Spedizione in abb. postale art. 20 lett. C - Legge 662/96 Filiale di Perugia - Periodico di comunicazione interna dei Collegi IP.AS.VI. di Perugia e Terni anno XII n.2/11 Collegi IPASVI Perugia-Terni sommario 1 editoriale DI PALMIRO RIGANELLI 3 ilcollegioinforma NOTIZIE FLASH A CURA DI MANUELA DORMENTONI, LAURA CAPRASECCA 7 EVENTI FORMATIVI A CURA DELLA COMMISSIONE PER L’AGGIORNAMENTO E LA RICERCA 9 IPASVI anno XII n. 2/11 EVENTO FORMATIVO L’ECOGRAFIA NELLE PROCEDURE INFERMIERISTICHE DI MARIO AMICO Federazione Nazionale Collegi Infermieri Periodico di comunicazione interna dei Collegi IP.AS.VI. di Perugia e Terni CORSI DI AGGIORNAMENTO 11 COSTITUZIONE NUCLEO PROVINCIALE C.I.V.E.S. PERUGIA A CURA DEL NUCLEO C.I.V.E.S. DI PERUGIA 13 BEATI GLI ULTIMI... A CURA DEL NUCLEO C.I.V.E.S. DI TERNI Editore: Coordinamento Regionale dei Collegi IP.AS.VI. di Perugia e Terni Direttore Responsabile: Renata Buono Responsabile di Redazione: Nora Marinelli 15 lerubriche DISPENS@TORE DI STIMOLI INFERMIERISTICI BLOCKNOTES DI GIAN DOMENICO GIUSTI 17 PREVENIRE GLI ERRORI, IMPARARE DAGLI ERRORI A CURA DI MARCO ZUCCONI Segreteria di Redazione: Serenella Bertini Angela Castellani 20 spazioaperto Comitato di Redazione: Palmiro Riganelli Ambra Proietti Giusti Gian Domenico Laura Caprasecca Grafica: Punto Editoriale Stampa: Dimensione Grafica Spello (Pg) Questo numero è stato chiuso in tipografia: il 15/7/2011 LE CURE PALLIATIVE NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA TERMINALE DI MAURO MAZZOCCHI 25 CONTENZIONE FISICA O FARMACOLOGICA? LE RIFLESSIONI DEGLI INFERMIERI DI VINCENZO RAUCCI 29 IL TRIAGE INFERMIERISTICO UNA NUOVA SFIDA DALLE RADICI ANTICHE DI MICHELE BELLAVEGLIA III lasegreteriainforma FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO Autorizzazione: GLI APPUNTAMENTI Registrato presso il Tribunale di Perugia n. 45 del 24/11/1997 A CURA DEL COLLEGIO DI TERNI 1 PRESIDENTE DEL COLLEGIO IP.AS.VI. DI PERUGIA EDITORIALE UNA FORZA INDISPENSABILE PER UNA NUOVA CULTURA l sistema sanitario della Regione Umbria viene considerato uno tra i più virtuosi del nostro Paese. Tutto questo è stato ottenuto grazie ad un impegno e ad un contributo importante e sostanziale di tutte le istituzioni e delle professioni sanitarie, prima tra tutte quella infermieristica. La realtà sanitaria Umbria per alcuni aspetti si presenta assolutamente sovrapponibile alle altre realtà regionali con qualche differenziazione che necessita di essere tenuta in considerazione. La popolazione della Regione Umbria ha raggiunto, nell’anno 2010, quota 900.790 abitanti (Istat 2010). L’andamento demografico della nostra regione ci pone tra le prime in Italia con il tasso più alto di invecchiamento della popolazione (11,4%), secondi solo dopo la Liguria (12,8%). Questo trend, in aumento tendenziale, da una parte significa migliore qualità della vita e, dall’altra, necessariamente determina un andamento epidemiologico caratterizzato da una popolazione che vive di più e che di conseguenza va incontro a maggiori necessità assistenziali. Nella popolazione umbra sono in continuo aumento bisogni assistenziali derivanti da condizioni di disagio, da abuso di sostanze, da disturbi psichiatrici e da disturbi del comportamento alimentare. Per questo l’attuale Piano Sanitario Regionale richiama in maniera forte la necessità di un grosso sforzo, nella risposta a queste necessità assistenziali anche in termini di investimenti sul territorio al fine di migliorare la presa in carico, la continuità delle cure, l’appropriatezza degli interventi assistenziali e la sostenibilità del sistema. A tal fine si rende assolutamente necessario e prioritario perseguire l’inversione dei pesi della bilancia ospedale/territorio ed in questo senso le professioni sanitarie, quella infermieristica I prima di tutte, rappresentano formidabili vettori di cambiamento. I servizi territoriali non possono essere limitati all’assistenza e alla riabilitazione domiciliare ma ci deve essere una sempre maggiore attenzione all’aspetto della prevenzione. In questo senso si rende necessario un concreto, moderno ed effettivo coinvolgimento di tutti i professionisti in ogni fase di definizione del processo di erogazione dell’assistenza al fine di meglio individuare strategie adeguate, efficaci ed appropriate per rispondere ai bisogni di salute delle persone nel posto più vicino possibile a dove questi bisogni si manifestano. La popolazione umbra, ad oggi, è assistita da 5.771 Infermieri italiani e stranieri iscritti agli albi Professionali della Provincia di Perugia e di Terni con una media regionale di circa 6,4 infermieri per 100 abitanti. I dati OCSE raccomandano, per i paesi Europei, una presenza media pari a 8,9 infermieri per 1000 abitanti. Sulla base di quest’ultimo parametro in Umbria mancherebbero circa 1.200 infermieri. Una ulteriore considerazione merita di essere fatta rispetto alle caratteristiche della popolazione infermieristica attiva che mette in evidenza come il 10,3% di questa popolazione appartiene alla fascia di età che va oltre i 55 anni e se si considera anche la fascia che va da 50 a 54 anni questa percentuale arriva al 22,6%. Questi pochi elementi, associati alla esiguità dei posti disponibili per l’accesso al corso di Laurea in Infermieristica dell’Università degli Studi di Perugia, sono sufficienti ad evidenziare in modo inequivocabile che da qui a poco la nostra profession andrà incontro ad una vera e propria emergenza. Da tutto quanto esposto risulta evidente editoriale D I PA L M I R O R I G A N E L L I 2 editoriale la necessità di investire in maniera significativa anche sulla professione infermieristica al fine di mettere a disposizione del sistema le competenze professionali necessarie ed il numero di professionisti adeguato per rispondere in maniera appropriata ai bisogni dei cittadini ed alla sostenibilità del sistema sanitario regionale e nazionale. Si deve dare piena applicazione alle disposizioni contenute nella legge n. 251/00 anche nella nostra Regione. Non possiamo più attendere quel processo di valorizzazione professionale che da dieci anni aspettiamo nella nostra Regione, istituendo e assegnando la responsabilità della direzione delle professioni sanitarie. La stessa legge n. 251/00 già nella su fase transitoria aveva identificato chiaramente il principio della identificazione delle responsabilità. Mentre in numerose regioni si stanno adottando modelli dove si individuano ed istituiscono macrostrutture attraverso le quali le professioni sanitarie garantiscono appropriatezza e governo di processi assistenziali complessi, nella nostra regione si assiste ad uno smantellamento sistematico di questi strutture previste per altro nei documenti di programmazione sanitaria regionale capaci di contribuire in maniera determinante al raggiungimento di quei risultati di eccellenza in termini di qualità delle risposte assistenziali e di sostenibilità del sistema sanitario regionale che ancora oggi ci vengono riconosciuti. All’interno delle aziende sanitarie della regione Umbria, solamente la ASL n. 3 Foligno, ha dato piena applicazione alla Legge n. 251/200 attribuendo la funzione di Dirigente Unico delle Professioni sanitarie in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa vigente. In altre aziende la direzione dei servizi delle professioni sanitarie è affidata in maniera diversa e diversificata, o con incarico a termine secondo quanto previsto dall’art 15 septies del Dlgs n.502/92, o con posizioni organizzative, o addirittura, ultima novità, con l’attribuzione della funzione di dirigente del servizio al direttore sanitario. Secondo i principi della norma istitutiva, la dirigenza delle professioni sanitarie, dovrebbe essere funzionale allo sviluppo professionale e al miglioramento la qualità dell’assistenza. Dovrebbe, cioè, favorire la definizione di modelli organizzativi e gestionali che valorizzino appieno le potenzialità professionali superando progressivamente la duplicazione di ruoli e funzioni attraverso la costruzione e migliorando percorsi di crescita e ricerca. Dovrebbe consentire di promuovere approcci basati sulle prove di efficacia in contesti operativi a sempre maggiore integrazione professionale che costituiscono solidi investimenti per risultati sempre più sicuri all’interno di processi sempre più sostenibili. La valorizzazione dell’impegno, della competenza professionale e dei meriti, inserita in questo senso, non rappresenta un costo ma un’opportunità di investimento unica che valorizza il capitale professionale a favore della salute dei cittadini. Tutto questo legittima alcune semplici domande: Per quanto tempo ancora si potrà fare a meno delle potenzialità che la professione infermieristica in Umbria può mettere a disposizione in termini di miglioramento della qualità e della sostenibilità dei servizi? Fino a quando potremmo continuare a fare a meno di una politica sanitaria regionale senza guida e senza riferimenti e che dimostri con i fatti di volere mantenere e sviluppare servizi e risorse assolutamente necessari alla sua sopravvivenza? Per quanto tempo ancora potremo fare a meno, dentro le nostre aziende, di servizi delle professioni sanitarie che non esistono o che non sono messi nella condizione di governare al meglio processi assistenziali complessi che rappresentano la principale strategia di miglioramento della qualità dell’assistenza e della sostenibilità del sistema? Noi crediamo che non sia più possibile rinviare, è tempo di liberare queste risorse, di valorizzarle a tutti i livelli di responsabilità professionale in modo tale che ognuna possa con il proprio contributo specifico, divenire il volano del miglioramento della qualità della salute dei cittadini anche, e soprattutto, in periodi di grande difficoltà economica come quella che stiamo vivendo. Gli infermieri in Umbria vogliono essere la forza di una nuova cultura per il nostro sistema di salute. Buona estate a tutti. ● 3 INFERMIERA ASL N. 2 - CORI PASSIGNANO SUL TRASIMENO, INFERMIERA ASL N. 4 PRESIDIO OSPEDALIERO DI ORVIETO NOTIZIE FLASH LA NUOVA AMBULANZA Nasce in Italia la prima ambulanza antibatterica del mondo renderlo possibile è un materiale innovativo, brevettato a Prato dalla Next Technology Tecnotessile (istituto fondato dal Miur), che abbatte costantemente la crescita dei batteri presenti sulle superfici. “Non ha controindicazioni per le persone e il suo costo varia di poche migliaia di euro rispetto ai mezzi tradizionali”, spiega il direttore dell’istituto, Solitario Nesti. Una rivoluzione presto applicabile a tanti altri ambienti e mezzi di trasporto, compresi treni, autobus e aerei. A (Tratto da Quotidianosanità.it) versalmente considerata la fondatrice dell’infermieristica. Per questa ragione il 12 maggio è stato scelto come data per celebrare la Giornata internazionale degli infermieri, che quest’anno in tutto il mondo si svolge sotto il titolo Closing the gap. Increasing access and equità. È questo infatti il tema scelto dall’International Council of Nurses (Inc), l’associazione che riunisce le rappresentanze nazionali degli infermieri di 130 Paesi del mondo, ovvero circa 13 milioni di professionisti dell’assistenza. Inc sollecita gli infermieri ad un ruolo attivo per migliorare l’accesso e l’equità dei servizi sanitari, suggerendo di sviluppare un ruolo di pressione a tutela delle popolazioni, soprattutto dei più fragili e svantaggiati. (Tratto da MondoProfessionisti.eu) NUOVO PORTALE DELL’IP.AS.VI. I valori non cambiano i modi per condividerli sì l 12 maggio è stata celebrata la Giornata internazionale degli infermieri. E in Italia l’IP.AS.VI. lancia un nuovo portale con lo slogan: “Infermieri. I nostri valori non cambiano. I modi per condividerli, sì”. Il 12 maggio del 1820 nasceva Florence Nightngale, uni- I professioneinfermiereumbria2/11 UMBRIA: L’OSPEDALE DI PANTALLA Presentato il nuovo ospedale unico della Media Valle del Tevere uattro anni di lavori e circa 42 mln di euro investiti, il nuovo ospedale, costruito a Pantalla, sostituisce gli ospedali di Todi e Marsciano poten- Q ziando e riqualificando l’offerta sanitaria sul territorio, per garantire al massimo la continuità assistenziale. “È un ulteriore tassello verso la completa riorganizzazione e riqualificazione della rete ospedaliera regionale e dei servizi territoriali, che realizza gli obiettivi posti dalla programmazione regionale e configura un nuovo modello organizzativo, capace di garantire una offerta di grande qualità del servizio ospedaliero umbro, l’efficienza della spesa e la soddisfazione delle esigenze e dei bisogni dei cittadini”. Lo ha detto la presidente della Regione Umbria, titolare della delega alla Sanità, Catiuscia Marini, intervenendo stamani a Pantalla di Todi per la presentazione alla stampa del nuovo Ospedale Unico della Media Valle del Tevere, che verrà ufficialmente inaugurato sabato 21 maggio […]. (Tratto da Quotidianosanità.it) PROFESSIONI SANITARIE L’8 settembre i test d’ammissione 2011 scita la data della prova di ammissione al corso di laurea ad accesso programmato per U ilcollegioinforma A CURA DI MANUELA DORMENTONI, LAURA CAPRASECCA indicazioni per la lettura 4 ilcollegioinforma MANUALE TASCABILE DELLE DIAGNOSI INFERMIERISTICHE A CURA DELLA REDAZIONE uesto manuale pratico si caratterizza per un formato e per un’organizzazione che si propongono di aiutare il lettore a trovare l’esatta diagnosi con rapidità e sicurezza. Q le professioni sanitarie anno accademico 2011-2012. La prova di ammissione al corso di laurea per le professioni sanitarie è stata fissata il giorno 8 settembre 2011. Si svolgerà attraverso ottanta quesiti a risposta multipla. Le risposte possibili sono 5 e solo una quella corretta. Verrà assegnato 1 punto per ogni risposta esatta, sottratti 0,25 punti per ogni risposta sbagliata, nessun punto verrà assegnato o sottratto per ogni risposta. (Tratto da MondoProfessionisti.eu) Prima e seconda parte La prima e la seconda parte comprendono le diagnosi infermieristiche appartenenti alla nota tassonomia di NANDA International (con alcune modifiche e aggiunte dell’autrice), per ognuna delle quali sono presentati la definizione, le caratteristiche definenti, i fattori contribuenti e di rischio, gli interventi generali e quelli rivolti a popolazioni specifiche. La terza parte La terza parte, novità di questa edizione, descrive 28 problemi collaborativi. La quarta parte La quarta parte presenta raggruppamenti diagnostici relativi a situazioni cliniche di frequente riscontro con le diagnosi infermieristiche e i problemi collaborativi a esse associati. Questo testo utilizza un linguaggio infermieristico standardizzato messo a punto secondo le indicazioni di gruppi di lavoro formati da numerosi professionisti della disciplina infermieristica di varia provenienza, al fine di utilizzare un linguaggio coerente, che favorisca anche la ricerca e il confronto in seno alla comunità professionale del nostro paese. Descrizione Lynda Juall Carpenito-Moyet Manuale tascabile delle diagnosi infermieristiche Quinta edizione, Casa Editrice Ambrosiana Distribuzione esclusiva Zanichelli 2011 Volume unico Pagine 912 Formato cm. 10,5 x 19 ISBN 9788808186881 ● DOLORI: LA CRONICITÀ A volte soffrire è inevitabile ma sopportare è dannoso l dolore ha vittime ovunque, con oscillazioni che vanno dall’8 al 60% della popolazione: in Europa ne soffrirebbero 50 milioni di persone. In Italia il 26% della popolazione e più della metà sono donne; ma soltanto il 2% si rivolge a centri specialistici per il trattamento. “Il