collana editoriale di:
L’ORIZZONTE
DELLA COOPERAZIONE
Europa 2020
“Conferenza economica”
Bologna, 26 marzo 2015
ESTRATTO:
La situazione attuale,
a cura di Aldo Perrella ,
Responsabile Ufficio certificazioni e Bilanci
Legacoop nazionale
–1–
TITOLO:
L’ORIZZONTE DELLA COOPERAZIONE
Europa 2020
“Conferenza economica”
Bologna, 26 marzo 2015
© le MAPPE 2015 di LEGACOOP Emilia-Romagna
www.emilia-romagna.legacoop.it
© Format Edizioni Bologna 2015
www.format.bo.it
Curatore editoriale: Beppe Feltrin
[email protected]
ISBN: 9788896156810
Bologna, marzo 2015
INDICE
Introduzione:
lavorare per il riposizionamento delle cooperative:
alcune chiavi di lettura dei materiali ............................................... pag.
5
La situazione attuale,
a cura di Aldo Perrella ,
Responsabile Ufficio certificazioni e Bilanci Legacoop nazionale ....
»
9
La cooperazione tra il “non più” e il “non ancora”,
di Guido Caselli,
Direttore Ufficio Studi Unioncamere Emilia-Romagna .....................
»
20
Considerazioni per una riflessione sul rapporto
cooperazione territorio in Emilia Romagna,
a cura di CAIRE, Cooperativa Ingegneri ed Architetti di Reggio Emilia,
coordinamento Giampiero Lupatelli ................................................. »
68
Considerazioni sulle opportunità, le esigenze
e i rischi del co-housing e dell’housing cooperativo,
a cura di CAIRE (Ricerca commissionata da Legacoop
e Confcooperative dell’Emilia Romagna) ..........................................
» 103
Alla ricerca del valore.
Orientamenti delle politiche industriali regionali
in una fase di transizione,
di Silvano Bertini ..............................................................................
» 118
Il Welfare sociale e socio-sanitario italiano:
crisi di policy o crisi dei modelli di impresa?
Quali spazi di mercato inesplorati?
di Francesco Longo e Francesco Petracca,
CERGAS, Università Bocconi ............................................................
» 129
La sfida dell’innovazione:
lo sviluppo dell’ICT e i modelli organizzativi per le reti del futuro,
a cura di Pricewaterhouse Italy,
coordinamento Massimo Pellegrino .................................................
» 150
CHIAVI DI LETTURA PER I MATERIALI
Il Congresso della Legacoop regionale
ha posto al centro della iniziativa delle
cooperative e dell’associazione, il tema
cruciale del Riposizionamento strategico,
a partire da un nuovo rapporto con il
territorio e di una rinnovata capacità di
fare rete, di sviluppare la dimensione
intersettoriale della cooperazione.
Quanto è accaduto nei pochissimi mesi
trascorsi dal Congresso non solo rendono
quell’orientamento, quella indicazione
di sviluppo, quanto mai opportuna, ma
stanno a testimoniare di quanto rapidi
siano i mutamenti in atto e quanto rapida
debba essere la capacità di risposta e di
adattamento dei soggetti economici e
sociali alle mutate condizioni.
Si rafforza la consapevolezza che siamo
di fronte a una situazione che cambierà in
modo radicale il panorama dei mercati e
le condizioni economiche ed istituzionali
del loro funzionamento.
Soprattutto siamo di fronte, in un
modo che sino ad alcuni mesi orsono
non era ancora prevedibile, a condizioni
di sviluppo possibile che debbono essere
colte e d utilizzate sino in fondo.
La
massiccia
operazione
di
“Quantitative Easing”, la riduzione
del prezzo dell’energia, le riforme
che comunque vengono avviate, una
indicazione di pur debole ripresa, l’avvio
dei programmi dei Fondi strutturali
Europei e la stessa manovra di investimenti
promessa dalla Commissione Europea,
sono tutti elementi che stanno ad indicare
che siamo all’inizio di un ciclo positivo,
all’inizio di una ondata di liquidità e
di condizioni per accedervi, come non
accadeva da anni.
Che ciò significhi davvero l’uscita
o almeno l’inizio dell’uscita dalla crisi
dei consumi interni e dal blocco degli
investimenti, dipenderà anche dal modo
con il quale le imprese e le istituzioni
giocheranno le loro carte di fronte a quelle
possibilità.
Inoltre
alcuni
rilevantissimi
provvedimenti legislativi, come quelli già
adottati sulle banche Popolari e quelli
in corso di definizione sulla Banche di
Credito Cooperativo, mettono al centro del
dibattito politico ed istituzionale, il tema
cruciale della governance cooperativa e
la sua adeguatezza, oggi, alla missione
strategica della cooperazione, al suo
rapporto con il territorio e con il rispetto
dei diritti dei soci.
Nel nostro congresso avevamo posto
al centro le tematiche della Governance
cooperativa , le cui distorsioni evidenti in
alcuni settori, erano uno degli elementi
delle stesse crisi aziendali e di settore.
