Libero Pensiero
Periodico dell’Associazione Svizzera
dei Liberi Pensatori — Sezione Ticino
10 – 11 – 12
2
014
— Ottobre — dicembre
Sommario
pp.
2 – 3
Editoriale
a cura di Giovanni Barella
p. 3
LA LAICITÀ COME
CONDIZIONE
IRRINUNCIABILE DELLA
DEMOCRAZIA
Una critica alla pretesa delle
religioni di avere uno spazio
pubblico partendo da Flores
d’Arcais
di Edy Bernasconi
pp.
4 –5
Religione nelle chiese
e storia nelle scuole
di Arnaldo Alberti
p.
6
Quale Storia delle
religioni?
di Franco Zambelloni
p.
7
EVOLUZIONE: NECESSITÀ
O CONTINGENZA?
di Diego Scacchi
p.
8
Adotta un progetto
Dalit Village
di Reta Caspar
p .
pp.
9 –10
DIVERGENZE MORALISTICHE
TRA VETERO
E NEOCLERICALI
di Guiber
p.
10
il sudario sbiadito
il credo bacato
a cura di Gabor Laczko
pp.
11 –12
LA MONOLATRIA DI ERETZ
ISRAEL
di Gaddo Melani
p.
12
IL VASO SCOPERCHIATO
DEL FONDAMENTALISMO
ISLAMICO
di Manuel Bergamelli
pp.
13 –14
QUALCHE RIFLESSIONE SUL
LIBERO PENSIERO
di Giovanni Ruggia
p.
15
Diritti dell’uomo:
tra storia, presente
e futuro
(La regione, 07.08.2014)
di Matteo Quadranti, Deputato PLR
2
ASLP – Ti
Libero Pensiero, 2014
Anno VI – N. 22
editoriale
a cura di Giovanni Barella
RELIGIOPATIE
Di buona lena mi ero messo a cercare scrivere un Editoriale con l’intenzione di sottolineare le molteplici
tematiche affrontate in questo numero, ma mi son trovato questa volta un po'in difficoltà proprio per
la quantità, fin quando sono stato attratto dalla parola RELIGIOPATIE, il tema monografico trattato nel
bimestrale dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti italiani (no 4/2014).
1) È stato Richard Dawkins (sul settimanale
Guardian, del 15 settembre 2001, pochi giorni
dopo gli attentati alle torri gemelle di New
York) che ha evidenziato il primo senso: “se
c’è un numero considerevole di gente che
si convince o viene convinta dai suoi preti che
morire da martire equivale a premere il bottone per l’iperspazio ed essere proiettati attraverso un buchino in un altro universo, allora
questo mondo diventa molto pericoloso.
Specialmente se si crede che l’altro universo
rappresenti la salvezza paradisiaca dalle
tribolazione del mondo reale. Aggiungi infine
promesse sessuali sinceramente credute,
anche se ridicole ed avvilenti per le donne, e
non ci sarà da sorprendersi se giovanotti
frustrati e ingenui chiederanno a gran voce di
essere scelti per missioni suicide.”
Chiaramente viene posto l’accento sul fanatismo religioso di matrice islamica. Una critica
alla violenza che “lo scrittore Mohammed
Moulessehoul, ex ufficiale algerino che attualmente vive in Francia sotto lo pseudonimo
femminile di Yasmina Khadra, ha evidenziato,
per mezzo di numerosi romanzi, nella società
religiopatica talebana dove tutti sono subordinati all’arbitrio dei religiosi e le donne sono
disprezzate e tenute, di fatto, agli arresti
domiciliari. (…) Il perfetto talebano è affetto
da religiopatia in quanto nega i fatti, impone
regole sociali basate sull’interpretazione
letterale di dottrine arcaiche, e ritiene moralmente giustificato uccidere chi la pensa
diversamente, giacché è convinto che tale
imperativo venga da Dio”.
2) Per il secondo significato si prende come
esempio e “si critica l’attuale assetto della
società brasiliana, nella quale il cristianesimo
evangelico, diffondendosi con carattere quasi
epidemico, ha contagiato a tal punto le istituzioni (in un sordido connubio fra baroni della
fede ed il potere economico) da dar luogo
a quello che senza mezzi termini i suoi critici
definiscono ormai “Stato religioso” con connoati inquisitori, che preferisce mantenere il
popolo nell’ignoranza e nella letargia mentale,
apparentemente appagato all’interno delle sue
tradizioni (il calcio, il carnevale), e che ha ben
chiaro come l’informazione e l’istruzione siano
i maggiori antagonisti di ogni religiopatia”.
Ma sono solo queste le distorsioni dello sviluppo
psicologico e delle susseguenti sofferenze
individuali indotte direttamente da ideologia
e prassi religiosa?
3) La religiopatia “è parte delle cosidette
Malattie Trasmesse Socialmente (MTS) secondo
lo schema della memetica” (Il meme – dall'inglese meme, dal greco mímēma «imitazione» – è una entità consistente in una informazione
riconoscibile dall'intelletto, relativa alla cultura
umana, che è replicabile da una mente o un
supporto simbolico di memoria – per esempio
un libro – ad un'altra mente o supporto. La
memetica è lo studio semi-formale dei memi
e dei modelli evoluzionistici che spiegano la
loro diffusione.)
È risaputo che “ogni nostra conoscenza, ogni
sistema filosofico è trasmesso socialmente” al
punto che “la nostra stessa identità può essere
considerata una costruzione sociale”.
Se di primo acchito ciò può essere considerato
di grande utilità, va ricordato che “vengono
trasmesse socialmente anche le cose inutili e
dannose”.
Logicamente occorre prudenza “nell’affermare
cosa sia utile o dannoso, come dimostrano
la storia dell’isteria, dell’omofobia e dell’omosessualità”.
In pratica le MTS si denotano per “un carattere
discriminatorio e di pericolosità sociale (razzismo,
Richard Dawkins ©Huffington post
È un termine che non si trova nei dizionari e
nelle enciclopedie ed anche in internet era
pressoché inesistente prima che ne parlasse
a lungo Francesco D’Alpa nel suo articolo
“Patologie indotte dalla religione” (leggibile
anche in http://apocalisselaica.net/varie/
ateismo-anticlericalismo-e-libero-pensiero/
patologie-indotte-dalla-religione). Sinceramente non credo che l’autore mi tirerà le orecchie se mi permetto di sintetizzare quanto da
lui detto: la penso come lui e non mi sembra
il caso di lavorare di metafore e similitudini per
evitare il plagio. Nel medesimo tempo auspico
pure comprensione da parte vostra.
Per correttezza le citazioni letterali saranno
presentate fra virgolette.
Dunque: per “religiopatie” si intende “le psicopatie e le sociopatie a carattere primitivamente
religioso, dunque indotte da ogni particolare
religione.”
Un’interessante definizione si trova su internet
grazie ad una persona che “si presenta con
lo pseudonimo di Jak Tak.” Dice: “Religiopatia:
disordine della personalità caratterizzato da
mancanza di coscienza morale, per il quale un
individuo utilizza le proprie credenze religiose
per creare un’illusione di giustizia o d’innocenza;
condizione sociale caratterizzata da atti
immorali ed antisociali compiuti per guadagno
o per gratificazione personale adoperando
la religione come giustificazione.” E continua
definendo, di conseguenza, il Religiopatico:
“persona senza coscienza morale che usa la
religione come giustificazione per comportamenti antisociali; (…) una persona che usa
il balbettio per rappresentare falsamente se
stessa come onesta; un ipocrita religioso;
un sociopatico che usa la religione per giustificare il proprio comportamento sociopatico.”
Il termine è, di fatto, “utilizzato solo in tre
accezioni: religiopatia del terrorismo (1), religiopatia dello Stato confessionale (2), religiopatia
come malattia trasmessa socialmente (3).”
Libero Pensiero
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omofobia, sessismo, …) che si avvalgono di
un meccanismo di deumanizzazione dei diversi”.
Per esempio nel caso dei fedeli delle religioni
monoteiste del Mediterraneo “la MTS pone al
centro della sua vita quanto è stato scritto oltre
duemila anni fa da un piccolo popolo nomade
su temi che vanno dalla cosmologia alla morale.
(…) Tramanda insegnamenti e prescrizioni arcaiche in tema di regole sociali e arriva a giustificare moralmente anche azioni che ogni società
evoluta attualmente giudica prive di senso”.
Se da un lato va riconosciuto il valore dei rapporti
e dell’apprendimento basati sulla fiducia verso
i personaggi del passato, “è anche vero che
questo affidamento non può sottrarsi ad una
critica costruttiva (soprattutto quella
proveniente dalla scienza). (…) Non a caso, per
imporsi la fede ha bisogno di porre un limite
alla conoscenza del reale. (…) Il limite del religiopatico viene certamente superato quando la
credenza pretende di resistere ad un’assoluta
evidenza, come nel caso delle teorie sull’età
della terra, (…) o nel caso delle idee sull’anima”:
si è dibattuto per secoli, in modo accademico,
sul momento in cui l’anima entrerebbe nel
corpo, ma “ da pochi decenni le pregiudiziali
religiose hanno un forte impatto sociale in
relazione alla liceità dell’utilizzo delle cellule
staminali embrionali a fini di ricerca”.
E l’ateismo? È anch’esso da considerare come
3
una malattia socialmente dannosa? “Nessun
dubbio sul fatto che singoli atei o gruppi di atei
possano aver prodotto socialmente altrettanto
danno che singoli religiosi o gruppi di religiosi.
Ma non è mai probabilmente successo che
l’ateismo in sé abbia propagandato la violenza,
così come invece hanno fatto sistematicamente
(e perseverano tuttora) le religioni”.
Insomma, di religiopatia, nei suoi diversi significati, se ne parla in pratica sempre anche nel
nostro periodico. Ma non solo con critiche
anticlericali, bensì e soprattutto con tematiche
che evidenziano l’apertura verso dei comportamenti ed una ricerca basata sulla conoscenza
e la ragione. Buona lettura!
LA LAICITÀ COME CONDIZIONE
IRRINUNCIABILE DELLA DEMOCRAZIA
Una critica alla pretesa delle religioni di avere uno spazio
pubblico partendo da Flores d’Arcais
di Edy Bernasconi
Dio è compatibile con la democrazia?
Non ha dubbi Paolo Flores d’Arcais,
il filosofo direttore di MicroMega,
esponente di punta del pensiero laico.
La sua risposta è un perentorio no.
La religione, sarebbe meglio dire la
fede, devono starsene fuori dallo
spazio pubblico (‘La democrazia ha
bisogno di Dio. Falso'pagine 130 –
Idòla Laterza).