dolore è un salvavita, allerta e protegge l’organismo, i guai cominciano quando non viene bloccato subito, perché il cervello lo memorizza e più dura l’esperienza negativa, più il dolore viene immagazzinato - spiega A. Sabato terapista del dolore dell’Università di Tor Vergata - contollarlo completamente è quasi impossibile, una parte sfugge sempre, a causa del sistema di controllo della “glia” che spara sulle cellule intontite dagli oppiacei e se non riesce a svegliarle attiva delle sostanze dolorifiche dette chinasi”. I 5 professioneinfermiereumbria2/11 Zucco dell’ospedale Salvini di Garbagnate Milanese - oppioidi deboli e forti, vecchi e nuovi, analgesici e antinfiammatori abusati in Italia, antiepilettici, antidepressivi e cortisonici, o anche elettrostimolazione e infiltrazioni fino alla chirurgia mini invasiva e al supporto psicologico”. (Tratto da La Repubblica Salute) GLI OPPIODI: “VERI” ANALGESICI Finalmente cresce l’utilizzo termine con “R ivoluzionaria” cui viene definita la Leg- ge 38/2010, ad un anno dalla sua approvazione trova d’accordo medici, associazioni di pazienti e politici, la Legge che stabilisce finalmente il diritto a non soffrire, l’accesso uniforme alle cure palliative e alla terapia del dolore e l’auspicata appropriatezza terapeutica. Per Guido Fanelli, coordinatore della commissione per l’attuazione della Legge 38, la vera novità è la creazione di due reti per le cure palliative e per la terapia del dolore. “La prima - dice Fanelli - è operativa da anni sul territorio nazionale per l’impegno del volontariato e dei medici palliativisti; la seconda, parte adesso con il riconoscimento del dolore quale malattia, e si farà carico dei pazienti con dolore cronico”. Ad oggi la rete delle cure palliative dispone di circa 136 hospice pubblici e privati, che riescono ad assistere circa il 50% dei 151 mila malati on- cologici, dei quali un terzo muore ancora in ospedale. Secondo un’indagine dello scorso anno, la conoscenza delle cure palliative tra la gente è migliorata anche se spesso viene identificata con la terapia antalgica. Tutta da organizzare è invece la rete del dolore cronico, costruita secondo il modello dello “spoke and hub”: medico di famiglia – centro territoriale di primo livello – ospedale di secondo livello. In dieci regioni l’80% delle Asl assicura almeno un ambulatorio dedicato. Poche le realtà dove l’intensità del dolore si registra in cartella clinica, d’ora in avanti sarà obbligatorio per tutti i medici. La normativa inciderà sulla vita di milioni di malati cronici. Il primo successo è stato l’aumento dell’uso di oppioidi, in parte dovuto alla semplificazione prescrittiva di analgesici maggiori non iniettabili. I giorni di trattamento sono passati da 6,7 a 11,7 con un tasso di crescita del 15%. La spesa pro-capite è raddoppiata (da 0,50 a 1,02 euro), sebbene resti molto indietro alla media europea (4,4 euro). “Un dato significativo considerato che l’Italia partiva da una situazione senza uguali in Europa, cioè un trattamento basato sui FANS - dice Fanelli - adesso la battaglia da fare è sul dolore cronico benigno e sul territorio. sarà creata la disciplina in palliazione e i medici che in questi anni si sono impegnati nella rete delle cure palliative saranno tutelati dalla legge e alle regioni che presenteranno progetti ad hoc verranno erogati fondi”. (Tratto da La Repubblica Salute) ilcollegioinforma A volte soffrire è inevitabile ma sopportare è dannoso: più dolori sente il cervello, più danni si fanno al corpo. Il 5% della popolazione europea soffre di un dolore cronico severo,trattato male o poco; alcune ricerche rilevano che tra lìinizio dei sintomi e la visita medica trascorrono dai 15 ai 56 mesi. Nel frattempo recettori, circuiti neuronali e aree cerebrali bersagliati dallo stimolo doloroso si modificano fino a produrre sostanze infiammatorie o ad alterare l’equilibrio di alcuni neurormoni. “La risposta al dolore è mediata da endorfine, catecolamine e altre molecole che creano una sorta di difesa del cervello – C. Bonazzi, IRCSS di Pavia – ogni persona ha una soglia di dolore che cambia in continuo grazie agli oppiacei naturali”. Il patrimonio genetico, la quantità e il tipo di recettori deputati a rilevare le percezioni dolorose, hanno senz’altro un ruolo importante. I ricercatori cercano i geni degli antidolorifici naturali per modificarli e reiniettarli così da aumentarne i livelli. Anche la personalità e il temperamento contano molto sulla percezione del dolore; lo stato mentale è influenzato da neurotrasmettitori quali serotonina, adrenalina, noradrenalina e dopamina. un modo per tenere in scacco l’esperienza dolorosa potrebbe essere quello di immaginare se stessi fuori dalla sua morsa, sperimentando una specie di training autogeno. La raccomandazione dell’OMS è fermare subito il dolore cronico e preferire combinazioni di trattamenti. “Abbiamo molte possibilità - dice F. 6 indicazioni per la lettura ilcollegioinforma CELIACHIA METODI E STRUMENTI PER LA FORMAZIONE NELLE AZIENDE SANITARIE A CURA DELLA REDAZIONE uesto testo è indirizzato a tutti i formatori, a coloro che frequentano il master in tutoraggio, il corso di laurea magistrale in scienze infermieristiche e a tutti coloro che lavorano nei centri per la formazione delle aziende sanitarie pubbliche o private. Il testo introduce gli elementi essenziali della formazione continua agli adulti, nello specifico, la formazione in ambito sanitario, e offre a coloro che devono progettare la formazione nelle aziende ospedaliere o sanitarie locali alcuni preziosi strumenti già testati e comunemente impiegati dalla stessa Agenzia per la Formazione - Azienda USL. Q Parte prima: modelli teorici di progettazione 1- I principali modelli teorici di riferimento per la progettazione della formazione. 2 - Strumenti relazionali per l’autoformazione. 3 - Lo Human Resource Management. 4 - Indicazioni per la progettazione di un Programma Annuale delle Attività Formative (PAAF) Parte seconda: catalogo degli strumenti dell’agenzia per la formazione 5 - Il processo formativo. 6 - Risultati della formazione. 7 - Apprendimento. 8 - Performance. 9 - Impatto organizzativo. 10 - Bibliografia. Gli autori Danilo Massai è Direttore dell’Agenzia per la Formazione “Azienda USL 11 Empoli” e membro del Comitato Centrale della Federazione Nazionale Collegi IP.AS.VI. Ambra Amerini, Servizio analisi e valutazione dei bisogni formativi e delle competenze professionali presso l’Agenzia per la Formazione “Azienda USL 11 Empoli”. Alessandra Corbani attualmente lavora presso la società cooperativa Sintesi, occupandosi di attività inerenti la gestione dei servizi per l’impiego e della gestione sportello tirocini. Alessandro Mancini è Collaboratore Sanitario Infermiere Esperto “Progettista - Formatore” presso l’Agenzia per la Formazione “Azienda USL 11 Empoli”. ● Né allergici né veri celiaci, l’ipotesi della sensibilità al glutine L’ ipotesi è del tutto empirica, legata solo all’osservazione dei pazienti, poiché non esiste ancora un test per dimostrarla. Molti pazienti riferiscono dolori addominali, emicrania, astenia, diarrea, formicolio o anche perdita di sensibilità degli arti; pazienti che arrivano dal medico sospettando allergia al glutine o celiachia, poi smentiti dagli esami sierologici. L’ipotesi è che oltre a queste due diverse forme di malattia ne possa esistere una terza, una sensibilità al glutine che non è una risposta immunitaria e con sintomi che in parte coincidono con quelli della celiachia, ma che possono anche far pensare al colon irritabile. Secondo Carlo Catassi, dell’università Politecnico delle Marche, la situazione non è confusa poiché le persone hanno veramente questi sintomi persistenti e importanti; non essendoci poi test sierologici specifici vengono fatti test di scatenamento con il glutine grazie a cui si coglie il nesso causa-effetto. In ogni caso sta per partire uno studio multicentrico in doppio cieco in cui i soggetti che partecipano non sanno se assumono la pillola con o senza il glutine, grazie a questo studio sarà possibile avere risposte più precise. Per ora l’unica strada da percorrere è quella della dieta priva di glutine, poiché la maggior parte dei pazienti sta bene quando la segue. L’ipotesi è che a fronte di un 1% di celiaci ce ne possa essere un 6% di sensibili. ✑ (Tratto da La Repubblica Salute) 7 CORSI DI AGGIORNAMENTO EVENTI FORMATIVI I l Collegio IP.AS.VI. di Perugia organizza per il secondo semestre 2011 i seguenti corsi residenziali presso la propria sede di Ponte San Giovanni: ❚ L’INGLESE BIOMEDICO Uno strumento per assistere una società multietnica Docenti: – Jane R. Oliensis, – Massimo Giovannoni Periodo: Ed. 2 il 4-11-18-25 ottobre 2-8-15-22-29 novembre 6 dicembre Durata del corso: 25 ore in 10 incontri ❚ L’INTERFERENZA DEL SINTOMO DOLORE NELLA RELAZIONE D’AIUTO Docenti: – Marinelli Nora, – Picciafuoco Maria Teresa, – Tullio Marco Caprini, – Alunno Monia Periodo: Ed. 2 Il 22-29 settembre 6 ottobre Ed. 3 il 3-10-15 novembre Ed. 4 il 24 novembre 1-9 dicembre Durata del corso: 13,30 ore in 3 incontri ❚ E.B.P. E LA PRATICA ASSISTENZIALE INFERMIERISTICA Aspetti etici della ricerca Docenti: – Palmiro Riganelli, – Gian Domenico Giusti Periodo: Ed. 3 il 14-21 ottobre Ed. il 4 il 25 novembre 2 dicembre Durata del corso: 9,30 ore in 2 incontri (riservato a coloro che non hanno partecipato alle edizioni precedenti del medesimo corso. professioneinfermiereumbria2/11 CHIUSURA DELL’UFFICIO Informazioni generali I destinatari dell’evento formativo sono gli Infermieri, Assistenti Sanitari e Infermieri Pediatrici iscritti al Collegio IP.AS.VI. di Perugia, in regola con i pagamenti relativi alle quote d’iscrizione all’albo professionale, per i quali è stato richiesto l’accreditamento E.C.M. È stata inoltrata la richiesta di accreditamento alla Commissione E.C.M. della Regione Umbria. Il conseguimento da parte dei partecipanti dei crediti E.C.M., è subordinato alla frequenza del 90% delle ore previste come da programma e al superamento della verifica di apprendimento (livello di sufficienza 80%). Gli attestati E.C.M. potranno essere ritirati presso la segreteria del Collegio IP.AS.VI dopo specifica comunicazione nella nostra rivista. La partecipazione al Convegno è gratuita. COLLEGIO DI PERUGIA Modalità di iscrizione i comunica agli iscritti del Collegio di Perugia che in concomitanza delle ferie estive l’ufficio resterà chiuso al pubblico nelle seguenti date: – dal 22 luglio 5 agosto – dal 12 al 16 agosto – dal 12 al 16 settembre ● Per iscriversi è necessario inviare via fax la scheda di iscrizione debitamente compilata (vedi pagina seguente) in ogni sua parte e sottoscritta (n. 2 firme) al numero telefonico 075.599.78.32 segreteria del Collegio IP.AS.VI. della provincia di Perugia, entro e non oltre il 15 settembre 2011. S ilcollegioinforma A C U R A D E L L A C O M M I S S I O N E P E R L’ A G G I O R N A M E N T O E L A R I C E R C A 8 S I posti disponibili per ciascun corso sono n° 20. L’assegnazione dei posti disponibili avverrà in base alla data d’invio della scheda d’iscrizione al Convegno. Non saranno accettate schede di iscrizione incomplete o inviate ad altro numero di fax. Qualora il numero degli Iscritti a partecipare sia superiore al numero dei posti disponibili, questo Collegio si rende disponibile a ripetere l’evento. L’elenco dei partecipanti regolarmente iscritti ai corsi verrà pubblicato nel sito del Collegio IP.AS.VI. di Perugia (www.ipasviperugia.it). L’iscritto classificato utilmente nella graduatoria verrà convocato telefonicamente per la disponibilità definitiva alla partecipazione secondo il calendario deciso dal Consiglio Direttivo. L’Iscrizione dà diritto a: ❚ Attestato di partecipazione ❚ Attestato di assegnazione crediti formativi E.C.M. (a seguito di verifica questionario di apprendimento e valutazione). cheda di iscrizione da compilare in ogni sua parte in stampatello ed inviare per fax al numero 075.5997832 ❑ L’INGLESE BIOMEDICO Uno strumento per assistere una società multietnica ❑ L’E.B.P. E LA PRATICA ASSISTENZIALE INFERMIERISTICA Aspetti etici della ricerca ❑ L’INTERFERENZA DEL SINTOMO DOLORE NELLA RELAZIONE D’AIUTO (BARRARE IL CORSO INTERESSATO) Nome: ____________________________________________ Cognome: ________________________________________ Nato/a: _________________________ il ______________ Qualifica: ❑ I.P. ❑ A.S. ❑ V.I. ❑ I.Pediatrico Codice fiscale (obbligatorio): __________________________________________________ ❑ Iscritto collegio IP.AS.VI. di Perugia Residenza: _______________________________________ Città: ______________________________________________ Recesso Provincia: ___________________ C.A.P.: ______________ Tel.: ___________________ Cell.: _____________________ Collegio di IP.AS.VI. di:________________________________ Data: _______________ _________________________ FIRMA Si autorizza a trattare, comunicare e diffondere i dati indicati nella presente scheda solo per finalità inerenti all’evento formativo e, ove ricorre, per l’accreditamento E.C.M. (ai sensi dell’art. 10 della L. 65/96) Data: _______________ _________________________ FIRMA RITAGLIA E INVIA PER FAX AL COLLEGIO DI PERUGIA consapevole delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere, ai sensi del D.P.R. 28.12.2000 n. 445 dichiaro di essere in regola con i pagamenti relativi alle quote d’iscrizione all’albo professionale per il: Data la limitatezza dei posti, chi, dopo l’iscrizione, non può partecipare all’evento formativo, è pregato di darne immediata comunicazione telefonica alla Segreteria del Collegio onde permettere ad altri colleghi di partecipare. ✃ scheda di iscrizione ilcollegioinforma Posti disponibili Segreteria organizzativa e sede dei convegni Collegio IP.AS.VI. di Perugia, Via Manzoni, 82 in Ponte San Giovanni (Perugia): ❚ Tel. e fax 075.5997832 ❚ [email protected] ✑ 9 EVENTO FORMATIVO L’ECOGRAFIA NELLE PROCEDURE INFERMIERISTICHE In diverse strutture sanitarie del nostro Paese, da tempo l’ecografia infermieristica viene regolarmente eseguita, mentre per la maggior parte degli infermieri della nostra realtà regionale era un’opportunità ancora sconosciuta. Evento accreditato E.C.M. I l 18 maggio si è svolto a Perugia, presso la sede della nuova facoltà di Medicina e Chirurgia, un evento formativo dal titolo: “Ecografia, nuove frontiere per l’infermiere”. L’evento, organizzato dall’Ufficio Formazione dell’Azienda Ospedaliera di Perugia e dalla Struttura Complessa di Medicina Interna e VascolareStroke Unit, diretta dal Prof. Giancarlo Agnelli, rientra nell’ambito delle iniziative formative aziendali, con accreditamento E.C.M. Al convegno hanno partecipato infermieri provenienti da tutte le Aziende Sanitarie umbre e da strutture convenzionate. Il programma Il programma prevedeva due relazioni, la prima dal titolo: ❚ “L’uso dell’ecografia nelle procedure infermieristiche”, è stata svolta dall’infermiera Isabella Brandino, dipendente della ASL Torino 5 Moncalieri, specializzata da molti anni in ecografia infermieristica professioneinfermiereumbria2/11 Obiettivi dell’evento la seconda, dal titolo: ❚ “Tecniche di inserimento dei CVC e dei Peripherally Inserted Central Catheters (PICC)”, è stata\ svolta dal professor Francesco Paoletti primario anestesista dell’Azienda Ospedaliera di Perugia Al termine si è tenuto un ampio dibattito tra i partecipanti e i relatori. L’obiettivo principale dell’iniziativa era quello di diffondere la conoscenza della possibilità di utilizzare uno strumento come l’ecografo, per