a cura del Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie Anno XII / N. 3 - Luglio-Settembre 2008 Presentazione del XII Congresso Regionale dell’Area delle Cure Primarie Vladimir Kosic, Assessore regionale alla Salute e alla Protezione Sociale Il Segretario Regionale S.M.I. Sindacato Medici Italiani Marina Mazzero, Segretario Regionale S.M.I. Concordanza e aderenza nell’assunzione dei farmaci: come coinvolgere gli adulti e i caregivers nelle decisioni sulle medicine prescritte - Linee-guida N.I.C.E. 2008 Adattamento a cura di Doriano Battigelli, MMG - Ceformed Diabete tipo 2, la Formazione Continua... (gli esami non finiscono mai) Luigi Canciani - MMG Direttore Scientifico Ceformed Giuseppe Felace - Presidente Regionale AMD Fabio Samani - MMG Comitato Esecutivo Ceformed In riferimento all’articolo su “Liste d’attesa e priorità cliniche regionali a confronto: la cardiologia” del numero precedente, riceviamo e pubblichiamo questo importante contributo Valentino Moretti, Resp. Dip. di Medicina dell’Osp. di Rete per Acuti di San Daniele del Friuli (UD) Problemi di assistenza socio sanitaria Giuseppe Latella, Comitato Esecutivo Ceformed La continuità assistenziale: tra l’efficienza e l’efficacia a cura del Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie Anno XII / N. 3 - Luglio-Settembre 2008 Direttore Responsabile Doriano Battigelli Coordinatore Redazionale Marina Tutta Gruppo Redazionale L. Canciani, G. Latella, G. Lucchini, F. Samani, G. Simon, R. Vallini, D. Venier Stampa e grafica Stella Arti Grafiche - Trieste Stampato su carta riciclata Iscrizione al Tribunale di Trieste n. 976 del 13.01.1998 Via Galvani n. 1 - 34074 Monfalcone - tel. e fax 0481 487578 E-mail: [email protected] http://www.ceformed.it Ehab Abou-Heif, MMG Ceformed Corso di formazione per tutors della pediatria di libera scelta Daniele Venier, PLS Comitato Esecutivo Ceformed REPORT del Congresso Regionale dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI) sul tema: “Migliorare la qualità nella cura del paziente: sinergia tra odontoiatria privata e pubblica”. Gorizia, 9 e 10 maggio 2008 Eventi Ceformed 3 4 Presentazione del XII Congresso Regionale dell’Area delle Cure Primarie Vladimir Kosic, Assessore regionale alla Salute e alla Protezione Sociale Il Segretario Regionale S.M.I. Sindacato Medici Italiani Marina Mazzero, Segretario Regionale S.M.I. Concordanza e aderenza nell’assunzione dei farmaci: come coinvolgere gli adulti e i caregivers nelle decisioni sulle medicine prescritte - Linee-guida N.I.C.E. 2008 5 Adattamento a cura di Doriano Battigelli, MMG - Ceformed Diabete tipo 2, la Formazione Continua... (gli esami non finiscono mai) 10 Luigi Canciani - MMG Direttore Scientifico Ceformed Giuseppe Felace - Presidente Regionale AMD Fabio Samani - MMG Comitato Esecutivo Ceformed In riferimento all’articolo su “Liste d’attesa e priorità cliniche regionali a confronto: la cardiologia” del numero precedente, riceviamo e pubblichiamo questo importante contributo 12 13 Valentino Moretti, Resp. Dip. di Medicina dell’Osp. di Rete per Acuti di San Daniele del Friuli (UD) Problemi di assistenza socio sanitaria Giuseppe Latella, Comitato Esecutivo Ceformed La continuità assistenziale: tra l’efficienza e l’efficacia Ehab Abou-Heif, MMG Ceformed Corso di formazione per tutors della pediatria di libera scelta 18 19 Daniele Venier, PLS Comitato Esecutivo Ceformed REPORT del Congresso Regionale dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI) sul tema: “Migliorare la qualità nella cura del paziente: sinergia tra odontoiatria privata e pubblica”. Gorizia, 9 e 10 maggio 2008 Eventi Ceformed 2 19 22 Presentazione del XII Congresso Regionale dell’Area delle Cure Primarie Grado 24 e 25 settembre 2008 Il farmaco è una risorsa importante, sia da un punto di vista tecnico-scientifico, sia sul piano sociale ed economico. Come ogni bene che riguardi la salute, interessa quindi l’intera collettività. Un suo uso appropriato può significare infatti un enorme guadagno, proprio in termini di salute. Al giorno d’oggi sono disponibili innumerevoli opzioni terapeutiche farmacologiche. Peraltro, la notevole variabilità dei costi tra prodotto e prodotto, le evidenze non sempre univoche, la tollerabilità non uniforme, l’efficacia clinica diversa da principio attivo a principio attivo, sono fattori che rendono la scelta, per ogni singolo paziente, non sempre agevole. intervento Inoltre, l’introduzione sul mercato di prodotti “generici” a costo talora decisamente inferiore agli analoghi “di marca” ha portato il tema della bioequivalenza in primo piano nel dibattito culturale. Il farmaco è dunque un bene prezioso: è uno strumento di cura ma anche una possibile fonte di problemi. Conoscerne non soltanto indicazioni e modalità d’uso, ma anche controindicazioni, interazioni, possibili rischi è un dovere etico prima ancora che scientifico. In particolare per alcune categorie di pazienti, per le quali è richiesta ulteriore cautela: anziani, bambini, donne in gravidanza o in allattamento, persone in politrattamento. Così come cautela richiedono da un lato l’ “autogestione farmacologica”, resa possibile dall’acquisto di prodotti da banco senza obbligo di prescrizione, dall’altro l’utilizzo “off label”, con tutte le conseguenti ricadute sul piano medico-legale. Contribuire inoltre allo sviluppo delle conoscenze sull’uso del farmaco, con la ricerca ma anche con la farmacosorveglianza, è una sfida stimolante per le professioni sanitarie. Ma come è possibile conciliare le esigenze di bilancio con le evidenze scientifiche? È forse possibile valutare l’appropriatezza senza considerare il contesto clinico, ovvero senza tener conto di una diagnosi o di un target terapeutico atteso? È possibile definire obiettivi clinici e di salute sostenibili con le risorse a disposizione e misurare i risultati delle scelte terapeutiche in termini di processo e di esito, non soltanto di costo? Quali strumenti di conoscenza e di supporto alla decisione sono disponibili oggi, nella nostra regione? Sono domande alle quali il tradizionale congresso regionale, per la prima volta dedicato a tutto il settore delle Cure Primarie, vuole trovare le risposte e le indicazioni più opportune. Perchè la salute dei cittadini si gioca anche grazie ad un uso dei farmaci consapevole e responsabile. Vladimir Kosic Assessore Regionale alla Salute e Protezione Sociale Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia 3 Il Segretario Regionale S.M.I. Sindacato Medici Italiani Marina Mazzero s.m.i. Cari Colleghe e Colleghi, credo che mai come in questo momento la Sanità Pubblica ed i Medici, principali attori di questo sistema, stiano vivendo un momento di transito tra passato e futuro, tra forme organizzative che si vorrebbero cambiare e scarsità di fondi per farlo, tra cambiamenti tecnologici a cui ci si deve adeguare e la fatica di farlo, nell’ambito dei profondi mutamenti sociali che sta vivendo il nostro paese. Dalla analisi di questa situazione nasce a nostro parere la necessità di una sigla che unisca tutti i Medici del Sistema sanitario Pubblico: Dirigenti Medici, Medici di Medicina Generale ( di Assistenza primaria, Continuità Assistenziale, Emergenza Territoriale ). E’ nostra profonda convinzione che un vero cambiamento che porti i Medici a riappropriarsi della propria autorevolezza non possa avvenire se non con la sinergia di tutti gli attori del Sistema Pubblico. In quanto tale il Sindacato Medici Italiani è molto onorato di avere quali interlocutori i qualificati lettori di questo che è l’organo di un Centro di Formazione Regionale, perché riteniamo che ogni vero cambiamento passi attraverso la preparazione e l’innovazione che hanno come sede naturale i Centri Studi Regionali. Lo SMI si definisce da sempre il Sindacato che lavora per la qualità del lavoro svolto dai Medici per i loro Pazienti ma anche della qualità del modo di lavorare, riteniamo infatti che per svolgere un buon servizio per i cittadini in primis il Medico debba essere nelle condizioni di potere lavorare con serenità, soddisfazione professionale ed adeguata gratificazione economica. Condizione di partenza irrinunciabile per attuare i cambiamenti è che ci sia un sistema di Rete e collegamento regionale aperto a tutti i Medici della Medicina Generale che ne facciano richiesta che può permettere di lavorare meglio in tutte le zone della Regione e può essere strumento prezioso di studio epidemiologico e programmazione. Per quanto riguarda l’Assistenza Primaria da sempre lo SMI è a favore della organizzazione del lavoro con modalità diverse che permettano migliore qualità dell’offerta non solamente nel senso di fruibilità oraria e di sportello, che non riteniamo essere le uniche esigenze reali dei pazienti, ma piuttosto della presa in carico globale della salute, con riguardo particolare alla prevenzione e alla diffusione di stili di vita sani. Questi solamente sono in grado di modificare lo stato di salute psicofisico del paziente per il meglio e di mantenerlo buono nel tempo. Rivolgiamo particolare attenzione alla modalità del lavoro che è e deve essere necessariamente diversa nelle varie realtà orografiche della nostra piccola ma variegata Regione e debbono soprattutto essere rispettose della volontà e delle scelte dei Medici di Famiglia, che debbono essere messi tutti nelle condizioni di potere dare lo stesso Servizio ai Cittadini, con particolare attenzione ai Colleghi con poche scelte. Questi infatti devono poter lavorare come i loro Colleghi con più scelte e questo va realizzato applicando dei correttivi della quota capitaria e considerando che gli incentivi sono primariamente uno strumento per migliorare la qualità del servizio e che tutti i Medici ne debbono potere usufruire indipendentemente dal numero delle scelte se ne fanno richiesta. Va studiata una quota aggiuntiva per i pazienti che arrivano da altri paesi, per la complessità e precarietà della loro presa in carico e per il carico di lavoro aggiuntivo rappresentato dalle peculiarità linguistiche e culturali che vanno affrontate per permetterne una sempre migliore integrazione. Per il servizio di Continuità assistenziale, ex Guardia Medica, lo SMI è ancora in attesa della discussione prevista dall’AIR per il potenziamento previsto delle Sedi e del numero dei Colleghi in servizio per garantirne la capillarità della diffusione, condizione preziosa per avere una risposta sanitaria pronta in tutto il territorio, anche quello più disagiato. Indispensabile è il collegamento informatico delle Sedi, e un miglioramento della qualità delle Sedi stesse, in molte situazioni assai poco decorosa per le dotazioni presenti. Richiesta di civiltà che non si è ancora potuto discutere al tavolo regionale è la ricollocazione di Colleghi diversamente abili, e anche se sono tema di discussione nazionale, quelli che noi chiamiamo i Diritti Civili e cioè ferie, diritto allo studio e malattia che devono essere previsti per un servizio che da temporaneo è oramai diventato definitivo per molti Colleghi. Per l’Emergenza Territoriale, per le peculiarità del servizio e per le sue necessità organizzative riteniamo che non sia più dilazionabile la assunzione dei Colleghi che vi operano, argomento ampiamente discusso, ampiamente approvato ma inspiegabilmente mai attuato. Riteniamo altresì auspicabile che come già ripetutamente richiesto, ci sia quantomeno un ampliamento della diffusione dell’Emergenza Territoriale Medica in Regione. Per i Colleghi attualmente in formazione nelle scuole di specialità il nostro impegno è ben noto, dato che ha recente4 Concordanza e aderenza nell’assunzione dei farmaci: come coinvolgere gli adulti e i caregivers nelle decisioni sulle medicine prescritte Linee-guida N.I.C.E. 2008 Adattamento a cura di Doriano Battigelli MMG - Ceformed linee guida n.i.c.e. mente portato all’adeguamento del cosiddetto Ristoro (ex Borsa di studio); per i Colleghi impegnati nella Formazione di Medicina Generale siamo impegnati da tempo ad ottenere un giusto adeguamento economico per la formazione ma soprattutto prospettive di lavoro, una volta completato il Corso triennale. In questa ottica, per creare posti di lavoro, riteniamo che sarebbe auspicabile, nell’ambito della avanzata riorganizzazione delle strutture di Assistenza per gli Anziani e del potenziamento dei Servizi Territoriali, la creazione di un Servizio autonomo gestito da Colleghi di AP con poche scelte e di CA in stretta collaborazione con il Distretto, per garantire presenza e qualità al letto del paziente in una società che sta precocemente invecchiando. Da ultimo ma per noi è primario, il tema della Educazione Medica Continua e dei punti obbligatori di aggiornamento: chiediamo che sia garantita e possibilmente remunerata per tutti i medici, perché siamo convinti che il primo passo per lavorare meglio e più serenamente passi attraverso la formazione e la crescita. Per questo e per quello che verrà richiesto dai nostri iscritti per lavorare bene continueremo a lavorare. Ringraziandovi per la pazienza vi ricordo il nostro sito www.smi.it Il N.I.C.E. (National Institute for Health and Clinical Excellence) è un’organizzazione indipendente britannica responsabile della produzione di linee-guida nazionali per la promozione della salute e la prevenzione e il trattamento delle malattie. Le linee-guida vengono elaborate utilizzando l’esperienza del Servizio Sanitario Nazionale britannico e delle altre comunità sanitarie, tra cui il personale del Servizio Sanitario, i pazienti e i caregivers, l’industria della salute e il mondo accademico. Tutti i processi di elaborazione delle linee-guida sono sostenuti dal principio fondamentale di basare le raccomandazioni sulle migliori prove d’efficacia disponibili e di coinvolgere tutte le parti interessate in modo trasparente e collaborativo. La presente linea-guida, che qui presentiamo in forma adattata alla realtà italiana, per la quale ci sembra particolarmente importante, è stata commissionata dal N.I.C.E. al National Collaborating Centre for Primary Care e pubblicata in forma di bozza alla fine di luglio 2008. Il testo completo, contenente anche i dettagli sui metodi scientifici impiegati e sulle prove di efficacia esaminate, è consultabile per ora al sito http://www.N.I.C.E..org.uk/N.I.C.E.media/pdf/MedicinesConcordanceDraftN.I.C.E.GuidelineForConsultation.doc. Questa linea-guida differisce dalla maggior parte delle altre linee-guida N.I.C.E. per il fatto di non riguardare una specifica condizione, ma di fare raccomandazioni su come coinvolgere i pazienti nelle decisioni sui farmaci che essi dovrebbero