidentali, una significativa riduzione della mortalitˆ. Questo risultato • stato raggiunto grazie ai progressi terapeutici ed alla diagnosi precoce, alla quale ha contribuito la diffusione degli screening mammografici. I progressi nel trattamento delle pazienti affette da carcinoma mammario hanno portato ad un miglioramento della sopravvivenza e della qualitˆ della vita. Dal tempo di Halsted, il trattamento chirurgico del carcinoma mammario • radicalmente cambiato. Il numero degli interventi chirurgici demolitivi si • progressivamente ridotto e questo ha portato ad un miglioramento della qualitˆ della vita e a un netto calo delle complicanze. La terapia chirurgica conservativa ha permesso di ottenere ottimi risultati estetici senza un aumento del tasso di recidive locali ed un peggioramento della sopravvivenza. Sono stati favoriti infatti approcci chirurgici conservativi sia a livello mammario che linfonodale. Questi risultati sono stati raggiunti attraverso una costante integrazione con le altre discipline. Per questi motivi la paziente affetta da una patologia mammaria dovrebbe essere seguita in tutto il suo percorso da un Gruppo Interdisciplinare. LÕevoluzione terapeutica e lÕavvento di recenti metodiche, sia in campo diagnostico che terapeutico, hanno ulteriormente confermato la necessitˆ di una valutazione collegiale per una corretta programmazione terapeutica. Il Gruppo Interdisciplinare Senologico, costituito da operatori con un adeguato livello di formazione, comprende i seguenti specialisti: Ð anatomopatologo Ð chirurgo Ð chirurgo plastico Ð genetista Ð medico nucleare Ð medico di medicina generale Ð oncologo Ð psicologo Ð infermiere Ð radiologo Ð radioterapista Ð tecnico di radiologia Ð terapista della riabilitazione Tra questi specialisti, alcuni possono essere disponibili anche come consulenti esterni e quindi operare in diverse strutture. Il gruppo deve favorire la conduzione di studi clinici e monitorare i risultati attraverso la verifica degli indicatori di qualitˆ raccomandati sia a livello nazionale che europeo. 2.2 DIAGNOSI 2.2.1 Screening 2.2.1.1 Obiettivi dello screening LÕobiettivo principale dei programmi di screening mammografico • quello di diminuire la mortalitˆ specifica per cancro della mammella nella popolazione invitata ad effettuare periodici controlli. La riduzione dei tassi di malattia diagnosticata in stadio avanzato conseguente allÕanticipazione diagnostica pu˜ determinare inoltre un miglioramento in termini di qualitˆ di vita favorendo la diffusione di trattamenti di tipo conservativo. Per valutare lÕefficacia dello screening mammografico nel ridurre la mortalitˆ per cancro della mammella sono stati condotti ben 8 studi randomizzati, tra la metˆ degli anni Ô60 e gli anni Ô90, con oltre 650.000 donne arruolate. Questi studi sono caratterizzati da molte differenze relativamente al test di screening offerto (mammografia in 1 o 2 proiezioni, singola o doppia lettura, qualitˆ del test, associazione dellÕesame clinico), alle fasce di etˆ coinvolte e alla frequenza dellÕintervallo di screening. Recentemente lÕAgenzia Internazionale contro il Cancro (IARC) di Lione ha riunito un gruppo di lavoro per rivalutare le evidenze disponibili sulla efficacia dello screening mammografico che, in conclusione, ha stimato che la partecipazione allo screening organizzato riduce la probabilitˆ di morire per cancro della mammella del 35%. Naturalmente il trasferimento dei risultati ottenuti negli studi controllati al servizio sanitario richiede che gli stessi livelli qualitativi (se non superiori) siano assicurati, tramite la necessaria formazione degli operatori e lÕimplementazione di un adeguato programma di assicurazione di qualitˆ, come raccomandato dalle Linee Guida europee (prima edizione). 37 CARCINOMA MAMMARIO 2.2.1.2 Raccomandazioni Il Ministero della Sanitˆ ha pubblicato nel 1996 (supplemento ordinario alla G.U. n. 127 del 1¡ Giugno 1996) le Linee Guida elaborate dalla Commissione Oncologica Nazionale che riportano: ÒLa risposta pi• efficace ed efficiente a questa domanda di prevenzione • lÕattivazione di programmi di screening mammografico e di progetti di alta qualitˆ indirizzati alle donne nelle fasce di etˆ a maggior rischio, con prioritˆ per le donne in etˆ compresa tra 50 e 69 anniÓ. Queste indicazioni sono state riprese ed aggiornate nelle Linee Guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e lÕassistenza in oncologia contenute nellÕaccordo tra Ministero della Sanitˆ e regioni e province autonome (supplemento ordinario alla G.U. n. 100 del 2 Maggio 2001) che conferma tra gli obiettivi specifici intermedi la ÒPromozione di programmi di screening di documentata efficacia, per la diagnosi precoce in tutte le Regioni ItalianeÓ e fornisce chiare indicazioni per la pianificazione e valutazione di questi programmi. Coerentemente a queste indicazioni, alle raccomandazioni del Consiglio dellÕUnione Europea del 2 Dicembre 2003, alla Legge n. 138 del 26 Maggio 2004, la Regione Toscana sin dal 1999 ha deciso di rendere operativi programmi di screening mammografico ugualmente distribuiti sul territorio. Il Piano Sanitario Regionale 2005-2007, recentemente approvato, individua come obiettivo prioritario la piena estensione del programma di screening sul territorio regionale e il raggiungimento di unÕadesione allÕinvito dellÕ80% entro il triennio. 2.2.1.3 Possibili sviluppi di programmi organizzati per la diagnosi precoce dei tumori della mammella FASCIA DI ETË é oggetto di attenta valutazione la possibilitˆ di estendere i programmi di screening mammografico alla fascia di etˆ 70-74 anni in considerazione della maggiore attesa di vita delle donne in etˆ anziana e della crescente disponibilitˆ di trattamenti efficaci. In questa etˆ la mammografia ha una migliore sensibilitˆ e la durata della fase pre-clinica • maggiore, deponendo per una maggiore possibilitˆ di diagnosi anticipata. Ad esempio, oggi, una donna di 70 anni ha unÕaspettativa di vita di circa 15 anni e quindi, evidenziando lo screening i primi benefici dopo 4-5 anni, • opportuno che non interrompa i controlli mammografici. é auspicabile lÕavvio di stime di costo/efficacia, basate su modelli di simulazione matematica, per determinare il costo marginale di ogni anno di vita salvato tramite lÕinnalzamento della fascia di etˆ allÕinvito. In particolare le donne rispondenti allÕinvito di screening sono probabilmente in buona salute e potrebbero beneficiare della diagnosi anticipata anche dopo i 70 anni: appare quindi razionale estendere lÕinvito allo screening mammografico fino a 74 anni almeno per le donne rispondenti. La valutazione costo-benefici dello screening mammografico in etˆ pre-menopausale resta un problema ancora aperto. Recenti evidenze, in particolare derivanti dallo studio randomizzato condotto a Gothenborg, suggeriscono che, con una mammografia di buona qualitˆ e un intervallo pi• ravvicinato, il benefico in termini riduzione percentuale della mortalitˆ nelle donne in etˆ 40-49 anni allÕinvito potrebbe essere equivalente a quello ottenibile nelle donne oltre i 50 anni. Nelle donne pi• giovani, comunque, il rapporto costo-beneficio • meno favorevole a causa della minore incidenza di tumori, della maggiore proporzione di lesioni benigne, di possibile sovra-diagnosi ed • quindi necessario assicurare una massima qualitˆ del test di screening. In conclusione si ritiene che le Aziende Sanitarie debbano garantire in via prioritaria unÕadeguata copertura della popolazione femminile dai 50 ai 69 anni, possibilmente estendendo lÕinvito alle rispondenti fino a 74 anni Inoltre deve essere favorito lÕaccesso spontaneo ai controlli mammografici alle donne oltre i 70 anni e in quelle tra i 40-49 anni con prioritˆ per le donne oltre i 45 anni per le quali vige lÕesenzione al pagamento prevista dalla legge finanziaria del 2001. FREQUENZA DELLO SCREENING MAMMOGRAFICO La maggior parte degli studi controllati e dei programmi nazionali utilizza un controllo biennale o triennale (UK) nelle donne al di sopra dei 50 anni, e sia lo studio controllato inglese (UKCCR) che altre stime basate su modelli di simulazione predicono che il controllo annuale nelle donne oltre i 50 anni apporterebbe un modesto effetto potenziale sulla riduzione di mortalitˆ. Peraltro analoghi modelli (Duffy et al) predicono che, a causa della maggiore velocitˆ di progressione dei tumori della mammella in pre-menopausa, lÕintervallo pi• frequente (12-18 mesi) assume particolare importanza nella fascia di etˆ 40-49 anni. Riteniamo quindi che per considerazioni di costo-efficacia lÕintervallo biennale resti quello pi• indicato per le donne oltre i 50 anni riservando eventualmente intervalli pi• frequenti (12-18 mesi) per le donne che spontaneamente richiedono il controllo nella fascia di etˆ 40-49. INTEGRAZIONI AL TEST DI SCREENING MAMMOGRAFICO In particolare per le donne giovani con seno radiologicamente pi• denso, spesso viene riportata lÕopportunitˆ di integrare lÕesame mammografico effettuato a scopo preventivo con lÕesame clinico e/o ecografico. 38 CARCINOMA MAMMARIO Vi • sufficiente evidenza clinica di casi diagnosticati in fase iniziale, in particolare, dallÕesame ecografico in donne asintomatiche con mammografia risultata negativa, ma non sono disponibili evidenze definitive su quale possa essere il beneficio in termine di riduzione della mortalitˆ, a fronte del conseguente incremento della spesa. In attesa di ulteriori evidenze che saranno rese disponibili da studi attualmente in corso, si ritiene necessario per il momento non raccomandare una modifica dellÕattuale protocollo di screening che prevede approfondimenti diagnostici solo in presenza di sintomi riferiti dalla donna o di anormalitˆ evidenziate alla mammografia. NellÕattivitˆ delle unitˆ diagnostiche con accesso spontaneo di donne asintomatiche sarˆ facoltˆ del clinico modulare la periodicitˆ dellÕesame mammografico e integrarlo con lÕesame clinico ed ecografico sulla base delle caratteristiche individuali delle donne (livello di rischio, uso di terapia ormonale sostitutiva , pregresso carcinoma mammario, ecc.). 2.2.2 Diagnostica per immagini e strumentale 2.2.2.1 Metodiche di primo impiego La scelta dellÕesame di primo impiego dovrebbe variare in rapporto al motivo dellÕesame e allÕetˆ della paziente. DONNE ASINTOMATICHE Per Òdonna asintomaticaÓ si intende una donna che non riferisce sintomi nŽ segni di malattia mammaria. Donne con etˆ maggiore di 70 anni. Si tratta di donne non coperte dal programma di screening. Dato che la struttura del seno • mediamente adiposa, lÕesame di primo impiego • la mammografia biennale. Donne con etˆ compresa fra 50 e 70 anni. Le donne di questa fascia dÕetˆ andranno innanzitutto stimolate a partecipare al programma di screening mammografico. LÕesame di prima istanza • senzÕaltro la mammografia con cadenza biennale, avendone numerosi studi dimostrato il beneficio in termini di riduzione di mortalitˆ. Donne con etˆ compresa fra 40 e 49 anni. Anche in questo caso lÕesame di primo impiego • la mammografia; a causa della minore durata della fase pre-clinica e della minore sensibilitˆ, • opportuna una cadenza pi• frequente, cio• 12-18 mesi. Donne con etˆ inferiore a 40 anni. Non esiste alcuna prova scientifica che esami di prevenzione (ecografia compresa) possano essere di qualche beneficio nelle donne asintomatiche sotto i 40 anni dÕetˆ. Pertanto, in questa fascia dÕetˆ non devono essere consigliati esami di prevenzione, tranne che in gruppi a elevato rischio familiare. Opportunitˆ di esami aggiuntivi nella paziente asintomatica. Esame clinico ed ecografia sono in grado di aumentare, seppure in misura molto ridotta, la sensibilitˆ della mammografia, specialmente in donne con seno radiologicamente denso. Tuttavia, non esistono studi controllati che abbiano dimostrato che tali esami aggiuntivi siano in grado di aumentare il beneficio della mammografia in termini di riduzione di mortalitˆ. Si lascia pertanto al Medico la facoltˆ di effettuare lÕintegrazione clinico-ecografica, o di consigliarla nel referto, nei casi in cui la ritenga utile in rapporto allÕanamnesi e al quadro mammografico (per esempio, forte familiaritˆ, seno denso, ecc.). DONNE SINTOMATICHE Per Òdonna sintomaticaÓ si intende una donna che riferisca sintomi o segni di malattia mammaria. In presenza di sintomi, lÕesame clinico va sempre effettuato. In caso di sospetto o dubbio clinico, anche lieve, va espletato anche un esame strumentale (mammografia e/o ecografia). Dato il rischio di sottovalutazione del cancro nella paziente giovane sintomatica, si propone lÕetˆ di 35 anni come quella oltre la quale pu˜ essere opportuno effettuare la mammografia come esame di primo impiego o comunque da espletare dopo lÕecografia (ad eccezione della dimostrazione ecografica di cisti come causa del sintomo). 2.2.2.2 Principali segni clinici di patologia TUMEFAZIONE PALPABILE In caso di sospetto o dubbio clinico, anche lieve, va effettuato un esame strumentale (mammografia e/o ecografia). Qualora gli esami clinico-strumentali evidenzino un quadro dubbio/sospetto, e comunque in caso di elevato sospetto clinico anche con mammografia ed ecografia negative, • necessario procedere al prelievo con ago. SECREZIONE MAMMARIA In presenza di secrezione dal capezzolo, esami di approfondimento specifici (citologia del secreto e galattografia) vanno effettuati soltanto quando la clinica deponga per la presenza di una vegetazione intra-duttale (secrezione spontanea, monolaterale, monoporica, di colore giallo-sieroso o ematica). In genere, tali reperti devono essere presenti contemporaneamente. Al contrario, in caso di secrezione pluri-orifiziale, bilaterale, provocata, non 39 CARCINOMA MAMMARIO ematica, non giallo-sierosa, non • indicato alcun esame aggiuntivo rispetto a quelli giˆ eseguiti (esame clinico, mammografia e/o ecografia). EROSIONE DEL CAPEZZOLO UnÕerosione del capezzolo pone il sospetto di Malattia di Paget. Sono necessari un accurato esame clinico-mammografico (ed eventualmente, ecografico) e un esame citologico di materiale ottenuto per scarificazione del capezzolo. In caso di negativitˆ dellÕesame citologico e dellÕesame clinico-strumentale della mammella potrˆ essere presa in considerazione la biopsia chirurgica del capezzolo. MASTITE CARCINOMATOSA La mastite carcinomatosa o carcinoma infiammatorio • caratterizzata da embolizzazione neoplastica dei vasi linfatici dermici e intramammari. La mammografia e lÕecografia possono mostrare ispessimento cutaneo ed ectasia dei linfatici mammari. La diagnosi prevede prelievo bioptico della cute. Se sono presenti adenopatie ascellari il prelievo dovrˆ essere eseguito sui linfonodi. 2.2.2.3 Mammografia Si sottolinea lÕimportanza del confronto con i radiogrammi precedenti poichŽ in molti casi ci˜ consente di risolvere il dubbio mammografico senza il ricorso allÕespletamento di ulteriori metodiche diagnostiche. In caso di lesione nodulare radio-opaca non calcifica, • in genere opportuno procedere a esame clinico e a ecografia e, in presenza di struttura solida, a prelievo con ago eco-guidato; il prelievo potrˆ essere evitato se i caratteri sono tutti tipici di benignitˆ (opacitˆ a margini netti alla mammografia; nodulo liscio e mobile alla palpazione; lesione piatta, omogenea e a margini netti allÕecografia). Le microcalcificazioni dubbie o sospette per patologia maligna (polverulente, granulari, lineari, ramificate) verranno studiate con ingrandimento diretto, sempre in proiezione laterale (che consente di identificare le calcificazioni Òa latte di calcioÓ). Qualora lÕingrandimento confermi il sospetto, ne • necessario il prelievo con ago. GESTIONE DEI SEGNI MAMMOGRAFICI DI PATOLOGIA IN RAPPORTO AL LORO VALORE PREDITTIVO PER CANCRO Per le lesioni non palpabili con predittivitˆ inferiore al 2-3% (microcalcificazioni puntiformi; piccoli noduli a margini netti non apprezzabili con ecografia; modeste asimmetrie di densitˆ; ecc.) • in genere sufficiente un controllo a distanza di tempo: 6 mesi per le lesioni nodulari; non meno di 8-12 mesi per le microcalcificazioni. Nelle lesioni non palpabili con predittivitˆ superiore al 2-3% (microcalcificazioni granulari o lineari; masse con margini sfumati o spiculati; ecc.) il prelievo con ago va sempre praticato, preferibilmente con eco-guida. In caso di lesioni non palpabili apprezzabili solo con mammografia, per il prelievo con ago risulta ovviamente necessaria la procedura stereotassica. PROIEZIONI MAMMOGRAFICHE STANDARD Cranio-caudale pi• obliqua devono essere considerate le proiezioni standard in mammografia. LOCALIZZAZIONE PREOPERATORIA La localizzazione preoperatoria va effettuata in tutte le lesioni non palpabili da sottoporre a biopsia chirurgica. Tutte le metodiche di localizzazione attualmente in uso sono da ritenersi valide. In caso di localizzazione stereo-guidata, bisogna adoperare la proiezione mammografica che permetta il tragitto pi• breve dellÕago, ci˜ che consente un intervento chirurgico pi• facile. In tutti i casi di lesioni non palpabili, verrˆ sempre fornita nella documentazione una proiezione medio-laterale, che consenta di precisare la posizione spaziale della lesione, meglio di quanto non faccia la proiezione obliqua. 2.2.2.4 Ecografia LESIONI CISTICHE In assenza di vegetazioni intra-cistiche non • indicata la citologia del liquido cistico. Per contro, in presenza di vegetazioni pu˜ essere opportuno lÕesame citologico del liquido cistico o, meglio, la microbiopsia eco-guidata della vegetazione. LÕagocentesi • indicata per le cisti in tensione. LESIONI SOLIDE CON ASPETTO TIPICAMENTE BENIGNO Le lesioni solide tipicamente benigne (morfologia appiattita, margini netti e struttura omogenea) non necessitano in genere di ulteriori esami. Tuttavia, in caso di dubbio anche minimo, • opportuno procedere a prelievo con ago o almeno a un controllo a qualche mese di distanza, specie se la paziente ha unÕetˆ superiore ai 35 anni. 40 CARCINOMA MAMMARIO LESIONI SOLIDE CON ASPETTO DUBBIO, SOSPETTO O MALIGNO In tale fattispecie rientrano quelle lesioni i cui caratteri ecografici, da soli o unitamente ai caratteri clinici e mammografici, pongano dubbio, sospetto o certezza di malignitˆ. In questi casi, vi • necessitˆ di effettuare il prelievo eco-guidato con ago. 2.2.2.5 Refertazione Nel referto radio-senologico • opportuno compaiano i seguenti elementi formali: ¥ intestazione dellÕAzienda Sanitaria, usando preferibilmente carta intestata; ¥ dati anagrafici e numero di cartella della paziente; ¥ elenco di tutte le metodiche effettuate, con loro data; ¥ testo del referto, corredato preferibilmente di conclusioni diagnostiche e di eventuale consiglio di esami di controllo successivi; ¥ timbro del medico; ¥ firma del medico; ¥ data del referto (opzionale). Il referto va preferibilmente dattiloscritto o, se scritto a mano, redatto con grafia comprensibile. Vanno evitate le abbreviazioni. Le lesioni andrebbero sempre descritte, anche quando presenti ad un esame precedente; ci˜ potrˆ consentire a chi effettua lÕesame successivo di essere rassicurato da una precedente descrizione. Di ogni lesione citata nel referto vanno indicati i seguenti elementi descrittivi minimi: ¥ sede nella mammella; ¥ dimensioni (assolutamente necessarie in caso di lesione inviata al Chirurgo); ¥ giudizio di natura (in caso di certezza diagnostica) o grado di sospetto; a tal proposito • vivamente auspicabile che le lesioni maligne da operare siano corredate, nella grande maggioranza dei casi, di un prelievo citologico o microbioptico positivo; ¥ descrizione dello studio clinico-ecografico dellÕascella (ed eventualmente citologico) nelle pazienti con tumore primitivo della mammella. 2.2.2.6 Indicazioni alla risonanza magnetica La risonanza magnetica (RM) • da considerarsi tecnica da impiegarsi ad integrazione della mammografia e dellÕecografia. Le indicazioni principali alla RM sono: ¥ sorveglianza di donne ad alto rischio genetico o elevato rischio familiare; ¥ ricerca di carcinoma primitivo sconosciuto con metastasi da tumore della mammella; ¥ bilancio pre-operatorio di carcinoma mammario, nel sospetto di foci multipli, anche bilaterali; ¥ monitoraggio di efficacia dopo chemioterapia neoadiuvante pre-chirurgica; ¥ valutazione delle protesi; ¥ guida per prelievi di lesioni evidenziabili solo con RM. La RM • spesso proposta anche nelle seguenti evenienze: ¥ valutazione di mammelle di difficile interpretazione alle tecniche tradizionali e in caso di discrepanza tra esse; ¥ follow-up di mammella operata o sottoposta a radioterapia, nel dubbio tra recidiva e cicatrice. Tuttavia, per la diagnosi differenziale delle lesioni dubbie dal punto di vista clinico-strumentale, la RM deve in genere essere presa in considerazione solo quando neppure il prelievo con ago sia in grado di risolvere il quesito diagnostico. Le controindicazioni sono rappresentate da alterazioni flogistiche e quelle legate allÕutilizzo di un apparecchio RM (presenza di pace-maker, ecc.). 2.2.2.7 Indicazioni al prelievo con ago INDICAZIONI AL TIPO DI GUIDA Il prelievo con ago pu˜ essere effettuato senza alcuna guida strumentale, con guida ecografica o con guida stereotassica. Al fine di ridurre il rischio di prelievi inadeguati, • sempre opportuno ricorrere alla guida ecografica anche quando una lesione sia palpabile, sempre che sia apprezzabile allÕecografia. La guida ecografica • da preferire anche alla guida stereotassica poichŽ assicura la pi• elevata precisione (visualizzazione in tempo reale della lesione e dei movimenti dellÕago) e, inoltre, risulta pi• economica e confortevole per la paziente. 41 CARCINOMA MAMMARIO Si ricorrerˆ al prelievo stereo-guidato solo quando una lesione non sia apprezzabile nŽ alla palpazione nŽ allÕecografia. INDICAZIONI AL TIPO DI PRELIEVO Le metodiche disponibili sono lÕesame citologico (denominato anche Fine Needle Aspiration Citology: FNAC), la microbiopsia (denominata anche Needle Core Biopsy: NCB) e la microbiopsia con retro-aspirazione (denominata anche Vacuum Assisted Needle Core Biopsy: VANCB). Per il prelievo di lesioni focali apprezzabili con ecografia, si pu˜ fare utilmente ricorso sia alla FNAC che alla NCB, tenendo tuttavia presente la minore sensibilitˆ della FNAC (maggior numero di prelievi inadeguati e di false negativitˆ). LÕuso della NCB dopo una FNAC • indicato in caso di prelievo inadeguato (C1), di risultato citologico dubbio (C3) o anche in caso di risultato citologico di benignitˆ (C2) quando la lesione sia sospetta. é necessario ricorrere alla NCB per la diagnosi differenziale tra fibro-adenoma e filloide e quando sia necessaria una definizione istologica pre-terapeutica (ad esempio, per la programmazione del linfonodo sentinella o della chemioterapia neoadiuvante). Per il prelievo di lesioni apprezzabili solo con mammografia (in primo luogo le microcalcificazioni), per le quali • ovviamente necessaria la guida stereotassica, la FNAC non appare indicata, poichŽ vi • dimostrazione scientifica che la citologia stereo-guidata soffre di bassa sensibilitˆ. In queste evenienze si pu˜ fare utilmente ricorso sia alla NCB che alla VANCB. Sarˆ il Radiologo a decidere se adottare in questi casi la NCB ovvero la VANCB, in base al caso clinico e alla propria esperienza. Pu˜ esservi inoltre indicazione alla VANCB, in luogo della biopsia chirurgica, nei casi in cui la NCB stereo-guidata abbia dato luogo a: 1) risultato istologico normale/inadeguato (B1); 2) microcalcificazioni assenti alla radiografia dei frustoli, con risultato istologico di benignitˆ (B2). Dopo VANCB, nel caso in cui venga inserita la clip metallica amagnetica e venga consigliato lÕintervento chirurgico, • opportuno lÕespletamento di radiogrammi in 2 proiezioni (CC e ML), allo scopo di valutare la posizione della clip rispetto alla lesione e di documentare lÕentitˆ del residuo lesionale. 2.2.2.8 Indicazioni al controllo a breve distanza di tempo Numerosi lavori scientifici dimostrano che il controllo a breve distanza di tempo (3 o 6 o 12 mesi) • un metodo valido per lesioni a bassa predittivitˆ (VPP < 3%). Tuttavia, esistono importanti problemi legati ai controlli a breve distanza, dovuti a: 1) scarsa riproducibilitˆ della diagnosi radiologica che rende difficile lÕassegnazione di un corretto VPP; 2) bassa velocitˆ di accrescimento di molti tumori, che rende inaffidabile il reperto di mancata variazione dimensionale nel tempo; 3) rischio che la paziente non rispetti la cadenza del controllo. Casi in cui • sconsigliabile il controllo nel tempo: ¥ lesioni dubbie sottoposte a esame citologico con risultato Òinadeguato-C1Ó, a meno che non si ritenga tale risultato legato alla natura fibrosa della lesione; in ogni caso, il controllo a distanza non pu˜ costituire surrogato di una tecnica di prelievo insufficiente; lÕinadeguatezza del prelievo dovrebbe portare alla sua ripetizione o, meglio, al prelievo microbioptico; ¥ lesioni sottoposte a esame microbioptico con risultato Òtessuto normale/inadeguato-B1Ó; a tal proposito, vale quanto detto sopra; ¥ aree di microcalcificazioni sottoposte a prelievo microbioptico, senza evidenza radiografica di calcificazioni nei frustoli e con risultato B1-2. Indicazioni al controllo nel tempo: ¥ lesioni con aspetto clinico-strumentale di benignitˆ per le quali la paziente rifiuti il prelievo con ago; ¥ lesioni considerate a bassa predittivitˆ dopo prelievo con ago negativo (C2 o B2); ¥ lesioni multiple con caratteri ecografici di benignitˆ, che non sarebbe possibile sottoporre tutte a prelievo con ago (per esempio, fibro-adenomi multipli). 2.2.2.9 Linfoscintigrafia per ricerca del linfonodo sentinella Indicazioni: localizzazione del linfonodo sentinella in pazienti con carcinoma della mammella invasivo unicentrico o multifocale: a) diametro ² 3 cm e linfonodi ascellari clinicamente negativi; b) non cÕ• indicazione in pazienti con lesioni multicentriche. Preparazione del paziente: nessuna. Radiofarmaci e dosi: particelle colloidali di albumina umana marcate con 99mTc o altri microcolloidi di dimensioni comprese fra 20 e 80 nanometri. Lesioni palpabili: attivitˆ: single day: 0.2 mCi / (entro 6 ore); double day: 0.5 mCi (6-18 ore); volume: 0.2-0.3 ml sol. fisiol. 42 CARCINOMA MAMMARIO Lesioni non palpabili: attivitˆ: single day: 0.2 mCi / (entro 6 ore); double day: 0.5 mCi (6-18 ore); volume: 0.5 ml sol. fisiol. Sede: subdermica, peri-areolare, peri-tumorale. Acquisizione: la linfoscintigrafia va eseguita il giorno precedente lÕintervento chirurgico o il giorno stesso almeno 2-3 ore prima. Acquisizioni scintigrafiche dopo almeno 15 min dallÕinoculo e se necessario dopo 3 e 24 ore. Proiezione OAS 45¡ per linfonodo sentinella ascellare, ed eventuale laterale; proiezione anteriore per la catena mammaria interna. Marcatura: la proiezione cutanea del linfonodo sentinella viene attuata sulla cute con un pennarello. In caso di mancata visualizzazione del LS: re-iniezione almeno 3 ore dopo la prima iniezione. Solo una re-iniezione. Fase intra-operatoria: asportazione di tutti quei linfonodi caldi che hanno un conteggio superiore al 10% del LS oppure asportazione di tutti quei linfonodi che hanno un rapporto col fondo > 10/1. Descrizione fase intra-operatoria con conteggi misurati allÕesterno, in vivo, ex vivo e nel campo operatorio residuo. Rapporto medico nucleare/chirurgo in sala operatoria: condizione ottimale: presenza in sala del medico nucleare, modello alternativo con utilizzazione della sonda gamma da parte del solo chirurgo: ¥ learning curve ¥ dialogo continuo fra medico nucleare e chirurgo: Ð presenza periodica in sala del medico nucleare Ð controllo a posteriori della scheda di sala La metodica deve essere condotta da un chirurgo e da un medico nucleare che abbiano completato una curva di apprendimento di almeno 30 casi consecutivi con dissezione ascellare contemporanea, tasso di identificazione non inferiore al 90% e percentuale di falsi negativi non superiore al 3-4%. 2.2.2.10 Radioguided Occult Lesion Localization (ROLL) Indicazioni: lesioni mammarie non palpabili. Radiofarmaci e dosi: 99mTc legato con macro-aggregato di albumina umana oppure nanocolloide sempre di albumina umana. Dose: 0.1 mCi in 0.1-0.2 ml di sol. fisiol. Sede: intra-lesionale o perilesionale. Verifica area di inoculo: scintigrafia (2-6 ore post iniezione). ROLL + LS: si usa usualmente la seguente modalitˆ di somministrazione: dose: 0.2-0.3 mCi in 0.2 ml di nanocolloide. La sonda deve essere sottoposta a controllo di qualitˆ periodico secondo le Linee Guida prodotte dalle societˆ AIMN-GISCRIS-AIFM-FONCaM. 2.2.3 Anatomia patologica 2.2.3.1 Esame citologico Per le indicazioni allÕesame citologico vedi il paragrafo 2.2.2.7. La richiesta di esame citologico dovrebbe contenere le seguenti informazioni: Informazioni cliniche 1. Dati identificativi paziente ¥ Nome e Cognome ¥ Numero di identificazione ¥ Data di nascita ¥ Sesso 2. Medico di riferimento 3. Data della procedura 4. Notizie cliniche ¥ Storia clinica rilevante ¥ Diagnosi clinica e/o mammografica e/o ecografica 43 CARCINOMA MAMMARIO ¥ Tipo di procedura (es: FNAC) ¥ Sede della lesione (es: mammella dx, QSE, retroareolare) ¥ Tipo di campione (es: secrezione dal capezzolo, agoaspirato) La descrizione macroscopica del referto citologico dovrebbe contenere le seguenti informazioni: Esame macroscopico 1. Campione ¥ Non fissato/fissato (specificare il tipo di fissativo) ¥ Numero di vetrini ricevuti (se appropriato) ¥ Altro (es: preparato citologico per apposizione) 2. Materiale per lÕesame microscopico (es: striscio; citocentrifugato, apposizione, thin prep, cell block) Il referto citologico dovrebbe essere espresso secondo le 5 categorie diagnostiche previste dalle Linee Guida Europee: C1 inadeguato C2 benigno/negativo C3 atipia/probabilmente benigno C4 sospetto di malignitˆ C5 maligno/positivo Nel caso di campioni prelevati con FNAC sotto guida stereotassica, quando la lesione • rappresentata da microcalcificazioni mammografiche, • molto utile per il radiologo che venga annotata nel referto la presenza nel preparato citologico di microcalcificazioni. Se la calcificazione • presente nel materiale prelevato, il radiologo pu˜ essere certo che la lesione • stata campionata accuratamente e che la probabilitˆ di un falso negativo dovuto ad un errore di centratura della lesione • bassa. Questo pu˜ consentire di decidere con maggior sicurezza se la paziente debba essere richiamata routinariamente o ÒrescreenedÓ entro breve tempo piuttosto che essere sottoposta a biopsia. é preferibile inoltre che sia specificato il tipo di calcificazione (idrossiapatite o weddellite). Le calcificazioni da sole non rappresentano un elemento discriminante fra patologia benigna o maligna. 2.2.3.2 Core biopsy La biopsia percutanea nota come Òcore biopsyÓ (CB), a prescindere dal tipo di strumentazione usato per la sua esecuzione (ago tranciante a scatto tipo Òtru-cutÓ, cosiddetta Needle Core Biopsy/NCB o co-retro-aspirazione automatica, cosiddetta Vacuum Assisted Needle Core Biopsy/VANCB ) • una pratica diagnostica ormai validata da alcuni anni. Si pu˜ eseguire indifferentemente su lesioni palpabili (a mano libera o sotto guida ecografica) o non palpabili (sotto guida stereotassica o ecografica), consente una diagnosi istologica affidabile, salvo che per il limitato campionamento. La CB consente di avere una diagnosi istologica di malignitˆ Òin situÓ o invasiva perlomeno nel 95% dei carcinomi palpabili e nel 90% di quelli non palpabili (restano dei casi dubbi che sono rappresentati dalla proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale, dalla neoplasia lobulare intraepiteliale, dalle lesioni papillari, dal tumore filloide e dalla radial scar o lesione scleroelastosica focale). é indubbio che chi usa la CB deve essere consapevole dei suoi limiti: quelli legati alla ÒparzialitˆÓ del campionamento (mancata diagnosi di focolai di DCIS in caso di proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale o di focolaio di carcinoma microinvasivo/invasivo associato a DCIS), difficoltˆ diagnostiche in lesioni complesse che richiedono una valutazione istologica della lesione nel suo insieme (ad es. radial scar e lesioni sclerosanti in generale, lesioni papillari, tumore filloide); limiti che si ritrovano quasi invariati sia in riferimento alla biopsia intraoperatoria al congelatore sia per quanto riguarda la CB. Problemi, soprattutto nei casi di prelievi multipli particolarmente numerosi, come raccomandato dalla letteratura americana, possono essere rappresentati sia dal dislocamento di cellule epiteliali lungo il tragitto dellÕago che possono determinare aspetti di pseudoinfiltrazione sul pezzo operatorio, sia dalle possibili alterazioni architetturali, soprattutto nel caso di lesioni piccole. Queste alterazioni possono talora rendere particolarmente difficoltosa la diagnosi istologica sul materiale di escissione chirurgica. In altri casi, qualora sia stato effettuato un numero elevato di passaggi, si pu˜ verificare lÕasportazione completa della lesione mediante CB. I vantaggi della CB rispetto allÕesame citologico sono rappresentati, come giˆ sottolineato, dalla possibilitˆ di effettuare in fase preoperatoria una diagnosi di carcinoma invasivo o di carcinoma in situ, possibilitˆ di caratterizzazione biologica preoperatoria della lesione su frammenti tissutali. Per quanto concerne la sottostima della diagnosi di DCIS mediante CB, questa risulta ridursi qualora si utilizzi il metodo della retro-aspirazione automatica (VANCB) anzichŽ il tru-cut (NCB). Il diverso calibro dellÕago (11 gauge vs 14 gauge) con conseguente maggiore asportazione di tessuto, il diverso metodo di campionamento (per contiguitˆ nellÕaspirazione automatica), il maggior numero di prelievi che normalmente si ha nellÕaspirazione automatica spiegano la possibilitˆ di ridurre la sottostima. 44 CARCINOMA MAMMARIO Rimane tuttavia il fatto che il problema della sottostima non potrˆ essere completamente eliminato poichŽ il target della CB sono i focolai di microcalcificazioni ma la componente invasiva associata a carcinoma duttale in situ • spesso priva di microcalcificazioni. La richiesta di esame istologico di CB dovrebbe contenere le seguenti informazioni: Informazioni cliniche 1. Dati identificativi paziente ¥ Nome e Cognome ¥ Numero di identificazione ¥ Data di nascita ¥ Sesso 2. Medico di riferimento 3. Data della procedura 4. Notizie cliniche ¥ Storia clinica rilevante ¥ Diagnosi clinica e/o mammografica e/o ecografica ¥ Tipo di procedura (es: tru cut/NCB, vacuum assisted needle core biopsy/VANCB sotto guida stereotassica o ecografica) ¥ Sede della lesione (es: mammella dx, QSE, retroareolare) ¥ Presenza di microcalcificazioni alla RX dei frustoli La descrizione macroscopica del referto dovrebbe contenere le seguenti informazioni: Esame macroscopico 1. Campione ¥ Non fissato/fissato (specificare il tipo di fissativo) ¥ Numero dei frustoli 2. Tessuto per lÕesame microscopico ¥ Tutti i frustoli vengono inclusi in paraffina per lÕesame istologico Il referto istologico della CB dovrebbe essere espresso secondo le 5 categorie diagnostiche previste dalle Linee Guida Europee: B1 tessuto normale B2 lesione benigna B3 lesione a potenziale di malignitˆ incerto B4 lesione sospetta B5 lesione neoplastica maligna (carcinoma duttale in situ, carcinoma invasivo, altro) 2.2.3.3 Esame istologico intraoperatorio LÕutilizzo della biopsia intraoperatoria al congelatore (BIC) per definire il tipo di lesione (benigna vs maligna, carcinoma in situ vs invasivo) si • notevolmente ridimensionato grazie allÕutilizzo della CB nella diagnosi preoperatoria. In riferimento alla patologia non palpabile le Linee Guida Europee raccomandano, inoltre, di non effettuare la BIC in caso di microcalcificazioni ed in opacitˆ di diametro inferiore a 10 mm. La BIC dovrebbe essere pertanto richiesta solo nei casi di neoplasia, di diametro uguale o superiore a 10 mm, in cui non sia stato possibile pervenire ad una diagnosi preoperatoria di certezza (esame citologico C5 + radiologia e clinica positive o esame istologico su CB B5). Se il chirurgo, per motivi medico legali, non ritiene sufficiente lÕesame citologico positivo dovrebbe richiedere al radiologo lÕimpiego routinario dellÕagobiopsia. In caso di citologia dubbia o sospetta • preferibile completare lÕiter diagnostico con agobiopsia. LÕindicatore di qualitˆ sulla diagnosi preoperatoria raccomanda che la proporzione di carcinomi mammari sottoposti ad intervento chirurgico con diagnosi preoperatoria citologica o istologica positiva (C5 o B5) sia > 90% (desiderabile) o > 70% (accettabile). I quadri patologici che comportano maggiori difficoltˆ interpretative nella BIC sono rappresentati da: lesioni papillari benigne vs carcinoma papillare; lesioni iperplastiche atipiche duttali e/o lobulari vs carcinoma in situ; carcinoma in situ vs carcinoma microinvasivo; lesioni sclerosanti vs carcinoma invasivo; tumore mesenchimale benigno vs maligno. In casi particolari pu˜ essere richiesta la BIC per la valutazione di un margine di sezione qualora lÕesame macroscopico dellÕampia exeresi o quadrantectomia evidenzi macroscopicamente unÕarea sospetta per neoplasia in prossimitˆ di un margine di sezione. In questi casi il chirurgo dovrˆ inviare o il frammento bioptico con lÕarea sospetta o lÕampia exeresi con la precisa segnalazione dellÕarea sospetta. Nel caso venga inviata lÕampia exeresi, si raccomanda di inviare il materiale per BIC chiaramente orientato (con punti di repere) ed integro. 45 CARCINOMA MAMMARIO 2.2.3.4 Esame istologico pezzo operatorio Invio del materiale di exeresi chirurgica al Laboratorio di Anatomia Patologica. Il chirurgo deve fornire una descrizione dettagliata del tipo di intervento e del materiale che viene inviato al Laboratorio di Anatomia Patologica. é opportuna la circostanza per ribadire il principio che solo al patologo spetta il compito di trattare il pezzo operatorio asportato. Il materiale deve essere inviato nel pi• breve tempo possibile, senza fissativo, al Laboratorio di Anatomia Patologica. Qualora questo non sia possibile, il materiale da inviare al patologo dovrˆ essere fissato in formalina neutra tamponata (pH intorno a 7) al 10%, o suoi sostituti, in rapporto minimo di 1:5. Nel caso di lesione non palpabile • raccomandabile allegare sempre le radiografie, in due proiezioni, del pezzo operatorio per facilitarne lÕorientamento e guidarne il campionamento. Il corretto invio del materiale chirurgico al Laboratorio di Anatomia Patologica • il presupposto per un accurato studio dei margini di sezione e unÕaccurata valutazione morfobiologica; lÕapplicazione di punti di repere in sedi prefissate • requisito indispensabile al corretto orientamento dellÕampia exeresi e/o quadrantectomia: in presenza di losanga cutanea porre uno o pi• reperi che ne consentano lÕorientamento, in assenza di losanga cutanea porre almeno due o pi• reperi per lÕorientamento. In caso di mastectomia semplice o Òskin sparing mastectomyÓ senza dissezione ascellare, porre un repere verso lÕascella. La richiesta di esame istologico dovrebbe contenere le seguenti informazioni: Ampia exeresi/quadrantectomia/mastectomia (totale, radicale modificata, radicale, skin sparing) (con o senza dissezione ascellare/linfonodo sentinella) Informazioni cliniche 1. Dati identificativi paziente ¥ Nome e Cognome ¥ Numero di identificazione ¥ Data di nascita ¥ Sesso 2. Medico di riferimento 3. Data dellÕintervento chirurgico 4. Notizie cliniche ¥ Storia clinica rilevante ¥ Diagnosi clinica e/o mammografica e/o ecografica ¥ Tipo di intervento chirurgico ¥ Sede della lesione (es.: mammella dx, QSE, retroareolare) METODOLOGIE PER LÕESAME ISTOLOGICO DEL MATERIALE DI EXERESI CHIRURGICA LÕesame istologico del materiale di exeresi chirurgica inviato al Laboratorio di Anatomia Patologica (staging patologico) ha valore determinante ai fini dellÕaccuratezza diagnostica, dellÕimpostazione della terapia, della valutazione prognostica e, infine, della verifica dei risultati. Sotto questo profilo si • delineato sempre pi• precisamente il ÒruoloÓ del patologo come elemento coordinatore di tutte le indagini che servano a caratterizzare la neoplasia sia dal punto di vista morfologico che da quello biologico. Premessa indispensabile per una valutazione comparativa di gruppi di casi sia nellÕambito di un determinato Centro sia tra Centri diversi • lÕadozione di procedure di esame uniformi, nonchŽ lÕuso di una terminologia standardizzata che corrisponda, nei limiti del possibile, a quella utilizzata dalla generalitˆ delle istituzioni. Il primo quesito a cui il patologo • chiamato a rispondere nellÕambito della terapia chirurgica conservativa attiene allÕadeguatezza o meno dellÕintervento chirurgico, concerne cio• lo studio morfologico dei margini di sezione. Prima di proseguire al campionamento del parenchima asportato, la superficie relativa ai margini di sezione deve essere asciugata con carta assorbente e successivamente marcata con un colorante quale lÕinchiostro di china che rimanga visibile sulle sezioni istologiche definitive; questo faciliterˆ la valutazione microscopica dei margini di sezione. Dopo lÕapplicazione dellÕinchiostro di china, la superficie va di nuovo asciugata con carta assorbente; in alternativa si pu˜ immergere il frammento inchiostrato in liquido di Bouin per circa 30 secondi, questo agisce come mordente e fissa lÕinchiostro sulla superficie del tessuto, successivamente il tessuto va sciacquato in acqua fredda ed asciugato. Va sottolineato che lo studio morfologico dei margini di sezione pu˜ offrire notevoli difficoltˆ tecniche in quanto: a) la neoplasia mammaria pu˜ presentare sia un margine di crescita espansivo, sia pi• spesso di tipo infiltrativo con invasione radiale nel parenchima circostante; b) la superficie relativa allÕescissione • irregolare ed il colorante pu˜ diffondere nelle sepimentazioni del tessuto rendendo difficile lÕesatta individuazione dei margini microscopici; c) la superficie relativa allÕescissione pu˜ essere molto estesa per cui lÕinclusione in toto pu˜ non essere possibile. Pur non esistendo linee guida standardizzate per il campionamento dei margini di sezione, si raccomanda il 46 CARCINOMA MAMMARIO metodo descritto da Fisher et al (Cancer 1986 57: 1717-24) che prevede lÕinchiostratura della superficie di sezione e campionamento perpendicolare alla lesione. LÕintrinseca possibilitˆ di un errore di campionamento nello studio dei margini di sezione, la natura spesso adiposa di questi, lÕelevato numero di sezioni necessarie per un esame accurato fanno s“ che lÕesame intraoperatorio al congelatore non sia perseguibile per lo studio dei margini. Solo in casi particolari, come giˆ ricordato, per esempio su unÕarea segnalata dal chirurgo come macroscopicamente sospetta, pu˜ essere indicato una biopsia intraoperatoria al congelatore. La descrizione macroscopica del referto dovrebbe contenere le seguenti informazioni: Ampia exeresi/quadrantectomia/mastectomia (totale, radicale modificata, radicale, skin sparing) (con o senza dissezione ascellare/linfonodo sentinella) Esame macroscopico 1. Campione ¥ Non fissato/fissato (specificare il tipo di fissativo) ¥ Frammento/i inviato/i ¥ Ricevuto sezionato/non sezionato ¥ Dimensioni del campione (3 dimensioni, se asportato in un unico pezzo) ¥ Orientamento, se specificato dal chirurgo; identificazione dei margini con inchiostro (per gli interventi conservativi) ¥ Tumore singolo o multiplo ¥ Risultato dellÕesame istologico intraoperatorio (se effettuato) 2. Tumore ¥ Dimensione (diametro maggiore) ¥ Correlazione con esame mammografico e/o ecografico, inclusa la radiografia del pezzo operatorio ¥ Rapporto con i margini di sezione chirurgica (per gli interventi conservativi) 3. Linfonodi regionali, se presenti ¥ Numero identificato ¥ Livelli, se specificati dal chirurgo 4. Caratteristiche patologiche addizionali se presenti (es. precedente biopsia, presenza di protesi, mastopatia fibrocistica) 5. Frammento/i campionati per lÕesame istologico ¥ Tumore ¥ Margini, per gli interventi conservativi ¥ Capezzolo (se presente) ¥ Campioni di tessuto mammario dai quadranti non coinvolti dalla neoplasia (in caso di mastectomia) ¥ Altre lesioni ¥ Linfonodi ¥ Frammento/i esaminati in intraoperatoria (se effettuata) La valutazione microscopica del referto dovrebbe contenere: Ampia exeresi/quadrantectomia/mastectomia (totale, radicale modificata, radicale, skin sparing) (con o senza dissezione ascellare/linfonodo sentinella) Esame microscopico 1. Tumore invasivo ¥ Tipo istologico in accordo alla classificazione WHO 2003 ¥ Grado istologico ¥ Carcinoma duttale in situ associato (DCIS) ¥ Microcalcificazioni ¥ Conferma istologica della dimensione del tumore ¥ Estensione dellÕinvasione ¥ Invasione vascolare ¥ Coinvolgimento della cute e/o parete toracica (in caso di mastectomia) Tumore in situ (DCIS) ¥ Tipo architetturale ¥ Grado nucleare ¥ Presenza o assenza di necrosi ¥ Dimensione 2. Stato dei margini di sezione chirurgica (per gli interventi conservativi) ¥ Assenza di tumore (specificare la distanza del carcinoma invasivo e/o del DCIS dal margine pi• vicino) ¥ Presenza di DCIS sul margine (specificare il margine) ¥ Presenza di carcinoma invasivo sul margine (specificare il margine) (specificare il tipo di coinvolgimento: macroscopico o solo microscopico/dimensione) 47 CARCINOMA MAMMARIO 3. Patologia associata, se presente 4. Linfonodi regionali ¥ Numero totale di linfonodi esaminati (specificare il livello, se indicato dal chirurgo) ¥ Numero di linfonodi metastatici (specificare la presenza di estensione extranodale) 5. Metastasi a distanza (specificare la sede) 6. Risultato parametri biologici ¥ Recettori ormonali (nel carcinoma invasivo e nel DCIS) ¥ Attivitˆ proliferativa (nel carcinoma invasivo) ¥ Espressione dellÕoncogene C-erbB2 (nel carcinoma invasivo) 2.2.3.5 Linfonodo sentinella é necessario che lÕesame istologico dei linfonodi identificati come sentinella sia approfondito e la diagnosi accurata. LÕesame istologico viene effettuato di norma sui linfonodi fissati in formalina ed inclusi in paraffina. I linfonodi sentinella vanno esaminati nella loro completezza, mediante lÕeffettuazione di coppie di sezioni seriate ad intervalli massimi di 150-200 micron. Ci˜ comporta lÕallestimento e lÕesame di un elevato numero di sezioni istologiche per ogni linfonodo, in relazione alle dimensioni dei linfonodi stessi. Una sezione per ogni coppia viene colorata con ematossilina-eosina, mentre lÕaltra sezione viene riservata allÕanalisi immunocitochimica con anticorpi anticitocheratine, che verrˆ effettuata di routine qualora le corrispondenti sezioni colorate con ematossilina-eosina risultino negative o dubbie. LÕesame intraoperatorio convenzionale del linfonodo sentinella non • raccomandabile poichŽ comporta unÕirrimediabile perdita di materiale ed espone al rischio di falsi negativi in una percentuale di casi che va dal 15 al 30%. 2.2.4 Stadiazione Nonostante i dati della letteratura, non esiste un completo accordo nellÕimpiego o meno degli esami strumentali. The Breast Cancer Disease Group of the Cancer Care Criteria Practice Guidelines Initiative ha concluso che i test che evidenziano metastasi a distanza in meno dellÕ1% delle pazienti ed hanno una significativa percentuale di falsi positivi non sono clinicamente utili. Pertanto per le donne nel I stadio, dove la resa di tutti e tre i test risulta inferiore allÕ1% non • indicata una stadiazione routinaria preoperatoria. Ci˜ deve essere applicato anche alle pazienti con carcinomi intraduttali. Nelle pazienti al III stadio, dove la proporzione di test positivi risulta maggiore dellÕ1% per tutti e tre gli esami radiologici sembra opportuno lÕimpiego dello staging. Pi• difficile • la scelta per le donne al II stadio. La radiografia del torace e lÕecografia epatica vengono impiegate routinariamente, come esami di primo livello, a causa del loro relativo basso costo. Data la loro bassa resa ed unÕapprezzabile percentuale di falsi positivi alcuni preferiscono impiegare di base la tomografia computerizzata o per alcune situazioni cliniche particolari o per valutare reperti equivoci agli esami strumentali standard. Risonanza magnetica e PET sono da considerarsi assolutamente esami di secondo livello. Tis: non esami di stadiazione: Carcinoma infiltrante di stadio I: non esami di stadiazione Carcinoma infiltrante di stadio II: esami di staging possono essere raccomandati Carcinoma infiltrante di stadio III: esami di staging sono raccomandati Carcinoma infiltrante di stadio IV: esami di staging sono raccomandati Esami da richiedere: Rx/TC torace, ecografia/TC addome, scintigrafia ossea RM e PET sono da considerarsi esami di secondo livello. 2.3 TERAPIA 2.3.1 Terapia chirurgica Nessun intervento chirurgico • giustificato senza che prima la paziente sia sottoposta ad un adeguato iter diagnostico preferibilmente in strutture ÒdedicateÓ. 2.3.1.1 Lesioni non palpabili LÕintervento chirurgico deve essere preceduto dal reperimento della lesione mediante: 48 CARCINOMA MAMMARIO ¥ repere metallico; ¥ anchor guide; ¥ carbone; ¥ ROLL. In caso di opacitˆ, se il chirurgo ha dimestichezza con lÕecografia, lÕintervento potrˆ essere eseguito con ecografia intraoperatoria. Il pezzo asportato dovrˆ essere sempre sottoposto a radiografia o ad ecografia (per le lesioni visibili allÕecografia) per verificare lÕasportazione corretta della lesione. In caso di radiografia del pezzo operatorio • buona norma rispettare le seguenti regole: ¥ avere a disposizione la documentazione radiografica e il referto; ¥ effettuare lÕesame con tecnica di ingrandimento diretto; ¥ svolgere lÕesame in 2 proiezioni per valutare la posizione della lesione rispetto ai margini se lÕexeresi non si estende dalla cute alla fascia; ¥ descrivere nel referto se la lesione • presente e, in caso positivo, se sia stata asportata del tutto o solo in parte; indicare la distanza dal margine pi• vicino. Indicatore di qualitˆ: la proporzione di donne con lesioni non palpabili escisse alla prima biopsia chirurgica dovrˆ essere > 95%. 2.3.1.2 Fibroadenoma mammario LÕintervento chirurgico • indicato limitatamente in caso di: ¥ rapido accrescimento; ¥ dubbio diagnostico; ¥ motivi psicologici; ¥ inestetismi; ¥ etˆ > 35 anni: si consiglia una core biopsy o lÕenucleazione del nodulo. 2.3.1.3 Tumore filloide Benigno: escissione con margine di tessuto sano. Borderline: mastectomia totale semplice. Intervento conservativo se il rapporto volume tumore/volume mammella permette lÕesecuzione di una quadrantectomia (2 cm di margine macroscopico) con buon risultato estetico. Maligno: mastectomia totale semplice Intervento conservativo se il rapporto volume tumore/volume mammella permette lÕesecuzione di una quadrantectomia (2 cm di margine macroscopico) con buon risultato estetico. In caso di tumore filloide dopo enucleazione per fibroadenoma la forma benigna sarˆ sottoposta a controlli clinici, mentre le altre forme dovranno essere sottoposte ad un nuovo intervento chirurgico. Nessun intervento • necessario per i linfonodi ascellari. 2.3.1.4 Papilloma intraduttale La donna, prima dellÕintervento chirurgico, dovrˆ aver eseguito: ¥ esame citologico del secreto; ¥ mammografia ± ecografia; ¥ duttografia. LÕintervento chirurgico • la duttogalattoforectomia selettiva mediante incannulamento del dotto ed iniezione di un colorante vitale. La resezione dei dotti retroareolari • consigliata unicamente in caso di fallimento della manovra di incannulamento. 2.3.1.5 Carcinoma lobulare in situ In caso di diagnosi di carcinoma lobulare in situ dopo agobiopsia si dovrˆ procedere ad exeresi della lesione. PoichŽ la donna con carcinoma lobulare in situ presenta un rischio di sviluppare un carcinoma infiltrante in entrambe le mammelle del 20-30% (rischio 5,4 maggiore rispetto alla popolazione generale) potrˆ essere consigliato: ¥ follow-up, riduce del 55% lÕincidenza di carcinoma invasivo; ¥ tamoxifene 20 mg/die per 5 anni (Livello di evidenza II); ¥ mastectomia bilaterale profilattica in caso di elevato rischio familiare (Livello di evidenza V). 49 CARCINOMA MAMMARIO Il rischio di sviluppare un carcinoma • aumentato se la donna: ¥ < 40 anni; ¥ 2» biopsia chirurgica; ¥ familiaritˆ positiva per ca (meno provato). 2.3.1.6 Malattia di Paget Intervento chirurgico: ¥ quadrantectomia centrale con asportazione del complesso areola-capezzolo con rimodellamento e radioterapia del restante parenchima mammario; ¥ skin sparing mastectomy con ricostruzione immediata; ¥ mastectomia semplice ± ricostruzione. 2.3.1.7 Carcinoma duttale in situ Intervento chirurgico: ¥ intervento conservativo se il rapporto estensione tumore/volume mammella permette lÕesecuzione di unÕampia exeresi (margine macroscopico di 1 cm) con un buon risultato estetico. Indicatore di qualitˆ: la proporzione di interventi conservativi per lesioni monofocali uguali o inferiori a 20 mm dovrˆ essere > 80%. Lesioni estese > 5 cm o multicentriche, lÕintervento chirurgico potrˆ essere: ¥ skin sparing mastectomy con ricostruzione; ¥ areola sparing mastectomy* con ricostruzione; ¥ mastectomia totale ± ricostruzione. Dopo lÕintervento chirurgico conservativo in caso di margine libero da neoplasia inferiore ad 1 mm • indicato il reintervento chirurgico. La paziente con carcinoma duttale in situ non dovrˆ essere sottoposta a dissezione ascellare. Indicatore di qualitˆ: la proporzione di donne sottoposte a dissezione ascellare (qualsiasi livello) o sampling per carcinoma duttale in situ non dovrˆ essere > 5%. La biopsia del linfonodo sentinella potrˆ essere eseguita in caso di: ¥ quadrantectomia per lesioni estese; ¥ mastectomia; ¥ interventi conservativi che richiedono lÕesecuzione di mastoplastica. 2.3.1.8 Carcinoma microinvasivo LÕintervento chirurgico sulla mammella • analogo a quello del carcinoma duttale in situ. LÕintervento chirurgico sui linfonodi ascellari potrˆ essere: ¥ nessuno; ¥ biopsia del linfonodo sentinella; ¥ dissezione ascellare del I e II livello (se sono presenti pi• foci microinvasivi). 2.3.1.9 Carcinoma infiltrante T1 Ð T2 con un rapporto volume tumore/volume mammella che permetta lÕesecuzione di unÕampia exeresi radicale con un buon risultato estetico. Intervento chirurgico: ¥ intervento conservativo se il rapporto volume tumore/volume mammella permette lÕesecuzione di unÕampia exeresi (margine macroscopico di 1 cm) con un buon risultato estetico (Livello di evidenza I); ¥ skin sparing mastectomy con ricostruzione (se il tumore • profondo); ¥ mastectomia totale ± ricostruzione. Indicatore di qualitˆ: la proporzione di interventi conservativi per lesioni monofocali uguali o inferiori a 20 mm dovrˆ essere > 80%. Dopo lÕintervento chirurgico conservativo in caso di distanza minima tumore margine inferiore ad 1 mm • indicato il reintervento chirurgico. * Si intende areola sparing mastectomy lÕintervento chirurgico che prevede lÕasportazione del capezzolo con conservazione dellÕareola e della cute. 50 CARCINOMA MAMMARIO Controindicazioni assolute allÕintervento conservativo sono: ¥ presenza di 2 o pi• neoplasie in quadranti diversi o ad una distanza maggiore di 4 cm; ¥ microcalcificazioni diffuse; ¥ margine di exeresi positivo dopo un secondo intervento chirurgico conservativo. Controindicazioni relative allÕintervento conservativo sono: ¥ I e II trimestre di gravidanza; ¥ margine positivo e presenza di estesa componente intraduttale al primo intervento chirurgico conservativo; ¥ collagenopatia (sclerodermia, lupus eritematoso). La storia familiare positiva o BRCA 1-2 positivo non rappresenta controindicazione allÕintervento chirurgico conservativo. T2 con un rapporto volume tumore/volume mammella che non permette lÕesecuzione di unÕampia exeresi (margine macroscopico di 1 cm) con un buon risultato estetico. T3 Trattamento: ¥ terapia neoadiuvante seguita da intervento chirurgico conservativo o mastectomia ± ricostruzione in funzione della risposta alla terapia e dissezione ascellare; ¥ mastectomia totale e dissezione ascellare. Queste pazienti dovranno essere sempre sottoposte a visita multidisciplinare per decidere il programma terapeutico. T4 neoplasie localmente avanzate e metastatiche dovranno essere sempre valutate in prima istanza dellÕoncologo per decidere il programma terapeutico. LÕintervento chirurgico conservativo per carcinoma mammario (Tis-infiltrante) dovrebbe prevedere il posizionamento di clips radio-opache nel letto tumorale per consentire un corretto trattamento radioterapico. 2.3.1.10 Terapia chirurgica dei linfonodi ascellari nei carcinomi infiltranti ¥ Neoplasie inferiori o uguali a 3 cm; Ð biopsia del linfonodo sentinella; Ð dissezione ascellare del I-II Livello; ¥ Neoplasie superiori a 3 cm o multicentriche (diversi quadranti o due neoplasie distanti pi• di 4 cm): Ð dissezione ascellare completa. La biopsia del linfonodo sentinella pu˜ essere eseguita anche per neoplasie multifocali, dopo biopsia chirurgica, dopo ampia exeresi e dopo radioterapia per altre patologie non mammarie. La biopsia del linfonodo sentinella non potrˆ essere eseguita per linfoadenopatie ascellari sospette o metastatiche, neoplasie superiori a 3 cm, neoplasie multicentriche, o dopo terapia neoadiuvante. 2.3.1.11 Chirurgia plastica ricostruttiva nella chirurgia oncologica della mammella é un diritto della paziente ottenere una ricostruzione mammaria immediata ossia contestuale alla demolizione. La paziente che sarˆ sottoposta ad intervento oncologico della mammella dovrˆ essere informata correttamente circa le modalitˆ e le possibilitˆ di ricostruzione immediata da parte del chirurgo plastico: questo rende necessaria una stretta cooperazione tra chirurgo generale demolitore e chirurgo plastico ricostruttore che deve nascere giˆ al momento della prima visita. Qualora questo non sia possibile, • fondamentale che il chirurgo plastico visiti e informi la paziente in ogni caso prima dellÕintervento chirurgico. Lo scopo finale • la programmazione dellÕintervento personalizzata per ogni paziente, che deve attuarsi giˆ a partire dal disegno pre-operatorio e dal tipo di incisioni da praticare. La ricostruzione immediata pu˜ garantire alla paziente tre grossi vantaggi: ¥ attenuare il senso di mutilazione derivante dalla demolizione oncologica; ¥ evitare un ulteriore tempo chirurgico; ¥ in caso di rimodellamento immediato post-quadrantectomia, eseguire la radioterapia su una mammella che non dovrˆ pi• essere rimodellata chirurgicamente. Il chirurgo plastico interviene in forma immediata in caso di: ¥ quadrantectomia; ¥ mastectomia sottocutanea; ¥ mastectomia con risparmio di cute (skin sparing mastectomy); ¥ mastectomia totale. 51 CARCINOMA MAMMARIO In caso di quadrantectomia, • possibile eseguire un rimodellamento del cono mammario utilizzando il tessuto mammario residuo con diverse tecniche di mastoplastiche cutaneo-ghiandolari. Qualora, in rari casi, si renda necessaria unÕintegrazione di volume, • opportuno ricorrere a lembi mio-cutanei, quale il lembo mio-cutaneo di gran dorsale o a lembi fascio-cutanei quale il lembo toraco-dorsale. Contestualmente al rimodellamento, oppure a distanza di alcuni mesi, pu˜ essere effettuata la correzione della mammella controlaterale mediante mirror quadrantectomy o mastoplastica di simmetria. In caso di mastectomia sottocutanea in mammelle di volume piccolo o medio (fino a circa 300-350 cc di volume), la ricostruzione immediata prevede lÕimpianto di protesi mammarie al di sotto di una tasca muscolare (formata dai muscoli grande e piccolo pettorale e dal dentato anteriore). In alcuni casi pu˜ essere ragionevole impiantare dapprima un espansore cutaneo e successivamente sostituirlo con una protesi mammaria definitiva. In mammelle di volume maggiore si rende necessaria una riduzione del mantello cutaneo (skin reducing mastectomy) con cicatrice finale a T rovesciata. In tutti i casi la mammella controlaterale dovrˆ essere sottoposta allo stesso trattamento o ad una mastoplastica di simmetria (mastoplastica riduttiva o mastopessi). In caso di skin sparing mastectomy la ricostruzione pu˜ avvenire mediante impianto di espansore cutaneo e in un secondo tempo di protesi mammaria definitiva oppure mediante lÕimpiego di tessuti autologhi di ÒriempimentoÓ utilizzati con tecnica microchirurgica, quali i lembi liberi TRAM o DIEP disepitelizzati. Nei casi di mastectomia totale, la ricostruzione immediata pu˜ essere perseguita in tre modi diversi: a) impianto immediato di espansore cutaneo al di sotto di una tasca muscolare e successivamente, a distanza di alcuni mesi, la rimozione dellÕespansore e lÕimpianto di una protesi mammaria definitiva con la correzione della mammella controlaterale mediante mastoplastica di simmetria; b) nei casi in cui non si abbia una copertura cutanea sufficiente per lÕespansore, si ricorre allÕimpiego di lembi di vicinanza quali il lembo fascio-cutaneo toraco-dorsale oppure il lembo mio-cutaneo di muscolo gran dorsale. A distanza di alcuni mesi lÕespansore sarˆ rimosso e sostituito con una protesi mammaria definitiva e verrˆ eseguita una mastoplastica controlaterale di simmetria; c) la mammella • ricostruita con tessuti autologhi, senza lÕimpiego di espansori-protesi, mediante tecnica microchirurgica che permette di trasferire a distanza dei tessuti. In particolare la ricostruzione si effettua con lembo libero TRAM (tranverse rectus abdominis myocutaneous) o con lembo libero DIEP (deep inferior epigastric perforator) che consentono di trasferire i tessuti della regione sottombelicale alla regione mammaria da ricostruire. Questa tecnica permette di ricostruire una mammella con una protesi fisiologica del tutto simile alla controlaterale, che pertanto non deve essere corretta; tuttavia lÕintervento richiede una profonda conoscenza delle tecniche microchirurgiche e tempi operatori e degenze lunghe. Naturalmente, tutte le tecniche descritte per la ricostruzione mammaria immediata sono utilizzabili anche, e spesso con meno rischi e con minori difficoltˆ chirurgiche, nella ricostruzione differita. LÕultimo tempo della ricostruzione mammaria • costituito dalla ricostruzione del complesso areola-capezzolo. Il capezzolo pu˜ essere ricostruito o mediante trapianto dal controlaterale (nei casi in cui questÕultimo sia grosso e sporgente) o mediante lembi locali utilizzando numerose tecniche descritte in letteratura. LÕareola pu˜ essere ricostruita mediante innesto a tutto spessore prelevato dallÕareola controlaterale (nei casi in cui questÕultima abbia un diametro maggiore di 4-5 cm) o dalla regione inguinale oppure mediante tatuaggio. In conclusione, ogni paziente che deve sottoporsi a chirurgia oncologica della mammella deve essere informata pre-operatoriamente e in modo corretto sui seguenti punti: ¥ che cosÕ• la ricostruzione; ¥ quali sono le possibilitˆ ricostruttive e le indicazioni specifiche; ¥ quali sono i tempi della ricostruzione (immediata o differita); ¥ quali sono le indicazioni per una ricostruzione con espansore-protesi o con tessuti autologhi; ¥ quali sono le problematiche e i tempi della ricostruzione con espansore-protesi; ¥ quali sono le caratteristiche degli espansori e soprattutto delle protesi al silicone e quali sono i problemi connessi al loro utilizzo; ¥ quali sono le complicanze della ricostruzione con espansore-protesi; ¥ quali sono le indicazioni allÕutilizzo di tessuti autologhi, quali sono le caratteristiche di questi tipi di interventi, quali risultati si ottengono e quali sono le complicanze; ¥ come e quando si pu˜ correggere la mammella controlaterale; ¥ quali sono le modalitˆ di ricostruzione del complesso areola-capezzolo. 2.3.1.12 Ripresa locale di malattia Recidiva mammaria: il trattamento di scelta • la mastectomia totale con o senza ricostruzione. Una chirurgia conservativa iterativa • possibile in casi selezionati: ¥ recidiva paracicatriziale; 52 CARCINOMA MAMMARIO ¥ recidiva tardiva; ¥ rapporto volume recidiva/volume mammella che permetta unÕexeresi adeguata con buon risultato estetico. In caso di recidiva infiltrante su conservativa e biopsia linfonodo sentinella dovrˆ essere effettuata la dissezione ascellare. Recidiva ascellare: il trattamento di scelta se • attuabile • la chirurgia. Recidiva parete toracica: il ruolo chirurgico • subordinato a quello della radioterapia. 2.3.2 Radioterapia 2.3.2.1 Indicazioni alla RT dopo mastectomia radicale In base ai risultati di studi randomizzati, di metanalisi e di analisi di coorti di pazienti arruolate in studi randomizzati che non prevedevano lÕimpiego della radioterapia, si ritiene di dover suggerire lÕimpiego di questa dopo mastectomia nei seguenti casi: ¥ tumore superiore a 5 cm nella sua dimensione massima indipendentemente dallo stato linfonodale; ¥ tumore di qualsiasi dimensione con estensione alla parete toracica, al muscolo pettorale, alla cute, indipendentemente dallo stato linfonodale; ¥ metastasi di linfonodi ascellari in numero uguale o superiore a 4. Per quanto riguarda la RT post-operatoria sulle stazioni linfonodali si devono tenere in considerazione le seguenti raccomandazioni: ¥ linfonodi ascellari: la RT non • indicata nelle pazienti sottoposte ad adeguata dissezione, a meno che non vi sia un linfonodo sospetto di presenza di malattia residua; ¥ linfonodi infra-sopraclaveari: • indicata la RT nelle pazienti con interessamento dei linfonodi stessi, nei T3 Ð T4 indipendentemente dallo stato linfonodale e nei T1 Ð T2 con 4 o pi• linfonodi ascellari positivi; ¥ linfonodi mammari interni: lÕindicazione alla RT in questi rappresenta uno degli argomenti pi• controversi; attualmente non vi • sufficiente evidenza per raccomandare o sconsigliare lÕirradiazione: si suggerisce di attendere i risultati dello studio EORTC 22922 chiuso a gennaio 2004. 2.3.2.2 Indicazioni alla RT dopo chirurgia conservativa In casistiche non selezionate lÕincidenza di ripresa di malattia a livello intramammario in pazienti non irradiate • nellÕordine del 30-40% a 5 anni. Il trattamento radiante dopo chirurgia conservativa trova indicazione al fine di ridurre lÕincidenza della recidiva mammaria. Indicatore di qualitˆ: recidiva mammaria a 5 aa < 4% (desiderabile); > 8% (accettabile). Un approccio conservativo senza radioterapia deve a tuttÕoggi essere considerato del tutto eccezionale. LÕanalisi in funzione dei vari fattori prognostici dimostrerebbe, in alcuni studi preliminari, la possibilitˆ di evitare il trattamento radiante nelle donne (maggiori di 65 anni), con tumori di dimensioni inferiori a 2 cm (G1), con distanza minima tumore margine di sezione maggiore di 10 mm, unicentrico, senza estesa componente intraduttale. LÕirradiazione del solo letto operatorio non rappresenta lo standard ma deve essere usata solo in ambito di studi clinici controllati; le tecniche impiegate possono essere: ¥ acceleratore dedicato per RT intra-operatoria (IORT); ¥ brachiterapia peri-operatoria interstiziale o endocavitaria (mammosite); ¥ radioterapia post-operatoria transcutanea con IMRT (modulazione dÕintensitˆ) o conformazionale (3D). 2.3.2.3 Indicazioni alla RT in pazienti con protesi ¥ Le indicazioni cliniche alla radioterapia sono le stesse del trattamento radiante dopo mastectomia. ¥ La ricostruzione immediata non • di per sŽ una controindicazione al trattamento radiante. ¥ LÕirradiazione dopo ricostruzione con retto addominale (TRAM) dˆ minori complicanze rispetto allÕirradiazione dopo ricostruzione con espansore o protesi definitiva (complicanze tardive tra il 30 e il 70% con estruzione della protesi tra il 25 e 35%). ¥ Ottimale rimane il trattamento senza alcuna protesi. 2.3.2.4 Controindicazioni ¥ Assolute: gravidanza, incapacitˆ a mantenere la posizione del trattamento. 53 CARCINOMA MAMMARIO ¥ Relative: alcune malattie del collagene (lupus, sclerodermia, dermatomiosite), volume mammario enorme, pregressa irradiazione degli stessi volumi. 2.3.2.5 Indicatori di qualitˆ ¥ Pazienti che non eseguono chemioterapia neoadiuvante dovrebbero iniziare la radioterapia entro 12 settimane (< 90%). ¥ Pazienti che eseguono chemioterapia adiuvante dovrebbero iniziare la radioterapia entro 4 settimane dallÕultimo ciclo (90%). ¥ In ogni caso dovrebbero iniziare entro 6 mesi dallÕintervento chirurgico. 2.3.2.6 Regioni anatomiche da irradiare e tecniche di irradiazione Per gli standard tecnici di riferimento per il trattamento radioterapico del carcinoma mammario si rimanda alle pubblicazioni specialistiche e ai documenti ICRU e AIRO-AIFB. La paziente viene trattata in posizione supina e possibilmente col braccio alzato in posizione fissa e costante. é necessario eseguire una TC a livelli multipli per unÕaccurata delineazione del volume-bersaglio e degli organi critici. Deve anche essere eseguita una simulazione di tutti i campi di trattamento. Nella fase di impostazione del trattamento radiante, oltre ad una valutazione clinica obiettiva e cosmetica, • necessario disporre di tutti i dati relativi alla malattia: clinici, eco-mammografici, chirurgici, patologici relativi a possibili terapie sistemiche adiuvanti o concomitanti. 2.3.2.7 Parete toracica LÕirradiazione di questa regione viene solitamente eseguita con un campo diretto con elettroni accelerati o con campi tangenti con fotoni. In generale i limiti del campo di irradiazione sono compresi tra il limite inferiore della clavicola, il solco sottomammario, la linea medio-ascellare e la linea medio-sternale. La tecnica deve tendere a minimizzare lÕirradiazione agli organi critici, polmone e cuore (in caso di irradiazione della parete toracica sinistra). In profonditˆ il limite del volume irradiato deve raggiungere la superficie anteriore del piano costale mentre superficialmente e anteriormente il limite • a 5 mm al di sotto del piano cutaneo, se la cute non • organo a rischio. Lo spessore del volume-bersaglio dovrebbe essere determinato mediante scansioni TC, al fine di limitare al massimo lÕirradiazione polmonare. Eccetto per i casi con margini infiltrati o con chiara angioinvasivitˆ, la cute non dovrebbe essere trattata con il 100% della dose specificata. La dose • generalmente 50 Gy con frazionamento standard di 200 cGy/die per 5 giorni a settimana. 2.3.2.8 Mammella Il volume-bersaglio clinico (CTV) • costituito dallÕintera mammella, fino a 5 mm al di sotto della superficie cutanea. Come organi critici sono considerati il polmone omolaterale alla mammella irradiata ed il cuore in caso di irradiazione della mammella sinistra. La cute ed il sottocute sono presi in considerazione come organi critici ai fini del risultato cosmetico. Il trattamento radiante della mammella pu˜ essere eseguito con intento adiuvante, come parte integrante del trattamento conservativo, o come trattamento primario nei casi inoperabili in prima istanza. Sebbene il volume-bersaglio non differisca molto nelle due indicazioni, esistono alcune differenze che devono essere ricordate: ¥ la cute non • inclusa nel volume-bersaglio in caso di trattamento post-operatorio conservativo; ¥ la cute • sempre inclusa nel volume-bersaglio in caso di tumori localmente avanzati con infiltrazione cutanea, con noduli satelliti o nelle forme infiammatorie; ¥ nelle forme avanzate lÕintero spessore della parete toracica deve essere irradiato, mentre in caso di terapia conservativa il limite profondo del campo dÕirradiazione arriva fino alla superficie anteriore del piano costale. Il volume mammario viene irradiato con due campi tangenti alla parete toracica; solitamente sono usati fasci di energia compresi tra 4 e 6 MV generati da acceleratori lineari in regime fotonico, ma possono essere utilizzate unitˆ di telecobaltoterapia per mammelle di piccole o medie dimensioni (spessore massimo circa 20 cm). Mammelle di dimensioni maggiori dovrebbero essere trattate con fasci di energia maggiore (8-18 MV) per ottenere unÕadeguata distribuzione della dose allÕinterno del volume trattato. Dovrebbero inoltre essere utilizzati dei modificatori del fascio di radiazione (cunei trasversali) in modo da ottimizzare la distribuzione di dose nellÕintera mammella. La dose totale prescritta al centro del CTV, generalmente lungo lÕasse centrale dei fasci o in corrispondenza della loro intersezione, • 50 Gy, con frazionamento convenzionale di 200 cGy/die per 5 giorni a settimana. In rapporto al timing di somministrazione della radioterapia quando associata alla che- 54 CARCINOMA MAMMARIO mioterapia, la recente conclusione dellÕAmerican Society of Clinical Oncology convalida, per le pazienti al I e II stadio, la raccomandazione del Breast Intergroup Trials di completare tutto il trattamento sistemico, prima di iniziare il trattamento radiante, salvo rare eccezioni di elevato rischio di recidiva locale. Si conferma quindi che non cÕ• un effetto negativo nellÕattendere il termine della chemioterapia per eseguire la radioterapia dopo chirurgia conservativa. Selezionati regimi chemioterapici (CMF) possono essere somministrati in concomitanza con la radioterapia. Da segnalare che talvolta il frazionamento adottato • un ipofrazionamento Ð 275 cGy per 5 giorni a settimana Ð (quindi un minor numero di sedute) con pari efficacia e tollerabilitˆ ed invariato effetto cosmetico. 2.3.2.9 Sovradosaggio (boost) su letto tumorale Dati retrospettivi e dati recenti di studi clinici randomizzati documentano una riduzione dellÕincidenza delle recidive locali di un fattore 2 per ogni incremento di 15 Gy al letto tumorale. La considerazione che la maggior parte delle recidive si manifesti in corrispondenza o in vicinanza del letto operatorio, che il sovradosaggio di fatto non aggiunga tossicitˆ al trattamento, e che se correttamente eseguito abbia un modesto impatto sul risultato estetico, giustifica il largo ricorso a questo trattamento nella pratica quotidiana. Il volume-bersaglio del boost • valutato in rapporto alla mammografia pre-operatoria, al tipo di terapia chirurgica impiegata e allÕestensione dellÕasportazione (quadrantectomia, ampia escissione o tumorectomia). Importante inoltre la presenza di clip metalliche posizionate in corso di intervento dal chirurgo a delimitare il letto tumorale, il tipo istologico e la situazione microscopica dei margini. Il boost pu˜ essere somministrato con fotoni o elettroni mediante irradiazione esterna, come pi• frequentemente avviene, o con tecnica brachiterapica, in rapporto al volume che si vuole irradiare e alla dose da somministrare. I dati attualmente disponibili indicano che non vi sono differenze in termini di controllo locale, sopravvivenza libera da malattia e di morbiditˆ in funzione della tecnica di somministrazione del sovradosaggio. Risultati estetici lievemente inferiori sono stati osservati nelle pazienti sottoposte a brachiterapia. é ormai prassi consolidata la somministrazione di una dose totale al letto operatorio (irradiazione del corpo mammario e sovradosaggio) di 60 Gy nei casi con margini di resezione istologicamente negativi e di 64Ð70 Gy nei casi con margini di sezione vicini o interessati dalla neoplasia, con frazionamento standard di 2 Gy/5 sedute a settimana (da tener presente che i margini di sezione interessati dalla lesione dovrebbero essere sempre ampliati con rescissione chirurgica). 2.3.2.10 Linfonodi claveo-ascellari LÕirradiazione dei linfonodi claveo-ascellari dipende dallÕobiettivitˆ clinica e dalla procedura chirurgica. Le recidive ascellari dopo chirurgia radicale sono rare. LÕarea di irradiazione comprende sia la regione dellÕapice dellÕascella (linfonodi del III livello) sia la regione sopra e sotto claveare. Parte dellÕarticolazione scapolo-omerale, lÕacromion e la testa omerale, devono essere schermati dallÕirradiazione mediante blocchi di protezione. Talora, in casi selezionati con specifica indicazione, • necessario aggiungere un piccolo campo posteriormente per trattare pi• omogeneamente e adeguatamente il I e il II livello ascellare. La dose di 50 Gy viene somministrata con frazionamento convenzionale di 200 cGy/die per 5 giorni a settimana. 2.3.2.11 Linfonodi della catena mammaria interna LÕincidenza di metastasi linfonodali nella catena mammaria interna • direttamente correlata alla sede e dimensione del tumore e alla presenza di interessamento linfonodale ascellare (30% circa). é tuttora controverso se il trattamento radiante della catena mammaria interna sia in grado di influire sulla sopravvivenza. Il volume dÕirradiazione • usualmente esteso a comprendere ambedue le catene mammarie, ma • ugualmente diffuso lÕuso di irradiare la sola catena omolaterale. Questa scelta pu˜ essere talora anche dettata dalla disponibilitˆ tecnica dei macchinari e dalla necessitˆ di minimizzare gli effetti collaterali e la tossicitˆ a livello cardiovascolare e polmonare, soprattutto nelle pazienti chemiotrattate con farmaci cardiotossici. In caso di linfonodo sentinella positivo localizzato nella catena mammaria interna, • indicata la radioterapia su tale sede. Anche su questa regione la dose totale di 50 Gy viene somministrata con frazionamento di 200 cGy/die per 5 giorni a settimana. 2.3.2.12 Situazioni particolari ¥ In stadi avanzati (T4 e ca infiammatorio) non operabili dopo chemioterapia o ormonoterapia, la radioterapia pu˜ essere esclusiva con intento radicale su mammella e stazioni di drenaggio con campi tangenti e dose compresa tra 60 e 66 Gy. ¥ Nel ca lobulare in situ non vi sono indicazioni alla radioterapia complementare dopo chirurgia. ¥ Nel ca duttale in situ dopo chirurgia conservativa la dose • in genere di 50 Gy (in casi particolari pu˜ essere seguito da un sovradosaggio di 10 Gy). 55 CARCINOMA MAMMARIO La radioterapia sul restante parenchima mammario potrˆ essere omessa (Livello di evidenza VI) dopo colloquio con la donna, soltanto in caso di: ¥ diametro della neoplasia ² a 15 mm; ¥ distanza minima tumore margine istologico > 10 mm; ¥ G1, G2; ¥ > 50 anni. 2.3.2.13 Sequele da radioterapia Le sequele possono comparire acutamente in corso di trattamento o tardivamente, talora dopo mesi o anni. Durante la radioterapia la donna pu˜ accusare nausea, stanchezza e senso di claustrofobia. 