migliorare la tecnica e la sicurezza di alcune procedure infermieristiche, compreso l’incanulamento di una vena periferica con i PICC. L’evento organizzato aveva quindi come unico obiettivo, la promozione di uno stimolo culturale per i professionisti interessati. Negli ultimi decenni, l’ecografia, è divenuta un mezzo di diagnosi e terapia multidisciplinare, impiegato non solamente da Medici Radiologi, ma da Operatori diversi, accomunati da esigenze di approccio rapido e non invasivo al paziente. Non è quindi fuori luogo parlare anche di ecografia Infermieristica, quando l’Infermiere si trova nella necessità di effettuare procedure che rientrano nell’ambito della propria professione, ed impiega l’ecografo non a scopo diagnostico, ma come ausilio per ridurre le difficoltà e la morbilità di certe manovre. Non ecografia diagnostica, quindi, ma una particolare forma di ecografia operativa. ilcollegioinforma DI MARIO AMICO INFERMIERE COORDINATORE S.C. MEDICINA INTERNA E VASCOLARE - OSPEDALE SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA DI PERUGIA errata corrige 10 ilcollegioinforma ERRATA CORRIGE A CURA DELLA REDAZIONE si riporta a seguire la prima pagina dell’articolo S “LA LIBERA PROFESSIONE INFERMIERISTICA, Una nuova opportunità per il cittadino” pubblicato dalla pag. 26 alla 29 del numero 1 del 2011, con i nominativi degli autori completi e corretti, scusandoci con gli autori stessi e i lettori per l’involontario errore di trascrizione. Autori – GABRIELE SANTORELLI, Laureato in Infermieristica presso l’Università degli Studi di Perugia Facoltà di Medicina e Chirurgia di Terni – Prof.ssa DANIELA GHIONE, Docente Corso di Laurea in Infermieristica presso l’Università degli Studi di Perugia Facoltà di Medicina e Chirurgia di Terni Abstrat La libera professione infermieristica oltre a rappresentare un’innovazione professionale ed occupazionale permette di improntare un tipo di assistenza sempre più volta ai bisogni fisici psichici e sociali della persona. Parole chiave Libera Professione, infermiere di famiglia, case management, case manager, “Salute 21”, counseling, persona. L’infermiere oggi è chiamato in prima persona a dimostrare la propria professionalità, acquisita con la formazione universitaria, nel rispetto della deontologia professionale e basata sulla capacità di giudizio, l’autonomia e la responsabilità individuale. Un infermiere in grado anche di “uscire dalle mura di un istituto ospedaliero” per offrire al cittadino una risposta specifica ai suoi molteplici e diversificati bisogni di salute. Un infermiere che, proprio per questo, si propone al cittadino, come libero professionista, offrendogli di fatto una nuova opportunità assistenziale. Infatti è proprio nella libera professione che l’infermiere può finalmente realizzare una assistenza di tipo olistico alla persona, consapevole più che mai, di intervenire non solo sulla sua dimensione fisica ma anche psichica e sociale. È inevitabile, quindi che oltre a una richiesta di assistenza tecnica, la persona manifesterà un bisogno di ascolto per ansie e paure ed in generale per tutto quello che rientra nel suo stato emotivo legato alla malattia. L’infermiere, inoltre ha la possibilità di relazionarsi con lui, direttamente nel suo contesto sociale venendo così a conoscere i suoi rapporti interpersonali, il “suo mondo”, elementi imprescindibili per la conoscenza dell’altro. Il cittadino ancora è legato ad una “immagine” dell’infermiere prevalentemente legata all’erogazione di prestazioni di tipo tecnico ed al ruolo dell’infermiere che lavora in regime di dipendenza, ma impegnandosi nella libera professione, l’infermiere acquisterà una maggiore e più specifica considerazione sociale. ● La figura dell’infermiere sta assumendo sempre più il ruolo di professionista di health care, e l’assunzione di tale responsabilità non può prescindere dall’utilizzo di nuove tecnologie. Un ruolo fondamentale L’ecografia in ambito professionale infermieristico trova numerose applicazioni, dal nursing in area critica fino alle degenze ordinarie medico-chirurgiche. Spaziando in queste aree, si evidenzia il ruolo fondamentale dell’ecografia specialmente nella gestione del patrimonio vascolare del paziente e nel nursing del cateterismo vescicale. Queste applicazioni necessitano ovviamente di un percorso formativo particolarmente articolato e strutturato, con esercitazioni pratiche guidate da parte di professionisti diversi. Inoltre le varie Strutture di degenza dovranno disporre di ecografi, anche portatili di minor costo, per sperimentare sul campo la validità della procedura e l’addestramento sistematico. Conclusioni Esistono degli studi già pubblicati, che dimostrano ad esempio, la minor incidenza di infezioni da cateterismo vescicale utilizzando l’ecografia durante la manovra. In conclusione si può affermare che l’utilizzo dell’ecografia, migliora la qualità delle prestazioni infermieristiche, con benefici per i pazienti e ripercussioni positive sul governo clinico dei processi assistenziali. ✑ 11 COSTITUZIONE NUCLEO PROVINCIALE C.I.V.E.S. PERUGIA 6 maggio 2011... una data importante, finalmente nasce C.I.V.E.S. (Comitato Infermieri Volontari Emergenza Sanitaria) a Perugia. Volontariato, Protezione civile, area sanitaria, maxi emergenze, tutti termini che si possono collegare ad un unico acronimo C.I.V.E.S.; costituita nel 1998 per volontà della Federazione nazionale collegi IP.AS.VI., C.I.V.E.S. è un’associazione di volontariato nazionale su base provinciale formata da infermieri iscritti ai Collegi provinciali IP.AS.VI. Tutti gli eventi disastrosi che hanno colpito l’Italia e non solo negli ultimi 50 anni (vedi il terremoto in Irpinia o l’alluvione di Firenze), hanno sottolineato che a mancare non era la so- professioneinfermiereumbria2/11 lidarietà delle persone ma un sistema pubblico organizzato che sapesse valorizzarla ed utilizzarla al meglio, offrendo uno strumento organizzato capace di ottimizzare la disponibilità di professionisti in area sanitaria in caso di interventi in emergenze e collaborando con gli altri organi di Protezione civile. Con la legge 225 del 24 febbraio del 1992, nasce il sistema Nazionale della Protezione Civile e le organizzazioni di volontariato hanno finalmente assunto il ruolo di “strutture operative nazionali”, volontariato e solidarietà riassumono le finalità del C.I.V.E.S. Gli infermieri come professionisti hanno responsabilità morali e legali quindi debbono e vogliono rispondere adegua- tamente al fabbisogno di salute che la popolazione richiede. Possono iscriversi al C.I.V.E.S. tutti gli infermieri inseriti negli albi provinciali IP.AS.VI. chiedendo di essere soci operativi, disponibili quindi ad essere mobilitati in caso di necessità alle attività di protezione civile in Italia o all’estero. Ogni volontario può dare la propria disponibilità ed ha la facoltà di decidere: ❚ sul luogo della missione (missioni provinciali, regionali, nazionali o internazionali) ❚ sui tempi di preavviso (partenza immediata o preavviso di 6 ore, 1 giorno, 1 settimana) ❚ la durata della missione (breve da 1 a 7 gg, intermedie da 15 gg ad 1 mese o lunghe). ilcollegioinforma A CURA DEL NUCLEO CIVES DI PERUGIA notizie in breve 12 ilcollegioinforma INAUGURAZIONE DEL NUOVO REPARTO PSICHIATRICO DI PERUGIA A CURA DELLA REDAZIONE La professione infermieristica deve essere presente con tutte le sue aree di competenza al fine di garantire al meglio l’assistenza durante ma anche dopo l’emergenza (aree di salute mentale, aree traumatologiche, aree pediatriche, chirurgiche mediche e di terapia intensiva). Un particolare ringraziamento per il sostegno dato a questo importante progetto va al Consiglio Direttivo del Collegio IP.AS.VI., al presidente Dr. Palmiro Riganelli ed alla provincia di Perugia nella persona del suo vicepresidente il Dr. Aviano Rossi da sempre attento agli stimoli che arrivano dalla comunità degli infermieri. Consiglio direttivo ❚ ❚ ❚ ❚ PERUGIA: alcuni momenti dell’inaugurazione del nuovo reparto di psichiatria ❚ l Giorno 20 giugno 2011 presso l’Ospedale “Santa Maria della Misericordia di Perugia”, si è avviata in maniera definitiva l’attività del nuovo reparto di Psichiatria (SPDC – Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) concretizzatasi con il trasferimento dei pazienti dalla vecchia struttura di Villa Massari a quella nuova del Polo Unico. La realizzazione del nuovo reparto era stata più volte sollecitata dalle istituzioni e rappresenta un’importantissimo investimento della città e delle azienda sanitarie per l’offerta di servizi al passo rispetto agli orientamenti sociali e sanitari di gestione del disagio psichico. Una gestione che punti al reinserimento precoce ed in sicurezza della persona con disagio psichico, una restituzione al vivere sociale condiviso, in famiglia e nei normali contesti di vita. Questi obiettivi divengono perseguibili solo se si stabilisce e si mantiene un rapporto continuo e sinergico tra strutture ospedaliere e territoriali; presupposto che sembra costituire l’attualità e il futuro dei servizi a difesa della salute mentale dei cittadini. ● I Presidente MICHELE FIORUCCI Vice Presidente SOFIA BONISOLO Segretario FILOMENA NOCERA Tesoriere FAUSTO RUGGIERO Direttore Provinciale SABRINA ADAMI Revisori dei Conti ❚ Presidente SIMONA CASTOLDI ❚ Membro effettivo SARA URLI ❚ Membro effettivo MIRCO PAGNOTTA Comitato di Garanzia ❚ Presidente PALMIRO RIGANELLI ❚ Membro effettivo MASSIMO GIOVANNONI ❚ Membro effettivo MICHELE BELLAVEGLIA ✑ 13 BEATI GLI ULTIMI... G ioventù: sinonimo di vivacità e vitalità... e noi: così giovani e così vitali! Quello di Terni è l’ultimo arrivato in ordine di tempo tra i Nuclei Provinciali C.I.V.E.S. – Coordinamento Infermieri Volontari per l’Emergenza Sanitaria e, sicuramente, si propone di essere tra i più vivaci e propositivi. La sua costituzione è infatti datata 7 maggio 2011 dalla volontà di un gruppo di infermieri cittadini da anni impegnati nel “volontariato attivo” nell’ambito di varie associazioni a carattere regionale e locale ed all’interno della stessa Associazione Nazionale C.I.V.E.S. - ONLUS e grazie al determinate contributo di tutti i componenti del Consiglio Direttivo del Collegio IP.AS.VI. di Terni “capitanati” dalla Presidente Dott.ssa Ambra Proietti. professioneinfermiereumbria2/11 La formalizzazione del Nucleo ternano, è giunta a margine del Convegno “Etica e deontologia: guida per l’infermiere impegnato nel volontariato rivolto all’emergenza” svoltosi presso la Sala Conferenze dell’Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni ed organizzato dallo stesso Collegio IP.AS.VI. di Terni in occasione dell’ Assemblea Ordinaria degli iscritti ed alla quale hanno partecipato circa 150 colleghi infermieri. L’obiettivo del Nucleo Provinciale ternano, è di riprodurre a livello regionale-locale, un sistema di intervento volontario che, “organizzando lo spirito di solidarietà dei professionisti sappia esaltare la competenza e le specializzazioni che gli infermieri sono in grado di esprimere”, anche attraverso l’instaurazione di un proficuo rapporto sinergico con il Nucleo Provinciale “dei cugini” di Perugia capace di sfatare inutili e sciocchi campanilismi. L’attuale composizione del Nucleo Provinciale C.I.V.E.S. di Terni vede la presenza di quaranta unità infermieristiche iscritte – il 70% delle quali “operative” – ed il trend delle adesioni in costante crescita, lascia presupporre il superamento a breve della soglia dei cinquanta infermieri associati. Gli organi di amministrazione e gestione del Nucleo sono: Comitato Direttivo ❚ Presidente CAMUZZI MIRIO C.I.F.P. - A.O. Terni/ASL 4 ❚ Vice Presidente: BARTOLUCCI ROBERTO C.O. 118 - ASL 4 ❚ Segretario SANTURO EMANUELA Blocco Operatorio - A.O. Terni ilcollegioinforma A CURA DEL NUCLEO CIVES DI TERNI 14 ilcollegioinforma ❚ Direttore Operativo LUCIDI CLAUDIO C.O. 118 - ASL 4 ❚ Tesoriere ROMANI NADIA Sala Operatoria Ospedale Narni - ASL 4 Comitato di Garanzia ❚ Presidente: PROIETTI AMBRA ❚ Componente: BERTINI SERENELLA ❚ Componente: SABINA LEONARDO Revisori dei Conti ❚ Presidente: CRESTA ROSSELLA ❚ Componente: PETRALLA GASTONE ❚ Componente: RUFFINELLI EMANUELA L’elemento della vitalità permea integralmente il Nucleo e fin dai “primi vagiti” è stato caratterizzato dal prezioso contributo che ogni singolo iscritto (non solo i componenti dei vari organi) è stato capace di apportare al fine di concorre “all’arricchimento” del gruppo. Da subito molti colleghi hanno deciso di essere presenti in prima linea e l’esperienza accumulata nel corso degli anni anche mediante la loro partecipazione quali membri del Nucleo Nazionale agli interventi di Protezione Civile Coordinati dal D.N.P.C., è stata nuovamente messa a servizio dei cittadini attraverso la disponibilità garantita dopo l’attivazione del 31 maggio u.s. da parte dello stesso D.P.C.N. per la disponibilità di team infermieristici al fine di assicurare supporto alle attività di assistenza sanitaria ai migranti imbarcati sulle navi in partenza dall’Isola di Lampedusa. Tramite la predisposizione di un sistema di rotazione volto ad evitare potenziali risvolti negativi sul regolare svolgimento delle attività lavorative istituzionali delle strutture sanitarie di riferimento dei singoli professionisti, il Nucleo ternano ha assicurato la disponibilità di due proprie unità a settimana al Coordinamento Centrale ed ai Referenti Nazionali della Missione, per tutto il periodo di pre-allertamento. Lo sviluppo delle sinergie con il Nucleo di Perugia, reso possibile dall’instaurazione di corrette e profonde relazioni umane e dalla reciproca stima professionale tra i vari componenti dei due gruppi, è il vero “fiore all’occhiello” della realtà C.I.V.E.S. di Terni ed ha già permesso l’ottenimento di “frutti” considerevoli. Una prima testimonianza è venuta dal grande spazio riservato alle attività del C.I.V.E.S. nell’ambito della Manifestazione “Protezione civile aperta: dimostrazione di attività del sistema regionalediprotezionecivile” che si è svolta venerdì 8 luglio c/o il Centro Regionale della Protezione Civile di Foligno alla presenza tra gli altri dell’attuale Capo Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Franco Gabrielli, del “Padre” della Protezione Civile Italiana , Giuseppe Zamberletti, del Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, del Presidente della Consulta Nazionale del Volontariato, Simone Andreotti, del Presidente della Consulta Regionale del Volontariato, Fabio Militoni e del Responsabile Regionale della Protezione Civile Umbra, Sandro Costantini. In tale occasione una folta rappresentanza dei due Nuclei (12 professionisti) hanno curato un Percorso didattico rivolto alla popolazione ed ai bambini delle scuole umbre dal titolo “Sicuramente... in sicurezza” all’interno del quale sono stati proposti momenti ludico-educativi utili al trasferimento di nozioni, informazioni e tecniche adeguati alla prevenzione ed alla gestione dei più comuni incidenti che possono determinarsi in ambito scolastico, domestico e di gioco. Un ulteriore attestato di stima e “fiducia”, è arrivato dal pubblico encomio, riservato ai due Nuclei Umbri da parte dei massimi rappresentanti della Protezione Civile, del C.I.V.E.S. Nazionale e della stessa Presidente Nazionale della Federazione dei Collegi IP.AS.VI. Dott.ssa Annalisa Silvestro nel corso dei festeggiamenti per la Settimana Europea del Volontariato tenutisi a Roma il 7 luglio 2011 durante i quali ha avuto luogo la presentazione alle massime Autorità