assumere; va pertanto impiegata in aggiunta alle altre linee-guida che propongono raccomandazioni su quali trattamenti sono efficaci dal punto di vista clinico e dei costi. Le linee-guida N.I.C.E. sono aggiornate quando è necessario, in modo da tenere sempre conto delle importanti nuove informazioni nelle raccomandazioni. Ogni 2-4 anni la linea-guida viene comunque controllata e viene deciso se dev’essere aggiornata in tutto o in parte; se nel frattempo vengono pubblicate nuove importanti prove d’efficacia, alcune raccomandazioni vengono aggiornate tempestivamente. La prescrizione di farmaci rappresenta attualmente la parte centrale dell’erogazione di cure mediche. [Secondo il rapporto OSMED 2007 il consumo farmaceutico totale, comprensivo della prescrizione territoriale e di quella erogata attraverso le strutture pubbliche (ospedali, ASS, IRCCS, ecc.) inclusa la distribuzione diretta e per conto, ha superato nel 2007 i 30 miliardi di dosi (DDD, Defined Daily Doses), di cui il 70% a carico del Servizio Sanitario Nazionale; ogni cittadino italiano ha ricevuto in media 525 dosi di farmaci nel corso dell’anno. I farmaci dei sistema cardiovascolare (oltre 10 miliari di dosi) rappresentano in assoluto la categoria più utilizzata, ma altre categorie di rilievo per consumo sono i farmaci gastroenterici (13,9% del totale), i farmaci del sistema nervoso centrale (10%) e gli ematologici (9,8%). Nel 2007 nel Friuli-Venezia Giulia (popolazione residente 1.212.602 persone) sono state prescritte 9.869 ricette mediche, erogate 19.290 confezioni di farmaci, pari a 838 DDD pro capite]. Le analisi attraverso le varie patologie riportano però che tra il 30 e il 50% dei pazienti non prendono o non usano le medicine loro prescritte. In passato si riteneva che il paziente fosse la “fonte del problema dell’aderenza”; ora si riconosce che l’assunzione dei farmaci è un comportamento complesso e che per influenzarlo è necessario coinvolgere non solo i pazienti, ma anche gli erogatori di cure e i sistemi sanitari. Il termine “aderenza” viene attualmente impiegato per descrivere in quale misura il comportamento di assunzione dei farmaci del paziente segue le raccomandazioni del prescrittore. Ciò presume un accordo tra il paziente e il prescrittore: quindi l’attenzione viene ora posta nel processo decisionale tra i prescrittori e i pazienti. 5 linee guida n.i.c.e. Un rapporto dell’OMS nota che, se gli interventi per promuovere l’aderenza non sembrano generalmente produrre risparmi di spesa negli studi economici svolti da una prospettiva istituzionale, i risparmi sono dimostrabili da un punto di vista sociale, a causa del miglioramento della qualità di vita del paziente, dei costi indiretti evitati (per es. ricoveri ospedalieri e per riabilitazione) e per l’effetto sulla produttività. Pur essendo importante l’impatto del comportamento dei pazienti sulla salute obiettiva e sui costi, nella pratica medica moderna è accettato il diritto dei pazienti di prendere decisioni a riguardo della propria salute. L’approccio della linea-guida N.I.C.E. è che i pazienti hanno diritto ad essere coinvolti nelle decisioni sui farmaci fintanto che essi lo desiderano; il ruolo degli operatori sanitari è quello di facilitare e sostenere i pazienti nel loro coinvolgimento nelle decisioni e di sostenere i pazienti nel prendere le medicine se la decisione è stata di prescriverle. L’aderenza all’assunzione dei farmaci dev’essere basata su una decisione condivisa tra il paziente e il medico. Con il consenso dei pazienti, i “caregivers” (cioè coloro che si occupano dell’assistenza al paziente: familiari, amici, badanti, personale di volontariato, ecc.) devono avere lo stesso livello di informazione e di sostegno. Il N.I.C.E. non ha prodotto raccomandazioni separate i caregivers e le famiglie. La relazione principale è tra il paziente e l’operatore sanitario e il paziente ha il diritto di decidere che dev’essere convolto nella sua cura. Cura centrata sul paziente: Questa linea-guida offre le raccomandazioni pratiche migliori su come coinvolgere gli adulti e i loro caregivers nelle decisioni sui medicamenti prescritti. Il trattamento e la cura devono prendere in considerazioni le necessità e le preferenze dei pazienti. Le persone devono avere l’opportunità di predente decisioni informate sulla loro cura e il loro trattamento, in collaborazione con i propri operatori sanitari. Se il paziente è incapace di decidere, la decisione sarà presa a suo nome dal Tutore o dall’amministratore di sostegno legalmente nominato. La buona comunicazione tra operatori sanitari e pazienti è essenziale. Essa dev’essere sostenuta da un’informazione scritta fondata sull’evidence-based medicine ma commisurata alle necessità del paziente. La terapia e la cura, e l’informazione in merito fornita ai pazienti, devono essere appropriate culturalmente. Devono essere accessibili anche alle persone con bisogni aggiuntivi, quali disabilità fisiche, sensoriali o d’apprendimento, e alle persone che non parlano la lingua nazionale. Se il paziente acconsente, le famiglie e i caregivers devono avere l’opportunità di essere coinvolti nelle decisioni sulle cure. Anche ad essi dev’essere fornita l’informazione e il sostegno necessari. Priorità chiave per l’implementazione: 1. Offrire a tutti i pazienti l’opportunità di essere coinvolti nelle decisioni sulle medicine prescritte. Stabilire qual è il livello di coinvolgimento che il paziente desidera. 2. Ogni qual volta si prescrive, si fornisce o si rivede una terapia, chiedere al paziente se ha qualche preoccupazione specifica sulle medicine. Indirizzare queste preoccupazioni. 3. Offrire informazioni sui farmaci prima della loro prescrizione. 4. Discutere attivamente l’informazione sui farmaci con il paziente e non soltanto presentare l’informazione: La discussione deve tener conto del grado di comprensione e dell’”agenda” del paziente in merito alla malattia (sentimenti, idee, interpretazione, aspettative e desideri del paziente circa la malattia e il trattamento, contesto familiare). 5. L’informazione offerta ai pazienti sulle medicine deve comprendere: a. Che cos’è il farmaco b. Come agisce c. Come il farmaco modifica la malattia (cioè: i suoi benefici) d. Gli effetti collaterali potenziali e. Ogni istruzione importante su come il farmaco va preso f. Che fare se il paziente dimentica una dose g. Se il farmaco dev’essere continuato dopo la prescrizione iniziale 6. Essere consapevoli che una decisione condivisa può significare l’accordo di non prescrivere o, per il paziente, di smettere l’assunzione di un farmaco. Se nell’opinione del medico questa decisione può avere un effetto avverso, esso dev’essere registrato. 7. Accettare il diritto del paziente di decidere di non prendere una medicina, anche se non si è d’accordo sulla decisione, fintanto che il paziente ha la capacità di dare il proprio consenso. 8. Registrare la discussione sulle decisioni di assumere farmaci nelle cartelle cliniche dei pazienti quando ci sono preoccupazioni sulle terapie. Esse possono comprendere: a. Le idee e preoccupazioni del paziente b. L’informazione fornita al paziente c. I problemi potenziali di aderenza d. I piani di revisione della terapia 9. La non-aderenza può essere stabilita chiedendo al paziente se non ha preso qualche farmaco di recente. E’ più facile 6 Interventi per aumentare le decisioni condivise sulle medicine: Come stabilire il desiderio del paziente di essere coinvolto: linee guida n.i.c.e. per il paziente riportare la propria non aderenza se: a. Si pone la domanda in modo che non apporti biasimo b. Si spiega perché viene posta la domanda c. Si usa uno specifico periodo di tempo, come “nell’ultima settimana” d. Si fanno domande su specifici comportamenti nell’assunzione dei farmaci 10. Commisurare ogni intervento per migliorare l’aderenza alle specifiche difficoltà di aderenza sperimentate dal paziente. Essere consapevoli che l’aderenza può essere migliorata, ma nessun intervento specifico può essere raccomandato per tutti i pazienti. 1. Offrire a tutti i pazienti l’opportunità di essere coinvolti nelle decisioni sui farmaci prescritti. Stabilire quale livello di coinvolgimento il paziente desidera. 2. Stabilire il modo più efficace di comunicare con ciascun paziente e, ove necessario, considerare i modi per rendere l’informazione accessibile e comprensibile (per esempio, attraverso figure, simboli, caratteri grandi, lingue differenti) 3. Evitare ipotesi ingiustificate circa le preferenze del paziente sul trattamento. Parlare con il paziente per trovare le preferenze di trattamento e notare i segnali non verbali che possono indicare la necessità di esplorare ulteriormente la prospettiva del paziente. 4. Adattare lo stile di visita ai bisogni del singolo paziente, assicurandosi che tutti i pazienti possano essere coinvolti nel processo decisionale nel modo che essi desiderano. Come esplorare l’”agenda” del paziente sulla sua malattia e il trattamento: 1. Incoraggiare i pazienti a porre domande sulla loro malattia e il trattamento 2. Porre ai pazienti domande “aperte” (cioè domande in cui non si anticipa implicitamente la risposta del paziente, per es. “come andiamo oggi?”) poiché sollecitano l’espressione di un numero maggiore di informazioni e hanno maggiore probabilità di svelare le preoccupazioni dei pazienti 3. Chiedere le opinioni dei pazienti sui farmaci prima di iniziare nuove terapie e periodicamente durante le revisioni delle terapie in atto 4. Chiedere se il paziente ha preoccupazioni specifiche sulle medicine che prende, ogni qual volta si prescrive, fornire o rivede una terapia. Indirizzare tali preoccupazioni. Come dare informazioni al paziente: 1. Spiegare gli scopi della terapia ai pazienti, discutendo apertamente i pro e i contro dei farmaci proposti. La discussione dovrebbe essere al livello atteso dal paziente. 2. Offrire ai pazienti informazioni sui farmaci prima che siano prescritti. 3. Controllare che i pazienti abbiano le informazioni che desiderano sui farmaci prima che questi siano formiti 4. Discutere attivamente le informazioni sui farmaci con il paziente piuttosto che semplicemente presentarle. La discussione deve prendere in considerazione la comprensione del paziente e le sue opinioni circa la diagnosi e il trattamento. 5. L’informazione offerta ai pazienti sulle medicine deve comprendere: a. Che cos’è quel farmaco b. Come funziona c. Come modifica la sua condiizione (cioè: i suoi benefici) d. Gli effetti indesiderati potenziali e. Qualsiasi importante istruzione su come assumere il farmaco f. Che fare se il paziente non assume una dose g. Se il farmaco dev’essere continuato dopo la prescrizione iniziale. 6. Per aiutare i pazienti a prendere decisioni sui farmaci, offrire loro informazioni rilevanti che siano di facile comprensione e non in gergo medico. 7. Suggerire ai pazienti dove possono trovare ulteriori informazioni attendibili e sostenerli dopo la visita medica: per esempio, fornendo informazioni scritte o indirizzandoli ad altre fonti o gruppi di pazienti esperti 8. Stare attenti a non fare affermazioni sulla capacità del paziente di comprendere l’informazione fornita. Controllare con il paziente se ha capito l’informazione. 9. L’informazione per i paziente dev’essere strutturata e quando possibile commisurata ai bisogni del singolo paziente Come sostenere il paziente: 1. Chiarire quali obiettivi il paziente si aspetta dal trattamento 7 linee guida n.i.c.e. 2. I medici e i farmacisti hanno il dovere di aiutare i pazienti a prendere decisioni sul loro trattamento che siano informate da una comprensione dei probabili benefici e rischi piuttosto che dalle opinioni e dalle aspettative del paziente 3. Essere consapevoli che una decisione condivisa può significare un accordo di non prescrivere una terapia o che il paziente smetta una terapia. Se il medico ritiene che ciò possa avere un effetto avverso, deve registrarlo 4. Essere consapevoli che i pazienti hanno opinioni diverse dai medici in merito al bilanciamento dei rischi e benefici e sugli effetti collaterali dei farmaci. 5. Accettare il diritto del paziente di non prendere un farmaco, anche se non si è d’accordo con la decisione, fintanto che il paziente ha la capacità di dare un consenso. 6. Stabilire la capacità di prendere una decisione informata nei casi di sospetto deficit cognitivo usando i test appropriati: Per essere incapace di decidere il paziente deve avere un disturbo psichico e dimostrare di non essere in grado di: a. Comprendere le informazioni rilevanti per la decisione b. Memorizzare le informazioni per il tempo necessario al fine di utilizzarle nella decisione c. Usare o ponderare le informazioni d. Comunicare le decisioni 7. Incoraggiare e sostenere i pazienti, le famiglie e i caregivers a tenere una lista accurata di tutti i farmaci, compresi quelli da prescrizione medica, da banco, i composti di erboristeria e i supplementi nutrizionali, e tenere una lista di tutte le reazioni allergiche o avverse ai farmaci. 