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Saluto del sindaco
Nella seconda metà del 2006 la nostra comunità è stata interessata da
alcuni eventi positivi e negativi che l’hanno portata agli onori della cronaca.
In ordine temporale in agosto ci lascia per sempre il maestro Tranquillo
Giustina e dopo poco tempo all’inizio di settembre anche l’amato don
Celestino Lorenzi passa a miglior vita; a fine settembre l’Associazione Nazionale Alpini onora Gianbattista Polla con il premio nazionale di fedeltà alla
montagna; infine a metà novembre il Touring Club Italiano e il Presidente
della Provincia Autonoma di Trento assegnano al Comune di Caderzone il
marchio di qualità turistico-ambientale “Bandiera Arancione”.
Quattro eventi che toccano e toccheranno profondamente la nostra storia, cultura ed economia. Non è difficile parlare del maestro Tranquillo e
tanto meno di don Celestino, entrambi hanno dedicato gran parte della loro
esistenza a rafforzare e a diffondere in tutti noi abitanti di Caderzone lo
spirito di appartenenza ad una antica comunità, ricca di valori morali e culturali, nonché di una complessa e articolata storia.
Il maestro Tranquillo, con le sue ricerche e analisi storiche, è riuscito a
ricostruire le più importanti vicissitudini dei nostri antenati e ci ha permesso
di capire le nostre origini e le regole che ci hanno guidato fino ai giorni nostri.
Don Celestino senza mai negare il tempo in cui viveva è riuscito a conservare, valorizzare ed a farci conoscere ed apprezzare le tradizioni dei nostri avi.
Due modi diversi di analizzare e confrontarsi con il tempo passato, ma
entrambi efficaci ed utili per accrescere le nostre conoscenze storiche, indispensabili per le scelte del futuro.
Diverso è il discorso per Giovanbattista Polla, l’Associazione Nazionale
Alpini ha premiato, dopo una attenta valutazione del nominativo segnalato,
la persona che ha saputo resistere alla tentazione di abbandonare l’agricoltu-
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ra per attività meno impegnative e probabilmente più redditizie. Negli anni
Settanta a Caderzone, come un po’ ovunque, iniziò l’esodo dalla campagna,
famiglie intere escono dal mondo agricolo per seguire la nuova mecca del
turismo e dell’edilizia, ma Giovanbattista con il fratello Carlo vanno contro
tendenza e realizzano una stalla moderna di nuova concezione. Questo gesto
esemplare, fa sì che altri Caderzonesi in seguito, trovino il coraggio e la strada per inoltrarsi nella nuova versione dell’allevatore moderno. Una storia
che a molti sembrerà banale, ma invece è stata la scelta che ha consentito alla
nostra Comunità e probabilmente all’intera Val Rendena di poter disporre
tutt’oggi di un prezioso e consolidato allevamento bovino di montagna.
L’ultimo avvenimento importante è l’assegnazione del marchio “Bandiera Arancione” al nostro comune, avvenuta dopo una
selezione in incognito durata un
anno. Il marchio, che certifica le
piccole comunità dell’entroterra,
in base a rigorosi parametri turistici ed ambientali, viene assegnato alle località che non solo godono di un patrimonio storico, culturale e ambientale di pregio, ma
sanno offrire al turista un’accoglienza di qualità. Con Caderzone, nella Provincia di Trento, solo Molveno è
stato selezionato e con noi può fregiarsi di questo importante traguardo che
sicuramente darà molte soddisfazioni a tutti gli operatori turistici e all’intera
economia del comune. Con Caderzone e Molveno in tutta Italia sono stati
selezionati 113 comuni tra i quali ricordiamo San Giminiano, Malcesine,
Marostica, Asolo, Volterra, ecc. Poter essere assimilati a tali prestigiosi comuni è senz’altro una grande soddisfazione che fa onore a tutta la Comunità
di Caderzone, perché solo attraverso e grazie al contributo di tutti noi è stato
possibile raggiungere un traguardo così ambito.
L’esempio dei nostri concittadini che più sopra ho ricordato e la gratificazione e riconoscenza che un Ente indipendente a voluto concedere alla
nostra Comunità siano di stimolo per mantenere la compattezza e la serenità
necessaria per affrontare le sfide di questa complicata società moderna
Dalla Casa Municipale.
Il Sindaco
Maurizio Polla
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La vita dal
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Raccolta Differenziata:
un impegno continuo
Anche quest’anno il comportamento
della nostra Comunità è stato virtuoso
nella raccolta differenziata dei rifiuti,
tant’è che l’ultimo
dato disponibile, riferito ai primi 10 mesi
del 2006, posiziona
Caderzone al III posto fra i Comuni del
Comprensorio delle
Giudicarie con la percentuale del 59%.
Un indicatore dell’impegno e dell’attenzione che la cittadinanza ha dato
come risposta, peraltro molto positiva, al problema rifiuti, così cocente per la
Società moderna.
Il prossimo anno l’Amministrazione comunale, attuando quanto contenuto nella previsione al bilancio comunale, intende riorganizzare le isole ecologiche con la posa in opera di contenitori seminterrati molto capienti che
garantiscono lo stoccaggio dei rifiuti anche nei momenti di massimo afflusso
turistico. Questa riorganizzazione permetterà di migliorare anche l’aspetto
paesaggistico.
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Nel 2007 avremo un’altra novità per quanto riguarda i rifiuti, si
passerà dalla Tassa (Tarsu) fin qui
applicata, alla Tariffa (TIA – Tariffa
Igiene Ambientale) con l’introduzione di uno specifico sistema tariffario.
In altre parole, dal prossimo
anno, in forza di leggi nazionali e
provinciali, il costo dello smaltimento dei rifiuti sarà ripartito fra gli
utenti tenendo conto, oltre che della
superficie degli immobili, anche del
numero dei componenti delle famiglie.
Non sarà più una tassa, ma al
cittadino sarà recapitata una fattura
da parte dell’ente gestore come avviene per il servizio acquedotto,
energia elettrica, ecc…
Il comportamento civile della nostra Comunità nell’effettuare la raccolta differenziata ha consentito di contenere gli aumenti dei costi di questo
servizio originati dall’applicazione dei nuovi tributi e dall’introduzione di
nuove voci di costo obbligatorie perché previste dalla nuova normativa.
Ricordando che la raccolta differenziata dovrà raggiungere, entro il 2009,
il 65% si auspica che l’impegno di tutta la cittadinanza continui con lo stesso
entusiasmo anche per il futuro.
Il Sindaco
Arch. Maurizio Polla
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La Bandiera arancione
del Touring Club Italiano
La Bandiera arancione è il
marchio di qualità turistico-ambientale destinato alle località
dell’entroterra. Il marchio, che ha
validità biennale, viene attribuito ai
territori che soddisfano criteri di
analisi connessi allo sviluppo di un
turismo di qualità. La valorizzazione del patrimonio culturale, la tutela dell’ambiente, la cultura dell’ospitalità, l’accesso e la fruibilità
delle risorse, la qualità della recettività, della ristorazione e dei prodotti tipici sono gli elementi chiave dell’iniziativa.
La Bandiera arancione è uno strumento di valorizzazione del territorio e
di comunicazione al turista e consente alle località minori di proporre un’offerta aggiuntiva a quella dei sistemi turistici sviluppati, contribuendo alla
creazione di un prodotto integrato, alla differenziazione nel mercato e alla
distribuzione dei flussi turistici.
La certificazione intende stimolare una crescita sociale ed economica attraverso lo sviluppo turistico. In particolare, gli obiettivi individuati sono:
· La valorizzazione delle risorse locali;
· Lo sviluppo della cultura dell’accoglienza;
· Lo stimolo dell’artigianato e delle produzioni tipiche;
· L’impulso all’imprenditorialità locale;
· Il rafforzamento dell’identità locale.
Il destinatario finale del marchio è dunque il turista. La Bandiera
arancione infatti contribuisce a indirizzare le scelte dei viaggiatori e garantisce la qualità dell’esperienza di visita.
La Bandiera arancione è l’unica iniziativa italiana inserita dall’organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization) fra i 50 programmi realizzati con successo in tutto il mondo per uno sviluppo sostenibile del
turismo; gode inoltre del patrocinio dell’ENIT (Ente Nazionale del Turismo).
Dettagli e aggiornamenti su: www.bandierearancioni.it
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Visibilità
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La guida alle Bandiere arancioni è diffusa in 450.000 copie e presenta
tutte le località certificate
Qui Touring è la rivista di turismo più diffusa in Italia, con 1.200.000
lettori, e riserva ogni mese molti spazi alla Bandiera arancione nelle sezioni:
· Corso Italia: ogni mese aggiornamenti e i nuovi certificati;
· Almanacco: eventi nelle località “arancioni”;
· Ospitalità: nelle recensioni vengono indicati gli operatori delle Bandiere.
www.bandierearancioni.it : Nel portale Touring (www.touringclub.it) la
sezione Bandiere arancioni (www.bandierearancioni.it) prevede:
· Una pagina dedicata ad ogni comune, con una propria scheda completa
di foto e il link al sito;
· Gli “appuntamenti e news” con tutte le manifestazioni che si tengono
nei comuni (aggiornata mensilmente);
· La mappa delle località Bandiera arancione con il motore di ricerca per
località e per regione;
· L’elenco dei partner che hanno attivato l’iniziativa sul territorio;
· I “gesti di benvenuto” offerti dai comuni ai Soci Touring;
· La gallery dei comuni certificati;
· La brochure tecnica dell’iniziativa;
· La possibilità di iscriversi alla newsletter “Eventi & news”;
· Il 1° Dossier Bandiere arancioni;
· Il collegamento con “Pronto Touring”, canale telefonico di informazioni.
Newsletter
Il Touring comunica con i propri utenti anche attraverso le proprie
newsletter:
· Newsletter istituzionali Touring: invia a tutti gli utenti interessati alla
attività del Touring Club Italiano (oltre 40.000 utenti), promuove gli aggiornamenti su Bandiere arancioni e sugli eventi;
· Newsletter “Eventi & News”: inviata mensilmente agli utenti Bandiera
arancione. Gli eventi riportati sono quelli segnalati dai comuni (vedi Qui
Touring);
· Newsletter stampa e media: inviata agli operatori del settore, riporta
anche gli aggiornamenti su Bandiere arancioni.
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Regolamento cimiteriale
In data 14 novembre 2006 il
consiglio comunale ha modificato
ed integrato la precedente delibera consiliare n. 24/05 del
20.06.2005 relativa all’articolo 35
del “Regolamento comunale di
Polizia mortuaria e cimiteriale”.
Detto Regolamento comunale è stato approvato in prima istanza dal Consiglio comunale con
propria deliberazione il 17 giugno1992.
Essendo un argomento molto sentito dalla popolazione, si è
ritenuto opportuno riportare il testo integrale della delibera
consiliare (n. 33 d.d. 14.11.2006),
affinché tutti possano esserne a conoscenza.
«In occasione dei lavori di
esumazione e nuove inumazioni
realizzate nella parte vecchia del
cimitero di Caderzone, questa Amministrazione, consapevole della delicatezza del tema e della possibilità di urtare la sensibilità delle persone interessate, ha posto particolare attenzione, sforzo e impegno alla problematica.
Soprattutto per queste motivazioni il progetto di sistemazione del vecchio camposanto è stato frutto - nel corso di questi ultimi anni - di continue
modifiche, integrazioni, variazioni, decisioni, approvazioni, e si è protratto
per mesi e mesi proprio nell’ottica di raccogliere critiche e suggerimenti, e di
assumere quindi decisioni che potessero soddisfare gli interessi di molti, a
discapito di pochi.