2.3.2.14 Polmone Il volume polmonare incluso nel campo di irradiazione dovrebbe essere mantenuto il pi• piccolo possibile in ogni trattamento esterno della mammella e nel sovradosaggio, cos“ come deve essere posta particolare attenzione nella scelta dellÕenergia del fascio di elettroni in caso di irradiazione della parete toracica. La polmonite post-attinica in fase acuta e la fibrosi polmonare localizzata sono i principali effetti collaterali che si possono osservare. 2.3.2.15 Cuore Come per il parenchima polmonare, la dose al miocardio deve essere minimizzata, soprattutto in corso di trattamento della mammella sinistra e della regione della catena mammaria interna e di associazione con farmaci antiblastici cardiotossici, per ridurre lÕincidenza di pericardite ed ischemie miocardiche. 2.3.2.16 Cute Ad eccezione dei casi in cui la cute deve necessariamente essere inclusa nel volume-bersaglio, deve essere ricercato il massimo risparmio al fine di limitare le reazioni cutanee acute e tardive. LÕarrossamento e lÕinfiammazione nella fase terminale del trattamento sono eventi frequenti, ma solitamente rapidamente e facilmente recuperabili con adeguato trattamento topico e con la conclusione della terapia. A volte lÕeffetto acuto della radioterapia sulla cute pu˜ raggiungere un grado elevato (aree di disepitelizzazione o ulcerazioni che obbligano ad unÕinterruzione del trattamento). Talora in fase tardiva possono comparire zone di teleangectasia, soprattutto nella sede del sovradosaggio. 2.3.2.17 Tessuto connettivo Per ridurre al minimo la reazione fibrotica post-attinica • consigliabile mantenere in genere la dose di ogni singola frazione nel range di 200 cGy e di non eccedere con la dose totale su porzioni troppo ampie di ghiandola mammaria (specialmente quando trattiamo un seno voluminoso). La fibrosi della ghiandola mammaria dura e dolente • solitamente tardiva e amplificata dal ristagno linfatico. 2.3.2.18 Esofago La dose dellÕesofago in corso di irradiazione della catena mammaria interna pu˜ essere resa minima utilizzando tecniche miste con fotoni ed elettroni. 2.3.2.19 Plesso brachiale Con le dosi ed i campi oggi impostati la sofferenza del plesso • rara. Quando questa insorge deve far pensare pi• ad una ripresa di malattia che a tossicitˆ. Tuttavia nelle donne che hanno ricevuto il trattamento radiante da 10-15 anni e che presentano una plessopatia associata a discromie cutanee, ispessimento sottocutaneo e connettivale, retrazioni e fibrosi tendinee e muscolari, blocchi articolari, osteoporosi e fibrosi polmonare rilevabili mediante X-grafia, • possibile pensare ad una plessopatia post-attinica. Nelle plessopatie evolutive vi • lo stesso coinvolgimento radicolare, ma il primo sintomo • costituito da intense algie subcontinue o continue, con carattere trafittivo-urente, difficilmente controllabili dai comuni analgesici. LÕedema si associa nel 70% dei casi circa e pu˜ raggiungere dimensioni cospicue in tempi brevi. La diagnosi di evolutivitˆ • pressochŽ sicura nei casi in cui sia riscontrabile un interessamento iniziale prevalente dei contingenti radicolari C8-T1 (algie e turbe sensitive presenti a livello della faccia mediale dellÕarto e deficit prevalente 56 CARCINOMA MAMMARIO della muscolatura innervata dallÕulnare) con associata una sindrome di Claude Bernard Horner (miosi, ptosi palpebrale, pi• raramente enoftalmo). La fibrosi post-attinica, condizionante lÕintrappolamento del plesso, pu˜ essere contenuta dalla terapia fisica e motoria e mediante lÕintervento chirurgico di neurolisi (sbrigliamento) e/o ossigeno terapia iperbarica (OTI). 2.3.2.20 Trattamento delle recidive loco-regionali Vengono considerate recidive loco-regionali: ¥ noduli sottocutanei e cutanei nellÕarea della parete toracica sede della mastectomia (recidiva parietale); ¥ interessamento linfonodale della regione sopra-claveare, ascellare e mammaria interna; ¥ nodulo intramammario dopo chirurgia conservativa. 2.3.2.21 Recidiva parietale In caso di nodulo unico, lÕasportazione chirurgica precede lÕirradiazione della parete e consente una maggiore possibilitˆ di controllo locale. In caso di noduli multipli o di linfangite, la radioterapia rappresenta il trattamento di scelta. Il volume da irradiare • rappresentato dalla parete toracica comprendendo ampiamente la sede della ricaduta. LÕirradiazione contemporanea delle stazioni linfonodali di drenaggio deve essere valutata caso per caso in funzione del rischio di unÕulteriore evoluzione in tali sedi e della tolleranza ai trattamenti somministrati in associazione con la radioterapia. 2.3.2.22 Recidiva ascellare LÕasportazione chirurgica della recidiva • da preferire alla sola radioterapia per la minore incidenza di effetti collaterali acuti o tardivi. La radioterapia trova indicazione solo in caso di inoperabilitˆ della lesione o dopo trattamento chirurgico non radicale o su residuo di malattia dopo chemioterapia. Il volume da irradiare • rappresentato dallÕascella in toto e dalla regione sopra-claveare. 2.3.2.23 Recidiva sopra-claveare e/o della catena mammaria interna Il trattamento locale di queste recidive • affidato alla radioterapia in quanto la chirurgia ha scarse possibilitˆ di intervenire in maniera radicale. Il volume da irradiare • rappresentato dalla regione sopra-claveare fino allÕapice dellÕascella e dalle catene mammarie interne. La dose da somministrare varia da 50 a 60 Gy. 2.3.2.24 Recidiva intramammaria dopo terapia conservativa La terapia di scelta in caso di recidiva intramammaria • rappresentata dallÕasportazione in toto della mammella. LÕintervento di chirurgia conservativa iterativa, che permette il mantenimento della mammella, • possibile ma solo di fronte a casi selezionati. In caso di recidiva dopo chirurgia conservativa e radioterapia, il trattamento privilegia lÕasportazione chirurgica. La reirradiazione in toto della ghiandola • sconsigliata in quanto, a prescindere dal controllo locale, gli esiti tardivi del trattamento possono produrre danni e compromettere il risultato cosmetico. La reirradiazione di una parte della ghiandola • anchÕessa accompagnata da alterazioni locali e i risultati in termini di controllo locale non sembrano superiori a quelli ottenibili con la chirurgia demolitiva. In caso di recidiva dopo intervento conservativo e biopsia del linfonodo sentinella, a prescindere dal tipo di intervento chirurgico indicato per la mammella • raccomandabile la linfoadenectomia ascellare. Le indicazioni per le neoplasie intraduttali sono le medesime introducendo la radioterapia per le pazienti non sottoposte a questa terapia dopo il primo intervento chirurgico conservativo e la dissezione ascellare nei casi di recidiva infiltrante. 2.3.2.25 Trattamento delle metastasi Ossee: il trattamento a scopo sintomatico-palliativo pu˜ essere ipofrazionato specie quando si tratta di irradiare piccoli volumi, ossa lunghe e localizzazioni uniche; la dose • in genere di 30 Gy. Cerebrali: se le lesioni sono limitate come dimensioni e numero (fino a 3), pu˜ essere presa in considerazione la terapia stereotassica: i pochi centri in Toscana dotati di tale apparecchiatura lÕassociano per lo pi• al trattamento sullÕintero encefalo che resta valido quando le lesioni sono molteplici. La dose totale su encefalo • di 30-40 Gy (300 cGy per 5 volte a settimana) e 10-20 Gy con stereotassi. 57 CARCINOMA MAMMARIO 2.3.3 Terapia medica 2.3.3.1 Terapia medica del carcinoma in situ Il tamoxifene (20 mg/die per 5 anni) pu˜ essere proposto a pazienti operate con chirurgia conservativa per neoplasia duttale in situ, in caso di positivitˆ di ER e/o PgR (Livello di evidenza II). Nelle pazienti con diagnosi di carcinoma lobulare in situ il tamoxifene (20 mg/die per 5 anni) riduce del 55% lÕincidenza di carcinoma invasivo (Livello di evidenza II). LÕimpiego di inibitori dellÕaromatasi (anastrozolo, exemestane, letrozolo) non • indicato nelle forme di neoplasia in situ. 2.3.3.2 Terapia adiuvante del carcinoma invasivo (Stadi I-II) I fattori patologici da considerare indispensabili per la scelta del trattamento adiuvante sono: le dimensioni patologiche della neoplasia (pT), lÕinteressamento dei linfonodi (pN), il grado di differenziazione della neoplasia (G), e lÕespressione dei recettori ormonali per gli estrogeni e per il progesterone (ER e PgR). La determinazione dellÕattivitˆ proliferativa della neoplasia e lo stato di HER2 sono comunque fattori rilevanti che concorrono alla scelta del trattamento adiuvante. Tabella 1 - Pazienti a basso rischio. pT < 2 cm e pN0 e G1 e RO positivi Pre-menopausa Opzioni 1. Nessuna terapia (Livello di evidenza I) Post-menopausa Opzioni 1. Nessuna terapia (Livello di evidenza I) oppure 2. Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure 2. Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure 3. Tamoxifene ± LH-RH analogo per 2-3 aa (Livello di evidenza II) oppure 3. Inibitori dellÕaromatasi* per 5 aa (Livello di evidenza I) * lÕutilizzo • da riservare a pazienti con controindicazioni allÕuso del Tamoxifene. Tabella 2 - Pazienti a rischio intermedio-alto. pT > 2 cm e/o pN1-3 e/o G 2-3 RO positivi Opzioni 1. Chemioterapia seguita da ormonoterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF (Livello di evidenza I) 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza II) Pre-menopausa RO negativi Opzioni 1. Chemioterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF (Livello di evidenza I) 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza II) Al termine della chemioterapia: Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure Tamoxifene + LH-RH analogo per 2-3 aa in caso di non amenorrea (Livello di evidenza III) oppure Tamoxifene + LH-RH analogo per 2-3 aa in caso di etˆ inferiore a 40 anni (Livello di evidenza III) 2. Ormonoterapia esclusiva Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa in associazione a LH-RH analogo (Livello di evidenza I) 2. Nessun trattamento (pazienti in cui il rischio di morte per altre cause sia maggiore del rischio di morte per carcinoma mammario, es. pT < 1 cm pN0 G1-2) (Livello di evidenza IV) La chemioterapia adiuvante nelle pazienti con recettori ormonali negativi dovrebbe iniziare entro 2-3 settimane dallÕintervento chirurgico (Livello di evidenza III). ¤ per ÒlivelloÓ di chemioterapia si • voluto fare riferimento allÕefficacia di tali schemi di polichemioterapia in termini di superioritˆ degli stessi rispetto a schemi di chemioterapia quali CMF/AC. 58 CARCINOMA MAMMARIO Tabella 3 - Pazienti a rischio intermedio-alto. pT > 2 cm e/o pN1-3 e/o G 2-3 Post-menopausa RO negativi Opzioni 1. Chemioterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF oppure (Livello di evidenza I) Inibitore aromatasi* per 5 aa 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza I) (Livello di evidenza II) Consigliabile nei casi di: controindicazione al Tamoxifene / pz. alto rischio / pz. HER2 positive, IHC 3+ o FISH + o CISH +) RO positivi Opzioni 1. Ormonoterapia Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) 2. Chemioterapia seguita da Ormonoterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF (Livello di evidenza I) 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza II) 2. Nessun trattamento Pazienti in cui il rischio di morte per altre cause sia maggiore del rischio di morte per carcinoma mammario, es. pT < 1 cm pN0 G1-2. (Livello di evidenza IV) Al termine della chemioterapia: Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure Inibitore aromatasi* per 5 aa (Livello di evidenza I) Consigliabile nei casi di: controindicazione al Tamoxifene / pz. alto rischio / pz. HER2 positive, IHC 3+ o FISH + o CISH +) La chemioterapia adiuvante nelle pazienti con recettori ormonali negativi dovrebbe iniziare entro 2-3 settimane dallÕintervento chirurgico (Livello di evidenza III). ¤ per ÒlivelloÓ di chemioterapia si • voluto fare riferimento allÕefficacia di tali schemi di polichemioterapia in termini di superioritˆ degli stessi rispetto a schemi di chemioterapia quali CMF/AC. * lÕutilizzo • da riservare a pazienti con controindicazioni allÕuso del Tamoxifene. 2.3.3.3 Schemi di chemioterapia adiuvante CMF classico: ciclofosfamide 100 mg/mq/die per os gg 1-14; metotrexate 40 mg/mq ev gg 1,8; fluorouracile 600 mg/mq ev gg 1,8 q 28 gg per 6 cicli. CMF ev: ciclofosfamide 600 mg/mq ev gg 1,8; metotrexate 40 mg/mq ev gg 1,8; fluorouracile 600 mg/mq ev gg 1,8 q 28 gg per 6 cicli. AC / EC: adriamicina 60 mg/mq o epirubicina 90 mg/mq; ciclofosfamide 600 mg/mq q 21 giorni per 4 cicli. FEC: fluorouracile 500 mg/mq; epirubicina 100 mg/mq; ciclofosfamide 500 mg/mq q 21 giorni per 6 cicli. A-CMF o E-CMF: adriamicina 75 mg/mq o epirubicina 100 mg/mq ev q 21 gg per 4 cicli, seguiti da ciclofosfamide 600 mg/mq ev; metotrexate 40 mg/mq ev; fluorouracile 600 mg/mq ev q 21 gg per 8 cicli oppure da CMF classico per 4 cicli. CEF: ciclofosfamide 75 mg/mq/die per os gg 1-14; epirubicina 60 mg/mq ev gg 1,8; fluorouracile 500 mg/mq ev gg 1,8 q 28 gg per 6 cicli. AC-P: adriamicina 60 mg/mq; ciclofosfamide 600 mg/mq q 21 giorni, per 4 cicli, seguiti da Paclitaxel 175 mg/mq q 21 giorni, per 4 cicli. TAC: docetaxel 75 mg/mq; adriamicina 50 mg/mq; ciclofosfamide 500 mg/mq q 21 giorni, per 6 cicli. 2.3.3.4 Terapia sistemica primaria (preoperatoria) del carcinoma invasivo operabile (Stadi I Ð II) e del carcinoma localmente avanzato o infiammatorio (Stadio III) LÕuso della chemioterapia preoperatoria nei tumori operabili pu˜ essere considerato in tutte le pazienti che desiderano una chirurgia di tipo conservativo ma che non sono candidabili in prima istanza a questo tipo di intervento per le dimensioni della neoplasia. 59 CARCINOMA MAMMARIO Tabella 4 STADI I Ð II Opzioni ¥ Chemioterapia preoperatoria (Livello di evidenza I) La chemioterapia dovrebbe contenere antracicline e/o taxani per la durata di 4-6 cicli STADIO III Opzioni ¥ Chemioterapia preoperatoria (Livello di evidenza I) La chemioterapia dovrebbe contenere antracicline, ed eventualmente taxani per la durata di 4-6 cicli ¥ Ormonoterapia preoperatoria Inibitori delle aromatasi, in postmenopausa (Livello di evidenza II) ¥ Ormonoterapia preoperatoria Tamoxifene oppure Inibitori delle aromatasi, in postmenopausa (Livello di evidenza II) LÕormonoterapia preoperatoria, da non considerare standard, pu˜ essere ritenuta accettabile in categorie particolari di pazienti (in particolare nelle pazienti anziane > 70 anni) in caso di positivitˆ dei recettori ormonali LÕormonoterapia neoadiuvante non • da considerarsi standard, ma pu˜ essere presa in considerazione in casi particolari LÕutilizzo del Trastuzumab • sconsigliato nel trattamento adiuvante e neoadiuvante. 2.3.3.5 Terapia sistemica della malattia metastatica Nella definizione di malattia ÒindolenteÓ e malattia ÒaggressivaÓ rimane fondamentale il giudizio clinico; si pu˜ fare riferimento ai seguenti parametri: ¥ malattia indolente: lungo intervallo libero da malattia, precedente risposta ad ormonoterapia, etˆ > 35 anni, metastasi ossee e/o tessuti molli; ¥ malattia aggressiva: breve intervallo libero da malattia, malattia ormonoresistente, etˆ < 35 anni, metastasi viscerali. Tabella 5 - Malattia indolente. RO positivi Pre-menopausa ¥ Ormonoterapia di prima linea Tamoxifene in associazione a LH-RH analogo (Livello di evidenza I) Post-menopausa ¥ Ormonoterapia di prima linea Inibitori delle aromatasi (Livello di evidenza I) Tabella 6 - Malattia aggressiva. RO negativi o positivi Pre/Post-menopausa ¥ Chemioterapia 1. Polichemioterapia contenente antracicline (se non giˆ effettuate antracicline in adiuvante) (Livello di evidenza I) 2. Polichemioterapia contenente taxani (se giˆ effettuate antracicline in adiuvante) (Livello di evidenza I) 3. Polichemioterapia contenente Vinorelbina / 5-fluorouracile / Capecitabina (Livello di evidenza II) Tabella 7 - Malattia aggressiva HER2 positiva Sono candidati a terapia con Trastuzumab pazienti che overesprimono HER2 (ovvero, con test IHC 3+ oppure FISH positivo; pazienti IHC 2+ dovrebbero essere ritestate con FISH) Pre/Post-menopausa ¥ Trastuzumab in associazione a chemioterapia 1. Trastuzumab in associazione a taxani (pazienti pretrattate con antracicline*) (Livello di evidenza I) 2. Trastuzumab in associazione a Vinorelbina (Livello di evidenza III) * per pazienti che non abbiano ricevuto antracicline in adiuvante, • consigliabile quale trattamento di I linea una polichemioterapia contenente antracicline. NB: la durata ottimale del trattamento con Trastuzumab non • nota. 60 CARCINOMA MAMMARIO 2.3.3.6 Terapie di supporto Bifosfonati (pamidronato, zoledronato): nei pazienti che ricevono terapia sistemica (chemioterapia Ð ormonoterapia) lÕutilizzo dei bifosfonati • sempre indicato in caso di lesioni ossee litiche (Livello di evidenza I). La durata ottimale del trattamento non • stabilita. Fattori di crescita ematopoietici (eritropoietina, fattori di crescita granulocitari): sebbene la disponibilitˆ di queste citochine abbia permesso in molti casi di superare la tossicitˆ ematologica sia della linea eritroide che mieloide, tuttavia lÕindicazione clinica corretta nellÕutilizzo di tali fattori di crescita trova spazio solamente in casi particolari. 2.3.4 Conservazione della fertilitˆ Circa il 50% delle donne sottoposte a trattamento chemioterapico sviluppa amenorrea e, in relazione allÕetˆ, uno stato menopausale da esaurimento funzionale dellÕovaio. Il rischio di sterilitˆ nelle donne sottoposte a trattamenti chemioterapici oscilla tra il 10 e 100% ed • dipendente dal tipo di trattamento utilizzato. I farmaci che maggiormente inducono sterilitˆ sono gli alchilanti. I farmaci citotossici possono indurre unÕamenorrea temporanea che pu˜ oscillare da pochi mesi ad anni. Danni simili alle gonadi sono provocati anche dal trattamento radioterapico, in modo strettamente dipendente dallÕetˆ della donna, dalla dose impiegata e dalle modalitˆ/sede di applicazione. In sostanza, i trattamenti chemio/radioterapici possono indurre un danno quantitativo e/o qualitativo al patrimonio follicolare della paziente tale da compromettere il potenziale di fertilitˆ futura della donna. Peraltro, lÕetˆ anagrafica costituisce di per sŽ motivo fisiologico di riduzione della fertilitˆ naturale della donna. Infatti, dopo i 38 anni, di massima, la quantitˆ e la qualitˆ degli ovociti residui presenti nellÕovaio sono ridotte in modo marcato. Per conseguenza, qualora lÕetˆ della paziente affetta da cancro mammario e da sottoporre a trattamento chemio/radioterapico sia inferiore a 38 anni, la quantitˆ di patrimonio ovocitario residuo e la sua qualitˆ sono tali da potersi seriamente porre il problema della conservazione della fertilitˆ futura di quella donna dopo chemio/radioterapia. A questo scopo, e ove la paziente lo desideri, sono state progettate diverse, possibili soluzioni, nessuna delle quali • ottimale, presentando invece ognuna di esse vantaggi e svantaggi. Tutte queste soluzioni devono essere discusse in modo approfondito direttamente con la donna o con la coppia. Quando la paziente abbia pi• di 38 anni, pur essendo carente, come giˆ detto sopra, la quantitˆ e la qualitˆ del patrimonio ovocitario residuo, pu˜ sussistere lÕÓopportunitˆ clinicaÓ di procedere in qualche modo nella direzione di un approccio conservativo della fertilitˆ futura: sono quei casi in cui per la donna la possibilitˆ di un mantenimento della fertilitˆ futura rappresenta un forte supporto per ben affrontare lÕintero percorso clinico (chirurgia, chemio/radioterapia) al quale dovrˆ essere sottoposta. Pertanto, di fronte ad una paziente in etˆ fertile, affetta da carcinoma mammario, e per il quale debba prevedersi un trattamento chemio/radioterapico, la donna (o la coppia) dovrˆ ricevere informazioni dettagliate sulle modalitˆ per potere conservare la fertilitˆ futura. 2.4 FOLLOW-UP E RIABILITAZIONE Gli studi clinici randomizzati e la maggior parte di quelli retrospettivi hanno mostrato che lo screening routinario delle metastasi a distanza non abbia alcuna influenza sulla sopravvivenza delle donne con carcinoma mammario. Pertanto, in assenza di sintomi o segni, non si raccomanda lÕesecuzione periodica degli esami strumentali e di laboratorio. 2.4.1. Chirurgia conservativa In questa categoria di pazienti, il tasso di recidive • sostanzialmente costante nei primi 10 anni dallÕintervento, modificandosi soltanto il tipo di recidiva (prevalenza delle recidive ÒvereÓ nei primi 5 anni; prevalenza dei Òsecondi tumoriÓ nel secondo quinquennio). LÕesame clinico sarˆ semestrale anche nei primi 5 anni. La mammografia avrˆ cadenza annuale nei primi 10 anni e, successivamente, biennale. In caso di iperplasia atipica (ADH o ALH), di carcinoma Òin situÓ (duttale o lobulare), la frequenza dei controlli sarˆ la stessa di quanto avviene per i carcinomi infiltranti, tranne che per lÕesame clinico, che sarˆ annuale nei primi 5 anni. Sotto i 50 anni dÕetˆ, i controlli radiologici saranno annuali, indipendentemente dagli anni trascorsi dallÕintervento. 61 CARCINOMA MAMMARIO 2.4.2 Mastectomia Nelle pazienti operate di mastectomia, circa il 90% delle recidive loco-regionali si manifesta entro i 5 anni dalla mastectomia, con picco a 2 anni dallÕintervento. Per questo motivo, nei primi 5 anni • opportuno lÕesame clinico semestrale e la mammografia annuale della mammella residua. Tra i 6 e i 10 anni dallÕintervento i controlli clinici e mammografici avranno cadenza annuale. Dopo i 10 anni, sia la visita che la mammografia diventeranno biennali. In caso di carcinoma duttale Òin situÓ, i controlli saranno limitati a esame clinico e mammografia biennali, dato il rischio pressochŽ nullo di recidive locali e il basso rischio di cancro controlaterale. In caso di carcinoma lobulare Òin situÓ, lÕaumentato rischio di cancro controlaterale comporterˆ controlli clinici e mammografici annuali. Sotto i 50 anni dÕetˆ, i controlli radiologici saranno annuali, indipendentemente dagli anni trascorsi dallÕintervento e dal tipo di carcinoma (infiltrante o Òin situÓ). In caso di mastectomia bilaterale, • consigliato un controllo clinico semestrale nei primi 5 anni e annuale in seguito. Tabella 8 - Tipologia e cadenza degli esami di controllo consigliati nelle pazienti operate per carcinoma infiltrante, in rapporto allÕetˆ Anni dallÕintervento < 50 anni ³ 50 anni Esame clinico Mammografia Esame clinico Mammografia 1-5 anni Semestrale Annuale Semestrale Annuale 6-10 anni Annuale Annuale Annuale Annuale > 10 anni Annuale Annuale Biennale Biennale Eccezioni: carcinoma Òin situÓ o iperplasia atipica trattati con chirurgia conservativa: esame clinico nei primi 5 anni annuale e non semestrale; carcinoma duttale Òin situÓ trattato con mastectomia: esame clinico e mammografia biennali; carcinoma lobulare Òin situÓ trattato con mastectomia: esame clinico e mammografia annuali. 2.4.3 Riabilitazione 2.4.3.1 Indirizzi per lÕintervento riabilitativo nelle donne operate per patologia tumorale al seno La presa in carico riabilitativa delle donne operate per patologia tumorale al seno rappresenta un elemento del percorso di cura, che ha lÕobiettivo di creare le condizioni per una migliore qualitˆ della vita della paziente attraverso la riduzione programmata delle limitazioni funzionali che potrebbero determinare disabilitˆ. Inoltre consente un intervento globale che valorizza una visione multifattoriale inserendo la paziente in un percorso riabilitativo di cui vengono definiti gli obiettivi e le caratteristiche dellÕintervento. LÕŽquipe multiprofessionale, che effettua la presa in carico, in stretto collegamento con le altre discipline coinvolte, ha lo scopo di perseguire: lÕinformazione condivisa e consapevole della paziente, lÕaspetto educativo relazionale, la gestione preventiva di possibili esiti, la gestione diretta di segni e sintomi costituenti lo specifico patologico e lo specifico disfunzionale. Il setting riabilitativo si estrinseca come illustrato nei paragrafi seguenti. 2.4.3.2 Fase preoperatoria Obiettivi: ¥ informare la paziente sulle possibili strategie di recupero funzionale (libretto informativo); ¥ sostenere la paziente; ¥ valutare alcuni parametri funzionali dellÕarto superiore ed in modo particolare la presenza di limitazioni funzionali dovute a patologie pregresse e/o concomitanti. La valutazione funzionale preoperatoria • particolarmente indicata nelle ricostruzioni con trasposizione di lembi mio-cutanei. 2.4.3.3 Fase postoperatoria é distinta in due periodi: 1) acuto: relativo al periodo della degenza ospedaliera; 2) post-acuto: relativo ai 40-60 giorni successivi alla dimissione ospedaliera. 62 CARCINOMA MAMMARIO Il trattamento riabilitativo post-operatorio deve essere iniziato il pi• precocemente possibile. La presa in carico delle pazienti dovrebbe essere avviata fin dal giorno successivo allÕintervento e durare per tutto il periodo del ricovero da proseguire anche a dimissione avvenuta dal centro oncologico. Le complicanze pi• frequenti in relazione allÕintervento oncologico e/o ricostruttivo sono: ¥ il dolore; ¥ la riduzione della mobilitˆ articolare (ROM) del cingolo scapolo-omerale; ¥ le alterazioni posturali; ¥ le lesioni nervose periferiche; ¥ le fibro-linfosclerosi; ¥ linfangiti e linfedema; ¥ il senso di oppressione toracica; ¥ le aderenze/fibrosi capsulari periprotesiche; ¥ le aderenze peri e cicatriziali. In particolare lÕintervento riabilitativo deve essere attivato in tutti i casi di: ¥ mastectomia radicale con o senza linfoadenectomia; ¥ linfoadenectomia ascellare; ¥ ricostruzione immediata o differita; ¥ ogni qual volta il medico specialista lo ritenga necessario. La valutazione funzionale comprende: 1. ROM attivo e passivo del complesso articolare di spalla; 2. test muscolari dei muscoli potenzialmente compromessi e/o da trasporre: ¥ gran dentato; ¥ grande e piccolo pettorale; ¥ gran dorsale; ¥ retto addominale; 3. valutazione di deficit a carico del sistema nervoso periferico, con particolare attenzione alle sensibilitˆ dellÕarto superiore e della zona toracica interessata; 4. misurazione antropometrica degli arti superiori e caratteristiche dellÕedema; 5. valutazione del dolore con scala analogico-visiva (VAS); 6. valutazione delle cicatrici: (aderenti, retraenti, ipertrofiche, cheloidee); 7. valutazione posturale; 8. valutazione funzionale globale; Gli obiettivi del trattamento riabilitativo sono: ¥ la rilevazione dei bisogni/problemi di salute; ¥ adeguata informazione della paziente; ¥ educazione al controllo della sintomatologia dolorosa; ¥ facilitazione allÕespansione dellÕemitorace interessato; ¥ prevenzione degli atteggiamenti posturali viziati; ¥ prevenzione e controllo dellÕinstaurarsi di aderenze cicatriziali; ¥ prevenzione delle retrazioni mio-cutanee, mio-tendinee e mio-fasciali; ¥ recupero dellÕescursione articolare dei cingoli scapolo-omerale e scapolo-toracico; ¥ educazione allÕauto-prevenzione delle complicanze tardive con particolare riferimento al linfedema. Le modalitˆ operative sono: ¥ ascoltare e dialogare con la paziente, informando e spiegando quelle che sono le normali risposte dellÕorganismo, fornendo anche istruzioni allÕautotrattamento; ¥ esercizio terapeutico per la funzione respiratoria; ¥ corretto posizionamento (per diminuire la tensione muscolare e il dolore, per prevenire la linfosclerosi, la tensione dei linfatici e per favorire il drenaggio linfatico); ¥ mobilizzazione, esercizi in rilasciamento per agire sulla componente muscolare, fasciale, cutanea e linfatica; ¥ esercizi per lÕarto superiore finalizzati allÕinsegnamento di semplici attivitˆ di auto- mobilizzazione da ripetere pi• volte nellÕarco della giornata; ¥ presa di contatto con la zona operata e il trattamento delle cicatrici, prima con manovre di scollamento della zona operata, poi alla rimozione dei punti con il trattamento della cicatrice per evitare le aderenze e la fibrosi post-operatoria; ¥ informazione della paziente riguardo le possibili complicanze, gli esercizi da eseguire a domicilio e le attenzioni da avere nei confronti dellÕarto operato. 63 CARCINOMA MAMMARIO 2.4.3.4 Fase degli esiti tardivi Questa fase si pu˜ collocare temporalmente trascorsi i 60 giorni dallÕintervento chirurgico. Le pi• frequenti problematiche dÕinteresse riabilitativo che riscontriamo in questa fase sono: il dolore della parete toracica e/o dellÕarto superiore, legati ad unÕanomala organizzazione delle cicatrici con formazione di neurinomi del nervo intercostobrachiale; la capsulite adesiva della spalla e altre problematiche articolari; sofferenze del plesso brachiale, esiti posturali e il linfedema. LÕedema linfatico rimane oggi lÕesito cronico pi• importante per le donne operate, anche se si presenta con una frequenza inferiore rispetto al passato. LÕampia incidenza riscontrata in letteratura, dal 7 allÕ82%, • dovuta ai diversi criteri di misurazione, classificazione e raccolta dati. LÕincidenza e lÕentitˆ del linfedema risultavano pi• elevate quando la chirurgia era ampiamente demolitiva e la radioterapia veniva indirizzata sulla catena mammaria interna, sullÕascella e sulla regione sovraclaveare. LÕedema viene classificato in lieve, moderato, grave, gravissimo con lesione del plesso brachiale. LÕedema lieve • molle, recede con il riposo notturno e insorge generalmente a breve distanza dallÕintervento chirurgico o radioterapico, presenta una differenza di diametro con lÕarto contro-laterale sano di 1-3 cm. La cute mantiene lÕelasticitˆ e non si evidenziano lesioni trofiche; la fovea • positiva ma rientra subito. La paziente non riferisce episodi precedenti di linfangiti. In questi casi lÕintervento riabilitativo prevede una maggiore attenzione allÕeducazione preventiva finalizzata alla cura dellÕarto, al corretto posizionamento insegnando posture ed esercizi drenanti e, a discrezione degli specialisti, il linfodrenaggio manuale (LDM) con bendaggio elastocompressivo. LÕedema moderato • duro-elastico, non recede con il riposo notturno, presenta una differenza di diametro con lÕarto controlaterale sano di 3-5 cm. La cute perde dÕelasticitˆ, la fovea • positiva e stabile. Il paziente pu˜ riferire episodi di linfangite. Ci pu˜ essere alterata funzionalitˆ dellÕarto. In questi casi lÕintervento fisioterapico • cos“ strutturato: ¥ linfodrenaggio manuale (LDM) + bendaggio elastocompressivo + guaina elastica confezionata su misura + esercizi da eseguire con la compressione; e/o ¥ linfo-pressoterapia sequenziale preceduta da manovre di apertura secondo LDM + guaina elastica confezionata su misura. LÕedema grave • duro, non recede con il riposo notturno e presenta una differenza di diametro con lÕarto controlaterale sano maggiore di 5 cm. La cute ha perso dÕelasticitˆ, la fovea • profonda e stabile. La funzionalitˆ dellÕarto • modificata con limitazione dei movimenti in rapporto allÕaumento di peso dellÕarto ed alla fibrosi. LÕintervento riabilitativo • cos“ articolato: ¥ linfodrenaggio manuale (LDM) + bendaggio elastocompressivo + guaina elastica confezionata su misura + esercizi da eseguire con la compressione; e/o ¥ linfo-pressoterapia sequenziale preceduta da manovre di apertura secondo LDM. LÕedema gravissimo con interessamento del plesso brachiale: in questo caso il quadro clinico • complicato dallÕinteressamento del plesso brachiale. Il programma riabilitativo • come sopra con lÕaggiunta di ausili di supporto per lÕarto paretico/plegico. Vogliamo sottolineare che lÕapproccio terapeutico-riabilitativo al linfedema • globale sia perchŽ vede coinvolte pi• figure professionali e combina le seguenti modalitˆ operative: ¥ linfodrenaggio manuale (Vodder, Foldi, Asdonk, Leduc, Bouchet, Casley-Smith); ¥ terapia elasto-compressiva (bendaggio e guaina contenitiva personalizzata); ¥ terapia meccanica pressoria sequenziale; ¥ esercizi drenanti da eseguire in compressione e posture drenanti; ¥ educazione alla cura dellÕarto (opuscolo informativo); ¥ programma di rivalutazione a distanza (follow-up). La valutazione della paziente dovrˆ sempre prevedere un approccio diagnostico multidisciplinare per escludere eventuali riprese di malattia. 2.4.3.5 Complicanze da chemio/radioterapia La maggiore attenzione per la qualitˆ della vita delle pazienti sottoposte a trattamenti post-chirurgici ha migliorato ad un tempo la qualitˆ delle cure ed introdotto interventi di sostegno mirati alla riduzione degli effetti collaterali di chemio e radioterapia. Ci˜ ha notevolmente aumentato la tolleranza delle pazienti nei confronti dei trattamenti oncologici. é tuttavia importante ricordare quanto la riabilitazione possa essere incisiva in questo periodo, non solo per monitorare la capacitˆ funzionale delle persone, ma anche per promuovere abitudini motorie, posturali e modelli respiratori che permettano un maggior risparmio energetico, una migliore gestione delle proprie capacitˆ, la prevenzione di danni da ipomobilitˆ, ed ancora, un maggior controllo sui disagi possibili e sullo stress. 64 CARCINOMA MAMMARIO Sinteticamente elenchiamo le pi• comuni problematiche, di interesse riabilitativo, conseguenti a trattamenti chemio e radioterapici. La chemioterapia pu˜ temporaneamente ridurre forza e resistenza allo sforzo; pu˜ dare neurotossicitˆ fino alla paralisi di alcuni gruppi muscolari; la fatigue • in sŽ causa di perdita della funzione. Sottoporsi a radioterapia pu˜ danneggiare la cute e provocare reazioni a livello fasciale, con conseguente riduzione della mobilitˆ articolare; nonchŽ favorire lÕinsorgenza di linfedema e una riacutizzazione della sintomatologia dolorosa. LÕintervento riabilitativo in questa fase prevede: ¥ trattamenti mirati al controllo del dolore; ¥ programmi personalizzati mirati a conservare la forza e la resistenza allo sforzo muscolare attraverso esercizi aerobici progressivi; ¥ attivitˆ mirate alla educazione/rieducazione degli equilibri posturali e dello schema corporeo statico e dinamico; ¥ monitorizzazione dellÕinsorgenza e/o dellÕaggravarsi del linfedema. 2.4.3.6 Indirizzi per il trattamento delle donne mastectomizzate in fase terminale Nella fase delle cure palliative, in accordo con quanto proclamato dallÕOrganizzazione Mondiale della Sanitˆ, lo scopo principale dellÕintervento sanitario • il raggiungimento della migliore qualitˆ di vita possibile sia per la persona affetta da malattia avanzata, sia per i suoi familiari. LÕapproccio terapeutico non si fermerˆ alla sfera dei bisogni fisico-meccanici ma sarˆ di tipo olistico. Sia che le persone siano seguite a domicilio oppure negli hospice, lÕintervento riabilitativo riveste ancora un ruolo di sostegno al fine di mantenere il pi• possibile lÕautonomia desiderata o cercare il progressivo adattamento alla modificazione dello stato di salute. Ogni programma riabilitativo, ogni raccomandazione o adozione di soluzioni sono da considerarsi temporanee in questa fase data la possibile repentina modificazione dello stato della paziente. Sarˆ quindi necessario riadattare lÕintervento al mutare delle condizioni cliniche, talvolta prevedendo lÕevoluzione della situazione per prevenire i possibili problemi. Il progetto e programma riabilitativo dovrebbe essere concordato nellÕambito delle attivitˆ della Žquipe terapeutica: Òcosa proporreÓ, Òcosa fareÓ e, soprattutto, Òcosa non fareÓ. é da evitare lÕapplicazione di protocolli rigidi a favore di un insieme di attivitˆ frutto di scelte concordate. Il progetto stesso deve poter essere condiviso con la persona interessata, con i familiari e con gli altri operatori del team anche al fine di garantire omogeneitˆ e coerenza dei comportamenti in un contesto di trasparenza e rispetto di tutti i soggetti coinvolti. é molto importante che ci sia un continuo ed efficace scambio di informazione allÕinterno del team sia per comprendere le scelte prioritarie quali la tempestivitˆ dellÕintervento riabilitativo oppure la sospensione dello stesso. 2.5 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 1. FONCaM: I tumori della mammella. Linee guida sulla diagnosi, il trattamento e la riabilitazione. Marzo 2003. Firenze, Scientific Press, 2003. 2. Charta Senologica 2004 (Approccio diagnostico alla patologia mammaria). Il Radiologo (SIRM Societˆ Italiana di Radiologia Medica) 2004; (Suppl): 1. 3. Linee Guida della Societˆ Italiana di Medicina Nucleare. AIMN 2004. 4. College of American Pathologists: Cancer protocols and checklists, January 2005 revision - based on AJCC/VICC TNM, 6th edition. (Consultabili nel sito CAP allÕindirizzo http: www.cap.org/apps/docs/cancer_protocols/protocols_index.html). 5. Linee guida AIRO. 2004. 6. Goldhirsch A, Wood WC, Gelber RD, Coates AS, ThŸrlimann B, Senn HJ: Linee Guida St. Gallen. Meeting highlights: updated international expert consensus on the primary therapy of early breast cancer. J Clin Oncol 2003; 3357-65. 7. AIOM: Linee guida per neoplasia della mammella. www.aiom.it/lineeguida 8. Advisory Committee on Cancer Prevention: Recommendations on cancer screening in the European Union. Eur J Cancer 2000; 36: 1473-78. 9. IARC: Handbooks of cancer prevention. Volume 7: Breast Cancer Screening. Lyon, IARC Press, 2002. 10. Breast Screening Frequency Trial Group: The frequency of breast cancer screening. Results from the UKCCCR Randomised Trial. Eur J Cancer 2002; 38: 1458-64. 11. Bijurstam N, Biorneld L, Duffy S, et al: The Gothenborg Breast Screening Trial. First results on mortality, incidence and made of detection for women ages 39-49 years at randomisation. Cancer 1997; 80: 2091-9 12. Duffy SW, Day NE, Tabar L, et al: Markov models of breast tumors progression. Some age-specific results. Natl Cancer Inst Monogr 1997; 22: 93-97. 13. Osservatorio Nazionale per la Prevenzione dei Tumori Femminili. Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori: III rapporto. Roma, 2004. 14. Perry N, Broeders M, de Wolf C, Tornberg S (eds): European Guidelines for Quality Assurance in Mammography Screening. Luxembourg, European Communities Publications ISBN 92-894-1145-7, 3rd edition 2001 (4th edition 2005, in press). 65 CARCINOMA MAMMARIO 2.6 APPENDICE 2.6.1 Algoritmi diagnostici 66 CARCINOMA MAMMARIO 2.6.2 Algoritmi terapeutici 2.6.2.1 Terapia chirurgica e radioterapia Tumore filloide Diagnosi Filloide benigno Terapia Escissione con margine di tessuto sano ¥ Mastectomia totale semplice Filloide borderline Filloide maligno ¥ Intervento conservativo se il rapporto volume tumore/volume mammella permette lÕesecuzione di una quadrantectomia (1 cm di margine microscopico) con buon risultato estetico Follow-up In caso di tumore filloide dopo enucleazione per fibroadenoma la forma benigna sarˆ sottoposta a controlli clinici, mentre le altre forme dovranno essere sottoposte ad un nuovo intervento chirurgico. Nessun intervento • necessario per i linfonodi ascellari Carcinoma lobulare in situ Diagnosi Terapia pTis (LCIS) Solo F-UP Dopo lÕexeresi chirurgica Riduzione del rischio ¥ Tamoxifene (Livello di evidenza II) ¥ Mastectomia bilaterale ± ricostruzione (Livello di evidenza V) Follow-up ¥ Visita clinica ogni 12 mesi ¥ Mammografia ogni 12 mesi 67 CARCINOMA MAMMARIO Carcinoma duttale in situ Diagnosi Terapia Unicentrico, multifocale ò pTis (DCIS) Ampia escissione Quadrantectomiab ÷ ø Riduzione del rischio Lesioni estese > 5 cm Multicentrico ò Mastectomia totale o skin/areola Biopsia sparing linfonodo mastectomia, sentinella ± ricostruzione Margini negativi ò Margini positivi ò ð ñ RTa Ampliamento ñ ÷ ø Margini Margini negativi positivi ò ò RTa Ä ñ Tamoxifene (Livello di evidenza II) per le pazienti sottoposte a chirurgia conservativa Follow-up ¥ Visita clinica ogni 12 mesi per 5aa ¥ Mammografia ogni 12 mesi ¥ In caso di mastectomia visiva clinica e mammografia biennale ñ È a la radioterapia pu˜ essere omessa dopo aver informato le pazienti sul potenziale rischio aumentato di recidiva locale selezionandole secondo etˆ > 50 anni, dimensioni del tumore < 15 mm, G1 e G2 e margini liberi > 10 mm; b la biopsia del linfonodo sentinella potrˆ essere eseguita in caso di: quadrantectomia per lesioni estese, interventi conservativi che richiedono lÕesecuzione di mastoplastica. 68 CARCINOMA MAMMARIO Carcinoma infiltrante Diagnosi ¥ T1 ¥ T2 Terapia chirurgica Unicentrico, multifocale ò Ampia escissione, quadrantectomia Biopsia linfonodo sentinella Linfoadenectomia ascellare per lesioni > 3 cm o con linfoadenopatia ascellare metastatica ÷ ø Mastectomia totale o skin sparing mastectomia, ± ricostruzione Margini negativi ò Margini positivi ò ð ñ RT Ampliamento ñ ø ñ Margini negativi ò Margini positivi ò ñ RT Ä È ÷ Follow-up Lesioni estese > 5 cm Multicentrico ò linfoadenectomia ascellare ¥ Visita clinica ogni 6 mesi per 5 aa poi ogni 12 mesi ¥ Mammografia ogni 12 mesi per 10 aa Radioterapia N0 RT mammella + boost letto tumorale a N+ (1-3) RTa,b mammella + boost letto tumorale N+ (> 4) RT su parete N+ (> 4) RTb mammella + boost letto tumorale + regione sopraclaveare ¥ T > 5 cm ¥ Esteso alla parete toracica, al muscolo pettorale, alla cute ¥ N+ (> 4) RTb mammella + boost letto tumorale + regione sopraclaveare considerare RT su regione sopraclaveare; b considerare RT su catena mammaria interna. 69 CARCINOMA MAMMARIO Carcinoma infiltrante Terapia neoadiuvante ò Terapia chirurgica Diagnosi Lesioni estese > 5 cm Multicentrico ò Unicentrico, multifocale ò ¥ T3 ¥ T4 Ampia escissione Quadrantectomia Linfoadenectomia ascellare ÷ Mastectomia totale ± ricostruzione ø Margini negativi ò Margini positivi ò ð ñ RT Ampliamento ñ ø ñ Margini negativi ò Margini positivi ò ñ RT Ä È ÷ Follow-up Linfoadenectomia ascellare ¥ Visita clinica ogni 6 mesi per 5 aa poi ogni 12 mesi ¥ Mammografia ogni 12 mesi per 10 aa Radioterapia N0 N+ (1-3) RT RTb mammella mammella + boost + boost letto letto tumorale + tumorale + regione regione infra-sopra- infra-sopra claveare claveare b N+ (> 4) RT su parete N+ (> 4) RTb mammella + boost letto tumorale + regione infra-sopra claveare ¥ T > 5 cm ¥ Esteso alla parete toracica, al muscolo pettorale alla cute ¥ N+ (>4) RTb mammella + boost letto tumorale + regione infra-sopra claveare considerare RT su catena mammaria interna. 2.6.2.2 Terapia medica LINEA GUIDA SULLA TERAPIA MEDICA DEL CARCINOMA MAMMARIO Terapia medica del carcinoma in situ Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza II) Carcinoma duttale in situ, ER e/o PgR positivi, dopo chirurgia conservativa (Livello di evidenza II) Carcinoma lobulare in situ (Livello di evidenza II) Terapia adiuvante del carcinoma invasivo (Stadi I-II). Pazienti a basso rischio, pT < 2 cm e pN0 e G1 e RO positivi Premenopausa Opzioni 1. Nessuna terapia (Livello di evidenza I) oppure 2. Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure 3. Tamoxifene ± LH-RH analogo per 2-3 aa (Livello di evidenza II) Postmenopausa Opzioni 1. Nessuna terapia (Livello di evidenza I) oppure 2. Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure 3. Inibitori dellÕaromatasi* per 5 aa (Livello di evidenza I) * lÕutilizzo • da riservare a pazienti con controindicazioni allÕuso del Tamoxifene. 70 CARCINOMA MAMMARIO Terapia adiuvante del carcinoma invasivo (Stadi I-II) (continua). Pazienti a rischio intermedio-alto, pT > 2 cm e/o pN1-3 e/o G 2-3 Pre-menopausa RO positivi Opzioni 1. Chemioterapia seguita da ormonoterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) RO negativi Opzioni 1. Chemioterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF (Livello di evidenza I) 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza II) 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza II) Al termine della chemioterapia: Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure Tamoxifene + LH-RH analogo per 2-3 aa in caso di non amenorrea (Livello di evidenza III) oppure Tamoxifene + LH-RH analogo per 2-3 aa in caso di etˆ inferiore a 40 anni (Livello di evidenza III) 2. Ormonoterapia esclusiva Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa in associazione a LH-RH analogo (Livello di evidenza I) 2. Nessun trattamento (pazienti in cui il rischio di morte per altre cause sia maggiore del rischio di morte per carcinoma mammario, es. pT < 1 cm pN0 G1-2) (Livello di evidenza IV) ¤ per ÒlivelloÓ di chemioterapia si • voluto fare riferimento allÕefficacia di tali schemi di polichemioterapia in termini di superioritˆ degli stessi rispetto a schemi di chemioterapia quali CMF/AC. 71 CARCINOMA MAMMARIO Terapia adiuvante del carcinoma invasivo (Stadi I-II) (continua). Pazienti a rischio intermedio-alto, pT > 2 cm e/o pN1-3 e/o G 2-3 Post-menopausa RO negativi Opzioni 1. Chemioterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF oppure (Livello di evidenza I) Inibitore aromatasi* per 5 aa 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza I) (Livello di evidenza II) Consigliabile nei casi di: controindicazione al Tamoxifene / pz. alto rischio / pz. HER2 positive, IHC 3+ o FISH + RO positivi Opzioni 1. Ormonoterapia Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) 2. Chemioterapia seguita da Ormonoterapia 1¡ livello¤: CMF / AC / EC (Livello di evidenza I) 2¡ livello¤: FEC / A-CMF / E-CMF / CEF (Livello di evidenza I) 3¡ livello¤: AC-P / TAC (Livello di evidenza II) 2. Nessun trattamento (pazienti in cui il rischio di morte per altre cause sia maggiore del rischio di morte per carcinoma mammario, es. pT < 1 cm pN0 G1-2) (Livello di evidenza IV) Al termine della chemioterapia: Tamoxifene 20 mg/die per 5 aa (Livello di evidenza I) oppure Inibitore aromatasi* per 5 aa (Livello di evidenza I) Consigliabile nei casi di: controindicazione al Tamoxifene / pz. alto rischio / pz. HER2 positive, IHC 3+ o FISH + La chemioterapia adiuvante nelle pazienti con recettori ormonali negativi dovrebbe iniziare entro 2-3 settimane dallÕintervento chirurgico (Livello di evidenza III). ¤ per ÒlivelloÓ di chemioterapia si • voluto fare riferimento allÕefficacia di tali schemi di polichemioterapia in termini di superioritˆ degli stessi rispetto a schemi di chemioterapia quali CMF/AC. * lÕutilizzo • da riservare a pazienti con controindicazioni allÕuso del Tamoxifene. Terapia sistemica primaria (neoadiuvante) del carcinoma invasivo operabile (Stadi I-II) e del carcinoma localmente avanzato o infiammatorio (Stadio III) Stadi I Ð II Opzioni 1. Chemioterapia preoperatoria (Livello di evidenza I) La chemioterapia dovrebbe contenere antracicline e/o taxani per la durata di 4-6 cicli Stadio III Opzioni 1. Chemioterapia neoadiuvante (Livello di evidenza I) La chemioterapia dovrebbe contenere antracicline, ed eventualmente taxani per la durata di 4-6 cicli 2. Ormonoterapia preoperatoria Inibitori delle aromatasi, in postmenopausa (Livello di evidenza II) 2. Ormonoterapia neoadiuvante Tamoxifene oppure Inibitori delle aromatasi, in postmenopausa (Livello di evidenza II) LÕormonoterapia neoadiuvante, da non considerare standard, pu˜ essere ritenuta accettabile in categorie particolari di pazienti (in particolare nelle pazienti anziane > 70 anni) in caso di positivitˆ dei recettori ormonali LÕormonoterapia neoadiuvante non • da considerarsi standard, ma pu˜ essere presa in considerazione in casi particolari 72 CARCINOMA MAMMARIO TERAPIA SISTEMICA DELLA MALATTIA METASTATICA Nella definizione di malattia ÒindolenteÓ e malattia ÒaggressivaÓ rimane fondamentale il giudizio clinico; si pu˜ fare riferimento ai seguenti parametri: ¥ malattia indolente: lungo intervallo libero da malattia, precedente risposta ad ormonoterapia, etˆ > 35 anni, metastasi ossee e/o tessuti molli; ¥ malattia aggressiva: breve intervallo libero da malattia, malattia ormonoresistente, etˆ < 35 anni, metastasi viscerali. Malattia indolente. RO positivi Pre-menopausa ¥ Ormonoterapia di prima linea Post-menopausa ¥ Ormonoterapia di prima linea Tamoxifene in associazione a LH-RH analogo (Livello di evidenza I) Inibitori delle aromatasi (Livello di evidenza I) Malattia aggressiva. RO negativi o positivi Pre/Post-menopausa ¥ Chemioterapia 1. Polichemioterapia contenente antracicline (se non giˆ effettuate antracicline in adiuvante) (Livello di evidenza I) 2. Polichemioterapia contenente taxani (se giˆ effettuate antracicline in adiuvante) (Livello di evidenza I) 3. Polichemioterapia contenente Vinorelbina / 5-fluorouracile / Capecitabina (Livello di evidenza II) Malattia aggressiva. HER2 positiva Sono candidati a terapia con Trastuzumab pazienti che overesprimono HER2 (ovvero, con test IHC 3+ oppure FISH positivo; pazienti IHC 2+ dovrebbero essere ritestate con FISH) Pre/Post-menopausa ¥ Trastuzumab in associazione a chemioterapia 1. Trastuzumab in associazione a taxani (pazienti pretrattate con antracicline) * (Livello di evidenza I) 2. Trastuzumab in associazione a Vinorelbina (Livello di evidenza III) * per pazienti che non abbiano ricevuto antracicline in adiuvante • consigliabile quale trattamento di I linea una polichemioterapia contenente antracicline. NB: la durata ottimale del trattamento con Trastuzumab non • nota. 73 CARCINOMA MAMMARIO 2.6.3 Classificazione in stadi Stadi del cancro della mammella Stadio I T1a T1b N0 N0 Stadio II T0 T1a T1b T2a T2b T2a T2b N1b N1b N1b N0 N0 N1b N1b Stadio III Stadio IV Qualsiasi Ò Ò Ò T3 T4 T T Qualsiasi Ò Ò Ò N N N2 N3 Qualsiasi T Qualsiasi N o N1a M0 o N1a M0 o N1a M0 o N1a M0 M1 2.6.4 Ipotesi di protocollo riabilitativo nella fase postoperatoria Principali problematiche di interesse riabilitativo Specifiche di trattamento Fase acuta Fase post-acuta Finalitˆ Dolore FKR FKR Favorire lÕespansione torace Tensione muscolare Attivitˆ di rilassamento Rieducazione posturale Senso di oppressione toracica Rieducazione posturale Rilassare il cingolo scapolo-omerale Riduzione ROM, forza arto superiore Mobilizzazione passiva, attiva Programma di esercizi Automobilizzazione Rieducazione posturale Tensione vasi linfatici e fibrosclerosi Rieducazione posturale Recupero del ROM, forza arto superiore e ritmo scapoloomerale Fibrosi periprotesica Presa di contatto con la zona operata Massaggio di scollamento cutaneo Mantenimento elasticitˆ cutanea Automobilizzazione dellÕespansore Automobilizzazione dellÕespansore Ridurre il rischio di incapsulamento della protesi Edema transitorio Posizionamento AS Educazione alla prevenzione del linfedema Recupero ritmo scapoloomerale Prevenire lÕinsorgenza Prevenzione linfedema Educazione e prevenzione Ridurre lÕentitˆ Posizionamento Riduzione della linfosclerosi Posizionamento AS (arto superiore) Recupero del ritmo scapolo-omerale Linfodrenaggio manuale (LDM) Lesioni nervose: toracico lungo, toracodorsale, plesso brachiale, ecc. Posizionamento Tecniche manuali specifiche Mobilizzazione passiva, attiva-assistita Terapia fisica antalgica Cicatrici Educazione e informazione Trattamento cicatrici Posizionamento FKR Ottimizzazione delle massime potenzialitˆ di recupero Ridurre sintomatologia dolorosa Educazione allÕautotrattamento Alterazioni posturali Ridurre i fattori scatenanti Rieducazione posturale e percettivo-motoria Evitare la formazione di briglie e retrazioni cicatriziali Prevenire, controllare, limitare i compensi posturali AS = arto superiore; ROM = range of motion; LDM = linfodrenaggio manuale; FKR = fisioterapia respiratoria. 74 CARCINOMA MAMMARIO 2.6.5. Ipotesi di scheda di valutazione 75 CARCINOMA MAMMARIO 76 CARCINOMA MAMMARIO 2.6.6 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni* Livelli di evidenza Descrizione I Prove ottenute da pi• studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi V Prove ottenute da studi di casistica (Òserie di casiÓ) senza gruppo di controllo VI Prove basate sullÕopinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida Grado delle raccomandazioni Descrizione A LÕesecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico • fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualitˆ, anche se non necessariamente di tipo I o II B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o lÕintervento D LÕesecuzione della procedura non • raccomandata E Si sconsiglia fortemente lÕesecuzione della procedura * Tratto da ÒLinee guida per neoplasie della mammellaÓ a cura di AIOM (www.aiom.it). 77 CAPITOLO 3 RACCOMANDAZIONI CLINICHE PER IL CARCINOMA POLMONARE Coordinatore: Andrea Lopes Pegna Pneumologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Aiosa Carlo Amadei Lucia Amoroso Domenico Anzalone Giuseppe Archinucci Ivano Baglioni Tiziana Baldini Editta Bastiani Paolo Calabrò Luana Casamassima Franco Ciatto Stefano Comin Camilla Corrado Antonio Crisci Clemente Crocetti Emanuele De Francisci Agostino Dentico Patrizia Doni Laura Dragotto Alberto Falaschi Fabio Gotti Giuseppe Innocenti Florio Janni Alberto Marinozzi Claudio Mazzoni Francesca Miccinesi Guido Mugnai Mauro Mussi Alfredo Nutini Sandra Paci Eugenio Panella Mauro Perri Francesco Puccinelli Paolo Rinaldini Michela Roggi Guido Rossi Francesca Rossi Marcello Rossi Susanna Santomaggio Carmine Secci Stefano Spagnesi Stefano Spina Donatella Tibaldi Carmelo Tucci Enrico Vaggelli Luca Voltolini Luca Specialità Oncologia Oncologia Oncologia Pneumologia Pneumologia Oncologia Oncologia Radioterapia Oncologia Radioterapia Radiologia Anatomia patologica Pneumologia Chirurgia toracica Epidemiologia Radiologia Oncologia Oncologia Pneumologia Radiologia Chirurgia toracica Pneumologia Chirurgia toracica Oncologia Oncologia Epidemiologia MMG Chirurgia toracica Pneumologia Epidemiologia Oncologia Pneumologia Oncologia Oncologia Pneumologia Radioterapia Pneumologia Oncologia Oncologia Chirurgia Radioterapia Anatomia patologica Oncologia Radioterapia Medicina nucleare Chirurgia toracica Ente di Appartenenza ASL 12 Versilia ASL 12 Versilia ASL 12 Versilia ASL 4 Prato ASL 8 Arezzo ASL 7 Siena AOU Pisa AOUC Firenze AOU Siena AOUC Firenze CSPO Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze CSPO Firenze AOUC Firenze ASL 11 Empoli AOUC Firenze AOUC Firenze AOU Pisa AOU Siena ASL 3 Pistoia AOUC Firenze ASL 10 Firenze AOUC Firenze CSPO Firenze ASL 10 Firenze AOU Pisa AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 4 Prato AOUC Firenze ASL 12 Versilia ASL 8 Arezzo ASL 2 Lucca AOUC Firenze AOU Siena ASL 11 Empoli AOUC Firenze ASL 10 Firenze AOU Pisa AOU Siena ASL 6 Livorno ASL 9 Grosseto AOUC Firenze AOU Siena AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi – Firenze; AOU Pisa = Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; AOU Siena = Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese; ASL = Azienda Sanitaria Locale; CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica – Firenze; MMG = Medico di Medicina Generale 79 CARCINOMA POLMONARE 3.1 INTRODUZIONE In Italia il cancro del polmone è ancora la causa più importante di morte per tumori maligni e i tassi di incidenza stanno crescendo nelle donne; il principale fattore di rischio è rappresentato dall’abitudine al fumo. Durante gli anni ‘90 i Registri Tumori in Italia hanno mostrato, come in altri Paesi occidentali, che l’incidenza e i tassi aggiustati per l’età stanno diminuendo per il sesso maschile. Questo cambiamento è riferito alla ridotta abitudine al fumo del sesso maschile. Comunque l’incidenza e i tassi di mortalità nel sesso femminile stanno ancora aumentando, a causa della loro modificata abitudine al fumo negli ultimi decenni. I tassi di sopravvivenza per il cancro del polmone sono bassi, circa il 10% a 5 anni, e non si ha evidenza, comparando le stime degli anni ‘80 con quelle più recenti, di alcun miglioramento. Questo dato è ben correlato con la costante proporzione di soggetti non operati o studiati come malattia avanzata nei registri Italiani. I tumori polmonari sono classificati in due principali categorie: il carcinoma a piccole cellule (SCLC), che rappresenta circa il 20% dei casi e il carcinoma non a piccole cellule (NSCLC), che rappresenta il rimanente 80% e che include il carcinoma a cellule squamose, l’adenocarcinoma e il carcinoma a grandi cellule. Queste raccomandazioni cliniche offrono un pratico strumento gestionale per i soggetti col sospetto o con la diagnosi accertata di neoplasia polmonare. Sia il percorso diagnostico che quello terapeutico richiedono un approccio multidisciplinare; devono comunque essere sempre prese in considerazione sia le necessità che le preferenze dei singoli pazienti. Per produrre il seguente documento sono state esaminate le Linee Guida recentemente pubblicate dalle maggiori Società Scientifiche tenendo conto dei gradi di raccomandazione e del beneficio netto alla loro applicazione; in particolare sono state prese in esame in più riunioni collegiali le Linee Guida dell’ACCP (American College of Chest Physicians). 3.2 DIAGNOSI 3.2.1 Diagnosi precoce Il carcinoma polmonare (CP) è una malattia indotta nella maggioranza dei casi dal fumo di sigaretta; la sua incidenza potrebbe quindi essere grossolanamente ridotta con la semplice prevenzione primaria: la cessazione del fumo. Purtroppo tale prevenzione primaria viene attuata in modo incompleto; oltre a ciò il rischio di un ex fumatore resta elevato per anni e per questo la possibilità di uno screening è stata oggetto di studio da molti anni. Circa 25 anni fa è stato fatto un tentativo di screening nei forti fumatori mediante Rx torace e citologia dell’espettorato periodici; gli studi randomizzati eseguiti hanno dimostrato che: • lo screening consente una notevole anticipazione diagnostica; • l’anticipazione diagnostica corrisponde ad una probabilità di operabilità con intento radicale molto più elevata che nei controlli; • la sopravvivenza dalla diagnosi nei casi screen detected risulta decisamente superiore ai controlli; ma anche che: • l’anticipazione diagnostica e l’aumentata sopravvivenza non si traducono in una riduzione di mortalità, ma solo in una maggiore sopravvivenza “osservata” (il più significativo esempio di “lead time bias” finora osservato in uno screening oncologico); • l’anticipazione diagnostica configura un certo grado di sovradiagnosi (neoplasie che non sarebbero comparse clinicamente né che avrebbero portato a morte il paziente, anche per l’elevata frequenza di cause competitive di morte in un forte fumatore), dimostrato dal fatto che anche dopo molti anni dall’inizio dello screening si mantiene un chiaro eccesso di casi incidenti nel gruppo di screening rispetto a quello di controllo. Per tale evidenza lo screening è stato considerato quale pratica inutile. Recentemente sono state introdotte tecniche (TC spirale a basso dosaggio) che consentono un esame TC veloce, a dose radiante relativamente bassa, e decisamente più sensibile dell’Rx torace. Esperienze di screening in soggetti asintomatici hanno finora dimostrato che: • la TC consente una detection rate di CP più elevata e in stadio meno avanzato dello screening mediante Rx torace; • la TC risulta però poco specifica: rimane elevata la percentuale di noduli polmonari troppo piccoli (6-7 mm) per essere sottoposti ad accertamento bioptico, che devono essere seguiti nel tempo per intervenire nei casi evolutivi; • l’aumento di detection rate configura un possibile aumento della sovradiagnosi, già presente con l’Rx torace che pure è decisamente meno sensibile. In base a queste osservazioni e al fatto che il secondo livello diagnostico è aggressivo e non esente da effetti collaterali, ma soprattutto per la mancanza di uno studio che abbia dimostrato che questo nuovo livello di anticipazione diagnostica si traduca effettivamente in una riduzione di mortalità, sono stati disegnati studi prospettici capaci di rispondere in modo convincente a questo quesito. 80 CARCINOMA POLMONARE Fino ad allora lo screening resta pertanto una pratica sperimentale, non applicabile come metodica corrente di prevenzione secondaria. La Regione Toscana ha finanziato uno studio randomizzato controllato sulla diagnosi precoce del tumore polmonare con TC spirale a basso dosaggio (Studio ITALUNG); lo studio che coinvolge le province di Firenze, Pisa e Pistoia è tuttora in corso. 3.2.2 Fasi diagnostiche e di stadiazione In corso di neoplasia polmonare nota o sospetta l’esame clinico approfondito, l’Rx standard del torace e la valutazione del Performance Status rappresentano gli elementi per potere stabilire se è possibile eseguire un programma terapeutico specifico o se è possibile eseguire solo un trattamento palliativo (Grado della raccomandazione A). Solo nel primo caso il soggetto viene indirizzato ad un procedimento diagnostico e stadiativo. Il percorso diagnostico segue uno specifico iter in particolari condizioni cliniche rappresentate da: • sospetto SCLC o sospette metastasi multiple e biopsia tecnicamente difficile la diagnosi deve essere raggiunta col mezzo più semplice (per es. citologia dell’espettorato, toracentesi, FNA, broncoscopia, TBNA) (Grado della raccomandazione B); • versamento pleurico accessibile toracentesi toracoscopia (Grado della raccomandazione B); • estesa infiltrazione del mediastino già con Rx del torace senza metastasi o versamento pleurico TC torace diagnosi da tessuto mediastinico con la procedura più semplice (broncoscopia, TBNA, TTNA, mediastinoscopia) (Grado della raccomandazione B). Se non siamo di fronte a condizioni cliniche particolari: • con valutazione clinica negativa per la presenza di metastasi viene eseguita TC torace e addome superiore con m.c. (Grado della raccomandazione B) e fibrobroncoscopia ulteriori indagini se la fibrobroncoscopia dovesse risultare negativa; • a seguito di queste indagini si può essere di fronte a: Stadio I o II: solo nel caso di nodulo unico solitario, senza segni di metastasi a distanza, si può procedere ad intervento di biopsia escissionale (Grado della raccomandazione A), altrimenti se di fronte a sospette metastasi, a impossibilità chirurgica o se è prevista una terapia prechirurgica, è necessario eseguire un accertamento istologico con TTNA (Grado della raccomandazione B) e solo nel caso che questo risulti negativo si procede con la biopsia escissionale. Quando possibile è indicato eseguire la PET per una completa stadiazione del mediastino (Grado della raccomandazione B): di fronte a N2 positivo è necessario procedere ad un accertamento istologico dei linfonodi mediastinici sospetti (Grado della raccomandazione B); Stadio III A o III B (sia per N3+ che T4+): si procede con la valutazione istologica prechirurgica del mediastino se neg. per metastasi a distanza con la tecnica più indicata a seconda del caso (Grado della raccomandazione B): – mediastinoscopia; – TTNA; – TBNA; – EUS-NA; – mediastinotomia anteriore; anche in questo caso è indicato eseguire, se possibile, la PET; • di fronte a una valutazione clinica positiva per sospette metastasi TC encefalo e/o scintigrafia ossea: di fronte a imaging patologico i pazienti non dovrebbero essere esclusi da un programma potenzialmente curativo senza conferma istologica o schiaccianti evidenze cliniche o radiologiche (Grado della raccomandazione A); nel caso di lesione unica extratoracica FNA o biopsia della lesione sospetta a distanza. Stadiazione del SCLC: • va eseguita la stadiazione completa con TC torace, addome, encefalo (RM), sc. ossea (Grado della raccomandazione A); • la PET è riservata a trial di studio (Grado della raccomandazione D). 3.2.3 Funzionalità respiratoria: livelli decisionali per la resezione polmonare La pneumonectomia è consentita di fronte a: • Esami di I livello con: – FEV1 ≥ 60% t.; – DLCO ≥ 60% t.; – MVV ≥ 50% t.; 81 CARCINOMA POLMONARE • Esami di II livello (in caso non si rientri nei parametri di I livello): scintigrafia quantitativa perfusoria o split function study con: FEV1 ppo (valore predetto post-operatorio) ≥ 40 %; – DLCO ppo ≥ 40 %; • Esami di III livello (in caso non si rientri nei parametri di II livello): – VO2 Max (ergometria) – ≥ 15 ml/kg/min; – inoperabilità con VO2 Max < 10 ml/kg/min. La lobectomia o segmentectomia è consentita di fronte ai parametri su riferiti per la pneumonectomia o con: • CRI (Indice di Rischio Cardiaco, vedi parte seguente) + RRI (Indice di Rischio Respiratorio, vedi parte seguente) < 4; • Walking Test (6’) > 300 mt; • EGA – PaCO2 < 47 mmHg; – pHa > 7.35; – PaO2 ≥ 60 mmHg; • Esami di IV livello (in caso non si rientri nei parametri su riferiti): Emodinamica con RVP (Resistenze Vascolari Polmonari): – < 190 din/s/cm-5; – VO2 Max > 10 ml/kg/min. 3.2.4 Anatomia patologica Il documento che segue fa particolare riferimento alle procedure anatomo-patologiche inerenti l’esame macroscopico, il campionamento del materiale da exeresi chirurgica e le modalità di refertazione di tale materiale. I dati inseriti si riferiscono alle raccomandazioni dell’Association of Directors of Anatomic and Surgical Pathology, alla più recente classificazione istopatologica dei tumori del polmone di Travis WD et al e al manuale di stadiazione dell’American Joint Committee on Cancer. Modalità di invio del materiale: il materiale deve essere inviato intatto e per intero, senza dissezioni e tagli preliminari che possano pregiudicare la completezza e l’affidabilità dell’esame macroscopico e del giudizio diagnostico. Le modalità di invio del materiale possono essere: 1. allo “stato fresco” (entro un tempo massimo di 15 minuti per i pezzi piccoli e di un’ora per quelli più voluminosi) avendo cura eventualmente di avvolgere i campioni in tela inumidita in soluzione fisiologica per evitare l’essiccamento dei tessuti; 2. in idoneo fissativo rispettando le seguenti norme: a) il volume del fissativo deve essere almeno 10 volte il volume del campione; b) il fissativo più diffuso e qualitativamente migliore è la formalina tamponata neutra (FTN) a pH; c) il soggiorno in formalina può protrarsi per un periodo indefinito tuttavia per favorire la rapida penetrazione è raccomandabile procedere nel più breve tempo possibile alla riduzione e al campionamento dei pezzi operatori di maggiori dimensioni e alla sostituzione del liquido fissativo; d) l’impiego come fissativo di alcool etilico, puro o denaturato, è sconsigliato per il suo effetto coartante. Descrizione macroscopica: si raccomanda di indicare: 1. modalità di arrivo del materiale chirurgico (fresco, fissato, già sezionato o non, ecc.); 2. tipo di prelievo e/o intervento chirurgico (pneumonectomia, lobectomia, bilobectomia, segmentectomia, ecc.); 3. materiale inviato; 4. numero dei frammenti da esaminare; 5. parte o parti del polmone pervenuto, incluso le dimensioni e i pesi oltre alla descrizione di altre strutture annesse (pleura parietale, linfonodi ilari, ecc.); 6. descrizione della neoplasia: a) sede della neoplasia: centrale, periferica, apicale, incluso i rapporti con il lobo/i, segmento/i e se pertinente, con le principali vie aeree e con la pleura viscerale. Se presenti indicare il coinvolgimento della pleura o del bronco lobare o principale; vanno inoltre segnalati eventuali rapporti con la pleura parietale, mediastinica, il pericardio, la parete toracica, il diaframma, ecc.; b) l’aspetto, il colore, la presenza di emorragia, necrosi o cavitazione della neoplasia; c) distanza dal margine di resezione bronchiale e da altri margini chirurgici (es. parete toracica, tessuti molli, vasi ilari); d) dimensioni della neoplasia (preferibilmente in 3 dimensioni); e) presenza o assenza di noduli neoplastici satelliti; 82 CARCINOMA POLMONARE 7. descrizione del parenchima polmonare circostante, per esempio presenza o assenza di alterazioni post-ostruttive o altre anomalie (bronchiectasie, tappi di muco, atelettasie, polmonite ostruttiva, ecc). Fissazione e prelievi: In caso di lesioni non palpabili è utile fissare in toto il materiale in FTN per almeno 24 ore. Prelievi: 1. margine di resezione bronchiale; 2. almeno 3 prelievi comprendenti il centro e la periferia della lesione e l’eventuale rapporto con il bronco; 3. il rapporto con la pleura viscerale; 4. includere tutti i linfonodi reperiti (indicare il numero per ciascuna stazione linfonodale)*; 5. uno o più frammenti di parenchima polmonare non neoplastico. 3.3 TERAPIA 3.3.1 Scelte terapeutiche per stadio STADIO IA E IB Se non esistono controindicazioni mediche alla terapia chirurgica si procede con lobectomia (pneumonectomia) (Grado della raccomandazione A) + linfoadenectomia mediastinica (Grado della raccomandazione B) o a resezione più limitata (resezione sublobare: wedge o bronchopulmonary resection o segment resection) + linfoadenectomia mediastinica se non può essere tollerata una resezione maggiore (Grado della raccomandazione A). Se esistono controindicazioni mediche alla terapia chirurgica è indicato un trattamento radioterapico radicale (Grado della raccomandazione B). Promettenti a questo riguardo i vantaggi offerti dalla radioterapia stereotassica (SRT) per l’accuratezza spaziale e l’alto grado di conformazione della dose ottenibile con questa tecnica radioterapeutica eseguita in poche frazioni. Per la SRT rimane da stabilire ancora il livello di evidenza e il grado di raccomandazione, anche se vi sono già numerosi studi in letteratura che mostrano elevate percentuali di controllo locale con bassissimi livelli di tossicità. Nell’early cancer (squamoso superficiale) hanno mostrato scarso livello di evidenza e moderato beneficio trattamenti alternativi quali la terapia fotodinamica (PDT) (solo nei soggetti non operabili Grado della raccomandazione B), la crioterapia (Grado della raccomandazione C), l’elettrocauterizzazione (Grado della raccomandazione C), la brachiterapia (Grado della raccomandazione C). L’intervento in VATS (chirurgia toracica video-assistita) per resezioni lobari o maggiori è associato a minor dolore postoperatorio; si hanno però dati insufficienti per raccomandare questo tipo di procedura come alternativa alle tecniche tradizionali (Grado della raccomandazione C). Se il margine di resezione risulta positivo è indicato un nuovo intervento chirurgico o un trattamento aggiuntivo radioterapico (Grado della raccomandazione B). Non esiste allo stato attuale una precisa indicazione ad un trattamento chemioterapico adiuvante (Grado della raccomandazione C). STADIO II Nel caso di T1-2, N1 (Stadio IIA e IIB) se non esistono controindicazioni mediche alla terapia chirurgica si procede con lobectomia (pneumonectomia) + linfoadenectomia mediastinica; la sleeve lobectomy è da preferire alla pneumonectomia (Grado della raccomandazione C). Sempre di fronte allo stesso stadio di malattia, se esistono controindicazioni mediche alla terapia chirurgica, è indicato un trattamento radioterapico radicale. Nel caso di T3, N0 (Stadio IIB) si hanno due possibilità: • T3, N0 centrale: anche in questo caso la sleeve lobectomy è da preferire alla pneumonectomia; • T3, N0 per parete: – se si ha interessamento al di là della pleura parietale è indicata una resezione in blocco con la parete toracica (Grado della raccomandazione C); * I linfonodi regionali comprendono i linfonodi intra-toracici, scaleni e sopra-claveari; essi devono pervenire al laboratorio di anatomia patologica specificamente identificati dal chirurgo secondo i parametri dell’AJCC (AJCC, Cancer Staging Manual, sixth ed., 2002). 83 CARCINOMA POLMONARE – se non si ha interessamento al di là della pleura parietale è indicata una resezione extrapleurica (Grado della raccomandazione C). Se si ha una resezione incompleta o il margine di sezione è vicino al tumore è indicato un trattamento aggiuntivo radioterapico associato o meno a chemioterapia (Grado della raccomandazione C). Un trattamento chemioterapico adiuvante associato o meno a radioterapia non trova indicazione al di fuori di trial di studio (Grado della raccomandazione D). STADIO IIIA Di fronte a pN2 incidentale (Stadio IIIA1 – IIIA2) è indicato trattamento di resezione chirurgica + linfoadenectomia mediastinica (Grado della raccomandazione C): • sempre nello stesso caso di fronte a resezione completa è indicato un trattamento radioterapico adiuvante sul mediastino (Grado della raccomandazione C); un trattamento chemioterapico adiuvante non è indicato al di fuori di trial di studio (Grado della raccomandazione D); • in caso di resezione chirurgica incompleta è indicato un trattamento radioterapico + chemioterapico adiuvante (Grado della raccomandazione B). Di fronte a cN2 non incidentale (Stadio IIIA3 – IIIA4), dopo una valutazione multidisciplinare può essere seguita una delle seguenti strade terapeutiche: • in caso di neoplasia potenzialmente resecabile è indicato eseguire trattamento chemioterapico (di induzione) (Grado della raccomandazione B) cui fa seguito la resezione chirurgica + linfoadenectomia mediastinica; anche in questo caso: – di fronte a resezione completa è indicato un trattamento radioterapico sul mediastino; un trattamento chemioterapico adiuvante non è indicato al di fuori di trial di studio; – in caso di resezione chirurgica incompleta è indicato un trattamento radioterapico + chemioterapico adiuvante (Grado della raccomandazione B); • di fronte a neoplasia non resecabile (bulky) (N2+ con linfonodi con ∅ minore > 2 cm, diffusione extranodale, più stazioni linfonodali, fusione linfonodi) è indicato trattamento chemioterapico + radioterapico (Grado della raccomandazione A) con combinazione ottimale in base al PS e alla età; • non è indicato un trattamento chirurgico debulking (Grado della raccomandazione E) o radioterapia da sola (Grado della raccomandazione E); • il trattamento radioterapico indicato è quello di una radioterapia tridimensionale conformazionale a dosi radicali (3D CRT). STADIO IIIB Di fronte a T4 N0 (per nodulo/i satellite/i) va valutata la possibilità chirurgica (Grado della raccomandazione B). Di fronte a N3 o T4 (escluso il tumore di Pancoast), in assenza di versamento pleurico, in base al PS e al calo di peso corporeo si prospettano due possibilità: • con PS 0 - 1 e calo peso corporeo ≤ 5% è indicato trattamento radioterapico + chemioterapico (Grado della raccomandazione A) (preferibilmente concomitanti) (Grado della raccomandazione B); • con PS 2 e calo ponderale ≥ 10% è indicato un trattamento radioterapico ± chemioterapia dopo attenta valutazione (Grado della raccomandazione C). STADIO IV Con PS 0 – 1 è indicato trattamento chemioterapico + terapie di supporto generale (BSC) (Grado della raccomandazione A). Con PS 2 può essere eseguito trattamento chemioterapico + BSC anche se si ha scarso livello di evidenza e beneficio debole (Grado della raccomandazione C). Con PS 3 – 4 sono indicate solo le BSC (Grado della raccomandazione E). La chemioterapia di prima linea prevede uno schema terapeutico con un derivato del platino + nuovo farmaco (Grado della raccomandazione B). Con età > 70 a. è indicato un trattamento mono-CT; da valutare la poli-CT. Sono indicati 4 cicli di terapia (fino a 6 nei responders) (Grado della raccomandazione A). 84 CARCINOMA POLMONARE Di fronte a progressione e con PS buono è indicato un trattamento di seconda linea (Grado della raccomandazione B). 3.3.2 Terapia per condizioni cliniche particolari 1. Tumore del solco superiore (di Pancoast) Le decisioni terapeutiche devono essere precedute da uno studio RNM del torace e del plesso brachiale (Grado della raccomandazione B) e da una valutazione istologica dei linfonodi mediastinici (Grado della raccomandazione A). Di fronte a N2 –: • se non si ha interessamento dei corpi vertebrali e/o della succlavia, è indicato un trattamento radioterapico Grado della (raccomandazione B) ± chemioterapico (di induzione) cui segue lobectomia + resezione parete toracica (non resezione a cuneo) (Grado della raccomandazione B); • se si ha interessamento dei corpi vertebrali e/o della succlavia può essere indicato lo stesso trattamento radioterapico ± chemioterapico (di induzione) cui segue lobectomia + resezione parete toracica (non resezione a cuneo), ma in centro chirurgico altamente specializzato (Grado della raccomandazione D). Di fronte a N2 +: • se il PS è buono è indicato un trattamento radioterapico + chemioterapico; • se il PS non è buono è indicato solo un trattamento radioterapico palliativo antalgico. 2. T4, N2 -, M0 L’N2 negativo deve essere accertato istologicamente (Grado della raccomandazione B). È indicato un trattamento chemioterapico + radioterapico. In casi selezionati può essere valutata la possibilità chirurgica (Grado della raccomandazione C). 3. Tumore sincrono e tumore metacrono Il tumore sincrono può essere anche accertato durante la resezione chirurgica del tumore primitivo. Deve essere eseguita un’analisi approfondita per escludere le metastasi a distanza; N2-3 vanno escluse con accertamento istologico (Grado della raccomandazione C). È indicato un trattamento chirurgico (Grado della raccomandazione C). 4. Metastasi unica cerebrale Deve essere eseguita un’analisi approfondita per escludere le metastasi a distanza; N2-3 vanno escluse con accertamento istologico (Grado della raccomandazione C). È indicata l’ablazione neurochirurgica della metastasi + RT encefalo a bagno o radiochirurgica ± RT a bagno (Grado della raccomandazione B). Successivamente può essere eseguita la resezione chirurgica della neoplasia polmonare. Si hanno dati insufficienti sulla utilità della chemioterapia adiuvante (Grado della raccomandazione D). In caso di metastasi metacrona, può essere eseguito trattamento ablativo della metastasi (Grado della raccomandazione B). 5. Metastasi unica surrenalica Deve essere eseguita un’analisi approfondita per escludere le metastasi a distanza; N2-3 vanno escluse con accertamento istologico (Grado della raccomandazione C). È indicata la surrenalectomia (Grado della raccomandazione C). Successivamente può essere eseguita la resezione chirurgica della neoplasia polmonare (Grado della raccomandazione C). In caso di metastasi metacrona, può essere eseguito trattamento ablativo della metastasi (Grado della raccomandazione C). 