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European Journalism - GNS Press Ass.tion - The ECJ promotes publishing, publication and communication- P. Inter.nal
I COMPORTAMENTI A RISCHIO
GLI INTERVENTI ( XI parte )
ANNO XI N.RO 3
del 01/03 /2015
Pag.
1. Pag. psicologica
2. Grecia, son cav.amari
3. Grotte di Favignana
5. Il teatro romano
6. Un alibi per le frustr.
7. Libertà di stampa
8. Una lirica di Noris
9. L’autore del mese
10.Una donna nella storia
11.Riecco il Job act
12.L’angolo del cuore
13.Bibbie a stampa
15.Agostino Pepoli
16.Pubblicità
17.Pagina medica
18.I grandi pensatori
19.La rappres. della viol.
20.L’Italia è ancora divisa
21.Piatti tipici: il manzo
23.Chi era Laura del Petr.
24.Storia della musica
25.La crisi arricchisce
26.Jobs act, cosa cambia
28.Vi sfido a contraddirmi
29.’O Rammaro
30.Museo dioces.Salerno
31.A vucchella
32.Regimen sanitatis sal.
33.Lettera d’un sacerdote
34. Bando Conc.Mater Dei
35.Tenerezze di Giuffrida
36.Redazioni e riferimenti
Il 20 novembre del 2001, giornata per l’infanzia istituita dalla L. 451/97,
viene annunciato dal nuovo Governo il nuovo piano di azione
per l’infanzia. Nel 2002, dall’8 al 10 maggio è stata recuperata
la sessione speciale dell’ONU sui diritti per l’infanzia, un momomento importante, almeno per due motivi: a questa sessione
speciale hanno potuto partecipare ragazzi, fanciulli, adolescenti, e anche alcune organizzazioni di base che lavorano con i bambini in tutto il
mondo; l’altro motivo è che ha il titolo “Un mondo adatto ai bambini” che
esprime correttamente una linea di sviluppo delle politiche e delle azioni per
l’infanzia e l’adolescenza anche nel nostro Paese.
Il Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 ha tra le sue priorità quelle della
tutela delle prime fasi della vita: l'infanzia e l'adolescenza. In particolare si
propone di “educare i giovani alla promozione della salute, all’attività motoria, ai comportamenti e stili di vita adeguati nel campo delle abitudini
alimentari, alla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale compresa
l’infezione da HIV, della tossicodipendenza e dell’alcolismo, alla procreazione responsabile, sollecitando il contributo della scuola, attivando anche
interventi, in particolare nei consultori familiari e negli spazi destinati agli
adolescenti, di prevenzione e di lotta ai maltrattamenti, abusi e sfruttamento
dei minori e alla prevenzione degli incidenti stradali e domestici”. Inoltre,
prevede di “potenziare le attività di prevenzione per gli adolescenti e i
giovani adulti stranieri attraverso un approccio transculturale e multidisciplinare”.
Alcuni progetti regionali del Piano Nazionale della Prevenzione 20052007, definito nell’Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005, sono focalizzati
sulla prevenzione e la promozione della salute fra i giovani: in particolare i
progetti sulla alimentazione e l’attività fisica e sulla prevenzione degli
incidenti stradali. Una possibile risposta alle criticità sopra descritte è l'attivazione di una azione di coordinamento e armonizzazione degli interventi
esistenti,costruita a partire dal coinvolgimento di diversi tipi e livelli di
competenze: enti locali, servizi sanitari, servizi sociali, autorità scolastiche,
associazionismo giovanile, culturale, sportivo, e con la partecipazione delle
famiglie. Per il raggiungimento della massima diffusione a livello territoriale
di interventi efficaci e continuativi, sono importanti lo scambio di conoscenze
tra i vari attori della prevenzione e promozione della salute dei giovani e la
socializzazione delle evidenze scientifiche e delle buone pratiche disponibili
a livello nazionale e internazionale.
Sul portale
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heworld.html
Su facebook
https://www.facebook.com/groups/ant
roposintheworld/755101491196213/?n
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Il coordinamento, la presenza di professionalità multidisciplinari e complementari, la condivisione, sono requisiti imprescindibili per una programmazione efficace e favoriscono la adozione di un disegno unitario. Le rappresentazioni che gli operatori, in quanto adulti, hanno dell’adolescenza, costituiscono necessariamente il retroterra su cui si basa l’operatività dei servizi, e
determina la qualità delle relazioni che essi riescono, o non riescono, a
stabilire con gli adolescenti. ( Continua )
1) F. Pastore, LE PROBLEMATICHE DELL’ADOLESCENZA, pag. 123- 124 A.I.T.W. ed.SA. 2013 –
Cod. SBN: IT\ICCU\MOD\1622636 – Scaricabile in e-book su Google play, cod. GGKEY:1T4J30FQB8Z E
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Antropos in the world
GRECIA, ORA SON CAVOLI AMARI
( Dalle “Opinioni eretiche”)
C’era da aspettarselo. Ad Atene non si erano
ancòra chiuse le urne, e già a Berlino e a Bruxelles iniziava la nuova campagna intimi-datoria:
la Grecia dovrà rispettare gli impegni, tuonavano
madame Merkel, il direttore della Bundesbank e
tutto il gotha dell’oligarchia eurocratica. Il tono
era una via di mezzo fra l’ultimatum della Wehrmacht e il “consiglio che non si può rifiutare” del
Padrino.
Poveretti, c’è da capirli. Il castello di carte
dell’Unione Europea frana miseramente, un bastione alla volta, ogni qual volta gli elettori siano
lasciati liberi di pronunziarsi. Anche la Costituzione Europea è stata bocciata clamorosamente nel 2005, quando è stata sottoposta a referendum in Francia e in Olanda. Dopo di che – è bene ricordarlo – questi insigni cultori della democrazia made in USA si sono precipitati a cancellare tutti i referendum già programmati in Cechia, Danimarca, Irlanda, Polonia, Portogallo,
Svezia e Inghilterra. I più furbi – e in prima fila
gli italiani – avevano accuratamente evitato il
referendum, limitandosi a fare ratificare la Costituzione dai rispettivi Parlamenti. Dal 2005, comunque, è stato tutto un susseguirsi di débâcles
nelle urne: dal referendum svizzero sull’immigrazione, alle recenti elezioni per il Parlamento
Europeo che hanno visto – fra i tanti guai – i
partiti antieuropei ottenere il primo posto in
Francia e in Inghilterra. E, adesso, questa tranvata in Grecia. È chiaro, a questo punto, che
l’Unione Europea non è voluta dai popoli, ma
soltanto da una minoranza di politicanti utopisti
e di banchieri attenti solamente ai saldi di bilancio e indifferenti ai problemi concreti della
gente.
Questo voto greco, peraltro, è pericolosissimo (per i poteri forti) perché ha due terribili
implicazioni, suscettibili di “contagiare” le altre
nazioni. La prima è la presa d’atto della assoluta
inconciliabilità di interessi fra Germania e soci,
da una parte, e dall’altra i paesi dell’Europa latina e mediterranea; con il conseguente materializzarsi di una scissione che vedrebbe
fatalmente la costituzione di quel
blocco revisionista che è stato talora
teorizzato su queste stesse pagine: oltre alla Grecia, anche Italia, Francia,
Spagna, Portogallo e forse altri.La seconda implicazione, assolutamente non gradita ai
padroni del vapore, è l’alleanza fra la sinistra
radicale di SYRIZA e la destra nazionale di ANEL:
segnale pericolosissimo per il “sistema” eurocratico, assolutamente non in grado di resistere all’urto
di una coalizione fra tutti i “populismi”.
Detto ciò, va anche detto che adesso la Grecia
dovrà affrontare la guerra finanziaria che le decreteranno tutti i poteri forti, i quali hanno la necessità
assoluta di dimostrare alle altre nazioni europee che
non è possibile scrollarsi di dosso il ricatto dell’usura finanziaria e che si deve continuare a pagare
senza ribellarsi. Pena – come nei romanzi criminali
– ritorsioni più pesanti. È un film già visto: in
Argentina, in particolare.
Alexis Tsipras, nei prossimi mesi, sarà posto di
fronte a un bivio: o curva la schiena e riprende la
politica di macelleria sociale, o il Fondo Monetario
Internazionale e l’Unione Europea sospenderanno i
prestiti necessari al governo di Atene per la spese
correnti. Dilemma ineludibile? Niente affatto. Per la
Grecia (e non solo per la Grecia) esiste una terza
alternativa: riappropriarsi della sovranità monetaria
e tornare a battere una propria moneta. Magari in
regime di doppia circolazione: la dracma per il mercato interno, e l’euro per il commercio estero e per i
pagamenti agli usurai.
In fondo, la politica è l’arte del possibile. E una
soluzione del genere è certamente possibile.
MICHELE RALLO
[Da “OPINIONI ERETICHE”]
___________________
Michele Rallo è stato segretario provinciale del Msi e Coordinatore
provinciale di AN. È stato eletto la prima volta nel 1994 alla Camera
dei deputati nel collegio di Trapani per il Polo del Buon Governo,
aderendo al gruppo di Alleanza Nazionale ed è componente della
Commissione Esteri. Viene rieletto nel 1996 per il Polo della Libertà
e fa parte delle commissioni Esteri, Politiche dell'Unione Europea,
Attività Produttive.Non si ricandida nel 2001 e torna agli studi
storici. Ha infatti pubblicato diversi volumi sulla storia contemporanea dell'Europa Orientale e dei movimenti nazionalisti tra le due
guerre mondiali.
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Antropos in the world
GROTTE E CAVITA’ DI
FAVIGNANA
(parte IV)
L'isola ha una superficie di circa 19 Km2 con
un'altezza massima di 310 m, la montagna Grossa o
Santa Caterina che è l'unico rilievo dell'isola, per il
resto piatta e bassa sul mare.
Salendo lungo la montagna di S. Caterina, si
giunge alla Fessura Nera, una serie di gallerie e
passaggi che portano ad un'ampia sala da cui si
dipartono due pozzi paralleli di una ventina di metri.
Sul fondo di uno di questi è stato reperita una serie di
cocci formanti un vaso di probabile fattura neolitica.
In zona S. Caterina sul versante Nord Est di
fronte a Levanzo, si aprono le due grotte Ficara II e
Ficara III ricche di graffiti paleocristiani e cocci.
In zona Punta Faraglione si apre la famosa grotta
delle stalattiti; la grotta comincia con uno stretto
cunicolo che porta in una caverna più vasta dove si
notano delle imponenti colate calcitiche. Sulla colata
principale si ritrovano parecchi fori di litodomi, e in
un angolo sopra una parete di concrezione liscia sono
state trovate tracce graffite, forse preistoriche.
Sempre in zona si apre la grotta degli Innamorati, alla quale si accede a nuoto; nella sala interna
sono molto suggestivi i giochi di luce che filtra da
sott'acqua.
Lungo il crinale della montagna grossa si ritrovano inoltre vari ingressi tutti alquanto angusti e
certamente non ben analizzati.
Presso il cimitero si trova la grotta del Crocefisso
che prende nome da un leggenda locale. Sempre
presso il cimitero si apre la grotta del Pozzo formata
da un ampio ambiente a cui si accede tramite un
corridoio di ingresso; la grotta è abitata da tempo
immemorabile.
In zona si trovava anche una famosa ed importante grotta preistorica, la grotta degli Archi, ora
completamente distrutta grazie a lavori di ristrutturazione per uso abitativo. Vicino alla ex grotta degli
Archi si apre la grotta della Stele che prende il nome
dalla presenza di un pilastro con delle incisioni molto
suggestive ed antiche.
In zona S. Nicola si trovano tutta un serie di scavernamenti, di massima scavati dall'uomo in tempi
remoti, adibiti per lo più ad abitazione.
Nella zona di cala S. Nicola si trova inoltre una
grotta completamente spalancata sulla battigia; la
grotta è ricca di firme, alcune delle quali coprono
graffiti forse anche molto antichi.
Molto note nell'isola e da citare prima di chiudere
sono la grotta delle Uccerie e la grotta Perciata.
Come osservazione generale, posso dire che - vista
la conformazione strutturale - le grotte sono per lo più
delle sorgenti di grossa portata, ora non più attive, e
sono orientate lungo la direzione Nord Sud, sintomo del
fatto che in tempi molto antichi il panorama in cui si
inseriva l'arcipelago dovesse avere tutt'altro aspetto.
In occasione dei lavori effettuati dalla Soprintendenza di trapani nel 2001 per l’ampliamento del
cimitero di Favignana, furono messi in luce delle
strutture murarie e pavimentazioni che sono testimonianza della presenza di rilevanti strutture nella
zona. In relazione con queste testimonianze e con il
porticciolo di San Nicola potrebbero essere l’area
sepolcrale di San Nicola e quella della Madonna,
recentemente scoperta6.
Queste consistono in gruppi di camere scavate
lungo le pareti delle cave di tufo più antiche formando
una complessa struttura cimiteriale ipogeica.
Gli ipogei sono composti da una o due camere
con tombe ad arcosolio monosomi o polisomi ed un
unico esempio di tomba “a baldacchino”7.
Queste tipologie funerarie, presenti a Favignana,
sono molto comuni a quelle presenti nelle catacombe
della vicina Marsala e dell’intera Sicilia, eccezion
fatta per la tomba “a baldacchino”, paragonabile
unicamente a poche eccezioni presenti nella Sicilia
orientale e a Malta. Questa tomba sarebbe quindi
testimonianza della grande vitalità dell’isola all’interno di una rotta marittima che comprendeva anche
l’isola di Malta.
Non esistono attualmente elementi che accertino la diffusione del cristianesimo a Favignana ma, la
posizione dell’isola all’interno delle rotte mediterranee e la datazione tra la seconda metà del IV e del V
sec del complesso, potrebbero far attribuire l’uso di
queste sepolture a comunica che praticavano il credo
cristiano.
Le Egadi, in questo periodo infatti, facevano
parte della diocesi di Lilibeo, una tra le più antiche e
solide comunità cristiane della Sicilia.
I resti di contrada Case Romane a Marettimo,
risalenti al periodo tardoantico, invece, secondo i
risultati recenti delle ricerche, non hanno restituito
alcuna testimonianza riferibile ad una eventuale
utilizzazione cristiana del sito.
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Antropos in the world
Una futura ed ulteriore indagine archeologica
nell’adiacente area, dove sorge la chiesetta bizantina,
potrebbe spiegare la presenza delle irregolarità nella
planimetria della chiesetta e fornire preziosi elementi
riguardo la possibile presenza di un edificio di culto
paleocristiano preesistente ad essa.
Dagli scavi archeologici aegusei sembrerebbe
che, in seguito alla vittoria di Roma nel 241 a.C.,
Favignana avesse comunque mantenuto i tratti
generali che caratterizzavano la sua civiltà di stampo
prettamente punico, fino al periodo paleocristiano
pur essendo assoggettati a Roma.
Le Egadi, quindi, subirono lo sfruttamento
economico e la dominazione militare, come testimoniato dal ritrovamento di monete romane, ma
conservarono la propria identità culturale. È quindi
probabile che i Romani rifiutarono ogni trasferimento definitivo sulle isole dell’arcipelago dove la
popolazione viveva ancora in ipogei, preferendo i
lussi e le comodità di luoghi vicini come Lilibeo.
Prova ne è la scarsa quantità di ritrovamenti architettonici di epoca romana e le testimonianze di una
forte presenza cristiana fin dalle prime persecuzioni
imperiali8. A differenza di Lilibeo, dove il cristianesimo non era molto diffuso, le isole divengono presto luogo in cui il nuovo verbo si diffonde
divenendo stile di vita comune.
La diversa visione degli abitanti di Lilibeo nel
servire la divinità, che spesso sfiorava il paganesimo
ricco di variopinte divinità, di adorazioni fenomenistiche e idolatriche, permise al cristianesimo di
penetrare in città con estrema difficoltà.
Mentre, infatti, l’impero romano viene scosso
dalla nuova concezione cristiana, a Lilibeo9 ne
persiste soltanto qualche focolaio. A Favignana, e in
generale nelle Egadi, il nuovo verbo di fratellanza e
amore tra gli uomini soppianta le divinità dei
cartaginesi e quelle dei precedenti influssi culturali
come messo in luce dalle numerose testimonianze
presenti nelle grotte dislocate in tutto il territorio
isolano.
Ipogei e cavità già usate dai Punici vengono
arricchite di nuovi segni tipici del periodo paleocristiano. Tanti sono i casi di reimpiego della stessa
grotta da civiltà diverse in tutta l’isola e numerosi gli
utilizzi di lettere di alfabeti diversi in una stessa
espressione.
La presenza cristiana nell’isola di Favignana è
quindi rilevata da vestigia, croci e scritture che
abbondano in quasi tutte le sue grotte.
Anche se le prime testimonianze cristiane sono
attestate fin dal I o II sec. nell’isola non è presente
alcuna chiesa fino al 1123.
La prima ad essere edificata nell’isola fu la
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Chiesa di San Giacomo, presso l’omonimo
castello, elevata da Ruggero II a seguito della
cacciata degli Arabi dalla Sicilia. Essa rimase per
alcuni secoli l’unico luogo di adorazione per i pochi
abitanti
dell’epoca che, nonostante la chiesa fosse stata
costruita ad uso esclusivo dei militari, lì partecipavano alle celebrazioni religiose dell’intera
collettività. La Chiesa di S. Giacomo venne chiusa
dal governo nel 1860 e al suo posto venne allestita
una piccola chiesa per i condannati.
Nel 1399 fu scoperta, da parte di un cavatore di
tufo sordomuto, l’effige del Cristo in una grotta a
Cala San Nicola. Tre anni dopo essa divenne la
Chiesa del SS. Crocifisso della Piana. La tradizione
riporta che il cavatore sordomuto10 ritrovasse la
parola.
Intorno al 1820, il facoltoso uomo d’affari
trapanese Coniglio fece erigere a sue spese una
vera e propria costruzione attorno alla grotta
rendendo il luogo irriconoscibile. Attorno a questa
chiesa, nel 1831, il comune di Favignana costruisce
l’attuale cimitero comunale. Negli anni successivi,
il susseguirsi di aggiustamenti e rifacimenti del
progetto originario portarono alla completa distruzione dell’effige di Cristo attualmente non più
visibile nel suo stato originario.
