collana editoriale di: L’ORIZZONTE DELLA COOPERAZIONE Europa 2020 “Conferenza economica” Bologna, 26 marzo 2015 ESTRATTO: La situazione attuale, a cura di Aldo Perrella , Responsabile Ufficio certificazioni e Bilanci Legacoop nazionale –1– TITOLO: L’ORIZZONTE DELLA COOPERAZIONE Europa 2020 “Conferenza economica” Bologna, 26 marzo 2015 © le MAPPE 2015 di LEGACOOP Emilia-Romagna www.emilia-romagna.legacoop.it © Format Edizioni Bologna 2015 www.format.bo.it Curatore editoriale: Beppe Feltrin [email protected] ISBN: 9788896156810 Bologna, marzo 2015 INDICE Introduzione: lavorare per il riposizionamento delle cooperative: alcune chiavi di lettura dei materiali ............................................... pag. 5 La situazione attuale, a cura di Aldo Perrella , Responsabile Ufficio certificazioni e Bilanci Legacoop nazionale .... » 9 La cooperazione tra il “non più” e il “non ancora”, di Guido Caselli, Direttore Ufficio Studi Unioncamere Emilia-Romagna ..................... » 20 Considerazioni per una riflessione sul rapporto cooperazione territorio in Emilia Romagna, a cura di CAIRE, Cooperativa Ingegneri ed Architetti di Reggio Emilia, coordinamento Giampiero Lupatelli ................................................. » 68 Considerazioni sulle opportunità, le esigenze e i rischi del co-housing e dell’housing cooperativo, a cura di CAIRE (Ricerca commissionata da Legacoop e Confcooperative dell’Emilia Romagna) .......................................... » 103 Alla ricerca del valore. Orientamenti delle politiche industriali regionali in una fase di transizione, di Silvano Bertini .............................................................................. » 118 Il Welfare sociale e socio-sanitario italiano: crisi di policy o crisi dei modelli di impresa? Quali spazi di mercato inesplorati? di Francesco Longo e Francesco Petracca, CERGAS, Università Bocconi ............................................................ » 129 La sfida dell’innovazione: lo sviluppo dell’ICT e i modelli organizzativi per le reti del futuro, a cura di Pricewaterhouse Italy, coordinamento Massimo Pellegrino ................................................. » 150 CHIAVI DI LETTURA PER I MATERIALI Il Congresso della Legacoop regionale ha posto al centro della iniziativa delle cooperative e dell’associazione, il tema cruciale del Riposizionamento strategico, a partire da un nuovo rapporto con il territorio e di una rinnovata capacità di fare rete, di sviluppare la dimensione intersettoriale della cooperazione. Quanto è accaduto nei pochissimi mesi trascorsi dal Congresso non solo rendono quell’orientamento, quella indicazione di sviluppo, quanto mai opportuna, ma stanno a testimoniare di quanto rapidi siano i mutamenti in atto e quanto rapida debba essere la capacità di risposta e di adattamento dei soggetti economici e sociali alle mutate condizioni. Si rafforza la consapevolezza che siamo di fronte a una situazione che cambierà in modo radicale il panorama dei mercati e le condizioni economiche ed istituzionali del loro funzionamento. Soprattutto siamo di fronte, in un modo che sino ad alcuni mesi orsono non era ancora prevedibile, a condizioni di sviluppo possibile che debbono essere colte e d utilizzate sino in fondo. La massiccia operazione di “Quantitative Easing”, la riduzione del prezzo dell’energia, le riforme che comunque vengono avviate, una indicazione di pur debole ripresa, l’avvio dei programmi dei Fondi strutturali Europei e la stessa manovra di investimenti promessa dalla Commissione Europea, sono tutti elementi che stanno ad indicare che siamo all’inizio di un ciclo positivo, all’inizio di una ondata di liquidità e di condizioni per accedervi, come non accadeva da anni. Che ciò significhi davvero l’uscita o almeno l’inizio dell’uscita dalla crisi dei consumi interni e dal blocco degli investimenti, dipenderà anche dal modo con il quale le imprese e le istituzioni giocheranno le loro carte di fronte a quelle possibilità. Inoltre alcuni rilevantissimi provvedimenti legislativi, come quelli già adottati sulle banche Popolari e quelli in corso di definizione sulla Banche di Credito Cooperativo, mettono al centro del dibattito politico ed istituzionale, il tema cruciale della governance cooperativa e la sua adeguatezza, oggi, alla missione strategica della cooperazione, al suo rapporto con il territorio e con il rispetto dei diritti dei soci. Nel nostro congresso avevamo posto al centro le tematiche della Governance cooperativa , le cui distorsioni evidenti in alcuni settori, erano uno degli elementi delle stesse crisi aziendali e di settore. Proprio per questo, oggi, per le cooperative emiliane e romagnole significa prendere sul serio la linea del Riposizionamento e dell’Intersettorialità sancita dal Congresso: non vi