Proprio per questo, oggi, per le
cooperative emiliane e romagnole
significa prendere sul serio la linea del
Riposizionamento e dell’Intersettorialità
sancita dal Congresso: non vi sono più alibi
per pigrizie, ritardi o resistenze egoistiche,
ma anche per errori grossolani e in alcuni
casi colpevoli, come quelli compiuti nei
mesi (ed anni, purtroppo) scorsi.
Oggi siamo tutti sottoposti ad una
prova di trasformazione e rinnovamento
che non è più procrastinabile.
Al congresso sono stati messi a
disposizione dei materiali per sostenere
e d alimentare la riflessione strategica ma
anche quella più operativa della Lega,
dell’ACI e delle stesse cooperative.
I materiali che vengono messi a
disposizione
in
questa
occasione
rappresentano un arricchimento e un
completamento di quelli contenuti nel
“Primo Rapporto sulla cooperazione”
che venne distribuito al Congresso, a
disposizione anche sul sito della Legacoop
regionale. Anche questi materiali verranno
messi sul sito e resi disponibili per tutti
coloro che li vorranno utilizzare.
All’inizio del suo contributo al
“Rapporto” distribuito al Congresso e
qui riprodotto, Aldo Perrella sostiene
che: “Dalla sua ricostituzione nel 1945
–5–
il movimento cooperativo aderente a
Legacoop Emilia-Romagna ha visto una
costante e persistente crescita di indicatori
economico-patrimoniali e di dati sociooccupazionali, che non ha subito flessione
alcuna neppure nelle fasi critiche quali
quella del 92-93, nota come gli anni di
Tangentopoli. Questo lungo e costante
trend positivo, che faceva pensare a
una formula proiettata all’infinito, si è
viceversa bruscamente interrotto dopo gli
eventi del 15 settembre 2008, con quella
che ormai tutti gli analisti definiscono
come la più disastrosa bancarotta della
storia dell’umanità: la Lehman Brothers.”
Ciò che è condivisibile in questa
affermazione, aldilà dei dettagli, è la
necessità di una presa di consapevolezza,
in gran parte acquisita, della crucialità
della fase di passaggio in cui ci troviamo,
e la consapevolezza del fatto che la
cooperazione gioca la sua partita in una
dimensione storica molto lunga.
Prendere
sul
serio
la
crisi,
l’interruzione di un trend durato oltre
sessant’anni, significa mettereal centro
della riflessione delle cooperatrici e dei
cooperatori dell’Emilia-Romagna, e non
solo,quello che nel nostro Congresso
chiamiamo il riposizionamento delle
cooperative. Significaassumere fino in
fondo la necessità dell’innovazione e del
cambiamento, nella consapevolezzadi
una responsabilità nei confronti dei
territori di insediamento, responsabilità
che rappresenta un legame originario
anche quando le nostre cooperative si
proiettano ben oltre il territoriodi origine.
È per questo che un progetto di
riposizionamento delle cooperative non
ha a che fare solo con le dinamiche dei
mercati, dei business, ma deve essere
attento all’intreccio tra bisogni del territorio
e delle persone che lo abitano, esigenze
imprenditoriali e proposta mutualistica:
questo è il Progetto Cooperativo, portatore
di un complesso fondante di valori che ne
costituiscono l’identità, distinta da quella
di altri soggetti imprenditoriali (le imprese
di altro tipo) e del sociale (il volontariato,
il no profit). Distinta ma non separata, alla
ricerca, anzi, di alleanze e collaborazioni
in vista del raggiungimento di obiettivi
comuni di sviluppo economico e civile.
La “lunga cavalcata” di cui parla
Perrella, a vederla bene, ha al suo
interno dei momenti cruciali di svolta,
da un lato, di criticità, dall’altro. Proprio
per le sue caratteristiche complesse,
sempre in bilico tra economia, socialità e
partecipazione democratica, tra economia
e società, la cooperativa ha la necessità di
non rinunciare mai, tanto nella crescita
quanto nelle crisi, a riflettere su se stessa
e sulla qualità della propria identità, sulla
tensione essenziale tra “performance
imprenditoriali e finalità sociali”, tensione
che ha nel socio e nella sua attiva
partecipazione il fulcro essenziale.
Il rischio della “demutualizzazione”
è un rischio sempre presente per le
cooperative, il rischio della omologazione,
della perdita della capacità di mettere a
frutto le sue specificità.
Siamo quindi di fronte alle necessità
di riposizionamento di un soggetto
economico e sociale assai complesso che
ha un intreccio peculiare con il territorio
regionale e la sua storia.
È per questo che con questi materiali
e con quelli contenuti nel “Rapporto”
abbiamo cercato di offrire materiali per la
discussione - non solo congressuale - che,
provenendo da diversi settori delle scienze
sociali e della ricerca, offrissero un quadro
il più articolato possibile dell’attuale
situazione, delle potenzialità del sistema
delle cooperative e dello scambio con i
territori nei quali sono insediate.
Abbiamo voluto offrire strumenti nuovi
e originali per avviare una riflessione
strategica che, ben oltre il Congresso,
dovrà svilupparsi nei prossimi mesi e
anni, in un continuo dialogo con gli altri
soggetti sociali, economici e istituzionali,
alla ricerca di un nuovo equilibrio virtuoso
per la nostra regione e per il nostro Paese.