Le altre due chiese più antiche di Favignana
sono quella di S. Anna, costruita intorno al 1400, e
quella della Madonna della Piana, aperta al culto
della Vergine l’11 novembre 1620 e ubicata fuori
dal centro abitato, dai militari dimoranti a Favignana, per mostrarsi pellegrini come i Trapanesi
con il Santuario della Madonna dell’Annunziata.
Dott.ssa Paola LEO
[Da le grotta e l’insediamento
medievale di Favignana]
________________
6) Ad Ovest di Cala San Nicola.
7) Questa camera sepolcrale oggi non è più
visitabile poiché fortemente danneggiata dai
lavori degli abitanti.
8)SCARCELLA 1977, p. 48
9)Lilibeo verrà conquistata definitivamente al
Cristianesimo nel IV sec. d.C. ad opera del vescovo
Pascasino al quale il Papa Leone I, nel 444 d.C., si
rivolge per stabilire il giorno di celebrazione della
Pasqua ed, in seguito, nel 451 d.C., per rappresentarlo
al Concilio di Calcedonia attaccando aspramente
l’eresia di Nestorio
10)Altri affermano che si trattasse di un cacciatore alla ricerca
Antropos in the world
IL TEATRO ROMANO a cura di Andropos
La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e
ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità
elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Negli ultimi decenni della repubblica, si assiste a una
grande crescita di interesse verso il teatro, che ormai non coinvolge più solo gli strati popolari, ma anche le classi
medie e alte, e l'élite intellettuale. Cicerone, appassionato frequentatore di teatri, ci documenta il sorgere di nuove
e più fastose strutture, e l'evolvere del pubblico romano verso un più acuto senso critico, al punto di fischiare quegli
attori che, nel recitare in versi, avessero sbagliato la metrica. Accanto alle commedie, lo spettatore latino comincia
ad appassionarsi anche alle tragedie.
Il genere tragico fu anch'esso ripreso dai modelli greci. Era detta fabula cothurnata (da cothurni, le calzature con
alte zeppe degli attori greci) oppure palliata (da pallium, come per la commedia) se di ambientazione greca.
Quando la tragedia trattava dei temi della Roma dell'epoca, con allusioni alle vicende politiche correnti, era detta
praetexta (dalla toga praetexta, orlata di porpora, in uso per i magistrati). Ennio, Marco Pacuvio e Lucio Accio
furono autori di tragedie, non pervenuteci. L'unica praetexta ("Octavia") giunta fino ai nostri giorni è un'opera
falsamente attribuita a Lucio Anneo Seneca, composta poco dopo la morte dell'imperatore Nerone.
Il massimo dei tragici latini si ritiene sia stato Accio, il quale, oltre a scrivere una quarantina di tragedie
d'argomento greco, si avventurò nella composizione di due praetextae: Bruto e Decius, tratteggiando i caratteri di
due eroi repubblicani romani.
Seneca si distinse per lo spostamento del nodo tragico, dalla tradizionale contrapposizione tra l'umanità e le norme
divine, alla passione autenticamente sgorgata dal cuore umano.
Lucio Anneo Seneca: HERCULES FURENS (fabula coturnata - circa 20 d.C.)
Seneca, in latino Lucius Annaeus Seneca, anche noto come Seneca o Seneca il giovane (Corduba, 4
a.C. – Roma, 65), è stato un filosofo,drammaturgo e politico romano, esponente dello stoicismo. Seneca fu
attivo in molti campi, compresa la vita pubblica, dove fu senatore e questore, dando un impulso
riformatore.Condannato a morte da Caligola ma graziato, esiliato da Claudio che poi lo richiamò a Roma,
divenne tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della madre Giulia Agrippina Augusta.
Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò l'esecuzione di quest'ultima come male
minore. Dopo il cosiddetto "quinquennio di buon governo" (54-59), in cui Nerone governò saggiamente
sotto la tutela di Seneca, l'ex allievo si trasformò progressivamente in un tiranno, e Seneca, forse implicato
in una congiura contro di lui (nonostante si fosse ritirato a vita privata), cadde vittima della repressione,
costretto al suicidio dall'imperatore.Seneca influenzò profondamente lo stoicismo romano di epoca
successiva: suoi allievi furono Gaio Musonio Rufo (maestro di Epitteto) e Aruleno Rustico, nonno diQuinto
Giunio Rustico, che fu uno dei maestri dell'imperatore filosofo Marco Aurelio.
TRAMA DELLA COMMEDIA – La scena è a
SINOSSI:
Le tragedie di Seneca sono le sole
Tebe, durante l'assenza di Ercole impegnato
opere tragiche latine pervenute in forma non
nell'ultima delle Dodici fatiche. Lico ha approfittato
frammentaria, e costituiscono quindi una testimodell'assenza dell'eroe per usurpare il trono insidiando
nianza preziosa sia di un intero genere letterario, sia
Megara, consorte di Ercole.
della ripresa del teatro latino tragico, dopo i vani
Nel Prologo, Giunone annuncia la sua vendetta
tentativi attuati dalla politica culturale augustea per
contro l'odiato figliastro Ercole: lo farà impazzire e
promuovere una rinascita dell'attività teatrale. In età
così ucciderà la moglie Megara e figli avuti da lei.
giulio-claudia (27 a.C.– 68 d.C.) e nella prima età
Lico cerca di convincere Megara a sposarlo, e al suo
flavia (69–96) l'éliteintellettuale senatoria ricorse al
rifiuto, ordina l'uccisione di lei e dei suoi figli.
teatro tragico per esprimere la propria opposizione
Provvidenziale è l'intervento di Ercole, appena
al regime (la tragedia latina riprende ed esalta un
tornato dagli Inferi con Teseo: Ercole compie la sua
aspetto fondamentale in quella greca classica, ossia
vendetta uccidendo Lico.
l'ispirazione repubblicana e l'esecrazione della tiranMa la vendetta di Giunone si attua: Ercole perde la
nide). Non a caso, i tragediografi di età giulio-clauragione, e, scambiando i figli per dei mostri e
dia e flaviana furono tutti personaggi di rilievo.
credendo la moglie Giunone li uccide senza pietà
(raccapricciante è la descrizione della morte del
ASSOCIAZIONE LUCANA
figlio, col cranio fracassato e il cervello spappolato
“G. Fortunato” - SALERNO
sulle pareti). Quando rinsavisce si rende conto con
SEDE SOCIALE in Via Cantarella
orrore di ciò che ha fatto, e vorrebbe uccidersi.
Teseo lo blocca invitandolo a venire con lui ad
Atene, dove verrà giudicato dall'Areopago.
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Antropos in the world
UN ALIBI PER LE FRUSTRAZIONI
Racconto
Le mutate condizioni economiche e sociali, dovute ai
disastri della guerra, avevano trasformato, e non
poco, il tono di vita delle persone; restavano quelle
ordinarie manifestazioni che fanno parte della natura
stessa dell’essere umano.
Luigi, tipico esemplare del signorotto del paese,
aveva perso molto del suo patrimonio immobiliare e,
tra le macerie di ciò che gli rimaneva, aveva solo il
necessario per poter vivere; per sua fortuna, viveva
alquanto bene, perché il matrimonio dell’unica figlia
con un noto medico, lo esonerava dalle spese
quotidiane.
Ma l’istinto della natura non subì variazioni: da
qualche mese appariva agitato e ostentava una
malcelata inquietudine; divenuto vedovo, pensò di
profittare di siffatta situazione e decise di rendere
pubblico lo stato personale e così, un bel giorno, si
fermò in piazza e si trattenne presso la fontana:
“Don Luigi, avete il volto sconvolto, come mai?”.
“Non bastava il lutto, ora sono inseguito da sogni
inquietanti: già più volte in sogno, la buonanima mi è
apparsa e mi ha suggerito qualcosa… come dire…
Luigi non puoi vivere da solo, risposati”.
Le comari in coro: “E qual è il problema,
risposatevi!”.
Non appena Luigi voltò l’angolo della piazza, alla
fonte, le donne commentarono: “Ma davvero qual è il
problema? Ha sempre tradito sua moglie e, si sa con
chi, ora si fa scrupolo di continuerà a fare quello che
ha sempre fatto; non è mica vero che ha sognato,
voleva rifilarci la notizia di qualche proposito da
realizzare”.
Non passò molto tempo e Don Luigi si ripresentò alla
fonte e, sconvolto più che mai, apportò qualche
variazione al tema: “Questa notte ho sognato la cara
estinta che diceva: “Luigi, sposati! E questa volta mi
ha suggerito che avrei fatto bene a sposarmi con
Marianna. Posso compiere una simile azione? Ho
l’impressione di tradirla al solo pensiero di iniziare
una nuova storia d’amore”.
-Don Luigi non vi fate scrupolo, la cara moglie
conosce le vostre esigenze-.
-E avete ragione: dall’aldilà si conoscono anche le
cose di qua …-.
-Non incomodate il Paradiso, certe cose si sanno
anche di qua! -.
Luigi, fingendo di non aver capito, continuò: -Mi
amava tanto… certamente capirà! -.
L’ipocrisia, chissà perché, ha radici profonde e si
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abbarbica a quelle coscienze che, nel caso di trasgressione, richiedono la copertura delle proprie
malefatte.
Don Luigi, quand’era ancora viva la moglie, si
appartava con la Marianna in una baita di sua
proprietà e, pur sapendo di essere spiato, fingeva di
essere l’uomo integerrimo, da tutti riverito ed ossequiato: i sogni erano l’alibi delle sue numerose
frustrazioni.
Desiderava la complicità per quella forma di
scompenso affettivo dovuto alla carenza del calore
dell’amicizia.
Dalla rivelazione dei sogni, Don Luigi si sentì
libero per aver tacitato la propria coscienza e
ritenne valido il sardonico sorrisetto delle pie
donne.
Accadde un giorno che una delle comari a cui il
signorotto aveva negato alcuni piaceri, con l’intento
di attuare una piccola vendetta, raccontò di aver
sognato la defunta consorte di Don Luigi : Ascoltatemi, - disse - e poi suggeritemi quale
dovrà essere il mio comportamento: ho sognato la
defunta signora di don Luigi: era in un giardino,
aveva il volto della disperazione e piangeva; prima
che le domandassi alcunché mi ha detto che Luigi
non avrebbe dovuto giacere con la Marianna-.
In pratica, anche questo sogno faceva parte
dell’apparato scenico della vita di paese; non ci fu
bisogno di dare consigli alla sognatrice, perché non
appena Don Luigi comparve tutte ammutolirono e
quindi: “Stavate parlando di me e certamente non
bene, altrimenti avreste continuato a ciarlare, come
fate sempre”.
-In verità, è stato detto che la buonanima di vostra
moglie è apparsa in lacrime perché voi avete
giaciuto con la Marianna-.
Luigi non si scompose e con il suo abituale cinismo
disse:-Tranquillizzatevi, i sogni sono solo proiezioni dei nostri pensieri che durante il sonno, privi
di controllo, descrivono ciò abbiamo fatto o che
desideriamo fare-.
Dopo di che, come se niente fosse successo, fece
ritorno dalla Marianna.
Egidio Siviglia
Ἄνθρωπος μικρὸς κόσμος.
Ànthrōpos mikròs kòsmos
"L’uomo è un microcosmo." – Democrito
Antropos in the world
LIBERTA’ DI STAMPA
Anche quando viene chiusa la bocca,
la domanda resta aperta. (Stanislaw Jerzy Lec)
La libertà di stampa è il mantra di questo periodo successivo alla strage di Charlie Hebdo, che
ha visto riuniti nel centro di Parigi migliaia di
cittadini in un maestoso corteo preceduto da capi di
Stato e premier, alcuni dei quali al potere in Paesi
che brillano per mancanza di democrazia e di
libertà.
Essa è una delle garanzie di ogni Stato di diritto,
assieme agli organi d'informazione (giornali, radio,
televisioni, provider internet).
In Italia è sancita dall'art. 21 della Costituzione, il
quale fissa anche dei limiti,che rientrano principalmente nei reati d'opinione (ad es. apologia di
reato) e in quelli contro la morale.
Il nostro codice penale, inoltre, prevede i reati di
ingiuria,diffamazione, calunnia e vilipendio (del-la
Repubblica e del suo Presidente, delle istitu-zioni
costituzionali e delle forze armate, alla nazione
italiana, alla bandiera italiana o di Stato estero,
della religione, delle tombe e di cadavere).
In base a queste leggi – tanto per riportare qualche
esempio a noi più vicino - è stato condannato il
Direttore de Il Giornale Sallusti (i carabinieri andarono a prelevarlo in redazione, mentre lavorava
con i suoi collaboratori), per un articolo non suo e
per una rettifica mai richiesta; l’on. Storace ha
avuto sei mesi di carcere per aver offeso il Presidente Napolitano e per una vignetta che ritraeva
lo stesso Presidente che si pappava l’Italia a forma
di pizza napoletana insieme ad altri uomini politici
fu incriminato il giornale Libero. L’on. Calderoli
fu incriminato per aver chiamato “Orango” la
collega Kyenge. D’Alema querelò Forattini per una
vignetta sull’affare Mitrokhin chiedendo tre miliardi di lire (!).
Nella stessa laica Francia, il giorno dopo la strage
di Parigi, fu arrestato un comico per apo-logia di
terrorismo. Il tribunale di Nanterre vietò la pubblicazione di foto con le tette della principessa Kate.
Sempre in Francia, dove tutti si sono dichiarati
“Charlie”, sono state fermate dalla polizia persone
“per tenuta contraria ai buoni costumi” per aver
indossato una maglietta in difesa della famiglia
tradizionale e fu licenziato
-7-
per “antisemitismo” un disegnatore per
aver preso in giro il figlio di Sarkozy
che aveva annunciato di convertirsi
all’ebraismo. Di recente ha sollevato
una generale levata di scudi una vignetta sul ministro delle finanze tedesco in chiave nazista su un giornale greco.
Ricordo, ancora fra i tanti esempi, l’iniziativa
intrapresa proprio da Carlie Hebdo nel 1999 di
una raccolta di firme per chiedere al Mistero
dell’Interno lo scioglimento del Front Nazional.
Premesso che in nessuno di questi episodi c’è
scappato il morto o avvenuta una strage e che
quella di Parigi è da condannare senza se e senza
ma, sorgono spontanee alcune domande: “Se è
vietato colpire una persona, un uomo polito, un
presidente, un sovrano, uno Stato è possibile invece offendere una divinità, un Santo o Maometto?” (quest’ultimo è il “Sigillo dei Profeti” per
tutti i musulmani, moderati e immoderati); “Esiste
il rispetto delle persone e della loro sensibilità
umana e religiosa?”; “C’è un diritto di blasfemia?”; “C’è una libertà di offendere?“ ; “La libertà
di esprimersi in ogni forma e su ogni soggetto non
è essa stessa un fanatismo?”.
Se, poi, per satira deve intendersi “quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che
ha lo scopo di indicare alla pubblica opinione
aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di
ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale
di carattere etico, correttivo cioè verso il bene>
(Corte di cassazione), quale manifestazione di
pensiero esprime la vignetta del Tricliclo che
ritrae la Trinità in un rapporto anale? O quella
che ritrae Maometto nudo in posizione prona con
cameraman dietro di lui che lo ritrae; sopra la didascalia “Il film che imbarazza il mondo musulmano” e Mometto che dice “Le mie natiche? Ti
piacciono le mie natiche?”, o quella che afferma
essere il Corano di merda?
A me la vignetta sulla Trinità - volgare, squallida, blasfema, schifosa, gratuita - non ha fatto
ridere, non ha ottenuto un esito finale etico, né,
ancora, se l’umorismo non è per Wittgenstein un
Antropos in the world
stato dello spirito, ma una visione del mondo, ha
fatto emergere una qualche visione del mondo; ha
creato, invece, disagio, amarezza, offesa, schifo,
rabbia, sentimenti che avrà provato sicuramente
anche il musulmano nel vedere le vignette su
Maometto ed il Corano.
“A che pro – ha affermato il sindaco di Londra
Jolnson – recare offesa gratuita a una religione o a
un gruppo etnico. Oggi la libertà di parola riconosce limiti invalicabili, molti dei quali tutelati
dalla legge”.
C’è da osservare a questo punto che il sottoscritto,
come i cristiani in genere, rimane inerte, mentre i
musulmani, che hanno più fede di noi, reagiscono
in tutto il mondo, ed una paio di “martiri” su un
miliardo e mezzo di fedeli che reagiscono con le
armi, purtroppo, si trovano sempre.
Vorrei concludere riportando qualche altra dichiarazione di chi ritiene che anche la preziosissima
libertà di stampa abbia dei
limiti, come sopra visto.
“Il rispetto profondo
per le credenze, i testi,
i grandi personaggi
e i simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della
convi-venza pacifica dei
popoli” (Padre Lombardi).
“ Il rispetto del sentimento del
sacro e della figura dei grandi
uomini
che hanno dato forma storica alla rivelazione di
Dio, fa parte del bagaglio che ogni civiltà dovrebbe avere. Non si trattai infatti di condividerlo
ma appunto di rispettarlo […] Condividiamo il
valore della critica, del dissenso e perfino della
satira […] non possiamo però condividere e
accettare la licenza e la bestemmia che turbano le
coscienze e rendono problematici e conflittuali i
rapporti fra gli uomini” (Comunicato stampa UCOII 2006). Famoso è poi il pugno che il Santo
Padre darebbe a chi offende sua Madre, la Chiesa.
Queste voci potrebbero sembrare di parte, perciò
ecco una voce che viene, manco a dirlo, da sinistra,
dalla parte cioè buonista, politically correct: “Siamo sicuri che è nostro diritto dire qualsiasi cosa?
Su questo ho qualche dubbio. Se esiste la mia
libertà esiste anche quella dell’altro. Bisogna fare
satira in modo sostenibile” (Laura Boldrini).
