Centro per lo Sviluppo Creativo ‘Danilo Dolci’ CENTRO PER LO SVILUPPO CREATIVO “DANILO DOLCI” ONLUS 90047 PARTINICO - 50° ANNIVERSARIO dello PALERMO Partinico, gennaio 2006 Carissimi amici, ‘SCIOPERO ALLA ROVESCIA’ 2 febbraio 1956 - 2 febbraio 2006 Per coordinare le iniziative della giornata del 2 febbraio 2006, cinquantenario dello ‘Sciopero alla rovescia’, è stato costituito un Comitato promotore, composto da : - Centro per lo sviluppo creativo - ‘Danilo Dolci’ - Osservatorio per lo sviluppo e la legalità - ‘G. La Franca’ - Centro Studi ‘Pio La Torre’ - Rivista ‘Segno’ - C G I L Partinico - Università degli studi - Palermo Il suddetto Comitato ha chiesto ed ottenuto la disponibilità della Amministrazione Comunale a sostenere l’iniziativa, nello specifico gli Assessorati alla Cultura e alla Legalità. Nella mattinata, intitolazione della Via “Sciopero alla rovescia”, (presso la Scuola Media ‘N. Cassarà’, all’inizio della ‘trazzera vecchia’) e proiezione del cortometraggio da Mirto: ‘Tra i mandorli..’ Nel pomeriggio, incontro pubblico con le Autorità, gli interventi di Vito Lo Monaco, Nino Fasullo, Salvatore Costantino, e lettura di brevi documenti dell’epoca con alcune testimonianze dirette. Copertina della rivista Azione Nonviolenta dell’ 0ttobre 1995 II In copertina: 1956 – L’ARRESTO. Danilo durante il suo primo arresto, avvenuto in seguito allo “Sciopero alla rovescia” praticato a Partinico quale gesto simbolico per affermare il diritto di tutti i cittadini al lavoro sancito dall’art. 4 della Costituzione Repubblicana. Tre giorni prima, il 30 gennaio, ebbe luogo il “digiuno dei mille” sulla spiaggia di Trappeto. Il presente opuscolo, a cura di Luca Dai, raccoglie una scelta di scritti selezionati da diverse fonti, di volta in volta indicate. Partinico, 31 gennaio 1956 Amici di Partinico, i “banditi” di Partinico vogliono diventare cittadini italiani, vogliono una società veramente civile. Lunedì, digiunando, meditando insieme, ci siamo preparati limpidamente alla festa di giovedì: lavorare. Nessuno ci potrà impedire di lavorare, insieme, disciplinati. Sarebbe bollato d’infamia per i secoli chi osasse impedirci. Non tradiremo le nostre famiglie, non tradiremo le nostre leggi. Questo paese può diventare, per le sue naturali ricchezze, oggi sciupate , un angolo dei più belli della terra, dove tutti si potrà vivere veramente da uomini. Cerchiamo, per noi e per tutti, i rapporti, anche strutturali, più perfetti. Siamo uomini di pace. Danilo III DIGIUNO DEI MILLE (Trappeto 30 gennaio 1956) e SCIOPERO ALLA ROVESCIA (Partinico 2 febbraio 1956) … Riunioni e riunioni si moltiplicavano a vari livelli. Ponevo soprattutto questa domanda: “come è necessario muoversi per vincere?”. Via via tutti salivano un gradino più alto nella problematica. Naturalmente le proposte o le indicazioni si avviavano esagitate: bruciare il municipio, tirare sassi sulle caserme dei carabinieri, fermare treni… Messe più a fuoco, invece, le proposte prendevano una forma più consistente, acquistavano concretezza. …il 30 gennaio del ’56 si decise di digiunare in mille persone; poi di indire uno sciopero per il 2 febbraio. Tutto venne accuratamente preparato. Le riunioni ristrette avvenivano in via Janello, n.10, sempre nel quartiere di Spine Sante: una casa dall’aspetto di un magazzino, dove potevano stiparsi da venti a quaranta persone. Le riunioni più numerose si tenevano, invece, nella Camera del Lavoro, che allora aveva sede in corso dei Mille. …pensammo di informare accuratamente l’opinione pubblica su quello che stava per accadere. Mandammo ciclostilati e lettere dappertutto, al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio, al presidente della Regione Siciliana. Erano state raccolte tra la popolazione millecinquecento firme, in appoggio alle nostre richieste, basate soprattutto sull’irrigazione della terra e sull’apertura di scuole. Era accaduto alcune settimane prima un episodio emblematico. Era arrivato da Roma qui a