Proprio al fine di informare le persone lontane da Caderzone, questa
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Amministrazione ha sempre cercato di pubblicizzare le novità più importanti pubblicandole sulla rivista semestrale del Comune “Il Garzonè”, che viene
regolarmente inviata anche agli oriundi e a tutti quelli che lo richiedono e
sulla quale - nel n. 21/04 - è stata riportata l’intenzione dell’Amministrazione di approvare un modello unico di lapide, cosa poi avvenuta solamente a
metà anno 2005, per le
motivazioni citate.
Il Consiglio comunale dopo aver esaminato in
foto tre tipologie ha scelto il tipo A) con deliberazione n. 24/05 di data 30/
06/2005, ha approvato
una modifica al Regolamento Cimiteriale e nello
specifico all’art. 35, con
particolare riferimento
alla forma, aspetto e finitura delle lapidi sulle sepolture, con l’intento di uniformare gli interventi in
modo da ottenere un camposanto dai caratteri semplici e unitari, secondo lo
spirito della religione cristiana che da sempre contraddistingue la comunità
di Caderzone.
Conseguentemente è stato predisposto un tombale in granito della Val
Genova completo di cordoli, testata, scritte e croce in ferro quale “lapide tipo”,
realizzato dalla ditta Pedretti Graniti S.r.l. di Carisolo.
Il Consiglio nella seduta successiva ha preso visione della realizzazione
del modello della lapide tipo.
Valutata la necessità di procedere alla realizzazione degli ulteriori tombali
di defunti già inumati è stato richiesto preventivo-offerta con nota di data 27
ottobre 2005, Prot. n. 3186 e successivamente la Giunta Comunale ha attentamente verificato le offerte presentate dalle ditte, giudicandole troppo onerose nei confronti del prezzo pagato per la sepoltura “tipo” fatta predisporre
dall’Amministrazione e assunta come “facsimile”, ed ha quindi provveduto
di conseguenza a contattare altre ditte operanti nel settore al fine di ottenere
un’offerta più vantaggiosa e quindi contenere la spesa entro limiti
giustificabili.
Anche questo aspetto, quello economico, è stato frutto di estenuanti trattative con le ditte specializzate, al fine di contenere il più possibile i costi per i
familiari interessati e da informazioni assunte, il prezzo ottenuto è sicuramente
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di 2 - 3 volte inferiore a quello comunemente richiesto per le sepolture complete.
La scelta dell’Amministrazione è stata politica piuttosto che giuridica e
risponde all’esigenza di dare un carattere di semplicità e uniformità di trattamento nelle sepolture, nonché ottenere prezzi più economici nella fornitura
dei tombali a tutto vantaggio dei privati interessati.
Ma questa scelta è stata in parte messa in discussione da parte di alcuni,
nonostante l’unanimità del Consiglio Comunale e pertanto come Amministratori dobbiamo prenderla nuovamente in esame, confermare legittimamente le scelte operate producendo rispondenza tra queste e il dettato
normativo, alla luce delle sopra prospettate questioni.
A questo proposito prendiamo in esame il D.P.R. 10 settembre 1990, n.
285 che detta norme di polizia mortuaria, e non contiene una disciplina specifica relativa alle lapidi, quindi è evidente che è una scelta libera del Comune e non un’imposizione normativa dare la possibilità al privato di apporre
una lapide e/o un copritomba in alternativa al “cippo” previsto all’articolo
70 del Decreto di che trattasi.
Si ritiene di dare indicazioni sulle dimensioni e forma della lapide e/o
copritomba spingendosi fino alla definizione di una “lapide tipo” , lasciando
comunque alla libera decisione del privato cittadino che se non vuole mettere alcuna lapide sulla tomba del proprio defunto, avrà da parte del Comune
il posizionamento a proprie spese del cippo di riconoscimento, trattandosi
in quest’ultimo caso, di servizio istituzionale e obbligatorio.
IL CONSIGLIO COMUNALE
Udita e fatta propria la relazione che precede;
Presa visione della documentazione presente in atti e riguardante l’oggetto in discussione;
Evidenziata la necessità di modificare nuovamente l’articolo 35 del Regolamento comunale di Polizia mortuaria e cimiteriale, approvato con delibera consiliare n. 55/92 del 17.06.1992, e successivamente modificato con
consiliare n. 24/05 del 20.06.2005, riguardante la tipologia delle sepolture e
delle relative lapidi a fine di addivenire ad una collocazione uniforme delle
stesse;
Ricordato che rientra nella competenza del Consiglio apportare le modifiche ai Regolamenti dell’Ente, conformando gli stessi, nel rispetto della
normativa, alle esigenze emerse e nell’ottica dell’efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa;
Ritenuto quindi di apportare le seguenti modifiche all’art. 35 al Regolamento comunale di Polizia mortuaria, che viene così riformulato:
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“Art. 35”
1. In alternativa al “cippo” di cui all’art. 70 del D.P.R. n. 285/1990, sulle fosse
è prevista la possibilità per i privati di apporre una copertura a ricordo
secondo la tipologia approvata dal Consiglio Comunale e in questo caso i
privati potranno porre in opera sulla lapide degli elementi di decoro.
2. Tali ricordi, trascorso il periodo normale di inumazione restano di proprietà del Comune.
3. Le scritte devono essere limitate al cognome, nome, anno di nascita e di
morte delle persone defunte. Dietro domanda è facoltà della Giunta Comunale di autorizzare altre iscrizioni integrative.
4. Nel cimitero del Comune di Caderzone non sono consentite tombe di famiglia per inumazione.
5. E’ consentita la collocazione nello spazio già occupato da sepolture, di
cassette contenenti ossa di persone o di urne cinerarie, appartenenti alla
stessa famiglia.
6. Nel caso di esumazione a mente dell’art. 82 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285, i
famigliari possono richiedere al Comune il ricordo del defunto attraverso
la scritta su lastre opportunamente collocate dall’Amministrazione Comunale e previo pagamento della tariffa fissata dal Consiglio Comunale.
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7. Nel caso di sepoltura dell’urna cineraria non come previsto al punto 5, la
stessa potrà essere collocata nell’apposito spazio previsto nel cimitero. Il
defunto potrà essere ricordato con iscrizione su lapide antistante.
Visto lo Statuto comunale;
Visti i pareri favorevoli espressi ai sensi e per gli effetti dell’art. 81 del
T.U. approvato con D.P.Reg. 1 febbraio 2005, n. 3/L, dal Segretario Comunale per la regolarità tecnico-amministrativa e dal Responsabile del Servizio
Finanziario per la regolarità contabile, dando atto che non necessita l’attestazione di copertura finanziaria, in quanto il presente atto non comporta impegno di spesa.
Con voti favorevoli n. 10, astenuti n. 4, contrari n. 1, su n. 15 consiglieri
presenti e votanti, espressi per alzata di mano, accertati e proclamati dal Presidente
delibera
1. Di modificare per integrazione, per quanto esposto in premessa l’art. 35
del Regolamento comunale di Polizia mortuaria e cimiteriale, approvato
con delibera consiliare n. 55/92 del 17.06.1992, e successivamente modificato con consiliare n. 24/05 del 20.06.2005, che viene riformulato come
segue:
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“Art. 35”
1. In alternativa al “cippo” di cui all’art. 70 del D.P.R. n. 285/1990, sulle
fosse è prevista la possibilità per i privati di apporre una copertura a
ricordo secondo la tipologia approvata dal Consiglio Comunale e in
questo caso i privati potranno porre in opera sulla lapide degli elementi di decoro.
2. Tali ricordi, trascorso il periodo normale di inumazione restano di proprietà del Comune.
3. Le scritte devono essere limitate al cognome, nome, anno di nascita e
morte delle persone defunte. Dietro domanda è facoltà della Giunta
Comunale di autorizzare altre iscrizioni integrative.
4. Nel cimitero del Comune di Caderzone non sono consentite tombe di
famiglia per inumazione.
5. E’ consentita la collocazione nello spazio già occupato da sepolture, di
cassette contenenti ossa di persone o di urne cinerarie, appartenenti
alla stessa famiglia.
6. Nel caso di esumazione a mente dell’art. 82 del D.P.R. 10.09.1990 n.
285, i famigliari possono richiedere al Comune il ricordo del defunto
attraverso la scritta su lastre opportunamente collocate dall’Amministrazione Comunale e previo pagamento della tariffa fissata dal Consiglio Comunale.
7. Nel caso di sepoltura dell’urna cineraria non come previsto al punto 5,
la stessa potrà essere collocata nell’apposito spazio previsto nel cimitero. Il defunto potrà essere ricordato con iscrizione su lapide antistante.
2. Di dare atto che il disegno che definisce la lapide tipo di cui all’art. 35
comma 1 viene allegata alla presente sub. A) per costituirne parte integrante e sostanziale;
3. di dichiarare che la presente deliberazione, diviene eseguibile a pubblicazione avvenuta a norma dell’art. 79 del T.U. approvato con DPReg. 1 febbraio 2005, n. 3/L.
4. Di dare evidenza, e ciò ai sensi dell’art. 5 della L.R. 31/07/1993 n° 13, al
fatto che avverso la presente deliberazione è ammesso ricorso in opposizione alla Giunta Comunale ex articolo 79 del T.U. approvato con DPReg.
1 febbraio 2005, n. 3/L durante il periodo di pubblicazione nonché ex articolo 8 del DPR 24/11/1971 n° 1199 entro 120 giorni e giurisdizionale ex
articolo 2, lettera b) della L. 06/12/1971 n° 1034 entro 60 giorni.
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Poesie in concorso
alla “Colonia”
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Caderzone, 30 novembre 2006
Caro Signor Direttore di “il Garzonè”
Ho avuto la fortuna che cadesse fra le mie mani un’esemplare della vostra pubblicazione, proprio il n° 19 di Gennaio 2001, il quale conclude le sue
pagine con un simpatico articolo “Speciale” (a pag. 81), sottoscritto dal Prof.
Renzo Sartori a Bologna negli anni 90, il cui titolo e contenuto, La fonte “Acquaforte di Sant’Antonio”, anticipa di una decina d’anni, ciò che sarebbe avvenuto poco tempo dopo.
Non ho potuto far a meno di commentare questo ritrovo, perché proprio in quell’articolo si può riscontrare lo spirito, il coraggio e l’essenza di
tutte quelle persone che prima hanno sognato e poi sono riuscite in poco
tempo a trasformare “questa acqua forte di Sant’Antonio”, nelle attuali “Terme della Val Rendena”, che rappresentano “Fonte d’Orgoglio” e “Fonte di
Salute” per tutta la Valle.
Ho “sentito” che era venuta l’ora di far sapere a tutti quanto siamo cresciuti nel corso dei nostri tre anni di vita, nei quali siamo riusciti a sviluppare
una vera e propria “equipe” di esperti, che si è formato inizialmente con
varie specialità come quella di internista clinico, con il Dott. Medin Mon, che
oltre a trattare la clinica e la cardiologia, si dedica anche alle prescrizioni
dietetiche personalizzate ed all’ecodoppler, il nostro dermatologo, Dott. Zeno
Sagramoso ed il Dott. Giuseppe Giacopini, otorinolaringoiatra, che con il loro
impegno nelle rispettive specialità, sono stati e continuano ad essere di vero
supporto per i nostri pazienti. Il nostro fisiatra, Dott. Ferruccio Bosinelli, che
oltre alla sua specialità, si dedica alle manipolazioni vertebrali e all’agopuntura, specializzazioni di utilità certa per la nostra realtà, data l’applicazione
sinergica alle cure termali. In fine il Direttore Sanitario, la Dott.ssa Giovanna
Battocchi, che ha portato avanti il gravoso compito, di dare il via a questa
nostra Istituzione Termale, che ho ritrovato già avviata; collega che però, alla
dell’anno scorso, ha cercato altri orizzonti, più vicini alla sua volontà e alle
sue tendenze mediche: va a lei il mio speciale ringraziamento.