Renato Nicodemo
-8-
Di Noris Roberts
Había perdido
Ti ho perduto anche senza averti avuto
Oggi raccolgo, nella sera, l’eterno pellegrino
di un bacio che mi porta ad affogare nel
ricordarti.
Dopo la ingenita di un sentiero incerto provo a
rimettere insieme le parole di un poema mutilato,
occulto, tra gli influssi del passato,piangendo a capo
chino.
Nell’asfalto della mia solitudine si fa scuro il sorriso
nelle mie labbra trovandomi di fronte all’abisso del
mio triste passato,e chissà come mai ho pensato
che il nostro non era vano.
Pieno di presagi provai a vivere l’amore al tuo
fiancoe oggi i miei occhi emanano il pianto tanto
amaro.
Ti ho perduto senza averti avuto, in una parentesi
nostalgica e demente e tutt’ora continui ad essere
un servo nella mia mente fino all’ora precaria della
mia morte.
Ti ho perduto senza averti avuto, perché dopo tanto
amore si oppone tra i due un abisso di oscuro
punteruolo nel paesaggio agreste del nostro cuore
Oggi, nelle candide sere,
ti ricordo con l’avidità della rugiada nel mio
letto cercando di tenerti stretto nei miei sogni,nel
rossore dei miei baci anche se il mio corpo lo copri
di gelide ventate invernali e senta quindi che fu
lontano il tempo nel quale di avevo dato i miei
sentimenti.
Ti ho perduto senza averti avuto.
_________________
Poetessa venezuelana
Antropos in the world
L’AUTORE DEL MESE:
TOMMASO GUARDATI
( IV parte )
Da “Masuccio in teatro”di Franco Pastore - ISBN IT\ICCU\NAP\0646027 – pag.16-18
Presso le Librerie universitarie di Padova, Pavia, Napoli, Modena e Roma
Dietro le continue professioni di insufficienza
linguistica e di rozzezza espressiva si intravvede chiaro l'orgoglio di uno scrittore, che si pone come esternatore dei valori della dinastia aragonese, in opposizione all'oralità delle prediche dei frati degli Ordini mendicanti, infidi per
scarsa moralità o forse per scarsa fedeltà agli
Arago-nesi. Eloquenti, in tal proposito, i prologhi
a ciascuna delle cinque parti ed il Parlamento
che chiude l'opera. Degni di nota i prologhi dispari. Il primo introduce l'intero novelliere affidandolo alla protezione di Ippolita Maria Sforza,
con la preghiera di inserire il Novellino1 nella
sua biblioteca,dopo averlo magari ripulito da "le
molte rugine e da le sue superfluità".
All' interno del testo, sull'esempio dell'introduzione alla quarta giornata del Decamerone, è
contenuta una novella.
Il Parlamento, seppure con inflessioni tragiche, dà un tono di compiutezza formale al
libro, chiudendo l'opera con la novella, su Serse
e il suddito contadino, che metaforicamente, come la prima, presenta il Novellino come un dono modesto ma affettuoso a Ippolita Maria Sforza, nonché una battagliera apologia dei suoi attacchi contro i falsi religiosi.
Il prologo alla terza parte sottolinea la sua
posizione centrale,con la visione bucolica in cui
il protagonista è Masuccio medesimo, guidato
da un “eloquentissimo dio", Mercurio, in cui
Nigro ha voluto vedere la figura del Pontano.
Masuccio s'addentra in un bosco che simboleggia il "putrido, villano e imperfettissimo sesso
muliebre" (Novellino, p. 180), oggetto appunto
della terza parte. Lungo questa selva oscura (si
pensi al "laberinto d'amore" del Corbaccio boccacciano) Mercurio indica a Masuccio le orme
del "vetusto satiro Iovenale" e del "famoso commendato poeta Boccaccio" e lo sprona a seguirle. Lo informa quindi che nel mezzo del bosco sorge "il sacrario della pudicizia", locus
amoenus e di ottima architettura umanistica, riservato alla dedicataria del libro Ippolita Maria
-9-
Sforza e alle cognate Eleonora e Beatrice
d'Aragona, le cui virtù, simboleggiate da una
bandiera con un ermellino e il motto "Malo mori quam foedari", in riferimento all'Ordine dello
Ermellino fondato da Ferdinando I, le innalzano al di sopra di ogni imperfezione femminile.
Se i prologhi istituiscono un legame con le
figure più eminenti del potere, gli esordi premessi alle singole novelle, nell'insieme disegnano,in modo capillare,un'ampia galleria di
personalità della corona e della corte aragonese.
La fedeltà alla dinastia aragonese di Masuccio, infine, traspare dall'ambientazione medesima delle novelle. Ventitré sono ambientate nel Regno di Napoli, soprattutto a Napoli
e Salerno. La Sicilia offre l'ambientazione a tre
novelle, il resto d'Italia a tredici. All'estero, infine, si svolgono le prime e ultime novelle della
raccolta.
(Continua)
Antropos in the world
LA DONNA NELLA STORIA - A cura di Andropos -
CATERINA UNTERVERGER
(1830 - 1898)
Una pioniera nella storia di un’arte che nell’800 muoveva i primi passi.
Uno sguardo ad una professione che fu anche veicolo di emancipazione
Si è spesso sottolineato giustamente che negli anni
in cui si assistette allo sviluppo della fotografia, la
situazione culturale e sociale delle donne era tale da
rendere loro difficile l’accesso alle principali attività
artistiche profes-sionali. Poche artiste riusciranno a
emergere nella seconda metà dell’Ottocento, e
ancora meno saranno le fotografe. Oltre alla condizione culturalmente svantaggiata delle donne, occorre tenere presente che la fotografia, negli anni del
collodio umido, richiedeva precise competenze non
solo artistiche ma soprattutto chimiche. Le macchine
erano pesanti, le attrezzature complesse, i solventi
chimici per lo sviluppo pericolosi e difficili da
maneggiare. Per di più occorreva spostarsi sempre
con un’ingombrante camera oscura portatile (quale,
ad esempio, quella perfezionata da Giovanni Battista
Unterveger). Solo a partire dal 1871 le nuove lastre
alla gelatina-bromuro d’argento, grazie alla loro
praticità, soppiantarono il collodio con tutta la sua
complessità d’uso: un’innovazione che in teoria
avrebbe potuto permettere alle donne un più facile
accesso alla professione. Ma all’epoca tale professione richiedeva anche l’apertura di uno studio, con
quel che ne conseguiva: capacità imprenditoriale,
possibilità di investimento economico… Tutte
condizioni che inevitabilmente rendevano difficile,
per non dire impossibile l’emergere di donne fotografe come professioniste dotate di una loro
visibilità e autonomia. Oltretutto bisogna ricordare
che, nella seconda metà dell’Ottocento, lo statuto
della fotografia non era ancora ben definito, tanto da
rendere difficile la sua collocazione: fra le arti o fra
le tecniche. Ebbene, la propensione generale era
quella di vedere in essa una pratica industriale o
artigianale. Non tutti ovviamente erano d’accordo. E
infatti, già nel 1852, Gustave Le Gray protestava:
“Mi auguro che la fotografia invece di ricadere
nell’ambito industriale o del commercio, rientri
piuttosto in quello artistico. Qui è il suo unico vero
posto.” Ma Le Gray rappresenta un’eccezione. E in
ogni caso lui operava in Francia, dove la situazione
artistica e sociale era decisamente più avanzata
rispetto all’Italia o allo Impero austro-ungarico.
Infatti in questi due Paesi – vale a dire quelli in cui
si trovò a vivere e lavorare la nostra Caterina
Unterveger – la fotografia continuava a essere un
mezzo artigianale, adatto per documentare la realtà e
riprodurre in modo efficace le opere d’arte. Poco
propensi a lanciarsi in originali avventure creative e
stilistiche, i fotografi italiani e austro-ungarici erano
in larga maggioranza impegnati a svolgere con
perizia il loro mestiere. Più che seguire le correnti
artistiche europee cercavano di tenersi sempre
aggiornati in merito alle innovazioni tecniche che si
susseguivano con grande rapidità. Invece di affannarsi a creare immagini originali e quindi ben riconoscibili grazie a particolari cifre stilistiche autoriali,
apparivano più prosaicamente dediti a costruire un
archivio di buone fotografie adatte per la vendita,
come dimostrano i grandi atelier fotografici che si
aprirono in tutta la Penisola, compreso quello degli
Unterveger di Trento. In tali atelier lavoravano
allievi e dipendenti abituati a seguire i precetti tecnici
ed estetici del fondatore con una cura tale da rendere
spesso difficile una chiara distinzione dei diversi
contributi. In sintonia con la cultura positivista dell’Ottocento, la fotografia veniva utilizzata e apprezzata come uno strumento capace di documentare
opere d’arte, monumenti, paesaggi naturali, con
maggior veridicità e minor costo e rispetto all’opera
dei pittori e degli incisori che in precedenza si erano
cimentati su quegli stessi temi. Queste fotografie
documentarie richiedevano, di conseguenza, l’adozione di precise regole visive, così da evitare deformazioni prospettiche o “bizzarrie” estetiche o
espressive: la distanza tra il fotografo e il monumento doveva risultare all’incirca il doppio
dell’altezza dello stesso; le linee non dovevano
essere oblique o cadenti; le vedute panoramiche
mai troppo elevate, così da mantenersi in sintonia con i codici rappresenta-tivi dell’epoca. Di
Caterina, grazie al testo del pronipote, si ricordano,
oltre al 'carattere bizzarro" ed allo 'spirito inquieto",
le diverse occupazioni, l'impiego come cameriera a
Brescia, l'emigrazione in Brasile - da cui scriverà un
'reportage" per la 'Voce Cattolica" nel 1876- e,
tornata in Italia, le numerose attività commerciali:
dall'invenzione del famoso liquore, all'apertura di
una cartoleria a Brescia con vendita di articoli religiosi e lastre fotografiche, allo svolgimento di attività
come fotografa.
- 10 -
Antropos in the world
DA TRAPANI
RIECCO IL JOB ACT – ORA E’ IN GARA
CON CHI LE SPARA PIÙ GROSSE
Renzi – oramai lo sanno anche i renziani – basa
tutta la sua azione politica sul cosiddetto “effetto
annunzio”. Una riunione del Consiglio dei Ministri,
un bel Disegno di Legge (cioè una bozza, non una
legge), una bella conferenza stampa (rigorosamente
in maniche di camicia per far vedere che lui non
tiene alle forme), e sùbito dopo una saccata di
ospitate tv: prima c’è il Porta-a-Porta d’ordinanza,
poi le “faccine” del Pomeriggio di Barbara D’Urso,
Che-tempo-che-fa con Fazio e la Littizzetto, la
Mezz’Ora dall’Annunziata, e altre minori; le uniche
trasmissioni tralasciate – fino a questo momento –
sono state il Grande Fratello e l’Isola dei Famosi.
È smargiassata, è presunzione, è voglia di comparire in tv, di pavoneggiarsi? Forse. Ma più probabilmente si tratta di una ben determinata strategia
comunicativa, frutto di un preciso approccio scientifico. Ne trovo conferma in un pepato instant book
appena uscito: “Il lato B di Matteo Renzi” di Enrica
Perucchietti, per i tipi di Arianna Editrice. «Renzi –
scrive la Perucchietti citando il blog di Giovanna
Cosenza – non fa una sola promessa alla volta, ne fa
due, tre, cinque, dieci, a raffica. In questo modo
ottiene due effetti: da un lato conferma e rinforza
l’immagine di velocità con cui è andato al governo;
dall’altro è più facile che gli ascoltatori si
confondano e dimentichino i dettagli di ciascuna
promessa, inclusa la data di scadenza.»
A proposito di promesse a raffica. Ad un anno esatto
dall’insediamento del governo Renzi, Beppe Grillo
elenca sul suo blog le principali fra le tante
promesse del Vispo Tereso. Il leader pentastellato ne
enumera 14. Di queste, 13 risultano totalmente
disattese, ed una soltanto (quella degli 80 euro)
parzialmente mantenuta; parzialmente, perché la
promessa di estendere il beneficio ai lavoratori
autonomi, ai pensionati e agli “incapienti” è andata a
farsi bene-dire. Si dirà che quella – sia pur rabberciata – degli 80 euro non è poca cosa. Concordo:
è un capolavoro di prestidigitazione. Ti do 80 euro
in busta paga, e contemporaneamente te li sfilo dalle
tasche senza che tu te ne accorga. Dove sta il trucco?
Nel fatto che non è il prestigiatore a levarti il denaro
di tasca, ma un altro soggetto: le Regioni, o più
spesso i Comuni, cui il giocoliere ha tolto anche gli
ultimi spiccioli, costringendoli così al borseggio per
poter sopravvivere.
E non solo. Ma nello strangolare gli Enti Locali (e
nello spingerli al taccheggio) il “mago” è stato
talmente bravo da ottenere l’approvazione dei destinatari finali della magagna: i contribuenti, distratti da
un altro trucchetto da baraccone, quello della lotta ai
privilegi dei politici locali. Come se disporre dell’indispensabile per far funzionare un Comune fosse
un “privilegio” da sottrarre ad una “casta”; una casta
– quella di Sindaci ed amministratori locali – che
viene ormai utilizzata come parafulmine, su cui far
convergere la rabbia di una popolazione ridotta alla
fame. Sia come sia, bisogna riconoscere che il trucchetto degli 80 euro ha funzionato: è servito a far
prendere al PD il 40,8% dei voti alle europee.
Adesso è in atto un’altra spregiudicata operazione
di manipolazione mediatica, quella del Job Act. Una
porcheria che serve a facilitare i licenziamenti
ingiustificati (ingiustificati, si badi bene) e che viene
gabellata come una misura salutare per l’economia,
una riforma (altra parola-truffa utilizzata per nascondere un cambiamento in peggio) del mercato del
lavoro che produrrà nuova occupazione. E – a questo
punto – giù una gara a chi spara i numeri più grossi.
Ne sono protagonisti, oltre al Piccolo Imbo-nitore
Fiorentino, anche il ministro dell’Economia, Padoan,
e quello del Lavoro, Poletti, supportati anche dai
compagnoni dell’OCSE, quelli che teorizzano
tormenti da Santa Inquisizione col sorriso sulle
labbra. 50.000, no 100.000, no 200.000 nuovi posti di
lavoro nel 2015; qualcuno ha sparato addirittura
900.000.
Fesserie a parte, devo dire che anche questo
trucchetto – come quello degli 80 euro – è stato
studiato con grande maestrìa, e funzionerà, anche se
soltanto nel breve periodo. Il perché ce lo spiega
Stefano Fassina, il guru della sinistra PD: «Il previsto
aumento dei contratti a tempo indeterminato ci sarà
non grazie alla cancellazione dell'articolo 18, bensì
per effetto del taglio dei contributi per tre anni per i
neoassunti nel 2015. Una misura che costa tantissimo
e che, date le condizioni della nostra finanza
pubblica, non sarà ripetibile.» Nel 2015, quindi,
l’occupazione aumenterà. Ma non certo perché il Job
Act sarà riuscito ad “attrarre investimenti”; ma, molto
più semplicemente, perché il temporaneo abbattimento dei contributi, spingerà le imprese ad assumere. Non solo.
- 11 -
Antropos in the world
Ma, se la congiuntura internazionale continuerà ad
essere favorevole (per esempio, se il prezzo del
petrolio continuerà a scendere per mettere in
difficoltà Putin) ci potremmo addirittura trovare di
fonte ad un aumento del PIL, che il Pifferaio
dell’Arno potrà spacciare per un effetto delle sue
miracolose “riforme”.
A proposito. Per comprendere esattamente quanto
di negativo si nasconda dietro questa definizione,
basti pensare che il braccio-di-ferro tra la Grecia e i
suoi aguzzini che è in corso in questi giorni, verte
proprio su questo argomento: la Banca Centrale
Europea è disposta a dare altri quattro mesi di respiro
all’economia ellenica soltanto a patto che Tsipras si
impegni a fare “le riforme”, cioè a continuare a
strangolare il suo popolo.
La differenza con la situazione italiana è evidente:
noi abbiamo un Presidente del Consiglio che “le
riforme” vuol farle da solo, senza nemmeno che i figli
di troika ci ricattino. E noi abbiamo un popolo che
crede ancora alle favole.
M.Rallo
L’ANGOLO DEL CUORE
ALL’ALBA Aυγής
di Franco Pastore
In u n m a r e d i c a r t a ,
seppellendo il mio “io”,
tutto il dolore mitigo
della tristezza mia.
Vivo, ora, di ombre,
di tremori di stelle,
avanzando a stento
tra le foglie morte
e le raffiche di vento.
All’alba, solamente,
d’ogni giorno,
quando scompare
la tomba della notte,
apro le porte e …
mi guardo intorno.
BRONTOLO
IL GIORNALE SATIRICO DI SALERNO
__________
Da “ I ricordi del tempo”
© 2015 by Franco Pastore - Una realizzazione A.I.T.W.
- 12 -
Direzione e Redazione
via Margotta,18 - tel. 089.797917
Antropos in the world
DALLA REDAZIONE DI BERGAMO:
Le Bibbie a stampa delle biblioteche
E’ possibile ricostruire una storia delle illustrazioni
delle Bibbie, stampate dal 1475 al 1600, conservate
nelle biblioteche di Bergamo. Si tratta di 171
edizioni, catalogate e accessibili alla pubblica
consultazione, per 220 esemplari, di cui 37 sono del
‘400, 133 del ‘500 e 50 del ‘600.
Alla Biblioteca Civica “Angelo Mai” appartengono
130 delle 171 edizioni attestate a Bergamo; alla
Biblioteca del Clero di S. Alessandro e alla
Biblioteca del Convento dei Cappuccini di Bergamo
13 edizioni; alla Biblioteca S. Giacomo dei Padri
Benedettini di Pontida 8 edizioni; alla Biblioteca
del Seminario Vescovile 7 edizioni.
Su 220 esemplari, inoltre, solo sedici sono le Bibbie
in italiano, mentre le altre risultano scritte in greco,
latino ed ebraico, poiché con il Concilio di Trento la
Bibbia in lingua italiana venne, se non proprio
proibita, certamente sottoposta a rigidi controlli da
parte dell’autorità ecclesiastica.
