ò ϛ European Journalism Legitimation - membership in the GNS Press Association - The ECJ promotes publishing, publication and communication work of all types - P. Inter.nal COMPORTAMENTI A RISCHIO I PROBLEMI ALIMENTARI ANNO VII N.RO 07 del 01/09/2012 Pag. psicologica La moglie di Tolstoj Prometeo Plauto Afidi Nicodemate Carlo Buti Storia d’uno sconosc. Faedrus favole in nap. Da Torre del Lago P. Elem. di paremiologia Momento tenero Pagina medica Antropologia Storia della musica Andraous Didone Eros nei secoli Critica letteraria Politica e Nazione Piatti tipici Dalla Red. di Bergamo I grandi Pensatori Dentro la storia Il pers.ggio del mese Immagini d’altro tempo De cognomine disput. Dentro la città Leviora – La satira Nella società di oggi, si crea una sorta di condizione di “ pseudoidillio ” affettivo tra adolescenti e genitori, che da un lato attenua la conflittualità intrafamiliare, ma al tempo stesso sottrae al giovane parte di quelle motivazioni indispensabili per combattere le proprie battaglie, spesso già condotte e vinte dagli stessi genitori. Da ciò, il rischio della noia, “ percepita come un‟insoddisfazione di fondo, un incontrollabile senso di vuoto, che fatica ad essere colmato e che costringe a stare per ore davanti ad uno schermo. Una noia che stordisce e rischia di far sentire quel dolore esistenziale, quella frustrazione, insita nel vivere, a cui l‟adolescente non è abituato. Tale noia richiede di essere cancellata, attraverso qualunque strumento o metodo, che possa restituire all‟adolescente la percezione del “suo essere qui ed ora” .1 Grazie alle nuove capacità cognitive, acquisite con lo sviluppo, gli adolescenti dovrebbero saper elaborare programmi a lungo termine, ma spesso il futuro appare così lontano ed incerto, che questa capacità viene applicata sul presente: l‟adolescente preferisce, allora, di non rimandare scelte che hanno ricadute immediate, perché queste gli consentono una rapida gratificazione nel presente. Da tutto ciò scaturisce il bisogno di stordirsi, di riempire il senso del vuoto che li pervade, ergo, mettono in atto vere e proprie azioni estreme ed incredibili. Le problematiche alimentari adolescenziali più diffuse e più pericolose per la salute dei ragazzi sono: l’ anoressia e la bulimia. L‟anoressia e la bulimia sembrano, in apparenza, due fenomeni opposti. Occorre analizzarli sommariamente, però, prima di trarre conclusioni affrettate. L’anoressia è il rifiuto di mangiare, e porta come conseguenza l‟abbassamento del peso del proprio corpo, sotto una percentuale dell‟85% di quello previsto, sulla base delle proprie caratteristiche costituzionali. Gli anoressici decidono di dimagrire, e mostrano una irrazionale paura di recuperare il peso perduto, anche se il loro organismo è sottoposto ad una evidente denutrizione. Questo fenomeno interessa molto le ragazze, che spesso soffrono, per conseguenza, di amenorrea, cioè saltano il ciclo mestruale per periodi di almeno tre mesi. L‟anoressia diventa nervosa e cronica quando i pasti vengono completamente aboliti. L‟organismo, però, ha le sue difese, e quindi induce un senso di fame insopportabile, per sopperire alla mancanza di cibo, spesso, l‟anoressico ricorre al vomito, assume farmaci lassativi o diuretici, oppure svolge un‟attività fisica esagerata, nel tentativo disperato di continuare a controllare il proprio peso. Negli ultimi 40 anni, l‟incidenza dell‟anoressia mentale è raddoppiata, e sembra continuamente aumentare. Secondo alcune stime, nel 14% dei casi l‟anoressia, o una sua conseguenza, porta alla morte, per questo è importante intervenire tempestivamente, allorché si manifestano i primi sintomi. L‟anoressia colpisce, nel 90% circa dei casi, le ragazze. Ultimamente, però, l‟anoressia maschile sembra essere in crescita. Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), redatto dall‟Associazione psichiatrica Americana, l‟Anoressia nervosa è caratterizzata da: Perdita del 15-20% del peso corporeo (oltre il 30% può necessitare un ricovero); Amenorrea da oltre 6 mesi e rifiuto del cibo; Paura ossessiva di ingrassare, senso di onnipotenza; Senso di non appartenenza del corpo. Franco Pastore _________________________________ 1. 2. 3. PETTER, “PROBLEMI PSICOLOGICI DELLA PREADOLESCENZA”. ED. LA NUOVA ITALIA. PIETROPOLLI CHARMET GUSTAVO; “ I NUOVI ADOLESCENTI”; RAFFAELLO CORTINA EDITORE. POTITO D., BERNARDI V., BUZI F., LORINI R.; “ADOLESCENTE FRA PSICHE E SOMA”; UTET. -1- Antropos in the world LA DONNA NELLA STORIA Sof'ja Tolstaja a cura di Andropos Со́фья Андре́евна Толста́я (prima parte) Sòf'ja Andrèevna Bers, detta Sonja, coniugata Tolstàja, contessa russa, nacque a Glebovo-Strešnevo, 22 agosto 1844. Fu moglie di Lev Nikolàevič Tolstòj, da lei confidenzialmente chiamato Leone «Lëvočka», al quale diede tredici figli. Nata in una dacia del villaggio di Pokrovskoe, a nord-ovest di Mosca, nella tenuta di Glebovo-Strešnevo, Sonja vi trascorse ogni estate fino al matrimonio. In inverno la famiglia si trasferiva in un palazzo statale del Cremlino, poiché il padre Andrei Be, di origini tedesche, era medico della corte imperiale, oltre che «consulente sanitario capo» del Senato e del Comando militare, ed esercitava la professione a tempo pieno, anche al di là degli incarichi governativi. La madre, Ljubòv' Aleksandrovna Islàvina, di nobile famiglia russa, era amica d'infanzia di Tolstoj, di due anni più anziana dello scrittore, che ad undici anni se n'era innamorato, tanto da spingerla, per gelosia, giù da un balcone, rendendola claudicante per diverso tempo. Sonja aveva quattro fratelli e due sorelle. La minore, Tanja, diventerà una frequentatrice abituale di Jàsnaja Poljana e un'amica fedele di Tolstoj, al quale servirà da modello per il personaggio di Nataša Rostova. Assieme alle sorelle, Sonja ricevette la propria istruzione in casa, da parte della madre, delle governanti, di un lettore di francese e di alcuni studenti. Uno di questi, in particolare, le portò da leggere Büchner e Feuerbach, affascinandola alle concezioni materialistiche; ma la giovane, che si sentiva pur attratta dal nichilismo, tornò presto alla fede ortodossa. Studiò per conseguire il diploma di maestra, preparando un saggio intitolato Musica. A sedici anni si recò all'Università di Mosca per sostenere gli esami da privatista, superandoli con successo (scriverà settant'anni dopo di «andare ancora fiera» di quel diploma). Era il periodo dell'abolizione della servitù della gleba, e Sonja, come altri giovani, si sentiva entusiasta dell'evento. Conclusi gli studi, compose la novella Nataša, che vedeva come protagoniste lei e la sorella Tanja. La letteratura l'appassionava, perciò Tolstoj, che aveva circa il doppio della sua età, rappresentava per lei, prima ancora che un amico di famiglia, un modello culturale: il racconto Infanzia (1852) era stato il libro che, assieme al David Copperfield di Dickens, più l'aveva interessata, tanto che ne aveva trascritti alcuni passi per impararli a memoria, ad esempio: «Torneranno mai la freschezza, la spensieratezza, il bisogno d'amore e la forza della fede che si possiedono nell'infanzia?». Nell'agosto del 1862 il trentaquattrenne autore di Polikuška (la prima opera che la moglie copierà) prese a frequentare quasi quotidianamente casa Bers, sia a Pokrovskoe sia a Mosca. Scrisse alla zia Aleksandra: «Io, vecchio imbecille sdentato, mi sono innamorato» Diede l'impressione d'essere invaghito di Liza, la maggiore delle tre figlie, che aveva diciannove anni, mentre invece -2- covava per la diciottenne Sonja, una irrefrenabile passione, confidata nelle pagine del proprio diario. Il fidanzamento durò appena una settimana e le nozze si celebrarono il 23 settembre a Mosca, presso il Cremlino, nella Chiesa della Natività della Vergine. Tolstoj avrebbe poi descritto la cerimonia in Anna Karenina, nel capitolo del matrimonio fra Kitty e Levin, rendendo con cura sia il lato esteriore della funzione sia il processo psicologico nell'animo dello sposo. Giunsero la sera successiva a Jàsnaja Poljana, per stabilirsi nell'unica dépandance rimasta dell'antica villa padronale che anni addietro lo scrittore aveva ereditato e poi perso al gioco d'azzardo . Decisero di risiedervi stabilmente insieme a Tat'jana Aleksandrovna Ergol'skaja, zia di Tolstoj, che là viveva con altre persone, alla cui presenza Sonja dovette adattarsi, nonostante avrebbe preferito una compagnia più giovane ed esuberante. Sonja ebbe sedici gravidanze, di cui tredici giunte a termine. Allattò undici figli, anche per il volere del marito di non ricorrere, almeno per i primi tempi, ad una balia. Verso la fine del 1881 la famiglia si trasferì a Mosca per la stagione mondana. Tolstoj comprò allora una casa in città per risiedervi stabilmente, così da permettere ai figli ormai grandi di ricevere una migliore istruzione. Sonja, che aveva appena affrontato un nuovo parto, trascorreva le giornate e le serate in compagnia dell'alta società, facendo o ricevendo visite, mentre il marito stringeva rapporti con persone d'altro genere: lavorava con i segatori di tronchi, frequentava le prigioni e gli ospizi, distribuiva il proprio denaro, si recava nelle fabbriche e nei mattatoi fuori città (il che lo rese vegetariano) e ogni tanto portava con sé il figlio Lev junior. Partecipò inoltre come volontario al censimento municipale per visitare il quartiere dei bassifondi di Mosca. La moglie parlava poco con lui e scambiò l'estraneità delle loro vite per un apparente ritorno alla serenità. Assidua copista dei manoscritti di Tolstoj, oltre che sua fida amministratrice, gli visse accanto per quarantotto anni, rivelando una personalità altrettanto inquieta e attraversando con lui il dramma di una lunga e insanabile crisi coniugale, che, più volte, spinse il marito ad abbandonare la famiglia. Osteggiata dai cosiddetti tolstoiani perché restìa ad assecondare il coniuge nelle sue più ardite scelte morali, fu considerata – specie dopo la tragica morte dello scrittore – alla stregua di una moderna Santippe. Non mancò tuttavia chi la difese, apprezzando in lei non solo la donna dal carattere sensibile, la memorialista, nonché autrice di narrativa. Morì di polmonite, come il marito nel 1919, durante la guerra civile russa. (continua) Antropos in the world MITOLOGIA GRECO-LATINA PROMETEO (Προμηθεύς) a cura di Franco Pastore Il mito di Prometeo si svolge nella Scizia, un paese a nord della Grecia. Protagonista è un Titano, un Titano, figlio di Giapeto e e dell'oceanina Climene, che, per difendere gli uomini, sfida coraggiosamente Zeus e, per aver tentato di redimere l'umanità dalla miseria e dalla paura, soffre per il martirio che gli viene inflitto. Essendo preveggente, Prometeo non aveva preso parte alla Titanomachia, aveva capito che il Destino voleva la vittoria di Zeus. Giusto e pietoso, sentiva una grande compassione per gli uomini, che a quel tempo erano ancora selvaggi. Non avendo una grande ammirazione per Zeus lo mise alla prova: uccise un toro e nascose nella pelle di questo la carne migliore, poi fece un mucchio più grosso con le ossa, col grasso e con le interiora, lasciando scegliere a Zeus che scelse il mucchio più grosso. Per vendicarsi dell'inganno Zeus ordinò ad Hefèsto, il Vulcano dei latini, di fabbricare una donna di straordinaria bellezza e di infonderle vita mediante una scintilla di fuoco. Tutti gli Dèi vollero fare un dono alla fanciulla: Atena le regalò le attitudini ai lavori femminili, Afrodite le donò la grazia, Hermes le diede il coraggio e l'astuzia ammaliatrice. Avendo ricevuto tutti questi doni la fanciulla fu chiamata Pandora, che in greco significa appunto "tutti i doni". Zeus ai doni aggiunse un vaso chiuso, un vaso che non si doveva mai aprire. Pandora fu mandata sulla terra per sposare Epimèteo, che in greco significa "colui che ha solo il senno del poi", fratello di Prometeo. Epimèteo, che era imprevidente e impulsivo, appena vide Pandora se ne innamorò e volle subito sposarla, senza ascoltare le parole del fratello che gli aveva raccomandato di diffidare da tutto ciò che proveniva da Zeus. Pandora appena sposa di Epimèteo, si fece vincere dalla curiosità femminile e volle aprire il vaso che Zeus le aveva regalato come dono di nozze. Aprendo il vaso, Pandora fece uscire fuori tutti i mali del mondo che presto si sparsero per tutta la Terra, riuscì a trattenere soltanto l'ingannevole Speranza, che stava nel fondo. Tra le tante infelicità quella che più colpiva gli uomini era quella dell'ignoranza sui benefici del fuoco, mangiavano ancora la carne cruda degli animali e gelavano di freddo d'inverno. Prometeo, per rimediare a tanta miseria, si recò a Lemmo dove rubò al dio Hefèsto una delle sue faville di fuoco e nascondendola in un bastone la portò agli uomini. Insegnò agli uomini tutti i benefici del fuoco, ma anche altre cose come l'architettura, la scrittura e la medicina. Gli uomini presi da tante novità, iniziarono a trascurare i doveri religiosi e questa cosa irritò molto Zeus che decise di punire chi era stato causa di cotanto oltraggio. Fece catturare Prometeo da Cratos, la forza, e Bia, la violenza, poi lo fece portare sul monte più alto della selvaggia Scizia, dove fu crocifisso da Hefèsto, con catene e anelli alle braccia e ai piedi ed un grosso chiodo piantato nel costato. Ogni mattina, un' aquila fu mandata a divorargli il fegato, il quale, poi, ogni giorno miracolosamente ricresceva. Il supplizio durò secoli, nemmeno le Oceanine, che ogni giorno, uscivano dal mare per consolarlo, riuscirono a convincere Prometeo di sottomettersi al potere di Zeus. Alle orecchie di Zeus arrivò voce che Prometeo aveva predetto la fine del suo regno e che solo lui poteva aiutarlo svelandogli il segreto; Zeus si affrettò a mandare Hermes da Prometeo, che però non volle parlare fino a quando non fosse sciolto dalle catene e non gli fosse riconosciuto da Zeus il suo agire nella buona fede, in aiuto degli uomini. Alla fine, Zeus si decise a liberare Prometeo, che mantenne il patto e rivelando che, se egli avesse sposato Teti, gli sarebbe toccata la stessa sorte che toccò a suo padre Cronos e ad Urano. Conosciuto il segreto Zeus sposò Hera e fece sposare Teti ad un mortale, Peleo. VESUVIOWEB.COM Di Aniello Langella 1 Cultura, arte, ricerche di sapore antropologico, sulla vasta area tra il vulcano ed il mare: La porta di Capotorre – Villa Angelica – Le torri aragonesi – Vico Equense - Sorrento e Capri - I Funari – La villanella – Diz.rio torrese – Eros a Pompei – La lenga turrese - Santa Maria di Costantinopoli a Torre del Greco di A. Langella - L‟incendio vesuviano del 26 aprile del 72 – Il monastero della SS.Trinità di Vico Equense – L‟incendio vesuviano dell‟aprile del 1872 – Sopranno-mi sarnesi di A. Mirabella – Il Vesuvio e la sirena – Storie di lazzari e briganti. Novità di settembre: U Dio quanto è largo stu cortiglio. Di F. Tessitore. Villa De Curtis, un Patrimonio a rischio, di G.Maddaloni. Napoli, le bombe e l‟ultima guerra mondiale, di Caffarelli. Quanno carètte Musullino di Salvatore Argenziano. A. Langella – Passeggiando a Villa dei Misteri a Pompei. 