dello Stato del Progetto S.A.R.I. - Sistema Avanzato di Risposta Infermieristica. E le attività “in cantiere”? Tante! Nucleo in linea con i valori ed i principi ispiratori del C.I.V.E.S. ha in programma di realizzare a breve un evento informativo al comprensorio Narnese-Amerino, un evento formativo con accreditamento E.C.M. ad Orvieto, la partecipazione all’Esercitazione di Protezione Civile che si terrà nell’ambito provinciale ternano prevista per fine settembre/inizio ottobre all’interno della quale saranno simulati 4 scenari di intervento: disastro ferroviario, emergenza a seguito di un devastante evento sismico, maxiincidente sulla 4 corsie ed un disastro ambientale a seguito di un incidente industriale, ovviamente di concerto con il Nucleo di Perugia…e… ancora... quanto cercheremo di fare sulla base dei vostri suggerimenti. ✑ 15 DISPENS@TORE DI STIMOLI INFERMIERISTICI BLOCKNOTES U n progetto di ricerca ha dei tempi di preparazione, organizzazione e diffusione a volte molto lunghi; preparare, inviare e presentare un abstract (riassunto) per un evento congressuale è una fase molto importante della vita di questo progetto. La pubblicazione dei dati di uno studio, generalmente avviene attraverso le riviste scientifiche specializzate, ma i tempi a volta molto lunghi del processo di valutazione e dell’editing della rivista stessa, portano a dover ripensare il momento della diffusione. Da un po’ di anni anche in Italia, come già succede da molto tempo nel resto del mondo accademico/scientifico, i congressi danno la possibilità a tutti, compatibilmente con il tema trattato, di inviare la propria proposta di partecipazione all’evento e di effettuare una presentazione dello studio effettuato. Questa richiesta di partecipazione avviene attraverso l’invio di un abstract che verrà valutato dal comitato scientifico dell’evento, ed eventualmente accettato per essere presentato attraverso la modalità della presentazione orale oppure del poster. Il riassunto rappresenta il condensato della ricerca, ma prima di cominciare a scrivere è opportuno che l’autore si ponga alcune domande: professioneinfermiereumbria2/11 ❚ Perché hai cominciato? ❚ Che cosa hai fatto? ❚ Che cosa hai trovato? ❚ Che cosa vuoi dire? Le linee di indirizzo su come preparare un abstract sono le stesse per ogni evento congressuale, sia nazionale che internazionale, per poter partecipare occorre attenersi alle indicazioni contenute nella richiesta di presentazione e cer- la frase why did you start? what did you do? what did you find? what does you mean? Pierson, 2004 care di essere pertinenti con il titolo del congresso. Il “Titolo” deve esprimere accuratamente il contenuto dell’abstract; non dovrebbe superare le 10-12 parole e contenere lo scopo della ricerca, il disegno dello studio ed il risultato. Non vanno inseriti acronimi o parole troppo tecniche o gergali. La lista degli “Autori” dovrebbe esprimere chi ha partecipato alla costruzione del lavoro, e l’ordine di apparizione esprime l’effettivo contributo di ognuno; spesso però il primo nome è colui che presenterà all’interno del congresso il contributo e non necessariamente colui che ha collaborato in modo significativo nella costruzione della ricerca. Solo le affiliazioni principali devono essere inserite (Titolo di studio più elevato, Azienda, Reparto), non occorre includere eventuali collaborazioni saltuarie con Università od altre strutture accademiche. La struttura del lavoro deve seguire l’acronimo I.M.R.A.D. (Introduzione, Materiali e Metodi, Risultati/Analisi, Discussione), solitamente non deve superare le 200 parole. Nell’“Introduzione”, che deve essere breve e concisa occorre spiegare il perché è stato eseguito lo studio e qual’ è l’ipotesi alla base del lavoro. Nella sezione “Materiali e Metodi” deve essere inserito il disegno dello studio, lo strumento utilizzato per analizzare i dati, il tipo di campione. Se la ricerca è una revisione della letteratura occorre inserire la strategia utilizzata e le fonti usate per reperire il materiale analizzato. Nei “Risultati/Analisi” vanno inseriti solo i risultati più significativi, dato che lo spazio è molto limitato. Se è stata fatta un’analisi statistica vanno inseriti gli esiti dei risultati principali. lerubriche DI GIAN DOMENICO GIUSTI DOTTORE INF. SPECIALISTA IN AREA CRITICA - U.T.I. OSPEDALE “SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA” PERUGIA mobilità 16 lerubriche MOBILITÀ A CURA DELLA REDAZIONE D’anna Giovanni cell. 347.3705056 [email protected] Via dei Zeno ROMA Di Francesco Raffaele cell. 333.2223603 [email protected] Via C. Battisti TERNI da: Roma Policlinico da: Azienda ospedaliera Tor Vergata a: Azienda ospedaliera Perugia Terni a: Regione Campania Antonini Roberta cell. 338.2429342 [email protected] Via Oberdan FOLIGNO (Pg) Stefanizzi Raffaele cell. 338.6524928 [email protected] Via Levante 8 MAGIONE (Pg) da: Azienda ospedaliera da: Azienda Ospedaliera Perugia Perugia a: ASL n. 3 Camanzo Ferdinando cell. 339.6558279 [email protected] Via Garibaldi FOLIGNO (Pg) da: Azienda ospedaliera Perugia a: Regione Campania Sacconi Daniela cell. 328.1899274 [email protected] ROMA da: Ospedale S. G. Addolorata Roma a: Azienda Perugia ASL n. 2 a: Regione Puglia Basilicata Mongardini Susi cell. 348.5126270 [email protected] Via U. Foscolo NOVA MILANESE (Mi) da: Azienda Ospedaliera San Gerardo - Monza a: Azienda Perugia ASL nn. 1-2-3 Massoli Diego cell. 338.5497924 MARSCIANO (Pg) da: ASL n. 2 Marsciano a: Azienda Perugia ● Nelle “Conclusioni” si definisce cosa è evinto dallo studio, e quali possono essere le implicazioni per la pratica. A volte possono essere inseriti 2-3 riferimenti bibliografici, che devono essere strettamente pertinenti al lavoro e di recente pubblicazione; ed 1-2 tabelle/figure che possono aiutare a comprendere meglio la portata e l’impatto della ricerca. Nonostante tutte le buone intenzioni, solitamente c’è una corsa ha completare l’abstract entro la data finale di invio; questa corsa porta spesso a commettere alcuni errori. Per evitare questi è importante rileggere attentamente le istruzioni prima di inviare il lavoro, ed assicurarsi che queste siano state seguite correttamente. Inoltre per scongiurare la presenza di errori grammaticali, o nella presentazione di dati e risultati occorre far leggere il lavoro ad una persona estranea alla ricerca per accertarsi della effettiva comprensione (gli errori spesso restano “invisibili” agli autori anche dopo numerose letture); prima della stesura definitiva ogni autore deve leggere ed approvare il contenuto del lavoro. La scrittura, l’invio, l’accettazione e la presentazione di un abstract in un congresso scientifico è parte integrante del processo di ricerca. Per ottenere un successo occorre concentrarsi sui temi principali del perché il lavoro è stato svolto, come è stato effettuato, cosa si è ipotizzato e quali implicazioni si potrebbero avere per lo sviluppo futuro della propria professione. ✑ (Indirizzo e-mail dell’autore a cui potersi rivolgere per informazioni: [email protected]) 17 PREVENIRE GLI ERRORI, IMPARARE DAGLI ERRORI I n questo numero saranno presentati due importanti documenti, di recente pubblicazione. Il primo, pubblicato dal Garante della protezione dei dati personali riproduce le domande più frequenti sulla privacy in sanità sottoposte al Garante. La privacy, termine inglese traducibile con “riservatezza”, è il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata ed in sanità assume particolare rilevanza proprio per la delicatezza dei dati trattati, tutelati da specifiche disposizioni di legge. Quello sanitario è senz’altro uno dei settori più delicati tra quelli chiamati a misurarsi con le complesse problematiche applicative poste dalla normativa e l’idea della riservatezza quale elemento fondante nel processo di miglioramento della qualità della prestazione sanitaria erogata, deve necessariamente confrontarsi con la complessità organizzativa del sistema erogatore. Il secondo documento, pubblicato dal Ministero della Salute, attraverso delle linee guida fornisce indicazioni sulla gestione della relazione tra strutture sanitarie e pazienti al verificarsi di un evento avverso. professioneinfermiereumbria2/11 Il verificarsi di tele evento in ambito sanitario richiede difatti un approccio consistente, chiaro e definito sulla base di una procedura condivisa da parte di tutte le strutture sanitarie del SSN, basata sia sulla gestione dell’evento che sulla comunicazione aperta e tra- la frase Houston, we’ve had a problem Houston, abbiamo avuto un problema (Jim Lovell, comandante della missione Apollo 13, al momento dell’incidente che impedì l’allunaggio e rese estremamente difficoltoso il rientro sulla terra dell’equipaggio (11/17 aprile 1970) sparente con i pazienti ed i loro familiari rispetto a quanto avvenuto, anche al fine di cercare di ridurre il contenzioso medico-legale. La scelta di presentarli insieme trae origine non solo dalla loro quasi contemporanea pubblicazione, ma anche dal fatto che la sicurezza del paziente non può prescindere dalla tutela dei suoi dati sanitari. Inoltre, la cattiva gestione di un evento avverso spesso aggiunge danno al danno in quanto non solo non si garantisce la dovuta riservatezza circa l’accaduto (riservatezza non a tutela dell’Azienda sanitaria, ma della persona vittima dell’evento), ma spesso sono proprio i difetti di comunicazione da parte dei sanitari che “innescano” meccanismi di rivalsa da parte del paziente e dei suoi familiari. Dalla parte del paziente: garantire la privacy È necessario chiedere il consenso al paziente prima di acquisire e utilizzare informazioni sulla sua salute? Da chi possono essere ritirate analisi e cartelle cliniche? Si possono installare telecamere in ospedali e luoghi di cura? Il datore di lavoro può divulgare informazioni sulla salute dei propri dipendenti? Nelle sale d’aspetto il paziente può essere chiamato per nome? Chi può consultare il fascicolo sanitario elettronico del paziente? Cosa deve contenere il certificato medico per giustificare l’assenza dal lavoro del dipendente? Sono tante le domande che vengono quotidia- lerubriche A CURA DI MARCO ZUCCONI DOTTORE MAGISTRALE IN SCIENZE INFERMIERISTICHE ED OSTETRICHE, POSIZIONE ORGANIZZATIVA SICUREZZA E RISK MANAGEMENT, AZIENDA OSPEDALIERA DI PERUGIA 18 lerubriche namente poste all’attenzione del Garante per la protezione dei dati personali dai pazienti e dal personale sanitario. I dati personali in grado di rivelare lo stato di salute delle persone sono di particolare delicatezza, e vengono per questo definiti “dati sensibili” (Dato sensibile: Qualunque dato che può rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose o di altra natura, le opinioni politiche, l’appartenenza a partiti, sindacati o ad associazioni, lo stato di salute e la vita sessuale dell’interessato), e non possono essere diffusi. Ad essi il Codice sulla protezione dei dati personali (Dlgs 196/2003 e s.m.i.) attribuisce una tutela rafforzata e stabilisce le regole per il loro trattamento in ambito sanitario, tenendo sempre conto del ruolo professionale degli operatori sanitari coinvolti. Troppo spesso però le Aziende sanitarie ed i loro operatori, principalmente per mala informazione, disattendono a tali regole, esponendo il paziente e i suoi dati sensibili (in particolare quelli relativi allo stato di salute), a rischi di intromissione di soggetti non autorizzati, ed esponendosi alle sanzioni previste dal Codice sulla protezione dei dati personali. Il nuovo vademecum del Garante, intitolato “Dalla parte del paziente. Privacy: le domande più frequenti”, intende offrire indicazioni affinché alle persone che entrano in contatto con il personale sanitario e con le strutture sanitarie, per ricevere cure o prestazioni mediche o per svolgere pratiche amministrative, vengano garantiti la più assoluta riservatezza e il rispetto della loro dignità. L’intento dell’opuscolo è anche quello di agevolare le attività degli operatori del settore e di contribuire a migliorare la qualità dei servizi offerti a chi accede a studi medici, ospedali, farmacie e a qualunque altro luogo di diagnosi o cura. Scritto con un linguaggio semplice, il vademecum di venti pagine è suddiviso in sette brevi capitoli che contengono domande e risposte in forma di FAQ: ❚ Il paziente informato ❚ Informazioni sulla salute ❚ In attesa ❚ Telecamere e internet ❚ La salute dei dipendenti ❚ Hiv ❚ Sanità elettronica Al termine della guida è stato inserito anche un breve glossario che spiega i termini tecnici più utilizzati. L’opuscolo è disponibile on line sul sito del Garante (riportato in bibliografia), ma può anche essere richiesto in formato cartaceo all’Ufficio relazioni con il pubblico mediante una mail ([email protected]). Si consiglia vivamente di scaricarlo e leggerlo con attenzione, anche perché il rispetto della privacy dell’utente non è solo un obbligo di legge ma anche un preciso dovere deontologico dell’infermiere (art. 26 del Codice Deontologico dell’Infermiere, 2009). E solo una nuova cultura che valuti la privacy come un “valore comune” di tutti coloro che operano all’interno del sistema sanitario può garantire effettività alle previsioni di legge e alla tutela della dignità dell’assistito in ogni momento del percorso assistenziale. Gestione della relazione tra strutture sanitarie e pazienti Definire un quadro di riferimento per lo sviluppo e l’aggiornamento delle politiche e dei processi operativi di una struttura sanitaria al verificarsi di un evento avverso. Questo è l’obiettivo delle “Linee guida per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità”, elaborate dal Ministero della Salute, in collaborazione con esperti di Regioni e Province autonome e di altre organizzazioni sanitarie nazionali e pubblicate nel mese di giugno 2011. Il documento contiene delle raccomandazioni alle strutture sanitarie che riguardano sia la gestione dell’evento avverso che la comunicazione rispetto a quanto avvenuto, con i pazienti ed i loro familiari, nonché con i mass media e gli altri interlocutori esterni. In particolare, le Linee guida individuano due fasi principali rispetto alle quali predisporre le procedure per la gestione dell’evento avverso: Fase 1 Analisi dell’evento con le seguenti azioni prioritarie: ❚ Segnalazione dell’evento ❚ Identificazione dei fattori causali e/o contribuenti ❚ Azioni di miglioramento e valutazione Fase 2 Azioni di comunicazione e di contenimento del danno e/o di ristoro, con le seguenti azioni prioritarie: ❚ Esprimere rincrescimento e relazionarsi con il paziente e con i familiari 19 Attivare le azioni di sostegno agli operatori ❚ Attivare una comunicazione istituzionale esterna veritiera, completa, seria ed esaustiva ❚ Favorire la definizione stragiudiziale Ciascuna delle azioni previste nelle due fasi viene declinata in raccomandazioni (una relativa alla prima fase e quattro relative alla seconda fase) basate su evidenze di letteratura, che saranno oggetto di periodica verifica di aderenza a standard raccomandati. L’approccio proposto, sviluppato per il livello ospedaliero, può essere utilizzato, con opportuni adattamenti, anche in ambito extra-ospedaliero. Le Regioni e le Aziende sanitarie dovranno poi definire, sulla base delle linee guida, le proprie procedure operative, conformi allo specifico contesto regionale, in considerazione delle necessità di allineamento con i diversi approcci seguiti, in particolare da un punto di vista assicurativo e di valutazione dei rischi. Le linee