Partinico un alto funzionario, intelligente, gentile, a prendere appunti sulla situazione. Garantendoci poi che sarebbero intervenuti perché le cose mutassero, ci dette da sperare. Passano i giorni, passano le settimane: la gente è “mezza morta di IV fame”; la legge sull’imponibile della mano d’opera non funziona; i motopescherecci del Golfo di Castellammare continuano a pescare fuori legge, indisturbati; i bambini a migliaia, malgrado le leggi dell’obbligatorietà scolastica, rimangono per le strade, spesso seminudi, scalzi: soprattutto i figli dei più “banditi”…Chiesi appuntamento a due dei massimi responsabili regionali: nemmeno mi risposero. A Torino, in quella trasmissione dissi tutto questo. Allora si trasmetteva in presa diretta: avvertii che avremmo fatto uno sciopero particolare, cioè lavorando a una strada di campagna, necessaria, ma quasi impraticabile. Furio Colombo, che curava la trasmissione, mi assicurò che andava in onda; due giorni dopo, venni a sapere che era stato estromesso dalla rubrica, anzi mi dissero che era stato licenziato dalla Rai. … Avevamo deciso un digiuno collettivo per un giorno, il 30 gennaio. La polizia era stata avvertita con una settimana di anticipo, ed io e il segretario della Camera del Lavoro avevamo ricevuto delle regolari diffide, con l’avvertimento che in caso contrario, sarebbero stati adottati a nostro carico i provvedimenti di legge. Il 30 gennaio inviai altre lettere ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, della Regione Siciliana, della Camera e del Senato. Il testo era esattamente questo: Trappeto-Partinico-Balestrate, 30 gennaio 1956 Quando la polizia arrivò, ricordo che perse la testa: li avevano condotti con camion da Palermo, muniti di gas lacrimogeni. Alcuni marescialli avevano il collo rosso come tacchini, si sentivano traditi, non sapevano cosa fare, dicevano che un digiuno pubblico era illegale. E’ illegale stare in tanti sulla spiaggia. “Da bambino,” replicavo io “andavo sulle spiagge fitte di gente, a Rimini, senza una speciale autorizzazione della polizia.”Ma avevano perso la testa. Nei giorni successivi si mise in moto l’iniziativa dello sciopero alla rovescia. C’era una strada del tutto dissestata in una contrada vicina al paese, qui la chiamano “trazzera vecchia”. Decidemmo di concentrarci lì il 2 febbraio, per rimetterla in uso, senza chiedere un soldo. L’idea era che, se fosse intervenuta nuovamente la polizia, noi ci saremmo seduti per terra senza far male a nessuno. L’idea era nata dopo lunghe discussioni con i contadini. Il nocciolo della questione si risolveva in una domanda: perché rimanere setteotto mesi con le mani in mano, quando si poteva lavorare, ad esempio aggiustando strade rotte, impraticabili. L’accento batteva sempre su questo concetto: noi siamo gentiluomini e vogliamo lavorare. Allora chi è fuorilegge? Si doveva trovare un modo che sottolineasse pubblicamente tale concetto. Credo che uno sciopero debba essere sempre, oltre che scienza, un’opera d’arte, un’invenzione. Si organizzano e si fanno scioperi nazionali di milioni di persone che non riescono ad incidere, non colpiscono l’attenzione della gente come dei movimenti anche di piccoli gruppi che però sanno inventare esattamente. Al Presidente della Repubblica, del Consiglio, della Regione Siciliana, della Camera, del Senato. Verbale del commissario di PS di Partinico, dopo la denuncia in stato di arresto di Danilo Dolci e di altre sei persone: Non per disperazione oggi digiuniamo, ma nella speranza di contribuire affinché l’Italia diventi un paese civile. Sappiamo che lavorando generosamente siamo la vita. Chi impedisce è assassino: non paghiamo le tasse perché il nostro paese, dal mare alla terra, sia una mala galera in mano ai prepotenti. Firmato: mille cittadini che credono nell’articolo 4 della Costituzione (seguono le firme) V “Il Dolci Danilo e i suoi collaboratori, proseguendo nella loro azione di sobillazione delle masse, in dispregio alle