Cifre che, se pur riferite ad un contesto locale,
riflettono con una certa fedeltà il quadro generale
della diffusione della Bibbia a stampa dal XV al
XVII secolo. Oltre all’attestazione di un buon
numero di Bibbie del ‘400 - è noto che il primo
vero libro stampato da Gutenberg fu una Bibbia
latina, iniziata a Magonza, nel 1453, e ultimata nel
1455-1456 - risulta essere il ‘500 il secolo per
eccellenza della Bibbia, mentre nel ‘600 il numero
tende a ridursi drasticamente.
A tracciare questo affascinate percorso di studio è la
bella mostra, allestita nell’atrio della Civica Biblioteca “Angelo Mai” di Bergamo, aperta al pubblico
fino a metà febbraio.
Il percorso espositivo della mostra si riferisce allo
studio e catalogazione di questo materiale librario,
effettuato e pubblicato da Giulio Orazio Bravi (ex
direttore della Civica Biblioteca “Mai”), che da
decenni si occupa di questo prezioso patrimonio
librario.
Nel 1480, a poco più di venti anni dall’invenzione
della stampa ad opera di Gutenberg e dei suoi soci,
in oltre 110 città dell’Europa occidentale sono in
attività officine tipografiche. Fra queste un ruolo
importante è svolto dalla città di Venezia, che grazie
alla felice posizione geografica, alla ricchezza e alla
straordinaria vivacità intellettuale diviene la capitale
europea degli stampatori e dell’arte tipografica.
“ A Venezia la Bibbia latina fu pubblicata nel ‘400 in
ventuno edizioni; di queste, ben 17 edizioni
appartengono al patrimonio librario delle biblioteche
di Bergamo – precisa Giulio Orazio Bravi-, un numero significativo, che permette di seguire il progresso compiuto dagli stampatori ed editori veneziani
nel migliorare la presentazione del testo con l’inserimento di nuovi elementi introduttivi e apparati critici,
nonché con il ricorso a nuove forme di illustrazioni, le
silografie, in sostituzione delle miniature”.
Si stabilisce così un’alleanza fra libro a stampa e
silografie, che consente di allargare enormemente la
diffusione del libro e determina, nel corso dei secoli,
un’evoluzione di stampo grafico-decorativo delle
illustrazioni contenute nelle Bibbie a stampa”.
Nel contesto quattrocentesco, si possono così
individuare due modelli ricorrenti nella produzione a
stampa della Bibbia: da una parte, la Bibbia di grande
formato in lingua latina, destinata ad un pubblico
erudito di teologi e studiosi, dotata di un apparato
ponderoso di commento e con silografie di pregio
artistico, a supporto didattico per la comprensione
critica del testo; dall’altra, la Bibbia a stampa, in
lingua italiana, con illustrazioni di gusto popolare a
carattere prevalentemente aneddotico, destinata ad un
pubblico più vasto.
Si può citare, a questo proposito, la Bibbia illustrata
di Luca Antonio Giunta, pubblicata a Venezia nel
1490 (con numerose riedizioni), in italiano, ispirata al
modello nordico della Bibbia di Colonia del 1480. Le
raffigurazioni sono costituite da silografie di contorno
lineare, caratterizzate da un fare spigliato e narrativo.
Sono presenti nel testo dettagli di gusto realistico,
come nella raffigurazione del cane (allegoria della
fedeltà e della dimensione domestica), accovacciato ai
piedi di re Salomone addormentato, in apertura del
Libro dei Proverbi.
Sul versante opposto, si colloca la Bibbia in latino
di Ottaviano Scotto, pubblicata aVenezia nel 1489.
Destinata a teologi ed eruditi, l’opera presenta al
centro il testo biblico, contornato dal fitto apparato di
commento del francescano Nicolò da Lyra. Le
silografie risultano di tipo didascalico, finalizzate alla
comprensione critica ed approfondita del testo.
Da segnalare, in particolare, la presenza in questa
edizione di una doppia illustrazione, in riferimento
- 13 -
Antropos in the world
ad alcuni episodi biblici, come nella rappresentazione dell’Arca di Noè o del Tempio di Salomone.
Episodi che vengono figurativamente spiegati
attraverso una duplice matrice interpretativa:
secondo la tradizione latina cattolica e secondo la
tradizione ebraica rabbinica, a dimostrazione della
grande apertura della cultura europea del tempo.
“ Nel Cinquecento, con l’irrompere della “questione
biblica” sollevata dalla Riforma protestante, e
prima ancora da umanisti e filologi, - spiega Giulio
Orazio Bravi - ci fu, soprattutto nella prima metà
del secolo, una considerevole produzione di edizioni
bibliche nelle lingue originali, l’ebraico e il greco,
di edizioni con nuove versioni latine, in alternativa
alla Volgata di san Girolamo, di edizioni della
Bibbia tradotta nelle lingue moderne. La Bibbia
divenne così motivo di intenso e polemico dibattito
teologico, ma soprattutto suscitò nella Chiesa un
profondo rinnovamento”.
In questo contesto, si inserisce la pubblicazione nel
1511 della Bibbia di Luca Antonio Giunta, che
utilizza per il Vecchio Testamento le vignette del
1490, mentre nel Nuovo Testamento propone una
nuova serie di immagini, che si aprono con una
Natività di grande suggestione, giocata sull’unitarietà compositiva e sull’ombreggiatura.
Un’altra importante edizione è la Bibbia del 1532 (
più volte ristampata fra il 1540 e il 1546) di Luca
Antonio Giunta, in italiano, commentata da Antonio
Brucioli. Sul frontespizio, a riquadri prospettici, è
riprodotta in alto la storia dei progenitori, la caduta
e la cacciata dal Paradiso Terrestre (all’origine della
storia dell’uomo), mentre al centro sono inserite
immagini speculari che incorniciano il testo scritto,
che devono essere lette sulla base dell’interpretazione del Vecchio Testamento come prefigurazione allegorico-figurale del Nuovo Testamento.
Nel 1564 questa edizione della Bibbia fu messa
all’Indice per la presenza di elementi figurativi
antipapali e antiromani nelle immagini dell’Apocalisse, ripresi forse dalla versione latina di Erasmo
da Rotterdam.
A partire dal terzo decennio del ‘500 succede un
fatto nuovo: va in declino l’editoria veneziana e
prevale quella lionese. Il fenomeno è attestato anche
a Bergamo nella Bibbia del 1558, illustrata da
Bernardo Salomon, che presenta raffigurazioni di
gusto manieristico.
Solo dal 1571 l’editoria veneziana torna ad essere
dominante, ma con una forte dipendenza dalla
produzione estera, soprattutto lionese, come è
riconoscibile nell’edizione veneziana della Bibbia di
Simone Bevilacqua, datata 1576.
Si approda quindi al Seicento, secolo in cui si assiste
all’ufficializzazione operata nelle diverse Chiese
confessionali delle principali ed autorevoli edizioni
bibliche del Cinquecento. Nell’ambito delle edizioni
bibliche, il Seicento si conferma come il secolo
dell’Ortodossia e tutto questo si riflette anche sull’apparato iconografico e figurativo delle Bibbie
illustrate, che acquistano un carattere controriformato.
Questo fenomeno è chiaramente leggibile nel
frontespizio della Bibbia pubblicata nel 1669 da
Clemente VIII, come pure nella Bibbia di Colonia del
1630, pubblicata da SistoV, e nella Bibbia di Lione
del 1680.
Il dottor Giulio Orazio Bravi conclude questo lungo
excursus con l’immagine del frontespizio di una
Bibbia di Lutero del 1696, conservata a Bergamo, su
cui è raffigurato un grande spazio architettonico
vuoto, sul fondo del quale si staglia il Nuovo
Testamento con l’immagine eucaristica che chiude
centralmente la scena.
Maria Imparato
_______________
Laurea in Lettere Classiche con indirizzo archeologico, presso
l'Università degli Studi di Milano (110/110 e Lode)
Docente di Lettere in ruolo presso il Liceo Scientifico Statale "F.
Lussana" di Bergamo. Responsabile del Giornale d'Istituto del Liceo
Scientifico Statale "Filippo Lussana" di Bergamo, dal titolo "Quinto
Piano", giornale premiato nell' XI Edizione del Premio Nazionale
"Giornalista per un giorno" (Chianciano Terme, 3-4 aprile 2014) e nel
Concorso Nazionale Giornali Scolastici, indetto dall'Ordine Nazionale
dei Giornalisti (Benevento, 6-7 maggio 2014). Responsabile e referente
del Progetto "Archeostage" per il Liceo Scientifico Statale "F. Lussana" di
Bergamo. Referente del Progetto "Comicote-rapia" presso il Liceo
"Lussana" di Bergamo, Anno Scolastico 2014/15. Referente del Progetto
"No bulls be friends" della Provincia di Bergamo, per l'Anno Scolastico
2014/15. Maria Imparato è redattrice-capo, della Redazione di
Bergamo di ANTROPOS IN THE WORLD.
- 14 -
Antropos in the world
ANNA BURDUA DA ERICICE
AGOSTINO PEPOLI
IL MECENATE
Nato a Trapani
Nato
Trapani il
il 5 agosto
agosto del
del 1848
1848 proveniva
proveniva da
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del Conte.
Conte. L’edificio
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Trapani,
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Ospizio
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quell’antichità classica
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Comune
C
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Il Conte
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la terza
terza
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diroccata, chiuse
chiuse
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una nuova
nuova cortina.
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Rimboschì
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frassino e di
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la copertura
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pianta rotonda
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pianta
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trasformandola in
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L
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della cultura
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conosciuti
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suoi lunghi
lunghi soggiorni
soggiorni nella
nella città
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più evolute
evolute
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di arte
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di storia
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il dottor
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Luciano
L
uciano Spada,
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il poeta
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di liriche:
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Elegie Ericine”
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il ministro
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Nasi, il
il musicologo
musicologo Alberto
Alberto Favara,
Favara, Gaetano
Gaetano
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l’araldista Vincenzo
Vincenzo Palizzolo
Palizzolo Gravina
Gravina
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dei blasoni
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delle lapidi
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sepolcrali, il
il
Rodolico
R
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l’archeologo Antonio
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Salinas.
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la scoperta
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della Città.
Città.
Durante
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passeggiate lungo
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Salinas, il
il Conte
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che su
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di essa
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fosse incisa
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una lettera
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altre lettere
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Erice
IL MECENATE
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delle cosiddette
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la Città,
Città,
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del popolo
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lì; proprio
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valore documentario.
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trascrizione
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rinvenuti.
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Firenze
nnel
el 1885
1885 dalla
dalla prestigiosa
prestigiosa stamperia
stamperia Galletti
Galletti &
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C
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interessante opuscolo
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San GiuGiulliano”.
iano”. Frattanto
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il
Pepoli
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patrimonio
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accolta dagli
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A
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con molta
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amarezza e
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dell’Annunziata. Riunì
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Errante, Carreca,
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Matera, Tipa,
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nella Biblioteca
Biblioteca Fardelliana
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Pinacoteca Fardelliana
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così come
come i vasi
vasi rari,
rari,
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pregevoli, i piccoli
piccoli tesori
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delle ConConffraternite,
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del Museo
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corpo, il
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Comunale, appresa
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della
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m
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m
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per deliberare
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in Suo
Suo onore
onore ee l’intil’intittolazione
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delle principali
principali vie
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ddove
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ha sede
sede l’omonimo
l’omonimo Museo.
Museo.
- 15 -
Anna Burdua
Antropos in the worldc
PROVERBI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA
1. A lacrema d’erede è strunz ci ce crede.
2. L’ammore nuove va e vene, ma o viécchie se
mantène.
3. E chi è nate cetrùle, o popele se sfezzéa.
Implicanze semantiche:
lacrema: dall’acc. lat. Lacrimam;
vène: dal latino venio-is;
viécchie: dall’accusat. latino vetulum;
cetrùle ha i sinonimi: chiòchiaro, maccarone e calamaro.
Antropologia:
Sirica Dora
Spesso facciami conti con l’ipocrisia.
Il primo amore non si scorda mai. Con chi è
nato sciocco e presuntuoso, il popolo si diverte.
Il seme dei proverbi è chiaramente espresso in
l
Riflessio: Sono proverbi antichissimi, che ritrovia- atino:
Mors tua vita mea (est).
mo anche nel mondo greco e latino.
La tua morte mi porta vita.
Fraseologia:
Quilibet stultus in domo sua permanet.
Chi è strunz rimane a casa soia (Cilento) –‘O
Gli sciocchi restano a casa propria.
primm’ammòre nun se scorda maie.
.
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CENTRO SERVIZI ANGRI via badia n.6 - Per Privati - Assistenza socio sanitaria alla persona H 24.
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cure mediche e nel sostegno degli ammalati, son
pronti a raggiungere ogni luogo ed ogni abitazione
per portare, a chi ne ha bisogno, i benefici della loro competenza. Un grazie a coloro che si sono
adoperati nella realizzazione del progetto. Da settembre, l’iniziativa sarà seguita molto dalla
direzione di ANTROPOS IN THE WORLD che darà tutte le informazioni che i lettori della rivista
vorranno ottenere.
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- 16 -
Antropos in the world
LA PAGINA MEDICA: a cura di Andropos
LE MALATTIE DELL’INVERNO (TRE)
Quale è la dieta migliore per l’influenza gastrointestinale?La gastroenterite è un’infiammazione dello stomaco e dell’intestino che comporta
febbre, nausea, vomito e dissenteria e che è
causata dalla presenza di un virus differente
rispetto a quello influenzale. L’influenza intestinale
si contrae assumendo acqua o cibo contaminato e
i sintomi di questa forma virale compaiono in un
lasso di tempo che varia da 4 a 48 ore e possono
durare fino a 10 giorni. Qualora i crampi diventino
par-ticolarmente intensi, la febbre superi i 39° o gli
episodi di vomito e diarrea siano eccessivamente
frequenti è bene consultare il medico o rivolgersi
ad una struttura medica idonea.
Gli alimenti per prevenire l’influenza svolgono un ruolo molto importante nel tenerci al riparo
dai malanni di stagione. Sono diversi i cibi che
possiamo consumare, per tenerci alla larga dai
sintomi influenzali, che in questa stagione cominciano ad arrivare. Si tratta soprattutto di prodotti alimentari che ci aiutano a rafforzare le nostre
difese immunitarie o di altri alimenti che hanno dei
principi attivi antibatterici e antivirali. Inserendoli
con regolarità nella nostra dieta, abbiamo la possibilità di tenerci al riparo dalle infezioni che coinvolgono le vie respiratorie. Vediamo su quali alimenti puntare.
Mangiare aglio, un potente antibiotico naturale, può essere detestabile anche per l’alito, eppure esso è ricco di nutrienti con proprietà antibiotiche e antivirali, che sono molto utili in caso di
influen-za. In particolare bisogna segnalare
l’allicina, che aiuta a ridurre i sintomi influenzali.
Lo zenzero è utile soprattutto quando l’influenza si manifesta con il classicomal di gola. Mangiare un pezzetto di zenzero aiuta a rendere più
lievi il bru-ciore e il dolore alla gola. Si può mettere
anche nel tè e nelle tisane ed è molto utile anche
per con-trastare latosse e la febbre.
Il ribes è molto ricco di vitamina C e dipolifenoli, che svolgono un’azione antiossidante, molto utile per prevenire le infiammazioni che interessano il nostro organismo. Gli antiossidanti, in
particolare, riescono a contrastare l’azione dei radicali liberi, che sono responsabili dell’invecchiamento cellulare.
Le carote contengono carotenoidi, che riescono a svolgere delle funzioni protettive nei confron-
- 17 -
ti delle difese immunitarie. Proprio per questo
non dovrebbero mai mancare sulla nostra tavola
nella stagione autunnale e in quella invernale,
quando le infezioni sono in agguato.
L’uva è un frutto che aiuta a purificare l’organismo e dà molta energia. E’ utile, quindi, nelle
situazioni in cui il nostro corpo è indebolito e può
essere più soggetto all’attacco da parte dei virus.
Non dimentichiamo che è ricca di sali minerali,
in particolare di potassio.
Il kiwi contiene molta vitamina C. Riesce ad
apportare al nostro organismo acqua, carboidrati,
proteine, lipidi e fibre. Non bisogna esagerare
con la consumazione di kiwi, perché potrebbe
derivarne un effetto lassativo.
La cipolla, dalle molte proprietà nutrizionali e
benefiche, è ricca diflavonoidi, in grado di agire,
insieme alla vitamina C, per contrastare i batteri
che possono influire sulla nostra salute in
inverno. La cipolla si dimostra un ottimo alleato
naturale per prevenire l’influenza.
La lattuga abbonda di vitamine e di sali minerali, che vengono utilizzati dal nostro corpo come veri e propri ricostituenti, che ci possono aiutare soprattutto negli stati di affaticamento. In
particolare la lattuga rafforza il sistema immunitario grazie al suo contenuto di vitamina C e di
vitamina A.
L’arancia abbonda di vitamina C, un vero toccasana per il nostro organismo. Riesce ad apportare acqua, proteine, lipidi e fibre. Per difenderci al meglio dall’influenza, dovremmo mangiare soprattutto la parte bianca, dove si concentrano le sostanze più ricche di benefici.
Anche il broccolo contiene molta vita-mina C.
Inoltre abbonda di betacarotene, di vitamine B1
e B2 e di sali minerali, come il potassio, il fosforo
e il ferro. Riesce a svolgere un’azione depurativa.
Antropos in the world
I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos
Ἀναξίμανδρος
Perchè Anassimandro ha scelto come principio proprio l'apeiron? il principio è quel qualcosa da cui deriva
tutta la realtà, quel qualcosa dove tutta la realtà va a
finire e quel qualcosa in cui tutta la realtà permane. Se il
principio è quindi ciò da cui deriva tutto il resto,
Anassimandro deve aver pensato che esso deve essere
una fonte inesauribile di tutto, senza fine. Già Talete a
suo modo aveva effettuato un ragionamento del genere:
l'acqua era per lui il prin-cipio di tutto perchè non aveva
caratteristiche e poteva di conseguenza assumerle tutte.