D’Arcais nel prologo del libro citato non nega
che il fatto stesso di porre questa domanda
è oggi cosa sconveniente, in Italia ma non solo
in Italia. È probabilmente proprio questa la
ragione che lo ha spinto a sviluppare le sue riflessioni le quali mirano ad una rivalutazione delle
ragioni dell’illuminismo e della democrazia,
viene da aggiungere, di fronte al martellante
richiamo, fattosi ormai trasversale, alla necessità di un ritorno della religione nello spazio
pubblico. Questa tendenza discende da un giudizio sostanzialmente negativo verso la crescente
secolarizzazione della società, processo che
ha preso le mosse proprio dalla filosofia dei
Lumi e che non avrebbe altro sbocco se non
quello di portare l’uomo allo sbando in un mondo
orfano di valori universali nel quale a prevalere
sarebbero l’edonismo e il materialismo fine a sé
stesso. In altre parole di portare al trionfo
della barbarie. Non fu il pastore tedesco del
resto a ritenere l’illuminismo la matrice che
ha prodotto dittature totalitarie come il nazismo
ed il comunismo, mettendoli sul medesimo
piano? Il suo successore Francesco, nonostante
l’aria di apparente novità che ha accompagnato l’inizio del proprio pontificato, non ha
mancato di rilevare nella sua prima enciclica
che ‘quando la fede viene meno, c’è il rischio
che anche i fondamenti del vivere vengano
meno’. In ciò il pensiero cristiano non si
differenzia da quello islamico e delle religioni
monoteiste in genere in quanto si sentono
portatrici di valori superiori e come tali universali, strumenti forniti dalla fede in un dio del
quale non sono in grado di dimostrare l’esistenza
e, ancora meno, di attribuirgli la paternità di
quei principi ai quali il mondo dovrebbe adeguarsi per volontà divina. La democrazia, pur
con le crisi che sta attraversando nelle società
occidentali, ha quale fondamento la ragione
e quindi si regge sul confronto basato su idee
che devono essere sviluppate partendo da fatti
assodati e non con riferimento ai desideri
calati dall’Alto da un Altro (dal trascendente).
È questa la perentoria risposta di Paolo Flores
d’Arcais. Viene alla mente qui la lezione del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach citato nell’ultimo
numero di questa rivista da Gabor Laczko,
il quale rovesciando il sistema hegeliano,
nell’Essenza del cristianesimo e nell’Essenza
delle religioni, ha sostenuto che non è l’uomo
ad essere fatto ad immagine e somiglianza
di dio, ma è vero il contrario. Certo, si dirà che
nella storia del pensiero vi sono stati autori
razionalisti, da Kant a Voltaire, per i quali dio
sarebbe una necessità e di conseguenza che
la comunità umana non può fare a meno del
fatto religioso quale suo irrinunciabile collante.
Tesi riprese oggi da un pensatore laico come
Habermas. Sta il fatto che il richiamo al Trascendente (la t maiuscola non è un refuso) ha
prodotto tutto e il contrario di tutto: non solo
atti in direzione del bene comune (per i quali non
vi è alcun bisogno di richiamarsi alla divinità),
ma è anche responsabile di alcuni tra i crimini
più pesanti che hanno toccato le vicende
umane: dalle crociate, di cui il mondo occidentale paga ancora le conseguenze nello scontro
in atto con l’islam, all’Inquisizione. Tutto questo
è il prodotto del dogmatismo che caratterizza
le religioni al cui interno prevale l’intolleranza,
in particolare quelle monoteiste. Non è un
caso se da parte dei fideisti, non sfuggono alla
regola quelli che si spacciano per progressisti,
vi è la pretesa di voler parlare ai credenti, ma
anche ai non credenti. Con una premessa che
infastidisce: sarebbero loro i depositari dei valori
universali (gli unici possibili). Tornando al libro
di Paolo Flores d’Arcais, il nodo viene al pettine
quando si entra sul terreno di temi sensibili (la
famiglia, l’aborto, l’omosessualità, l’eutanasia,
la procreazione assistita). Molto più rassicurante è la tesi del filosofo di origini friulane
per il quale presupposto di una società civile
è l’autonomia della persona, da ritenere minimo
comun denominatore del convivere democratico. Autonomia che è prima di tutto quella
materiale, non manca di annotare d’Arcais il
quale al di là di ciò che potrebbe apparire è da
sempre anche uomo di sinistra. Il benessere di
ognuno è la condizione irrinunciabile – secondo
lui – perché la democrazia si realizzi appieno e
la società non scivoli verso derive nelle quali
la critica, stavolta non all’illuminsmo ma allo
Stato sociale, finisce per giustificare l’azione
caritatevole degli enti confessionali spingendo
le persone verso la dipendenza (l’esatto
contrario dell’autonomia che è il presupposto del rispetto della dignità umana). 'La
democrazia è atea bellezza', insiste d’Arcais.
Lo è non nel senso che non fonda i suoi valori
su un ente supe-riore, ma è indifferente verso
le religioni. Affermare questo significa negare
la libertà religiosa? Assolutamente no, perché
essa semmai deve essere garantita dalla
libertà di culto.
4
ASLP – Ti
Religione nelle chiese
e storia nelle scuole
di Arnaldo Alberti
1. Il rapporto "Ostinelli e Galetta"1
La valutazione della sperimentazione dell’insegnamento della Storia delle religioni nel
secondo biennio della Scuola media ticinese,
presentato il 27 maggio scorso nella sede del
DFA in Piazza San Francesco a Locarno, è un
documento serio, quasi un’analisi sociologica
sulla possibilità reale e concreta di un confronto
del religioso con allievi. Tuttavia, nella ricerca,
non si è tenuto conto del fatto che la materia
è stata proposta ad adolescenti nell’età in cui
l’intelletto è permeabile e la nozione passa
lasciando tracce all’interno della spiritualità
dei giovani, la cui intensità è indipendente
dalle intenzioni o dalla volontà dei docenti.
L'insegnamento ideologico e religioso, inculcato
nella gioventù, ha dato troppo spesso risultati
sconsolanti per crederci. Esemplari sono i
catastrofici esiti dell'indottrinamento nazista
e fascista nelle scuole germaniche e italiane
della prima metà del secolo scorso e quello
marxista-leninista nell’URSS e nei paesi satelliti.
Caduti i regimi non è rimasta quasi nessuna
traccia di un’opera titanica d’insegnamento.
Da noi, forse per pudore, l’indottrinamento
cattolico nel Collegio Saint Michel, all’Università
cattolica di Friborgo 2 e al Papio di Ascona,
dove i rampolli delle famiglie bene ticinesi erano
messi “al sicuro”, non è mai stato analizzato a
fondo. La frequentazione delle cittadelle cattoliche dell'offerta del sapere, probabilmente
per il fenomeno d’opposizione adolescenziale
al padre, o alla sua proiezione in un “Dio padre
onnipotente”, nella seconda metà del secolo
scorso ha sorprendentemente prodotto
un’ideologia di genere marxista su cui si basò
la fondazione del PSA, un p artito lontano
mille miglia dalla Chiesa cattolica. Il fatto di
togliere dall’ambito esclusivo della fede una
narrazione bimillenaria e portarla in un campo
esclusivamente culturale è un’operazione
difficile, che comporta rischi di cadute nella “mala
fede”. Per i credenti, quando è materia di fede,
è inammissibile spostare una narrazione religiosa nel culturale generico e per i non credenti
suscita scetticismo l’accettazione intellettualmente onesta da parte dei credenti di “svalutare” e “svilire” a generica cultura un loro
patrimonio fermamente ancorato nello spirito
come forma e sostanza di dottrina. Forma e
sostanza che nella psiche di chi crede sono
elementi materiali e concreti. Perciò prima del
sorriso di sufficienza o dell’indifferenza verso
chi crede in una “storiella”, i non credenti
dovrebbero soffermarsi un istante a riflettere
sull’immagine del militare israeliano 3,
fotografato recentemente, seduto presso la
torretta del suo blindato mentre legge la
Torah per prepararsi spiritualmente a massacrare i palestinesi. Se ci si confronta con
questa cruda testimonianza e con molte altre
che coinvolgono in particolare protagonisti
delle tre religioni monoteiste, il sorriso di sufficienza si smorza e s’inizia a considerare il
problema religioso con serietà e rigore. La
sostanza del rapporto di Ostinelli e Galletta
dimostra come lo Stato è capace d’essere
indipendente e neutrale in un ambito dove i vertici cattolici, invece di promuoverne l’immagine
della loro istituzione nella sede a ciò destinata
che è e rimane l’edificio della chiesa, la riducono a quella di un ente parassitario, installato
abusivamente e comodamente, per ragioni dimenticate, in un corpo statale moderno che
dovrebbe essere rigorosamente laico e neutrale.
2. L’incoerenza cattolica
La proposta di Bertoli4 , fatta direttamente
alla Curia vescovile, di rinunciare a un’ora di
presenza clericale nella scuola per dare spazio
all’educazione alla cittadinanza, è stata categoricamente rifiutata dal vescovo Lazzari.
Eppure ogni indicatore conferma che l’istruzione
religiosa è culturalmente ininfluente nella
società civile ticinese. La Chiesa non vuole prendere atto della sua incapacità e inadeguatezza
nel frenare, o almeno ostacolare, un’ideologia
oggi dominante ovunque. La dottrina, concepita come dogmatica, della preminenza del
mercato sulla politica e del conseguimento
del massimo profitto azzera, oltre che i valori
dello Stato democratico, i fondamenti della
fede cristiana. Lascia allibiti l’incoerenza di
un’istituzione che si vanta d’aver contribuito
alla caduta del comunismo e che oggi acconsente di trattare l’individuo come una merce
da cui trarre il massimo profitto.
Il vescovo ha detto che nell’ambito scolastico
vuole fare cultura. Nella realtà non vuole
perdere un caposaldo parassitario della sua
Chiesa nello Stato. Bertoli, con lucidità, ha
ribadito che non è politicamente possibile oggi
escludere dalla Scuola pubblica la Chiesa
cattolica; perciò, anche in considerazione del
nuovo spirito che aleggia su questa istituzione
dopo l’arrivo di Papa Bergoglio, l’ha invitata
a farlo volontariamente e gradualmente. Nelle
forze politiche che oggi sostengono la presenza della Chiesa cattolica nella scuola ed
osteggiano uno Stato laico in cui i cattolici
ritroverebbero la loro integrità ed indipendenza,
troviamo un PPD che s’allontana sempre più
dal referente cristiano e tende verso le istanze
economiciste ed utilitariste5 della finanza e le
forze retrive liberali con i leghisti e i democentristi blocheriani, che usano spudoratamente
la Chiesa come strumento per consolidare il
dominio del capitale e del mercato sulla politica.
Comunione e Liberazione, nella vicina Italia,
con Formigoni, ha dimostrato ampiamente come
l’avidità di denaro e la rapacità, hanno sostituito,
anche nel movimento d’avanguardia cattolica,
i valori cristiani della solidarietà e dell’onestà.
3. La religione torni nelle chiese
E'quindi desolante il quadro che oggi la Chiesa
cattolica ticinese dà di se stessa ed è sconcertante che per mantenere posti di luogotenenza
in strutture statali e laiche come dovrebbe
essere la scuola, i cattolici ricattano lo Stato,
accettando le offerte di protezione e supporto
da poteri e partiti che esplicitamente negano
i valori fondanti del cristianesimo. Un altro
argomento che suscita sconcerto è il patrimonio
immobiliare immenso a disposizione dei cattolici nel Ticino per la loro promozione. Le chiese
Libero Pensiero
delle città e dei villaggi sono state in gran parte
restaurate e mantenute efficienti con contributi di decine di milioni di franchi versati da enti
pubblici. Raramente e con successo sono usate
per eventi di promozione culturale6. Oltre che
alle funzioni e a riti domenicali, poco frequentati e sempre più rari e frettolosi per la carenza
di officianti professionalmente preparati, gli
edifici delle chiese hanno assunto un ruolo non
indifferente d’attrazione turistica. La Chiesa
cattolica sa benissimo ed è cosciente che la
messa della domenica e il settimo giorno del
riposo e dello spirito sono stati sacrificati
alla nuova e devastante religione del consumo,
del mercato e del profitto7. Il riposo, la meditazione spirituale, la preghiera e la messa domenicale hanno perso ogni significato e sono
ovunque sostituiti dalla frequenza al supermercato e ai negozi che si vogliono tenere aperti
anche la domenica. Per i non credenti, razionali
ed umanisti, la sostituzione dell’ideologia
dogmatica del mercato allo spirito religioso è
una regressione inaccettabile nella peggiore
delle superstizioni. Perciò la religione e il suo
insegnamento dovrebbero tornare con urgenza
e determinazione nell’edificio a loro più confacente: la chiesa. Solo con ciò è possibile evitare
la dipendenza, le influenze ambigue e le inter$ferenze servili conseguenti alla commistione
del clericale con lo Stato, negative tanto per le
istituzioni religiose quanto per quelle pubbliche.