1) A. Langella è nato a Torre del Greco. Nel 1978, si laurea in Medicina e Chirurgia alla Federico II di Napoli. In seguito, si specializza in Ortopedia e Traumatologia a Padova ed in Riabilitazione a Trieste Assunto in Ente Ospedaliero Monfalcone, nel 2000, fonda il Gruppo Archeologico del Mandamento Isontino. Ha scritto numerose pubblicazioni scientifiche e, da più di 30 anni, studia Torre e il Vesuvio con amore e dedizione. -3- Antropos in the world IL TEATRO COMICO ROMANO La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Peraltro, anche i primi ludi scenici romani furono istituiti, secondo Tito Livio, per scongiurare una pestilenza invocando il favore degli dèi. I padri della lingua italiana, per commedia intesero un componimento poetico che comportasse un lieto fine, ed in uno stile che fosse a metà strada fra la tragedia e l'elegia. Dante, infatti, intitolò comedìa il suo poema e considerò tragedia l’Eneide di Virgilio. La commedia assunse una sua struttura ed una sua autonomia durante le fallofòrie dionisiache e la prima gara teatrale fra autori comici si svolse ad Atene nel 486 a.C. In altre città si erano sviluppate forme di spettacolo burlesche, come le farse di Megara, composte di danze e scherzi. Spettacoli simili si svolgevano alla corte del tiranno Gerone, in Sicilia, di cui purtroppo, non ci sono pervenuti i testi. A Roma, prima che nascesse un teatro regolare, strutturato cioè intorno a un nucleo narrativo e organizzato secondo i canoni del teatro greco, esisteva già una produzione comica locale recitata da attori non professionisti, di cui non resta tuttavia documentazione scritta. Analogamente a quanto era accaduto nel VI secolo a.C. in Attica, anche le prime manifestazioni teatrali romane nacquero in occasione di festività che coincidevano con momenti rilevanti dell’attività agricola, come l’aratura, la mietitura, la vendemmia. PLAUTO: CASINA (184 a.C.) Come la satura, anche la recitazione dell‟atellana preletteraria fu prerogativa dei giovani romani. Essi, nel tentativo di soddisfare il loro desiderio di recitazione senza incorrere nelle pene previste dalla legge per un cittadino che si dedicasse in forma professionale alla carriera dell‟attore, diedero vita ad una forma teatrale per dilettanti, caratterizzata da un‟accesa oscenità e da una forte aggressività verbale, oltre che dalla ricorrenza di maschere fisse (per esempio, Marcus, "lo sciocco", Pappus, "il vecchio avaro"). L‟atellana trovò collocazione in coda alla rappresentazione degli spettacoli teatrali regolari di tipo tragico, con il nome di exodium Atellanicum. Il teatro comico regolare si sviluppò a Roma, insieme a quello tragico, a partire dalla seconda metà del III secolo a.C.: l'aspetto rilevante è che di questa produzione comica non sono sopravvissuti solo frammenti, come nel caso della tragedia latina arcaica, ma un cospicuo numero di opere che costituisce un'eccezionale documentazione: ventuno commedie di Plauto e sei di Terenzio. cannella». Due rivali in amore, un senex anonimo (battezzato Lisidamo da qualche editore tardo antico ) e suo figlio Eutinico, si contendono il possesso dell'ancella Casina, di sedici anni, che prima era stata esposta dalla madre naturale, poi raccolta da un servo e allevata in casa come una figlia da Cleostrata, la moglie del vecchio. Per poter disporre liberamente della ragazza, il vecchio vuol darla in moglie al fido fattore Olimpione, e il figlio, per lo stesso motivo, al fido scudiero Calino. Il vecchio crede di liberarsi del figlio incaricandolo di una missione all'estero, ma Cleostrata ne prende le difese e la guerra continua. Alla fine ci si affida al sorteggio, che risulta favorevole al fattore. Cleostrata e la moglie del vicino, Mirrina, travestono Calino da Casina e dopo una solenne cerimonia affidano l'insolita “sposa” allo sposo e al vecchio, che gli fa da scorta. Nella casa messa a disposizione dal connivente, i due non tardano a sperimentare la vera Titus Maccus Plautus, nacque a Sarsina, tra il 255 e il identità di Casina e si prendono una durissima basto250 a.C.; i tria nomina si usano per chi è dotato di natura. In seguito si scopriranno i liberi natali della vera cittadinanza romana, e non sappiamo se Plauto l‟abbia mai Casina che convolerà a giuste nozze con Eutinico. avuta. Un antichissimo codice di Plauto, il Palinsesto SINOSSI: È classificata tra le ventuno commedie varroniane e Ambrosiano, rinvenuto ai primi dell‟800 dal cardinale parte dell'opera risale ad una ripresa dopo la morte del Angelo Mai, portò migliore luce sulla questione. Il nome commediografo. Il prologo è preceduto da un riassunto completo del poeta tramandato nel Palinsesto si presenta nella più attendibile versione Titus Maccius Plautus; da ("argumentum") della vicenda, strutturato in versi Maccius, per errore di divisione delle lettere, era uscito secondo il modello dell'acrostico, grazie al quale è fuori il tradizionale M. Accius . Plauto fu un autore di possibile leggere il titolo dell'opera. Tutte le commedie di enorme successo, immediato e postumo, e di grande Plauto, eccetto "Bacchides", "Vidularia" e "Captivi", prolificità. Inoltre il mondo della scena, per sua natura, utilizzano questo espediente. Nella Casina sono presenti conosce rifacimenti, interpolazioni, opere spurie. Sembra degli elementi tipici del metateatro, finalizzati a tenere che nel corso del II secolo circolassero qualcosa come viva l'attenzione del pubblico e ad accentuare la comicità centotrenta commedie legate al nome di Plauto: non della trama. Ad esempio, nell'atto terzo, alla scena quarta, l‟ancella sappiamo quante fossero autentiche, ma la cosa era oggetto di viva discussione. Nello stesso periodo, verso la metà Pardalisca, dopo aver discusso a lungo con Lisidamo, si del II secolo, cominciò una sorta di attività editoriale, che rivolge al pubblico: « Ludo ego hunc facete; nam quae facta dixi, omnia huic falsa dixit. Era atque haec dotum fu determinante per il destino del testo di Plauto. La grande comicità generata dalle commedie di Plauto ex proxumo hunc protulerunt; ego hunc missa sum è prodotta da un‟oculata scelta del lessico, un sapiente ludere. » « Mi sto prendendo gioco di lui. Ciò che gli ho utilizzo di espressioni e figure tratte dal quotidiano, e da detto è una menzogna. Sono state la mia padrona e la sua vicina che hanno inventato questa storia ed han mandato una fantasiosa ricerca di situazioni ad effetto comico. me per prenderlo in giro.» La commedia: Casina «La fanciulla dal profumo di -4- Antropos in the world I GRANDI MISTERI A cura di Antropos Gli afidi trasformano la luce del sole in energia Gli afidi sono in grado di compiere un processo fino ad ora osservato soltanto nelle piante! « L‟osservazione che gli afidi, parassiti delle piante, siano i primi insetti in grado di trasformare la luce solare in energia, è nata in modo casuale, a partire da un esperimento che aveva obiettivi differenti ». Inizia così il racconto di Maria Capovilla, ricercatrice italiana all‟estero fin dall‟anno di laurea, il 1987 Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, ha portato alla scoperta che gli afidi sono in grado di compiere un processo nuovo e mai visto prima d‟ora negli animali, producendo, a partire dalla luce solare, l‟Atp, molecola paragonabile a una «moneta energetica» da spendere per la produzione di glucosio, e quindi di nutrimento. Solo le piante sono in grado di compiere un processo simile, ma non identico: «È scorretto chiamarla fotosintesi», spiega subito Capovilla, «poiché negli afidi non esiste la clorofilla, un pigmento fondamentale presente in alcune strutture delle piante che realizzano appunto la fotosintesi clorofilliana». La ricerca è nata dall'osservazione che gli afidi sono parassiti delle piante molto particolari. «Le femmine, infatti, possono riprodursi senza che vi sia la fecondazione, ma durante la stagione invernale compaiono maschi e femmine», illustra la ricercatrice italiana che ora lavora a Sophia Antipolis, il polo scientifico francese della Costa Azzurra. «Sperando di ottenere dei maschi, gli afidi sono stati messi al freddo e abbiamo notato un cambiamento nella loro colorazione: in condizioni normali sono rosa e arancioni, mentre a temperature più basse diventano verdi. Se si trovano ad affrontare una situazione di carenza di cibo, quando la pianta su cui si trovano sta morendo, allora diventano bianchi». Da studi precedenti è stato dimostrato che gli afidi possiedono il gene che codifica per i carotenoidi, una classe di pigmenti solitamente introdotti con la dieta, e responsabili della colorazione degli afidi. «Quello che ancora non si sapeva, e che abbiamo scoperto in questo studio», prosegue Capovilla, «è proprio il ruolo di questi pigmenti. Abbiamo visto che gli afidi sono in grado di utilizzare l‟energia solare per produrre energia chimica, grazie alla sintesi di Atp, una molecola indi- spensabile perché fornisce l‟energia necessaria per lo svolgimento delle più importanti reazioni del metabolismo». Grazie all‟Atp gli organismi possono produrre il glucosio. La squadra di ricerca nella quale lavora Capovilla ha scoperto che quando la pianta sulla quale crescono gli afidi inizia a morire e le foglie iniziano a cadere, questi parassiti diventano bianchi. Non c‟è traccia di carotenoidi e gli afidi non sono in grado di fabbricare Atp, mentre gli afidi verdi e quelli arancioni producono Atp se esposti alla luce solare. «La domanda che ci siamo posti è: perché gli afidi dovrebbero avere a disposizione questo meccanismo di produzione dell‟energia quando normalmente sono in grado di succhiare il glucosio dalle piante? Una spiegazione possibile è che nel momento in cui una pianta si ammala e muore, l‟afide è costretto a migrare anche per lunghe distanze trasportato dal vento, e necessita quindi di una riserva energetica da consumare prima di arrivare sulla nuova pianta», prosegue Capovilla, secondo la quale si tratta anche di un meccanismo di selezione naturale. Gli afidi bianchi, infatti, non solo non producono Atp, ma sono anche più mobili e fanno meno figli rispetto a quelli verdi e arancioni, sopravvivono solo quelli che sono in grado di spostarsi su un‟altra pianta per ricominciare il ciclo. Le prospettive per il futuro? «Sarebbe importante poter dimostrare questo processo dal punto di vista delle sostanze coinvolte, quali sono i passaggi di questo meccanismo e come viene prodotta energia sotto forma di Atp grazie ai carotenoidi. Servirebbe una prova diretta di questo collegamento e questo tipo di lavoro è adatto a un team interdisciplinare che coinvolga biologi e fisici». Eleonora M. Viganò (Da Corriere della sera.it) ἄζηερες μὲν ἀμθὶ κάλαν ζελάνναν ἂψ ἀπσκρύπηοιζι θάεννον εἶδος ὄπποηα πλήθοιζα μάλιζηα λάμπῃ γᾶν <ἐπὶ παῖζαν> Le stelle intorno alla bella luna nascondono di nuovo l'aspetto luminoso, quando essa, piena, di più sulla terra risplende... __________________________________________________ Saffo, nata Mitilene, nell'isola di Lesbo, nel 640 a.C. circa e morta a Leucade, nel 570 a.C. circa. E‟ stata una poetessa greca vissuta tra il VII e il VI secolo a.C., di famiglia aristocratica. -5- Antropos in the world NICODEMATE LA GUERRA DEI PRONOMI PERSONALI (III parte) di Renato Nicodemo Dopo il 25 luglio il voi sarà la prima illacrimata Quando indirizza una petizione a un deputato, firma vittima, della restaurazione antifascista. Lo spirito dei “il tuo eguale nei diritti”. 2 nuovi tempi – ci ricorda Enrico Nistri – 1 è immortalato Si veda da noi la Rivista “Diamoci del tu” – da una vignetta di Giovanni Mosca: E‟ il rimprovero di Comunità web per iscritti e simpatizzanti di Riun arcigno capufficio a un impiegato distratto: ”Come vi fondazione comunista. Eppure un aforisma dice che permettete di usare il voi nelle lettere? Non sapete che da “Dare del tu subito, toglie il piacere di guadagnarselo”. quando c‟è la libertà è obbligatorio dare del lei?” Ci piace concludere dichiarando la propria adesione Ci si mise anche Benedetto Croce che parlò al voi, italico e meridionale, e riportando la seguente addirittura di odio (sic) di Mussolini verso la borghesia e storiella riferita al lei: ripubblicò i propri epistolari, sostituendo tutti i voi con Il signor Rossi e il signor Bianchi lavorano nella altrettanti lei. stessa stanza d‟ufficio. Il grande linguista Giuliano Bonfante ebbe a scrivere che Rossi di tanto in tanto si assenta. era nettamente in favore del tu e per l‟abolizione del lei Bianchi sa, ma vuole essere … discreto. per varie ragioni: Entra il Direttore e chiede del signor Rossi. 1) L‟uso del lei si presta a penose confusioni: in “Io Bianchi riferisce che si è assentato o un momento: è non la vedo da molto tempo” il “la” può indicare una andato da sua moglie. donna o un interlocutore; - Problemi di famiglia, forse …-, commenta il 2) l‟uso del lei per un essere maschile è ridicolo; Direttore. 3) Il lei è di origine spagnola (1500), ci ricorda uno La storia si ripete identica per più giorni. Al che il dei periodi più tristi della nostra storia; signor Bianchi volenteroso di farsi capire dice:4) Dante, Petrarca, Boccaccio e tutti i nostri autori del Direttore, permette che le dia del tu?„300 e del „400, usarono sempre il voi e mai il lei per ___________ (1) E. NISTRI, Il Regime abolisce il Lei – Ora al Duce si dà del Voi, il indicare rispetto. Giornale 29.8.1994, p. 20 5) L‟Ariosto mostra disgusto per l‟uso del lei: non s‟usa più fratello poi che la trista adulazion spagnola (2) Descrizione del sanculotto di Denis Richet in La Chiesa e la Rivoluzione francese p. 98 portò la signoria fino in bordello”. L‟avesse imposto il comunismo questo italianissimo ________ pronome non avrebbe avuto l‟ostracismo. Con la civiltà di massa e col ‟68, soprattutto in Renato Nicodemo: nato a Laurito, è laureato in Pedagogia e ambienti giovanili si incominciò a tuteggiare, trascu- Dirigente scolastico. Abilitato per l‟insegnamento delle rando che dare del tu ad una persona anziana che non si lettere, è autore di articoli pedagogicodidattici, di conosce è una pessima abitudine, denota mancanza di legislazione scolastica e noterelle. Appassionato di studi mariani, cura la pagina mariana di alcune riviste cattoliche. rispetto e volontà di forzare un‟intimità e imporre una Ha al suo attivo numerose pubblicazioni; qui di seguito confidenza non concessa all‟interlocutore. Ma, si sa, Il tu alcuni titoli: La Vergine nel Corano, La Vergine nella Divina è democratico, egualitario, livellatore: col tu evaporano Commedia, Antologia mariana, Umile ed Alta, Il bel paese, I i censi, le classi sociali, il prestigio, i meriti acquisiti. nuovi programmi della scuola elementare, Verso i nuovi Segno di uniformità, di massificazione, di appiatti- Orientamenti ed altro. mento, di non riconoscenza di qualsiasi gerarchia : ipocrisia egualitaria che caratterizzò in Russia gli anni immediatamente successivi al colpo di Stato bolscevico (poi Stalin mise le cose a posto). Al tu si accompa-gnava l‟appellativo “compagno” anche per chi non lo era o non lo voleva essere. LA MOGLIE DELL’OSTE Sono infatti, i regimi totalitari che odiano la diversità Commedia musicale in due atti, tratta dalla 12 novella de a incominciare dal primo regime totalitario della storia , IL NOVELLINO di MASUCCIO SALERNITANO. Autore: Franco Pastore quello della Convenzione della Rivolu-zione francese ad Regia di Matteo Salsano. odiare le diversità : “Il sanculotto non dice “signore” ma “cittadino” e vorrebbe rende-re in “tu” il “voi”, non è Richiedi il Dvd ad [email protected] forse “un avanzo di feuda-lismo?”. per un costo complessivo di € 6,50. -6- Antropos in the world OMAGGIO AD UN GRANDISSIMO ARTISTA Carlo Buti “...i ve vulesse amà donna donn‟Amà E ve vurria tenè mbraccia „a mme, ma c‟è di mezzo un ma donn‟Amà che non ci fa sposar la mammà…” Stamattina mi sono svegliata con questa canzone in testa, che sentivo sempre cantare da mia madre. Mia madre aveva una voce dolce, calda e melodiosa, con la quale ci svegliava al mattino e ci accoglieva quando tornavamo da scuola. Mia madre era un usignolo in gabbia. Mi ha preso una nostalgia struggente e il desiderio prepotente di sentirla di nuovo. Così sono andata su you tube a cercarmela e mi sono imbattuta nell‟artista Carlo Buti. Ho sempre pensato che ad interpretare “Donna Amà” fosse un cantante napoletano, invece ho scoperto che Carlo Buti era fiorentino. Nacque, infatti, a Firenze nel 1902 e morì a Montelupo Fiorentino nel 1963. Cominciò la sua carriera con gli stornelli popolari, poi si dedicò ad un repertorio melodicosentimentale, raggiungendo negli anni ‟30 enorme popolarità, grazie anche alla diffusione della radio, diventata in pochissimi anni il mezzo più amato dal pubblico della canzone. Il suo fu il primo boom discografico in Italia, quando vendere mille copie di una canzone era un traguardo irraggiungibile per tutti gli altri. A differenza di molti cantanti dell'epoca, Buti adottava uno stile maggiormente assimilabile alla canzone popolare piuttosto che a quello della classica aria da opera lirica in voga al tempo; questo stile particolare, tuttavia, non solo non penalizzò la sua carriera ma contribuì forse a determinare il grande successo che ebbe in carriera, una carriera assai lunga e prestigiosa al pari di quella di molti chansonnier di fama internazionale, terminata nel 1956 durante la quale incise 1.574 canzoni. Le sue canzoni, che parlavano di amore, nostalgia e patria, interpretate con sapiente ricamo canoro, lo resero famoso in Italia e notissimo negli USA, soprattutto in Sud America. Nel 1930 ottenne un contratto di incisione per la Edison Records, che lasciò nel 1934 per passare alla Columbia. Nel 1931 fu uno dei protagonisti del festival della canzone napoletana, e molti furono i classici napoletani da lui interpretati, come “Munasterio e Santa Chiara” e “Marechiaro”. Fu anche attore, nei panni di un giovane tenore nella commedia del 1939 “ Per soli uomini” di Guido Brignone. Tra le canzoni del suo repertorio ne ho scoperto anche altre che mia madre amava e che ben si armonizzavano con la sua voce: Scrivimi, Torna piccina, Bambina innamorata, Luna marinara, Fiorin fiorello, Serenata celeste . Il successo di Buti superò i confini nazionali: vendette moltissimo in tutto il continente americano. Una strada gli è stata intitolata nella capitale argentina di Buenos Aires e in quella uruguayana di Montevideo. Un grazie a questo artista, che ha fatto sognare mia madre con le sue canzoni. Rosa Maria Pastore ----------------------- Approfondimenti, Canta BUTI: http://youtu.be/dq6Yi0VT5nE Io t‟ho incontrata a Napoli bimba dagli occhioni blu e t‟ho promesso a Napoli di non lasciarti più. Ti dissi partirò domani e ritornerò da te… http://youtu.be/p9kaqx5_ejE “...i ve vulesse amà donna donn‟Amà E ve vurria tenè mbraccia „a mme, ma c‟è di mezzo un ma donn‟Amà che non ci fa sposar la mammà…” http://youtu.be/zoqbsh7CFI0 C‟è una strada chiamata destino che porta in collina c‟è sul colle una casa argentata chiamata fortuna … http://youtu.be/wsQd-LmRWTE Amapola, dolcissima amapola lo sfizio del mio cuore sei tu sola… http://youtu.be/svQCWt6sKDI Mamma son tanto felice perché ritorno da te… -7- Antropos in the world IL RACCONTO DEL MESE STORIA DI UNO SCONOSCIUTO DI Gaetano Rispoli Enzo aveva trovato un buon posto per attendere il treno e star comodo, la colonna di travertino della pensilina. Ci stava poggiato con la schiena. In piedi poteva tenere d‟occhio la valigetta delle caramelle, che sporgeva da sotto una panchina, seminascosta dalle gambe di una donna. I viaggiatori erano impazienti,vedeva le loro facce stanche, sfatte di sudore, preoccupate dell‟arrivo del treno .Ciascuno di loro nervoso, faceva mille giri su se stesso. Aveva, come se riservato, una piccola porzione di marciapiede e qualche parola, o cominciava un discorso sulle ferrovie, sui ritardi, sull‟opportunità di mettere altre corse per la maggiore comodità del pubblico. Così ogni sera la stessa storia. La gente non era la stessa, ma lo stato d‟animo, l‟impazienza restava immutabile per ciascun viaggiatore che era sulla stazione. Gli unici a non aver fretta, ad approfittar-ne, erano gli studenti, le coppiette nascoste dietro una colonna meno attorniata di gente. Quelle ragazzette con i calzini corti erano allegre, si facevano scherzi e chiamavano per nome qualche ragazzo per la sua compagnia e cominciare a punzecchiarlo con