guida sono anche oggetto di un Forum (on line sul sito del Ministero) che le sottopone ad una consultazione aperta, favorendo il confronto tra operatori sanitari, pazienti, cittadini e tutti coloro che, in vario modo, sono interessati alla problematica. Relativamente ai contenuti è pregevole l’iniziativa del Ministero di fornire indicazioni su due punti fino ad ora poco considerati: le azioni di sostegno a favore degli operatori coinvolti e il tentativo di conciliazione stragiudiziale. professioneinfermiereumbria2/11 In particolare, l’operatore coinvolto in un evento avverso può diventare la cosiddetta “seconda vittima”. Infatti, oltre al paziente che subisce il danno e che rappresenta la “prima vittima”, anche l’operatore rimane colpito dall’evento, si sente responsabile e mette in discussione le proprie capacità e conoscenze professionali. I sentimenti che l’operatore può nutrire a seguito di un evento avverso sono molteplici: ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ rimozione senso di colpa stupore incredulità vergogna paura isolamento timore per lo stato del paziente colpito e per la perdita di fiducia da parte dei pazienti preoccupazione per la propria reputazione e per le ripercussioni sui propri cari apprensione per la diminuzione di stima da parte dei colleghi e dei dirigenti sfiducia nelle proprie capacità, timore di azioni disciplinari e possibili ripercussioni sulla propria carriera L’evento avverso può quindi avere conseguenze sugli operatori coinvolti, sulla équipe, sui rapporti con le altre unità operative, creando disagio ed un clima di colpevolizzazione e sospetto. Bisogna fare in modo che, con il coinvolgimento costante di tutti gli operatori, l’evento avverso costituisca una opportunità di apprendimento e miglioramento della sicurezza delle cure. Infine, è utile ricordare che un’efficace gestione del rischio clinico in sanità, vista la complessità del fenomeno e la rilevanza assunta da questa tematica, deve prevedere forme di definizione stragiudiziale dei contenziosi che, attraverso soluzioni a vantaggio sia dei cittadini che delle strutture sanitarie, contribuiscano a mantenere un clima di fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale e a conseguire risparmi di gestione. I principali strumenti per la risoluzione stragiudiziale dei contenziosi attualmente a disposizione delle Aziende sanitarie sono rappresentati dalla transazione (contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro; artt. 1965 c.c. e seguenti) e dalla conciliazione (procedura di risoluzione delle controversie in base alla quale una terza persona imparziale, il conciliatore, assiste le parti in conflitto guidando la loro negoziazione e orientandole verso la ricerca di accordi reciprocamente soddisfacenti; D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, in vigore dal 20 marzo 2011). Bibliografia GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, Dalla parte del paziente. Privacy: le domande più frequenti, Roma, maggio 2011. http://www.garanteprivacy.it/ garante/document?ID=1812198. MINISTERO DELLA SALUTE, Linee guida per gestire e comunicare gli Eventi Avversi in sanità, Roma, giugno 2011. http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pub blicazioni_1563_allegato.pdf. ✑ lerubriche ❚ 20 spazioaperto DI MAURO MAZZOCCHI INFERMIERE PRESSO UOC NEFROLOGIA E DIALISI - OORR ANZIO-NETTUNO, ASL ROMA LE CURE PALLIATIVE NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA RENALE TERMINALE Introduzione C on il miglioramento delle tecniche di dialisi, l’accesso alle strutture permette a molti pazienti con Insufficienza Renale Cronica (IRC) di essere possibili candidati alla terapia renale sostitutiva. Con il progredire dell’età sono sempre maggiori i pazienti anziani con IRC che necessitano di trattamento dialitico. Molti di questi presentano patologie associate e nonostante i continui progressi tecnologici i pazienti con IRC hanno un tasso di mortalità del 23% all’anno proprio per disturbi cardio-cerebro-vascolari(1). Non tutti i pazienti avranno benefici nell’iniziare il trattamento di dialisi poiché questa situazione potrebbe portare a una qualità di vita difficile da sopportare e accettare(2). È evidente che questa popolazione di pazienti richiede un approccio specifico per la valutazione dei sintomi e la gestione delle cure qualitativamente efficaci. Importante è comprendere la storia personale di ogni paziente senza escludere il vissuto, la cultura e rispettando l’uomo in quanto persona unica. È importante inoltre riconoscere che la dialisi e il tra- CREDITI ECM GLI ATTESTATI... COLLEGIO DI TERNI evento formativo: “La persona nel fine vita: il pronunciamento della federazione” tenutosi a Terni presso la Sala Conferenze dell’Azienda Ospedaliera “S. Maria” il 21 aprile 2010, assegnando all’evento stesso: 5 crediti formativi E.C.M. per l’anno 2010 (Det. Dir. n. 7513 del 1/9/2010). Gli attestati devono essere ritirati personalmente o su delega scritta con copia di un documento presso la segreteria negli orari di apertura al pubblico (lunedi 9-11 martedi e giovedi 16-19). ● L’ pianto renale sono trattamenti, e non cure; pertanto, l’insufficienza renale cronica può essere considerata una patologia progressiva non guaribile. Le cure dovrebbero iniziare dalla diagnosi e aumentare con l’incremento della malattia. Quando la prognosi non è favorevole, la migliore decisione potrebbe consistere nella gestione dei sintomi escludendo l’inserimento alla terapia dialitica(3). Tale scelta può essere intrapresa anche da pazienti che già sono sottoposti a dialisi e decidono per qualsiasi motivo di interrompere il trattamento. Il team delle cure primarie in genere ha un ruolo importante nella gestione di questi pazienti ed esige una attenta partecipazione nella scelta di interrompere il trattamento emodialitico. Da quanto premesso si evince la pressante necessità delle cure palliative e la necessaria attenzione agli aspetti etici, psicosociali e spirituali rivolti all’inizio al rifiuto e allo stop della dialisi. Nella nostra professione è molto importante confrontarsi con realtà forse lontane da noi geograficamente ma vicine per tematiche comuni. La scelta della vita e della morte rimane ancora un punto cruciale, poiché la libertà di scegliere spetta sempre all’individuo. È doveroso quindi porsi alcune domande: la dialisi prolunga la qualità di vita o allunga l’agonia della morte? Se il paziente non è in grado di decide- 21 Materiali e metodi È stata eseguita una ricerca elettronica della letteratura attraverso i seguenti database: Medline e Pub Med; linee guida e fonti informatiche sull’EBM e sull’EBN; visionati gli abstract e previa valutazione ho approfondito il tema attraverso i fulltext per avere una visione completa e generale del lavoro svolto. Il materiale utilizzato è piuttosto recente. Ho cercato di analizzare le pubblicazioni Review anche se ho avuto diverse difficoltà nel reperire il materiale, legato alla limitata fornitura della letteratura. Key-word ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Palliative care Nephrology Dialysis End of life CRD (Chronic Renal Disease) Un numero sempre maggiore di pazienti con filtrazione gloprofessioneinfermiereumbria2/11 merulare minore di 15 ml/ minuto sono gestiti senza dialisi o per loro preferenza o perché la dialisi non porta nessun vantaggio funzionale(4). Quando un paziente è affetto da Insufficienza Renale Conica terminale (IRC), bisogna decidere se iniziare la dialisi soprattutto se la prognosi non è favorevole. Probabilmente la migliore decisione può consistere nella gestione dei sintomi. Questa scelta può essere presa anche da pazienti già sottoposti a dialisi e che decidono per qualsiasi motivo di interrompere il trattamento. È importante sottolineare che la dialisi e il trapianto renale sono trattamenti, non cure. La disfunzione renale cronica può essere considerata una malattia progressiva, non guaribile, e le cure palliative dovrebbero iniziare dalla diagnosi e aumentarle con l’incremento della malattia. In accordo con le stime pubblicate dalla US Rena Data System, oltre 300mila americani con IRC sono sottoposti a trattamento dialitico tri-settimanale e circa 57mila di loro sono in attesa di un trapianto di reni(5). Le cure palliative intervengono, attraverso trattamenti terapeutici e assistenziali, sul controllo del dolore e degli altri sintomi. L’obiettivo è il raggiungimento della migliore qualità di vita (QOL) possibile per i malati e per le loro famiglie(6). La dialisi impegna sia fisicamente sia psicologicamente tutto il team delle cure, in particolare quando esistono condizioni di comorbilità dei pazienti. L’aumento delle classi di età è dovuto alla longevità e alle migliorie della terapia che consentono di raggiungere traguardi più lunghi. In questo scenario, medici, pazienti e familiari hanno inizia- to a domandarsi se l’emodialisi in certi casi diventi più un accanimento terapeutico che un salva-vita, in quanto non offre un reale vantaggio in termini di qualità di vita. La multietnicità e la transculturalità hanno determinato un cambiamento dell’assetto sanitario poiché la variabilità tra persone, religione e etnia condiziona l’approccio delle cure e dei piani assistenziali. Le comunità religiose hanno abitudini e atteggiamenti particolari sulla vita e la morte; per esempio gli Ebrei lottano contro la morte per sopravvivere, anche se malati terminali; i Musulmani invece considerano la morte come scelta di Allah e lottare è come mettersi contro di lui(7). Nel Regno Unito i dati di un’unità di dialisi dimostrano che il 17,5% dei malati con IRC muore entro dodici mesi(8). Ai pazienti che non fanno dialisi possono essere eseguite cure che, se attivate precocemente, danno una qualità di vita migliore non riducendo la sopravvivenza(9). Nei malati con comorbilità è importante considerare tutti i possibili interventi compreso quello di non eseguire la dialisi. Attraverso una valutazione delle cure palliative nel Regno Unito è emerso un dato incredibile: soltanto il 39% possiede uno staff esperto in cure palliative e l’80% non possiede nessun protocollo operativo. Inoltre l’accesso agli hospice è d’elezione solo per i malati oncologici poiché le risorse economiche rappresentano il problema maggiore per l’utilizzazione dei servizi, a discapito dei malati nefrologici(10). Un altro studio americano ha evidenziato una mancanza di insegnamento in materia di cure palliative nei programmi di ricerca in nefrologia e una disomogenei- spazioaperto re e non ha lasciato nessuna volontà in precedenza, chi sceglierà per lui è sicuro che farà la scelta adeguata? La scelta giusta con quale criterio si formula? A tale proposito ho effettuato una revisione della bibliografia proprio per evidenziare lo stato dell’arte rispetto alle “Cure Palliative in Nefrologia” e per sviluppare un’adeguata pratica clinica basata sulle evidenze. Non ci saranno procedure di protocolli specifici, poiché lo scopo al momento è quello di evidenziare le conoscenze in letteratura e descrivere in maniera precisa tutti gli aspetti che legano il trattamento dialitico alle cure palliative e gli interventi migliori che si possono effettuare in situazioni di criticità. 22 spazioaperto tà dei comportamenti rispetto alle località geografiche e alle politiche ospedaliere. Tutto ciò conferma che in questo ambito c’è ancora molto da lavorare(11). Linee guida per aiutare il processo di decisione L’American Society di Nefrologia ha elaborato delle linee guida per sostenere le decisioni e i processi nella continuazione o interruzione della dialisi(12). Le linee guida elencano 9 raccomandazioni, 15 prognosi e 302 riferimenti. Viene raccomandato un rapporto con il malato che promuova la risoluzione di criticità per tutti i pazienti con IRA o IRC, seguito da un consenso informato capace di sostenere il processo decisionale sul trattamento di dialisi. Il processo coinvolge il malato e con il consenso possiamo includere anche i familiari, gli amici e altre persone. Se un paziente non ha la capacità di prendere una decisione, la soluzione dovrebbe essere presa in accordo con un tutore legale. Il paziente deve essere informato su diagnosi, prognosi e tutte le scelte del trattamento, includendo anche la possibilità di eseguire trattamenti di prova limitati nel tempo. È difficile fare una valutazione di prognosi, ma vi sono evidenze in letteratura che dimostrano bassa aspettativa di vita se esistono notevoli comorbilità. In tale circostanza, la prognosi può essere solo cura di sostegno. Questo dato è confermato da un altro studio effettuato da Chandra e Schulz dove è stato visto che la sopravvivenza in dialisi dipende dal basso livello delle comorbilità(13,14). Il punto importante è che tutte le parti coin- volte nel processo assistenziale e familiare conoscano tutte le opzioni disponibili per decidere di eseguire o meno il trattamento di Dialisi(2,7). Si consiglia al team nefrologico di ottenere ordini scritti da tutti i pazienti in dialisi e che siano rispettati e attuati poiché il testamento biologico rappresenta un vero documento giuridico. Tale documento comunica i desideri alla famiglia, agli amici e agli operatori sanitari come comportarsi nel caso in cui il paziente non sia in grado di intendere e di volere, permettendo l’intervento sulle cure terminali con anticipo. Tutti siamo d’accordo che la dialisi può essere effettuata o interrotta in qualsiasi momento e quindi dobbiamo considerare tutte le situazioni che si possono verificare. ❚ Pazie,nti capaci di intendere e di volere che scelgono di rifiutare o interrompere il trattamento dialitico. ❚ Malati che non hanno la capacità di decidere ma che hanno espresso precedentemente il desiderio di non eseguire dialisi con un consenso anticipato scritto o orale. ❚ Persone con danno cerebrale che non hanno possibilità di decidere, e il familiare o tutore legale chiede l’interruzione o addirittura il non avvio(5). Per tutti i pazienti che decidono di non eseguire la dialisi dovrebbe essere predisposto un piano di cure palliative e inoltre si dovrebbe dare la possibilità di scegliere dove essere assistito e dove poter morire, se in casa, in hospice, in ospedale, garantendo, sempre e comunque, al paziente e alla famiglia cure e sostegno psicologico. Cure terminali di fine trattamento Le complessità della malattia progressiva e terminale, come l’IRC, insieme alle conseguenze emotive e psicologiche, richiede un coordinamento preciso tra i servizi infermieristici medici e territoriali. Molti malati terminali vorrebbero trascorrere la maggior parte del loro tempo in casa e una parte desidera morirci; è importante quindi investire tempo e risorse per portare avanti questo progetto. Per i pazienti in dialisi, la necessità di interrompere il trattamento può presentarsi in qualsiasi momento ed è importante concentrarsi sul controllo dei sintomi e sulla dignità dell’uomo, pianificando il luogo e le modalità di intervento in modo da rendere la morte pacifica e dignitosa. Per il paziente che interrompe la dialisi, l’aspettativa di vita è solitamente di 8-12 giorni e la prognosi dei malati con sintomi di uremia che non iniziano il trattamento è analoga. Uno studio svolto nel 2000 ha indagato sull’effetto delle cure terminali dopo l’interruzione o il mancato avvio della dialisi, mettendo in risalto l’importanza del controllo dei sintomi e l’assistenza sia psicologica sia spirituale. L’intervento effettuato ha reso possibile che il 15% dei pazienti abbia avuto una “brutta morte”, il 38% “buona morte” e il 46% una “morte molto buona”(3). L’interruzione o il mancato avvio della dialisi deve attivare immediatamente un processo attivo svolto in equipe per agire sul controllo dei sintomi, sviluppando piani di assistenza sulla persona e non tralasciando gli aspetti sia psicologici sia spirituali. 