4. La storia nelle scuole
E'antistorico e culturalmente inaccettabile
negare l’essenza del divino, quello inteso da
molti laici non come espressione o fenomeno
che scende dall’alto verso l’uomo ma come
risultato di una ricerca o proiezione dell’uomo
verso l’alto. Quando si banalizza la manifestazione del divino, espresso nei limiti del ragione-
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vole, e si riduce a dogma l’ateismo, si sottraggono,
per usarli indebitamente, forse inconsciamente o forse no, gli strumenti portanti su cui
è costruito il complesso edificio di ogni fede in
Dio. Le proiezioni dell’uomo nel religioso riguardano profondamente la natura dell’uomo stesso.
Negando questo fatto si compie un’operazione
anticulturale e di cecità nei confronti di tutto
l’ambiente antropico che ci circonda, della sua
storia e della memoria.
Non si capirà mai il senso della religione se non
si esplora profondamente cosa è l’arte nelle
sue varie manifestazioni, partendo dalla letteratura, alla pittura, alla scultura, alla musica,
all’architettura e non si studiano le implicazioni
che queste espressioni hanno col religioso.
Perciò la storia delle religioni nella scuola pubblica non può essere messa in un ghetto grigio
e incolore della griglia oraria e insegnata, avulsa
da un contesto culturale e storico generale.
Non avrebbe nessun senso, anche per l’istituzione
della Chiesa, separare il religioso dall’ambito
civile storico e culturale nel quale nasce e si
diffonde. Ridurre la materia a prodotto singolo,
che si può acquistare prescindendo dagli altri
e ghettizzandola, è una manipolazione, per
evidenti e faziosi scopi di parte, della diffusione
della cultura8. Per essere credibile l’insegnamento non dovrebbe collocare in uno spazio
privilegiato ed esclusivo nessuna religione o
ideologia. Parafrasando Erich Fromm9, nessun
docente dovrebbe presentarsi in una scuola
con una o le religioni sottobraccio, ma assumersi
l’onere d’insegnare religiosamente per riportare l’allievo, invece che nell’odierna e devastante certezza dei dogmi, che toccano ogni
ambito della vita sociale, nella cultura del
dubbio: la sola che apre la mente dell’allievo alla
libertà di scelta di una fede, laica o religiosa,
e dei rispettivi valori fondanti che si ritrovano
in un illimitato campo universale di biodiversità
culturale, da esplorare e rispettare.
5
1 MARCELLO OSTINELLI, FRANCESCO GALLETTA, Religioni, interculturalità ed etica nella
scuola pubblica, SUPSI, maggio 2014.
2 Dall’Università di Friborgo e dal Collegio
Papio di Ascona, nella seconda metà del
secolo scorso, sono usciti gran parte
degli intellettuali di punta che hanno
fondato il Partito Socialista Autonomo.
3 Le guerre e i massacri in Medio Oriente
hanno una matrice religiosa. Gli Stati
Uniti, con interventi militari e della CIA,
dopo aver annientato lo spirito laico di
orientamento socialista che stava alla
base dell’ideologia del partito Baath in
Irak ed ora in Siria, lasciano ovunque
macerie politiche, morali e materiali.
4 Manuele Bertoli è un politico non sospetto di laicismo né d’appartenere alla corrente del libero pensiero.
5 Il Consigliere agli Stati PPD Filippo Lombardi, con il collega del PLR Fabio Abate, hanno presentato una mozione per
la regolamentazione dell’apertura dei
negozi. Il Consiglio federale ha deciso
di proporre alle Camere una legge che
stabilisce l’apertura nei giorni feriali
fino allle otto di sera. 23 cantoni su 24
si sono opposti con l’argomento che ciò
interferisce nell’autonomia dei Cantoni.
È perlomeno comico che si ritiene di
risolvere il problema del consumo costringendo le commesse ad orari e ritmi di lavoro proibitivi. La sola soluzione
efficace è aumentare i salari, migliorare
la condizione dei meno abbienti e non
peggiorare quella del ceto medio che
s’impoverisce sempre più.
6 Ascoltare il Messia di Hendel o la Creazione di Heiden in San Francesco a Locarno
è quanto di più raffinato l’orecchio e la
vista degli amanti della musica classica,
anche dei non credenti, possono gustare.
7 Un luogo di pellegrinaggio di massa domenicale per i credenti nei dogmi del
consumo è il Fox Town di Mendrisio. Rimane aperto la domenica in violazione
della Legge federale sul lavoro. Il solo
partito politico che si è finora opposto alla
giustizia di classe (i ricchi come Tarchini
violano impunemente la legge; per i poveri c’è l’accanimento giudiziario) è l’MPS
(Movimento per il socialismo).
8 La storia delle religioni, avulsa da un contesto propagandistico e fazioso, riguarda
in particolare la Storia dell’arte, della letteratura, della pittura e dell’architettura
del contesto antropico in cui l’allievo vive.
Riferimenti ad altre religioni, come l’islamica o l’ebraica, saranno comprese solo
se si fondano sulla conretezza del fenomeno vissuto nel biotopo culturale in cui l’allievo vive e comprende la sua "biodiversità"
nella concretezza. E'scontato l’insuccesso
di ogni tentativo d’insegnamento religioso
basato sull’astratto edificio ideologico o
teologico sul quale le religioni si fondano.
Lezioni di questo genere si possono fare
solo a livello universitario.
9 ERICH FROMM, Avere o essere, Oscar Mondadori, ISBN 978-88-04-62004-4
6
ASLP – Ti
Quale Storia delle religioni?
Come già si sa, con la fine dell’anno scolastico, nel giugno appena scorso, la sperimentazione religiosa “storia
delle religioni” è giunta al termine. La sua valutazione, in previsione d’una sua introduzione generalizzata nelle
Scuole Medie cantonali, si è rivelata assai controversa se pensiamo anche al fatto che la stessa chiesa
cattolica si è trovata d’accordo con noi Liberi Pensatori, seppur con logiche e differenti critiche, ad esprimere
un giudizio negativo. Ora tutto è “nelle mani” dei Parlamentari ticinesi che dovranno esprimersi in merito dopo
aver preso atto dei vari rapporti giunti loro. Non sarà sicuramente una decisione celere, anzi … perché
parlarne ancora, dunque? Perché della serie “tutti i nodi vengono al pettine”, alias come il DECS è riuscito a
“cambiar le carte in tavola”, ecco spuntare delle verità, grazie a persone (vedi articolo seguente) coinvolte
attivamente dall’ allora Consigliere di Stato Gabriele Gendotti per dare inizio ad un progetto che veramente
tenesse conto anche della critica alle religioni. persone Coinvolte a mo' di palliativo all’insegna di “Parigi val
bene una messa”? Non dico di più, leggete quanto segue. GB
di Franco Zambelloni
Nel settembre 2009 mi fu chiesto di
far parte della commissione che
avrebbe dovuto elaborare il programma per l’insegnamento sperimentale
di “Storia delle religioni”: accettai.
Ero convinto – e lo sono tuttora – che
se a scuola si studiasse davvero la
storia delle religioni, e in particolare
quella delle tre monoteistiche, i
giovani ne trarrebbero un’immagine
meno ingenua, più realistica, e,
divenuti adulti, potrebbero scegliere
consapevolmente se credere a una
rivelazione, e a quale.
Inoltre, un’analisi oggettiva e storica del fenomeno religioso stimolerebbe indubbiamente
quella capacità critica e quell’autonomia di
ragionamento che costituiscono importanti
obiettivi della scuola dell’obbligo. Basterebbe
attenersi ai testi sacri e ai documenti storici.
Ad esempio, perché coprire con un velo di
silenzio le tante raccomandazioni che Yahvé
dà al suo popolo affinché stermini meticolosa-
la pretesa
odierna
dell’abbraccio
ecumenico
è irrimediabilmente
utopica
mente i popoli che credono in altri dèi?: «[...]
dovrai passare a fil di spada gli abitanti di quella
città, la voterai allo sterminio, con quanto
contiene e passerai a fil di spada anche il suo
bestiame.» (Deuteronomio 13, 13-16; scelgo
quest’unica citazione tra le tante). O ancora,
perché tacere che nell’Antico Testamento
appaiono esaltazioni di odio e di spietata crudeltà, come in questa invettiva contro Babilonia:
«Beato chi afferrerà i tuoi piccoli / e li sbatterà
contro la pietra» (Salmi 136:9). Lo studente che
leggesse i Sacri Testi della tradizione ebraico–
cristiana non potrebbe non chiedersi come si
concilia il dio assetato di sangue («Inebrierò
di sangue le mie frecce / si pascerà di carne la
mia spada», Deuteronomio, 32,42) dell’Antico
Testamento con quel “dio d’amore” che la dottrina cristiana ha costruito progressivamente,
dopo la morte del Cristo. Suscitare domande,
appunto, voglia di comprendere: questo dovrebbe essere il compito della scuola pubblica per
stimolare lo sviluppo del pensiero critico.
Una storia delle religioni deve ovviamente soffermarsi anche su quanto di bello e di buono i tre
monoteismi hanno portato in termini etici e di
cultura. Ma nascondere l’intolleranza che ha
caratterizzato le tre religioni abramitiche per la
quasi totalità della loro storia e che ha causato
innumerevoli violenze e morti non sarebbe fare
la storia delle religioni, ma falsificarne la storia.
Il pensiero critico sarebbe stimolato anche se
venisse messo a confronto con le tante contraddizioni e incongruenze tra i testi del Nuovo
Testamento, tanto più se si spiegasse all’allievo
che i quattro Vangeli ai quali oggi si fa riferimento sono stati imposti, nel IV secolo, come
gli unici autentici tra le decine di versioni che
circolavano nei primi secoli d.C. e che furono
poi fatte sparire; e che, una volta stabilita
“l’ortodossia” con l’appoggio dell’autorità politica,
essa venne imposta con la forza e questo
comportò la persecuzione dei pagani e degli
“eretici” da parte di quei cristiani che si arrogarono il privilegio dell’unica vera fede. Del resto,
a voler trattare seriamente la storia del cristianesimo, si vedrebbe che la religione dell’amore
universale ha prodotto contrasti, asti e rancori
già tra le prime chiese; poi, via via che l’alleanza
di religione e potere si faceva più solida, venne
la giustificazione della persecuzione degli
eretici da parte di Sant’Agostino e di tanti altri
insigni teologi, e ne seguirono i conflitti e la
violenza che hanno accompagnato l’affermazione dell’“ortodossia” nel corso dei secoli,
contro manichei, donatisti, docetisti, pelagiani
e via seguitando; e l’accanimento dei cristiani
contro i “perfidi giudei”; e le guerre dei cattolici
contro anglicani, luterani, calvinisti…
Quel che vale per il cristianesimo vale, ovviamente, anche per la religione di Mosè e per
quella di Maometto: la storia dei tre monoteismi
è in gran parte storia di violenza, di guerre
sante, di crociate benedette dal rispettivo dio.