sono più alibi per pigrizie, ritardi o resistenze egoistiche, ma anche per errori grossolani e in alcuni casi colpevoli, come quelli compiuti nei mesi (ed anni, purtroppo) scorsi. Oggi siamo tutti sottoposti ad una prova di trasformazione e rinnovamento che non è più procrastinabile. Al congresso sono stati messi a disposizione dei materiali per sostenere e d alimentare la riflessione strategica ma anche quella più operativa della Lega, dell’ACI e delle stesse cooperative. I materiali che vengono messi a disposizione in questa occasione rappresentano un arricchimento e un completamento di quelli contenuti nel “Primo Rapporto sulla cooperazione” che venne distribuito al Congresso, a disposizione anche sul sito della Legacoop regionale. Anche questi materiali verranno messi sul sito e resi disponibili per tutti coloro che li vorranno utilizzare. All’inizio del suo contributo al “Rapporto” distribuito al Congresso e qui riprodotto, Aldo Perrella sostiene che: “Dalla sua ricostituzione nel 1945 –5– il movimento cooperativo aderente a Legacoop Emilia-Romagna ha visto una costante e persistente crescita di indicatori economico-patrimoniali e di dati sociooccupazionali, che non ha subito flessione alcuna neppure nelle fasi critiche quali quella del 92-93, nota come gli anni di Tangentopoli. Questo lungo e costante trend positivo, che faceva pensare a una formula proiettata all’infinito, si è viceversa bruscamente interrotto dopo gli eventi del 15 settembre 2008, con quella che ormai tutti gli analisti definiscono come la più disastrosa bancarotta della storia dell’umanità: la Lehman Brothers.” Ciò che è condivisibile in questa affermazione, aldilà dei dettagli, è la necessità di una presa di consapevolezza, in gran parte acquisita, della crucialità della fase di passaggio in cui ci troviamo, e la consapevolezza del fatto che la cooperazione gioca la sua partita in una dimensione storica molto lunga. Prendere sul serio la crisi, l’interruzione di un trend durato oltre sessant’anni, significa mettereal centro della riflessione delle cooperatrici e dei cooperatori dell’Emilia-Romagna, e non solo,quello che nel nostro Congresso chiamiamo il riposizionamento delle cooperative. Significaassumere fino in fondo la necessità dell’innovazione e del cambiamento, nella consapevolezzadi una responsabilità nei confronti dei territori di insediamento, responsabilità che rappresenta un legame originario anche quando le nostre cooperative si proiettano ben oltre il territoriodi origine. È per questo che un progetto di riposizionamento delle cooperative non ha a che fare solo con le dinamiche dei mercati, dei business, ma deve essere attento all’intreccio tra bisogni del territorio e delle persone che lo abitano, esigenze imprenditoriali e proposta mutualistica: questo è il Progetto Cooperativo, portatore di un complesso fondante di valori che ne costituiscono l’identità, distinta da quella di altri soggetti imprenditoriali (le imprese di altro tipo) e del sociale (il volontariato, il no profit). Distinta ma non separata, alla ricerca, anzi, di alleanze e collaborazioni in vista del raggiungimento di obiettivi comuni di sviluppo economico e civile. La “lunga cavalcata” di cui parla Perrella, a vederla bene, ha al suo interno dei momenti cruciali di svolta, da un lato, di criticità, dall’altro. Proprio per le sue caratteristiche complesse, sempre in bilico tra economia, socialità e partecipazione democratica, tra economia e società, la cooperativa ha la necessità di non rinunciare mai, tanto nella crescita quanto nelle crisi, a riflettere su se stessa e sulla qualità della propria identità, sulla tensione essenziale tra “performance imprenditoriali e finalità sociali”, tensione che ha nel socio e nella sua attiva partecipazione il fulcro essenziale. Il rischio della “demutualizzazione” è un rischio sempre presente per le cooperative, il rischio della omologazione, della perdita della capacità di mettere a frutto le sue specificità. Siamo quindi di fronte alle necessità di riposizionamento di un soggetto economico e sociale assai complesso che ha un intreccio peculiare con il territorio regionale e la sua storia. È per questo che con questi materiali e con quelli contenuti nel “Rapporto” abbiamo cercato di offrire materiali per la discussione - non solo congressuale - che, provenendo da diversi settori delle scienze sociali e della ricerca, offrissero un quadro il più articolato possibile dell’attuale situazione, delle potenzialità del sistema delle cooperative e dello scambio con i territori nei quali sono insediate. Abbiamo voluto offrire strumenti nuovi e originali per avviare una riflessione strategica che, ben oltre il Congresso, dovrà svilupparsi nei prossimi mesi e anni, in un continuo dialogo con gli altri soggetti