8. Registrare la discussione delle decisioni sui farmaci e la loro modalità di assunzione nella cartella del paziente ogni qual volta ci sono preoccupazioni sulla terapia. Queste possono comprendere: a. Le opinioni e preoccupazioni del paziente sui farmaci b. Le informazioni date al paziente c. I problemi potenziali di aderenza d. I piani di revisione delle terapie 9. Considerare che una buona comunicazione è necessaria per aumentare il coinvolgimento del paziente e che ci sono metodi per migliorare l’abilità del medico e del farmacista nell’aumentare il coinvolgimento del paziente nelle decisioni sulle sue cure. 10. Essere consapevoli che interventi semplici finalizzati ad aumentare il coinvolgimento del paziente non prolungano necessariamente la durata complessiva della visita medica. Ogni tempo extra speso in una singola visita può essere giustificato dai benefici, particolarmente nel trattamento di una malattia cronica. Come dare Informazioni ai pazienti e ai Medici di Medicina Generale quando i pazienti sono dimessi dall’ospedale: 1. Prima della dimissione dall’ospedale, offrire ai pazienti le informazioni sui farmaci che dovranno prendere a casa. Questa informazione deve comprendere: a. Che cos’è quel farmaco b. Perché è necessario c. Come modifica la sua condiizione (cioè: i suoi benefici) d. I suoi benefici e gli effetti indesiderati potenziali e. Qualsiasi importante istruzione su come assumere il farmaco f. Come ottenere un’ulteriore fornitura del farmaco g. La durata probabile del trattamento h. Che fare in caso di effetti avversi i. Ogni considerazione speciale (per esempio, interazioni con altri farmaci, conservazione) 10. Al momento della dimissione dall’ospedale, fornire al paziente una lettera contenente: a. La diagnosi b. Una lista di tutti i farmaci che il paziente dovrebbe assumere c. Una chiara identificazione dei nuovi farmaci iniziati durante la degenza d. Una chiara identificazione dei farmaci sospesi durante la degenza con le motivazioni e. Una chiara informazione su quali farmaci devono essere continuati dopo la dimissione e per quanto tempo f. Le reazioni avverse note e le allergie g. Tutti i problemi potenziali di aderenza e tutte le azioni intraprese (per esempio, un promemoria, ecc.) 11. Quando un paziente viene trasferito da un reparto all’altro, il medico responsabile di quest’ultimo deve fornire una lettera con le seguenti informazioni: a. La diagnosi b. Una lista di tutti i farmaci che il paziente dovrebbe assumere c. Una chiara identificazione dei nuovi farmaci iniziati durante la degenza d. Una chiara identificazione dei farmaci sospesi durante la degenza con le motivazioni e. Una chiara informazione su quali farmaci devono essere continuati dopo la dimissione e per quanto tempo f. Le reazioni avverse note e le allergie g. Tutti i problemi potenziali di aderenza e tutte le azioni intraprese (per esempio, un promemoria, una scatoletta dispensatrice di farmaci, ecc.) 8 linee guida n.i.c.e. L’esperienza dei pazienti nell’assunzione di farmaci: 1. Essere consapevoli che le opinioni dei pazienti sui farmaci, in particolare le preoccupazioni dei pazienti sui farmaci e le opinioni dei pazienti sulla necessità personale di prendere medicine, modificano se e come i pazienti prendono le loro medicine. 2. Tirar fuori e indirizzare le preoccupazioni specifiche dei pazienti nell’assunzione delle proprie medicine. Ciò può comprendere preoccupazioni di divenire dipendenti o di effetti collaterali o avversi dei farmaci. 3. Discutere con il paziente perché necessita di quella terapia. Adottare un approccio con il senso comune che indirizzi la necessità del trattamento della malattia o della condizione al fine della sua soluzione. 4. Essere consapevoli che i pazienti possono desiderare di minimizzare quanti farmaci assumono. 5. Essere consapevoli che i pazienti possono desiderare di discutere: a. Che cosa succede se non prendono la medicina prescritta dal medico. b. Le alternative non farmacologiche ai farmaci. c. Come ridurre e sospendere i farmaci che prendono da lungo tempo. d. Come collocare l’assunzione dei farmaci nelle loro attività quotidiane. e. Come fare una scelta tra farmaci se credono di prendere troppe medicine 6. Essere consapevoli che i pazienti valutano le medicine prescritte usando i loro propri indicatori soggettivi od oggettivi. Questi comprendono la sospensione e la riassunzione, il cambiamento della dose e il controllo di come la medicina modifica i sintomi o le funzioni fisiologiche. Come determinare l’aderenza dei pazienti alle terapie prescritte: 1. Riconoscere che la non-aderenza è comune, e che la maggior parte delle persone sono talora non-aderenti 2. Determinare l’aderenza di routine in modo non giudicante come parte integrante della prescrizione, della fornitura e dalla revisione delle terapie 3. La non-aderenza può essere stabilita chiedendo al paziente se non ha preso qualche farmaco di recente. E’ più facile per il paziente riportare la propria non aderenza se: a. Si pone la domanda in modo che non apporti biasimo. b. Si spiega perché viene posta la domanda. c. Si usa uno specifico periodo di tempo, come “nell’ultima settimana”. d. Si fanno domande su specifici comportamenti nell’assunzione dei farmaci 4. Considerare di usare le registrazioni dei farmaci prescritti per sospettare la non-aderenza. 5. Quando un operatore sanitario sospetta una non-aderenza dovrebbe registrarla e comunicarla al medico curante (o al team di curanti) per ottimizzare il coinvolgimento del paziente e la cura. Come migliorare l’aderenza dei pazienti alle terapie prescritte: 1. Discutere con il paziente che non assume i farmaci se ciò avviene a causa delle sue opinioni e preoccupazioni sulle medicine o a causa di problemi pratici. 2. Adattare ogni intervento volto a migliorare l’aderenza alle difficoltà specifiche di aderenza sperimentate dal paziente. Essere consapevoli che l’aderenza può essere migliorata ma non ci sono interventi specifici raccomandabili per tutti i pazienti. 3. Scoprire che tipo di sostegno il paziente preferisce per aumentare la sua aderenza alle terapie. Medico e paziente, insieme, devono prendere in considerazione le scelte per il sostegno. 4. Prendere in considerazione se suggerire ai pazienti di registrare l’assunzione dei farmaci in un diario per facilitare l’aderenza. 5. Essere consapevoli che incoraggiare i pazienti a monitorare la loro condizione può aumentare l’aderenza ai farmaci prescritti. 6. Semplificare il numero delle assunzioni se questo è un problema per il paziente. 7. Usare un raccoglitore speciale per il farmaco se la confezione standard è un problema per il paziente. 8. Gli effetti collaterali possono essere un problema per alcuni pazienti e in questo caso: a. Discutere come il paziente preferirebbe affrontare gli effetti collaterali. b. Discutere i benefici, gli effetti collaterali e gli effetti a lungo termine consentendo al paziente di fare una scelta informata. c. Prendere il considerazione un aggiustamento della dose. d. Prendere in considerazione di cambiare ad una terapia alternativa che abbia un rischio differente di effetti collaterali. e. Prendere in considerazione quali altre strategie possono essere usate oltre alla modifica della dose e al cambio di farmaco (per esempio, momento di assunzione del farmaco). 9. I promemoria sono utili ad alcuni pazienti. Devono essere elaborati in base alle necessità individuali 9 10. Chiedere ai pazienti se il costo delle prescrizioni è per loro un problema. Se lo è, i pazienti possono desiderare di conoscere quali medicine sono più importanti. diabete tipo 2 Come fare la revisione delle terapie prescritte: 1. Offrire informazioni ripetute e riepiloghi delle terapie quando necessario, specialmente nel trattamento di malattie croniche con farmaci multipli. 2. Rivedere periodicamente le opinioni del Medico di Medicina Generale e dei pazienti sui farmaci a intervalli concordati con il paziente, poiché le opinioni possono mutare nel tempo 3. Il paziente deve avere la revisione della prescrizione farmaceutica a intervalli regolari, in base alla scelta e alle necessità del paziente 4. Una revisione delle terapie deve comprendere un’indagine sull’aderenza e se viene identificata una non-aderenza devono esserne chiarite le possibili cause e dev’essere stabilito un accordo con il paziente sulle azioni appropriate da intraprendere. Ogni programma terapeutico deve comprendere una data di follow-up per la sua revisione. 5. Gli operatori professionali coinvolti nella revisione delle terapie devono informare il medico prescrittore dell’avvenuta revisione e del suo esito, particolarmente se la revisione interessa l’aderenza ed è necessaria un’ulteriore revisione. Glossario: La terminologia usata quando si discute dei comportamenti di assunzione dei farmaci è complessa, con tre definizioni abitualmente impiegate: – “compliance”: il grado in cui il comportamento di una persona (in termini di assunzione di farmaci, osservanza di diete, attuazione di cambiamenti nello stile di vita) coincide con le prescrizioni del medico (adattamento passivo) – “aderenza”: il grado in cui il comportamento di una persona coincide con le prescrizioni del medico che sono state condivise (contratto/alleanza) – “concordanza”: durante il consulto medico c’è una negoziazione tra uguali tra prescrittore e paziente, il cui fine è un’alleanza terapeutica trai due; tale alleanza può concludersi con l’accordo di avere visioni differenti, nel rispetto dell’”agenda” del paziente e nella creazione di un rapporto aperto, tale che medico e paziente procedano insieme su una base di realtà e non di incomprensione, sfiducia e occultamento; il concetto di “concordanza” include il sostegno al paziente nell’assunzione dei farmaci e la comunicazione nella prescrizione. Diabete tipo 2, la Formazione Continua... (gli esami non finiscono mai) Luigi Canciani - MMG Direttore Scientifico Ceformed Giuseppe Felace - Presidente Regionale AMD Fabio Samani - MMG Comitato Esecutivo Ceformed L’aumento dell’incidenza del diabete mellito, evidenziato dai dati prodotti dalle organizzazioni scientifiche internazionali (OMS, ADA, EASD, IDF), costituirà uno dei problemi reali con i quali il sistema sanitario dovrà misurarsi nel prossimo futuro. L’OMS riconosce ormai il diabete come una vera e propria patologia ad andamento endemico. Le stime parlano di un raddoppio dei casi in 20 anni: dai 150 milioni a livello mondiale del 2005 si passerà ai circa 300 milioni nel 2025. In Europa la prevalenza si aggira intorno al 3-4 per cento della popolazione. In Italia sono circa 2,5 milioni i diagnosticati, ma gli indicatori ci portano a credere che siano altrettanti i casi sommersi. Già oggi nella nostra Regione l’analisi del SISSR consente di stimare la presenza di circa 57.000 persone affette da diabete mellito; questo dato è probabilmente ancora sottostimato, poichè i dati relativi ai quasi 100.000 assistiti in carico ai 77 MMG che hanno finora preso parte al progetto di Clinical Governance dimostrano una prevalenza del Diabete Mellito di tipo 2 pari al 6,27%. L’impatto sul sistema è evidente, soprattutto se si considera – quale conseguenza dei dati epidemiologici di incidenza e di prevalenza – un atteso aumento delle complicanze croniche (retinopatia, nefropatia, neuropatia, infarto, ictus, amputazioni ecc.) e un conseguente aumento dei costi: circa il 6,7% dell’intera spesa sanitaria nazionale è assorbita dalle cure per i diabetici. Secondo dati recenti in Italia si spendono annualmente tra i 2 e i 2.5 miliardi di euro per le sole complicanze cardiache legate al diabete. Che fare dunque per arginare un fenomeno di così grande impatto sociale ed economico senza far saltare un banco già oggi in forte affanno? Le strade da percorrere sono due: la prevenzione e la messa in atto di un progetto di gestione integrata della malattia secondo una logica di miglioramento continuo (quello che gli anglo-sassoni definiscono “disease management”); gestione integrata che ha bisogno della condivisio10 familiari. Prescrivere un’attività fisica qualsiasi senza un’accurata contestualizzazione personale equivale ad un sicuro fallimento. In Friuli Venezia Giulia, secondo il Rapporto “Studio Quadri sulla qualità dell’assistenza ai malati di diabete nella regione Friuli Venezia Giulia” condotto dall’Istituto Superiore di Sanità, l’83 per cento dei diabetici in sovrappeso sa di esserlo, ma meno della metà si impegna a perdere peso. Inoltre, mentre il 90 per cento è informato sulla necessità di svolgere attività fisica regolare, poco più della metà lo fa effettivamente. Per far fronte alla situazione, per declinare cioè nella pratica i concetti precedentemente espressi, nel 2006 il Friuli Venezia Giulia ha partecipato come regione pilota al progetto BenAttivi, con il coinvolgimento del Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie, dell’Azienda per i Servizi Sanitari n°1 Triestina, della Società Italiana di Medicina Generale e di GlaxoSmithKline (ideatrice proponente dell’ipotesi progettuale). Ben Attivi ha l’obiettivo di “promuovere la pratica dell’attività fisica nella popolazione anziana per il mantenimento dello stato di benessere generale e per prevenire le principali patologie croniche tipiche dell’età”. Si è articolato in primo luogo in un percorso di formazione dei medici di medicina generale partecipanti sul significato e sulle ricadute dell’attività fisica, sui mezzi e modi per promuoverla, prescriverla, monitorarla. In buona sostanza sono stati forniti ai medici di famiglia gli strumenti cognitivi ed operativi utili per svolgere l’azione educativa nei confronti dei segmenti di pazienti individuati, che sono stati quindi seguiti per 12 mesi, valutando in ognuno l’impatto clinico del movimento programmato, la variazione della capacità motoria e della qualità di vita. Un’iniziativa importante, che ha aperto la via ad una cultura nuova nella cura e nella gestione del paziente e anche nel rapporto con quelle industrie farmaceutiche che, come in questo caso, mostrano un’attenzione particolare alle problematiche sociali, che va oltre il mero ruolo di produttore di soluzioni terapeutiche innovative ed efficaci, ma mettono a disposizione competenze e professionalità per sviluppare progetti di utilità sociale in partnership con le Istituzioni pubbliche. Naturale prosecuzione di questo progetto sono due opuscoli divulgativi (in fase di stampa), incentrati sull’alimentazione e sull’attività fisica, che saranno messi a disposizione dei medici di medicina generale quali strumento di supporto al counselling. ne di tutti gli attori del sistema, dai medici di medicina generale ai diabetologi, agli infermieri, alle dietiste, ma anche del supporto delle associazioni dei pazienti, dell’industria, degli Enti locali. diabete tipo 2 Nei protocolli terapeutici proposti dalle linee guida internazionali, oltre alla terapia farmacologica e a quella dietetico-comportamentale, l’esercizio fisico viene identificato come intervento primario per un approccio corretto al paziente diabetico, in quanto contribuisce a migliorare il controllo metabolico, a prevenire le complicanze cardiovascolari, a favorire il benessere psicofisico e a ridurre i costi sociali. Due diversi aspetti dell’attività fisica sono: il movimento, che riguarda principalmente i pazienti meno allenati, come possono essere i diabetici di tipo 2, e la pratica sportiva vera e propria, che può e deve essere svolta da chi soffre di diabete di tipo 1, generalmente più giovane e con performance cardiovascolari diverse. Sono numerose le evidenze scientifiche che dimostrano l’importanza dell’attività fisica nella cura e nella prevenzione della malattia diabetica. La prima osservazione storica sull’argomento risale alla prima metà dell’800 ed è presente nel libro “Memoires d’un diabetique” in cui l’autore, medico e diabetico, riferiva che dopo un pasto abbondante (accompagnato da vino borgognone) era solito percorrere di corsa i boulevard esterni di Parigi e ne provava grande giovamento. La prima osservazione scientifica risale invece al 1926 (solo 5 anni dopo la scoperta dell’insulina), quando Lawrence, medico inglese e diabetico, pubblicò sul