E come potrebbe essere altrimenti? Se uno
solo è il vero dio, e se comanda di convertire,
anche con la forza, chi non crede in lui, la
pretesa odierna dell’abbraccio ecumenico è
irrimediabilmente utopica; e lo studente che
fosse indotto a riflettere, difficilmente potrebbe
concludere diversamente da quanto scriveva
nel 1516 Pietro Pomponazzi: “Supposto che ci
siano solo tre religioni, quella di Cristo, di Mosè
e di Maometto, o sono tutte false, e così tutto
il mondo è ingannato, o sono false almeno due
di esse, e così è ingannata la maggior parte
degli uomini”.
Dunque, fare davvero la storia delle religioni
sarebbe, a mio avviso, la migliore lezione di
tolleranza: porrebbe in evidenza che ogni integralismo, ogni dogmatica presunzione di verità
assoluta e rivelata, porta ad escludere una
parte di umanità. E forse ne verrebbe una religiosità più pura, attenta all’etica e non alla
dogmatica, capace di scindere nettamente la
fede come fatto privato da quel connubio
tra religione e potere che ha contrassegnato
la quasi totalità della storia umana.
Con questi intendimenti partecipai ai lavori
della commissione, e nel corso di due anni
preparai schede di lavoro, per docenti e allievi,
basate su testi e documenti storici: la Commissione le accettò. Quando poi fui uscito della
Commissione venni a sapere, per via indiretta,
che tutto quel materiale era stato scartato
“perché troppo difficile”.
Libero Pensiero
7
10 – 11 – 12 — 2014
EVOLUZIONE:
NECESSITÀ O CONTINGENZA?
C’è un dilemma, di natura filosofica ma
anche biologica e antropologica, che
concerne quanto è successo dal giorno
del Big Bang (13,8 miliardi di anni fa)
in poi o, più modestamente, dal giorno
(4,57 miliardi di anni fa) della comparsa del sistema solare e della nostra
terra, rispettivamente da quando, sul
nostro pianeta, è comparsa la prima
forma di vita (3,5 miliardi di anni fa)
alla comparsa dell’homo sapiens, e
della sua attività che ha cambiato
l’aspetto del mondo. Più precisamente,
il quesito concerne la motivazione
di quanto avvenuto, e cioè l’evoluzione
dal primo organismo unicellulare
all’attuale costellazione di fauna e flora
che popola la terra. Essa deve essere
attribuita a un programmazione, con
una finalità di partenza, o è dovuta
ad eventi fortuiti, contingenti?
L’opera fondamentale, che ha fatto dibattere in
questi ultimi decenni due opposte correnti
di pensiero, è il libro, pubblicato nel 1970, di
Jacques Monod, biologo e premio Nobel per
la medicina nel 1965, intitolato "Le hasard et
la necessité": il sottotitolo precisa che si
tratta di un saggio sulla filosofia naturale della
biologia moderna. Monod illustra le due contrapposte concezioni: da una parte quella che
definisce “ animista “ che considera gli esseri
viventi i prodotti elaborati, perfetti, di un’evoluzione universalmente orientata che si è
realizzata, perché doveva realizzarsi, nell’uomo
e nell’umanità. Dall’altra parte, l’opinione di
chi considera questa teoria un errore, contrario
a quanto realmente successo nel corso di
innumerevoli millenni, alla cui origine è individuabile quella che viene definitiva l’illusione
antropologica: l’uomo, se non più il centro del
mondo, comunque l’erede dell’intero universo.
Dal canto suo, Monod precisa così la sua tesi:
"la biosphère ne contient une classe prévisible
d’objets ou de phénomènes, mais constitue
un évènement particulier, compatible certes
avec les premiers principes, mais non
déductible de ces principes. Donc essentiellement imprévisible".
Un contributo importante alla tesi che privilegia
l’evento contingente è dato da Telmo Pievani,
professore di filosofia della scienza, con la
pubblicazione nel 2011 di "La vita inaspettata"
dove tratta del “ fascino di un’evoluzione che
non ci aveva previsto “ e che si concentra sulla
comparsa dell’uomo: un accadimento dovuto
alla pura contingenza. Un’opera che, con molte
altre, si oppone al cosiddetto "disegno intelligente", sostenuto da molti cristiani creazionisti,
ostili alla teoria di Darwin, per i quali Dio ha
voluto, fin dall’inizio, un’evoluzione finalizzata
all’apoteosi finale della comparsa dell’uomo.
Le due opposte tesi sono pregevolmente esposte
in un libro che prende le mosse da un dibattito, organizzato dalla rivista Micromega, e pubblicato nel 2013, dal titolo "Il caso o la speranza?"
e che ha per interlocutori Paolo Flores d’Arcais,
filosofo, ateo, direttore della rivista menzionata e autore di numerose pubblicazioni, in
particolare a difesa di una concezione rigorosa
della laicità, e Vito Mancuso, teologo, autore
di parecchi libri nei quali difende la concezione
di un cattolicesimo aperto, spesso in contrasto con i principi emanati dalle massime autorità
ecclesiastiche, critico verso un’interpretazione
conservatrice della bibbia e avverso ai dogmatismi, convinto darwiniano.
Il punto del contendere tra i due interlocutori
è quello a sapere se quanto avvenuto nella
storia del cosmo e nella vita della Terra ha un
significato, che comporta una direzione e uno
scopo. Risposta affermativa per Mancuso,
negativa per Flores D’Arcais. Per il primo esiste
un’entità, l’energia, che spiega l’evoluzione
programmata del mondo, la quale proviene "dal
punto cosmico primordiale, il cui scoppio ha
prodotto i gas primordiali dell’idrogeno e
dell’elio e via via – per una progressiva organizzazione della materia– energia tale da produrre
sempre più informazione e complessità. Fino
a giungere alla mente, la quale è in grado di
vedere questa logica e riproducendola assume
il carattere di cuore". Argomentazione rifiutata dal secondo,che la ritiene irrazionale e
non corrispondente alla realtà, per cui afferma
che 'non esiste alcuna energia libera' nella vita,
dai batteri alle piante e dagli animali all’uomo,
almeno nel senso in cui la fisica tratta il concetto
di energia".
Quanto al dilemma tra contingenza e necessità,
Mancuso ritiene di poterlo risolvere mediante
una mescolanza tra le due, che presiederebbe
all’evoluzione, la quale si snoda tra i due principi,
ed afferma: "Il mio esistere, la mia personalità
è frutto dell’impasto di questi due principi, che
in maniera pura, da soli, non esistono: esistono
sempre nel loro mischiarsi. La libertà umana
esiste solo in questa forma 'articolata' e complessa". Un’impostazione decisamente respinta
da Flores D’Arcais, proprio perché lo scopo
fondamentale e inoppugnabile sostenuto dal
suo interlocutore, incluso già nel Big Bang, non
lascia "spazio per nessuna contingenza,
paolo flores d'arcais www.uccronline.it
di Diego Scacchi
perché anche una sola avrebbe fatto deragliare
il cosmo da quel telos (termine greco che
significa scopo, fine), e nessun sapiens sarebbe
mai apparso". Secondo Flores, l’alternativa
rigorosa "alla tesi che la biologia evoluzionistica
empiricamente ci offre di un andamento del
cosmo e poi della realtà terrestre attraverso
la contingenza, cioè il prodursi di circostanze
in cui poteva avvenire ogni volta qualcosa di
diverso da quanto effettivamente avvenuto"
non sarebbe nient’altro che "il determinismo più
assoluto e assolutamente onnicomprensivo".
Mancuso asserisce che la sua tesi è determinata
dalla sua credenza in Dio: "Credendo in Dio, io
affermo l’esistenza di una patria, di un porto, di
un approdo a cui il lavoro dell’essere-energia
è destinato". L’evoluzione programmata fa perciò
parte di un sistema di pensiero che, partendo
dall’esistenza di Dio, coinvolge altre tematiche
fondamentali, quali l’anima e la sua esistenza, la
concezione dell’etica, il senso della vita, la materia e lo spirito, oltre alla concezione filosofica.
A questo sistema se ne contrappone un altro,
fondamentalmente ateo e che comunque
prescinde da Dio, che delle tematiche sopra
esposte ha una concezione assai diversa,
segnatamente l’evoluzione fondata sulla contingenza. E'quest’ultima che spiega la comparsa
dell’homo sapiens, dovuta, tra altre molte
cause, al meteorite che, 65 milioni di anni fa
colpì lo Yucatan, causando, con l’immensa
e densa nube che oscurò il sole, la scomparsa
di tutti i dinosauri. Al che Mancuso, ammettendo che l’uomo poteva anche non esserci,
replica che, comunque, non poteva non esserci
il senso del sapiens sapiens, a costo di avere
oggi un Saurus sapiens.
Per tirare una conclusione, da non credente chi
scrive preferisce comunque l’homo sapiens,
anche se frutto del caso.
8
ASLP – Ti
Adotta un progetto
Dalit Village
di reta caspar, sefgretaria aslp
IHEU
International Humanist
and Ethical Union
+ ASLP
www.iheu.org/?s=Dalit
Dalit o Paria (gli oppressi o intoccabili) sono definiti i fuori casta o quinta casta nel sistema sociale e
religioso induista. Il termine "dalit" (in sanscrito “dal” significa “spezzare, spaccare, aprire”).
Dal 2012 l’Associazione Svizzera dei Liberi Pensatori, in cooperazione con l’Unione Internazionale EticoUmanistica, promuove un progetto in favore di un’educazione laica ed umanistica nel villaggio Dalit di
Keshavapuram, nell’Andhra Pradesh, Stato dell'India centro-orientale che si affaccia sul golfo del Bengala.
Rapporto Annuale — 2013
Le attività del secondo anno del progetto miravano a portare
gli abitanti Keshavapuram a una vita senza superstizione.
1 Centro umanista per il
cambiamento sociale
Il centro svolge un ruolo importante nella
sensibilizzazione dei giovani. Nel centro
si trovano i giornali e quindi l'accesso agli
eventi mondiali. Circa 250 persone approfittano regolarmente di questa opportunità.
Materiali didattici consentono ai giovani
di prepararsi per gli esami di ammissione
in professioni quali polizia, poli-tecnico, amministrazione, ecc. Nel 2013 ne hanno beneficiato 25 giovani.
150 persone hanno visitato la libreria, di
cui un terzo regolarmente. A tutt'oggi un
certo numero di abitanti conosce quindi le
biografie di personaggi di origine Dalit come
Ambedkar e riformatori sociali come Phule,
Periyar, ecc.
2 Consultazioni per le donne
Nel 2013 circa 200 donne hanno partecipato a
laboratori sui diritti delle donne, la salute, la
prosperità, le leggi, il denaro, la superstizione.
3Orientamento professionale per
i giovani
Durante un corso di sei giorni, 45 giovani sono
stati consigliati e preparati agli esami per
accedere all'istruzione superiore. Sei giovani
che avevano abbandonato la scuola hanno
colto l'occasione per ritornarci. È iniziata la
raccolta di fondi per le biciclette necessarie
per frequentare le scuole più discoste.
4"Club scienza"
Fondati l'anno scorso questi club sono
diventati veri e propri luoghi di amicizia per
i bambini. Oltre alla conoscenza del mondo
e della società vengono edotti sui loro diritti
in quanto minori.
5 Spiegazioni scientifiche invece
di superstizione
In occasione di cinque eventi pubblici, con
la partecipazione di circa 600 persone,
sono stati smascherati i trucchi più diffusi
tra i maghi locali e i leader religiosi. È stata
così data una spiegazione scientifica dei
loro presunti miracoli, e i metodi della medicina moderna sono stati confrontati con la
magia nera, di cui i Dalit subiscono l'influenza
fin dall'infanzia.