paroline maligne. Enzo capiva che era il solo a non agitarsi. Anzi a quell‟ora ritrovava uno stato di calma, una sicurezza che durante la giornata non riusciva ad avere. La sigaretta appena accesa gli pendeva dalle labbra grosse. Essere sulla stazione senza il pensiero di dover vendere le caramelle gli dava la sensazione di starci per divertimento, per guardare tutta quella gente su un solo marciapiede. Aveva solo un leggero dolo alle piante dei piedi, non riusciva a stabilire se derivasse dalla stanchezza o fosse colpa delle scarpe. Tuttavia, quella lieve sofferenza gli dava una specie di piacere per il fatto che egli, libero da altre preoccupazioni, poteva liberamente pensare che gli facevano male, che, appena in treno, si sarebbe tolte le scarpe e si sarebbe massaggiato, li avrebbe tenuti sotto il sedile liberi in fondo alle sue lunghe gambe distese. Spesso, lasciandosi andare ad una delle più belle fantasticherie, sentiva di essere un operaio che torna a casa. La sicurezza di un lavoro, come operaio, era per lui una sensazione di ricchezza. - Mi aspettano a casa - si diceva e pensava a sua madre. - Andrò prima al fiume a immergere i piedi nella corrente -. L‟aveva fatto altre volte e tutta la stanchezza era scomparsa. Aveva sentito i muscoli afflosciati, li aveva stretti nella mano come se fossero stati dei cuscinetti di stoffa. Il treno della sera era un accelerato e portava sempre ritardo. Dai ferrovieri ai viaggiatori tutti lo sapevano, ma ognuno sperava che il ritardo fosse meno della sera prima. Dall‟altoparlante una voce roca, da fiera, annunciò l‟arrivo del treno. I viaggiatori si disposero lungo il marciapiede, rivolti al lato giusto. Enzo vide spuntare i due fanali accesi del treno che arrivava, poi ci fu un fischio d‟avviso, prolungato. Il convoglio aveva due sezioni: una proseguiva per Sapri, l‟altra composta di due vetture andava a Lagonegro. Queste ultime erano le meno affollate. Enzo si diresse verso una di esse e prese posto in un scompartimento vuoto. Gettò la valigetta sotto il sedile dove si era seduto. Ascoltò le grida degli studenti e le voci sul marciapiede degli scarichini. -8- Quando, dopo la sosta, il treno si mosse le colonne della pensilina, i grossi tubi di ferro passavano avanti il finestrino, come oggetti isolati di un unico paesaggio. Enzo vide, senza muoversi, le luci allontanarsi e le figure dei ferrovieri di servizio. Egli, che si considerava un essere tollerato da quanti dovevano badare ai venditori clandestini che abusivamente lavoravano sui treni, guardava quegli impiegati nella loro divisa, gli agenti della ferroviaria con il segno distintivo del corpo sul braccio, con una specie di rispetto e di invidia. Avere una divisa, un berretto sulla testa significava essere qualcuno. - Puoi essere un cafone fesso, ma quando hai una divisa nessuno ti guarda dall‟alto in basso. – Gli diceva suo padre. Egli invece era uno che doveva scappare e strappare la vita giorno per giorno. Non provava più quel benessere di prima. Si sentiva di nuovo avvilito, seguito. Non riusciva a tenere le gambe tese. Egli non era mai sicuro tornare a casa, la sera. C‟era sempre un‟incertezza, la possibilità di passare una notte in una stazione o in un ufficio di Commissariato di F.S. La sera, mentre la stanchezza lo disponeva al riposo, la preoccupazione che qualcuno volesse sorprenderlo lo scuoteva a tratti, improvvisamente. Fu proprio quando nel corridoio risuonò un passo pesante e la voce caratteristica del funzionario, dall‟accento cortese e preciso, che egli istintivamente si affacciò nel corridoio. A pochi passi da lui c‟era la massiccia persona del controllore principale. Un gran vuoto gli si fece nello stomaco. Aveva l‟abbonamento, non vendeva caramelle, ma quel tale lo conosceva per un venditore e lo teneva puntato. Gli fu vicino e lo investì il caratteristico odore della divisa del controllore. Dietro gli occhiali spessi, col cristallo verdino, gli occhi grandi appena gli si posarono addosso ebbero un guizzo e divennero enormi, per Enzo, e più neri, più vivaci, simili a due macchie che si spandevano in quel viso. Con disinvoltura estrasse l‟abbonamento dal taschino e lo presentò al controllore. Questi appariva quasi indifferente e mostra di non riconoscerlo. -Va bene! – disse dopo averlo guardato. Poi lo fissò furbescamente. Di nuovo quegli occhi. Fece un passo indietro, in un atteggiamento distratto, quasi volesse voltargli le spalle. - Dove hai messo la valigetta? – Gli puntò il dito sul viso. Gli occhi al disopra degli occhiali ancora avevano per lui quello sguardo implacabile. - Quale valigetta, cavaliere? Sogghignava il controllore. Lo chiamavano “il lupo”. Ed ora „il lupo‟ aveva la sua preda. Enzo sentiva di tremare. Nello stomaco gli si faceva una acquiccia. Il viso doveva essere lo stesso di prima, smarrito e indecifrabile, con gli occhi vuoti che pescavano attraverso la divisa i movimenti, gli umori del controllore. - Quelle delle caramelle, no? Il controllore si piegò sotto il sedile e fece soddisfatto: Questa di chi è?- Non è mia! -. Ci sono le caramelle dentro. – La scosse e il rumore Antropos in the world caratteristico ne rivelò il contenuto. Enzo non riusciva a parlare, né a cercare una parola per difendersi. Sapeva che era inutile. - Perchè l‟hai fatto? Non conosci il regolamento? Tu lo conosci... non si scherza col regolamento!. – Era la legge e quell‟uomo grosso, lento nei movimenti, che aveva fatto un grande sforzo nel piegarsi ed era diventato d‟un tratto colorito, la rappresentava. Aveva le mani bianche, curate e la fede e il brillante allo stesso dito. Era un uomo che poteva essere padre, nonno e in quel momento era la legge. - A Battipaglia scendi con me! – disse meccanicamente. Poi la diffidenza e quel timore che sapeva comunicare a chi gli stava vicino gli fece dire a voce più alta: - Non ti muovere di qui! -. Lo lasciò nello scompartimento e proseguì. Enzo ascoltò il tonfo dei passi, allontanarsi. Si sforzava di immaginare ancora presente la figura del controllore principale. Socchiuse gli occhi perché la sua presenza diventasse meno reale. Fino a Battipaglia pareva dovesse trascorrere un tempo interminabile. Tutta quella scena era stata così fitta che non ne era certo che fosse accaduta a lui. Gli pareva impossibile di vivere momenti di quel genere e che ci fossero uomini capaci di annientarne altri solo in forza di un regolamento che essi rappresentavano. Enzo, là dentro, si sentiva isolato e lontano dagli altri uomini. Lontano, come in un deserto, in un immensa distesa indifferente di sabbia e di cielo. Era disperso, sconosciuto, non poteva chiedere aiuto , ne gridare ragione. Sapeva cosa gli sarebbe accaduto e che era soltanto questione di tempo. Il conduttore che era stato avvisato, venne a cercarlo. Aveva la lanterna sotto il braccio. Il berretto gli nascondeva gli occhi - Ti sei fatto pescare – gli disse con alterazione – ora te la passerai male! -. Era un conduttore che non conosceva. Di viso era simpatico e bruno. Aveva un corpo asciutto e la divisa gli andava comoda. Non si sedette,ma poggiò la lanterna sul sedile. - Scendi con lui a Battipaglia! – Poi, riferendosi al controllore disse ridendo: - Sempre lupi sono, ne puoi trovare uno più liscio di pelo! -. Enzo era assente, estraneo ad ogni commento. Egli apparteneva a una categoria, quel ferroviere ad un‟altra non c‟era possibilità d‟intesa, di solidarietà. Il conduttore guardò nel corridoio e poi accese la mezza sigaretta, nascondendo la bocca e il naso, per un attimo, nel cavo delle mani. - Se fai questo mestiere vuol dire che guadagni! - disse calmo, con tono confidenziale – Altrimenti ti troveresti un altro lavoro -. Continuava a tacere. Mentalmente pensava una risposta e non riusciva a trovarla. Non aveva un moto di ribellione, né un qualcosa che mostrasse il fastidio, la nausea per quell‟uomo curioso e indifferente, che lo sezionava con gli occhi con le parole, senza un minimo di rispetto. - Quanti anni hai? – gli chiese il conduttore. – Non hai neppure vent‟anni, perché ti vuoi macchiare la condotta?-. Cosa significava quella stupida parola che, nei momenti difficili, gli tiravano in ballo? Se voleva rischiare di farsi dire che era un bravo ragazzo doveva cambiare mestiere. L‟aveva fatto. Era stato dal masto per due mesi. Niente paga il primo mese. Il secondo cominciò a percepire duecento lire. Quella sarebbe stata la paga, anzi loro la chiamavano la mazzetta, e doveva restare tale per un anno .” Poi si vedrà “, gli aveva detto il masto, “ se hai imparato qualcosa resti e se no via.” Questo per restare un bravo ragazzo. Sentirsi chiamare “fesso e scemo” cento volte al giorno fino a quando quelle parole non le avrebbe più capite, come se fossero state un intercalare del discorso. - Non te ne do diciotto, - gli disse il conduttore. Il suono monotono di quella voce lo fece voltare dalla sua parte. Sugli scambi di Battipaglia le ruote del treno stridettero. Enzo vide le prime luci delle case. Il controllore venere a prenderlo. Restò nel corridoio. Mostrava l‟indifferenza professionale che doveva essergli naturale. Non guardava il ragazzo. Gli bastava averlo vicino, saperlo incapace di trovare una scappatoia. Enzo pensò che fosse opportuno chiedergli di lasciarlo andare per quella volta. Si preparava a piangere, a chiedere perdono. Il controllore, frattanto chiuse la borsa che aveva con sé. Sollevò appena il berretto e si affacciò al finestrino, poi chiamò, mentre il convoglio era ancora in moto, qualcuno della polizia. Enzo allora capì che quel massiccio personaggio era inespugnabile. Il conduttore, che fino a quel momento era stato zitto, aprì lo sportello e dette la precedenza al superiore. Enzo ebbe un attimo di indecisione, poi scese dal treno senza la valigetta. Il controllore, una volta sul marciapiede, cercava qualche agente della Ferroviaria. Enzo seguì il controllore all‟ufficio di polizia, tenendosi al suo fianco, vicinissimo. Nell‟ufficio dovettero attendere l‟agente di servizio. Enzo aspettava di sentire il fischio del capo stazione. Il controllore aveva cavato dalla borsa di pelle un libretto di tariffe ferroviarie e lo consultava attentamente, senza occhiali. Per lo sforzo cui era sottoposta la vista socchiudeva gli occhi e teneva il manuale a una certa distanza. Egli non pensava a cosa passasse per la testa al ragazzo, né credeva di fare qualcosa che lo danneggiasse. In quelle occasioni sentiva solo di fare il proprio dovere, e un tale punto di vista lo immunizzava da ogni possibile debolezza. Enzo fece uno sforzo per allontanarsi dalla scrivania quando vide entrare il brigadiere. - Sei tu ! - gli disse il brigadiere che lo aveva riconosciuto. - La solita piaga… – commentò il controllore. Gli piaceva quella definizione, l‟usava ogni qualvolta si trovava in simili circostanze. Enzo vide il treno passare lentamente davanti all‟ufficio. Al finestrino c‟era il conduttore che lo aveva tenuto d‟occhio. Poteva farlo, ma non gli sorrise. Aveva la bocca chiusa e da lontano, nella penombra della sera, la sua espressione era triste. La voce del brigadiere lo scosse di nuovo : - Beh, dove sono queste caramelle! - disse rivolte al ragazzo. Questi lo guardò senza rispondere. Non era in grado di valutare il disappunto del controllore. Stette quasi per non negare, poi: - Non vendevo!-, rispose con caparbietà. -9- Antropos in the world Aveva addosso un sudore freddo. Si stropicciava le mani umidicce e appiccicose. La faccia del controllore principale si allargò e una smorfia l‟attraversò cambiandogli l‟espressione. - Dove hai lasciato la valigetta? – Enzo ebbe vicinissimo il fiato caldo e la smorfia irosa di quella bocca. - Non avevo la valigetta? – Disse rivolto al brigadiere - Non vendevo. Ero seduto e tornavo a casa! -. - Che cosa facevi sul treno. – Insistè il controllore. - Tornavo a casa – Ripetè il ragazzo. - Cosa eri andato a fare a Salerno? – Con occhi del controllore sembravano due minuscoli uccelli neri che sbattevano, prigionieri, nel cavo carnoso di una mano. - Di che l‟hai lasciata sul treno. Non è così? – Era intervenuto il brigadiere, in aiuto del controllore. L‟avrai consegnata a un amico, In qualche posto deve pur essere, mica si tratta di un fazzoletto! –. - Enzo guardava la faccia congestionata dal controllore e quei gradi in oro del berretto che avevano una forza suggestiva, pieno di un segreto potere. - Dove l‟hai nascosta? - Gli chiese implorante il controllore. Si era chinato su di lui. Enzo vide i suoi denti ingialliti: conosceva quel riso serrato che sarebbe venuto da quella bocca una volta che lui l‟avrebbe avuta vinta. Il brigadiere aspettò che il controllore si fosse convinto che doveva mandare via il ragazzo, perché mancava il corpo del reato. - Questo è uno di quelli segnalati in tutta la zona - poi, calmo aggiunse: - Vedrete che ci cascherà qualche altra volta -. - Ti devo pescare! -. Era naturale la sua collera, era un controllore principale e forse un giorno avrebbe avuto il quinto bordo. Stette in piedi evitando di portarsi a faccia a faccia col ragazzo fino a che il brigadiere non lo congedò. AISOPOS ET PHAEDRUS IN NAPOLETANO Ranae regem petierunt Cum Athenae florent aequis legibus, procax libertas civitatem miscuit et licentia solvit pristinum frenum. Hic, cum factionum partes conspiravissent, arcem tyrannus occupat Pysi-stratus. Cum Attici tristem servitutem flerent et gemere coepissent, Aesopus talem tum fabellam narravit: - Ranae vagantes liberis paludibus, clamore magno regem petierunt a love, ut dissolutos mores vi compesceret. Peter deorum risit atque ranis dedit parvum tagillum, quod subito vadi motu sonoque pavidum genus terruit. Cum ranae mersae limo diu-tius iacerent, forte un tacite e stagno caput extollit et, cum exploraverit regem, cunctas evocat. Cum inquinavissent parvum tigil-lum omni contumelia, petierunt a Iove alium regem quoniam erat inutilis qui datus erat. Tum Iuppiter misit hydrum qui, dente aspero, ranas corripuit. Furtim igitur dant Mercurio mandata ad Iovem, ut adflictis succurrat. Tunc contra deus: " Quia nolui-stis vestrum tolerare, inquit, bonum, ma-lum tolerate!. Vos quoque. O cives, Aesopus dixit, tyrannum sistinete, ne maius veniat malum”. Traductio ad sensum – Vedendo un ladro che contraeva matrimonio, esopo raccontò questa favola: come le rane seppero che il sole era sul punto di prender moglie, fecero rivoltare il mondo intero. Quando Giove sentì tutto quel baccano, chiese il motivo di tanta animosità. Le poverette, allora, tristi ed adirate, gli risposero con preoccupazione:« Se un solo sole asciuga l‟acqua del nostro pantano e crea problemi in tutto il mondo, cosa succederà, quando questi avrà dei figli?» Lexicon necessarium: Arrevutà: misero a soqquadro „Ntribulàte: angustiate, come chi ha passato un guaio. Scure: di pessimo umore, adirate, contrariate. _____________________ Faedrus – liber primus - II - 10 - „E RANE VONNO „NU RRE „A libertà era troppe bella: ognùno se faceva „a schifezzèlla „e invece „e se dà „na regolata gli Ateniesi facèttere „a frittàte: mettère ncàpe „a loro „nu ricchiòne, che in poco tempo „e facètte pecurùne. Quànne capèttere „o sbaglie, nu‟ nce fu niénte „a fa‟ „e sùle „sta favulélla è putette cunzulà: „E rane ca zumbavene nda‟ palude „e vivevene in tutta libertà, dissero a Giove: chìste è „nu casìne dacci „nu rre‟, ca ci adderìzza „e rìne. „O puverièlle se mettètte „a rire „e nce dètte „nu re senza sustanza, penzànne: chìste fanne confusione, tra libertà e rifondazione. Ma „e fèsse, „na vota ca capéttere ca „o re „o tenevene sòtte „o père, turnàjene „a dumandà nù rre ovère. Allora il padre degli dei si scocciò „e „nce facètte „nu mazze „a roccocò: ndà l‟acqua ca era calma „e liscia, „nce schiaffai „na nera e lunga biscia. Fernètte „a pace e la serenità, a Giove, a ròppe, chiedettere pietà, ma chìlle ca ere ncazzellùse dicette: Vulìsteve „o cetrùle „e mo stateve accorte stu pertuse. _____________________ Franco Pastore – Faedrus, favole in napoletano A.I.T.W. Ed. – Salerno 2011 Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI TORRE DEL LAGO PUCCINI a cura di Silvestri Pastore Cesare Apre a Lucca la personale di Francesco Fanelli LUCCA - La struggente magia del paesaggio, nelle tele di Francesco Fanelli, da Torre del Lago a Viareggio. La Fondazione Banca del Monte di Lucca offre alla città “Trasparenze solari”, la prima personale dedicata al grande artista livornese (18691924), allievo dell‟Istituto d‟Arte Passaglia di Lucca e poi di Giovanni Fattori, che ha fatto parte del gruppo di artisti vicini a Giacomo Puccini e che ha partecipato attivamente al dibattito intorno alla moderna pittura toscana. Dall‟1 al 30 settembre, nelle sale espositive del palazzo della Fondazione al numero 7 di piazza San Martino (centro storico), tutti gli appassionati dell‟arte potranno ammirare gli struggenti paesaggi ritratti nelle 42 opere esposte nella mostra, curata da Giovanna e Filippo Bacci di Capaci. La grande retrospettiva è stata presentata questa mattina (sabato 1 settembre) durante una conferenza stampa a cui sono intervenuti Giampaolo Frizzi, componente della Commissione Cultura della Fondazione Banca del Monte di Lucca, che ha portato i saluti del presidente Alberto Del Carlo, il critico d‟arte Marco Palamidessi, che fa parte dello staff tecnico scientifico della Fondazione, i curatori Filippo e Giovanna Bacci di Capaci e Umberto Sereni, autore di uno dei saggi introduttivi del catalogo della mostra, edito da Maria Pacini Fazzi. Come hanno ricordato i curatori nel corso della presentazione alla stampa, Francesco Fanelli entrò nell'orbita di Silvestro Lega partecipando alle riunioni della trattoria del Volturno a Firenze, dove si dibatteva sulla necessità di mutare la “macchia” in senso impressionista. Frequentò