British Medical Journal un articolo in cui dimostrava su se stesso che un’iniezione di 10 unità di insulina pronta produceva un abbassamento glicemico molto maggiore e più rapido se era seguita da un esercizio fisico piuttosto che se restava a riposo. Quanto alla prevenzione, sono famosi due studi, uno europeo e uno americano - il DPP e il DPS - che hanno dimostrato, in soggetti con ridotta tolleranza al glucosio, come un’attività fisica programmata – 3 volte la settimana per complessivi 150 minuti - sia più efficace del trattamento farmacologico nel prevenire/ritardare l’insorgenza del diabete. Il muoversi è fondamentale anche per chi è già malato, perché migliora l’insulinoresistenza, abbassa il colesterolo, contrasta l’aumento della circonferenza della vita, tutti parametri che rappresentano pericolosi fattori di rischio cardiovascolare. Il medico di medicina generale, che di fatto è il primo referente del malato, dovrebbe essere quindi in grado di prescrivere l’attività fisica alla stessa stregua di un farmaco. L’approccio al malato è pertanto a 360° e comporta varie strategie, dal counselling più approfondito ad un intervento motivazionale mirato. Non è infatti semplice né immediato convincere una persona con diabete a modificare uno stile di vita probabilmente consolidato negli anni, proponendole un’attività fisica qualsiasi. L’obiettivo è di concordare con ognuno dei pazienti la pratica motoria più consona alle sue possibilità, preferenze e aspettative, cioè personalizzare l’intervento. Questo comporta una conoscenza approfondita della persona, che va oltre l’anamnesi e coinvolge aspetti della sua vita privata: dall’ambiente in cui vive, al vissuto, alle problematiche Come affermato precedentemente, l’altro aspetto fondamentale nell’approccio al paziente diabetico è la Gestione Integrata. Infatti, nonostante nel panorama scientifico internazionale abbondi una gran quantità di Linee Guida sulla gestione della malattia, i dati disponibili in letteratura evidenziano un gap notevole tra quelli che vengono definiti gli obiettivi “ideali” e gli obiettivi effettivamente raggiunti nel mondo reale. Non abbiamo bisogno, quindi, di ulteriori Linee Guida, ma di una strategia operativa efficace la quale delinei un percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale condiviso fra tutti i Professionisti che abbiano a che fare con il pazien11 te affetto da diabete mellito. Gli obiettivi individuati nelle varie azioni strategiche debbono essere misurabili e migliorabili in un ciclo virtuoso di continuo miglioramento. In questo contesto di gestione integrata la scelta appropriata della terapia anti-iperglicemica è un aspetto cruciale nel trattamento del paziente diabetico. Giova ricordare, da questo punto di vista, che il numero di beta-cellule tende ineluttabilmente a dimininuire nel corso degli anni e quindi il Diabete è una malattia che peggiora nel tempo; che l’aggiunta di farmaci (ipoglicemizzanti) è la regola e non l’eccezione; che il raggiungimento tempestivo di un buon controllo glico-metabolico all’inizio della malattia può allungare la vita della beta-cellula; infine che la terapia ipoglicemizzante va personalizzata sul singolo paziente (“fenotipizzazione della terapia”). Prescrivere il farmaco giusto, al paziente giusto ed al momento opportuno significa ritardare il cosiddetto “fallimento secondario”, migliorare la qualità della vita e razionalizzare la spesa. Anche in questo caso è la conoscenza a fare la differenza. È in quest’ottica che per la prima volta gli oltre 1000 medici generali del Friuli Venezia Giulia avranno a propria disposizione un corso di formazione a distanza, prodotto da AMD e da CeForMed, che ha per titolo “Il medico di famiglia assieme al diabetologo al fianco del paziente diabetico”, fruibile sul portale eDott all’indirizzo www.edott.it/admedicopazientediabetico. Nello specifico, il corso è articolato in quattro moduli, ognuno dei quali presenta dei casi clinici che hanno l’intento di aiutare a revisionare tutti gli aspetti della gestione del paziente affetto da diabete. Al termine del percorso formativo, i partecipanti saranno in grado di: liste d’attesa fornire informazioni a sostegno del paziente per ottenere la massima autogestione possibile; prescrivere una terapia antidiabetica orale appropriata; mettere in atto un approccio integrato con i Centri diabetologici; eseguire follow up sistematici diversificati, in maniera integrata con i Centri diabetologici. La formazione certificata online è un’importante innovazione perché consente a tutti di apprendere e rimanere aggiornati direttamente da casa, nel momento preferito. Sempre in tema di formazione, AMD e CeForMed hanno previsto anche quattro corsi frontali dedicati a medici di famiglia, dal titolo “La terapia del paziente diabetico tipo 2, il farmaco giusto al paziente giusto”. I primi due corsi sono in programma il 15 novembre a Trieste e il 29 a Udine (20 partecipanti per ciascuna edizione). Al termine del modulo formativo, i medici partecipanti saranno a loro volta in grado di svolgere attività di formatore e potranno quindi trasmettere le conoscenze e le abilità acquisite ad altri colleghi. Obiettivi specifici del corso di formazione sono: la promozione della raccolta dei dati per mezzo degli archivi informatici; la valutazione del rischio cardiovascolare nel paziente diabetico di tipo 2; la corretta prescrizione degli esami strumentali e di laboratorio per la diagnosi e lo screening precoce; l’utilizzo corretto degli strumenti terapeutici necessari per ottenere un buon controllo metabolico. Anche con queste iniziative continua quindi l’impegno di Ceformed a supporto della Professione, per il miglioramento della cura delle patologie cronico-degenerative ad alto impatto sociale, anche grazie a importanti partnership scientifiche e dell’industria del farmaco. In riferimento all’articolo su “Liste d’attesa e priorità cliniche regionali a confronto: la cardiologia” del numero precedente, riceviamo e pubblichiamo questo importante contributo Valentino Moretti Responsabile Dipartimento di Medicina dell’Ospedale di Rete per Acuti di San Daniele del Friuli (UD) continente mantengono competenze in campo pediatrico e ginecologico. Spero di non risultare inopportuno se mi inserisco nel dibattito delle liste di attesa/priorità cliniche sollecitato dall’intervento dei colleghi Battigelli e Latella. Mi rendo conto che l’analisi delle priorità/percorsi messi in atto nelle diverse aree della regione possa lasciare perplessi, ma non credo che ciò debba rappresentare un elemento decisivo per rinunciare a rendere più fluido il funzionamento del sistema. L’argomento è insidioso perché in realtà non esistono studi che abbiano validato uno o l’altro degli strumenti proposti: rimane il fatto che solo la valutazione di un professionista – di fronte alla inevitabile limitazione delle risorse – può dare una qualche garanzia che il cittadino/paziente possa avere risposte in tempi clinicamente utili. Come se non bastasse le abitudini dei vari paesi europei sono molto diverse: non dimentichiamo che in molti paesi del Nord Europa si accede al livello specialistico con molta più difficoltà che in Italia e che i MMG di quella parte del Risposte in tempi clinicamente utili L’obiettivo a cui bisogna tendere è quello di evitare che un ritardo diagnostico o terapeutico possa compromettere la soluzione del problema clinico del paziente. Il fatto che i percorsi non siano sempre facile da codificare non ridimensiona il fatto che lo sforzo esercitato in questa direzione, sia da parte di chi chiede la prestazione sia da parte di chi la eroga, sia l’unico che può essere messo in atto da subito. Chi altri potrebbe assumersi un compito che è intrinseco alla professione e che viene quotidianamente espresso a tutti i livelli del sistema ? Il MMG/PDLS non è il solo chiamato a questa valutazione alle volte difficile: il medico di P.S. si prende la responsabilità di decidere chi ricoverare, chi dimettere, chi tenere in osservazione; il medico specialista richiede indagini e consulenze con diverso grado di urgen12 re con cui si possono presentare al MMG/PDLS le patologie più diverse e non è pensabile un “Bignami” che raccolga le linee guida di tutte le branche della medicina. Cultura e prudenza sono le armi che abbiamo per pretendere indagini e consulenze rapide per sintomi potenzialmente pericolosi ( il dolore toracico nel paziente a rischio cardiovascolare ), ma anche per evitare un eccesso di prestazioni specialistiche per quadri che non richiedono competenze particolari ( l’ipertensione arteriosa non complicata, il diabete mellito di 2° tipo ben controllato dagli ipoglicemizzanti orali, la terapia sostitutiva dell’ipotiroidismo primitivo… ). Tutti ( medici e pazienti ) vorremmo toglierci i dubbi al più presto possibile, ma ciò non è praticabile in alcun sistema a risorse finite! Il sistema della priorità clinica è – almeno teoricamente – quello più garantista per i pazienti: non possiamo correre il rischio che una “persona umile e sprovveduta” aspetti per settimane una prestazione fondamentale per inquadrare un problema di salute perché non ha lo status sociale o la disponibilità economica per superare gli ostacoli di una generica lista di attesa. E’ nostro compito “farla passare avanti” se riteniamo che un ritardo sia potenzialmente lesivo. E’importante condividere il principio e le basi scientifiche (… quando ci sono ) L’impostazione mentale a prendere decisioni tenendo conto anche del parametro temporale è un modo molto efficace per dare un contributo ad un Servizio Sanitario Regionale che altrimenti rischia di essere vittima di atteggiamenti demagogici ( si pensi ad alcuni aspetti della polemica sulle lista di attesa ) o regolato solo da una “domanda/offerta” di tipo commerciale, ma questa è anche una delle strade per ricollocarci – come professionisti - al centro del sistema. E’evidente che possiamo sbagliare e sarà difficile scrivere protocolli di comportamento così perfetti da scongiurare qualsiasi pericolo, ma cosa altro possiamo fare se non accentuare gli aspetti collaborativi fra le varie componenti della professione e condividere i presupposti tecnico-scientifici sui quali basare le nostre scelte ? Continuiamo perciò approfondendo altri aspetti ed altri percorsi senza pretendere assoluta omogeneità e perfezione, ma consapevoli che questa è la strada giusta per migliorare il funzionamento di un sistema regionale che – con tutte le sue contraddizioni – rimane uno dei migliori del nostro paese anche perché esprime livelli di comunicazione fra le varie componenti professionali attuati nell’interesse dei pazienti e non solo determinati da risvolti di tipo economico. Non si può pretendere un sistema perfetto Non dobbiamo meravigliarci che esistano diverse risposte al medesimo quesito. Tutti noi chiediamo esami o consulenze perché abbiamo dubbi su una diagnosi o su una terapia: nella realtà clinica dobbiamo orientarci fra sintomi, segni ed indagini più o meno sofisticate.La diagnosi differenziale di uno stesso disturbo può spaziare da una patologia “banale” ( un dolore retrosternale dovuto ad un reflusso GE ) ad una potenzialmente pericolosa ( lo “stesso dolore retrosternale” dovuto ad una sindrome coronarica acuta ). E’impossibile codificare con precisione tutte le sfumatu- Problemi di assistenza socio sanitaria Giuseppe Latella Comitato Esecutivo Ceformed integrazione socio sanitaria za; il medico degli ospedali di rete non ha accesso a tutti gli strumenti diagnostici ( RMN, studi angiografici…) e spesso ottiene un risultato solo dopo un “confronto” serrato con i colleghi che operano nei centri di riferimento. Il medico degli ospedali di riferimento deve darsi dei criteri di priorità sulle indagini e sui trasferimenti che gli vengono proposti dalla rete ospedaliera perché non ha la possibilità di dare una risposta immediata a tutte le richieste. Tutto il sistema esprime la necessità che si valutino tempi e priorità di erogazione delle prestazioni perché la domanda – spesso inappropriata – è, e sarà sempre più, superiore alla offerta ! Sempre più spesso, nella nostra attività quotidiana, ci troviamo di fronte a pazienti in particolare stato di “fragilità” nel quale la componente sociale supera la malattia, rendendo difficile la gestione dal punto di vista assistenziale. Da quando l’ospedale è diventato una struttura per acuti l’assistenza territoriale ha fatto emergere situazioni che prima erano sconosciute. E’ cresciuta la domanda sul territorio, come pure la tipologia d’intervento della medicina generale. Le cure primarie si fanno carico dell’assistenza socio sanitaria dei cittadini, ed i medici di famiglia si trovano a svolgere un ruolo fondamentale nella gestione. Tuttavia, è chiaro a tutti, che per una buona gestione serve una squadra della quale necessariamente devono far parte oltre al medico di medicina generale, infermieri, servizi sociali e direi anche forze vive del volontariato. Le istituzioni devono dare la piena disponibilità e fornire le risorse. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie cronico - degenerative pone il problema, per far fronte ad una domanda crescente di salute, di ricercare soluzioni strategiche che vadano oltre la semplice cura e l’istituzionalizzazione. Un’indagine del Monitor Biomedico 2006, realizzata dal Forum per la Ricerca Biomedica e dal Censis, evidenzia come di tutte le malattie, ciò che fa più paura agli italiani, è la “ non autosufficienza” con il 40,9%; più del “dolore” indicato con il 30,2%, la “solitudine” al 15,7% e la “morte” al 13,2%. 