6Campi salute
A Kamineni, in 10 aree attrezzate, con la
collaborazione dei medici e del personale
dell'Ospedale Narkatpalli, 25 persone sono
state operate alla cataratta e 150 pazienti
hanno ricevuto cure odontoiatriche. Quasi
300 donne hanno beneficiato di una visita
ginecologica e sono state debitamente
consigliate; 400 pazienti sono stati curati in
seguito a lesioni ai legamenti e 25 per problemi di tipo otorinolaringoiatrico. Circa 600
persone sono state trattate contro la malaria
e altre affezioni stagionali.
Sono stati distribuiti gratuitamente farmaci del valore di 60.000 Rupie (900 CHF).
7 Visita di giornalisti tedeschi
Il 17 gennaio 2013 giornalisti tedeschi hanno
visitato il villaggio; avevano saputo del progetto Keshavapuram tramite il sito dell'ASLP.
Il loro rapporto sui problemi dei Dalit è
stato trasmesso da Deutschlandfunk nel
febbraio 2013.
8Prospettive
Il progetto Keshavapuram sarà completato
a fine 2014.
Il comitato centrale ASLP ha già deciso
di proseguire con l'esperienza in India,
adottando un altro villaggio Dalit, che sarà
individuato, dopo attenta valutazione,
da Babu Gogineni, responsabile del
programma IHEU (Unione internazionale
etico-umanistica).
donazioni in sostegno al progetto
Donazioni al seguente conto sono esentasse
nel Cantone di Berna:
Freidenker-Vereinigung der Schweiz
Spendenprojekt
Postfach, 3001 Bern
89-788791-9
IBAN: CH54 0900 0000 8978 8791 9
I versamenti a partire da sFr. 100.- saranno
oggetto di una lettera di ringraziamento
automatica.
Le autorità fiscali del canton Berna dal 2014
hanno detassato determinate attività
dell'ASLP a motivo di pubblica utilità:
1. Formazione
IBAN CH96 0900 0000 8557 9352 8
2. Consulenza giuridica
IBAN CH39 0900 0000 8918 1744 4
3. Aiuto umanista
IBAN CH54 0900 0000 8978 8791 9
4. Cerimonie per persone senza risorse
IBAN CH68 0900 0000 8999 5667 7
Maggiori informazioni su:
http://www.librepensee.ch/fr/accueil/
spenden/
Libero Pensiero
9
10 – 11 – 12 — 2014
DIVERGENZE MORALISTICHE TRA
VETERO E NEOCLERICALI
Meglio assassini che concubini? Oppure no?
di Guiber
"Don" Tarcisio Vicario, parroco di
Cameri, Comune del novarese, ha le
idee chiare in materia di dottrina e
di morale: nel senso che questa deve
informarsi a quella. Ovvero, le attitudini e le abitudini comportamentali
vanno assunte e praticate così come
si conviene a chi vuole appartenere
alla Chiesa cattolica. In evidente controtendenza con la linea proposta
dalla corrente aperturista incarnata
dall’attuale pontefice, il parroco non
ritiene né corretta né opportuna la
tolleranza esibita dai vertici ecclesiastici nei confronti dei "fedeli" di scarsa
osservanza. Tanto più che una simile
disponibilità potrebbe essere interpretata come una sorta di "comprensione" (Horribile dictu!) per la
dissidenza, per l’insubordinazione,
per la disobbedienza.
Ma che ha fatto di tanto clamoroso il "sacerdote"
di Cameri, perché il suo nome abbia avuto,
per un attimo fugace, gli onori della cronaca
al di là del ristretto ambito locale?
Tarcisio Vicario, evidentemente stufo di veder
disattese da parte di molti parrocchiani le disposizioni che essi dovrebbero adempiere per
appartenere alla comunità dei fedeli, ha quindi
deciso di denunciare, quale gravissimo e imperdonabile "peccato" una condotta che, di fatto,
implica la scomunica (o se si preferisce, l’autoscomunica) o quanto meno l’esclusione dai
sacramenti. E va da sé che, perseverando
nell’errore, gli inosservanti si pregiudicano
irrimediabilmente la vita eterna: perché fuori
della Chiesa non c’è salvezza. Sul bollettino
parrocchiale sono dunque apparse le riflessioni
dal sacerdote, ove tra altre piacevolezze si
legge che per la Chiesa cattolica è più grave
il peccato di convivere senza aver contratto
il matrimonio religioso rispetto all’aver
compiuto un omicidio. L’affermazione è intenzionalmente provocatoria: un accorgimento
volto a turbare con un paradosso l’immaginario
dei fedeli, per indurli a riflettere e (possibilmente…) a ravvedersi.
[Di transenna, va rilevato che la Chiesa fa distinzione tra l’omicidio che consiste nel togliere
la vita ad una persona fatta e finita e l’omicidio
perfezionato mediante l’intervento che interrompe in fase embrionale un percorso procreativo: dal primo ci si può emendare mediante
il sacramento della penitenza ricorrendo
all’ausilio del prete, il secondo comporta la
scomunica automatica (latae sententiae!)
e può essere rimesso solo da chi abbia rango
episcopale. Ciò vien a confermare che sono
ritenuti imperdonabili i peccati che hanno
attinenza con quello "originale"]
Il fatto è che, come subito ha rilevato Franco
Giulio Brambilla, vescovo di Novara, nel tentativo di rimediare alla gaffe del suo sottoposto,
l’equiparazione tra convivenze / situazioni
irregolari e omicidio risulta inopportuna e fuorviante, e quindi errata. Il parroco aveva tuttavia
richiamato correttamente la dottrina della
Chiesa circa il peccato e la sua riparazione attraverso il sacramento della riconciliazione e
della penitenza. In tale ottica, se è vero che il
peccato causa la rottura della comunione con
il dio e attenta altresì alla comunione con la
Chiesa, è altrettanto vero che il riconoscimento
della colpa e la sua confessione, unitamente
al proposito di non ricadere in fallo, hanno per
effetto il perdono del dio e la riconciliazione
della Chiesa.
e non dà segno di volersi ravvedere. In tale condizione si trovano appunto tutte quelle persone
che decidono di convivere more uxorio o contraggono solo il matrimonio civile e non quello
religioso, perché così assumono una condotta
di vita non conforme alla morale clericale, ponendosi "al di fuori del sacramento".
Il cardinale Collins, più avveduto del parroco di
Cameri, non commette l’ingenuità di bollare
come "più grave" una colpa (ad esempio, l’omicidio) rispetto ad un’altra (ad esempio, il
concubinaggio), si limita a rilevare che la prima può essere rimessa anche quando, per
debolezza, il peccatore vi ricada (quante volte?
anche settanta volte sette!), mentre la seconda
rimane imperdonabile in quanto si configura
come una "infedeltà continuativa". Sappia il buon
cristiano-cattolico regolarsi di conseguenza…
Ovviamente, il discorso sulla perdurante e
dunque imperdonabile condizione di peccato
si estende a tutti quei comportamenti (soprattutto nell’ambito sessuale, ma non solo)
che non sono conformi alla corretta osservanza del sesto comandamento: libere unioni,
pratiche contraccettive, fecondazione artificiale, omosessualità e quant’altro.
La dottrina è chiarissima al proposito, come ha
rilevato recentemente il cardinale canadese
Thomas Christopher Collins, arcivescovo di
Toronto: "La misericordia di Dio è abbondanLa sparata del parroco di Cameri ha avuto non
temente assicurata a tutti i peccatori. L’omicidio, poco effetto, soprattutto nei confronti di quei
l’adulterio e altri peccati, non importa quanto
"fedeli" che tengono un piede dentro la Chiesa e
gravi, sono perdonati da Gesù, specialmente
l’altro fuori, ovvero di quelli che desiderano
attraverso la riconciliazione, e il peccatore
essere inclusi tra i figli della divinità rivelata senza
perdonato riceve la comunione". Inoltre, sulla
voler apparire troppo bigotti, insomma, di
stessa linea del parroco di Cameri, il prelato
quelli che aspirano a godere dei benefici decanadese ha dichiarato redimibile il "peccato
rivanti dall’appartenenza al gregge clericale,
occasionale", circoscritto nel tempo, e dal quale
senza esser tenuti alla stretta osservanza di
chi l’ha commesso si dissocia confessandolo
norme comportamentali antiquate e non più
e ripudiandolo. Ma, con rigorosa coerenza, egli
al passo con i tempi moderni. Per altro, la Chiesa
ha altresì evidenziato che non si può assolvere si è da tempo resa conto del rischio che l’imchi vive in uno stato peccaminoso perdurante
posizione autoritaria e intollerante nell’ambito
10
ASLP – Ti
delle direttive morali possa allontanare i molti
suoi fedeli caduti nel… libertinaggio. Per questo
ha tentato di praticare un’opportuna tolleranza
per le debolezze della carne, pur richiamando
l’esigenza di osservare, per lo meno nelle intenzioni, i comandamenti divini, i precetti
ecclesiastici e le norme morali che scaturiscono
dagli uni e dagli altri. Ciò facendo, non è riuscita a rispondere adeguatamente alle nuove
situazioni generate nella società post–sessantottesca da una diversa concezione del sesso,
del matrimonio e, in generale, delle relazioni
familiari. La benevola manifestazione di tolleranza è stata interpretata come una conces-
sione alla permissività, se non al lassismo.
Con una conseguente diminuita autorevolezza
della gerarchia, cui ha fatto riscontro il calo
d’obbedienza dei fedeli.
In una situazione tanto problematica, la Chiesa
si è trovata nella necessità di cambiare aspetto
in modo radicale e di dare una svolta alla sua
politica missionaria. Apparentemente. Certo è
stata una mossa clamorosa quella di provocare, in nome del rinnovamento, l’abdicazione
del papa Ratzinger per poterlo sostituire con il
papa Bergoglio. A tempi nuovi, uomini nuovi.
Paradossalmente, riconoscendosi inadeguato,
il capo dimissionario ha mostrato la propria…
infallibilità.
Dal canto suo, il novello "Papa Buonasera" (tale
il suo primo straordinariamente banale saluto
rivolto al pubblico dei fedeli, urbi et orbi) ha
intravisto il modo di piacere a tutti (ma non
agli "atei devoti" già tifosi del "pastore tedesco"),
e ha trovato una folla acclamante di pecorelle
smarrite, di ex dissenzienti, di ex agnostici
orfani di certezze: tutti pronti ad andare in brodo
di giuggiole ad ogni sua esternazione e disposti ad accoglierlo come un novello "boccadoro",
profeta di misericordia e di pacifismo a buon
mercato.
Il sudario sbiadito
A cura di Gabor Laczko
il credo bacato
La storia del pensiero libero non deve restringersi alla considerazione dei personaggi esplicitamente areligiosi come ateisti, materialisti o
agnostici. In molti casi i protagonisti della ricerca
cognitiva erano pensatori che lasciavano
intatto nella loro visione l’immagine di Dio che
contraddistingueva il loro ambiente. Sia per
la forte resistenza psicologica dei contenuti
assorbiti durante la fase di educazione infantile,
sia per la consapevole prudenza determinata
della forza oppressiva della chiesa cattolica
verso gli "eretici", questi pensatori si sono fermati
sulla soglia del libero pensiero. Tuttavia hanno
seminato delle idee nuove che hanno iniziato a
corrodere lentamente i fondamenti della fede.
Fra il grande numero di questi "eretici" occulti,
voglio mettere in rilievo solo alcuni attori,
cercando comunque di evitare l'errore di fare
di ogni erba un fascio. Perciò parlerò solamente
di alcuni aspetti dei loro pensieri, che presi per sé,
si rivelano molto critici verso l’atteggiamento
religioso, anche se celati dietro le proclamazioni
di fede di questi pensatori "rivoluzionari".