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Niente di tutto quello che ho appena accennato sarebbe riuscito, senza
l’appoggio di tutte le addette che ogni giorno ci accompagnano e traducono
in realtà questa nostra terapia termale personalizzata. Così per l’assistenza
delle vasche e alle inalazioni, rispettivamente le Sig.re. Francesca Facco e
Marina Bullo, oltre alle quali è indispensabile aggiungere le estetiste e massaggiatrici; Signorine Roberta Fedrizzi e Giulia Violini unite al personale della “reception”, la Signorina Federica Collini ed anche il personale di manutenzione e appoggio, il Sig. Carlo Polla.
Non potevo ne dovevo, dimenticarmi del Direttore Amministrativo il
Dott. Corrado Delugan, il cui aiuto e dedizione sono stati assolutamente a
“tempo pieno”. Tutti, tutti loro, hanno formato il “team” che ha cercato un’assistenza personalizzata solida, senza crepe, a sostegno dell’incremento del
numero e del tipo di specialità offerte dalle nostre Terme grazie anche allo
stimolo dell’ogni giorno più esigente e numerosa clientela. Lo sviluppo scientifico ha portato, in questo ultimo anno, all’introduzione dell’appoggio della
podologa Maria Paola Braga e di una fisioterapista, oltre allo sviluppo della
specialità di Flebologia, tanto dal punto di vista estetico quanto terapeutico.
Per l’adeguata informazione, generale e specifica dei pazienti, abbiamo
predisposto due documenti: “La Composizione della Nostra Acqua Termale” e “La Qualità della Nostra Acqua Termale”, per diffondere le caratteristiche proprie “dell’Acquaforte di Sant’Antonio”.
In più abbiamo preparato piccoli opuscoli di divulgazione scientifica,
auspicando che la nostra clientela possa avere più consapevolezza delle pratiche mediche che si sviluppano nelle Terme Val Rendena; gli opuscoli trattano su “Cosa Sapere sulle Varici e Capillari Venosi”, “L’Ulcera Venosa” e
“Magnetoterapia alle Terme”; infatti dal 1°
dicembre comincerà a funzionare nel nostro
stabilimento un apparecchio di magnetoterapia di ultima generazione, strumento che
funzionerà in sinergia con la balneoterapia e
fangoterapia termali, destinandolo così specialmente ai pazienti doloranti, senza dimenticare le sue altre molteplici indicazioni. La
gestione di questa terapia sarà del Dott. Mario Castellani.
Con gli occhi fissi sul futuro Centro Benessere, progettato e ormai in via di esecuzione, che completerà “Il Borgo della Salute”,
verranno incrementate entro l’anno le attivi-
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tà del nostro attuale centro
estetico, sviluppando tra l’altro, tecniche di ringiovanimento del volto, attraverso l’applicazione secondo le esigenze di
“Fillers” e/o “Botulino”.
È da ormai un anno che il
Sig. Presidente del Consiglio di
Amministrazione delle Terme,
Dottor Giorgio Zatta mi ha
proposto di occuparmi della
Direzione Sanitaria delle Terme e non posso fare a meno di
ringraziare per l’ospitalità che
generosamente è stata offerta
a me e alla mia famiglia, dal
primo all’ultimo dei membri
dello “Staff Termale”, ma anche dai colleghi della zona ed
in special modo da tutti gli abitanti di Caderzone.
Ho lasciato queste ultime righe per il Sig. Sindaco di Caderzone, Dott.
Architetto Maurizio Polla, al quale vorrei far immaginare che se il Golf è una
mano aperta verso tutti coloro che vengono per giocare qui da noi a
Caderzone, le persone devono sapere che questa mano ha un anello, la cui
perla sono le “Terme della Val Rendena”.
Grazie Maurizio, e con Maurizio Miriam ed Ilaria.
Grazie, grazie a tutti!
Dott. Mario Pisoni
Errata corrige n. 28
Mail copertina – [email protected]
Pagina 11 – data della foto 24.01.2006
Pagina 81 – data articolo 12 luglio 1968 (no 1918)
Pagina 96 – Cortesia Giorgio Zatta (no Zotta)
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Vita delle
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ssociazioni
25° Raduno Internazionale
di sci alpinismo Val Rendena
18-19 marzo 2006
…punti salienti dell’iniziativa
· La macchina organizzatrice del raduno è entrata in funzione all’inizio di
febbraio (prenotazione elicottero, raccolta sponsor, redazione del depliant,
richiesta autorizzazioni, domande di collaborazione, ecc.).
· Abbiamo scelto di promuovere l’iniziativa in maniera capillare (affissione
delle locandine su spazi pubblici ed esercizi privati in Rendena e nelle
Giudicarie, ma anche link sulle home-page dei siti di tutte le Aziende per
il Turismo del C8, della Trentino Spa e del più importante sito delle Alpi:
www.montagna.org.
· Il numero di partecipanti al Raduno è stato di 82 alpinisti.
· L’iniziativa si è potuta realizzare grazie alla sinergia fra il direttivo SAT
Val Genova e il Soccorso Alpino, la Forestale, i Guardaparco, i Vigili del
Fuoco, il Nucleo Elicotteri di Trento e numerosi altri alpinisti esperti che
hanno dato il loro prezioso contributo.
· Fondamentale è stato anche il contributo economico dell’Azienda per il
Turismo SpA Madonna di Campiglio, Pinzolo Val Rendena, dei Comuni,
delle Casse Rurali e dei numerosi sponsor privati, senza i quali l’iniziativa
non si sarebbe potuta realizzare.
· Venerdì 17 marzo è stato il giorno nel quale la SAT e gli altri collaboratori
hanno raggiunto l’Adamello con l’elicottero per il trasporto di tutto il
materiale necessario a tracciare e mettere in sicurezza di tutto il percorso
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del Raduno. Questo sopralluogo è stato importante per il monitoraggio
del manto nevoso e per individuare il tracciato migliore per la lunga discesa di Val Folgorìda.
· Il Raduno vero e proprio è cominciato il mattino di sabato 18 marzo presso
la sede della SAT Val Genova a Caderzone e, subito dopo l’appello, siamo
partiti con i mezzi dell’organizzazione alla volta del Passo del Tonale. Da
qui abbiamo raggiunto Passo Presena con gli impianti di risalita e, di fronte
ad un fantastico panorama sull’Alta Val Genova, abbiamo messo gli sci e ci
siamo tuffati nella bella discesa della Conca Mandrone fino al Rifugio omonimo. Dopo un veloce ristoro abbiamo montato le pelli di foca e, ordinati in
una lunga fila indiana, siamo saliti fino al ghiacciaio dell’Adamello Mandron, il più grande d’Italia. Costeggiando i grandi crepacci aperti della
prima seraccata, abbiamo raggiunto il punto di ristoro della SAT, dove un
buon the caldo e quattro chiacchiere, ci hanno ridato la forza per affrontare
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l’ultima ripida salita fino al Rifugio “Ai Caduti dell’Adamello” a 3.030 m
slm. Ci siamo ricongiunti ad un gruppo di otto amici satini che, saliti il
giorno prima, erano partiti al mattino presto per attraversare il Pian di Neve
e raggiungere la Vetta dell’Adamello a 3.540 m slm.
Entrati nel nuovo Rifugio “Ai Caduti”, la grande compagnia di alpinisti
ha preso posto nelle nuove stanze. Poco dopo i più temerari hanno rimesso gli sci ed hanno raggiunto la grande Croce in tonalite di Cima Giovanni
Paolo II; gli altri si sono goduti il sole e il fantastico panorama dalla grande terrazza del rifugio. Dopo il tramonto infuocato ci siamo seduti a tavola per la cena e, tra un bicchier di vino e l’altro, ci siamo raccontati le
avventure vissute in montagna e gli aneddoti divertenti impressi nella
memoria; una bella cantata, qualche punto alla “mora” ed è arrivata presto l’ora della buonanotte.
All’alba di nuovo in piedi: è sereno! La nebbia bassa ricopre le valli tutt’attorno. Una sciacquata veloce alla faccia, colazione, e poi subito le pelli di
foca, per la partenza verso il Passo del Dosson. Posati sci e gli zaini, siamo saliti lungo un ripido canalino,
reso sicuro dagli esperti dell’organizzazione. Il cannone 149 G di Cresta Croce è lì, poco sopra, sulla cresta affilata, che punta diritto verso il Corno di
Cavento, dove novant’anni
fa gli alpini lo trasportarono per vincere la Guerra
Bianca contro l’Impero
Austro Ungarico e annettere il Trentino all’Italia. A
360° un panorama mozzafiato. Nel bianco deserto di
neve le piramidi di granito
sbucano dai ghiacciai e dalla bassa nebbia delle vallate. Lame affilate, slanciate
verso l’alto, creano un suggestivo contrasto con l’azzurro del cielo, che sembra
finto da quanto è intenso.
Dopo le foto di rito con il
cannone, siamo tornati verso gli zaini scendendo sempre dal canalino del Passo
del Dosson. Un ricco risto-
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A
ro di the, cioccolata, torte, biscotti e frutta secca ci ha rigenerati e siamo
partiti tutti assieme per la lunghissima discesa di 20 km del ghiacciaio
della Lobbia e della Val Folgorìda fino a raggiungere le Cascate del Nardìs
in Val Genova. Qui ci attendevano i Vigili del Fuoco di Bocenago, Strembo
e Caderzone, i quali ci hanno trasportati all’Hotel Rio a Caderzone per il
consueto pranzo di chiusura. Alla fine del pranzo, il presidente della SAT
Val Genova Luca Leonardi ha ringraziato tutti ed ha consegnato ricchi
regali. La proiezione delle fotografie delle belle giornate trascorse, ci ha
fatto subito rimpiangere di essere tornati a valle. Tanti saluti, strette di
mano, baci e abbracci, hanno lasciato pensare ad un arrivederci all’anno
prossimo.
· Questo è l’unico Raduno di sci alpinismo non competitivo che raggiunge
le vette dell’Adamello. Questa iniziativa della SAT Val Genova è giunta al
suo 25° anniversario grazie all’amore per la montagna di diverse generazioni di alpinisti e ricopre un ruolo fondamentale per la promozione della
montagna, per la conoscenza del nostro territorio, delle bellezze del nostro Parco, dei fenomeni naturali che hanno scolpito nei secoli le nostre
vallate, e per la prosecuzione di quella cultura della montagna che è sinonimo di salute, benessere e qualità della vita.
· Un valore aggiunto a questo Raduno in Adamello è sicuramente quello di
avvicinare i punti più ricchi di storia della Guerra Bianca. Questo serve
per apprezzare e rispettare il sacrificio di coloro che, per compiere il loro
pericoloso dovere, hanno dovuto combattere la Grande guerra a quelle
quote, perdendo talvolta la vita.
· Anche la discesa in Val Genova è stata una grande emozione, abbiamo potuto osservare la bellezza di un gipeto che con la sua impressionante apertura alare volteggiava da un versante all’altro della valle alla ricerca di cibo.
Giuseppe Alberti
SAT VAL GENOVA
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A
Gruppo Folk Caderzone
Il gruppo folkloristico di Caderzone è sicuramente conosciuto in paese,
durante le sagre o le varie manifestazioni paesane tutti l’hanno visto almeno
una volta. Quello che però forse non tutti sanno è che da qualche anno, oltre
alla grande partecipazione dei bambini, la nostra associazione è composta
anche da un gruppo di ragazzi e ragazze.