13 integrazione socio sanitaria Nei soggetti anziani il declino delle varie funzioni e delle condizioni generali porta spesso ad una situazione di “fragilità” per la quale serve un modello di assistenza continua in grado di migliorare la qualità di vita del paziente, con il risultato di ridurre il numero di ricoveri in ospedale ed in istituzioni residenziali. Oggi i reparti di medicina sono diventati reparti geriatrici con aumento dei costi sanitari. Tale modello di assistenza,per essere efficace, deve prevedere la presa in carico del paziente ed un piano di intervento di tutti i servizi necessari medici e sociali. La condizione di fragilità A definire una condizione di fragilità concorrono una serie di fattori, non esclusivamente di natura sanitaria. Fragile è il paziente che presenta una serie di patologie croniche che portano a condizioni cliniche instabili; una condizione sociale ed economica bassa; una condizione familiare difficile, tali da poter determinare nel soggetto la perdita dell’autosufficienza fino a richiederne l’istituzionalizzazione. Questi fattori comportano un rischio elevato di rapido deterioramento della salute e dello stato funzionale assieme ad un ingente consumo di risorse. L’autosufficienza rimane, quindi, uno dei parametri fondamentali per giudicare il bisogno di assistenza. La valutazione della fragilità assume così un carattere di prevenzione e promozione della qualità della vita. Garantire la salute dei cittadini significa: • intervenire il più precocemente possibile attraverso un percorso che partendo dall’analisi dei bisogni metta in atto le azioni giuste per il loro mantenimento in salute, il più a lungo possibile. • prestare maggior attenzione ai problemi e alla soddisfazione dei cittadini • migliore comunicazione tra questi ed i servizi • maggiore integrazione fra tutti gli operatori della rete dei servizi assistenziali. Tutti interventi che rientrano nel campo delle cure primarie dove il medico di medicina generale riveste un ruolo non solo professionale ma fondamentale nell’organizzazione ed integrazione con gli altri servizi. L’offerta territoriale, come ribadito dal Piano sanitario nazionale 2006-2008, rappresenta un punto cardine dell’assistenza sanitaria. Il baricentro del sistema sanitario, dopo che l’ospedale è diventato una struttura per acuti, si è spostato verso il territorio. In esso si dovrebbero definire dei percorsi assistenziali integrati e garantire unitarietà tra prestazioni sanitarie e sociali. L’integrazione socio sanitaria L’integrazione socio sanitaria costituisce l’elemento fondamentale e strategico per il governo dei processi che, partendo dalla rilevazione dei bisogni del cittadino, portano alla definizione delle attività che gli operatori devono esercitare sul campo. Il documento della Conferenza delle Regioni, in merito al PSN, mette in evidenza come, dal punto di vista operativo, l’aspetto problematico non è costituito dalla tipologia e dalla qualità delle prestazioni erogate, bensì dalla persistente frammentazione del percorso assistenziale del cittadino nell’ambito del sistema sanitario e sociale. L’integrazione socio sanitaria deve comunque andare oltre la semplice idea strutturale di organizzazione del lavoro. Deve essere più funzionale e costruire relazioni tra servizi e strutture: quindi una vera interazione. L’integrazione dei servizi socio sanitari nel Piano sanitario regionale 2006-2008 La Regione Friuli Venezia Giulia, tra le più vecchie d’Italia e d’Europa, attenta alle politiche di welfare, ha emanato diverse disposizioni legislative a sostegno dell’integrazione dei servizi sanitari e sociali. Tra queste vogliamo ricordarne due: • La LR 23/2004 che contiene le linee guida per la predisposizione del programma delle attività territoriali(PAT) e dei piani di zona(PDZ) al fine di operare in forma integrata con gli enti locali, sia per la valutazione dei bisogni, che per l’utilizzo delle risorse. • La legge regionale 6/2006 che ha introdotto, tra l’altro, il Fondo per l’autonomia possibile e per l’assistenza a lungo termine La legge 23/2004 rafforza ulteriormente la struttura organizzativa del Distretto attribuendogli un ruolo di interlocutore attivo con gli enti locali; la propria autonomia tecnico-gestionale ed economica finanziaria; una responsabilità nella redazione e attuazione del PAT come pure una funzione di redazione e attuazione del PDZ. Analisi dei punti di forza e debolezza L’analisi sintetica a livello generale dei punti di forza e di debolezza (intesi come elementi interni caratteristici del sistema) degli aspetti sanitari e sociosanitari in Friuli Venezia Giulia evidenzia le seguenti caratteristiche: 14 Punti di debolezza • Rispetto alla media nazionale, elevata incidenza di malattie oncologiche, incidenti stradali, infortuni sul lavoro, malattie professionali, incidenti domestici, suicidi e depressione • Dimensioni demografiche limitate e parcellizzate con sovra dotazione relativa dell’offerta ospedaliera esistente • Modello di riferimento ancora di tipo prevalentemente ospedaliero ed orientato alla istituzionalizzazione • Evidenti duplicazioni e sottoutilizzazioni delle strutture a livello ospedaliero • Rigidità sociale per qualsiasi riconversione • Difficoltà crescente a garantire una risposta territoriale e domiciliare adeguata ai bisogni di non autosufficienza e disabilità con crescenti carichi sociali ed economici sulle famiglie integrazione socio sanitaria Punti di forza • Buon livello di salute della popolazione • Rete dei servizi sanitari pubblici ben qualificata (sia nei grandi che nei piccoli ospedali) con esperienze di eccellenza in alcuni settori • Riduzione del tasso di ospedalizzazione • Sviluppo dell’aziendalizzazione • Avvio della programmazione per Area vasta e sviluppo dei dipartimenti • Servizi territoriali organizzati in rete ben strutturata sul territorio • Forte sviluppo della ricerca scientifica, delle strutture formative e delle tecnologie avanzate L’analisi sintetica a livello generale delle opportunità e delle minacce (intesi come elementi caratteristici del conteso in cui opera il sistema) evidenzia le seguenti caratteristiche: Opportunità • Le piccole dimensioni della regione facilitano l’introduzione di innovazioni • In corso un processo di devolution con incremento dell’autonomia regionale • Esiste una rete di comunità locali motivata ed interessata alle problematiche sociosanitarie • Sono disponibili nuovi modelli da sperimentare (gestione centralizzata dei servizi di supporto, Protocolli Regione – Università, accordi di programma, PDZ e PAT). Minacce • Il trend di crescita dei costi è superiore al tasso di crescita del PIL regionale • Responsabilizzazione della amministrazione regionale sulla spesa • Progressivo invecchiamento della popolazione con bisogni di carattere sanitario ed assistenziale in crescita rispetto alle risorse disponibili Assistenza distrettuale Si ribadisce la necessità di rafforzare il sistema di lavoro integrato tra Distretto e Ambito riproponendo gli obiettivi strategici già individuati nelle “linee guida per la predisposizione dei PdZ e dei PAT”. Gli interventi dovranno perciò prevedere: – la diffusione di punti unici di accesso ai servizi sociosanitari per il miglioramento della “presa in carico”; – lo sviluppo e la riqualificazione delle Unità Multiprofessionali in tutte le aree di integrazione sociosanitaria; – l’affermazione diffusa dell’utilizzo del progetto personalizzato; – Io sviluppo della funzione di coordinatore del caso (Case Manager); Il progetto personalizzato Redatto sulla scorta di valutazioni multidimensionali, è lo strumento fondamentale in mano alle Unità multiprofessionali per affermare la centralità della persona e dei suoi bisogni e per garantire la continuità della cura. Alla definizione e realizzazione del progetto concorrono infatti diversi apporti professionali e non, in una condivisione di obiettivi, responsabilità e risorse, secondo un criterio unitario di gestione. La realizzazione del progetto personalizzato deve avvalersi dei servizi, interventi e di prestazioni integrate collegandole quanto più possibile al naturale contesto familiare, ambientale e sociale della persona. Deve inoltre assumere una funzione proattiva nel senso di porsi anche come strumento di attivazione e di costruzione di contesti favorevoli al ripristino del funzionamento sociale di soggetti promuovendo l’autonomia e l’autodeterminazione di questi ultimi. Assistenza sanitaria di base Medici di medicina generale e pediatri di libera scelta Lo sviluppo e il consolidamento della partecipazione dei MMG e dei PLS al governo del sistema distrettuale ed il persegui15 integrazione socio sanitaria mento di maggiori livelli di integrazione tra questi e la rete complessiva dei servizi sociosanitari, per come si verrà a definire all’interno dei PAT e di PdZ, sono obiettivi strategici del SSR. In particolare è necessario promuovere interventi che favoriscano la definizione di protocolli condivisi per la presa in carico e per la gestione dei progetti personalizzati rivolti alle persone non autosufficienti, soprattutto relativamente all’identificazione delle persone in condizione di fragilità, dove il ruolo dei MMG risulta determinante per una efficace strategia di contrasto all’istituzionalizzazione. Anche l’attività dei MMG, infatti, dovrà essere orientata alle finalità strategiche previste dal presente Piano. Per queste finalità vi sono alcuni obiettivi specifici che dovranno essere raggiunti nel prossimo triennio. 1. Consolidamento dell’UDMG. 2. Miglioramento dell’accessibilità. 3. Diffusione dell’informatizzazione. 4. Sviluppo del governo clinico. Nell’ambito di tale progetto saranno in particolare sviluppate le attività di miglioramento e valutazione della gestione delle patologie croniche a partire da quelle a maggior diffusione e carico assistenziale quale il diabete. Saranno progressivamente introdotti strumenti di valutazione basati su indicatori di performance che superino l’attuale sistema incentrato sulla misurazione del numero delle prestazioni. Sempre nell’ambito dell’UCAD sono previste specifiche attività di audit, revisioni tra pari e valutazione periodiche che mirano allo sviluppo del governo clinico. 5. Promozione della ricerca e della formazione sul campo. 6. Sviluppo dell’appropriatezza. 7. Miglioramento della continuità delle cure. Questo obiettivo dovrà essere perseguito attraverso la riorganizzazione delle cure primarie prevedendo una nuova organizzazione che promuova la costituzione delle UTAP (unità territoriali di assistenza primaria), della medicina di gruppo e con il pieno inserimento degli specialisti e della guardia medica ed il coordinamento delle funzioni attraverso il collegamento in rete e l’incremento dell’accessibilità. Assistenza alle persone disabili Nel Friuli Venezia Giulia, l’intervento nell’ambito della disabilità si dovrà configurare sempre di più come “un insieme delle azioni e interventi finalizzati a garantire al disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative indipendentemente dalla gravità delle menomazioni e delle disabilità irreversibili al fine di contenere la condizione di handicap” (Linee guida ’98). L’obiettivo centrale anche in questo caso è il mantenimento del disabile nel proprio contesto di vita attraverso il supporto della famiglia. Più in generale è un obiettivo strategico della Regione il miglioramento del funzionamento sociale delle persone disabili. L’aspettativa di vita e lo stato di salute • Oltre il 7% della popolazione di età > di 65 anni si trova in stato di fragilità, e circa il 10% è già non autosufficiente • Oltre 1/3 dei soggetti non autosufficienti sono istituzionalizzati • Solo il 35% dei soggetti non autosufficienti non istituzionalizzati sono presi in carico dai servizi di assistenza domiciliare • I servizi domiciliari tendono ad assistere le persone più gravi, non riescono a seguire quelli in stato di fragilità che hanno potenzialità di recupero Assistenza infermieristica domiciliare 2007-2008 16 integrazione socio sanitaria A livello regionale aumenta sia il numero di utenti che il numero di accessi. La variazione è da attribuire soprattutto all’aumento di utenti per ASS 4. Si nota inoltre che per l’ASS4 all’aumentare degli utenti corrisponde anche un notevole aumento degli accessi (anche se non nella stessa misura). In controtendenza l’ASS1 e 2 che all’aumentare del numero di utenti presentano una diminuzione del numero di accessi. Lo sviluppo dell’integrazione socio sanitaria nel territorio regionale Dall’analisi sintetica del sistema socio sanitario in FVG emerge con chiarezza che, nonostante i punti di forza rilevati, servono alcuni interventi tesi a migliorare l’organizzazione dei servizi sanitari e sociali per garantire una risposta adeguata ai bisogni dei cittadini. L’impressione diffusa è che i Distretti socio sanitari non riescano ancora ad esercitare quel ruolo che la legge regionale assegna loro. Non godono di una piena autonomia economico finanziaria e gestionale. Inoltre sembra esserci un’attività operativa diversa nei vari Distretti, pur in una regione non particolarmente grande come il FVG. Noi dobbiamo andare oltre il servizio di Assistenza domiciliare integrata, che se pur con differente sviluppo, resta un servizio di qualità su tutto il territorio regionale. Ci deve essere un dialogo attivo tra i due comparti, mentre oggi l’intervento del sociale risulta quasi sempre “a chiamata”, cioè su bisogni espressi dai cittadini. La loro risposta rimane spesso autonoma e circoscritta nel contesto sociale senza una vera interazione col sanitario. C’è una mobilità delle operatrici sociali che restano in carica per un periodo limitato, per poi spostarsi in un altro territorio. I bisogni inespressi dei cittadini Ci sono dei cittadini che, se pur in non buone condizioni di salute, non esprimono alcun bisogno. Di questi, più frequentemente, ne vengono a conoscenza i medici di famiglia ed altre volte le associazioni di volontariato. Abbiamo il dovere di intervenire per intercettare quei cittadini fragili, spesso anziani soli, con malattie croniche, o che vivono in condizioni di degrado, e adoperarci tutti assieme, in un lavoro di equipe, con azioni efficaci per dare loro risposte appropriate. Serve definire un percorso nel quale ciascuno, responsabilmente, conosce le cose da fare, come intervenire ed entro quali tempi. Un sistema che deve essere governato con assunzione di responsabilità da tutti gli attori, monitorato nel tempo, e valutato nelle azioni di ciascun operatore. Queste figure devono dialogare tra loro, non in modo spontaneo ed occasionale, ma secondo un percorso condiviso che permette a ciascun attore di intervenire per competenza. In alcune realtà del territorio regionale esistono associazioni di puro volontariato sociale che svolgono un lavoro importante, che va oltre la sussidiarietà, e spesso misconosciuto ai sanitari ed ai servizi sociali. Questi interventi, apprezzabili e fondamentali, non possono e non devono rimanere isolati, ma devono avvenire nel contesto di una presa in carico con l’interazione delle varie figure impegnate. In alcune realtà locali, per facilitare il contatto del MMG con i servizi sociali, si è cercato di istituire un telefono dedicato per eventuali segnalazioni, come pure la partecipazione dell’assistente sociale alla visita congiunta dell’ADI. Iniziativa apprezzabile ma che non affronta alla radice la gestione del paziente fragile. Senza un percorso definito con assunzione di responsabilità da parte degli attori interessati non ci sarà una rilevazione efficace dei soggetti fragili con possibilità di monitorare il territorio. Le opinioni degli operatori sul territorio L’impressione pressoché unanime è che, pur consapevoli della necessità di dover interagire in un lavoro di squadra, si lavori ancora in modo autonomo. • Abbiamo rilevato la sensazione che ci sia una certa difficoltà, talora per motivi economici, altre volte per mancanza d’iniziativa, di mettere in atto delle progettualità a favore di una vera integrazione socio-sanitaria. • E’ stato osservato da alcuni che l’ADI e le Residenze protette rispondono già ai bisogni dei soggetti fragili. • Alcuni intervistati, pur ritenendo l’integrazione socio sanitaria fondamentale per l’assistenza ai cittadini sul territorio, non hanno saputo o voluto indicare la strada su come realizzarla. • Altri ancora vedono nei PDZ e nei PAT, che pure si sono sviluppati in maniera diversa nei vari distretti, la realizzazione, di fatto, dell’integrazione socio sanitaria. 