85 CARCINOMA POLMONARE 3.3.3 Terapia del carcinoma a piccole cellule (SCLC) I soggetti anziani con scarso PS e comorbilità hanno scarso livello di evidenza e piccolo beneficio da un trattamento chemioterapico (Grado della raccomandazione raccomandazione C). Di fronte a malattia limitata è indicato: • trattamento CT (platino) + RT (preferibilmente concomitante, precoce) (Grado della raccomandazione A); • di fronte a malattia molto limitata con T1-2, N0 (accertato istologicamente), può essere offerto il trattamento chirurgico (Grado della raccomandazione C) seguito da CT (platino); il livello di evidenza è chiaro ma il beneficio è piccolo; • con remissione completa è indicato trattamento RT profilattico sull’encefalo (PCI) (Grado della raccomandazione A); • un trattamento chemioterapico di seconda linea di fronte a recidiva o refrattarietà mentre trova un chiaro livello di evidenza mostra un debole beneficio (Grado della raccomandazione C); • non vi è ruolo per terapia dose-dense/intense quale terapia iniziale di induzione, o mantenimento al di fuori di trial di studio (Grado della raccomandazione D); • non è indicato il trattamento routinario di G-CSF (Grado della raccomandazione D). Di fronte a malattia estesa è indicato: • trattamento CT (platino); • con remissione completa è indicato trattamento RT profilattico sull’encefalo (PCI) (Grado della raccomandazione C); • un trattamento chemioterapico di seconda linea di fronte a recidiva o refrattarietà mentre trova un chiaro livello di evidenza mostra un debole beneficio (Grado della raccomandazione C); • non vi è ruolo per terapia dose-dense/intense quale terapia iniziale di induzione, o mantenimento al di fuori di trial di studio (Grado della raccomandazione D); • non è indicato il trattamento routinario di G-CSF (Grado della raccomandazione D). 3.3.4 Trattamenti palliativi 3.3.4.1 Le cure palliative endoscopiche La broncologia operativa in oncologia polmonare ha come principale obiettivo la palliazione dei sintomi respiratori in alcune categorie di pazienti affetti da tumore maligno. Le indicazioni sono: • ostruzione > 50% delle vie aeree principali a causa di tumore maligno polmonare inoperabile; • presenza di dispnea, atelettasia, emoftoe. C’è indicazione ad un trattamento di ablazione termica endoscopica quando esistono, all’interno del lume tracheobronchiale, masse vegetanti. Non possono essere trattati con questa metodica tutti quei casi in cui la riduzione del lume della via aerea non è causata da masse vegetanti ma da compressione dall’esterno o da infiltrazione della parete. In questi casi la metodica corretta prevede la dilatazione endoscopica ed il successivo posizionamento di endoprotesi (o stent) che, poste all’interno delle vie aeree, le mantengano pervie. Gli stent più comunemente impiegati sono in silicone, in maglia metallica di Nitinol ricoperta da poliuretano (metalliche autoespandibili) o in poliestere ricoperte. Con le tecniche endoscopiche suddette l’obiettivo, puramente palliativo, viene raggiunto rapidamente in unica seduta a differenza della radioterapia, della crioterapia o della terapia fotodinamica che, pur efficaci, sono più lente: è quindi da preferirsi a queste per la rapidità. La metodica è ripetibile, qualora necessario, anche numerose volte in caso di recidiva dell’ostruzione. È compatibile con altri tipi di trattamento (RT e/o CT) che, se impiegati dopo la disostruzione, servono anzi a mantenere più a lungo i risultati ottenuti. Comunemente per vaporizzare i tessuti patologici si utilizza il laser Nd-Yag che assicura una buona ischemizzazione unitamente ad un’altrettanto rapida ed efficace vaporizzazione degli stessi. Ottima alternativa al laser è rappresentata dall’impiego, come generatori di calore, del Coagulatore ad Argon plasma (APC) o dell’Elettrobisturi. Tutte assicurano un’efficace disostruzione in circa il 90% dei casi. Particolare giovamento dall’uso dell’APC ne traggono i sanguinamenti endoluminali e l’ablazione di granulazioni su stent. La strumentazione endoscopica impiegata può essere sia quella flessibile (fibrobroncoscopio) che quella rigida (broncoscopio) in anestesia generale o in sedazione cosciente; si consiglia comunque sempre l’impiego dello strumentario rigido in anestesia generale perché ritenuto più rapido (in genere basta un’unica seduta) e più sicuro nelle grosse disostruzioni, nelle emergenze in pazienti asfittici (“laserterapia di salvataggio”), nei grandi sanguinamenti endoluminali. 86 CARCINOMA POLMONARE L’anestesia generale risulta inoltre più ben accetta dal paziente. Ha lo svantaggio comunque di richiedere una complessa organizzazione, la collaborazione di un anestesista, costi più elevati ed un adeguato training da parte degli operatori. La durata media del ricovero ospedaliero relativo ai pazienti che hanno effettuato il trattamento in anestesia generale è di 2,5 giorni. Il tempo medio libero da ostruzione, quando non si impiegano stent, è di circa 70 giorni qualora alla disostruzione endoscopica non si facciano seguire altri tipi di trattamento come la radio o la chemioterapia. In questi casi il laser deve essere considerato una tappa intermedia che spesso però, migliorando il performance status, consente un trattamento chemio/radioterapico in alcuni dei pazienti che erano stati inizialmente esclusi. Le complicanze sono infrequenti e incidono per meno del 5% nelle disostruzioni e meno del 20% negli stent e comunque eccezionalmente sono mortali. Trattasi, nel primo caso, di ipossiemia, emorragia, perforazione bronchiale, embolia gassosa, complicanze legate all’anestesia; nel secondo caso di dislocazione dello stent, ostruzione da muco o da granulazioni, emottisi, rottura dello stent. 3.3.4.2 Radioterapia con intento palliativo Nella palliazione dei sintomi del cancro del polmone la radioterapia mostra successi variabili, ma sempre con percentuali significative. Vista la scarsa aspettativa di vita di questi pazienti la radioterapia può essere usata con tecniche relativamente semplici e con frazionamenti che prevedono la somministrazione di dosi elevate in un periodo di tempo limitato in modo da ottenere il risultato palliativo nel minore tempo possibile e con il minor impegno possibile del paziente. Le indicazioni elettive per questo tipo di impiego sono rappresentate da: • forme non suscettibili di trattamento radicale per estensione della malattia, PS, patologie concomitanti; • controllo dei sintomi legati alla malattia primitiva (tosse, emoftoe, dolore, ostruzione bronchiale, compressione cavale); • controllo dei sintomi legati alle localizzazioni secondarie (scheletro, encefalo, linfonodi, compressioni midollari), ecc. 3.4 FOLLOW-UP Il follow-up va distinto nel: a) follow-up per valutare le eventuali complicazioni dovute alla terapia; si tratta di un follow-up a termine che varia a secondo della terapia utilizzata; b) follow-up per valutare i risultati di ogni tipo di trattamento: anche questo tipo di follow-up è individualizzato per il singolo paziente; c) follow-up per seguire il paziente che ha eseguito terapia con intento curativo con radicalizzazione della malattia; la sorveglianza ha lo scopo di identificare la ripresa di malattia e/o l’insorgenza di una nuova neoplasia in modo precoce. Questo follow-up è indicato solo per i soggetti per i quali è eventualmente consentita la possibilità di un ri-trattamento (tenendo conto dell’età, della funzionalità respiratoria residua, della eventuale co-morbilità ecc.). Va comunque tenuto presente che la terapia per metastasi isolata extratoracica o per recidiva locoregionale intratoracica, al di là del tipo di terapia, è associata a scarsa sopravvivenza; analogamente la terapia con intento curativo di una seconda neoplasia (neoplasia metacrona) è associata a tassi di sopravvivenza inferiori rispetto alla prima neoplasia. Particolarmente per quest’ultimo tipo di follow-up viene data molta importanza all’insorgenza di sintomi di richiamo; nel programma di sorveglianza viene incluso anche l’esame obiettivo e un controllo radiografico del torace (preferibile la TC alla Rx per la sua maggior efficacia diagnostica); scarsa importanza viene data ai controlli ematici e ai markers tumorali; non rientrano tra gli esami di controllo l’esame dell’espettorato e la fibrobroncoscopia. Altre indagini diagnostiche (TC addome, TC encefalo ecc.) vanno eseguite solo su richiamo sintomatologico; ancora in studio la possibilità di eseguire la sorveglianza con nuovi mezzi diagnostici quali ad esempio la PET o fibrobroncoscopia a fluorescenza. Va infine tenuto conto che un programma intensivo di sorveglianza (ogni 4 mesi per i primi 2 anni e poi ogni 46 mesi) non è stato dimostrato avere migliori risultati per gli aspetti costo/efficacia (benefici per quanto riguarda la sopravvivenza e la qualità della vita) rispetto a programmi con controlli ogni 6 mesi per il primo anno e poi ogni 12 mesi fino al 5° anno di follow-up. La sospensione del fumo si è dimostrata utile per prevenire l’insorgenza di una neoplasia metacrona (Grado della raccomandazione B). 87 CARCINOMA POLMONARE 3.5 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 1. Meyers JL, Askin FB, Yousem SA: Recommendations for the reporting of resected primary lung carcinomas. Am J Clin Pathol 1995; 104: 371-3. 2. Meyers JL, Askin FB, Yousem SA: Recommendations for the reporting of resected primary lung carcinomas. Hum Pathol 1995; 26: 937-9. 3. Meyers JL, Askin FB, Yousem SA: Recommendations for the reporting of resected primary lung carcinomas. Mod Pathol 1995; 8: 796-8. 4. Travis WD, Brambilla E, Müller-Hermelink HK, Harris CC: World Health Organization Classification of Tumors, Pathology and Genetics, Tumours of the Lung, Pleura, Thymus and Heart. Lyon, IARC, 2004. 5. AJCC, Cancer Staging Manual, sixth edition. New York, Sprinter, 2002. 6. Timmerman R, Papiez L, McGarry R, Likes L, DesRosiers C, Frost S, Williams M: Extracranial stereotactic radioablation: results of a phase I study in medically inoperable stage I non-small cell lung cancer. Chest 2003; 124: 1946-55. 7. Wulf J, Haedinger U, Oppitz U, et al: Stereotactic radiotherapy for primary lung cancer and pulmonary metastases: a non invasive approach in medically inoperable patients. Int J Radiot Oncol Biol Phys 2004; 60: 186-96. 8. Lung cancer guidelines - American College of Chest Physicians. Chest 2003; 123: 147S-56S 9. Kvale PA, Simoff M, Prakash UBS: Palliative Care. Chest 2003; 123: 284S-311S. 10. Bollinger CT, Mathur PN: ERS/ATS statement on interventional pulmonology. Eur Respir J 2002; 19: 356-73. 11. Simpson JR, Francis ME, Perez-Tamayo R, et al: Palliative radiotherapy for inoperable carcinoma of the lung: final report of a RTOG multi-institutional trial. Int J Radiat Oncol Biol Phys 1985; 11: 751-8. 12. Collins TM, Ash DV, Close HJ, et al: An evaluation of the palliative role of radiotherapy in inoperable carcinoma of the bronchus. Clin Radiol 1988; 39: 284-6. 13. Langendijk JA, Ten Velde GPM, Aaronson NK, et al: Quality of life after palliative radiotherapy in non-small cell lung cancer: A prospective study. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2000; 1: 149-55. 14. Abratt RP, Shepard LJ, Mameena Salton DG: Palliative radiation for stage 3 non-small cell lung cancer: A prospective study of two moderately high dose regimens. Lung Cancer 1995; 13: 137-43. 15. Macbeth F, Toy E, Coles B, et al: Palliative radiotherapy regimens for non-small cell lung cancer. Cochrane Database Syst Rev 2002; 1: CD002143. 88 CARCINOMA POLMONARE 3.6 APPENDICE 3.6.1 Classificazione isto-patologica Si raccomanda l’utilizzazione della classificazione istologica WHO (2004) dei tumori del polmone della quale riportiamo la componente inerente i tumori epiteliali maligni. Questa si basa essenzialmente su criteri istologici rilevati dall’esame in microscopia ottica dei preparati in ematossilina-eosina. È comunque indicato riportare i risultati di eventuali tecniche ancillari (quali, istochimica, immunoistochimica, microscopia elettronica) quando esse siano indicative ai fini diagnostici (es. carcinoma neuroendocrino a grandi cellule). TUMORI EPITELIALI MALIGNI Carcinoma a cellule squamose: tumore epiteliale maligno caratterizzato dalla presenza di fenomeni di cheratinizzazione e/o di ponti intercellulari; varianti: • papillare; • a cellule chiare; • a piccole cellule; • basaloide. Carcinoma a piccole cellule: tumore epiteliale maligno costituito da cellule di piccole dimensioni con scarso citoplasma, con limiti cellulari poco definiti, cromatina nucleare finemente granulosa e assenza di nucleoli o nucleoli di piccole dimensione. Le cellule sono tonde, ovali o fusate. I fenomeni necrotici sono generalmente estesi e l’indice mitotico è elevato. Variante: carcinoma a piccole cellule combinato: carcinoma a piccole cellule combinato con una componente addizionale che può essere rappresentata da qualsiasi istotipo non a piccole cellule, più frequentemente adenocarcinoma, carcinoma a cellule squamose, carcinoma a grandi cellule. Adenocarcinoma: tumore epiteliale maligno con differenziazione ghiandolare o con produzione di muco caratterizzato da pattern di crescita acinare, papillare, bronchioloalveolare, solido con produzione di muco o dalla commistione dei diversi quadri architetturali. Sottotipi: • adenocarcinoma di tipo misto; • adenocarcinoma acinare; • adenocarcinoma papillare; • carcinoma bronchioloalveolare – non mucinoso; – mucinoso; – misto (mucinoso e non mucinoso); • adenocarcinoma solido con produzione di mucine – adenocarcinoma fetale; – carcinoma (“colloide”) mucinoso; – cistoadenocarcinoma mucinoso; – adenocarcinoma a cellule ad anello con castone; – adenocarcinoma a cellule chiare. Carcinoma a grandi cellule: carcinoma non a piccole cellule indifferenziato privo dei caratteri citologici ed architetturali del carcinoma a piccole cellule, e privo di alcuna differenziazione ghiandolare o squamosa. Sottogruppi: • carcinoma neuroendocrino a grandi cellule – carcinoma neuroendocrino a grandi cellule combinato; • carcinoma basaloide; • carcinoma simil linfoepitelioma; • carcinoma a cellule chiare; • carcinoma a grandi cellule con fenotipo rabdoide. Carcinoma adenosquamoso: carcinoma nel quale coesistono entrambe le componenti di carcinoma a cellule squamose e di adenocarcinoma, ciascuna delle quali deve rappresentare almeno il 10% della neoplasia. Carcinoma sarcomatoide: carcinoma non a piccole cellule, poco differenziato, nel cui contesto si identifica una componente a differenziazione sarcomatosa o simil-sarcomatosa (a cellule fusate e/o giganti). Attualmente si riconoscono 5 sottogruppi: • carcinoma pleomorfo; 89 CARCINOMA POLMONARE • • • • carcinoma a cellule fusate; carcinoma a cellule giganti; carcinosarcoma; blastoma polmonare. Carcinoide: tumore caratterizzato da patterns di crescita che suggeriscono una differenziazione neuroendocrina (organoide, trabecolare, insulare, a palizzata, con pseudo-rosette, ecc.). Le cellule neoplastiche mostrano aspetti citologici uniformi, con citoplasma finemente granuloso e nucleo con cromatina finemente granulosa. Si definisce “tipico” il tumore carcinoideo con meno di 2 mitosi per 2 m2 e privo di necrosi; “atipico” quando il numero delle mitosi è compreso fra 2 e 10 per 2 m2 e/o in presenza di foci di necrosi: • carcinoide tipico; • carcinoide atipico. Tumori delle ghiandole salivari: • carcinoma mucoepidermoide; • carcinoma adenoideo-cistico; • carcinoma epiteliale-mioepiteliale. Lesioni pre-invasive: • carcinoma a cellule squamose in situ; • iperplasia adenomatosa atipica; • iperplasia diffusa idiopatica delle cellule neuroendocrine; 3.6.2 Grading istologico (G) (AJCC, Cancer Staging Manual, sixth ed., 2002) Nei carcinomi polmonari il grading istologico si applica solo ai carcinomi a cellule squamose e agli adenocarcinomi. Il carcinoma a piccole cellule, i carcinomi a grandi cellule ed i carcinomi sarcomatoidi sono indifferenziati per definizione. GX G1 G2 G3 G4 90 Il grado non è valutabile Ben differenziato Moderatamente differenziato Poco differenziato Indifferenziato CARCINOMA POLMONARE 3.6.3 Staging patologico del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) (AJCC, Cancer Staging Manual, sixth ed., 2002) Tumore primitivo (T) TX T0 Tis T1 T2 T3 T4 Linfonodi regionali (N) NX N0 N1 N2 N3 Metastasi a distanza (M) MX M0 M1 Tumore primitivo non accertabile oppure tumore accertato con esame citologico dell’espettorato o del broncolavaggio positivi per la presenza di cellule maligne ma non visualizzato da metodiche radiologiche o da broncoscopia Tumore primitivo non evidenziabile Carcinoma in situ Tumore con dimensione maggiore ≤ 3 cm circondato da parenchima polmonare o da pleura viscerale, senza invasività, dimostrata broncoscopicamente, in sede più prossimale al bronco lobare (es. non al bronco principale)a Tumore con le seguenti caratteristiche dimensionali e di diffusione: • dimensione maggiore > 3 cm • coinvolge il bronco principale, a distanza di 2 cm o più dalla carena • invade la pleura viscerale • associato ad atelettasia e/o polmonite che si estende alla regione ilare senza coinvolgere l’intero polmone Tumore di qualsiasi dimensione che invade direttamente una delle seguenti strutture: parete toracica, diaframma, pleura mediastinica, pericardio parietale; oppure un tumore del bronco principale che dista dalla carena meno di 2 cm senza coinvolgerla; o tumore associato ad atelettasia o polmonite di un intero polmone Tumore di qualsiasi dimensione che invade una delle seguenti strutture: mediastino, cuore, grandi vasi, trachea, esofago, corpi vertebrali, carena; noduli tumorali separati nello stesso lobo; tumore associato a versamento pleurico malignob Linfonodi regionali non valutabili Assenza di metastasi linfonodale Metastasi ai linfonodi peri-bronchiali omolaterali e/o ilari omolaterali e/o intra-parenchimali, compreso l’interessamento linfonodale per estensione diretta del tumore Metastasi ai linfonodi mediastinici omolaterali e/o sub-carenali Metastasi ai linfonodi mediastinici controlaterali e/o ilari controlaterali, scaleni omolaterali e/o controlaterali, sopraclavicolari Metastasi a distanza non valutabili Assenza di metastasi a distanza Presenza di metastasi a distanza; nodulo/i tumorali separati in un lobo diverso (omolaterale o controlaterale) a la rara forma tumorale a diffusione superficiale di qualsiasi dimensione con componente invasiva limitata alla parete bronchiale che può estendersi prossimalmente al bronco principale, viene classificata come T1. b la maggior parte dei versamenti pleurici associati a carcinoma polmonare è neoplastica. Nonostante ciò in alcuni pazienti l’esame citologico, ripetuto più volte, del versamento pleurico risulta negativo per neoplasia; il versamento non è emorragico e non rappresenta un essudato. Quando questi elementi insieme alla valutazione clinica escludono un versamento neoplastico, il tumore dovrebbe essere classificato come T1, T2 o T3. 3.6.4 Classificazione in stadi (AJCC, Cancer Staging Manual, sixth ed., 2002) Carcinoma occulto Stadio 0 Stadio IA Stadio IB Stadio IIA Stadio IIB Stadio IIIA Stadio IIIB Stadio IV TX Tis T1 T2 T1 T2 T3 T1, T2 T3 Qualsiasi T T4 Qualsiasi T N0 N0 N0 N0 N1 N1 N0 N2 N1, N2 N3 Qualsiasi N Qualsiasi N M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M1 Tumore residuo (R) (AJCC, Cancer Staging Manual, sixth ed., 2002) RX R0 R1 R2 La presenza di tumore residuo non è valutabile Assenza di tumore residuo Tumore residuo rilevato microscopicamente Tumore residuo rilevato macroscopicamente 91 CARCINOMA POLMONARE 3.6.5 Stadiazione del carcinoma a piccole cellule (SCLC) (WHO, 2004) Lo staging secondo i parametri TNM non viene utilizzato per il carcinoma a piccole cellule in quanto non ha un sicuro valore prognostico predittivo. Attualmente si considerano due stadi di malattia: Malattia limitata: malattia limitata ad un emitorace con metastasi ai linfonodi regionali inclusi i linfonodi ilari omolaterali e controlaterali, i linfonodi mediastinici omolaterali e controlaterali, i linfonodi sopraclaveari omolaterali e controlaterali, e con versamento pleurico omolaterale (indipendentemente dalla citologia). Questa situazione equivale agli Stadi I-III del sistema TNM. Malattia estesa: per tutti quei pazienti con presenza di malattia in sedi più distanti a quelle sopra indicate, equivalente allo Stadio IV del sistema TNM. 3.6.6 Algoritmo diagnostico e di stadiazione 92 CARCINOMA POLMONARE 93 CARCINOMA POLMONARE 3.6.7 Algoritmi terapeutici 94 CARCINOMA POLMONARE 95 CARCINOMA POLMONARE 96 CARCINOMA POLMONARE 97 CARCINOMA POLMONARE 98 CARCINOMA POLMONARE 99 CARCINOMA POLMONARE 100 CARCINOMA POLMONARE 101 CARCINOMA POLMONARE 3.6.8 Algoritmo decisionale nella resezione polmonare I LIVELLO 50% t. SÌ NO FEV1 ≥ 60% t. DLCO ≥ 60% t. MVV ≥ 50 t. FEV1 < 60% t. DLCO < 60% t. MVV < PNEUMECTOMIA II LIVELLO Scintigrafia quantitativa 40% (perfusoria) Split function study V1 ppo ≥ 40% CO ppo ≥ 40% FEV1 ppo < 40% DLCO ppo < PNEUMECTOMIA III LIVELLO VO2 Max (ergometria) ≥ 15 ml/kg/min < 15 ml/kg/min SE VO2 MAX < 10 ML/KG/MIN: INOPERABILITÀ CRI+RRI Walking Test (6’) EGA <4 > 300 mt PaCO2 < 47 mmHg pHa > 7.35 PaO2 ≥ 60 mmHg >4 < 300 mt > 47 mmHg < 7.35 < 60 mmHg LOBECTOMIA O SEGMENTECTOMIA IV LIVELLO Emodinamica: RVP < 190 dis/s/cm-5 VO2Max > 10 ml/Kg/min > 190 dis/s/cm-5 VO2Max < 10 ml/Kg/min LOBECTOMIA O SEGMENTECTOMIA ppo = valore predetto postoperatorio RVP = resistenze vascolari polmonari 102 CARCINOMA POLMONARE Indice di Rischio Cardiaco (CRI) Variabile Punteggio Insufficienza cardiaca congestizia (S3 o turgore delle giugulari o LVEF < 40%) 11 Infarto miocardico negli ultimi 6 mesi 10 PVCs (Premature Ventricular Contractions) min > 5 (ECG preoperatorio) 7 Aritmia cardiaca o PACs (Premature Atrial Contractions) all’ECG preoperatorio 7 Età > 70 anni 5 Stenosi valvolare aortica 3 Condizioni generali scadenti 3 CRI = 1 (0-5 punti), 2 (6-12 punti), 3 (12-25 punti), 4 (> 25 punti). Indice di Rischio Respiratorio (RRI) Variabile Punteggio Obesità (BMI > 27 kg/m ) 1 Fumo di siagaretta nelle 8 settimane prima dell’intervento 1 Sibili e ronchi diffusi nei 5 giorni prima dell’intervento 1 Tosse produttiva nei 5 giorni prima dell’intervento 1 FEV1/FVC < 70% 1 PaCO2 > 45 mmHg 1 2 RRI = (0-6); CRI+RRI = (1-10). 103 CARCINOMA POLMONARE 3.6.9 Livelli di evidenza nell’algoritmo diagnostico e di stadiazione Inquadramento diagnostico generale Inquadramento diagnostico generale Pazienti con sospetto SCLC (clinico – radiologico) Raccomandazioni La diagnosi deve essere raggiunta col mezzo più semplice (per es. citologia dell’espettorato, toracentesi, FNA, broncoscopia, TBNA) Livello di evidenza III Grado delle raccomandazioni B Pazienti con sospetta neoplasia polmonare con versamento pleurico Primo esame da eseguire è la toracentesi III B Paziente con versamento pleurico accessibile con citologia negativa (dopo almeno due toracentesi) Dovrebbe essere eseguita la toracoscopia III B Paziente con sospetta neoplasia polmonare e lesione unica extratoracica sospetta per metastasi FNA o biopsia della lesione sospetta a distanza III B Paziente con sospetta neoplasia polmonare e con lesioni multiple sospette metastatiche, ma con biopsia tecnicamente difficile La diagnosi deve essere raggiunta col mezzo più semplice (per es. citologia dell’espettorato, broncoscopia, TTNA) V C Paziente con sospetta neoplasia polmonare senza metastasi a distanza o versamento pleurico con estesa infiltrazione del mediastino a Rx torace Diagnosi del tumore primitivo Paziente con lesione centrale con o senza emoftoe Diagnosi da tessuto mediastinico con la procedura più semplice (broncoscopia, TBNA, TTNA, mediastinoscopia) III B La citologia dell’espettorato è il primo passo (con esame di almeno 3 campioni) III B Paziente con lesione periferica sospetta per neoplasia polmonare La citologia dell’espettorato può confermare la diagnosi, ma se negativa devono essere eseguite ulteriori indagini sulla lesione periferica III B Paziente con lesione centrale Broncoscopia (1) è la via più sensibile per confermare la diagnosi di neoplasia maligna III B Paziente con lesione centrale sospetta per neoplasia Ulteriori indagini per escludere la neoplasia devono sempre seguire una broncoscopia negativa III B Paziente con lesione periferica (< 2 cm) Broncoscopia ha una bassa sensibilità; una broncoscopia negativa richiede sempre ulteriori indagini per la lesione periferica I A Paziente con lesione periferica sospetta TTNA ha maggiore sensibilità della broncoscopia; è la procedura di scelta per confermare la diagnosi nei pazienti nei quali sia indicata (pazienti nei quali si programma terapia preoperatoria o nei quali non è possibile la chirurgia) I A Pazienti con lesione periferica sospetta e con TTNA non specifica Ulteriori indagini per la lesione periferica, visto l’elevato tasso di FN con TTNA I A Paziente con nodulo polmonare solitario, anche solo moderatamente sospetto per neoplasia polmonare, che sembra essere una malattia limitata (TC o PET negativa per mediastino) e che sia un candidato chirurgico TTNA non ha ruolo almeno che non serva per programmare una terapia preoperatoria. Dovrebbe essere eseguita biopsia escissionale e successiva lobectomia se è confermata neoplasia maligna I B Paziente con neoplasia polmonare La diagnosi citologica di NSCLC (espettorato, TTNA, prelievi broncoscopici) è affidabile per istotipo I B Paziente con presentazione o decorso clinico non compatibile per SCLC Deve essere considerata la possibilità di erronea diagnosi citologica di SCLC; è consigliabile ulteriore indagine per arrivare a istotipo di certezza I A 104 CARCINOMA POLMONARE NOTE INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO GENERALE 1. L’endoscopic ultrasound-guided needle aspiration (EUS-NA) è particolarmente utile per accedere ai linfonodi del legamento polmonare, sotto-carenali, ai linfonodi della finestra aorto-polmonare adiacenti all’esofago. È riportata una sensibilità dell’88% con una specificità del 91%, ma ha FN nel 23%. 2. La transbronchial needle aspiration (TBNA) è più spesso utilizzata per accedere a linfonodi e masse paratracheali e parabronchiali; ha una sensibilità del 76% e specificità del 96% in mani esperte; la resa è minore nei linfonodi di piccole dimensione e quando non si ha un’estensione diretta al mediastino. 3. La mediastinoscopia rappresenta il “gold standard” per la stadiazione dei linfonodi mediastinici; può essere utilizzata per accedere a tutti i linfonodi paratracheali, pretracheali e sottocarenali anteriori, ma non i sottocarenali posteriori, gli inferiori mediastinici, i linfonodi della finestra aorto-polmonare e i mediastinici anteriori. Sensibilità media dell’80-85% e specificità del 100%. 4. Nei pazienti con neoplasia del LSS la mediastinotomia anteriore ha una sensibilità dell’87% e una specificità del 100%. Stadiazione non invasiva Stadiazione non invasiva Paziente con neoplasia polmonare nota o sospetta che è eleggibile per la terapia Raccomandazioni Livello di evidenza III Paziente con linfonodi del mediastino alla TC (> 1 cm nell’asse minore) Ulteriore valutazione del mediastino prima della terapia chirurgica (1) III B Candidati alla chirurgia Pet total-body (2), se disponibile, per valutare il mediastino III B Pazienti con PET patologica (3) Ulteriore valutazione del mediastino con esame istologico dei linfonodi (mediastinoscopia e/o TBNA) prima della resezione chirurgica III B Pazienti con NSCLC che devono essere sottoposti a intervento chirurgico RMN del torace non (4) deve essere eseguita per la stadiazione del mediastino, ma per neoplasie del solco superiore per la valutazione del plesso brachiale e per la valutazione dell’invasione dei corpi vertebrali III B Paziente con neoplasia nota o sospetta Valutazione clinica approfondita (sintomi riferiti nell’anamnesi, segni riscontrati all’e.o., esami di laboratorio: ematocrito, F.A., transaminasi, calcemia) I A Pazienti con valutazione clinica anormale Imaging delle metastasi extratoraciche; sintomi sede-specifici richiedono specifiche indagini con lo studio più appropriato (per es. TC encefalo, TC addome, scintigrafia ossea (5) I A Pazienti con Stadio clinico I o II e con valutazione clinica normale Non è richiesto imaging delle metastasi extratoraciche I A Pazienti con Stadio clinico IIIA o IIIB e con valutazione clinica normale Imaging di routine delle metastasi extratoraciche (TC encefalo, TC addome, scintigrafia ossea) V C Pazienti con imaging anormale Non dovrebbero essere esclusi da un programma potenzialmente curativo senza conferma istologica o schiaccianti evidenze cliniche o radiologiche I A TC torace Grado delle raccomandazioni B NOTE STADIAZIONE NON INVASIVA 1. Una revisione di 20 studi ha stabilito che la TC standard ha una sensibilità complessiva del 57% e una specificità complessiva dell’82% per la stadiazione del mediastino. 2. Valutazione dei noduli polmonari solitari > 1 cm con FDG-PET: una metanalisi ha determinato una sensibilità media del 97% e una specificità media del 78% nell’identificare una malignità; una sensibilità del 96% e una specificità dell’88% nell’identificare una lesione benigna; la FDG-PET non è affidabile per lesioni < 1 cm avendo una risoluzione spaziale di 7-8 mm. La PET in aggiunta all’inquadramento convenzionale dei pazienti asintomatici rivela metastasi a distanza nel 1015%; al di là del costo della PET, l’aggiunta della PET riduce i costi (trial PLUS) per paziente, perché si riducono gli interventi chirurgici “futili” in un ulteriore 20% dei casi. 3. Una revisione di 18 studi della PET utilizzata per la stadiazione del mediastino ha identificato una sensibilità complessiva dell’84% e una specificità dell’89%. 105 CARCINOMA POLMONARE 4. Un solo studio ha valutato l’accuratezza della RMN nella stadiazione del mediastino (con enhancement con gadolinio: sensibilità 100%, specificità 91%, senza enhancement con gadolinio: sensibilità 63%, specificità 100%). 5. La scintigrafia ossea rimane l’indagine preferita per la ricerca delle metastasi ossee, anche se studi recenti affermano che la PET potrebbe sostituire la scintigrafia ossea. Stadiazione invasiva Stadiazione invasiva Paziente con estesa infiltrazione neoplastica del mediastino (T4 o coinvolgimento diretto dei linfonodi che non possono essere più identificati) Pazienti con NSCLC sospetto che hanno linfonodi mediastinici di aumentato volume alla TC e non hanno evidenza di metastasi a distanza - per il sottogruppo di pazienti con neoplasia del LSS Pazienti con NSCLC sospetto, che non hanno evidenza di metastasi a distanza e linfonodi normali alla TC, ma nei quali è raccomandata la stadiazione invasiva del mediastino (a causa dell’elevato tasso di FN alla TC) Raccomandazioni TTNA e EUS-NA (1) sono procedure di scelta per l’alta sensibilità (90%) e la bassa morbilità (pazienti ambulatoriali) Livello di evidenza III Grado delle raccomandazioni B TBNA (2) è un’alternativa per interessamento mediastinico localizzato in modo appropriato, ma con minore sensibilità (75%) e risultati a volte FP III B Mediastinoscopia meno utile per la più elevata morbilità rispetto alle altre procedure III B Mediastinoscopia (3) è la procedura invasiva di scelta (per gli elevati falsi postivi della TC); questo per la sua capacità di studiare il maggior numero di linfonodi con presunto basso gradi di FP, basso grado di FN (10%) e bassa morbilità (2%) III B TBNA, TTNA e EUS-NA sono alternative con minor approfondita stadiazione per la difficoltà di raggiungere le stazioni linfonodali e il maggior tasso di falsi negativi III B Mediastinotomia anteriore (procedura di Chamberlain), mediastinoscopia cervicale estesa, EUS-NA e toracoscopia sono di scelta per la diagnosi dei linfonodi della finestra aorto-polmonare se non sono interessate altre stazioni linfonodali III B Mediastinoscopia è la procedura invasiva di scelta (per gli elevati falsi postivi della TC); questo per la sua capacità di studiare il maggior numero di linfonodi con presunto basso grado di FP, basso grado di FN (10%) e bassa morbilità (2%) III B TBNA, TTNA, EUS-NA non sono raccomandate per l’alto tasso di FN III D III B - per il sottogruppo di pazienti con neoplasia del LSS Mediastinotomia anteriore (procedura di Chamberlain) (4), mediastinoscopia cervicale estesa, EUS-NA e toracoscopia sono di scelta per la diagnosi dei linfonodi della finestra aorto-polmonare se non sono interessate altre stazioni linfonodali Pazienti con PET positiva nel mediastino Si dovrebbe avere una conferma istologica dei linfonodi con procedura invasiva con elevato tasso di sensibilità e basso tasso di FN. La mediastinoscopia rappresenta la procedura migliore III B Pazienti con PET negativa al mediastino, nei quali la conferma di assenza di interessamento mediastinico è ritenuta desiderabile Mediastinoscopia è ritenuta generalmente il test migliore V C Paziente con nodulo polmonare solitario, anche solo moderatamente sospetto per neoplasia polmonare, che sembra essere una malattia early-stage (TC o PET negativa per mediastino) e che sia un candidato chirurgico Biopsia escissionale e successiva lobectomia se è confermata neoplasia maligna V C 106 CARCINOMA POLMONARE NOTE STADIAZIONE INVASIVA 1. L’endoscopic ultrasound-guided needle aspiration (EUS-NA) è particolarmente utile per accedere ai linfonodi del legamento polmonare, sotto-carenali, ai linfonodi della finestra aorto-polmonare adiacenti all’esofago. È riportata una sensibilità dell’88% con una specificità del 91%, ma ha FN nel 23%. 2. La transbronchial needle aspiration (TBNA) è più spesso utilizzata per accedere a linfonodi e masse paratracheali e parabronchiali; ha una sensibilità del 76% e specificità del 96% in mani esperte; la resa è minore nei linfonodi di piccole dimensioni e quando non si ha un’estensione diretta al mediastino. 3. La mediastinoscopia rappresenta il “gold standard” per la stadiazione dei linfonodi mediastinici; può essere utilizzata per accedere a tutti i linfonodi paratracheali, pretracheali e sottocarenali anteriori, ma non i sottocarenali posteriori, gli inferiori mediastinici, i linfonodi della finestra aorto-polmonare e i mediastinici anteriori. Sensibilità media dell’80-85% e specificità del 100%. 4. Nei pazienti con neoplasia del LSS la mediastinotomia anteriore ha una sensibilità dell’87% e una specificità del 100%. Stadiazione del SCLC Stadiazione Raccomandazioni Stadiazione In tutti i pazienti va eseguita anamnesi, esame obiettivo, es. ematochimici TC torace e addome, TC o RNM encefalo, scintigrafia ossea Stadiazione La PET non è raccomandata al di fuori di trial clinici Livello di evidenza I III Grado delle raccomandazioni A D 3.6.10 Livelli di evidenza negli algoritmi terapeutici SCELTE TERAPEUTICHE PER STADIO Early cancer Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza IV Grado delle raccomandazioni B Early cancer Per i pazienti con early cancer squamoso superficiale, che non sono candidati chirurgici, può essere proposta la PDT Early cancer Per i pazienti con early cancer squamoso superficiale, che sono candidati chirurgici, l’uso della PDT è promettente, ma è necessaria più esperienza per confrontare la PDT con la chirurgia V E Early cancer Per i pazienti con early cancer squamoso superficiale, l’elettrocauterizzazione può rappresentare un’alternativa alla PDT V C Early cancer Per i pazienti con early cancer squamoso superficiale, la crioterapia può rappresentare un’alternativa alla PDT V C Early cancer Per i pazienti con early cancer squamoso superficiale, la brachiterapia può rappresentare un’alternativa alla PDT V C Early cancer Per i pazienti con early cancer squamoso superficiale, la Nd-Yag laser terapia non è indicata. Molto alto è il rischio di perforazione V E 107 CARCINOMA POLMONARE Stadio I Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza III Grado delle raccomandazioni B Terapia dello Stadio IA e IB del NSCLC in pazienti senza controindicazioni mediche alla terapia chirurgica La terapia chirurgica da sola è la modalità di trattamento preferita Terapia dello Stadio IA e IB del NSCLC in pazienti senza controindicazioni mediche alla terapia chirurgica La resezione chirurgica completa (chiari margini di sezione chirurgica) è da perseguire in ogni caso I A Tutti i candidati alla resezione chirurgica Dovrebbero essere esaminati da chirurghi esperti o chirurghi toracici I A Pazienti con margine di resezione positivo Dovrebbero essere valutati per terapie locali addizionali (ri-resezione, RT) III B Terapia dello Stadio IA e IB del NSCLC in pazienti senza controindicazioni mediche alla terapia chirurgica La chemioterapia neoadiuvante è fattibile, ma non è raccomandata al di fuori di trial clinici V E Terapia dello Stadio IA e IB del NSCLC in pazienti senza controindicazioni mediche alla terapia chirurgica La chemioterapia adiuvante non è raccomandata al di fuori di trial clinici III D Terapia dello Stadio IA e IB del NSCLC in pazienti senza controindicazioni mediche alla terapia chirurgica Non va eseguita una RT di routine adiuvante o neoadiuvante I D Pazienti con Stadio I NSCLC candidati alla resezione chirurgica Deve essere eseguita una resezione lobare o maggiore (pneumonectomia) più che resezione sublocare (wedge o bronchopulmonary segment resection) I A Pazienti con Stadio I NSCLC candidati alla resezione chirurgica, ma che non possono tollerare una resezione lobare o maggiore per le compromesse condizioni funzionali o per patologie associate Deve essere eseguita una resezione sublobare (wedge o bronchopulmonary segment resection) V C Terapia dello Stadio IA e IB del NSCLC in pazienti senza controindicazioni mediche alla terapia chirurgica L’intervento in VATS per resezioni lobari o maggiori è associato a minor dolore postoperatorio; si hanno però dati insufficienti per raccomandare questo tipo di procedura come alternativa alle tecniche tradizionali V E Tutti i pazienti che vanno incontro a resezione chirurgica per Stadio IA e IB Dovrebbero avere una valutazione chirurgica intraoperatoria sistematica dei linfonodi mediastinici per una stadiazione patologica accurata III B Terapia dello Stadio IA e IB del NSCLC in pazienti con controindicazioni mediche alla terapia chirurgica o che rifiutano questa terapia ma che non hanno controindicazioni mediche ad essere sottoposti a RT Devono essere sottoposti a RT definitiva III B 108 CARCINOMA POLMONARE Stadio II Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza V Grado delle raccomandazioni C Nei pazienti con N1 nei quali la resezione chirurgica può essere ottenuta con entrambi le tecniche La sleeve lobectomy è raccomandata sulla pneumonectomia Pazienti che hanno avuto resezione completa per Stadio II (N1) Non è raccomandata la RT post-operatoria con l’obiettivo di migliorare la sopravvivenza III D Pazienti che hanno avuto resezione completa per Stadio II (N1) La RT post-operatoria riduce il tasso di recidive locali. La RT post-operatoria può essere utilizzata con quest’ultimo obiettivo e non con lo scopo di migliorare la sopravvivenza III C Pazienti che hanno avuto resezione completa per Stadio II (N1) La RT post-operatoria riduce il tasso di recidive locali ma non migliora la sopravvivenza. Per questo non se ne raccomanda l’uso di routine IV D Pazienti che hanno avuto resezione completa per Stadio II La CT post-operatoria non rappresenta una terapia standard, ma solo all’interno di trial clinici I D Pazienti che hanno avuto resezione completa o incompleta per Stadio II La CT + RT post-operatoria non rappresenta una terapia standard, ma solo all’interno di trial clinici I D Pazienti con T2N0, T1-2N1, T3N0 La CT preoperatoria non rappresenta una terapia standard, ma solo all’interno di trial clinici V E Per pazienti con neoplasia polmonare che si aggetta o è adiacente alla parete toracica (T3 clinico per parete toracica) L’invasione o meno della parete toracica non può essere stabilita con la TC ma solo con l’esplorazione chirurgica V C Per pazienti con T3 per parete toracica che si può estendere al di là della pleura parietale Deve essere eseguita resezione in blocco di T3 (parete toracica) almeno che non si sia sicuri che non vi sia interessamento di invasione extrapleurica. La sopravvivenza a lungo termine è legata alla completezza della resezione V C Per pazienti con T3 per parete toracica che non si estende al di là della pleura parietale Può essere eseguita una resezione extrapleurica. Se si esegue questo tipo di resezione si hanno tassi di sopravvivenza paragonabili a quelli della resezione in blocco V C Per pazienti con T3 per parete toracica che si pensa che si estenda al di là della pleura parietale Dovrebbe essere evitata la separazione del tumore dalla parete toracica cui esso è aderente (resezione discontinua o non in blocco). Limitati dati suggeriscono che i risultati di questo tipo di resezione sono molto inferiori alla resezione in blocco V C Pazienti che hanno eseguito resezione completa per T3 (parete toracica) La RT post-operatoria non determina un beneficio documentato sulla sopravvivenza e non dovrebbe essere usata in questi pazienti V E Pazienti che hanno eseguito resezione incompleta per T3 (parete toracica) o resezione con margini negativi ma vicini La RT post-operatoria determina un beneficio sulla sopravvivenza e dovrebbe essere usata in questi pazienti V C Pazienti che hanno eseguito resezione incompleta per T3 (mediastino) La RT post-operatoria può essere di beneficio V C Pazienti che hanno eseguito resezione completa per T3 (mediastino) La RT post-operatoria non va eseguita V E In tutti i pazienti con T3 centrale La determinazione istologica dei linfonodi mediastinici dovrebbe essere eseguita prima della resezione chirurgica. N2 pos. istologicamente precludono la resezione chirurgica all’inizio V C 109 CARCINOMA POLMONARE Stadio IIIA Terapia Raccomandazioni Nei pazienti con metastasi linfonodale occulta, cioè identificata con la toracotomia ed è tecnicamente possibile la resezione del tumore e la linfoadenectomia Procedere con la resezione della neoplasia e con la linfoadenectomia In tutti i pazienti che eseguono resezione chirurgica Deve essere eseguito esame sistematico dei linfonodi o linfoadenectomia completa I A Pazienti con Stadio IIIA sottoposto a resezione completa La RT post-operatoria riduce il tasso di recidive locali, ma non determina definitivo miglioramento della sopravvivenza. La RT post-operatoria può essere considerata in pazienti selezionati IV C Pazienti con Stadio IIIA sottoposto a resezione completa La CT adiuvante post-operatoria potrebbe fornire un vantaggio molto modesto per la sopravvivenza. Non deve essere utilizzata di routine ma solo all’interno di trial clinici V E Pazienti con Stadio IIIA sottoposto a resezione completa Non si ha vantaggio ad aggiungere la CT alla RT adiuvante e non si ha indicazione a CT + RT post-operatoria al di fuori di trial clinici IV D Pazienti con N2 identificato preoperatoriamente Hanno una prognosi relativamente scarsa se sottoposti alla sola chirurgia. Risultati contrastanti dell’effetto della CT di induzione sulla sopravvivenza. Non ben definito il ruolo della chirurgia e della RT come trattamenti locali. I pazienti dovrebbero essere sottoposti a valutazione multidisciplinare. V E Pazienti con N2 identificato preoperatoriamente Quando possibile la terapia neoadiuvante seguita da chirurgia dovrebbe essere eseguita nell’ambito di trial clinici IV B Stadio IIIA localmente avanzato La terapia bimodale o trimodale è migliore della sola chirurgia I A Pazienti con N2 identificato preoperatoriamente Pazienti con Stadio IIIA e resezione incompleta hanno scarsa sopravvivenza e dovrebbero essere evitati gli interventi debulking IV D Pazienti con N2 identificato preoperatoriamente Pazienti con Stadio IIIA e resezione incompleta e con linfonodi residui alla chirurgia dovrebbero essere considerati per RT post-operatoria V B Stadio IIIA bulky non resecabile Non deve essere utilizzata la RT da sola I Stadio IIIA bulky non resecabile CT a base di derivati del platino + RT offre migliore sopravvivenza della RT da sola I Stadio IIIA bulky non resecabile Poiché non è stata determinata la combinazione ottimale di CT + RT, occorre tener conto del PS e dell’età V 110 Livello di evidenza III Grado delle raccomandazioni C D A E CARCINOMA POLMONARE Stadio IIIB Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza IV Grado delle raccomandazioni B Pazienti con T4N0 per nodulo(i) satellite nello stesso lobo o interessamento carenale Deve essere valutata la possibilità chirurgica Pazienti con Stadio IIIB T4 (escluso il tumore di Pancoast) o N3 La CT neoadiuvante o CT + RT seguita da chirurgia è stata valutata in trials di fase II. Non si ha nessun dato di fase III che indichi un vantaggio per la sopravvivenza della chirurgia, che quindi ad oggi non è indicata come terapia standard V E Pazienti con Stadio IIIB, senza versamento pleurico, PS 0-1, perdita di peso minima (≤ 5%) CT + RT rappresenta la terapia standard I A Pazienti con Stadio IIIB, PS 2, perdita di peso sostanziale (≥ 10%) La terapia combinata CT + RT deve essere utilizzata dopo attenta valutazione V C Pazienti con Stadio IIIB Non ci sono dati convincenti che la RT iperfrazionata (2 o 3 frazioni al giorno) sia superiore alla RT tradizionale con un trattamento al dì. La RT iperfrazionata continua accelerata (CHART) si è dimostrata superiore alla RT tradizionale in un solo piccolo trial; la logistica di 3 trattamenti al dì non si è dimostrata accettabile in un trial del Nord America V E Pazienti con Stadio IIIB, senza versamento pleurico, PS 0-1, perdita di peso minima (≤ 5%) Dovrebbe essere raccomandata la CT + RT concomitante. La CT concomitante è legata ad un maggior tasso di esofagiti rispetto alla sequenziale. La CT concomitante è associata ad una maggior sopravvivenza rispetto alla sequenziale IV B 111 CARCINOMA POLMONARE Stadio IV Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza I Grado delle raccomandazioni A Pazienti selezionati per CT Il PS deve essere determinato al momento della diagnosi. Ai pazienti con PS 0 - 1 deve essere offerta la CT Pazienti selezionati per CT Per pazienti con PS 2 non si hanno dati sufficienti per raccomandare la CT V E Pazienti selezionati per CT Pazienti con PS 3 – 4 non devono ricevere CT IV B Pazienti selezionati per CT Altri fattori legati al pazienti (età, sesso, sede di metastasi, istologia) non rappresentano fattori prognostici significativi per la sopravvivenza V E Pazienti in IV Stadio con PS 0 – 1 Devono essere considerati per CT a base di derivati del platino che offre migliore sopravvivenza rispetto alle BSC I A Malattia avanzata negli anziani e non I nuovi chemioterapici offrono una migliore sopravvivenza rispetto alle BSC I B Malattia avanzata negli anziani e non Non si hanno dati che comparino i nuovi chemioterapici ai derivati del platino V E Malattia avanzata negli anziani e non Polichemioterapia con i nuovi chemiotrerapici + un derivato del platino dovrebbe rappresentare la terapia standard IV B NSCLC Stadio IV Nessun regime terapeutico di prima linea si è dimostrato superiore rispetto agli altri. La combinazione di cisplatino o carboplatino con uno o più nuovi chemioterapici rappresenta la terapia di prima linea I A NSCLC Stadio IV La durata della terapia di prima linea deve essere breve (3-4 cicli o meno se c’è progressione) I A NSCLC Stadio IV Dovrebbe essere proposta CT di seconda linea in caso di progressione di malattia dopo CT di prima linea con derivati del platino e buon PS I B NSCLC Stadio IV La CT ha un effetto palliativo sui sintomi legati alla malattia e può migliorare la qualità della vita (QoL) rispetto alle BSC (basic supportive cure) I B NSCLC Stadio IV Devono essere considerate e rispettate le preferenze del paziente in merito alla decisione di eseguire CT. La maggior parte dei pazienti non sceglie la CT per una probabile sopravvivenza di 3 mesi o un guadagno di sopravvivenza a 1 anno < 10% almeno che non vi sia un miglioramento della QoL. Non è stata identificata alcuna variabile di pazienti che individui una soglia minima per il paziente che gli faccia accettare la CT; per questo la decisione della CT deve essere discussa individualmente IV B NSCLC Stadio IV La terapia deve essere eseguita da oncologi di esperienza; se è considerata la CT devono essere offerte le adeguate risorse per la sua somministrazione V C NSCLC Stadio IV con buon PS La CT può essere somministrata con sicurezza con effetti collaterali accettabili e trattabili I A 112 CARCINOMA POLMONARE TERAPIA PER CONDIZIONI CLINICHE PARTICOLARI Tumore di Pancoast Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza V Grado delle raccomandazioni C Tumore di Pancoast Una diagnosi istologica dovrebbe essere ottenuta prima del trattamento Tumore di Pancoast Valutazione chirurgica se non vi sono metastasi mediastiniche e a distanza IV B Tumore di Pancoast Se è previsto un programma chirurgico deve essere fatto lo studio con RNM del torace e plesso brachiale e con TC IV B Tumore di Pancoast Quando si ha interessamento dei vasi della succlavia o dei corpi vertebrali la resezione non deve essere eseguita routinariamente (al di fuori di centri specializzati) V D Tumore di Pancoast Se è previsto un programma chirurgico, deve essere eseguita la mediastinoscopia cervicale. L’interessamento dei linfonodi è una controindicazione all’intervento I A Tumore di Pancoast I pazienti con buon PS dovrebbero eseguire CT pre-operatoria. Una ragionevole alternativa è la RT pre-operatoria IV B Tumore di Pancoast Al momento della resezione deve essere fatto ogni sforzo per la resezione completa I A Tumore di Pancoast L’intervento chirurgico dovrebbe essere rappresentato dalla lobectomia (non da resezione a cuneo) e dalla rimozione delle strutture della parete toracica interessata IV B Tumore di Pancoast La RT post-operatoria non è indicata sia dopo resezione completa che incompleta a causa del non dimostrato beneficio sulla sopravvivenza V D Tumore di Pancoast Per i pazienti con buon PS e malattia non resecabile, senza metastasi a distanza dovrebbe essere considerata RT + CT a scopo curativo V C Tumore di Pancoast Per i pazienti per i quali non è proponibile una terapia a scopo curativo (cioè chirurgia o CT + RT) dovrebbe essere considerata la RT a scopo palliativo IV B Raccomandazioni Livello di evidenza IV Tumori T4, N0-1, M0 Terapia Grado delle raccomandazioni B T4, N0-1, M0 I pazienti devono essere attentamente valutati per le metastasi a distanza prima della valutazione chirurgica T4, N0-1, M0 In pazienti selezionati la chirurgia offre una sopravvivenza migliore della chemioterapia senza chirurgia V C T4, N0-1, M0 Dovrebbe essere eseguita la mediastinoscopia prima dell’intervento chirurgico IV B Nodulo satellite nello stesso lobo Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza IV Grado delle raccomandazioni B Nodulo satellite nello stesso lobo Non è necessario un accertamento del nodulo satellite nei pazienti con neoplasia sospetta o provata nello stesso lobo Nodulo satellite nello stesso lobo con neoplasia polmonare sospetta o provata È valida la stadiazione dei linfonodi del mediastino e delle metastasi a distanza eseguita per la neoplasia primitiva V C Nodulo satellite nello stesso lobo di NSCLC È indicata la lobectomia IV B 113 CARCINOMA POLMONARE Secondo tumore sincrono primitivo Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza V Grado delle raccomandazioni C Sospetto secondo tumore sincrono primitivo Escludere la possibilità che si tratti di metastasi da neoplasia extratoracica Sospetto secondo tumore sincrono primitivo Deve essere eseguita un’approfondita analisi per le metastasi V C Sospetto secondo tumore sincrono primitivo Deve essere confermata l’assenza di ripetizioni linfonodali mediastiniche (di solito con mediastinoscopia) V C Sospetto secondo tumore sincrono primitivo È ragionevole l’intervento chirurgico se si escludono metastasi a distanza e dei linfonodi mediastinici V C Sospetto secondo tumore sincrono primitivo Se il secondo tumore (non sospettato prima) è riscontrato durante l’intervento chirurgico è indicato l’intervento di entrambe le lesioni se vi è riserva respiratoria e se N2 è neg. V C Secondo tumore metacrono primitivo Terapia Raccomandazioni Sospetto secondo tumore metacrono primitivo Va eseguito un attento esame per escludere le metastasi a distanza Sospetto secondo tumore metacrono primitivo È ragionevole l’intervento chirurgico se si escludono metastasi a distanza e dei linfonodi mediastinici Livello di evidenza V V Grado delle raccomandazioni C C Metastasi cerebrale isolata Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza V Grado delle raccomandazioni C Metastasi cerebrale isolata Dovrebbe essere presa in esame la possibilità di intervento curativo Metastasi cerebrale isolata Per i pazienti con possibilità di intervento curativo deve essere esclusa la presenza di metastasi a distanza V C Metastasi cerebrale isolata Per i pazienti con possibilità di intervento curativo deve essere esclusa la presenza di metastasi linfonodali N2,3 con mediastinoscopia V C Metastasi cerebrale isolata Per i pazienti senza altra sede di metastasi e NSCLC N0-1, può essere eseguita resezione della metastasi o ablazione radiochirurgica e resezione polmonare IV B Metastasi cerebrale isolata metacrona Nel caso di presentazione metacrona di metastasi cerebrale unica in operato di NSCLC può essere eseguita resezione della metastasi o ablazione radiochirurgica IV B Metastasi cerebrale isolata Per i pazienti che hanno eseguito resezione di metastasi unica cerebrale è ragionevole eseguire RT cerebrale a bagno anche se ci sono dati contrastanti e insufficienti riguardo al beneficio per la sopravvivenza e il tasso di recidive V E Metastasi cerebrale isolata Per pazienti sottoposti a resezione polmonare e della metastasi cerebrale si hanno dati insufficienti sulla utilità della CT V E 114 CARCINOMA POLMONARE Metastasi surrenalica isolata Terapia Raccomandazioni Livello di evidenza V Grado delle raccomandazioni C Metastasi surrenalica isolata La metastasi surrenalica isolata deve essere considerata per intento curativo Metastasi surrenalica isolata Se vi è intento curativo deve essere eseguita accurata indagine per escludere altre metastasi V C Metastasi surrenalica isolata Se vi è intento curativo deve essere eseguita mediastinoscopia per escludere N2-3 V C Metastasi surrenalica isolata Nei pazienti con N0-1 e assenza di altre metastasi è indicata la resezione surrenalica e polmonare V C Metastasi surrenalica isolata metacrona Nei pazienti che hanno avuto resezione chirurgica per NSCLC e successiva comparsa di metastasi surrenalica unica è indicata la sua resezione chirurgica V C 3.6.11 Livelli di evidenza nell’algoritmo per la terapia del carcinoma a piccole cellule (SCLC) Terapia Raccomandazioni Terapia malattia estesa I pazienti dovrebbero ricevere CT con derivati del platino Pazienti con Risposta Completa Dovrebbero ricevere RT profilattica all’encefalo Pazienti con ML o ME con RP o RC Non si hanno evidenze per la terapia di mantenimento al di fuori di trial clinici Pazienti che recidivano dopo iniziale risposta alla terapia o refrattari al primo trattamento Dovrebbe essere offerto schema alternativo di CT. La CT offerta dipende dalla durata della risposta della CT di prima linea o dalla mancanza di risposta alla CT iniziale (cioè recidive sensibili vs pazienti refrattari) Anziani con buon PS e funzionalità degli organi Livello di evidenza I Grado delle raccomandazioni A III C I D III C I pazienti dovrebbero ricevere CT con derivati del platino I B Anziani con scarsi fattori prognostici quale scadente PS o comorbilità Possono essere ancora considerati per CT V C Pazienti anziani con Remissione Completa Dovrebbero ricevere RT profilattica all’encefalo III C Pazienti con ML o ME Non vi è ruolo per terapia dosedense/intense quale terapia iniziale di induzione, o mantenimento al di fuori di trial clinici I D Pazienti che ricevono CT Non è raccomandato l’uso routinario di GCSF I D Pazienti con ML Dovrebbero avere il riferimento del radioterapista e dell’oncologo medico I A Pazienti con ML in Risposta Completa Dovrebbero ricevere RT profilattica all’encefalo I A Pazienti con ML Remissione Completa o che hanno eseguito resezione per stadio Dovrebbero ricevere RT profilattica all’encefalo I A Pazienti con ME in Risposta Completa Dovrebbero ricevere RT profilattica all’encefalo III C Per i rari pazienti con malattia molto limitata (ad es. T1-2 N0) Dovrebbe essere offerto trattamento chirurgico seguito da CT a base di platino III C Pazienti che dovrebbero eseguire terapia chirurgica Far precedere sempre la terapia chirurgica dalla mediastinoscopia V C 115 CARCINOMA POLMONARE 3.6.12 Algoritmo follow-up Tempo Visita ambulatoriale TC dall’intervento anamnesi - e.o. toracea Dopo 3 mesi X X FBS a fluorescenzac NO TC encefalo e addomeb NO PETc NO Markers tumoralic NO Es. ematicic NO Dopo 6 mesi X X NO NO NO NO NO Dopo 12 mesi X X NO NO NO NO NO Dopo 18 mesi X X NO NO NO NO NO Dopo 2 anni X X NO NO NO NO NO Dopo 3 anni X X NO NO NO NO NO Dopo 4 anni X X NO NO NO NO NO Dopo 5 anni X X NO NO NO NO NO (Grado della raccomandazione C); la TC addome superiore viene comunque ormai quasi sempre eseguita in concomitanza della TC torace; c (Grado della raccomandazione D). a b 3.6.13 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni* Livelli di evidenza Descrizione I Prove ottenute da più studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi V Prove ottenute da studi di casistica (“serie di casi”) senza gruppo di controllo VI Prove basate sull’opinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida Grado delle raccomandazioni Descrizione A L’esecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico è fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualità, anche se non necessariamente di tipo I o II B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o l’intervento D L’esecuzione della procedura non è raccomandata E Si sconsiglia fortemente l’esecuzione della procedura * Tratto da “Linee guida per neoplasie della mammella” a cura di AIOM (www.aiom.it). 116 CAPITOLO 4 RACCOMANDAZIONI CLINICHE PER IL CARCINOMA DEL COLON-RETTO Coordinatore: Francesco Di Costanzo Oncologia Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Allegrini Giacomo Amoroso Domenico Angioli Donato Arcangeli Annarosa Bechi Paolo Biti Giampaolo Calvaruso Vito Celona Giuseppe De Giorgi Ugo Di Lieto Marco Fabbrucci Paolo Fiorentini Giammaria Franceschini Franco Fucini Claudio Galardi Alessandra Gasperoni Silvia Genuardi Maurizio Goletti Orlando Grazzini Grazia Janni Alberto Lazzi Stefano Manetti Andrea Mantellini Paola Masi Andrea Mazza Ernesto Medi Francesco Messerini Luca Mignogna Marcello Mini Enrico Moretti Renato Morettini Alessandro Mosca Franco Naspetti Riccardo Paci Eugenio Pinto Enrico Ponticelli Pietro Pirtoli Luigi Puliti Maurizio Ribecco Angela S. Sainato Aldo Sarnelli Roberta Seccia Massimo Tagliagambe Angiolo Tanzini Gabriello Tonelli Francesco Tonelli Pietro Valanzano Rosa Valeri Andrea Venturini Gianluigi Specialitˆ Oncologia Oncologia Gastroenterologia Oncologia molecolare Chirurgia Radioterapia Endoscopia Chirurgia Oncologia Radioterapia Chirurgia Oncologia Chirurgia Chirurgia Radioterapia Oncologia Genetica Chirurgia Oncologia Chirurgia Anatomia patologica Chirurgia Epidemiologia Radiologia Radiologia Chirurgia Anatomia patologica Radioterapia Farmacologia oncologica Chirurgia Chirurgia Chirurgia Chirurgia Epidemiologia Chirurgia Radioterapia Radioterapia MMG Oncologia Radioterapia Anatomia patologica Chirurgia Radioterapia Chirurgia Chirurgia Chirurgia Chirurgia Chirurgia Gastroenterologia Ente di Appartenenza ASL 6 Livorno ASL 12 Versilia ASL 8 Arezzo Universitˆ di Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 5 Pisa ASL 5 Pisa ASL 11 Empoli ASL 3 Pistoia ASL 10 Firenze ASL 11 Empoli ASL 10 Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 5 Pisa CSPO Firenze AOUC Firenze AOU Siena AOUC Firenze CSPO Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 12 Versilia AOUC Firenze ASL 2 Lucca AOUC Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze AOU Pisa AOUC Firenze CSPO Firenze AOU Siena ASL 8 Arezzo AOU Siena ASL 10 Firenze ASL 10 Firenze AOU Pisa ASL 6 Livorno AOU Pisa ASL 1 Massa Carrara AOU Siena AOUC Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 5 Pisa AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Ð Firenze; AOU Pisa = Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; AOU Siena = Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese; ASL = Azienda Sanitaria Locale; CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Ð Firenze; MMG = Medico di Medicina Generale 117 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.1 INTRODUZIONE Il carcinoma del colon-retto rappresenta la seconda causa di morte dopo il carcinoma del polmone ed il carcinoma della mammella nella donna, rivestendo unÕimportanza strategica nella lotta ai tumori e nella programmazione sanitaria. Queste raccomandazioni sono il frutto di un intenso lavoro di gruppo che ha visto la partecipazione di numerosi specialisti (epidemiologi, chirurghi, oncologi medici, radioterapisti, gastroenterologi, anatomo-patologi, endoscopisti, radiologi), nellÕintento di razionalizzare tutte le fasi del percorso clinico alla luce delle attuali conoscenze scientifiche. Il miglioramento delle conoscenze scientifiche e della metodologia clinica si potranno tradurre in una migliore utilizzazione delle risorse umane ed economiche. Questo passo rappresenta, infine, lÕinizio di un percorso utile al monitoraggio dellÕoutcome, come parametro di qualitˆ erogata dai servizi sanitari regionali. 4.2 DIAGNOSI 4.2.1 Strategie di screening nella popolazione a rischio generico per CCR SCREENING PER IL CARCINOMA COLORETTALE: TEST DISPONIBILI I test per la diagnosi precoce del CCR sono sostanzialmente di due tipi: ¥ la ricerca del sangue occulto nelle feci (FOBT); ¥ test endoscopici e radiologici [sigmoidoscopia flessibile, colonscopia, colon per clisma a doppio contrasto (DCBE)]. I primi agiscono prevalentemente, anche se non esclusivamente, attraverso la diagnosi precoce dei tumori invasivi, mentre i test endoscopici si pongono lÕobiettivo di ridurre lÕincidenza, cio• la frequenza della malattia, attraverso lÕidentificazione e la successiva bonifica dei polipi adenomatosi, interrompendo quindi la sequenza adenoma-carcinoma. Evidenze di efficacia FOBT Gli studi clinici randomizzati e controllati finora condotti hanno evidenziato che lo screening mediante ricerca del sangue occulto fecale • in grado di ridurre la mortalitˆ di circa il 13-33% per cancro colorettale nelle popolazioni in cui viene offerto, a seconda della periodicitˆ, del tipo di test, della partecipazione registrata nello studio. Nei trials citati • stato utilizzato il test al guaiaco, che sfrutta lÕattivitˆ perossidasica dei vari tipi di emoglobina compresa quella di origine animale e pu˜ essere positivizzato anche da alcune sostanze ad attivitˆ perossidasica di origine vegetale presenti nella dieta. Viene di solito effettuato su tre campioni fecali, allo scopo di incrementarne la sensibilitˆ. Per limitare invece le false positivitˆ dovute agli alimenti, viene effettuato in regime di restrizione dietetica per periodi di tempo di 3 o pi• giorni. Il test pu˜ essere sottoposto a reidratazione, che consiste nellÕaggiunta di una goccia di acqua distillata prima dello sviluppo. Tale procedura incrementa notevolmente la sensibilitˆ del test, ma con una caduta significativa della specificitˆ. Recentemente, numerosi studi hanno invece dimostrato che i test immunochimici (emoagglutinazione inversa passiva, agglutinazione su lattice) sono pi• sensibili rispetto al tradizionale test al guaiaco e sono specifici per lÕemoglobina umana, non necessitando di alcuna dieta. La migliore accuratezza di questi test su un solo prelievo fecale assicura mediamente una protezione pi• lunga che permette di eseguire il test ad intervalli biennali, invece dellÕintervallo annuale necessario con il test al guaiaco. Un ulteriore vantaggio dellÕimpiego di test immunochimici su un solo giorno di campionamento e senza dieta • costituito dallÕeffetto facilitante sullÕadesione della popolazione allÕinvito di screening, da sempre considerato un fattore critico in questo tipo di screening. Test endoscopici Per quanto riguarda i test endoscopici, studi sperimentali sullÕefficacia dellÕendoscopia (sigmoidoscopia flessibile - FS) sono in corso o ancora in fase di avvio (colonscopia). Nel complesso comunque vi • un consenso abbastanza ampio sul fatto che un intervento precoce, ottenuto con diversi approcci, possa portare ad un risultato efficace. Per quanto riguarda la sigmoidoscopia, tali evidenze si basano su motivazioni biologiche, su studi caso-controllo e su studi prospettici, randomizzati e non randomizzati, di limitata potenza. Nello studio S.Co.Re.2 (studio randomizzato di confronto di diverse strategie di screening), la sigmoidoscopia eseguita con strumento flessibile ha mostrato una buona accettabilitˆ da parte dei soggetti che si sono sottoposti allÕesame ed un limitato numero di effetti collaterali. Questa metodica di screening offre inoltre la possibilitˆ di rimuovere i polipi nel 118 CARCINOMA DEL COLON-RETTO corso dellÕesecuzione del test, cosicchŽ la procedura di screening pu˜ essere contemporaneamente diagnostica e terapeutica. Sono attualmente in corso tre grandi trials internazionali sullÕefficacia della sigmoidoscopia, i cui risultati per˜ non saranno disponibili prima di qualche anno. Per quanto concerne lo screening con colonscopia totale, la sua efficacia nella riduzione di incidenza da cancro colo-rettale non • stata studiata in studi randomizzati. Esistono per˜ forti evidenze indirette che hanno stimato una riduzione di incidenza dal 76 al 90% mediante questa strategia. Il National Cancer Institute sta ora finanziando uno studio pilota di fattibilitˆ. In Italia • in corso una studio multicentrico randomizzato denominato S.Co.Re.3, in cui si confrontano i risultati in termini di lesioni trovate e accettabilitˆ delle tre diverse strategie (FOBT, sigmoidoscopia flessibile e colonscopia totale). LÕimpiego della colonscopia come test di screening • per˜ ostacolata da alcuni fattori, quali la scarsa accettabilitˆ dellÕesame da parte della popolazione, gli alti costi, i rischi maggiori rispetto alla FS, la necessitˆ di una preparazione preliminare e spesso di una sedazione. La colonscopia • quindi difficilmente proponibile allo stato attuale come test di screening di popolazione, mentre pu˜ rappresentare unÕopzione di screening individuale (cosiddetto case-finding), nellÕambito di un rapporto diretto medico-paziente. Test radiologici Non sono disponibili in letteratura studi che esaminano lÕefficacia del colon per clisma a doppio contrasto nel ridurre lÕincidenza o la mortalitˆ per CCR. La sensibilitˆ per grossi adenomi o CCR • inferiore a quella della colonscopia: in uno studio non randomizzato su oltre 2000 casi di CCR la sensibilitˆ per cancro • risultata pari allÕ85% per il colon per clisma a d.c. e al 95% per la colonscopia. Inoltre, a differenza della colonscopia, il test radiologico non permette lÕesecuzione di esami bioptici e di polipectomie. RACCOMANDAZIONI In data 2 Dicembre 2003 il Consiglio dellÕUnione Europea, in base allÕarticolo 152 del trattato che istituisce la Comunitˆ Europea, ha emanato una raccomandazione (2003/878/CE) relativa alla esecuzione ed implementazione di programmi di screening organizzato negli stati membri. NellÕambito del cancro del colon-retto il test di screening che soddisfa la raccomandazione in oggetto • la ricerca del sangue occulto nelle feci (FOBT) da somministrarsi in uomini e donne in etˆ compresa tra i 50 ed i 74 anni. Inoltre, la relazione (A5-0381/2003) del 5 Novembre 2003 da parte della Commissione per lÕambiente, la sanitˆ pubblica e la politica dei consumatori sottolinea che tra i test di screening, attualmente in fase di valutazione, potenzialmente promettenti risultano essere il test immunologico di ricerca del sangue occulto fecale e la colonscopia flessibile. In Italia, il Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 promosso dal Ministero della Salute afferma che Ò... allo stato attuale delle conoscenze, esami di screening di comprovata efficacia sono il Pap-test, la mammografia, e la ricerca del sangue occulto fecale...Ó. Le linee guida approvate dalla Commissione Oncologica Nazionale nel 1996 indicano che ÒMetodiche efficaci per lo screening del cancro colo-rettale includono il test per la ricerca del sangue occulto fecale e la sigmoidoscopia. Non vi • unÕevidenza sufficiente per determinare quale di questi due metodi sia pi• efficace, o se la combinazione del FOBT con la FS produca maggiori benefici, che lÕuno dei due test da soloÓ. Non viene raccomandato un unico modello di intervento da estendere allÕintero territorio nazionale, ma si indica come obiettivo da perseguire in modo coordinato a livello nazionale la valutazione delle implicazioni organizzative e finanziarie e dellÕimpatto dei diversi protocolli e test di screening. LÕAgenzia per i Servizi Sanitari Regionali nella elaborazione (anno 2002) delle linee guida su screening, diagnosi precoce e trattamento multidisciplinare del cancro del colon-retto assegna al test di screening per la ricerca del sangue occulto fecale Livello di evidenza I (prove ottenute da pi• studi clinici e/o revisioni sistematiche di studi randomizzati) e Grado della raccomandazione A (lÕesecuzione del test fortemente raccomandata); alla rettosigmoidoscopia e alla colonscopia Livello di evidenza III (prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro meta-analisi) e Grado della raccomandazione B (si nutrono dubbi sul fatto che una determinata procedura debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata - vedi appendici). Le principali Societˆ Scientifiche americane, quali lÕAmerican Cancer Society e lÕAmerican Gastroenterological Association, giungono alle stesse conclusioni: si raccomanda fortemente lo screening per CCR nella popolazione a rischio generico a partire dai 50 anni con intervallo annuale per quanto riguarda il FOBT, annuale per il FOBT associato a FS quinquennale, quinquennale per la FS e la DCBE, decennale per la colonscopia. La U.S. Preventive Service Task Force, che raccomanda lÕesecuzione di screening per CCR oltre i 50 anni, sottolinea che non vi sono prove sufficienti per stabilire quale strategia di screening sia migliore in termini di bilancio tra benefici e effetti dannosi o di costo-efficacia. PROSPETTIVE DI RICERCA Sono necessari ulteriori studi che consentano di migliorare lÕaccuratezza dei test immunochimici oggi a disposizione, in particolare per quanto riguarda la possibilitˆ di incrementare la sensibilitˆ del test per gli adenomi, 119 CARCINOMA DEL COLON-RETTO mediante lÕimpiego di 2 campionamenti e/o lÕutilizzo di diversi cut-off di positivitˆ, valutandone lÕimpatto in termini di costi complessivi del programma. Nuove metodiche di screening mediante colonscopia virtuale o ricerca del DNA fecale sembrano molto promettenti, ma allo stato attuale non esistono studi su popolazione che ne dimostrino lÕefficacia. Inoltre per tali metodiche di screening si pongono seri problemi di fattibilitˆ dato il loro elevato costo attuale. Per quanto riguarda i test basati sullo studio del DNA fecale, le evidenze disponibili indicano che lÕimpiego di un panel di marcatori genetici (k-ras, P53, APC, instabilitˆ del BAT-26, l-DNA) possa costituire un promettente campo di indagine. Gli studi finora disponibili sono per˜ limitati dal piccolo numero di casi studiati e dalle caratteristiche dei soggetti coinvolti. Non esistono infatti studi pi• ampi su casistiche provenienti da screening di popolazione. 4.2.2 Protocolli di sorveglianza nella popolazione a rischio aumentato per CCR Le indicazioni per una sorveglianza nei soggetti a rischio familiare di neoplasie colon-rettali sono ormai definite, anche se non sono ancora omogeneamente applicate. Esistono protocolli ben stabiliti per la FAP, lÕHNPCC e le altre forme di predisposizione maggiore per le quali i geni responsabili sono noti. In tali protocolli • inclusa la raccomandazione di proporre lÕesecuzione dei test genetici per individuare i soggetti a rischio. Sono attualmente disponibili in letteratura dati relativi alla efficacia dei protocolli di sorveglianza colonscopica sia per la FAP che per lÕHNPCC, mentre per alcune misure normalmente contemplate (ad es. la sorveglianza dei tumori dellÕendometrio e ovarici con ecografia transvaginale e biopsia endometriale nellÕHNPCC) non sono ancora state ottenute evidenze chiare. A livello internazionale viene suggerita lÕesecuzione di colonscopie (con inizio ad etˆ variabile e ad intervalli di tempo diversi, a seconda del tipo di storia familiare) in soggetti a rischio familiare moderato (vedi appendici). Come appare evidente, lÕapproccio alla sorveglianza dei soggetti con rischio familiare di CCR richiede competenze multidisciplinari e, ai fini di una migliore efficacia e di una valutazione dellÕimpatto che esso ha sulle condizioni di salute (anche psichica) dei soggetti a rischio, • opportuno che sia effettuato in strutture dedicate cui afferiscano diverse figure professionali. A questo proposito • in fase di attivazione nellÕArea Vasta Fiorentina un ambulatorio multidisciplinare per la gestione clinica di soggetti con rischio familiare di alto grado, mentre a livello regionale • in corso uno studio multicentrico di fattibilitˆ relativo alla sorveglianza colonscopica dei soggetti a rischio aumentato per familiaritˆ di cancro colorettale. Protocolli di sorveglianza endoscopica ad intervalli regolari sono inoltre previsti anche per soggetti affetti da malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) e pazienti con anamnesi positiva per adenoma e/o cancro colorettale (vedi appendici). 4.2.3 Anatomia patologica CAMPIONAMENTO E REFERTO ISTOPATOLOGICO ADENOMA Il materiale asportato endoscopicamente va processato in modo ottimale secondo le indicazioni di seguito riportate. a) Fissazione: il polipo asportato endoscopicamente deve essere sottoposto a fissazione in unÕadeguata quantitˆ di fissativo (almeno 10 volte il volume del polipo) per un tempo variabile in relazione alle dimensioni del polipo ed al fissativo usato: 2-5 ore in formalina tamponata per i polipi ² 1cm, > 12 ore per i polipi > 1 cm. La fissazione corretta consente di campionare il polipo senza frammentarlo e permette uno studio istologico ottimale. b) Campionamento: in primo luogo il patologo identifica la testa, lÕeventuale peduncolo e la base dÕimpianto del polipo; vengono quindi effettuate sezioni sagittali che passano per il limite di sezione del polipo, rispettando cos“ i rapporti fra le strutture della mucosa e della sottomucosa; inoltre sono eseguite ulteriori sezioni parallele alle prime per campionare tutto il polipo. Le sezioni effettuate vengono separatamente incluse in blocchetti di paraffina da ognuno dei quali si allestiscono almeno tre sezioni di 5 mm che sono colorate con ematossilina ed eosina ed esaminate istologicamente. CLASSIFICAZIONE ISTOLOGICA DEGLI ADENOMI Secondo la classificazione istologica WHO dei tumori colorettali, si distinguono quattro tipi di adenoma: tubulare (componente tubulare > 80%), villoso (componente villosa > 80%), tubulo-villoso (entrambe le componenti presenti in misura compresa tra 20 e 80%) e serrato (pi• raro e probabilmente sottodiagnosticato, caratterizzato dalla configurazione seghettata del polipo iperplastico, ma con presenza di displasia nella porzione superiore delle cripte e nellÕepitelio superficiale). Per polipo misto iperplastico/adenomatoso si intende invece una lesione 120 CARCINOMA DEL COLON-RETTO che presenta aree distinte con il tipico aspetto del polipo iperplastico e dellÕadenoma. La displasia viene graduata in basso grado (lieve e moderata) ed alto grado (grave), in base allÕentitˆ delle alterazioni architetturali (conformazione delle ghiandole e dei villi) e citologiche (mucosecrezione, stratificazione, polaritˆ, ipercromasia e polimorfismo nucleari, attivitˆ mitotica). ADENOMA CON CARCINOMA INVASIVO ASPORTATO ENDOSCOPICAMENTE Tale dizione • riservata agli adenomi con aree pi• o meno estese di carcinoma che infiltra inequivocabilmente la sottomucosa attraverso il superamento completo della muscularis mucosae. LÕadenoma con carcinoma invasivo • la forma pi• precoce di carcinoma colorettale (pT1) dotata di potenziale metastatico (variabile 0-35% dei casi) che • in relazione con alcuni parametri istologici che devono essere valutati ed esplicitati nel referto istologico per orientare la programmazione delle successive scelte terapeutiche (resezione chirurgica vs follow-up clinico-endoscopico). I parametri da valutare sono i seguenti: 1. stato del margine di resezione endoscopica (valutato misurando la distanza minima in mm delle cellule cancerigne dal limite): ¥ libero (distanza > 2 mm); ¥ positivo (distanza ² 2 mm); ¥ non valutabile (difetto di orientamento o artefatti); 2. grado istologico di differenziazione del carcinoma: ¥ basso grado vs alto grado; 3. presenza di emboli neoplastici linfatici o venosi: ¥ assenti/presenti. Il margine non valutabile viene considerato come parametro prognostico sfavorevole. Tali parametri devono essere sempre riportati nel referto istopatologico, anche se negativi. Utilizzando tali parametri • possibile distinguere due categorie di adenomi con carcinoma invasivo: ¥ a basso rischio di evoluzione (quando tutti i parametri sono favorevoli); ¥ ad alto rischio di evoluzione (quando 1 o pi• parametri sono sfavorevoli). Il patologo dovrebbe, quando il campionamento lo consente, riportare i parametri valutati e definire a quali delle due categorie (basso rischio vs alto rischio) appartiene il polipo asportato endoscopicamente, fornendo cos“ un riferimento importante per le successive strategie terapeutiche (follow-up vs resezione post-polipectomia). LÕesame della letteratura dimostra infatti che il rischio di residuo tumorale e/o metastasi linfonodali dopo la polipectomia endoscopica • pari a 0% per gli adenomi cancerizzati a basso rischio di evoluzione mentre • circa 25% (valore medio) per gli adenomi cancerizzati ad alto rischio di evoluzione. CARCINOMA DEL COLON-RETTO Il materiale di exeresi chirurgica deve essere inviato in adeguati contenitori contenenti formalina tamponata dopo essere stato aperto dal chirurgo lungo il margine antimesenterico. La descrizione macroscopica del pezzo chirurgico dovrˆ fornire indicazioni sulla lunghezza dellÕintestino asportato, sulla sede e sullÕaspetto macroscopico della neoplasia, sulle dimensioni (diametro massimo), sulla distanza dai margini, sulla presenza di tumori sincroni (carcinomi, polipi). Per le neoplasie del retto e dellÕampolla occorre identificare lÕesatta sede del tumore e precisarne il rapporto con il peritoneo (sopra-sottoperitoneale). Si operano quindi almeno tre prelievi della neoplasia di cui uno nel punto di maggiore infiltrativitˆ e due nei punti di passaggio fra neoplasia e mucosa circostante (utile per lo studio dellÕorigine); questa campionatura • la minima indispensabile per una diagnosi di routine. Per unÕaccurata evidenziazione di emboli neoplastici nei vasi linfatici o venosi intra- ed extraparietali e di infiltrazione di tronchi nervosi • consigliabile tuttavia operare pi• prelievi (almeno 1 per cm di neoplasia). Inoltre occorre campionare i margini di sezione chirurgica ed isolare, seguendo il decorso dei vasi, tutti i linfonodi regionali iniziando dallÕapice del meso. I linfonodi non locoregionali (inviati in contenitori separati con esatta indicazione di sede) devono essere campionati e refertati separatamente. Il referto deve sempre indicare il numero totale di linfonodi repertati e di quelli con metastasi distinguendo in questo caso il coinvolgimento dei linfonodi locoregionali da quelli non locoregionali. PARAMETRI PROGNOSTICI Lo stadio rimane il fattore prognostico di maggior valore, ma numerose altre caratteristiche istologiche sono considerate di valore prognostico nel carcinoma colorettale e possono essere riportate nel referto istopatologico. Quelle con maggior significato clinico sono le seguenti: il tipo di crescita (espansiva od infiltrativa), il grado di infiltrazione linfocitaria al margine di invasione, la presenza di nidi e cellule neoplastiche Òpattern buddingÓ (per il retto) sul fronte di avanzamento tumorale, la presenza di aggregati nodulari linfocitari peritumorali (reazione linfocitaria Òtipo CrohnÓ), il numero di linfociti allÕinterno della neoplasia (tumor-infiltrating lymphocytes o TIL), lÕinvasione vascolare e perineurale. 