Inizialmente il loro ruolo era puramente di supporto al gruppo dei bambini, ma ultimamente si esibisce in uno spettacolo proprio e partecipa anche
autonomamente ad alcuni eventi, tra i quali spicca per importanza la serata
durante le Feste Vigiliane.
Infatti quest’estate abbiamo avuto l’occasione di esibirci in piazza Duomo a Trento, ed è stata una cosa inaspettata. Abbiamo provato una sensazione incredibile, vuoi per la suggestione dell’atmosfera che si respira in una
piazza così impegnativa o semplicemente per la massa di gente che è intervenuta alla manifestazione.
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A
La sfilata per le
vie del centro storico
con gli altri undici
gruppi trentini che
sono intervenuti alla
serata ha riscontrato
un notevole interesse,
sia da parte degli abitanti di Trento che dei
turisti presenti. La serata è stata organizzata dalla Federazione
dei gruppi folkloristici trentini, che ogni
anno programma il
raduno presso uno
dei gruppi componenti la federazione stessa, ma per la 20a edizione ha voluto
una piazza di rilievo, com’è appunto quella del Duomo di Trento.
Inoltre, sempre a Trento, abbiamo avuto l’onore di partecipare come rappresentanza del Comprensorio delle Giudicarie alla sesta edizione del “Palio
delle Contrade”, rievocazione storica che riprende una manifestazione in vigore fino agli inizi del secolo scorso, ricordo di una battaglia svoltasi alla fine
del 1400 fra le armate della Serenissima e le truppe del Principato Vescovile.
Per l’occasione il centro della città è stato animato da una serie di spettacoli,
sfide di tiro con l’arco e decine di persone in abito medioevale.
Per noi è molto importante questo interesse nei nostri confronti, anche
se quello che ci piacerebbe di più è la possibilità di un’esibizione per la stagione invernale a Caderzone, per avere l’occasione di esibirci a “casa”, magari proprio assieme al gruppo dei bambini.
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A
Le uscite della Banda
Nel week-end di sabato 8 e domenica 9 ottobre 2005 gli amici di Postumia
ci hanno ricambiato l’ospitalità offerta loro lo scorso settembre a Caderzone,
proponendoci una visita nelle loro splendide zone.
La banda di Postumia infatti è stata ospite in settembre nella nostra splendida valle, grazie all’importante aiuto di numerosi paesani che hanno offerto
la loro disponibilità per accogliere ed accompagnare i nostri amici a scoprire
il posto in cui viviamo.
Il sabato mattina siamo così partiti alle prime luci dell’alba alla volta
della Slovenia. La curiosità da parte di tutti era grande perché ci aspettava un
week-end all’insegna della novità e della conoscenza di un mondo molto
diverso dal nostro. Alle 10 circa eravamo già nella cittadina e ad accoglierci
c’erano alcuni componenti il gruppo musicale tra cui Marko Markovic, nostro principale cicerone che ci ha tenuto compagnia per tutto il soggiorno e il
presidente della banda Janez Mandeljc. I dialoghi erano quasi tutti in un inglese un po’ arrangiato, ma sia da parte nostra che da parte loro c’era la vo-
Foto di gruppo nella piazza principale di Postumia (saluto)
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glia di scambiare
esperienze ed impressioni e la buona
volontà per comunicare non mancava.
Subito ci hanno
accompagnato in un
tipico punto panoramico dal quale si può
ammirare la bella città dall’alto e lì ci hanno raccontato la storia
della sua fondazione.
Dopo pranzo ci
Momento di allegria a Postumia “...mittiche”
aspettava il momento
più atteso da gran parte del gruppo perché solo pochi ne avevano già ammirato la bellezza: la visita alla grotta di Postumia famosa in tutto il mondo.
La grotta si estende per circa 20 chilometri, all’inizio si sale su un trenino
che conduce ad un livello più basso passando attraverso cunicoli con formazioni calcaree incredibili. È un intreccio di gallerie e sale illuminate da potenti riflettori che permettono di ammirare la monumentale ed imponente bellezza di questo luogo. Accompagnati dalla guida attraverso un percorso ad
“otto” lungo circa altri due chilometri si attraversa la sala degli spaghetti, la
sala rossa e la sala bianca: un paesaggio incredibile di rocce dalle forme e dai
colori mitici. Dopo una sosta per vedere il proteo, un animale che vive nelle
grotte, si risale e con il trenino si arriva all’uscita.
La Grotta di Postumia é aperta durante tutto l’anno e la visita dura un’ora
e mezza. La temperatura costante é di 8° C.
Soddisfatti da questa bella visita, dopo esserci sistemati in albergo, ci
siamo recati in uno splendido anfiteatro poco lontano, dove ci siamo esibiti
assieme alla banda Postojska Godba 1808. Tra il pubblico era presente anche
qualche nostro affezionato oriundo di Caderzone venuto apposta a salutarci
da Gorizia.
La Postojska Godba 1808 è la banda musicale di Postumia formata da
giovani musicisti. È una delle più antiche bande slovene, fu fondata nel lontano 1808 con lo scopo accompagnare ed incoraggiare l’esercito dei volontari
che ha combattuto le armate napoleoniche.
È una banda “giovane da sempre”, nei suoi quasi due secoli di storia,
l’età media dei suoi componenti è di 26 anni.
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A
Il maestro della Postojska Godba 1808 è il professor Ivo Basic, che insegna ai ragazzi non solo a suonare uno strumento, ma anche e soprattutto ad
amare la musica. Terminato il concerto ci siamo recati tutti nella loro sede e
lì, dopo una cena a base di spezzatino, pane e Malvasia, organizzata dai nostri colleghi sloveni, ci siamo dilettati tutti in festeggiamenti con balli, risate e
musica. La febbre dell’allegria ha contagiato tutti. Un sabato sera diverso dai
soliti passati qui da noi, ma è bastata solo un po’di musica e la voglia di stare
insieme per trascorrere una serata che in molti ricorderanno a lungo, magari
per …i postumi pagati il giorno dopo.
La mattina seguente ci ha portati alla visita della bella città di Lubiana
distante da Postumia circa 55 Km. La periferia di Lubiana è una sfilata di
piccoli palazzi tipici dei paesi dell’Est, il centro è molto bello con palazzi
storici, chiese, belle piazze. Dalla torre alcuni hanno avuto la possibilità di
ammirare la città dall’alto.
Terminata la visita turistica ci siamo recati tutti con il pullman, sempre
guidati dai nostri instancabili amici sloveni, a visitare il bellissimo e suggestivo
castello di Predjama, costruito in una caverna nella parete a precipizio alta 123
m sopra il luogo dove si inabissa il torrente Lovka. Il castello è un capolavoro
del periodo medioevale e l’abitante più famoso fu il principe Erasmo.
... a Postumia
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Al termine della visita abbiamo apprezzato la cucina slovena e dopo i
ringraziamenti e la rituale foto di gruppo siamo ripartiti per rientrare a
Caderzone.
Quella di Postumia è stata una gita che tutti noi ricordano come la più
divertente. Due giorni sono bastati ad apprezzare gran parte di quello che
aveva da offrirci il posto ed a gustare appieno un mondo diverso dal nostro.
Con questa gita abbiamo salutato il nostro “vecchio” maestro Gianfranco.
Flavia
***
Nei giorni di venerdì 26, sabato 27 e domenica 28 maggio 2006 la banda
di Weissbach ci ha invitato a festeggiare i 100 anni di fondazione.
Siamo partiti il venerdì per raggiungere la città di Wettens, vicino ad
Innsbruck, dove abbiamo visitato il museo Swarovski, il Kristallwelten. All’interno del museo abbiamo potuto osservare dei veri capolavori, tra cui il
più grande swarovski mai visto. Abbiamo visto anche i tipici animaletti e le
elaborate composizioni che raffiguravano paesaggi e alberi di
Natale ed un enorme cavallo
tutto di questo prezioso materiale.
Finito di abbagliarci con
queste bellezze ci siamo rimessi in viaggio per cenare nel biohotel di Going. La cena è stata
la tipica cotoletta con le patatine, ma il bello è venuto dopo,
quando, come niente fosse, ci
siamo messi a vagabondare per
questo albergo, che si potrebbe
definire una reggia per la sua
bellezza e grandezza, quasi fosse un museo da visitare!!
Dopo essere finiti nelle varie sale da pranzo, dove tutti
erano a cena con vestiti eleganti e di classe, ed aver disturbaCastello di Salisburgo
to la quiete del loro pasto, sia-
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A
Nostra esibizione nel tendone a Weissbach
mo usciti per arrivare, ormai a sera inoltrata, a Weissbach.
Non comunque non ancora stanchi ci siamo subito recati, sotto un’immancabile pioggia, al capannone delle feste.
Qui abbiamo dato il meglio di noi festeggiando i 100 anni della banda
ospitante ( o per lo meno questa era la scusa per i nostri innumerevoli brindisi!!).
Dopo una notte non proprio tranquilla il sabato siamo andati in visita
alla sempre affascinante città di Salisburgo per visitare la fortezza di Festung
Hohensalzburg, punto panoramico dell’intera città.
Sembra incredibile, ma lassù ci aspettava un panorama da lasciare senza fiato; per tutti una città è sempre piena di case e grattacieli, ma lassù ci ha
accolto la vista di una splendida Salisburgo, con case, certo, ma con un’abbondanza di parchi e di verde da far invidia alla nostra Val Rendena. Purtroppo però il dovere ci richiamava e quindi, dopo un pranzo in uno degli
accoglienti ristoranti della città siamo tornati a Weissbach per fare il concerto, che avrebbe accompagnato la cena dei presenti, e festeggiare nuovamente
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A
Il nostro maestro che dirige la banda di Weissbach
l’anniversario della banda locale. Hanno partecipato a questa manifestazione altre bande, provenienti da altri paesi e il nostro maestro ha avuto anche
l’onore di dirigere una di queste bande.
La domenica abbiamo assistito alla messa accompagnata da una delle
altre bande ospiti della manifestazione e dopo il nostro ormai solito pranzo
di pommes fritte e wienerschnitzer (patatine e cotoletta) siamo risaliti sul
pulmann, ma questa volta per fare rientro nella nostra Caderzone.
Come sempre anche questa gita ha lasciato il segno e come sempre sono
i momenti migliori in cui viene fuori il gruppo e il nostro spirito di
divertimento!!!Bisogna anche ricordare che questa era la prima gita del nostro maestro con noi, e non so se si possa prorio dire di aver fatto l’impressione della banda calma e posata che si aspettava!!!
Michela
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A
ttualità
La Malga e l’alpeggio
possono diventare il motore dello sviluppo
socio-economico del Territorio
di Mauro Neri
«La tutela della montagna è una scelta centrale
e strategica per la Provincia autonoma di Trento, e
pertanto lo sviluppo e la
valorizzazione
delle
malghe e dell’alpeggio
sono per noi obiettivi importanti e strumenti trainanti per il tessuto socioeconomico del Trentino».