17 continuità assistenziale L’impressione è che ci sia poca chiarezza, tra gli operatori e le istituzioni, su come muoversi per rendere operativa l’integrazione tra i due settori. C’è una certa preoccupazione, infondata, di perdere l’autonomia nel contesto di un lavoro di squadra che mira ad unire le forze e le capacità professionali per dare una risposta più appropriata. Una grande opportunità per…. Noi crediamo che la realizzazione di una interazione organica aiuti i medici di famiglia ed i servizi sociali nell’organizzazione del proprio lavoro, finalizzato al miglioramento del servizio e dell’assistenza ai cittadini bisognosi. Le Cure primarie, di fatto oggi, si fanno già carico della cura e dell’assistenza ai cittadini sul territorio. Esse vanno potenziate ed incentivate nello sviluppo della loro organizzazione, per una vera presa in carico del paziente e soprattutto per una gestione della cronicità e della fragilità. Serve un dialogo stretto tra medicina generale, enti locali ed associazioni, per sviluppare una migliore comunicazione nei confronti dei cittadini e sentirsi consapevoli e partecipi del “sistema salute”. Lo sviluppo delle forme associative ed il collegamento in rete hanno creato le condizioni per una migliore accessibilità alle cure dei pazienti. Esse rappresentano una grossa opportunità per l’avvio di una vera interazione con il comparto sociale. In questo contesto, il Centro di formazione per l’area delle cure primarie, già impegnato nella propria attività con progetti di Clinical Governance sulla conicità, sarà in grado di svolgere un ruolo importante nella formazione e nell’informazione, verso gli operatori e le comunità, per favorire lo sviluppo di una reale integrazione socio sanitaria. La continuità assistenziale: tra l’efficienza e l’efficacia Ehab Abou-Heif MMG Ceformed Le parole efficienza ed efficacia sono spesso considerate sinonimi tra loro ed anche tra altri termini tipo competenza, produttività. Tuttavia, in ambienti più specializzati la parola efficienza rappresenta il costo di una procedura in termini sia economici sia temporali. Mentre con efficacia si intende quanto bene una procedura attualmente risponde alle aspettative. In altre parole, l’efficienza è fare le cose nel modo giusto, e l’efficacia è fare le cose giuste (do things right vs do the right thing). Un esempio: un chirurgo molto bravo che facesse molto bene (tecnicamente) un intervento ma sul ginocchio sbagliato, allora sarebbe efficiente, ma non efficace.: è noto che si comincia dal definire i livelli attuali della performance, e si stabiliscono degli standard con degli obiettivi ambiziosi. Nel frattempo si cercano le origini dei problemi per eliminarli o almeno per diminuire il loro impatto. Ponendo le domande: cosa, chi, dove, quando, e come e cercando con sincerità di trovare le risposte si mettono in evidenza i metodi per modificare e/o migliorare la procedura in esame. Valutazione -> Progettazione -> Monitoraggio -> Miglioramento -> -> Rivalutazione ->…. Da qui emerge il ruolo dell’innovazione che diventa uno strumento per rendere la performance più efficiente e più efficace. Da molti anni il servizio di Continuità Assistenziale opera affiancando i Medici di Famiglia ed i Pediatri di Libera Scelta contribuendo alla risoluzione di innumerevoli casi. Il servizio, tuttavia, viene svolto in un modo ancora simile a quello di vent’anni fa. Da qui si è percepita la necessità di ammodernarlo per poter rispondere in parte alla sfida che si trova ad affrontare oggigiorno il sistema sanitario. Uno dei passi verso questo traguardo è l’istituzione del “tirocinio” per l’inserimento nel servizio di nuovi colleghi. Il tirocinante seguirà un percorso teorico ed anche pratico affiancato da un altro collega esperto nel servizio e preparato per assumere il ruolo di Tutor. Questa preparazione avverrà attraverso un corso che si svolgerà, per la prima volta, questo mese di settembre presso la sede del CEFORMED a Monfalcone. Il corso si articola in due giornate con la partecipazione di otto relatori esperti in materia. Il corso prevede di fornire un approccio standardizzato e uniforme su cosa e come trasmettere dal proprio bagaglio culturale relazionale ed organizzativo ed anche su come valutare la performance dei tirocinanti sempre allo scopo di migliorare. Si auspica che in questo modo sia più facile inserire i nuovi colleghi nel servizio muniti delle competenze necessarie alla migliore gestione delle diversi situazioni. In un altro livello emerge l’importanza dell’Audit Clinico, cioè il monitoraggio continuo degli interventi compiuti dal servizio che consente di migliorare la gestione complessiva del servizio stesso e di tutta l’assistenza territoriale. Ciò costituisce la base per progettare ulteriori miglioramenti e magari anche per disegnare delle linee guida adattate alle diverse tipologie di ogni territorio in regione. Il nostro impegno, nel prossimo futuro, sarà quello di raggiungere anche questo obiettivo. 18 Corso di formazione per tutors della pediatria di libera scelta Daniele Venier PLS Comitato Esecutivo Ceformed E’ stato recentemente firmato un accordo di collaborazione tra Clinica Pediatrica dell’Università di Trieste e Ceformed atto a favorire la frequenza dei medici iscritti al Corso di Specializzazione in Pediatria presso gli studi medici di pediatri di libera scelta dall’ASS 1 “Triestina”, che dovranno svolgere mansioni di tutor nei confronti di detti specializzandi. Al fine di facilitare lo svolgimento di tale impegnativa attività verrà organizzato un corso di formazione sulla didattica tutoriale che si svolgerà dal 6 all’8 novembre, con sede ancora da perfezionare, e che sarà condotto dal Dr Giuseppe Ventriglia, noto esperto di formazione a livello nazionale ed europeo. Il corso, a numero chiuso, vedrà la partecipazione di una ventina di pediatri di libera scelta della Regione Friuli Venezia Giulia che hanno già dato la loro adesione e che verranno informati direttamente sugli ulteriori dettagli dell’iniziativa. report andi REPORT del Congresso Regionale dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI) sul tema: “Migliorare la qualità nella cura del paziente: sinergia tra odontoiatria privata e pubblica”. Gorizia, 9 e 10 maggio 2008 protocolli diagnostico-operativi che devono essere comuni tra odontoiatria pubblica e privata. Dopo la giornata di workshop precongressuale sull’importanza di una corretta interdisciplinarietà tra ortodonzia, parodontologia ed implantologia, brillantemente gestita dal Dr.Daniele Cardaropoli di Torino, siamo subito entrati nel cuore della tematica dell’incontro con la prima relazione del Prof. Roberto Di Lenarda Direttore della Clinica Odontoiatrica e Stomatologica dell’Università di Trieste che ha affrontato due argomenti distinti, ma tra loro interconnessi “La funzione dell’assistenza odontostomatologica universitaria” e il “Rapporto con l’odontoiatra privato: conflitto o sinergia?”. Dopo aver analizzato le differenze tra pubblico e privato ed i notevoli cambiamenti che si sono avuti nell’arco degli ultimi 50 anni in termini di efficienza, adeguatezza e competenza clinica, ma anche strutturali e di controllo dei costi, e dopo aver espresso i criteri di vulnerabilità sia sociale che sanitaria, ha voluto approfondire il concetto dei “nuovi LEA” rapportati anche ai compiti-ruoli dell’università. Quest’ultima è caratterizzata da tre momenti: Didattica, Ricerca ed Assistenza. L’assistenza in particolare è richiesta dal fatto che gli studenti devono poter svolgere in pratica quello che apprendono con le lezioni teoriche e quindi devono poter disporre sia di aree operative attrezzate che di pazienti. Questi dovrebbero essere reclutati tra tutti quelli che rientrano nei “criteri dei nuovi LEA” mettendo in atto di fatto i programmi di tutela della salute nell’età evolutiva (0 – 14 anni) e delle fasce sociali sensibili. Ha ribadito con forza e determinazione che la Regione, alla quale è demandato il compito di scelta dei criteri attua- Nei giorni 9 e 10 Maggio, si è tenuto a Gorizia il Congresso Regionale dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI) sul tema: “Migliorare la qualità nella cura del paziente: sinergia tra odontoiatria privata e pubblica”. Erano presenti tutte le realtà operanti nell’odontostomatologia pubblica della regione oltre alla rappresentanza dei medici di Medicina Generale e di tanti colleghi odontoiatri liberi professionisti, per ribadire il bisogno di precisi e comuni riferimenti tra la centralità istituzionale della prima e la grande e diffusa capillarità territoriale dei secondi. In particolare la libera professione odontoiatrica dell’ANDI ha fortemente voluto questo incontro per analizzare insieme le condizioni operative di ognuno e per tracciare insieme la strada della tutela della salute e della qualità della cura odontoiatrica. Il cittadino-paziente ha diritto ad un’assistenza adeguata, in qualsiasi condizione e per qualsiasi disciplina sia nel pubblico che nel privato, senza confuse sovrapposizioni o scorrette interferenze, ma con una sinergia d’intenti possibile e praticabile e con una definita e chiara unicità di obiettivi. Questo si può e si deve fare, da subito, con gli strumenti che già abbiamo a disposizione, con le strutture di cui già disponiamo, con le persone che già operano sul nostro territorio. Il bisogno di competenza, di sinergia, ma anche di chiarezza, si è sentito in tutte le relazioni: non si può parlare di qualità della cura odontoiatrica se non usiamo la stessa lingua, se non sappiamo individuare e distinguere le competenze, se non siamo a conoscenza e non applichiamo quei 19 zione dei tessuti molli con risultati clinico-estetici di assoluta eccellenza. L’equipe del Prof.Politi ha inoltre trattato il delicato e quasi sempre intricato problema del paziente disfunzionale che, con le molte componenti che la determinano, rappresenta forse la patologia clinicamente più complessa per la libera professione. Abbiamo avuto modo di vedere come viene fatta una corretta diagnosi strumentale, come risulta essere importante una valutazione scrupolosa per formulare un piano di trattamento in chirurgia articolare e come ancora risulti essere fondamentale la collaborazione con l’odontoiatra. Molto suggestive e chiarificatrici le immagini in chirurgia endoscopica dell’articolazione temporo-mandibolare. Quest’ultima parte è stata preceduta dall’intervento del Dr.Sandro Prati che, sempre in tema di ATM ha ripercorso in maniera dettagliata la via di una diagnosi clinica formulata su un preciso e individuato corredo sintomatologico e una conseguente appropriata terapia gnatologica. Anche in questo caso è molto importante intervenire il più presto possibile con la terapia per evitare l’insorgenza di altri disturbi correlati o la cronicizzazione della forma patologica. Quindi anche da parte del Dr.Prati l’esortazione a fare presto e bene e a non esitare, nel dubbio, a richiedere, una consulenza specialistica. Il Dr. Giulio Tamburlini, responsabile dell’Unità Operativa Odontostomatologica del Presidio Ospedaliero di Gorizia, ci ha detto e fatto vedere che anche le situazioni che apparentemente sembrano molto complesse nella loro gestione ambulatoriale, come ad es. il trattamento dei pazienti “a rischio” e dei portatori di handicap, possono essere “facilmente” affrontate e risolte se ci sono gli operatori disponibili ad offrire la loro collaborazione. Servirebbero più mezzi, più spazi, più risorse, ma anche nelle piccole realtà, se ci sono persone capaci e che vogliono, si fanno molte e grandi cose. Tutti abbiamo visto professionalità, passione e tanta generosità. Anche il Dr.Tamburlini ha esortato odontoiatri e medici di Medicina Generale ad un confronto ed un rapporto più diretto (una lettera, una telefonata, una mail,…) perché è importante per tutti, ma soprattutto per questo tipo di pazienti, che ci sia una continuità e contiguità nella gestione della loro salute orale e generale. Il Dr.Franco Radovich ha poi svolto un’articolata relazione che ha spaziato a 360° sui rapporti tra parte pubblica e privata e sulle possibili sinergie tra odontoiatri, medici di medicina generale e gestione pubblica della patologia odontostomatologica pediatrica in pazienti non collaboranti. Partendo dalla sua ventennale esperienza presso l’Unità Operativa di Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-facciale dell’Istituto per l’infanzia “Burlo Garofolo” di Trieste e dalla sua intensa attività in seno alla S.I.O.H. (Società Italiana di Odontostomatologia per l’Handicap) della quale è stato tra i soci fondatori nel 1987, ha provato a riformulare in chiave attuale un modello assistenziale partecipativo che sostituisca quello vecchio, pietisticocaritatevole e medicalmente classificatorio. Questo modello tende a promuovere la prevenzione e la collaborazione a tutti i livelli. Essendo quella odon- report andi tivi dei LEA si deve dotare di tutti quegli strumenti di valutazione delle condizioni socio-economiche per stabilire la corrispondenza tra lo stato di vulnerabilità sociale e l’accesso garantito alle prestazioni gratuite in primis e secondariamente con una eventuale partecipazione economica sempre crescente in funzione del reddito. Le priorità per l’Università restano: definizione dei “cluster” per le prestazioni gratuite, interventi su tutte le urgenze e garanzia di tutte le visite odontoiatriche richieste (ad esempio per la diagnosi precoce del carcinoma orale). Il Prof.Massimo Ronchin è intervenuto poi, in rappresentanza della libera professione, mettendo l’accento sull’importanza dell’analisi di studio, della diagnosi