121 CARCINOMA DEL COLON-RETTO CARCINOMA DEL COLON-RETTO CHECKLIST Sede anatomica cieco colon traverso sigma colon ascendente flessura splenica sigma-retto flessura epatica colon discendente retto Aspetto macroscopico vegetante ulcerato infiltrante a placca anulare tipo linite dimensioni cm Istotipo adenocarcinoma carcinoma a cellule ad anello con castone carcinoma indifferenziato carcinoma adenosquamoso Grado di differenziazione G1 G2 G3 Livello dÕinfiltrazione intramucoso connettivo perimuscolare adenocarcinoma mucinoso (colloide) carcinoma midollare carcinoma a piccole cellule carcinoma a cellule squamose G4 ² 5 mm > 5 mm sottomucoso sierosa muscolare organi adiacenti Metastasi linfonodali numero di linfonodi coinvolti presenza di micrometastasi (mi) s“ Metastasi a distanza s“ no Margini coinvolti prossimale distale radiale s“ s“ s“ no no no numero di linfonodi repertati no MARGINI DI RESEZIONE Il residuo tumorale dopo intervento chirurgico deve essere indicato utilizzando la categoria R. Il patologo utilizza la categoria R per lo stato dei margini di resezione. La valutazione macroscopica ed istologica dellÕadeguatezza dei margini di resezione prossimale, distale e radiale, • estremamente importante per esprimere un giudizio sulla radicalitˆ dellÕintervento, che • ritenuta un importante fattore per la prognosi e per unÕadeguata pianificazione terapeutica. In particolare, nel carcinoma del retto • fondamentale la valutazione del margine radiale (circonferenziale) di resezione, essendo il suo interessamento il pi• importante fattore predittivo di recidiva loco-regionale. Nelle neoplasie rettali la distanza minima del tumore dai margini di resezione radiale e distale deve essere sempre indicata. Per quanto riguarda la valutazione del margine radiale si devono eseguire sezioni trasversali allÕasse longitudinale del viscere, dopo aver marcato con inchiostro di china il margine stesso, ed eseguire la misurazione ed i prelievi sulla sezione con la maggiore infiltrazione tumorale. Il coinvolgimento dei margini viene considerato come il corrispettivo di tumore residuo nel paziente e classificato come nella Tabella 1. Tabella 1 - Residuo tumorale RX Non determinabile R0 Assenza di residui tumorali R1 Residui tumorali microscopici R2 Residui tumorali macroscopici STADIAZIONE DOPO TERAPIA NEOADIUVANTE La stadiazione delle neoplasie trattate con radioterapia o radio e chemioterapia prima dellÕintervento chirurgico si effettua utilizzando le stesse indicazioni del TNM, ma le categorie TNM vengono precedute dal prefisso ÒyÓ (ad esempio ypT2) ed indicano lÕestensione del tumore al momento della valutazione istopatologica. LÕeffetto della terapia neoadiuvante sulla neoplasia pu˜ essere valutato determinando il grado di regressione tumorale (TRG) secondo lo schema presentato nella Tabella 2. 122 CARCINOMA DEL COLON-RETTO Tabella 2 - Regressione tumorale TRG1 Assenza di cellule tumorali residue (regressione completa) TRG2 Fibrosi prominente con presenza di rare cellule tumorali residue TRG3 Fibrosi prevalente (> 50%) sulla residua componente tumorale TRG4 Residua componente tumorale prevalente sulla fibrosi TRG5 Assenza di regressione 4.2.4 Fattori biomolecolari, prognostici e predittivi Lo stadio clinico-patologico •, a tuttÕoggi, il pi• importante fattore prognostico. é tuttavia doveroso sottolineare che la ricerca attuale ha identificato, e sta identificando, numerosi fattori biomolecolari, che si possono configurare come indicatori di aggressivitˆ tumorale. Anche se, allo stato attuale, nessun biomarcatore • stato validato in ambito clinico, il profilo molecolare dei tumori colorettali sarˆ la variabile che detterˆ future decisione terapeutiche. Premettendo che, per marcatori molecolari, si intendono molecole espresse dal tumore e/o dallÕospite che sono associate con la ricaduta o con la sopravvivenza, riportiamo qui di seguito i principali marcatori molecolari a tuttÕoggi identificati per i tumori colorettali, in funzione della loro appurata funzione nel processo di trasformazione e progressione tumorale. MARCATORI DELLA MASSA TUMORALE Fra i numerosi biomarcatori circolanti (nel sangue e in altri liquidi biologici), allo stato attuale delle conoscenze solo per lÕantigene carcinoembrionario (CEA), sono disponibili dati sufficienti a fornire raccomandazioni con accettabile livello di evidenza. LÕuso del dosaggio preoperatorio del CEA quale marcatore di ricaduta e di sopravvivenza • fortemente supportato dai dati esistenti in letteratura. Inoltre • fortemente consigliato il monitoraggio del CEA durante il follow-up. Il dosaggio del CEA pu˜ essere effettuato pressochŽ in qualunque struttura sanitaria regionale. ONCOGENI Gli oncogeni sono geni che codificano per proteine che promuovono la proliferazione cellulare. Mutazioni e/o amplificazioni di oncogeni sono pertanto strettamente correlate al processo di trasformazione neoplastica. In questa categoria annoveriamo: a) Geni della famiglia Ras: tali geni codificano per proteine ad attivitˆ GTPasica, intimamente associate al controllo della proliferazione cellulare. Il significato prognostico di mutazioni di tali geni, soprattutto nei codoni 12 e 13, rimane ancora controverso, e protocolli di ricerca a tal riguardo sono attualmente in corso. b) Erb-B2 (Her-2/neu) e recettore per Òepidermal growth factorÓ (EGF-R): entrambe le molecole sono recettori di membrana, ad attivitˆ tirosino-chinasica, intimamente coinvolti nella regolazione della proliferazione cellulare. Lo studio del loro ruolo nel carcinoma colorettale • ancora in corso, e meno definito di quello emerso nel carcinoma della mammella. é opportuno sottolineare che lÕimportanza di questi due marcatori • strettamente legata al fatto che terapie mirate, rivolte contro tali molecole, stanno entrando a far parte del regime chemioterapico in associazione con la chemioterapia convenzionale. Attualmente la valutazione dellÕEGF-R, con metodo immunoistochimico, viene effettuata presso il Dipartimento Oncologico dellÕAzienda Ospedaliero-Universitaria Senese, il Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia dellÕUniversitˆ di Firenze, lÕUnitˆ Operativa di Anatomia Patologica dellÕAzienda USL 3 e il Dipartimento Oncologico dellÕUniversitˆ di Pisa, Cattedra Anatomia Patologica. GENI ONCO-SOPPRESSORI Si tratta di geni che codificano per proteine che inibiscono la proliferazione cellulare. La perdita di tali geni o mutazioni che ne impedisce la funzione • pertanto correlata allo sviluppo della neoplasia. Fra i geni oncosoppressori coinvolti nella carcinogenesi colorettale, ricordiamo: a) p53: molti studi sono stati condotti, con tecniche immunoistochimiche, in carcinomi colorettali, ma hanno dato risultati spesso contrastanti. é ipotizzabile che lÕanalisi genetica delle mutazioni di p53 possa validare tale parametro come marcatore prognostico nel cancro colorettale. b) DCC e delezione di 18q. La delezione di 18q • presente nel 60-70% dei casi di cancro colorettale. Almeno tre geni oncosoppressori (DCC, Smad2 e Smad4) sono localizzati in posizione 18q21, ma il gene principalmente coin- 123 CARCINOMA DEL COLON-RETTO volto non • stato ancora identificato. Numerosi studi hanno riportato che la delezione allelica (o perdita di eterozigosi, LOH) di 18q determina una prognosi peggiore nel carcinoma colorettale Stadio II e Stadio III. Pi• recentemente • stato evidenziato che lÕassociazione della LOH in 18q con altre LOH (in particolare dei cromosomi 17p e 8p) potrebbe meglio configurarsi come fattore prognostico. c) Instabilitˆ dei microsatelliti (MSI). La MSI corrisponde a difetti nei meccanismi di riparazione dei danni al DNA (ÒDNA repairÓ). Mentre • noto che i casi di cancro colorettale ereditario non associato a poliposi (HNPCC) originano da mutazioni dei geni che codificano per il DNA repair, instabilitˆ dei microsatelliti sono state trovate associate anche ai casi sporadici. In particolare, numerosi studi hanno evidenziato che pazienti con tumore con elevata instabilitˆ (MSI-H) hanno una prognosi migliore, indipendentemente dallo stadio e da altre variabili clinico-patologiche. La MSI • stata anche proposta come fattore predittivo di beneficio dalla chemioterapia adiuvante con 5-fluorouracile (FU), ma il dato • controverso. La determinazione e la valutazione immunoistochimica delle proteine codificate dai geni del riparo hMSH2 e hMLH1 • effettuata presso il Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia dellÕUniversitˆ di Firenze. APOPTOSI Fra i geni coinvolti nel processo di apoptosi, e che pertanto regolano la sopravvivenza cellulare, quello che ha ottenuto maggiori consensi come possibile fattore prognostico •: a) Bcl-2: questo gene codifica per una proteina a funzione anti-apoptotica; la sua overespressione produce pertanto un difetto nella capacitˆ di proteggere la massa neoplastica dallÕapoptosi. Gli studi, per quanto riguarda il cancro colorettale, sono ancora pochi, anche se sta emergendo che unÕoverespressione di Bcl-2 correla con una prognosi migliore. ANGIOGENESI Nello sviluppo della malattia neoplastica, la tappa successiva, rispetto alle alterazioni della proliferazione e della sopravvivenza neoplastica, • rappresentata dallÕinvasione dei tessuti circostanti e dalla capacitˆ di dare metastasi. A tuttÕoggi esistono dati molto controversi riguardo alla validitˆ della misura della quantitˆ e densitˆ dei microvasi quali fattori prognostici, alcuni fattori associati alla via angiogenetica sono stati valutati: a) Vascular endothelial growth factor (VEGF). é stata valutata sia la concentrazione serica sia lÕespressione intratumorale, tramite metodiche immunoistochimiche, di tale fattore. Anche se i risultati, per quanto riguarda il cancro colorettale, sono ancora preliminari, VEGF pu˜ essere un promettente fattore di malignitˆ. Protocolli di ricerca a tal riguardo sono attualmente in corso presso il Dipartimento di Patologia e Oncologia Sperimentali dellÕUniversitˆ di Firenze. MOLECOLE TARGET DI CHEMIOTERAPICI La timidilato sintetasi (TS), enzima essenziale per la replicazione del DNA, • il target del principale farmaco utilizzato nella terapia del carcinoma colorettale, il 5-fluorouracile. Nel carcinoma metastatico, elevati livelli di espressione tumorale di TS sono risultati associarsi ad un basso tasso di risposta al trattamento con 5-FU. LÕespressione di TS • stata anche proposta come indicatore prognostico nel carcinoma localmente avanzato. Protocolli di ricerca a tal riguardo sono attualmente in corso presso il Dipartimento di Farmacologia Preclinica e Clinica dellÕUniversitˆ di Firenze. Altri marcatori bio-molecolari per i quali esistono protocolli sperimentali in fase iniziale, presso diversi centri della Regione sono: Cox-2 (Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Dipartimento di Farmacologia Preclinica e Clinica dellÕUniversitˆ di Firenze), hERG1 (Dipartimento di Patologia e Oncologia Sperimentali dellÕUniversitˆ di Firenze). CONCLUSIONI Allo stato attuale delle conoscenze, non sembra possibile individuare con precisione alcun fattore prognostico bio-molecolare, con una validitˆ clinica accertata e standardizzata. Nonostante ci˜, lÕidentificazione di fattori molecolari che abbiano un significato prognostico nel cancro colorettale saranno essenziali nel migliorare il trattamento e lÕoutcome della malattia. é possibile prospettare che, pi• che un singolo marcatore, lÕidentificazione di un Òprofilo molecolare di rischioÓ, risultante dallÕanalisi di diversi marcatori molecolari, debba essere sviluppata e possa avere un significato clinico, prognostico e terapeutico pi• preciso. 4.2.5 Esami di diagnosi e stadiazione Gli accertamenti diagnostici devono essere guidati dallÕinterpretazione dei segni e dei sintomi emergenti duran- 124 CARCINOMA DEL COLON-RETTO te unÕaccurata visita clinica che comprenda anche lÕesecuzione di unÕesplorazione rettale digitale. LÕesplorazione rettale • un semplice esame che, pur limitandosi al tratto distale del retto, pu˜ consentire la diagnosi sino al 10-15% dei tumori del grosso intestino. Considerata lÕimportanza della visita clinica, nella diagnostica del carcinoma colorettale, deve essere valorizzato il ruolo del Medico di Medicina Generale. Il Medico di famiglia pu˜, meglio di ogni altro, conoscere lo stile di vita (abitudini alimentari, fumo, caratteristiche dellÕalvo) e i fattori di rischio dei propri pazienti; inoltre, pu˜ svolgere un ruolo insostituibile nel fornire informazioni e consigli, riducendo cos“ lÕansia e lÕangoscia collegate con lÕinterpretazione soggettiva dei sintomi e del peso delle procedure diagnostiche proposte. Una migliore comunicazione tra Medico di famiglia e Medico specialista si traduce in un concreto vantaggio per il paziente sia nella fase diagnostica, sia durante gli esami di controllo consigliabili nel successivo follow-up. 4.2.5.1 Esami di maggiore utilitˆ nella diagnosi RETTOSIGMOIDOSCOPIA LÕesame, realizzato con strumento flessibile, • di facile esecuzione ed • ben tollerato; richiede una semplice preparazione eseguibile dal paziente con un clistere due ore prima; inoltre, presenta costi modesti. PoichŽ il 70% dei carcinomi sporadici del grosso intestino • localizzato nel colon sinistro, lÕesame presenta una discreta sensibilitˆ. Associata ad eventuale polipectomia, la rettosigmoidoscopia come test di screening induce una significativa riduzione di mortalitˆ per carcinoma colorettale nella popolazione in cui viene applicata. Il principale svantaggio dellÕesame consiste nella sua inadeguatezza nella diagnosi dei tumori primitivi o di lesioni sincrone del colon destro. Pertanto, deve essere considerato come esame di screening o, nel sospetto di carcinoma del colon, associato al clisma opaco con doppio mezzo di contrasto, nei casi in cui non sia possibile eseguire una colonscopia totale. COLONSCOPIA é un esame che richiede la preparazione per il paziente (dieta senza scorie per due giorni e somministrazione di un lassativo osmotico il pomeriggio del giorno precedente lÕesame). Presenta un costo discreto. Nel settore dello screening • un esame indispensabile in popolazioni a rischio (familiaritˆ, diagnosi pregressa di polipi o carcinomi colorettali, presenza di malattie infiammatorie intestinali croniche). Nei tumori del grosso intestino, la colonscopia • lÕesame con maggiore accuratezza diagnostica (sensibilitˆ e specificitˆ superiori al 95%). In presenza di polipi, oltre alla diagnosi, • possibile il trattamento delle lesioni. Le complicazioni si verificano pi• frequentemente dopo una polipectomia, con unÕincidenza complessiva di emorragia variabile tra lo 0.2 e il 2.5% ed unÕincidenza di perforazione variabile tra lo 0.07 e lo 0.7%. La perforazione • evento molto raro, che necessita in genere di intervento chirurgico in urgenza. La pancolonscopia • attualmente da considerarsi lÕesame di riferimento per la diagnosi del carcinoma del grosso intestino. COLONSCOPIA VIRTUALE La tecnologia digitale, lo sviluppo dellÕelettronica e dellÕinformatica hanno consentito unÕevoluzione della diagnostica per immagini che oggi pu˜ avvalersi di apparecchiature capaci di generare immagini tridimensionali. La possibilitˆ di ottenere con la tomografia computerizzata (TC) un volume di dati dellÕintero addome e lo sviluppo di un programma informatico, che consenta la visualizzazione del lume intestinale dal suo interno, hanno reso possibile una nuova modalitˆ dÕesplorazione del colon definita Òcolonscopia virtualeÓ. Tale metodica ideata nel 1994 • indicata per pazienti con sintomi associabili alla presenza di un tumore del colon o per prevenzione in soggetti asintomatici. Nel primo caso, la colonscopia virtuale pu˜ essere eseguita in alternativa alla colonscopia tradizionale, se questÕultima viene rifiutata dal paziente o se per particolari condizioni anatomiche non • possibile completare lÕesame. Nel secondo caso, i sintomi e i segni che pi• frequentemente consigliano un esame del colon sono la proctorragia, la perdita di peso non giustificata, lÕanemia, il dolore addominale, le alterazioni dellÕalvo e la palpazione di una massa addominale. Non • stato ancora stabilito quale esame sia migliore in termini di costo-beneficio: la colonscopia tradizionale • sicuramente lÕesame pi• affidabile, ma richiede una buona pulizia intestinale, • dolorosa e, anche se raramente, pu˜ comportare complicazioni gravi, come la perforazione. La colonscopia virtuale richiede comunque la pulizia intestinale, espone al rischio radiologico, non • esente dal rischio di artefatti e non consente di eseguire biopsie. Inoltre, non esistono ancora studi che ne indichino il suo utilizzo di routine in sostituzione della colonscopia. CLISMA OPACO CON DOPPIO MEZZO DI CONTRASTO Possiede una sensibilitˆ globale pari al 94%. Nel caso dei polipi, la sensibilitˆ dipende dalle dimensioni: 22% per polipi di 2-3 mm, 56% per polipi di 4-5 mm, 83% per polipi compresi tra 6-9 mm, quasi il 100% per polipi maggiori di 1 cm. PoichŽ i residui fecali interferiscono con la qualitˆ dellÕesame, • consigliabile unÕaccurata preparazione intestinale come per la colonscopia. 125 CARCINOMA DEL COLON-RETTO é necessario ricorrere ad una successiva endoscopia per la biopsia o la rimozione delle lesioni eventualmente diagnosticate. Il clisma opaco deve essere eseguito con metodica a doppio contrasto. Qualora vi sia il sospetto di lesioni perforate o di lesioni stenosanti, che non permettono la progressione dellÕendoscopio, lÕesame radiologico • preferibile allÕendoscopia. In particolare nel caso di sospetta perforazione per lÕesame deve essere utilizzato un mezzo di contrasto idrosolubile; nel caso di lesioni stenosanti pu˜ essere utilizzato sia il contrasto idrosolubile sia il bario a bassa concentrazione (circa 40% p/v); in entrambe le situazioni il clisma viene eseguito a contrasto singolo. Altra evenienza in cui pu˜ essere eseguito lÕesame a contrasto singolo • la mancanza di collaborazione del paziente; infatti per lo studio a doppio contrasto il paziente deve essere in grado di muoversi sul letto radiologico per facilitare il riempimento intestinale. Dal momento che le indagini con il bario interferiscono con la TC, il clisma con bario deve essere programmato almeno 4-5 giorni prima. Anche il clisma opaco, come la colonscopia, presenta, seppure raramente, il rischio di perforazione, con necessitˆ di immediato intervento chirurgico. ECOGRAFIA TRANSRETTALE (± TRANSVAGINALE) é indagine di prima scelta per la stadiazione locale dei tumori rettali. Non pu˜ essere eseguita nei tumori stenosanti; in questa evenienza nelle donne pu˜ essere utilizzata lÕecografia trasvaginale. In letteratura • riportata unÕaccuratezza diagnostica variabile dal 77 al 98% per lo studio del parametro T, mentre per lo studio del parametro N lÕaccuratezza • bassa in relazione ad una limitata specificitˆ (intorno al 50%). LÕesame • molto utile, in presenza di tumori ÒprecociÓ, per decidere la fattibilitˆ di un intervento conservativo (escissione chirurgica transanale o asportazione endoscopica). TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA (TC) Qualora non fossero utilizzabili lÕecografia transrettale e la RM si impiega la TC per la stadiazione locale. é tuttavia meno accurata sia nella valutazione del parametro T che dellÕN. LÕaccuratezza diagnostica nella valutazione del parametro T pu˜ essere incrementata dalla distensione del retto con acqua o con aria. Il vantaggio peculiare dellÕutilizzazione della TC • dato dalla possibilitˆ di effettuare durante la stessa indagine la stadiazione loco-regionale e a distanza (parametro M). RISONANZA MAGNETICA (RM) In caso di neoplasie rettali alte o in tumori stenosanti la metodica alternativa allÕecografia transrettale pi• accurata nella stadiazione loco-regionale • la RM. La disponibilitˆ di bobine phased array consente di ottenere immagini di elevata qualitˆ sulla parete intestinale e sulle strutture pelviche con studio dallÕesterno. Deve essere ricordato che lÕindagine RM pu˜ essere eseguita anche con bobina endocavitaria; questa • per˜ gravata dagli stessi problemi dellÕecografia transrettale e inoltre, con sostanziale paritˆ di accuratezza diagnostica, rappresenta un esame di maggiore durata e pi• costoso nei confronti dellÕecografia. Qualora la stadiazione loco-regionale abbia evidenziato una neoplasia avanzata (T3, T4) lÕesame deve essere esteso allo studio del torace. Va ricordato inoltre che una TC pelvica deve essere effettuata a breve distanza dallÕintervento chirurgico per ottenere la visione di base della neoanatomia dellÕaddome inferiore. 4.2.5.2 Stadiazione Pre-trattamento delle neoplasie del colon TC Ecografia dellÕaddome Rx torace 1. TC La TC rappresenta indagine preferenziale nella valutazione pretrattamento delle neoplasie del colon. 2. Ecografia dellÕaddome Come espresso in precedenza per le caratteristiche della metodica pu˜ essere considerata indagine alternativa allo studio TC. 3. Rx torace Indispensabile nella stadiazione clinica e nella valutazione anestebiologica. Pre-trattamento delle neoplasie del retto Stadiazione locale 1. Ecografia transrettale (± transvaginale) 126 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 2. Risonanza magnetica (RM) 3. Tomografia computerizzata (TC) Stadiazione a distanza 1. TC 2. Ecografia dellÕaddome 3. Rx torace Ulteriori indagini nella stadiazione pre-trattamento delle neoplasie del colon-retto 1. Marcatori oncologici. Nel carcinoma colorettale, il dosaggio dei marcatori oncologici non ha, in genere, finalitˆ diagnostica. é consigliabile il dosaggio del CEA, mentre • ancora controversa lÕutilitˆ del marcatore mucinico CA19-9. Il dosaggio combinato di due markers potrebbe ridurre la percentuale di falsi negativi. 2. FDG-PET e FDG-PET-TC. Viene utilizzata nello staging e, soprattutto, nel restaging del carcinoma colorettale con le seguenti indicazioni: a) diagnosi pretrattamento e di re-staging: valutazione di lesioni dubbie rilevate con altre metodiche in cui la valutazione della lesione dubbia induce un cambiamento di strategia; b) CEA elevato in assenza di rilievo di lesione con altre tecniche di diagnostica per immagine. 3. RMN epatica. Nel caso di lesione focale epatica di dubbia interpretazione allÕesame ecografico o TC, in alcuni casi pu˜ essere utile la RMN. é in aumento lÕinteresse dellÕimpiego della FGD-PET anche in questo campo. 4.3 TERAPIA La chirurgia rappresenta la principale opzione terapeutica con intento curativo delle neoplasie colorettali. Anche se i risultati della terapia sembrano essere migliori negli stadi precoci non • stato definito un limite di attesa tra la diagnosi e lÕintervento oltre il quale i risultati del trattamento peggiorino. LÕattesa della terapia chirurgica • comunque fonte dÕansia per il paziente e dovrebbe essere ragionevolmente breve (Livello di evidenza III). Il tempo di attesa tra diagnosi e ricovero non dovrebbe superare le quattro settimane. Il ricovero dovrebbe avvenire subito prima dellÕintervento chirurgico per ridurre i costi e le infezioni. Devono essere eseguiti i comuni esami preoperatori secondo le pratiche consolidate, verificate in collaborazione con lÕanestesista. 4.3.1 Chirurgia: considerazioni generali La chirurgia si basa su precisi principi oncologici ed anatomici. Il tumore deve essere rimosso intatto, con sufficiente tessuto attorno per evitare che residuino cellule neoplastiche, e i margini (longitudinali e circonferenziali) devono essere integri, indipendentemente o meno dalla presenza di metastasi epatiche. Se il tumore infiltra organi vicini questi devono essere asportati in blocco con la lesione primitiva. La sezione deve essere condotta ad almeno 5 cm dai margini del tumore, con lÕasportazione del peduncolo vascolare allÕorigine al fine di eseguire unÕadeguata dissezione linfonodale regionale. é segnalato, nelle mani di operatori che eseguono un ridotto numero di interventi allÕanno, un aumento di mortalitˆ, un incremento delle recidive locali ed una minore sopravvivenza globale. SullÕeventuale tumore residuo deve essere eseguita una biopsia. LÕapposizione di clips metalliche • raccomandata in caso di residuo di malattia. La biopsia delle metastasi • indicata solo in caso di dubbio diagnostico. La radicalitˆ della resezione deve essere confermata sia dal giudizio intraoperatorio (assenza di residui evidenti macroscopicamente) che dal successivo esame istologico (margini liberi da neoplasia). La chirurgia laparoscopica dovrebbe essere eseguita solo da chirurghi contemporaneamente esperti in laparoscopia e in chirurgia ÒapertaÓ colorettale. Criteri di esclusione sono: tumori localmente avanzati; tumori del colon traverso; occlusione e perforazione intestinale. Non esistono attuali dati in Letteratura riguardo a precise indicazioni alla chirurgia laparoscopica nel ca del retto. La presenza di carcinosi peritoneale o metastasi diffuse, in assenza di complicanze legate al tumore primitivo, controindica una resezione colica. Il posizionamento di uno stent endoluminale pu˜ rappresentare attualmente una valida alternativa alla stomia derivativa in caso di intenti palliativi. 127 CARCINOMA DEL COLON-RETTO é consigliato un ÒauditÓ di confronto dei propri dati sulla sopravvivenza a lungo termine con quelli dei registri oncologici nazionali. Il tumore deve essere rimosso integro con una sezione ad almeno 5 cm dai margini macroscopici prossimale e distale del tumore. La legatura del peduncolo vascolare va eseguita alla sua origine. Deve essere eseguita unÕadeguata dissezione linfonodale regionale. La radicalitˆ della resezione deve essere confermata sia dal giudizio intraoperatorio (assenza di residui evidenti macroscopicamente) che dal successivo esame istologico (margini liberi da neoplasia) PREPARAZIONE ALLÕINTERVENTO Preparazione intestinale. Ha lo scopo di ridurre il contenuto fecale e la carica batterica intraluminale; al momento la preparazione meccanica • universalmente impiegata, anche se la letteratura non fornisce evidenze certe sulla sua utilitˆ. Profilassi TVP-embolia polmonare. I pazienti operati per neoplasia colo-rettale hanno un rischio aumentato di TVP in conseguenza della malattia neoplastica, dellÕetˆ spesso avanzata e del possibile allettamento. In questi pazienti • stata evidenziata lÕefficacia della profilassi con eparina calcica; le eparine a basso peso molecolare sembrano avere la stessa efficacia con minor rischio di sanguinamento. Il trattamento deve essere effettuato per almeno 7 giorni (Livello di evidenza I). Profilassi antibiotica. Definitivamente dimostrata lÕefficacia della profilassi antibiotica di breve durata nel ridurre le infezioni dal 30-50 allÕ11% o meno (Livello di evidenza I). Preparazione per eventuale stomia. Se il paziente • anche solo potenzialmente candidato ad una stomia deve essere informato prima dellÕintervento. Emotrasfusione. Allo stato attuale non vi sono motivi per rifiutare una trasfusione clinicamente ritenuta necessaria. La preparazione intestinale meccanica deve essere effettuata, salvo che nei casi di occlusione. In assenza di specifiche controindicazioni, si raccomanda di utilizzare lÕeparina a basso peso molecolare come profilassi della TVP-EP. Per la profilassi antibiotica preintervento si raccomanda lÕimpiego di una cefalosporina di I o II generazione, somministrata in dose unica subito prima dellÕinizio dellÕintervento. La somministrazione dellÕantibiotico potrˆ essere prolungata per 24-72 ore in funzione dellÕentitˆ della contaminazione dellÕintervento. Il sito della stomia deve essere marcato da personale infermieristico non appena lÕeventualitˆ si presenti. La stomia deve essere confezionata in sala operatoria e controllata nelle prime 48 ore. Nella fase postoperatoria tardiva il paziente deve essere educato alla gestione della stomia e deve essere seguito da un centro specializzato per la gestione della stessa. Tutti i pazienti devono essere preparati per unÕeventuale emotrasfusione che deve essere effettuata se necessaria. 4.3.2 Trattamento integrato del carcinoma del colon 4.3.2.1 Chirurgia Il trattamento standard delle neoplasie del colon non presenta molte controversie. LÕintervento per i tumori colici pu˜ consistere in: ¥ emicolectomia destra con legatura delle arterie ileocolica, colica destra e del ramo destro della colica media; pu˜ essere allargata o meno al traverso, con legatura dei vasi colici medi; ¥ trasversectomia, con legatura del ramo superiore della colica destra e di tutta la colica media; in alternativa cÕ• un crescente consenso (anche in assenza di trials clinici randomizzati) ad eseguire non resezioni segmentarie ma emicolectomie destre estese; ¥ emicolectomia sinistra, con legatura estesa allÕorigine dellÕarteria mesenterica inferiore oppure sotto lÕemergenza della colica sinistra; ¥ sigmoidectomia, con legatura estesa allÕorigine dellÕarteria mesenterica inferiore oppure sotto lÕemergenza della colica sinistra. 4.3.2.2 Chemioterapia adiuvante Circa lÕ80% dei pazienti con cancro del colon si presenta alla diagnosi con malattia operabile radicalmente. Il 35% di questi sviluppa una ripresa di malattia che nella maggioranza dei casi (80%) si verifica entro i primi 2 o 3 anni dallÕintervento chirurgico e, comunque, entro i primi 5 anni. Le recidive locali sono rare nel cancro del colon, in cui le pi• frequenti sedi iniziali di ripresa di malattia a distanza sono: fegato, linfonodi addominali, peritoneo e polmone. La prognosi a 5 anni varia a seconda dello stadio della malattia alla diagnosi: Stadio I (MAC A e B1) 90%, Stadio II (MAC B2) 70-80%, Stadio III (MAC C) 40-50%. 128 CARCINOMA DEL COLON-RETTO LÕuso della chemioterapia sistemica adiuvante nello Stadio I non • indicato. LÕindicazione terapeutica nello Stadio II • controversa, anche se il trattamento adiuvante pu˜ essere preso in considerazione, secondo le linee guida ASCO, dopo discussione con i pazienti in presenza di fattori prognostici sfavorevoli (perforazione, occlusione, infiltrazione per contiguitˆ degli organi viciniori, grading, altri fattori prognostici). Si deve sottolineare che non esistono studi che abbiano dimostrato un vantaggio significativo della CT vs controllo in pazienti ad alto rischio di ricaduta. Si consiglia lÕinserimento di questi pazienti allÕinterno di studi clinici controllati. Tutti i pazienti in Stadio C sono candidati alla chemioterapia adiuvante, che ha dimostrato un aumento di sopravvivenza a 5 anni di circa il 6%. La chemioterapia deve essere iniziata preferibilmente entro 6-8 settimane dallÕintervento chirurgico radicale. In base allÕevidenza disponibile, la radioterapia adiuvante postoperatoria non trova indicazione nel carcinoma del colon (Livello di evidenza I). Il trattamento standard • rappresentato da 5-fluorouracile bolo ed acido folinico (secondo i regimi Mayo Clinic, Machover, Roswell Park) per 6 mesi (Livello di evidenza I). Alla luce di recenti dati • corretto anche un trattamento adiuvante con 5-fluorouracile ed acido folinico impiegando schemi infusionali. In particolare esiste indicazione allÕimpiego dello schema ibrido LV5-FU2 (de Gramont) per 12 cicli (6 mesi) (Livello di evidenza II). I dati riguardanti la schedule con LV5-FU2+Oxaliplatino (FOLFOX) (NEJM 2003) necessitano di essere ulteriormente confermati prima di un utilizzo di routine. Il vantaggio ottenuto • espresso in termini di DFS a 3 anni e non sono disponibili dati di sopravvivenza globale. 4.3.3 Trattamento integrato delle neoplasie del retto 4.3.3.1 Chirurgia Nel caso del carcinoma del retto possono essere considerate: ¥ amputazione addomino-perineale con confezione di colostomia definitiva (sempre meno frequente in virt• della diffusione dei trattamenti integrati); ¥ procedure di salvataggio degli sfinteri: a) resezione anteriore bassa con anastomosi colo-rettale; b) resezione ultrabassa con anastomosi colo-anale associata a diversione temporanea e ripristino della canalizzazione dopo 8-12 settimane; ¥ lÕescissione locale transanale pu˜ essere considerata: a) nei tumori del retto T1, diametro < 3 cm, non ulcerati, alla biopsia bene o moderatamente differenziati (Livello di evidenza III); b) pazienti opportunamente selezionati (etˆ > 80 anni e/o patologie associate a rischio) con lesioni del III medio o inferiore del retto (T 1-2) possono essere trattati con escissione locale per via trans-anale; nei T2 • consigliabile associare un trattamento radiante. Il chirurgo deve riportare nella descrizione dellÕintervento la sede intra- o extra-peritoneale del margine inferiore del tumore. La confezione di una stomia temporanea • sempre consigliata nelle anastomosi coloanali ed • prudente dopo resezione anteriore bassa con escissione totale del mesoretto (TME). Nei tumori del III medio-inferiore del retto deve essere eseguita una TME, mentre nei tumori del III superiore il mesoretto va asportato sino a 5 cm distalmente al tumore; i nervi e plessi autonomici devono essere conservati. Il margine radiale deve essere libero da tumore per almeno 2 mm (Livello di evidenza III) (Am J Surg Pathol 2002; 26: 350-7). Per i tumori del retto basso dopo trattamento preoperatorio in relazione al grado di risposta ottenuto il margine distale di resezione pu˜ essere inferiore ai 2 cm. LÕescissione locale pu˜ essere considerata nei tumori del retto T1, diametro < 3 cm, non ulcerati, alla biopsia bene o moderatamente differenziati (Livello di evidenza III). 4.3.3.2 Terapia neoadiuvante ed adiuvante 4.3.3.2.1 Introduzione Nel cancro del retto, a differenza di quello del colon, le recidive locali, nonostante il miglioramento della tecnica chirurgica, sono frequenti (15-30% degli Stadi II e III) ed oltre a rappresentare la prima causa di morte, condizionano pesantemente la qualitˆ di vita del paziente. LÕimpiego della radioterapia, associata alla chemioterapia, • in grado di ridurre lÕincidenza delle recidive chirurgiche e migliorare la sopravvivenza. 129 CARCINOMA DEL COLON-RETTO Tutti i pazienti in stadio B2 o C sono candidati ad un trattamento radio/chemioterapico adiuvante che, in base al tempo di esecuzione rispetto alla chirurgia, pu˜ essere pre-operatorio o post-operatorio. LÕapproccio post-operatorio ha il sostanziale vantaggio di selezionare i pazienti a rischio sulla base dellÕesame anatomopatologico sul pezzo operatorio; • tuttavia gravato da unÕincidenza non trascurabile di effetti collaterali tardivi a carico dellÕintestino tenue per la frequente dislocazione di anse nella porzione posteriore dello scavo pelvico indotta dallÕintervento. LÕapproccio pre-operatorio ha il vantaggio di una minore incidenza di questi effetti collaterali sul tenue; nelle neoplasie situate nel terzo distale del retto il trattamento pre-operatorio, determinando una riduzione del volume del tumore, pu˜ inoltre consentire lÕesecuzione di interventi con conservazione dello sfintere in un certo numero di casi altrimenti destinati allÕamputazione addomino perineale; ha invece lo svantaggio di selezionare i pazienti in base alla stadiazione clinica (rischio di possibile over o under treatment), svantaggio che i progressi della diagnostica per immagini hanno tuttavia reso sempre meno rilevante. LÕapproccio pre-operatorio • quindi oggi considerato preferibile in tutti i casi con lesioni del tratto extraperitoneale del retto clinicamente stadiabili con imaging endorettale e classificabili come T3-T4 o N1. 4.3.3.2.2 Trattamento adiuvante postoperatorio La radioterapia postoperatoria • indicata in tutti i pazienti con stadio patologico B2 - C o con margini positivi (non precedentemente sottoposti a radioterapia). La radioterapia post-operatoria da sola • in grado di ridurre il tasso di recidive locali, ma non esiste evidenza in letteratura di un chiaro aumento della sopravvivenza. LÕefficacia della combinazione radio-chemioterapica nella prevenzione delle recidive locali e nellÕincremento della sopravvivenza, • invece dimostrata da pi• studi randomizzati (Livello di evidenza I) GITSG 7175, NCCTG III, NORWAY TRIAL. A fronte della sua maggiore efficacia, lÕassociazione di radio e chemioterapia post-operatoria, si accompagna ad un aumento di effetti tossici acuti e tardivi rispetto allÕuso singolo di chemioterapia o radioterapia. La compliance del trattamento varia tra il 64 e lÕ84% con tossicitˆ ³ G3 variabile tra lÕ11 ed il 33% a livello ematologico e tra il 18 ed il 35% a livello intestinale. Le conclusioni della Consensus Conference del NIH del 1990 ed i dati pi• recenti indicano la combinazione concomitante di radioterapia e 5-fluoruracile come la modalitˆ pi• efficace di trattamento adiuvante postoperatorio nel cancro del retto B2 - C, anche se la morbilitˆ non • trascurabile. Per quanto riguarda la combinazione con la chemioterapia, lÕinfusione protratta di 5-fluoruracile durante tutto il corso della radioterapia rappresenta la modalitˆ pi• efficace e meglio tollerata (OÕ Connel MJ, 2002). Il ruolo, la durata e la sequenza della chemioterapia sistemica rimane sempre da definire. TECNICA RADIOTERAPICA Per il trattamento postoperatorio del cancro del retto • richiesto lÕimpiego di fasci di fotoni di energia minima di 6 MV prodotti da un acceleratore lineare. Il trattamento • generalmente eseguito con paziente in posizione prona per favorire la massima dislocazione dallo scavo pelvico delle anse del tenue. Per consentire il corretto riposizionamento devono essere impiegati adeguati sistemi di immobilizzazione. LÕacquisizione dei dati anatomici del paziente deve essere effettuata mediante tomografia computerizzata dopo somministrazione di mdc per os per determinare la disposizione delle anse del tenue nel volume da irradiare. Il trattamento viene generalmente effettuato attraverso tre campi conformati (uno posteriore e due laterali) per limitare la dose alle anse del tenue; quando la quantitˆ di anse del tenue • modesta pu˜ anche essere impiegata la tecnica Box con quattro campi ortogonali. I limiti anatomici del PTV sono cranialmente il promontorio sacrale; inferiormente le tuberositˆ ischiatiche dopo interventi di resezione anteriore, il perineo dopo resezione addomino perineale; posteriormente il canale sacrale; anteriormente la linea che congiunge il profilo posteriore del pube al contorno craniale (3-4 cm anteriormente allo spigolo anteriore di S1). La dose comunemente impiegata • di 4500-5000 cGy in 25 sedute in 5 settimane. In caso di margini di resezione documentati positivi si procede come sopra pi• un sovradosaggio (500-1000 CGy) su PTV ridotto alla sede di persistenza. 4.3.3.2.3 Trattamento preoperatorio LÕassociazione preoperatoria di radioterapia e chemioterapia • stata impiegata in numerosi studi non randomizzati ed in alcuni randomizzati (NSABP R-03; German Trial CAO/ARO/AIO-94) che hanno dimostrato unÕottima tolleranza al trattamento, una compliance tra lÕ88 ed il 100%, nessun aumento della morbilitˆ perioperatoria, unÕelevata percentuale (60-90%) di successivi interventi radicali con preservazione dello sfintere 130 CARCINOMA DEL COLON-RETTO con la completa negativizzazione del pezzo operatorio in percentuali variabili dal 10 al 25% (Livello di evidenza III). Lo studio randomizzato tedesco CAO/ARO/AIO-94, che ha confrontato lÕimpiego dello stesso protocollo di radiochemio in fase pre- e post-operatoria, ha dimostrato che il trattamento pre-operatorio garantisce una maggiore riduzione della percentuale di insuccessi locali (12 vs 6%), e una maggiore applicazione di interventi conservativi dello sfintere, ma non vi sono ancora dati in merito ad un eventuale vantaggio sulla sopravvivenza. La radio/chemioterapia pre-operatoria • raccomandata nei pazienti con carcinoma localmente avanzato (T3-4 e/o N1-2) localizzato nel tratto extraperitoneale del retto (Livello di evidenza I). Tutti i casi di carcinoma del retto candidati a resezione addomino-perineale devono essere valutati per eventuale trattamento preoperatorio al fine della conservazione dello sfintere. TECNICA RADIOTERAPICA La metodica e la tecnica del trattamento radioterapico pre-operatorio sono sovrapponibili a quanto descritto per la radioterapia post-operatoria, diversa • la definizione del PTV che • conformato sul volume tumorale identificabile. Nella fase di acquisizione dei dati anatomici del paziente • opportuno identificare la posizione del margine anale con un repere metallico e pu˜ essere utile introdurre nel retto mdc diluito per riconoscere in particolare il contorno prossimale del tumore; ha invece minore importanza lÕopacizzazione delle anse del tenue. Il Planning Target Volume (PTV) deve includere la massa tumorale con un margine di 5 cm cranialmente e lateralmente, e di almeno 3 cm anteriormente e caudalmente; devono di norma essere compresi entro tale volume la parete vaginale posteriore nella donna, la prostata nellÕuomo, la parete posteriore della vescica, il mesoretto, il canale sacrale, i linfonodi perirettali, otturatori e iliaci interni; i linfonodi iliaci esterni devono essere inclusi solo nei T4; nei pazienti potenzialmente destinati ad amputazione addomino perineale, il PTV deve includere il canale anale ma possibilmente risparmiare la cute del perineo per evitare complicazioni nella cicatrizzazione della ferita perineale. I limiti anatomici pi• comuni dei campi sono cranialmente il promontorio sacrale; inferiormente il contorno inferiore dei forami otturatori o comunque almeno 3 cm caudalmente al margine inferiore del GTV; lateralmente 1-1,5 cm oltre il contorno osseo pelvico posteriormente la fascia presacrale; anteriormente la vagina nella donna, la prostata nellÕuomo, la parete posteriore della vescica; il limite anteriore • portato al contorno anteriore del pube quando devono essere inclusi i linfonodi iliaci esterni. La dose pu˜ variare fra 4500 e 5040 cGy in frazioni da 180 cGy, 5 frazioni a settimana. In letteratura sono riportati anche alcuni studi che utilizzano uno schema di radioterapia preoperatoria ipofrazionata (2500 cGy in 5 sedute consecutive) con chirurgia immediata; questo schema, pur risultando particolarmente interessante per i chirurghi, poichŽ non ritarda in modo significativo lÕintervento, • oggetto di numerose critiche: • svantaggioso da un punto di vista radiobiologico, non consente di utilizzare lÕeffetto del downstaging sulla conservazione dello sfintere e di associare la chemioterapia. Tale metodica ipofrazionata non pu˜ quindi, nonostante i risultati dello studio svedese, essere considerata come trattamento di riferimento. Per quanto riguarda la chemioterapia concomitante, lo standard attuale • rappresentato dal 5-FU i.c. per tutta la durata della radioterapia. Non vi sono ancora dati di certezza sul ruolo della chemioterapia adiuvante postoperatoria nei pazienti trattati con radiochemioterapia pre-operatoria. 4.3.4 Trattamento integrato della malattia avanzata colorettale Un tumore avanzato • definito come un tumore che, alla diagnosi o in occasione della recidiva, si presenta metastatico o talmente esteso localmente da rendere improbabile la realizzazione di un intervento con intento curativo. Circa il 20% dei pazienti con carcinoma colorettale presenta malattia avanzata alla diagnosi. Circa il 35% dei pazienti trattati con intento curativo svilupperˆ malattia avanzata. In questi pazienti gli obiettivi possono essere: ¥ cura (possibile solo in un numero limitato di casi); ¥ prolungamento della sopravvivenza; ¥ palliazione dei sintomi; ¥ miglioramento della qualitˆ della vita; ¥ ritardo della progressione della malattia; ¥ risposta obiettiva al trattamento. 4.3.4.1 Chemioterapia Risulta efficace nel prolungare la sopravvivenza di pazienti con tumore avanzato o metastatico. Non si osservano differenze di risposte in relazione allÕetˆ del paziente. La somministrazione in fase asintomatica risulta pi• efficace in termini di sopravvivenza e qualitˆ della vita, rispetto alla somministrazione in fase di comparsa di sintomi (Livello di evidenza I). La chemioterapia deve esse- 131 CARCINOMA DEL COLON-RETTO re considerata per tutti i pazienti con patologia avanzata; farmaco di scelta • il 5-FU preferibilmente somministrato in infusione continua, associato ad acido folinico (Livello di evidenza I). Una meta-analisi di tutti gli studi randomizzati con le associazioni di 5-FU ed acido folinico ha dimostrato un aumento della percentuale di risposte obiettive e della sopravvivenza rispetto al 5-FU in bolus. La somministrazione di 5-FU in infusione continua determina una migliore risposta obiettiva e un vantaggio in sopravvivenza. Associazioni di 5-FU con farmaci quali oxaliplatino ed irinotecan determinano un considerevole incremento della percentuale di risposte obiettive e della sopravvivenza. Le associazioni di 5-FU (preferibilmente somministrato per via infusionale) e acido folinico con oxaliplatino o irinotecan sono da impiegare in tutti i pazienti in condizioni di essere trattati con una polichemioterapia (Livello di evidenza I). La scelta dellÕimpiego di una polichemioterapia rispetto allÕimpiego alla monochemioterapia deve essere basata sul performance status e sulla valutazione prognostica. Devono essere confermati i dati che evidenziano un vantaggio in termini di efficacia e tollerabilitˆ mediante lÕimpiego di infusione cronomodulata. La somministrazione di fluoropirimidine orali pu˜ essere presa in considerazione quando sia difficile instaurare unÕinfusione continua. Le schedule CAPOX e CAPIRI ottengono risultati sovrapponibili al FOLFOX e FOLFIRI. I regimi e le sequenze ottimali di trattamento sono ancora in ampia misura da definire: per tale motivo tutti i pazienti eleggibili dovrebbero essere preferibilmente inseriti in trials clinici. Tuttavia alcuni studi hanno dimostrato che le doppiette FOLFOX e FOLFIRI sono equivalenti in prima linea, mentre la sequenza FOLFIRI seguita da FOLFOX determina un pi• lungo TTP in seconda linea rispetto alla sequenza inversa. Il trattamento FOLFOX ottiene risultati interessanti in neoadiuvante nelle metastasi epatiche. 4.3.4.2 Trattamento chirurgico LÕopzione chirurgica • proponibile anche nella malattia avanzata: ¥ con intento curativo: Ð nelle metastasi isolate suscettibili di resezione; Ð dopo risposta a un precedente trattamento radio e/o chemioterapico; ¥ con intento palliativo. Il trattamento chirurgico pu˜ avere intento curativo nei casi in cui una recidiva locale non sia associata a segni di disseminazione sistemica. La resezione chirurgica di metastasi isolate del polmone o dellÕovaio pu˜ essere curativa in casi selezionati (Livello di evidenza III). La resezione chirurgica di metastasi del fegato pu˜ essere curativa in pazienti selezionati e pu˜ essere considerata in pazienti selezionati dopo downstaging ottenuto con trattamento chemioterapico. In presenza di recidive locali • indicato eseguire un accurato re-staging (endoscopia, TC addome, Rx torace, RMN pelvica) e se viene confermato il carattere ÒlocalizzatoÓ della recidiva deve essere attentamente valutata la possibilitˆ di un re-intervento chirurgico (intento radicale). Eventuale successiva chemioterapia. 4.3.4.3 Terapie locoregionali 4.3.4.3.1 Termo-ablazione é una tecnica minimamente invasiva i cui potenziali benefici includono la possibilitˆ di effettuazione per via percutanea e la possibilitˆ di effettuarla ambulatorialmente, oltre alla facilitˆ di controllo strumentale dellÕefficacia. La metodica pu˜ essere effettuata anche per via laparoscopica. Le casistiche disponibili sono per˜ ancora limitate e la metodica deve essere limitata a casi selezionati in attesa di studi clinici che valutino il significato terapeutico della radiofrequenza e la sua integrazione con le altre terapie sistemiche. La radiofrequenza deve essere limitata a casi selezionati e non pu˜ essere sostitutiva della chirurgia e/o della chemioterapia 4.3.4.3.2 Chemioterapia locoregionale Non vi • attualmente una chiara evidenza di una maggiore efficacia di questa via di somministrazione rispetto a quella sistemica (Livello di evidenza I). Seppure la percentuale di risposte cliniche osservata con lÕimpiego della terapia loco-regionale sia pi• elevata di quella osservata con la chemioterapia sistemica, lÕimpatto sulla sopravvivenza risulta essere marginale. La metodica • inoltre gravata da frequenti problematiche ÒtecnicheÓ legate allÕimpiego di cateteri intra-arteriosi e pompe infusionali. La chemioterapia intra-arteriosa pu˜ essere considerata nellÕambito di protocolli di ricerca o in pazienti selezionati. Tale metodica deve essere effettuata da personale con adeguata preparazione. 132 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.3.4.4 Radioterapia La radioterapia pu˜ essere utilizzata con intento citoriduttivo o palliativo nelle recidive pelviche o in pazienti inoperabili. La radioterapia risulta efficace nelle lesioni ossee metastatiche (Livello di evidenza I). In casi selezionati la radioterapia stereotassica pu˜ essere utilizzata con intento radio-ablativo delle metastasi epatiche e polmonari. Il controllo locale ottenibile nelle metastasi polmonari oscilla dal 65 al 100% e la tossicitˆ acuta (G3) dallo 0 al 4%. Anche la radioterapia stereotassica termo-ablativa pu˜ essere utilizzata in casi selezionati di metastasi epatiche con un controllo locale che oscilla dal 65 al 76% ed una tossicitˆ di grado 1-2 che oscilla tra lÕ1 e il 29%. Questi risultati potranno ulteriormente migliorare con lÕintroduzione di apparecchiature radioterapiche pi• sofisticate come la Thomotherapy o il CyberKnife ed i nuovi acceleratori. LÕattuazione di questa tecnica • attualmente sperimentale e richiede apparecchiature radioterapiche delicate. 4.3.5 Trattamento integrato delle neoplasie epiteliali del canale anale 4.3.5.1 Inquadramento Istologia: ¥ carcinoma squamocellulare (80%), compresa la variante del cloacogenico (basalioide); ¥ adenocarcinomi, carcinomi indifferenziati, carcinomi a piccole cellule. Diagnosi ¥ esame obiettivo; ¥ ecografia trans-anorettale; ¥ colonscopia; ¥ eventuali agobiopsie (o biopsie escissionali) di linfonodi inguinali sospetti; ¥ TC addome; ¥ Rx torace. Fattori prognostici ¥ sede di insorgenza (margine anale vs canale anale); ¥ dimensioni della malattia (T1 vs > T1); ¥ stato linfonodale (N0 vs N1-2-3). 4.3.5.2 Trattamento Bisogna tener distinti i tumori del margine anale che, se non interessano lo sfintere, sono assimilabili ai tumori della cute, dai tumori del canale anale. Questi ultimi raramente oggi vengono trattati in prima istanza con chirurgia, la quale nella maggior parte dei casi dovrebbe essere demolitiva (resezione addomino-perineale), dal momento che esistono alternative terapeutiche altrettanto valide evitando mutilazioni. La chirurgia attualmente trova indicazione, come resezione, nelle forme in situ e nei tumori di piccole dimensioni che non interessano lo sfintere; oppure, come intervento demolitivo, nei tumori molto estesi che hanno giˆ determinato delle alterazioni anatomiche irreversibili. In tutti gli altri casi il trattamento standard • diventato il trattamento radioterapico in associazione concomitante a chemioterapia che si • dimostrato superiore alla sola radioterapia. Lo schema di associazione standard • tuttora da considerare quello con 5-FU e mitomicina C: lÕassociazione dei due farmaci si • dimostrata superiore al solo 5-FU. Largamente usata • anche lÕassociazione 5-FU + cisplatino che sembra portare a risultati equivalenti con minori effetti collaterali. é in corso un trial RTOG che confronta i due schemi di associazione: RT + 5-FU+ Mit.C vs RT + 5-FU + CDDP. Suddividendo le indicazioni per stadio: ¥ Stadio 0 (Tis): resezione chirurgica; ¥ Stadio I (T1N0M0): resezione chirurgica se il tumore non interessa lo sfintere, altrimenti radioterapia in associazione concomitante a chemioterapia. In casi molto selezionati pu˜ essere utilizzata la brachiterapia (infissione di fili di Ir192); ¥ Stadio II (T2-3 N0 M0): resezione chirurgica per i tumori del margine anale che non interessano lo sfintere, in tutti gli altri casi il trattamento standard • la radio/chemioterapia (5-FU + Mit. C); ¥ Stadio III (A o B) (T4 N0 oppure N1-3) radio/chemioterapia (standard con 5-FU e Mit. C) seguita da rivalutazione chirurgica; ¥ Stadio IV (M1) trattamenti palliativi (radioterapia, chemioterapia, chirurgia). 133 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.3.5.3 Recidiva o persistenza di malattia Per la ripresa o persistenza di malattia locale si mette in atto la terapia non utilizzata come primo trattamento: radioterapia (± chemioterapia) se il paziente • stato inizialmente trattato con chirurgia; chirurgia se inizialmente trattato con radioterapia ± chemioterapia. 4.3.5.4 Adenocarcinomi In genere trattati come gli adenocarcinomi del retto (chirurgia preceduta o meno da radio/chemioterapia neoadiuvante) anche se esistono esperienze di trattamento con buona percentuale di risparmio dello sfintere utilizzando gli stessi schemi di trattamento del carcinoma squamocellulare dellÕano. 4.3.6 Trattamento integrato multidisciplinare delle metastasi 4.3.6.1 Metastasi epatiche Il fegato • la sede metastatica di pi• frequente riscontro nel carcinoma colorettale avanzato: la sopravvivenza mediana nei pazienti non trattati varia da 6 a 18 mesi. Qualora indicata e radicale la chirurgia pu˜ ottenere una sopravvivenza a 5 anni nel 30-40% dei resecati. Fattori prognostici negativi sono: Ð noduli epatici multipli; Ð elevati livelli di CEA; Ð linfonodi metastatici anche se resecabili. Tuttavia questi elementi non costituiscono controindicazione assoluta alla chirurgia. Al fine di un corretto trattamento della malattia metastatica da carcinoma colorettale • opportuno lÕadozione di una classificazione che renda il pi• possibile omogenee le casistiche tra di loro. Per quanto riguarda la localizzazione metastatica al fegato si • ritenuto che la classificazione si rifaccia ai criteri TNM, differenziandosene per la presenza di voci diverse allÕinterno del T. Tali voci sono rappresentate da: 1) tempo dÕinsorgenza che pu˜ essere sincrono, se scoperta/e insieme al tumore primitivo o metacrono, in questÕultimo caso devono essere specificati i mesi trascorsi dalla scoperta del tumore primitivo; 2) numero delle metastasi, ovvero che siano esse singole o multiple e queste ultime mono o bilaterali; 3) sede ovvero la localizzazione nel parenchima epatico considerando il fegato divisibile in unitˆ funzionali o segmenti come proposto da Couinaud (1959) da I a VIII; 4) dimensioni, espresse in centimetri e suddivise in tre gruppi (< 3 cm, > 3 < 5 cm, > 6 cm); 5) percentuale di sostituzione parenchimale, valutata alla TC od allÕecografia, anchÕessa suddivisa in 3 gruppi e cio• con pi• del 50% di sostituzione, tra 25 e 50% e sotto il 25%. LÕinteressamento linfonodale sarˆ invece successivamente espresso come N+ quando vi siano dei linfonodi del legamento epato-duodenale positivi per interessamento neoplastico o come N- nel caso contrario. Delle metastasi extraepatiche (ad eccezione di quelle polmonari che seguono un loro protocollo) verrˆ solo annotata la sede. Non si • ritenuto opportuno adottare un criterio di staging. 4.3.6.1.1 Opzioni terapeutiche Tra le opzioni terapeutiche con intento radicale la chirurgia delle metastasi epatiche si • dimostrata capace di offrire un incremento della sopravvivenza a 5 anni in numerosissimi studi clinici controllati. Si intende per radicale lÕasportazione della/e metastasi in continuitˆ con almeno 1 cm di parenchima sano. LÕasportazione pu˜ essere eseguita per mezzo di resezioni non anatomiche (wedge) o di segmentectomie, uniche o multiple, in accordo con la suddivisione segmentaria del fegato proposta da Couinaud. Altre opzioni quali la crio- o la termo-ablazione delle metastasi sono di pi• recente introduzione nella pratica clinica e pur risultando proponibili come terapie con intento radicale necessitano di una validazione attraverso trials clinici. LÕalcolizzazione ed il trapianto di fegato non hanno attualmente indicazione, in relazione ai dati disponibili. Di validazione necessitano anche la chemioterapia sistemica e/o locoregionale usate in adiuvante od in neoadiuvante la chirurgia. La chemioterapia neo-adiuvante con associazione di oxaliplatino o irinotecan al 5-fluorouracile pu˜ incrementare la resecabilitˆ, consentendo un prolungamento della sopravvivenza simile a quella dei resecabili ab inizio. Per il trattamento chemioterapico adiuvante post metastasectomia radicale non esiste un livello di evidenza. 134 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.3.6.1.2 Metastasi epatiche sincrone Il trattamento si differenzia a seconda che le metastasi siano singole o multiple. Nel primo caso pu˜ essere eseguito un trattamento sincrono con quello del tumore primitivo a patto che la resezione epatica richiesta non superi la bi-segmentectomia II-III od in alternativa venga usata la crioablazione. In tutti gli altri casi • consigliabile eseguire la chirurgia resettiva epatica in un tempo successivo concordando eventualmente con gli oncologi medici un regime di chemioterapia sistemica. Nel caso di metastasi epatiche multiple il trattamento si differenzierˆ a seconda della percentuale di interessamento parenchimale: 1) interessamento superiore al 50%: si esclude il trattamento chirurgico e si potrˆ procedere ad una chemioterapia sistemica; 2) interessamento tra il 25 ed il 50%: la crio-termoablazione potrˆ essere usata in questo gruppo sia a scopo citoriduttivo che palliativo. In questo caso i pazienti potranno essere rivalutati per chirurgia dopo un trattamento chemioterapico sistemico o locoregionale; 3) interessamento inferiore al 25%: in questo caso bisogna distinguere se si tratta di metastasi mono- o bi-laterali. Queste verranno comunque suddivise ulteriormente in resecabili e non resecabili. Le metastasi resecabili potranno essere asportate contemporaneamente al tumore primitivo solo se sia necessario eseguire una o pi• Òwedge resectionÓ o vengano trattate con crio-termoablazione; negli altri casi si consiglia lÕesecuzione differita in due tempi della chirurgia epatica concordando con gli oncologi medici un trattamento chemioterapico. Per le metastasi non resecabili i pazienti verranno avviati ad un trattamento chemioterapico secondo le linee guida per malattia avanzata. 4.3.6.1.3 Metastasi epatiche metacrone resecabili Anche queste vengono divise in uniche e multiple. Le lesioni uniche resecabili possono andare incontro a chirurgia resettiva che preveda fino allÕasportazione del 70% del parenchima epatico; quando non resecabili i pazienti verranno avviati ad un trattamento chemioterapico secondo le linee guida per malattia avanzata. Le lesioni multiple vengono suddivise ulteriormente in monolaterali e bilaterali ed ognuna di queste in resecabili e non resecabili. Le lesioni mono o bi-laterali resecabili andranno incontro a chirurgia recettiva. 4.3.6.1.4 Metastasi polmonari Vengono divise anchÕesse in sincrone e metacrone. Le metastasi sincrone devono essere obbligatoriamente trattate in un tempo successivo a quello del trattamento del tumore primitivo. Per quanto concerne le metastasi metacrone esse potranno essere trattate con chirurgia solo nel caso che: ¥ non esistano altri siti metastatici ed il polmone risulti quindi lÕunica sede di metastasi; ¥ la/le metastasi risulti/no asportabili radicalmente con un accettabile rischio chirurgico ed unÕadeguata riserva funzionale respiratoria. Non risultano definiti criteri precisi per lÕindicazione chirurgica in relazione a metastasi singole o multiple, mono o bi-laterali, centrali o periferiche, piccole o grandi. Se esiste la concomitanza di metastasi epatiche a quelle polmonari e risultino entrambe resecabili, a deroga del presente protocollo, possono essere trattate quelle epatiche in prima istanza e quelle polmonari successivamente. 4.3.6.2 Trattamento chemioterapico pre-post chirurgia radicale delle metastasi epatiche e polmonari Non esistono al momento studi clinici che abbiano dimostrato una significativa evidenza scientifica per un trattamento pre- o post-chirurgia radicale delle metastasi epatiche e polmonari. La storia naturale della malattia colo-rettale, tuttavia, indica in una percentuale elevata la possibilitˆ che la malattia sia sistemica anche nel caso di metastasi singole. Fin quando non saranno disponibili dati certi, si consiglia di discutere ogni caso nel gruppo pluridisciplinare per la migliore definizione del trattamento chemioterapico. I pazienti sottoposti a terapia neo e adiuvante, in questo setting dovranno essere adeguatamente informati e dare il consenso al trattamento. 4.3.7 Trattamento integrato delle recidive del carcinoma del retto 4.3.7.1 Malattia localmente inasportabile Per infiltrazione del sacro sopra S3, infiltrazione delle pareti laterali della pelvi, dolore sciatico bilaterale, ostru- 135 CARCINOMA DEL COLON-RETTO zione venosa, rifiuto di chirurgia demolitiva, pz. ad alto rischio. Pregressa radioterapia o radiochemioterapia: Ð trattamento palliativo ed adeguata terapia del dolore; Ð eventuale chirurgia palliativa (es. colostomia). Nessun trattamento pregresso: Ð RT + CHT; Ð eventuale chirurgia palliativa (es. colostomia). 4.3.7.2 Malattia localmente operabile Pregressa radioterapia o radiochemioterapia: Ð chirurgia radicale (anche exenteratio ± sacrectomia); Ð eventuale RT a basse dosi + CHT postoperatoria. Nessun trattamento pregresso: Ð RT + CHT (pre-operatoria) + chirurgia radicale (anche exenteratio ± sacrectomia); Ð eventuale CHT postoperatoria. In queste situazioni i clinici possono utilizzare trattamenti locali (laser, stop-flow, ecc.) che abbiano avuto una validazione scientifica e per i quali esista unÕesperienza nel team e che siano mirati al miglioramento della qualitˆ di vita dei pazienti. Pazienti ad alto rischio: Ð RT ± CHT, laser; Ð eventuale colostomia. 4.4 FOLLOW-UP E RIABILITAZIONE 4.4.1 Premesse Il follow-up dei pazienti con carcinoma colorettale viene correntemente applicato, ma non vi sono inequivocabili evidenze dellÕefficacia di un follow-up intensivo rispetto ad uno minimalista in termini di aumento di sopravvivenza, proporzione di pazienti operati con intento curativo, qualitˆ di vita. Gli studi presi in esame, peraltro non numerosi, sono per˜ in parte invalidati dal fatto che sono stati effettuati prima dellÕintroduzione degli schemi maggiormente attivi contenenti LOHP e CPT11 e prima dellÕimpiego ormai routinario della chirurgia delle metastasi epatiche e polmonari. I motivi dellÕesecuzione dei controlli periodici di follow-up sono i seguenti: ¥ diagnosi di recidiva/metastasi in fase precoce, tale da consentire una cura in grado di migliorare la sopravvivenza del paziente; ¥ sorveglianza per le neoplasie metacrone; ¥ supporto psicologico per il paziente (rassicurazione, con il rischio di ottenere invece effetto opposto di ansia dellÕesame); ¥ ÒAuditÓ (controllo di qualitˆ) delle terapie effettuate. 4.4.2 Indicazioni per il follow-up clinico strumentale dei pazienti con carcinoma del colon e del retto In appendice sono riportati gli algoritmi relativi agli esami consigliati per follow-up dei pazienti con carcinoma del colon e del retto. I dati degli studi prospettici, meta-analisi e revisione della letteratura non permettono al momento di trarre delle conclusioni definitive tra ipotesi minimaliste ed interventiste. Le indicazioni riportate sono basate sulle linee guida delle principali societˆ scientifiche (AIOM, ESMO, ASCO) e sullÕesperienza dei clinici che hanno partecipato alla stesura di questo documento. 4.4.3 Riabilitazione del paziente operato per patologia colorettale 4.4.3.1 Premessa LÕindicazione ad un trattamento riabilitativo dopo chirurgia colorettale per cancro rappresenta unÕesigenza primaria nellÕottica al tempo stesso di prevenire e restituire al paziente e nel pi• breve tempo possibile quelle funzioni fisiologiche che possono risultare alterate. Appare poi evidente che alcuni interventi comportano di per sŽ una perdita dellÕapparato sfinteriale ano-rettale e richiedono quindi il confezionamento di un ano iliaco permanente. In tal caso la riabilitazione verrˆ considera- 136 CARCINOMA DEL COLON-RETTO ta di supporto indirizzata verso un corretto counselling stomale per il quale assume un ruolo preminente lo stomaterapista, cio• un infermiere professionale che ha svolto un training su questo argomento. Per giunta si sottolinea lÕevidenza che il risultato finale di un percorso riabilitativo dipende da una serie di variabili cos“ definibili: 1. compliance del paziente; 2. inquadramento diagnostico corretto della patologia di cui • affetto il paziente; 3. valutazione strumentale di confronto di parametri suscettibili di correzione con la riabilitazione; 4. preparazione dellÕoperatore. 4.4.3.2 Metodologia Le patologie meritevoli di trattamento riabilitativo sono riferibili a due situazioni: ¥ paziente portatore di stomia, con distinzione tra ileostomia e colostomia, permanente o temporanea; ¥ paziente sottoposto a resezioni del colon retto, pi• o meno estese, che abbiano richiesto la confezione di anastomosi colorettale o coloanale od anastomosi, ileoanale con reservoir (Pouch). In questi soggetti i disturbi sono sia prevalentemente sotto forma di incontinenza che di difficoltˆ nelle espulsione delle feci (tenesmo, evacuazioni frammentate, sensazione di evacuazione incompleta). 4.4.3.3 Riabilitazione del paziente stomizzato LÕapproccio attuale al trattamento delle stomie • evoluto attraverso il miglioramento dellÕesperienza degli staff di chirurghi, di enterostomisti ed infermieri dedicati, dei pazienti stessi e delle aziende produttrici. UnÕesaustiva revisione della letteratura rivela una scarsitˆ di studi relativi alla ricerca sulle stomie. Da un punto di vista epidemiologico ci sembra opportuno sottolineare che la prevalenza nel tempo dei soggetti portatori di stomie permanenti • progressivamente diminuita, in ragione della diffusione delle tecniche chirurgiche che favoriscono la conservazione dellÕapparato sfinteriale. Uno studio retrospettivo, tipo review, di 524 pazienti sottoposti in 4 ospedali ad intervento resettivo con intento curativo per cancro rettale in un periodo di 7-10 anni sino al 1995 mostra che la percentuale globale di stomie permanenti era del 37%. Il primo obiettivo della riabilitazione • quello di informare adeguatamente i pazienti. Kennedy ha proposto una check list da inserire nella cartella clinica in modo da non omettere alcuno degli aspetti informativi considerati. Un aspetto importante • quello che mette in evidenza il peggioramento della qualitˆ di vita a seguito di una stomia; nello studio di Codina il confronto di pazienti sottoposti ad ileostomia temporanea, rispetto a quelli portatori di una pouch ileo-anale dimostra che il 40% dei soggetti ha tollerato male lÕileostomia, che il 53% riferiva filtrazione dalla placca stomale, che il 26% notava problemi alla cute peristomale; inoltre, il 67% era soggetto a restrizioni dietetiche rispetto al 13% dei pazienti portatori di pouch pelvica (p = 0.004), il 13% aveva limitato le attivitˆ sportive mentre quelle sociali erano ridotte nel 40% dei casi e nel 26% quelle riferite alla capacitˆ lavorative. Infine, nel 20% era assente lÕattivitˆ sessuale. Questi dati evidenziano comunque che un importante impatto psicologico ha influito negativamente sulla limitazione delle attivitˆ suddette e che pertanto anchÕesso va considerato nel programma di riabilitazione. NellÕIleostomia confezionata prevalentemente per un periodo temporaneo e ad ansa, a protezione di anastomosi, le indicazioni alla riabilitazione si pongono per: a) la prevenzione di un aumentato flusso enterico e delle sequele metaboliche tra cui la disidratazione e la disionia. Il flusso eccessivo pu˜ comparire per cause infettive locali, enterite, overgrowth batterico od ostruzione; una quantitˆ superiore ai 1000 ml al die, comporta un rischio di rapida deplezione idro-elettrolitica. Ulteriore attenzione va riservata alla rieducazione dietetica prima della dimissione; in linea con le raccomandazioni della SINU (Societˆ Italiana di Nutrizione Umana) si propone una lista di alimenti indicati e da escludere (vedi appendice); b) la prevenzione delle dermatiti peristomali. Esse sono causate in prevalenza da filtrazione enterica dovuta a malposizionamento della placca o a retrazione della stomia; in questi casi • importante che per ogni cambio di placca la cute venga cautamente pulita con acqua ed asciugata con salviette e che, in presenza di pieghe cutanee o tessuto di granulazione intorno allo stoma, si spalmi una pasta a base di idrocolloide; nei casi gravi va considerato il rifacimento della stomia. Nella colostomia la confezione viene eseguita prevalentemente in modo permanente e terminale a seguito di interventi in elezione di amputazione addomino-perineale; le colostomie ad ansa, temporanee, vengono eseguite spesso in urgenza per tumori occlusivi. Nelle stomie permanenti terminali, • prevista la tecnica di irrigazione a giorni alterni la quale consente una serie di vantaggi: ¥ il paziente evita di cambiare giornalmente la placca; ¥ le restrizioni dietetiche e lÕassunzione di farmaci antidiarroici non sono necessarie; ¥ lÕirrigazione consente una migliore partecipazione alla vita sociale di relazione; ¥ il tempo necessario per effettuare unÕirrigazione risulta quasi sovrapponibile a quello speso per il trattamento di una colostomia convenzionale, in base a quanto evidenziato in un trial controllato. 137 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.4.3.4 Riabilitazione funzionale dopo chirurgia del colon-retto per cancro I dati della Letteratura prevedono un peggioramento della funzione sfinterale nellÕimmediato post-operatorio; analizzando una metanalisi che definisce le percentuali di risultati funzionali dopo resezione anteriore bassa, • possibile evidenziare con una stima che i risultati non favorevoli variano percentualmente in un range tra il 15 ed il 60%. Altri studi che hanno valutato ugualmente gli esiti dopo resezione anteriore, rilevano per˜ che la maggior parte della funzione sfinteriale migliora a distanza di 12-18 mesi dalla chirurgia. Tra i fattori che influenzano negativamente la funzione figura unÕanastomosi molto bassa e lÕetˆ. Per quanto riguarda la frequenza ed i fattori di rischio che intervengono a lungo termine sono stati evidenziati, dopo analisi univariata, tre fattori associati con i risultati funzionali: lÕaltezza dellÕanastomosi (p = 0.001), la radioterapia (p = 0.03), il follow-up superiore a 24 mesi (p = 0.009); lÕanalisi multivariata nello stesso studio ha invece rilevato soltanto lÕaltezza dellÕanastomosi come fattore che influenzava indipendentemente i risultati. LÕassenza di un reservoir rettale ha dimostrato di influire negativamente sui risultati cos“ come si osserva in un trial randomizzato nel quale vengono confrontate anastomosi dirette e con reservoir. Un recente studio randomizzato ha confermato i risultati verificando anche i parametri relativi alla qualitˆ di vita, generici (QLQ C30) e specifici per malattia (QLQ CR38), indicati dallÕEuropean Organization for Research and Treatment of Cancer (EORTC). DÕaltra parte vi sarˆ una quota di soggetti che non miglioreranno la funzione e che quindi avranno un risultato scarso da questo punto di vista a meno che si instauri un programma di riabilitazione. I cambiamenti clinici che sopravvengono dopo LAR, CAA o IPAA riguardano specialmente: a) lÕaumento della frequenza delle scariche condizionanti lievi perdite liquide (soiling) ed urgency defecatoria; b) unÕincontinenza di vario grado che va misurata con lo score di Jorge-Wexner; c) una perditˆ della sensibilitˆ discriminatoria anale; d) disturbi urinari e disfunzioni sessuali. Oltre alla valutazione soggettiva la manometria ano-rettale • un mezzo obiettivo di misurazione dei riflessi retto-anali deputati alla defecazione spontanea. I parametri che vengono studiati sono i seguenti: pressione basale (ARP), contrazione massima volontaria (MVC), soglia di conscia sensibilitˆ rettale (CRST), volume massimo tollerabile (MTV), riflesso inibitorio ano-rettale (RAIR) e compliance rettale (RC). Le cause dei disturbi per quanto riguarda lÕipotonia sfinteriale sono da attribuire alla distensione sfinteriale durante le manovre strumentali di inserzione di suturatici circolari o di divaricatori con alterazione dello sfintere interno. Per interpretare lÕaumento delle scariche si considera che dopo resezione anteriore il neo retto presenta una diminuzione delle capacitˆ elastiche. Questo dato giustifica lÕindicazione alla confezione di un resevoir (Pouch) colico per creare una neoampolla rettale pi• capace. Ad ulteriore spiegazione della comparsa di soiling si rileva che nel canale anale la diminuzione del tono sfinteriale ha comportato unÕinversione del gradiente pressorio tra retto ed ano. A tal punto, per la pianificazione di un programma di riabilitazione • opportuno aver compreso in che modo questo apparato funzionale sia stato danneggiato e quindi orientarsi sul percorso riabilitativo pi• raccomandabile. Dal confronto sia dei dati clinici che dei dati di laboratorio si compie una valutazione globale del risultato. Tra gli esami diagnostici di primo livello, oltre alla manometria ano-rettale, figura lÕelettromiografia sfinteriale (EMG), la latenza motoria terminale dei nervi pudende (PTNML), la defecografia, lÕecografia transanale con sonda rotante (ES). Queste indagini nella pratica clinica vengono usate di rado rispetto alla manometria e solo in presenza di una severa compromissione funzionale. I metodi a disposizione per instaurare il programma sono: ¥ riabilitazione volumetrica (VR); ¥ elettrostimolazione (ES); ¥ biofeedback (BFB); ¥ kinesiterapia pelvica (PK). Le evidenze sottolineano che la VR, basata sulla distensione meccanica del retto, si prefigge di migliorare la sensazione rettale e/o la compliance. LÕES • utilizzata come primo approccio nei soggetti con severa compromissione della contrazione del canale anale ed inoltre pu˜ riuscire utile nel migliorare la sensibilitˆ percettiva anale. La BFB • utilizzata quando vi • bassa pressione basale e la contrazione volontaria • compromessa; pu˜ influenzare la forza dei muscoli striati pelvici e la soglia di contrazione sfinterica La PK • un tipo di training muscolare particolarmente utile sugli elevatori, migliorandone performance, estensione ed elasticitˆ; risulta anche utile nella sindrome del perineo discendente e nei difetti di supporto del pavimento pelvico. Il ciclo di PK segue una sequenza standard di 7 sessioni. In termini numerici i dati pi• considerevoli sui risultati dei vari metodi riguardano il BFB; i protocolli terapeutici previsti sono almeno 3 e distinguono un Training di Coordinazione, finalizzato a coordinare la contrazione dello sfintere esterno (SAE) e del pubo-rettale (PR) in successione alla distensione del palloncino, un Training Sensi- 138 CARCINOMA DEL COLON-RETTO tivo che intende diminuire la soglia di percezione rettale alla distensione ed infine un Training di Contrazione che potenzia la contrazione del SAE e PR, senza effettuare la distensione rettale con palloncino. I risultati di studi di metanalisi evidenziano che il Sensory Training sembra maggiormente efficace rispetto agli altri. Un ulteriore approccio • quello della riabilitazione multimodale, la quale si basa sul presupposto di consentire un risultato migliore associando pi• trattamenti sulla base di risultati clinici e manometrici. LÕalgoritmo relativo al trattamento multimodale mostra che la scelta di quali associazioni di metodo utilizzare per la riabilitazione dipende dal tipo di alterazione rilevata con gli esami manometrici. In questo studio i risultati vengono valutati sullo score di Jorge-Wexner (Eccellente, score ² 3; Buono, score < 3; Moderato score > 6 - ² 8; Scarso score > 10) e ha evidenziato che in un campione di pazienti sottoposti a proctocolectomia restaraurativa per cancro si osservano alti score preriabilitativi (13.1 ± 5.8) a cui segue, al termine della riabilitazione, un discreto abbassamento pur rimanendo tuttavia al di fuori della norma (9.6 ± 2.7). Questo studio suggerisce che il trattamento multimodale sembra influire meno positivamente negli esiti di resezione rispetto ad altri tipi di incontinenza. Allo stato attuale in conclusione • opportuno ribadire che nessun trattamento singolo o associato pu˜ essere considerato il gold standard; il recente Cochrane review che ha valutato genericamente lÕincontinenza sottolinea che gli standard di trattamento riabilitativo sono ancora mancanti e la significativitˆ dei benefici deve ancora essere valicata. 