Come primo citiamo Giambattista Vico (1668 – 1744), un importante pensatore napoletano.
Difende il cristianesimo, ma comprende la storia
come divisa in tre età: quella degli dei, quella
degli eroi e quella degli uomini. Durante l’età degli
dei, periodo primitivo che sarà superato da
quelli successivi, lo spirito dell’uomo nella percezione del mondo si riferisce a cause immaginarie,
i fenomeni vanno interpretati come opere
divine, perché l'uomo non è ancora pervenuto
a conoscerne le cause scientifiche. Vico non
osava trarre da questa idea la logica conseguenza che anche il Dio del Vecchio Testamento
andava collocato in questa visione e ha preferito costruire un sistema contorto per salvare
la dottrina della chiesa cattolica, tuttavia ha
senza dubbio formulato un’idea che fa vacillare
i fondamenti religiosi.
La sua dottrina fu ripresa dal genio polivalente
Robert Jacques Turgot (1721-1781), ministro
della marina francese, poi delle finanze, intendente della Provincia di Limoges, economo,
scrittore e filosofo. Egli afferma che il ruolo del
cristianesimo, oltre che per la salvezza eterna,
sia in rapporto con la difesa del diritto e della
giustizia e con le condizioni di civiltà: un ruolo
utilitario, quindi. Come Vico, anche Turgot interpreta nella storia dell’umanità le figure delle
divinità come espressione di cause immaginarie di tutti quei fenomeni che egli non è ancora
pervenuto a conoscere scientificamente.
Insomma: con la fantasia gli uomini concepirono
il cielo come un gran corpo animato, tra fulmini
e tuoni assegnarono nome al primo dio, e poi
dettero corpo a tutto ciò che svegliava la naturale
curiosità, figlia dell’ignoranza e madre della
scienza. È questa l’età degli dei, dove i primi poeti
teologi "si finsero l'iniziale favola divina". Con
altre parole, pian piano il progresso della scienza
sostituisce gli dei.
Pierre Jean Georges Cabanis (1757-1808) va
oltre nel suo pensiero illuministico e anticipa
approssimativamente le scoperte della moderna
neuroscienza (Ricordo che Immanuel Kant,
alla domanda che cos’è l’Illuminismo risponde:
L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato
di minorità che egli deve imputare a se stesso.
Minorità è l'incapacità di valersi del proprio
intelletto senza la guida di un altro. Imputabile
a se stesso è questa minorità, se la causa di
essa non dipende da difetto d'intelligenza, ma
dalla mancanza di decisione e del coraggio di
far uso del proprio intelletto senza essere
guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio
di servirti della tua propria intelligenza! È questo
il motto dell’Illuminismo.)
Le conclusioni di Cabanis arrivano a sostenere
che il cervello elabora le impressioni ricevute
dai sensi, le trasforma in idee e le ordina nei
giudizi, (un processo simile all’azione dello stomaco nella digestione). Questo vale anche per
i contenuti religiosi.
Al Museo d’Arte di Basilea è esposto un dipinto
di Hans Holbein d.J. con il titolo "Adam und Eva",
dove Eva porge ad Adamo una mela dalla quale
esce un verme. Due sono i significati possibili
di questo simbolo: "attenti, la mela è marcia",
cioè non vi gusterà a causa delle minacce di Dio,
oppure … "questa credenza è bacata"!
Libero Pensiero
11
10 – 11 – 12 — 2014
LA MONOLATRIA DI ERETZ ISRAEL
"Votarono poi allo sterminio,
passando a fil di spada, ogni
essere che era nella città,
dall’uomo alla donna, dal giovane
al vecchio, e perfino il bue,
l’ariete e l’asino" 1
di Gaddo Melani
E'una storia antica di millenni, fatta
di stragi e carneficine, volta alla
conquista di terre e alla maggior
gloria di un dio mai pago di onori e
sangue, un dio che si definisce geloso 4
(e di chi se non degli altri dei?)
all’origine non tanto del monoteismo
quanto di una monolatria.
Lo stesso dio di Deir Yassin 5, di
Qibya 6, del campo profughi di Jenin 7,
di Gaza; il dio di Giosuè e di Davide,
ma anche di Sharon e di Netanyhau.
A sostenere la continuità delle esortazioni di
Jahvè, sempre impegnato al fianco del popolo
eletto, sono i rabbini delle comunità ortodosse
israeliane che si rifanno ai versetti biblici
inneggianti al genocidio dei nemici di Israele
per avallare i crimini di oggi.
Israel Shahak 8 cita innumerevoli esempi di
queste esortazioni rabbiniche al genocidio dei
palestinesi, come i seguenti versetti diffusi fra
i militari per giustificare il massacro di Qibya:
"E dunque ucciderai tutti i maschi tra i bambini
e tutte le donne che hanno conosciuto l’uomo
per essersi giaciute con lui" 9. Dopo la guerra
del 1973 il rabbino capo del Comando, colonnello A. Avidan, scrive in un opuscolo che
quando i militari nel corso di un’azione bellica
incontrano dei civili e non sanno se hanno o
meno intenzioni ostili "… è permesso e persino
doveroso ucciderli, come stabilisce l’Halakhah 10
che autorizza ed esorta a uccidere tutti i ‘buoni'
civili cioè quei civili che danno l’impressione
di essere buoni".
Le citazioni potrebbero proseguire a lungo. Il
rabbino Yitzhak Shapiro, nel libro "Torah del Re",
scrive che è lecito uccidere i non ebrei anche
bambini e neonati se costituiscono una minaccia
anche potenziale per ebrei o per Israele .11 Il
rabbino Mordechai Elyau, uno dei principali
rabbini di Israele, nella precedente offensiva
contro Gaza, esortò l’esercito a uccidere
anche i neonati e i bambini per salvare la vita
ai soldati israeliani 12. Ricordiamo ancora come
nel 2006 il Consiglio rabbinico degli insediamenti ebraici in Cisgiordania esortò l’esercito
a ignorare la morale cristiana e a sterminare
il nemico in Libano e Gaza 13.
: "Va dunque e colpisci Amalek e vota "Attraversate la città dietro di lui
allo sterminio quanto gli
e colpite, il vostro occhio non
appartiene, non lasciarti prendere abbia compassione e siate senza
da compassione per lui, ma uccidi
pietà. Uccidete sino allo sterminio
uomini e donne, bambini e lattanti,
vecchi, giovani, vergini e bambini
buoi e pecore, cammelli e asini" 2
e donne…." 3
I valori della vita
Non si può capire la politica israeliana se non
si tiene presente l’ideologia giudaica che
permea il paese con la persistente nozione di
popolo eletto, che non riguarda solo i religiosi
(si veda la nota 4) e che, concretamente,
rende loro lecito quanto agli altri è proibito.
Per molti rabbini ortodossi del Partito Nazional
Religioso (già al governo con Netanyahu) le
convenzioni internazionali incriminanti l’uccisione deliberata dei civili, che rappresentano
la "morale cristiana", non sono vincolanti per
gli ebrei. Il termine "essere umano", secondo
la loro lettura della Bibbia, si riferisce ai soli
ebrei. Così vanno letti i comandamenti "non
uccidere" o "non desiderare la donna o la roba
altrui", come divieti all’interno della sola comunità ebraica
D’altronde non fosse così non si potrebbero
conciliare gli inviti divini a stragi e genocidi
con questi comandamenti. Nello stesso modo
si spiega "ama il prossimo tuo come te stesso"
là dove per prossimo si intende l’ebreo.
Altrimenti si avrebbe un dio schizofrenico che
da una parte detta le tavole a Mosè e dall’altra
impone stragi ed eccidi.
Racconta Shahak di essere stato presente al
rifiuto di un ebreo ortodosso, per non rompere
la festività del sabato, di telefonare per chiamare un’autoambulanza per soccorrere un
non ebreo che aveva avuto un collasso.
Ebbene, il tribunale rabbinico di Gerusalemme,
al quale Shahak si era rivolto, stabilì che
l’ebreo in questione si era comportato secondo
i dettami della fede. Annota Shahak come né
le autorità rabbiniche israeliane né quelle
della diaspora hanno mai smentito il principio
secondo cui gli ebrei non possono violare la
Shabbat per salvare la vita di un gentile.
Molto chiari in proposito sono i "Responsa" del
rabbino Eli’ezer Yahuda Waldenberg (all’epoca
presidente dell’Alta Corte rabbinica di Gerusalemme). Ecco un passo: "…secondo quanto
stabilito dal Talmud e nei codici della legge
ebraica, è vietato dissacrare lo Shabbat sia
violando la legge biblica che quella rabbinica,
per salvare la vita a un gentile in gravi condizioni. E altresì vietato, durante lo Shabbat, aiutare
le donne gentili a partorire".
E'importante sottolineare come i membri delle
corti rabbiniche siano di nomina statale e che
a queste corti lo Stato delega importanti e
fondamentali ruoli legislativi. Ad esempio
hanno il monopolio in fatto di matrimoni e
divorzi. I matrimoni, sono consentiti fra i
soli ebrei e solo in forma religiosa. In tal modo
il moderno Stato di Israele fa proprie le rigide
norme bibliche con un identico fine: salvaguardare l’omogeneità etnica e religiosa da
ogni contaminazione che ne leda la purezza.
Non ebrei, coppie miste o atee possono
sposarsi civilmente all’estero per poi farsi
registrare in Israele.
Una simbiosi criminale
L’ottusità religiosa condiziona fino ai limiti
dell’assurdità la realtà israeliana. Agli inizi degli
Anni '70, il segno internazionale dell’operazione
aritmetica di addizione , considerato troppo
simile alla croce, fu cancellato da tutti i libri di
testo delle scuole elementari di Israele e sostituito con una specie di 'T' maiuscola rovesciata.
Annota Shahak: "Se una cosa del genere fosse
stata ordinata da Gheddafi o Khomeini, tutto
il mondo ne sarebbe stato informato immediatamente in forma drammatica!"
L’influenza dei religiosi è crescente e i loro
insegnamenti trovano sempre più ampi spazi.
Osserva ancora Shahak come vecchi testi
talmudici vengono ristampati in edizioni economiche e diffusi nelle scuole. Ai ragazzi si
insegnano così "passi come quello che prescrive
a tutti gli ebrei di recitare una preghiera di
benedizioni quando passano davanti a un cimitero ebraico e, invece, di recitare una preghiera di maledizione alle madri dei morti se
si tratta di un cimitero non-ebraico".
Oppure come questi versetti di una preghiera,
composta per i bambini del partito Shass
(ultra–ortodosso, già al governo) per la festa
del Simchat Torah, in cui si legge: "Un giorno di
perdono per gli ebrei, un giorno di lapidazione
per gli arabi / un giorno di soccorso per gli
ebrei, un giorno di terrore per gli arabi".
Razzismo religioso, proprio delle principali religioni monoteiste, a riprova, per dirla con Leo
Zen 14 che il problema non risiede in quella o quell’altra fede, ma nella religione in quanto tale.
La politica israeliana, tanto quella nei confronti
dei palestinesi e del resto del mondo, quanto
12
ASLP – Ti
quella interna, è il prodotto della simbiosi
venuta a crearsi fra l’ortodossia giudaica e le
componenti nazionaliste e colonialiste del
sionismo storico. Una politica, che non fa onore
al popolo ebraico, né alla sua grande cultura,
né alla sua storia.