e della corretta raccolta dei dati (anche nella tempistica). E’ fondamentale capire dove siamo e dove vogliamo arrivare, tenendo sempre conto della funzione e dell’estetica nella pianificazione degli obiettivi di trattamento del paziente ortodontico-chirurgico. Dobbiamo sapere quando, come, perché facciamo certe scelte e saperle comunicare oltre che al paziente anche al chirurgo maxillo-facciale. Senza un linguaggio comune ed un dialogo diretto non si possono ottenere i risultati prefissati. Ogni passaggio fondamentale deve essere documentato, anche fotograficamente, perché ogni trattamento determina un cambiamento ed il chirurgo non sà quale è stato il punto di partenza e neppure le scelte e gli obiettivi del piano di trattamento. Quindi una corretta analisi è importante anche per comunicare dati fondamentali in un trattamento multi ed interdisciplinare. Il Dr.Antonio Maria Miotti, Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Maxillo-facciale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Udine ha trattato un tema che vede spesso gli ortodontisti della libera professione a confronto con gli specialisti della chirurgia maxillo-facciale e cioè la gestione sia sotto il profilo diagnostico che terapeutico delle malocclusioni di III classe. Anche il Dr.Miotti ha riproposto il senso e l’importanza di un colloquio sempre più diretto tra la sua struttura ed il libero professionista per non dare nulla per scontato, ma auspicandosi di formulare sempre ogni richiesta o dubbio diagnostico, possibilmente con uno scritto e/o direttamente con una telefonata. Il Prof. Massimo Politi Direttore della Clinica di Chirurgia Maxillo-facciale dell’Università di Udine, coadiuvato dai suoi collaboratori: il Prof.Massimo Robiony, il Dr.Fabio Costa ed il Dr.Salvatore Sempronio, ha tracciato le linee guida di un corretto rapporto di collaborazione con l’ortodontista libero professionista lamentando la frequente “latitanza” di quest’ultimo e la mancanza di un confronto più diretto ed interlocutorio soprattutto nelle fasi iniziali del trattamento dove potrebbe essere determinante una valutazione chirurgica ancor prima di avviare qualsiasi trattamento. Dopo aver analizzato punto per punto gli elementi fondamentali di una corretta diagnosi, valutazione e piano di trattamento in chirurgia ortognatica e la relativa tempistica, è entrato più dettagliatamente nella tecnica operativa illustrando una bellissima sequenza di casi risolti di riabilitazioni globali del viso, dalle osteotomie alla manipola20 profonda ed il progetto Orchidea ne è una testimonianza attiva. La relazione è terminata con una esortazione forte: “Le cose si fanno se ci sono le persone che le vogliono fare!”. Il convegno si è chiuso con un dibattito pubblico-relatori al quale ha partecipato anche il Dr.Luigi Canciani che nella sua veste di Direttore Scientifico del CEFORMED Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie, ha dimostrato il grande interesse dei Medici di Medicina Generale ad approfondire ed intensificare i rapporti sia con l’odontoiatria pubblica che privata, per agevolare, orientare e trattare nella maniera più corretta il paziente odontoiatrico. Dal dibattito sono emerse alcune considerazioni, largamente condivise, che formano una sorta di documento congressuale e che riassumono le dichiarazioni, le esigenze, le richieste e gli “impegni” presi da tutti i presenti. 1. Raccolta e divulgazione delle “cartelle identificative” (competenze, specializzazioni, orari, referti, recapiti, …) di ogni struttura pubblica. 2. Preparazione, stesura ed acquisizione di protocolli diagnostico-operativi comuni tra le strutture pubbliche, odontoiatria privata e medici di Medicina Generale realizzando una sorta di vademecum che faciliti, renda più comprensibile e velocizzi i rapporti ed i colloqui tra le parti. In particolare nei rapporti tra chirurgia maxillofacciale ed ortodontisti, ma anche con tutti gli odontoiatri ed i medici di Medicina Generale, ad es. per i disturbi dell’ATM. 3. Integrare le varie conoscenze con la divulgazione di questi atti e dei protocolli a tutti i soci ANDI e a tutti i medici di Medicina Generale della regione (molto significativa in questo senso la disponibilità espressa dal Dr.Canciani). 4. Creare un “tavolo permanente” per un confronto continuo sui temi, sempre attuali, di interconnessione stretta tra medicina ed odontoiatria (endocarditi e profilassi antibiotica, bifosfonati, parodontopatie e patologie cardiovascolari, diabete, …) per migliorare la qualità di prevenzione e cura dei cittadini-pazienti. 5. Creazione di un gruppo ristretto di lavoro che mantenendo chiare e definite le rispettive competenze coaguli le esigenze e le proposte di tutta l’area odontoiatrica e si faccia tramite in un rapporto di collaborazione e reciproco impegno con l’attuale dirigenza ed amministrazione politico-sanitaria regionale. Siamo convinti che questa sia la via migliore per trovare un punto d’incontro tra amministrazione, strutture pubbliche, odontoiatria privata, medicina generale e cittadino che tenendo conto dei limiti delle risorse disponibili (che comunque non sono poche) non penalizza la qualità delle cure. E’ questa anche la nostra risposta all’attuale tentativo di mercificazione della salute, contro tutte le forme di abusivismo e prestanomismo oltre che del preoccupante e dilagante fenomeno del turismo odontoiatrico e del diffondersi delle strutture low-cost anche nella nostra regione. report andi toiatrica una patologia diffusa, c’è bisogno di una ampia copertura sul territorio, di una razionale integrazione e sussidiarietà tra privato e pubblico (senza creare interferenze), ma anche tra le strutture pubbliche stesse. Il modello partecipativo può e deve coinvolgere tutti, anche il non collaborante, perché la non collaborazione è una condizione temporale: oggi è così, ma domani, per l’evoluzione, perché cambiano le persone, perché si modifica l’ambiente… il paziente può diventare collaborante. Questo modello inoltre definisce con precisione le rispettive competenze con specificazione sulla tempistica, sul controllo e sull’intervento e per il principio di sussidiarietà ricerca le risorse con una partecipazione crescente in rapporto al reddito promuovendo e premiando al tempo stesso il comportamento virtuoso del paziente. Il Dr.Nicola Mannucci, Direttore della Struttura Operativa Complessa di Chirurgia Maxillo-facciale e Odontostomatologica dell’Azienda Ospedaliera di Pordenone, dopo aver esordito con un “..se si vuole, si può!” ha subito dimostrato la sua apertura e disponibilità proiettando i numeri di telefono di riferimento e gli indirizzi di posta elettronica oltre agli orari di presenza e reperibilità. Ha sollecitato anche lui ad un maggior dialogo e confronto, cercando, se possibile, di usare un linguaggio comune per la reciproca comprensione, mettendo a punto una sorta di linee guida condivise, semplificando, ma allo stesso tempo rendendo più chiara, intelligibile e veloce ogni richiesta d’intervento. E’ seguita la relazione del Dr.Matteo Biasotto, che nella sua qualità di Ricercatore presso la Clinica Odontoiatrica e Stomatologia dell’Università di Trieste, ha precisato il ruolo e la figura dello specialista nella consapevolezza delle proprie possibilità e capacità di operare una diagnosi sicura e di certezza. E’ vitale saper riconoscere una lesione precancerosa o almeno saper formulare una diagnosi di dubbio ed inviare appunto allo specialista per la diagnosi di certezza. Ci ha anticipato della partecipazione dell’Università di Trieste, insieme a Torino e Bari, ad un progetto di ricerca multicentrico di verifica delle conoscenze e delle capacità diagnostiche delle lesioni orali da parte dei medici di Medicina Generale e odontoiatri liberi professionisti, mediante un questionario al quale far seguire un opuscolo formativo ed informativo semplice che possa essere utilizzato anche come vademecum nel riconoscimento e gestione di queste forme patologiche. L’ultimo intervento, sicuramente il più toccante sotto il profilo emotivo anche per le forti e coinvolgenti immagini proposte è stato quello del Dr.Carlo Gnesutta del Servizio di Odontostomatologia dell’Ospedale Civile di San Daniele del Friuli nella sua qualità di co-fondatore e co-responsabile del servizio di cura per disabili in sedazione profonda. Il Dr.Gnesutta ha illustrato gli obiettivi ed i traguardi già raggiunti dal Progetto Orchidea, il modo di operare, i limiti, ma anche i grandi vantaggi. Non deve esistere un’odontoiatria di qualità per chi può o per chi collabora ed una “semplificata” per chi deve essere trattato in sedazione 21 CEFORMED CENTRO REGIONALE DI FORMAZIONE PER L’AREA DELLE CURE PRIMARIE Via Galvani n. 1 – 34074 MONFALCONE (GO) Cari Colleghi e Colleghe, per consentirVi di partecipare Vi segnaliamo alcuni eventi in cui il CEFORMED è provider: Centro Regionale Trapianti eventi Coordinatore: dott. Francesco Giordano Clinica di Psichiatria, Psicologia Medica e Psicosomatica Direttore: prof. Matteo Balestrieri CEFORMED CENTRO REGIONALE DI FORMAZIONE PER L’AREA DELLE CURE PRIMARIE Via Galvani n. 1 – 34074 MONFALCONE (GO) Corso Regionale di Formazione per Medici di Medicina Generale IL DONO ED IL TRAPIANTO DI ORGANI: RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE Con il Patrocinio di: Centro Nazionale Trapianti Società Italiana aspetti Psicologici e Psichiatrici dei Trapianti d’Organo (SIPsiTO) Data: 11 ottobre 2008 Sede: Palazzo Antonini, Udine Orario: 9.00-13.30 Partecipanti: N 100 Accreditamento ECM: CEFORMED (CENTRO REGIONALE DI FORMAZIONE PER L’AREA DELLE CURE PRIMARIE) Responsabile scientifico: prof. Matteo Balestrieri Responsabile didattico: dott.ssa Francesca Fiorillo Programma: 9. 00 9.10 9.40 10.00 10.30 11.20 11.50 12.50 13.10 13.30 Apertura lavori ed introduzione al corso (M.Balestrieri) Ruolo del Medico di medicina generale in tema dono e trapianto (G. Lucchini) Aspetti Organizzativi CRT, dati nazionali e FVG (F. Giordano) Relazione d’aiuto e sostegno psicologico ai familiari del donatore di organi (F. Fiorillo) Paziente in attesa di trapianto e trapiantato: quali bisogni psicologici? (M. Cozzi) Coffee break Aspetti medico-legali (A. Bulfone) Quali strumenti per la formazione? (D. Storani) Presentazione del corso on line per MMG (FAD) La comunicazione con il cittadino in tema dono e trapianto (tavola rotonda) Discussione Conclusione dei lavori Moderatori: L. Canciani, A. Giammarini 22 AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI N. 6 “FRIULI OCCIDENTALE” 33170 Pordenone - Via Vecchia Ceramica, 1 - C.P. 232 Tel. 0434/369111 - Fax. 0434/523011 - C.F. / P. Iva 01278420938 CONVEGNO REGIONALE 1978 - 2008 Il Consultorio Familiare Pubblico un “ponte” tra sanitario e sociale al servizio della famiglia 17 e 18 ottobre 2008 Teatro Pasolini Casarsa della Delizia Venerdì 17 ottobre 8.30 Registrazione partecipanti INTRODUZIONE AL CONVEGNO Chairman: dr. Piergentili Paolo – Direttore Sanitario Azienda per i Servizi Sanitari n° 6 “Friuli Occidentale” 9.00-9.15 Saluto delle autorità 9.15-9.30 IL PERCHÉ DI UN INCONTRO Dr. Nicola Delli Quadri Direttore Generale Azienda per i Servizi Sanitari n° 6 “FriuliOccidentale” Sostituto dr. Paolo Piergentili 9.30-10.00 I CONSULTORI FAMILIARI IN ITALIA: NORMATIVA E PROGETTAZIONE IN CORSO Dr. Gianni Ascone – Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali Sostituto dr. Grandolfo 10.00-10.30 LO STATO DELL’ARTE DEI CONSULTORI FAMILIARI IN FRIULI VENEZIA GIULIA - FUNZIONI CARATTERIZZANTI Dr. Tiziana Martuscelli Responsabile Consultori Familiari Distretti Est e Sud ASS6- Sostituto Laura Nadalini 10.30 - 11.00 Discussione CONSULTORIO FAMILIARE: TRA IL SOSTEGNO ALLA FUNZIONE GENITORIALE E LA TUTELA DEL MINORE Chairman: Dr.ssa Menegon Luisa – Assistente Sociale Consultorio Familiare ASS3 sostituto Dr.ssa Dreon Ermenegilda 11.15-12.00 “DIRITTI IN CONFLITTO?” - dr.ssa Marinella Malacrea Centro TIAMA Centro Infanzia Adolescenza Maltrattata sostituto dr.ssa Tiziana Martuscelli 12.00 - 13.00 Discussione eventi 11.00 - 11.15 Pausa 13.00 - 14.00 Pausa pranzo 14.00-16.00 Tavola rotonda: PROGETTUALITA’ E PERCORSI DI INTEGRAZIONE TRA DIRITTO E SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA’ Dr.ssa Gabriella Bozzi – psicologo psicoterapeuta Consultorio Familiare Gorizia – ASS 2 sostituto AS Zuppel Fulvia Come affrontare le nuove complessità della famiglia e la multiproblematicità. Un esempio di integrazione tra ASS e Ambito: il protocollo minori Dr.ssa Alessandra Bottan - Giudice Presidente Tribunale per i Minorenni Trieste sostituto dr. Mauro Sonego Gli orientamenti del TM in merito alla strategia d’interazione con i servizi consultoriali per il recupero e sostegno delle funzioni genitoriali 23 Dr. Antonio Lazzaro - Giudice Presidente Tribunale Ordinario Pordenone sostituto Dr.a Maria Paola Costa Gli orientamenti del TO in merito alla strategia d’interazione con i servizi consultoriali nella separazione in coppie conflittuali Dr.ssa Maria Antonia Pili Avvocato - Laboratorio forense Pordenone sostituto Avv. Lia Coden Il difensore di parte nel rapporto con i servizi consultoriali: fra opportunità e criticità Dr.ssa Maura Clementi - Assistente Sociale Responsabile Ambito Socio Assistenziale ASS 2 sostituto dr.ssa Luisa Menegon La gestione integrata con i servizi consultoriali: quale evoluzione ? Dr.ssa Maria José Mores - Consultorio Familiare privato “Noncello” convenzionato con ASS6 sostituto dr.ssa Gabriella Bozzi Esperienze di collaborazione in riferimento alla tutela dei minori con i servizi pubblici (Consultorio Familiare e Ambito) dalla richiesta spontanea all’ordinanza dei Tribunali. Dott.ssa Renata Maddalena - Assistente Sociale Consultorio Familiare Latisana ASS 5 sostituto Ilia Martellini La solidarietà familiare come risorsa in rete con i servizi 16.00 - 17.00 Discussione, sintesi e proposte dr.ssa Luisa Menegon 17.00 Interviene Roberto Molinaro, Assessore Regionale all’istruzione, cultura, sport e pace con delega alla famiglia 17.30 Compilazione scheda di gradimento e questionario di verifica ECM 18.00 Chiusura della giornata sabato 18 ottobre 8.15 Registrazione partecipanti IL PERCORSO NASCITA IN FVG Chairman: Silvano Ceccotti– Responsabile Consultori Familiari ASS 2 “Isontina” sostituto Maria Virginia Fabbro PROGETTO OBIETTIVO MATERNO INFANTILE NAZIONALE E CONSULTORIO FAMILIARE: IL PERCORSO NASCITA Dr. Michele Grandolfo – Istituto Superiore di Sanità Sostituto dr.Ascone 9.10-9.30 IL PERCORSO NASCITA IN FVG dr.ssa Elodia Del Pup e/o dr.ssa Annamaria Dolcet Responsabili Consultori Familiari Urbano e Nord ASS6 9.30-10.30 Interventi preordinati eventi 8.40-9.10 Dr.ssa Luciana Ramon - medico ginecologo Consultorio Familiare ASS 5 sostituto dr.ssa De Gregori Monitoraggio di gravidanza: integrazione tra équipe consultoriale e Punti Nascita. Sig.ra Annamaria Cortese - ostetrica Consultorio Familiare ASS 1 sostituto Claudia Massopust L’assistenza alla gravidanza e al puerperio Dr.ssa Maria Virginia Fabbro – psicologo psicoterapeuta Consultorio Familiare ASS 3 sostituto Bruna Silverio L’accompagnamento alla genitorialità tra fisiologia e patologia Dr. Giovanni Del Frate – medico ginecologo Responsabile Reparto di Ostetricia e Ginecologia OC S.Daniele ass 4 sostituto dr. Franco Colonna Come si partorisce in Friuli Venezia Giulia. Dr. Franco Colonna - medico pediatra Responsabile Dipartimento Materno Infantile Ospedaliero O.C. San Vito al Tagliamento ASS6 sostituto Giovanni Del Frate Il Punto Nascita: quali linee guida di integrazione con il Consultorio Familiare. 