Abbiamo voluto ribadire l’utilità e la
necessità di tornare a fare sistematicamente
ricorso al meglio della ricerca sociale in
regione e nel nostro Paese.
Per questo uno degli obiettivi proposto
al Congresso è quello di organizzare,
–6–
in collaborazione con Unioncamere
regionale,
un
Osservatorio
sulla
cooperazione che sia sede di ricerca e
sviluppo del movimento cooperativo e
abbia l’ambizione di mettersi al servizio
della costruzione delle strategie delle
cooperative stesse e dei settori: in epoca
di big data, l’Osservatorio può aiutare le
imprese ad elaborare interpretazioni più
sofisticate e a recuperare e, soprattutto,
organizzare e utilizzare, dati e riflessioni
ormai largamente a disposizione sulla
Rete e non solo.
affiancarci per una riflessione strategica
su una delle necessarie innovazioni dei
prossimi mesi: l’aggancio con la rivoluzione
delle scienze dell’informazione dell’ICT.
assai
Temi
decisivi
emergono:
interessante la proposta di Bertini di
vedere la cooperazione come un possibile
soggetto endogeno che si affianchi alla
vitalità della tradizionale PMI emiliana
e all’intervento ormai massiccio delle
finanziarie internazionali; la questione
del welfare che ha nel saggio di Caselli
un approfondimento assai importante e
si collega con gli interventi contenuti in
un opuscolo, collegato al rapporto, sul
Welfare del futuro, in particolare con
l’intervento del prof. Francesco Longo,
assai stimolante e provocatorio, rispetto
al ruolo che la cooperazione sociale, le
mutue e le assicurazioni dovranno giocare
per fornire servizi adeguati a una domanda
delle famiglie e dei singoli (basti pensare
alle non autosufficienze) in continuo
aumento, ben oltre le possibilità (calanti)
del pubblico di fornire risposte adeguate.
Sino a porre il tema di un possibile
“nuovo universalismo”. Il saggio di Longo
deve essere letto insieme ai materiali già
pubblicati e contenuti nel “Rapporto”
congressuale a cura di Alberto Alberani,
materiali di una iniziativa organizzata da
Legacoop regionale prima del Congresso,
per affrontare un tema cruciale per una
nuova presenza strategica nel campo del
Welfare e dei servizi per le persone: quello
delle Mutue, del loro rinnovamento e del
loro sviluppo, a partire dal rafforzamento
della nuova Mutua Regionale.
Vengono qui finalmente pubblicati
in modo integrale i contributi della
Cooperativa Architetti ed Ingegneri
di Reggio Emilia, da lungo tempo
protagonista degli studi e delle attività di
pianificazione territoriale ed economica
a livello nazionale, che esplicita in modo
innovativo il rapporto tra cooperazione
e territorio, descrivendone la “geografia”
indicando anche le peculiari possibilità
di innovazione territoriale: alcuni esempi
sono di notevole interesse, dall’Housing
sociale, alle questioni energetiche, al
nuovo ruolo economico delle campagne,
alla manutenzione territoriale, tutti ambiti
nei quali la cooperazione si intreccia
fortemente con ibisogni del territorio.
Il lettore attento potrà intrecciare queste
considerazioni e proposte con quelle,
assai organiche e inserite in una lettura
complessiva delle dinamiche regionali,
presenti nel contributo di Guido Caselli,
: “La cooperazione tra il “non più” e il
“non ancora””, che rappresenta uno dei
contributi più originali, che mette insieme
una visione complessiva delle condizioni
di sviluppo che stanno mutando
rapidamente, che sono già mutate, con
alcune ipotesi di potenzialità del modello
di impresa cooperativo in alcuni settori
specifici.
La
riflessione
sull’innovazione
possibile e necessaria passa attraverso
tutti i contributi, in particolare quelli di
Silvano Bertini, di CAIRE, di Caselli, di
Pricewaterhouse, autorevole società di
consulenza alla quale abbiamo chiesto di
Invitiamo tutti, ancora una volta, a
tenere insieme la lettura di questi materiali
con quelli del “Rapporto” distribuito al
congresso.
In esso, per esempio, si trovano anche
materiali aggiornatissimi su un intreccio
di questioni decisive per le cooperative,
quello tra Governance, Partecipazione
e Relazioni sindacali: i contributi di
Mario Ricciardi, Mauro Lengo e Carlo
Marignani sono il frutto di un confronto
seminariale organizzato in collaborazione
tra Legacoop regionale e nazionale.
–7–
Questi temi sono cruciali al pari della
riflessione strategica sul riposizionamento
e sul rapporto con il territorio: senza
un equilibrato funzionamento della
governance, senza un equilibrio tra
democrazia ed economia non esiste la
cooperativa, si rischia la deriva verso altri
modelli e altri valori, che fanno venir
meno la nostra distintività.
La rilevanza, anzi l’urgenza anche
politica di questi temi, è davanti agli
occhi di tutti dopo i provvedimenti sulle
Cooperative di consumo, oltre a quelli
sulle banche Popolari e quelli sulle BCC.