i corsi tenuti da Giovanni Fattori alla Scuola libera del Nudo presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze, insieme all'amico Ferruccio Pagni, grazie al quale scoprì Torre del Lago, dove ben presto si stabilì e dove divenne uno dei fondatori del Club della Bohème, confraternita artistico-musicale, venatoria e ludica. Il paesaggio lacustre e i colori suggestivi della costa tirrenica rappresentarono la primaria fonte di ispirazione per le tele di Fanelli. Verso la fine del secolo realizzò le decorazioni a tempera per la Villa Orlando a Torre del Lago e per la Villa Ginori alla Piaggetta, combinando abilmente il repertorio naturalistico del luogo con i motivi floreali e Liberty. Dopo la partenza di Ferruccio Pagni per l‟Argentina e il progressivo declino dell'ambiente bohèmien, il pittore si trasferì a Viareggio, dove fu tra i fondatori dei cenacoli culturali Gianni Schicchi (1919) e l'Accademia degli Zeteti e dove conobbe, fra gli altri, il pittore tunisino Moses Levy, lo scrittore seravezzino Enrico Pea ed il poeta casertano Elpidio Jenco. Un clima culturale di grande fermento, quello tra la fine dell‟Ottocento e i primi del Novecento in Lucchesia, – ha spiegato Sereni ‒ dove il paesaggio, da Torre del Lago alla Garfagnana, ha affascinato artisti come Francesco Fanelli, Giovanni Pascoli, Giacomo Puccini, Gabriele D‟Annunzio, tutti uniti da un‟intensa comunità emozionale, da un‟idea dell‟arte come impegno sociale e civile che celebra la bellezza e la conserva per le generazioni future. È quindi da sottolineare il merito della Fondazione Banca del Monte di Lucca – ha aggiunto ‒ che oggi offre alla città l‟occasione di avvicinarsi non solo a un grande artista, ma a un capitolo fondamentale dell‟arte e della cultura della nostra terra che merita di essere valorizzato. L‟augurio è che questa mostra costituisca un primo passo in questa direzione.” Alle sue innegabili capacità di fine e sensibile disegnatore – ha detto Palamidessi ‒, valorizzate dall'apporto di tenere accordature cromatiche, Fanelli accompagnò sempre una sensibilità pittorica in grado di vivacizzarsi e di esprimersi in immagini intense e suggestive, definite intorno ad una tavolozza calibrata, ricca d'accordature quasi opalescenti. In gran parte delle sue prove pittoriche si avverte una grande passione per gli effetti soleggiati, che cercò di rendere con acuta sensibilità, dedicando, negli esiti, una cura e una verifica particolare nella corrispondenza fra i valori luministici e quelli cromatici.” (Da “ Schermo.it”) ____________________ La mostra, inaugurata sabato 1 settembre alle 18, resta aperta fino al 30 settembre a ingresso libero e con il seguente orario: dal lunedì al venerdì 15,30-19,30; sabato e domenica 10-13, 15,30- IL DISCOBOLO: I PIU‟ GRANDI SUCCESSI DI SEMPRE http://www.ildiscobolo.net/ - 11 - Antropos in the world PROVERBI, DETTI E MODI DI DIRE OVVERO, ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA „A superbia va a cavàlle e torna appère. Quanne „o patre fa carnavàle, „e figli tocca fa‟ a quarajésema. Quando l'ammòre è a piézze nun c'è nisciùna colla che l‟azzecca. „O ricco va „mparadiso sulo si more „ndà connala. La superbia va a cavallo e torna a piedi. Quando il padre fa scempio delle risorse della famiglia, i figli vanno incontro alla più nera indigenza. Quando l‟amore è in pezzi, nessuna colla può rimetterlo insieme. Il ricco va in paradiso, solo se muore in culla. Esplicatio: Implicanze semantiche: appère: a piedi. Dall‟accus.latino ad pede-m, con raddoppio freq. e metamorfosi evolutiva di d/r, come: Marònna e ròngo. Sirica Dora Carnavale: forma dissimilata da carne(le)vare, in riferimento all‟astinenza della quaresima. nisciùna: nessuna. dall‟acc. latino ne ipsu-m = neppure uno. azzeccà: appiccicare, mettere insieme. Come per l‟italiano, dal tedesco medievale ad zecken. connela: culla; da cui cunnulià. Dal latino cunulam, sdrucciola, con raddoppio della post-tonica. IN TEMA DI PARAMIOLOGIA AGRONOMICA a cura di Antropos La paremiologia, dal greco ὶ( proverbio, detto), è la scienza che studia i proverbi, i modi di dire ed ogni frase che ha il fine di trasmettere la conoscenza basata sull'esperienza. La paremiologia comparativa studia nei proverbi differenti linguaggi e culture. Essa si occupa dei proverbi, delle informazioni accumulate in moltissimi anni di storia. Queste informazioni possono in genere essere di: sociologia meteorologia, gastronomia, storia, zoologia, linguistica, religione, agronomia. Anche nel contesto dell‟agronomia, la Paremiologia trova largo impiego, offrendo una forma di saggezza agronomica di antica data. Esempi: « Se ogni uccello conoscesse il miglior grano, poco da mietere resterebbe al villano.» Ovviamente, ci riferiamo ai vari campi paremiologici, dalla coltivazione, alla paesaggistica, alla fisica, alla geologia ed all’economia. Esempi: Muntagne e muntagne nu’ s’affrontano. L’erba del vicino è sempre più verde. Se d'aprile a potar vai, contadino, molt'acqua beverai e poco vino. Letame di cavallo non fa fallo, quello di bue fa quello che può, quello di pecora fa moltissimo. Il concime fa il foraggio, ed il foraggio fa il concime. Vanga e zappa non vuol digiuno. Tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme, buon tempo. Vanga piatta poco adatta; vanga ritta, terra ricca; vanga sotto, ricca il doppio. L'opera d'arte imita ciò che la natura le propone ed il buon Dio dispone. - 12 - POESIA PAREMIOLOGICA: AQUA ELECTA Sembrano giganti addormentati I monti dell’alta valle del Sele, mentre i signori del cielo, gli aironi, volano più su, guardando dall’alto gli annosi uliveti ed i folti boschi di castagno. Antichi dialetti nostrani scandiscono il tempo, che s’adagia come le vecchie comari, all’ombra dei loro ricordi. In questo intimo abbraccio, ritrovo la mia radice; gli uccelli discorrono col sole, mentre le gazze, sul pino, dialogano tra i rami. Il velo d’una nuvola a una pioggia leggera s’accompagna e, nella campagna, ritorna il mito di Ermione. _______________ Franco Pastore, AQUA AELECTA, liriche dedicate alla nota frazione di Calabritto: Quaglietta, in provincia di Avellino. Antropos in the world MOMENTO TENERO Sei nelle pieghe dell' anima, in un canto del cuore, dove vivono i sogni. Sei tra i veli della mia malinconia, dove, ogni lacrima invoca il tuo nome. TRA I MIEI SOGNI di Ermanno Pastore1 ________________ 1) ErmannoPastore, nato a Benevento nel 1975, è maestro di Canto, con decennale esperienza sui palcoscenici più famosi d‟Italia ed all‟estero. Non di minor forza la Sua poesia, raffinata e seducente, che parla al cuore, deliziando l‟animo. Sei tra le nuvole della mia tristezza, nel sentiero sperduto dei miei occhi, o dimora del mio amore e favola delle mie inconfessate passioni! APPROFONDIMENTO LINGUISTICO LE FIGURE RETORICHE A cura di Andropos ARMONIA IMITATIVA La retorica (dal greco ῥητορικὴ τέχνη, rhetorikè téchne, «arte del dire») è l‟arte di parlar bene, la disciplina che studia il metodo di composizione dei discorsi, cioè come organizzare il linguaggio che non è mera comunicazione ma condivisione. Nella retorica, infatti, lo scopo precipuo del linguaggio è quello della persuasione, intesa come approvazione della tesi dell‟oratore che consiste in un fenomeno emotivo di empatia, di compenetrazione simbolica e di assenso psicologico. In letteratura si indica con armonia l‟effetto di musicalità di un componimento letterario, sia di prosa che di poesia, ottenuto, prestando particolare attenzione alla qualità sonora delle parole ed alla qualità ritmica della loro disposizione: si parla, ad esempio, dell‟armonia delle ottave dell‟Ariosto. Più in particolare, si usa la locuzione armonia imitativa, per indicare la figura retorica consistente nel rendere, col suono delle parole, l‟impressione auditiva o la sensazione immediata di quello che si vuole significare. Mediante l‟armonia imitativa, si possono riprodurre soprattutto suoni, ma anche movimenti e stati d‟animo. Concludendo, l‟armonia imitativa è un accorgimento retorico, simile all'onomatopea, per cui si cerca di riprodurre, con gli elementi fonici delle parole, l'impressione acustica di ciò che le parole stesse rappresentano con il loro contenuto semantico, o di fornire, attraverso suggestioni acustiche, la sensazione immediata della rapidità di un movimento. L'alto rumor de le sonore trombe, de' timpani e de' barbari stromenti, giunti al continuo suon d'archi, di frombe, di machine, di ruote e di tormenti; e quel di che più par che 'l ciel ribombe, gridi, tumulti, gemiti e lamenti: rendeno un alto suon, ch'a quel s'accorda con che i vicin cadendo il Nilo assorda. Ariosto (XVI, LVI) Altro bellissimo esempio di armonia imitativa lo abbiamo nella lettura metrica del verso virgiliano: ìlla levēm fugiēns raptim sēcat aēthera pēnnis, (Virgilio, Georgiche, libro I ww 404) - 13 - Antropos in the world LA PAGINA MEDICA L’ANORESSIA Si comincia , di solito, con una dieta dimagrante: tutto ciò che si desidera, apparentemente, è migliorare e controllare la propria immagine. La persona anoressica non si sente mai abbastanza magra. “L'anoressia è la punta dell'iceberg, il sintomo di una sofferenza che ha cause psicologiche. Per questa ragione non può essere aggredito: è necessario invece cercare le cause senza tuttavia perdere di vista la gravità dei risvolti che possono mettere a rischio la vita. Il sintomo non viene soppresso ma si diluisce fino a scomparire solo quando la persona non sente più la necessità di adottare i comportamenti che ha dovuto cercare e usare come soluzione, quando riesce a esprimere e vivere i suoi sentimenti, quando a dispetto delle difficoltà trova dentro di sé gli strumenti per far fronte alla vita e alla sofferenza che ne è parte”. L‟anoressia nervosa è un disturbo alimentare centrato su un travolgente terrore di ingrassare. Il risultato di questa paura infondata è l‟autodenutrizione e una grave perdita di peso; oltre al deperimento, l‟insufficiente nutrizione può causare disturbi ormonali, anemia, irregolarità del battito cardiaco, fragilità delle ossa e molti altri problemi. Di solito questa condizione insorge dall‟inizio dell‟adolescenza alla prima età adulta, anche se può colpire più tardi. Circa il 90 per cento degli anoressici sono ragazze; l‟un per cento solo delle donne sono affette da questa malattia. L‟anoressia è pericolosa e l‟aiuto di un medico deve essere ricercato prima possibile. Una terapia precoce solitamente impedirà l‟aggravarsi della situazione, ma alcuni casi sono molto resistenti alla terapia e possono richiedere il ricovero in ospedale. Circa il 15 per cento degli anoressici muore a causa delle complicazioni. Anche se si focalizza sul cibo, l‟anoressia è una malattia della mente. Spesso inizia con un desiderio relativamente normale di perdere qualche chilo, ma dal momento che lo stare a dieta risolve solo temporaneamente i sottostanti problemi psicologici, ben presto diventa compulsivo; l‟assunzione di cibi viene gradualmente diminuita fino alla quasi totale astinenza. La vittima è ossessionata dall‟immagine del suo corpo e spesso si vede grassa anche quando è vero il contrario. Ironicamente, ritualizza la preparazione e il consumo dei cibi. Diventa affascinata dalle ricette e dalla cucina, pur non mangiando il cibo, soprattutto in presenza di altri. Può intercalare al digiuno periodiche bisbocce seguite da purghe e vomito, soprattutto quando sta cercando di riguadagnare delle normali abitudini alimentari. Circa metà degli anoressici va incontro a un certo punto alla bulimia. Gli anoressici provengono di solito da famiglie molto ambiziose e sono spesso perfezionisti, compulsivi in molti - 14 - aspetti della loro vita, soprattutto a scuola. L‟accanimento sul loro obiettivo di restare magri è spesso accompagnato dalla negazione: gli anoressici tipicamente rifiutano di ammettere che qualcosa non va e possono diventare aggressivi o chiudersi sulla difensiva di fronte alle altrui espressioni di preoccupazione. Anche se alcune tecniche diagnostiche, come l‟eating attitude test (test di attitudine al mangiare), possono aiutare a identificare i potenziali anoressici, l‟indizio più importante è il deperimento, senza altre evidenti ragioni fisiche oltre al digiuno. Devono essere eseguiti esami completi del sangue e delle urine per escludere altre possibili cause della perdita di peso e, il che è ancora importante, per evidenziare squilibri ormonali e diminuzione dei livelli di importanti sostanze essenziali quali potassio, zinco e acidi grassi. La carenza di zinco, comune negli anoressici, soprattutto in quelli vegetariani, può danneggiare molte delle funzioni biochimiche dell‟organismo, ritardando la crescita e lo sviluppo sessuale e contribuendo in ultima analisi all‟anoressia stessa. Dal momento che gravi squilibri ormonali e nutrizionali possono portare alla morte, il frequente e costante controllo medico è essenziale. Medicina salute (http://medicinasalute.com/curare/malattia/malattie/curare-anoressia-nervosa-sintomi-causeprevenzione-trattamento-con-medicina-convenzionale-o-fitoterapia-medicina-psicosomatica/) Regimen Sanitatis Salernitanum - Caput VII- DE CIBIS MELANCHOLICIS VITANDIS Persica, poma, pyra, lac, caseus, et caro salsa, et caro cervina, leporina, caprina, bovina: haec melancholica sunt infirmis inimica. DEI CIBI DA EVITARSI DAGL’IPOCONDRIACI Pesche, mele, pere e latte, cacio e carni, o di sal tratte, o cervine, o leporine, o caprine, ovver bovine. Tutti questi cibi erronici son per gli egri malinconici Antropos in the world NOTE ANTROPOLOGICHE: l‟evoluzione biologica Gli esseri umani e la capacità dell’infinito a cura di Antropos Ian Tattersall, antropologo dell‟American Museum of Natural Historydi New York, fondatore della Hall of Human Biology and Evolution dell‟American Museum e vincitore del prestigioso premio W. W. Howells dell‟American Anthropologican Association, è uno dei tanti scienziati in opposizione alla teoria del “neo-darwinismo”, ovvero una delle posizioni che cercano di spiegare l‟evoluzione biologica, cioè un fatto in gran parte supportato - per quanto riguarda la “microevoluzione”- da innumerevoli evidenze fossili. Una teoria - quella neodarwinista - che però viene indebitamente esaltata per pure ragioni ideologiche e anti-teiste, tanto che lo stesso termine “neo-darwinismo” è diventato ambiguo, sinonimo di una posizione filosofica più che di una ipotesi scientifica. Per molti non è nemmeno una spiegazione scientifica, come tutto quel che termina con -ismo, come ha spiegato il biologo darwinista Francisco Ayala: «noi scienziati parliamo di Darwin, non di darwinismo o neodarwinismo». Per altri il neodarwinismo è una tautologia, anzi una vera e propria antiteoria come l‟ha chiamata il premio Nobel Robert Laughlin e come ben spiegato dal dott. Alessandro Giuliani. Al neodarwinismo si oppongono sempre più studiosi per mere questioni scientifiche come hanno fatto Massimo Piattelli Palma-rini e Jerry Fodor nell‟ormai noto volume “Gli errori di Darwin” ma tanti altri sono anche interessati a confutarne le pretese filosofiche di stampo riduzionista che vengono diffuse attraverso tale teoria, anche correndo il rischio di essere tacciati di “creazionismo”. Tattersall, Ha infatti respinto in una recente intervista l‟idea di una evoluzione lineare e graduale, così come vuole il cardine del neodarwinismo (una sorta di continuum tra i primati e l‟uomo), affermando: «L‟idea di una evoluzione graduale era la posizione degli scienziati che hanno elaborato la cosiddetta teoria sintetica nella prima metà del secolo scorso e che riducevano i fenomeni evolutivi alla competizione e selezione naturale. Verso gli anni „70 però è diventato sempre più chiaro che questo modello non era adeguato. Soprattutto la documentazione fossile mostrava l‟evidenza di un cammino con interruzioni e periodi di assenza di cambiamento». Questo ovviamente riduce il ruolo della selezione naturale, esaltata come unica spiegazione dai filosofi infervorati come Telmo Pievani e gli scienziati controversi come Richard Dawkins. E infatti, ha continuato l‟antropologo americano: «Ciò significa che la selezione naturale non è l’unico fattore dei cambiamenti evolutivi e che altri agenti sono coinvolti, comprese le interazioni con l‟ambiente: i mutamenti ambientali sono in effetti un grande “driver” dell‟evoluzione. Naturalmente interviene anche il caso. Bisogna però considerare che quando parliamo dei processi evolutivi spesso siamo portati a semplificare le cose: in realtà noi non guardiamo al singolo processo ma a una storia fatta dall‟accumularsi di molti e diversi elementi». Soffermandosi sul ruolo del “caso”, tanto a cuore agli anti-teisti, ha però puntualizzato: «Caso è una parola delicata. Certo, il caso è un elemento presente in tutta la nostra esperienza umana e non è incomprensibile che nel corso dell‟evoluzione biologica intervengano cambiamenti casuali, insorgano differenze e variazioni, dovute anche al fatto che cambia l’ambiente, che si verificano fenomeni improvvisi, disastri naturali, a volte catastrofici. La mia idea della selezione naturale è che sia molto importante ma che agisca più nelle fasi di stabilizzazione delle popolazioni che nel produrre le novità e i mutamenti. Per spiegare questi bisogna introdurre altri fattori». L‟antropologo concorda con il biologo e genetista statunitense Richard Lewontin, secondo cui «il segreto, ancora largamente misterioso, risiede senz‟altro in proprietà interne, nell‟organizzazione dei sistemi genetici, non nella selezione naturale», e in un‟altra occasione: «la teoria di Darwin della selezione naturale ha delle falle fatali». Tattersall, tuttavia, non concorda con il paleontologo Simon Conway Morris secondo cui la comparsa dell‟Homo Sapiens sarebbe stata inevitabile, ma ci tiene comunque a ribadire l‟unicità dell‟uomo rispetto a tutte le altre creature: «noi uomini ricostruiamo il mondo nella nostra testa e produciamo oggetti frutto di questa rielaborazione; non ci limitiamo, come altri animali, a reagire agli stimoli che arrivano dal mondo. Pensando alle grandi scimmie, capita spesso di sentire dire che “hanno fatto cose che finora si pensava facessero solo gli uomini”: tuttavia non si può affermare che arrivino ad avere una capacità simbolica. È questo l’abisso cognitivo tra noi e le scimmie … il passaggio dall‟Homo ”non simbolico” all‟Homo ”simbolico” era impensabile, ma è accaduto, in un unico evento, non gradualmente». Il prof. Andrea Moro, ordinario di linguistica generale presso la Scuola Superiore Universitaria IUSS Pavia, ha voluto sottolineare che secondo lui «la posizione importante di Tattersall sottolinea un filone di ricerche ben affermato: le scimmie non parlano “perché non possono”. Tuttavia il motivo, a mio avviso, non sta nella simbolizzazione [...]