3 Ezechiele capitolo 9, la punizione di Gerusalemme.
4 Deuteronomio 9
5 Uno degli autori della strage, del 1948 – il
numero dei morti non è mai stato stabilito,
secondo le varie fonti si va da 110 a 250- Menachem Begin, futuro premier, ebbe a dichiarare: "Come a Deir Yassin noi attaccheremo il
nemico ovunque si trovi. Dio, tu ci hai scelto
per la conquista".
6 Nel 1953, soldati israeliani, al comando di Ariel
Sharon, uccidono una settantina di civili arabi
bruciandoli vivi nelle loro abitazioni.
7 L’eccidio risale al 2002. Si parla di circa 500
vittime, in gran parte civili, sepolte in fosse
comuni scavate con i buldzoer.
8 Israel Shahak (1933-2001), ebreo polacco,
ex-deportato a Bergen Belsen, professore
1 Giosuè 16-27 La presa di Gerico. Ma non sono
certo da distruggere le ricchezze. In effetti il
versetto così prosegue: "Tutto l’argento, l’oro e
gli oggetti di rame e di ferro sono cosa sacra al
Signore, devono essere nel tesoro del Signore".
2 Samuele, 15:7-8. A volte è meno crudele. Come
punizione per avere rubato l’Arca dell’Alleanza,
"il Signore colpì gli uomini della città, piccoli
e grandi, e un flagello di emorroidi scoppiò in
mezzo a loro" Samuele, 5:6-9
universitario, fondatore e a lungo presidente
della Lega israeliana per i diritti umani. Fra i
più impegnati e noti critici del sionismo e della teocrazia israeliana, è autore di numerosi
saggi. Fra questi Storia ebraica e giudaismo. Il
peso di tre millenni, Centro librario Sodalitium,
1997, dal quale abbiamo ricavato le citazioni
presenti in questo articolo, non altrimenti attribuite.
9 Numeri 31: 13-20, versetto 17
10 Raccolta delle norme che regolano l’osservanza
delle leggi ebraiche
11 Tratto dal sito Livelook che rimanda al sito Internet del quotidiano israeliano Haaretz
12 Ibidem
13 Ibidem
14 Leo Zen, Il falso Jahvè, ed. Clinamen
IL VASO SCOPERCHIATO
DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO
di Manuel Bergamelli
oggigiorno), il verbo del fanatismo può dilagare
ogni giorno in Iraq e in Siria, la Turchia ha assistito
liberamente sulla rete, catturare i curiosi,
negli ultimi anni all’ascesa di Erdogan e al grasedurre l’adolescente alla ricerca di avventura duale smantellamento dello stato secolare
imposto da Kemal Atatürk. La democrazia mitiQualunque sarà il suo epilogo, lo stato e di ribellione. Una civiltà distratta è condannata a smarrire la propria identità, a svanire
ga l’arbitrio del potere, ma non può prevenirne
islamico dell’Iraq e del Levante
nella commemorazione di se stessa. Spesso
l’abuso. Senza una vigilanza dinamica, attenta
(ISIS) dell’autoproclamato “califfo”
dimentichiamo che i nostri valori fondanti
e spassionata sul complesso intreccio che regge
al-Baghdadi ha segnato un punto di
svolta nella riflessione sul problema – libertà, laicità, tolleranza, ecc. – sono il risultato la nostra civiltà, rischiamo di cedere sempre
di precise condizioni sociali e culturali, che
più spazio alla risacca dell’integralismo.
islamico. Non tanto per la novità,
quanto per l’ampiezza di una minaccia andrebbero preservate in un’ottica di condivisa
sensibilità storica, al di sopra cioè di ogni
che, dopo l’11 settembre 2001 e gli
attentati alle metropolitane di Londra contingenza politica o elettorale. La promozione di un’istruzione pubblica e di qualità,
e di Madrid, è stata parzialmente
l’incentivazione del sapere umanistico e scienaccantonata.
tifico, la lotta alla miseria (ma anche politiche
Fino a poco tempo fa ha prevalso la tentazione
di accoglienza più selettive e mirate all’effettiva
di declassare l’estremismo islamico a qualche
volontà di integrazione), fungono da argine
sparuta cellula di al Qaida e a frange di fanatici
contro quei focolai di ignoranza e di degrado
stanziate nei territori mediorientali o africani
che rappresentano la fucina del fanatismo,
(come Boko Haram in Nigeria). L’ISIS – culmine religioso e non solo.
plateale di altre preoccupanti episodi (come
Proprio l’illusione che il nostro modello potesse
la guerra civile in Mali) – prova invece che il
reggersi senza prerequisiti, e dunque fosse
jihadismo è vivace, riscuote appoggi tra la popo- esportabile senza contraccolpi, ha prodotto
lazione locale, ed è in grado di dotarsi di un
le catastrofi annunciate in Nordafrica e
esercito ben armato e addestrato. Cosa ancor
Medioriente. L’Europa e gli Stati Uniti hanno
più sbalorditiva, l’ISIS arruola incessantemente
creduto, con ingenuità quasi infantile, che le
giovani provenienti da tutta Europa, non solo
“primavere” arabe potessero avvicinare i loro
figli di immigrati ma anche autoctoni convertiti
popoli all’Occidente. Se non che, dopo la destida poco all’Islam, impazienti di morire nei
tuzione di Mubarak, le elezioni hanno conteatri di conflitto agli ordini di aguzzini che
segnato l’Egitto alla Fratellanza musulmana;
non parlano neppure la loro lingua.
appurato l’inghippo, non è rimasta altra via se
Si tratta certamente di un’esigua minoranza
non quella di restaurare la dittatura militare.
(quantunque agguerritissima), composta in
In Siria, il sostegno incondizionato ai ribelli ha
buona percentuale da individui psicolabili che
gettato il Paese nel caos, favorendo la nascita
cercano attraverso il Corano di elevare una
e il momentaneo trionfo dell’ISIS (anche grazie
violenza latente e inconfessata ad una dimenalla precedente caduta del regime brutale,
sione religiosa, dunque assolutoria. Non
ma pur sempre laico, di Saddam Hussein).
sbaglia tuttavia chi coglie in questo fenomeno
Ora, persino l’esecrato “dittatore” Assad si acuna breccia generazionale. Con la progressiva
cinge a diventare un improbabile interlocutore
scomparsa di solidi mediatori culturali (i “valori
dell’Occidente nella battaglia al terrore.
"Jihadi John", presunto assassino dei giornalisti
americani James foley e steven joel sotcloff.
irrinunciabili”, che suonano così antiquati
Pur senza il clamore dei massacri perpetuati
Libero Pensiero
13
10 – 11 – 12 — 2014
QUALCHE RIFLESSIONE
SUL LIBERO PENSIERO
Raffaello Sanzio, La scuola di Atene (particolare).
I due personaggi (storici, non mitologici) rappresentano il modo di procedere del libero pensiero: usare la mente applicando principi logici (il mondo
delle idee che ci indica Paltone) ma ancorarla nell’esperienza concreta (come suggerisce il palmo della mano di Aristotele). Nessuno dei due modi di
indagine è perfetto, vanno utilizzati entrambi in interazione reciproca.
di Giovanni Ruggia
Nel LP 04-05-06-2014 barb@nar si
chiedeva se la triade repubblicana
"liberté- égalité-fraternité" potesse
funzionare nella realtà quotidiana.
L’autore argomentava che ognuna
può dare origine a esiti non voluti se
la si porta all’estremo e provava a
ridefinirne i termini come autonomia–
dignità–solidarietà.
Credo che il problema non stia nella definizione
dei termini, ma nel valore assoluto che si
tende a dar loro. Libero pensiero è l’arte di amalgamare diversi valori, tutti importanti, che
vanno soppesati e messi in relazione caso per
caso utilizzando la ragione umana, coscienti
dei suoi limiti: È un continuo lavoro di equilibrio
tra esigenze contrapposte: autonomia e uguaglianza, libertà personale e interesse generale, mai definitivo. Forse per questa ragione
i padri dell'illuminismo ne hanno fatto una
triade di valori che devono stare in equilibrio
tra loro. Tra l’altro non vi siete mai chiesti
perché non si sente parlare di madri dell'illuminismo: i diritti umani sono forse cose per soli
maschi, bianchi e privilegiati? Vedremo di
dare una sbirciatina anche a questa questione
da un’angolatura inusuale.
Scendiamo subito nel concreto, nelle questioni
politiche dei diritti umani; della libertà di
pensiero; della parità di genere, classe, razza;
della laicità dello stato.
Cominciamo da lontano con un po'di storia
antica dei diritti umani.
Si identifica spesso l'Occidente con la democrazia
(Antica Grecia) e l'Oriente con la dittatura
(imperi autocratici). Ma la realtà non è così
semplice, l'Impero Sassanide, e prima di lui
quello Achemenide, erano multietnici e vi
erano presenti la libertà di commercio, la sicurezza, la libertà religiosa; la condizione
femminile era migliore che nell'Antica Grecia,
le donne godevano del diritto alla proprietà
privata e di indipendenza, ed esercitavano
importanti ruoli politici come sacerdotesse e
attraverso le relazioni familiari. In Grecia invece,
e poi nel diritto romano, le donne non avevano
il controllo del loro beni, dipendevano dal
genitore, dal marito o, se nubili o vedove, da
un tutore che doveva apporre la propria
autorizzazione anche per le disposizioni testamentarie. Inoltre le donne non avevano mai
eredi propri, nemmeno i loro stessi figli, in
quanto non possedevano la patria potestas
(i figli sono del padre e dal padre ereditano).
Questa situazione, tra l'altro, ha contribuito
14
ASLP – Ti
alla diffusione e al consolidamento del cristianesimo. I vescovi delle prime chiese cristiane,
puntando sulle conversioni di donne, assicuravano una bella fonte di reddito alla chiesa;
quali tutori di vergini e vedove controllavano
importanti ricchezze. La frase "Date a Cesare
quel che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio"
può essere letta in quest'ottica: quel che va
alla chiesa si libera del controllo pubblico.
Si cita spesso questa frase di Gesù Cristo per
coloniali non dicevano siamo autorizzate dalla
legge, ma siamo autorizzate dalla natura o
da Dio. Inoltre i diritti umani hanno sempre
bisogno di garanzie concrete, giuridiche,
politiche ed economiche, affinché siano davvero
fruiti e agiti da tutti. Infine assumere che i
diritti umani siano frutto di un'opera umana
significa ammettere che siano strumenti
imperfetti, frutto di conflitti e negoziazioni tra
parti con interessi e valori differenti. Ciò non
significa sminuirne la portata e l’importanza,
ma vuol dire, costatandone la fragilità e l’incompiutezza, ideare modi efficaci per garantirli
e migliorarli. I diritti umani sono un prodotto
della storia, sono un processo tuttora in corso.
Non sono ancora universali: potranno diventare di tutti se tutti contribuiscono a idearli,
interpretarli e farli propri. Ma il pluralismo
capace di produrre diritti universali non è quello
dei rappresentanti di ogni nazione, etnia o
religione. È quello che rappresenta le diverse
il
Libero pensiero
è l’arte
di amalgamare
diversi...valori
argomentare che la religione cristiana contenesse già "in nuce" la moderna concezione
della separazione stato – chiesa. Ora, ciò è contraddetto dalla storia. Il primo obiettivo dei
papi è stato proprio quello di conquistare il
controllo dello stato e ci sono riusciti da Costantino in poi. Da allora lo stato non si è più
liberato dalla tutela della Chiesa fino alla rivoluzione liberale. Inoltre il detto si rivela un
comoda riserva mentale a disposizione delle
cerchie religiose fondamentaliste per negare
lealtà alla società civile e anzi combatterla,
anche con l'intimidazione e la violenza, abusando ipocritamente delle leggi dello stato.