Con la pubblicazione di questi
ulteriori materiali abbiamo voluto
ribadire la necessità di legare la ricerca
sociale e scientifica sulla cooperazione
con gli interventi di rinnovamento e
di riposizionamento, che, anche con il
lavoro di analisi e di sperimentazione
dei prossimi mesi, possa produrre una
nuova sintesi efficace che rilanci la
presenza vitale della cooperazione e delle
cooperative nella nostra regione, come
strumento decisivo per dare una risposta
adeguata alla crisi.
–8–
LA SITUAZIONE ATTUALE
a cura di Aldo Perrella
Dalla sua ricostituzione nel 1945
il movimento cooperativo aderente a
Legacoop Emilia-Romagna ha visto una
costante e persistente crescita di indicatori
economico-patrimoniali e di dati sociooccupazionali, che non ha subito flessione
alcuna neppure nelle fasi critiche quali
quella del 92-93, nota come gli anni di
tangentopoli.
Questo lungo e costante trend positivo,
che faceva pensare ad una formula
proiettata all’infinito, si è viceversa
bruscamente interrotto dopo gli eventi
del 15 settembre 2008, con quella che
ormai tutti gli analisti definiscono come
la più disastrosa bancarotta della storia
dell’umanità: la Lehman Brothers.
Gli effetti mondiali di questa crisi,
che perdura ormai da sei anni, ha
infatti inevitabilmente coinvolto anche
le cooperative aderenti a Legacoop.
Va precisato fin da subito che, come
sempre in questi casi, il dato non è
generalizzabile essendovi realtà aziendali
che si sottraggono a questa congiuntura
negativa, ma nel loro complesso i dati
evidenziano un agglomerato di imprese
che sta marcando i disagi di una crisi
perdurante.
Va peraltro rilevato come in molte
realtà cooperative questa crisi, pur
autodifesa (quali, ad esempio, i contratti
di solidarietà).
Interessante al riguardo una ricerca
condotta dal dr. Guido Caselli di
Unioncamere che dimostra la maggior
“resilienza” dell’impresa cooperativa
ai
cambiamenti
dell’attuale
ciclo
congiunturale. Risulta, ad esempio, da
questa tabella che, nelle dinamiche
anagrafiche del periodo 2009-2013,
mentre il saldo generale tra imprese nate ed
imprese morte presenta un dato negativo
(-5.328), se limitato alle sole cooperative
abbiamo invece un saldo positivo di 320
unità, pari 5,9%.
Analisi degli andamenti economicopatrimoniali
Legacoop Emilia-Romagna associa
oltre 1.100 cooperative attive, con un
turnover anagrafico limitato rispetto alla
media nazionale. In altre parole la base
associativa è fortemente stabilizzata e le
dinamiche anagrafiche sono entro limiti
fisiologici.
L’analisi dei dati [fig. 1] mostra a
prima vista una complessiva tenuta
dei volumi economici; il Valore della
Produzione complessivo infatti, dopo una
lieve flessione nel 2009, si assesta sui
26 mld di euro, anche se, all’interno del
[fig. 1]
essendosi manifestata fin dai primi
momenti, abbia tardato a produrre effetti;
questo sostanzialmente è avvenuto per
la natura stessa dell’impresa cooperativa,
dotata di autonome capacità reattive o in
cui è più facile l’adozione di misure di
quadro complessivo, si evidenzia come
il dato di settori in crescita (in particolare
Dettaglianti, Servizi e Sociali) compensi la
flessione di altri settori [fig. 2].
A p p a re
d e c i s a me n t e
d ive rs o
–9–
Il risultato d’esercizio di questi 6 anni è
ovviamente coerente con tali presupposti;
assistiamo pertanto al passaggio da un
saldo (algebrico) calante [fig.6], ma positivo
nei primi esercizi ad un saldo negativo
negli esercizi 2012 -13. Disaggregando
il dato per settore si evidenzia soprattutto
il trend negativo della Produzione Lavoro
che passa in sei anni dai 185 milioni di
utile ai 392 di perdita [fig.7].
Il Prestito Sociale [fig.8] è un istituto
che ha visto una crescita costante e
ininterrotta sino al 2011, primo anno
in cui l’istituto marca una flessione.
La diffusione tra tutti i settori di tale
inversione di tendenza fa facilmente
l’andamento del risultato della gestione
caratteristica [fig. 3]; qui infatti i margini
della redditività subiscono una progressiva
compressione che, in sei anni, riducono
a circa un quinto il Reddito Operativo
Caratteristico (ROC). La scomposizione
del dato per settore mostra in questo caso
differenze ancora più evidenti [fig. 4], in
particolare per quanto riguarda due settori:
la Produzione Lavoro da una redditività
positiva di 297 milioni di euro, nel 2008,
passa progressivamente ad una perdita da
gestione caratteristica di 32 mln nel 2013;
i Dettaglianti evidenziano al contrario una
costante crescita di redditività, passando
dai 52 mln nel 2008 ai 68 nel 2013 [fig. 5].