23 Le persone che decidono di non eseguire i trattamenti sostitutivi o di interromperli, presentano, nella fase terminale della malattia, la stessa sintomatologia delle popolazioni affette da malattia neoplastica, ma spesso questi sintomi non sono riconosciuti o sono sottovalutati(15,16). I sintomi più frequenti sono debolezza, prurito, sonnolenza, dispnea, dolore da moderato a forte, crampi, disturbi del sonno. Il dolore può essere trattato utilizzando la scala analgesica proposta dall’OMS(18). I farmaci quali paracetamolo, tramadolo, fentanil sono quelli raccomandati. L’utilizzazione della morfina e della diamorfina sono sconsigliati poiché i metaboliti si accumulano nell’organismo. Per il prurito in base all’entità è consigliabile l’uso di antistaminici quali talidomide e ondasetron(4). L’integrazione della medicina palliativa nei programmi di dialisi offre l’opportunità di migliorare la qualità delle cure terminali dei malati nefrologici tenendo a mente che le funzioni delle cure palliative devono comprendere: ❚ accettazione della vita e della morte come un normale processo ❚ non accelerare né rallentare la morte ❚ dare sollievo al dolore, allo stress e agli altri sintomi ❚ considerare gli aspetti psicologici e spirituali nell’assistere il paziente ❚ dare supporto morale alla famiglia e aiutarle durante la malattia del paziente e dopo la morte. Dovremmo prendere in considerazione la possiprofessioneinfermiereumbria2/11 bilità di avere dei specialisti in cure palliative in loco, sia per l’ammissibilità dei pazienti alla qualità delle cure, ma anche in termini di competenza, nell’attuazione del processo(17) Conclusioni In Italia la percezione del problema è ancora viziata da condizioni culturali. Spesso vige un rapporto unilaterale e sbilanciato tra paziente e personale sanitario che crea un affidamento alle cure a scapito delle reali necessità del paziente che rimangono inascoltate. A volte è addirittura il paziente stesso che non riesce a considerare serenamente la sua situazione(19). Molti obiettivi in sanità sono cambiati, ponendo enfasi maggiore sul trattamento degli effetti indesiderati della malattia cronica. Infatti ai professionisti si chiede di confrontare l’inutilità di alcuni interventi di trattamento (come in alcuni casi la dialisi). Diversamente dalla malattia acuta, la malattia cronica non conduce a una morte rapida ed è quindi necessaria una prolungata gestione dei sintomi a casa o in una struttura per malati terminali. Il paziente e le famiglie combattono contro una malattia in cui la morte è inevitabile ed è importante anche considerare la possibilità che la morte sia dignitosa e serena. Nella cura di malati nefrologici tale situazione sviluppa un impegno di tutto il team multidisciplinare. È necessario sviluppare una base solida di evidenza per sostenere i professionisti sanitari e le famiglie in situazioni delicate. Come già affermato, le cure palliative hanno inizio dalla comprensione del fatto che il paziente ha una sto- ria personale, una cultura e uno status sociale, ed è degno di rispetto come essere unico. Le conoscenze delle diverse scuole di pensiero della scuola americana e canadese sono emerse in maniera chiara. La prima è strettamente legata a linee guida e protocolli operativi. Probabilmente il tipo di assistenza “privata” determina conflitti sociali o di opinione pubblica nell’interrompere la dialisi come nei casi di demenza e incoscienza. Nel caso di rifiuto del trattamento dialitico scelto con coscienza, non ci sono problemi perché espressione di una volontà. Definire contrattualmente ciò che è lecito consente la risoluzione di diversi problemi legali, etici ed economici. La scuola canadese, invece, non è vincolata da linee guida e da protocolli operativi ed è garantista nell’eseguire il trattamento dialitico anche ai pazienti con demenza o incoscienti, rispettando le scelte della famiglia nel caso in cui non vi siano volontà espresse. La realtà canadese sembra vicina a quella italiana; il tutto è lasciato al libero arbitrio e all’esperienza del medico. Nel piano di cura, vi è coinvolta tutta l’equipe, dagli infermieri allo psicologo, dal neurologo al geriatra. La riflessione considera un duplice aspetto: cosa può fare l’infermiere per la tutela del paziente quando le scelte non sono condivise con altri professionisti? Cosa deve fare l’infermiere per intervenire nelle scelte assistenziali? Il lavoro svolto potrebbe apparire poco interessante per l’organizzazione delle pratiche infermieristiche. Risulta invece evidente che, in qualche modo, le politiche attuate all’interno di una unità di nefrologia influenzano le scelte di tut- spazioaperto Trattamento farmacologico e sintomi 24 spazioaperto ti gli operatori coinvolti nell’assistenza, compresi i pazienti stessi. Inoltre risulta poco chiara la mancata presenza della letteratura Italiana sul problema trattato; mancano dati per capire l’entità di tale fenomeno forse è ritenuto un problema di scarsa rilevanza? A tal proposito potremmo verificare quanto le scelte influenzino il piano di cura su ogni operatore, ma soprattutto cosa pensano i malati italiani rispetto alle decisioni di interruzione del trattamento. Il confronto con le altre realtà è fondamentale per creare processi operativi nel rispetto della libertà, dell’uguaglianza e della dignità. Oggi, dobbiamo impegnarci affinché tali principi siano inclusi nella pratica quotidiana. Bibliografia (1) POPPEL D.M., COHEN M.J., The renal palliative care initiative, J Palliat. Med, 2003; 6 (2): 321-6. (2) CHAMBERS E.J., GERMANI M., BROWN E., Supportive Care for the Renal Patient, Oxford, Oxford University Press, 2004. (3) COHEN M.J., GERMAN M., POPPEL D.M., KJELLSTRAND C.M., Dialysis discontinuation and palliative care, Am J Kidney Dis, 2000; 36: 140-4. (4) MURTAGH F.E., ADDINGTON-HALL J.M., DONOHOE P., HIGGINSON I.J., EDTNAERCA J 2006, Apr-Jun; 32 (2): 93-8. (5) SAFA-À AL ARABI, 5, Safà NNJ, 2006 MayJune Vol. 33 (3). (6) Commissione Ministeriale per le Cure Palliative 1998-2000. (7) NEUBER J., Caring for Dying Patients of Different Faiths. St. Lous, MO: Mosby 1994. (8) WALTERS G., WARWICK G., WALLS J., Analysis of patient dying within one year of starting renal replacement therapy, American journal of Nephrology, 2000; 20 (5): 358-63. (9) SMITH C., DA SILVA-GANE M., CHANDA S., WARWICKER P., GREENWOOD R., Choosing not dialyse: evaluation of planned non-dialytic management in a cohort of patients with end-stage renal failure, Nephron Clinical Practice, 2003; 95 (2): 40-6. (10) SMITA GUNDA S., THOMAS M., SMITH S., National survey of palliative care in RISCOSSIONE QUOTE DUEMILAUNDICI COLLEGIO DI TERNI i ricorda a tutti gli iscritti al Collegio IP.AS.VI. della Provincia di Terni che a partire dal mese di maggio 2011 l’Equitalia Umbria S.p.a. ha provveduto all’invio dell’avviso di pagamento per il versamento della quota annuale di iscrizione all’Albo Professionale. Pertanto il pagamento potrà essere effettuato in tre rate utilizzando gli allegati bollettini prestampati rispettando le date di scadenza riportate: 1° rata 31 maggio 2011 2° rata 31 luglio 2011 3° rata 30 settembre 2011 Oppure versando il totale utilizzando il corrispondente bollettino allegato entro e non oltre il 30 settembre 2011. Per coloro che entro il termine predetto non avessero ancora provveduto al pagamento verranno spedite successivamente le cartelle esattoriali di sollecito maggiorate delle spese di notifica. Per qualsiasi informazione e chiarimento rivolgersi alla segreteria del Collegio. ● S end-stage renal disease in the UK, Nephrology Dial Trasplant, 2005; (20): 392-95. (11) HOLLEY J.L., CARMODY S.S,. MOSS A.H., The need for end-of-life care training in nephrology : national survey result of nephrology fellows, Am J Kidney Dis, 2003; (42): 813-20. (12) Renal Physician Association and American Society of Nephrology, Shared Decion-Making in the Appropriate Initiation of and withdrawal, Dialysis. Clinical Guideline, 2000: (2), Rockville, MD, RPA. (13) BRADBURY B.D., FISSEL R.B., ALBERT J.M., CRITCHLOW C.W., PISONI R.L., Predictors of early mortalità among incident US hemodialysis patients in the Dialysis outcomes and practice patterns study (DOOPS), Clin J Am Soc Nephrol, 2007, Jan: 2 (1): 89-99. (14) Renal Physicians Association and American Society of Nephrology: Shared Decision-Making in the Appropriate Initiation of and Withdrawal, Dialysis, Clinical Practice Guideline, 2000, (2), Washington, DC, Renal Physicians Association. (15) DAVISON S.N.: Pain in hemodialysis patients: Prevalence, cause, severity, and management, Am J Kidney Dis, 2003: (42): 1239-47. (16) BARAKZOY A.S., MOSS A.H., Efficacy of the World Health Organization analgesic ladder to treat pain in end-stage renal disease, J Am Soc Nephrol, 2006 (17): 3198-203. (17) GILES F., Implementing Palliative Care Studies, J Pain Symptom Manage, 2007 July; 34 (1 Suppl): S40–S48. (18) MURTAGH FE, ADDINGTON-HALL J.M., PDONOHOE CAREY I., JENKINS K., HIGGINSON I.J., Symptoms in advanced renal disease: a cross-sectional survey of symptom prevalence in stage 5 chronic kidney disease managed without dialysis, J. Palliat. Med., 2007, Dec; 10 (6): 1266-76. (19) Cure di fine vita: un problema non solo oncologico, Milano 27 ottobre 2003. Fonti informatiche http://www.findarticles.com http://www.mywhatever.com/cifwriter7c ontent/41/pe1240-htm http://www.nephrologynursing.net http://www.nlm.nih.gov http://www.promotingexecellence.org http://www.renalreg.com http://www.pubmed.com http://www.renalgate.it http://www.renux.dmed.ed.ac.uk/EdREN/ EdRenINFObits/NoRRT.htlm http://www.sin.it ✑ 25 CONTENZIONE FISICA O FARMACOLOGICA? LE RIFLESSIONI DEGLI INFERMIERI Abstract C ome devono comportarsi gli infermieri quando si trovano ad assistere un paziente contenuto al letto da molti giorni e verso il quale il medico curante sembra non fare nulla? Come è possibile criticare le scelte di un professionista senza invadere campi di competenza non propri? Nel mio lavoro riporto un caso realmente accaduto in un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura cercando di analizzarlo utilizzando il metodo per la presa di decisioni etiche di S.T. Fry e M.J. Johnstone. Introduzione Non è facile riflettere su dilemmi e conflitti che nascono dal nostro quotidiano operare, soprattutto se questi rivelano i nostri limiti. L’autostima vacilla e noi, con un colpo di reni e un’alzata di spalle sopra l’asticella dell’umano orgoglio, proseguiamo oltre nella convinzione che l’uva sia ancora acerba e non valga la pena proseguire oltre. E invece è proprio la nuova sfida che deve risvegliare in professioneinfermiereumbria2/11 noi l’orgoglio professionale: un nuovo limite deve metterci in condizione di confrontarci, discutere, ragionare e quindi reperire e utilizzare i mezzi necessari per superare tale osta- la frase L’agire etico di una persona dipende in parte dalla sua capacità di riconoscere che una certa situazione presenta un problema di natura morale, di identificare in che modo compiere l’azione etica appropriata se e quando necessario, nonché all’impegno personale, animato da un desiderio autentico, per il conseguimento di risultati morali. Megan-Jane Johnstone colo, insormontabile solo all’apparenza. In questo lavoro non ci sono ricette miracolose né risposte esaurienti in merito ai quesiti riportati nell’abstract, ma spero di aver proposto utili spunti di riflessione a quanti intenderanno, da domani, mettersi in discussione. Quali sono i retroscena dei conflitti di valori? Il giorno 8 luglio entra in reparto Daniele, un paziente di quarantatre anni, affetto da Schizofrenia Ebefrenica(1) riacutizzatasi negli ultimi giorni. Nell’ultimo periodo fattori di stress ambientale (un fratello è in ferie, l’altro è molto impegnato al lavoro) hanno portato il paziente ad interrompere il tirocinio presso il Centro Diurno e ad autosospendersi le terapie farmacologiche. All’ingresso in reparto il paziente risulta fatuo, dissintono, i nessi associativi nelle frasi a tratti risultano assenti. Appare comunque collaborante e accetta il ricovero, comportandosi in maniera adeguata. La notte dell’8 luglio si reca quindi a letto e si addormenta, dopo aver assunto regolarmente la terapia. Alle ore 4,30 si sveglia allucinato e agitato; diviene urlante e clamoroso con gli opera- spazioaperto DI VINCENZO RAUCCI INFERMIERE SERVIZIO PSICHIATRICO E DIAGNOSI E CURA, ASL SAN GERARDO - MONZA 26 spazioaperto tori presenti in turno che cercano, invano, di rassicurarlo. Si avvisa lo psichiatra di guardia che prescrive una terapia statim ma che il paziente rifiuta. Questi intanto diviene sempre più aggressivo, colpisce con pugni due infermieri e, nel tentativo di uscire, sfonda la porta di ingresso al reparto, rompendo i vetri e forzando, poi, anche le porte dell’adiacente Day Hospital. Si chiamano le forze dell’ordine e al loro arrivo (ore 5,30) si contiene il paziente al letto; si somministra terapia sedativa. Alle 5,40 Daniele sembra meno spaventato e si addormenta. Si emette Trattamento Sanitario Obbligatorio. Da questo momento inizia, per Daniele, un calvario caratterizzato da lunghi periodi di contenzione al letto, sofferenza psichica e fisica, dolore, sconforto in presenza, d’altro canto, di un grave stato dissociativo e florida ideazione delirante. Il medico a cui viene assegnato il paziente appare fin dall’inizio estremamente cauto in ogni decisione clinica: usa la prescrizione dei farmaci come se si trattasse di bombe innescate, sembra temerne ogni probabile effetto indesiderato. Tale caratteristica è nota al gruppo di lavoro da sempre, poiché metodica abituale di approccio operativo del medico in questione. Trascorrono i giorni ma la blanda sedazione e il ritardo del ripristino della terapia neurolettica precedentemente assunta dal paziente fanno si che Daniele resti contenuto al letto a fronte di atteggiamenti afinalistici, delirio franco e forte agitazione. Il nervosismo tra i colleghi aumenta poiché fermamente convinti che per ridurre la contenzione fisica e i relativi danni psicofisici (Daniele urla, piange, si dimena, si procura escoriazioni, cominciano ad apparire i primi danni cutanei da pressione) sia necessaria una maggiore sedazione. Durante le riunioni mediciinfermieri del mattino alcuni colleghi provano a pronunciarsi in merito, ma non vengono presi in considerazione. Dopo dieci giorni si dà inizio alla tanto agognata terapia neurolettica (terapia che aveva tenuto Daniele in un buono stato di compenso per circa dieci anni) la quale, come da sue caratteristiche, deve essere assunta con dosaggi iniziali molto bassi e incrementata di piccole quantità ogni giorno. Dopo quattro giorni, però, un esame ematico di poco superiore ai limiti di norma spinge il medico curante a sospendere di colpo la terapia e a ricominciare un nuovo periodo di “wash-out”. Va precisato che l’esame ematico in questione, nei giorni precedenti, si è sempre mantenuto entro i limiti di norma ritornando nel normale “range” fin dallo stesso pomeriggio. È lecito quindi pensare che possa essersi trattato di un errore di laboratorio e che l’allarmismo del medico curante sia stato alquanto eccessivo. Tale decisione riporta le lancette dell’orologio indietro di diversi giorni e riporta ancor più nello sconforto l’intera equipe di lavoro. Principi e concetti etici in gioco Dal punto di vista infermieristico il principio etico più importante messo in discussione è senz’altro quello di “non maleficenza” (l’obbligo di evitare di fare del male). Il Codice Deontologico attualmente in vigore, all’articolo 9 recita: “L’infermiere, nell’agire professionale, si impegna ad operare con prudenza al fine di non nuocere”. Il paziente si trovava sicuramente in una posizione di estrema “disabilità e svantaggio”, situazione che necessitava di una forte alleanza terapeutica. Il principio di non maleficenza viaggia di pari passo con quello di “beneficenza” (il dovere di operare il be-ne), poiché sarebbe molto riduttivo limitarsi solo a non nuocere. Per questo, oltre a citare nuovamente l’articolo 9, riporto come significativo anche l’articolo 7 “L’infermiere orienta la sua azione al bene dell’assistito di cui attiva le risorse sostenendolo nel raggiungimento della maggiore autonomia possibile, in particolare, quando vi sia disabilitàà, svantaggio, fragilità”. Altro principio etico è quello di fedeltà, intesa come “[?