sociali, economici e istituzionali, alla ricerca di un nuovo equilibrio virtuoso per la nostra regione e per il nostro Paese. Abbiamo voluto ribadire l’utilità e la necessità di tornare a fare sistematicamente ricorso al meglio della ricerca sociale in regione e nel nostro Paese. Per questo uno degli obiettivi proposto al Congresso è quello di organizzare, –6– in collaborazione con Unioncamere regionale, un Osservatorio sulla cooperazione che sia sede di ricerca e sviluppo del movimento cooperativo e abbia l’ambizione di mettersi al servizio della costruzione delle strategie delle cooperative stesse e dei settori: in epoca di big data, l’Osservatorio può aiutare le imprese ad elaborare interpretazioni più sofisticate e a recuperare e, soprattutto, organizzare e utilizzare, dati e riflessioni ormai largamente a disposizione sulla Rete e non solo. affiancarci per una riflessione strategica su una delle necessarie innovazioni dei prossimi mesi: l’aggancio con la rivoluzione delle scienze dell’informazione dell’ICT. assai Temi decisivi emergono: interessante la proposta di Bertini di vedere la cooperazione come un possibile soggetto endogeno che si affianchi alla vitalità della tradizionale PMI emiliana e all’intervento ormai massiccio delle finanziarie internazionali; la questione del welfare che ha nel saggio di Caselli un approfondimento assai importante e si collega con gli interventi contenuti in un opuscolo, collegato al rapporto, sul Welfare del futuro, in particolare con l’intervento del prof. Francesco Longo, assai stimolante e provocatorio, rispetto al ruolo che la cooperazione sociale, le mutue e le assicurazioni dovranno giocare per fornire servizi adeguati a una domanda delle famiglie e dei singoli (basti pensare alle non autosufficienze) in continuo aumento, ben oltre le possibilità (calanti) del pubblico di fornire risposte adeguate. Sino a porre il tema di un possibile “nuovo universalismo”. Il saggio di Longo deve essere letto insieme ai materiali già pubblicati e contenuti nel “Rapporto” congressuale a cura di Alberto Alberani, materiali di una iniziativa organizzata da Legacoop regionale prima del Congresso, per affrontare un tema cruciale per una nuova presenza strategica nel campo del Welfare e dei servizi per le persone: quello delle Mutue, del loro rinnovamento e del loro sviluppo, a partire dal rafforzamento della nuova Mutua Regionale. Vengono qui finalmente pubblicati in modo integrale i contributi della Cooperativa Architetti ed Ingegneri di Reggio Emilia, da lungo tempo protagonista degli studi e delle attività di pianificazione territoriale ed economica a livello nazionale, che esplicita in modo innovativo il rapporto tra cooperazione e territorio, descrivendone la “geografia” indicando anche le peculiari possibilità di innovazione territoriale: alcuni esempi sono di notevole interesse, dall’Housing sociale, alle questioni energetiche, al nuovo ruolo economico delle campagne, alla manutenzione territoriale, tutti ambiti nei quali la cooperazione si intreccia fortemente con ibisogni del territorio. Il lettore attento potrà intrecciare queste considerazioni e proposte con quelle, assai organiche e inserite in una lettura complessiva delle dinamiche regionali, presenti nel contributo di Guido Caselli, : “La cooperazione tra il “non più” e il “non ancora””, che rappresenta uno dei contributi più originali, che mette insieme una visione complessiva delle condizioni di sviluppo che stanno mutando rapidamente, che sono già mutate, con alcune ipotesi di potenzialità del modello di impresa cooperativo in alcuni settori specifici. La riflessione sull’innovazione possibile e necessaria passa attraverso tutti i contributi, in particolare quelli di Silvano Bertini, di CAIRE, di Caselli, di Pricewaterhouse, autorevole società di consulenza alla quale abbiamo chiesto di Invitiamo tutti, ancora una volta, a tenere insieme la lettura di questi materiali con quelli del “Rapporto” distribuito al congresso. In esso, per esempio, si trovano anche materiali aggiornatissimi su un intreccio di questioni decisive per le cooperative, quello tra Governance, Partecipazione e Relazioni sindacali: i contributi di Mario Ricciardi, Mauro Lengo e Carlo Marignani sono il frutto di un confronto seminariale organizzato in collaborazione tra Legacoop regionale e nazionale. –7– Questi temi sono cruciali al pari della riflessione strategica sul riposizionamento e sul rapporto con il territorio: senza un equilibrato funzionamento della governance, senza un equilibrio tra democrazia ed economia non esiste la cooperativa, si rischia la deriva verso altri modelli e altri valori, che fanno venir meno la nostra distintività. La rilevanza, anzi l’urgenza anche politica di questi temi, è davanti agli occhi di tutti dopo i provvedimenti