[fig. 2]
[fig. 3]
[fig. 4]
– 10 –
[fig. 5]
[fig. 6]
[fig. 7]
[fig. 8]
– 11 –
alle Sociali (+16.283 addetti)
che compensano la perdita
della Produzione Lavoro (-4.522
addetti). Tale trend, se combinato
con i dati della redditività, porta
ad una inevitabile considerazione:
l’imprenditoria cooperativa, pur
di garantire i livelli occupazionali,
comprime fino al limite i propri
margini, svolgendo in tal modo
e consapevolmente un ruolo
di improprio ammortizzatore
sociale.
Il sistema di monitoraggio
Già dalle prime avvisaglie
della crisi Legacoop, attraverso
CRM, si è dotata di un sistema di
“alert” finalizzato ad evidenziare
[fig. 9]
[fig. 10]
pensare come essa sia essenzialmente
causata dalla criticità nei bilanci delle
famiglie, criticità che porta ad intaccare
anche i risparmi allocati in attività di forte
fidelizzazione, quale il prestito sociale
sino ad oggi si è dimostrato [fig. 9]. Va
comunque considerato che le dinamiche
di questa voce di bilancio sono fortemente
influenzate dai dati del Consumo, settore
che pratica maggiormente l’istituto.
La
vocazione
sociale
della
cooperazione è infine resa evidente dai dati
occupazionali [fig. 10]. Il grafico mostra il
trend crescente del numero di addetti
nei sei anni considerati, con l’eccezione
del 2010 ed una lieve flessione degli
ultimi due esercizi. Il dato complessivo
mostra un incremento di circa 12.000
addetti nei sei anni di crisi. La crescita
maggiore è riconducibile ai Servizi ed
le situazioni di maggior criticità. CRM
(società che gestisce la Centrale dei Bilanci
di Legacoop) ha dalla sua costituzione
accumulato informazioni sui dati di
bilancio ed elaborato schemi di analisi e
markers di criticità sulle aziende aderenti.
A fine 2008 ha pertanto elaborato un
sistema organico di analisi di tali elementi
e costruito uno schema di alert denominato
RCA (Ricognizione Criticità Aziendali).
Va precisato che RCA non è né uno
score né tantomeno un rating sul migliore
o peggiore stato di salute dell’azienda
analizzata, ma più semplicemente una
verifica delle possibili criticità aziendali
basata su 5 elementi, definiti “sensori”,
di cui tre desunti dai dati di bilancio
dell’azienda e due elaborati da soggetti
terzi.
• Gearing ratio cioè rapporto tra la
– 12 –
posizione finanziaria netta e Patrimonio
Netto;
• R.O.C.
Risultato
Operativo
Caratteristico, in trend per gli ultimi tre
esercizi;
• Risultato dell’esercizio, in trend per gli
ultimi tre esercizi;
• P.D. o Probability of Default elaborato
da Bureau Van Djik;
• P.N.
da
Certificazione”
cioè
l’ammontare delle rettifiche negative
sul P.N. risultante dalla certificazione di
bilancio.
Punti di forza di questo metodo è la sua
“semplicità” (apparente perché in realtà
si basa su tre importanti banche dati) e
soprattutto la sua “oggettività”; il metodo
infatti non richiede alcuna valutazione
soggettiva da parte del soggetto elaboratore
(si tratta di un computer); ciò peraltro
sottrae il metodo ad inevitabili accuse di
poca oggettività o imparzialità.
Il metodo inoltre analizza e “quota”
tutte le aziende i cui dati sono inseriti nel
che ne hanno riconosciuto l’efficacia.
Oggi, dopo sei anni di utilizzazione
del metodo possiamo riconoscerne anche
statisticamente la buona predittività e, di
conseguenza, la forte efficacia; abbiamo
infatti analizzato le aziende con indice >6
nei primi tre anni della crisi e constatato
che oltre il 90% di esse, negli anni
successivi sono andate in default o si sono
trovate in situazione di default, anche
se non ancora dichiarato (è il caso delle
cooperative con P.N. negativo).
La tabella [fig. 11] mostra gli enti (coop
e soc. di capitali) aderenti a Legacoop
Emilia Romagna con RCA compreso
tra 4 e 6 (criticità rilevante) e quelli con
RCA maggiore di 6 (criticità severa).
Nella seguente tabella [fig.12] la stessa
distinzione è fatta invece per gli enti
con valore della produzione maggiore
di10 milioni. Le due tabelle indicano
come circa un quinto degli enti aderenti
mostrino situazioni di criticità rilevante
[fig. 11]
[fig. 12]
programma e quindi tutti gli enti attivi
aderenti a Legacoop.
Punti di debolezza del metodo sono
la tempistica (la disponibilità dei dati
di bilanci delle aziende che chiudono
l’esercizio al 31 dicembre si ha solo
dopo l’estate successiva) ed alcune
approssimazioni (quali l’impossibilità di
disporre della distinzione debiti-crediti
finanziari per le aziende che redigono il
bilancio in forma semplificata).
Inizialmente il metodo è stato testato e
tarato con alcuni territori ed alcuni settori
o severa e come queste ultime situazioni
stiano registrando negli ultimi anni un
significativo incremento.