Con queste parole l’assessore provinciale all’agricoltura, al turismo e al commercio è intervenuto alla giornata di studi sul tema “L’alpeggio: attività da
tutelare e qualificare”, organizzato dalla Provincia e dal Comune di
Caderzone. E la scelta del Museo della Malga, nel rinnovato palazzo Lodron
Bertelli di Caderzone non è stata casuale: “Qui – ha detto Federico Polla,
presidente del Museo, – non si espongono solo oggetti che fanno riferimento
all’attività dell’alpeggio, ma si studia e si approfondisce il fenomeno in tutte
le sue componenti”. Il medesimo orgoglio è stato dimostrato dal sindaco di
Caderzone, secondo il quale il recupero dell’attività in malga è importante
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A
per motivi storici e quindi
culturali, architettonici,
ambientali e paesaggistici,
nonché economici. “E la
Val Rendena è il luogo ideale per un convegno sul
futuro delle malghe: qui
d’estate sono operative 40
malghe, la cui attività s’intreccia profondamente con
le attività gastronomiche e
turistiche che fanno della
nostra valle un polo di attrazione turistica molto significativo e soprattutto di alta qualità”.
Ma è toccato all’assessore provinciale all’agricoltura, al turismo e al commercio tracciare i motivi profondi che hanno spinto la Provincia a lanciare
l’idea del convegno. “Siamo alla vigilia dell’approvazione dei nuovi Piani di
sviluppo rurale che varranno per il periodo 2007-2013, nei quali saranno contenute anche le principali linee di intervento pubblico nel settore dell’agricoltura e dell’alpeggio. È per noi importante, quindi, sederci attorno a un
tavolo e scambiarci idee, impressioni ed esperienze su quanto è stato già fatto nella fase preparatoria dei Piani di sviluppo e su quanto viene invece fatto
in altre realtà provinciali e regionali italiane”. E la grande sala del Museo
della Malga, affollata oltre ogni previsione, è stata la cornice attenta e partecipata all’interno della quale si è sviluppata una lunga serie di riflessioni
molto produttive.
“Noi vogliamo guardare al futuro – ha proseguito l’assessore, – e vogliamo farlo perché siamo convinti che un alpeggio al passo coi tempi sia garanzia
per la conservazione del territorio montano, oltre che fonte genuina di materia
prima, il latte, da lavorare e da trasformare per averne prodotti tipici. Tutelare
e valorizzare le malghe significa, anche, introdurre nell’agricoltura di montagna l’innovazione e la ricerca, grazie all’impegno delle università di Trento e
di Udine, ad esempio, ma anche dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige
e dei produttori riuniti nei loro Consorzi. Significa anche condivisione dei
metodi e degli obiettivi con i Comuni e con le A.S.U.C., ma deve esserci soprattutto la disponibilità degli operatori a mettersi in dialogo e ad integrarsi con
altri settori. Noi puntiamo, ad esempio, su stalle da 30-40 capi, su malghe quindi di piccole dimensioni, meno impattanti e più gestibili: e ciò significa che
l’ente pubblico, rinunciando a puntare sulle grosse dimensioni, vuole favorire
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A
chi intende iniziare dal nulla un’attività di alpeggio. La tutela della montagna,
nel suo molteplice proporsi come ambiente naturale, come risorsa turistica,
ma anche come occasione di ricchezza economica, è una scelta centrale e strategica per la Provincia: l’alpeggio sarà un elemento trainante e ad esso presteremo la debita attenzione e il dovuto sostegno”.
Nel corso della giornata di studi e di relazioni, è stata messa in luce la
necessità che si approfondiscano alcuni strumenti per migliorare la conoscenza del sistema territoriale, in questo caso il “sistema malghe”, per fornire
al legislatore e all’amministratore tutti i supporti necessari e possibili per
giungere alla fase decisionale, ai Piani di Sviluppo Rurale 2007-2013, ad esempio. Ma è altrettanto importante confrontarsi anche con quanto si sta facendo
in altre realtà provinciali e regionali in Italia: ed ecco, allora, che a Caderzone
oggi di malghe e di alpeggio hanno parlato i rappresentanti della Regione
Veneto, della Comunità Montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni di
Asiago, della Regione Lombardia, della Valle d’Aosta, del Friuli Venezia
Giulia. Ma sono stati affrontati anche temi specifici: Claudio Ferrari, direttore del Parco Adamello-Brenta, ha insistito sul “ruolo centrale del Parco nella
tutela dell’alpeggio”, mentre per la Provincia autonoma di Trento Massimo
Miori e Luca Pedron, del servizio foreste e fauna il primo, del servizio strutture, gestione e sviluppo aziende agricole il secondo, hanno presentato le
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A
esperienze e le attività propedeutiche alla costituzione del catasto provinciale delle malghe. Pietro Molfetta, invece, sempre del servizio strutture, gestione e sviluppo aziende agricole, ha illustrato il modello disciplinare tecnico
ed economico per la gestione delle malghe di proprietà pubblica in provincia
di Trento. Di quanto si sta oggi facendo e di quanto è nell’impegno futuro
dell’assessorato provinciale all’agricoltura della Provincia autonoma di Trento
ha anche parlato Alberto Giacomoni, dirigente del servizio strutture, gestione e sviluppo aziende agricole.
“Le malghe sono importanti – ha concluso l’assessore provinciale all’agricoltura, al commercio e al turismo,
– perché possono diventare l’elemento trainante per il tessuto socioeconomico del Trentino. Agricoltura di montagna, zootecnia, prodotti
tipici, gestione del territorio e conservazione del paesaggio, turismo di
qualità: questi sono i punti da considerare e che terremo ben presenti
quando dovremo giungere a definire i nuovi Piani di sviluppo rurale”.
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Festa dell’Agricoltura
…va in scena l’orgoglio contadino
di Walter Facchinelli
Colori, sapori e forti emozioni hanno caratterizzato la Festa dell’Agricoltura svoltasi lo scorso 6 agosto a Caderzone. Il cuore verde della Val
Rendena era affollato di gente riunita per assistere a quest’evento di mezza
estate che pone la Vacca di razza Rendena, il territorio incontaminato della
Valle e la figura degli allevatori-agricoltori al centro dell’attenzione e dell’ammirazione di turisti e valligiani.
Una mandria di vacche Rendena e gli allevatori hanno sfilato per le vie
del paese, accolti ed applauditi da una folla festante, giunta anche da lontano
per assaporare quel “bel mondo antico” accompagnati dalle Bande di
Caderzone e Bleggio, dai bambini e dalle ragazze del gruppo Folk, seguiti da
uomini e donne con abiti da lavoro ed i loro mezzi agricoli.
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A
L’uomo, la terra, la Razza Rendena, i prodotti agricoli, assieme al fuoco
e all’acqua, sono stati gli elementi emozionali forti della giornata, un unico
ed importante filo conduttore che unisce e riconcilia gli agricoltori alla gente
della Rendena ed ai turisti.
«Un’emozione davvero unica e forte», ci confida una turista affezionata
frequentatrice di Caderzone e delle sue Terme. «Una sensazione unica», aggiunge un gruppo di donne, che
hanno “ritirato la pancia” al passaggio ravvicinato delle vacche.
Il lungo corteo è transitato,
quasi un saluto di rito, davanti
al monumento alla Vacca
Rendena realizzato dall’artistafabbro Luciano Zanon per poi
proseguire verso lo storico
Maso Curio. I volti abbronzati e
distesi dei turisti si sono affiancati alle facce segnate dal tem-
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po, dal lavoro e dal sole, sono questi gli allevatori, uomini e donne, di
Caderzone e non solo, abituati a seguire le vacche in alpeggio dopo ore di
cammino. Gente che non conosce domeniche o giorni festivi e con impegno e
dedizione “governa e munge” ogni giorno questa razza piccola e snella che
affronta con agilità i diroccati ed erti pascoli in alta montagna.
Quest’anno il ringraziamento della Comunità di Caderzone, per le mani
del sindaco Maurizio Polla, è andato ad Angelina Salvaterra moglie di Giovanni “Giuanin” Salvadei «un segno di riconoscenza per il suo lavoro in agricoltura, che ci permette di esibire un territorio che molti ci invidiano».
Il ricordo di molti è andato al maestro Tranquillo Giustina, studioso e
cantore delle gesta e dell’orgoglio dei Caderzoni. Nel cuore antico del paese
si è aperta la mostra di Gotthard Bonell, presentato dal critico Federico
Mazzonelli su allestimento dell’architetto Fulvio Nardelli.
La serata è proseguita nei pressi di Maso Curio con l’assaggio dei prodotti tipici col marchio di Caderzone e la cena a base di polenta carbonera.
Caderzone e la Val Rendena hanno vissuto una giornata davvero intensa che
sarà ricordata da tutti, in primo luogo dai “Caderzoni” orgogliosi delle loro tradizioni e della loro storia e da quanti l’hanno vissuta, con emozione, insieme a loro.
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Il Larice di Malga Garzoné
Il larice dì Garzoné,
detto anche “laras dal bait
dai purcei” perché ai suoi
piedi vi era un piccolo
porcile, vive sullo sfondo
della bellissima conca di
San Giuliano, luogo di
estrema bellezza che coniuga ai massimi livelli
aspetti naturalistici e storico-religiosi, la cappella
di San Giuliano, sulla
sponda dell’omonimo
lago, venne eretta presumibilmente nella seconda metà del tredicesimo secolo per confortare i pastori, che già allora sostavano nell’ampia conca pascoliva per quasi quattro mesi
all’anno. Quasi due secoli dopo è datata la nascita del larice, vicino al luogo
di sosta preferito dai pastori, in località Garzoné, dove qualche secolo dopo
verrà costruito lo stallone della malga. È una serie di fortunate coincidenze
che ha permesso al nostro larice dì sopravvivere alle avversità naturali e agli
interventi dì taglio e di pulizia del pascolo operati dall’uomo nel primo secolo della sua lunga vita. Quando nel 1604, su iniziativa di un parrocchiano di
Caderzone, si inizia l’opera dì ricostruzione del romitorio allora in precarie
condizioni, il larice, raggiunta ormai una discreta altezza, è nel suo pieno
sviluppo. Il disastroso inverno del 1866 distrugge quasi totalmente la cappella di San Giuliano ma lascia indenne l’ormai robusto larice, capace di resistere alle estreme avversità meteoriche e di meritarsi l’ammirazione ed il rispetto dei montanari. E ai giorni nostri il larice sopporta senza apparente sofferenza il disseccamento della cima causata da un fulmine, una decina di anni
or sono, e fa da sentinella ad una delle valli più attraenti dell’arco alpino.
Tratto da “Custodi del tempo – dalle radici del Trentino”
Provincia Autonoma di Trento Servizio Foreste e fauna 2006.
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“Kulturfreundschaft
über die Alpen hinweg”
Scambio culturale attraverso le Alpi
Non ho mai approfondito, se fra le popolazioni che non vivono in montagna, avvengono degli scambi d’amicizia o gemellagi come molto frequentemente avviene per le comunità insediate nell’arco alpino. Riflettendo però,
penso proprio di sì, e credo che anche le comunità insediate lungo le rive dei
mari abbiano tra di loro degli scambi d’amicizia e dei momenti di confronto.
Probabilmente è normale, che a qualsiasi livello e segmento della società,
nasca il desiderio di incontrare, conoscere e intrattenere rapporti con altri
che condividono simili necessità, territori, culture e problemi.
Con queste premesse da diversi anni il Comune di Caderzone ha promosso una serie di gemellaggi con realtà comprese nelle Alpi e sulle montagne dell’Appennino. Il rapporto di amicizia è avviato generalmente da conoscenze personali di qualche rappresentante dell’Amministrazione comunale
o delle associazioni che in seguito vengono coinvolte negli incontri. In altri
casi, ma credo più raramente, il gemellaggio è frutto della iniziativa politica
promossa dall’Unione Europea attraverso gli stati nazionali e le regioni per
favorire l’integrazione europea.