24 Dr.ssa Flavia Ceschin - medico pediatra di famiglia ASS 6 sostituto dr. Giuseppe Montanari Il ruolo del pediatra di famiglia nel Percorso Nascita: quale interazione. 10.30-11.15 Discussione – sintesi e proposte dr. Ceccotti 11.15-11.30 pausa INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA Chairman Dr.ssa Ilia Martellini 11.30-12.00 dr.ssa Laura De Gregori, dr.ssa Adriana Monzani psicologo psicoterapeuta sostituto dott.Giorgio Segatto psicologo psicoterapeuta. L’Interruzione Volontaria di gravidanza una risorsa per una maternità e paternità responsabili: un esempio di modello operativo di sistema e di approccio metodologico. 12.00–12.30 Dr. Amedeo Bianco Presidente Nazionale dell’Ordine dei Medici L’ obiezione di coscienza tra diritti e doveri. 12.30-13.15 Discussione – sintesi e proposte dr.ssa Ilia Martellini 13.15-14.15 pausa pranzo LA PROMOZIONE DELLA SALUTE DELLA DONNA Chairman: dr. Massimo Sigon –– Direttore Distretto “……….” 14.15-14.45 Dr. Giorgio Simon - Agenzia Regionale della Sanità sostituto dr. Loris Zanier Salute della donna e salute dalla donna 14.45-15.15 Dr.ssa Cristina Galluzzo Dr.ssa Daniela Gerin La presa in carico multidisciplinare nella promozione della salute della donna 15.15-15.45 Interventi preordinati Dr.ssa Raffaella Michieli - Commissione Ministeriale Salute donna Referente MMG Mestre sostituto Dr. Gigi Canciani Salute della donna. Quale collaborazione tra MMG e Consultorio Familiare Dr. Mario Puiatti Sostituto dr.ssa Maria Josè Mores Il Consultorio Familiare privato: quale integrazione possibile? 15.45-16.30 Discussione – sintesi e proposte dr. Massimo Sigon INCONTRO CON CHI DECIDE Chairman: Dr. Nicola Delli Quadri Direttore Generale ASS 6 16.30-17.30 QUALE IL FUTURO DEI CONSULTORI FAMILIARI? I Chairman delle diverse sessioni del Convegno presentano le proposte emerse nelle tavole rotonde e negli interventi. Intervengono Dr. Vladimir Kosic Assessore alla Salute e Protezione Sociale Dr. Giovanni Zanolin Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Pordenone 17.30 Compilazione scheda di gradimento e questionario di verifica ECM 18.00 Chiusura del Convegno 25 eventi Fatou Sarr - Associazione donne immigrate Provincia di Gorizia sostituto Nabila Khalil Le donne immigrate come promotrici di salute 3° CORSO TRIESTINO DI NEFROLOGIA E DIALISI Castello di Duino (TS), 26 ottobre 2008 Coordinatore del Corso Giovanni Oliviero Panzetta PROGRAMMA Ore 8.45Saluto ai partecipanti IRC. Nuova epidemia misconosciuta del 3° millennio Moderatori: M. Carraro (Trieste), C. Caselli (Trieste) Ore 9.00 Ore 9.30 Ore 9.50 Ore 10.10 La dimensione del problema e le conseguenze clinico patologiche G. Galli (Trieste) L’IRC è diffusa nella popolazione generale, esperienza del MMG A. Giammarini Barsanti (Trieste) Come affrontare il problema G.O. Panzetta (Trieste) Discussione 30 min 20 min 20 min 20 min La dialisi sta cambiando Moderatori: L. Dudine (Trieste), G.O. Panzetta (Trieste) Ore 10.30 Ore 11.50 Ore 12.20 Il profilo clinico del paziente C. Cascone (Treviso) Il profilo psicologico del paziente G. Trabucco (Verona) La dialisi è per tutti? Può essere interrotta? Le cure palliative, la fase finale della vita V. Bedogna (Verona) Come il malato vede la sua malattia (Illness narratives) D. Nigris (Padova) Io la penso così, intervengono i Centri dialisi Discussione (Intervengono l’Etico e il Magistrato) Ore 13.00 Pausa Ore 10.50 Ore 11.10 Ore 11.30 20 min 20 min 20 min 20 min 30 min 40 min eventi Il nursing in dialisi sta cambiando Moderatori: R Fratte (Trieste), S. Geatti (Conegliano Veneto TV), Ore 14.30 Ore 14.50 Ore 15.10 Ore 15.30 Ore 16.00 Politiche e sviluppi professionali A. Silvestro (Presidente nazionale IPASVI) Il “nursing primario” in dialisi M. Pegoraro (Milano) Il modello organizzativo in dialisi può cambiare ? S. Geatti (Conegliano Veneto TV) Io la penso così, intervengono i Centri dialisi Discussione 20 min 20 min 20 min 30 min 30 min Le linee guida cliniche per gli Infermieri Moderatori: M. Adorati (San Daniele del Friuli UD), G. Panarello (Pordenone) Ore 16.30 Ore 16.40 Le linee guida cliniche “ANNA” G.O. Panzetta (Trieste) Noi facciamo così, intervengono i Centri dialisi Ore 18.00 Chiusura dei lavori 10 min 80 min tot. 450 min= 7,5 ore di cui 1,5 per discussione 26 FACULTY Massimo Adorati Menegato S.O.C. Nefrologia e Dialisi, ASS n. 4 Medio Friuli (Udine) Valeria Bedogna U.O. Nefrologia Medica e Dialisi - Azienda Ospedaliera “Istituti Ospitalieri di Verona” Michele Carraro Istituto di Medicina Clinica - Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste Carmelo Cascone S.C. Nefrologia, Dialisi e Centro Trapianti, Ospedale Ca’ Foncello - Azienda ULSS 9 Treviso Cinzia Caselli S.C. Nefrologia e Dialisi - Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste Luisa Dudine Ambulatorio di Psicologia - Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste Roberto Fratte Dipartimento di Medicina Interna - Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste Giovanni Galli S.C. Nefrologia e Dialisi - Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste Sandro Geatti Dipartimento di Salute Mentale, Azienda ULSS 7 Pieve di Soligo Alberto Giammarini Barsanti ASS n. 1 Triestina Daniele Nigris Dipartimento di Sociologia, Università degli Studi di Padova Giacomo Panarello U.O. Nefrologia e Dialisi - Azienda Ospedaliera “Santa Maria degli Angeli” Pordenone Giovanni Oliviero Panzetta S.C. Nefrologia e Dialisi - Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste Marisa Pegoraro U.O. Nefrologia e Dialisi, Ospedale Niguarda Ca’ Granda (Milano) Annalisa Silvestro Presidente Federazione Nazionale Collegi Infermieri professionali, Assistenti sanitari, Vigilatrici d’infanzia Gaetano Trabucco S.S.O. Psicologia Clinica Ospedaliera - Azienda Ospedaliera “Istituti Ospitalieri di Verona” eventi Comitato Scientifico coordinatore: G.O. Panzetta C. Caselli, N. Cristian, L. Dudine, G. Galli, G. Leonardi S.C. Nefrologia e Dialisi Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Trieste tel. 040 3992360 Ospedale Maggiore tel. 040 3994268 Ospedale di Cattinara Segreteria Organizzativa KEY CONGRESSI Srl Piazza della Borsa 7 – 34121 Trieste tel. 040 660352 – 362727 fax 040 660353 [email protected] - www.keycongressi.it 27 eventi L’evoluzione psicopatologica e la patomorfosi dei disturbi mentali e dell’uso di sostanze Udine, 12 novembre 2008 Sala Paolino d’Aquileia In collaborazione con: Organizzato da: Dipartimento delle Dipendenze A.S.S. n. 4 Medio Friuli 09.30 Presentazione delle tematiche e inizio lavori Francesco Piani Direttore Dipartimento delle Dipendenze ASS4 Medio Friuli Luigi Canciani Direttore CeForMed Centro Regionale di Formazione per l’Area delle Cure Primarie Matteo Balestrieri Direttore Clinica di Psichiatria, Psicologia Medica e Psicosomatica Università of Udine 28 10.00-10.45 Neuroplasticità ed uso di sostanze Maurizio De Vanna U.C.O. di Clinica Psichiatrica Università di Trieste 10.45-11.30 Dall’uso di sostanze al disturbo psichico e viceversa Gilberto Di Petta U.O. SerT Distretto 65 ASL NA 3 11.30-12.00 Coffee Break 12.00-12.45 Dallo spettro bipolare ai disturbi di personalità. Percorsi paralleli, convergenti o sovrapposti? Giulio Perugi Dipartimento di Psichiatria Neurobiologia Farmacologia e Biotecnologie Università di Pisa 12.45-13.15 Domande e risposte sugli argomenti trattati con particolare attenzione all’approccio in Medicina Generale 13.15-14.00 Lunch Buffet 14.00-15.00 Presentazione di due casi clinici con la partecipazione dei MMG 15.00-16.00 La psicopatologia oggi, nuovi sintomi per vecchi disturbi o nuove sindromi in evoluzione Tavola rotonda conclusiva con i relatori presenti 16.30.-17.00 Conclusioni e compilazio Informazioni generali Sede Sala Paolino d’Aquileia Via Treppo, 7 33100 Udine Tel. 0432 414511 Crediti ECM Sono stati richiesti i crediti ECM regionali Il programma e la scheda d’iscrizione sono scaricabili dal sito www.theoffice.it Si ringrazia: Segreteria Organizzativa società certificata ISO 9001 Via San Nicolò, 14 - 34121 Trieste Tel. +39040368343 int. 24 - Fax +39040635007 E-mail: [email protected] 29 eventi Iscrizioni L’iscrizione è gratuita CEFORMED Centro Regionale di formazione per l’area delle cure primarie Con il Patrocinio di: Societa’ Italiana di Cure Palliative (SICP ONLUS) Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Prov. di Pordenone CONVEGNO CURE PALLIATIVE IN FRIULI VENEZIA GIULIA: presente e futuro SEDE: Sala della Fiera Viale Treviso n°1 PORDENONE 28-11-2008 Obiettivo generale Divulgare la conoscenza della realta’dell’ assistenza domiciliare, delle cure palliative e di Hospice, presenti nella Regione F.V.G. Obiettivi specifici Conoscere i piani di programmazione regionale in tema di cure palliative Conoscere le realtà esistenti in regione Friuli Venezia Giulia Conoscere e condividere le attività in programmazione Comitato Scientifico:Piergentili Paolo, Conte Maria Anna, Lucchini Guido,.Piazza Donatella Responsabili scientifici: Piergentili Paolo, Conte Maria Anna, Lucchini Guido Segreteria Organizzativa: Piazza Donatella Destinatari dell’ evento: medici, infermieri eventi RAZIONALE DELL’ EVENTO Le cure palliative possono essere definite come “il trattamento del paziente affetto da patologie evolutive ed irreversibili, attraverso il controllo dei suoi sintomi e delle alterazioni psicofisiche, più della patologia che ne è la causa”. Lo scopo principale delle cure palliative è quello di migliorare anzitutto la qualità di vita piuttosto che la sopravvivenza, assicurando ai pazienti e alle loro famiglie un’assistenza continua e globale (Ventafridda, 1990). L’indiscutibile progresso ottenuto dalla medicina sia in campo diagnostico che terapeutico ha condotto ad una serie di conquiste un tempo considerate irrealizzabili, ma questo estremo tecnicismo mal si adatta alla cura del paziente terminale. La peculiarità della medicina palliativa è il nuovo approccio culturale al problema della morte, considerata non più come l’antagonista da combattere ma accettata a priori come evento inevitabile. Da questa premessa teorica nasce una pratica clinica che pone al centro dell’attenzione non più la malattia, ma il malato nella sua globalità (Corli, 1988). La consapevolezza della morte induce un’attenzione più acuta alla qualità della vita ed alla sofferenza di chi sta per morire. Come riporta Spinsanti “la medicina delle cure palliative è e rimane un servizio alla salute. Non dunque una medicina per morente e per aiutare a morire, ma una medicina per l’uomo, che rimane un vivente fino alla morte” (Spinsanti, 1988). Questo congresso vuole essere un momento di aggregazione e confronto delle molteplici esperienze organizzative e clinico assistenziali in Regione FVG sul tema delle Cure Palliative.Il domicilio, quando possibile, rappresenta il setting assistenziale maggiormente gradito al malato e alla famiglia a condizione di interventi adeguati e flessibili.L’abitazione, per un ammalato, è il luogo di appartenenza in cui può manifestare più liberamente i molteplici bisogni che caratterizzano la fase avanzata di una patologia inguaribile. L’Hospice vi subentra quando questo non è possibile. L’ Hospice è quindi una struttura sanitaria residenziale per malati terminali è un luogo d’accoglienza e ricovero temporaneo, in essa il paziente viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita con un appropriato sostegno medico, psicologico e spirituale affinché le viva con dignità nel modo meno traumatico e doloroso possibile. 30 PROGRAMMA Moderatore: Dott.Paolo Piergentili 8.30 – 9.00 Registrazione partecipanti e saluto delle autorita’ 9.00 – 9.15 Presentazione del congresso Dr. N. Delli Quadri 9.15 – 9.35 Agenzia Regionale Sanità: la programmazione regionale Dr. G. Simon 9.35 – 9.55 Ceformed: Il ruolo del medico di medicina generale Dr. G. Lucchini 9.55 – 10.15 La nuova realtà delle cure palliative nell’ASS6: Hospice e rete Dr.ssa M.A. Conte /D. Piazza 10.15 – 10.30 Responsabilità ed autonomia dell’infermiere nell’ambito della rete di cure palliative Dr. G. Pedrinelli 10.30 – 10.50 ASS1: L’Hospice come integrazione tra pubblico e privato Prof. G. Mustacchi 10.50 – 11.10 ASS 4: Oncologia e Reparto di Cure palliative Dr. D. Sacco/ Dr. G. Fasola 11.10 – 11.30 pausa 11.30 – 11.50 ASS 5: L’Hospice di Latisana Dr. U. Colonna/ M. Cantarutti 11.50 – 12.10 Dr. S. Spazzapan/ S. De Pol Il privato: Hospice “Via di Natale” 12.10 – 13.00 Tavola rotonda Ass. Kosic, dr. Delli Quadri, dr. Magazzù, dr. Fasola, prof. Mustacchi, dr. Lucchini, dr. Conte, dr. Pedrinelli Moderatore: Dott.Massimo Toffolo Dr. C. De Chirico 14.30 – 14.50 Ass 6: Il progetto di rete nei Distretti Est e Sud Dr. E. Insacco Moro Maria Grazia 14.50 – 15.10 Integrazione pubblico privato: il progetto Day Hospice con il Policlinico San Giorgio Dr.ssa L. Plai 15.10 – 15.30 ASS 4: “Le cure domiciliari Dr.ssa S. Liguori 15.30 – 15.50 “CRO: le cure palliative continue in Istituto Oncologico” Dr. R. Bortolussi 15.50 – 16.10 Via di Natale:il “progetto Sonia” Sig. C. Gallini 16.10 – 16.25 ASS 1: la terapia del dolore e le cure palliative domiciliari Dr.ssa L. Serra 16.25 – 16.40 ASS 1: Il progetto di rete Dr.ssa C. Dellach 16.40 – 17.00 ASS 2: L’Hospice in RSA Dr. G. Scaramella 17.00 – 17.15 ASS 2 Basso Isontino: valorizzazione delle specificità locali e crescita di una cultura condivisa nelle Cure Palliative”. Dr.ssa A.L. Frigo 17.15 – 17.30 ASS 2: Le cure domiciliari nell’ Alto Isontino Dr. D. Calò 17.30– 17.45 ASS 4 La terapia del dolore e le cure palliative nell’Ospedale di San Daniele Dr. U. Cugini Test di apprendimento e gradimento 31 eventi 14.00 – 14.30 La realtà ed i progetti in Veneto