Leggi, organizzavano… il cosiddetto “sciopero alla rovescia” per il mattino del due corrente. Il sottoscritto pertanto richiedeva rinforzi alla Questura di Palermo che giungevano in luogo nelle prime ore del due detto, sotto la direzione del Commissario Capo Dr. Tommaso Di Giorgi. VI Gli organizzatori per poter agire di sorpresa, avevano tenuto celata la località in cui si doveva attuarsi la manifestazione illegale. Servizi di avvistamento, disposti nella notte, segnalavano, verso le ore 6, che individui isolati ed a piccoli gruppi, muniti di vanghe, badili e roncole, attraverso le campagne rese quasi impraticabili dall’abbondante pioggia della notte, si dirigevano verso la contrada “Motisi”, per cui si aveva l’esatta sensazione che i dimostranti dovevano concentrarsi in un tratto della “trazzera vecchia”, distante da questo comune circa km. 3. A capo dei diversi gruppi venivano subito identificati, perché noti, Danilo Dolci, il Termini, lo Speciale, l’Abbate e il Ferrante. La massa, costituita da oltre 150 persone, dava inizio a lavori di sterramento per un tratto di circa 200 metri nella suddetta “trazzera vecchia”. Le forze di polizia invitavano reiteratamente i dimostranti a cessare ogni attività e ad allontanarsi. Ogni suadente invito rimaneva non solo senza esito, ma la massa, eccitata dal Dolci e dai sopradetti capeggiatori, iniziava a tumultuare, brandendo gli arnesi di cui era in possesso, fra cui le roncole. Pertanto era necessario intimare nelle forme di legge lo scioglimento della illegale manifestazione mediante i tre squilli di tromba. A tale intimazione buona parte dei convenuti si apprestava ad allontanarsi, ma veniva richiamata ed istigata da un gruppo di facinorosi – capeggiati da Danilo Dolci – i quali persistevano nell’opera di sobillazione, invitando ad alta voce tutti i presenti a disobbedire, rimanendo sul posto per continuare i lavori e completare le prescritte ore lavorative, per avere poi il pretesto di chiedere al sindaco una remunerazione che sapevano di non poter ottenere. Frattanto veniva pronunziata dal Dolci all’indirizzo delle forze di polizia la seguente frase: “Chi va contro di noi lavoratori è un assassino”, gridata ad alta voce, rivolta ai funzionari di PS ed ufficiali presenti e raccolta ancora dai manifestanti tutti come una parola d’ordine e con l’intenzione precisa di oltraggiare. Di fronte a tale situazione si procedeva al fermo dei più facinorosi, mentre altri riuscivano a dileguarsi” VII …La reazione dello Stato è, ancora una volta, repressiva: una carica delle forze dell’ordine disperde i manifestanti, mentre gli organizzatori vengono arrestati e tradotti all’Ucciardone…(“La forza della nonviolenza”, Giuseppe Barone, Edizioni Dante & Descartes, Napoli 2004, pag. 23) …Naturalmente come dichiarai a mia volta nel verbale, non esistevano roncole, né alcuno di noi pensava ad ore da farsi remunerare dal Comune. Quando suonò la tromba, ci sedemmo a terra con calma,e giacché la strada era in pessimo stato, fummo poi presi di peso e trasportati a braccia nelle camionette. Da parte della polizia si erano convinti che li prendevamo in giro, che eravamo pazzi. Abituati a gente che reagiva violentemente, non sapevano come comportarsi, restavano disorientati. (Passi tratti da “Conversazioni con Danilo Dolci” di Giacinto Spagnoletti, Mondatori, Milano 1977, da pag. 61 a pag. 67) ( foto 2 ) …Dolci viene scarcerato al termine di uno storico processo, al quale depongono come testimoni per la difesa Carlo Levi e Elio Vittorini. VIII …Alle ore 18 del 30 aprile 1956 una discreta folla sostava dinanzi alla porta dell’Ucciardone: avvocati, scrittori, nobili dame, operai del cantiere navale, braccianti della campagna, professori universitari, studenti e studentesse, giornalisti e fotografi. Attendevano la scarcerazione di Danilo Dolci e degli altri processati per lo “sciopero alla rovescia” di Partinico, un’ora dopo la sentenza del Tribunale di Palermo… (A Montelepre hanno piantato una