Nel caso di Caderzone il fattore che ha favorito il contatto con l’altra
comunità è stata quasi sempre l’attività concertistica della banda musicale,
mentre per altri comuni della Valle Rendena sono stati i pompieri, o i gruppi
sportivi e culturali. Tutti i gemellaggi hanno avuto successo, a partire da
Kirchanschöring (D), Weissbach bei Lofer (A), Postumia (SLO), Poretta Terme (I), ecc. Periodicamente gli scambi si rinnovano e si assiste alla nascita di
grandi amicizie ed affetti fra le tante persone coinvolte.
Gran parte della popolazione di Caderzone, sente di avere degli amici
su cui contare, anche se sono lontani dal proprio territorio. Negli incontri si è
notata sempre una reciproca spiccata curiosità sia per le tradizioni, in genere
uguali, ma differenti nei particolari sia per le nuove iniziative di carattere
economico, sociale, culturale e turistico stimolanti per nuove idee e risolutive di analoghi problemi.
L’augurio è che anche in futuro l’amicizia fra le comunità delle Alpi possa
continuare ed ampliarsi in modo da portare un significativo contributo all’unione dei popoli cosi come fortemente auspicata dall’ Unione Europea.
Dott. Maurizio Polla
Sindaco di Caderzone
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Prima con il cuore di alpino e poi con la matita,
per l’alpino Battista e la sua bella Lolita.
Disegno di Alfredo Amadei
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Dietro le quinte del
Premio Fedeltà alla Montagna
Domenica 17 settembre è stato consegnato a Giovanbattista Polla il premio “Fedeltà alla montagna” giunto alla sua 26ª edizione. Il riconoscimento,
istituito dall’Associazione nazionale alpini nel 1971, viene conferito ogni anno
ad un alpino che si sia distinto per la sua attività di salvaguardia dell’ambiente montano.
Tanto si è giustamente scritto e detto su questa manifestazione che ha
portato a Caderzone un gran numero di alpini ma da dove arriva e quanto si
lavora per organizzare una giornata come questa? Ce lo racconta uno dei
responsabili dell’organizzazione, l’alpino Valentino Mosca, vicepresidente
dell’Ana di Spiazzo
Perché il premio proprio a Caderzone?
Perché a Caderzone si è verificata la situazione ideale. Giovanbattista è
alpino, contadino e la sua azienda rispondeva ai criteri in base ai quali poter
ottenere il prestigioso riconoscimento.
Come si è arrivati ad ottenere il premio?
Dobbiamo tornare al 2003. Su un numero de “L’Alpino” di quell’anno
avevo letto della consegna del premio ad un’azienda agricola del bellunese.
Leggendo l’Albo d’oro dei premiati mi ero reso conto che, in 24 edizioni del
premio, il Trentino non
era mai stato menzionato, così ne ho subito parlato con Giovanbattista
per avere la sua autorizzazione a presentare la
domanda al comitato
organizzatore, avuto il
suo consenso tutto ha
preso il via. Nell’aprile
2004 c’è stata la prima
visita all’azienda da parte della commissione incaricata. Nel luglio 2005
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...concorso scuola
un secondo sopralluogo, questa volta in malga. I tempi di verifica sono lunghi anche perché ogni anno ci sono tre candidati da visionare.
Finalmente il 27 settembre 2005 Martini, l’allora Presidente della Commissione, mi conferma l’assegnazione del premio all’alpino Giovanbattista
Polla. Notizia accolta ovviamente con grande soddisfazione.
A questo punto cosa succede?
Nel marzo 2006 parte l’organizzazione concreta della manifestazione con
i primi contatti verso tutte le associazioni locali di volontariato. L’organizzazione è stata lunga, laboriosa e minuziosa. La manifestazione ha riguardato
tre giornate:
Venerdì 15 settembre:
premiazione degli elaborati dei bambini della scuola elementare di
Caderzone sul tema: “Fedeltà alla montagna – alpini”. Ritengo che coinvolgere i più giovani sia importante perché ci permette di aprire un dialogo tra
generazioni e tramandare dai padri e dai nonni ai figli e ai nipoti gli autentici
valori degli Alpini e l’attaccamento alle nostre montagne. Alla sera proiezione di filmati sulla montagna e presentazione ufficiale del premio
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A
Sabato 16 settembre:
visita all’azienda, al caseificio,
al museo della malga. Deposizione
corona al monumento ai Caduti e incontri con le autorità e, per concludere, serata di canti della montagna
Domenica 17 settembre
Sfilata da Strembo a Caderzone
accompagnata da due fanfare e dalla Banda Comunale di Caderzone
con il labaro Nazionale scortato dal
Consiglio Nazionale ANA e da tutti i labari dei Comuni della Valle. Di seguito la S.Messa, la consegna ufficiale del premio e conclusione con il pranzo.
Alla manifestazione erano presenti 22 sezioni e 87 gruppi
Un commento finale?
Ci tengo a sottolineare che insieme al Direttivo ANA di Spiazzo (e con la
collaborazione della Sezione di Trento) abbiamo fortemente voluto questa ma-
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A
nifestazione. L’intento era quello di
dare lustro e risalto all’agricoltura
della Val Rendena. Premiando l’alpino Giovanbattista Polla si è inteso
dare riconoscimento a tutta la Valle.
Riprova ne è il titolo del lungo articolo apparso sul numero di ottobre
2006 de “L’Alpino” : IL PREMIO “FEDELTÀ ALLA MONTAGNA” A UN
ALPINO DELLA VAL RENDENA”
Come ultima cosa ma non meno
importante ringrazio a nome mio e del Direttivo ANA di Spiazzo tutti coloro, soci e non, che hanno attivamente e concretamente aiutato e che, anche
solo con la loro presenza, hanno reso indimenticabile la manifestazione. Sono
sicuro che sia il gruppo ANA di Spiazzo sia il paese di Caderzone possono
andar fieri di una manifestazione che, fino ad oggi, è stata certamente unica
in Valle nel suo genere.
Valentino Mosca intervistato da Rosanna Polla
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A
Turismo ed antiturismo
tra operatori e residenti
di Claudio Bottamedi
Tratto da Turismo e ospitalità del Trentino
Con il termine “antiturismo” indichiamo comportamenti ed opinioni della comunità ospitante che si oppongono al movimento turistico.
Sono atteggiamenti, spontanei e più
o meno inconsapevoli, che rivelano
la mancanza di volontà da parte dei
residenti di cooperare con gli operatori dello sviluppo turistico.
Questi vanno da una scarsa attenzione all’ospite a movimenti ostili
e violenti che possono estrinsecarsi in manifestazioni e minacce e nei casi più
gravi in attentati ai turisti (un esempio sono le recenti vicende di Sharm El
Sheik).
Chi vive operando nel turismo si affanna a “costruire la scena turistica”,
mentre i locali si allontanano da questo modello e vivono gli ospiti come
intrusi, che turbano il regolare andamento della vita comunitaria.
Il modo di rapportarsi dei residenti nei confronti dei turisti attraversa
quattro stadi:
- euforia: quando il fenomeno turistico è agli inizi del suo sviluppo, la
comunità ospitante è lieta di accogliere i visitatori, sia per le aspettative
economiche che per il desiderio di novità
- apatia: i locali interessati divengono una piccola parte della popolazione, subentra un processo di abitudine e di separazione tra “hosts” e
“guests”
- saturazione: marginalizzazione della comunità ospitante, deterioramento
del contesto; al turismo iniziano ad essere addebitati i “guai”
- antagonismo: atteggiamenti e comportamenti apertamente conflittuali
verso il turista.
È proprio nelle fasi di saturazione e di antagonismo che si manifesta
l’antiturismo.
46
A
Ma quali sono i fattori che influenzano l’evolversi delle relazioni sociali
fra turisti e popolazioni locali?
Li possiamo riassumere nei seguenti:
- Numero dei turisti che visitano il luogo rispetto ai residenti correlato
alla “capacità di carico dell’area”: al crescere del rapporto aumentano le
percezioni negative da parte dei locali rispetto al fenomeno (ad esempio
viene maggiormente sentito il problema della protezione ambientale).
- Rapidità e intensità dello sviluppo turistico: questo può essere più o meno
graduale e perciò originare un diverso impatto socioculturale.
- Organizzazione dell’industria che si sviluppa per servire il turismo: naturalmente un coinvolgimento di capitale e di personale locale influirà
in modo diverso sull’economia e sulla popolazione locale rispetto all’utilizzo di investimenti e lavoratori esterni.
- Caratteristiche strutturali del sistema: capacità della destinazione e della comunità ospitante di accogliere sia fisicamente che psicologicamente
l’arrivo dei turisti senza compromettere attività e abitudini locali.
- Differenze economiche, sociali o culturali tra i visitatori ed i residenti,
richiesta di particolari standard di alloggio e servizio (“bolle ambientali” che proteggono dalla società ospitante): maggiore è la distanza culturale ed economica tra turisti ed ospiti maggiore è l’impatto socioculturale
e tanto più rapidamente vengono guastate le relazioni tra i due gruppi.
Secondo un’analisi condotta dalla Provincia Autonoma di Trento nel 2002,
il Trentino si sta avviando verso il secondo stadio, la fase così detta di apatia:
i fenomeni tipici di “antiturismo” sono pochi e contenuti.
Ciò è dovuto sia
al fatto che si è sviluppata un’offerta turistica basata su piccole e medie imprese locali, sia alla diffusa
presenza di turisti indipendenti e di flussi
provenienti da bacini
geografici non troppo
lontani, che presentano un inferiore impatto sociale e culturale. Nelle zone con
maggiore intensità
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A
turistica risulta un aumento di percezione degli effetti sia negativi che
positivi del turismo, così
che iniziano a manifestarsi alcuni fenomeni di
“reazione”, anche se
contenuti.
Alcuni fattori come
viabilità, traffico e parcheggi sono quelli che al
momento più di altri
possono compromettere
l’atteggiamento di accoglienza dei trentini e che sono dunque potenziali cause di antiturismo.
Per evitare che si originino opinioni e comportamenti antituristici è necessario procedere ad una pianificazione dello sviluppo, gestire al meglio i
fattori sopra descritti tenendo ben presente le caratteristiche del sistema locale su cui si va ad agire.
Provvedimenti possibili:
- promozione di strategie e strumenti per incoraggiare l’afflusso di turisti
interessati alla tipicità ed alla conoscenza degli aspetti autentici delle
culture locali;
- interventi di tutela delle risorse naturali;
- provvedimenti mirati alla riduzione quantitativa dei flussi, quali ingressi
a numero chiuso o barriere di prezzo;
- educazione e formazione delle persone coinvolte nel turismo.
Solo in questo modo è possibile rallentare il susseguirsi delle fasi del
ciclo e così posticipare il più possibile il raggiungimento delle ultime due
(comportamenti di saturazione e di antagonismo), impedendo il deterioramento del rapporto turista - comunità locale.
Trentino Spa ha previsto un momento strategico-operativo successivo
alla ricerca condotta, chiamato “azioni di marketing interno”, da definire assieme agli operatori interessati per effettuare un’efficace opera di informazione e sensibilizzazione interna.
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A
Paesi della Val Rendena
Mostra Personale di Pino Zorzi
di Walter Facchinelli
Quando si pensa alla Val Rendena, la prima cosa che viene in mente è il
suo silenzio e una natura dolce: prati erbosi e boschi incontaminati, creste
acuminate e vigorose cascate, antichi edifici e silenti paesi. Quando si rivedono questi paesaggi nelle opere di Pino Zorzi si pensa al gioco di luci e
ombre che si alternano alle sfumature, in un continuo e naturale rinnovamento delle forme.