4.5 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 1. Boyle P, dÕOnofrio A, Maisonneuve P, et al: Measuring progress against cancer in Europe: has the 15% decline targeted for 2000 come about? Ann Oncol 2003; 14: 1312-25. 2. Zanetti R, Crosignani P (eds): Il cancro in Italia. I dati di incidenza dei Registri Tumori 1983-1987. Vol. II, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. Associazione Italiana di Epidemiologia, Torino, 1992. 3. Crocetti E, Capocaccia R, Casella C, et al: Gli andamenti temporali della patologia oncologica in Italia: i dati dei Registri Tumori (1986-1997). Epidemiologia e Prevenzione 2004; 28 (Suppl): 1-6 4. Basi scientifiche per le linee guida per il cancro del colon-retto 2004. www.progettooncologia.cnr.it 5. Raccomandazioni del Consiglio dellÕUnione Europea sullo screening dei tumori del 2 Dicembre 2003 (2003/878/CE). 6. Linee guida AIOM: neoplasie del colon-retto. Ottobre 2003. www.aiom.it 7. Smith RA, Cokkinides V, Eyre HJ; American Cancer Society: American Cancer Society Guidelines for the early detection of cancer. CA Cancer J Clin 2004; 54: 41-52. 8. AJCC Cancer Staging Manual. Colon and Rectum. Springer, 2002; 113-9. 9. Greene FL, Stewart AK, Norton HJ: A new TNM staging strategy for node-positive (stage III) colon cancer: an analysis of 50,042 patients. Ann Surg 2002; 236: 416-21. 10. Goldberg RM, Morton RF, Sargent DJ, et al: N9741: oxaliplatin (oxal) or CPT-11 + 5-fluorouracil (5FU)/leucovorin (LV) or oxal + CPT-11 in advanced colorectal cancer (CRC). Initial toxicity and response data from a GI Intergroup study. Proc Am Soc Clin Oncol 2002; 21: 128 (Abstract 511). 11. De Gramont A, Boni C, Navarro M, et al: Oxaliplatin/5-FU/LV in adjuvant colon cancer: safety results of the international randomized MOSAIC trial. Proc Am Soc Clin Oncol 2002; 21: 132 (Abstract 525). 139 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6 APPENDICE 4.6.1 Classificazione anatomo-patologica CARATTERISTICHE MACROSCOPICHE, SEDE ANATOMICA, LINFONODI REGIONALI Il carcinoma del colon-retto pu˜ essere distinto in base allÕaspetto macroscopico in forme con crescita prevalentemente intraluminale e forme con prevalente crescita intramurale. Le prime vengono definite vegetanti o esofitiche, le seconde sono suddivise in base al loro aspetto in: ulcerate, a placca, anulari con interessamento circonferenziale della parete e stenosi del lume o diffusamente infiltranti tipo linite plastica. Sono possibili aspetti misti o intermedi. Da un punto di vista anatomico il colon-retto viene diviso come segue: Ð cieco, colon ascendente, flessura epatica, colon traverso; Ð flessura splenica, colon discendente sigma, sigma-retto; Ð retto; Ð linfonodi regionali. I linfonodi regionali sono localizzati nel grasso peri-intestinale e lungo il decorso dei vasi che irrorano il colonretto, in particolare lungo le arcate vascolari delle arterie marginali. I linfonodi regionali devono essere considerati separatamente dagli altri linfonodi perchŽ il coinvolgimento dei primi viene considerato pN+ mentre quello dei secondi come pM1. I linfonodi regionali per il colon retto sono quelli riportati nella seguente tabella, suddivisi in base alla sede anatomica del tumore. Sede anatomica Linfonodi regionali Cieco Ciecali anteriori e posteriori, ileo-colici, colici destri Colon ascendente Ileo-colici, colici destri, colici medi Flessura epatica Colici medi, colici destri Colon traverso Colici medi Flessura splenica Colici medi, Colici sinistri, mesenterici inferiori Colon discendente Colici sinistri, mesenterici inferiori, sigmoidei Sigma Mesenterici inferiori, sigmoidei Sigma-Retto Peri-rettali, colici sinistri, sigmoidei, mesenterici inferiori, rettali superiori e medi Retto Peri-rettali, mesenterici inferiori, rettali superiori, medi e inferiori, pre-sacrali, sacrali, iliaci interni CARATTERISTICHE ISTOLOGICHE La classificazione WHO (2000) distingue i seguenti istotipi: ¥ adenocarcinoma, costituito da strutture ghiandolari di variabili dimensioni e configurazione; ¥ adenocarcinoma mucinoso (colloide), caratterizzato dalla presenza di abbondante muco extracellulare, che costituisce > 50% del volume tumorale; ¥ carcinoma a cellule ad anello con castone (signet-ring cell carcinoma), costituito per > 50% da cellule ad anello con castone, contraddistinte da un voluminoso vacuolo intracitoplasmatico di muco che disloca alla periferia il nucleo; ¥ carcinoma midollare, prevalentemente costituito da lamine e trabecole solide con una marcata presenza di numerosi linfociti intraepiteliali; ¥ carcinoma indifferenziato; ¥ carcinoma a piccole cellule, con caratteristiche morfologiche e biologiche simili a quelle del carcinoma a piccole cellule polmonari; ¥ carcinoma adenosquamoso; ¥ carcinoma a cellule squamose. GRADO DI DIFFERENZIAZIONE Gli adenocarcinomi vengono distinti in forme ad elevato, moderato e scarso grado di differenziazione, oppure si utilizzano due categorie: 1) a basso grado di malignitˆ (comprendenti le forme ad elevato e moderato grado di differenziazione); 2) ad alto grado di malignitˆ (comprendenti le forme poco differenziate e indifferenziate). La suddivisone in due categorie • pi• riproducibile rispetto a quella in tre gradi e quindi preferibile, anche in 140 CARCINOMA DEL COLON-RETTO ragione del fatto che dal punto di vista clinico • rilevante lÕidentificazione dei tumori scarsamente differenziati a prognosi peggiore. La tendenza del tumore a formare strutture ghiandolari (valutata in percentuale) viene utililizzata per definire il grado di differenziazione come segue: Ð grado 1 ghiandole > 95% (adenocarcinoma ben differenziato); Ð grado 2 ghiandole 50-95% (adenocarcinoma moderatamente differenziato); Ð grado 3 ghiandole 5 ² 50% (adenocarcinoma poco differenziato); Ð grado 4 ghiandole < 5% (carcinoma indifferenziato). LÕadenocarcinoma mucinoso ed il carcinoma a cellule ad anello con castone sono considerate forme poco differenziate (grado 3). 4.6.2 Classificazione in stadi Numerosi sistemi di stadiazione sono stati proposti per il carcinoma del colon-retto (Dukes, Astler-Coller, Jass) ognuno con pregi e difetti. Per avere pi• informazioni prognostiche e per una maggiore riproducibilitˆ si suggerisce di utilizzare la stadiazione proposta dal AJCC/UICC nel 2002. Viene lasciata alla discrezionalitˆ del patologo di affiancare o meno a questa stadiazione le altre. Tuttavia, qualunque sia la scelta del patologo, la stadiazione AJCC/UICC 2002 deve essere sempre riportata. Stadiazione del carcinoma del colon-retto AJCC/UICC 2002 (TNM) Tumore primitivo (T) Linfonodi regionali (N) Metastasi a distanza (M) Categoria Definizione TX Tumore primitivo non valutabile T0 Tumore primitivo non evidente Tis Carcinoma in situ (intraepiteliale o intramucoso) T1 Tumore che infiltra la sottomucosa T2 Tumore che infiltra la muscolare propria T3 Tumore che supera la muscolare propria e infiltra la sottosierosa o i tessuti pericolici o perirettali non rivestiti da sierosa T4a Tumore che invade direttamente organi o strutture T4b Tumore che invade e perfora il peritoneo viscerale NX Linfonodi non valutabili N0 Assenza di metastasi N1 Metastasi in 1-3 linfonodi regionali N2 Metastasi in 4 o pi• linfonodi regionali MX Metastasi non valutabili M0 Metastasi assenti M1 Metastasi presenti Carcinoma del colon-retto: raggruppamento per stadi AJCC/UICC 2002 T N M Stadio 0 Tis N0 M0 Stadio I T1, T2 N0 M0 Stadio IIA T3 N0 M0 Stadio IIB T4 N0 M0 Stadio IIIA T1, T2 N1 M0 Stadio IIIB T3, T4 N1 M0 Stadio IIIC Qualsiasi T N2 M0 Stadio IV Qualsiasi T Qualsiasi N M1 141 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.2.1 Categoria pT colon-retto La categoria pTis (carcinoma in situ) comprende sia le neoplasie che non superano la membrana basale (intraepiteliali) sia quelle che invadono la lamina propria e la muscolaris mucosae senza superarla (adenocarcinoma intramucoso). LÕattribuzione alla categoria pTis, per quanto semanticamente non esatta, vuol sottolineare lÕassenza di potenziale metastatico per le neoplasie intraepiteliali ed intramucose del colon-retto. Le neoplasie che superano chiaramente la muscolaris mucosae e coinvolgono la sottomucosa acquisiscono capacitˆ metastatica e vengono incluse nella categoria pT1. LÕinvasione, senza superamento, delle tuniche muscolari proprie • considerata pT2, mentre il superamento della muscolare propria con invasione del connettivo perimuscolare ma senza coinvolgimento della sierosa definisce la categoria pT3. La misurazione del livello dÕinfiltrazione del connettivo ha significato prognostico, pertanto si suggerisce di valutarla ed indicarla distinguendo due livelli dÕinfiltrazione: ² 5 mm o > 5 mm dalla parete muscolare. La categoria pT4 fa riferimento a neoplasie che infiltrano direttamente organi o strutture contigue (pT4a) o la sierosa (pT4b). 4.6.2.2 Categoria pN colon-retto I linfonodi regionali devono essere esaminati separatamente perchŽ le metastasi in questi linfonodi sono considerate N+ mentre le metastasi negli altri linfonodi sono considerate M+. Sebbene studi recenti abbiano dimostrato che non vi • un valore soglia per il numero di linfonodi da esaminare per una stadiazione adeguata, tuttavia altri studi hanno dimostrato che la possibilitˆ di identificare linfonodi positivi aumenta progressivamente con lÕaumentare del numero di linfonodi esaminati. Pertanto viene indicato che almeno 12 linfonodi devono essere esaminati in ogni caso, per poter valutare correttamente la categoria N. Tuttavia il numero di linfonodi repertati dal patologo • in funzione anche del tipo di intervento chirurgico, per cui • possibile che in piccole resezioni il numero dei linfonodi trovati sia < 12. Inoltre, nei pazienti trattati con radioterapia locale, il volume ed il numero dei linfonodi possono essere ridotti dallÕeffetto della terapia, perci˜ il numero dei linfonodi repertati pu˜ essere < 12. Ogni nodulo neoplastico presente nel tessuto adiposo pericolico o perirettale senza evidenza istologica di tessuto linfatico residuo deve essere classificato come metastasi linfonodale se il nodulo ha la forma ovalare, regolare ed i margini netti indipendentemente dalle sue dimensioni. Se i margini e la forma del nodulo sono irregolari deve essere compreso nella categoria pT come diffusione neoplastica discontinua (pT3) e pu˜ essere considerato come espressione di invasione venosa micro (V1) o macroscopica (V2). CELLULE ISOLATE TUMORALI E MICROMETASTASI Lo studio dei linfonodi • condotto con tecniche convenzionali quali lÕesame istologico in ematossilina ed eosina, si raccomanda di eseguire almeno 4 sezioni di 5 micron da ciascun linfonodo per averne una visione attendibile. LÕidentificazione in ematossilina ed eosina di nidi di cellule neoplastiche con dimensioni > 0,2 mm ² 2 mm nei linfonodi regionali viene indicata come pN1 (mi), se sono presenti nei linfonodi non locoregionali come pM1 (mi). Viene suggerito di indicare con una nota che il loro significato biologico non • stato ancora chiarito. La presenza nei linfonodi regionali di cellule tumorali isolate o in aggregati di dimensioni ² 0,2 mm (isolated tumor cells o ITC), identificate con tecniche speciali (immunoistochimica, analisi molecolare) o rilevate anche con la colorazione ematossilina-eosina, viene classificata come pN0 con la specificazione della metodica utilizzata. I dati della Letteratura presenti al momento sono insufficienti per raccomandare di utilizzare tali metodiche routinariamente. ITC e micrometastasi AJCC/UICC 2002 colon-retto Isolated tumor cells (ITC) Micrometastasi 142 Categoria Definizione pN0(i-) Con lÕesame istologico non si osservano ITC nei linfonodi regionali pN0(i+) Con lÕesame istologico e/o con immunoistochimica si evidenziano ITC nei linfonodi regionali pN0(mo-) LÕesame istologico e lÕanalisi molecolare non evidenziano ITC nei linfonodi regionali pN0(mol+) Con lÕesame istologico non si osservano ITC nei linfonodi regionali ma risulta positiva la ricerca di ITC mediante lÕanalisi molecolare pN1(mi) Metastasi con dimensioni > 0,2 mm ² 2 mm nei linfonodi regionali pM1(mi) Metastasi con dimensioni > 0,2 mm ² 2 mm nei linfonodi non-regionali CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.2.3 Categoria pM colon-retto La presenza di cellule neoplastiche in linfonodi non regionali o in organi o tessuti distanti viene definita come pM1. La diffusione ad organi o tessuti addominali (compreso lÕomento) viene classificata come pM1 quando non cÕ• contiguitˆ con il tumore primitivo. 4.6.2.4 Stadiazione TNM ano Tumore primitivo: ¥ TX: il tumore primitivo non pu˜ essere definito; ¥ T0: nessuna evidenza del tumore primitivo; ¥ Tis: carcinoma in situ; ¥ T1: Tumore ² 2 cm; ¥ T2: tumore > 2 cm ² 5 cm; ¥ T3: tumore > 5 cm; ¥ T4: tumore di qualsiasi dimensione che invade gli organi adiacenti (es. vagina, uretra, vescica); lÕinteressamento dello sfintere, della cute e del sottocute perianale e della parete rettale non vengono classificati come T4. Linfonodi regionali: ¥ NX: i linfonodi regionali non possono essere definiti; ¥ N0: non metastasi nei linfonodi regionali; ¥ N1: metastasi in linfonodo/i perirettale/i; ¥ N2: metastasi in linfonodo/i iliaco/i interno/i e/o inguinale/i unilaterale/i; ¥ N3: metastasi in linfonodi perirettali e inguinali e/o iliaci interni bilaterali e/o inguinali. Metastasi a distanza: ¥ MX: la presenza di metastasi a distanza non pu˜ essere definita; ¥ M0: non metastasi a distanza; ¥ M1: presenza di metastasi a distanza. Stadi: ¥ 0 = Tis N0 M0; ¥ I = T1 N0 M0; ¥ II = T2-3 N0 M0; ¥ IIIA = T4 N0 M0 oppure T1-3 N1 M0; ¥ IIIB = T4 N1 M0 oppure T1-4 N2-3 M0; ¥ IV = qualsiasi T, qualsiasi N, M1. 143 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.3 Modello organizzativo dello screening del carcinoma colorettale nella Regione Toscana (delibera n¡ 18 del 3 Febbraio 1998) Popolazione 50-70 anni Richiamo biennale Screening territoriale Screening in collaborazione con i MMG Incrocio liste anagrafiche Archivio Centro di Screening/ liste assistiti Lettera di invito a firma MMG o Medico del Distretto Consegna del test nel Distretto o presso associazioni di volontariato Consegna del test nellÕambulatorio Lettura del test in laboratorio NEGATIVI POSITIVI Invio risposta per posta con consiglio di ripetizione biennale Comunicazione telefonica al paziente Approfondimenti diagnostici (colonscopia totale o colonscopia sn + clisma d.c.) presso strutture accreditate Eventuale terapia e follow-up 144 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.4 Interventi di diagnosi precoce e raccomandazioni per soggetti a rischio aumentato per CCR 4.6.4.1 Familiaritˆ: rischio lieve e moderato Diagnosi precoce per CCR Presenza di 1-2 familiare/i di 1¡ grado con diagnosi in etˆ inferiore ai 60 anni Interventi proposti Sorveglianza con colonscopia totale a partire dai 40 anni o da unÕetˆ inferiore di 10 anni rispetto a quella del caso indice pi• giovane Raccomandazioni Fortemente raccomandato dalle principali societˆ scientifiche internazionali. In corso alcuni studi Presenza di 1 familiare di 1¡ grado con diagnosi in etˆ > 60 anni o 2 familiari di 2¡ grado Stessa strategia adottata per lo screening di popolazione da iniziarsi a partire dai 40 anni Non indicazione a raccomandazione da parte di molte societˆ scientifiche. Necessari ulteriori studi Note Permangono incertezze sullÕintervallo di somministrazione (attualmente consigliato ogni 5 anni) 4.6.4.2 Alto rischio (forme eredo-familiari) Diagnosi precoce per CCR Interventi proposti Rettosigmoidoscopia o colonscopia (nella forma attenuata) ogni 1-2 anni a partire dai 10-15 anni Raccomandazioni Fortemente raccomandato dalle principali societˆ scientifiche internazionali Note Per maggiori approfondimenti si rimanda al testo ed allÕelaborato svolto dal gruppo ÒGENETICAÓ Poliposi familiare adenomatosa (soggetto a rischio 50% non sottoposto a test genetico o con mutazione APC non identificata nella famiglia) Rettosigmoidoscopia o colonscopia (nella forma attenuata) ogni 1-2 anni a partire dai 10-15 anni e fino ai 40 anni. Se fino ai 40 anni non riscontro di polipi colonscopia ogni 3 anni fino ai 55 anni. Quindi se tutto negativo applicazione strategie di screening di popolazione Fortemente raccomandato dalle principali societˆ scientifiche internazionali Per maggiori approfondimenti si rimanda al lavoro svolto dal gruppo ÒGENETICAÓ HNPCC Colonscopia totale ogni 1-2 anni a partire dai 25 anni oppure ad una etˆ inferiore di 10 anni rispetto a quella del caso indice pi• giovane Fortemente raccomandato dalle principali societˆ scientifiche internazionali Per approfondimenti si rimanda al testo ed allÕelaborato svolto dal gruppo ÒGENETICAÓ Poliposi familiare adenomatosa (eterozigote per mutazione APC identificata nella famiglia) 4.6.4.3 Interventi di diagnosi precoce e raccomandazioni per la popolazione a medio rischio (etˆ) e per particolari situazioni a rischio aumentato per CCR Diagnosi precoce per CCR Pregresso adenoma e/o CCR per monitoraggio della insorgenza di lesioni metacrone Malattie infiammatorie croniche dellÕintestino Interventi proposti A partire da un primo esame che evidenzi un colon indenne: colonscopia totale a 3 e a 5 anni (se precedente controllo negativo) Raccomandazioni Fortemente raccomandato dalle principali societˆ scientifiche internazionali Note Non definita la gestione del paziente alla fine degli 8 anni di follow-up. Necessari ulteriori studi Colonscopia totale con prelievo bioptico (vedi testo) ogni 1-2 anni. Tale protocollo attualmente definito solo per la colite ulcerosa Raccomandato dalle principali societˆ scientifiche internazionali. Necessari ulteriori studi Necessari ulteriori studi 145 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.5 Follow-up 4.6.5.1 Paziente con carcinoma del colon e del retto intraperitoneale (Stadi T1 Ð T2, N0) Anamnesi Esame obiettivo Esami: Esami ematochimici Markers (CEA, CA19.9) Ecografia epatica e/o TAC Colonscopia 1 X X 1¡ Anno (mesi) 6 X X 3 X 9 2¡-5¡ Anno (mesi) 6 12 X X 12 X X X X X X1 X1 X X X X2 X X X X3 1 al 18¡ mese; 2 omettere in caso di Òclean colonÓ alla diagnosi; 3 al 3¡ anno, successivamente ogni 3 anni. Altri esami sono indicati su sospetto clinico o per ulteriore precisazione diagnostica. 4.6.5.2 Paziente con carcinoma del colon o del retto intraperitoneale (Stadi T3ÐT4, N0/qualsiasi T, N+) Anamnesi Esame obiettivo Esami: Esami ematochimici3 Markers (CEA, CA19.9) Ecografia epatica e/o TAC addome Colonscopia Rx torace 1¡ Anno (mesi) 3 6 9 X X 1 X X X X X X X 1 X X 12 X X 3 X X X X1 X X X 2¡ Anno (mesi) 6 9 12 X X X X X X X X X 3¡ Anno (mesi) 6 12 X X X X X X X X X X X 2 4¡-5¡ Anno (mesi) 6 12 X X X X X X X X2 X X X X X X X X 3 omettere in caso di Òclean colonÓ alla diagnosi; successivamente ogni 3 anni; al 3¡ anno, successivamente ogni 3 anni. Altri esami sono indicati su sospetto clinico o per ulteriore precisazione diagnostica. 4.6.5.3 Paziente con carcinoma del retto extraperitoneale Anamnesi Esame obiettivo Esami: Markers (CEA, CA19.9) Esplorazione rettale Rettoscopia Ecografia transrettale Ecografia epatica e/o TAC Colonscopia Rx torace 1 3 X X X X X X 1¡ Anno (mesi) 6 9 X X X X X X X X X X X X X 12 X X 3 X X X X X X X X1 X X X X X 2 2¡ Anno (mesi) 6 9 X X X X 12 X X X X X X X X X X X X X X X X X 3¡ Anno (mesi) 6 12 X X X X X X X X X X X2 X omettere in caso di Òclean colonÓ alla diagnosi; al 3¡ anno, successivamente ogni 3 anni. Altri esami sono indicati su sospetto clinico o per ulteriore precisazione diagnostica. 4.6.6 Norme dietetiche nei pazienti ileostomizzati ALIMENTI INDICATI Caff• decaffeinato e t• deteinato, caff• dÕorzo poco zuccherati. Yogurt possibilmente al bifido. 146 CARCINOMA DEL COLON-RETTO Pane abbrustolito o biscottato, grissini, fette biscottate, pasta alimentare, riso, semolino, tapioca. Carne e pesci magri possibilmente lessati e tritati. Frutta possibilmente cotta, frullata o passata oppure ben matura, particolarmente indicate sono le mele e le banane. Ortaggi e verdure cotti e passati. Pomodori ben maturi in moderate quantitˆ, lattuga e carote ben tagliuzzate. Formaggi stagionati. Olio a crudo. ALIMENTI NON INDICATI Caff• e t• concentrati e zuccherati, latte intero. Carni e pesci grassi, salati e in salamoia, selvaggine e frattaglie, molluschi e crostacei. Frutta secca e cruda. Verdure crude ricche di fibra indigeribile: finocchi, sedano, prezzemolo, peperoni, spinaci. Formaggi grassi e freschi, piccanti e stagionati: robiola, tomini, camembert, brie Fritti, salse, spezie, burro, alcol, bibite gassate e ghiacciate. 4.6.7 Algoritmo per il programma di riabilitazione multimodale per incontinenza fecale RP = pressione basale anale; MCV = contrazione volontaria massimale; CRST = soglia di sensibilitˆ rettale; MTV = massimo volume tollerato; RC = compliance rettale. 4.6.8 Algoritmo comunicazione con il paziente CONSENSO INFORMATO Stadio I-IV Raccomandazioni Ogni paziente deve fornire un consenso informato; il medico che richiede il consenso deve informare in modo chiaro ed esauriente il paziente ed essere in grado di rispondere ad ogni domanda Livello di evidenza IV Grado delle raccomandazioni A 147 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.9 Algoritmo diagnostico STUDIO DEL COLON E DEL RETTO Fase di stadiazione Preoperatorio Raccomandazioni Colonscopia totale Preoperatorio Qualora non sia possibile eseguire una colonscopia totale, occorre far seguire allÕesame endoscopico un Rx clisma d.c. o colonscopia virtuale Preoperatorio Nelle lesioni del retto devono essere valutati, tramite rettoscopia, la distanza della lesione dallÕorefizio anale, lÕestensione circonferenziale, il grado di fissitˆ Livello di evidenza II Grado delle raccomandazioni A II A NA A NA = non applicabili i criteri di raccomandazioni ed i livelli di evidenza; tuttavia, lÕopzione riportata nellÕalgoritmo • ritenuta da tutti i clinici che hanno partecipato alla stesura di questo documento importante e da applicare. 4.6.10 Algoritmo terapeutico TECNICA CHIRURGICA: PRINCIPI GENERALI Stadio Raccomandazioni Livello di evidenza II-III Grado delle raccomandazioni A I-III Il tumore deve essere rimosso intatto, con sufficiente tessuto attorno per evitare che siano lasciate cellule neoplastiche ed i margini (longitudinale e differenziali) devono essere integri I-III Asportazione in blocco con la lesione primitiva II-III A I-III La sezione deve essere condotta ad almeno 2 cm dal tumore II-III A I-III Quando possibile deve essere eseguita la legatura del peduncolo vascolare allÕorigine II-III B II-III Deve essere eseguita lÕasportazione dei linfonodi regionali (almeno 12) II-III A Lesione con margine inferiore a ² 15 cm dal margine anale Devono essere definite e trattate come neoplasie del retto II-III A Raccomandazioni Livello di evidenza II-III OPZIONI TERAPEUTICHE RETTO Stadio Grado delle raccomandazioni B I-III Si raccomanda di ridurre allÕindispensabile le resezioni addomino-perineali e di eseguire una procedura di salvataggio degli sfinteri in tutti i casi in cui • ottenibile un margine di sicurezza I-III La radicalitˆ della resezione deve essere confermata sia dal giudizio intraoperatorio (assenza di residui evidenti macroscopicamente) che dal successivo esame istologico (margini liberi da neoplasia) II-III A Tumori del III medioinferiore del retto Deve essere eseguita una TME II-III A Tumori del III superiore Il mesoretto va asportato sino a 5 cm distalmente al tumore ed i nervi e i plessi anatomici devono essere conservati II-III A Il margine radiale deve essere libero da tumore per almeno 1 mm II-III A II-III B II-III B T1, diametro < 3 cm, tumori Escissione locale non ulcerati, alla biopsia bene o moderatamente differenziati In ambito di trial o in presenza di un audit efficace 148 La chirurgia laparoscopica viene eseguita da chirurghi contemporaneamente esperti in laparoscopia ed in chirugia colorettale CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.11 Algoritmo valutazione pre-trattamento STAGING, PARAMETRI T-N Tipo di paziente Raccomandazioni Livello di evidenza NA Grado delle raccomandazioni NA Stadi II-III Nelle lesioni del colon non • indicato lÕutilizzo di routine della TC pe la definizione dei parametri T o N Lesioni del III medioinferiore del retto LÕestensione e la fissitˆ del tumore devono essere sempre valutate con lÕesplorazione rettale e con una TC-spirale, previa distensione idrica o gassosa del retto, per individuare lesioni chiaramente inoperabili e per porre lÕindicazione alla RT NA NA Lesioni del III medioinferiore del retto LÕutilizzo della RM e dellÕEUS dovrebbe essere limitata a trial clinici II-III C NA = non applicabili i criteri di raccomandazioni ed i livelli di evidenza; tuttavia, lÕopzione riportata nellÕalgoritmo • ritenuta da tutti i clinici che hanno partecipato alla stesura di questo documento importante e da applicare. STAGING, METASTASI Fase di stadiazione Pre-postoperatoria Raccomandazioni Le metastasi epatiche devono di regola essere ricercate con lÕecografia epatica. Nei pazienti con lesioni del III medioinferiore del retto la TC spirale, indicata per la definizione dei parametri T ed N, pu˜ essere estesa al fegato per la ricerca di MT, evitando cos“ lÕecografia Livello di evidenza II-III Grado delle raccomandazioni B Pre-postoperatoria Analogamente, la RM deve essere utilizzata solo in seconda istanza se si richiede una migliore definizione delle MT epatiche individuate II-III B Pre-postoperatoria Non vi • alcuna indicazione al ricorso allÕindagine scintigrafica a meno che non sia presente una sintomatologia algica scheletrica persistente non altrimenti spiegabile II-III C Pre-postoperatoria Non vi • indicazione allÕesecuzione di routine di altri esami di stadiazione III B MARKER TUMORALI Stadio II-III Raccomandazioni Vi • indicazione al dosaggio del CEA pre-operatorio ma non di altri markers Livello di evidenza II-III Grado delle raccomandazioni B Livello di evidenza NA Grado delle raccomandazioni NA 4.6.12 Algoritmo anatomia patologica PARAMETRI PER LA DIAGNOSI Stadio I-III Raccomandazioni Sono da considerarsi criteri diagnostici minimi (sempre riportati nel referto): istotipo, grado di differenziazione, livello di infiltrazione della parete e infiltrazione della sierosa, adeguatezza dei margini di resezione prossimale, distale e radiale (nel retto), numero di linfonodi esaminati e numero di linfonodi metastatici NA = non applicabili i criteri di raccomandazioni ed i livelli di evidenza; tuttavia, lÕopzione riportata nellÕalgoritmo • ritenuta da tutti i clinici che hanno partecipato alla stesura di questo documento importante e da applicare. 149 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.13 Algoritmo chemioterapia adiuvante GENERALITË Stadio Raccomandazioni Livello di evidenza I Grado delle raccomandazioni A Stadio A e B1 secondo Dukes (T1-T2, N0, M0) LÕuso della chemioterapia sistematica adiuvante non • indicato Stadio B2-3 secondo Dukes (T3-T4, N0, M0) LÕindicazione alla chemioterapia adiuvante • tuttora oggetto di valutazione. Si consiglia lÕinserimento di questi pazienti allÕinterno di studi clinici controllati II-III B Stadio C secondo Dukes (ogni T, N1-N2, M0) Tutti i pazienti sono candidati alla chemioterapia adiuvante, che deve essere iniziata entro sei-otto settimane dallÕintervento chirurgico radicale. Il trattamento standard • rappresentato da 5-fluorouracile e acido folinico a basse dosi secondo lo schema mensile (5-FU 425 mg/m2 + Ac. folinico 10 mg/m2 gg. 1¡-5¡ ogni 28). La durata del trattamento deve essere di sei mesi I A 4.6.14 Algoritmo radioterapia CARCINOMA DEL COLON Tipo di paziente Raccomandazioni Non vi • indicazione alla radioterapia adiuvante nel carcinoma del colon al di fuori di studi clinici controllati o di trattamenti di palliazione locoregionale Livello di evidenza I-II Grado delle raccomandazioni D Livello di evidenza I-II Grado delle raccomandazioni A CARCINOMA DEL RETTO Tipo di paziente T3-4, N0-2 150 Raccomandazioni La radioterapia pre-operatoria • raccomandata nei pazienti con carcinoma del retto T3-4, N0-2 CARCINOMA DEL COLON-RETTO 4.6.15 Algoritmo follow-up Stadio Raccomandazioni Livello di evidenza II-III Grado delle raccomandazioni B I-III Non vi • indicazione che un regime intensivo di follow-up dia risultati migliori in termini di sopravvivenza. I-III Esame clinico: ogni 4 mesi per i primi tre anni (compresa lÕesplorazione rettale dellÕanastomosi per i pazienti operati per carcinoma del retto), ogni 6 mesi per i due anni successivi II-III B-C I-III CEA: ogni 4 mesi per i primi tre anni, ogni 6 mesi per i due anni successivi, anche nei pazienti con CEA preintervento nei limiti della norma II-III B-C I-III Colonscopia: deve essere eseguita appena possibile, comunque entro 6 mesi dallÕintervento e poi ogni 2-3 anni II-III B Stadio II o III Ð carcinoma del retto operato e non radiotrattato Sigmoidoscopia: vi • indicazione allÕesecuzione di sigmoidoscopia ad intervalli periodici. Si consiglia di eseguirla ogni 6 mesi per i primi due anni. II-III B ETC e TC addome superiore: non vi • indicazione allÕesecuzione routinaria di questi esami. II-III C-D Nei pazienti asintomatici operati e radiotrattati per carcinoma del retto TC pelvica: si consiglia lÕuso routinario e lÕesecuzione solo su indicazione clinica II-III C-D I-III RX torace: non cÕ• indicazione allÕuso routinario di tale esame II-III C-D II-III D I-III Esame ematocromocitometrico e test di funzionalitˆ epatica: non vi • indicazione allÕuso routinario. Se ne consiglia lÕuso solo su indicazione clinica 4.6.16 Algoritmo trattamento del tumore avanzato CHEMIOTERAPIA Tipo di paziente Raccomandazioni IV Stadio La somministrazione in fase asintomatica risulta pi• efficace in termini di sopravvivenza e qualitˆ della vita, rispetto alla somministrazione alla comparsa di sintomi IV Stadio Chemioterapia: farmaco di scelta • il 5-FU, associato a acido folinico o methotrexate, somministrato in infusione continua ± oxaliplatino (FOLFOX o FOLFIRI o CAPOX o CAPIRI) Livello di evidenza I-II I-II Grado delle raccomandazioni A A FOLFOX = oxaliplatino + 5-FU + ac. folinico); FOLFIRI = CPT11 + 5-FU + ac. folinico; CAPOX = oxaliplatino + capecitabima; CAPIRI = CPT11 + capecitabina. 4.6.17 Trattamento delle metastasi epatiche METASTASI EPATICHE Tipo di paziente Raccomandazioni Metastasi epatiche La resezione chirugica di metastasi epatiche del fegato pu˜ essere curativa in pazienti selezionati Metastasi epatiche La complessitˆ delle procedure di somministrazione della terapia loco-regionale (impianto e mantenimento del catetere arterioso) e le incertezze sulla reale efficacia sulla prognosi ne limitano al momento lÕuso a centri specializzati e a contesti di sperimentazione clinica Livello di evidenza I-II I-II Grado delle raccomandazioni A B-C 151 CARCINOMA DEL COLON-RETTO RADIOTERAPIA Tipo di paziente Raccomandazioni Pazienti inoperabili o recidive pelviche Pu˜ essere utilizzata con intento citoriduttivo o palliativo Pazienti con lesioni ossee metastatiche Risulta efficace Livello di evidenza I-III II-III Grado delle raccomandazioni B-C B 4.6.18 Ruolo del medico di medicina generale (MMG) PREVENZIONE, SCREENING E DIAGNOSI PRECOCE I fattori ambientali che si associano ad un rischio aumentato di cancro colorettale sono prevalentemente di tipo alimentare (sovrappeso e obesitˆ, dieta ipercalorica, consumo di carni animali soprattutto rosse). La particolaritˆ e la specificitˆ del modello assistenziale svolto dal medico di medicina generale, che conosce profondamente lÕambiente, il tessuto sociale e il contesto familiare in cui opera, lo rendono il soggetto pi• adatto a svolgere unÕopera capillare di Òcounselling alimentareÓ nei confronti dei propri assistiti e delle loro famiglie; infatti, spetta al medico di famiglia il compito di informare sui regimi dietetici che possono favorire una pi• bassa incidenza di tumori colorettali quale, in particolare, una dieta ricca di verdura e frutta (preferibilmente consumate fresche), cereali e legumi, carni bianche e pesce. Il suo ruolo • essenziale per promuovere un regime dietetico di Òtipo mediterraneoÓ, in contrapposizione a quello Òtipo fast-foodÓ (con abbondante uso di cibi poco raffinati e poveri di fibre insieme a grandi quantitˆ di proteine e grassi animali) che, spesso per esigenze lavorative, sta sempre pi• diffondendo anche nel nostro Paese. Parimenti possono risultare efficaci le sue raccomandazioni nel controllo e nella riduzione del peso, non solo attraverso una dieta adeguata, ma anche con la promozione di unÕattivitˆ fisica costante. Pertanto, risulta fondamentale lÕimpegno del MMG nella divulgazione del ÒCodice Europeo contro il cancroÓ, con particolare attenzione alle norme alimentari. Detta azione, se eseguita in modo metodico, capillare e continuativo, potrebbe contribuire nel medio-lungo periodo a modificare lÕincidenza di questa patologia. Per raggiungere questo obiettivo • fondamentale che la medicina generale abbia una formazione specifica su questi temi e che collabori in ciascun ambito territoriale con le Aziende Sanitarie, le associazioni di malati e cittadini a contrastare il Òrumore di fondoÓ fuorviante prodotto da altre fonti di Òpseudo-informazione sanitariaÓ in tema di alimentazione (media, pubblicitˆ, moda, ecc.). Esistono poi altri fattori di rischio, quali la familiaritˆ per tumori, che consentono al MMG di fare unÕazione attiva di prevenzione attraverso una medicina di iniziativa nelle situazioni ritenute a rischio potenziale. UnÕazione di prevenzione ancora pi• aggressiva e in termini di risultati pi• efficace pu˜ essere fatta dal medico di famiglia nei confronti di quei nuclei familiari a rischio, in caso si manifesti in un soggetto una neoplasia colorettale di tipo genetico. In questo caso lÕazione di informazione e promozione dello screening, nel nucleo familiare colpito, • uno dei compiti pi• importanti dellÕazione preventiva che pu˜ svolgere efficacemente il MMG. Inoltre, spetta al medico di famiglia la capacitˆ di cogliere allÕinterno di alcuni nuclei familiari lÕinsorgenza di situazioni di allarme per una patologia neoplastica colorettale ad andamento ereditario (cancro colorettale in pi• di una generazione senza salti, insorgenza di tumore in uno o pi• familiari prima dei 50 anni, prevalenza di localizzazione destre con pi• tumori sincroni o metacroni come lÕassociazione di questa neoplasia a carcinomi dello stomaco, endometrio, ovaie e dellÕapparato urogenitale) monitorando attentamente segni e sintomi indicativi di una possibile insorgenza di nuovi casi nei familiari. In unÕepoca in cui poi la grande pressione dei media (non sempre giustificata dalle informazioni scientifiche disponibili) ed iniziative locali su piccola scala suggeriscono o promuovono screening sul cancro colorettale di dubbia utilitˆ ed efficacia, • compito del medico di famiglia informare correttamente i suoi pazienti sullÕutilitˆ ed efficacia delle singole metodiche di screening. In caso di progetti di screening qualificati, • compito del medico di famiglia partecipare in modo attivo allÕarruolamento dei soggetti affinchŽ, qualora venga avviato un progetto secondo criteri e metodiche accreditate, si possa eseguire il test sulla maggior parte dei soggetti a rischio. Inoltre, spetta al medico di famiglia contribuire a fornire informazione oneste ed equilibrate relativamente a benefici e rischi di ciascuna delle indagini proposte. é altamente raccomandabile che il MMG, qualora nella sua attivitˆ si manifesti in un suo paziente una neoplasia che preconizzi un rischio di ulteriori possibili casi di malattia nel nucleo familiare, si faccia carico di unÕazione mirata di sorveglianza che raggiunga tutti i componenti della famiglia di quel paziente. In questi casi, il suo ruolo • insostituibile sia nello spiegare allÕintero nucleo familiare la necessitˆ dellÕindagine (fornendo a coloro che sono contrari o scettici le evidenze scientifiche che supportano lÕutilitˆ di questo tipo di prevenzione in funzione di un possibile rischio attuale o futuro), sia nel seguire che essa venga eseguita da tutti i familiari a rischio potenziale. 152 CARCINOMA DEL COLON-RETTO Infine, di fronte ad un incremento di uso improprio delle risorse sanitarie che porta spesso allÕuso di marcatori tumorali giˆ in fase di screening, al di fuori di qualsiasi indicazione di letteratura accreditata, • compito del medico di famiglia chiarire con i prescrittori, con il paziente e i suoi familiari, che i marcatori neoplastici (CEA, CA 19-9) non hanno alcuna utilitˆ in questa fase. DIAGNOSI E STADIAZIONE é fondamentale che il MMG ponga attenzione al manifestarsi tra i suoi pazienti di sintomi suggestivi per neoplasia colorettale e che scelga, sulla base dei sintomi manifestati dal paziente, la procedura diagnostica pi• adeguata. In presenza di un sospetto di cancro colorettale, sulla base anche della conoscenza della storia familiare del paziente, il medico di famiglia prescrive le indagini diagnostiche di prima istanza (colonscopia e, in seconda istanza, clisma opaco con doppio mezzo di contrasto). PoichŽ i 2/3 dei tumori colorettali si sviluppa nel tratto sigma-retto • consigliabile che, in aggiunta alle metodiche di indagine sopra indicate, il medico di famiglia sottoponga sempre il paziente, in caso di sospetto, ad unÕesplorazione rettale. Essa pur limitandosi al tratto distale dellÕintestino pu˜ essere in grado di far diagnosi nel 1015% dei casi. Detta indagine, vista la facilitˆ di esecuzione, lÕassenza di controindicazioni e di effetti collaterali, potrebbe essere eseguita, durante la visita ambulatoriale di medicina generale, in tutti i pazienti sopra i 50 anni. é compito del medico di famiglia attivare le consulenze necessarie tramite lÕinvio del paziente al CORD di riferimento per la definizione del caso sospetto e collaborare con lo specialista durante tutta la fase di diagnostica e di stadiazione del caso. Definito il percorso pi• appropriato di indagine nei casi sospetti e il percorso diagnostico da intraprendere in quelli positivi, • compito del MMG informare e supportare il paziente e i suoi familiari durante tutta la fase di definizione diagnostica e di stadiazione della malattia e predisporre eventuali esami propedeutici allÕindagine che si vuole intraprendere, quali ad esempio il controllo della coagulazione preventivamente allÕesecuzione della colonscopia, in particolare in presenza di un rischio anamnestico. Spetta al medico di medicina generale informare il paziente sulla modalitˆ di esecuzione degli esami proposti, suggerendo, quando necessario, le procedure di preparazione e di toeletta intestinale pi• adeguate a rendere efficace lÕesame ed assicurandosi che il paziente le comprenda e le attui correttamente. Le informazioni sulla diagnosi e sulla prognosi vanno modulate per ogni singolo paziente tenendo conto della diversa sensibilitˆ di ciascuno, del desiderio o meno di sapere in tutto o in parte la diagnosi e della capacitˆ di comprendere. Le informazioni devono essere esposte in modo semplice e chiaro e in caso di prognosi severa deve essere detto al paziente quel tanto di veritˆ che vuole conoscere e che • in grado di comprendere, modulando nei modi e nei tempi lÕinformazione. Esistono tecniche specifiche per comunicare le Òcattive notizieÓ (Òbreaking bad newsÓ), i MMG, come gli specialisti, devono conoscerle e saperle applicare in questa fase della malattia. TERAPIA Definita la diagnosi, spetta al MMG il compito di collaborare con gli specialisti per informare il paziente sulla malattia riscontrata e fornire tutte le informazioni sulle procedure terapeutiche che vengono prospettate in base al tipo e alla fase di malattia. é compito del medico di famiglia: ¥ spiegare la o le opzioni di trattamento proposte dallo specialista al termine degli accertamenti e le relative modalitˆ di esecuzione; ¥ fornire in modo semplice e completo tutte le informazioni relative alle possibili sequele dovute ad ogni singolo trattamento, sia in termini di probabilitˆ di evento che di possibilitˆ di recupero; ¥ chiarire i dubbi, le perplessitˆ e i problemi avanzati dal paziente al fine di renderlo consapevole della scelta terapeutica proposta e di favorirne lÕadesione una volta che si sia raggiunta una decisione condivisa. In caso di chirurgia ÒdemolitivaÓ con confezionamento di ano preternaturale, temporaneo o definitivo, • compito del MMG assistere il paziente dopo la dimissione ospedaliera, collaborando con lo specialista a fornire tutte le informazioni necessarie per una corretta gestione della stomia. Allo stesso modo, il MMG dovrˆ supportare il paziente nella gestione psicologica della stomia stessa e dei problemi ad essa connessi. In caso di trattamento farmacologico, il medico di famiglia collaborerˆ con lo specialista al fine di garantire unÕottimale aderenza del paziente al protocollo di cura proposto e vigilerˆ sulla possibile insorgenza di effetti collaterali previsti nel protocollo stesso, gestendo, in collaborazione con il centro di riferimento, i possibili effetti tossici iatrogeni. FOLLOW-UP La fase di follow-up di una malattia neoplastica • un momento essenziale del controllo della patologia stessa, che ancora oggi non sempre viene eseguita al meglio delle sue possibilitˆ. Un attento follow-up pu˜ contribuire a cogliere eventuali recidive nella loro fase pi• precoce. é quindi importante che i pazienti si sottopongano con puntualitˆ agli esami previsti dal protocollo in cui sono stati inseriti. In questa fase, cos“ come giˆ in quella diagnostica, la collaborazione tra specialista e MMG • fondamentale. Un attento coordinamento tra la medicina primaria e quella di secondo livello, che produca una sostanziale collaborazione nella gestione del paziente, • essenziale per una buona riuscita dei protocolli di follow-up. é importante infatti, che tra i vari soggetti che contri- 153 CARCINOMA DEL COLON-RETTO buiscono al controllo nel tempo del paziente esista un buon livello di coordinamento, al fine di evitare inutili e ansiogeni duplicati di visite o di controlli ematochimici o strumentali. Il MMG deve quindi: ¥ conoscere i diversi protocolli di follow-up proposti sulla base del tipo e della stadiazione iniziale della malattia e collaborare con gli specialisti nella loro gestione; ¥ promuovere lÕadesione del paziente ai controlli seriati previsti dal protocollo di follow-up in cui • inserito, motivando lÕimportanza di rispettare le scadenze predefinite, al fine di cogliere, in modo precoce, eventuali recidive; ¥ mantenere un atteggiamento di sorveglianza vigile, nei confronti di segni o sintomi ÒsospettiÓ (per recidiva locale o a distanza) che si possono manifestare nel periodo intercorrente tra un controllo di follow-up e quello successivo e mettere in atto gli accertamenti e le consulenze opportuni a diagnosticare precocemente unÕeventuale recidiva; ¥ informare il paziente sullÕinutilitˆ, ai fini diagnostici, di controlli ematochimici o strumentali preventivi (richiesti per paura di una possibile ripresa della malattia) non previsti nel protocollo di follow-up. ¥ gestire le ansie connesse alla possibilitˆ di una nuova manifestazione di malattia. Infine, esiste un altro aspetto in cui la collaborazione tra MMG e specialista risulta essenziale. Molti pazienti con neoplasia colorettale diventano, dopo trattamento chirurgico curativo o palliativo, portatori di stoma. La gestione dello stoma non • un problema di secondaria importanza, in un paziente operato per neoplasia colorettale. é quindi fondamentale che il MMG acquisisca le competenze di base nella gestione delle stomie, al fine di consigliare al meglio i propri pazienti. é altres“ importante che si crei, e venga mantenuto nel tempo, un buon livello di coordinamento e di cogestione del paziente stomizzato tra il MMG, il chirurgo che lo ha operato e i centri specialistici per stomizzati. Il follow-up • utile per diagnosticare recidive da carcinoma del colon-retto in fase asintomatica. Non esistono studi clinici randomizzati che abbiano dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza tra pazienti seguiti con follow-up e gruppo di controllo. Esistono, tuttavia, dati sulla resecabilitˆ delle metastasi con possibilitˆ terapeutiche maggiori nei pazienti con malattia early che in mancanza di dati certi sulla sopravvivenza non possono essere sottovalutati. 4.6.19 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni* Livelli di evidenza Descrizione I Prove ottenute da pi• studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi V Prove ottenute da studi di casistica (Òserie di casiÓ) senza gruppo di controllo VI Prove basate sullÕopinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida Grado delle raccomandazioni Descrizione A LÕesecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico • fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualitˆ, anche se non necessariamente di tipo I o II B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o lÕintervento D LÕesecuzione della procedura non • raccomandata E Si sconsiglia fortemente lÕesecuzione della procedura Si ringrazia Mariolina Tauriello (Oncologia Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze) per la Segreteria Organizzativa. * Tratto da ÒLinee guida per neoplasie della mammellaÓ a cura di AIOM (www.aiom.it). 154 CAPITOLO 5 RACCOMANDAZIONI CLINICHE PER IL CARCINOMA PROSTATICO Coordinatore: Andrea Chiavacci Radioterapia, Azienda Unitˆ Sanitaria Locale 3 Pistoia Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Aiosa Carlo Amoroso Domenico Antonuzzo Andrea Bosio Manrico Canovaro Giuseppe Carini Marco Casamassima Franco Ciatto Stefano De Angelis Michele De Benedetto Gianfranco Del Vecchio M. Teresa Di Clemente Francesco Ducci Francesco Francesca Francesco Gasperoni Silvia Lapini Alberto Lunghi Francesco Manganelli Antonio Marchetti Gabriella Marinozzi Claudio Menchi Ilario Mignogna Marcello Neri Bruno Nesi Gabriella Nicita Giulio Panichi Marco Pertici Maurizio Pinzi Novello Ponticelli Pietro Repetti Fabrizio Selli Cesare Simone Maurizio Trippitelli Alfredo Ucci Mauro Villari Donata Specialitˆ Oncologia Oncologia Oncologia Radioterapia Urologia Urologia Radioterapia Radiologia Urologia Urologia Anatomia patologica Oncologia Radioterapia Urologia Oncologia Urologia Urologia Urologia Anatomia patologica Oncologia Radiologia Radioterapia Oncologia Anatomia patologica Urologia Radioterapia Radioterapia Urologia Radioterapia Urologia Urologia Urologia Urologia MMG Urologia Ente di Appartenenza ASL 12 Versilia ASL 12 Versilia ASL 6 Livorno ASL 6 Livorno ASL 3 Pistoia AOUC Firenze AOUC Firenze CSPO Firenze ASL 8 Arezzo ASL 8 Arezzo AOU Siena ASL 7 Siena ASL 2 Lucca AOU Pisa AOUC Firenze ASL 10 Firenze ASL 11 Empoli AOU Siena AOU Pisa ASL 10 Firenze ASL 10 Firenze ASL 2 Lucca AOUC Firenze AOUC Firenze AOUC Firenze AOU Pisa AOUC Firenze ASL 2 Lucca ASL 8 Arezzo ASL 2 Lucca AOU Pisa AOU Pisa ASL 3 Pistoia ASL 10 Firenze AOUC Firenze AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Ð Firenze; AOU Pisa = Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; AOU Siena = Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese; ASL = Azienda Sanitaria Locale; CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Ð Firenze; MMG = Medico di Medicina Generale 155 CARCINOMA PROSTATICO 5.1 INTRODUZIONE La frequenza del carcinoma della prostata • in rapido aumento in molte parti del mondo. La maggior diffusione delle informazioni su questo tumore, soprattutto nei paesi pi• sviluppati, ha portato ad un aumento delle diagnosi di nuovi tumori, e conseguentemente della richiesta di prestazioni sanitarie, senza che parimenti si sia sviluppata unÕadeguata conoscenza dei fattori prognostici. Va ricordato a questo proposito che le terapie utilizzabili negli stadi precoci della malattia, quantunque per lo pi• capaci di curare e guarire il paziente, non sono privi di effetti collaterali importanti, tali da influenzare potenzialmente in maniera negativa la qualitˆ di vita. Da tener presente inoltre che nel carcinoma prostatico, a differenza di altre neoplasie, il percorso pu˜ non essere sempre univoco, e possono presentarsi alternative terapeutiche parimente validate. Per tale motivo • stato fatto uno sforzo da parte del gruppo di verificare i livelli di evidenza delle tappe del percorso stesso, ma considerando anche le raccomandazioni e le eventuali opzioni possibili. Il paziente in questa ottica viene considerato non come soggetto passivo di decisioni esterne, ma anzi come parte attiva nelle scelte che gli si presentano, e che nellÕAccoglienza dellÕITT gli debbono essere offerte in modo chiaro, sia nellÕambito delle variabili del paziente stesso (etˆ, situazione psicologica e sociale, stadio clinico, assetto bioumorale, caratterizzazione istologica, ecc.), sia in quello di tutte le possibilitˆ diagnostico-terapeutiche disponibili nella realtˆ regionale, dalla grande azienda ospedaliera alla pi• piccola sanitaria, cos“ da ottimizzare il percorso e la presa in crico del paziente stesso. 5.2 DIAGNOSI 5.2.1 Screening LÕimpiego che ormai data da molti anni dellÕantigene prostatico specifico (PSA) come test di screening, sia come pratica opportunistica che in ambito di studi controllati e non, consente una serie di osservazione sullÕutilitˆ di questa procedura. Il PSA • certamente unico nel suo genere, in quanto • di gran lunga il marker pi• accurato per la diagnosi di una neoplasia di elevata incidenza e letalitˆ quale il CP. Il test • certamente accettabile ed • per questo praticamente lÕunico utilizzato ad oggi su larga scala quale test di screening. Un limite del PSA • la sua bassa specificitˆ: adottando il cut off pi• comune di 4 ng/ml, ben il 12-15% della popolazione maschile di 50 > anni risulta avere un PSA anormale. In impiego di screening la specificitˆ risulta decisamente inferiore al 90%, abitualmente una condizione inaccettabile per uno screening di popolazione. Un altro limite dello screening • lÕuso di una procedura di secondo livello, la biopsia random della prostata, relativamente costosa e invasiva rispetto ad altri screening oncologici, che dovrebbe essere estesa ad una frazione piuttosto elevata della popolazione Il principale limite dello screening sta per˜ nel rischio elevato di sovradiagnosi. LÕanticipazione diagnostica mediante PSA risulta essere molto elevata, superiore a 10 anni, e il rapporto tra tasso diagnostico di CP in screening e lÕincidenza attesa (fino a 30:1) suggerisce che buona parte dei tumori diagnosticati non sarebbe mai comparsa in vita nŽ tantomeno avrebbe portato a morte il soggetto. LÕidentificazione di questi carcinomi ÒlatentiÓ era prevedibile, per lÕuso della biopsia random e per lÕelevata prevalenza di carcinomi latenti nella prostata di maschi adulti, nota da tempo su base di studi autoptici. La sovradiagnosi varia con lÕaggressivitˆ diagnostica (frequenza dello screening, indicazione alla biopsia random) ed • stimata tra il 50 e il 250% (da un CP latente su due identificati dallo screening, a 5 su 7). La sovradiagnosi si accompagna quasi sempre ad un sovratrattamento (la pratica del watchful waiting, in assenza di indicatori affidabili di aggressivitˆ tumorale, • poco diffusa, frequente nella sola Svezia): il trattamento pi• impiegato • la prostatectomia e i suoi effetti collaterali (mortalitˆ, incontinenza, impotenza) sono importanti. Non esiste alcuna evidenza scientifica affidabile relativamente allÕimpatto dello screening sulla mortalitˆ. La riduzione sostenuta nel trial randomizzato canadese • stata ampiamente criticata per lÕinaccettabilitˆ del disegno dello studio. LÕevidenza sostenuta dallo studio non controllato tirolese, si basa su un confronto geografico molto inaffidabile ed • controbilanciato da altri studi (ad es. confronto Seattle-Minnesota). LÕaumento considerevole dellÕincidenza rilevato in molti registri locali e nazionali a seguito della diffusione dello screening opportunistico non • stato seguito, ormai dopo pi• di dieci anni, da alcuna variazione della mortalitˆ. Un recente flesso di mortalitˆ osservato in alcuni paesi • improbabile sia legato allo screening e potrebbe pi• verosimilmente essere ascritto ai recenti progressi in tema di controllo farmacologico della malattia. Emblematico in tal senso il confronto USA-UK, paesi che non differiscono per protocolli terapeutici e che entrambi mostrano una flessione recente di mortalitˆ quasi identico, mentre lo screening opportunistico • diffuso solo negli USA, pressochŽ assente in UK. Di fronte da un lato alla mancanza di evidenza relativa allÕefficacia, dallÕaltro alla soverchiante evidenza degli aspetti negativi dello screening, lÕunico atteggiamento rispetto allo screening • quello astensionistico. Lo scree- 156 CARCINOMA PROSTATICO ning di popolazione • decisamente sconsigliato dai principali consessi scientifici europei, dalla CE, dal nostro Ministero della Salute, dalle raccomandazioni AIRC-CNR, e dal recente consenso nazionale che ha riunito 20 societˆ scientifiche italiane. Esistono al momento due studi prospettici randomizzati disegnati per valutare lÕefficacia dello screening mediante PSA: lÕeuropeo ERSPC e lÕamericano PLCO, che hanno arruolato oltre 200.000 soggetti e dovrebbero cominciare a produrre i primi risultati in tema di mortalitˆ nei prossimi anni. Fino a che questa evidenza non sarˆ disponibile e consentirˆ un bilancio critico tra benefici e aspetti negativi dello screening, raccomandare lo screening oggi sarebbe un vero e proprio salto nel buio, come indicato in una simulazione delle aspettative dello screening sulla base dellÕevidenza scientifica oggi disponibile (Tabella 1). Tabella 1 - Simulazione degli effetti dello screening per il carcinoma prostatico in una coorte di 1.000.000 maschi di > 60 anni rispondenti allÕinvito di screening Variabile N¡ soggetti Effetti Rispondenti 1.000.000 PSA elevato 110.000 Ansia Biopsie (compliance 80%) 90.000 Ansia, effetti collaterali Carcinomi diagnosticati 20.000 Ansia, paura Interventi chirurgici (50%) 10.000 Morti = 10, incontinenza grave = 300, impotenza = 4000 Vite salvate ??? - ??? Modificata da Frankel et al, Lancet 2003; 361: 1122-8. Lo screening mediante PSA • unico nel suo genere tra gli screening oncologici per lÕimportanza dei suoi effetti negativi (sovradiagnosi e sovratrattamento): raccomandare sia a livello di popolazione che individuale una procedura pericolosa e dannosa di cui non si conoscono ancora i vantaggi • decisamente non etico. Il fatto che lo screening opportunistico abbia preso piede in molte realtˆ • comunque un problema da affrontare. LÕunica risposta ufficiale in ambito medico scientifico pu˜ essere che lo screening non va fatto, in ogni caso, ma nella pratica quotidiana pu˜ essere molto difficile per il medico non prescrivere un dosaggio periodico del PSA quando questo • magnificato da media, rotocalchi e testimonials, superficiali, scorretti, ignoranti e insensati quanto si vuole ma, sfortunatamente, pi• autorevoli presso la popolazione dei singoli medici curanti. Quando il dosaggio del PSA • Òormai avvenutoÓ, il comportamento pi• logico • di evitare che si compia un completo processo di screening che pu˜ configurare il rischio di sovradiagnosi. In altre parole si tratta di limitare ai soli casi che lo meritino la sequenza PSA Ð biopsia. Questo si pu˜ ottenere: ¥ minimizzando con il paziente il significato negativo di unÕelevazione moderata (4-10 ng/ml) del PSA; ¥ introducendo formule correttive del PSA totale, in base allÕetˆ (age specific range), al volume prostatico (PSA density), al suo variare nel tempo (PSA velocity), al rapporto tra PSA libero e totale, per giustificare soprattutto elevazioni moderate (4-10 ng/ml) ed evitare la biopsia; ¥ limitandosi, almeno nei casi con elevazione moderata (4-10 ng/ml), al solo controllo clinico ed ecografico, riservando la biopsia (mirata) ai soli casi in cui esista un sospetto clinico-ecografico; ¥ evitando lÕesecuzione di biopsie random, almeno al di sotto dei 10 ng/ml o anche per valori superiori, giustificati dalle varie formule di correzione del PSA totale suindicate. Nel maggio 2003 si • tenuta in Firenze una Conferenza di Consenso in tema di screening per il carcinoma prostatico cui hanno partecipato rappresentative di 21 Societˆ Scientifiche italiane, che ha prodotto nel settembre di quellÕanno un documento di consenso ufficiale, in base al quale viene stabilito che non esiste al momento, in base allÕevidenza scientifica, indicazione allÕesecuzione dello screening di soggetti asintomatici mediante PSA, sia quale provvedimento sanitario di ÒpopolazioneÓ (invito attivo di residenti selezionati in base allÕetˆ), che ÒspontaneoÓ (raccomandazione alla popolazione di sottoporsi al dosaggio periodico del PSA). Il PSA resta un valido presidio, in occasione di consultazione medica, per la diagnosi differenziale del carcinoma prostatico ove esista un sospetto clinico anche minimo di tale patologia. Il dosaggio del PSA in soggetti asintomatici potrˆ essere prescritto in occasione di consultazione medica, a giudizio del sanitario, in base agli elementi clinici a sua conoscenza e previa informazione del paziente sui pro e contro della determinazione del marcatore in assenza di un sospetto diagnostico o di fattori di rischio. 5.2.2 Diagnostica di laboratorio 5.2.2.1 Premesse sul PSA Il PSA • una glicoproteina della famiglia delle callicreine prodotta dalle cellule prostatiche e dalle ghiandole periuretrali. Viene secreto come pre-pro-PSA e subisce varie modificazioni prima di raggiungere la forma Òmatu- 157 CARCINOMA PROSTATICO raÓdel peso molecolare di 34kD. Il ruolo biologico principale • lÕattivitˆ enzimatica che esercita sulla seminogelina I, II e sulla fibronectina, proteine che determinano lo scioglimento del coagulo spermatico permettendo agli spermatozoi una migrazione ottimale allÕinterno delle vie riproduttive. Il PSA dismesso nel circolo ematico si lega a inibitori delle proteasi, quali antichimitripsina (ACT) e α2-macroglobulina (MG), e in quota trascurabile allÕα1-antitripsina e allÕinter-α-tripsina. Nel plasma la concentrazione del PSA • di circa 1000 volte inferiore a quella del liquido seminale e si trova principalmente complessato o in forma libera non attiva. Solo il PSA libero e quello legato allÕACT sono dosabili con i comuni metodi di laboratorio. Il PSA deve essere considerato un marcatore di organo e non un marcatore tumorale (Livello di evidenza I). Un valore del PSA inferiore a 4 ng/ml • ritenuto normale, valori superiori non obbligatoriamente identificano una patologia tumorale potendo lÕelevazione essere attribuibile a molteplici fattori (ipertrofia prostatica benigna IPB, prostatiti, ecc). Numerosi fattori possono interferire sul valore del PSA, causando una variabilitˆ del risultato non legata alla patologia di interesse. 5.2.2.2 Variabilitˆ del PSA La variabilitˆ non associata al carcinoma prostatico pu˜ essere dovuta a cause biochimico-analitiche o fisiologico cliniche. 5.2.2.2.1 Cause analitiche Fino a qualche anno fa il risultato del PSA totale era fortemente metodo dipendente, con variazioni superiori al 25% fra metodi diversi. Attualmente la standardizzazione delle metodiche ha ridotta la variabilitˆ fra metodi dellÕordine del 10%. Pertanto la determinazione del PSA totale va oggi considerata solo marginalmente metodo dipendente. Nel caso del PSA libero la variabilitˆ legata al metodo • ancora oggi consistente. é pertanto raccomandabile eseguire lÕindagine accoppiata (PSA libero e PSA totale) sempre con lo stesso metodo. Pertanto il dosaggio del PSA dovrebbe essere effettuato ogni volta nello stesso laboratorio di analisi. Anche se la raccolta e la conservazione del campione • considerata una banale operazione routinaria, queste procedure hanno unÕimportanza probabilmente maggiore di quanto si pensi per la determinazione delle diverse frazioni del PSA; pertanto • importante utilizzare una procedura standardizzata in modo che il trattamento dei campioni nella fase pre-analitica sia confrontabile ed omogeneo. Raccomandazioni minime: a) separare il siero entro 4 ore dal prelievo; b) se il dosaggio avviene entro 24 ore conservare a +4¡C; c) conservare a -70¡C per tempi pi• lunghi. 5.2.2.2.2 Cause fisiologico-cliniche Tabella 2 Condizione Effetto Provvedimenti Etˆ Aumento PSA Intervalli di riferimento aggiustati per etˆ Eiaculazione Aumento inferiore nei giovani, maggiore > 40 anni Attendere almeno 48 ore prima del prelievo Attivitˆ fisica Aumento PSA Attendere almeno 24 ore prima del prelievo Bicicletta Aumento PSA Attendere almeno 24 ore prima del prelievo Numerosi studi hanno documentato la validitˆ del PSA nella scoperta di un carcinoma prostatico: viene considerato il singolo esame con il pi• alto valore predittivo positivo per tumore e incrementa il valore predittivo della sola esplorazione rettale. Per quanto riguarda la distribuzione dei livelli sierici del PSA, in una popolazione sottoposta a screening, • risultato che lÕ85-90% dei soggetti oltre i 50 anni aveva un livello di PSA inferiore a 4 ng/ml; lÕ8-12% compreso tra 4,1 e 10 ng/ml e il 3% superiore a 10 ng/ml. Attualmente il cut-off di normalitˆ • considerato 4 ng/ml. Il valore del PSA non • sempre capace di distinguere soggetti con IPB da quelli con tumore prostatico: utilizzando come cut-off 3 ng/ml la sensibilitˆ risulta essere di 89,6%, la specificitˆ dellÕ80,7% con solo il 19,3% di falsi negativi. Nonostante lÕalto valore predittivo del PSA, questo deve essere associato sempre a unÕesplorazione rettale, in quanto il 25% degli uomini con carcinoma prostatico ha valori di PSA inferiori a 4 ng/ml. 158 CARCINOMA PROSTATICO Il dosaggio del PSA aumenta il Òlead timeÓ per la diagnosi di tumore prostatico e permette cos“ la scoperta di neoplasie che sono sempre pi• confinate alla prostata. Utilizzando il valore limite di 4 ng/ml per il PSA e unÕanormalitˆ alla esplorazione rettale • possibile riscontrare una malattia organo-confinata nel 71% dei casi. Per aumentare la sensibilitˆ e la specificitˆ del marcatore nella diagnosi di carcinoma prostatico sono state proposte misurazioni specifiche del PSA. 5.2.2.3 Peso specifico per etˆ Alcuni Autori segnalano che i valori di PSA aumentano con lÕetˆ, secondo unÕequazione lineare che prevede un aumento del 25% ogni 10 anni. Il PSA aumenta con lÕetˆ principalmente per lÕaumento volumetrico della ghiandola. é stato proposto che lÕaggiustamento del PSA per etˆ potrebbe migliorare la diagnosi di carcinoma prostatico in soggetti pi• giovani, e diminuirebbero le indagini non necessarie in soggetti pi• anziani. Altri studi invece dimostrano che lÕaggiustamento per etˆ non dˆ maggiori vantaggi rispetto al valore soglia di 4 ng/ml. Inoltre, il problema del concomitante incremento delle dimensioni della ghiandola, della variabilitˆ interdividuale del rapporto stroma/epitelio e della variabile presenza di patologia prostatica non tumorale rendono ancora controverso il problema del cut-off del PSA totale differenziato per etˆ. 5.2.2.4 Densitˆ del PSA (PSAD) Alcuni Autori hanno suggerito che lÕaggiustamento del PSA per il volume prostatico, determinato mediante ecografia prostatica transrettale, potrebbe aiutare a distinguere rialzi del PSA sostenuti da una neoplasia da quelli derivati da una patologia benigna della ghiandola prostatica. Si parla in questo caso di PSA Density (PSAD), e una PSAD maggiore di 0,15 • stata proposta come valore soglia per biopsie prostatiche in uomini con PSA tra 4 ng/ml e 10 ng/ml. Utilizzando invece un cut-off di 0,2 si ha una sensibilitˆ dellÕ82,1% e una specificitˆ dellÕ85,96%. LÕutilitˆ di questa metodica non • per˜ confermata da tutti gli studi. Inoltre si deve considerare che vi • una differenza tra la quantitˆ di epitelio, produttore di PSA, in prostate di dimensioni simili, e che la variabilitˆ di forma della prostata limita lÕutilizzo dellÕequazione volumetrica per calcolare le dimensioni prostatiche. LÕepitelio della zona transizionale, e non quello della prostata periferica, rappresenta la fonte di produzione pi• importante del PSA sierico. Dato che lÕIPB rappresenta un ingrandimento della zona di transizione, e dato che i livelli sierici del PSA sono un riflesso dellÕistologia della zona di transizione nel paziente con IPB, aggiustare il valore del PSA per il volume della zona di transizione sembra essere utile nella diagnosi di tumore prostatico o IPB. La PSAD della zona di transizione risulta essere pi• accurata rispetto a quella dellÕintera prostata per soggetti con PSA fra 4 ng/ml e 10 ng/ml. Utilizzando come cut-off un valore di 0,35 la specificitˆ e la sensibilitˆ risultano rispettivamente del 90 e del 93,7%. 5.2.2.5 Velocitˆ del PSA (PSAV) I cambiamenti di PSA che si possono registrare in due misurazioni ravvicinate possono essere dati da variazioni fisiologiche ma anche dalla presenza di una patologia prostatica. Tali variazioni possono essere aggiustate per il tempo intercorso tra le misurazioni: concetto conosciuto col termine di velocitˆ del PSA o tasso di cambiamento del PSA. Si calcola sottraendo al valore del PSA dellÕultima determinazione quello della precedente e dividendo il valore ottenuto per il numero di anni intercorsi tra le 2 determinazioni (PSA 1-PSA2/anni). Alcuni studi hanno dimostrato che un tasso di cambiamento del PSA superiore a 0,75 ng/ml/anno • un marcatore specifico per la presenza di tumore prostatico. Per altri invece sarebbe patologico un incremento del PSA pari o superiore al 20% allÕanno. é stato calcolato che lÕintervallo minimo di follow-up per il quale aggiustare la variazione del PSA, affinchŽ la velocitˆ del PSA sia utile per la scoperta di un tumore prostatico, • 18 mesi. Diversi problemi esistono riguardo al concetto di PSAV, che ne limitano sensibilmente lÕutilitˆ, per quanto riguarda le variazioni biologiche, la variabilitˆ dei risultati nei diversi laboratori che pu˜ raggiungere il 20%, e la mancanza di accordo sullÕintervallo di tempo in cui il PSA va ripetuto. 5.2.2.6 Rapporto PSA libero/totale é stato dimostrato che uomini affetti da tumore prostatico presentano una frazione di PSA sierico complessato allÕACT pi• alta rispetto a uomini affetti da altra patologia prostatica. Un valore soglia del PSA libero/PSA totale inferiore a 0,18 migliora sensibilmente la possibilitˆ di distinguere tra soggetto con o senza tumore, rispetto al solo uso del PSA totale. Questo rende possibile la scoperta di tumori prostatici confinati alla ghiandola, qualora il rapporto PSA libero/PSA totale sia associato allÕesplorazione rettale. é stato dimostrato che lÕuso del rapporto libero/totale migliora la specificitˆ nei programmi di screening per cancro prostatico,in gruppi selezionati, riducendo il numero delle biopsie prostatiche. é stato suggerito che il cut-off • diverso a seconda che si considerino prostate con peso superiore o inferiore a 40 g: in questÕultimo caso il cut-off tende ad innalzarsi. La presenza di 159 CARCINOMA PROSTATICO un processo infiammatorio non influenza il rapporto. Il rapporto libero/totale consente di migliorare lÕaccuratezza diagnostica per valori di PSA compresi tra 4-10 ng/ml (Òzona grigiaÓ) riducendo significativamente il numero di biopsie prostatiche definibili ÒinutiliÓ. 5.2.3 Diagnostica per immagini e strumentale La diagnosi di carcinoma prostatico • istologica e prevede pertanto lÕesecuzione di biopsia. Il sospetto di carcinoma prostatico e quindi lÕindicazione alla biopsia si pongono in base allÕosservazione del dosaggio del PSA e al dato dellÕesplorazione rettale (ER). LÕecografia transrettale (ETR) • invece unÕindagine di secondo livello da mettere in atto quando PSA ed ER risultino alterati. Quando il carcinoma prostatico sia stato istologicamente accertato, diviene utile per la programmazione terapeutica la definizione dello stadio presunto. Questa si pu˜ ottenere attraverso lÕosservazione dei valori del PSA e del grado di differenziazione della neoplasia ottenuto da biopsia correttamente eseguita. In casi selezionati, in base allÕetˆ, al dato incerto dellÕalgoritmo ÒPSA - grado di differenziazioneÓ e dellÕesplorazione rettale, pu˜ essere utile il ricorso alla diagnostica per immagini per valutare lo stadio locale (T) con risonanza magnetica (RM) e i paramentri N ed M con RM o tomografia computerizzata (TC) e con scintigrafia ossea. La recente Letteratura dimostra come lÕETR da sola non mostri elevata accuratezza nel rilevo di lesione neoplastica della prostata. Per questi motivi la ETR • attualmente da considerare un esame di secondo livello, da porre cio• in atto quando ER o PSA risultino sospetti. Secondo questo criterio non dovrebbe pertanto verificarsi lÕeventualitˆ del rilievo ecografico di lesione prostatica con PSA ed ER negativi. LÕuso invalso di richiedere ETR in maniera routinaria per sintomatologia disurica porta tuttavia a frequente rilievo di noduli sospetti (anecogeni); questi in assenza di alterazione del PSA e dellÕETR non dovrebbero essere approfonditi con biopsia. LÕETR • da ritenersi indispensabile per guidare la biopsia. La metodica per immagini che ha maggiore accuratezza nel rilievo di neoplasia prostatica • indubbiamente la risonanza magnetica condotta con bobina endorettale o con bobine phased-array ed eventualmente associata con spettroscopia. I recenti dati della Letteratura riportano accuratezza tra lÕ80 ed il 90%. La scarsa disponibilitˆ di apparecchiature idonee di operatori dedicati e gli elevati costi non ne rendono tuttavia, almeno per ora, opportuna lÕintroduzione nel percorso diagnostico. Se ne propone, da parte della Letteratura di questi ultimi anni, lÕeventuale impiego ai fini diagnostici in soggetti giovani con PSA alterato, ER ed ETR negative e ripetute biopsie sistematiche negative prima di rebiopsia. La RM, secondo i dati della letteratura recente, ha buona accuratezza nella definizione dello stadio locale in particolare nella valutazione dellÕinteressamento delle vescicole seminali. I risultati migliori si ottengono con lÕutilizzo di bobina endorettale o phased array con ulteriore incremento diagnostico dallÕuso combinato della spettroscopia con colina. Il limite principale di questa metodica • costituito dalla necessitˆ, per ottenere risultati soddisfacenti, di apparecchiature adeguate ed operatori esperti e quindi dallÕelevato costo della procedura. Un altro limite consiste nellÕimpossibilitˆ ad ottenere risultati diagnostici ottimali nelle tre-quattro settimane dopo la biopsia causa gli artefatti da sanguinamento intraprostatico che accompagna sempre la biopsia sistematica. Attualmente, infatti, si preferisce programmare la scelta terapeutica in base ad un algoritmo piuttosto semplice che si basa sul dato statistico che lo stadio patologico • correlabile al valore del PSA ed al grado di differenziazione ottenuto con biopsia sistematica. Questo algoritmo nella maggior parte dei casi appare in grado di fornire le informazioni necessarie ad una ragionata e consapevole scelta terapeutica. Il ruolo attualmente allargato dellÕopzione chirurgica rende meno importante la precisa stadiazione preterapeutica. Nei casi Òborder lineÓ per valori di PSA o grading o etˆ, in cui non si • in grado di proporre con ragionevole sicurezza una definita opzione terapeutica, si pu˜ proporre la RM come indagine per la stadiazione locale. La scintigrafia ossea, secondo i protocolli nordamericani, dovrebbe essere eseguita soltanto in quei casi in cui il PSA elevato (superiore a 30 o anche con cut-off di 20 se il grading con Gleason score sia superiore a 7) possa far sospettare metastasi ossee che nella regola controindicano lÕintervento chirurgico radicale. LÕesecuzione di una scintigrafia ossea prima del trattamento pu˜ trovare, tuttavia, una razionale indicazione routinaria come quadro di base da confrontare con analoghe indagini successive al trattamento per escludere false positivitˆ da captazione non neoplastica. Criterio analogo deve essere seguito per la ricerca delle localizzazioni linfonodali che devono essere sospettate solo per valori di PSA superiori a 20. Per la ricerca delle metastasi linfonodali si pu˜ eseguire indifferentemente la TC o la RM, entrambe con il limite di fornire una valutazione esclusivamente volumetrica dei linfonodi che come • noto non • costantemente correlata con lÕinteressamento da malattia. Esistono molteplici studi che utilizzando mezzi di contrasto specifici per i linfonodi si dimostrano in grado di evidenziare in questi lÕinteressamento da malattia indipendentemente dal loro volume. 160 CARCINOMA PROSTATICO é importante tuttavia sottolineare il valore ancora essenzialmente sperimentale di questi studi peraltro legati ad utilizzo di apparecchiature di RM ad intensitˆ di campo elevata e softwares dedicati e pertanto per il momento non diffusamente disponibili sul territorio nazionale. 5.2.4 Procedure bioptiche 5.2.4.1 Indicazioni Le biopsie prostatiche sono essenzialmente di due tipi: mirata o random. a) Biopsia mirata: trova il suo razionale in presenza di una lesione chiaramente rilevata allÕesplorazione rettale (DRE) o allÕecografia (TRUS), accompagnata o meno da valori significativi del PSA. Nel caso in cui lÕindicazione sia un nodulo, palpabile alla DRE o rilevabile alla TRUS, • buona regola, comunque, associare al prelievo mirato altri prelievi random. é opportuno eseguire una biopsia mirata anche nei casi di diagnosi certa, alla DRE od alla TRUS o con PSA significatamene elevato, perchŽ la definizione dellÕistotipo e del grading possono essere utili per definire la prognosi e lÕormonosensibilitˆ. b) Biopsia random: viene eseguita essenzialmente con valori di PSA elevati, di norma in assenza di lesioni focali. é dibattuto quando proporre al paziente la biopsia random. Oggi si • orientati a porre indicazione alla biopsia random quando lÕanalisi del PSA evidenzia valori elevati rispetto agli standard di riferimento assoluti ed usando possibilmente formule di correzione basate sullÕetˆ, sul volume della prostata (PSA density), sul rapporto libero/totale (R F/T) e sulla velocitˆ di incremento (PSA velocity). Comunque, ed in ultima analisi, • compito dello specialista valutare nei casi dubbi lÕopportunitˆ o meno, in base ai parametri clinici, ematici ed alla qualitˆ di vita del paziente, di consigliare subito la biopsia ovvero una rivalutazione pre-bioptica. Esiste unÕindicazioni alla re-biopsia per persistenza del sospetto clinico e/o biochimico. Altre indicazioni alla rebiopsia sono rappresentate dallÕevidenza anatomo-patologica di lesioni pre-neoplastiche (PINhg, ASAP). 5.2.4.2 Tecnica La tecnica oggi maggiormente adottata • la transrettale con guida ad ultrasuoni. La tecnica viene solitamente eseguita con sonda ecografica multipiano, multifrequenza con canale per biopsia transrettale incorporato ed aghi automatici da biopsia. In alcuni centri si preferisce la tecnica transperineale. Permangono a tuttÕoggi atteggiamenti discordanti sul numero dei prelievi da eseguire. Sono stati proposti diversi schemi. Di fatto, mentre non appaiono esserci ad oggi grosse differenze percentuali di positivitˆ tra 6 e 12 prelievi (rispettivamente 15 e 17%), tale percentuale sale al 32% con 18 prelievi. LÕatteggiamento maggiormente seguito attualmente sembra essere quello che prevede da 6 a 12 prelievi per volumi prostatici fino a 40 cc. Al di sopra di tale volume lÕincremento proporzionale del numero dei prelievi aumenta in maniera significativa la percentuale di positivitˆ (nomogramma di Vienna). Altra considerazione riguarda le re-biopsie o biopsie reiterate. Queste devono essere estese e comprendere la zona di transizione. I frustoli bioptici (cores) devono essere inviati singolarmente e ben individuabili dallÕanatomopatologo. La percentuale di cores positivi e la percentuale di tumore appaiono, infatti, essere fattori predittivi significativi ed indipendenti di estensione extra-prostatica di malattia. 5.2.4.3 Norme generali é buona norma preparare il paziente alla biopsia della prostata con alcune misure generali. Se il paziente • in terapia con farmaci anticoagulanti questi devono essere sospesi e sostituiti, generalmente, con eparine a basso peso molecolare. LÕantibiotico profilassi, indispensabile nella transrettale, deve essere iniziata il giorno prima della biopsia e continuata per un tempo variabile da 3 a 10 giorni. Il clisma di pulizia pre-biopsia, consigliato in alcuni centri al fine di ridurre il rischio di infezione, • opzionale. LÕuso di anestetici locali, che riducono significativamente il dolore avvertito dal paziente, appare raccomandabile soprattutto quando si eseguono un maggior numero di prelievi. 