…] l’obbligo di restare fedeli ai propri incarichi” (Fry, Veatch, 2000), laddove tra i doveri impliciti in un rapporto di fiducia tra infermiere e paziente c’è anche il “Patto infermiere-cittadino” (1999). Questi recita, tra l’altro, che “io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a segnalare agli organi e figure competenti le situazioni che ti possono causare danni e disagi”. Per quanto concerne i concetti etici essi sono presenti nella loro totalità, ovvero advocacy, competenza, cooperazione e caring. Advocacy per quanto concerne la parte di tutela dei di- 27 professioneinfermiereumbria2/11 to della sua “tridimensionalità” bio-psico-sociale. Quale significato hanno i valori implicati? RISCOSSIONE QUOTA ANNO 2011 COLLEGIO DI PERUGIA el mese di marzo 2011 è stato inviato il bollettino postale precompilato per il pagamento della quota dell’anno 2011 con scadenza 30 marzo 2011. Nel caso in cui non si sia ricevuto il bollettino postale o si sia accidentalmente smarrito, vengono di seguito riportate le coordinate di conto corrente postale su cui effettuare il versamento: c/c postale n° 14501068 N Intestato a: Collegio IP.AS.VI. di Perugia Via Manzoni, 82 06135 Ponte S. Giovanni (Pg) Causale: Quota associativa anno 2011 Importo: e 55,00 (cinquantacinque) A coloro che non avessero provveduto nei tempi di scadenza al pagamento della quota saranno spediti i relativi solleciti. Qualora si rendesse necessario una verifica, l’ufficio di segreteria richiederà, come prova di avvenuto pagamento, l’esibizione della ricevuta di versamento. ● Garantire il paziente in merito a potenziali fonti di pericolo è un obbligo morale importantissimo, per gli infermieri. Un ambiente contenitivo, in senso lato, è senz’altro la risposta migliore a pazienti che si presentano con le caratteristiche di Daniele: tutti concordiamo che è necessario mettere il paziente in condizioni di non nuocere a sé stesso e agli altri (principio di non maleficenza). È necessario attuare una contenzione “forte”, ovvero farmacologica e/o fisica, poiché non è possibile (vista la forte componente aggressiva di Daniele) metter in atto comportamenti contenitivi più “leggeri”. Un altro valore importantissimo, per gli infermieri, è il rispetto dei diritti umani e quindi fare in modo che il ricorso alla contenzione fisica sia “[?…] evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da docu-mentate valutazioni assistenziali” (Codice Deontologico dell’Infermiere, 2009). D’altro canto anche per la contenzione farmacologica esiste un limite al suo abuso, all’interno del Codice Deontologico, ma il gruppo professionale è convinto che possa essere meno traumatico e dannoso per il paziente. Su questo aspetto, però, il gruppo è sostenuto da una convinzione debole: è consapevole di non possedere una profonda conoscenza degli effetti a lungo termine, e quindi dei danni, di una pesante terapia sedativa. spazioaperto ritti (Codice Deontologico, articolo 30: “L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali”). Competenza/responsabilità per quel che riguarda l’esperienza, la preparazione, la cultura e la capacità di rispondere responsabilmente del proprio operato (Codice Deontologico, articolo 11: “L’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull’esperienza e la ricerca. Progetta, svolge e partecipa ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa alla ricerca e cura la diffusione dei risultati”; articolo 12: “L’infermiere riconosce il valore della ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale per l’evoluzione delle conoscenze e per i benefici sull’assistito”; articolo 13: “L’infermiere assume responsabilitàà in base al proprio livello di competenza e ricorre, se necessario, all’intervento o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti. Presta consulenza ponendo le proprie conoscenze ed abilità a disposizione della comunità professionale”). Cooperazione come partecipazione attiva all’interno della comunità di operatori sanitari (Codice Deontologico, articolo 14: “L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l’integrazione interprofessionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito”). Caring come prendersi cura della persona tenendo con- 28 spazioaperto È però convinto di quanto sia dannosa la contenzione al letto di una persona, soprattutto per quanto concerne la sfera psicologica: molti pazienti, anche a distanza di anni, non riportano particolari ricordi (piacevoli o meno) rispetto ad una forte sedazione farmacologica, quanto invece ricordano e riportano fedelmente emozioni e vissuti (negativi) relativi al periodo di contenzione al letto. Qual è il significato dei conflitti per le parti implicate? Gli infermieri sentono che non si sta facendo abbastanza per il paziente ma, nel contempo, sentono di non possedere l’autorevolezza per convincere il medico curante a cambiare regime terapeutico. Inoltre sentono che sono divisi tra due interessi: la tutela del paziente e la tutela dei buoni rapporti di collaborazione con l’equipe medica; ovviamente gli infermieri devono dare priorità al valore più importante per il gruppo, ovvero la tutela dei diritti del paziente. Ma per far questo, come già detto, dovrebbero essere maggiormente consapevoli dei temi di cui vorrebbero dibattere col medico curante di Daniele. Che cosa si dovrebbe fare? La consapevolezza che, all’interno dell’ambiente di lavoro, è necessario un buon clima collaborativo deve essere la base da cui partire. Anche se demoralizzati dalla scarsa attenzione che i medici rivolgono al gruppo è sempre necessario non demordere e continuare ad affermare con decisione i propri punti di vista. Sul lungo termine il gruppo infermieristico deve assolutamente perseguire ciò che recita l’articolo 15 del Codice Deontologico: “L’infermiere chiede formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza”. Di fronte a casi come questi, quindi, gli infermieri devono farsi portavoce di bisogni formativi, al fine di comprendere meglio fenomeni che sono di competenza di altre professioni ma che influenzano fortemente anche il nostro operato, in merito a discipline come la farmacologia, l’epidemiologia, la statistica. Conclusioni Non è stato semplice analizzare le tematiche del caso in questione, poiché le problematiche erano diverse e di difficile interpretazione. Sicuramente l’esempio riportato ha evidenziato la necessità per gli infermieri di aggiornarsi, soprattutto sulle ultime novità farmacologiche (la psichiatria ha arricchito negli ultimi anni il proprio repertorio farmacologico, in particolare per quanto concerne i neurolettici e gli antidepressivi) e in merito all’annosa questione della liceità della contenzione, unitamente ai rischi/benefici che ne conseguono dal suo uso/abuso. La valorizzazione del ruolo dell’infermiere passa anche da momenti come questi, nei quali non si deve aver paura di mettersi in discussione. un altro medico, sicuramente più deciso del precedente. Tale disposizione è, però, ufficialmente arrivata solo dopo un confronto all’interno del gruppo dei medici e parrebbe non essere stata influenzata dalle più volte accennate rimostranze degli infermieri. Forse?… Bibliografia BUSCAGLIA G., MACARIO M., Cosa pensano i pazienti e i familiari delle linee guida sulla schizofrenia? L’esperienza di due Servizi di Salute Mentale del DSM n. 2 Savonese, 2006. Disponibile da: (consultato il 30 luglio 2008). CASSANO G.B., PANCHERI P., PAVAN L., PAZZAGLI A., RAVIZZA L., ROSSI R., SMERALDI E., VOLTERRA V., Trattato italiano di Psichiatria, Masson, Milano 2002. CORNAGGIA C.M., MASCARINI A., ZAPPA L.E. (a cura di), Etica della contenzione. Criticità delle cure. Atti del convegno nazionale di psichiatria, Monza, 22 settembre 2006, CIC Edizioni Internazionali, Roma 2006. FRY S.T., JOHNSTONE M.J., Etica per la pratica infermieristica, Casa Editrice Ambrosiana, Milano 2004. MONTANARI C., BORRI M., TEGONI D., PRAZZOLI R., BOSCHI D., La contenzione intra ed extra ospedaliera. Disponibile da http://www.emergency now.it/soccorso_avanzato/ip_poli.html, 2005, [consultato il 30 luglio 2008]. POLI N., ROSSETTI A.M.L., Linee guida per l’uso della contenzione fisica nell’assistenza infermieristi-ca, Nursing Oggi, 2001; (4): 58-67. TESSADORI B., FALLI F., Etica e responsabilità professionali: il Codice Deontologico infermieristico. Atti del convegno, Monza 3 marzo 2006. Note (1) Epilogo In realtà il primario, dopo due settimane di “tentennamenti” del medico curante, ha deciso di affidare il paziente ad La Schizofrenia Ebefrenica è una forma di schizofrenia (la più grave) che si sviluppa quando il paziente è ancora giovane; caratteristica è la sensazione di superficialità che questi pazienti irradiano. La prognosi è decisamente sfavorevole. ✑ 29 TRIAGE INFERMIERISTICO UNA NUOVA SFIDA DALLE RADICI ANTICHE Premessa vogliamo che tutto ri“Semanga com’è, bisogna che tutto cambi” , affermava il Principe di Salina ne “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Ed in effetti alle volte, nella nostra società, irrompono grandi innovazioni che, a ben guardare, tanto nuove non sono. L’introduzione del triage infermieristico nei Dipartimenti di Urgenza-Emergenza ha rappresentato un fenomeno nuovo per il panorama sanitario italiano, a tratti incostante, presente ancora a macchia di leopardo. Ma si è trattato comunque di un grande salto di qualità per la professione infermieristica, forse ancora non del tutto compreso nella sua portata generale. L’innovazione ha ricalcato, come avvenuto per altri aspetti del mondo infermieristico italiano, consolidate prassi presenti all’estero. Ma, a differenza di quanto avvenuto in quei Paesi, qui l’introduzione di tale pratica è stata in alcuni casi sofferta, impegnativa, ci si è dovuti scontrare con una classe medica diffidente, che ha considerato spesso l’infermiere del tutto inadeguato. Ma se volessimo andare più a fondo ed analizzare le radici del triage infermieristico scopriremmo, con grande sorpresa, che si tratta di una funzione per nulla nuova e per nulla “copiata” da quei Paesi. professioneinfermiereumbria2/11 Di per sé il triage non nasce certo per gestire il sovraffollamento dei Pronto Soccorso, bensì ha origini culturali lontane e forse oggi sconta alcune errate scelte nel campo delle politiche sanitarie. In realtà origina dal settore delle maxi-emergenze territoriali e, ancor prima, dalla gestione degli eventi bellici. Le radici del triage infermieristico sono quindi da ricercare in una cultura sanitaria tesa a garantire la sopravvivenza al maggior numero di persone possibili, ben lontana da quella funzione di “accettazione” che oggi talvolta assume. La storia della medicina bellica è tanto affascinante quanto cruenta, ma ci racconta della gestione sanitaria dei feriti nei conflitti sin dagli antichi romani, anche qui con protocolli di intervento precisi, strumentazioni particolari, personale (anche “infermieristico”) perfettamente predisposto. L’allestimento dei soccorsi sanitari bellici è presente nel mondo classico, nel Medioevo, nel Rinascimento, sino ai nostri giorni. Durante il medioevo il triage si legò ad una consuetudine cruenta: l’utilizzo di uno stiletto chiamato “Misericordia”, attraverso cui dare il colpo di grazia al combattente agonizzante sul campo di battaglia e ormai non più recuperabile. Ma la parola “triage” (dal verbo francese “trier”, scegliere) venne usata per la prima volta nelle campagne napoleoniche, quando il chirurgo capo dell’armata francese, il famoso barone Jean Dominique Larrey, organizzò i soccorsi ai soldati feriti nel campo di battaglia. Egli scelse di soccorrere prima quelli che avevano subito lesioni meno gravi, poiché sarebbero stati anche quelli più rapidamente recuperabili e da rimandare in battaglia. Pertanto il soccorso infermieristico bellico si proponeva di curare in prevalenza i militari che potevano essere ancora d’interesse operativo, selezionandoli attraverso il procedimento di triage. Nella campagna napoleonica d’Italia del 1796-97 abbiamo una organizzazione sanitaria come mai si era vista prima: le ambulanze erano dotate di quattro carri a 4 ruote, otto carri a 2 ruote ricoperti di teli impermeabili e con aperture per la ventilazione, vi era una dotazione di chirurghi maggiori, aiuti chirurghi con strumentazioni di sala operatoria e medicazioni, aiutanti, farmacisti, 12 infermieri a cavallo e 25 infermieri a piedi. Nel 1807 l’organizzazione del soccorso bellico dell’esercito napoleonico prevedeva addirittura dei “soldati infermieri” con il compito di soccorrere e raccogliere feriti, senza che si abbandonasse il campo di bat- spazioaperto D I M I C H E L E B E L L AV E G L I A INFERMIERE ESPERTO DISCIPLINE GIURIDICHE APPLICATE ALL’INFERMIERISTICA - PERUGIA 30 spazioaperto taglia. Gli eserciti napoleonici sono seguiti da ospedali campali in tende, perfettamente organizzati ed attrezzati, normati e con un’attenta suddivisione dei pazienti per ordine di gravità. Gli infermieri in scenari di guerra (quelli che oggi chiamiamo “combat nurse”) riceveranno un addestramento specifico, perché si comprende da subito che l’esigenza preminente non è affatto quella dell’immediato trasporto alle strutture sanitarie, bensì quella del trattamento precoce. In un documento dell’epoca si affermerà: “Non si tratta di tramutare un corpo da un luogo all’altro, per far ciò chiunque è capace, e non sarebbe punto necessaria l’istruzione di un corpo speciale quale è quello degli infermieri militari” Sin dal 1800 gli infermieri militari dell’esercito italiano operavano il triage direttamente sul campo di battaglia, con modalità simili all’attuale concezione e con gli stessi fini. Tale operazione veniva chiamata “cernita” e venivano utilizzate, a tale scopo, quelle schede (con tagliando rosso o verde) che poi si trasformeranno nelle attuali schede di triage, sulle quali apporre la trasportabilità del malato, la problematica riscontrata, le operazioni svolte. Tale scheda veniva apposta, ben in mostra, sul cappotto del ferito ed era funzionale alla cernita. Cernita, dal latino “cernere”, scegliere, selezionare (come la famosa parola delle guerre napoleoniche), quell’atteggiamento fermo che origina dall’esigenza di salvare il maggior numero di individui e che costringe altri ad una pericolosissima attesa. Da noi le prime postazioni di Pronto Soccorso extraospedaliero