Sono immagini che in bianco e nero hanno un loro fascino particolare,
poiché la mancanza di un componente importantissimo della realtà, il colore, le porta ad essere suggestive.
49
A
Il tema di fondo
dei lavori di Pino è
l’architettura del paesaggio, in special
modo quella urbana: il
viottolo, il portale, la
fontana, l’edificio e la
piazza diventano, nel
suo percorso d’indagine, i territori dell’arte,
il punto di congiunzione possibile tra verità e bellezza.
Con la sua produzione a china ed a
matita, con la sua sapiente e sensibile esecuzione, egli ci presenta gli edifici
come dei corpi, ne delinea i tratti somatici, ne costruisce alla perfezione i
dettagli, in un ritmico alternarsi di luce ed ombra, di valori chiaroscurali.
La mostra, dedicata ai lavori di Pino Zorzi, è composta da una trentina
di opere grafiche realizzate dall’artista negli ultimi anni. Opere che propongono i temi cari all’autore: la piazza centrale, le case in pietra, le piccole viuzze,
i vicoli acciottolati, le erte scale e gli slarghi assai suggestivi, e poi ancora
chiese e cappelle che conservano capolavori d’arte. Sono paesaggi intensi
che le tonalità chiaroscurali, contribuiscono a restituirci tutto il fascino autentico di un mondo tranquillo, oggi in declino.
L’ordine e la forma, al tempo stesso essenza delle cose, sono gli elementi
portanti della produzione di Zorzi. Questi paesaggi ci propongono sì immagini tratte dall’osservazione della realtà, ma rigorosamente filtrate attraverso
la razionalità, sottoposte ad un processo di tipo intellettuale ed analizzate
fino a restituirci una sapiente combinazione di segni, linee, volumi e armonie.
Immagini che traducono un mondo di luminosa e tranquilla bellezza,
che diventa dimensione essenziale d’esperienza in cui vero e verità, finzione
ed inganno si scambiano costantemente le parti.
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Anno 1934. Inaugurazione capitello. Cortesia di Giovanni Sartori “Castalàn”
Anni 1950-1960. Bella compagnia in una bella giornata a Jamun. Cortesia di Francesco Amadei “Rancel”.
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Speciale
Ricordo di:
Tranquillo Giustina
don Celestino Lorenzi
“il Garzonè” - n. 29, dicembre 2006
52
Speciale
Tranquillo Giustina
a cura di Mario Antolini
Bibliografia
Opere letterarie.
ENRICO DIROVI, Ancora non è sera. Ed. Maia, Siena, 1963 (40 poesie) - E
all’improvviso. Ed. Maia, Siena, 1964 (32 poesie). - Il cielo è qui. Ed. Maia, Siena,
1965 (30 poesie). - Accesa la lucerna. Ed. Maia, Siena, 1966 (32 poesie). - Come
dentro un’acqua. Ed. Maia, Siena, 1967 (31 poesie). - I principi mandano araldi.
Ed. Rebellato, Padova, 1968 (racconti). - Prima che il sogno cada. Ed. Maia,
Siena, 1969 (42 poesie) . - A non restare solo. Ed. Maia, Siena, 1972 (40 poesie).
- Eterno invito. Ed. Maia, Siena, 1967 (48 poesie) - L’undicesima ora. Giardini
Editore, Pisa, 1973 (48 poesie). - Ospite sempre. Ersi Edizioni, Roma, 1975 (62
poesie). - Le stagioni continue. Giardini Editori, Pisa, 1979 (60 poesie). - Incontri con la poesia di Giulio Arcangioli. Ed. Accademia Casentinese, Arezzo, 1982.
(saggio letterario). - Il grido e l’anima. Ed. Squarcina, Milano, 1985 (72 poesie).
- Tre studi. Ed. Accademia Casentinese, Arezzo, 1986 (saggio letterario su
Vittorio Vettori). - L’opera di Giulio Arcangioli. Ed. Accademia Casentinese,
Arezzo, 1987. (saggio letterario). - La luce d’Arianna. EdiRendena, Tione, 1988
(racconti). - I principi mandano araldi. EdiRendena, Tione, 1988 (racconti). - Il
silenzio del fiore. EdiRendena, Tione, 1991 (racconti). - L’ultima estate.
EdiRendena, Tione, 1992 (racconti). - Il cielo non finisce mai. EdiRendena, Tione,
1993 (racconti). - Il cuore e la rondine. EdiRendena, Tione, 1994 (83 poesie). - La
primavera di Dio. EdiRendena, Tione, 1995 (racconti). - La veste viola.
EdiRendena, Tione, 1999 (racconti).
Opere storiche.
TRANQUILLO GIUSTINA, La Rendena e lo storico contagio. Ed. Artigianelli,
Trento, 1974. (sulla peste del 1630). - Selezione e commento a “Memorie e notizie di Rendena e Giudicarie d’epoca napoleonica” di Giuseppe Antonio
Ongari. Ed. Artigianelli, Trento, 1984. - Il deserto armonioso. EdiRendena, Tione,
1986 (biografia di don Agapito Mosca). - I giorni dei Lodron. EdiRendena, Tione,
1986 (i Lodron in Val Rendena). - Marco da Caderzone. EdiRendena, Tione,
1987 (i Lodron in Val Rendena. Vol I). - La bianca fioritura. EdiRendena, Tione,
53
Speciale
1987 (i Lodron in Val Rendena. Vol II). - L’arazzo e la spada. EdiRendena, Tione,
1987 (i Lodron in Val Rendena. Vol III). - L’estrema congiura. Ed. “Il Chiese”,
Storo, 1990 (Marco da Caderzone). - Capitoli di Regolamento per l’onoranda
Comunità di Villa. EdiRendena, Tione, 1990 (antichi Statuti di Villa Rendena).
- La Rendena dei malefici. EdiRendena, Tione, 1991 (documenti del Medioevo).
- Gli eredi del giglio. EdiRendena, Tione, 1995 (storia di Caderzone. Vol. I). Storie dal contado. EdiRendena, Tione, 1997 (storia di Caderzone. Vol. II). - Il
secolo inquieto. EdiRendena, Tione, 1998 (storia di Caderzone. Vol. III). - I Lodron
di Rendena (in Sulle tracce dei Lodron). Litografia Effe e Erre, Trento, 1999 (saggio storico). - L’uragano e l’arcobaleno. EdiRendena, Tione, 2000 (storia di
Caderzone. Vol. IV). - Vele d’Argo continue. EdiRendena, Tione, 2000 (storia
di Caderzone. Vol. V). - Un canto nella notte. Storia di Verzeo. Antolini Centro
Stampa, Tione, 2003 (indagine storica sui Lodron di Caderzone a Bocenago).
Ricerche locali
TRANQUILLO GIUSTINA, Opera omnia di Nepomuceno Bolognini. Fiabe e leggende della Rendena. Introduzione. EdiRendena, Tione, 1996 (saggio letterario). – Opera omnia di Nepomuceno Bolognini. Leggende del Trentino. Introduzione. EdiRendena, Tione, 1997 (saggio letterario).- Opera omnia di Nepomuceno
Bolognini. Le Maitinade. Introduzione. Premio S.A.T. 1998. EdiRendena, Tione,
1996 (saggio letterario). - Nepomuceno Bolognini: una vita per la propria terra.
Premio S.A.T. 1998. EdRendena, Tione, 1996 (biografia e saggio dello scrittore garibaldino di Pinzolo). - Opera omnia di Nepomuceno Bolognini. Usi e costumi della Rendena. Introduzione. EdiRendena, Tione, 1999 (saggio letterario). Opera omnia di Nepomuceno Bolognini. Usi e costumi del Trentino. Introduzione.
EdiRendena, Tione, 2002 (saggio letterario). - Opera omnia di Nepomuceno
Bolognini. Proverbi e modi proverbiali tridentini. Introduzione. EdiRendena,
Tione, 2003 (saggio letterario). Le immense cattedrali di Douglas William Freshfield.
Introduzione. Editrice Rendena, 1993 (opera di carattere alpinistico) - La “Le
Alpi italiane” di D. W. Freshfield. Introduzione. Premio S.A.T. 1998. EdiRendena,
1998. Ristampa di “Le Alpi italiane” del Freshfiel (saggio). - Le vette e gli immortali. EdiRendena, Tione, 2004 (saggio sui primi alpinisti stranieri in
Adamello-Presanella e in Brenta). - I giorni memorabili. Antolini Centro Stampa, Tione, 2002 (biografie di personaggi di Bocenago). - Le Giudicarie raccontano. Antologia giudicariese dell’opera di don Lorenzo Felicetti. Introduzione.
EdiRendena, Tione, 2002 (raccolta di scritti del Curato di Vigo Rendena).
54
Speciale
Note biografiche
Tranquillo Giustina nasce a Monfalcone (Gorizia) il 4 giugno 1929 da
una famiglia di emigranti rendenesi. Compie gli studi a Gorizia conseguendo il diploma di maestro elementare presso l’Istituto magistrale di Gorizia
nel 1948. La sua attività di insegnante si alterna presso le Scuole Elementari
di: Turriaco (GO) anno scolastico 1948-49; Crespadoro (VI) a. s. 1949-50; San
Giorgio di Nogaro (UD) a. s. 1950-51; Piombino Dese (PD) a. s. 1952-53; Borore
(Nuoro) a. s. 1955-56; Desulo (Nuoro) dall’a. s. 1956-57 all’a. s. 1958-59;
Livinallongo (BL) dall’a. s. 1959-60 all’a. s. 1962-63; Bocenago (TN) dall’a. s.
1963-64 all’a. s. 1966-67; Caderzone (TN) dall’a. s. 1967-68 all’a. s. 1993-94.
Andato in pensione col 1° settembre 1994 ha scelto di dimorare
definitivamente a Caderzone, patria dei propri avi. Portato allo studio della
letteratura italiana, si cimenta dapprima nel campo della poesia pubblicando
varie sue opere (sotto lo pseudonimo di Enrico Dirovi) soprattutto nel periodo 1963-1982. Successivamente il suo interesse si sposta nel campo della narrativa e soprattutto nell’ambito della storia locale, con specifico riferimento
alla Val Rendena (Giudicarie), nel Trentino sud-occidentale.
55
Speciale
D
el maestro Tranquillo come letterato si è già scritto molto e molto si
scriverà.
Visto che non sono la persona più adatta a trattare tale argomento, il
mio ricordo verterà sulla grande utilità di alcuni suoi scritti per lo sviluppo
di Caderzone.
Subito qualcuno obietterà che tra il maestro Tranquillo e lo sviluppo di
Caderzone, dato che Giustina era una persona dedita alla poesia ed alla letteratura e apparentemente estranea all’economia e a ciò che gli succedeva attorno, difficilmente poteva esserci un nesso. Invece, anche se indirettamente,
il suo prezioso e silenzioso lavoro di ricerca ha contribuito sostanzialmente
al recupero fisico e funzionale del centro di Caderzone.
Era la primavera del 1990 quando appena nominato sindaco, ebbi ad
affrontare l’annoso problema del rudere rimasto dopo l’incendio del 1976
delle stalle allora chiamate “dai Fitin”. In diverse occasioni il consesso comunale discusse di tale argomento senza giungere mai ad una soluzione convincente. Tutti Caderzoni chiamavano il palazzo antistante le stalle come
“Castello dei conti Bertelli” senza peraltro conoscerne bene la storia. A dire il
vero bisogna dar atto della lungimiranza della Pro Loco di Caderzone che
con a presidente Amadei Diego poco prima aveva edito un libretto scritto
dal maestro Tranquillo e illustrato da Claudio Dallagiacoma “I giorni dei
Lodron” nel quale si faceva cenno della presenza in Caderzone del casato dei
Lodron nella figura principale di Marco. In un incontro privato il nostro letterato mi raccontò della grande influenza nella storia di Caderzone che ebbe
la presenza di un nobile, seppur non illuminato come Marco.