5.2.4.4 Complicanze Le complicanze sono rare ed in genere facilmente controllabili. Sono essenzialmente rappresentate da: ¥ ritenzione acuta dÕurina transitoria, che pu˜ richiedere un cateterismo delle vescicole temporaneo. é dovuta generalmente allÕedema post-bioptico in pazienti giˆ affetti da ostruzione cervico-uretrale; ¥ complicanze emorragiche, quali uretrorragia, ematuria, rettorragia ed ematoma del perineo, che raramente raggiungono importanza clinica; 161 CARCINOMA PROSTATICO ¥ complicanze settiche: possono realizzarsi, in teoria, per trasporto intraprostatico di germi fecali con la tecnica transrettale. In realtˆ, tale evenienza • rara, soprattutto se viene eseguita una corretta preparazione; ¥ emospermia: frequente e prolungata, ma non riveste alcun significato clinico. Ha ripercussioni soprattutto a livello psicologico nei pazienti pi• giovani. é obbligatorio, comunque, informare il paziente, in maniera semplice e soprattutto adeguata alla sua possibilitˆ di comprendere, sulle finalitˆ dellÕesame, sul tipo di metodica bioptica prescelta e ovviamente sulle possibili complicanze. 5.2.5 Anatomia patologica 5.2.5.1 Diagnosi istopatologica La diagnosi di carcinoma della prostata viene posta su preparati istologici da agobiopsie ecoguidate e dai frammenti di tessuto ottenuti mediante resezione transuretrale (TUR) dellÕadenoma prostatico. Inoltre, sul preparato istologico • possibile definire con accuratezza la sede, lÕistotipo, il grado di differenziazione della neoplasia e, qualora nel prelievo bioptico siano compresi anche tessuti extracapsulari o le vescicole seminali, valutare la possibile estensione extraprostatica del tumore. Il quadro microscopico di gran lunga pi• frequente del carcinoma della prostata • lÕadenocarcinoma acinare. Diverse varianti di adenocarcinoma sono state descritte (vedi appendice), come ad esempio duttale (o endometrioide), mucinoso, signet ring, adenosquamoso, a piccole cellule e sarcomatoide. Sulla base della conoscenza del loro comportamento aggressivo, si ritiene che sia necessario specificare nel referto la presenza di queste varianti. Non • invece necessario indicare la presenza di altre varianti architetturali o citologiche, come ad esempio quella atrofica o quella pseudoiperplastica in quanto non hanno un valore prognostico. Nella valutazione istologica delle biopsie prostatiche, effettuate per un sospetto clinico di neoplasia, si possono incontrare alcuni problemi diagnostici: ¥ proliferazione microacinare atipica sospetta, ma non diagnostica per malignitˆ (ASAP, atypical small acinar proliferation). In alcune biopsie prostatiche si pu˜ osservare la presenza di focolai costituti da piccoli acini, la cui morfologia • suggestiva, ma non indicativa, per neoplasia; ¥ iperplasia adenomatosa atipica vs adenocarcinoma. LÕiperplasia adenomatosa atipica • usualmente presente nella zona di transizione ed • caratterizzata dalla proliferazione di piccoli acini privi delle caratteristiche alterazioni citologiche dellÕadenocarcinoma; lÕimmunoistochimica evidenzia la presenza di occasionali cellule basali. In aggiunta ai criteri morfologici tradizionali, le indagini immunoistochimiche, che possono essere dÕausilio nella definizione dellÕimmunofenotipo del carcinoma prostatico e quindi della sua diagnosi, includono la determinazione di: ¥ antigene prostatico specifico (PSA) e fosfatasi acida prostatica specifica (PSAP); usualmente lÕadenocarcinoma della prostata • positivo per PSA e PSAP; ¥ citocheratine ad alto peso molecolare, cio• 34betaE12, presenti nelle cellule dello strato basale; le cellule basali sono assenti nel carcinoma che risulta negativo a questa indagine immunoistochimica; ¥ la p63, proteina nucleare espressa dalle cellule basali, • assente nellÕadenocarcinoma; ¥ lÕalfa-metil-CoA-racemasi (o P504S), • un indicatore di malignitˆ e pu˜ essere usato in associazione con la p63. Di particolare importanza • il riconoscimento di una lesione peculiare dellÕepitelio ghiandolare, nota come neoplasia intraepiteliale della prostata (PIN), e graduata in PIN di basso grado e PIN di alto grado. La PIN di alto grado • considerata il precursore diretto dellÕadenocarcinoma della zona periferica. é spesso associata alla presenza di adenocarcinoma e la sua identificazione nei campioni bioptici pu˜ rappresentare lÕindicazione ad unÕindagine bioptica supplementare per la ricerca di eventuale carcinoma concomitante. 5.2.5.2 Caratterizzazione biologica Da una pi• precisa caratterizzazione biologica della neoplasia prostatica ci si attende di poter ottenere informazioni clinicamente utili, relative alla valutazione del comportamento biologico atteso, e quindi alla sua possibile progressione ed evoluzione clinica. Finora, le uniche indicazioni in tal senso sono offerte dalla valutazione del volume della neoplasia, del suo grado di differenziazione e del suo stadio. Studi recenti stanno vagliando la possibilitˆ dÕidentificare indicatori biologici pi• precisi di progressione della malattia, che possano essere considerati come utili parametri prognostici. Tra questi vanno citati: ¥ lÕassetto recettoriale per gli ormoni androgeni; ¥ lÕiperespressione dellÕoncogene bcl-2 (che consente di predire una refrattarietˆ della neoplasia alla terapia anti-androgenica); ¥ lÕanomala espressione del gene oncosoppressore p53 (che in taluni studi si • dimostrata un fattore prognostico sfavorevole sia in termini di sopravvivenza globale sia di sopravvivenza libera da malattia); 162 CARCINOMA PROSTATICO ¥ la perdita o la ridotta espressione di caderina E; ¥ la differenziazione neuroendocrina; ¥ lÕentitˆ della neoangiogenesi; ¥ la frazione di cellule proliferanti. Il grado istologico, oltre allo stadio, rappresenta un fattore di primaria importanza nellÕimpostazione del programma terapeutico. Il sistema di grading secondo lo schema di Gleason • considerato lo standard internazionale. Numerosi studi hanno dimostrato che lo score di Gleason si correla con altri parametri prognostici come il volume della neoplasia, lÕestensione extraprostatica o la presenza di margini positivi nelle prostatectomie radicali. Il valore predittivo dello score di Gleason aumenta quando • combinato con altri parametri clinici come lÕesplorazione rettale e il livello sierico di PSA. Negli anni recenti, sono stati sviluppati nomogrammi per predire lo stadio patologico nelle prostatectomie radicali e la progressione di malattia dopo chirurgia o radioterapia. Tipicamente i nomogrammi includono variabili ottenute prima del trattamento, in particolare lo stadio clinico, lo score di Gleason, il PSA sierico, la quantitˆ di neoplasia nelle biopsie, ecc. I valori dello score di Gleason possono essere raggruppati in: Gleason score 2-4 (adenocarcinomi ben differenziati); Gleason score 5 e 6 (moderatamente differenziati), Gleason score 7 (moderatamente-poco differenziati); e Gleason score 8-10 (scarsamente differenziati). In generale, lo score di Gleason non • applicato nei tumori trattati con terapia ormonale o radioterapia. Tuttavia lo score di Gleason va definito in quelle neoplasie che non mostrano modificazioni morfologiche indotte da terapia. Lo score di Gleason va indicato nelle biopsie che mostrano neoplasie con aspetti di tipo duttale, signet ring e mucinoso. Per quanto riguarda i carcinomi a piccole cellule e sarcomatoide lo score di Gleason • considerato opzionale. 5.2.5.3 Stadiazione La stadiazione del carcinoma prostatico, secondo il sistema TNM, • un mezzo universalmente accettato per stimare la prognosi, definire la terapia pi• adatta e per valutare i risultati. Consente una descrizione dellÕestensione della malattia neoplastica ricorrendo a tre parametri: ¥ lÕestensione del tumore primario; ¥ il coinvolgimento linfonodale; ¥ le metastasi a distanza. La combinazione dei tre elementi permette di assegnare il singolo tumore a uno stadio, che ha una prognosi e una terapia proprie. La stadiazione (vedi appendice) clinica (cTNM) • impiegata per valutare lÕestensione della malattia prima dÕintraprendere qualsiasi terapia. La stadiazione patologica (pTNM) consente precisazioni sul materiale patologico asportato nei pazienti sottoposti a prostatectomia. 5.3 TERAPIA 5.3.1 Chirurgia 5.3.1.1 Premesse La prostatectomia radicale • il trattamento appropriato per i pazienti con carcinoma della prostata (CaP) clinicamente localizzato tale da poter essere asportato completamente, quando lÕaspettativa di vita • di almeno 10 anni e non vi sono condizioni di co-morbilitˆ che potrebbero controindicare un intervento di elezione. Pu˜ essere inoltre indicata in pazienti selezionati in stadio T3 o N+ in un contesto di trattamento multimodale. Vanno ovviamente considerati anche tutti gli altri parametri disponibili che in qualche modo, anche se spesso in maniera non esaustiva, possono orientarci a collocare i pazienti in categorie di rischio (Tabella 3). La stadiazione clinica infatti, benchŽ affidata a tecniche diagnostiche ormai collaudate nel tempo, non riesce tuttÕoggi a risultare sempre sufficientemente attendibile. Questo ha generato ulteriori ricerche che utilizzano altri parametri (invasione perineurale, estensione percentuale del tumore nel contesto del singolo campione bioptico) e analisi statistiche multivariate al fine di stratificare in maniera ancor pi• attendibile i pazienti che dovranno essere sottoposti a qualsivoglia trattamento in seguito a CaP. La prostatectomia radicale • lÕunico trattamento che abbia apportato un vantaggio in termini di sopravvivenza specifica per tumore in un trial prospettico randomizzato nei confronti della vigile attesa (watchful waiting). La necessitˆ di provvedere oltre che al trattamento oncologico anche alla disostruzione cervico-uretrale, nel decision-making potrebbe costituire un fattore favorente lÕorientamento chirurgico. 163 CARCINOMA PROSTATICO Tabella 3 - Stratificazione prognostica dei pazienti Pazienti a basso rischio (tutte le caratteristiche elencate) ¥ ¥ ¥ ¥ PSA < 10 ng/ml Gleason score bioptico ² 6 T1 T2a < 3 biopsie positive al mapping ¥ ¥ ¥ ¥ PSA 10 - 20 ng/ml Gleason score bioptico = 7 T2b T3a ³ 3 biopsie positive al mapping Pazienti a rischio intermedio (una delle caratteristiche elencate) Pazienti ad alto rischio (una qualunque delle caratteristiche sotto elencate) ¥ PSA > 20 ng/ml ¥ Gleason score bioptico 8-10 ¥ T3b 5.3.1.2 Prostatectomia radicale 5.3.1.2.1 Definizione La prostatectomia radicale (PR) prevede lÕasportazione in blocco della prostata, delle vescicole seminali e lÕanastomosi tra la vescica e lÕuretra. Pu˜ essere associata a linfadenectomia pelvica. La procedura pu˜ essere eseguita per via retropubica, transperineale, transcoccigea o laparoscopica. Mancano studi di confronto randomizzati tra le varie tecniche chirurgiche. In mani esperte la procedura comporta morbilitˆ intra e post-operatorie minime. 5.3.1.2.2 Indicazioni CaP presumibilmente curabili in soggetti con life expectancy (LE) > 10 anni, nei seguenti stadi: Ð T1a (alto grado e/o con LE ³ 15 aa); Ð T1b, T2; Ð T1c (clinicamente significativo); Ð T3 (senza evidenza clinica di metastasi, L.E. ³ 10 anni, con Performance Status ECOG ² 2. Non esistono assoluti limiti di etˆ per quanto vada tenuto presente che lÕaumentare delle comorbiditˆ diminuisce il rischio reale di decesso da CaP sopra i 70 anni. La diffusione dellÕimpiego del PSA ha portato alla luce la problematica dei soggetti < 50 anni (4% in USA, dati SEER) con biopsia positiva per CaP. In questa popolazione oltre a non essere possibile stabilire con certezza la percentuale di forme non clinicamente significative, esiste una lunga aspettativa di vita. LÕesperienza pi• importante riportata in letteratura (Johns Hopkins, USA) segnala 341 soggetti trattati con PR. Di questi, solo il 65% risult˜ affetto da una malattia localmente confinata. Nel 5% dei casi era anche presente un coivolgimento linfonodale. Questi dati sottolineano il ruolo importante della chirurgia radicale anche nelle fasce di etˆ pi• giovani. La PIN non rappresenta, di per sŽ, unÕindicazione al trattamento, con una PIN di alto grado (HG-PIN) le probabilitˆ di sviluppare un CaP invasivo dopo 5 e 10 anni sono rispettivamente del 30 e dellÕ80%. Tuttavia per lÕesecuzione dellÕintervento • sempre obbligatoria la conferma istologica preoperatoria del CaP. T1a-b Nello stadio T1a il rischio di progressione a 5 anni • del 5%, ma pu˜ arrivare al 50% dopo 10-13 anni. Pertanto, nei soggetti con attesa di vita ³ 15 anni il rischio di progressione • reale, specie negli alti gradi. Queste considerazioni suggeriscono la possibilitˆ di eseguire, entro tre mesi dalla prima TURP, una resezione second-look e il mapping bioptico ecoguidato della prostata periferica, che Ð in caso di malattia residua Ð faranno proporre la PR. Nello stadio T1b il rischio di progressione a 5 anni • del 29%, pertanto • consigliabile un trattamento definitivo immediato. T1c Ormai rappresenta lo stadio clinico pi• frequentemente avviato alla PR. Solo lÕ11-16% dei casi risulta essere costituito da tumori non significativi, mentre si trova in stadio patologico localmente avanzato fino al 30% dei casi. Tuttora non cÕ• consenso su come identificare le forme non significative. T2 Lo stadio T2 non trattato presenta un tempo medio di progressione pari a 6-10 anni. I pazienti con attesa di vita 164 CARCINOMA PROSTATICO ³ 10 anni dovrebbero essere trattati con PR stante il rischio di progressione a 5 anni del 35-55%. Lo stadio T2b pu˜ progredire fino al 70% dei casi in 5 anni. La vigile attesa, watchful waiting (WW), nonostante i limiti dello staging preoperatorio, • stata proposta anche in questi casi. T3 Lo studio CaPSURE (Cancer of the Prostate Strategic Urological Research Endeavor) ha evidenziato che le proporzioni dei pazienti ad alto, intermedio e basso rischio sono cambiate dal 1989 al 2002. LÕincidenza dei T3-T4 • diminuita dallÕ11.8 al 3.5%. é tuttora controversa lÕindicazione elettiva alla PR nei pazienti in questo stadio a causa del rischio di margini positivi, malattia N+ o M+ o di recidiva locale. Fino a 1/3 dei pazienti sottoposti a PR va incontro a innalzamento del PSA. Sta acquisendo popolaritˆ la combinazione ormonoterapia (HT)-radioterapia (RT), quantunque non esistano dati che dimostrino un miglior outcome rispetto alla chirurgia. Lo studio randomizzato RT vs RT + HT ha dimostrato che il trattamento combinato • vantaggioso rispetto alla sola RT, ma non ha dimostrato la sua superioritˆ rispetto alla PR. Mancando studi randomizzati di confronto fra le varie metodiche, solo i risultati di singole esperienze, mono- o multicentriche, possono definire lÕesatto ruolo della PR, considerando anche gli errori di stadiazione: 15% di overstaging e 8% di understaging, cui conseguono diverse classi prognostiche. Il PSA-free survival rate • funzione di vari fattori: tra questi lÕinvasione delle vescicole e/o dei linfonodi, la presenza di margini positivi (PSM), PSA preoperatorio e Gleason score costituiscono fattori prognostici indipendenti. Gleason score bioptico da 8 a 10 e PSA > 20 ng/ml o stadio clinico T3, T4 rappresentano un alto rischio per la recidiva biochimica Pazienti in stadio T3 clinico con PSA < 10 hanno un PSA-free survival rate > 60% a 5 anni. Ci˜ indica che parte dei cT3 pu˜ beneficiare della PR. Il problema principale • costituito dalla mancanza di valide modalitˆ di stadiazione preoperatoria, cui si cerca di dare risposta ricorrendo a diverse soluzioni: nomogrammi, risonanza magnetica (MRI), staging bioptico. Nel caso di ripresa di malattia dopo PR lÕutilizzo di trattamenti combinati (radioterapia e/o ormonoterapia) possono essere utilizzati nellÕintento di influenzare la sopravvivenza. 5.3.1.2.3 Risultati Tabella 4 Studio Hachiya et al, 2004 Hull et al, 2002 Han et al, 2001 Catalona e Smith, 1994 Trapasso et al, 1994 Zincke et al, 1994 N. pazienti Follow-up medio 64 1000 2404 925 601 3170 51 53 75 28 34 60 Sopravvivenza libera da malattia a 5 anni PSA-free survival rate % 76,5 --84 78 69 70 Sopravvivenza libera da malattia a 10 anni PSA-free survival rate % 76,5 75 74* 65 47 52 * 15 anni 66% 5.3.1.2.4 Complicanze e sequele Tabella 5 - Complicanze Complicanze Mortalitˆ perioperatoria Emorragia rilevante Lesione del retto Trombosi venosa profonda Embolia polmonare Linfocele Perdite urinose, fistola Incontinenza Sclerosi del collo vescicale Ostruzione ureterale Stenosi uretrale Incidenza (%) 0,0-2,1 1,0-11,5 0,0-5,4 0,0-8,3 0,8-7,7 1,0-3,0 0,3-15,4 0,0-15,4* 0,5-14,6 0,0-0,7 2,0-9,0 * > 3 pads / die 165 CARCINOMA PROSTATICO Sequele LÕimpotenza rappresenta una conseguenza comune dellÕintervento standard, le cui modificazioni mediante tecniche nerve sparing, mono o bilaterali, possono condurre a recupero della funzione erettile fino al 53% e, rispettivamente, al 76% dei casi. Ci˜ • funzione dello stadio e del grado della malattia, dellÕetˆ del soggetto e dellÕabilitˆ tecnica del chirurgo. La PR nerve sparing pu˜ essere proposta negli stadi T1 e nei T2a (solo controlaterale alla lesione) con PSA basso e limitata positivitˆ al mapping bioptico; negli stadi T2b il rischio di PSM e progressione biochimica della malattia • elevato. 5.3.1.3 Linfoadenectomia pelvica La linfectomia pelvica • tuttora parte integrante della procedura in molti casi. Pu˜ essere eseguita in maniera estesa o limitata, con tecnica open o laparoscopica. Secondo i gruppi della Johns Hopkins University, Baltimora, USA e dellÕUniversitˆ di Berna, Svizzera, si intende per ÒestesaÓ la dissezione del tessuto fibroaerolare e linfatico compreso, in direzione cranio-caudale, tra la biforcazione dellÕarteria iliaca comune e il canale femorale, lateralmente entro la parete pelvica, posteriormente entro la fossa otturatoria e lÕarea della vena iliaca interna. La linfectomia ÒlimitataÓ comprende soltanto la dissezione del tessuto situato tra la vena iliaca esterna e il nervo otturatorio. Nelle casistiche pi• recenti, il riscontro di malattia linfonodale dopo linfectomia estesa varia dal 3,2 al 25%. Il gruppo della Johns Hopkins rileva Ð nei pazienti N+ Ð una PSA progression-free survival a 5 anni maggiore nei soggetti sottoposti a dissezione estesa (34,4 vs 16,5%). Tale differenza di outcome diventa statisticamente significativa (p = 0,01) se si considerano i soggetti con il rapporto: N+/N rimossi ² 15%. Questa esperienza fa intravedere un possibile ruolo della lymph node density quale fattore prognostico. Peraltro i nomogrammi di Partin riportano un rischio di malattia linfonodale del 10-11% per lo stadio T1c di grado elevato. Nonostante quasi tutti i pazienti con estesa malattia linfonodale finiscano in progressione, la PR seguita da soppressione androgenica precoce pu˜ garantire fino allÕ80% di sopravvivenza specifica per tumore a 10 anni (specie N1). Resta da valutare se la sola HT possa produrre un analogo risultato, considerando anche i suoi possibili effetti collaterali nel lungo periodo. Il possibile ruolo terapeutico, oltre che stadiante, della linfectomia conferma lÕimportanza di questo step nella prassi chirurgica del CaP. 5.3.1.4 Ormonoterapia neoadiuvante (NHT) Cinque studi randomizzati prospettici hanno prodotto una riduzione dei PSM utilizzando short term NHT (6-16 settimane, 31-41). Tuttavia, a 3-5 anni, non • stata rilevata alcuna differenza nei tassi di progressione biochimica di malattia. La PR dopo NHT pu˜ essere tecnicamente pi• indaginosa, i parametri pi• importanti (durata intervento, perdite ematiche, emotrasfusioni) risultano simili a quelli della PR senza HT. Pertanto, non vi • evidenza sufficiente per consigliare la NHT quale uso routinario. 5.3.1.5 Laparoscopia Molti studi hanno dimostrato la riproducibilitˆ e la sicurezza della metodica, eseguibile con vari approcci. Rimane tuttora una procedura impegnativa, che presenta una lunga curva di apprendimento. Studi comparativi tra PR laparoscopica e open hanno dimostrato pari efficacia oncologica per ambedue le metodiche. Mancano tuttora risultati sul lungo periodo e studi di fase III. 5.3.1.6 Conclusioni La PR dovrebbe trovare indicazione nei soggetti con attesa di vita ³ 10 anni potenzialmente curabili. Essa riveste un ruolo curativo nelle forme localmente confinate e in quelle ben e moderatamente differenziate, che presentano parcellare perforazione capsulare. Nei casi con margini chirurgici positivi ed estensione extracapsulare di alto grado la PR pu˜ giovarsi dellÕintegrazione con altre metodiche (RT e/o HT). 5.3.2 Radioterapia 5.3.2.1 Premesse Il carcinoma prostatico si sta imponendo come una nuova frontiera di grande impegno per la disciplina radioterapica che, pur conservando il suo usuale e forte impiego nelle forme avanzate e metastatiche, sta ormai definitivamente assumendo un ruolo esclusivo e radicalmente curativo nelle forme localizzate, costituendo una valida alternativa alla prostatectomia radicale come ampiamente riportato in numerose pubblicazioni internazionali. 166 CARCINOMA PROSTATICO Le linee guida ITT sulla radioterapia del carcinoma prostatico sono state stese dal sottogruppo apposito sulla base del livello di evidenza desumibile dai report, onde verificare lÕapplicabilitˆ degli standard diagnostico-terapeutici nella nostra regione, ed omogeneizzare i livelli assistenziali. 5.3.2.2 Radioterapia radicale Pu˜ essere eseguita con: ¥ tecniche a fasci esterni; ¥ impianti permanenti di radioisotopi (brachiterapia). Come affermato nelle premesse, la radioterapia radicale del cancro localizzato della prostata, somministrata con fasci esterni o anche con materiale radioattivo inserito direttamente nella prostata (brachiterapia), offre a paritˆ di variabili pre-trattamento (stadio, PSA iniziale, grado di differenziazione e Gleason Score) risultati paragonabili a quelli della prostatectomia radicale e pur in assenza di studi randomizzati di qualitˆ, ne costituisce una valida alternativa, pur presentando tipi diversi di tossicitˆ. Per questi motivi la decisione terapeutica tra chirurgia e radioterapia dovrebbe quindi tener conto anche delle caratteristiche del paziente, il quale non deve essere considerato come semplice comparsa nella scelta, ma anzi componente attiva, soprattutto alla luce della sua percezione soggettiva degli effetti collaterali indotti dalle due tecniche. LÕAccoglienza dellÕITT nei vari ospedali si deve fare parte diligente nel favorire tale ruolo al paziente. 5.3.2.3 Radioterapia con fasci esterni 5.3.2.3.1 Tecniche di irradiazione La radioterapia ÒconvenzionaleÓ del cancro prostatico, cio• la radioterapia con fasci esterni con pianificazione bi-dimensioniale (2-D) e dose totale non superiore a 70 Gy, ha da tempo evidenziato i suoi limiti. é impossibile infatti con tale tecnica incrementare la dose totale radiante se non a prezzo di livelli inaccettabili di tossicitˆ. Tali tecniche e dosi hanno quindi limitate capacitˆ di controllare adeguatamente la malattia, come evidenziato dal recente studio randomizzato del M.D. Anderson Cancer Center, che dimostra un aumento del controllo di malattia a 6 anni con dosi di 78 Gy rispetto a 70 Gy (62 vs 43%), anche se significativo solo nei gruppi ad alto rischio. Anche Zelefsky nel 1998 aveva dimostrato una differenza nella sopravvivenza PSA relapse free fra dosi < 70 e > 70 Gy, ed anche qui significativa solo nei gruppi a rischio pi• elevato. Grazie ai progressi ottenuti negli ultimi 10 anni, ed alla disponibilitˆ di sistemi computerizzati basati sulla TC che consentono la ricostruzione tridimensionale (3-D) del volume bersaglio e degli organi critici ed un calcolo tridimensionale della distribuzione della dose, • oggi possibile controllare la copertura del volume bersaglio con la dose di prescrizione e contemporaneamente ottimizzare le tecniche di irradiazione per mantenere entro i limiti di tolleranza la dose/volume agli OAR. Si • resa cosi possibile la somministrazione di dosi elevate, conformando accuratamente la dose stessa attorno al volume tumorale e riducendo significativamente lÕirradiazione dei tessuti sani circostanti. Il potenziale vantaggio di questa RT conformazionale (3DCRT) risiede quindi nellÕincremento del guadagno terapeutico dovuto alla possibilitˆ di erogare dosi elevate al tumore, riducendo la tossicitˆ agli organi critici. La 3DCRT con dosi > 72 Gy •, allo stato dellÕarte, considerata lo standard di riferimento nel trattamento radiante del cancro prostatico localizzato e localmente avanzato (T1-T3), anche se nei gruppi a basso rischio la 3DCRT con dosi di 70 Gy sembra offrire gli stessi risultati di dosi pi• elevate. La revisione di studi comparativi non randomizzati di fase II e di studi di fase III con RT conformazionale 3-D mostra che, a paritˆ di dose somministrata, le tossicitˆ collaterali acute e croniche a carico di retto e vescica sono significativamente ridotte per la miglior distribuzione di dose ottenuta con la RT conformazionale. Le esperienze cliniche che hanno utilizzato dosi superiori a quelle ÒconvenzionaliÓ (> 70 Gy) stanno evidenziando un incremento significativo nel controllo di malattia, fino al 30% di aumento nel controllo biochimico di PSA a 5 anni, ed • verosimile che gli standard di riferimento si orienteranno a breve in tal senso. LÕeffetto biologico delle radiazioni • espresso da una curva dose-effetto della dose di tipo sigmoide che nel cancro prostatico, infatti, evidenzia un iniziale livello di saturazione della stessa attorno agli 80 Gy. La relazione dose-effetto • stata dimostrata da Zelefsky, con lÕaumento del controllo locale bioptico in funzione della dose erogata. Le linee guida ITT della Regione Toscana prevedono che la radioterapia radicale del carcinoma prostatico, eseguita obbligatoriamente con 3DCRT, debba seguire i passaggi tecnici sottoesposti: a) modalitˆ di acquisizione e trasferimento dei dati relativi al paziente; b) progettazione e scelta del piano; c) calcolo della dose ed ottimizzazione del piano; d) verifiche; e) dosi. 167 CARCINOMA PROSTATICO MODALITË DI ACQUISIZIONE E TRASFERIMENTO DEI DATI RELATIVI AL PAZIENTE AllÕinterno di questo punto vi sono aspetti definibili con certezza ed altri controversi. Appaiono controversi: 1. la necessitˆ di immobilizzazione del paziente; 2. la posizione prona o supina. Su questi due punti vi sono contributi in Letteratura a sostegno di ciascuna delle ipotesi. é necessario che nel caso si utilizzino mezzi di immobilizzazione la procedura sia esattamente ripetuta sia in fase di acquisizione che di simulazione e di trattamento e che gli appositi markers siano riportati tanto sui mezzi di immobilizzazione che sulla cute. Per la definizione dei dati geometrici del paziente e la ricostruzione anatomica in particolare del volume di trattamento e suoi sottogruppi e degli OAR • indispensabile lÕutilizzo di: ¥ TC scanner (sia assiale che elicoidale); ¥ letto piatto del TC scanner (consigliabile supporto in fibre di carbonio); ¥ laser di centratura TC (consigliabile la presenza di un terzo laser sagittale). Per lÕacquisizione dei dati • necessario: ¥ utilizzo di FOV di dimensioni tali da includere completamente i contorni corporei; ¥ acquisizione di immagini contigue (spessore e passo di pari valore) dalle creste iliache a 2 cm al disotto delle tuberositˆ ischiatiche, di spessore non superiore a 0,5 cm in corrispondenza della loggia prostatica e 3 cm al di sopra e 3 cm al di sotto della loggia; ¥ stato di riempimento di vescica e retto definiti da ogni centro ma strettamente omogenei tra fase di acquisizione immagini e trattamento; ¥ utilizzo o non di mdc comunque accettabile a scelta di ogni Centro; ¥ utilizzo di sistemi di riferimento rappresentati da markers (minimo 3) radiopachi in corrispondenza dei reperi cutanei. Il trasferimento dei dati al TPS pu˜ essere diretto Òon lineÓ o mediante supporto informatico. PROGETTAZIONE E SCELTA DEL PIANO Il trattamento dei dati anatomici nel TPS deve prevedere: ¥ il contornamento su ciascuna sezione dei contorni corporei con il trasferimento dei markers cutanei; ¥ il contornamento su ciascuna sezione degli OAR (al minimo retto e vescica) da eseguirsi dal Medico Radioterapista. Consigliabile anche il contornamento delle teste femorali per arrangiamenti che le coinvolgano con valori di dose significativi; ¥ il contornamento del CTV (Radioterapista): Ð nel T1 Ð T2/N0 il CTV • rappresentato dalla sola prostata. La scelta dei volumi in questi stadi pu˜ essere influenzata anche dalla presenza di specifici fattori prognostici. Si pu˜ ritenere comunque consigliabile lÕinclusione delle vescicole seminali fino a 60Gy nel T2b; Ð nel T3a/b N0 il CTV • rappresentato dalla prostata + le vescicole seminali; ¥ la definizione del PTV deve prevedere lÕaggiunta di margini predefiniti al CTV, che tengano conto delle incertezze di set-up e dei movimenti dÕorgano (ICRU 62), ad es. 1 cm verso il retto ed 1,5 cm per gli altri margini; ¥ utilizzo di fasci di fotoni di energia 5 Ð 18 Mev; ¥ trattamento multiportale con arrangiamento coplanare dei fasci; ¥ utilizzo della opzione BEV per la conformazione di ogni fascio al PTV; ¥ impiego di schermi personalizzati o MLC. CALCOLO DELLA DOSE ED OTTIMIZZAZIONE DEL PIANO ¥ Calcolo della dose con correzione per le inomogeneitˆ e radiazione diffusa su ciascuna sezione e su ricostruzione. ¥ Produzione delle isodosi su ciascuna sezione TC. ¥ Produzione dei DVH per PTV e OAR. ¥ Ottimizzazione del trattamento che realizzi livelli di dose/volume per PTV (ICRU 62). ¥ Ottimizzazione per OAR in linea con il protocollo di ciascun Centro . VERIFICHE ¥ ¥ ¥ ¥ Verifiche pre-trattamento dellÕisocentro. Posizionamento del paziente con laser su markers cutanei ± immobilizzazione. Produzione immagini portali (elettroniche o su film-cassetta dedicati). Confronto DRR o immagini di simulazione con delineazione del profilo per ciascun campo con le immagini portali con strategia di correzione definita nel protocollo di ogni Centro. 168 CARCINOMA PROSTATICO DOSI ¥ Dose minima 74 Gy calcolati allÕisocentro alla prostata e vescicole seminali (T3) o con vescicole incluse fino a 60 Gy ( T2 b). 5.3.2.3.2 Irradiazione dei linfonodi pelvici Convenzionalmente il volume di trattamento • localizzato sulla prostata. Tuttavia vi sono risultati in letteratura anche a favore dellÕirradiazione dei linfonodi pelvici. Nello studio ormai concluso EORTC 22863 i pazienti irradiati anche sulla pelvi hanno avuto percentuali di sopravvivenza migliori, ma entrambi i gruppi sono sottoposti a OT per 3 anni. Anche nello studio RTOG 85-31 il gruppo irradiato sui linfonodi ha avuto minori recidive locali (23 vs 37%), metastasi (27 vs 37%) e miglior sopravvivenza libera da recidiva clinica e biochimica (54 vs 32%), ma non aumento della sopravvivenza globale. I risultati preliminari del recente studio RTOG 94-13 evidenziano un significativo prolungamento della sopravvivenza libera da malattia (56 vs 46%) nel sottogruppo irradiato oltre che sulla prostata anche sui linfonodi pelvici, pur non sembrando influenzare tale trattamento la sopravvivenza globale. La tossicitˆ di grado 3 peraltro aumenta, anche se in maniera non significativa (4 vs 2%). Nonostante i dati non supportanti un livello sufficiente di evidenza, sembra raccomandabile il trattamento dei linfonodi pelvici limitatamente agli stadi T3 b/c con valori sfavorevoli di Gleason score e/o PSA . In tali casi il trattamento deve prevedere dosi non inferiori a 50 Gy. 5.3.2.3.3 Radioterapia radicale in associazione ad ormonoterapia neoadiuvante/adiuvante LÕormonoterapia (OT) pu˜ essere modulata prima (neoadiuvante) o dopo la radioterapia (RT) (adiuvante). LÕassociazione di OT e radioterapia (RT) ha un razionale radiobiologico e uno clinico. Quello radiobiologico • di tipo additivo, in quanto lÕOT riduce i clonogeni cellulari per via apoptotica lasciando meno cellule da eliminare con RT, ma • anche di tipo sopra-additivo, in quanto stimola e incrementa anche il processo apoptotico promosso dalla RT. Quello clinico • di diminuire le dimensioni della prostata (~ 40-50%), al fine di ridurre le dimensioni del campo di trattamento e quindi i volumi di tessuti sani limitrofi irradiati (retto, vescica), e conseguentemente la tossicitˆ da RT. Inoltre potrebbe incrementare il flusso ematico tumorale riducendo lÕipossia cellulare con unÕattivitˆ di potenziamento della RT. Sono attualmente disponibili i risultati di recenti studi internazionali per la definizione del ruolo dellÕassociazione della OT, neoadiuvante, concomitante o adiuvante. OT neoadiuvante: lo studio RTOG 86-10 mostra, a 8 anni, un aumento significativo del controllo locale (42 vs 30%), della sopravvivenza disease-free (33 vs 21%) e sopravvivenza bNED (24 vs 10%) nel gruppo trattato con OT neoadiuvante per 2 mesi prima e durante la RT, e limitatamente ai pazienti con Gleason 2-6 anche della sopravvivenza (70 vs 52%). OT concomitante: il recente studio EORTC 22863 di Bolla dimostra un significativo miglioramento della sopravvivenza totale (78 vs 62%), sopravvivenza relapse-free (78 vs 40%) e recidive locali (1,7 vs 16,4%) nei pazienti a maggior rischio: cT1-2 G3, cT3-4, trattati con OT concomitante (iniziata 1 settimana prima della RT) + OT per tre anni, rispetto a quelli trattati con sola RT. OT adiuvante: Lo studio RTOG 85-31 ha evidenziato una significativa riduzione delle recidive locali (23 vs 37%), delle metastasi a distanza (27 vs 37%), ed un miglioramento della sopravvivenza libera da recidive (62 vs 36%), ma non della sopravvivenza totale nei pazienti ad alto rischio trattati con RT + OT adiuvante (iniziata lÕultima settimana di RT e proseguita fino a progressione), rispetto a quelli trattati con sola RT. La metanalisi RTOG del 2000 portava a livello di evidenza clinica lÕopportunitˆ di indirizzare ad una OT neoadiuvante di pochi mesi i casi a rischio intermedio, mentre una OT adiuvante prolungata dovrebbe essere usata nei casi avanzati e ad alta aggressivitˆ (Tabella 6). 169 CARCINOMA PROSTATICO Tabella 6 METANALISI RTOG GS=2-6, T1-T2 Nx GS=2-6, T3 Nx GS=2-6, N+ GS=7, T1-T2 Nx GS= 7, T3 Nx GS=/, N+ GS=8-10, T1-T2 Nx GS=8-10, T3 Nx GS=8-10, N+ Gruppo Rischio 1 Gruppo Rischio 2 Gruppo Rischio 3 No OT OT neoadiuvante Òshort termÓ OT adiuvante Òlong termÓ Tuttavia, non deve essere dimenticato che la scelta, la qualitˆ (blocco totale o parziale) e la durata dellÕormonoterapia vanno sempre valutate nel contesto di un adeguato rapporto costo-beneficio, perchŽ essa pu˜ causare effetti collaterali significativi che possono alterare la qualitˆ di vita dei pazienti. 5.3.2.3.4 Risultati Con 3DCRT la sopravvivenza libera da ripresa biochimica (bNED) a 5 anni varia in funzione delle classi di rischio dei pazienti. Le percentuali delle casistiche pi• vaste e recenti valutate per classi di rischio (Memorial Sloan-Kettering Cancer Center, Fox Chase Cancer Center, MD Anderson Cancer Center) mostrano i dati presentati nella Tabella 7. Tabella 7 Classe Rischio basso Rischio intermedio Rischio alto Rischio molto alto Stadio T1-T2 T1-T2 T1-T2 T3 T1-T3 T3 T3 T3c-T4 PSA ³ 10 ² 10 > 10 ² 10 > 10 ² 10 > 10 > 20 Gleason ²6 ³7 ²6 ²6 ³7 ³7 ²6 8-10 5 aa. sopravvivenza bNED ~ 85% (± 10%) ~ 65% (± 10%) ~ 35% (± 10%) ~ 15% (± 10%) 5.3.2.3.5 Complicanze e sequele La tossicitˆ acuta del trattamento radicale con dosi > 70 Gy compare di solito dalla terza settimana e scompare entro alcune settimane. Il trattamento • ben tollerato anche se nel 60% dei pazienti i disturbi urinari e/o rettali (cisto-uretrite/proctite) richiedono un trattamento farmacologico. I disturbi intestinali acuti associati allÕeventuale irradiazione dei linfonodi pelvici sono generalmente ben controllati da una dieta adeguata o da antidiarroici. La tossicitˆ tardiva • valutabile utilizzando lÕapposita scala dellÕEORTC che identifica 5 gradi (Tabella 8). Tabella 8 170 Organo Cute G0 Niente Sottocute Retto Niente Niente Vescica Niente G1 Modesta atrofia, pigmetazione Lieve fibrosi Lieve sanguinamento G2 Discreta atrofia, teleangectasie Moderata fibrosi Sanguinamento saltuario G3 Marcata atrofia intense teleangectasie Marcata fibrosi Sanguinamento da chirurgia G4 Ulcerazione Ematuria microscopica Ematuria intermittente Ematuria frequente Cistite emorragica Necrosi Proctite emorragica CARCINOMA PROSTATICO Le eventuali tossicitˆ tardive sono strettamente dose/volume e tecnica-dipendente, si sviluppano in generale 6 mesi ed oltre dal completamento del ciclo radioterapico e si risolvono di solito spontaneamente. LÕutilizzo locale di steroidi pu˜ abbreviare e alleggerire la sintomatologia correlata. LÕevento tardivo pi• frequente a carico del retto • rappresentato dal sanguinamento saltuario (G2) in circa il 10-20% dei pazienti; tossicitˆ gravi, quali il sanguinamento persistente (G3) che richiede emotrasfusioni o correzioni chirurgiche e la necrosi della parete rettale (G4) sono eventi assai rari, riscontrabili in meno dellÕ1% dei casi, al pari di quelli cisto-uretrali. Tali evenienze sono percentualmente in netta diminuzione con lÕadozione di tecniche appropriate di pianificazione e controllo del trattamento come evidenziato nei precedenti paragrafi. La stenosi dellÕuretra, evento che si verifica in meno dellÕ1% dei casi, • comunque pi• frequente nei pazienti sottoposti a pregressa recente (3 mesi) resezione prostatica transuretrale. Pu˜ presentarsi anche una disfunzione erettile, che • in genere determinata dal danno vascolare causato dal trattamento radiante e dalla dose ricevuta dal bulbo penieno. Tale evento sembra maggiomente evidenziarsi in pazienti con disfunzione erettile preesistente. LÕerezione • mantenuta in circa il 75% dei pazienti, nei primi 15-18 mesi, e si riduce, anche naturalmente per lÕavanzare dellÕetˆ, al 30-61% a 5 anni dalla radioterapia. LÕutilizzazione del Sildenafil, o dei suoi derivati, • in grado di ripristinare la funzione erettile nel 74% dei casi. 5.3.2.4 Brachiterapia con impianto permanente LÕimpiego della brachiterapia (BCT), mediante impianto permanente per il trattamento radicale del carcinoma prostatico localizzato, si • consolidato nel corso degli anni Ottanta, grazie allÕavvento delle tecniche di impianto sotto guida ecografica transrettale e di specifici software per la pianificazione del trattamento (TPS). Il metodo prevede dapprima lÕacquisizione dei dati anatomici del paziente in posizione litotomica con ecografia. Quindi si determina con TPS la geometria di impianto ottimale dal punto di vista dosimetrico. La procedura chirurgica di impianto dei semi viene attuata per via perineale, in anestesia generale o spinale, mediante guida ecografica e fluoroscopica. Gli isotopi usualmente utilizzati sono lo Iodio 125 o il Palladio 103, sigillati in capsule di titanio. I criteri di selezione dei pazienti ideali per una brachiterapia, secondo la Societˆ Americana di Brachiterapia (ABS), sono quelli di carcinomi a basso rischio: ¥ stadio clinico T1c - T2a; ¥ PSA < 10 ng/ml; ¥ Gleason Score (GS) < 7; ¥ volume prostatico < 50 cc; ¥ aspettativa di vita di almeno 10 anni. Tale tecnica non • indicata nei pazienti che hanno giˆ subito interventi di resezione endoscopica della prostata o adenomectomia transvescicale. In Letteratura vengono riportati solo i risultati di studi monoistituzionali. In questi gruppi favorevoli di pazienti comunque le casistiche pi• recenti hanno evidenziato la possibilitˆ di ottenere risultati comparabili tra prostatectomia, radioterapia a fasci esterni e BCT in monoterapia. LÕequivalenza di risultati • anche rilevata nei pazienti a rischio intermedio T2b, GS 7 oppure PSA 10-20 ng/ml, purchŽ sia presente uno solo di questi fattori. Nel paziente ad alto rischio (2 o pi• fattori prognostici negativi, oppure T3, GS > 7 o PSA > 20 ng/ml) la BCT, se impiegata, dovrebbe essere eventualmente riservata a protocolli clinici sperimentali od utilizzata come sovradosaggio prima/dopo una radioterapia a fasci esterni. Inoltre, il paziente candidato ad una BCT non dovrebbe presentare sintomatologia urinaria ostruttiva rilevante o un volume prostatico superiore ai 45-50 ml. Una preventiva soppressione androgenica di 3-4 mesi pu˜, in casi selezionati, permettere di sottoporre a BCT un paziente con prostata voluminosa e/o sintomi ostruttivi. I risultati clinici, attualmente derivati da casistiche con adeguato follow-up, evidenziano una probabilitˆ di mantenere il controllo biochimico (bNED) del 70-85% a 5 anni e del 65-70% a 10 anni. I risultati bNED a 5 anni sono del 90-95% nei pazienti in classe a rischio basso (candidati ottimali alla BCT), del 33-77% nella classe a rischio intermedio. La tossicitˆ perioperatoria della BCT • pressochŽ nulla ed il paziente pu˜ generalmente tornare alle proprie attivitˆ, giˆ il giorno successivo allÕintervento: non di meno sono in genere raccomandate alcune precauzioni a fini radioprotezionistici per i 4-6 mesi seguenti. Per ci˜ che concerne gli effetti collaterali post-operatori, la maggior parte dei pazienti sviluppa sintomi urinari irritativi od ostruttivi nei 4-6 mesi successivi allÕimpianto, con un ritorno ai valori flussometrici e di IPSS basali dopo 6-12 mesi; tali sintomi possono essere in parte prevenuti con lÕimpiego di farmaci alfa bloccanti. La probabilitˆ di dover ricorrere ad una cateterizzazione temporanea pu˜ variare a seconda delle casistiche dal 5 al 30%. La resezione trans-uretrale (TURP) per persistenza dellÕostruzione pu˜ essere richiesta nellÕ1-5% dei casi e a questo si accompagna un rischio di successiva incontinenza del 1030%. Sintomi legati ad una proctite attinica sono riportati nel 10-30% dei casi, sono per lo pi• di grado 1 e in genere si risolvono entro 6-12 mesi. Il tasso attuariale di mantenimento della potenza erettile a 5 anni • di circa il 50% ed i pazienti con deficit erettile si possono giovare del trattamento con Sildenafil o altri inibitori della 5-fosfodiesterasi. 171 CARCINOMA PROSTATICO 5.3.2.5 Radioterapia postoperatoria Le finalitˆ della radioterapia postoperatoria sono quelle di sterilizzare le cellule clonogeniche residue nel letto operatorio che possono portare a recidiva biochimica o locale, non infrequente negli stadi pT3 (30-40% a 10 anni) e/o disseminazione secondaria. Tabella 9 Recidiva biochimica Recidiva (locale, metastasi) BASSO RISCHIO pT3a, GS 2-5, PSA < 10 pT3b, GS 2-6, PSA < 10 1 margine positivo 5,3% 12,5% 0% 0% ALTO RISCHIO pT3a, GS 7-10, PSA > 10 pT3b, GS 7-10, PSA > 10 ³ 2 margini positivi 53,3% 38,6% 13,3% 8,6% Le percentuali di recidiva biochimica e locale variano in funzione dei fattori di rischio. La radioterapia postoperatoria si distingue classicamente in: Ð adiuvante, indicata in pazienti ad alto rischio di fallimento locale; Ð di salvataggio, in presenza di recidiva biochimica legata a verosimile ripresa locale o con documentata recidiva locale. In attesa dei risultati di due studi randomizzatj (EORTC 22911 e SWOG 8794), che hanno come obiettivo la valutazione dellÕefficacia della radioterapia adiuvante dopo prostatectomia radicale, allo stato attuale di conoscenze sono possibili le seguenti considerazioni generali. 5.3.2.5.1 Radioterapia postoperatoria adiuvante Viene eseguita in presenza di fattori di rischio elevati e con PSA azzerato dopo prostatectomia. Da eseguire generalmente entro 6 mesi dalla chirurgia. I dati della letteratura non danno evidenza certa che la RT postoperatoria adiuvante migliori la sopravvivenza di questi pazienti ma • in grado di aumentare il controllo locale e biochimico a 5 anni (70-90%), nei pazienti con malattia localmente avanzata: penetrazione capsulare (pT3), alto PSA (> 10) preoperatorio, margini di sezione positivi. Vi • evidenza crescente che i fattori di rischio di fallimento biochimico, che suggeriscano lÕutilizzazione della RT adiuvante, siano rappresentati da tumori con GS ³ 7, dalla presenza di margini chirurgici positivi o di interessamento multiplo periprostatico. Secondo Kupelian (IJROBP 1997) i fattori predittivi di ripresa di malattia clinica e/o biochimica dopo prostatectomia radicale sono i seguenti: PSA iniziale, Gleason, margini positivi, stato linfonodale (Tabella 10). Tabella 10 PSA pre-operatorio Gleason Margini + pN1 Recidiva biochimica 0,006 < 0,001 < 0,001 - Recidiva locale 0,0015 - Metastasi 0,006 La dose totale suggerita • di 60-66 Gv somministrata al letto periprostatico; tuttavia se la malattia residua • consistente, ad esempio margini positivi multipli, • consigliato un sovradosaggio per una dose totale ³ 70 Gy e lÕutilizzo di tecniche conformazionali. Nel caso non vi sia interessamento delle vescicole seminali e/o dei linfonodi pelvici, la positivitˆ dei margini chirurgici rappresenta lÕelemento significativo che condiziona i risultati poichŽ, in assenza di radioterapia postoperatoria, il fallimento biochimico a 5 anni pu˜ arrivare al 60%. I dati preliminari dello studio EORTC 22911 confermano lÕottima tolleranza e sicurezza della RT adiuvante: le tossicitˆ acute e tardive di grado 3 sono infatti inferiori al 3% a 3 anni dal trattamento. 172 CARCINOMA PROSTATICO La presenza di linfonodi positivi alla linfadenectomia, pur costituendo un altro fattore fortemente significativo di rischio di fallimento clinico-biochimico (essenzialmente a distanza), non pu˜ per˜ subito implicare, allo stato attuale di conoscenza, unÕindicazione sicura alla RT post-operatoria, anche se rimane possibile lÕopzione di una combinazione di radioterapia pelvica e ormonoterapia adiuvante da valutare caso per caso, alla luce dei suddetti effetti collaterali. Tale indicazione • attualmente oggetto dello studio RTOG 86-10. 5.3.2.5.2 Radioterapia postoperatoria di salvataggio Viene eseguita in genere con PSA in crescita o elevato dopo prostatectomia da verosimile ripresa locale o dimostrata recidiva clinica locale. Nonostante la revisione della Letteratura non offra valutazioni chiare e definitive per lÕinclusione nelle casistiche di differenti variabili pre-trattamento, di tecniche o modalitˆ di trattamento non omogenee, di diversi intervalli di follow-up e di definizioni di ÒfallimentoÓ non univoche, la radioterapia di salvataggio • in grado di realizzare un controllo locale della malattia dimostrato da un decremento del PSA nel 70-80% dei pazienti e di un azzeramento dello stesso nel 40-50%. A 5 anni dal trattamento combinato, il 10-50% dei pazienti rimane in controllo biochimico di malattia. Il trattamento di salvataggio dovrebbe essere attuato il pi• precocemente possibile dal riscontro del fallimento biochimico, poichŽ le recidive locali hanno unÕaggressivitˆ maggiore rispetto ai tumori primitivi e la persistenza locale di malattia pu˜ essere una causa significativa di disseminazione metastatica. I pazienti con PSA post-prostatectomia azzerato e PSA pre-radioterapia inferiori a 0,5 ng/ml, dovrebbero ricevere 60-66 Gy sulla loggia prostatica. Tuttavia la presenza di recidiva locale (clinica e/o bioptica e/o strumentale) richiede un dosaggio superiore a 70 Gy e quindi la necessitˆ di utilizzare tecniche conformazionali. Deve essere sottolineato che nei pazienti ad alto rischio di fallimento a distanza (tempo di raddoppiamento di PSA inferiore a 6 mesi, intervallo tra chirurgia e crescita di PSA inferiore a 2 anni, GS > 7, vescicole seminali positive, linfonodi pelvici positivi) il trattamento radiante loco-regionale di salvataggio dovrebbe essere ragionevolmente associato a trattamento sistemico con ormonoterapia anche se non • chiaro quale possa essere lÕimpatto di questo trattamento sulla sopravvivenza. Numerosi studi stanno valutando lÕefficacia dellÕassociazione RT di salvataggio e ormonoterapia, tra i quali lo studio RTOG 96-01 che paragona la radioterapia di salvataggio esclusiva, bicalutamide 150 mg/die esclusiva verso radioterapia + bicalutamide 150 mg/die in associazione. 5.3.3 Terapia medica 5.3.3.1 Terapia ormonale 5.3.3.1.1 Deprivazione androgenica In virt• dellÕelevata ormonodipendenza delle neoplasie prostatiche la riduzione dei livelli circolanti di testosterone (deprivazione androgenica) rappresenta il trattamento di scelta in pazienti con malattia metastatica e trova spazio anche nel trattamento di quei pazienti con malattia pi• limitata non candidabili a trattamento locale con intento curativo. LÕorchiectomia bilaterale, che riduce permanentemente i livelli circolanti di testosterone a meno di 50 ng/dl, rappresenta a tuttÕoggi il metodo pi• rapido ed economico per conseguire tale obiettivo. Il testosterone circolante pu˜ essere mantenuto a livelli minimi anche mediante lÕimpiego di diversi farmaci in grado di determinare, con differenti meccanismi dÕazione, una castrazione medica: gli estrogeni (dietilstilbestrolo: DES), gli analoghi antagonisti dellÕLH-RH (buserlin, goserelin, leuprolide, triptorelina). Gli antagonisti dellÕLH-RH si sono dimostrati particolarmente efficaci a questo riguardo. In numerosi studi controllati lÕorchiectomia, lÕimpiego di estrogeni e lÕimpiego di analoghi dellÕLH-RH hanno dimostrato unÕequivalenza in termini di sopravvivenza globale. In tempi pi• recenti, vi • stato un certo ritorno di interesse verso gli estrogeni che, se somministrati per via parenterale e particolarmente per via transdermica, darebbero trascurabili effetti collaterali ad un costo notevolmente inferiore. La castrazione medica con LH-RH analoghi pu˜ inoltre indurre, nelle fasi iniziali del trattamento, un peggioramento del dolore legato alla presenza di metastasi ossee (fenomeno del flare-up). Tale fenomeno pu˜ essere evitato mediante lÕimpiego concomitante di antiandrogeni. 5.3.3.1.2 Monoterapia con antiandrogeni Gli antiandrogeni sono stati impiegati in numerosi studi anche come singola terapia in pazienti con neoplasia prostatica avanzata. LÕimpiego di tali farmaci consente di preservare la funzione gonadica, prevenendo gli effet- 173 CARCINOMA PROSTATICO ti legati alla sua soppressione e di determinare una migliore qualitˆ di vita, benchŽ si associ allo sviluppo di ginecomastia nel 50% circa dei casi e a comparsa di mastalgia nel 10-40% dei casi. Una recente metanalisi, che ha preso in esame i risultati di diversi studi di comparazione fra gli effetti della castrazione e quelli dellÕimpiego di differenti antiandrogeni, steroidei (ciproterone acetato) e non steroidei (flutamide, nilutamide, bicalutamide), sembra concludere che lÕimpiego di questi ultimi in monoterapia • inferiore rispetto alla castrazione. Tuttavia, in alcuni recenti studi randomizzati la bicalutamide, alla dose di 150 mg/die, si • dimostrata in grado di produrre risultati comparabili a quelli della castrazione o dellÕimpiego di LH-RH analoghi, in combinazione con antiandrogeni, in termini di sopravvivenza globale e di sopravvivenza libera da malattia in pazienti con malattia localmente avanzata, e anche in fase metastatica. Pertanto, lÕimpiego degli antiandrogeni in monoterapia pu˜ essere proposto per alcuni sottogruppi di pazienti, quali i pazienti con malattia limitata o poco aggressiva o i pazienti non candidabili a trattamento locoregionale definitivo per lÕetˆ o la presenza di comorbilitˆ o, infine, i pazienti che desiderino evitare gli effetti della deprivazione androgenica. 5.3.3.1.3 Blocco androgenico totale Negli ultimi 15 anni numerosi studi hanno affrontato il problema della superioritˆ potenziale del blocco androgenico totale BAT rispetto alla monoterapia, con risultati contraddittori. La recente metanalisi del Prostate Cancer TrialistsÕ Collaborative Group, che ha preso in esame i risultati di 27 studi randomizzati di confronto tra BAT e castrazione medica o chirurgica, ha dimostrato come lÕimpiego del BAT determini un miglioramento della sopravvivenza globale a 5 anni del 2-3% (a seconda che vengano inclusi o, rispettivamente, esclusi dallÕanalisi gli studi con ciproterone acetato). Tale beneficio • significativo nei pazienti sottoposti al BAT mediante antiandrogeni non steroidei. é invece inesistente nei pazienti trattati con castrazione e ciproterone acetato, per incremento della mortalitˆ non correlata al cancro. LÕimpiego del BAT pu˜ comunque essere preferibile alla monoterapia in alcune situazioni cliniche, quali in trattamento di pazienti fortemente sintomatici o per i quali si possano prevedere effetti negativi del flare up, per lÕindubbia rapiditˆ della risposta osservabile, specie in termini soggettivi. 5.3.3.1.4 Ormonoterapia intermittente LÕimpiego di un trattamento ormonale intermittente anzichŽ continuativo, divenuto possibile dopo lÕintroduzione della castrazione medica, potrebbe consentire una riduzione degli effetti collaterali legati alla deprivazione androgenica, nonchŽ una riduzione dei costi. Inoltre, potrebbe consentire un ritardo nellÕemergenza di cloni cellulari ormonoresistenti, come dimostrato dai risultati di studi sperimentali condotti in modelli murini che, tuttavia, non hanno ancora trovato conferma nella pratica clinica. I trials finora condotti sullÕormonoterapia intermittente con DES, LH-RH analoghi o BAT hanno concordemente dimostrato un recupero della libido e un miglioramento del senso di benessere soggettivo nei periodi di sospensione del trattamento, nonchŽ un efficace ripristino della soppressione ormonale al momento della ripresa della terapia. Al momento attuale, tuttavia, non sono ancora disponibili i risultati di studi randomizzati di confronto che supportino la superioritˆ della soppressione androgenica intermittente rispetto a quella continua in termini di sopravvivenza e di qualitˆ di vita. 5.3.3.2 Terapia della malattia ormonorefrattaria 5.3.3.2.1 Premesse LÕefficacia sullÕandrogeno-deprivazione nel trattamento del carcinoma prostatico • notoriamente limitata nel tempo. La durata della risposta varia a seconda dello stato clinico presente allÕinizio della terapia; nel caso di malattia metastatica essa • di circa 18 mesi. I meccanismi che stanno alla base dellÕandrogeno indipendenza non sono del tutti noti, • probabile che lÕormono-refrattarietˆ sia un evento multifattoriale: 1. lÕandrogeno-deprivazione pu˜ favorire la selezione di cloni androgeno-resistenti; 2. le modificazioni del recettore dellÕandrogeno e/o lÕalterazione di segnali post-recettoriali possono rendere la cellula del carcinoma prostatico insensibile alle manipolazioni ormonali; 3. lÕespressione di oncogeni come bcl-2 o p53 mutata pu˜ antagonizzare lÕapoptosi indotta dai trattamenti; 4. la coesistenza del fenotipo neuroendocrino pu˜ determinare attraverso un meccanismo paracrino una stimolazione aspecifica della proliferazione cellulare. La definizione di carcinoma prostatico ormonorefrattario • oggetto di discussione. Incrementi dei livelli circolanti di PSA superiori al 50% rispetto ai valori minimi raggiunti durante trattamento ormonale (ottenuti in 2 successive valutazioni a distanza di almeno 2 settimane lÕuna dallÕaltra) o la progressione strumentale di malattia, nei rari casi in cui il PSA • negativo, sono criteri accettati. 174 CARCINOMA PROSTATICO Il paziente con carcinoma prostatico ormonorefrattario ha generalmente prognosi infausta con una sopravvivenza mediana attesa di circa 12 mesi. La terapia del carcinoma della prostata ormonorefrattario si avvale di trattamenti antineoplastici sistemici, come ormonoterapia di seconda linea e chemioterapia oltre che presidi terapeutici che hanno come target specifico le lesioni secondarie scheletriche, come bifosfonati, radioterapia con campi esterni o radioterapia metabolica. Nessuno di questi presidi • probabilmente in grado di migliorare la sopravvivenza. Gli obiettivi del trattamento sono pertanto la palliazione dei sintomi e la prevenzione delle complicanze. 5.3.3.2.2 Ormonoterapia di seconda linea Consiste nella sospensione degli antiandrogeni se il paziente • in blocco androgenico totale (antiandrogen withdrawal response), oppure nellÕintroduzione dellÕantiandrogeno se il paziente • in trattamento con i soli LH-RH analoghi. I trattamenti ormonali di seconda linea possono ottenere circa il 20% di risposte terapeutiche in termini di riduzione del PSA associate ad un relativo beneficio clinico. Tali remissioni di malattia hanno per˜ durata limitata (3-6 mesi). I progestinici inducono un aumento dellÕappetito, tale effetto collaterale pu˜ essere utilizzato vantaggiosamente nei pazienti con basso performance status. Da segnalare lÕimportante effetto antalgico dei cortisonici nei pazienti con metastasi ossee, indipendentemente dalla riduzione del PSA. 5.3.4 Trattamenti palliativi 5.3.4.1 Premesse Le condizioni suscettibili di trattamento palliativo sono rappresentate da: Ð uropatia ostruttiva; Ð ematuria; Ð dolore. Diversi trattamenti, aventi variabili gradi di invasivitˆ, possono essere adottati per risolvere, a titolo definitivo o meno, la problematica che si era presentata. 5.3.4.2 Uropatia ostruttiva A seconda dellÕevoluzione della malattia si pu˜ manifestare a tre diversi livelli, talora anche contemporaneamente: cervico-uretrale, trigonale e ureterale. Indipendentemente dalla sede e dal trattamento posto in essere, lÕuropatia costituisce un indice prognostico sfavorevole. 5.3.4.2.1 Ostruzione cervico-uretrale Questa • la sede pi• frequentemente e precocemente interessata dallÕavanzamento loco-regionale della malattia. Si verifica nel 53% degli stadi clinicamente organo-confinati, nellÕ82% delle forme localmente avanzate e nel 55% di quelle metastatiche. Inoltre si possono determinare recidive post-chirurgiche o post-radioterapiche, nonchŽ stenosi anastomotiche. Il trattamento prevede essenzialmente la resezione prostatica transuretrale (TURP), sebbene possa altres“ farsi ricorso allÕimpianto di stents intraprostatici. TURP: la procedura • sicura ed efficace. Tuttavia, rispetto ad analogo intervento eseguito per IPB, i risultati sono peggiori (post-op. I-IPSS: 11 vs 6,4%), cos“ come sono maggiori il rischio emorragico e di ritenzione, e la percentuale di reintervento (tasso di re-cateterismo: 8,3 vs 1,4%; tasso di reintervento: 29 vs 2,5%). Stents intraprostatici: attualmente trovano indicazione solo nei casi in cui importanti problematiche anestesiologiche o il rifiuto del paziente non consentano il ricorso alla TURP. Si tratta di protesi metalliche autoespandibili, di lunghezza calibrata in base alla necessitˆ, che vengono inserite attraverso una manovra endoscopica, con lo scopo di mantenere pervio in modo permanente il tratto prostatico dellÕuretra. Le casistiche al riguardo sono limitate e riportano follow-up brevi. Le complicanze pi• frequentemente riportate sono la dislocazione dello stent e la crescita neoplastica tra le maglie della protesi. 5.3.4.2.2 Ostruzione trigonale e ureterale La crescita locale del tumore pu˜ coinvolgere uno o entrambi gli orifizi ureterali, obliterandoli. In questi casi non • infrequente la comparsa di ematuria. LÕostruzione ureterale si verifica nel 17-37% dei casi ed • indice di minore so- 175 CARCINOMA PROSTATICO pravvivenza. Pu˜ verificarsi anche a livello dellÕuretere pelvico per compressione linfonodale, inizialmente da un solo lato, sebbene nelle fasi pi• avanzate non sia infrequente il riscontro di idronefrosi bilaterale (generalmente per˜ associato a coinvolgimento trigonale). Il trattamento pu˜ essere derivativo (interno o esterno) o demolitivo. DERIVAZIONE INTERNA Pu˜ essere realizzata mediante endoprotesi a doppio J o stents metallici. Mentre questi ultimi non hanno mai superato la fase sperimentale, i primi rappresentano la soluzione meno invasiva, di prima scelta nelle fasi iniziali dellÕostruzione ureterale. Di vari materiali (poliuretano, silicone), presentano relativa semplicitˆ di inserimento e costi contenuti. Per contro, sono proni a varie conseguenze legate alla permanenza prolungata: incrostazioni che ne comportano lÕostruzione (specie per quelli al silicone), fibrosi con conseguente stenosi, danno renale da aumento della pressione intrarenale (specie quelli in poliuretano), infezione delle vie urinarie. NEFROSTOMIA PERCUTANEA Rappresenta la soluzione pi• semplice nei casi di ostruzione completa a livello prevescicale. Tra i vantaggi annovera, oltre ai costi, la possibilitˆ di posizionamento e soistituzione dellÕendoprotesi in anestesia locale, unÕagevole verifica del drenaggio e il monitoraggio selettivo dellÕemuntorio. é peraltro metodica invasiva, poco gradita al paziente in ragione dellÕalterazione dellÕimmagine corporea che produce, talora di difficile gestione da parte di soggetti giˆ provati da una malattia in stato di avanzamento marcato. Infine, il rischio di sposizionamento non • trascurabile. Nonostante induca il recupero della funzione renale nel 66% dei casi e il suo miglioramento nel 28%. La sopravvivenza media dei pazienti sottoposti a questa diversione va dai 7,5 ai 21,5 mesi. La decompressione degli emuntori pare avere un modesto effetto sulla sopravvivenza se lÕuropatia • comparsa dopo il ricorso a manipolazione ormonale. CHIRURGIA DI SALVATAGGIO Nei casi ingestibili in via conservativa, per lo pi• per concomitante ematuria legata ad invasione della parete vescicale, pu˜ essere indicata una cistoprostatectomia con derivazione urinaria eterotopica. Le casistiche disponibili sono limitate ma, a fronte di problematiche chirurgiche generali non dissimili da quelle incontrate per analoghi interventi in patologie primitive della vescica, lÕintervento sembra garantire un buon controllo locale di malattia. 5.3.4.3 Ematuria LÕematuria si verifica per erosione della mucosa cervico-uretrale o trigonale, dovuta alla crescita neoplastica. Pi• raramente si manifesta in seguito ad infiltrazione ureterale. Il trattamento • sovrapponibile a quello pi• sopra descritto: TURP a scopo emostatico oppure chirurgia ablativa nei casi pi• gravi. 5.3.4.4 Dolore 5.3.4.4.1 Quadri clinici Il dolore pu˜ presentarsi tanto nelle fasi iniziali che in quelle avanzate della malattia, con caratteristiche differenti. Pu˜ essere causato direttamente dalla neoplasia (77%), relato al trattamento causale (19%) o indipendente da entrambi (3%). Il problema ÒdoloreÓ • tipico per˜ delle fasi avanzate della malattia: la sua incidenza globale (in forma cronica) si aggira fra il 30 e il 50%, quantunque, nelle fasi terminali, possa raggiungere il 90%. Il dolore pu˜ essere dovuto ad effetto locale, a metastasi o correlato al trattamento antineoplastico. 5.3.4.4.2 Dolore da effetto locale Il sollievo del dolore da invasione di un viscere cavo • appannaggio della chirurgia mininvasiva o tradizionale ed • stato descritto ai punti precedenti. 5.3.4.4.3 Dolore da metastasi Le metastasi ossee rappresentano la pi• comune causa di dolore cronico nel CaP. La loro diffusione determina frequentemente dolore a sede multicentrica, per quanto sino al 25% dei pazienti con metastasi ossee sia painfree. I fattori che causano la conversione di una lesione indolore ad una sintomatica sono sconosciuti: potrebbe trattarsi di attivazione endosteale o periosteale dei nocicettori, oppure di crescita nel contesto di strutture adiacenti (anche nervose). Un caso particolare delle metastasi scheletriche si ha quando • presente una lesione midollare. Questa pu˜ derivare dal collasso di un corpo vertebrale per opera di un tumore extradurale. LÕincidenza nel CaP • inferiore al 10%. LÕarea pi• frequentemente interessata (70%) • quella toracica, mentre le localizza- 176 CARCINOMA PROSTATICO zioni multiple non superano il 18%. Possono essere impiegate la chirurgia (decompressione anteriore con stabilizzazione spinale) o la radioterapia. Talvolta il dolore scompare spontaneamente per concomitante deficit sensitivo. LÕuso dei corticosteroidi trova uso limitato in questo ambito. Un altro caso particolare pu˜ essere raramente dato da secondarismi epatici, che possono causare un importante dolore viscerale, irradiato speso alla spalla omolaterale. Il meccanismo pu˜ risiedere nello stiramento delle radici nervose della glissoniana, nella irritazione diaframmatica oppure nella formazione di aree emorragiche nel contesto di aree necrotiche intratumorali. La radioterapia pu˜ rivestire un ruolo antalgico in pazienti selezionati ma, generalmente, la gestione di questo problema resta affidata ai normali schemi farmacologici. La scelta del trattamento dipenderˆ dalla sede e dallÕentitˆ della lesione, nonchŽ dallo stato generale ed emotivo del paziente. 5.3.4.4.4 Dolore da trattamento antineoplastico Dolore acuto associato a terapia ormonale: lÕinizio della terapia con LHRH analoghi produce un transitorio peggioramento globale nel 5-25% dei pazienti. Questo flare • presumibilmente causato da unÕiniziale stimolazione di LH antecedente la soppressione ormonale. La sindrome tipicamente si caratterizza con esacerbazione dei sintomi di dolore osseo o ritenzione urinaria. Osservata generalmente entro la prima settimana di terapia, dura fino a tre settimane se non contrastata mediante antiandrogeni i quali, se somministrati consensualmente allÕanalogo ad inizio trattamento, sono in grado di prevenire il fenomeno. Dolore cronico associato a terapia ormonale: le pi• comuni complicanze della terapia antiandrogena per CaP sono rappresentate dalla ginecomastia e dal dolore mammario. LÕincidenza varia in base al farmaco: pi• frequente con il dietilstilbestrolo, • meno comune con flutamide e ciproterone, e ancora meno con bicalutamide. 5.3.4.5 Terapia del dolore I trattamenti in grado di incidere sul dolore sono numerosi. 5.3.4.5.1 Ormonoterapia LÕeffetto antalgico stimato per questa terapia va dal 35 al 70%. PoichŽ il trattamento ormonale comporta effetti iatrogeni ed effetti sulla qualitˆ di vita, oltre ad essere legato a costi elevati, • ragionevole chiedersi se il trattamento debba essere instaurato precocemente, al momento della diagnosi di malattia metastatica, oppure se possa essere dilazionato fino al momento della comparsa di sintomi. Gli studi condotti dal Veterans Administration Cooperative Urological Research Group (VACURG) avevano in un primo tempo suggerito come il trattamento endocrino potesse essere dilazionato nel tempo, non avendo dimostrato differenze significative in termini di sopravvivenza fra pazienti con malattia metastatica trattati con DES (5 mg/die), DES + orchiectomia, sola orchiectomia o semplice osservazione. In particolare, per i pazienti trattati con DES si era osservata una ridotta mortalitˆ cancro-specifica, ma una pi• elevata mortalitˆ non cancro-specifica, a causa degli effetti del trattamento sullÕapparato cardiovascolare (VACURG I). Uno studio successivo, in cui il trattamento con DES a tre diverse dosi (0,2, 1 e 3 mg/die) • stato confrontato con la semplice osservazione, ha tuttavia dimostrato un certo vantaggio per il trattamento immediato in termini di sopravvivenza (VACURG II). Pi• recentemente il Medical Research Council (MRC) Prostate Cancer Working Party Investigators Group, in uno studio randomizzato condotto in pazienti con malattia localmente avanzata o in pazienti asintomatici con malattia metastatica, ha dimostrato un vantaggio per il trattamento immediato associato con una significativa riduzione della mortalitˆ cancro specifica e con un significativo prolungamento della sopravvivenza. 5.3.4.5.2 Radioterapia Al pari di ogni altra neoplasia con tendenza alla diffusione sistemica, la radioterapia esterna svolge un ruolo palliativo importante anche nel cancro metastatico della prostata. Pu˜ essere esguita con fasci esterni o con radionuclidi (radioterapia metabolica). 5.3.4.5.3 Radioterapia a fasci esterni La radioterapia palliativa esterna per dolore metastatico risulta efficace nella maggior parte dei soggetti, indipendentemente dallÕistologia del tumore e dal rapporto Òdose/timingÓ. La scomparsa completa del dolore si ottiene allÕincirca nellÕ80% dei casi. 177 CARCINOMA PROSTATICO Le tecniche di somministrazione variano ampiamente: dallÕipofrazionamento, somministrata in seduta singola, sino a 20 trattamenti ripartiti in 4 settimane. Un trattamento palliativo standard prevede 20 Gy in 5 frazioni su 5 giorni su volume metastatico modesto mentre, per volumi maggiori (come la pelvi, prossima allÕintestino) sono indicati 30 Gy in 10 frazioni su 12 giorni. Se lÕosso da trattare • superficiale (costole, scapola) un singolo campo usando ortovoltaggio (300 kV) garantisce una dose sufficiente senza irradiare eccessivamente le strutture viciniori. Nei pazienti con massiva diffusione metastatica, tipica degli stadi avanzati svincolati dal controllo ormonale, pu˜ essere indicata lÕirradiazione estesa, come lÕÓHemibody irradiationÓ (HBI), o la ÒOneThird body irradiationÓ: si pu˜ ricorrere a dosi di 6-8 Gy in frazione singola. Viene riportato un pronto effetto positivo sino allÕ80% dei pazienti, per quanto gravato da conseguenze non trascurabili, quali nausea, pneumoniti attiniche, ecc. Sotto i 6 Gy queste reazioni vengono ridotte, non sempre per˜ preservando lÕeffetto ricercato. 5.3.4.5.4 Radioterapia metabolica Alcuni radiofarmaci quali lo Stronzio-89 cloruro (89Sr cloruro), il Samario-l53 (153Sm EDTMP), il Renio-l86 etidronato (186Re HEDP), possono essere vantaggiosamente usati nel trattamento del dolore da metastasi ossee nei casi refrattari ad altri tipi di terapie. LÕindicazione per questo tipo di terapia • la presenza di metastasi ossee in pi• di una sede, associata a reazione osteoblastica dimostrabile con scintigrafia ossea. Lo 89Sr • un emettitore 13 con energia media di 1,4 MeV, percorso medio nel tessuto di 2,4 mm ed emivita di 50,5 giorni. Il 153Sm emette particelle 13 di energia media 0,23 MeV con range nel tessuto di 0,6 mm, fotoni gamma di 0,103 MeV ed emivita di 1,9 giorni. Il 186Re emette particelle 13 con energia di 0,3 MeV con range nel tessuto di 1,1 mm, fotoni gamma di 0,137 MeV, e ha una emivita di 3,7 giorni. Questo tipo di terapia viene eseguita mediante somministrazione e.v. di 89Sr-cloruro, attivitˆ 150 MBq (4mCi), o di 53Sm EDTMP, attivitˆ 37 MBq/kg (I mCi/kg) o di 86Re HEDP attivitˆ di 1295 MBq (35 mCi). Il trattamento pu˜ essere ripetuto ad intervalli di 3-12 mesi in caso di ripresa del dolore, tenendo conto che generalmente la risposta al secondo e ai successivi trattamenti pu˜ essere inferiore a quello evidenziato in occasione della prima somministrazione. In generale, la remissione della sindrome dolorosa si manifesta nel 60-80% dei casi e da 1 a 3 settimane dopo il primo trattamento. La durata della risposta pu˜ essere di alcuni mesi; la ripresa del dolore giustifica la ripetizione del trattamento, se cÕ• stata risposta alla prima somministrazione. Controindicazioni al trattamento sono tutte le situazioni in cui lÕemoglobina • < 9 g/dl, i globuli bianchi < 4000/mm3, le piastrine < l00.000/mm3, il filtrato glomerulare < 30 ml/min. La complicanza pi• grave • la trombocitopenia, che pu˜ condurre a severi fenomeni emorragici. Per fortuna solitamente regredisce dopo un nadir di 15-20 giorni dalla somministrazione. La terapia radiometabolica non • efficace nelle situazioni di compressione midollare acuta o cronica o in presenza di fratture patologiche. Il trattamento deve essere sempre preceduto da una scintigrafia ossea da effettuare entro 8 settimane dallÕinizio della terapia, in modo da documentare la presenza di lesioni ossee con aumento di attivitˆ osteoblastica. LÕesame clinico deve documentare la corrispondenza tra la sede delle lesioni e le proiezioni del dolore. La presenza di lesioni osteosclerotiche allÕesame radiologico costituisce una controindicazione, in quanto lÕaumento della densitˆ ossea spesso non corrisponde ad un incremento di captazione dei radionuclidi da parte del tessuto osseo. Il trattamento pu˜ essere associato a campi limitati di radioterapia esterna; lÕimpiego di campi estesi di irradiazione • invece controindicato in associazione con la terapia radiometabolica. Eventuali chemioterapie mielosoppressive devono essere sospese almeno 4 settimane prima della somministrazione di 89Sr, 53Sm EDTMP o 86Re HEDP. La ripresa di tali terapie mediche deve avvenire almeno a 6-12 settimane di distanza dalla somministrazione di radioisotopi, per evitare una severa mielosoppressione. é necessario controllare il quadro ematologico e biochimico almeno una settimana prima dal trattamento ed • opportuno monitorare la crasi ematica per un certo tempo, in quanto gli effetti collaterali pi• comuni sono la leucopenia e la piastrinopenia, che si manifestano, di solito, da 4 a 6 settimane dallÕiniezione dei radioisotopi. In genere, la ripresa midollare avviene in un periodo da 4 a 6 settimane, se la riserva midollare • conservata. Concomitanti trattamenti con bifosfonati possono ridurre la captazione di questi radionuclidi nelle metastasi ossee e ridurre lÕeffetto di palliazione del dolore. é raccomandabile un intervallo minimo di 48 ore tra la somministrazione di 89Sr, 53Sm EDTMP o 86Re HEDP e lÕassunzione di fosfonati. 5.3.4.5.5 Chirurgia ortopedica Se pi• del 50% dello spessore della cortex di un osso lungo risulta erosa dalla metastasi, il miglior metodo per prevenire fratture patologiche consiste nella fissazione preventiva, eventualmente seguita dalla radioterapia, talora in grado di indurre la recalcificazione. 178 CARCINOMA PROSTATICO 5.3.4.5.6 Chemioterapia La chemioterapia ha fino ad oggi condotto a risultati terapeutici modesti. Nuove combinazioni farmacologiche, dimostratesi notevolmente attive in studi clinici non controllati, hanno recentemente ridestato lÕinteresse per questa modalitˆ terapeutica. NellÕambito dei farmaci attivi nel trattamento del carcinoma prostatico annoveriamo estramustina, antracicline e mitoxantrone, ciclofosfamide, etoposide, alcaloidi della vinca e taxani. Numerosi studi di fase II pubblicati, pochi gli studi randomizzati. Due studi di fase III pubblicati dimostrano come lÕassociazione di mitoxantrone e prednisone ottenga un buon effetto palliativo in termini di controllo del dolore (con conseguente miglioramento della qualitˆ della vita) superiore a quello ottenibile con la somministrazione del solo prednisone. Non vi •, tuttavia, differenza per quanto attiene a remissioni obiettive e durata delle medesime. Le combinazioni pi• promettenti sono quelle di estramustina con taxani; studi randomizzati di fase III volti a dimostrarne lÕefficacia terapeutica sono attualmente in corso. Pi• di recente sono stati completati studi di fase III con somministrazione settimanale o trisettimanale con taxotere in mono-somministrazione o in associazione con estramustina che hanno dimostrato per la prima volta un beneficio in termini di sopravvivenza nei pazienti ormonorefrattari. 5.3.4.5.7 Trattamento palliativo con difosfonati Il tessuto osseo • sede predominante di localizzazione secondaria da neoplasia prostatica. PoichŽ la maggioranza dei pazienti con carcinoma prostatico avanzato presenta lesioni ossee come unica sede di disseminazione sistemica di malattia, il trattamento specifico delle metastasi ossee, avente come scopo il controllo del dolore e la prevenzione delle complicanze scheletriche, riveste in questa patologia una particolare importanza. Le possibilitˆ terapeutiche si sono recentemente arricchite con lÕintroduzione dei bifosfonati. I bifosfonati sono analoghi del pirofosfato in grado di inibire lÕattivitˆ osteoclastica attraverso svariati meccanismi: ¥ inibizione dellÕosteoclastogenesi; ¥ induzione dellÕapoptosi dellÕosteoclasta maturo; ¥ ostacolo meccanico allÕosteolisi della matrice ossea. Da quanto sopra esposto, si evince come vi sia un razionale per lÕimpiego dei bifosfonati nel trattamento del carcinoma prostatico metastatico. NellÕambito dei bifosfonati attualmente disponibili in commercio, lÕacido zoledronico • il pi• potente. Recentemente sono stati pubblicati i risultati di uno studio di fase III che ha reclutato 643 pazienti con metastasi ossee, randomizzati a ricevere, in doppio cieco, acido zoledronico ai dosaggi di 4 e 8 mg e placebo. Questo studio ha dimostrato come lÕaggiunta di acido zoledronico al trattamento antineoplastico convenzionale dia luogo ad una riduzione del 25%, statisticamente significativa, della probabilitˆ di insorgenza di complicanze scheletriche rispetto al placebo, ad una riduzione del numero complessivo di complicanze scheletriche e ad un prolungamento di circa 5 mesi della mediana del tempo allÕinsorgenza del prima evento scheletrico. La dose raccomandata • 4 mg in infusione endovenosa della durata di 15 minuti. 5.3.4.5.8 Farmacoterapia antalgica sistemica (Òanalgesic ladderÓ) Nonostante sia corretto ricercare soluzioni causali o mirate del dolore, i farmaci antalgici risultano comunque il cardine del trattamento del dolore nei soggetti con CaP avanzato. In base a convenzione clinica, essi vengono separati in tre gruppi: ¥ analgesici non oppioidi; ¥ analgesici oppioidi; ¥ analgesici adiuvanti, cio• farmaci con attivitˆ antidolorifica ottenuta secondariamente alla combinazione con antalgici primari. LÕOrganizzazione Mondiale della Sanitˆ (WHO) ha proposto un pratico schema di selezione farmacologica per il dolore neoplastico, noto come Òscala analgesicaÓ (analgesic ladder); quando correttamente applicato, questo approccio pu˜ produrre adeguato sollievo nel 70-90% dei pazienti. PoichŽ la considerazione primaria nella selezione dellÕanalgesico • data dallÕintensitˆ del dolore, si riconoscono tre steps fondamentali nel protocollo terapeutico (Tabella 11). 