sulle Cooperative di consumo, oltre a quelli sulle banche Popolari e quelli sulle BCC. Con la pubblicazione di questi ulteriori materiali abbiamo voluto ribadire la necessità di legare la ricerca sociale e scientifica sulla cooperazione con gli interventi di rinnovamento e di riposizionamento, che, anche con il lavoro di analisi e di sperimentazione dei prossimi mesi, possa produrre una nuova sintesi efficace che rilanci la presenza vitale della cooperazione e delle cooperative nella nostra regione, come strumento decisivo per dare una risposta adeguata alla crisi. –8– LA SITUAZIONE ATTUALE a cura di Aldo Perrella Dalla sua ricostituzione nel 1945 il movimento cooperativo aderente a Legacoop Emilia-Romagna ha visto una costante e persistente crescita di indicatori economico-patrimoniali e di dati sociooccupazionali, che non ha subito flessione alcuna neppure nelle fasi critiche quali quella del 92-93, nota come gli anni di tangentopoli. Questo lungo e costante trend positivo, che faceva pensare ad una formula proiettata all’infinito, si è viceversa bruscamente interrotto dopo gli eventi del 15 settembre 2008, con quella che ormai tutti gli analisti definiscono come la più disastrosa bancarotta della storia dell’umanità: la Lehman Brothers. Gli effetti mondiali di questa crisi, che perdura ormai da sei anni, ha infatti inevitabilmente coinvolto anche le cooperative aderenti a Legacoop. Va precisato fin da subito che, come sempre in questi casi, il dato non è generalizzabile essendovi realtà aziendali che si sottraggono a questa congiuntura negativa, ma nel loro complesso i dati evidenziano un agglomerato di imprese che sta marcando i disagi di una crisi perdurante. Va peraltro rilevato come in molte realtà cooperative questa crisi, pur autodifesa (quali, ad esempio, i contratti di solidarietà). Interessante al riguardo una ricerca condotta dal dr. Guido Caselli di Unioncamere che dimostra la maggior “resilienza” dell’impresa cooperativa ai cambiamenti dell’attuale ciclo congiunturale. Risulta, ad esempio, da questa tabella che, nelle dinamiche anagrafiche del periodo 2009-2013, mentre il saldo generale tra imprese nate ed imprese morte presenta un dato negativo (-5.328), se limitato alle sole cooperative abbiamo invece un saldo positivo di 320 unità, pari 5,9%. Analisi degli andamenti economicopatrimoniali Legacoop Emilia-Romagna associa oltre 1.100 cooperative attive, con un turnover anagrafico limitato rispetto alla media nazionale. In altre parole la base associativa è fortemente stabilizzata e le dinamiche anagrafiche sono entro limiti fisiologici. L’analisi dei dati [fig. 1] mostra a prima vista una complessiva tenuta dei volumi economici; il Valore della Produzione complessivo infatti, dopo una lieve flessione nel 2009, si assesta sui 26 mld di euro, anche se, all’interno del [fig. 1] essendosi manifestata fin dai primi momenti, abbia tardato a produrre effetti; questo sostanzialmente è avvenuto per la natura stessa dell’impresa cooperativa, dotata di autonome capacità reattive o in cui è più facile l’adozione di misure di quadro complessivo, si evidenzia come il dato di settori in crescita (in particolare Dettaglianti, Servizi e Sociali) compensi la flessione di altri settori [fig. 2]. A p p a re d e c i s a me n t e d ive rs o –9– Il risultato d’esercizio di questi 6 anni è ovviamente coerente con tali presupposti; assistiamo pertanto al passaggio da un saldo (algebrico) calante [fig.6], ma positivo nei primi esercizi ad un saldo negativo negli esercizi 2012 -13. Disaggregando il dato per settore si evidenzia soprattutto il trend negativo della Produzione Lavoro che passa in sei anni dai 185 milioni di utile ai 392 di perdita [fig.7]. Il Prestito Sociale [fig.8] è un istituto che ha visto una crescita costante e ininterrotta sino al 2011, primo anno in cui l’istituto marca una flessione. La diffusione tra tutti i settori di tale inversione di tendenza fa facilmente l’andamento del risultato della gestione caratteristica [fig. 3]; qui infatti i margini della redditività subiscono una progressiva compressione che, in sei anni, riducono a circa un quinto il Reddito Operativo Caratteristico (ROC). La scomposizione del dato per settore mostra in questo caso differenze ancora più evidenti [fig. 4], in particolare per quanto riguarda due settori: la Produzione Lavoro da una redditività positiva di 297 milioni di euro, nel 2008, passa progressivamente ad una perdita da gestione caratteristica di 32 mln nel 2013; i Dettaglianti evidenziano al contrario una costante crescita di redditività, passando dai 52 mln nel 2008 ai 68 nel 2013 [fig. 5]. [fig. 2] [fig. 3] [fig. 4] – 10 – [fig. 5] [fig. 6] [fig. 7] [fig. 8] – 11 – alle Sociali (+16.283 addetti) che compensano la perdita della Produzione Lavoro (-4.522 addetti). Tale trend, se combinato con i dati della redditività, porta ad una inevitabile considerazione: l’imprenditoria cooperativa, pur di garantire i livelli occupazionali, comprime fino al limite i propri margini, svolgendo in tal modo e consapevolmente un ruolo di improprio ammortizzatore sociale. Il sistema di monitoraggio Già dalle prime avvisaglie della crisi Legacoop, attraverso CRM, si è dotata di un sistema di “alert” finalizzato ad evidenziare [fig. 9] [fig. 10] pensare come essa sia essenzialmente causata dalla criticità nei bilanci delle famiglie, criticità che porta ad intaccare anche i risparmi allocati in attività di forte fidelizzazione, quale il prestito sociale sino ad oggi si è dimostrato [fig. 9]. Va comunque considerato che le dinamiche di questa voce di bilancio sono fortemente influenzate dai dati del Consumo, settore che pratica maggiormente l’istituto. La vocazione sociale della cooperazione è infine resa evidente dai dati occupazionali [fig. 10]. Il grafico mostra il trend crescente del numero di addetti nei sei anni considerati, con l’eccezione del 2010 ed una lieve flessione degli ultimi due esercizi. Il dato complessivo mostra un incremento di circa 12.000 addetti nei sei anni di crisi. La crescita maggiore è riconducibile ai Servizi ed le situazioni di maggior criticità. CRM (società che gestisce la Centrale dei Bilanci di Legacoop) ha dalla sua costituzione accumulato informazioni sui dati di bilancio ed elaborato schemi di analisi e markers di criticità sulle aziende aderenti. A fine 2008 ha pertanto elaborato un sistema organico di analisi di tali elementi e costruito uno schema di alert denominato RCA (Ricognizione Criticità Aziendali). Va precisato che RCA non è né uno score né tantomeno un rating sul migliore o peggiore stato di salute dell’azienda analizzata, ma più semplicemente una verifica delle possibili criticità aziendali basata su 5 elementi, definiti “sensori”, di cui tre desunti dai dati di bilancio dell’azienda e due elaborati da soggetti terzi. • Gearing ratio cioè rapporto tra la – 12 – posizione finanziaria netta e Patrimonio Netto; • R.O.C. Risultato Operativo Caratteristico, in trend per gli ultimi tre esercizi; • Risultato dell’esercizio, in trend per gli ultimi tre esercizi; • P.D. o Probability of Default elaborato da Bureau Van Djik; • P.N. da Certificazione” cioè l’ammontare delle rettifiche negative sul P.N. risultante dalla certificazione di bilancio. Punti di forza di questo metodo è la sua “semplicità” (apparente perché in realtà si basa su tre importanti banche dati) e soprattutto la sua “oggettività”; il metodo infatti non richiede alcuna valutazione soggettiva da parte del soggetto elaboratore (si tratta di un computer); ciò peraltro sottrae il metodo ad inevitabili accuse di poca oggettività o imparzialità. Il metodo inoltre analizza e “quota” tutte le aziende i cui dati sono inseriti nel che ne hanno riconosciuto l’efficacia. Oggi, dopo sei anni di utilizzazione del metodo possiamo riconoscerne anche statisticamente la buona predittività e, di conseguenza, la forte efficacia; abbiamo infatti analizzato le aziende con indice >6 nei primi tre anni della crisi e constatato che oltre il 90% di esse, negli anni successivi sono andate in default o si sono trovate in situazione di default, anche se non ancora dichiarato (è il caso delle cooperative con P.N. negativo). La tabella [fig. 11] mostra gli enti (coop e soc. di capitali) aderenti a Legacoop Emilia Romagna con RCA compreso tra 4 e 6 (criticità rilevante) e quelli con RCA maggiore di 6 (criticità severa). Nella seguente tabella [fig.12] la stessa distinzione è fatta invece per gli enti con valore della produzione maggiore di10 milioni. Le due tabelle indicano come circa un quinto degli enti aderenti mostrino situazioni di criticità rilevante [fig. 11] [fig. 12] programma e quindi tutti gli enti attivi aderenti a Legacoop. Punti di debolezza del metodo sono la tempistica (la disponibilità dei dati di bilanci delle aziende che chiudono l’esercizio al 31 dicembre si ha solo dopo l’estate successiva) ed alcune approssimazioni (quali l’impossibilità di disporre della distinzione debiti-crediti finanziari per le aziende che redigono il bilancio in forma semplificata). Inizialmente il metodo è stato testato e tarato con alcuni territori ed alcuni settori o severa e come queste ultime situazioni stiano registrando negli ultimi anni un significativo incremento. Analizzando inoltre l’RCA medio dei singoli settori nel 2007 (ultimo anno prima della crisi) e nel 2013 otteniamo un grafico che pone in evidenza [fig.13] l’andamento della criticità media dei cluster settoriali. Il dato che risulta evidente è un aumento della criticità media nella Produzione Lavoro, nell’Abitazione e nella Pesca, un