Analizzando inoltre l’RCA medio dei
singoli settori nel 2007 (ultimo anno prima
della crisi) e nel 2013 otteniamo un grafico
che pone in evidenza [fig.13] l’andamento
della criticità media dei cluster settoriali.
Il dato che risulta evidente è un aumento
della criticità media nella Produzione
Lavoro, nell’Abitazione e nella Pesca, un
forte miglioramento nei Dettaglianti ed
una sostanziale stabiltà negli altri settori.
– 13 –
Le crisi
Per analizzare le crisi aziendali
che hanno caratterizzato questi
anni di congiuntura, utilizziamo
una parte della relazione di
Marco
Bulgarelli
all’assemblea
di Cooperare spa. Si tratta di una
ricerca, a cui ha collaborato CRM,
che costituisce sicuramente lo studio
più approfondito sull’andamento
delle principali aziende aderenti a
Legacoop, a far data dal 1988 sino
a tutt’oggi. La platea analizzata è
nazionale, ma si consideri che il
70% delle imprese ha sede in Emilia
Romagna.
[fig. 13]
Dalla relazione di Marco Bulgarelli
all’assemblea 2014 di Cooperare spa
Nel 2010 riprendemmo un studio del ‘90 con il supporto della centrale bilanci di Legacoop (CRM). Cooperare realizzò un’analisi delle trasformazioni
avvenute all’interno del gruppo delle grandi imprese cooperative nel ventennio tra il 1988 e il 2008. Si trattò di ricostruire alcuni elementi del campione
iniziale, individuare i percorsi di soggetti che avevano dato luogo a fusioni
cooperative o a procedure di liquidazione, analizzando infine l’evoluzione
di alcuni parametri economici.
Il campione di partenza con dati di bilancio 1988, era costituito da 241
cooperative considerate al top del movimento cooperativo per dimensione
e per ruolo, con l’eccezione del settore Abitazione e dei servizi finanziari
(CCFR, Fincooper, Unipol e Finanziarie Territoriali) perché non erano contabilmente omogenei alle altre attività produttive. Per lo stesso motivo, al fine
di evitare artificiosi rigonfiamenti dei volumi, furono esclusi anche i consorzi
come AICA, Coop Italia, Conad Nazionale, CNS. Fu una scelta che fece torto a tutte le strutture che gestivano servizi alle imprese cooperative e sottodimensionò il sistema cooperativo, trascurando alcune realtà imprenditoriali
significative come il CCPL, divenuto poi gruppo industriale, o il CCC, sebbene entrambi già allora gestissero attività proprie. Ma, seppur con qualche difetto, il profilo dei campioni del movimento cooperativo usciva abbastanza
chiaro e consentiva di fare alcuni ragionamenti importanti.
In questo documento, sempre con il supporto di CRM, abbiamo cercato di
– 14 –
aggiornare nuovamente la situazione di quel campione di grandi imprese
cooperative, prendendo a riferimento i dati di bilancio 2013 e rivalutando
i dati degli anni passati secondo i coefficienti Istat. Per essere chiari se nei
venticinque anni della nostra analisi sono nati nuovi campioni, non sono
stati censiti. Per esempio mancano almeno due importanti Cooperative Sociali, ma non è nemmeno stato indicato un caso doloroso come la CMR di
Reggiolo, perché non era nel campione iniziale.
La riflessione proposta non ha un valore analitico di posizionamento dei singoli gruppi settoriali ma crediamo abbia il merito di tracciare un megatrend
che implica valutazioni sul modello della grande impresa cooperativa.
I movimenti del periodo 1988 – 2008
L’analisi del ventennio 1988/2008 aveva mostrato che il gruppo delle grandi
cooperative si era dimezzato da 241 a 119 società, inoltre alcune di queste
allora definite Grandi si erano rimpicciolite, o avendo conservato la loro
dimensione originaria, non potevano più essere classificabili tra le grandi.
Tra le evidenze si segnalavano la scomparsa di interi comparti come quello
dell’Informatica oppure la decimazione degli operatori attivi nella logistica
(trasporti e facchinaggio). C’era stata anche una fortissima selezione nel
settore Agroalimentare, nel settore Costruzioni e nel settore Manifatturiero.
I due settori della Distribuzione (Coop e Conad) e gli altri comparti del settore Servizi (Facility Management e Ristorazione) erano stati interessati da
importanti processi di concentrazione (prevalentemente fusioni tra cooperative) ed erano cresciuti per forza imprenditoriale e dimensione.
Si segnalava inoltre la crescita delle Cooperative Sociali.
Tra gli elementi significativi si evidenziava inoltre che:
i.
il plotone dei 119 campioni del 1988 poteva essere riclassificato in
tre gruppi omogenei:
Le prime 40 erano effettivamente grandi cooperative, si posizionavano ai
primi posti dei loro mercati di riferimento, detenevano posizioni di leadership o condividevano le prime posizioni con i più agguerriti concorrenti
internazionali.
Il gruppo delle successive 40 cooperative apparteneva alla fascia delle medie imprese che spesso presidiano piccole nicchie di mercato in posizioni
primarie.