179 CARCINOMA PROSTATICO Tabella 11 - La Òscala analgesicaÓ secondo il WHO I Step II Step III Step Dolore neoplastico lieve-moderato: • indicato iniziare il trattamento con un analgesico non oppioide, che potrˆ essere combinato con un farmaco adiuvante in caso di specifica indicazione (es. stato ansioso) Pazienti con dolore moderato-severo, o che non ottengano adeguato sollievo da farmaci non oppiacei, possono essere trattati con un oppiaceo leggero (tipo codeina, ossicodone o propossifene), preferibilmente in associazione con un non oppiaceo (es. aspirina o acetaminofene). Un farmaco adiuvante pu˜ completare il cocktail In presenza di dolore severo o di fallimento degli schemi precedenti, vi • indicazione alla somministrazione di un oppiaceo ÒforteÓ (come morfina o idromorfone), che pu˜ essere combinato con un non oppiaceo e/o un farmaco adiuvante. Analgesici non oppioidi + analgesici adiuvanti Analgesici non oppioidi + oppioidi deboli + analgesici adiuvanti Analgesici non oppioidi + oppioidi forti + analgesici adiuvanti Analgesici non oppioidi: aspirina, acetaminofene e antinfiammatori non steroidei (FANS). Analgesici oppioidi: morfina e derivati. Analgesici adiuvanti: corticosteroidi, neurolettici, benzodiazepine, antidepressivi triciclici, anticonvulsivanti, clonidina. 5.3.4.5.9 Conclusioni LÕapproccio al dolore nel CaP avanzato • multifattoriale e, talora, multidisciplinare. Il razionale e sequenziale impiego dei mezzi a disposizione • fondamentale per sfruttare al meglio il potenziale terapeutico delle singole risorse, minimizzando gli effetti indesiderati e i costi. Molti dei protocolli in uso sono tuttora sperimentali. 5.4 FOLLOW-UP E RIABILITAZIONE 5.4.1 Follow-up Il carcinoma della prostata, per la sua stessa natura, si pu˜, nella maggior parte dei casi, considerare una neoplasia ad andamento cronico, per cui il follow-up riveste una particolare importanza e dovrebbe, in genere, seguire queste regole: ¥ seguire lÕandamento della malattia e le eventuali progressioni; ¥ instaurare con il paziente un rapporto di fiducia evitando stati di ansia ed inutili indagini diagnostiche, evitando esami invasivi, se non ritenuto necessario. Pertanto, a prescindere dallÕesame clinico che • fondamentale, lÕandamento del PSA • considerato un indice abbastanza fedele del decorso della malattia. Dopo lÕintervento di chirurgia radicale il valore del PSA rilevabile con metodiche standard dovrebbe essere indosabile, ed una valutazione della radicalitˆ dellÕintervento • sicuramente possibile dopo 6/8 settimane (livello considerato indosabile ² 0,2 ng/ml). Se si riscontrano livelli dosabili di PSA dopo prostactetomia radicale • consigliabile eseguire prelievi seriati, e se i livelli del PSA rimangono stabili • probabile che non si tratti di malattia residua, ma di residui di tessuto prostatico o eventualmente di tessuti extraprostatici; se invece i livelli di PSA tendono ad incrementare, • ipotizzabile la presenza di malattia residua. Da notare che un rapido incremento del PSA indica, in genere, la presenza di metastasi a distanza, mentre un incremento lento o tardivo potrebbe indicare una ripresa locale di malattia. Oltre lÕesplorazione rettale sono importanti, per il completamento diagnostico, lÕecografia transrettale e lÕeventuale biopsia. La biopsia • utile in presenza di lesioni sospette dopo lÕesplorazione rettale e/o in caso dÕinnalzamento del PSA; si ritiene utile la biopsia dellÕanastomosi uretro vescicale in pazienti con innalzamento del PSA ed esplorazione rettale negativa. La ricerca di unÕeventuale ripresa locale • importante perchŽ una possibile radioterapia locale • pi• efficace quanto pi• • precoce. Eventuali metastasi possono essere evidenziate con le diagnostiche per immagini. Il valore del PSA dopo radioterapia • meno evidente poichŽ tessuto prostatico sano o neoplastico rimane in sede, per cui si possono trarre alcune conclusioni: la riduzione dei livelli del PSA necessita di un lungo periodo (il dimezzamento non prima di due mesi e il nadir entro dieci mesi dal termine della radioterapia, considerando che talvolta occorrono 36 mesi) e si pu˜ affermare che la prognosi • tanto peggiore quanto pi• lunghi sono i tempi di riduzione del PSA. Da notare che un valore del PSA inferiore a 19 ng/ml prima del trattamento • generalmente associato ad una 180 CARCINOMA PROSTATICO prognosi migliore e che il raggiungimento al nadir di un valore del PSA inferiore a 1,0 ng\ml • associabile ad una risposta completa al trattamento. Il fallimento terapeutico viene evidenziato da tre rialzi consecutivi. Si pu˜ inoltre affermare che quanto pi• rapido • il raddoppiamento del PSA tanto pi• sono probabili le metastasi a distanza. Il PSA ha un significato anche in corso di terapia ormonale, dal momento che se il PSA rientra nel range di normalitˆ (inferiore a 4 ng\ml) la risposta dura pi• a lungo nel tempo, ed inoltre la rapida caduta del PSA • un indice prognostico favorevole. In linea di massima se il livello del PSA rimane stabile sui livelli raggiunti al nadir • improbabile una progressione di malattia a meno che lÕistologia della neoplasia non sia scarsamente differenziata (in tal caso il marcatore • debolmente prodotto). 5.4.1.1 Pazienti sottoposti a trattamenti loco-regionali con fini di radicalitˆ ¥ Per i primi 2 anni: visita clinica e PSA ogni 3 mesi. ¥ Dal 3¡ al 5¡ anno: visita clinica e PSA ogni 6 mesi. ¥ Oltre il 5¡ anno: visita clinica e PSA almeno ogni 12 mesi. Ripetizione degli altri accertamenti a domanda. LÕecografia transrettale, o meglio la RMN con bobina transrettale, ed eventualmente TC/RMN addomino-pelvica devono essere sempre eseguite in presenza di valori di PSA al di sopra di 0,4 ng/ml nei pazienti prostatectomizzati e di valori di PSA al di sopra del valore raggiunto al nadir nei pazienti sottoposti a radioterapia radicale. Se i livelli di PSA si mantengono nel range di quelli ÒattesiÓ dopo prostatectomia e/o radioterapia, • praticamente inutile ricorrere allÕesecuzione periodica della scintigrafia ossea, a meno che: a) questo esame non sia stato eseguito basalmente e non presenti alterazioni da ricontrollare nel tempo; b) non compaia una sintomatologia dolorosa persistente accompagnata o meno da altri segni biochimici dÕinteressamento osseo (esempio: aumento progressivo della fosfatasi alcalina). In ogni caso, le indagini strumentali, che recentemente vengono talora affiancate dalla PET e talvolta anche da indagini pi• invasive (cistoscopia con biopsia in sede di anastomosi; biopsia ecoguidata di lesioni perianastomotiche; biopsie prostatiche) trovano comunque indicazione dopo avere ricontrollato lÕaumento dei valori basali di PSA dopo 8 settimane. 5.4.1.2 Pazienti in fase avanzata in trattamento ormonale Visita clinica e PSA ogni tre mesi fino a progressione di malattia. Gli altri esami possono essere ripetuti Òa domandaÓ in base al comportamento del PSA e allÕevoluzione clinica della malattia (dolore osseo, disturbi urinari, ecc.) a meno che non si renda necessario valutare periodicamente la risposta terapeutica anche con gli esami strumentali, come per esempio di solito richiesto nei protocolli di studio. 5.4.2 Riabilitazione 5.4.2.1 Riabilitazione per incontinenza urinaria Dai dati della letteratura si evince che il 70-80% dei pazienti affetti da incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale recupera la continenza nellÕarco dei 12 mesi consecutivi allÕintervento. é consigliabile eseguire uno studio urodinamico completo per la caratterizzazione dellÕincontinenza post-prostatectomia soltanto se il disturbo permane dopo 6 mesi di trattamento. La fisioterapia, ed in particolare la riabilitazione dei muscoli del pavimento pelvico, • il principale trattamento raccomandato, in quanto riduce significativamente i tempi di recupero della continenza, migliorando di conseguenza la qualitˆ della vita. La fisioterapia dovrebbe essere intrapresa il pi• velocemente possibile dopo la rimozione del catetere vescicale poichŽ i maggiori risultati si ottengono nei primi 4-5 mesi di trattamento dopo lÕintervento, riducendo dal 54 al 72% la frequenza degli episodi di incontinenza. I programmi di riabilitazione possono comprendere: gli esercizi di Kegel per il pavimento pelvico, la riabilitazione comportamentale, il biofeedback e lÕelettrostimolazione del muscolo elevatore dellÕano con sonda rettale, ognuno di questi step necessita di una costante interazione con personale specializzato. 5.4.2.2 Riabilitazione andrologica La riabilitazione andrologica dopo prostatectomia radicale va iniziata il pi• precocemente possibile (per evitare lÕinsorgenza della fibrosi dei corpi cavernosi dovuta allÕipossia) entro 30 giorni dallÕintervento chirurgico. I pazienti vengono trattati con terapia orale (inibitori della PDE5) e intracavernosa (PGE1). Ai pazienti sottoposti a PR nerve sparing bilaterale si somministra terapia orale con inibitori della PDE5 per la durata di 3 mesi. Ai pazienti sottoposti a PR nerve sparing monolaterale si somministra terapia orale con inibitori della PDE5 in asso- 181 CARCINOMA PROSTATICO ciazione alla terapia intracavernosa con PGE1. Ai pazienti sottoposti a PR non nerve sparing si somministra terapia intracavernosa con PGE1, anche se non vi • accordo completo sulle possibilitˆ di recupero. 5.5 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO Aus G, Abbou CC, Heidenreich A, et al: Guidelines on prostate cancer. European Association of Urology, 2003. Linee Guida per il carcinoma prostatico: diagnosi, stadiazione e follow-up. AURO (Associazione Urologi Italiani), 1998; 88-93. Linee Guida AIOM per il carcinoma della prostata. Settembre 2004. Progetto Strategico Oncologia CNR Ð MIUR: Basi scientifiche per la definizione di linee-guida in ambito clinico per i tumori della prostata. Febbraio 2004. 5. Advisory Committee on Cancer Prevention: Position paper. Recommendations on cancer screening in European Union. Eur J Cancer 2000; 36: 1473-8. 6. Boccardo F, Ciatto S, Martorana G: Italian National Consensus Conference on Prostate Cancer Screening (Florence, May 17, 2003) Ð Final Consensus Document. Int J Biol Markers 2003; 18: 238-40. 7. Partin AW, Kelly CA, Subong ENP, et al: Measurement of the ratio of free PSA to total PSA improves prostate cancer detection in men with total PSA levels between 4 and 10 ng/ml. J Urol 1995; 153 (Suppl): 295. 8. Bartolozzi C, Menchi I, Lencioni R, et al: Local staging of prostate carcinoma with endorectal coil MRI: correlation with wole mount radical prostatectomy specimens. Eur Radiol 1996; 6: 339-45. 9. Wefer AE, Vigneron DB, Coakley FV, et al: Sexant localization of prostate cancer: comparison of sextant biopsy, magnetic resonance imaging and magnetic resonance spettroscopy imaging with step section histology. J Urol 2000; 164: 400-4. 10. Horiguchi A, Nakashima J, Horiguchi Y, et al: Prediction of extraprostatic cancer by prostate specific antigen density, endorectal MRI, and biopsy Gleason score in clinical localized prostate cancer. Prostate 2003; 56: 23-9. 11. Presti JC Jr: Prostate biopsy: how many cores are enough? Urol Oncol 2003; 21: 135-40. 12. 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Eur J Med 2000; 2: 1487-93. 1. 2. 3. 4. 182 CARCINOMA PROSTATICO 5.6 APPENDICE 5.6.1 Classificazione anatomo-patologica Adenocarcinoma acinare Adenocarcinoma duttale (endometrioide) Adenocarcinoma mucinoso (colloide) Carcinoma a cellule ad anello con castone Carcinoma squamoso ed adenosquamoso Carcinoma basaloide e adenoideo cistico Carcinoma a cellule transizionali* Carcinoma a piccole cellule Carcinoma sarcomatoide Carcinoma lymphoepithelioma-like Carcinoma indifferenziato, NAS * La stadiazione TNM non deve essere applicata a questo istotipo 5.6.2 Classificazione in stadi CLASSIFICAZIONE TNM (AJCC 2002) A) Tumore primitivo (t) Classificazione clinica T Tumore primitivo TX Il tumore primitivo non pu˜ essere valutato T0 Nessuna evidenza di tumore primitivo T1 Tumore clinicamente non rilevabile, non palpabile o visibile, mediante ecografia o TC T2 T3 T4 T1a Tumore di riscontro incidentale nel 5% o meno dei tessuto resecato T1b Tumore di riscontro incidentale in oltre il 5% dei tessuto resecato T1c Tumore identificato con una biopsia (eseguita per un valore elevato di PSA) Tumore confinato alla prostata T2a Tumore che coinvolge metˆ lobo o meno T2b Tumore che coinvolge pi• di metˆ lobo, ma non entrambi i lobi T2c Tumore che coinvolge entrambi i lobi Tumore che si estende al di fuori della capsula prostatica* T3a Estensione extracapsulare (unilaterale o bilaterale) T3b Tumore che coinvolge le vescicole seminali Tumore che invade le strutture adiacenti oltre alle vescicole seminali: collo vescicale, sfintere esterno, retto, muscoli elevatori o che • fisso alla parete pelvica * LÕinteressamento dellÕapice prostatico o della capsula prostatica (senza il suo superamento) va classificato come T2 e non come T3. Classificazione patologica (pT) T T3 T4 Tumore confinato alla prostata T2a Tumore che coinvolge metˆ lobo o meno T2b Tumore che coinvolge pi• di metˆ lobo, ma non entrambi i lobi T2c Tumore che coinvolge entrambi i lobi Tumore che si estende al di fuori della capsula prostatica T3a Estensione extracapsulare (unilaterale o bilaterale) T3b Tumore che coinvolge le vescicole seminali Tumore che invade la vescica o il retto 183 CARCINOMA PROSTATICO B) Linfonodi regionali (n) Classificazione clinica NX I linfonodi regionali non possono essere valutati N0 Assenza di metastasi ai linfonodi regionali N1 Presenza di metastasi ai linfonodi regionali Classificazione patologica (pN) NX I linfonodi regionali non possono essere valutati N0 Assenza di metastasi ai linfonodi regionali N1 Presenza di metastasi ai linfonodi regionali C) Metastasi a distanza (m) MX La presenza di metastasi a distanza non pu˜ essere accertata M0 Assenza di metastasi a distanza M1 Presenza di metastasi a distanza M1a Metastasi in linfonodo(i) extraregionale(i) M1b Metastasi ossee M1c Metastasi in altre sedi con o senza metastasi ossee 5.6.3 Algoritmo diagnostico Stadio Raccomandazioni Livello di evidenza I V Grado delle raccomandazioni A D Sospetto di CP ER+ à PSA PSA (screening spontaneo) ER+, PSA+ ETR esame di II livello ETR (indispensabile per fare biopsia) III III A A Parametro T Parametro N Parametro M RM con bobina endorettale TC addome (PSA > 30 o solo > 20 se G3) Scintigrafia ossea (PSA > 30 o solo > 20 se G3) III III III C C B Recidiva biochimica dopo PR (PSA > 0,2) dopo RT (3 rialzi consecutivi) ER Scintigrafia scheletrica (se PSA > 30) PET con colina o fluorinati selettivi per androgeni III V VI A B C 184 CARCINOMA PROSTATICO 5.6.4 Algoritmo terapeutico Stadio Raccomandazioni Livello di evidenza I Grado delle raccomandazioni B T1a, G1 ¥ Vigile attesa T1a, G2-3 T1b-T1c-T2, G1-G3 ¥ PR (LE > 10 anni ) ¥ RT (3DCRT) 70 Gy (se non sintomi ostruttivi); > 74 Gy se T2 G1-3 I I II A A B T1c-T2, G1-2, PSA < 10 ¥ Brachiterapia I A T1c-T2-T3, G1-3, PSA elevato (> 50) e LE < 10 anni, se controindicate PR e RT ¥ OT III C T3, G1-2 ¥ RT (3DCRT) ³ 74 Gy I A T3, G3 ¥ RT (3DCRT) ³ 74 Gy + OT III C T3 Ògrosso volumeÓ, G1-3 ¥ OTNA + RT (3DCRT) ³ 74 Gy III C T3a, PSA < 10, LE >10 anni, o se sintomi ostruttivi ¥ PR + LP ¥ PR + LP + RTPO II III B C T4, G1-3 ¥ RT + OT III B pT3, PSA postop. ² 0,2 Follow-up I A pT3, > 1 margine positivo RTPOA (66 Gy) II B pT3, PSA postop. > 0,2 RTPOA (66 Gy) + OT adiuv. III C Recidiva locale dopo PR 3DCRTPOS (³ 74 Gy) II B Recidiva biochimica dopo PR 3DCRTPOS (³ 74 Gy) III C Recidiva locale dopo RT PRS V C Recidiva biochimica dopo RT OT III B M1 OT I A M1 progressione sotto OT Chemioterapia (taxotere) V C 5.6.5 Algoritmo follow-up Tipo di paziente Raccomandazioni Sottoposti a trattamenti radicali ¥ Per i primi 2 anni: visita clinica e PSA ogni 3 mesi ¥ Dal 3¡ al 5¡ anno: visita clinica e PSA ogni 6 mesi ¥ Oltre il 5¡ anno: visita clinica e PSA ogni 12 mesi In fase avanzata in trattamento ormonale Visita clinica e PSA ogni 3 mesi fino a progressione di malattia. Gli altri esami possono essere ripetuti Òa domandaÓ in base al comportamento del PSA e allÕevoluzione clinica della malattia (dolore osseo, disturbi urinari, etc.) a meno che non si renda necessario valutare periodicamente la risposta terapeutica anche con gli esami strumentali, come per esempio di solito richiesto nei protocolli di studio Livello di evidenza II II Grado delle raccomandazioni B B Legenda degli algoritmi: CP = carcinoma prostatico; ETR = ecografia transrettale; LE = life expectancy; LP = linfoadenectomia pelvica; OT = ormonoterapia; OTA = ormonoterapia adiuvante; OTNA = ormonoterapia neoadiuvante; PR = prostatectomia radicale; PRS = prostatectomia di salvataggio; RT = radioterapia; RTPO = radioterapia postoperatoria; RTPOA = radioterapia postoperatoria adiuvante; RTPOS = radioterapia postoperatoria di salvataggio. 185 CARCINOMA PROSTATICO 5.6.6 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni* Livelli di evidenza Descrizione I Prove ottenute da pi• studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi V Prove ottenute da studi di casistica (Òserie di casiÓ) senza gruppo di controllo VI Prove basate sullÕopinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida Grado delle raccomandazioni Descrizione A LÕesecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico • fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualitˆ, anche se non necessariamente di tipo I o II B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o lÕintervento D LÕesecuzione della procedura non • raccomandata E Si sconsiglia fortemente lÕesecuzione della procedura * Tratto da ÒLinee guida per neoplasie della mammellaÓ a cura di AIOM (www.aiom.it). 186 CAPITOLO 6 RACCOMANDAZIONI CLINICHE PER IL CARCINOMA OVARICO Coordinatore: Angiolo Gadducci Ginecologia e Ostetricia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Aiosa Carlo Amoroso Domenico Baglioni Tiziana Bardazzi Nara Barsanti Gemma Bernardeschi Paolo Berti Leonardo Cariti Giuseppe Cianci Claudia Ciatto Stefano Confortini Massimo Cristini Giorgio Di Giacomo Anna Maria Fabrini Maria Grazia Filippeschi Marco Fiorentini Giammaria Galardi Alessandra Gentili Cesare Marchionni Mauro Massi Gianbattista Mazzocchi Bruno Mazzucchelli Giorgio Mignogna Marcello Petraglia Felice Pirtoli Luigi Rafanelli Paola Raspollini Maria Santopietro Rosa Savino Luciano Taddei Gian Luigi Vezzani Enola Villanucci Alessandro Specialitˆ Oncologia Oncologia Oncologia Ginecologia Oncologia Oncologia Ginecologia Ginecologia Oncologia Radiologia Biologia molecolare Ginecologia Oncologia Radioterapia Ginecologia Oncologia Radioterapia Anatomia patologica Ginecologia Ginecologia Oncologia Ginecologia Radioterapia Ginecologia Radioterapia MMG Anatomia patologica Anatomia patologica Ginecologia Anatomia patologica Radioterapia Oncologia ginecologica Ente di Appartenenza ASL 12 Versilia ASL 12 Versilia ASL 7 Siena ASL 4 Prato ASL 2 Lucca ASL11 Empoli ASL 10 Firenze ASL 8 Arezzo AOU Pisa CSPO Firenze CSPO Firenze ASL 8 Arezzo AOU Siena AOU Pisa ASL 11 Empoli ASL 11 Empoli AOUC Firenze ASL 12 Versilia AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 9 Grosseto ASL 9 Grosseto ASL 2 Lucca AOU Siena AOU Siena ASL 10 Firenze AOUC Firenze AOU Siena ASL 3 Pistoia AOUC Firenze ASL 3 Pistoia AOUC Firenze AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Ð Firenze; AOU Pisa = Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; AOU Siena = Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese; ASL = Azienda Sanitaria Locale; CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Ð Firenze; MMG = Medico di Medicina Generale. 187 CARCINOMA OVARICO 6.1 INTRODUZIONE Il carcinoma dellÕovaio • la settima causa di morte per tumore nella donna e la prima per patologia neoplastica ginecologica nei paesi sviluppati, ad eccezione del Giappone. Questo tumore, inesistente in etˆ prepubere, ha una frequenza crescente dopo i 40 anni, con un picco di incidenza tra i 50 e 69 anni. Il 70% delle pazienti • in stadio avanzato al momento della diagnosi. La multiparitˆ, il menarca tardivo, la menopausa precoce ed i contraccettivi orali hanno un effetto protettivo, ed in particolare lÕuso di questi ultimi per tre o pi• anni riduce del 30-50% il rischio di insorgenza di questa neoplasia. Pochi e inconclusivi dati esistono in letteratura sul ruolo etio-patogenetico di fattori alimentari e chimici. Una familiaritˆ • presente nel 10% circa dei casi di carcinoma ovarico, ed • generalmente a mutazioni dei geni oncosoppressori BRCA 1 e BRCA 2 o, pi• raramente a mutazione dei geni del Òmismatch repairÓ (MSH2, MLH1, PMS1, PMS2 e MSH6/GTBP) che codificano enzimi coinvolti nella riparazione del DNA. Complessivamente, il rischio cumulativo di carcinoma ovarico nellÕarco della vita • 1,7% nella popolazione generale, circa il 12% nelle donne con sindrome di Lynch II, e varia dal 16 al 60% nelle donne con sindrome del carcinoma mammario/ovarico ereditario, riconducibile nella quasi totalitˆ dei casi a mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2. La diagnosi • spesso tardiva e lÕapproccio terapeutico • interdisciplinare. 6.2 DIAGNOSI 6.2.1 Screening La possibilitˆ di trovare un tumore ovarico maligno • strettamente dipendente dallÕetˆ, ed in particolare lÕincidenza di questa neoplasia • di circa 4/100.000 donne allÕanno tra 25 e 29 anni ed aumenta progressivamente con lÕetˆ sino a valori di 48/100.000 donne allÕanno tra 75 e 79 anni. LÕipotesi di uno screening per il carcinoma ovarico pu˜ apparire suggestiva per lÕelevata letalitˆ della malattia e per lÕevidenza di una prognosi assai pi• favorevole per i casi diagnosticati in stadio iniziale. Tuttavia uno screening di popolazione appare problematico per: Ð la relativa bassa prevalenza della malattia; Ð la mancanza di fattori di rischio capaci di selezionare in modo efficiente un sottogruppo di soggetti a pi• elevata incidenza di malattia; Ð la scarsa accuratezza dei mezzi diagnostici da applicare nello screening. I diversi marcatori sierologici (principalmente il CA 125) sembrano tutti volume-tumore-correlati e poco si prestano a garantire una diagnosi in fase precoce: i cut-off comunemente adottati per identificare neoplasie iniziali risultano poco specifici. LÕaltro possibile test di screening, lÕecografia trans-vaginale, non • molto sensibile e soprattutto • poco specifico, in quanto il carcinoma ovarico iniziale pu˜ presentarsi come una cisti non complessa. Esperienze di screening condotte in Gran Bretagna sono state interrotte per la limitata detection rate, i costi elevati e la bassa specificitˆ che, nellÕintento di massimizzare la sensibilitˆ, aveva comportato un eccesso di accertamenti invasivi (laparoscopia, interventi esplorativi) inutili. Al momento non sono disponibili metodologie diagnostiche alternative in grado di rilanciare lÕipotesi di uno screening quale pratica corrente nella popolazione. Le ricerche nel settore della proteonomica saranno molto importanti per lÕidentificazione di nuovi marcatori tumorali per il carcinoma ovarico. Una problematica particolare • rappresentata dalle donne con mutazioni dei geni BRCA1/BRCA2. La convinzione della scarsa utilitˆ di test di screening quali il CA 125 o lÕecografia pu˜ far prendere in considerazione unÕovaro-salpingectomia profilattica, con terapia ormonale sostitutiva, dopo lÕespletamento delle gravidanze desiderate o comunque dopo i 35 anni di etˆ. Questa chirurgia profilattica, che deve essere preferenzialmente eseguita per via laparoscopica, riduce significativamente il rischio neoplastico ma non dˆ una protezione completa, dal momento che un carcinoma papillare peritoneale pu˜ svilupparsi nellÕ1,8-10,7% delle pazienti a rischio annessiectomizzate per la comune derivazione embriologica del peritoneo e dellÕepitelio di rivestimento ovarico. Alcuni autori suggeriscono di eseguire anche lÕisterectomia per asportare la porzione istmica della tuba, sebbene la quota di neoplasie che insorgono in questa sede sia sconosciuta e nonostante che questo atteggiamento riduca lÕaccettabilitˆ della procedura e ne aumenti i rischi e i costi. LÕovaro-salpingectomia profilattica in corso di chirurgia addominale per altre cause • comunque consigliabile dopo i 35 anni nelle donne con mutazioni del geni BRCA1/BRCA2 o con sindrome di Lynch. In queste ultime • preferibile eseguire anche lÕisterectomia profilattica, considerando che in questa sindrome • aumentato anche il rischio di carcinoma endometriale. 188 CARCINOMA OVARICO 6.2.2 Anatomia patologica Per lÕallestimento dei preparati istologici definitivi • raccomandata una campionatura estensiva. In presenza di un carcinoma, lÕanatomo-patologo deve specificare lÕistotipo della neoplasia (sieroso, mucinoso, endometrioide, a cellule chiare, tipo Brenner, indifferenziato, e misto), il grado istologico (G1, ben differenziato; G2, moderatamente differenziato; G3, scarsamente differenziato), la presenza di tumore sulla superficie esterna dellÕovaio, lÕeventuale diffusione extra-ovarica. Lo studio di variabili biologiche (p53, erb-B2, bcl-2, bax, K-ras, myc, instabilitˆ dei microsatelliti) • oggetto di ricerca clinica. 6.2.3 Iter diagnostico Il carcinoma ovarico • asintomatico o con sintomatologia aspecifica in fase iniziale di sviluppo. Spesso i sintomi di esordio sono rappresentati da un senso di pesantezza al basso addome o da una vaga dolenza addomino-pelvica o da un aumento di volume addominale. Pu˜ essere presente una sintomatologia gastroenterica. Elemento essenziale per la diagnosi • il rilievo allÕesame ginecologico di una massa pelvica. Nei testi di ginecologia questo termine • sinonimo di tumefazione ovarica, dato che la patologia gonadica rappresenta il pericolo maggiore per la pelvi femminile. Escludendo dalla valutazione i fibromi uterini, • stato calcolato che lÕ1,5-2% delle donne oltre 40 anni presenta una patologia pelvica che si mostra clinicamente come una massa. Un razionale inquadramento diagnostico di queste formazioni • essenziale per un corretto management clinico. Una massa pelvica con segni clinici sospetti per neoplasia ovarica necessita di unÕaccurata valutazione clinica, strumentale e di laboratorio. Elementi fondamentali per un giudizio clinico sono rappresentati dallÕetˆ, dallo stato menopausale, dalle dimensioni della massa, dalla mono- o bilateralitˆ, dalla consistenza (parenchimatosa o elastica), dalle caratteristiche morfologiche e di vascolarizzazione, dalla coesistenza di versamento peritoneale e/o pleurico, dalla presenza di eventuale sintomatologia, dal livello del CA 125 sierico. LÕecografia addominale e trans-vaginale, eventualmente associata a color-Doppler, • di grande ausilio nella diagnosi differenziale delle tumefazioni pelviche, nellÕevidenziazione dellÕascite, e nella valutazione dellÕeventuale diffusione della malattia alla pelvi e allÕaddome superiore. Sono suggestive di malignitˆ la presenza di irregolaritˆ della superficie, di setti spessi allÕinterno della massa, di una struttura disomogenea con alternanza di aree ipoecogene ed ipercogene e di ascite. LÕaggiunta del color-Doppler pu˜ evidenziare la neovascolarizzazione a bassa resistenza tipica delle lesioni neoplastiche. LÕecografia consente inoltre di effettuare un prelievo citologico per aspirazione con ago sottile o unÕagobiopsia della tumefazione. é necessario il dosaggio sierico preoperatorio del CA125, e, nelle pazienti in etˆ prepubere o adolescenziale, anche il dosaggio sierico dellÕAFP e della β-HCG (marcatori di tumori germinali). Livelli elevati (> 35 u/ml) di CA 125 alla diagnosi sono presenti nellÕ80% delle pazienti con carcinoma ovarico, ed in particolare, nel 50% di quelle con malattia in stadio iniziale e nel 90% di quelle con malattia in stadio avanzato. Tuttavia una percentuale non trascurabile di donne, soprattutto in etˆ fertile, presenta concentrazioni dellÕantigene > 35 u/ml per lÕesistenza di affezioni ginecologiche benigne, quali lÕendometriosi o la malattia infiammatoria pelvica, il che determina una specificitˆ relativamente bassa del CA 125 test. Il dosaggio seriato del CA 125 • molto utile nel monitoraggio della risposta alla chemioterapia e nel follow-up delle pazienti con carcinoma ovarico. Mentre pu˜ essere razionale un atteggiamento di vigile attesa di fronte a masse annessiali anche di dimensioni > 5 cm con caratteri ecografici non sospetti e con valori di CA125 normali in donne in premenopausa, la maggior parte delle tumefazioni ovariche nelle donne in postmenopausa richiederˆ unÕesplorazione chirurgica. Nessuna combinazione di parametri clinici, di laboratorio o di diagnostica per immagine ha unÕaccuratezza diagnostica del 100% nel predire la presenza di una neoplasia maligna dellÕovaio soprattutto in stadio iniziale. La diagnosi definitiva di carcinoma ovarico si pone con lÕesplorazione chirurgica. In pazienti con verosimile carcinoma ovarico e con ampia disseminazione di malattia allÕaddome superiore per la quale non sia considerata possibile una citoriduzione ottimale (vedi paragrafo 6.3.1.2.1), si pu˜ eseguire una biopsia ecoguidata della massa ovarica per lÕaccertamento istopatologico seguita dalla chemioterapia neoadiuvante. 6.2.4 Stadiazione La stadiazione del carcinoma ovarico • chirurgica (vedi paragrafo 6.3.1.1.1). In fase preoperatoria, la CT e la RM possono fornire informazioni aggiuntive allÕecografia per quanto riguarda la diffusione della malattia alle strutture pelviche, ai linfonodi retroperitoneali, e allÕaddome superiore. LÕRX torace pu˜ evidenziare un versamento pleurico da sottoporre ad ago-aspirazione per esame citologico. Se la paziente presenta sintomi gastrointestinali, sono indicate la colonscopia e/o il clisma opaco e lÕesofago-gastroscopia, per escludere una patologia neoplastica primitiva del tubo digerente e per evidenziare un interessamento secondario soprattutto del grosso intestino. 189 CARCINOMA OVARICO 6.3 TERAPIA Le procedure sono riportate nel paragrafo 6.3.1.1.1. 6.3.1. Terapia integrata 6.3.1.1 Stadio iniziale (Ia-IIa) 6.3.1.1.1 Chirurgia La chirurgia, che rappresenta il primo momento terapeutico, fornisce la conferma istologica definitiva della natura della tumefazione ovarica. La laparoscopia, che non • raccomandata in pazienti in cui si sospetta un carcinoma ovarico, pu˜ essere utile in presenza di una patologia annessiale di incerta natura in donne giovani per evitare il ricorso alla chirurgia laparotomica. Qualora un carcinoma ovarico venga evidenziato durante una laparoscopia, lÕintervento deve essere convertito da laparoscopico a laparotomico. Una tumefazione ovarica sospetta viene asportata possibilmente integra ed inviata allÕesame istologico estemporaneo. Se viene diagnosticato un carcinoma ovarico deve essere eseguita una stadiazione chirurgica intensiva che prevede il lavaggio peritoneale per esame citologico, lÕaccurata esplorazione del cavo addomino-pelvico con biopsia di ogni eventuale lesione sospetta, biopsie multiple random del cavo del Douglas, del peritoneo prevescicale, delle docce parietocoliche, del peritoneo diaframmatici e della radice del mesentere, lÕomentectomia infracolica, lÕappendicectomia e le biopsie dei linfonodi pelvici e lombo-aortici omolaterali al tumore. La linfadenectomia sistematica pelvica e lombo-aortica non sembra dare un vantaggio terapeutico in termini di sopravvivenza rispetto al sampling linfonodale (Livello di evidenza II). Per quanto riguarda lÕutero e lÕovaio controlaterale, il comportamento chirurgico dipende dallÕetˆ e dal desiderio riproduttivo della paziente, che deve essere possibilmente esplicitato in sede di consenso informato scritto preoperatorio. Se la paziente • in menopausa, o comunque non desidera conservare la fertilitˆ, si esegue lÕovaro-salpingectomia controlaterale con isterectomia totale extrafasciale. Se la paziente desidera preservare la funzione riproduttiva, ci si deve limitare ad unÕaccurata esplorazione dellÕovaio controlaterale (su cui si possono eseguire biopsie superficiali su aree apparentemente irregolari) e ad unÕisteroscopia con biopsia endometriale o ad un esame frazionato della cavitˆ uterina (la cui positivitˆ fa classificare in Stadio IIa un tumore apparentemente confinato alla gonade). é sconsigliata la biopsia a cuneo dellÕovaio controlaterale macroscopicamente sano, per il rischio di indurre una sterilitˆ su base meccanica. Nei casi di carcinoma endometrioide dellÕovaio, lÕisteroscopia o lÕesame frazionato della cavitˆ uterina possono anche evidenziare lÕeventuale presenza di un carcinoma sincrono dellÕendometrio. Qualora un carcinoma ovarico in stadio apparentemente iniziale venga occasionalmente diagnosticato in un soggetto giovane durante unÕesplorazione chirurgica, lÕintervento di prima istanza deve essere conservativo ma associato a stadiazione intensiva. Secondo alcuni Autori la chirurgia conservativa dovrebbe essere riservata a pazienti con carcinoma in Stadio Ia e di Grado G1, mentre secondo altri pu˜ essere proposta anche a pazienti con malattia in Stadio Ib-Ic o di Grado G2-3. I tumori in Stadio Ib possono essere trattati conservativamente (ovaro-salpingectomia + tumorectomia controlaterale + stadiazione chirurgica) se la neoplasia • facilmente enucleabile almeno in una gonade con preservazione di unÕadeguata quantitˆ di parenchima ovarico indenne. La chirurgia conservativa deve essere seguita da una chemioterapia adiuvante nei casi ad alto rischio. Qualora lÕesame istologico estemporaneo sia suggestivo di una neoplasia borderline dellÕovaio, se la paziente • in etˆ postmenopausale o ha esaurito il desiderio riproduttivo viene eseguita lÕovaro-salpingectomia bilaterale con isterectomia totale e con stadiazione chirurgica comprendente lÕomentectomia infracolica, le biopsie peritoneali multiple e lÕappendicectomia se lÕistotipo • mucinoso. Non • indicata la linfadenectomia, perchŽ lÕeventuale presenza di lesioni linfonodali non modifica la prognosi. In pazienti giovani desiderose di prole • indicata una chirurgia conservativa con stadiazione chirurgica anche in presenza di impianti peritoneali, che possono essere istologicamente benigni, non invasivi o francamente invasivi. 6.3.1.1.2 Terapia adiuvante Non vi • indicazione a terapia adiuvante nei tumori borderline dellÕovaio. Il trattamento adiuvante dipende dal sottostadio FIGO, dal grado istologico e dallÕistotipo. Quando • ritenuto indicato, il trattamento adiuvante consiste in una chemioterapia a base di platino o di platino/taxolo. Non vi • indicazione ad un trattamento adiuvante in pazienti adeguatamente stadiate con carcinoma in Stadio Ia-Ib, Grado G1 e istotipo non a cellule chiare. 190 CARCINOMA OVARICO Non vi • accordo circa la necessitˆ di un trattamento adiuvante in pazienti adeguatamente stadiate con carcinoma in Stadio Ia-Ib, Grado G2 e istotipo non a cellule chiare. La decisione se impiegare o meno la chemioterapia deve essere presa caso per caso, tenendo conto dellÕ etˆ, del performance status (PS) e del desiderio della paziente. In pazienti riferite con carcinoma in Stadio Ia-Ib, Grado G1-2, istotipo non a cellule chiare, non adeguatamente stadiate, la decisione se procedere ad un restaging chirurgico immediato, ovvero somministrare un trattamento adiuvante, deve essere presa caso per caso, tenendo conto dellÕetˆ, del PS, del desiderio della paziente e dellÕintervallo di tempo trascorso dallÕintervento chirurgico. Vi • indicazione ad un trattamento adiuvante in pazienti in Stadio Ia-Ib Grado G3, ovvero in Stadio Ic o IIa indipendentemente dal grado, ovvero con istotipo a cellule chiare indipendentemente dal sottostadio. Due studi randomizzati internazionali (ACTION e ICON I) hanno recentemente documentato che la chemioterapia adiuvante a base di platino dˆ un vantaggio significativo in termini di sopravvivenza libera da recidiva e di sopravvivenza globale nel carcinoma ovarico iniziale con fattori di rischio (Livello di evidenza II). Il trattamento adiuvante chemioterapico deve contenere platino, anche se • ancora oggetto di discussione quale sia il regime ottimale per questo gruppo di pazienti. Quale trattamento adiuvante pu˜ essere utilizzato: a) carboplatino in monochemioterapia AUC 5-6 ogni 3 settimane per 4-6 cicli; b) la combinazione taxolo 175 mg/m2 (infusione di 3 ore) + carboplatino AUC 5-6 ogni 3 settimane per 4-6 cicli. 6.3.1.2 Stadi avanzati (IIb-IV) Il trattamento standard • rappresentato dalla chirurgia citoriduttiva primaria seguita dalla chemioterapia a base di taxolo/platino. 6.3.1.2.1 Chirurgia LÕintervento prevede lÕovaro-salpingectomia bilaterale con isterectomia totale, omentectomia radicale, appendicectomia e rimozione di quanto pi• tumore • possibile. LÕobiettivo della chirurgia citoriduttiva dovrebbe essere quello di rimuovere, ove possibile, tutta la malattia macroscopicamente visibile, o almeno di lasciare un residuo < 1 cm al termine dellÕintervento. Il sampling linfonodale fa parte della stadiazione chirurgica. Anche se alcuni autori hanno suggerito che lÕintervento dovrebbe includere la rimozione di tutto il tessuto linfatico intorno ai vasi pelvici, allÕaorta e alla cava, lÕefficacia terapeutica della linfadenectomia pelvica e lombo-aortica sistematica nel carcinoma ovarico avanzato con malattia residua peritoneale minima • incerta, ed • attualmente oggetto di uno studio randomizzato internazionale. FinchŽ non saranno disponibili i dati di questo studio, lÕapproccio chirurgico al retroperitoneo pu˜ limitarsi allÕexeresi dei linfonodi ÒbulkyÓ. Una recente meta-analisi su 6685 pazienti con carcinoma ovarico in Stadio III-IV trattate con chemioterapia a base di platino nellÕambito di studi clinici controllati, ha confermato che la citoriduzione chirurgica massimale era una delle pi• importanti variabili correlate con la sopravvivenza (Livello di evidenza I). La citoriduzione chirurgica necessita talvolta di procedure non ginecologiche (resezioni coliche, resezioni ileali, splenectomia, ecc.). Anse intestinali possono essere resecate se massivamente coinvolte dal tumore, soprattutto se ci˜ consente il raggiungimento di una citoriduzione ottimale, oppure se vi • una situazione occlusiva o immediatamente preocclusiva. LÕelevata probabilitˆ di risposta alla chemioterapia sconsiglia in genere lÕeffettuazione di by-pass o di derivazioni colostomiche in assenza di sintomatologia francamente occlusiva. Quando la neoplasia congela apparentemente la pelvi, in assenza di estesa diffusione allÕaddome superiore, lÕapproccio chirurgico dovrebbe essere retroperitoneale (isterectomia retrograda secondo Hudson - Delle Piane) (Livello di evidenza VI). Anche se nella maggior parte dei casi il tumore pu˜ essere dissecato dalla vescica o dal retto, qualche volta pu˜ essere necessaria la resezione anche parziale di questi organi. LÕapproccio retroperitoneale consente una citoriduzione pelvica ottimale in unÕalta proporzione di pazienti con morbilitˆ accettabile. La descrizione dellÕintervento chirurgico riportata nella cartella clinica deve includere, oltre alla diffusione topografica e alle dimensioni delle lesioni neoplastiche alla apertura, anche la sede e le dimensioni del tumore residuo alla chiusura. Se • impossibile ottenere una citoriduzione ottimale in prima istanza, la chirurgia pu˜ essere presa di nuovo in considerazione dopo 3-4 cicli di chemioterapia (chirurgia di intervallo) (Livello di evidenza II). La resecabilitˆ del tumore dipende principalmente dalla sua diffusione e localizzazione, dato che il coinvolgimento massivo dellÕaddome superiore (fegato, diaframma, linfonodi soprarenali, ecc.) e dei mesi impedisce un debulking ottimale. Il ruolo della chirurgia citoriduttiva nello Stadio IV • controverso. Le pazienti con solo versamento pleurico citologicamente positivo, o con un singolo linfonodo sopraclaveare positivo, possono essere trattate con chirurgia citoriduttiva primaria come le pazienti in Stadio III (Livello di evidenza VI). 191 CARCINOMA OVARICO La chemioterapia neoadiuvante seguita dalla chirurgia di intervallo pu˜ essere utilizzata nelle altre pazienti in Stadio IV, ovvero nelle pazienti nelle quali si ritiene difficilmente ottenibile una citoriduzione ottimale primaria per la massiva diffusione del tumore allÕaddome superiore documentata dalle metodiche di diagnostica per imaging. In casi particolari • proponibile il ricorso ad una laparoscopia esplorativa per meglio valutare la diffusione della malattia e la sua citoriducibilitˆ chirurgica (Livello di evidenza V). La chemioterapia neoadiuvante, che ha come scopo quello di ridurre la massa neoplastica e di facilitarne lÕexeresi chirurgica diminuendo altres“ il rischio di complicanze intra- e post-operatorie, • ancora un approccio in larga parte sperimentale da riservare a casi selezionati. Questa strategia terapeutica, che si basa su alcuni studi retrospettivi non randomizzati europei e statunitensi, • attualmente oggetto di un trial randomizzato di fase III dellÕEORTC. 6.3.1.2.2 Chemioterapia di prima linea Nei tumori borderline dellÕovaio diffusi al peritoneo vi • indicazione ad una chemioterapia con carboplatino (AUC 5-6 ogni 3 settimane per 5-6 cicli) solo in presenza di impianti istologicamente invasivi (Livello di evidenza VI). La chemioterapia del carcinoma ovarico avanzato nelle ultime due decadi ha subito una profonda evoluzione passando dagli alchilanti in monochemioterapia al platino da solo o in combinazione con alchilanti, antracicline o taxani. Nel 1991 la meta-analisi dellÕAdvanced Ovarian Cancer Trialists Group dei dati di mortalitˆ ricavati da 45 studi randomizzati sulla chemioterapia nel carcinoma ovarico avanzato ha dimostrato che in termini di sopravvivenza: a) la terapia a base di platino • superiore a quella non comprendente questo agente; b) i regimi di combinazione comprendenti cisplatino sono superiori al cisplatino in monochemioterapia somministrato alla stessa dose; c) il cisplatino ed il carboplatino sono equiattivi (Livello di evidenza I) . Queste osservazioni sono state confermate in successive meta-analisi. Studi randomizzati hanno dimostrato lÕinefficacia del raddoppiamento della dose totale o della dose-intensitˆ del cisplatino rispetto alle dosi convenzionali (Livello di evidenza II). Verso la metˆ degli anni Ô90 due trial randomizzati (GOG 111 e OV 10) hanno evidenziato la superioritˆ della combinazione taxolo/cisplatino vs il regime ciclofosfamide/cisplatino nel carcinoma ovarico avanzato (Livello di evidenza II). Successivi studi randomizzati hanno dimostrato che il regime taxolo/carboplatino aveva attivitˆ sovrapponibile rispetto a quello taxolo/cisplatino in termini di risposte e di sopravvivenza, ed era meglio tollerato soprattutto per una minore tossicitˆ neurologica (Livello di evidenza II). La pubblicazione di due ulteriori trial (GOG 132 e ICON 3) ha sollevato dubbi sullÕopportunitˆ di impiegare i taxani nel trattamento di prima linea del carcinoma ovarico. In questi studi la sopravvivenza del gruppo trattato con taxolo/cisplatino (GOG 132, sopravvivenza mediana: 26.3 mesi) o con taxolo/carboplatino (ICON 3, sopravvivenza mediana: 36.1 mesi) non era significativamente diversa rispetto a quella delle pazienti trattate con cisplatino in monochemioterapia (GOG 132, sopravvivenza mediana: 30 mesi) o carboplatino in monochemioterapia o con regime di combinazione comprendente ciclofosfamide + doxorubicina + cisplatino (ICON 3, sopravvivenza mediana: 35.4 mesi). é stata recentemente condotta una meta-analisi dei dati delle singoli pazienti incluse nei quattro studi esaminati (GOG 111, OV 10, GOG 132 e ICON 3), che ha dimostrato che lÕassociazione del taxolo con il platino dˆ un vantaggio statisticamente significativo rispetto ad una chemioterapia comprendente platino ma non taxolo, vantaggio che tuttavia • inferiore a quello evidenziato inizialmente dal GOG 111 (Livello di evidenza I). I trial mostrano tuttavia una netta eterogeneicitˆ dei risultati, che • verosimilmente dovuta alla diversa efficacia dei bracci di controllo. LÕassociazione taxolo/carboplatino • stata adottata come braccio di riferimento nei successivi studi clinici controllati, ed • pertanto considerata il regime standard nella comunitˆ scientifica. Le pazienti con carcinoma ovarico avanzato devono essere routinariamente trattate con la combinazione taxolo 175 mg/m2 (infusione di 3 ore) + carboplatino AUC 5-6 (ripetuta ogni 3 settimane). Il carboplatino AUC 5-6 in monochemioterapia (ripetuto ogni 3 settimane) deve essere riservato a pazienti in etˆ avanzata (> 75 anni) o con PS ECOG ³ 2 o con ipersensibilitˆ al taxolo o con controindicazioni allÕuso della polichemioterapia. Le pazienti vengono sottoposte ad esame obiettivo generale, visita ginecologica, ecografia addomino-pelvica e dosaggio del CA 125 prima di iniziare la chemioterapia. Il CA 125 viene dosato prima di ogni ciclo di chemioterapia, mentre lÕesame obiettivo generale, la visita ginecologica e lÕecografia addomino-pelvica sono ripetute almeno dopo il 3¡ ciclo. Ulteriori indagini vengono eseguite su indicazione clinica. La chemioterapia di prima istanza viene somministrata per sei cicli in assenza di progressione clinica. Nelle pazienti con residuo tumorale > 1 cm in risposta completa o in risposta parziale o con stabilitˆ di malattia dopo tre cicli di chemioterapia pu˜ essere presa in considerazione una chirurgia di intervallo con intento citoriduttivo, seguita da ulteriori tre cicli di chemioterapia con lo stesso regime Dopo il sesto ciclo di chemioterapia sono seguiti esame obiettivo generale, visita ginecologica, dosaggio del CA 125 sierico, CT addomino-pelvica ed RX torace. Ulteriori indagini vengono praticate su indicazione clinica. In pazienti con evidenza di progressione durante la chemioterapia di prima linea, viene interrotta la sommini- 192 CARCINOMA OVARICO strazione del regime taxolo/platino e viene impostato un trattamento di seconda linea per malattia platino-refrattaria (vedi paragrafo 6.3.2). LÕuso della chemioterapia intraperitoneale o della chemio-ipertermia intraperitoneale o della chemioterapia ad alte dosi (con supporto di cellule staminali autologhe periferiche o di trapianto di midollo) • sperimentale e deve essere riservato a pazienti incluse in studi clinici randomizzati. 6.3.1.2.3 Second-look chirurgico Il second-look laparoscopico/laparotomico non deve essere utilizzato routinariamente (Livello di evidenza VI). La rivalutazione chirurgica pu˜ essere presa in considerazione in pazienti in risposta completa clinica al termine della chemioterapia di prima linea, soprattutto se a rischio particolarmente elevato di persistenza subclinica di malattia (malattia residua ÒbulkyÓ dopo prima chirurgia, mancata effettuazione di alcuni tempi chirurgici in prima istanza). In presenza di residuo neoplastico macroscopico al second-look, la citoriduzione chirurgica secondaria pu˜ dare un vantaggio in termini di sopravvivenza soltanto se riesce ad asportare tutto il tumore visibile (Livello di evidenza V). 6.3.1.2.4 Terapia di consolidamento /mantenimento PAZIENTI IN RISPOSTA COMPLETA CLINICA (NON SOTTOPOSTE A SECOND-LOOK) E PAZIENTI IN RISPOSTA COMPLETA PATOLOGICA DOPO CHEMIOTERAPIA DI PRIMA LINEA La chemioterapia a base taxolo/platino • in grado di ottenere una risposta completa clinica nel 50% ed una risposta completa patologica nel 25% delle pazienti con carcinoma ovarico avanzato. Tuttavia circa il 75% delle pazienti in risposta completa clinica ed il 50% di quelle in risposta completa patologica recidivano dopo un tempo mediano di 18Ð24 mesi. Le donne con malattia recidivante hanno prognosi sfavorevole, con sopravvivenza mediana dalla diagnosi di recidiva inferiore a 2 anni e con sopravvivenza globale oltre 5 anni inferiore al 10%. Pertanto la messa a punto di efficaci terapie di consolidamento e di mantenimento della risposta indotta dalla chemioterapia a base di taxolo/platino • una prioritˆ della ricerca clinica nel carcinoma ovarico. Attualmente non vi • nessuna chiara dimostrazione che un trattamento di consolidamento/mantenimento (radioterapia esterna, radioisotopo-terapia intraperitoneale, radio-immunoterapia, chemioterapia intraperitoneale, chemioterapia sistemica, chemioterapia ad alte dosi, agenti biologici) migliori la sopravvivenza delle pazienti in risposta completa clinica o patologica dopo chemioterapia di prima linea. Uno studio clinico randomizzato statunitense ha dimostrato che una terapia di mantenimento con taxolo 175 mg/m2 ogni 3 settimane per 12 cicli migliorava significativamente la sopravvivenza libera da progressione delle pazienti in risposta completa clinica dopo terapia di prima linea a base di platino/taxolo (Livello di evidenza II). In assenza dei risultati di studi clinici confermatori (che analizzino i dati anche in termini di sopravvivenza globale e di qualitˆ di vita), il mantenimento con taxolo dovrebbe rappresentare unÕopzione terapeutica da discutere con la singola paziente. é attualmente in corso uno studio multicentrico nazionale su questo argomento (After-six 1). 6.3.1.2.5 Terapia della malattia residua dopo chemioterapia di prima linea Le pazienti responsive alla chemioterapia di prima linea con malattia residua microscopica (positivitˆ della citologia peritoneale e/o di biopsie peritoneali random) o macroscopica devono essere trattate con ulteriore chemioterapia. Le pazienti con malattia residua macroscopica che viene completamente resecata durante il secondlook (risposta completa Ò convertedÓ) sono assimilabili a quelle con malattia residua microscopica. Non esistono dati che evidenzino la superioritˆ di un agente rispetto ad un altro, e pertanto il farmaco deve essere scelto soprattutto sulla base del profilo di tossicitˆ. LÕuso del taxolo settimanale alla dose di 60-80 mg/m2 per 21-24 settimane in pazienti con malattia residua microscopica, ovvero fino a tossicitˆ o progressione in quelle con malattia residua macroscopica , pu˜ rappresentare una valida opzione terapeutica. 6.3.2 Trattamento delle recidive Non vi sono dati certi dalla Letteratura circa il trattamento ottimale delle pazienti asintomatiche con elevazione del CA 125 sierico e nessuna evidenza clinica, radiologica o ecografica di ripresa di malattia. é in corso uno studio clinico di fase III dellÕEORTC che sta confrontando la somministrazione precoce della chemioterapia vs la sola osservazione, al fine di verificare se lÕanticipazione nella diagnosi di recidiva consentita dal dosaggio del 193 CARCINOMA OVARICO CA 125 pu˜ tradursi in un miglioramento della prognosi delle pazienti. Attualmente il trattamento della recidiva in base al solo aumento del CA 125 non • un comportamento standard, ma dovrebbe rappresentare unÕopzione terapeutica da discutere con la singola paziente. In pazienti sintomatiche con malattia misurabile o valutabile, la terapia di seconda linea • strettamente dipendente dallÕ intervallo libero da platino. Le pazienti in progressione durante il trattamento di prima linea (malattia refrattaria) o dopo un intervallo libero da platino < 6 mesi (malattia resistente) sono trattate con farmaci di seconda linea, quali la doxorubicina liposomiale, il topotecan, la gemcitabina, lÕifosfamide, lÕetoposide, la vinorelbina, ecc. Non esistono dati che evidenzino la superioritˆ di un agente di seconda linea rispetto ad un altro, e pertanto il farmaco deve essere scelto soprattutto sulla base del profilo di tossicitˆ (Livello di evidenza II). é auspicabile che le pazienti con malattia refrattaria/resistente siano inserite in studi clinici controllati. Le pazienti in progressione dopo un intervallo libero da platino ³ 6 mesi (malattia platino-sensibile) sono trattate con lo stesso regime taxolo/platino utilizzato in prima linea (Livello di evidenza II). Alcuni ritengono tuttavia che per definire una recidiva come platino-sensibile sia necessario un intervallo libero da platino ³ 12 mesi; questi Autori consigliano pertanto di trattare con un farmaco diverso dal platino le pazienti con intervallo libero compreso tra 6 e 12 mesi. Nelle pazienti con progressione tardiva e con buon PS pu˜ trovare indicazione un tentativo di citoriduzione secondaria al momento della diagnosi di recidiva ovvero dopo chemioterapia di seconda linea, se alle indagini di diagnostica per imaging (ecografia, CT, ecc.) la recidiva appare localizzata (pelvi, linfonodi, milza) e non • presente ascite. La citoriduzione chirurgica secondaria offre un vantaggio in termini di sopravvivenza se asporta tutto il tumore macroscopicamente visibile (Livello di evidenza V) Le ricerche nel settore della biologia molecolare e della genomica saranno molto importanti per lÕidentificazione di nuovi bersagli molecolari per terapie mirate individuali. 6.3.3 Trattamento palliativo Il trattamento palliativo pu˜ qualche volta rappresentare lÕunica opzione possibile in pazienti con carcinoma ovarico recidivante, soprattutto in quelle con occlusione intestinale. Il trattamento di questa complicanza in pazienti pesantemente pretrattate • un problema clinico molto complesso. La chirurgia pu˜ essere presa in considerazione a scopo palliativo in casi accuratamente selezionati, soprattutto quando il quadro occlusivo persiste dopo 7-10 giorni di terapia conservativa e lÕaspettativa di vita • superiore ai due mesi. Non vi • accordo in letteratura sui criteri clinici in grado di identificare le pazienti che possano beneficiare dellÕapproccio chirurgico. Fattori prognostici sfavorevoli per la chirurgia includono la presenza di una carcinomatosi peritoneale diffusa con disturbi della motilitˆ intestinale, sedi multiple di ostruzione parziale (documentate con indagini radiologiche), masse addominali palpabili, mestatasi epatiche, diffusione extra-addominale di malattia, ascite, o etˆ > 65 anni con cachessia. Krebs e Goplerud hanno proposto uno score prognostico basato su sei parametri (etˆ, stato nutrizionale, stato tumorale, ascite, pregressa chemioterapia, pregressa radioterapia) che pu˜ aiutare il clinico nella selezione delle pazienti idonee per la chirurgia (Livello di evidenza V). Qualora non sia eligibile per un approccio chirurgico palliativo, la paziente dovrebbe essere sottoposta ad un trattamento conservativo con drenaggio nasogastrico, nutrizione parenterale e trattamento farmacologico con diversi agenti, quali la morfina, il butil-bromuro di ioscina, lÕaloperidolo e lÕoctreotide, da scegliere in base al quadro clinico. La gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) pu˜ essere utile per la palliazione dellÕocclusione di tenue in pazienti terminali. 6.4 FOLLOW-UP Le pazienti con assenza di malattia clinica dopo il completamento della terapia di prima linea (con o senza consolidamento/mantenimento) vengono sottoposte ad un follow-up periodico, che prevede controlli clinici (esame obiettivo generale, visita ginecologica), sierologici (CA 125, CA 19-9 e/o CEA nellÕistotipo mucinoso) ed ultrasonografici (ecografia addomino-pelvica, eventuale ecografia trans-vaginale nelle pazienti sottoposte a chirurgia conservativa) ogni 3 mesi nei primi due anni, ogni 4 mesi nel terzo anno, ogni 6 mesi nel quarto-quinto anno, ed ogni anno successivamente. LÕRx torace viene eseguito ogni 6 mesi nei primi due anni e ogni anno successivamente. La CT addomino-pelvica pu˜ essere eseguita ad intervalli periodici, ad esempio annuali, in pazienti asintomatiche, ovvero pu˜ essere utilizzata in pazienti con sospetto clinico, sierologico od ecografico di ripresa di malattia. Ulteriori indagini (PET, colonscopia, ecc.) vengono eseguite su indicazione clinica. La PET potrebbe essere particolarmente utile in pazienti con elevazione asintomatica del CA 125 e con negativitˆ delle metodiche radiologiche ed ecografiche tradizionali. 194 CARCINOMA OVARICO 6.5 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 1. Aabo K, Adams M, Adnitt P, et al: Chemotherapy in advanced ovarian cancer: four systematic meta-analyses of individual patient data from 37 randomised trials. Advanced Ovarian Cancer TrialistÕs Group. Br J Cancer 1998; 78: 1479-87. 2. Benedetti-Panici P, Maneschi F, Scambia G, Cutillo G, Greggi S, Mancuso S: The pelvic retroperitoneal approach in the treatment of advanced ovarian carcinoma. Obstet Gynecol 1996; 87: 532-8. 3. 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Milano, Arti Grafiche Passoni, 2004. 1. 2. 3. 4. 195 CARCINOMA OVARICO 6.6 APPENDICE 6.6.1 Classificazione isto-patologica I tumori epiteliali dellÕovaio devono essere classificati secondo la nomenclatura istologica dellÕOrganizzazione Mondiale della Sanitˆ (WHO) 1973. Tumore sieroso: Ð Cistoadenoma benigno Ð Tumore a malignitˆ borderline Ð Cistoadenocarcinoma Tumore mucinoso: Ð Cistoadenoma benigno Ð Tumore a malignitˆ borderline Ð Cistoadenocarcinoma Tumore endometrioide: Ð Cistoadenoma benigno Ð Tumore a malignitˆ borderline Ð Cistoadenocarcinoma Tumore a cellule chiare: Ð Tumore benigno Ð Tumore a malignitˆ borderline Ð Cistoadenocarcinoma Tumore di tipo Brenner: Ð Tumore benigno Ð Tumore a malignitˆ borderline Ð Tumore maligno Ð Tumore a cellule transizionali Carcinoma indifferenziato: Ð Tumore maligno di natura epiteliale che • troppo scarsamente differenziato per essere attribuito a qualunque altro gruppo Tumore epiteliale misto: Ð Tumore composto da due o pi• dei cinque principali istotipi (che devono essere specificati) 6.6.2 Classificazione in stadi Il carcinoma dellÕovaio deve essere stadiato chirurgicamente secondo la nomenclatura della FIGO (Rio de Janeiro 1988). Carcinoma dellÕovaio: nomenclatura FIGO Stadio I Tumore limitato alle ovaie. Ia Tumore limitato ad un ovaio; assenza di vegetazioni sulla superficie esterna; capsula integra; assenza di ascite contenente cellule neoplastiche; citologia peritoneale negativa. Ib Tumore limitato ad entrambe le ovaie; assenza di vegetazioni sulla superficie esterna; capsula integra; assenza di ascite contenente cellule neoplastiche; citologia peritoneale negativa. Ic Tumore allo Stadio Ia o Ib, ma con vegetazioni sulla superficie di una o entrambe le ovaie o con capsula rotta o con ascite contenente cellule neoplastiche o con citologia peritoneale positiva. Stadio II Il tumore, che interessa una o entrambe le ovaie, • esteso allÕutero, alle salpingi o ad altre strutture pelviche. IIa Diffusione e/o metastasi allÕutero e/o alle salpingi. IIb Diffusione ad altri tessuti pelvici. IIc Tumore in Stadio IIa o IIb, ma con vegetazioni sulla superficie di una o entrambe le ovaie o con capsula rotta o con ascite contenente cellule neoplastiche o con citologia peritoneale positiva. 196 CARCINOMA OVARICO Stadio III Il tumore interessa una o entrambe le ovaie, con impianti peritoneali confermati istologicamente al di fuori della pelvi e/o con linfonodi retroperitoneali o inguinali positivi. Il tumore • limitato alla pelvi, ma • presente una diffusione neoplastica confermata istologicamente allÕintestino tenue o allÕomento. La presenza di metastasi superficiali epatiche fa classificare il tumore allo Stadio III. IIIa Il tumore • macroscopicamente limitato alla pelvi ed i linfonodi sono negativi, ma sono presenti impianti microscopici confermati istologicamente sulla superficie peritoneale addominale o allÕintestino tenue o al mesentere. IIIb Il tumore interessa una o entrambe le ovaie ed i linfonodi sono negativi, ma sono presenti impianti macroscopici confermati istologicamente sulla superficie peritoneale addominale di diametro inferiore ai 2 cm. IIIc Sono presenti impianti peritoneali di diametro superiore ai 2 cm al di fuori della pelvi e/o linfonodi retroperitoneali o inguinali positivi. Stadio IV Il tumore interessa una o entrambe le ovaie con metastasi a distanza. Se • presente versamento pleurico, questo deve essere citologicamente positivo per classificare il tumore allo Stadio IV. La presenza di metastasi parenchimali epatiche fa classificare il tumore allo Stadio IV. 6.6.3 Algoritmi terapeutici Trattamento chirurgico di una tumefazione ovarica sospetta apparentemente confinata alla(e) gonade (i) i) Prelievo liquido ascitico o lavaggio peritoneale per esame citologico ii) Asportazione della tumefazione à esame istologico estemporaneo Tumore benigno Tumore borderline ITA-SOB* o Chirurgia* conservativa Stadiazione1 + ITA -SOB* o Stadiazione1 + chirurgia* conservativa Carcinoma Stadiazione2 + ITA-SOB* o Stadiazione2 + chirurgia* conservativa * a seconda dellÕetˆ e del desiderio di prole. Stadiazione1: omentectomia, biopsie peritoneali, appendicectomia (istotipo mucinoso). Stadiazione2: omentectomia, biopsie peritoneali, appendicectomia, exeresi dei linfonodi pelvici/aortici omolaterali. ITA-SOB = isterectomia totale e salpingo-ooforectomia bilaterale. Terapia adiuvante nel carcinoma ovarico in stadio iniziale (FIGO Ia-IIa) Stadio Trattamento adiuvante Ia-Ib-G1, non cellule chiare Stadiazione completa Nessun ulteriore trattamento Ia-Ib-G2, non cellule chiare Stadiazione completa Nessun ulteriore trattamento o chemioterapia adiuvante Ia-Ib-G1-2, non cellule chiare Stadiazione incompleta Ristadiazione chirurgica o chemioterapia adiuvante Ia-Ib G3 Ic-IIa, qualunque G cellule chiare, qualunque sottostadio Chemioterapia adiuvante Chemioterapia: CBDCA AUC 5-6 ogni 3 settimane X 4-6 cicli oppure TAX 175 mg/m2 + CBDCA AUC 5-6 ogni 3 settimane X 4-6 cicli G = grado; CBDCA = carboplatino; AUC = area sotto la curva; TAX = taxolo. 197 CARCINOMA OVARICO Strategia terapeutica di prima linea nel carcinoma ovarico avanzato Stadio FIGO IIB-IV A) Citoriduzione chirurgica primaria (terapia standard) Malattia residua ² 1 cm TAX+CBDCA* X 6 TAX+CBDCA* X 3 Second- look (opzionale) citoriduzione secondaria Risposta obiettiva/malattia stabile Chirurgia dÕintervallo > 1cm TAX+CBDCA* X 3 TAX+CBDCA* X 3 Progressione 2a linea chemioterapica B) Chemioterapia neoadiuvante (casi selezionati) TAX+CBDCA* X 3 > citoriduzione chirurgica Risposta obiettiva/malattia stabile Citoriduzione chirurgica > TAX+CBDCA * X 3 TAX+CBDCA* X 3 Tentativo di citoriduzione chirurgica > 2a linea chemioterapica Progressione 2a linea chemioterapica *TAX 175 mg/m2 + CBDCA AUC 5-6 ogni 3 settimane; TAX = taxolo; CBDCA = carboplatino; AUC = area sotto la curva. 198 CARCINOMA OVARICO Strategia terapeutica nel carcinoma ovarico avanzato dopo il trattamento di prima linea Rivalutazione clinica, sierologia e radiologica (± rivalutazione chirurgica) Risposta completa Risposta parziale Follow-up Consolidamento Malattia stabile o progressione MR microscopica no MR macroscopica dopo citoriduzione secondaria (risposta completa ÒconvertedÓ) MR macroscopica TAX settimanale TAX settimanale o Terapia di II linea Terapia di II linea MR = malattia residua; TAX = taxolo. 6.6.4. Algoritmo diagnostico Raccomandazioni Tumefazione ovarica sospetta Grado delle raccomandazioni Visita A Eco addome + endovaginale A CA 125 A AFO, HCG etˆ adolescenziale A TC/RMN B Gastroscopia C Colonscopia C Clisma opaco C TC = tomografia computerizzata; RMN = risonanza magnetica nucleare. 6.6.5. Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico Stadio Raccomandazioni Livello di evidenza IV Grado delle raccomandazioni A Ia-Ib G1 Non cellule chiare Stadiazione completa Nessuna terapia adiuvante Ia-Ib G2 Non cellule chiare Stadiazione completa Nessuna terapia adiuvante o IV B CT adiuvante x 4-6 cicli IV B Ia-Ib G1-2 Non cellule chiare Stadiazione incompleta Ristadiazione chirurgica o IV B CT adiuvante x 4-6 cicli IV B Ia-Ib G3 Ic-IIa qualunque G Cellule chiare Qualunque sottostadio CT adiuvante x 4-6 cicli II A IIb-IV CT x 6 cicli I A CT = chemioterapia. 199 CARCINOMA OVARICO 6.6.6. Algoritmo follow-up Raccomandazioni Grado delle raccomandazioni Visita, CA 125, Ecografia ¥ ogni 3 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 4 mesi x 3 anni ¥ ogni 6 mesi x 4-5 anni ¥ ogni 12 mesi x 1-2 anni A Rx torace ¥ ogni 6 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 12 mesi successivamente B TC ¥ annuale C PET ¥ in caso di elevazione asintomatica del CA 125 C TC = tomografia computerizzata; RMN = risonanza magnetica nucleare. 6.6.7 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni* Livelli di evidenza Descrizione I Prove ottenute da pi• studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi V Prove ottenute da studi di casistica (Òserie di casiÓ) senza gruppo di controllo VI Prove basate sullÕopinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida Grado delle raccomandazioni Descrizione A LÕesecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico • fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualitˆ, anche se non necessariamente di tipo I o II B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o lÕintervento D LÕesecuzione della procedura non • raccomandata E Si sconsiglia fortemente lÕesecuzione della procedura * Tratto da ÒLinee guida per neoplasie della mammellaÓ a cura di AIOM (www.aiom.it). 200 CAPITOLO 7 RACCOMANDAZIONI CLINICHE PER IL CARCINOMA ENDOMETRIALE Coordinatore: Angiolo Gadducci Ginecologia e Ostetricia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Aiosa Carlo Amoroso Domenico Baglioni Tiziana Bardazzi Nara Barsanti Gemma Bernardeschi Paolo Berti Leonardo Cariti Giuseppe Cianci Claudia Ciatto Stefano Confortini Massimo Cristini Giorgio Di Giacomo Anna Maria Fabrini Maria Grazia Filippeschi Marco Galardi Alessandra Gentili Cesare Marchionni Mauro Massi Gianbattista Mazzocchi Bruno Mazzucchelli Giorgio Mignogna Marcello Petraglia Felice Pirtoli Luigi Rafanelli Paola Raspollini Maria Santopietro Rosa Savino Luciano Taddei Gian Luigi Vezzani Enola Villanucci Alessandro Specialitˆ Oncologia Oncologia Oncologia Ginecologia Oncologia Oncologia Ginecologia Ginecologia Oncologia Radiologia Biologia molecolare Ginecologia Oncologia Radioterapia Ginecologia Radioterapia Anatomia patologica Ginecologia Ginecologia Oncologia Ginecologia Radioterapia Ginecologia Radioterapia MMG Anatomia patologica Anatomia patologica Ginecologia Anatomia patologica Radioterapia Oncologia ginecologica Ente di Appartenenza ASL 12 Versilia ASL 12 Versilia ASL 7 Siena ASL 4 Prato ASL 2 Lucca ASL 11 Empoli ASL 10 Firenze ASL 8 Arezzo AOU Pisa CSPO Firenze CSPO Firenze ASL 8 Arezzo AOU Siena AOU Pisa ASL 11 Empoli AOUC Firenze ASL 12 Versilia AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 9 Grosseto ASL 9 Grosseto ASL 2 Lucca AOU Siena AOU Siena ASL 10 Firenze AOUC Firenze AOU Siena ASL 3 Pistoia AOUC Firenze ASL 3 Pistoia AOUC Firenze AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Ð Firenze; AOU Pisa = Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; AOU Siena = Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese; ASL = Azienda Sanitaria Locale; CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Ð Firenze; MMG = Medico di Medicina Generale 201 CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.1 INTRODUZIONE Il carcinoma endometriale • il quarto tumore per incidenza nella popolazione femminile dellÕUnione Europea, dopo il carcinoma della mammella, del colon-retto e del polmone, del corpo uterino, dello stomaco e dellÕovaio. Sono state descritte due varianti anatomo-cliniche di questa neoplasia. Il carcinoma endometrioide (Tipo I) • estrogeno-dipendente, insorge frequentemente su unÕiperplasia endometriale ed ha una prognosi generalmente favorevole, mentre il carcinoma non endometrioide (Tipo II), comprendente gli istotipi sieroso-papillifero e a cellule chiare, non • estrogeno-dipendente, insorge su un endometrio atrofico, pu˜ spesso associarsi ad una lesione superficiale dellÕendometrio detta Òcarcinoma endometriale intraepitelialeÓ, colpisce soggetti pi• anziani, ha unÕaggressivitˆ biologica elevata ed una prognosi sfavorevole. Anche la patogenesi molecolare di queste neoplasie • completamente diversa. Gli estrogeni giocano un ruolo fondamentale nella patogenesi dei tumori di Tipo I, che rappresentano oltre lÕ80% dei casi di carcinoma endometriale. I fattori di rischio comprendono il menarca precoce, la menopausa tardiva, la nulliparitˆ, le disfunzioni ovariche (quali la sindrome dellÕovaio policistico), il diabete, lÕipertensione, lÕobesitˆ, la terapia estrogenica sostitutiva non bilanciata e lÕuso del tamoxifene. Viceversa i contraccettivi orali riducono il rischio di questa neoplasia di circa il 40% per un uso di 1-2 anni e del 60% per un uso di almeno 10 anni. Il carcinoma endometriale viene diagnosticato generalmente in stadio iniziale ed ha una buona sopravvivenza. 7.2 DIAGNOSI 7.2.1 Screening Non ci sono molte esperienze di screening del carcinoma endometriale probabilmente per il fatto che la patologia, pur frequente, ha una bassa letalitˆ, la comparsa sintomatica (stillicidio) essendo in genere associata a malattia in Stadio I, facilmente guaribile con lÕisterectomia. Tentativi di screening su popolazione non selezionata mediante citologia vaginale o endometriale non hanno dato risultati accettabili in passato, soprattutto per la bassa sensibilitˆ. Analogo destino ha avuto lÕipotesi di uno screening mediante ecografia trans-vaginale su popolazione sana asintomatica. LÕipotesi di uno screening per il carcinoma endometriale si • recentemente riaffacciata alla ribalta perchŽ sono stati identificati gruppi a rischio elevato di malattia tra i soggetti trattati per carcinoma mammario e in trattamento con tamoxifene. Il rischio in questi soggetti • aumentato di circa 4-5 volte: il test di screening proposto • stato lÕecografia trans-vaginale, il criterio diagnostico lo spessore della rima endometriale che, almeno nei soggetti con stillicidio ematico, sembra essere significativamente correlato con la presenza di carcinoma. Le esperienze di screening hanno dimostrato molto chiaramente che i soggetti in trattamento con tamoxifene manifestano molto spesso un apparente ispessimento degli echi endometriali decisamente sospetto, spesso con aspetti di disomogeneitˆ (microcistici, fibrosi) del tutto suggestivi di carcinoma endometriale. La verifica a tappeto di questi quadri mediante revisioni di cavitˆ o isterectomia ha dimostrato che nella stragrande maggioranza si tratta in realtˆ di quadri atrofici, con un ispessimento e ipertrofia delle ghiandole del connettivo subendometriale, assolutamente privo di significato patologico, che peraltro simula allÕecografia quadri decisamente sospetti di tipo neoplastico. In definitiva il tamoxifene induce quadri ecografici falsi positivi in base ai quali suggerisce un elevato tasso di accertamenti invasivi inutili. A fronte di tale inconveniente si aggiunge il fatto che i pochi carcinoma endometriali osservati in questi soggetti si manifestano come carcinomi di intervallo sintomatici, tra due controlli ecografici annuali. Per tale evidenza non appare logica lÕindicazione di uno screening ecografico per il carcinoma endometriale nei soggetti in trattamento con tamoxifene, che dovrebbero pi• logicamente sottostare ad accertamenti solo in caso di stillicidio ematico. LÕipotesi di screening per carcinoma endometriale di soggetti postmenopausali asintomatici appare altrettanto poco percorribile: anche se in postmenopausa la rima • il pi• delle volte atrofica, il cut-off di normalitˆ si pone abitualmente a 4-5 mm. Con questo limite, che comunque risulta assai poco specifico e comporterebbe lÕapprofondimento invasivo di un eccesso di soggetti sani, la sensibilitˆ per carcinoma non • molto elevata. In base a tale evidenza non esiste al momento alcuna ragione di raccomandare lo screening di popolazione per il carcinoma endometriale con qualsivoglia test di screening. 7.2.2 Anatomia patologica La presenza di atipie nucleari non coerenti con il grado architetturale aumenta il G1 e il G2 di una unitˆ. NellÕadenocarcinoma sieroso papillare e nel carcinoma a cellule chiare ha la prevalenza il grading nucleare. Gli adenocarcinoma con differenziazione squamosa sono graduati secondo il grading nucleare della componente ghiandolare. 202 CARCINOMA ENDOMETRIALE Entro 24 ore dallÕintervento tutto il materiale di exeresi chirurgica deve essere inviato in formalina tamponata al 10% allÕAnatomia Patologica senza effettuare tagli del pezzo operatorio o prelievi di lesione o tessuto macroscopicamente indenne. Un eventuale prelievo citologico (es. lavaggio peritoneale) deve essere inviato immediatamente a fresco allÕAnatomia Patologica, oppure messo nellÕapposito liquido fissativo per la citologia su strato sottile e consegnato allÕAnatomia Patologica entro 24 ore. Il patologo provvederˆ alle seguenti fasi: 1. descrizione macroscopica del materiale di exeresi chirurgica; 2. campionamento che preveda i seguenti prelievi: a) ovaio destro, ovaio sinistro con le tube; b) parete anteriore a tutto spessore (dallÕendometrio alla sierosa); c) parete posteriore a tutto spessore (dallÕendometrio alla sierosa); d) parete laterale sinistra a tutto spessore (dallÕendometrio alla sierosa); e) parete laterale destra a tutto spessore (dallÕendometrio alla sierosa); f) regione istmica; g) cervice (eso- ed endocollo); h) margine di resezione vaginale quando presente; i) tutti i linfonodi inviati; 3. diagnosi istopatologica con indicazione del: a) tipo istologico; b) grado di differenziazione; c) presenza o assenza di invasione delle strutture linfo/ematiche miometriali; d) massima invasione miometriale espressa in percentuale; e) presenza o assenza di infiltrazione cervicale; f) presenza o assenza di invasione metastatica linfonodale; g) presenza o assenza di invasione metastatica annessiale. 7.2.3 Iter diagnostico La diagnosi di carcinoma endometriale deve essere eseguita istologicamente su prelievo bioptico sotto isteroscopia preferibilmente in narcosi, o, qualora non sia possibile eseguire lÕisteroscopia, su materiale raccolto con raschiamento frazionato della cavitˆ uterina. Tale esame istologico deve specificare lÕistotipo (endometrioide o Tipo I, non-endometrioide o Tipo II) e il grado istologico. LÕecografia trans-vaginale permette una valutazione accurata della rima endometriale, e pu˜ evidenziare segni sospetti per la presenza di un carcinoma, quali lÕaumento di spessore, la perdita di ecogenicitˆ e la vacuolizzazione dellÕendometrio, ovvero la scomparsa o lÕinterruzione dellÕalone periendometriale. Se lo spessore dellÕendometrio • inferiore a 4 millimetri, il rischio di lesioni iperplastiche o neoplastiche • molto basso; tuttavia nelle pazienti sintomatiche in postmenopausa lÕesame ecografico non pu˜ sostituire lÕisteroscopia poichŽ vi • la possibilitˆ che un carcinoma endometriale di Tipo II insorga su un endometrio atrofico. 7.2.4 Stadiazione Per quanto riguarda il work-up preoperatorio, la paziente deve eseguire una Rx torace e unÕecografia addomino-pelvica per escludere i rari casi di pazienti con evidenza clinica di diffusione a distanza (Stadio IV clinico). La TC e/o la RMN possono essere utilizzate per valutare lÕinfiltrazione miometriale, lÕinteressamento cervicale, lo stato linfonodale e lÕeventuale presenza di malattia peritoneale ed epatica. La RMN si • dimostrata pi• affidabile della TC soprattutto per quanto riguarda la valutazione dellÕinfiltrazione miometriale. Il ricorso a queste indagini • comunque opzionale. Ulteriori indagini (cistoscopia, colonscopia, ecc.) sono eseguite su indicazione clinica. Il sistema di stadiazione FIGO 1988 prevede unÕaccurata valutazione anatomo-chirurgica al posto di quella clinica. Pertanto, le pazienti con carcinoma endometriale devono essere sottoposte a terapia primaria chirurgica, ad eccezione di quelle che presentano alla valutazione iniziale una diffusione istologicamente confermata alla vescica e/o al retto (Stadio IV) o presentano metastasi a distanza, ad esempio lesioni polmonari. In un numero piccolo di casi, le pazienti con carcinoma endometriale non possono essere sottoposte a trattamento chirurgico neppure per via vaginale per lÕetˆ o le scadenti condizioni generali, e vengono quindi indirizzate ad un trattamento radiante con intento radicale o palliativo. In questi casi la malattia dovrebbe essere stadiata clinicamente secondo la classificazione FIGO 1971. 203 CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.3 TERAPIA 7.3.1 Terapia integrata 7.3.1.1 Carcinoma endometriale di tipo I 7.3.1.1.1 Chirurgia Le pazienti devono essere sottoposte a laparotomia, washing peritoneale con esame citologico, isterectomia totale extrafasciale, annessiectomia bilaterale, ed eventuale exeresi di linfonodi pelvici e lombo-aortici. La frequenza di metastasi linfonodali pelviche e lombo-aortiche • funzione del grado istologico (4 e 2%, rispettivamente, per il grado G1, e 30 e 17%, rispettivamente, per il grado G3) e dellÕinvasione miometriale (1 e 1% per lÕM0, e 32 e 16%, rispettivamente per lÕM2). é riconosciuto il valore prognostico dello stato linfonodale, mentre • ancora incerto il ruolo terapeutico della linfadenectomia. Pertanto vi • ancora discussione in Letteratura sui criteri in base ai quali viene posta indicazione alla linfadenectomia e sul tipo di linfadenectomia da praticare. La linfadenectomia pu˜ essere sistematica (almeno 25 linfonodi pelvici e 15 lombo-aortici) o selettiva (con asportazione di linfonodi sospetti alle indagini di imaging preoperatorio o alla valutazione intraoperatoria). In attesa dei risultati dei due studi clinici randomizzati italiani (LINCE e ILIADE) sul significato della linfadenectomia sistematica pelvica ± lombo-aortica nel carcinoma endometriale, lÕexeresi linfonodale • indicata in pazienti di etˆ < 75 anni e con buon performance status (PS) che hanno: ¥ linfonodi sospetti alle indagini di imaging preoperatorio o alla valutazione intraoperatoria; ¥ neoplasia apparentemente limitata al corpo uterino di grado istologico G3 (valutabile sulla biopsia alla diagnosi) o con infiltrazione miometriale > 50% (valutata con RMN o ecografia endovaginale e preoperatoria o con valutazione intraoperatoria al congelatore); ¥ neoplasia con interessamento macroscopico della cervice uterina (in questi casi pu˜ essere utilizzata lÕisterectomia radicale classe II di Piver al posto dellÕisterectomia extrafasciale). La citoriduzione chirurgica sembra di beneficio nelle pazienti con carcinoma endometriale avanzato, ed in particolare un debulking ottimale, con raggiungimento di una malattia residua < 1 cm, sembra essere un fattore prognostico indipendente di sopravvivenza associato ad una morbiditˆ accettabile (Livello di evidenza V). In pazienti giudicate non operabili per la via addominale (obesitˆ o patologie associate) ovvero in pazienti anziane lÕintervento chirurgico pu˜ essere rappresentato dalla colpoisterectomia totale con annessiectomia bilaterale, eventualmente associata a linfadenectomia pelvica con la tecnica di Mitra. Del resto, studi retrospettivi della scuola fiorentina e della scuola milanese non hanno evidenziato differenze di sopravvivenza tra le pazienti trattate per la via addominale e quelle trattate per la via vaginale (Livello di evidenza V). In casi accuratamente selezionati • possibile effettuare la linfadenectomia pelvica per via laparoscopica. LÕuso routinario dellÕisterectomia vaginale laparo-assistita con linfadenectomia pelvica non • consigliabile, finchŽ non saranno disponibili dati sulla sopravvivenza libera da recidiva e sulla sopravvivenza globale da ampi studi prospettici randomizzati. Sul pezzo operatorio lÕanatomo-patologo deve specificare: tipo istologico, grado istologico, invasione miometriale, invasione degli spazi vascolo-linfatici, coinvolgimento cervicale, coinvolgimento degli annessi, citologia peritoneale, stato linfonodale. Lo studio di variabili biologiche (K-ras, pTEN, βcatenina, instabilitˆ dei microsatelliti, p53, erb-B2,) • oggetto di ricerca clinica. Lo stato dei recettori per gli estrogeni (RE) e per il progesterone (RP) pu˜ essere richiesto dal clinico, soprattutto in previsione di una terapia ormonale. 