L'introdu-zione dell'apeiron rappresenta un grandissimo
passo verso l'astrazione: esso ancora più dell'acqua non
ha caratteristiche; però per Anassimandro l'apeiron non
è solo infinito, ma anche indeterminato (indefinito): egli
è convinto che il principio non debba avere alcuna
caratteristica e quale è la cosa che ha meno caratteristiche dell'infinito? Anassimandro quindi si distacca
da Talete: l'acqua non è più il principio, ma è parte
integrante dell'apeiron . Riportiamo ora il celebre
frammento di Anassimandro : "principio delle cose che
sono è l’illimitato… donde le cose che sono hanno la
generazione, e là hanno anche il dissol-vimento secondo
la necessità. Infatti esse pagano l’una all’altra la pena e
l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo"
Mentre per Talete era implicito che la materia fosse
dotata di movimento, per Anassimandro è esplicito: in
realtà a parlarci di Anassimandro e a riportare il suo
frammento è un filosofo minore di nome Simplicio: è
difficile tradurre e capire che cosa egli intendesse dire.
Sembra quasi volerci dire che Anassimandro sia stato il
primo ad introdurre il fattore movimento, ma
probabilmente Simplicio voleva soltanto dire che
Anassimandro è stato il primo ad usare la parola "arkè"
in senso filosofico, con la valenza di principio. In
quell’unico frammento di Anassimandro conservatosi
fino a noi il limite è descritto in termini di ubriV, ossia
di violenza e di prevaricazione delle cose fra loro, una
sorta di ingiustizia di cui le cose pagano il fio con la
distruzione (al che provvede il processo del nascere e
del perire): sulla scia di Talete, Anassimandro fa leva
sul senso comune, spiegando l’ingiustizia cosmica
attraverso le ingiustizie che patiamo quotidianamente.
Anassimandro ha poi aperto prospettive molto moderne: il concetto di infinito per esempio ricorre spesso
anche nella nostra società. Anassimandro arrivò a dire
che il nostro universo è un qualcosa di infinito: a noi
pare ovvio, ma si è per lungo tempo pensato che fosse
finito: questa concezione di finitezza dell'universo si era
radicato ai tempi dei Pitagorici, che avevano attribuito
al termine "infinito" una connotazione fortemente negativa e confusionaria.Anassimandro diceva che il mon-
(II parte)
do era nato e che prima o poi sarebbe morto: Aristotele
invece diceva che il mondo esistesse
da sempre e che sarebbe sempre
esistito.Per Anassimandro il nostro mondo non è il solo nell'universo: per lui l'intera realtà universale è cosparsa di
mondi come il nostro. Egli
concepiva l'universo come un
oceano di apeiron con sparsi
qua e là infiniti mondi come il
nostro.Questi mondi erano per lui realtà definite e tra l'uno e l'altro c'era l'apeiron. Ma che
cosa è che dà vita ai vari mondi, che fa sì che si
stacchino dall'apeiron primordiale? Per Anassimandro
è il movimento che consente la separazione dei mondi
dall'apeiron. Probabilmente mentre effettuava questi
ragionamenti aveva in mente i mulinelli dell'acqua: se
sulla superficie ci sono corpi galleggianti (pagliuzze,
rametti ...) a causa della densità si separano gli uni
dagli altri. Così anche nell'apeiron ci potevano essere
vortici in grado di separare i vari contrari. Infatti
l'apeiron è tale proprio perchè tutto è mescolato e
finisce per essere indistinto: infatti caldo-freddo, seccoumido etc. se mescolati sono indefiniti.
E' il movimento che riesce a separarli. Ma non è un
movimento qualunque: quello dell'apeiron infatti è un
movimento capace di generare e di separare. Infatti di
per sè nell'apeiron i contrari non esistono ancora:
vengono successivamente generati dai vortici. Questa è
la cosmogonia anassimandrea: esaminiamo ora la
cosmologia, vale a dire l'assetto del mondo. Anassimandro non ci parla ancora di caldo e di freddo in
modo astratto, ma li identifica nell'acqua e nel fuoco,
ossia in sostanze concretamente esistenti. Egli ci fa
notare che il rapporto tra i contrari è conflittuale: per
lui al centro del mondo c'è l'acqua fredda, in periferia il
fuoco caldo: essi tendono a scontrarsi costantemente. Il
fuoco fa evaporare l'acqua marina con una duplice
conseguenza: la formazione di sale e di vapore acqueo.
Il sale sta a rappresentare la terra, il vapore acqueo
l'aria. Va senz'altro notato che Anassimandro era
particolarmente attento e sensibile alle questioni di
evaporazione perchè a Mileto vi erano grandi paludi e
doveva quindi essere un fenomeno molto diffuso.
Quindi per lui al centro c'era l'acqua, in periferia il
fuoco ed in una periferia ancora più periferica una
corona in cui aria e fuoco si mescolavano. La luna ed il
sole non sono nient'altro che "buchi" in cui è possibile
scorgere questa corona di periferia. (Continua)
- 18 -
Antropos in the world
DA PAVIA
La rappresentazione della violenza
Un altro video della serie " violenza e giovanissimi straccioni dell'umanità", da fare vedere o
nascondere, non sia mai che crei emulazioni o
nuovi atti di imbecillità disumana.
Un altro video da decidere se prenderlo ad
esempio, su quanto abbiamo costruito in questi
anni di bullismo sociale, oppure assemblarlo per
qualche altra puntata-salotto buono in tv .
Un altro video per fare accrediti sul proprio
libricino della morale pedagogica e azione educativa, infatti il mondo adulto gonfia i polmoni,
anche i bicipiti, quando rivendica il proprio ruolo di agente educativo, senza però riuscire a spostare di un solo millimetro le assi di scoordinamento collettivo in cui sopravviviamo.
Un altro video per non parlarne troppo, perchè potrebbe fare male a chi lo vede, ai ragazzini
che scopiazzano, a chi insegna, a chi s'accontenta della scienza, un pò meno della coscienza.
Un altro video per tentare una volta per tutte di
smetterla con le teorie, le belle parole, le canzonette, le cattedre e i massimi sistemi, le slide, i
lucidi, i colori sgargianti delle tecniche di apprendimento, riducendo questo disagio relazionale che miete vittime da una parte e dall'altra, a
una semplice connotazione intenzionale, persistente, asimmetrica.
Non è soltanto questo, ma storie anonime e blindate che ancora fanno testo per arginare lo spavaldo di turno.
Un altro video per affermare che trasgressivone non è devianza, che non subordinare mai le
proprie incapacità, passioni, bisogni, desideri,
alle regole, significa farsi male e soprattutto fare
male agli altri, agli innocenti.
Un altro video per porre un freno al buonismo
deleterio che non fa bene ad alcuno, ai ragazzi
nè agli adulti, al mondo professorale, genitoriale,
educativo; per indicare esempi che non siano di
cartapesta, che s'accartacciano e gettano via
pochi istanti dopo averli letti e poco ascoltati.
Un altro video per scacciare la paura creata
ad arte dall'omertà, ma anche la paura di non
parlarne troppo, perchè potrebbe ferire la sensibilità di tante anime belle, perchè c'è persi-stente
l'insidia dei comportamenti copia incolla.
Un altro video per consigliare chi afferma "politicamente" che nella propria scuola, nella propria famiglia, nel proprio orticello, non ci sono
assolutamente erbacce, di conseguenza perchè
parlarne, perchè farne materia di "incontro" e di
"relazione".
Un altro video per fare i conti con le storie
personali delle persone e non con i soliti giudizi
affrettati da bar dello sport; per scardinare i
recinti in cui ognuno entra e ciascuno non consente all'altro di vedere, sentire, dialogare; per
comprendere che quel sangue nulla altro è che
sangue della vergogna, di quella ragazzina di 12
anni vigliaccamente demolita. Carissimo il mio
bullo/a, questo te lo dico io, puoi credermi, la tua
arroganza e presunzione potrebbe risultare il tuo
sangue domani, alla meno peggio, fuori dalla
scuola, in un carcere, in un ospedale, ma qualche
volta pure con i piedi in avanti per sempre.
Un altro video per disprezzare la platea plaudente tutt'intorno, che bestemmia, inveisce, grida
di andare giù più forte, quanti partecipano ghignando beotamente al banchetto dei miserabili.
Un altro video per riaffermare che infame (
un vocabolo assai in voga tra gli adolescenti che
lo interpretano malamente senza ben sapere da
dove arriva e che carichi di sofferenza comporta)
non è chi si mette di traverso, di mezzo, per
salvare quella ragazzina-vittima-predestinata, o
chi denuncia questa piccola demente, infame è
chi rimane in silenzio, chi fa da veterano di una
guerra che non è mai stata sua, nè mai lo sarà.
Vincenzo Andraous
- 19 -
Antropos in the world
IO LA VEDO COSI’
L’ITALIA ANCORA DIVISA IN DUE? E’ORA DI CRESCERE!
1861: l’anno della proclamazione dell’Unità d’Italia.
Un Paese, il nostro, che è stato sottoposto nei secoli
a diverse dominazioni. Quasi appendice del vecchio
continente, è bagnata per 3\4 dal ‘mare nostrum’ di
dominio di tutti, ma certo non nostro. Dante
scriveva: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave
sanza nocchiere in gran tempesta”, ben considerando
il passato dell’Italia, oggi, invece, queste parole
suonano come presagio di quuello che il nostro paese
è stato nel tempo, dalle incursioni arabe, ai francesi,
dai borboni, ai tedeschi ed agli americani. Per non
parlare degli spagnoli, dei longobardi, e dei normanni. In età moderna si sono alternati, altrettanto
violentemente, le dominazioni europee, da quella
spagnola con i Borboni a quella asburgica, fino ad
arrivare al pensiero politico di Cavour, e la sua ferma
volontà di portare un’Italia ancora monca di alcune
regioni nel grande scenario europeo. Ci saranno poi
le guerre d’Indipendenza, le reticenze papali e
l’aggrapparsi dello Stato pontificio alla politica
piuttosto che alla religione, Garibaldi, l’eroe dei due
mondi, che venne dal sud-America per unificare un
territorio così disgregato politicamente. E disse bene
allorchè affermò: “Fatta l’Italia, bisogna far gli
Italiani”. A distanza di più di un secolo, si potrebbe
tristemente affermare che l’Italia c’è, ma gli Italiani
visti come popolo coeso, senza grandi differenziazioni interne, non esiste ancora. Il divario socioeconomico tra Nord e Sud pesa tanto quanto il
divario culturale ancora oggi presente, una ‘questione meridionale’ culturale mai cancellata, una differenza tra un popolo unito, che unito sembra non
esserlo ancora. Ad alimentare questo divario, la
politica gioca un ruolo fondamentale.
Nel recente dibattito politico, infatti, è stato
coniato il temine di ‘questione settentrionale’ in
contrapposizione a quello accademico della ‘questione meridionale’. Questa è storia dei giorni moderni,
ma c’è chi parla di una netta contrapposizione al
Regno d’Italia sin dai primi tempi della sua unità e di
un atavica ideologia, secondo la quale il settentrionale è lavoratore, stacanovista, progredito: al
contrario, il meridionale viene definito parassita ed
arretrato.
Che le regioni meridionali appaiono più arretrate,
sotto alcuni punti di vista, rispetto a quelle
settentrionali, è cosa oramai nota, ma non è da
imputare ai meridionali, bensì ai vari governi che
- 20 -
non hanno predisposto nel sud analoghe strutture
di crescita. Ancora oggi i dati riguardanti il
prodotto interno lordo (PIL) registrano un divario
netto tra il Nord ed il Sud della penisola, con un
livello di industrializzazione nettamente superiore
del primo sul secondo. Ciò è frutto di una politica
errata protrattasi nel territorio oramai da secoli,
secondo la quali il Nord, più vicino geograficamente al resto dell’Europa, ha subito dominazioni tutte concentrate a portare le regioni
settentrionali ai livelli europei; le dominazioni del
sud, invece, hanno molto spesso optato per una
politica tutta incentrata sul potere sterile, l’arricchimento della casata e non del territorio. Di qui
l’ancor presente situazione di arretratezza economica del Sud rispetto al Nord, con un movimento migratorio, che vede migliaia di lavoratori
spostarsi verso nord e l’Europa.
Nonostante ci sia voglia di riscatto e di un recupero di dignità, storicamente aggredita, permane
l’idea di un Sud culturalmente inferiore. Siamo
forse impazziti?. Le prove INVALSI dello scorso
anno scolastico, hanno ampiamente dimostrato che
le medie nazionali sono pressoché simili, senza
differenze sostanziali di preparazione.
Ancor peggio! Dilaga l’idea secondo la quale il
Sud è Napoli, “la Napoli di Gomorra”, che il Sud è
la terra della camorra, la terra dove a farla da
padrona è l’illegalità. Ultimamente, il Sud è la
“Terra dei fuochi”, della spazzatura; è quel peso
sociale che il Nord deve trascinare ed accollarsi. Il
vero problema non è il pensiero in sé, ma che
questo pensiero permanga nella mentalità – anche
– delle giovani generazioni. È questo il vero
problema!
Il Sud Italia, al contrario, è il luogo dove i Greci
han deciso di tramandare e trasmettere la propria
cultura, è il luogo dove è fiorita la Magna Grecia,
le cui reminescenze sono magistralmente evocate
dai resti archeologici disseminati un po’ ovunque,
il Sud è laddove è stata rinvenuta la prima testimonianza scritta greca, il Sud è Roma caput-mundi,
sono i posti patrimonio dell’Unesco; il Sud sono i
migliaia di lavoratori che decidono di spostarsi al
Nord solo perché è lo Stato a non offrire sbocchi
lavorativi al Meridione, senza cullarsi della disoccupazione dilagante; il Sud sono i migliaia
di insegnanti che ogni giorno, da anni, istrui-
Antropos in the world
scono le giovani generazioni settentrionali
con la voglia di riscatto e con la consapevolezza e il compito sociale non solo di
trasmettere nozioni, ma anche valori, quei
valori che solo un popolo che ha assorbito
nella sua terra gli insegnamenti ellenici, può
e deve orgogliosamente trasmettere, valori
e senso di riscatto che solo regioni trattate
in modo sommario e con marginalità sanno
trasmettere. L’Italia sarà unita solo allorché
moriranno atavici preconcetti.
Maresca Maria Rosaria
Il Sud era stanco dei
“baroni”, ma abbiamo
ceduto alla violenza di
un corsaro e alla tracotanza
militare dei Savoia.
Ma noi la volevamo
proprio questa
unità?Avevamo tutto,
dignità compresa!
PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore
Brasati e stufati appartengono ambedue alla grande
famiglia degli umidi, cioè di quelle preparazioni cotte a
lungo e lentamente, in recipienti coperti, con l’aggiunta
di verdure ed erbe aromatiche, nonché di un liquido
(brodo, vino, salsa di pomodoro ecc.).
Brasato deriva da “brase”, poiché in origine la brasatura
della carne avveniva in recipienti spessi, ermeticamente
chiusi da un coperchio sopra il quale si posava una certa
quantità di brace accesa; a sua volta stufato ha origine
dall’accoppiamento del vocabolo tedesco “stube”, stufa e
della parola greca “tiphos” che significa fumo, vapore.
Oggi i due termini sono considerati praticamente sinonimi, in quanto le differenze che in origine esistevano fra
le due preparazioni sono quasi completamente scomparse. Naturalmente anche gli umidi, come tutte le altre
preparazioni, richiedono particolari tagli di carne.
Lo SPINACINO, di tipica forma triangolare, situato nel
quarto posteriore del manzo, vicino alla noce. È costituito
dalla parte estrema dello scamone ed è come questo
molto morbido.
Lo SCAMONE, ricavato dalla parte esterna della coscia
e più precisamente dal taglio definito “fetta di mezzo”
La FETTA DI MEZZO o CONTROGIRELLO, che
comprende la regione esterna della coscia e la parte
posteriore della gamba.
Il CAPPELLO DEL PRETE, situato nella spalla e attraversato da una leggera venatura di grasso che rende la
carne molto morbida. Per tale motivo non occorre né
steccatura né bardatura.
- 21 -
Il MAGATELLO o GIRELLO, un muscolo che viene
generalmente enucleato dal taglio della fetta di
mezzo. Cuoce con una certa rapidità e deve essere
steccato o bardato perché molto asciutto.
Il GERETTO ANTERIORE e POSTERIORE, ossia i
muscoli flessori ed estensori delle falangi. Proprio per
il loro tessuto essenzialmente nervoso costano poco
ma richiedono cottura prolungata.
Il BRIONE, ricavato dalla spalla, è un taglio economico e di ottima resa, adatto per una cottura lenta.
Il FUSELLO appartiene ai muscoli della spalla ed è
situato accanto al brione e al cappello del prete. Non
molto costoso è piuttosto magro, richiede una buona
lardellatura.
Il REALE appartiene al quarto anteriore del manzo ed
è relativamente meno caro degli altri. Richiede però
di essere steccato e talvolta marinato.
Lo SCANNELLO o CAMPANELLO, situato nella
parte interna della coscia vicino al controgirello e
attaccato al girello. È un taglio abbastanza economico.
COME PREPARARE LA CARNE PER LA
COTTURA
Bardare. Quando si utilizzano carni particolarmente
magre come il controgirello e lo scannello, è
consigliabile bardarle (ossia fasciarle) prima della
cottura, con sottili e larghe fette di pancetta o di lardo
facendole aderire mediante una legatura con uno
spago; nel caso si tratti di carne molto asciutta è pre-
Antropos in the world
feribile ricoprirla con fette di lardo piuttosto spesse che
verranno poi incise in alcuni punti per facilitarne la fusione.