croce, Franco Grasso, edizioni Avanti! Milano – Roma, 1956, pag. 3) E’ conquistata ad ogni istante quando creature si organizzano estinguendo ogni zecca. Da “Il limone lunare”, Se gli occhi fioriscono 1968 – 1996 Edizioni Martina Bologna, 1997 * * * Chi si spaventa quando sente dire rivoluzione, forse non ha capito. Non è una sassata a una testa di sbirro, sputare sul poveraccio che indossa una divisa non sapendo cosa mangiare; non è incendiare il municipio o le carte al catasto per andare stupidi in galera rinforzando il nemico di pretesti. Il dominio è potere malato – cresci soltanto quando ti maturi corresponsabile: la gente non è suolo ma semente. …E’ necessario impegnarsi a fondo per conquistare la vera libertà; meglio in galera con le vittime che “liberi” se privilegiati… … Chi non lascia respirare, esprimersi, lavorare, ordinatamente vivere gli altri, secondo l’alta dignità dovuta a ciascun uomo, è un malato, un pazzo… (Danilo Dolci, estratto da un articolo pubblicato su l’Avanti! un giorno dopo la scarcerazione) ( foto ) Quando senza mirare ti agiti la rivoluzione viene a mancare; se raggiungi potere e la natura dei rapporti rimane come prima, viene tradita. IX X (Dolci, manette ai polsi, attende l’apertura del suo processo. Publifoto, Milano) CONTRIBUTI: … Ora un uomo che prende questi disoccupati, esasperati dal disagio e dalla fame propria e dei familiari, e li conduce, dopo accuratissima preparazione ad una manifestazione di lavoro volontario senza violenza e senza il minimo oltraggio (là dove le “ammazzatine” sono quotidiane), non fa un miracolo, di quelli veri in una terra dove si ostentano ben altri “prodigi”? E non andrebbe ringraziato? Ebbene, lo si arresta invece… (Aldo Capitini, Danilo Dolci, Piero Lacaita editore, 1958, pag. 104 – 105) …Ciò che mi aveva colpito in Danilo era il rifiuto di distinguere l’intellettuale che da lontano propone e critica e l’uomo d’azione che decide e opera di conseguenza. Danilo non aveva accettato la consueta distinzione fra il predicare e il fare. La buona predica doveva risultare dalla buona azione. Chi denunciava i mali, doveva lui stesso cercare di porvi rimedio, pagare di persona. Il metodo che aveva scelto non era quello di pronunciare sentenze, ma quello della partecipazione diretta, della presenza attiva… (estratto da Nota di Norberto Bobbio, “La forza della nonviolenza”, Giuseppe Barone, edizioni Dante & Descartes, 2004, pag. 9 – 10) …” Il Dolci prese contatto con me e altri amici verso la metà di gennaio e ci manifestò i caratteri della sua azione nonché gli scrupoli che lo rendevano titubante. Egli voleva fare una manifestazione pacifica, tutta rivolta a fin di bene, voleva solo dimostrare la buona volontà dei braccianti a lavorare.Temeva che XI nascessero incidenti. Ma soprattutto che le autorità non capissero il senso di quella manifestazione, che era non solo di protesta, ma che rappresentava quasi un’offerta, un sacrificio… e Dolci temeva quello che appunto è avvenuto, che la società ancora una volta respingesse quella offerta, che ancora una volta non comprendesse la civile volontà della massa lavoratrice”… (Dalla deposizione del giornalista Vittorio Gorresio, A Montelepre hanno piantato una croce, Franco Grasso, edizioni Avanti! Milano – Roma, 1956, pag. 8) … “ Ho avuto modo di vedere le opere che egli stava facendo a Borgo di Dio e di visitare l’ambiente, fra cui i vari rioni di Partinico, e mi è balzata agli occhi la miseria che è al di sotto dei limiti di ogni aspettazione. Danilo Dolci ha iniziato a Partinico un’opera benemerita che le autorità dovrebbero aiutare e potenziare; dare cioè a quelle popolazioni il “senso” di essere qualcuno, di venire inseriti nel ciclo culturale e umano della vita. Sono convinto che le azioni di Dolci – i suoi digiuni, le sue “feste del lavoro”, le sue affermazioni di umanità – hanno mirato alla partecipazione sua e dei partinicesi alla fondazione di un ordine migliore, di una società elevata”… (Dalla deposizione