La maggior parte dei documenti che sanciscono
i diritti dell’uomo danno per scontato che gli
esseri umani nascano con dei diritti – «tutti gli
uomini nascono liberi e uguali» – e che il
diritto positivo debba solo riconoscere questo
stato di cose. Secondo questa concezione
i diritti umani si fondano sul diritto naturale.
Sembrerebbe una buona idea affermare che
l’esistenza dei diritti umani non dipende da un
legislatore e che gli uomini rimangono titolari
di diritti anche quando un despota cattivo lo nega.
Il diritto naturale però è un concetto molto
scivoloso e può essere controproducente. Non
è invocato solo dai "buoni" che intendono
proteggere libertà e uguaglianza di tutti.
Anche i nazisti credevano nel "naturale diritto"
della razza superiore di sottomettere tutte
le altre. I coloni consideravano diritto naturale
conquistare nuovi territori sfruttando e schiavizzando i popoli che vi abitavano. Le potenze
...
che vanno
soppesati e messi
in relazione
caso per
... caso
posizioni all’interno di ogni paese e di ciascuna
confessione. "Tutti" comprende anche i dissidenti, gli emarginati, gli eterodossi e gli scettici.
Alcuni studiosi distinguono due aspetti complementari e di vasta portata del sentimento
comune nell'orientare il comportamento nei
confronti degli altri: la giustizia e la premura. Il
primo procede da una concezione più filosofica della giustizia, una concezione dell'etica
impersonale, insensibile. Il secondo da una
concezione relazionale, più proattiva, derivata
dall' esperienza interpersonale di legami naturali e approfondimento delle relazioni. Allora
potremmo porre le rivendicazioni di "liberté"
ed "egalité" nel primo campo, e la "fraternité",
fattore mitigante, nel secondo.
Alcuni approcci femministi ritengono che le
donne sono di natura più portate alla premura,
mentre i maschi preferiscono discutere impersonalmente di giustizia, e portano a esemplificazione due figure bibliche. Da un lato Abramo,
disposto a sacrificare il proprio unico figlio per
fedeltà e cieca obbedienza al proprio dio,
dall'altro la donna del giudizio di Salomone, che,
pur di salvare la vita a suo figlio, è disposta a
rinunciare al diritto di maternità. Personificazioni del contrasto tra lettera e spirito delle leggi.
Gli studi sperimentali eseguiti, tuttavia, non
danno risposte convincenti. Le differenze sessuali riscontrate sarebbero piuttosto dovute
a cause sociali: l' espressione morale della
premura nelle donne, in alternativa all'esprimere giudizi, sarebbe funzione del loro ruolo
subordinato nelle società, e ciò sembra proprio
rivelarsi il caso anche per altre categorie
minoritarie o subordinate. Chissà che non ci
sia un insegnamento in ciò: noi liberi pensatori
probabilmente non diventeremo mai maggioritari, le verità rivelate sono molto più comode.
Per promuovere il nostro stile di vita non
...
utilizzando
la ragione
umana,
coscienti dei
suoi .limiti
dovremmo limitarci solo ai temi politici dei diritti
umani, della laicità dello stato, dell'anticlericalismo. La promozione del libero pensiero non
la si può fare solo con le leggi dello stato, non
si liberano le persone dai condizionamenti religiosi criticandole, non è possibile obbligare
le persone a pensare liberamente.
Proviamo a essere più proattivi, proponiamoci
come esempi positivi, puntando anche su aspetti
sociali e culturali della ricerca della felicità.
Libero pensiero non significa pensieri in libertà
senza controllo. Il libero pensatore si sente
libero di accedere a territori intellettuali dove
nessuno è mai stato o dove altri ti dicono di
non mettere piede, libero di esplorare le conseguenze di ogni proposizione, ma si basa sulla
razionalità e i fatti verificati. Il libero pensatore
non si limita all'attività intellettuale, sa che il
nostro cervello è parte del nostro corpo, che la
nostra mente non è qualcosa di trascendente.
Il libero pensatore non disprezza il corpo, perché
sa che senza corpo, niente mente. Ascolta i
segni che gli invia il proprio corpo, sa interpretare le emozioni e le sensazioni che le proprie
azioni e le reazioni degli altri provocano su di lui,
apprezza la bellezza della natura, delle opere
artistiche, letterarie, musicali ecc., apprezza il
piacere e il benessere dell'attività fisica, del
lavoro ben fatto, del sesso, dell'amore… .
Libero Pensiero
15
10 – 11 – 12 — 2014
Articolo apparso su
La Regione, rubrica
"il dibattito", giovedì
7 agosto 2014
Diritti dell’uomo:
tra storia, presente
e futuro
di matteo quadranti, deputato plr
L’Encyclepédie di Diedorot e d’Alembert
definisce una “Nazione” come: “Una
quantità considerevole di popolo, che
abita una certa estensione del Paese,
racchiusa entro determinati confini, e
che obbedisce al medesimo governo”.
La concezione illuministica della nazione non fa parola circa la storia, la
cultura, la lingua, la religione quali elementi costitutivi di una nazione: non si
accenna a ”identità” o “comunità”. Gli
enciclopedisti sostenevano l’universalismo; una società intesa come somma di
cittadini, non come organismo vivente;
un’autorità fondata sulla democrazia e
la laicità piuttosto che su un dio o un’aristocrazia ereditaria; un individuo autonomo e maturo definito per ciò che
lo unisce agli esseri umani, non come
individuo separato dagli altri. Anche
per questo i Lumi hanno generato critiche da 200 anni a questa parte, inclusi
gli anti-Lumi quali sono il fondamentalismo islamico ma anche i movimenti
nazional-populisti europei e nostrani.
Negli ultimi decenni è emerso che i
Lumi furono il tentativo di costruire
un nuovo umanesimo dei moderni,
una straordinaria rivoluzione culturale destinata a condizionare ancora
il nostro presente. Con la Rivoluzione
francese e il Terrore, il progetto illuminista di difendere l’uomo s’interruppe
e la storia europea prese un’altra strada
dacché emersero poi i nazionalismi di
cui sappiamo. Ma perché l’Illuminismo
ha scoperto e puntato tutto sui diritti
dell’uomo? La risposta risiede nei qua-
si 200 anni (dal ‘500 al ‘700) di guerre
religiose e civili che coinvolsero, con i
suoi orrori, milioni di persone in Europa. Guerre tra protestanti e cattolici che
spaccarono la cristianità e la sua idea
di una Verità unitaria, fecero nascere
odi inestinguibili, incrementarono il
numero degli scettici e soprattutto misero in crisi l’idea dominante secondo
la quale non c`è né comunità umana né
civiltà possibile senza religione. Infatti,
lungi dal frenare o limitare la volontà di
potenza e lo spirito assassino dell’uomo,
Dio era infatti divenuto – e lo è tuttora – l’incredibile pretesto per uccidersi,
senza pietà: allora, tra cristiani, e ancora oggi tra mussulmani, nonché tra
cristiani e mussulmani, mussulmani ed
ebrei,… Lo ammisero e compresero i
padri del moderno diritto naturale volto a creare una nuova scienza morale
dei doveri dell’uomo slegata da religioni
che mettevano e mettono tutti contro
tutti. Si andò verso la scoperta dell’idea
morale dei diritti dell’uomo come possibile freno e limite all’istinto di potenza, conquista, avidità e crudeltà dell’uomo. Fu sul fallimento della cristianità
in fiamme, che minacciava di travolgere la stessa esistenza dell’individuo, che
nacquero quindi l’Illuminismo e il suo
linguaggio politico dei diritti. Si inizio
dal diritto naturale alla vita di Hobbes,
alla libertà religiosa con Barbeyrac, e si
finì con il diritto alla ricerca della felicità di Burlamaqui, affidandosi all’opera
dell’uomo ragionevole, non alla divina
provvidenza. La creazione di una nuova
morale razionale e universale basata sui
diritti, l’educazione all’umanità non più
legata al nesso morale-religione quale
principio fondatore della convivenza
civile, divennero i veri obiettivi. Si fece
largo con Voltaire, Rousseau, Filangeri
l’idea di una “religione naturale” comune a tutti i popoli pensata per migliorare
l’esistenza degli individui e il rispetto
dei loro diritti, nonché le prime indagini sulla religione come esperienza e
bisogno esistenziale dell’uomo di lenire
le sofferenze e le angosce. La riscoperta
dei diritti dell’uomo è avvenuta dopo
la Seconda guerra mondiale, dopo la
Shoah e ciò conferma la loro necessità
a combattere la volontà di potenza di taluni. Purtroppo la lezione non è appresa.
Lo constatiamo giornalmente. Ancora
oggi vi è enorme difficoltà ad accettare
la natura universalistica e cosmopolita legata all’idea di dignità dell’uomo.
Mentre nessuno osa dubitare del carattere universalistico della scienza o
del mercato, ciò non vale per i Diritti
dell’uomo. E ciò benché siano tutti figli
di quel mondo. I diritti dell’uomo fanno paura e la fanno a quei poteri a cui
danno fastidio l’autonomia, le libertà e i
diritti fondamentali dell’uomo. I poteri
cambiano, assumono nuove e svariate
forme, prediligono l’ignoranza all’educazione. Da qui la necessità di restare vigili, rinnovare e adattare costantemente
il dibattito sui diritti dell’uomo. Guai a
prescinderne, peggio a dimenticarsene.
Puntiamo ovunque su un individuo
fabbro del proprio destino di progresso.
LE PAGINE
OSCUR(AT)E
DELLE SACRE
SCRITTURE
"Quando incontrate gli infedeli,
uccideteli con
grande spargimento di sangue
e stringete forte
le catene dei
prigionieri"
(Sura 47:4)
Quando Israele
ebbe finito di uccidere tutti gli
abitanti di Ai
nella campagna,
nel deserto dove
quelli l'avevano
inseguito, e tutti
furono caduti
sotto i colpi della
Anno VI – N. 22
(nuova serie)
Ottobre – Novembre – Dicembre
— 2014
ISSN 0256-8977
Edizione ASLP-Ti
Casella Postale 122
CH–6987 Caslano
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Industria grafica e cartotecnica
Zona industriale 2
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impaginazione
Antonio Bertossi
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Bollettino Libero Pensiero,
6987 Caslano
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Redazione Libero Pensiero,
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Prossima chiusura redazionale
30 novembre 2014
Chi è Libero Pensatore?
L’impegno e l’azione del Libero
Pensiero conseguono ad una
scelta di vita fondata sui principi
della libertà, dell’uguaglianza e
della solidarietà che prescinde
da ogni aspettativa di ricompense
ultraterrene.
Il libero pensatore può essere
ateo, agnostico, panteista o
persino credente in una entità
superiore indefinita, ma non
contemporaneamente fautore
di una confessione religiosa.
L’adesione all’Associazione Svizzera dei Liberi Pensatori non
è compatibile con l’appartenenza
ad una qualsiasi comunità
religiosa.
Nel rispet to
di un
a
to
ta
le liber tà
d’espressio
ne la redaz
ione precisa
che gli ar ti
co
responsabi li sono sotto la
lità dei sing
oli autori.
Libero Pensiero
Periodico
dell’Associazione Svizzera
dei Liberi Pensatori
Sezione Ticino
spada finché non
ne rimasero più,
tutto Israele
tornò verso Ai
e la mise a fil di
spada.
(Giosuè 8:24)
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LP 10-12 - Libero Pensiero