Lardellare. Le carni “marezzate”, ovvero intersecate da
filamenti bianchi di grasso, al contrario del girello e dei
tagli più magri ricavati dalla spalla, non richiedono
lardellatura. Questa operazione consiste infatti nel nutrire
con lardo o pancetta la carne troppo magra. La lardellatura
o steccatura si opera mediante uno speciale ago detto
“lardatoio” o “lardaiolo” su cui si infilano filetti di lardo
ricavati da una fetta spessa un centimetro e conditi in
precedenza con sale, pepe, spezie ed erbe aromatiche
tritate finemente. Il lardaiolo spinto con energia penetra
profondamente nella carne, nel senso delle fibre; sfilato,
lascia conficcati nella carne i filetti di lardo che dovranno
però sporgere leggermente sulla sua superficie in modo
che, sciogliendosi durante la cottura, rendano la dorata la
superficie della carne. La lardellatura può essere eseguita
anche con un coltellino a lama sottile. Una lardellatura
squisita si ottiene facendo marinare per due ore i lardelli in
un po’ di olio e condendoli con un po’ si sale, pepe, noce
moscata e prezzemolo tritato.
Aromatizzare. Le spezie hanno una parte importante per
la perfetta riuscita dei brasati e degli stufati, che vengono
arricchiti di sapore sia nella marinatura sia durante la
cottura. Le spezie più usate per tale scopo sono: la cannella, da usare preferibilmente in stecca (per profumare un
brasato basta un pezzetto di due centimetri); i chiodi di
garofano ( uno o due sono sufficienti per aromatizzare una
marinata); la noce moscata grattugiata al momento e non
acquistata in polvere; l’anice, da usare con parsimonia per
evitare che il suo particolare profumo soverchi quello
della marinata o della salsa (basta un pizzico); il pepe
bianco o nero (bastano tre o quattro grani); lo zenzero utilizzabile con parsimonia in particolari preparazioni.
Marinare. Questa operazione, facoltativa, è certamente
utile per conferire alla carne profumo e sapore più intenso.
Si definisce marinata il liquido composto di vari elementi
quali olio, aceto, vino ecc. arricchiti da verdure, erbe
aromatiche o spezie, nel quale viene adagiata la carne. Per
questa operazione è bene scegliere un recipiente di maiolica non troppo grande rispetto al volume della carne, adagiarvi verdure ed erbe aromatiche tagliuzzate grossolanamente, porvi sopra la carne e ricoprirla con la stessa
quantità di verdure ed erbe aromatiche usate per la base;
versare poi sul tutto vino bianco o rosso (tre decilitri di
vino su un chilo di carne), addizionato, se si vuole, con
una piccola quantità di aceto o brandy. Coprire il recipinte
e collocarlo al fresco rigirando la carne ogni tanto. Il
tempo di marinatura può variare da alcune ore al massimo
di 24 ore. Trascorso il tempo della marinatura, scolare la
carne e porla per una ventina di minuti su un setaccio in
modo che sgoccioli bene, poi asciugarla. Tenere a parte il
liquido della marinata che si verrà usato durante la cottura.
COME CUOCERE LA CARNE
Per prima casa è importante tenere presente che la carne
da cuocere in umido deve provenire da un animale non
giovanissimo (dai tre ai sei anni) e che il pezzo non deve
essere troppo modesto di peso per dare un buon rendimento. Scegliere un recipiente che non superi di molto il
volume della carne. Preparare prima un soffritto con burro,
grasso di prosciutto, eventuale cotenna di maiale, carota,
cipolla, sedano (mezz’etto per ogni ingrediente su un chilo
di carne); adagiare sulle verdure ben appassite il pezzo di
carne e lasciarlo rosolare rigirandolo senza pungerlo; quando sarà ben dorato, salarlo, peparlo, e bagnarlo con il liquido della marinata filtrato freddo, oppure caldo, ridotto a
due terzi del suo volume mediante ebollizione. La regolarità dell’ebollizione del liquido, a calore basso, è una delle
condizioni indispensabili per la buona riuscita dell’umido
che deve sempre cuocere lentamente. A fine cottura, quando il sugo è ben ridotto e non ricopre più il pezzo, è necessario continuare a irrorare la carne con altro liquido caldo.
La cottura della carne in umido si controlla punzecchiandola con un grosso ago da cucina o con la forchetta.
1– Controfiletto o roast-beef: alto valore commerciale, per
cottura rapida o semirapida (arrosti).
2 – Filetto: altissimo valore commerciale, per cottura rapida per eccellenza.
3 – Collo: di basso valore commerciale, per cottura lenta.
4 – Codone: medio valore commerciale, per cottura semirapida.
5 – Rosa: alto valore commerciale, adatta alle bistecche.
6 – Scamone: alto valore commerciale, adatto per bistecche
o arrosti.
7 – Fetta di mezzo: medio valore commerciale, per cottura
semirapida e preparazioni con salse.
8 – Fesone di spalla: medio valore commerciale,per bistecche, arrosti o brasati.
9 – Cappello del prete: medio valore commerciale, per
cottura semirapida (arrosti e spezzatini).
10 – Costa della croce: basso valore commerciale, adatto
per bolliti.
11 – Biancostato: basso valore commerciale, adatto per
bolliti.
12 – Noce: alto valore commerciale, adatto per cottura rapida (bistecche).
13 – Spinacino: basso valore commerciale, adatto per carne trita.
14 – Magatello: alto valore commerciale, adatto per cottura rapida (scaloppine) o preparazioni da guarnire con
salse (vitello tonnato).
15 – Punta di petto: basso valore commerciale, adatto per
arrosti o bolliti.
16 – Fiocco: basso valore commerciale, adatto per cottura
lenta (bolliti).
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Antropos in the world
UNA DONNA NELLA LETTERATURA – a cura di De Boris
CHI ERA LA LAURA DEL CANZONIERE?
Alcuni ritengono che Laura non sia mai esistita e che sia stata soltanto un espediente poetico, perché si crede che Petrarca facesse riferimento al Laurus (Alloro), l'albero sacro per il
dio Apollo, protettore della poesia.
Altri dicono che questa fosse Laura de Noves e che Petrarca l’amasse perdutamente.
Visse dal 1310 al 1348 e morì a causa di una
epidemia di peste. Petrarca la conobbe nella
chiesa di Santa Chiara durante il suo soggiorno
ad Avignone il 6 aprile del 1327, giorno di Venerdì Santo.
Tutto quello che si sa di lei, immagine stilizzata
dall'amore ideale, viene dalle parole dello stesso Petrarca, che nel nome di Madonna Laura
scrisse il suo Canzoniere, opera composta da
366 componimenti: 263 in vita di Madonna
Laura e103 in morte di Madonna Laura.
Laura non è celebrata come una donna reale,
ma come l'emblema della bellezza e dell'amore
e, insieme, della perpetua inafferrabilità del reale. Per lei il poeta rinnova gli elogi degli "stilnovisti" e ne fa il tipo di ogni virtù e perfezione,
che diffonde intorno a sé purezza e beatitudine.
E Laura è innanzi tutto bella, bella non della
bellezza di Beatrice e delle altre donne dello
"stil novo", luminose e indefinite; ma di una
bellezza che, pur spiritualizzata, resta ciononostante terrena, oggetto non solo di adorazione,
ma di trepido desiderio. La ritrae come l'ha
veduta in momenti fugaci e indimenticabili, e,
morta, ancora ridicendone a se stesso tutto
l'incanto. Né la bellezza di Laura per lui e per noi
si può disgiungere dalla natura in mezzo a cui la
donna si muove ed è partecipe della sua
umanità, così come lei sembra partecipare della
perenne freschezza della vita naturale, così
l'immagine di lei si associa a quella di verdi
solitudini, di prati luminosi, di acque mormoranti. Persino dopo la sua morte, più che nel
Cielo, il poeta la ritrova in mezzo alla verde
natura, ove la sua presenza è ancora diffusa in
ogni cosa ed egli la rivede e la ascolta viva.
Tutte queste immagini si raccol-gono, come
intorno a un centro ideale intorno alla grande
visione della canzone "Chiare, fresche e dolci
acque", la visione, da cui il poeta non si sa
staccare e a cui sempre ritorna, di Laura
com'egli l'ha veduta in un "benedetto giorno",
accanto alle acque correnti, appoggiata al
tronco di un albero, avvolta in una pioggia di
fiori: "Da' bei rami scendea - (Dolce ne la
memoria) - Una pioggia di fior sovra `I suo grembo". E soltanto per metafora può dirsi ellenica la
figurazione della morte di Laura nel Trionfo della
morte nella quale sullo sgomento e l'orrore
prevale il senso della bellezza divina. A quasi
settecento anni dalla morte, “Madonna Laura”
conserva intatto il suo carisma. Perché non
pensare, fantasticare di un Petrarca troppo innamorato per condividerne l’effigie con altri, con
occhi meno rispettosi? Laura rivive nell’inchiostro sgorgato direttamente dal suo cuore ed il
suo ricordo rimarrà imperituro, nell’avvicendarsi
delle epoche, dei secoli e delle pagine della
storia degli uomini.
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Ad augusta per angusta.
La gloria, il successo, costano
sacrifici. Alle cose eccelse si arriva
solo attraverso le difficoltà.
Antropos in the world
STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore
LA MUSICA LEGGERA - I BEATLES
LA PRESUNTA MORTE DI PAUL MACCARTNEY (V parte)
Informazioni controverse e leggende si intrecciano a proposito della creazione della parola
macedonia "Beatles", scelta come nome definitivo del gruppo nell'agosto del 1960.
È un fatto che "Beatles" fu il punto di arrivo di
un percorso che portò il gruppo di Lennon, a cui
si unirono in seguito McCartney e Harrison, a
chiamarsi, anche per periodi molto brevi, con i
seguenti nomi: "Black Jacks", "Quarrymen",
"Johnny and the Moondogs", "Beatals", "Long
John and the Silver Beetles", "Silver Beats",
"Silver Beatles".
"Beetles" (coleotteri, scarabei), secondo il
giornalista Bill Harry fu suggerito da Stuart Sutcliffe come un riferimento al gruppo di Buddy
Holly "The Crickets" ("I grilli"). In una ricostru- quale il bassista sarebbe deceduto tre anni
zione più tarda, Derek Taylor, press agent dei prima in un incidente stradale e sarebbe stato
Beatles, sostenne invece che l'idea era venuta sostituito da un sosia. La leggenda fu poi smena Sutcliffe dopo aver visto il film The Wild One, tita, ma in qualche modo continuò a suscitare
nel quale Marlon Brando ha a che fare con una dubbi e interrogativi. Il sosia che avrebbe preso
gang di motociclisti chiamati "Beetles" (Questa il posto del musicista si chiamerebbe W illiam
versione è però contestata da Bill Harry in Capbell, un ex poliziotto che si sarebbe sottoquanto il film fu bandito in Gran Bretagna fino posto a delicati interventi di chirurgia estetica per
alla fine degli anni sessanta. Sutcliffe suggerì assomigliare al Beatle. Questo, secondo i sequesto nome e Lennon, con uno dei suoi tipici guaci della teoria, spiegherebbe la decisione da
giochi di parole, lo trasformò in "Beatles" per parte dei Beatles di non suonare più dal vivo.
richiamare "beat" (battito, ritmo, termine che Gli indizi della presunta morte di McCartney nella
dava il nome alla musica in voga a quell'epoca). produzione discografica dei Beatles sono molti e
In questo susseguirsi di alterazioni si inserisce il riguardano le liriche, i suoni e i prodotti grafici.
ricordo del poeta beat Royston Ellis, che Alcune frasi di Glass Onion, Don't Pass Me
avrebbe dato a Lennon e McCartney l'idea di By e Revolution 9, se opportunamente decifrate,
trasformare "Beetles" in "Beatals", partendo forniscono segnali a favore dei sostenitori della
dalle parole "beat alls.
leggenda, in specie Revolution 9 con lo schianto
La frequente associazione in italiano fra il nome di un incidente automobilistico nel collage sonoro
dei Beatles e gli scarafaggi è in realtà un errore e una frase enigmatica se si ascolta il pezzo al
di traduzione:il nome comune inglese dello sca- contrario. Al termine di I'm So Tired Lennon farrafaggio è infatti cockroach,mentre con beetles uglia qualcosa che viene interpretato come "Paul
si indicano genericamente i Coleotteri, come i is dead, miss him, miss him. Le indicazioni più
maggiolini o gli scarabei. Infine la "leggenda": evidenti sarebbero soprattutto da rinvenire nelle
Lennon dichiarò a più riprese di avere avuto a copertine. Fra di esse, quella di Sgt. Pepper's
dodici anni la visione di un uomo su una torta Lonely Hearts Club Band con Paul unico a tefiammeggiante ("flaming pie") che disse: «Voi nere fra le mani uno strumento nero, e una mi-sarete Beatles, con una 'A'», rivendicando così steriosa mano aperta sul suo capo; e soprattutto
la paternità del nome. A ricordo di que- la copertina di Abbey Road, che mostra i quattro
sto, Flaming Pie nel 1997 divenne il titolo di un che attraversano la strada come in una procesalbum di Paul McCartney. La leggenda più no- sione funebre nella quale John vestito di bianco
ta, forse la prima leggenda metropolitana del sarebbe l'officiante, Ringo in nero rappresenterock, fu quella della morte di Paul McCartney rebbe l'agente delle pompe funebri e George saNel 1969 fu fatta circolare una voce secondo la rebbe vestito da becchino. ( Continua)
.
- 24. -
Antropos in the world
POLITICA E NAZIONE – OVVERO IL PENSIERO DELLA GENTE COMUNE
Gli Italiani con la crisi si arricchiscono!
Ovvero, le allucinazioni di Renzi
Ogni giorno gli italiani si svegliano consapevoli che
dovranno battersi con le tasse, le bollette, le multe e i
pagamenti vari. Con il solo stipendio su cui possono e
debbono contare non c’è la fanno ad arrivare a fine
mese. La paura regna sovrana e gli italiani sono
diventati formiche per la sfiducia nel futuro e il timore
di dover fronteggiare problemi inattesi . E per poter
avere la certezza di un futuro senza sorprese le
famiglie hanno diminuito o azzerato i consumi e gli
investimenti e hanno, con enormi sacrifici, messo da
parte qualche risparmio.
In questo clima da tragedia per ogni famiglia un solo
italiano si sveglia e asserisce che con la crisi gli
italiani si sono arricchiti.
Le affermazioni di Renzi sono scioccanti. Come può la
crisi dare vantaggio a chi la subisce ?
Ma in che mondo vive il Presidente del Consiglio
Italiano ? Le legge le statistiche ?
Orbene se il signor Renzi non si documenta o fa finta
di non vedere e non sapere gli diciamo che, secondo
le stime statistiche, la ricchezza netta delle famiglie
italiane è in continua flessione. Infatti dal 2007 ad
oggi si è avuto un decremento della ricchezza
individuale di circa l’ 8 per cento.
Il calo del reddito disponibile delle famiglie è anche
correlato al disastroso comportamento dei nostri politici che chiedono sempre più sacrifici ma, nel contempo, arricchiscono i loro privilegi e i loro stipendi.
Chi soffre e solo il popolo che oggi ha paura anche di
respirare temendo di dover pagare una tassa anche su
questo perché i continui governi di sinistra non votati,
e non voluti dal popolo, ma dal solo disastroso
Giorgio Napolitano, si sono dimostrati incapaci di
governare. Tutti hanno apertamente dichiarato che la
crisi era finita.
Monti vedeva la luce in fondo al tunnel, Letta una
netta ripresa e Renzi la ricchezza degli italiani.
Invece la realtà è diversa perché stiamo andando
incontro ad un aumento esponenziale delle tasse,
soprattutto quelle sulla casa ( e non è stata ancora
attuata la riforma sul catasto che prevede un aumento
vertiginoso degli estimi catastali).
Sono stati privatizzati la maggior parte dei servizi
municipali (acqua, luce, gas, spazzatura ecc. ) con
conseguente aumento delle tariffe.
Poi c’è stata anche la riforma delle pensioni con un
ulteriore innalzamento dell’età pensionabile, con il
calcolo delle pensioni orientato al sistema contribu-
- 25 -
tivo, che porterà a tagli sull’importo della pensione e ad un ulteriore impoverimento delle famiglie.
Poi i vari governi di sinistra hanno apportato tagli
alla sanità pubblica che sta lasciando spazio alla
sanità privata per cui, fra poco tempo, passeremo
al sistema assicurativo .
Ci sono anche stati tagli alla scuola pubblica e
sempre meno ragazzi potranno accedere alla scuola
pubblica.
In questo modo si sta alimentando la disoccupazione e la precarietà.
In sostanza saremo schiavi destinati a lavorare
sempre più e ad essere pagati sempre meno
(Diversamente da ciò che asseriva il PD e Prodi
con l’entrata nell’euro).
Così, come è avvenuto, è stata inevitabile la caduta
dei consumi con la inevitabile diminuzione della
domanda e della produzione industriale con il
fallimento di migliaia e migliaia di imprese
seguiti da centinaia di suicidi.
Purtroppo i media, così pronti a mettere la popolazione contro i politici democraticamente votati
e legittimamente al governo oggi sono assenti e
non fanno cenno alle ottuse affermazioni di quel
bulletto di quartiere diRenzi che parla di arricchimento delle famiglie italiane che invece stando
tirando la cinghia all’inverosimile.
Tutti ricorderanno come Berlusconi fu attaccato
dalla stampa di sinistra nel 2011 quando dichiarò
che era difficile dichiarare che l’ Italia si trovava
in crisi dal momento che gli indicatori sociali non
erano in calo.
Nel contempo vi fu il complotto vigliacco di
esponenti stranieri (Francia e Germania) con
traditori italiani che, per interesse di parte, ottennero il rovesciamento del governo eletto in carica e
la sua sostituzione con governi di sinistra non
voluti e non eletti dal popolo.
Questi governi ci hanno portato alla recessione e
alla fame. Hanno governato cosi male che tutti gli
indicatori sociali hanno toccato il fondo e la stampa
nazionale così attiva a mettere in prima pagina lo
spread (strumento del complotto contro l’Italia)
poi dimenticato, oggi ignora le sofferenze di un
popolo intero e le parole di Renzi che con la crisi
sta calpestando e portando via ogni dignità al popolo italiano.