. La vera differenza, come intuì Cartesio, sta semmai nel fatto che nessun animale può ricavare senso dalla combinazione dei simboli, cioè da quello che dall‟epoca ellenistica chiamiamo “sintassi” [...]. Ed è proprio dalla combinazione di simboli, dalla sintassi cioè, che si spalanca l‟infinito nel linguaggio umano, e solo in quello. È questo il fatto inaspettato e clamoroso che differenzia noi da tutti gli altri animali. E questo “infinito presente” è anche alla base di altre capacità cognitive umane come la musica. Gli esseri umani sono progettati in modo speciale” per apprendere il linguaggio secondo modalità che ci portano a riconoscere il mistero». http://youtu.be/TU7k1xYIZzc - 15 - Antropos in the world STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore IL MELODRAMMA: Giordano Il melodramma italiano definì la sua struttura di opera seria grazie al compositore Alessandro Scarlatti e si affermò con Pietro Metastasio, autore di 27 testi, messi in musica negli anni a seguire più di ottocento volte. Metastasio stabilì la struttura drammaturgica e la metrica delle arie, auspicando una assoluta serietà nelle sceneggiature. In contrapposizione, a Napoli nacque l’Opera Buffa. Lo spunto venne dagli intermezzi musicali che gli autori inserivano tra un atto e l‟altro per intrattenere il pubblico. Queste brevi scenette, che narravano in chiave comica episodi tratti dalla quotidianità, avevano un grande successo tra gli spettatori e nell‟arco di poco tempo diventarono un genere teatrale a sé stante. Rispetto all‟opera seria, l‟opera buffa era molto più libera da schemi precostituiti: i compositori s‟ispiravano a vicende legate alla vita di tutti i giorni che il pubblico capiva con maggior facilità, riuscendo ad identificarsi nei personaggi. L‟opera buffa raggiunse l‟apice della sua espressione con Il Barbiere di Siviglia di Rossini. Proprio Rossini, insieme a Bellini, Donizetti e Verdi rappresentò il periodo di maggior popolarità del melodramma che nel frattempo assunse il nome di Opera. Sul finire dell'Ottocento sorse la Scuola verista, un movimento che, pur non rinunciando alla concezione tradizionale del melodramma, lo rese più vero ed aderente alla vita quotidiana. Tra i musicisti ricordiamo Mascagni, Leoncavallo, Cilea, Giordano, oltre, naturalmente, a Giacomo Puccini. Umberto Menotti Maria Giordano, nato a Foggia nel 1867, studiò a Napoli dove frequentò dal 1882 al 1890 come alunno convittore, il Conservatorio in San Pietro a Maiella, sotto la guida di Paolo Serrao, già maestro di Leoncavallo, Cilea, Martucci e Mugnone. E‟ stato un compositore italiano che ha legato il suo nome ad alcune opere liriche entrate stabilmente nel repertorio internazionale. Dapprima bocciato all'esame di ammissione al conservatorio di Foggia, studiò poi con Paolo Serrao al conservatorio di Napoli e la sua prima opera Marina - fu scritta per una competizione accademica; seguì Mala vita, dramma che ruota attorno a un lavoratore che fa voto di recuperare una prostituta in cambio della guarigione dalla tubercolosi. L'opera suscitò un certo scandalo quando fu rappresentata e Giordano tentò un approccio più romantico con la sua opera successiva - Regina Diaz, del 1894 - che tuttavia non ebbe successo e venne rappresentata solo due volte. Il compositore si trasferì perciò a Milano, ritornando al verismo con quello che sarebbe diventato il suo lavoro più conosciuto, l'Andrea Chénier (1896), basato sulla vita dell'omonimo poeta francese, Roma nel 1892. Anche Fedora si rivelò un successo e viene tuttora rappresentata frequentemente. - 16 - Le opere successive di Giordano ebbero minore risonanza, anche se vengono riproposte saltuariamente in Italia e all'estero. Il G. fu accademico d'Italia. La sua arte è caratterizzata anzitutto da un fortissimo senso del teatro, da un'ispirazione melodica generosa e d'accento incisivo, da uno stile che, specie a partire da Fedora, cercò di arricchire il proprio linguaggio. I momenti salienti di questo cammino sono in Siberia, Madame Sans-Gêne, La cena delle beffe, opera quest'ultima in cui il G. stringe la musica al dramma, in virtù di una approfondita realizzazione dei personaggi e dei loro stati d'animo. Vivace modernità di ritmi, di armonie, di timbri si distingue poi nell'opera Il Re, suggerita da una scintillante vena comica. Gli ultimi vent'anni del maestro sono quelli in cui si evidenzia un appannamento della vena creativa, della capacità di tradurre in musica le sue passioni, i suoi personaggi teatralmente validi sorretti da un'elevata ispirazione che rende accettabili, ancora oggi, sentimenti come l'amore, l'odio, la vendetta, la pietà. Umberto Giordano si spense a Milano il 12 novembre del 1948 ma le sue opere "Andrea Chénier", "Fedora" e "Siberia" hanno contribuito a rendere immortale la figura del maestro conservando, negli anni, la capacità di presa sugli amanti della musica e inserendolo di fatto tra i più grandi nel mondo della lirica di tutti i tempi. Foggia, la sua città natale, riconoscendo in Giordano forse il suo più illustre cittadino, ha dedicato allo stesso una piazza centrale con una statua del maestro e le statue rappresentanti le sue opere maggiori ed il teatro della città. Sotto, un‟ immagine dei funerali del Nostro. Antropos in the world UNA VIOLENZA CONSOLIDATA DALL’ASSENZA DEI VALORI E’ INACCETTABILE Non ho voluto di proposito scrivere nell‟immediato sulle immagini televisive che mostravano una struttura preposta al trattamento sanitario di degenti anziani non autosufficienti, persone malate nella carne e nello spirito, per non incorrere in parole troppo forti, in aggettivi e sostantivi di nessuna comprensione per questi “riferimenti professionali”, tanto ricercati per alleviare le sofferenze di esseri umani bisognosi di un aiuto appropriato. Il servizio mostrava i reparti di una casa di riposo con gli anziani seduti sulle carrozzine, sulle poltroncine, sdraiati sui letti, ma ogni volta che un operatore deputato alla loro cura e sicurezza, passava loro vicino, partivano spintoni, gomitate, percosse di varie entità, addirittura si vedevano questi uomini e queste donne preparati professionalmente all‟attenzione sensibile dei malati, strattonarli brutalmente per metterli a letto, lanciarli sui materassi come fossero sacchi di patate. La violenza è sempre sbagliata, perché è uno strumento che cambia i rapporti e le relazioni, soprattutto viola i diritti dell‟altro, azzera il rispetto per la libertà di ogni individuo. In questo caso non c‟è solamente un‟esplicitazione di violenza gratuita, è violenza che non nutre segni di colpa, una violenza consolidata nell‟assenza di valori, una sorta di associazione criminale composta da soggetti cosiddetti per bene, padri e madri di famiglie esemplari, che fuori dalle proprie abitazioni, assumono i panni dei torturatori. Si tratta di una violenza ancora più inaccettabile, perché ai danni di persone-pazienti di età avanzata, con le membra stanche, un‟umanità dolente e silente alle stagioni rimaste, per questo motivo da considerare sacre nel rispetto dovuto. In quello spazio dei comportamenti vigliacchi, dei colpi distribuiti con insignificanza, delle offese e delle umiliazioni, c‟è la conferma che l‟essere umano non è indomabile nel suo istinto, non è un animale, infatti gli animali non conoscono l‟odio, non sanno di che pasta è fatta la cattiveria disumana, la sporcizia morale degli uomini, gli animali sono esseri viventi che non conoscono la violenza gratuita. Esseri viventi operavano in quella casa della solidarietà costruttiva, esseri viventi e umani che hanno deciso di frantumare la libertà di persone deboli, indifese, colpite nel punto nevralgico: quello della propria dignità. In quella casa di cura c‟è il reato dell‟infamia, della vergogna, asprezza umana che invade e pervade il cuore di uomini e donne con una vita normale, con figli e futuro a portata di mano. Forse però quel benessere che riempie le coscienze di quegli operatori sociali non è rapportabile a una tavola di valori condivisi, mantenuti e curati con decoro, quel benessere è di ben altra dimensione, miserabile come la violenza del fare e del dire per riempire di contenuti il vuoto che li opprime, nel primato di maltrattamenti ai più innocenti. Nonostante questa ennesima dimostrazione di turpe metodo a umiliare l‟altro, disperdendone i residui di dignità, in questi arresti di persone al di sopra di ogni sospetto, in questo metterci a mezzo per arginare la deriva dell‟esistenza, ci sono i puntelli necessari per non perdere la fiducia. Infatti, il bene, quello vero, esiste, c‟è, e così l‟amore per la giustizia, quale condizione e prerequisito affinché la speranza non smetta mai di formare gli uomini a non arrendersi all‟indifferenza. Se così non fosse rimarrebbe il solo messaggio della vergogna che colpisce al cuore, e la vita stessa non avrebbe più senso. Vincenzo Andraous GESTIRE Come c‟è la moda delle minigonne, dei tanga, dei jeans, così c‟è la moda (o l‟ipedermia?) delle parole. In questi anni, furareggia gestire: Ho letto da qualche parte che non si dice più mi soffio il naso ma gestisco la mia funzione nasale. Così, si gestisce tutto: una crisi di nervi, una cura, un individuo, la propria persona (vedi l‟utero delle femministe), un problema, un aborto, gli ospiti e via di questo passo. Tempo fa, mi capitò di ascoltare che i pazzi devono gestire la propria follia: cose da pazzi! ___________ Renato Nicodemo, IL BEL PAESE o dell‟Italia capovolta, Ediz. Verso il futuro, Av 1988 - 17 - Antropos in the world UNA DONNA NELLA LETTERATURA – A cura di Antropos DIDONE Primogenita di Belo, re di Tiro, era sposa di Sicharbas, che diverrà Sicheo, Sychaeus, in Virgilio. La sua successione al trono fu contrastata dal fratello, Pigmalione, che ne uccise segretamente il marito e prese il potere. Probabilmente con lo scopo di evitare la guerra civile, Didone lasciò Tiro con un largo seguito e cominciò una lunga peregrinazione, le cui tappe principali furono Cipro e Malta. Giunone le aveva promesso una nuova terra in cui fondare una propria città e gliel'aveva indicata come la terra in cui scavando sulla spiaggia avrebbero trovato un teschio di cavallo. Approdata sulle coste libiche, Didone ottenne dal re Iarba il permesso di stabilirvisi, prendendo tanto terreno "quanto ne poteva contenere una pelle di bue". L'antico soprannome di Cartagine, infatti, era "Birsa", che in greco significa "pelle di bue" e in fenicio "rocca". Didone scelse una penisola, tagliò astutamente la pelle di toro in tante striscioline e le mise in fila, in modo da delimitare quello che sarebbe stato il futuro territorio della città di Cartagine e riuscì a occupare un terreno di circa ventidue stadi(uno stadio equivale a circa 185,27 m2). Durante la propria vedovanza, Didone venne insistentemente richiesta in moglie dal re Iarba e dai principi dei Numidi, popolazione locale. Secondo le narrazioni più antiche(ne parla ad esempio Giustino nel III secolo d.C.), dopo aver finto di accettare le nozze, Didone si uccise con una spada, invocando il nome di Sicherba. Nell‟Eneide di Virgilio, che s‟innamora del troiano Enea: lo accoglie, lo ama teneramente, dopo aver abiurato il legame simbiotico con le ceneri del defunto marito Sicheo. Quando, però, poco tempo dopo, l‟eroe deve riprendere il viaggio verso l‟Italia, la donna disperata e sconvolta, non ne accetta il destino, e vedendolo andar via per sempre, il profondo amore, per il quale ha pure ipotizzato nuove nozze, si trasforma in odio furente e, dopo aver invocato dagli dei una tremenda maledizione su Enea, sale sul rogo. Mentre la nave del troiano si allontana, ella si trafigge con la spada avuta in dono proprio da Enea; ma la flotta già naviga in mare aperto. “Tre volte levò il capo poggiando sui gomiti,/ tre volte sul letto ricadde e, con gli occhi in alto erranti,/ la luce al cielo cercò, e vedutala pianse.” - 18 - ὶ Così Virgilio descrive la scena finale, con lo sguardo dolente di Didone, ansioso, errante in ricerca dell‟ultima luce terrena, prima di sprofondare nel regno delle ombre. Viene così evidenziata la incontenibile passione della donna, che vive l‟abbandono in maniera così traumatica da decidere di togliersi la vita, ragion per cui Dante sceglie di collocare la bella regina, tra i “peccator carnali/ che la ragion sommettono al talento”, i lussuriosi, eternamente trasportati e sferzati da una violenta bufera, simbolo della bufera dei sensi da cui sono stati travolti in vita. Didone aveva infatti promesso di restare fedele al defunto marito Sicheo, prima che fosse sopraffatta dalla passione per Enea per cui: “L‟altra è colei che s‟ancise amorosa, e ruppe fede al cener di Sicheo…”. Anche la pittura ha dedicato ampio spazio a questa figura di donna, potente quanto infelice, forte nel governo, ma debole nella passion d‟amore. Tale grandiosità drammatica di donna irriducibilmente innamorata, appare nel dipinto del Guercino, che coglie l‟attimo in cui, mentre sullo sfondo s‟allontanano le navi troiane, ed il dio dell‟Amore, Cupido, s‟invola, Didone morente, circondata dalle ancelle che piangono, con la spada conficcata nel petto, cerca con lo sguardo la sorella che le è accanto sgomenta. Antropos in the world L‟EROS NEI SECOLI – A cura di Antropos OLTRE IL RINASCIMENTO CON LA LETTERATURA EROTICA Con l'umanesimo rinascimentale, e l'invenzione della stampa, inizia una nuova fase nella storia dell'erotismo letterario. In Italia, prosegue la tradizione della letteratura oscena, con opere come i Ragionamenti (1534-1536) di Pietro Aretino, dialoghi di prostitute sulla loro arte; nella cultura umanistica si diffondono atteggiamenti di libero pensiero, anche nei confronti dei tabù della sessualità e del piacere: dalle Facezie (1450 ca) di Poggio Bracciolini, alle Novellae (1520) di Gerolamo Molini, fino a Le piacevoli notti (1550-53) di Giovan Francesco Straparola. Questa tendenza trova un importante sviluppo nella cultura francese, mentre in Italia sarà duramente repressa negli anni della Controriforma e nei due secoli successivi. In Francia, nel sec. XVI, la parola erotica comincia a vivere di vita propria, nei versi dei «poeti della Pléiade», da Pierre de Ronsard a Mathurin Régnier e nelle novelle licenziose di Bonaventure Des Périers. Questo nuovo corso della letteratura erotica, su cui si abbatte la repressione più dura nel periodo della Riforma e delle guerre di religione, trova un nuovo sviluppo, in Francia, agli inizi del sec. XVII. È la grande stagione del libertinismo. I libertini, intellettuali in lotta contro l'oscurantismo religioso e il moralismo, istituiscono una nuova nozione di erotismo: la natura, il piacere, il desiderio devono essere in ogni modo assecondati nella costruzione di persone e società affrancate dall'ignoranza e dalla repressione religiosa. A causa di ciò vengono perseguitati: il poeta Théophile de Viau, autore dei versi liberamente erotici del Parnaso satirico, viene processato e bandito da Parigi; Claude Le Petit finisce sul patibolo per il suo Bordello delle Muse (1662), violentemente antireligioso. In tali condizioni, la letteratura libertina si diffonde clandestinamente, dando vita ad un ricco mercato editoriale. È invece pubblicato normalmente il primo libro veramente scandaloso del XVII secolo: L'École des filles ou la Philosophie des dames, due dialoghi del 1655 di Michel Millot, che, nonostante il sequestro, avrà una diffusione straordinaria per tutto il secolo, inaugurando il genere del trattato erotico, con istruzioni pratiche e digressioni filosofiche. Su questa linea seguono: Boyer d'Argens, con Thérèse filosofa (1748) e Sade con La filosofia nel boudoir. Nel corso del sec. XVIII questo tipo di narrazio- ne si diffonde in Europa come genere ormai consolidato, mantenendo una stretta relazione con la critica filosofica e politica; è una ricca produzione di romanzi, racconti, versi, con una propria diffusione e un proprio mercato. Questa letteratura batte le piste della satira anticlericale del racconto erotico-fantastico (Il sofà, 1741, di Crébillon figlio; I gioielli indiscreti, 1748, di Diderot ed altri ancora). E‟ Sade, con i suoi libri fulminanti, a portare alle estreme conseguenze la «scoperta della libertà», affondando la sua critica negli inferni di una sessualità negata dalla tradizione giudaico-cristiana, alla vigilia della Rivoluzione, durante il periodo rivoluzionario e nei primi anni della controrivoluzione borghese. L'Impero reprime il radicalismo filosofico e politico, e restaura vecchi riti moralistici. Nella letteratura erotica si apre una cesura sempre più netta tra erotismo e pornografia . La tradizione settecentesca comunque prosegue, raffinata ed