Le 39 più piccole avevano perso le caratteristiche dimensionali per rappresentare il top del movimento cooperativo, anche se in alcuni casi si tratta di
piccole realtà imprenditoriali di grande valore.
ii.
il mercato aveva operato una forte selezione darwiniana, ma aveva
anche spinto le cooperative maggiori a rafforzarsi per conquistare
posizioni di primato.
iii.
in diversi casi di default l’esperienza cooperativa non era andata
completamente dispersa, perché buona parte dell’occupazione era
– 15 –
iv.
stata riassorbita da altre cooperative e talvolta erano stati recuperati
anche stabilimenti, linee produttive o rami d’azienda.
da un punto di vista cronologico emergeva che circa l’80% dei default risalivano al decennio 1990-2000, in particolare erano concentrati nel quadriennio 1993/1997 mentre negli anni 2000/08 (con
l’eccezione dolorosa della Costruttori di Argenta) il panorama generale era stato nettamente più solido del passato.
L’analisi del Nuovo Album di Famiglia
Lasciando solo sullo sfondo la crisi economica che praticamente ha caratterizzato l’intero intervallo temporale 2008-2014, l’aggiornamento al quadro
attuale dei dati relativi al campione originario (241 coop.ve), vede il drappello delle imprese cooperative ridursi ulteriormente dalle 119 del 2010 al
attuali 97 cooperative attive.
Statisticamente è stato tenuto separato un gruppo di 9 cooperative entrate
in una qualche procedura concorsuale (con gradi di difficoltà molto diversi
tra loro), perché non è possibile prevedere quanto e cosa sopravviverà di
quelle esperienze cooperative.
Dal punto di vista dei settori, alcuni stanno soffrendo più di altri. E’ il caso
delle Costruzioni dove le cooperative attive si dimezzano, registrando 6 liquidazioni e 5 cooperative in procedura. Le coop.ve industriali passano invece dalle 22 del 2010 alle 17 attuali.
Per quanto riguarda gli altri comparti si registra una sostanziale tenuta della
consistenza numerica, con un unico processo di aggregazione riguardante
la cooperazione agroalimentare (Cantine Riunite-Civ&Civ).
È significativo rilevare che recentemente purtroppo una cooperativa di consumatori di medie dimensioni (la Coop Operaie di Trieste) sia stata classificata tra le procedure (richiesta di fallimento avanzata dalla magistratura).
Nel quadro della segmentazione tra piccole, medie e grandi cooperative si
segnalano ancora diversi cambiamenti:
i.
ii.
iii.
La consistenza del gruppo delle piccole cooperative cala a 30. Erano
39 nel 2010. Cinque sono promosse di categoria, ma soprattutto 8
sono state liquidate e 1 è entrata in procedura.
Il gruppo delle 39 cooperative classificate nelle “Medie” nel 2010 si
riduce a 28. Il cluster vede quattro imprese promosse di categoria,
ma ben 6 cooperative scendere tra le “Piccole”, una in liquidazione
e 5 entrate nelle difficoltà delle procedure. Cinque sono le piccole
cooperative del 2010 che sono diventate delle medie imprese.
Ma veniamo alle Grandi. Il numero delle cooperative considerate
di grandi dimensioni cala di solo di un’unità da 40 a 39 società, per
effetto di due scomparse (CESI e CMR di Filo) e ben tre procedure
(Iter, Coopsette e Unieco), in parte compensate da quattro nuovi
ingressi di cooperative di medie dimensioni divenute “Grandi” nel
quinquennio. Il caso di Orion è stato tenuto a parte perché nel campione originario aveva una classificazione diversa.
– 16 –
La limitata contrazione numerica del Gruppo delle “Grandi” rischia tuttavia
di diventare più importante. Una prima analisi dei dati economici di tale
gruppo, mostra che sono almeno 6 le cooperative che hanno perdite già al
margine operativo lordo oppure hanno rapporti di indebitamento eccessivi
per il loro contesto di business. Queste 6 cooperative sono esposte a rischi
molto elevati.
Il concetto di “grande cooperativa” in rapporto alla propria area di mercato
dovrebbe essere attentamente contestualizzato e quindi il parametro del
fatturato, che è stato utilizzato, è opinabile. Però ciò che emerge da questa
nuova fotografia dell’album di famiglia è una progressiva restrizione del perimetro delle grandi imprese create con decenni di parsimoniosa accumulazione dei cash flow prodotti: un patrimonio intergenerazionale che da la
misura della capacità di affrontare il futuro.
Il nuovo rapporto tra Fatturato e Patrimonio
Per stare nella scia del ragionamento, a grana grossa vediamo l’evoluzione
della dimensione d’impresa attraverso il fatturato aggregato e la robustezza
patrimoniale attraverso il Patrimonio Netto.
A livello aggregato, mentre nel ventennio precedente le 119 risultavano molto cresciute rispetto alle 241, ora il campione residuo delle 97 vede un calo
del fatturato per il 3% e del patrimonio netto per l’8%, indicando un indebolimento complessivo del sistema anche se con significative differenze tra i
settori, in parte emerse nella precedente analisi numerica.