Mario Bottiglieri
Antropos in the world
JOBS ACT: COSA CAMBIA PER I GIOVANI?
Negli ultimi mesi si è discusso molto sulla nuova,
ed ennesima, riforma del lavoro proposta da un
governo italiano. La riforma in questione ha preso il
nome di Jobs Act, letteralmente “atto del lavoro”
appunto.
Molte, però, sono state le critiche mosse da più
parti a detta riforma, accusata di seguire la scia delle
riforme precedenti nel campo del lavoro, che non
hanno portato a risultati positivi e semplificazioni
evidenti, semmai alla nascita di ulteriori problemi e
difficoltà.
Esempio di queste ultime è la riforma delle
pensioni approvata dal governo Monti nel 2012,
rinominata riforma Fornero, dal nome del Ministro del
Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero che ne
fu promotore.Detta riforma, che prevedeva tra le altre
cose l’innalzamento dell’età pensionabile, causò non
pochi problemi a molti lavoratori. Tra questi, i più
colpiti furono i cosiddetti “esodati”,cioè i lavoratori
che avevano sottoscritto accordi aziendali o di
categoria che prevedevano il pensionamento di
vecchiaia anticipato rispetto ai requisiti richiesti in
precedenza. Complice l'innalzamento dell'età del
pensionamento, questi sono rimasti senza più stipendio e senza ancora pensione, per alcuni periodi più
o meno lunghi di tempo. La riforma del lavoro
approvata dall’attuale governo Renzi ha invece come
fine ultimo quello di rendere più facile alle imprese
l'assunzione di lavoratori in un momento storico
caratterizzato da un elevato tasso di disoccupazione,
che si attesta intorno al 13% secondo i dati
dell’ISTAT.Addirittura più grave è la situazione per i
giovani,la cui percentuale di disoccupazione arriva a
toccare picchi del 40%. Questa riforma è perciò
diretta in primo luogo a questi ultimi, ai giovani,
affinché incontrino meno difficoltà nell’inserirsi nei
complicati meccanismi del mondo del lavoro.
Sorgono a questo punto spontanee alcune domande: quali sono le novità apportate dal Jobs Act?
Cosa cambia per i giovani? Qual è la reale efficacia
della riforma?
Il Jobs Act si fonda su alcuni punti principali. Tra
questi incontriamo quello che è stato definito
contratto a tutele crescenti, che prevede che tutti i
nuovi dipendenti di un'azienda siano assunti con un
contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti,
tutele che cioè cresceranno in relazione all'anzianità di
servizio. L’obiettivo perciò è quello di abolire i
contratti atipici, come i contratti a progetto, con cui
spesso sono assunti molti lavoratori, soprattutto
i giovani. Altro punto su cui si fonda la nuova riforma
del lavoro è la modifica dell’articolo 18 dello Statuto
dei Lavoratori, che disciplina i licenziamenti
individuali. Con questa modifica, il dipendente
licenziato ha diritto a essere reintegrato nell'organico
dell'impresa, qualora il licenziamento venga dichiarato
illegittimo dal giudice.Inoltre,a partire dal prossimo
anno, per i lavoratori neo-assunti, rimarrà l'obbligo di
reintegro soltanto quando un licenziamento risulti
discrimina-torio, cioè legato a pregiudizi ideologici,
razziali, sessuali o politici nei confronti del lavoratore.
Se invece il dipendente verrà lasciato a casa per
ragioni economiche (per esempio in caso di crisi
aziendale) non ci sarà il reintegro. Però, se il
licenziamento risulterà ingiustificato, il lavoratore
avrà diritto a un indennizzo in denaro, proporzionale
agli anni di carriera che ha alle spalle.
Infine questo “atto del lavoro”, oltre all’apporto di
modifiche all’Aspi (Assicurazione Sociale per
l'Impiego, ossia il sussidio di disoccupazione) ed alla
cassa integrazione, prevede la costituzione di una
agenzia nazionale per il lavoro al fine di favorire il
venirsi incontro di domanda e offerta lavorativa.
Il Jobs Act può condizionare fortemente le possibilità
e le condizioni lavorative dei giovani italiani.
Di grande importanza è l’obiettivo di eliminare la
miriade di contratti precari con cui spesso i giovani
vengono assunti nelle aziende. Alla scadenza di questi
contratti, i giovani lavoratori si ritrovano senza un
lavoro ed una rendita essenziale per costruire una base
per la propria vita. Fondamentale è, quindi, imporre
alle aziende di assumere i propri dipendenti con
contratti a tempo indeterminato.
Questa riforma presenta però un grande limite
attuativo: la mancanza di investimenti e di fondi a
disposizione delle aziende stesse, che non permette a
queste ultime di poter assumere nuovo personale.
Ecco il limite maggiore del Jobs Act: se mancano le
basi, ossia fondi ed investimenti per le piccole e medie
imprese, una riforma teoricamente valida perde gran
parte della suaeffettiva efficacia.
PAOLO ZINNA
- 26 -
Antropos in the world
GLI “AIUTINI” DI DRAGHI SERVIRANNO ALLE BANCHE
NON AI CITTADINI
Ricordate gli 80 euro di Renzi? Dovevano
servire a “far ripartire i consumi”, a “dare una
sferzata all’economia”, se non addirittura ad
inaugurare una storica stagione di “redistribuzione della ricchezza” in favore dei ceti meno
abbienti. Orsù, alzi la mano chi ha visto l’ombra
di tutto ciò: il rilancio dei consumi, la sferzata e
tutte le altre bubbole fiorentine. Semplice trucchetto contabile: con una mano ti do 80 euro in
busta paga, e con l’altra te ne tolgo altrettanti – o
anche di più – per le mancate detrazioni fiscali,
per l’aumento delle tariffe, per la moltiplicazione
delle tasse comunali, eccetera. Questo, naturalmente, per chi ha avuto gli 80 euro. Chi non li ha
avuti, ha dovuto pagare e basta.
Adesso, l’eccellentissimo governatore della
Banca Centrale Europea, dottor Mario Draghi,
sembra voler ripetere il giochetto, ma senza
neanche dare ai cittadini europei l’illusione
d’incassare una qualche mancia: soltanto la
promessa che le banche saranno un po’ più
elastiche nella concessione di crediti alle imprese
e alle famiglie. Ma vediamo di capirci qualcosa,
districandoci tra montagne di tecnicismi non
proprio semplicissimi e – manco a dirlo – in pura
lingua inglese, la lingua dei padroni. Dunque,
con grande solennità e alti squilli di trombe Sir
Drake ha annunziato il suo equivalente degli 80
euro renziani: il Quantitative Easing (traduzione
letterale: Alleggerimento Quantitativo), in sigla
QE. A noi comuni mortali i misteri del genio
creativo di Mister Britannia vengono così spiegati: per aumentare la liquidità monetaria nell’economia europea, la BCE creerà nuovo denaro,
con il quale acquisterà un certo quantitativo di
titoli di Stato emessi dai paesi dell’UE (ma non
dalla Grecia disobbediente); ciò, al lodevole scopo di rilanciare gli investimenti e di stimolare i
consumi. Ma – piccolo particolare – poiché la
BCE non può finanziare gli Stati (in omaggio ai
sacri princìpi del puritanesimo liberistico anglosassone) l’istituto di Francoforte dovrà acquistare questi titoli “in seconda mano”, facendoseli
girare – se così posso dire – da chi ne ha tanti e
vuole sbolognarsene un po’.
- 27 -
Cioè – guarda caso – dalle banche; che in tal
modo (effetto sicuramente non voluto!) saranno
le reali destinatarie di questa colossale operazione di beneficenza finanziaria.
Quanta parte di questa montagna di soldi
(60 miliardi di euro ogni mese, fino al settembre
2016) andranno alle imprese e ai cittadini europei? Quella parte soltanto che le banche – a loro
illuminato ed insindacabile giudizio – decideranno di mettere in circolazione sotto forma di
credito alle imprese e alle famiglie. E quanto
grande sarà questa parte? Non tanto grande, temo. È probabile che le banche continueranno ad
erogare crediti col contagocce ad una clientela
con alta probabilità di insolvenza. La manna dal
cielo sarà probabilmente destinata al reinvestimento in attività finanziarie redditizie, oltre che
a tappare i buchi di tanti vecchi crediti inesigibili.
È già successo fino a un paio d’anni fa, con
un’altra genialata del nostro eroe: le LTRO,
Long Term Refinancing Operations, ovvero
Operazioni di Rifinanziamento a Lungo Termine. Altri 1.000 miliardi di euro, dei quali – fra il
2011 e il 2012 – si sono giovate soprattutto le
banche, che però si sono ben guardate dall’utilizzare quel fiume di danaro per far “ripartire”
l’economia reale.
Intendiamoci: si è trattato di “aiutini” che
non hanno fatto male a nessuno. I 1.000 miliardi
delle LTRO sono serviti – se non altro – ad evitare esuberi e licenziamenti di impiegati bancari. Così come gli 80 euro di Renzi sono serviti a
pagare qualche nuovo balzello locale. Così come – aggiungo – il QE rappresenta comunque
una iniezione di liquidità in un sistema inaridito
dal “rispetto degli impegni” verso la finanza
usuraia. Purtroppo, però, né le LTRO né le mance renziane hanno fatto “ripartire” un bel niente.
Quanto al Quantitative Easing, potrebbe certamente apportare grandi benefìci; ma soltanto se
la nuova liquidità fosse versata agli Stati, che
potrebbero impiegarla per finanziare la spesa
pubblica e per ridurre la pressione fiscale.
Continua a pagina -34 -
Antropos in the world
Gaetano, dall’ITC San Giuseppe:
« VI SFIDO A CONTRADDIRMI! »
Sono un alunno della prima superiore e chiedo ai governanti della mia patria, perché sto
studiando? Quale sarà il mio futuro?
Al giorno d'oggi, in Italia, il tasso di povertà è
in considerevole aumento.Secondo i dati ISTAT,
esso è aumentato del 4, 6%, per un totale di
14,7% nel 2015. La maggior parte degli italiani
con un'occupazione paga le tasse, con le quali
vengono lautamente stipendiati i nostri parlamentari.
La crisi ha colpito tutti i settori dell'economia.
Molte aziende italiane, conosciute in ambito
mondiale, spesso fanno dei tagli allo stipendio
dei propri dipendenti, cercando di poter pagare
tutte le tasse che lo Stato impone.Di conseguenza i lavoratori percepiscono uno stipendio molto
basso, incapace soddisfare i bisogni della famiglie.
Un'altra realtà molto cruda e tanto vicina a
noi, è la presenza all'interno di molte famiglie, di
un solo lavoratore, si parla quindi di famiglie
monoreddito, che vivono nella ristrettezza. Molti ragazzi abbandonando lo studio in giovanissima età per aiutare la propria famiglia: abbiamo toccato il fondo, ma c’è chi dice che ci aspetta ancora di peggio. Più di cosi!
Intanto, la vita ha cessato di essere generosa con
l’uomo, come domostra la lotta contro le malattie; massimamente contro il cancro.
La televisione, infatti, ultimamente, sta presentando “Braccialetti rossi”, una serie televisiva
che racconta la storia di sei ragazzi, di età compresa tra gli 11 e i 17 anni, che si incontrano in
un ospedale accomunati dalla malattia e formano
un gruppo, chiamato appunto Braccialetti Rossi,
dagli omonimi bracciali indossati da tutti coloro
che fanno parte di quel reparto di malati di cancro.
I ragazzi diventeranno inseparabili, ridono,
giocano, piangono, si emozionano e lottano
insieme per la vita. Uno dei ragazzi morirà a
causa di un intervento sbagliato,
così, nella 2 serie, organizzano
un falò per il loro amico perduto. Infine, almeno una cosa è certa, l’uomo può trovarsi in mille vicissitudini,
ma se è sostenuto dall’amodei suoi simili e dalla solidarietà di tutti, ogni cosa si può
superare ed ogni battaglia può
essere vinta. Ed allora? Uniamoci
insieme, basta con questo mare di incertezze!
Gaetano Visconte
L’OPOSSUM NELL’ARMADIO
L’ultima fatica letteraria del giovane autore
jesino Lorenzo Spurio, pubblicata da Poetikanten
Edizioni nel gennaio 2015, presenta un titolo
davvero singolare: “L’opossum nell’armadio”. Si
tratta di una raccolta di 21 racconti, il genere
letterario che Spurio predilige, poiché offre la
possibilità di poter caratterizzare i personaggi in
maniera minuziosa in uno spazio limitato, e
soprattutto di analizzare quelle che sono le
caratteristiche che, da sempre, affascinano questo
autore. I risvolti psicologici, la mente nella sua
essenza, il fatto che vi siano persone che vivono
nell’attesa che qualcosa accada, e che poi, quando
di fatto accade, si comportino in maniera del tutto
pacata. Insomma, dai personaggi- uomini e donne,
giovani e vecchi- che popolano i racconti di Lorenzo Spurio ci si aspetterebbe un po’ più di partecipazione emotiva, mentre invece, nelle situazioni
più assurde e surreali, essi agiscono come nulla
fosse.
Ecco quindi che persone che inizialmente si
pensava essere animate da buoni sentimenti, si
trasformano come fossero represse da anni di
soprusi, e reagiscono nell’immediato, senza avvertire senso di colpa, continuando a svolgere la loro
vita di sempre. È il caso di nonne che diventano
assassine e uccidono le nipoti, per estirpare il male
che esse stesse hanno generato: quella famiglia
sciagurata che più non merita di prosperare.
- 28 -
Antropos in the world
IMMAGINI DI UN ALTRO TEMPO
0’ RAMMÀRO
Tale voce in origine tradusse esattamente l’italiano ramaio e cioè l’artigiano che fa e vende
oggetti di rame il calderaio; etimologicamente
la voce rammaro è un derivato del lat. (ae)rame(n) con raddoppiamento espressivo della
consonante nasale bilabiale (m) piú il suff. di
pertinenza arius (in napoletano aro, in italiano
aio). Da tutto ciò si evince che in origine ‘o
rammaro era colui che lavorava, produceva e
vendeva al minuto sia in una propria bottega,
sia molto spesso a domicilio utensili di rame
(pentole, padelle, vasellame etc.) per i bisogni
quotidiani; ed era tale medesimo artiere, quando facesse anche le funzioni dello stagnino,
che con cadenza settimanale al grido: -Stagnàteve ‘a ramma! (Fate ricoprir di stagno gli
utensili di rame!)-, si recava presso i suoi clienti per coprire le parti degli utensili di rame che
andavano a contatto con il cibo, con un sottile
strato di stagno (elemento atossico) (per rendere nuovamente utilizzabili le pentole, le padelle,il vasellame etc. di rame ed impedire che
il cibo potesse diventare tossico stando a diretto contatto con il rame che – per logorio
d’uso – avesse perduto lo strato protettivo di
stagno; in effetti il quotidiano uso delle stoviglie di rame procurava appunto la consunzione
o logoramento dell’originario strato di stagno
ed occorreva ricostituirlo ed a ciò provvedeva o
il medesimo rammaro (nella speranza che, se
le stoviglie fossero troppo rovinate, ne potesse
vender di nuove) o un altro artiere detto stagnaro = stagnaio; il nome napoletano fu poi
assegnato estensivamente all’idraulico per la
frequentazioni di quest’ultimo con lo stagno
usato per saldare i tubi di piombo; da notare
che anche in un corretto italiano, mutuandolo
dal napoletano stagnaro, la voce stagnaio è
usata per indicar l’idraulico.
In prosieguo di tempo, quando poi l’alluminio
entrò prepotentemente, soppiantando il rame,
nella formazione degli utensili da cucina, ecco
che ‘o rammaro perdette quella sua esigua
fonte settimanale di guadagno (le stoviglie di
rame non si vendevano piú, né era necessario
stagnare l’alluminio, atossico di suo) e per non
perdere la clientela che aveva acquisito vendendo e stagnando rame, egli fu costretto ad
operare una sorta di riconversione commer-
cciale; continuò a girar di casa in casa, ma invece di utensili di rame, prese a vendere capi
di biancheria personali e/o per la casa (corredi
matrimoniali etc.) ed operò détta vendita non
pronti contanti, ma con conte-nute rate
settimanali o talvolta mensili e con l’avvenuta
riconversione commerciale mutò anche il
nome; non fu piú ‘o rammaro ma divenne ‘o
rammariello anche quando, per l’età, non fosse
cosí tanto giovane da giustificare il diminutivo
rammariello usato quasi ad indicare la giovane
nuova attività del vecchio rammaro.
A completamento di quanto detto, rammento
un’espressione che, un tempo, settimanalmente si poteva udire con diverso significato:
a) Ogge à dda passà ‘o rammaro!... (nel senso
di preparare le stoviglie) ;
b) Ogge à dda passà ‘o rammarillo! …(nel
senso che è giornata di esborso di rate)
Oggi che il rame non si usa piú è normale
che la voce in epigrafe sia sparita, come è
altresí sparito il diminutivo rammariello, perché
non atteso più da nessuna padrona di casa,
in quanto non si usa più fare la cassa del
corredo, mettendovi anche i capi della nonna e
della bisnonna, con lenzuola e coperc te ricamate a mano.
- 29 -
Antropos in the world
IL MUSEO DIOCESANO DI SALERNO
Di PAOLO LIGUORI
Il Museo Diocesano “San Matteo” venne istituito
nel 1935 per volontà di Mons. Arturo Capone,
insigne studioso salernitano: questi, avendo appreso da una serie di documenti della deupaperazione artistica della Cattedrale di Salerno,
decise di salvaguardare il patrimonio esistente
raccogliendolo in sale di esposizione, ponendo
così le basi dell’attuale istituzione. Ottenuti i
mezzi per costruire a ridosso del Duomo due sale,
vi fece collocare le tele dipinte ereditate dall’arcivescovo Sanchez de Luna e dal Marchese Ruggi
d’Aragona, già conservate nella sagrestia della
cattedrale, oltre ad alcuni codici miniati e il rotolo
dell’Exultet; avviò inoltre una raccolta numismatica e dette inizio al progetto di una biblioteca
di storia salernitana.