élitaria, fino alle nuove declinazioni della sensibilità romantica e poi decadente: da De l'amour (1822) di Stendhal, ai Fiori del male di Baudelaire, a Donne Hombres (1890-91) di Verlaine, alle tentazioni della pornografia in Figlie di tanta madre (1926) di Louys, alla ripresa di temi dell'erotismo classico in Gide, Corydon, all'erotismo vittoriano di D.H. Lawrence in L'amante di Lady Chatterley (1928). Ha, invece, tra Ottocento e Novecento, una crescente diffusione editoriale, nelle società borghesi occidentali: la letteratura pornografica, scritta da uomini per un pubblico maschile. I registri letterari vanno dal romanzo alla poesia, al teatro, ma si tende essenzialmente alla ripetizione ed alla riproduzione di stereotipi. Nei primi decenni del Novecento le tematiche dell'erotismo si incontrano con i concetti freudiani di libido, desiderio, pulsioni di vita e di morte e nasce un nuovo lessico di riferimento anche per la letteratura erotica. Il campo semantico del piacere diventa sempre più complesso. Si apre una grande stagione, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, di libera ricerca e di proposta di nuove pratiche letterarie che suscitano scandalo, confliggendo con il moralismo borghese ottocentesco e il puritanesimo della nuova società americana, da Tropico del cancro, di Henry Miller, a Lolita, 1955, di V. Nabokov). - 19 - Antropos in the world CRITICA LETTERARIA LA PORTA TRA I MONDI di Artemisia Birch La porta tra i mondi si può inserire nel filone dell'Heroic Fanta Artemisia Birch, insegnante e naturopata, svolge la sua attività di scrittrice a partire da un lavoro che molto ha a che fare con la scrittura: è un'insegnante che coltiva la grande passione per le erbe e le discipline olistiche fino a diventare naturopata. “La porta tra i mondi”, primo volume della “Saga di Wise” e sua opera di esordio, è un'interpretazione lucida e seducente dei rituali religiosi celtici, raccontati facendo spesso riferimento a ricette provenienti dalla Magia Verde così cara all'autrice; la sua visione, spiccatamente femminile e tuttavia molto ampia, non dimentica di fornire corposi suggerimenti provenienti dalle famose teorie che esaltano gli immensi potenziali della mente umana, fornendo così una chiave di lettura davvero singolare. La protagonista principale è Moldra, la più dotata tra le Muthras di Wise, le grandi detentrici del Potere della mente, che in questa prima parte della saga è solo una bambina, seppur molto arguta e intuitiva. I personaggi che ruotano attorno a lei sono Misandra, la Muthras Madre e madre naturale di Moldra, e Ardan, il Guardiano della torre di Alagar, la nera torre dei guerrieri Silenti, uomini con la rarissima capacità di compenetrare le energie della Natura, nello specifico dei quattro elementi: Acqua, Fuoco, Aria, Terra. Ognuna delle Muthras incarna le forze intime di uno degli Elementi, per poi riversare nelle molteplici sfaccettature della realtà quei pericolosi e immensi poteri; Moldra incarnerà l'Elemento più potente in assoluto: l'Acqua. Questi personaggi, complessi e affascinanti, rappresentano la molteplicità della natura umana, troppo spesso convinta di essere in balia di un destino implacabile e incontrollabile, su cui non vi è possibilità di imporre la propria volontà. Wise, il villaggio delle Sapienti, è qui il centro di un culto religioso che si propone come obiettivo di sviluppare al meglio le doti naturali di ognuno dei suoi abitanti; secondo la visione dell'autrice, le donne rivestono a questo proposito un ruolo di primo piano, relegando alla popolazione maschile, pur dotata di notevoli e indispensabili capacità mentali, il compito di difesa del maniero di Arras, ai cui piedi sorge il sacro villaggio. Incalzanti avventure vedranno agire i tre più potenti Sapienti di Wise, Moldra, Misandra e Ardan, in sinergia stretta tra loro, nel difficile tentativo di contrastare una grande minaccia per i territori della Gabria: una minaccia subdola e terribilmente pericolosa, come quella perpetrata da creature fatate ribelli, da tempo rinchiuse in uno stato di non-vita, rappresentato materialmente dalle incantate foreste di Swoon, da cui impossibile sarebbe stato uscire, se non attraverso La porta tra i mondi, un varco magico custodito da una fata dell'antico popolo. Una pericolosa reietta, con la complicità di un'altra fata ribelle, viola la soglia magica e si riversa nel mondo con un greve carico di odio e un devastante sentimento di vendetta verso la Regina Sanguemisto, sua carceriera e fondatrice, in seguito, della grande stirpe dei Sapienti i Wise. Tracce fantastiche e leggendarie già riprese e raccontate più volte acquisiscono qui nuovo spessore, e il personaggio di - 20 - Moldra diventa un'eroina nuova, sfuggendo alla banalità di alcuni personaggi tipici del genere, molto spesso presentati senza una reale profondità che invece trova peso e compimento tra le mani esperte di Artemisia Birch, in grado dar vita ad una narrazione appassionante e sempre ricca di risvolti emozionanti e imprevedibili. Con la sua prima opera, l'autrice ha dimostrato di saper donare eternità a miti e leggende, trasformandoli e adattandoli a nuovi contesti e scenari, come quelli che possono nascere dalla mente feconda di una donna dotata di grande padronanza degli strumenti linguistici e di una fervida immaginazione. Di ingegnoso effetto l'utilizzo delle ricette erboristiche man mano presentate nel corso della narrazione; un espediente di notevole interesse, che contribuisce ad aumentare il piacere della lettura e denota la scrittrice come grande conoscitrice dell'arte della guarigione con l'uso delle erbe medicinali. La porta tra i mondi si può inserire nel filone dell'Heroic Fantasy ad ambientazione celtico- medievale e dimostra che può imporsi nel panorama letterario un Fantasy al femminile, libero dai vincoli dettati dai colleghi maschi, in cui prevalgono tematiche di guerra e in cui l'ideale maschilista trova spesso terreno fecondo in stereotipi e luoghi comuni. Il potere delle donne sorge qui in tutta la sua radiosa lucentezza e viene esaltata anche nel libro successivo, anch'esso dotato di un fascino viscerale e senza tempo, come emerge chiaramente nell'incipit di questo libro ricco di poesia, colori e profumi, che avvolgono il lettore fin dall'inizio, accompagnandolo per mano in un mondo meraviglioso e inquietante al tempo stesso e avvincendolo senza scampo fino alla fine di questo viaggio incantato, lasciando ad ognuno il dolce sapore della consapevolezza di poter trasformare la propria realtà, rendendola magica e suggestiva come quella uscita dalla mente di Artemisia Birch. Lorenzo Lorni LE TUE LABBRA di Franco Pastore Attraverso questo libro l'autore Franco Pastore ci accompagna in un mondo in cui la poesia la fa da padrona. Già dal titolo si deduce che musa ispiratrice della silloge è l'amore in tutte le sue sfumature. Ogni poesia ha insita in sé una certa sensibilità che riaffiora tramite immagini, metafore e sillogismi. Il linguaggio poetico usato dall'autore è curato, forbito e ricercato, ma al contempo ben espresso nella sua interiorità. Le immagini che accompagnano qua e là la silloge, sono espressione di sensualità, armonia e delicatezza ed il tratto sottile ne caratterizza una certa eleganza. "Le tue labbra": una silloge da leggere, facendosi catturare dall'atmosfera di magia che evocano le parole contenute negli splendidi versi. Sara Rota Antropos in the world POLITICA E NAZIONE LA MANCATA RIPRESA ED IL FALLIMENTO DI MONTI ovvero, il pensiero spicciolo del cittadino comune L‟Economia va sempre peggio e non si vede alcuna via d‟uscita. A dieci mesi circa dall‟insediamento del governo Monti è deprimente constatare che le cose vanno di male in peggio e non si vede ancora uno spiraglio per la ripresa nonostante tutti i sacrifici imposti agli italiani. Intanto sono allo studio nuove tasse per alleggerire le tasche dei pensionati e dei lavoratori per risanare la voragine dei disastrosi conti pubblici dello Stato che i nostri politici, di destra e di sinistra, hanno contribuito ad alimentare avendo cura di ingozzarsi a danno del popolo invece di tutelarne gli interessi ed il benessere. Oggi il governo Monti, incapace di intraprendere un percorso per creare ricchezza per il paese, cerca alibi nel constare il proprio totale fallimento. Intanto nel mentre il differenziale tra i titoli italiani e tedeschi (detto spread) viaggia sempre a quote elevate ed il prodotto interno lordo è calato sensibilmente, la legge sulla revisione della spesa (detta barbaramente spending review) è stata approvata in Senato ad inizio agosto e dovrebbe essere approvata anche alla camera non appena il suo Presidente Gianfranco FINI tornerà al lavoro dopo un mese di dure ferie trascorse in alberghi di lusso con la sua scorta a spese dello stato. Nel frattempo gli italiani hanno avuto modo di constatare che questa legge iniqua detta di “lacrime e sangue” ancora una volta prende per il culo una intera nazione. Infatti la legge si poneva l‟obiettivo di realizzare una gestione responsabile delle risorse e la eliminazione degli sprechi (finanziamento ai partiti, riduzione dei parlamentari e dei loro stipendi etc) per dare nuovi impulsi alla crescita e migliori servizi alla società. Invece, udite udite, il signor Monti ha alimentato gli sprechi aumentando di ben dieci milioni (per un totale complessivo di 160) l‟importo della cosidetta legge “mancia” che altro non è che un ulteriore privilegio a favore dei politici per sostenere le spese nei collegi di provenienza. Chi ha firmato questo odioso emendamento che furbamente è stato inserito in una legge che si pone ben altri obiettivi e prevede di decurtare i fondi per la sanità e la eliminazione di settemila posti letti, tagli al personale dei dipendenti pubblici per 24.000 unità ecc., ? Ebbene, l‟ardire e la sfacciataggine per ingrassare il già straripante fondo spese dei gruppi parlamentari è di due personaggi che fino ad ieri si accapigliavano e non erano d‟accordo su nulla ed oggi si trovano complici nel depredare gli italiani: 1) l‟on.le Paolo Giaretta del PD (Partito Democratico); 2) l‟on.le Gilberto Pichetto Fratin del PDL (Popolo della Libertà). Questo odioso provvedimento con il placet del signor Monti sarà approvato in Parlamento non appena il signor Gianfranco Fini tornerà dalle fatiche delle ferie con il suo manipolo di uomini. Ogni Italiano onesto pensa “ certo questi predatori pensano solo e sempre ad ingozzarsi sempre di più ma il nostro Presidente della Repubblica così attento in altre occasioni sicuramente non si renderà complice di questa ennesima rapina a danno del popolo italiano e non firmerà questa ulteriore legge truffa”. Al Presidente Giorgio Napolitano ci rivolgiamo anche noi affinché non firmi questo odioso provvedimento anche perché siamo sull‟orlo della catastrofe e per uscirne bisogna fare ancora tanta strada in salita e questi provvedimenti non fanno altro che alimentare la crisi. Mario Bottiglieri NON TUTTI SANNO CHE… Se una statua nel parco di una persona a cavallo, il cavallo ha una delle zampe anteriori alzate, la persona è morta ferita in combattimento, se il cavallo ha le quattro zampe per terra, la persona è morta per cause naturali. Miguel de Cervantes e William Shakespeare sono considerati rispettivamente: il più grande esponente della letteratura spagnola ed inglese. Entrambi sono morti il 23 aprile 1616. Se una femmina di orso bianco è uccisa, mentre ha ancora i piccoli in tenera età, questi si lasciano a loro volta catturare o addirittura uccidere, senza opporre alcuna resistenza, pur di non allontanarsi dal cadavere della madre. Lo scozzonatore è il domatore di cavalli, per la precisione chi sale sul cavallo la prima volta, per abituarlo alla sella e addomesticarlo. Il Mistral è un vento freddo e secco che soffia nella valle del Rodano, simile al nostro maestrale, soffia per lo più in autunno ed in primavera. - 21 - Antropos in the world PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore ( SECONDA PARTE ) RISOTTO CON I CARCIOFI Ingredienti e dosi (per 4 persone) 400 grammi di riso – 4 o 5 carciofi – 1 spicchio d‟aglio – prezzemolo – 50 grammi di burro – brodo - sale – pepe – parmigiano grattugiato. Preparazione Togliere le foglie dure ai carciofi, spuntarli, raschiare i gambi. Tagliare i gambi a pezzetti e poi i carciofi a striscette o a spicchi sottili. Salarli, peparli e farli rosolare in 30 grammi di burro, dove è stato fatto colorire l‟aglio, che sarà tolto appena comincerà a diventare scuro, e una manciata di prezzemolo tritato. Aggiungere un mestolo di brodo e lasciar cuore una decina di minuti prima di aggiungere il riso, che sarà portato a cottura aggiungendo via via il brodo necessario. Condire il riso cotto con il pezzo di burro fresco rimasto e una manciata di parmigiano. COSTOLETTE DI CARCIOFO Ingredienti e dosi (per 4 persone) 4 o 5 carciofi grandi – 4 o 5 fettine di prosciutto crudo – 1 limone – pangrattato fine 1 uovo – sale – olio. Per la besciamella: ¼ di latte – 40 grammi di burro – 30 grammi di farina – parmigiano grattugiato – 1 uovo per legare. Preparazione Pulire come al solito i carciofi, spuntarli, togliere i gambi e tagliarli a fette, gettandoli via via in acqua acidulata con succo di limone. Scottarli poi per qualche minuto in acqua bollente salata, scolarli e disporli su un canovaccio di bucato. Intanto fare la besciamella come al solito, legandola con un uovo e il parmigiano grattugiato, in modo che risulti consistente. Disporre su ogni fetta di carciofo una fettina di prosciutto tagliata di uguale misura, avvolgere ogni fettina di carciofo nella besciamella e infine nell‟uovo precedentemente sbattuto, poi nel pangrattato fine, premendole col palmo della mano in modo che aderisca bene. Friggere in olio abbondante e fumante. CARCIOFI FRITTI Ingredienti e dosi (per 4 persone) 6 carciofi teneri ( i toscani o i romani) – 1 limone. Per la pastella: 1 albume – farina – latte – olio – sale. Ingredienti e dosi 200 grammi di farina – 300 grammi di ricotta – 100 grammi di burro – 6 carciofi – 2 uova – 2 cucchiai di olio – parmigiano grattugiato – prezzemolo – limone – pepe – sale. Preparazione Togliere le foglie esterne ai carciofi, spuntarli, raschiare i gambi e tagliare ogni carciofo in quattro o sei spicchi, secondo la grossezza dei carciofi stessi. - 22 - Gettarli nell‟acqua acidulata con succo di limone e intanto preparare la pastella. Mettere in una terrina due cucchiaiate colme di farina, stemperandola poi a poco a poco con un po‟ di latte, in modo da ottenere una crema densa e senza grumi. Salarla e unirvi anche due cucchiaiate di olio mescolando, ma senza lavorarla troppo. Lasciar riposare la pastella per circa un‟ora e, al momento di usarla, aggiungere l‟albume montato. Scolare i carciofi, asciugarli, passarli nella pastella e gettarli nell‟olio abbondante e fumante, fino a che diventino ben dorati e croccanti. Cospargerli di sale fino e servirli caldissimi. TORTA DI CARCIOFI E RICOTTA Preparazione Impastare la farina con il burro, 100 grammi di ricotta e un pizzico di sale. Mettere a riposare al fresco. Pulire bene i carciofi, tagliarli a fettine e gettarle in acqua acidulata con succo di limone. Tritare il prezzemolo e farlo soffriggere nell‟olio, unire i carciofi e un pochino d‟acqua. Lasciar cuocere 15 minuti e appena teneri, metterli in una terrina. Aggiungere le uova frullate, il resto della ricotta, il parmigiano, sale e pepe. Spianare la metà della pasta e foderare una tortiera imburrata; versare il ripieno e coprire un disco di pasta. Far dorare al forno. TORTINO TOSCANA DI CARCIOFI ALLA Ingredienti e dosi (per 4 persone) 4 carciofi – 6 uova – parmigiano grattugiato – limone – pepe – sale – olio di frittura Preparazione Togliere ai carciofi le foglie dure, spuntarli e metterli in acqua acidulata con succo di limone. Scolarli, asciugarli e tagliarli a spicchi, infarinarli e friggerli in olio fumante. Allinearli in una pirofila, versarvi sopra le uova battute con sale, pepe e parmigiano grattugiato a piacere. Mettere in forno e appena dorato (occorreranno circa20 minuti di cottura), servire. Un libro inchiesta sulla tragedia di Ustica, un viatico intrigante, raccontato da uno dei protagonisti: un eroico capitano della Aeronautica Militare, che ancora aspetta giustizia. Per prenotare: 3387052764 – 3771711064 e-mail: [email protected] Antropos in the world DALLA REDAZIONE DI BERGAMO Aperto a Bergamo Alta, nel restaurato Palazzo del Podestà, il Museo storico dell‟età veneta – Il Cinquecento interattivo Un'esperienza sensoriale e multimediale, un nuovo modo di raccontare la storia al grande pubblico Bergamo, Città Alta - Tempo d‟estate, tempo di Città d‟Arte. Quest‟anno Bergamo offre ai suoi visitatori una straordinaria novità. Nel cuore del centro storico monumentale della Città, in Piazza Vecchia, nel Palazzo del Podestà comunale del XII secolo, splendidamente restaurato, è nato da pochi mesi il Museo storico dell’età veneta dedicato al Cinquecento. Il museo complesso, per strategia e visione, progettato in cinque anni è stato realizzato, con un significativo impegno economico, a consolidare il già ricco patrimonio culturale della città di Bergamo. Concepito in forma interattiva, il nuovo Museo intreccia conoscenza e dimensione ludica, ragione ed emozioni, suscitando nel visitatore anche più annoiato, con immagini e suoni, la dimensione del meraviglioso e della curiosità intellettuale: le testimonianze del passato – dipinti, manoscritti, mappe e documenti, selezionati con assoluto rigore scientifico – prendono vita e si fanno narrazione sensoriale e multimediale, proponendo allo spettatore l‟immagine di una società culturalmente ed economicamente vivace, partecipe della grande