Fatturato e Patrimonio netto delle cooperative in procedure evidenzia la dimensione degli squilibri che mettono i soggetti interessati a rischio di continuità aziendale. Naturalmente trattandosi di dati aggregati, si tratta di somme algebriche che mettono coloro che hanno patrimonio netto negativo,
ma non sono ancora dichiarate fallite, al fianco di coloro che hanno qualche
speranza in più.
La qualità della gestione caratteristica
Se il commento alla crescita della redditività del campione nel ventennio
1988-2008 era stato positivo, perché i valori tipici della formula cooperativa
si erano intrecciati al meglio con il “fare impresa efficiente ed efficace”, mostrando l’accresciuta forza imprenditoriale delle cooperative, la lettura dei
dati attuali ci costringe a registrare il calo del margine operativo lordo del
9% e soprattutto una caduta del Reddito Operativo del 24%, che in altri
termini significa un forte indebolimento imprenditoriale.
I dati aggregati relativi alle cooperative in procedura sono evidentemente
ancora più drammatici. Ci limitiamo ad evidenziare il sostanziale azzeramento dell’EBITDA e un EBIT negativo € 100 milioni: marginalità che le
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9 cooperative in procedura hanno accumulato su un fatturato di € 1.185
milioni.
In passato abbiamo saputo fare meglio dell’ultimo quinquennio
I dati contabili potrebbero essere ulteriormente sviscerati ma non insisteremo nella simulazione. Continuare a leggere le 97 cooperative come se
fossero una sola non ci offre altri stimoli nella strada della ristrutturazione
dell’offerta cooperativa. E’ necessario segmentare i mercati, capirne le evoluzioni e valutare caso per caso la resilienza delle nostre cooperative e la
capacità di conquistare nuovi spazi, quali prodotti/servizi per quali mercati,
quali risorse e quale management, ma anche quale modello d’impresa cooperativa di grandi dimensioni.
Nel ventennio precedente le 40 cooperative migliori avevano reagito alla
profonda trasformazione dei mercati con formidabili processi di concentrazione volti ad adeguare la dimensione delle imprese alle nuove arene
competitive. Basti pensare alla dimensione nazionale del mercato domestico degli anni ’80 che negli anni ’90 si era esteso senza confini in una Europa
sempre più grande. Sempre sul lato della domanda, la crescente globalizzazione dei mercati mondiali ha imposto una forte accelerazione a tutti
i processi d’innovazione: accelerazione che si è ulteriormente accentuata
con l’adozione dell’euro. Questi mutamenti dei mercati hanno posto sfide
nuove al gruppo di testa delle imprese cooperative e, le migliori, non si sono
fatte trovare impreparate.
La ricerca della dimensione d’impresa adeguata ai mercati è stata perseguita
in varie forme. La via maestra è stata la fusione tra cooperative. La fusione
tra cooperative e la creazioni di reti sono due percorsi tipici di fare integrazione nel mondo cooperativo efficaci e poco costosi. In alcuni settori c’è
ancora spazio per queste forme d’integrazione e soprattutto rimane quasi
inesplorato il terreno delle integrazioni internazionali tra cooperative di diverse nazioni.
Nel ventennio sono stati fatti passi importanti nella giusta direzione, poi ci
siamo fermati. Nell’ultimo quinquennio, c’è stata una sola unificazione e più
in generale c’è stato un ripiegamento strategico. Ciascuna cooperativa si è
concentrata sulla cura dei mali messi a nudo dalla drammatica crisi.
Conclusioni
La rivoluzione dei mercati continua. Gli scenari competitivi sono molto incerti e di difficile lettura. Questa lunghissima crisi ha messo a dura prova
il modello della grande impresa cooperativa. Tralasciando tutte le variabili esterne, dalla politica economica alle regole dei mercati, che abbiamo
già esposto nella relazione al bilancio, noi abbiamo bisogno di promuovere
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internamente un forte recupero di qualità imprenditoriale per alimentare i
nostri valori sociali.
Dobbiamo essere capaci di declinare meglio il funzionamento della formula
cooperativa nella grande dimensione d’impresa.
Dobbiamo essere capaci di rimuovere quei vincoli che hanno impedito di
salvare le imprese facendo finta di salvare i lavoratori.
Dobbiamo essere capaci di difendere la centralità dell’impresa insieme alla
possibilità di ridisegnarne il perimetro per essere più efficaci e crescere insieme ad altre cooperative.
Dobbiamo essere capaci di far circolare la qualità manageriale dei nostri
dirigenti per sviluppare cultura d’impresa.
Dobbiamo essere capaci di attrarre e remunerare capitali che sostengano i
nostri piani.
C’è bisogno di nuove regole, anche nelle relazioni interne al sistema cooperativo e nei controlli.
La strada per essere innovativi sta nel ridisegnare i confini dei gruppi cooperativi per essere ancora più competitivi sui mercati domestici e quelli internazionali. Crescere per linee esterne ovvero fare acquisizioni, ma anche
promuovere nuove fusioni tra cooperative o spacchettare attività esistenti per
riaccorparle con quelle di altre cooperative sviluppando nuove efficienze.”
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La situazione attuale a cura di Aldo Perrella