forte miglioramento nei Dettaglianti ed una sostanziale stabiltà negli altri settori. – 13 – Le crisi Per analizzare le crisi aziendali che hanno caratterizzato questi anni di congiuntura, utilizziamo una parte della relazione di Marco Bulgarelli all’assemblea di Cooperare spa. Si tratta di una ricerca, a cui ha collaborato CRM, che costituisce sicuramente lo studio più approfondito sull’andamento delle principali aziende aderenti a Legacoop, a far data dal 1988 sino a tutt’oggi. La platea analizzata è nazionale, ma si consideri che il 70% delle imprese ha sede in Emilia Romagna. [fig. 13] Dalla relazione di Marco Bulgarelli all’assemblea 2014 di Cooperare spa Nel 2010 riprendemmo un studio del ‘90 con il supporto della centrale bilanci di Legacoop (CRM). Cooperare realizzò un’analisi delle trasformazioni avvenute all’interno del gruppo delle grandi imprese cooperative nel ventennio tra il 1988 e il 2008. Si trattò di ricostruire alcuni elementi del campione iniziale, individuare i percorsi di soggetti che avevano dato luogo a fusioni cooperative o a procedure di liquidazione, analizzando infine l’evoluzione di alcuni parametri economici. Il campione di partenza con dati di bilancio 1988, era costituito da 241 cooperative considerate al top del movimento cooperativo per dimensione e per ruolo, con l’eccezione del settore Abitazione e dei servizi finanziari (CCFR, Fincooper, Unipol e Finanziarie Territoriali) perché non erano contabilmente omogenei alle altre attività produttive. Per lo stesso motivo, al fine di evitare artificiosi rigonfiamenti dei volumi, furono esclusi anche i consorzi come AICA, Coop Italia, Conad Nazionale, CNS. Fu una scelta che fece torto a tutte le strutture che gestivano servizi alle imprese cooperative e sottodimensionò il sistema cooperativo, trascurando alcune realtà imprenditoriali significative come il CCPL, divenuto poi gruppo industriale, o il CCC, sebbene entrambi già allora gestissero attività proprie. Ma, seppur con qualche difetto, il profilo dei campioni del movimento cooperativo usciva abbastanza chiaro e consentiva di fare alcuni ragionamenti importanti. In questo documento, sempre con il supporto di CRM, abbiamo cercato di – 14 – aggiornare nuovamente la situazione di quel campione di grandi imprese cooperative, prendendo a riferimento i dati di bilancio 2013 e rivalutando i dati degli anni passati secondo i coefficienti Istat. Per essere chiari se nei venticinque anni della nostra analisi sono nati nuovi campioni, non sono stati censiti. Per esempio mancano almeno due importanti Cooperative Sociali, ma non è nemmeno stato indicato un caso doloroso come la CMR di Reggiolo, perché non era nel campione iniziale. La riflessione proposta non ha un valore analitico di posizionamento dei singoli gruppi settoriali ma crediamo abbia il merito di tracciare un megatrend che implica valutazioni sul modello della grande impresa cooperativa. I movimenti del periodo 1988 – 2008 L’analisi del ventennio 1988/2008 aveva mostrato che il gruppo delle grandi cooperative si era dimezzato da 241 a 119 società, inoltre alcune di queste allora definite Grandi si erano rimpicciolite, o avendo conservato la loro dimensione originaria, non potevano più essere classificabili tra le grandi. Tra le evidenze si segnalavano la scomparsa di interi comparti come quello dell’Informatica oppure la decimazione degli operatori attivi nella logistica (trasporti e facchinaggio). C’era stata anche una fortissima selezione nel settore Agroalimentare, nel settore Costruzioni e nel settore Manifatturiero. I due settori della Distribuzione (Coop e Conad) e gli altri comparti del settore Servizi (Facility Management e Ristorazione) erano stati interessati da importanti processi di concentrazione (prevalentemente fusioni tra cooperative) ed erano cresciuti per forza imprenditoriale e dimensione. Si segnalava inoltre la crescita delle Cooperative Sociali. Tra gli elementi significativi si evidenziava inoltre che: i. il plotone dei 119 campioni del 1988 poteva essere riclassificato in tre gruppi omogenei: Le prime 40 erano effettivamente grandi cooperative, si posizionavano ai primi posti dei loro mercati di riferimento, detenevano posizioni di leadership o condividevano le prime posizioni con i più agguerriti concorrenti internazionali. Il gruppo delle successive 40 cooperative apparteneva alla fascia delle medie imprese che spesso presidiano piccole nicchie di mercato in posizioni primarie. Le 39 più piccole avevano perso le caratteristiche dimensionali per rappresentare il top del movimento cooperativo, anche se in alcuni casi si tratta di piccole realtà imprenditoriali di grande valore. ii. il mercato aveva operato una forte selezione darwiniana, ma aveva anche spinto le cooperative maggiori a rafforzarsi