storia, in luoghi storicamente riconoscibili all‟interno della Città. L‟aspetto più rilevante del nuovo Museo sta proprio nella specifica interfaccia e nella fruibilità coinvolgente ed interattiva che permette all‟istituzione di raccontare le stratificazioni e i cambiamenti di una città e della sua società, dentro una storia che ci precede di cinque secoli. Quindi, non una semplice questione di allestimento attraverso new media funzionali alla descrizione di reperti o alla riproduzione di immagini ed archivi, ma un processo di codificazione e selezione dei contenuti che, trasposto su supporti interattivi, permette al visitatore di muoversi tra diversi livelli di approfondimento tematico, in base agli specifici interessi, personalizzando il percorso di visita e l‟approccio con i materiali esposti in sede museale. In questo modo, le moderne tecnologie dialogano con gli antichi spazi del Palazzo del Podestà proponendo al visitatore un viaggio lungo tutto il Cinquecento, secolo fondamentale per la storia mondiale del tempo. In questo contesto, si inserisce la storia di Bergamo sotto il dominio di Terraferma di Venezia. Passando attraverso le sette sale interattive si viaggia virtualmente da Venezia a Bergamo, insieme a nunzi, rettori, mercanti, corrieri di posta, vagabondi, sino a giungere fin dentro la città “posta supra monte mirabellissima”, tra borghi e vicinie, dentro palazzi e conventi, piazze e vie cittadine. Questo paesaggio urbano cinquecentesco sarà poi profondamente trasformato dalla costruzione delle mura veneziane e la città, “ridotta in fortezza”, si presenta al visitatore attraverso la mappa della Bergamo seicentesca di Stefano Scolari, visualizzando in forma interattiva due tra i molti suoi luoghi di commercio: la bottega dello speziale (“aromatario”) e quella del libraio (“bibliopola”). Il percorso si chiude sul grande Prato di S. Alessandro, nella Città Bassa, dove vanno in scena le voci e i suoni del gran mercato della Fiera di Bergamo, che ancora oggi si ripete in occasione della festa del Santo Patrono della città. Oltre all‟età veneta, anche altre epoche storiche raccontano la loro storia, nel Palazzo del Podestà. Entrando nel Museo, si visitano attraversandoli i recenti scavi archeologici, che per la prima volta sono esposti al grande pubblico. Un decennio di indagini, dirette dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia (lo scavo archeologico ha raggiunto anche i 2,50 metri di profondità), ha riportato alla luce numerose testimonianze del passato, che attestano il continuo riutilizzo in epoche e forme sempre diverse dei luoghi più famosi della città: all‟impianto protourbano risalente al VI-V sec. a.C., segue un complesso di botteghe nella area del Foro romano di età tardo-repubblicana e imperiale, sino ai livelli di abbandono tardo-antichi e alle fasi altomedioevali e medioevali. Ma la visita del Museo non finisce qui: l‟affascinante viaggio nel tempo continua nella città circostante, dove tutto parla del passato creando un suggestivo “teatro della storia” che la conoscenza svela ed approfondisce. Maria Imparato _____ Museo storico dell’età veneta – Il Cinquecento interattivo - Bergamo Alta – Piazza Vecchia www.bergamoestoria.it - Info: tel 035.277116 / 035. 226332 - [email protected] - 23 - Antropos in the world I GRANDI PENSATORI: a cura si Antropos KONRAD LORENS: L’ETOLOGIA Il termine etologia, dal greco ethos e logos, che significano rispettivamente costume e discorso, indica la moderna disciplina scientifica che studia il comportamento animale nel suo ambiente naturale. Il termine traduce nella maggior parte delle lingue europee l'originaria espressione tedesca vergleichende Verhalten-sforschung, coniata da Konrad Lorenz, uno dei fondatori della disciplina. L‟etologia prende in esame i modi attraverso cui l‟animale interagisce con l‟ambiente esterno e aiuta a comprendere la componente istintiva e la capacità innata di rispondere alle situazioni. Dall‟interazione di questi due fattori nasce il motore dell‟apprendimento che, utilizzato in una prima fase di crescita, segna per tutta la vita il carattere dell‟animale. Al pari della teoria relativistica di Einstein o di quella psicoanalitica di Freud, l'etologia, la scienza di cui Konrad Lorenz è stato l'iniziatore e che studia il comportamento animale con il metodo dell'analisi comparata, è entrata ormai stabilmente nella "coscienza collettiva" e nella cultura dell'Occidente. Questo trattato di "fondamenti e metodi" è una vera summa del pensiero lorenziano, con la quale deve misurarsi anche chi voglia solo contestarne i risultati. Accusato spesso di eccessivo innatismo, Lorenz sorvola qui sugli aspetti del comportamento umano, ma i risultati di etologia animale che vengono illustrati sono di portata così generale che il riferimento è trasparente. Il luminoso ma fragile edificio della nostra razionalità, sembra ammonire Lorenz, poggia su un terreno di istinti primordiali, che abbiamo in comune con creature ben più primitive, nella scala evolutiva e con cui dobbiamo fare i conti. Konrad Zacharias Lorenz, nacque a Vienna, il 7 novembre del 1903. Zoologo ed etologo austriaco, viene considerato il fondatore della moderna etologia scientifica, da lui stesso definita come «ricerca comparata sul comportamento». .Lorenz deve tuttavia gran parte della propria popolarità alle opere di divulgazione scientifica. Pioniere dell'ambientalismo, si è inoltre occupato per tutta la vita di filosofia, specialmente di teoria della conoscenza, contribuendo alla fondazione dell'epistemologia evoluzionistica ed elaborando un'interpretazione biologica e filogenetica dell'apriorismo kantiano. Il Nostro ha compiuto ricerche sui problemi dell'aggressività, sulla sua funzione per la sopravvi- - 24 - venza e sui meccanismi che si contrappongono ai suoi effetti deleteri, estendendo queste ricerche dal campo animale fino a quello umano, dove ha osservato come l'istinto aggressivo vada in qualche modo mitigato, ad esempio tramite l'agonismo sportivo. Egli ha definito l'aggressività come insita nella natura stessa dell'uomo, attirando perciò le critiche di sociologi, psicologi e psichiatri. Si è difeso affermando che il suo pensiero «non è stato capito per colpa di restrizioni ideologiche. All'uomo non piace sentirsi definire aggressivo, non gli piace riconoscere di avere degli istinti bassi, e al giorno d'oggi l'aggressività è uno degli istinti più deprecati». Konrad Zacharias Lorenz fu reclutato nello esercito tedesco, inizialmente con l'incarico di portaordini-motociclista, poi di psicologo e infine di medico, nel dipartimento di neurologia e psichiatria dell'ospedale di Posen. Qui si occupò del trattamento delle nevrosi, specialmente dell'isteria e delle nevrosi compulsive. Nella primavera del 1942, fu spedito al fronte di guerra vicino Vicebsk e due mesi dopo fu fatto prigioniero dai russi, tra i quali fece peraltro significative esperienze. Tornò in Austria nel febbraio del 1948 e si reinserì nell'ambito della ricerca zoologica. Nel 1954 fu nominato direttore dell'Istituto di fisiologia del comportamento Max Planck a Seewiesen, in Baviera. Nel 1973 gli fu conferito il Premio Nobel per la medicina, condiviso con Nikolaas Tinbergen e Karl von Frisch. Muore a Altenberg, il 27 febbraio 1989. Alcune opere: Osservazioni sulle taccole (1927) Osservazioni sul riconoscimento di azioni istintive specifiche negli uccelli (1932) - Armi e morale negli animali (1935) - Il compagno nell'ambiente dell'uccello (1935) - Sulla formazione del concetto di istinto (1937) - La dottrina kantiana dell'apriori e la biologia contemporanea (1941) - Le forme innate dell'esperienza possibile (1943)- L'anello di Re Salomone (1949) - Azioni istintive specifiche negli uccelli . ARECHI II, il principe che ebbe la sfortuna di trovarsi sulla strada di Carlo Magno, al quale diede i suoi figli in ostaggio, per conservare la vita ed il principato di Salerno. Autore del dramma: Franco Pastore ------------- Richiedi il Dvd ad € 5,00 più le spese di spedizione a: [email protected] – [email protected] Tel. Redazione Salerno: 089.223738 Antropos in the world DENTRO LA STORIA – A cura di Antropos COSTANTINO NIGRA Nacque a Villa Castelnuovo l'undici giugno 1828, figlio di Ludovico cerusico del luogo, superstite dell'armata napoleonica ed anche compromesso dai moti insurrezionali del '21 e di Anna Caterina Revello, che a sua volta risultava discendente di Gian Bernardo De Rossi, orientalista di fama mondiale. Il giovane Costantino trascorse la sua prima giovinezza a Villa Castelnuovo con i genitori e fratelli, cui fu sempre legato. In particolare il suo affetto si riversò sul fratello più giovane Michelangelo, che in tenera età fu privato della vista da un occhio proprio da uno spericolato gioco per colpa di Costantino I successivi impegni di studio lo portarono prima a Bairo e poi ad Ivrea per completare gli studi secondari. Al termine, nel 1845, Costantino, grazie ad una borsa di studio, si iscrisse alla facoltà di legge ottenendo così la laurea. Durante il corso egli interruppe gli studi nel 1848 per arruolarsi, come volontario, nella terza compagnia bersaglieri, interamente formata da volontari studenti. Combatté con valore nelle battaglie di Peschiera, Santa Lucia, Colmasino e Goito, fintanto che nella battaglia di Rivoli venne ferito da una pallottola austriaca. Ottenuta la laurea, entrò come applicato volontario al Ministero degli Esteri e qui, in breve tempo, ottenne la stima dei propri superiori, facendosi apprezzare dall‟allora Presidente del Consiglio, Massimo D'Azeglio. Ed è in questo periodo che il Nigra inizia anche a mostrare le sue doti anche in campo artistico tanto da ricevere le lodi di Alessandro Manzoni. A D'Azeglio successe il conte Camillo Benso di Cavour nella carica di Primo Ministro e fu lo stesso D'Azeglio a segnalare al suo successore il giovane collaboratore. Ha qui inizio il più straordinario rapporto tra il grande statista e il suo giovane collaboratore che durerà fino alla morte di Cavour (6 giugno 1861); mano a mano che prosegue, il rapporto fra i due diviene sempre più fraterno. I primi anni dal 1852 al 56 il Nigra svolgerà normale attività presso il ministero in Torino e poi inizierà la carriera diplomatica che lo porterà ad essere testimone ed artefice egli stesso dei eventi della storia del XIX secolo. Nel 1855 Costantino prende in moglie Emerenziana Vegezzi Ruscalla, una fanciulla diciassettenne, da cui avrà un figlio, Lionello, ma i due caratteri troppo diversi li separeranno dopo poco tempo e solo dopo morti riposeranno insieme nella stessa tomba della cappella del cimitero di Villa Castelnuovo. Nigra è al seguito di Cavour e del Re Vittorio Emanuele II sia a Parigi che a Londra e poi partecipa al Congresso di Parigi per raccogliere i frutti della spedizione piemontese in Crimea, in questa occasione già promosso Console di prima classe con mansioni di Capo gabinetto del ministro. Cavour sente la necessità di avere un uomo di sua completa fiducia che lo rappresenti alla corte di Napoleone III e ha così inizio la straordinaria avventura di Nigra a Parigi. In breve diverrà il personaggio del piccolo regno di Sardegna più accetto a corte e entrerà in stretti rapporti con lo stesso imperatore e anche con l' imperatrice Eugenia, di norma abbastanza ostile agli italiani. Su questo suo rapporto con la imperatrice tanto si è parlato all‟epoca da chi voleva intravedere una relazione, che però il Nigra, da perfetto gentiluomo, sempre negò, e di cui non lasciò alcuna traccia. Il grande scrittore Salvator Gotta dedicò anche il suo romanzo "Ottocento" alla figura del Nigra a Parigi e al suo rapporto con l'imperatrice. A Parigi il Nigra conobbe anche la famosa Virginia Oldoini di Verasis contessa di Castiglione, donna di incantevole bellezza anch'essa inviata da Cavour per convincere l'imperatore alla causa italiana. Il problema era convincere l'imperatore per scendere in guerra contro l'Austria a fianco dell'esercito piemontese e certamente i risultati non mancarono, poiché nel 1859 iniziò la seconda guerra di indipendenza con Napoleone III e le sue truppe furono al fianco dell'esercito piemontese. All'armistizio di Villafranca il Nigra fu unico testimone del furibondo litigio tra Cavour e il Re. In seguito alla morte di Cavour, il Nigra tornerà a Parigi per ancora molto tempo in veste di Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà il Re d'Italia, e sarà lo stesso imperatore a congratularsi con lui per il titolo ricevuto. La leggenda del Nigra è ricca d‟episodi sulla sua vita a corte, fra i quali spicca quello della gondola veneziana, in cui il Nigra improvvisa un canto all'imperatrice, nel laghetto del castello di Fontainebleau, che conteneva un invito all'imperatrice di non ignorare Venezia che, oppressa dal dominatore austriaco, attendeva d‟essere liberata. Sarà invece il Nigra a dover "liberare l'Imperatrice" nel 1870 dopo la capitolazione di Napoleone III a Sedan, la Francia dichiarò a furor di popolo la caduta dell'impero ed il Nigra aiutò l'Imperatrice Eugenia a fuggire dalla reggia delle Tuileries assaltata dal popolo. I rapporti tra il Nigra e il Re Vittorio furono sempre piuttosto gelidi perché il sovrano vedeva nel Nigra il fidato amico e collaboratore di Cavour, a lui sempre ostile, e solo dopo la morte di Vittorio Emanuele II, il successore Umberto I riconoscerà i meriti dell'opera svolta dal Nigra a favore del Regno, concedendogli il titolo comitale, trasmissibile anche ai discendenti, e poi ancora insignendolo del Collare dell'Annunziata. Al termine della carriera diplomatica Nigra si ritira a Venezia acquistando uno splendido palazzo sul Canal Grande poi ancora un palazzo a Trinità dei Monti in Roma. A fianco di Costantino in quest'ultimo periodo appare la figura della contessa Elisabetta Francesca Albrizzi. Muore a Rapallo, il primo luglio del 1907. - 25 - Antropos in the world IL PERSONAGGIO DEL MESE - RAFFAELE VIVIANI (II parte) Mentre l'opera di Eduardo rapprequanto detto, proponiamo una poesia scritta dal senta la borghesia napoletana, con Viviani nel 1931 (Guida Editori): i suoi problemi e le sue crisi vaGUAGLIONE loriali, Viviani mette in scena la plebe, i mendicanti, i venditori Quanno pazziavo 'o strummolo, 'o liscio, 'e ffiurelle, ambulanti: un'umanità disperata a ciaccia, a mazza e pìvezo, 'o juoco d''e ffurmelle, e disordinata che vive la sua eterna stevo 'int''a capa retena 'e figlie 'e bona mamma, e me scurdavo 'o ssolito, ca me murevo 'e famma. guerra per soddisfare i bisogni primari. In questo, la sua poetica si allontana violentemenE comme ce sfrenàvemo: sempe chine 'e sudore! te dalla retorica lacrimevole e piccolo borghese del 'E mamme ce lavaveno minute e quarte d'ore! tempo, prendendo le distanze al contempo dalla culGiunchee fatte cu 'a canapa 'ntrezzata, pe' fa' a pprete; sagliute 'ncopp'a ll'asteche, p'annaria' cumete; tura positivista e ponendosi per molti versi all'interno po' a mare ce menàvemo spisso cu tutte 'e panne; di dinamiche creative proprie delle avanguardie. Il e 'ncuollo ce 'asciuttàvemo, senza piglià malanne. suo fu un teatro diverso, singolare e sconvolgente, ma durante il fascismo subirà, con la negazione 'E gguardie? sempe a sfotterle, pe' fa' secutatune; ma 'e vvote ce afferravano cu schiaffe e scuzzettune dell'uso dei dialetti, l'ostilità e il silenzio della critica e à casa ce purtavano: Tu, pate, ll'hè 'a 'mparà! e della stampa. E manco 'e figlie lloro sapevano educà. La passione per il teatro gli fu trasmessa dal padre, gestore dell'Arena Margherita di CastellamA dudece anne, a tridece, tanta piezz''e stucchiune: ca niente maie capévamo pecché sempe guagliune! mare di Stabia, teatro nel quale recitavano i poveri 'A scola ce 'a salavamo p''arteteca e p''a foia: "Pulcinelli" del tempo. Sull'orlo del fallimento, poco 'o cchiù 'struvito, 'o massimo, faceva 'a firma soia. dopo la nascita di Raffaele, però, la famiglia Viviani, a causa di un sequestro tributario, fu costretta a traPo' gruosse, senza studie, senz'arte e senza parte, fernevano pe' perderse: femmene, vino, carte, sferirsi a Napoli, dove nel 1893, grazie al recupero di dichiaramente, appicceche; e sciure 'e giuventù materiali di scena sfuggiti al sequestro, costruirono il scurdate 'int'a nu carcere, senza puté ascì cchiù. teatro "Masaniello". L'esordio teatrale del Viviani, avvenne nel 1892 al "Nuovo San Carlino", quando Pur'io pazziavo 'o strummolo, 'o liscio, 'e ffiurelle, a ciaccia, a mazza e pìvezo, 'o juoco d''e ffurmelle: "Papilluccio" (come era chiamato Raffaele da bambima, a dudece anne, a tridece, cu 'a famma e cu 'o ccapì, no) a poco più di quattro anni, si esibì vestito di un dicette: Nun pò essere: sta vita ha da fernì. fracchettino rosso, al fianco della sorella Luisella. Pigliaie nu sillabario: Rafele mio, fa' tu! Lo scrittore e giornalista Domenico Rea in un E me mettette a correre cu A, E, I, O, U. articolo del 1991 pubblicato su "Il Venerdì di Repubblica" ricordò il celebre Viviani con questa breve, ma concisa descrizione fisica: "Io vidi una sola volta Viviani a passeggio intorno alla sua casa di Corso Vittorio Emanuele II. Era alto, secco, legnoso, pelle e ossa, il volto asciutto, il naso camuso, la bocca svasata, gli occhi come un po' strabici, i capelli ricciuti e lanosi. Era elegantissimo in papillon, fazzoletto nel taschino e scarpe bianche e nere. Camminava con aria guappesca, ma era lo stesso un triste e nobile signore plebeo". Viviani artista versatile, scrisse anche numerose Da sinistra: Scarpetta,Eduardo e Viviani poesie dialettali, ispirate a soggetti reali della vita di quartiere. Grazie alla straordinaria bellezza del dialetto napoletano, il "Genio stabiese", seppe enfatizO VICO: http://youtu.be/pXpvIF80pto