Le due sale si rivelarono presto insufficienti e
monsignor Capone riuscì a crearne un’altra a
oriente delle due già costruite, da riservarsi principalmente all’esposizione dei preziosi avori del
secolo XII. In seguito, oltre la Tabula eburnea, ci
si premurò di accogliere tavole e tele dipinte di
Enti ecclesiastici che non avevano una custodia
sicura, e quante opere potevano essere raccolte
nel corso dei restauri del Duomo che, iniziati nel
1947, si protrassero per numerosi anni. Tutto
questo materiale, però, rimaneva in gran parte
affastellato, perciò fu decisa la costruzione di
un’altra grande sala sul lato occidentale dell’edificio con ampio atrio e nuovo ingresso da via
Nicola Monterisi.
Già prima del 1950, l’allora Direttore del Museo,
Arturo Carucci (nominato nell’ottobre del 1944),
aveva dato notizia della costruzione del Museo
alla Soprintendenza alle Gallerie per la Campania
e l’allora Soprintendente, Bruno Molajoli, inviò,
per condurre un’indagine conoscitiva, Raffaello
Causa, il quale promosse una campagna di
restauro delle opere. Sicuramente l’intervento più
impegnativo fu il tentativo di dare una ricomposizione alle tavolette d’avorio: prova conclusasi
nel 1962 dal prof. Hans Hempel dell’Università
di Bonn nel Laboratorio di Restauro di Capodimonte.
- 30 -
La Dott.ssa Guerrieri, Soprintendente alle Biblioteche, fece esporre le tavolette dell’Exulet in
armadi di amianto; e qualche anno più tardi la
Congrega di San Bernardino dette i mezzi per
costruire nell’atrio del Museo una sezione lapidea. Il Museo si avviava così ad avere una sistemazione organica.
La sala d’oriente fu riservata agli avori, all’Exulet, al Crocifisso del secolo XI, detto di Pietro
Barliario, e alla croce di Roberto il Guiscardo.
La sale centrale accolse opere di maestri attivi fra
il secolo XIII e il secolo XVI: dipinti di Andrea da
Salerno, di Francesco Curia, Cristoforo Sacco,
G.B. Lama, Roberto d’Oderisio, una Pietà d’ignoto e la tavola del Maestro dell’Incorona-zione
di Eboli.
La sala a destra entrando fu riservata alle tele
dipinte di Luca Giordano, Andrea Vaccaro, del
Coppola, del Beinaschi e di altri artisti del
Seicento; al “Medagliere Pontificio”, a parte della
raccolta numismatica e ad altre opere del secolo
XVII.
La sala a sinistra, infine, accolse le tele del
Solimena, del Ricciardi, del Chiarelli e di altri
artisti del secolo XVIII; le “Lauree” della Scuola
Medica; arredi sacri preziosi del Duomo e altre
opere minori. (Continua)
Antropos in the world
A VUCCHELLA di GABRIELE D’ANNUNZIO
La canzone napoletana è un fenomeno musicale,
letterario, sociale, folkoristico, di assoluto valore.
Nasce a Napoli e si diffonde in tutto il mondo. Tutti
gli artisti (cantanti, direttori d’orchestra) di fama
mondiale conoscono la canzone napoletana e la
inseriscono nei loro repertori, (persino il coro
dell’Armata Rossa ha inserito nel suo repertorio una
canzone napoletana, Funiculì, funiculà). La canzone
napoletana classica contagia i cantanti lirici, subisce
rivisitazioni, innovazioni e ammodernamenti ma
rimane sempre un’attrattiva straordinaria per tutti. Di
recente il dialetto napoletano ha avuto un riconoscimento sensazionale da parte dell’Unesco (l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite creata con lo
scopo di promuovere la pace e la comprensione tra le
nazioni mediante l'istruzione, la scienza, la cultura, la
comunicazione e l'informazione, per promuovere "il
rispetto universale per la giustizia, per lo stato di
diritto e per i diritti umani e le libertà fondamentali"
quali sono definite e affermate dalla Carta dei Diritti
Fondamentali delle Nazioni Unite). Al dialetto
napoletano è stato riconosciuto il “rango” di lingua, la
seconda per importanza, in Italia, dopo la lingua
italiana, un riconoscimento doveroso ed eccezionale.
Quando un dialetto acquista la dignità di “lingua”? Io
credo che un dialetto per poter essere considerato una
lingua deve possedere almeno due requisiti importanti: a) deve essere diffuso in un territorio piuttosto
vasto. b) deve poter vantare una letteratura consistente. Infatti il napoletano non si parla solo a Napoli e
in Campania, ma è parlato e compreso in tutte le
regioni confinanti o,per meglio dire, in tutto il meridione) e può contare su una ragguardevole letteratura
alle spalle (Scarpetta,Viviani, i De Filippo, Matilde
Serao, Ermanno Rea, Curzio Malaparte, Salvatore Di
Giacomo ecc.) e le canzoni….. Bene ha fatto, quindi,
l’Unesco a riconoscere la lingua napoletana come “un
patrimonio da tutelare non solo per l’Italia, ma per il
mondo intero.”
Fatta questa doverosa premessa, vorrei parlare di una
canzone classica napoletana per i suoi meriti intrinseci
e per la sua meritata notorietà: ‘A vucchella (La
boccuccia). Il testo fu scritto dal grande poeta Gabriele D’Annunzio, abruzzese e ammiratore di Napoli, nel 1892. Si narra che fu scritta ad un tavolo del
noto caffè “Gambrinus” per una sfida lanciatagli dal
notissimo poeta e autore di canzoni napoletane
Ferdinando Russo, che volle mettere alla prova della
lingua napoletana il più famoso collega abruzzese.
Gabriele D’Annunzio, che aveva una certa dimestichezza con la lingua napoletana, accettò la sfida e
compose il testo in poco tempo al tavolo di quel caffè e
vinse la scommessa/sfida. Ma bisogna aggiungere che,
dopo la stesura del testo (ammirevole, nella sua
semplicità, bellezza e tenerezza) bisognò attendere fino
al 1904 per essere trasformata in canzone. Per questo il
vate si rivolse al maestro Francesco Paolo Tosti
(anch’egli abruzzese) per farla musicare. E fu subito un
gran successo, anche se gli autori non erano napoletani,
perché a proporre la canzone ad un pubblico vasto e di
buona bocca , ci pensò il grande Caruso. Oggi è nota in
tutto il mondo. Per i lettori che non conoscono il
napoletano ecco il testo originale e la traduzione in
lingua italiana.
LA BOCCUCCIA
'A VUCCHELLA
Si comm'a nu sciurillo... Sei come un fiorellino,
tu hai una boccuccia
tu tiene na vucchella,
un pochino appassita.
nu poco pucurillo,
Dai, dammelo, dammelo,
appassuliatella.
-- è come una rosellina -Méh, dammillo, dammillo, dammelo un bacio,
è comm'a na rusella...
dammelo, Cannetella!
dammillo nu vasillo,
Dammelo e prendilo,
dammillo, Cannetella!
un bacio piccolino
un bacio piccolino
Dammillo e pigliatillo
come questa boccuccia,
nu vaso...piccerillo
che sembra una rosellina
comm'a chesta vucchella un pochino appassita...
che pare na rusella...
Si... tu hai una
nu poco pucurillo
boccuccia...
appassuliatella...
un pochino appassita
Gabriele D'Annunzio
A questo punto è doveroso qualche commento al testo, che è una vera poesia, gradevolissima, gustosissima. Tutti gli apprezzamenti per la giovinetta a cui
sono dedicati, sono espressi con molti diminutivi usati
intenzionalmente con dovizia e raffinatezza (Vucchella/boccuccia, sciurillo/fiorellino, nu poco pucurillo/poco, pochino, appassiulatella/appassita, rusella/rosellina, vasillo/bacino, piccerillo/piccolino).
Non mi pronuncio sulla melodia perché non sono un
tecnico, ma a qualsiasi persona semplicemente appassionata di musica. non può sfuggire che si tratta di un
brano di eccezionale gradevolezza e non dimostra
affatto gli anni che ha: si tratta di una classica canzone
napoletana colma di sentimento e piacevolissima. A
tutti i lettori consiglio, anche, di connettersi a You
Tube richiamando “’A vucchella” che potranno ascoltarla, col testo originale davanti, cantata da numerosi
interpreti: Murolo, Pavarotti, Caruso, Bocelli ed altri
Buon ascolto!
Vincenzo Soriente
- 31 -
Antropos in the world
Regimen Sanitatis Salernitanum
- Caput XLVI
DE CEREVISIA ET ACETO
Grossos humores nutrit cervisia,vires praestat et augmentat
Carnem, generatque cruorem. Provocat urinam, ventremque
Mollit et inflat. Infrigidat modicum, sed plus desiccat acetum.
In frigidat, macerat, melanch dat, sperma minorat,siccos infestat
Nervos et pinguia siccat.
.
E’ la birra che alimenta pingui umori e corpo allenta,
che rinforza il cor che langue,che produce e accresce sangue;
eccitaImmagini
suole l’oricorrelate:
na, mentre gonfia e ammolla il ventre.
Ben rinfresca un po’ d’aceto,ma più asciuga e l’umor lieto cangia in tristo,
affievolisce e lo sperma diminuisce; reca danni ai nervi adusti
e dissecca i pingui busti.
LEVIORA
LE COSE DELLA VITA
Due carabinieri:
- Tu sai chi è Alessandro Magno?
- Non lo so.
- Vedi caro mio, è un grande conquistatore che
ha conquistato quasi tutto il mondo conosciuto a quei tempi-.
- Ma tu come lo sai? Come mai all’improv-viso
sei diventato così istruito?
- Da quattro settimane sto frequentando una
scuola serale e là si impara una marea di cose
interessanti. La settimana dopo si incontrano di
nuovo e quello cha va a scuo-la fa di nuovo una
domanda:
- Sai chi è Napoleone?L’altro fa un segno di non saperlo.
- Era un imperatore francese che ha conquistato tutta l’Europa ed è stato sconfitto nel-la
battaglia di Waterloo-.
L’altro, sentendosi un po’ male per la sua
ignoranza fa:
- E dimmi adesso tu: sai chi e Mohamet
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IL GIORNALE SALe
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Direzione e Redazsoggette
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o che tutti i mercoledì ,dalle 19:00 alle
tel. 089.797917
22, fotte tua moglie mentre stai alla scuola.
BRONTOLO
- 32 -
-Antropos in the world
LETTERA DI UN SACERDOTE
CATTOLICO
Caro giornalista fratello : io sono un semplice prete
cattolico. Sono felice e orgoglioso della mia vocazione. Venti anni che vivono in Angola come missionario. Vedo molti media, soprattutto indagare nella
vita di preti pedofili: uno di una Città Stati Uniti d'America degli anni '70 , un altro in Australia negli anni
'80 e via via in avanti , fino ai casi recenti ... Certo
tutto condannabile.
Alcune presentazioni giornalistici sono ponderate ed
equilibrate, altre amplificano ed universalizzano, con
pregiudizi e persino odio.
E ' per me un grande dolore che persone malvagie, che
dovrebbero essere testimonianza dell'amore di Dio ,
diventino pugnali nella vita di innocenti. Nessuna
parola può giustificare tali atti.
Non vi è dubbio che la Chiesa deve schierarsi dalla
parte dei deboli , gli indifesi e quindi, prendere tutte le
misure per la protezione, prevenzione della dignità dei
bambini è sempre una priorità assoluta.
Ma perché disinteressarsi curiosamente di migliaia di
sacerdoti che sono consumati da milioni di bambini ,
adolescenti e svantaggiati nei quattro angoli del
mondo? Ed io ho dovuto portare su strade minate, nel
2002 , molti bambini malnutriti dal Cangumbe a
Lwena ( Angola), […]; si dovevano seppellire decine
di piccoli decessi tra gli sfollati dalla guerra e quelli
che sono tornati;
Ciò avrebbe salvato la vita di migliaia di persone in
Messico dal solo posto medico in 90.000 km2, e con la
distribuzione di cibo e sementi.
E che dire di Fray Maiato, con suoi 80 anni, passare di
casa in casa a confortare i malati e disperati.
Non è una novità che più di 60.000 dei 400.000
sacerdoti e religiosi hanno lasciato il loro paese e la
loro famiglia per servire i loro fratelli in un lebbrosario , ospedali, campi profughi , orfanotrofi per i
bambini accusati di stregoneria o orfani di genitori
morti di AIDS nelle scuole per poveri , nella formazione professionale in HIV strutture di assistenza ...
O soprattutto in parrocchie e missioni per motivare le
persone a vivere e all'amore .
Neppure è una novità che il mio amico , P. Marcos
Aurelio , per salvare alcuni giovani durante la guerra
in Angola, tornando alla sua missione è stato ucciso
per la strada.
E fratello Francisco, con cinque donne catechisti , per
andare ad aiutare le zone rurali più remote, sono
mortiin un incidente in strada ; Decine di missionari
- 33 -
in Angola sono morti per mancanza di soccorso
sanitario , per una semplice malaria ; altri, in visita al
popolo, sono saltati in aria a causa di una mina , .
Nel cimitero di Kalulo sono le tombe dei primi
sacerdoti che sono arrivati nella regione ... Nessuno
aveva più di 40 anni.
La vita di un prete "normale", giorno per giorno, nelle
difficoltà e le gioie, consumata tranquillamente per la
comunità, non fa notizia .
La verità è che noi non cerchiamo i titoli , […]. Fa più
rumore un albero che cade, che migliaia di alberi che
crescono.
Lo fa più scandalo da un prete che non riesce, chea
migliaia di persone che danno la loro vita per i
bisognosi.
Il sacerdote non è né un eroe , né un nevrotico .
Lui è un uomo semplice , la cui umanità cerca di
seguire Gesù e di servire i loro fratelli .
C'è miseria , povertà e fragilità , come in ogni essere
umano ; e la bellezza e la bontà , come in ogni creatura
... Insistere come ossessionato e perseguitare con
vignette veramente offensive per sacerdozio cattolico,
mi ha offeso. Non fare le scuse per la Chiesa ed i
Sacerdoti .
Il sacerdote non ê né un eroe , né un nevrotico, ma un
semplice uomo, che ha scelto di seguire Gesù e servire
i Fratelli. C'è miseria, povertà e fragilità , sono
disponibili in ogni essere umano; e la bellezza e la
bontà , sono disponibili in ogni creatura ...
E ' giunto il momento di fare un po’ di chiarezza … da
questa parte vi è l’esempio di tutta la nostra vita.
Juan Pedro
Antropos in the world
GLI AIUTINI DI DRAGHI SERVIRANNO ALLE BANCHE NON AI CITTADINI
Continuazione da pag.27
Ma – lo abbiamo visto – i Comandamenti
delle sacre Tavole del Dio Denaro vietano di
utilizzare la ricchezza a pro della collettività.
La ricchezza non deve appartenere ai Popoli e
agli Stati ma alle Banche. Le Banche creano il
denaro e le Banche ricevono il denaro. Alle
Nazioni, ai sistemi economici nazionali, alle
popolazioni possono andare soltanto le briciole, cadute dalla tavola dei padroni.
Allora questo benedetto Quantitative Easing non è utile a nessuno? Non è esatto neanche questo. A Draghi, per esempio, è stato
utile. È servito a rafforzare la sua immagine di
enfant prodige della finanza europea. Gli ha
giovato anche la solita opposizione preconcetta
di madame Merkel, che puntualmente riesce a
far aumentare le simpatie per i suoi antagonisti. L’aspettativa per la nuova operazione è
grande, ma i risultati – ci scommetto – saranno
modestissimi. Un piccolo “aiutino”, un’aspirina buona per curare un raffreddore, ma del
tutto inefficace per la polmonite doppia che
tiene a letto l’Europa.
Post Scriptum. Nel momento di licenziare
l’articolo apprendo che il Governo Renzi si appresta a varare un’altra delle sue illuminate “riforme”.
Ad essere nel mirino del Vispo Tereso, questa volta, sono quelle banche popolari e di credito cooperativo che rappresentano forse l’ultimo scampolo
di “banca a misura d’uomo” presente sul nostro
territorio. Il grimaldello per scardinare la loro fastidiosa sopravvivenza (fastidiosa per il sistema bancario cosiddetto “europeo”) è l’abolizione del limite dell’1% come quota massima detenibile da parte
di ciascun socio. Questa soglia (stabilita dall’articolo 30 del Testo Unico Bancario) aveva fino ad
oggi salvaguardato le banche popolari dallo shopping selvaggio degli “accorpamenti” a pro dei
grandi gruppi bancari. Caduta questa limitazione,
anche “le popolari” saranno fatalmente assorbite
da un sistema bancario sempre più “alieno”, sempre più distante dalle esigenze reali del nostro tessuto produttivo. Ed un altro pezzo della nostra economia reale (i 450 miliardi di attivi gestiti dalle
banche popolari) prenderà il volo e finirà nelle casse della finanza internazionale.
Michele Rallo
( Da “ Le opinioni eretiche”)
CONCORSO DI POESIA MATER DEI
La Direzione di ANTROPOS IN
THE WORLD, in collaborazione con
la Chiesa Madre di Pagani,bandisce la
quarta edizione del Concorso nazionale
di poesia religiosa MATER DEI, per
gli alunni degli istituti superiori ed autori adulti, ovunque residenti. Si partecipa con una sola lirica, mai inviata ad
alcuna competizione poetica e che non
superi i trenta versi.
Gli elaborati dovranno giungere alla
Direzione del Giornale, in Salerno,
alla via Posidonia, 171/h, entro e non
oltre il trenta aprile p.v. Una commissione specializzata,che sarà resa nota nel
giorno della premiazione, valuterà atten-
tamente i testi, scegliendo i vincitori che
saranno premiati nella manifestazione che
si terrà, in data da stabilire, nella magnifica chiesa del SS. CORPO DI CRISTO,
in Pagani, entro il 30 maggio 2015.
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Antropos in the world
Di Giuffrida Farina
COME HO SEMPRE PENSATO A MIA
M O G L IE
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Giornale del 01/03/2015