di Carlo Levi; A Montelepre hanno piantato una croce, Franco Grasso, edizioni Avanti! Milano – Roma, 1956, pag. 8) … “ Conosco il Dolci da circa due anni, sono siciliano e so che questa regione è una specie di India: vi è del fatalismo e vi sono delle caste, e delle istanze di religiosità diverse. Uomini come Dolci ce ne vorrebbero molti in Sicilia” … (Dalla dichiarazione di Elio Vittorini in Tribunale; A Montelepre hanno piantato una croce, Franco Grasso, edizioni Avanti! Milano – Roma, 1956, pag. 8) …” L’arresto di Dolci è stato un insulto alla coscienza pubblica e ha sollevato in tutto il paese una vera ondata di indignazione e di protesta. Ha suscitato la “questione morale” contro i metodi impiegati dal governo per far fronte alla implacabile inquietudine delle classi contadine meridionali causata da una intollerabile situazione di miseria e di abbandono. XII … La sconfitta della polizia e del governo è resa evidente dal fatto di avere voluto fare apparire come un “agitatore” e come violento Danilo Dolci che, con mezzi non violenti, metteva in rilievo la violenza della situazione esistente non soltanto a Partinico, ma in gran parte del mezzogiorno. … Danilo all’Ucciardone non avrà sofferto inutilmente. Avrà dato una voce potente ed efficace alla sofferenza di tanti amici e l’avvio a un metodo nuovo di risolvere le più gravi questioni. “ (Tratto da “Danilo all’Ucciardone” di Lamberto Borghi, Il Ponte 1955) ( foto ) … Danilo Dolci è un esempio straordinario di essere umano. … Il suo potere sta nell’esempio che dà, cioè di persona che non retrocede davanti a rischi e pericoli se si tratta di prendersi cura degli altri e di trasformarli in individui più attivi, con maggior coscienza di sé e più coraggiosi. … Da la dimostrazione che l’uomo non ha solo le capacità lavorative ma sente anche l’impulso di operare, di essere attivo e creativo senza sottostare a alcuna organizzazione burocratica, con risultati che sono di gran lunga superiori a quelli ottenuti dall’uomo alienato e sottomesso. Dolci indica la via che conduce all’individuazione delle energie creative che portiamo in noi tutti – specialmente i bambini – rinunciando a qualsiasi forma di persuasione, ma piuttosto stimolando e sviluppando l’interesse dell’individuo, che è un aspetto dell’amore. … Dolci pensa che sia possibile ciò che la maggior parte della gente ritiene impossibile e lo dimostra non tanto a parole ma attraverso le azioni nella vita quotidiana… (Erich Fromm,, 4a di copertina in “Conversazioni con Danilo Dolci” di Giacinto Spagnoletti, Mondatori, Milano 1977) (Calamandrei, difensore di Dolci. Scafidi, Palermo) … “ Qui e fuori di qui siamo in molti a pensare e a ripetere che la cultura, se vuol essere viva e operosa, qualcosa di meglio dell’inutile e arida erudizione, non deve appartarsi dalle vicende sociali, non deve rinchiudersi nella torre d’avorio senza curarsi delle sofferenze di chi batte alla porta di strada. Tutto questo lo diciamo e lo scriviamo da decenni; ma tuttavia siamo incapaci di ritrovare il contatto fraterno con la povera gente. Siamo pronti a dire parole giuste; ma non sappiamo rinunciare al nostro pranzo, al nostro comodo letto, alla nostra biblioteca appartata e tranquilla. Tra noi e la gente più umile resta, per quanto ci sforziamo, come uno schermo invisibile, che ci rende difficile la comunicazione immediata…” (Piero Calamandrei da un articolo del 1958, apparso in Scuola e città: “Il caso Dolci visto attraverso la stampa”) XIII _XggXeT W\ haT UT`U\aT T WTa\_b \É áÉÇÉ âÇt utÅu|Çt Å| v{|tÅÉ TwÜ|tÇtA T Åx Ñ|tvv|ÉÇÉ ÅÉÄàÉ Äx áâx ÑÉxá|xA _x áâx cÉxá|x v{x {t ávÜ|ààÉ? áÉÇÉ áxÇét à|àÉÄÉ? x ÖâtÇwÉ ÇÉ| Äx ávÜ|äxätÅÉ zÄ| wtätÅÉ âÇ à|àÉÄÉA `t ÇÉÇ âÇ à|àÉÄÉ t vtáÉ? Åt v{x tÇwtááx wËtvvÉÜwÉ vÉÇ Ät ÑÉxá|tA _t ÑÜ|Åt XIV TwÜ|tÇt ÑÉxá|t v{x tuu|tÅÉ ávÜ|ààÉ ¢ áàtàt ÖâxÄÄt ÂaxÄ äxÇàÉ yÜxwwÉ ÑxÜ Ät áàÜtwtÊA `t Çx tuu|tÅÉ ytààx tÇv{x wxÄÄx tÄàÜx vÉÅxM ÂhÇ zÜtÇwx wxá|wxÜ|ÉÊ? 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