zare con singolare abilità, alcuni aspetti tipici della LA MORTE DI CARNEVALE: http://youtu.be/N6RQJK5qPw8 vita sociale d'epoca. Per rendere meglio l'idea di - 26 - Antropos in the world IMMAGINI D‟UN ALTRO TEMPO: NAPOLI DI DUE SECOLI FA Nei suoi tratti fondamentali, gli interventi ottocenteschi contraddistinguono tuttora il tessuto urbano di Napoli. Già nel decennio francese e durante il secondo periodo borbonico venne dato grande spazio alle opere pubbliche: le iniziative e i progetti per la ristrutturazione di zone antiche della città, l'edificazione di nuovi complessi e di edifici destinati ad essere sede di pubbliche istituzioni, l'apertura di nuove arterie, assecondarono la tipica passione borbonica per i grandi progetti edilizi. Dal 1806 la città attraversò un periodo di serenità e stabilità e nel corso del regno di Giuseppe Bonaparte venne realizzata la strada che dal Museo rendeva più facile l'accesso alla reggia di Capodimonte, inaugurata nel 1810 da Gioacchino Murat. Questi volle la sistemazione neoclassica con lo scenografico colonnato semicircolare di ordine dorico disegnato da Leopoldo Laperuta del grande spazio davanti al Palazzo Reale, condotta a termine dopo la restaurazione borbonica; la definizione della piazza, che aveva previsto l'abbattimento degli edifici e delle chiese preesistenti, proseguì con l'edificazione (iniziata nel 1817) della chiesa di San Francesco di Paola, progettata dall'architetto luganese Pietro Bianchi e dotata di una cupola dall'alto tamburo e facciata preceduta da un pronao ad imitazione del Pantheon. A Napoli lo stile neoclassico ebbe una diffusione assai vasta improntando il carattere di intere strade, piazze ed ambienti nuovamente configurati. Accanto all'edilizia pubblica per la quale citiamo ad esempio l'elegante edificio dell'Osservatorio Astronomico e l'originale facciata del Teatro San Carlo, emergono, significative dal punto di vista artistico ed urbanistico, alcune architetture residenziali che, pur nel gusto classicheggiante, rivelano aspetti già legati ad una sensibilità di tipo romantico: sulla collina del Vomero Antonio Niccolini creò per Ferdinando I il raffinatissimo complesso della Florio diana (1817-19) con la contigua Villa Lucia, casina di gusto pompeiano nata come sala da ricevimento e'kaffeehaus'. La palazzina neoclassica, destinata ad essere la residenza di villeggiatura di Lucia Migliaccio Duchessa di Floridia, è immersa in un verde percorso da viali movimentati e abbellito da episodi concepiti con la libertà tipica del giardino “all'inglese”. Nel quartiere di Chiaia, che in seguito alla sistemazione della spiaggia a Villa Reale diventerà l'area residenziale preferita dall'aristocrazia napoletana, venne realizzata negli anni Trenta in forme neoclassiche la Villa Acton, oggi Villa Pignatelli: concepita come una residenza estiva, è anch'essa un insieme molto particolare dal punto di vista ambientale per il contatto diretto che il suo parco ha con il mare. La varietà di stili prevista dal giardino romantico Niccolini aveva progettato per il parco della Floridiana anche un monumento egittizzante - trova ulteriore espressione nel gusto neo-egizio del Tondo di Capodimonte (1836) ed è una delle anticipazioni dell'eclettismo stilistico che si articolerà in modo vario nella città durante la seconda metà del secolo di cui abbiamo un esempio tardo, ma di carattere romantico nei tipi edilizi neo-medievali e neo-rinascimentali pensati da Lamont Young per il Parco Grifeo. Dal 1839 è presente a Napoli un consiglio edilizio che comprendeva i maggiori architetti del momento, e che fu utile allo sviluppo di una concezione razionale delle modificazioni urbanistiche. Del consiglio fece parte Enrico Alvino, al quale dobbiamo uno dei progetti di ammodernamento della Villa Reale ('Nazionale' dopo l'annessione della città al Regno d'Italia, 'Comunale' dal 1869) e la nuova strada via Caracciolo che doveva costeggiarla. Verso la fine del secolo anche Napoli vide un intervento governativo per operazioni di sventramento dei cosiddetti 'quartieri bassi', deliberate nel 1885 ma iniziate solo nel 1889 e finalizzate al raggiungimento di un maggiore ordine urbanistico e di una percorribilità regolare e veloce, oltre che alla risoluzione delle precarie condizioni igieniche della città. A fine secolo, Napoli era divenuta la città più pulita d‟europa - 27 - Antropos in the world DE COGNOMINE DISPUTĀMUS a cura di Gaetano Rispoli “ Il soprannome è l‟orma di una identità forte, che si è imposta per una consuetudine emersa d‟improvviso, il riconoscimento di una nobiltà popolare, conquistata in virtù di un ruolo circoscritto alla persona, quasi una spinta naturale a proseguire nella ricerca travagliata di un altro sé. Il sistema antroponimico era dunque binominale, formato da un nome seguito o da un‟indicazione di luogo (per es.: Jacopone da Todi), o da un patronimico (Jacopo di Ugolino) o da un matronimico (Domenico di Benedetta) o da un attributo relativo al mestiere (Andrea Pastore), et cetera. Il patrimonio dei cognomi era pertanto così scarso, che diventava necessario ricorrere ai soprannomi, la cui origine non ha tempi e leggi tali, da permettere la conoscenza di come si siano formati, e la maggior parte di essi resta inspiegabile a studiosi e ricercatori. Spesso, la nascita di un soprannome rimanda ad accostamenti di immagini paradossali ed arbitrari. Inutilmente ci si sforzerebbe di capire il significato e l‟origine di soprannomi come "centrellaro" o come "strifizzo" o "trusiano", lavorando solo a livello di ricerca storica e filologica. E così, moltissimi soprannomi restano inspiegabili, incomprensibili, perché si è perso ormai il contesto storico, sociale e culturale o, addirittura, il ricordo dell‟occasione in cui il soprannome è nato. Verso il XVIII° secolo, il bisogno di far un po‟ d'ordine e la necessità di identificare popolazioni diventate ormai troppo popolose porta all'imposizione per legge dell'obbligo del cognome. italiano, cittadino della Repubblica di Genova prima e suddito del Regno di Castiglia poi. È stato tra i più importanti navigatori italiani, che presero parte alle grandi scoperte geografiche a cavallo tra il XV e il XVI secolo. La Famiglia Colombo, conosciuta anche con il nome di "Famiglia Profaci", è una delle potenti cinque famiglie mafiose di Cosa nostra che controlla le attività criminali e non a New York ed in altri stati d'America. La Famiglia fu fondata all'inizio degli anni venti da Joe Profaci e nel corso degli anni ha mantenuto stretti legami con tutte le altre potenti famiglie mafiose d'America, soprattutto con la Famiglia Bonanno, con la Famiglia di Detroit, e la Famiglia di Tampa. Negli anni si sono succeduti alla guida della cosca, potenti Boss del calibro di: Joe Profaci, Joseph Magliocco, Joseph Colombo, Thomas Di Bella e Carmine Persico. La Famiglia mantiene stretti legami di collaborazione e d'affari con Cosa nostra siciliana, soprattutto con le Famiglie di Villabate, Misilmeri e altre della provincia di Palermo. Nonostante alcuQuesto mese, ci occuperemo dei cognomi: ne sanguinose faide interne scoppiate all'inizio Colombo - Colombi Colombo è concentrato in modo massiccio in degli anni novanta e i successivi numerosi arresti Lombardia, ma s‟individuano ceppi anche in Liguria, di importanti boss, la Famiglia rimane una delle Toscana ed Emilia, Colombini è soprattutto lombar- più potenti di Cosa nostra americana. do, ma è presente in modo pesante anche nella provincia di Verona, in Liguria, eToscana, Colombo è La terra un cognome panitaliano anche se prevalente al centro Tace la terra nord ed in Sicilia. all’ombra dei castagni. Nasce nel medio evo come cognome da columbus Tace la terra sotto la pioggia e columba, ma già in uso come nome proprio e come che, goccia dopo goccia, appellativo ai cristiani e ai monaci, che usavano la la disseta. colomba come un simbolo per indicare la pace e lo Un cielo a chiazze Spirito Santo. Colombo fu il cognome che veniva respira tra gli abeti. Scende la nebbia assegnato ai bambini esposti alla ruota degli esposti, e l’anima dispera, come succedeva a Napoli con il cognome Esposito. dissolve il vento Il fenomeno dell'abbandono a Milano fu di gransoffiando, a piene mani, de rilevanza. Tra il 1845 ed il 1864 vennero abbanle nubi nere, donati, nella Pia Casa degli Esposti e delle Partorienti i fragili pensieri. Nel cielo chiaro, in Santa Caterina alla Ruota di Milano, 85.267 bambis’intrecciano le ali, ni, con una media di 4.263 trovatelli all'anno. s’incrociano i sospiri… Infatti, è proprio a Milano che tale cognome è Ester Donatelli maggiormente diffuso (14.491). In Italia, 30.396 perE. Donatelli nasce a Cervia (Ra), il 27 settembre del 43, da gesone hanno il cognome Colombo ed è il 6° più diffuso nitori napoletani. Docente di lettere alla Scuola Media, fino al 1985, vive, con la famiglia, a Giffone Valle Piana (Sa). in Italia. Personaggi: Cristoforo Colombo esploratore e navigatore __________________________ - 28 - Antropos in the world DENTRO LA CITTA‟ DI SALERNO VETUSTAS SINE SAPIENTIA (Vecchiaia senza saggezza) Di recente, ho letto di una figlia preoccupata per sua madre, che, alla veneranda età di ottantadue anni, pretende ancora di guidare l‟auto, suscitando la preoccupazione di parenti e nipoti. La scorsa settimana, ho letto di una nonna che, sul litorale salernitano, ha perso la vita, viaggiando in macchina con il nipotino. Di chi è la responsabilità? Dei figli? Degli anziani che non si arrendono o delle Istituzioni, che indugiano troppo ad operare il ritiro di patente? Ogni anno, aumenta sempre più il numero dei vecchi coinvolti in incidenti stradali, non solo a causa della normale attenuazione dei riflessi, ma anche per gli innumerevoli infarti ed ictus, che rappresentano i rischi dell‟età. Allora, è necessaria una buona collaborazione tra l‟istituzione famiglia e lo Stato, al fine di coniugare, alla meglio, legalità e buonsenso, soprattutto in considerazione del fatto che, ad una certa età è meglio abbandonare l‟auto, per la sicurezza di tutti. Ciò non significa voler porre gli anziani in una dannosa situazione di stallo, ma solo avere a cuore la loro sicurezza, considerando che la ragionevolezza e segno di saggezza e di civiltà. Sofia Gargano SALERNO IN THE WORLD PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA Il concorso di Poesia “SALERNO IN THE WORLD” si è concluso, il 5 settembre u.s., con la riunione della Giuria, composta da: Pastore Rosa Maria, Direttore di “Antropos in the world” e Segretaria del Premio; Dott. maestro Gaetano Rispoli, Consulente artistico della Rivista e Presidente del Premio; Dott. Alberto Mirabella, saggista e membro della Redazione di Salerno; Dott. Renato Nicodemo, mariologo e membro della Redazione di Salerno; Dott. Flaviano Calenda, Rettore del Sant. della Madonna del Carmine, Pres. Corminello e membro della Redazione di Pagani; Maestro Ermanno Pastore, Consulente musicale della Rivista e già baritono al S.Carlo; Dott. prof. Franco Pastore, Editore e Direttore responsabile della Rivista. Dalla valutazione degli elaborati, su 346 partecipanti, si sono classificati nell‟ordine: 1. Irene Memoli di Salerno, con la lirica “ Salerno”; 2. Sergio Cancelliere di Enna, con la lirica “Ora che l‟autunno è l‟unica stagione”; 2. (ex aequo) Anna Eleonora Cancelliere di Como, con la lirica “Per contrade di sogni”; 3. Giorgio Guarnaccia di Siracusa, con la lirica “ La clessidra della vita”; 3. (ex aequo) Francesco Fusco di Napoli, con la lirica “ Lo specchio”; 4. Forte A. Maria di Pellezzano (Sa), con la lirica “Salerno in the world”; 4. ex aequo) Marcella Ferraro di Oneglia (Verbania), con la lirica “Crepuscolo senese”. I meritevoli della “Menzione di merito” sono risultati: Carla D‟Alessandro di Nocera; Maria Attanasio di Salerno, De Michele Miriam di Portici (Na) e Gabriella Rienzi di Pellezzano. I meritevoli della “Menzione d‟onore” sono risultati: Daniela Liguori di Salerno, Rosaria d‟Ambrosio di Quartu (Cagliari), Simona Aiuti di Alatri (Frosinone), Maria Giulia Fierro di San Mauro La Bruca e Monica Fiorentino di Sorrento (Na) . I premiati fuori Concorso, alla carriera, sono: George Mustang, per la musica; Gaetano Rispoli e Vilma Budriene, per la pittura; Francesco Mastroberto, per la scultura. Agli artisti vincitori sarà inviato, entro il 30 ottobre: a) Il num. speciale della rivista, con la pubblicazione delle liriche dei primi sette classificati, con la presente comunicazione cartacea, debit. firmata; c) Il Diploma; d) La grande medaglia aurea di “ Antropos in the World ”, con una delle pubblicazioni dello scrittore Franco Pastore. - 29 - Antropos in the world LEVIORA La barzelletta illustrata da Paolo Liguori Non son mica matto, se spegni la torcia, cado giù! Passa prima tu! Cose dell‟altro mondo – - Ciao, hai delle foto di tua moglie nuda? - No di certo!- Beh, allora tieni queste che le ho doppie! -. Sui simpatici ed ottimi carabinieri – - Come si fa a bruciare le orecchie ad un carabiniere? -. - Gli si telefona mentre sta stirando! -. Carabiniere in negozio: - Vorrei un portafoglio impermeabile Negoziante: - Perché ?- Per metterci il denaro liquido! -. Son cose da pazzi – Due fidanzati appartati in un parco. Si sente la voce di lei: - Caro, togliti gli occhiali, che mi fai male al collo!... - (dopo qualche minuto) - Caro, rimettiti gli occhiali, perchè stai leccando l'erba...- Ė vecchia, ma sempre efficace – - Perché i nani ridono mentre giocano a calcio?- Perché l‟erba solletica loro i testicoli! - La più stupida del mese – Noe', prima del diluvio, fa salire sull'arca tutti gli animali, a due a due. Arriva il leone con la leonessa, il cane con la cagna e così via. Ad un tratto arriva un pesce da solo: - E tu chi sei? - chiede Noè - Il pesce sega! -. Freddure – BAROMETRO: Strumento atto a misurare le casse da morto Qual é l'amaro preferito dai pesci? Il Fernet Branchia. ANAGRAFICO: Disegnatore di chiappe. Qual e' la parte più sensibile della macchina? Lo spint-erogeno! AUTORIZZAZIONE: Erezione spontanea. BIDET: Detto due volte - 30 - Antropos in the world L’ANGOLO DELLA SATIRA DOV’E’ PIU’ L’ITALIA? In questa immane rovina, d‟un paese appiattito, esteticamente imbarbarito, ciecamente manipolato, dov‟è più l‟Italia? Ogni cosa è indicata dai media, un potere bastardo che dura e le masse accultura, imponendo costumi, per le strade e delle case tra i muri. Dov‟è più l‟Italia, se anche lo scrivere diventa abitudine, speditamente sconfitta dalla banalità? Un paese impoverito, senza più fede, in balia degli eventi, di organismi malviventi, di vuote cariatidi, conniventi, di ignoranze spente, di simboli ballerini, di desolati pulcinella, povera Italia bella … povera Italia bella! Franco Pastore __________ Videolirica su Yutube: http://youtu.be/VQG19QI-iMI L‟ANGOLO DELLA PUBBLICITÀ DENTROSALERNO Quotidiano on line Occidente Lupo Direttore Rita IL BASILISCO PERIODICO DI CULTURA PRESID. ROCCO RISOLIA E-mail:[email protected] [email protected] Tel./fax 089.750196-089.7014561 PARTECIPIAMO.IT A.L.I.A.S. portale d’arte e letteratura www.partecipiamo.it http://www.dentroroma.it/ [email protected] Accademia letteraria italo-australiana scrittoriContatti:http://www.alias.org.au/ Cancello ed Arnone News Di Matilde Maisto Soluzione d’informazione giovane e brillante [email protected] mondodigioie.blogspot.it - 31 - ANTROPOS IN THE WORLD, Rivista e Teleweb, hanno, inoltre , il patrocinio del Comune di Pagani, di S. Valentino Torio, degli Enti Carminello e SS. Corpo di Cristo. Il giornale è inviato ad e-mails opportunamente selezionate, eventuali errori saranno corretti, alla prima richiesta di CANCELLAZIONE. La teleweb ANTROPOS IN THE WORLD e la sua rivista non hanno finalità lucrative, né sono esse legate ad ideologie politiche. Perciò, agiscono nella totale libertà di pensiero, in nome di una cultura, che ha a cuore i valori che rappresentano il cardine della società civile e della vita,nel pieno rispetto per la persona umana e contro ogni forma di idiosincrasia. Pro pace, sempre contra bellum. (Acquisto Spazio/web del 26/04/06 -Aruba S.P.A.) Membership in the GNS Press Association Reg. ID 7676 8 - IPC Richiesta autorizz.ne al Tribunale di Salerno del 25.03.2008 Patrocinio Comune di Salerno prot. P94908 – 27.05.2009 Patrocinio Provincia di Sa. – prot. 167/st – 23.09.2009 Rivista e tele-web omonima: http://www.andropos.it in versione europea http://www.andropos.eu Canale videoYutube http://www.youtube.com/user/MrFrancopastore Ai sensi e per gli effetti del D. Lg. 196/03, le informazioni contenute in queste pagine sono dirette esclusivamente al destinatario. È Vietato, pertanto, utilizzarne il contenuto, senza autorizzazione, o farne usi diversi da quelli giornalistici . 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Secondo l'articolo n. 1618 Par. 111 deliberato al 105° congresso USA, in conformità alla D.Lgs. 196/2003 ed a norma della Leg. 675/96, nel rispetto del trattamento dei dati personali, il suo indirizzo è stato utilizzato esclusivamente per l’invio della presente rivista. Direzione e gestione Via Posidonia, 171/h, Salerno telefono/segr.tel: 089.723814 Fax: 089.723814 – ECDL:IT1531440 Contatti telematici: [email protected] [email protected] Distribuzione: Spedi zi one on li ne Fondatore/Editore/Dir.responsabile: Member of G.N.S PRESS Association European Journalist dott. Prof. Franco Pastore [email protected] [email protected] Direttore: Rosa Maria Pastore [email protected] [email protected] http://rosemaryok.skyrock.com/ Redazione di Salerno Via Camillo Sorgenti, 21 (tel.089.223738) dott. Renato Nicodemo dott. Prof. Alberto Mirabella Sofia Gargano Redazione di Pagani Piazza Corpo di Cristo 84016 dott. 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