di natura civile sorge- ranno solamente nei primi anni del ‘900, soprattutto in relazione all’aumento di infortuni sul lavoro che si presenteranno con l’industrializzazione. Nasceranno così le prime guardie medico – chirurgiche ed ostetriche, dotate di mezzi per trasportare velocemente il malato al più vicino ospedale. Tali mezzi erano, già a quel tempo, in comunicazione telefonica con l’ospedale per informarsi sui posti letto disponibili e dare avviso dell’arrivo di malati e feriti. Da quel momento in poi l’evoluzione del soccorso extraospedaliero sarà incessante e porterà gradualmente al moderno concetto di triage. Eppure tutto originò da quella iniziale necessità di ridurre il picco di mortalità post - trauma in campo bellico, attraverso le terribili diciture: “ferito lieve”, “ferito al quale è necessario un soccorso”, “ferito insanabile”. Il triage, come lo intendiamo oggi, origina negli anni ‘60 negli Stati Uniti, al fine di gestire il progressivo sovraffollamento delle strutture di Pronto Soccorso. Qui la popolazione non gode di un S.S.N. che si fa carico delle prestazioni sanitarie e tutto è organizzato attraverso assicurazioni personali, che non tutti possiedono. Per la legge americana solamente il Dipartimento di Emergenza è tenuto a prestare gratuitamente assistenza a chiunque, fenomeno che farà lievitare vorticosamente gli accessi alla struttura. In alcuni Dipartimenti degli Stati Uniti si avranno picchi di attesa di 16-18 ore, con percentuali del 15% di pazienti che si allontanano prima di essere visti. In generale il sovraffollamento dei Pronto Soccorso è un fenomeno che ha investito tutto il mondo indu- strializzato, con una crescente incidenza di casi non urgenti. La spiegazione di tale fenomeno è piuttosto articolata: da un lato abbiamo un cittadino che identifica l’ospedale come unico polo qualificato a porre diagnosi ed a trattare casi complessi, dall’altro vi è una crescente sfiducia nel ruolo del medico di base e nelle strutture sanitarie locali, un pericoloso aumento delle liste d’attesa, la soppressione di molti piccoli ospedali di zona. Il Pronto Soccorso diventa allora un primo contatto, uno smistamento verso le specialistiche, un primo modo per identificare i bisogni del paziente. In Italia il triage nasce agli inizi degli anni ‘90 in maniera pionieristica ed in assenza di riferimenti normativi specifici, sull’esempio delle consolidate esperienze statunitensi. La materia verrà normata, con una certa precisione, nel 1996, attraverso la pubblicazione delle “Linee guida per il sistema emergenza-urgenza”, in applicazione a quanto prevedeva il D.P.R. 27 Marzo 1992 del Ministero della Sanità. In questo documento, per la prima volta, si parlerà di triage, precisando anche che: “Tale funzione è svolta da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio”. Attraverso la nuova modalità di gestione del paziente ci si è gradualmente resi conto di quanto fosse importante instaurare un nuovo concetto di presa in carico dell’emergenza/urgenza, di quali ricadute abbia sul percorso del paziente e sul funzionamento globale della struttura. Da quella prima applicazione di codici colore ad oggi molte cose sono cambiate, il spazioaperto 31 professioneinfermiereumbria2/11 note e annotazioni in corsia legislatore ha più volte normato la materia, si sono sviluppati precisi protocolli di gestione e si è radicalmente modificato l’utilizzo di persone, mezzi, dispositivi diagnostici. Il lavoro dell’infermiere triagista è quindi passato da mera funzione di accoglienza a importante gestione di un percorso, che non si traduce solo in un corretto iter del paziente ma in un globale management di risorse. L’infermiere triagista, nella nuova funzione che riveste, ha dovuto far conto anche con un altro importante tassello: i rapporti con l’esterno, con l’utenza e chi accompagna l’utenza. In qualche modo è divenuto “front office”, intermediario tra l’utenza e la struttura sanitaria e non sono rari i casi in cui, a tutt’oggi, i cittadini mal comprendono le funzioni del triagista, le guardano con diffidenza, non pongono fiducia. Questo ha generato (talvolta) tensioni, accuse di inappropriatezza e malpractice. Ma l’infermiere triagista è tutt’altro che una figura di “smistamento inconsapevole”, lo scenario attuale ci parla anzi di interessantissime esperienze pionieristiche, che molto ci dicono su quello che potrebbe essere il futuro triagista. Nel nostro Paese abbiamo infatti realtà in cui gli infermieri si stanno occupando della gestione degli accessi non urgenti o a bassa complessità assistenziale, esperienze di “percorsi brevi” in cui si riconosce all’infermiere triagista la facoltà di inviare direttamente i pazienti con codici verdi o bianchi in reparti specialistici, sperimentazioni in cui si autorizza l’infermiere a richiedere esami radiologici per pazienti con patologia traumatica minore, am- SLOW HOSPITAL DI MARIA CAPELLO l tempo abbia tempo e che ci dia tempo. Avete mai l’impressione di non avere il tempo di fare ciò che si desidera fare perché corre troppo velocemente? È anche vero che viviamo in una società in cui la velocità fa da padrona: internet, ADSL, banda larga, banda stretta, banda elastica, che però serve a noi infermieri per le nostre articolazioni un po’ acciaccate. Tutto sinapticamente organizzato per correre e non pensare. Ma è proprio vero che tutti riusciamo a correre allo stesso modo e restare aggrappati al tempo? Magari i giovanissimi lo sono di più, hanno un’organizzazione mentale celermente organizzata per questa era super-tecnologica. Ma tutti dobbiamo stare aggrappati al tempo per non perdere tempo e per non essere sconfitti dal tempo. Oggi si cresce per restare giovani. La società è organizzata per confermarsi giovane e per diventare sempre più giovane. Dal business economico: • chirurgia estetica, prodotti cosmetici, botulino, silicone, acido ialuronico, palestre improntate sul culto del corpo sempre perfetto, tonico, muscoloso • alla televisione ricca di programmi orientati verso i giovani: giovani amici che però litigano perché sono nemici, giovani veline, letterine, schedine, fin’anche alle trasmissioni di giovani anziani che imitano le troniste e i tronisti per trovare il fidanzato o la fidanzata, decadenza della saggezza • al cinema che propone film di giovani adulti con la perenne crisi d’identità e della paura di crescere, partendo da “l’ultimo bacio”, “scusa se ti amo, scusa ma ti odio, scusa ma ti voglio sposare ma sappi che chiederò il divorzio dopo essermi fatto l’amante, sino ad “immaturi”, giovani adulti che devono ripetere l’esame di maturità immedesimandosi nel ruolo dell’eterno adolescente • la moda che ci vuole tutti magri, alti, belli, in grado d’indossare vestiti aderentissimi degni delle sfilate milanese. I La società civile che d’esempi non ce ne risparmia alcuno. Non si capisce più quale sia il confine dell’età del tempo, di quel tempo che era chiamato “vecchio”. Il vecchio ormai appare solo nelle cose che l’ultimo dell’anno buttiamo dalla finestra. Per carità anche a me fa impressione la parola “vecchio” e la sostituisco con la parola grande. Insomma, si rifiuta la modificazione del corpo che il tempo plasma sulla pelle, si vive dunque una paradossale crisi d’identità del tempo. L’Italia è uno dei paesi più vecchi d’Europa. La percentuale di popolazione di 65 anni e oltre è passata dal 15,3% del 1991 al 18,7% del 2001. La popolazione di 75 anni e oltre è passata dal 6,7% del 1991 all’8,4% del 2001. I “grandi vecchi”, cioè la popolazione di 85 anni e oltre è passata dall’1,3% del 1991 all’attuale 2,2%. Le regioni più anziane sono, in ordine: la Liguria, l’Umbria, l’Emilia-Romagna e la Toscana (Dati Istat 2001). E attendiamo il quindicesimo censimento Istat che ci sarà proprio quest’anno. (segue a pag. 32) note e annotazioni in corsia 32 spazioaperto È inutile nascondercelo, sappiamo che la popolazione italiana invecchia sempre più, che fra un po’ ci saranno più badanti che bambini, che l’elisir di lunga vita non sia stato ancora trovato, perciò ancora oggi nel terzo millennio ci s’invecchia e invecchiando si perdono capacità fisiche e prontezze di riflesso. Anche la sanità rispecchia la nostra vita sociale, in altre parole, l’assetto assistenziale è organizzato secondo gli attuali schemi di velocità supersonica per riuscire a fare tutto, sproporzionato rispetto al numero esiguo del personale. Le corsie italiane sono sempre più popolate da “giovani anziani” che il tempo porta a revisionare i loro corpi come il motore delle macchine. L’ospedale dunque, meccanico e l’elettrauto del corpo umano, in quest’epoca super veloce deve affrontare il fabbisogno lento dei nostri anziani e il paradosso del tempo è vissuto anche dagli operatori sanitari. In pratica è come se rifiutassimo la lentezza del tempo che ci mette nella condizione di dover entrare in contatto anche con il nostro tempo lento. Dunque, medici, infermieri, OSS, tecnici, fisioterapisti, dietisti negli ospedali devono far fronte a questo esercito di persone anziane che affollano le corsie, propriamente o impropriamente, non avendo dalla loro parte purtroppo una rete di servizi territoriali tali da supportare questa grande mole di fabbisogno sanitario. È anche vero che abbiamo a che fare con una tale crisi economica per cui è stato necessario apportare tagli sul personale e che il governo centrale pur essendo costituito per la maggior parte da “giovani e ringalluzziti anziani” badano a tagliare spese e non alla reale condizione degli ospedali (vedi regione Lazio), che però devono far fronte quotidianamente all’emergenza secondo l’equazione: - [ (personale) + (pazienti) ] = (?) Tanti posti letto L’incognita può essere presto risolta facendosi un giro tra le corsie. Questo esercito di “giovani anziani” è come aver a che fare con bambini che hanno bisogno d’essere accuditi amorevolmente. Quando sono in ospedale diventano poi come neonati in fasce i cui bisogni sono totali: dal pannolone da cambiare ed essere imboccati nei pasti quotidiani, all’essere aiutati nell’assunzione dei farmaci ed ascoltati e rassicurati dalle loro paure e solitudini. Insomma il tutto si traduce in un tempo che non può essere veloce, il loro tempo è un tempo lento ed il personale deve adeguarsi al loro tempo, ma per adeguarsi al loro tempo è necessario che ci sia più personale. Invece l’intera organizzazione ospedaliera è improntata sull’ADSL dalla banda larga, pochi corrono per riuscire a fare tutto e non si ha tempo di fare proprio tutto a molti. Questioni di priorità. Come si dice, è un cane che si morde la coda. Riadattiamo nuovamente il tempo all’essere umano. Riedifichiamoli questi slow hospital, oasi felici nonostante la malattia. Che la priorità nello slow hospital sia anche quella di dedicare pure un tempo al sorriso che può curare insieme alla medicina, dare spazio all’ascolto che fa bene alla psiche e contribuisce alla guarigione. Noi infermieri siamo formati pure per fare questo, però bisogna avere anche il tempo di bloccare il tempo, come un’immagine alla moviola da non applicare solo alle partite di calcio, ma anche alla vita reale e si spera all’assistenza ideale. ● (Indirizzo e-mail e blog dell’autore Maria Capello, Infermiera UTIC Santa Maria della Misericordia, Perugia, a cui potersi rivolgere per condividere idee ed opinioni [email protected] – www.effettoparadosso.com) bulatori infermieristici che gestiscono codici bianchi ed altro. Tutte esperienze che hanno anche alimentato, in questi ultimi tempi, timori di una eccessiva valorizzazione dell’infermiere, sino al punto di ipotizzarne una attribuzione di competenze strettamente mediche, ma che in realtà si traduce solamente in una legittima crescita di autonomia. Allora, in qualche modo, l’infermiere triagista, viene/verrà a trovarsi tra due fuochi: da un lato la diffidenza di una società che ancora mal conosce le sue competenze professionali, dall’altro le incertezze di una categoria medica che teme di perdere settori di competenza. Come potrà difendersi da tutto ciò l’infermiere triagista ? Probabilmente attraverso la dimostrazione della propria competenza e professionalità. In medicina nulla è improvvisabile: tutto è stabilito da precisi percorsi standardizzati, validati, riconosciuti dalla comunità internazionale. Questi, quando ben applicati, sono in grado di mettere l’operatore sanitario al riparo da accuse, da denunce, da sospetti. Per tale motivo un corretto percorso da intraprendere è certamente quello di tendere ad un continuo lavoro su sé stessi attraverso l’aggiornamento e la formazione, al fine di assimilare intimamente quei contenuti che sono in grado di farci operare in modo efficace, efficiente, qualitativamente eccellente. L’autonomia professionale degli infermieri di questi ultimi decenni passa pertanto attraverso questa sfida: quell’assunzione di responsabilità che origina da un lavoro su di sé, sulle proprie conoscenze e sull’aumento, quindi, della propria competenza e professionalità. ✑ A CURA DEL COLLEGIO DI TERNI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO GLI APPUNTAMENTI ■ ORVIETO (TR) 23-24 SETTEMBRE 2011 La determinazione del fabbisogno di personale in Sanità. Metodi e strumenti orientati alla tracciabilità della complessità assistenziale mediante la metodologia ICA e al sistema ICACODE IN FASE DI ACCREDITAMENTO Segreteria organizzativa: Effegi viaggi di Easy Tour S.r.l. Tel. 0763344666 Fax 0763343943 e-mail [email protected] ■ BOLOGNA 29 SETTEMBRE 2011 Aspetti giuridici, rsponsabilità e funzioni del Coordinatore e dell’Infermiere in sala operatoria CREDITI E.C.M. 7,5 Segreteria organizzativa: Format S.a.s. Tel. 0533713275 Fax 0533717314 e-mail [email protected] www.formatsas.com ■ ROMA 5-8 OTTOBRE 2011 X Congresso E.N.D.A. IN FASE DI ACCREDITAMENO Segreteria organizzativa: C.I.D. c/o Effegi viaggi di Easy Tour S.r.l. Tel. 0763344666 Fax 0763/343943 e-mail [email protected] ■ ROMA 12-15 OTTOBRE 2011 XII Conferenza Nazionale di Sanità pubblica IN FASE DI ACCREDITAMENTO Segreteria organizzativa: Iniziative Sanitarie S.r.l. Tel. 065919418 Fax 065204140 ■ PERUGIA 14 OTTOBRE 2011 Rilevazione ed utilizzo dei carichi di lavoro IN FASE DI ACCREDITAMENTO Segreteria organizzativa: Vidotto Fabio Tel. 0438401630 Fax 0438403895 e-mail: [email protected] ■ ROMA 20-22 OTTOBRE 2011 III Congresso Nazionale della Società italiana di gestione e impianto degli accessi vascolari IN FASE DI ACCREDITAMENTO Segreteria organizzativa: F.IMO. S.r.l. Tel. 0556800389 Fax 055683355 e-mail [email protected] www.fimo.biz ■ MESTRE (VE) 20 OTTOBRE 2011 Gli antibiotici parenterali: responsabilità e competenze dell’Infermiere per la gestione e il monitoraggio CREDITI E.C.M. 7,5 Segreteria organizzativa: Format S.a.s. Tel. 0533713275 Fax 0533717314 e-mail [email protected] www.formatsas.com ■ FIRENZE 27 OTTOBRE 2011 Day Surgery in Ortopedia e Traumatologia CREDITI E.C.M. 7,5 Segreteria organizzativa: Format S.a.s. Tel. 0533713275 Fax 0533717314 e-mail [email protected] www.formatsas.com ■ ROMA 16-18 NOVEMBRE 2011 XXX Congresso Nazionale A.N.I.A.R.T.I. IN FASE DI ACCREDITAMENTO Segreteria organizzativa: A.N.I.A.R.T.I. Roma Tel. 055434677 Cell. 3404045367 www.aniarti.it IL TEMA SCELTO DAL COMITATO CENTRALE PER I LAVORI DEL XVI CONGRESSO NAZIONALE IPASVI BOLOGNA 22-23 E 24 MARZO 2012 è quello del contributo che la professione infermieristica garantisce al sistema salute attraverso la propria cultura. Una cultura innovativa, moderna e capace di superare criticità e di risolvere problemi aperti.