7.3.1.1.2 Terapia post-chirurgica Secondo le linee guida della Societˆ Italiana di Oncologia Ginecologica (SIOG) i fattori prognostici sui quali decidere il trattamento adiuvante in pazienti con malattia apparentemente confinata al corpo uterino comprendono lÕetˆ, il PS, la patologia concomitante il grado istologico, lÕinvasione miometriale e lo stato linfonodale. Per quanto riguarda lÕormonoterapia adiuvante, lÕanalisi cumulativa di 4351 pazienti incluse in 6 studi clinici ha dimostrato che la terapia progestinica non riduce significativamente il rischio di recidiva (RR = 0.81, IC 95% = 0.65-1.01) e di morte per tumore (RR = 0.88, IC 95% = 0.71-1.1), mentre aumenta il rischio di morte per altra causa (RR = 1.33, IC 95% = 1.02-1.73). Pertanto la terapia con progestinici non migliora la sopravvivenza globale (RR = 1.05, IC 95%= 0.88-1.24), e non ha alcuna indicazione quale trattamento adiuvante (Livello di evidenza I). La citologia peritoneale di per sŽ non viene mai considerata come un elemento sul quale decidere un trattamento adiuvante, anche se a rigore fa stadio (FIGO IIIa). Lo stato linfonodale se non noto viene assimilato al negativo. 204 CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.3.1.1.2.1 RADIOTERAPIA La radioterapia esterna con alte energie sulla pelvi • il trattamento adiuvante pi• utilizzato, in grado di ridurre le recidive loco-regionali senza tuttavia migliorare significativamente la sopravvivenza globale (Livello di evidenza II). La radioterapia esterna pelvica • indicata in: a) pazienti con tumore pT1 di etˆ > 75 anni che hanno gravi patologie concomitanti con stato linfonodale positivo, infiltrazione miometriale > 50% e grado G2 o G3, indipendentemente dalla citologia peritoneale; b) pazienti con tumore pT1 di etˆ > 75 anni che non hanno gravi patologie concomitanti con: ¥ stato linfonodale positivo; oppure ¥ stato linfonodale negativo o sconosciuto con infiltrazione miometriale > 50%, indipendentemente dal grado istologico e dalla citologia peritoneale; c) pazienti con tumore pT1 di etˆ < 75 anni con: ¥ stato linfonodale positivo; oppure ¥ stato linfonodale negativo o sconosciuto e infiltrazione miometriale > 50% e/o grado G3, indipendentemente dalla presenza di patologie concomitanti e dalla citologia peritoneale; d) pazienti di etˆ < 75 anni con stato linfonodale negativo o sconosciuto e con tumore pT2a e invasione miometriale > 50% o con grado G3, ovvero con tumore pT2b, indipendentemente dalla presenza di patologie concomitanti e dalla citologia peritoneale; e) pazienti di etˆ < 75 anni con stato linfonodale negativo o sconosciuto con tumore in pT3b, indipendentemente dal grado istologico, dallÕinvasione miometriale, dalla citologia peritoneale e dalla presenza di patologia concomitante; f) in pazienti di etˆ < 75 anni con stato linfonodale negativo o sconosciuto, infiltrazione miometriale < 50%, grado G1 o G2, con positivitˆ degli spazi linfo-vascolari, la radioterapia esterna pelvica adiuvante • unÕopzione da discutere con la paziente. In pazienti con carcinoma endometriale in Stadio pT1 a rischio intermedio (G3 e/o M2) con linfonodi istologicamente negativi dopo linfadenectomia pelvica e lombo-aortica sistematica • possibile non effettuare la radioterapia esterna pelvica con stretto follow-up. La brachiterapia endocavitaria sulla cupola vaginale pu˜ essere somministrata dopo la radioterapia esterna pelvica in casi selezionati di pazienti con diffusione istmica o in Stadio IIb o IIIb. é oggetto di discussione la possibilitˆ di utilizzare la brachiterapia sulla cupola vaginale nelle pazienti a rischio intermedio con linfonodi istologicamente negativi dopo linfadenectomia sistematica. Nel caso di residuo di malattia • consigliato un supplemento di dose con brachiterapia o con radioterapia esterna conformazionale 3D a seconda della sede e delle caratteristiche del residuo. La radioterapia adiuvante sulla pelvi con alte energie prevede una dose totale di focolaio di 45-50 Gy in 5-7 settimane con frazionamento convenzionale con quattro campi. LÕirradiazione dellÕarea lombo-aortica pu˜ essere presa in considerazione in pazienti con positivitˆ linfonodale pelvica, specie se plurima, o lombo-aortica. Questo trattamento prevede una dose a focolaio di 45 Gy in 5-7 settimane. La brachiterapia utilizza tecniche remote loading e pu˜ essere effettuata con regime LRD o HDR o PDR (dosi di 15-20Gy). In pazienti non operabili neppure per la via vaginale la brachiterapia endocavitaria pu˜ essere utilizzata come trattamento esclusivo oppure associata alla radioterapia esterna pelvica (dosi personalizzate in rapporto allÕintento del trattamento). 7.3.1.1.2.2 CHEMIOTERAPIA LÕefficacia della chemioterapia adiuvante nel carcinoma endometriale di Tipo I non • stata ancora ben definita. La chemioterapia adiuvante pu˜ essere presa in considerazione: ¥ nelle pazienti con diffusione della neoplasia alla sierosa uterina o agli annessi (Stadio IIIa); ¥ nelle pazienti con metastasi linfonodali pelviche, specie se plurime, o con metastasi linfonodali lombo-aortiche (Stadio IIIc). In questi casi la chemioterapia (x 3 cicli) pu˜ precedere la radioterapia esterna con alte energie. Non • tuttavia ancora accertato se la chemio-radioterapia sequenziale dia un vantaggio rispetto alla radioterapia da sola quale trattamento adiuvante di queste pazienti. é attualmente in corso uno studio clinico randomizzato italiano (ILIADE) su questo argomento; ¥ la chemioterapia adiuvante pu˜ inoltre essere presa in considerazione in pazienti con neoplasia in Stadio IIIa per sola citologia peritoneale, specie se di grado G3, in giovane etˆ (< 70 anni), con buon PS e senza patologie associate. La decisione va presa caso per caso, facendo presente alla paziente che: a) il significato prognostico indipendente della citologia peritoneale nel carcinoma endometriale • incerto; b) non vi • nessuna dimostrazione che la chemioterapia adiuvante sia di vantaggio per tali pazienti; c) la citologia peritoneale di per sŽ non 205 CARCINOMA ENDOMETRIALE viene considerata come un elemento sul quale decidere un trattamento adiuvante, anche se a rigore fa stadio (FIGO IIIa), nelle linee guida proposte dalla SIOG; ¥ la chemioterapia • indicata nelle pazienti con metastasi intra-addominali o a distanza (Stadio IVb). La chemioterapia pu˜ utilizzare uno dei seguenti regimi: ¥ epirubicina 80 mg/m2 + cisplatino 60-75 mg/m2 ogni tre settimane; ¥ taxolo 175 mg/m2 + epirubicina 80 mg/m2 + cisplatino 60-75 mg/m2 ogni tre settimane; ¥ taxolo 175 mg/m2 + carboplatino AUC 5 ogni tre settimane. Un recente studio statunitense ha dimostrato che lÕaggiunta del taxolo alla combinazione doxorubicina + cisplatino migliora significativamente la percentuale di risposte obiettive, la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale di pazienti con carcinoma endometriale avanzato (Livello di evidenza II) 7.3.1.1.3. Terapia delle pazienti in Stadio clinico IVa Le pazienti con neoplasia endometriale infiltrante la vescica e/o il retto (Stadio IVa) vengono trattate con radioterapia esterna pelvica ± brachiterapia, eventualmente preceduta da tre cicli di chemioterapia neoadiuvante secondo gli schemi sopra riportati. La chirurgia eviscerativa (exenteratio anteriore, posteriore o totale) pu˜ essere presa in considerazione in casi accuratamente selezionati di pazienti con recidiva/persistenza pelvica centrale dopo radioterapia, in assenza di metastasi linfonodali pelviche plurime o lombo-aortiche o metastasi a distanza. 7.3.1.1.4 Stadio IVb clinico In presenza di lesioni a distanza alla stadiazione pre-operatoria la paziente riceve 3-5 cicli di chemioterapia secondo uno dei regimi sopra riportati. In caso di risposta, pu˜ essere presa in considerazione lÕisterectomia totale con annessiectomia bilaterale a scopo palliativo. La radioterapia pu˜ essere praticata su specifica indicazione clinica a scopo palliativo. LÕormonoterapia pu˜ essere utilizzata in pazienti con positivitˆ dei recettori steroidei. 7.3.1.2 Carcinoma endometriale di tipo II 7.3.1.2.1 Chirurgia Le pazienti devono essere sottoposte a laparotomia, washing peritoneale con esame citologico, isterectomia totale con asportazione di colletto vaginale ed annessiectomia bilaterale, preferibilmente associata a stadiazione chirurgica intensiva comprendente exeresi di linfonodi pelvici e lombo-aortici, omentectomia e biopsie peritoneali multiple. In presenza di malattia peritoneale macroscopica, • indicata, quando possibile, una citoriduzione chirurgica (Livello di evidenza V). 7.3.1.2.2 Trattamento post-chirurgico Il trattamento post-chirurgico, quando indicato, • rappresentato dalla chemioterapia secondo uno degli schemi sopra riportati. La chemioterapia • indicata in: a) pazienti con tumore pT1 di etˆ < 75 anni, ovvero di etˆ > 75 anni senza patologia concomitante associata, che presentino linfonodi positivi (Stadio IIIc), indipendentemente dal grado istologico, dallÕinvasione miometriale e dalla citologia peritoneale;. b) pazienti di etˆ < 75 anni, con stato linfonodale negativo o sconosciuto, con tumore pT1b o pT1c, indipendentemente dal grado, dalla patologia associata e dalla citologia peritoneale; c) pazienti di etˆ < 75 anni con stato linfonodale negativo o sconosciuto, con tumore pT2a o pT2b anche con invasione miometriale < 50%, indipendentemente dal grado, dalla patologia associata e dalla citologia peritoneale; d) pazienti di etˆ > 75 anni, con stato linfonodale negativo o sconosciuto, con tumore pT1b- pT1c, ovvero pT2apT2b anche con invasione miometriale < 50%, senza patologia associata, indipendentemente dal grado e dalla citologia peritoneale; e) pazienti che presentano diffusione alla sierosa uterina o agli annessi (Stadio IIIa) o metastasi intra-addominali 206 CARCINOMA ENDOMETRIALE o a distanza (Stadio IVb). La chemioterapia adiuvante pu˜ essere presa in considerazione in pazienti con neoplasia in Stadio IIIa per sola citologia peritoneale, se di etˆ < 75 anni e prive di patologie associate; f) pazienti in Stadio IIIb. In questi casi la chemioterapia pu˜ essere seguita da radioterapia esterna pelvica ± brachiterapia. Il tipo di chemioterapia (carboplatino AUC 5 o i regimi polichemioterapici riportati nel paragrafo 7.3.1.1.2.2 verrˆ deciso sulla base dellÕetˆ, del PS e dellÕeventuale patologia associata. Nelle pazienti con malattia in Stadio III-IV e di etˆ > 75 anni la terapia pu˜ essere individualizzata, tenendo in particolare considerazione la patologia concomitante. 7.3.1.2.3 Terapia delle pazienti in stadio clinico IVa Le pazienti con neoplasia infiltrante la vescica e/o il retto (Stadio IVa) vengono trattate con chemioterapia neoadiuvante per 3-5 cicli secondo gli schemi sopra riportati, seguita da radioterapia esterna pelvica ± brachiterapia. La chirurgia eviscerativa (exenteratio anteriore, posteriore o totale) pu˜ essere presa in considerazione in casi accuratamente selezionati di pazienti con recidiva/persistenza pelvica centrale dopo chemio-radioterapia sequenziale o radioterapia esclusiva, in assenza di metastasi linfonodale pelviche plurime o lombo-aortiche o metastasi a distanza. 7.3.1.2.4 Terapia delle pazienti in Stadio IVb clinico In presenza di lesioni a distanza alla stadiazione pre-operatoria, la paziente riceve 3-5 cicli di chemioterapia secondo uno dei regimi sopra riportati. In caso di risposta, pu˜ essere presa in considerazione lÕisterectomia totale con annessiectomia bilaterale a scopo palliativo. La radioterapia pu˜ essere praticata su specifica indicazione clinica a scopo palliativo. LÕormonoterapia pu˜ essere utilizzata in pazienti con positivitˆ dei RP. 7.3.2 Trattamento delle recidive Il trattamento delle recidive dipende dalla sede e dal precedente trattamento, oltre che dallÕetˆ e dal PS. In pazienti non precedentemente sottoposte a radioterapia adiuvante, la recidiva vaginale isolata viene trattata con percentuali di cura soddisfacenti con la radioterapia esterna pelvica seguita da brachiterapia endocavitaria o interstiziale, mentre la recidiva pelvica centrale o laterale pu˜ essere trattata con limitate possibilitˆ di controllo con la radioterapia esterna pelvica, eventualmente preceduta da chemioterapia a base di platino. La chirurgia eviscerativa pu˜ rappresentare lÕunica opzione terapeutica per pazienti accuratamente selezionate con recidiva pelvica centrale isolata che hanno esaurito le altre modalitˆ di trattamento. Tuttavia questa chirurgia ultraradicale pu˜ essere presa in considerazione molto raramente per lÕetˆ delle pazienti, lÕhabitus costituzionale, il PS e le patologie associate. Le pazienti devono essere sottoposte ad un accurato work-up pre-operatorio, comprendente cistoscopia, rettoscopia, urografia, CT e/o RM, ed eventualmente la PET. La chirurgia eviscerativa deve essere effettuata in centri di riferimento specializzati, che dispongano di idonee competenze chirurgiche anche per la fase ricostruttiva (anastomosi colorettale bassa con suturatrici meccaniche, diversioni urinarie continenti con reservoir colico, impiego di lembi miocutanei, ecc.). Le pazienti candidate alla chirurgia eviscerativa possono ricevere anche un trattamento chemioterapico neoadiuvante o adiuvante. Le pazienti con recidiva a distanza devono ricevere chemioterapia a base di platino. I progestinici possono rappresentare una valida alternativa terapeutica in pazienti con tumori ben differenziati, ad alto contenuto di RP e con lungo intervallo libero da malattia. LÕimpiego di altri agenti ormonali, quali gli inibitori della aromatasi di terza generazione (letrozolo) ed i nuovi SERM (arzoxifene), • ancora da considerarsi sperimentale. La chirurgia, eventualmente dopo un trattamento sistemico, pu˜ essere presa in considerazione in casi accuratamente selezionati di metastasi isolate (metastasi linfonodali o polmonari). La radioterapia esterna con intento palliativo pu˜ essere utilizzata in pazienti con metastasi ossee, linfonodali o cerebrali. 7.4 FOLLOW-UP Non cÕ• nessun accordo in Letteratura sugli esami da eseguire nella sorveglianza delle pazienti con carcinoma endometriale. Alcuni lavori hanno recentemente analizzato una grande quantitˆ di informazioni sul follow-up e sulla diagnosi di recidiva nelle pazienti con malattia clinicamente iniziale. Le percentuali di recidiva variavano dallÕ11 al 19% circa, e la maggior parte delle ricadute interessava sedi a distanza e si sviluppava entro 2-3 anni dal trattamento primario. Un programma di follow-up intensivo non sembra migliorare la sopravvivenza delle 207 CARCINOMA ENDOMETRIALE pazienti con carcinoma endometriale, poichŽ le recidive sono prevalentemente a distanza, e quindi generalmente non recuperabili dalla terapia di salvataggio (Livello di evidenza V). Il programma di follow-up dovrebbe essere modulato in base al rischio di recidiva. Le pazienti con neoplasia a basso rischio (carcinoma endometrioide in Stadio Ia, grado G1-2, o in Stadio Ib Grado G1) dovrebbero essere sottoposte a controllo semestrale nei primi 2 anni, e annuale successivamente, comprendente accurata anamnesi, esame obiettivo generale, visita ginecologica e PAP test. é opzionale lÕeffettuazione di una Rx torace e di unÕecografia addomino-pelvica una volta lÕanno nei primi tre anni. Altre indagini sono utilizzate su indicazione clinica. In pazienti con neoplasia a rischio medio o alto (carcinoma endometrioide in Stadio Ia Grado G3 o in Stadio Ib Grado G2.-3 o in Stadio ³ Ic indipendentemente dal grado, ovvero carcinoma di Tipo II indipendentemente dallo stadio) • indicato un controllo quadrimestrale nei primi due anni, semestrale dal terzo al quinto anno, e annuale successivamente, comprendente accurata anamnesi, esame obiettivo generale, visita ginecologica, dosaggio del CA 125, PAP test, ed ecografia addomino-pelvica. LÕRx torace • eseguita una volta lÕanno, altre indagini sono effettuate su indicazione clinica. 7.5 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 1. Bremond A, Bataillard A, Thomas L, et al, Groupe de travail FNCLCC: Standards, options and recommendations 2000: non metastatic endometrial cancer. Bull Cancer 2002; 89: 697-706. 2. Chi DS, Barakat RR: Surgical management of advanced or recurrent endometrial cancer. Surg Clin North Am 2001; 81: 885-96. 3. Ciatto S, Cecchini S, Gervasi G, Landini A, Zappa M, Crocetti E: Surveillance for endometrial cancer with transvaginal ultrasonography of breast cancer patients under tamoxifen treatment. Br J Cancer 2003; 88: 1175-9. 4. Creasman WT, Odicino F, Massoineuve Beller U, et al: Carcinoma of the corpus uteri. J Epidemiol Biostat 2001; 6: 45-86. 5. Creutzberg CL, van Putten WL, Koper PC, et al: Surgery and postoperative radiotherapy versus surgery alone for patients with stage-1 endometrial carcinoma: multicentre randomised trial. PORTEC Study Group. Post Operative Radiation Therapy in Endometrial Carcinoma. Lancet 2000; 355: 1404-11. 6. De Palo G: Neoplasie del tratto genitale inferiore femminile. In: Bonadonna G, Robustelli della Cuna G, Valagussa P (eds): Medicina oncologica, VII edizione. Milano, Casa Editrice Masson, 2003; 1083- 143. 7. Fleming GF, Brunetto VL, Cella D, et al: Phase III trial of doxorubicin plus cisplatin with or without paclitaxel plus filgrastim in advanced endometrial carcinoma: a Gynecologic Oncology Group Study. J Clin Oncol 2004; 22: 2159-66. 8. Kurman RJ (ed): BlausteinÕs pathology of the female genital tract, 5th ed. New York, Springer-Verlag, 2002. 9. Mariani A, Webb MJ, Galli L, Podratz KC: Potential therapeutic role of para-aortic lymphadenectomy in node-positive endometrial cancer. Gynecol Oncol 2000; 76: 348-56. 10. Martin-Hirsch PL, Jarvis G, Kitchener H, Lilford R: Progestagens for endometrial cancer. Cochrane Database Syst Rev 2000; 2: CD001040. 11. Morrow CP, Bundy BN, Kurman RJ, et al: Relationship between surgical-pathological risk factors and outcome in clinical stage I and II carcinoma of the endometrium: a Gynecologic Oncology Group study. Gynecol Oncol 1991; 40: 55-65. 12. 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Lyon, Deville Editors, 2003. 19. Trope C, Kristensen G: Current status of chemotherapy in gynecologic cancer. Semin Oncol 1997; 24: S15-S22 20. Trope C, Kristensen GB, Abeler VM: Clear-cell and papillary serous cancer: treatment options. Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol 2001; 15: 433-46. PROTOCOLLI DI RIFERIMENTO Linee guida della Societˆ Italiana di Ginecologia Oncologica sul trattamento adiuvante del carcinoma dellÕendometrio pT1. Societˆ Italiana di Ginecologia Oncologica: Manuale di ginecologia oncologica. 1998. Annual report 24. FIGO, 2001. FŽdŽration Nationale des Centres de Lutte Contre le Cancer: Standards, options and Recommendations 2000 for the management of patients with endometrial cancer (non-metastatic). 2002. 5. American College of Obstetricians and Gynecologists WomenÕs Health Care Physicians: Ovarian, endometrial, and colorectal cancers. 2004. 6. Linee Guida AIRO 2004. 1. 2. 3. 4. 208 CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.6 APPENDICE 7.6.1 Classificazione istologica La classificazione istologica del carcinoma endometriale deve seguire la classificazione WHO: ¥ adenocarcinoma endometriode Ð variante con differenziazione squamosa Ð variante villoghiandolare Ð variante secernente Ð variante a cellule ciliate ¥ adenocarcinoma mucinoso ¥ adenocarcinoma sieroso ¥ adenocarcinoma a cellule chiare ¥ adenocarcinoma di tipo misto ¥ carcinoma a cellule squamose ¥ carcinoma a cellule transizionali ¥ carcinoma a piccole cellule ¥ carcinoma indifferenziato Grado di differenziazione ¥ G1: elevato grado di differenziazione ¥ G2: medio grado di differenziazione ¥ G3: basso grado di differenziazione Il grado di differenziazione dellÕadenocarcinoma • G1 se il pattern di crescita non squamoso o modulare • ² 5%, • G2 se • 6-50%, • G3 se • > 50%. 7.6.2 Classificazione in stadi Stadiazione FIGO del carcinoma endometriale (Rio de Janeiro, 1988) Stadio Ia Tumore confinato allÕendometrio (Grado 1, 2 o 3) Ib Infiltrazione miometriale inferiore al 50% (Grado 1, 2 o 3) Ic Infiltrazione miometriale uguale o superiore al 50% (Grado 1, 2 o 3) IIa Interessamento delle ghiandole endocervicali (Grado 1, 2 o 3) IIb Interessamento dello stroma cervicale (Grado 1, 2 o 3) IIIa Il tumore invade la sierosa del corpo uterino e/o gli annessi e/o la citologia peritoneale • positiva (Grado 1, 2 o 3) IIIb Presenza di metastasi vaginali (Grado 1, 2 o 3) IIIc Presenza di metastasi ai linfonodi pelvici e/o para-aortici (Grado 1, 2 o 3) IVa Invasione della mucosa vescicale e/o rettale (Grado 1, 2 o 3) IVb Presenza di metastasi a distanza, incluse le metastasi intra-addominali e/o ai linfonodi inguinali (Grado 1, 2 o 3) 209 CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.6.3 Algoritmi terapeutici Chirurgia del carcinoma endometriale Istotipo Endometrioide Istotipo non-endometrioide Laparotomia, washing peritoneale, ITA-SOB * Laparotomia, washing peritoneale, ITA+ SOB* Omentectomia + biopsie peritoneali + dissezione linfonodale pelvica ± para-aortica Linfonodi sospetti alla valutazione pre- o intra-operatoria o No G1-2 e M0-1 No linfadenectomia S“ * G3 o M2 linfadenectomia pelvica ± para-aortica *isterectomia radicale classe II di Piver in pazienti con interessamento cervicale macroscopico. ITA + SOB = isterectomia addominale totale con ovaro-salpingectomia bilaterale; G1 = Grado 1; G2 = Grado 2; G3 = Grado 3; M0 = tumore limitato allÕendometrio; M1 = invasione < ½ miometrio; M2 = invasione ³ ½ miometrio. Trattamento postoperatorio del carcinoma endometriale di tipo endometrioide: Stadio chirurgico I- II Stadio Ia, qualunque grado, qualunque etˆ Stadio Ib G1-G2, qualunque etˆ Stadio IIa G1-2, M0-1, qualunque etˆ Stadio Ib G3 > 75 anni Stadio IIa G3, M0-1, > 75 anni ] Stadio Ic, qualunque grado, qualunque etˆ Stadio IIa, M2, qualunque grado, qualunque etˆ Stadio Ib G3, < 75 anni Stadio IIa G3 o, M2, < 75 anni Stadio IIb, qualunque grado, qualunque etˆ nessun trattamento adiuvante ] radioterapia esterna pelvica radioterapia esterna pelvica ± brachiterapia G1 = Grado 1; G2 = Grado 2; G3 = Grado 3; M0 = tumore limitato allÕendometrio; M1 = invasione < ½ miometrio; M2 = invasione ³ ½ miometrio. 210 CARCINOMA ENDOMETRIALE Trattamento postoperatorio del carcinoma endometriale di tipo endometrioide: Stadio chirurgico III-IV Stadio IIIa i) Sierosa uterina / interessamento annessiale Radioterapia esterna pelvica o Chemioterapia seguita da radioterapia esterna pelvica ii) Citologia peritoneale positiva Chemioterapia o Follow-up Stadio IIIb Radioterapia esterna pelvica + brachiterapia Stadio IIIc Radioterapia esterna pelvica ± aortica o chemioterapia seguita da radioterapia esterna pelvica ± aortica Stadio IVa Radioterapia esterna pelvica ± brachiterapia o Chemioterapia seguita da radioterapia esterna pelvica ± brachiterapia o Exenteratio pelvica (casi accuratamente selezionati) Stadio IVb Chemioterapia seguita da ITA+ SOB se il tumore • responsivo ± progestinici (se il tumore • RP +) ITA + SOB = isterectomia addominale totale con ovaro-salpingectomia bilaterale; RP = recettori per il progesterone. Trattamento postoperatorio del carcinoma non-endometrioide dellÕendometrio Stadio Ia Stadio Ib-IIb, > 75 anni, patologia associata Nessun ulteriore trattamento Stadio Ib ÐIIb, < 75 anni Stadio Ib ÐIIb, > 75 anni, no patologia associata Chemioterapia Stadio IIIa Chemioterapia StadioIIIb Chemioterapia ± radioterapia esterna pelvica (± brachiterapia) Stadio IIIc Chemioterapia Stadio IVa Chemioterapia seguita da radioterapia esterna pelvica ± brachiterapia Exenteratio pelvica (casi accuratamente selezionati) Stadio IVb Chemioterapia seguita da ITA + SOB se il tumore • responsivo ITA + SOB = isterectomia addominale totale con ovaro-salpingectomia bilaterale. 7.6.4. Algoritmo diagnostico Raccomandazioni Grado delle raccomandazioni Visita A Isteroscopia A Rx torace A Ecografia addominale/transvaginale B TC/RMN B Cistoscopia C Rettoscopia C Marker (CA 125) C TC = tomografia computerizzata; RMN = risonanza magnetica nucleare 211 CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.6.5 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico tumori Tipo I Stadio Raccomandazioni Rischio basso Stadio Ia, Ib, G1-2 Rischio intermedio Stadio Ib G3, Ic Nessun trattamento Livello di evidenza III Grado delle raccomandazioni A II A Stadio IIa G1-2 M0-1 RTE Stadio IIa G3 o M2 Stadio IIb Rischio alto Stadio IIIa (sierosa uterina, annessi) RTE / II A CT-RTE VI C Stadio IIIb RTE + BCT / II A CT-RTE + BCT VI C RTE / II A CT-RTE VI C CT VI A Stadio IIIc Stadio IV RTE = radioterapia esterna con alte energie; BCT = brachiterapia; CT = chemioterapia. 7.6.6 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico tumori Tipo II Stadio Raccomandazioni Stadio Ia Nessun trattamento Stadio ³ Ib CT x 4-6 cicli CT = chemioterapia 212 Livello di evidenza VI VI Grado delle raccomandazioni B B CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.6.7 Algoritmo follow-up Stadio Raccomandazioni Basso Visita ¥ sogni 6 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 2 anni Medio-alto Grado delle raccomandazioni A Pap-test ¥ ogni 6 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 2 anni B Rx torace ¥ ogni 12 mesi per 1-3 anni B Eco addomino-pelvica ¥ ogni 12 mesi per 1-3 anni B Visita ¥ ogni 4 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 6 mesi x 3-4 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni A Pap-test ¥ ogni 4 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 6 mesi x 3-4 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni A CA 125 ¥ ogni 4 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 6 mesi x 3-4 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni B Eco addomino-pelvica ¥ ogni 4 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 6 mesi x 3-4 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni B Rx torace ¥ ogni 12 mesi B TC ¥ ogni anno C TC = tomografia computerizzata. 213 CARCINOMA ENDOMETRIALE 7.6.8 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni* Livelli di evidenza Descrizione I Prove ottenute da pi• studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi V Prove ottenute da studi di casistica (Òserie di casiÓ) senza gruppo di controllo VI Prove basate sullÕopinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida Grado delle raccomandazioni Descrizione A LÕesecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico • fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualitˆ, anche se non necessariamente di tipo I o II B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o lÕintervento D LÕesecuzione della procedura non • raccomandata E Si sconsiglia fortemente lÕesecuzione della procedura * Tratto da ÒLinee guida per neoplasie della mammellaÓ a cura di AIOM (www.aiom.it). 214 CAPITOLO 8 RACCOMANDAZIONI CLINICHE PER IL CARCINOMA CERVICALE Coordinatore: Angiolo Gadducci Ginecologia e Ostetricia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Hanno collaborato alla stesura e revisione: Cognome e Nome Aiosa Carlo Amoroso Domenico Baglioni Tiziana Bardazzi Nara Barsanti Gemma Bernardeschi Paolo Berti Leonardo Cariti Giuseppe Cianci Claudia Ciatto Stefano Confortini Massimo Cristini Giorgio Di Giacomo Anna Maria Fabrini Maria Grazia Filippeschi Marco Galardi Alessandra Gentili Cesare Marchionni Mauro Massi Gianbattista Mazzocchi Bruno Mazzucchelli Giorgio Mignogna Marcello Petraglia Felice Pirtoli Luigi Rafanelli Paola Raspollini Maria Santopietro Rosa Savino Luciano Taddei Gian Luigi Vezzani Enola Villanucci Alessandro Specialitˆ Oncologia Oncologia Oncologia Ginecolgia Oncologia Oncologia Ginecologia Ginecologia Oncologia Radiologia Biologia molecolare Ginecologia Oncologia Radioterapia Ginecologia Radioterapia Anatomia patologica Ginecologia Ginecologia Oncologia Ginecologia Radioterapia Ginecologia Radioterapia MMG Anatomia Patologica Anatomia Patologica Ginecologia Anatomia Patologica Radioterapia Oncologia ginecologica Ente di Appartenenza ASL 12 Versilia ASL 12 Versilia ASL 7 Siena ASL 4 Prato ASL 2 Lucca ASL 11 Empoli ASL 10 Firenze ASL 8 Arezzo AOU Pisa CSPO Firenze CSPO Firenze ASL 8 Arezzo AOU Siena AOU Pisa ASL 11 Empoli AOUC Firenze ASL 12 Versilia AOUC Firenze AOUC Firenze ASL 9 Grosseto ASL 9 Grosseto ASL 2 Lucca AOU Siena AOU Siena ASL 10 Firenze AOUC Firenze AOU Siena ASL 3 Pistoia AOUC Firenze ASL 3 Pistoia AOUC Firenze AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi Ð Firenze; AOU Pisa = Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana; AOU Siena = Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese; ASL = Azienda Sanitaria Locale; CSPO = Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica Ð Firenze; MMG = Medico di Medicina Generale 215 CARCINOMA CERVICALE 8.1 INTRODUZIONE Il carcinoma della cervice uterina • il settimo tumore per incidenza (4% nella popolazione femminile dellÕUnione Europea, preceduto dal carcinoma della mammella, del colon-retto, del polmone, del corpo uterino, dello stomaco e dellÕovaio), mentre rappresenta ancora la neoplasia pi• frequente in alcune aree non industrializzate di Africa, Asia e America Latina. é stato calcolato che uno screening citologico almeno una volta nella vita • stato effettuato almeno nel 40-50% delle donne adulte nei paesi sviluppati ed in meno del 5% di quelle dei paesi in via sviluppo. La mortalitˆ per questa neoplasia in una popolazione mai sottoposta a screening citologico • pari a 30/100.000 donne, mentre si riduce a 4/100.000 donne in una popolazione sottoposta a screening. Pertanto la costante riduzione dellÕincidenza e della mortalitˆ per carcinoma cervicale nei paesi a pi• elevato livello sociosanitario • dovuta agli indubbi successi conseguiti dalla diagnosi precoce e preclinica. Il carcinoma a cellule squamose rappresenta oltre il 90% delle neoplasie che insorgono nella cervice uterina, mentre lÕadenocarcinoma incide per lÕ8-10%. Il carcinoma cervicale generalmente origina dalla zona di trasformazione con un tempo di progressione dalle lesioni intracervicali a quelle invasive generalmente dellÕordine di molti anni. é stato ipotizzato che gli HPV oncogeni agiscano a livello dellÕepitelio metaplastico della zona di trasformazione inducendo una lesione squamosa intraepiteliale di basso grado (low-grade squamous intraepithelial lesion [SIL] o cervical intraepithelial neoplasia [CIN]-1) che pu˜ successivamente evolvere in una lesione di alto grado (high-grade SIL o CIN II-III). Un ruolo fondamentale in questo processo • svolto dai virus HPV oncogeni, il cui DNA viene integrato nel genoma cellulare e porta a perdita di funzione di geni onco-soppressori, quali il gene p53 e il gene del retinoblastoma. Si verifica pertanto la selezione di cloni cellulari dotati di capacitˆ invasiva, verosimilmente con lÕintervento di altri fattori (infezione da HVS-2, deficit immunitario, fumo di sigaretta). Secondo i dati della 18th International Papilloma Conference 2000, 10 dei pi• comuni HPV genitali sono da considerarsi oncogeni per lÕ uomo (HPV 16, 18, 31, 33, 35, 45, 51, 52, 58, 59). 8.2 DIAGNOSI 8.2.1 Screening Nonostante non esistano studi prospettici controllati, lÕefficacia dello screening per il carcinoma cervicale • sufficientemente verificata in base a studi caso controllo e a confronti geografici in presenza e assenza di screening. Esiste unanime consenso sulla opportunitˆ dello screening di popolazione che • infatti raccomandato dai principali consessi scientifici e attuato quale pratica corrente di sanitˆ pubblica in tutto il mondo. LÕunica metodologia di screening verificata efficace • la citologia cervico-vaginale. La metodologia pi• comunemente raccomandata prevede lÕuso di spatola di Ayre e Cytobrush, in quanto questa sembra la metodologia di prelievo pi• efficace. La popolazione elegibile allo screening • rappresentata dalle donne dai 25 ai 65 anni di etˆ, anche se recentemente si • messa in discussione lÕopportunitˆ di continuare ad invitare i soggetti con pi• strisci negativi oltre i 50-60 anni che mostrano un rischio di manifestare un carcinoma invasivo nella vita residua pressochŽ irrilevante. La frequenza ideale dello screening • stata definita in base a studi caso controllo di costo/efficacia. La frequenza triennale mostra il rapporto costo beneficio maggiore, consentendo unÕefficacia molto elevata (sostanzialmente non inferiore allo screening annuale) e una riduzione grossolana dei costi. I costi non sono solo quelli economici ma comprendono lÕelevato numero di lesioni displastiche non evolutive e autorisolventesi (almeno lÕ80% dei CIN2 non sono evolutivi) che, nellÕipotesi di uno screening annuale o biennale, comporterebbero livelli di sovradiagnosi e sovratrattamento tanto inaccettabili quanto inutili. La classificazione pi• recentemente raccomandata a livello internazionale • il Sistema Bethesda edizione 2001 (TBS2001). Anche se si tratta di una classificazione di recente impiego, che pu˜ richiedere una fase di apprendimento e di confronto con quelle precedentemente in uso (ad es. TBS1991) nei diversi centri, si raccomanda che fin dÕora nel referto, oltre a quello secondo la classificazione in uso, il citologo indichi, in linea di massima, a quale categoria TBS2001 corrisponde la diagnosi. LÕavvio al secondo livello di screening (colposcopia) • raccomandato per le alterazioni citologiche che siano associate ad un valore predittivo positivo per la lesione obiettivo (CIN2 o >) almeno del 5%. Per tale motivo la classe citologica che comporta lÕavvio al secondo livello • L-SIL e, purchŽ verificato in base al valore predittivo, le categorie ASCUS versus SIL o ASC-H. Per le alterazioni minori, quali ASCUS versus reattive o ASC-US, la raccomandazione pi• comune • quella di verificare la persistenza o meno con un controllo citologico nel tempo (6 mesi) essendo verificato che nella maggior parte dei casi (> 80%) lÕalterazione citologica non persiste. Peraltro la verifica che in una minoranza dei casi con ASC non persistente • tuttavia presente CIN2 ha suggerito diverse forme di triage alla colposcopia dei casi ASC versus reattive o ASC-US, in primis il test HPV che, sia pure meno specifico, sembra essere decisamente pi• sensibile. 216 CARCINOMA CERVICALE Obiettivo dello screening • lÕidentificazione e il trattamento del CIN2 o >. Per lesioni < CIN2 non viene comunemente raccomandato il trattamento per il bassissimo rischio (< 5%) di progressione, anche se: a) lÕalternativa dei controlli periodici ravvicinati; b) la frequente persistenza di CIN; c) la frequente indicazione al trattamento del CIN di basso grado persistente rendono il trattamento unÕalternativa spesso meno stressante per la donna. Negli ultimi anni sono state poste in essere diverse metodologie applicabili allo screening che necessitano ancora di una valutazione non tanto di efficacia (lo screening classico • giˆ massimamente efficace), quanto di costo/beneficio. CITOLOGIA IN FASE LIQUIDA Il materiale prelevato • stoccato in provetta e processato in modo da ottenere pi• preparati citologici, ÒripulitiÓ della contaminazione ematica e di detriti, con cellule giustapposte in monostrato: a) il sistema richiede un adattamento del lettore in quanto il quadro appare decisamente diverso dalla striscio classico, ed • quindi necessario un breve training per consentire la curva di apprendimento; b) la lettura risulta verosimilmente pi• rapida; c) mentre non pare dimostrato che lÕaccuratezza diagnostica sia aumentata, ma sostanzialmente comparabile al PAP test classico, • certamente ridotto il tasso di inadeguati; d) il sistema consente di ottenere preparati in monostrato; • il presupposto ideale per lÕapplicazione delle metodologie di analisi di immagine mediante computer; e) il sistema consente di ottenere un numero elevato di preparati (ad es. per altre colorazioni) e comunque consente la conservazione nel tempo e lÕesecuzione differita di altri test (ad es. test HPV), che altrimenti richiederebbero il richiamo della donna per un nuovo prelievo. Il sistema appare complessivamente pi• vantaggioso del PAP test convenzionale, mentre il limite maggiore • legato al suo costo (essenzialmente per il costo del liquido di conservazione), ancora molto elevato. Peraltro, il suo uso • generalizzabile ad altri ambiti citologici (mammella, tiroide, escreato, urine, liquidi effusivi): e anche in considerazione che lÕaumento di consumi dovrebbe condizionare una riduzione dei costi, il passaggio a questa tecnica • fortemente incoraggiato. LETTURA AUTOMATICA Recentemente sono state introdotte metodologie che si basano sullÕanalisi di immagine mediante computer, con selezione di immagini digitali, refertazione a monitor e classificazione da parte del computer in gradi di sospetto diagnostico. LÕanalisi dei risultati sperimentali finora disponibili non • molto convincente, i costi dei sistemi sono molto elevati: a) la frazione di casi nei quali ci si pu˜ limitare allÕinterpretazione del computer soprassedendo alla lettura ottica convenzionale • piuttosto limitata; b) la frazione di casi per i quali il computer richiede la lettura convenzionale • molto elevata; c) il grading diagnostico fornito dal computer non • molto affidabile; d) il rapporto costo beneficio • difficile da raggiungere, anche con carichi di lavoro pi• elevati di quelli che la macchina consente di processare sulla base dellÕevidenza esistente non sembra che i sistemi di analisi computerizzata della citologia cervicale siano affidabili e il loro impiego corrente nello screening appare ancora prematuro. TEST HPV LÕinfezione HPV • la causa principale del cervicocarcinoma ed • presente nella maggioranza delle displasie evolutive. LÕidea di rimpiazzare la citologia, pur essendo in corso studi prospettici, • al momento improponibile in quanto: a) i costi del test HPV sono elevati; b) il test HPV • meno specifico della citologia; c) la maggiore sensibilitˆ per CIN • in gran parte sostenuta da sovradiagnosi con conseguente sovratrattamento; d) non • chiara lÕentitˆ dellÕimpatto psicologico negativo conseguente alla comunicazione di una positivitˆ HPV (malattia sessualmente trasmessa); e) non sono state sperimentate le eventuali modalitˆ di impiego (da solo o con citologia, frequenza, test unico o ripetuto per verificare la persistenza). In sostanza non • ancora definito se e come il test HPV entrerˆ nel processo di screening e il suo ruolo al momento resta confinato agli studi sperimentali. Al momento, quindi, non esiste alcuna indicazione alla pratica corrente dello screening impiegando come test di screening il test HPV. Esiste invece evidenza scientifica abbastanza convincente ed • possibile lÕimpiego del test HPV: a) nel triage alla colposcopia dei casi con citologia a basso valore predittivo (tipicamente ASCUS, ASCUS vs reattive, ASC-US): in questo sottogruppo la stragrande maggioranza dei soggetti che presentano un CIN2 > sono HPV positivi; b) nel follow-up dei casi di CIN2 > trattata: la maggioranza dei casi di recidiva avviene in soggetti con test HPV positivo persistente. I soggetti HPV negativi/negativizzati con citologia e colposcopia negativa hanno un rischio irrilevante di manifestare una recidiva e possono essere reinseriti nel normale regime di screening. 217 CARCINOMA CERVICALE Recentemente • stata introdotta una nuova metodologia che, anzichŽ il DNA, ricerca lÕRNA del virus HPV. Si tratta di una metodica studiata finora su casistiche assai limitate, che necessita di materiale fresco o congelato, e che richiederˆ ancora unÕimportante fase di studio. In tal senso • auspicabile che, a livello toscano, eventualmente centralizzato, si costituisca una banca biologica di materiale biologico, bioptico o chirurgico congelato che consenta, in seguito, valutazione comparative. 8.2.2 Diagnosi clinica Il cervico-carcinoma in fase preinvasiva o invasiva iniziale • asintomatico. La sintomatologia compare quando la neoplasia penetra profondamente nello stroma, ed anche allora • aspecifica, ed • rappresentata dalla perdita ematica extramestruale, per lo pi• saltuaria. Il sanguinamento postcoitale, da alcuni considerato patognomonico, • in realtˆ riscontrato soprattutto nelle forme esofitiche ed • in genere un sintomo assai tardivo. La sintomatologia si fa pi• consistente nelle fasi avanzate di malattia, allorchŽ compaiono manifestazioni legate ai fenomeni della necrosi tumorale (cerviciti purulente, leuco-xantorrea maleodorante) e alla compressione e o infiltrazione delle strutture adiacenti, quali i plessi nervosi (algie pelviche, ipogastriche, lombosacrali o glutee), gli ureteri (idroureteronefrosi, coliche renali, insufficienza renale), vescica (fistola vescico-vaginale) e retto (fistola retto-vaginale). Il sospetto diagnostico di un carcinoma cervicale viene pertanto posto in genere sulla base di un referto sospetto o francamente positivo allÕesame citologico, pi• che sulla comparsa dei sintomi. Il carcinoma invasivo preclinico non • visibile ad occhio nudo; esso pu˜ essere sospettato allÕesame colposcopico, ma la diagnosi • soltanto istologica. Il carcinoma invasivo clinico • una lesione visibile dallÕocchio e palpabile dal dito esploratore nella maggior parte dei casi. La colposcopia • utile in questo caso, oltre che per mirare la biopsia, per valutare lÕestensione della neoplasia sulla portio e sulle pareti vaginali. Pertanto la diagnosi di carcinoma cervicale invasivo deve essere eseguita sulla base di un esame bioptico mirato (neoplasia clinicamente evidente) o di una conizzazione (lesione preclinica). Il curretage endocervicale • indicato nelle forme endofitiche. Nessun esame radiologico • necessario per la diagnosi del carcinoma della cervice uterina. 8.2.3 Anatomia patologica Le modalitˆ di stadiazione differiscono sostanzialmente tra lo Stadio Ia e gli altri. Nel primo, la definizione dello stadio si basa esclusivamente sullÕesame anatomo-patologico della conizzazione, negli altri stadi la definizione dellÕestensione della malattia si basa essenzialmente sullÕesame clinico. Un accurato esame ginecologico con esplorazione rettale deve essere eseguito da medici esperti; la visita in anestesia pu˜ essere utile quando la neoplasia sembra superare i limiti della cervice uterina. é indicata inoltre lÕesecuzione di Rx torace, eco addome, cistoscopia e rettoscopia. Esami opzionali sono rappresentati dalla CT, dalla RM e dallÕecografia trans-rettale. I reperti ottenuti con queste ultime indagini non dovrebbero modificare la stadiazione clinica. La RM • un metodo di imaging pi• attendibile della CT nella stadiazione del carcinoma cervicale. Lo stroma cervicale normale appare in RM come un anello ipointenso; lÕinterruzione segmentarla di questo anello • suggestiva di una diffusione della malattia al parametrio. LÕurografia, pur essendo prevista di routine dalla FIGO, pu˜ essere riservata ai casi con evidenza ecografia o CT di dilatazione delle vie urinarie. Analogamente, secondo alcuni Autori, la cistoscopia e la rettoscopia andrebbero riservate a pazienti con neoplasie clinicamente voluminose o nelle quali le altre indagini radiologiche (RM, CT) hanno evidenziato un sospetto di interessamento di vescica o retto. Particolarmente difficoltosa pu˜ essere la corretta valutazione clinica della diffusione parametriale di malattia. Vanno classificati in Stadio IIb i casi in cui il parametrio sia indurito, retratto o fisso, ma non nodulare, mentre vanno considerati in Stadio IIIb i casi in cui si riscontrino nodularitˆ parametriali vicine alla parete pelvica ovvero si evidenzi una continuitˆ neoplastica fino alla parete pelvica. La presenza di unÕidroureteronefrosi o di un rene escluso conseguente ad interessamento dellÕuretere da parte del tumore fa classificare la neoplasia in Stadio IIIb. Il sospetto di interessamento della mucosa vescicale o rettale alle indagini endoscopiche deve essere confermato con esame istologico su biopsia. Lo stadio deve essere definito clinicamente prima di qualunque terapia. Quando vi sia un dubbio, • mandatorio classificare lo neoplasia allo stadio inferiore. 8.3 TERAPIA 8.3.1 Terapia integrata La paziente deve essere adeguatamente informata delle alternative terapeutiche esistenti, quando disponibili, di cui le devono essere spiegati i risultati, le complicanze precoci e le sequele tardive. La paziente deve essere opportunamente coinvolta nellÕalbero decisionale. 218 CARCINOMA CERVICALE 8.3.1.1 Stadio Ia La diagnosi di carcinoma cervicale in Stadio Ia deve essere sempre posta con la conizzazione, che deve essere eseguita con ansa diatermica o laser (la lama fredda dovrebbe essere riservata a casi particolari), e non con la semplice biopsia cervicale eseguita sotto colposcopia. I coni dovrebbero avere i margini inchiostrati ed essere orientati per quadrante. I margini possono essere interessati; se un margine • compromesso (endocervicale, esocervicale, profondo) dovrebbe esser specificato, ed analogamente se un margine non • valutabile bisognerebbe chiarirne la ragione (ad esempio, infatti lÕelettrocauterizzazione pu˜ precludere la valutazione dello stato dei margini). Dovrebbe essere specificata anche la gravitˆ del precursore morfologico (focale o diffuso) che eventualmente interessi un margine di resezione del cono. Nel referto isto-patologico devono essere specificati anche la profonditˆ di infiltrazione stromale, lÕestensione orizzontale della neoplasia e lo stato degli spazi vascolo-linfatici (invasione venosa/linfatica assente, presente, indeterminata). Nel sottostadio Ia1 il rischio di metastasi linfonodali, soprattutto se gli spazi vascolo-linfatici sono negativi, • praticamente nullo. Se la paziente • giovane, desiderosa di prole, disponibile ad un accurato follow-up, e i margini e lÕapice del cono sono negativi, la conizzazione • una terapia adeguata (Livello di evidenza V). Negli altri casi • indicata unÕisterectomia totale extrafasciale, associata a linfadenectomia pelvica, anche eseguita per via laparoscopica, solo in presenza di positivitˆ degli spazi vascolo-linfatici. Nel sottostadio Ia2 il rischio di metastasi linfonodali • intorno al 5-6%. La conizzazione, associata ad una linfadenectomia pelvica eseguita anche per via laparoscopica, pu˜ essere utilizzata in casi molto selezionati, che soddisfano i criteri sopra riportati (Livello di evidenza VI). Negli altri casi • indicata unÕisterectomia radicale classe II di Piver con linfadenectomia pelvica. Pu˜ trovare uno spazio terapeutico anche lÕisterectomia radicale per via vaginale secondo Schauta, eventualmente associata a linfadenectomia pelvica secondo Mitra o eseguita per via laparoscopica (Livello di evidenza VI). 8.3.1.2 Stadio Ib1-IIa < 4 cm La terapia dipende dallÕetˆ, dal performance status (PS), dalla patologia associata e dallÕorientamento di scuola. La paziente deve essere valutata congiuntamente dal ginecologo e dal radioterapista al momento della diagnosi per meglio stabilire il comportamento pi• idoneo nel singolo caso. La chirurgia radicale e la radioterapia esclusiva ottengono risultati sostanzialmente sovrapponibili in termini di sopravvivenza, ma si diversificano per le sequele iatrogene (Livello di evidenza II). Le complicanze postoperatorie precoci sono rappresentate soprattutto dalle emorragie, dagli eventi trombo-embolici, dalle infezioni, dallÕileo e dalle fistole urinarie, mentre quelle tardive comprendono il linfedema agli arti inferiori, le alterazioni della continenza vescicale e la stenosi ureterale. Le complicanze post-radioterapiche precoci includono la cistite e la proctite acuta, mentre quelle tardive sono rappresentate dalla fibrosi pelvica, dalla stenosi vaginale con dispareunia o impossibilitˆ ai rapporti, dalla stenosi ureterale e dalle turbe del transito intestinale fino alla occlusione. Le complicanze del trattamento del carcinoma cervicale dovrebbero essere classificate secondo il glossario italofrancese. 8.3.1.2.1 Chirurgia LÕisterectomia radicale classe II-III di Piver con linfadenectomia pelvica • utilizzabile soprattutto in pazienti di etˆ < 70 anni, con buon PS, prive di significative patologie associate, ed • comunque consigliabile in presenza di condizioni (malattia infiammatoria pelvica, colite ulcerosa, morbo di Chron e diverticolosi grave) che controindichino la radioterapia. LÕisterectomia pu˜ essere presa in considerazione anche in casi selezionati di donne > 70 anni in ottime condizioni generali. LÕisterectomia radicale classe II e quella classe III di Piver si sono dimostrate ugualmente efficaci in questo stadio di malattia, ma lÕintervento di classe II si associa ad una ridotta incidenza di complicanze tardive, soprattutto di tipo urologico (Livello di evidenza II). é importante verificare lÕadeguatezza dei margini di resezione chirurgica, essendo la radicalitˆ dellÕintervento un importante fattore prognostico. LÕesame istopatologico del pezzo operatorio deve riportare una serie di fattori prognostici a carico del T (entitˆ di invasione dello stroma cervicale, diametro tumorale, stato degli spazi vascolo-linfatici, diffusione parametriale, diffusione vaginale, margini di resezione chirurgica, diffusione al corpo uterino) o dellÕN, la cui valutazione • essenziale per lÕeventuale scelta di una terapia adiuvante postoperatoria. Il significato della presenza nei linfonodi regionali di cellule tumorali isolate o in aggregati di dimensioni < 0,2 mm (isolated tumor cells) identificate con tecniche speciali (valutazione delle citocheratine mediante immunoistochimica o analisi molecolare) • ancora incerto. In Letteratura non vi • attualmente consenso su come queste pazienti dovrebbero essere trattate (a differenza del carcinoma della mammella). Attualmente questi casi vengono classificati come N+, con una nota che specifica come le cellule sono state identificate. 219 CARCINOMA CERVICALE 8.3.1.2.2 Terapia adiuvante In presenza di una positivitˆ dei linfonodi pelvici • indicata una radioterapia esterna con alte energie sulla pelvi (50 Gy, con frazionamento convenzionale, somministrati con tecnica a 4 campi conformata 3D) concomitante con la somministrazione di cisplatino 40 mg/m2 settimanale (Livello di evidenza II). Qualora i linfonodi pelvici siano negativi • indicata una radioterapia esterna sulla pelvi in presenza di interessamento microscopico dei parametri, positivitˆ dei margini di resezione chirurgica e diametro tumorale valutato sul pezzo operatorio > 4 cm; questo trattamento adiuvante pu˜ anche essere indicato in presenza di positivitˆ degli spazi vascolo-linfatici o di infiltrazione dello stroma cervicale superiore al 50% (Livello di evidenza II). La radioterapia esterna pelvica pu˜ essere seguita dalla brachiterapia in presenza di interessamento vaginale (Stadio IIa clinico o patologico). In casi particolari pu˜ essere presa in considerazione la radioterapia esterna con alte energie sulla pelvi concomitante con la somministrazione di cisplatino 40 mg/m2 settimanale anche in pazienti con linfonodi negativi ma con fattori di rischio sul T. I criteri per la terapia adiuvante dopo isterectomia radicale sono indipendenti dallÕistotipo. 8.3.1.2.3 Radioterapia esclusiva Quando si opta per il trattamento radiante esclusivo, questo deve comprendere la radioterapia esterna con alte energie sulla pelvi (45 Gy, con frazionamento convenzionale, somministrati con tecnica a 4 campi conformata 3D) associata a brachiterapia endocavitaria (HDR 500 cGy x 4-5 sedute; LDR/PDR 35 Gy in 24-36 ore). La brachiterapia prevede tecniche di remote loading e pu˜ essere effettuata con regime LDR, HDR, PDR. Gli applicatori possono essere personalizzati tipo Chassagne o standard. I volumi, la geometria delle sorgenti, il calcolo del piano di trattamento, la prescrizione della dose seguono regole comuni per tutti e tre i regimi. Il documento di riferimento • lÕICRU report 38. é auspicabile che la durata del trattamento sia compresa tra 8 e 10 settimane. 8.3.1.3 Stadio Ib2, IIa > 4 cm, IIb iniziale (interessamento del terzo mediale del parametrio) Esistono due alternative terapeutiche rappresentate dalla chemio/radioterapia concomitante esclusiva e dalla chemioterapia neoadiuvante seguita da isterectomia radicale. La paziente deve essere valutata congiuntamente dal ginecologo e dal radioterapista al momento della diagnosi per meglio stabilire il comportamento pi• idoneo nel singolo caso. 8.3.1.3.1 Chemio/radioterapia concomitante La chemio/radioterapia concomitante • ritenuta il trattamento standard nei paesi anglosassoni, sulla base di una serie di studi randomizzati statunitensi pubblicati nel 1999 (Livello di evidenza I). Una meta-analisi dei 19 trial controllati randomizzati sulla chemio/radioterapia nel carcinoma cervicale condotti tra il 1981 e il 2000 e comprendenti complessivamente 4580 pazienti, ha dimostrato che questa modalitˆ terapeutica dˆ un beneficio assoluto del 16% in termini di sopravvivenza libera da progressione e del 12% in termini di sopravvivenza globale rispetto alla radioterapia da sola (Livello di evidenza I). La chemio/radioterapia riduce significativamente sia le recidive locali (odds ratio [OR] = 0,61, p < 0,0001) sia le recidive a distanza (OR = 0,57, p < 0,0001). La chemioterapia neoadiuvante seguita dalla chirurgia • stata ampiamente utilizzata in Argentina ed in Italia con buoni risultati terapeutici (Livello di evidenza II). é in corso uno studio randomizzato del Gruppo di Ginecologia Oncologica dellÕEORTC che confronta queste due modalitˆ terapeutiche. Il trattamento chemio-radiante esclusivo prevede una radioterapia esterna sulla pelvi con alte energie concomitante alla somministrazione di cisplatino 40 mg/m2 settimanale seguita da brachiterapia. Le modalitˆ tecniche della radioterapia sono sovrapponibili a quanto riportato nel paragrafo 8.3.1.2.3. La chemioterapia concomitante alla radioterapia pu˜ anche prevedere lÕassociazione di taxolo 30 mg/m2 settimanale + cisplatino 40 mg/m2 settimanale. 8.3.1.3.2 Chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia La chemioterapia neoadiuvante prevede lÕutilizzo di un regime a base di cisplatino per tre cicli. In pazienti con istotipo a cellule squamose • consigliabile lÕassociazione ifosfamide 5000 mg/m2 + MESNA 5000 mg/m2 + taxolo 175 mg/m2 + cisplatino 75 mg/m2 (regime TIP) ovvero lÕassociazione taxolo 175 mg/m2 + cisplatino 75 mg/m2 (regime TP) ogni tre settimane. In uno studio randomizzato italiano, il regime TIP si • dimostrato superiore alla combinazione di ifosfamide 5000 mg/m2 + MESNA 5000 mg/m2 + cisplatino 75 mg/m2 (Livello di evidenza II). In pazienti con ipersensibilitˆ al taxolo si pu˜ usare il cisplatino in associazione con lÕifosfamide o con il 5-fluorouracile. Se lÕistotipo della neoplasia • un adenocarcinoma, • indicata lÕassociazione epirubicina 80 mg/m2 + taxolo 175 220 CARCINOMA CERVICALE mg/m2 + cisplatino 75 mg/m2 (regime TEP) ovvero lÕassociazione epirubicina 80 mg/m2 + cisplatino 75 mg/m2 (regime EP) ogni tre settimane. LÕintervento chirurgico, che deve essere programmato entro 3-5 settimane dallÕultimo ciclo di chemioterapia, deve consistere nellÕisterectomia radicale classe III-IV di Piver con linfadenectomia pelvica. La linfadenectomia lombo-aortica deve essere eseguita in casi accuratamente selezionati (positivitˆ dei linfonodi lombo-aortici allÕimaging preoperatorio o alla palpazione intraoperatoria). Un eventuale trattamento adiuvante post-operatorio (radioterapia esterna pelvica da sola o radioterapia esterna pelvica concomitante a chemioterapia con cisplatino) viene deciso sulla base dellÕesame istopatologico del pezzo operatorio, secondo gli stessi criteri utilizzati per la scelta del trattamento adiuvante dopo chirurgia radicale primaria nello Stadio Ib1-IIa < 4 cm (vedi paragrafo 8.3.1.2.2). 8.3.1.4 Stadio IIb distale, IIb bulky, III é indicata una chemio/radioterapia concomitante con alte energie sulla pelvi eventualmente seguita da brachiterapia con le modalitˆ giˆ indicate nel paragrafo 8.3.1.2.3: la dose somministrata con la tecnica a fasci esterni pu˜ essere aumentata se la risposta della neoplasia non consente la realizzazione di una geometria soddisfacente con la brachiterapia. 8.3.1.5 Stadio IVa Valgono le stesse indicazioni dello Stadio IIb distale, IIb bulky e III. In casi accuratamente selezionati pu˜ essere presa in considerazione la chirurgia eviscerativa in prima istanza, eventualmente preceduta da chemioterapia neoadiuvante. 8.3.1.6 Stadio IVb é indicato un trattamento con cisplatino in monochemioterapia o in regime di combinazione, eventualmente seguito da radioterapia o chirurgia palliativa. 8.3.2 Terapia delle complicanze 8.3.2.1 Fistole urinarie Le fistole urinarie sono principalmente rappresentate da quelle ureterali, che insorgono in circa lÕ1-2% delle pazienti sottoposte ad isterectomia radicale principalmente a causa della devascolarizzazione del tratto iuxta-vescicale dellÕuretere. Questa complicanza dˆ segno di sŽ in genere con perdita incontrollabile di urine dopo 2-3 settimane dallÕintervento. LÕaccertamento definitivo richiede lÕurografia. La terapia consiste nellÕincannulamento dellÕuretere con stent doppio-J che viene lasciato in situ per 8-10 settimane. Se tale procedura non • applicabile o non risolve il problema, • necessario lÕintervento chirurgico con reimpianto in vescica. Le fistole vescicali, che compaiono nellÕ0,5%, dei casi, vanno trattate chirurgicamente. 8.3.2.2 Idroureteronefrosi Idroureteronefrosi mono- o bilaterale pu˜ riscontrarsi sia alla diagnosi (carcinoma in Stadio IIIb) sia in presenza di malattia recidivante dopo chirurgia e/o radioterapia. Gli stent endoureterali a doppio J, o, qualora questi non fossero applicabili, la nefrotomia percutanea eco-guidata sono le procedure utilizzabili per il trattamento di questa complicanza. La normalizzazione della funzione renale in una paziente non pretrattata pu˜ consentire la fattibilitˆ della strategia terapeutica programmata (chemio/radioterapia concomitante, chemioterapia neoadiuvante). In presenza di malattia recidivante • difficile che si riescano a posizionare gli stent endoureterali ed • molto pi• frequente il ricorso alla nefrotomia percutanea. La mancata normalizzazione della funzione renale dopo la derivazione urinaria • spesso dovuta ad unÕatrofia post-ostruttiva del rene. Gli stent ureterali possono inoltre essere utilizzati temporaneamente per il trattamento delle complicanze ostruttive del reservoir colico continente dopo chirurgia eviscerativa. 8.3.3 Trattamento delle recidive Il trattamento delle recidive dipende dalla sede e dal precedente trattamento, oltre che dallÕetˆ e dal PS della paziente. Il trattamento pu˜ essere curativo nel caso di una recidiva vaginale isolata o di una recidiva pelvica centrale. 221 CARCINOMA CERVICALE La brachiterapia endocavitaria e/o interstiziale, associata a radioterapia esterna pelvica, viene utilizzata nella recidiva vaginale isolata in una paziente non precedentemente irradiata. In pazienti con recidiva pelvica centrale dopo chirurgia radicale esclusiva pu˜ essere utilizzata la chemio/radioterapia concomitante, o, in casi particolari, la chirurgia eviscerativa. QuestÕultima rappresenta lÕunica possibilitˆ terapeutica in pazienti con recidiva pelvica centrale dopo radioterapia o dopo chemio/radioterapia concomitante esclusiva. La chirurgia eviscerativa deve essere riservata a pazienti con malattia pelvica centrale in assenza di diffusione extra-pelvica e/o di metastasi linfonodali multiple o non resecabili (Livello di evidenza V). La comparsa di linfedema spiccato agli arti inferiori, dolore lombo-sciatalgico e stenosi ureterale spesso indicano la presenza di una malattia pelvica non resecabile in maniera radicale. Le pazienti devono essere sottoposte ad un accurato work-up pre-operatorio, comprendente cistoscopia, rettoscopia, urografia, CT e/o RM, ed eventuale biopsia del linfonodo scalenico. La PET pu˜ essere utilizzata per meglio valutare adenomegalie lombo-aortiche di dubbio significato. Soprattutto in pazienti con notevoli esiti fibrotici da radioterapia, lÕintervento pu˜ essere preceduto da unÕesplorazione laparoscopica o laparotomia per meglio verificare il possibile raggiungimento di una radicalitˆ chirurgica. La chirurgia eviscerativa deve essere effettuata in centri di riferimento specializzati, che dispongano anche di idonee competenze chirurgiche per la fase ricostruttiva (anastomosi colorettale bassa con suturatici meccaniche, diversioni urinarie continenti con reservoir colico, impiego di lembi miocutanei, ecc.). Le pazienti candidate alla chirurgia eviscerativa possono ricevere anche un trattamento chemioterapico neoadiuvante o adiuvante. Le pazienti con recidiva pelvica laterale dopo chirurgia radicale devono essere trattate con chemio/radioterapia concomitante. Le pazienti con recidiva pelvica laterale dopo chemio-radioterapia concomitante o radioterapia esclusiva hanno una prognosi infausta. In questi casi pu˜ essere utilizzata una chemioterapia a scopo palliativo. In casi accuratamente selezionati pu˜ essere presa in considerazione una radioterapia intraoperatoria (IORT). Le pazienti con recidiva a distanza vengono generalmente trattate con chemioterapia. La chirurgia pu˜ essere presa in considerazione in casi accuratamente selezionati di recidiva linfonodale isolata o di metastasi polmonare isolata. La radioterapia pu˜ essere utilizzata, da sola o in associazione alla chemioterapia, in pazienti con recidiva linfonodale para-aortica o con metastasi ossee. 8.4 FOLLOW-UP Le pazienti sottoposte a chirurgia conservativa per carcinoma cervicale in Stadio Ia1 e Ia2 devono essere sottoposte a controllo trimestrale nei primi due anni, quadrimestrale nel terzo anno, semestrale nel quarto-quinto anno, e annuale successivamente, comprendente accurata anamnesi, esame obiettivo generale, visita ginecologica, PAP test e colposcopia. Una Rx torace ed unÕecografia addomino-pelvica con cadenza annuale sono indicate in pazienti con positivitˆ degli spazi vascello-linfatici. Ulteriori indagini devono essere eseguite su indicazione clinica. Le pazienti sottoposte a chirurgia demolitiva per carcinoma cervicale in Stadio Ia1 e Ia2 devono essere sottoposte a controllo quadrimestrale nei primi due anni, semestrale fino al quinto anno, e annuale successivamente, comprendente accurata anamnesi, esame obiettivo generale, visita ginecologica, PAP test e colposcopia. Una Rx torace e unÕecografia addomino-pelvica con cadenza annuale sono indicate in pazienti con positivitˆ degli spazi vascello-linfatici. Ulteriori indagini devono essere eseguite su indicazione clinica. Le pazienti con carcinoma cervicale invasivo in Stadio Ib1-IIa < 4 cm sottoposte a isterectomia radicale o in Stadio Ib2-IIb prossimale sottoposte a chemioterapia neoadiuvante seguita da chirurgia radicale + radioterapia e/o chemio/radioterapia adiuvante devono essere sottoposte a controllo trimestrale nei primi due anni, quadrimestrale nel terzo anno, semestrale nel quarto-quinto anno, e annuale successivamente, comprendente accurata anamnesi, esame obiettivo generale, visita ginecologica, Pap-test e colposcopia. LÕecografia deve essere eseguita ogni sei mesi nei primi due anni e poi annualmente, per evidenziare precocemente lÕinsorgenza di unÕidrouretonefrosi (sequela iatrogena, recidiva pelvica con coinvolgimento ureterale). LÕRx torace deve essere eseguita annualmente. La CT o la RM possono essere utilizzate routinariamente con periodicitˆ annuale nei primi tre anni, oppure riservate ai casi sospetti sulla base dellÕanamnesi o dellÕesame ginecologico. Ulteriori indagini devono essere eseguite su indicazione clinica. Le pazienti con carcinoma in Stadio Ib1-IIa < 4 cm sottoposte a radioterapia esclusiva e quelle in Stadio Ib2-IVa sottoposte a chemioradioterapia concomitante esclusiva in risposta completa al termine del trattamento devono essere sottoposte a controllo trimestrale nei primi due anni, quadrimestrale nel terzo anno, semestrale nel quarto-quinto anno, e annuale successivamente, comprendente accurata anamnesi, esame obiettivo generale, visita ginecologica, PAP test e colposcopia. LÕecografia deve essere eseguita ogni sei mesi nei primi due anni e poi annualmente, per evidenziare precocemente lÕinsorgenza di unÕidrouretonefrosi. La RM e/o la CT devono essere eseguite a distanza di 2-3 mesi dalla fine del trattamento e quindi annualmente o con una frequenza maggiore a 222 CARCINOMA CERVICALE seconda dello stadio di malattia e del rischio di recidiva. LÕRx torace deve essere eseguita annualmente. Ulteriori indagini devono essere eseguite su indicazione clinica. Il dosaggio periodico dei marcatori tumorali (SCC per il carcinoma a cellule squamose, CA125 e CEA per lÕadenocarcinoma) • opzionale. 8.5 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 1. American College of Obstetricians and Gynecologists: ACOG practice bulletin. Diagnosis and treatment of cervical carcinomas. Number 35, May 2002. American College of Obstetricians and Gynecologists. Int J Gynaecol Obstet 2002; 78: 79-91. 2. Advisory Committe on Cancer Prevention: Recommendation on cancer screening in the European Union. EJC 2000; 36: 1473-8. 3. Benedet JL, Odicino F, Maisonneuve P, et al: Carcinoma of the cervix uteri. J Epidemiol Biostat 2001; 6: 5-44. 4. Benedetti-Panici P, Greggi S, Colombo A, et al: Neoadjuvant chemotherapy and radical surgery versus exclusive radiotherapy in locally advanced squamous cell cervical cancer: results from the Italian multicenter randomized study. J Clin Oncol 2002; 20: 17988. 5. 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Zola P, Magistris A, Landoni F, et al: The role of the French-Italian glossary of complications in the outcome evaluation of cervical cancer treatment: an Italian multicentric study. Crit Rev Oncol Hematol 2003; 48: 317-21. PROTOCOLLI DI RIFERIMENTO 1. Societˆ Italiana di Ginecologia Oncologica: Manuale di ginecologia oncologica. 1998. 2. Annual report 24. FIGO. 2001. 3. SocietŽ Fran•aise dÕOncologie Gynecologique, Federation Hospitali•re de France, Federation de Cancerologie des CHR & U: Standards, options and recommendations for the management of invasive cervical cancer patients (non metastastic). 2002. 4. American College of Obstetricians and Gynecologists: ACOG practice bulletin. Diagnosis and treatment of cervical carcinomas. Number 35, May 2002. 5. Linee Guida AIRO 2004. 223 CARCINOMA CERVICALE 8.6 APPENDICE 8.6.1 Classificazione istologica La classificazione istologica del carcinoma cervicale e dei suoi precursori deve seguire la classificazione WHO. TUMORI EPITELIALI E LESIONI CORRELATE Lesioni squamose ¥ Lesioni intraepiteliali squamose (displasia-carcinoma in situ; cervical intraepithelial neoplasia (CIN): Ð Displasia lieve (CIN1) Ð Displasia moderata (CIN2) Ð Displasia grave (CIN3) Ð Carcinoma in situ (CIN3) ¥ Carcinoma squamoso Ð Cheratinizzante Ð Non cheratinizzante Ð Verrucoso Ð Condilomatoso Ð Papillare Ð Linfoepitelioma-like Lesioni ghiandolari ¥ Lesione intraepiteliale ghiandolare Ð Adenocarcinoma in situ Adenocarcinoma ¥ Mucinoso (endocervicale, intestinale) ¥ Endometroide ¥ Cellule chiare ¥ Sieroso ¥ Mesonefrico Altri tumori epiteliali ¥ Carcinoma adenosquamoso ¥ Carcinoma a cellule glassate ¥ Carcinoma adenoide cistico ¥ Carcinoma basale adenoide ¥ Tumore carcinoide ¥ Carcinoma a piccole cellule ¥ Carcinoma indifferenziato GRADO ISTOLOGICO Per il grading del carcinoma invasivo sono stati suggeriti 3 gradi: ¥ Gx il grado di differenziazione non pu˜ essere accertato ¥ G1 ben differenziato ¥ G2 moderatamente differenziato ¥ G3 scarsamente differenziato A differenza del carcinoma cervicale squamoso, molti Autori graduano lÕadenocarcinoma cervicale sulla base della sua architettura (ghiandolare e papillare versus le aree solide) e sulla base dei quadri nucleari: ¥ G1 piccola componente solida e lieve atipia nucleare ¥ G2 intermedio tra 1 e 3 ¥ G3 aspetto solido e grave atipia nucleare. Tumori con nessuna differenziazione o differenziazione minima (carcinoma indifferenziato secondo WHO) sono classificati come Grado 4. 224 CARCINOMA CERVICALE 8.6.2 Classificazione in stadi La stadiazione della neoplasia deve seguire la nomenclatura della FIGO (Montreal 1994) Stadio 0 Stadio I Carcinoma in situ Il carcinoma • confinato alla cervice uterina (non si dovrebbe tenere conto dellÕestensione al corpo uterino) Ia Carcinoma invasivo, diagnosi solo microscopica. Tutte le lesioni macroscopicamente evidenti Ð anche se con invasione superficiale Ð rientrano nello stadio Ib Ia1 Invasione stromale in profonditˆ minore di 3,0 mm ed estensione orizzontale massima di 7,0 mm Ia2 Invasione stromale fra 3,0 mm e 5,00 mm ed estensione orizzontale massima di 7,00 mm Ib Lesione clinicamente visibile limitata alla cervice o lesione microscopicamente di dimensione maggiore dello stadio Ia2 Ib1 Lesione clinicamente visibile di dimensione massima di 4,0 cm Ib2 Lesione clinicamente visibile di dimensione massima oltre i 4 cm Stadio II Tumore che si estende oltre lÕutero, ma non alla parete pelvica o al terzo inferiore della vagina IIa Nessun interessamento parametriale IIb Interessamento parametriale Stadio III Tumore che si estende alla parete pelvica e/o invade il terzo inferiore della vagina e/o determina idronefrosi o esclusione funzionale del rene IIIa Invasione del terzo inferiore della vagina, non estensione alla parete pelvica IIIb Estensione alla parete pelvica e/o idronefrosi o esclusione funzionale del rene Stadio IV Il carcinoma si • esteso oltre la pelvi o ha interessato la mucosa della vescica o del retto. Un edema bolloso non permette di attribuire il tumore allo Stadio IV IVa Diffusione agli organi adiacenti IVb Diffusione agli organi a distanza 8.6.3 Algoritmi terapeutici Carcinoma microinvasivo: opzioni terapeutiche S“ à conizzazione; linfadenectomia pelvica laparoscopica se ISVL Stadio Ia1 à desiderio di prole No > isterectomia totale extrafasciale; linfadenectomia pelvica se ISVL S“ à conizzazione + linfadenectomia pelvica laparoscopica Stadio Ia2 à desiderio di prole No > isterectomia radicale Piver II + linfadenectomia pelvica ISVL = infiltrazione spazi vascolo-linfatici. 225 CARCINOMA CERVICALE Carcinoma cervicale in Stadio Ib1-IIa < 4 cm. Opzioni terapeutiche N+ à chemio/radioterapia concomitante pelvica A) Isterectomia radicale classe II (-III) di Piver + linfadenectomia pelvica nessun trattamento adiuvante Nradioterapia esterna pelvica* se: Ð interessamento microscopico dei parametri Ð cut-through Ð diametro tumorale sul pezzo operatorio > 4 cm Ð ISVL (opzionale) Ð invasione stroma cervicale > 50% (opzionale)* B) Radioterapia esterna pelvica + brachiterapia * chemio-radioterapia concomitante in casi selezionati. ISVL = infiltrazione spazi vascolo-linfatici. Carcinoma cervicale in Stadio Ib2, IIa > 4 cm, IIb iniziale. Opzioni terapeutiche A) Chemio/radioterapia concomitante pelvica a base di cisplatino seguita da brachiterapia B) Chemioterapia neoadiuvante a base di cisplatino* seguita da isterectomia radicale classe III-IV di Piver + linfadenectomia pelvica (+ linfadenectomia lombo-aortica in casi selezionati) * carcinoma a cellule squamose: cisplatino + taxolo ± ifosfamide oppure cisplatino + ifosfamide o 5-fluororuracile; adenocarcinoma: cisplatino + epirubicina ± taxolo Carcinoma cervicale in Stadio IIb ÒdistaleÓ, III, IVa. Opzioni terapeutiche A) Chemio/radioterapia concomitante pelvica a base di cisplatino seguita da brachiterapia (se il tumore • responsivo alla radioterapia esterna) B) Eviscerazione pelvica in pazienti accuratamente selezionate con malattia in Stadio IVa Carcinoma cervicale: Stadio IVb. Opzioni terapeutiche Cisplatino in monochemioterapia o in regime di combinazione seguito da radioterapia o chirurgia palliativa individualizzata. 226 CARCINOMA CERVICALE 8.6.4 Algoritmo diagnostico Stadio Raccomandazioni Preclinico (Ia) Visita Clinico iniziale (Ib1- IIa < 4 cm) Clinico avanzato (Ib2- IIa > 4 cm) Grado delle raccomandazioni A Colposcopia, biopsia A Conizzazione A Visita A Colposcopia, biopsia A Rx torace A Eco addome B TC/RMN B Urografia B Cistoscopia B Rettoscopia B Visita in narcosi B Clisma opaco C Marker (SCC, CA 125, CEA) C PET D Visita A Colposcopia, biopsia A Rx torace A TC/RMN A Eco addome C Cistoscopia A Rettoscopia A Visita in narcosi B Urografia B Clisma opaco C Marker (SCC, CA 125, CEA) C PET D TC = tomografia computerizzata; RMN = risonanza magnetica nucleare; PET = tomografia ad emissione di positroni. 8.6.5 Livelli di evidenza nellÕalgoritmo terapeutico Stadio Raccomandazioni Ia1 Conizzazione Livello di evidenza V Grado delle raccomandazioni B Isterectomia Piver I V B Conizzazione + linfadenectomia VI C Isterectomia Piver II V B Isterectomia Piver II-III ± RTE o CT/RTE (fattori di rischio) II A RTE pelvica + BCT II A CT/RTE concomitante + BCT I A NACT/Isterectomia Piver III-IV II A IIIa-IIIb CT/RTE concomitante + BCT I A IVa CT/RTE concomitante + BCT I A NACT + evisceratio VI D CT/RTE o chirurgia individualizzata VI B Ia2 Ib1-IIa < 4 cm Ib2-IIb distale IVb RTE = radioterapia esterna con alte energie; CT = chemioterapia; BCT = brachiterapia; NACT = chemioterapia neoadiuvante. 227 CARCINOMA CERVICALE 8.6.6 Algoritmo follow-up Stadio Preclinico (Ia) Raccomandazioni Chirurgia conservativa Chirurgia demolitiva Visita, colposcopia, pap-test ¥ ogni 3 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 4 mesi x 3 anni ¥ ogni 6 mesi x 4-5 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni Grado delle raccomandazioni A Rx torace, eco addome se LVSI+ ¥ ogni anno B Visita, colposcopia, pap-test ¥ ogni 4 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 6 mesi x 3-4-5 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni A Rx torace, eco addome se LVSI+ ¥ ogni anno Clinico iniziale (Ib1-IIa < 4 cm) Isterectomia radicale Radioterapia esclusiva 228 Visita, colposcopia, pap-test ¥ ogni 3 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 4 mesi x 3 anni ¥ ogni 6 mesi x 4-5 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni A Rx torace ¥ ogni anno B Eco addome ¥ ogni 6 mesi x 1-2 anni ¥ poi annuale B TC/RMN ¥ ogni anno x 1-3 anni C SCC, CA 125 ¥ ogni 6 mesi C Visita, colposcopia, pap-test ¥ ogni 3 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 4 mesi x 3 anni ¥ ogni 6 mesi x 4-5 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni A Rx torace ¥ ogni anno B Eco addome ¥ ogni 6 mesi x 1-2 anni ¥ poi annuale B TC/RMN ¥ dopo 2-3 mesi dalla fine del trattamento e dopo ogni anno ¥ ogni anno x 1-3 anni A SCC, CA 125 ¥ ogni 6 mesi C CARCINOMA CERVICALE 8.6.6 Algoritmo follow-up (continua) Stadio Ib2-IIb distale Ib2-IV Raccomandazioni NACT + Piver III-IV CT/RTE concomitante Visita, colposcopia, pap-test ¥ ogni 3 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 4 mesi x 3 anni ¥ ogni 6 mesi x 4-5 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni Grado delle raccomandazioni A Rx torace ¥ ogni anno B Eco addome ¥ ogni 6 mesi x 1-2 anni ¥ poi annuale B TC/RMN ¥ ogni anno x 1-3 anni C SCC, CA 125 ¥ ogni 6 mesi C Visita, colposcopia, pap-test ¥ ogni 3 mesi x 1-2 anni ¥ ogni 4 mesi x 3 anni ¥ ogni 6 mesi x 4-5 anni ¥ ogni 12 mesi oltre 5 anni A Rx torace ¥ ogni anno B Eco addome ¥ ogni 6 mesi x 1-2 anni ¥ poi annuale B TC/RMN ¥ ogni anno x 1-3 anni C SCC, CA 125 ¥ ogni 6 mesi C LSVI = invasione spazi vascolo linfatici; TC = tomografia computerizzata; RMN = risonanza magnetica nucleare; NACT = chemioterapia neoadiuvante; CT = chemioterapia; RTE = radioterapia esterna con alte energie. 229 CARCINOMA CERVICALE 8.6.7 Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni* Livelli di evidenza Descrizione I Prove ottenute da pi• studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati II Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato III Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi IV Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi V Prove ottenute da studi di casistica (Òserie di casiÓ) senza gruppo di controllo VI Prove basate sullÕopinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida Grado delle raccomandazioni Descrizione A LÕesecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico • fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualitˆ, anche se non necessariamente di tipo I o II B Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata C Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o lÕintervento D LÕesecuzione della procedura non • raccomandata E Si sconsiglia fortemente lÕesecuzione della procedura * Tratto da ÒLinee guida per neoplasie della mammellaÓ a cura di AIOM (www.aiom.it). 230