per conquistare posizioni di primato. iii. in diversi casi di default l’esperienza cooperativa non era andata completamente dispersa, perché buona parte dell’occupazione era – 15 – iv. stata riassorbita da altre cooperative e talvolta erano stati recuperati anche stabilimenti, linee produttive o rami d’azienda. da un punto di vista cronologico emergeva che circa l’80% dei default risalivano al decennio 1990-2000, in particolare erano concentrati nel quadriennio 1993/1997 mentre negli anni 2000/08 (con l’eccezione dolorosa della Costruttori di Argenta) il panorama generale era stato nettamente più solido del passato. L’analisi del Nuovo Album di Famiglia Lasciando solo sullo sfondo la crisi economica che praticamente ha caratterizzato l’intero intervallo temporale 2008-2014, l’aggiornamento al quadro attuale dei dati relativi al campione originario (241 coop.ve), vede il drappello delle imprese cooperative ridursi ulteriormente dalle 119 del 2010 al attuali 97 cooperative attive. Statisticamente è stato tenuto separato un gruppo di 9 cooperative entrate in una qualche procedura concorsuale (con gradi di difficoltà molto diversi tra loro), perché non è possibile prevedere quanto e cosa sopravviverà di quelle esperienze cooperative. Dal punto di vista dei settori, alcuni stanno soffrendo più di altri. E’ il caso delle Costruzioni dove le cooperative attive si dimezzano, registrando 6 liquidazioni e 5 cooperative in procedura. Le coop.ve industriali passano invece dalle 22 del 2010 alle 17 attuali. Per quanto riguarda gli altri comparti si registra una sostanziale tenuta della consistenza numerica, con un unico processo di aggregazione riguardante la cooperazione agroalimentare (Cantine Riunite-Civ&Civ). È significativo rilevare che recentemente purtroppo una cooperativa di consumatori di medie dimensioni (la Coop Operaie di Trieste) sia stata classificata tra le procedure (richiesta di fallimento avanzata dalla magistratura). Nel quadro della segmentazione tra piccole, medie e grandi cooperative si segnalano ancora diversi cambiamenti: i. ii. iii. La consistenza del gruppo delle piccole cooperative cala a 30. Erano 39 nel 2010. Cinque sono promosse di categoria, ma soprattutto 8 sono state liquidate e 1 è entrata in procedura. Il gruppo delle 39 cooperative classificate nelle “Medie” nel 2010 si riduce a 28. Il cluster vede quattro imprese promosse di categoria, ma ben 6 cooperative scendere tra le “Piccole”, una in liquidazione e 5 entrate nelle difficoltà delle procedure. Cinque sono le piccole cooperative del 2010 che sono diventate delle medie imprese. Ma veniamo alle Grandi. Il numero delle cooperative considerate di grandi dimensioni cala di solo di un’unità da 40 a 39 società, per effetto di due scomparse (CESI e CMR di Filo) e ben tre procedure (Iter, Coopsette e Unieco), in parte compensate da quattro nuovi ingressi di cooperative di medie dimensioni divenute “Grandi” nel quinquennio. Il caso di Orion è stato tenuto a parte perché nel campione originario aveva una classificazione diversa. – 16 – La limitata contrazione numerica del Gruppo delle “Grandi” rischia tuttavia di diventare più importante. Una prima analisi dei dati economici di tale gruppo, mostra che sono almeno 6 le cooperative che hanno perdite già al margine operativo lordo oppure hanno rapporti di indebitamento eccessivi per il loro contesto di business. Queste 6 cooperative sono esposte a rischi molto elevati. Il concetto di “grande cooperativa” in rapporto alla propria area di mercato dovrebbe essere attentamente contestualizzato e quindi il parametro del fatturato, che è stato utilizzato, è opinabile. Però ciò che emerge da questa nuova fotografia dell’album di famiglia è una progressiva restrizione del perimetro delle grandi imprese create con decenni di parsimoniosa accumulazione dei cash flow prodotti: un patrimonio intergenerazionale che da la misura della capacità di affrontare il futuro. Il nuovo rapporto tra Fatturato e Patrimonio Per stare nella scia del ragionamento, a grana grossa vediamo l’evoluzione della dimensione d’impresa attraverso il fatturato aggregato e la robustezza patrimoniale attraverso il Patrimonio Netto. A livello aggregato, mentre nel ventennio precedente le 119 risultavano molto cresciute rispetto alle 241, ora il campione residuo delle 97 vede un calo del fatturato per il 3% e del patrimonio netto per l’8%, indicando un indebolimento complessivo del sistema anche se con significative differenze tra i settori, in parte emerse nella precedente analisi numerica. Fatturato e Patrimonio netto delle cooperative in procedure evidenzia la dimensione degli squilibri che mettono i soggetti interessati a rischio di continuità aziendale. Naturalmente trattandosi di dati aggregati, si tratta di somme algebriche che mettono coloro che hanno patrimonio netto negativo, ma non sono ancora dichiarate fallite, al fianco di coloro che hanno qualche speranza in più. La qualità della gestione caratteristica Se il commento alla crescita della redditività del campione nel ventennio 1988-2008 era stato positivo, perché i valori tipici della formula cooperativa si erano intrecciati al meglio con il “fare impresa efficiente ed efficace”, mostrando l’accresciuta forza imprenditoriale delle cooperative, la lettura dei dati attuali ci costringe a registrare il calo del margine operativo lordo del 9% e soprattutto una caduta del Reddito Operativo del 24%, che in altri termini significa un forte indebolimento imprenditoriale. I dati aggregati relativi alle cooperative in procedura sono evidentemente ancora più drammatici. Ci limitiamo ad evidenziare il sostanziale azzeramento dell’EBITDA e un EBIT negativo € 100 milioni: marginalità che le – 17 – 9 cooperative in procedura hanno accumulato su un fatturato di € 1.185 milioni. In passato abbiamo saputo fare meglio dell’ultimo quinquennio I dati contabili potrebbero essere ulteriormente sviscerati ma non insisteremo nella simulazione. Continuare a leggere le 97 cooperative come se fossero una sola non ci offre altri stimoli nella strada della ristrutturazione dell’offerta cooperativa. E’ necessario segmentare i mercati, capirne le evoluzioni e valutare caso per caso la resilienza delle nostre cooperative e la capacità di conquistare nuovi spazi, quali prodotti/servizi per quali mercati, quali risorse e quale management, ma anche quale modello d’impresa cooperativa di grandi dimensioni. Nel ventennio precedente le 40 cooperative migliori avevano reagito alla profonda trasformazione dei mercati con formidabili processi di concentrazione volti ad adeguare la dimensione delle imprese alle nuove arene competitive. Basti pensare alla dimensione nazionale del mercato domestico degli anni ’80 che negli anni ’90 si era esteso senza confini in una Europa sempre più grande. Sempre sul lato della domanda, la crescente globalizzazione dei mercati mondiali ha imposto una forte accelerazione a tutti i processi d’innovazione: accelerazione che si è ulteriormente accentuata con l’adozione dell’euro. Questi mutamenti dei mercati hanno posto sfide nuove al gruppo di testa delle imprese cooperative e, le migliori, non si sono fatte trovare impreparate. La ricerca della dimensione d’impresa adeguata ai mercati è stata perseguita in varie forme. La via maestra è stata la fusione tra cooperative. La fusione tra cooperative e la creazioni di reti sono due percorsi tipici di fare integrazione nel mondo cooperativo efficaci e poco costosi. In alcuni settori c’è ancora spazio per queste forme d’integrazione e soprattutto rimane quasi inesplorato il terreno delle integrazioni internazionali tra cooperative di diverse nazioni. Nel ventennio sono stati fatti passi importanti nella giusta direzione, poi ci siamo fermati. Nell’ultimo quinquennio, c’è stata una sola unificazione e più in generale c’è stato un ripiegamento strategico. Ciascuna cooperativa si è concentrata sulla cura dei mali messi a nudo dalla drammatica crisi. Conclusioni La rivoluzione dei mercati continua. Gli scenari competitivi sono molto incerti e di difficile lettura. Questa lunghissima crisi ha messo a dura prova il modello della grande impresa cooperativa. Tralasciando tutte le variabili esterne, dalla politica economica alle regole dei mercati, che abbiamo già esposto nella relazione al bilancio, noi abbiamo bisogno di promuovere – 18 – internamente un forte recupero di qualità imprenditoriale per alimentare i nostri valori sociali. Dobbiamo essere capaci di declinare meglio il funzionamento della formula cooperativa nella grande dimensione d’impresa. Dobbiamo essere capaci di rimuovere quei vincoli che hanno impedito di salvare le imprese facendo finta di salvare i lavoratori. Dobbiamo essere capaci di difendere la centralità dell’impresa insieme alla possibilità di ridisegnarne il perimetro per essere più efficaci e crescere insieme ad altre cooperative. Dobbiamo essere capaci di far circolare la qualità manageriale dei nostri dirigenti per sviluppare cultura d’impresa. Dobbiamo essere capaci di attrarre e remunerare capitali che sostengano i nostri piani. C’è bisogno di nuove regole, anche nelle relazioni interne al sistema cooperativo e nei controlli. La strada per essere innovativi sta nel ridisegnare i confini dei gruppi cooperativi per essere ancora più competitivi sui mercati domestici e quelli internazionali. Crescere per linee esterne ovvero fare acquisizioni, ma anche promuovere nuove fusioni tra cooperative o spacchettare attività esistenti per riaccorparle con quelle di altre cooperative sviluppando nuove efficienze.” – 19 –