Si discusse poi tra l’altro degli immobili che erano stati costruiti e appartenuti ai Lodron e successivamente dopo la morte di Marco nel 1490 alla
figlia sposa del notaio Bertelli di Preore. Nella sua appassionata descrizione
parti l’idea di recuperare il rudere e quindi tutto l’isolato. Per far ciò però era
indispensabile il sostegno della cultura e quindi si diede avvio alla fruttuosa
collaborazione per la pubblicazione della storia completa di Caderzone. I testi già pubblicati e quelli che anno dopo anno seguivano diventavano l’ausilio
più importante per convincere l’Amministrazione Provinciale sull’importanza
del recupero delle uniche vestigia nobiliari della Valle Rendena.
Purtroppo Tranquillo non potrà vedere il restauro completo dell’isolato, ma sono convinto che con lo spirito ci sarà vicino per completare un suo
grande sogno.
Maurizio Polla
56
Speciale
È
difficile sintetizzare una persona, una vita, un ricordo.
All’interno della redazione de “il Garzonè” il maestro Tranquillo Giustina
è sempre stato molto attivo e partecipe, sempre pronto a fare un passo indietro per lasciare spazio, nel nostro periodico, ad altre voci, soprattutto ai giovani, verso i quali aveva un’attenzione particolare ed un’incontenibile voglia
di vederli emergere, affinché potessero prendere coscienza del loro essere
cittadini di Caderzone.
Siamo stati onorati della sua presenza nel Comitato di Redazione, egli è
stato un autentico cultore della storia di Caderzone, e le pagine del Garzonè
ricche di spinti, riflessioni, notizie e aneddoti, ne sono il miglior esempio.
La sua presenza nella redazione è stata per tutti noi un grande regalo,
molte volte ci è stato di pungolo, altre – proprio per la sua pacata saggezza –
d’aiuto nell’individuare nuovi temi da affrontare, nuovi soggetti da coinvolgere o ascoltare.
Tranquillo Giustina è stata una persona squisita, aveva un animo nobile e
non poteva essere diversamente, visto che era una bella persona – in tutti i sensi
– con una personalità ferma, caparbia, gioviale e aperta. Forse, ad un approccio
frettoloso, appariva eccessivamente schivo e riservato, anche un pò malinconico, però non triste. Al contrario, era una persona disposta ad ascoltare, consigliare, sempre pronta ad affrontare nuove sfide …soprattutto editoriali.
Grazie per la tua presenza tra noi.
La Redazione
R
icordare Tranquillo Giustina è riportare il pensiero (ed il cuore) ad una
persona unica nella sua tipica proiezione ideale della vita: prima di tutto nel
suo concetto cristiano del vivere e del rapportarsi con gli altri; poi nella scelta
professionale dell’insegnamento concepito come “missione educativa”; ed
infine nella sua predilezione di storico “servita” con una dedizione ed uno
scrupolo fuori dal comune. Peccato che il suo carattere schivo, quasi timido,
lo abbia tenuto rinchiuso fra le pareti di casa, poiché le poche volte che è
riuscito a vincersi ed a convincersi di parlare in pubblico ha sempre saputo
coinvolgere l’interesse degli uditori, ammirati e stupiti dal suo profondo sapere e dal suo avvincente modo di porgersi. Ha vissuto in silenzio con una
“passione” per la “sua” Rendena – terra degli Avi – propria di quelle generazioni di emigranti rendenesi che hanno saputo apprezzare la loro Valle assai
di più di coloro che non l’hanno mai abbandonata. Peccato che i suoi numerosi libri – pieni di dottrina e scritti con una pignoleria inaudita – non siano
57
Speciale
stati accolti ed apprezzati dalla “sua” gente con quella capillare diffusione e
quella risonanza invano attese dal loro Autore. Per quanti l’abbiamo conosciuto ed avvicinato rimarrà il ricordo di una sincera amicizia e di una sempre signorile e corretta signorilità. L’augurio sincero è che possa rimanere
vivo attraverso la lettura delle sue numerosissime opere da trasmettere di
generazione in generazione tanto sono intrise di verace e necessaria
“rendenità”.
Mario Antolini Musón
I
o e il maestro Tranquillo siamo stati colleghi a scuola e ricordo che lui
era un insegnante appassionato del suo lavoro, lo faceva con attenzione e
generosità. Era la sua missione. Aveva una profonda spiritualità che gli permetteva di apprezzare ogni persona per ciò che era.
Aiutava molto la parrocchia e il parroco per la preparazione dei bambini al Sacramento della Prima Comunione, sicuramente molti ricorderanno il
suo modo di raccontare le storie della Bibbia.
Ma la parola che più mi viene in mente pensando a lui è proprio «passione». Forse sembrerà strano ricordando che persona pacata era, ma chi lo
conosceva meglio, chi ha avuto la grazia di stargli vicino può confermare,
che nelle cose in cui credeva, metteva una passione forte.
Ha lasciato un’impressione forte di cristiano integro
don Celestino Lorenzi
58
Speciale
L
a notizia della morte del maestro Tranquillo ha varcato rapidamente l’oceano e mi ha raggiunto. Lo ricordo con affetto, e me lo sento più vicino adesso,
che in braccio a Dio, mi può amare e accompagnare senza più i limiti del
tempo dello spazio.
Ne avevo conosciuto la fama, buona, ancora prima di arrivare a
Caderzone come parroco: una sua collega in pensione mi aveva già parlato
di lui come di una persona su cui poter contare.
Il volto non l’avevo incontrato subito, perché lui, schivo e poco incline
alle celebrazioni di massa, non c’era nel piazzale dell’oratorio dove era organizzata la festa per la mia accoglienza. Era invece ben presente la sua personalità nel discorso – scritto da lui – che in quell’occasione mi era stato letto da
Bruno Salvadei: con le parole di Gesù mi invitava a non avere dove posare il
capo, come il “Figlio dell’Uomo”. Nemmeno la tana delle volpi, né il nido
degli uccellini.
Per me che entravo in una casa nuova, pensavo, erano un richiamo ben
forte!
E la prima impressione, quando finalmente l’ho incontrato, era stata
quella di avere davanti un uomo forte, anzi: rigido.
Ci ho messo un pò a conoscerlo veramente. A disfarmi del mio pregiudizio e apprezzarne la cortesia, la discrezione, la passione per la storia della
sua gente, la dirittura morale, la disponibilità (per lungo tempo é sceso all’oratorio per ordinare l’archivio parrocchiale, facendo un servizio prezioso
quanto invisibile).
Più che come maestro, io l’ho conosciuto e stimato come catechista. Fin
da subito si é reso disponibile ad aiutarmi a preparare i ragazzi al Sacramento della Comunione. Mi piaceva perché era onesto: se era esigente con i suoi
bambini era perché lo era con se stesso. E allo stesso tempo tenero: il sorriso
– sul viso suo normalmente serio, quasi preoccupato – spiccava.
Ciao Tranquillo. Sarà bello rincontrarci.
don Gianni
D
el maestro Tranquillo Giustina conserverò un bellissimo ricordo relativo
alla convinta testimonianza offerta – come studioso della storia locale – a sostegno del martirio del Vescovo di Trento Vigilio. «Non è ammissibile che una
Tradizione lunga 1600 anni, abbia delle basi di partenza inventate. Non ce la
sentiamo di dire che i nostri antenati siano stati dei creduloni e paciocconi tali
da lasciarsi impunemente affibbiare il marchio di assassini sia pure di un Santo. Non è titolo di merito aver linciato con lapidazione un Santo, ci sembra più
59
Speciale
disonorevole però sentirsi dire d’averla “bevuta” per così tanto tempo».
Aggiungeva pure anche delle prove concrete per dire che su questi tragici fatti c’era parecchio silenzio. Il maestro sosteneva che una delle cause era
dovuta ai vandalismi che avevano privato anche gli archivi di quasi tutta la
documentazione scritta.
Don Bruno Armanini
Tranquillo Giustina
eri tra i primi a salutare il mattino,
vivo, tra i boschi e lo scrosciar del Sarca,
godevi la vita che ti stava intorno.
Rincorrevi le notizie sulla Val Rendena,
per raccontare la storia del tuo amato paese.
Costante e sicuro il tuo passo, con mille pensieri,
pronti ad esaltare i sentimenti, i più semplici,
i più sinceri.
Essi, ora rivivono nei personaggi delle fiabe,
da te scritte con tanto amore
per grandi e piccini.
Ti potremmo incontrare di nuovo,
Caro Maestro,
leggendo qualche libro dei tanti
usciti dalla tua bella mente.
C
Alfredo Amadei
arissimo Maestro,
velocemente ci ha lasciati… in punta di piedi, senza disturbare nessuno...
con la discrezione che Le apparteneva. E con Lei se ne è andata una persona
importante, che ha donato con amore e impegno tutta la sua vita alla scuola,
intesa prima di tutto come sana educazione ai valori e ai principi morali.
Ricorderemo con gioia la Sua grande, dedizione e pazienza nell’insegnarci il rispetto per il Creato; la bellezza del sapere apprezzare e osservare
la natura nelle piccole cose; l’importanza del sapersi fermare e ponderare
attentamente le decisioni da prendere; l’essenzialità di tenere in considerazione l’altro nelle scelte della nostra vita, perché esse possano essere frutto di
una condivisione e di un rispetto reciproco.
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Speciale
Un esempio prezioso il Suo, di lealtà, coerenza e giustizia... valori che
forse nella società moderna sembrano essere passati in secondo piano ed
aver ceduto il passo al potere e all’opportunismo. Valori importanti che
custodiremo gelosamente nei nostri cuori e che cercheremo di concretizzare
nelle nostre giornate.
La ringraziamo di cuore per questo prezioso modello di vita,
l’accompagnamo in questo ultimo viaggio con il ricordo e la riconoscenza e
la salutiamo con un abbraccio.
Sinceramente.
Bruno Salvadei
C
aro Maestro,
ci è difficile riassumere in sole poche righe quello che significa per noi
averla avuto come maestro. Vogliamo ringraziarla per l’aiuto che ci ha dato
appena arrivate a Caderzone.
Non sapevamo una parola di italiano e all’inizio parlare con gli altri
bambini ci era difficile.
Lei però con pazienza e dedizione ci ha aiutate, e facendoci svolgere i
temi in classe come gli altri bambini ci ha fatto sentire uguali a loro, ci ha
insegnato a scrivere in italiano, a leggere, consigliandoci il Topolino – per
iniziare – e ci ha insegnato a scrivere in corsivo, in pochi mesi, grazie a lei
abbiamo imparato una lingua che prima ignoravamo.
La ricorderemo per sempre e le saremo sempre grate di aver avuto fiducia nelle nostre capacità.
Marina e Francesca Falcone
C
on questo piccolo spazio noi ragazzi della classe 1980 di Caderzone, volevamo scrivere un pensiero perchè ci sembrava giusto ricordare chi era per
noi Tranquillo Giustina.
Pensiamo infatti di ritenerci davvero dei ragazzi fortunati perché abbiamo avuto la possibilità di imparare ed ascoltare i suoi insegnamenti per cinque anni.
Ognuno di noi ha dentro di sè ricordi che porterà per tutta la vita con un
sorriso,come il suo modo di insegnare, con cui era facile imparare, anche
divertendosi, semplificando le cose più difficili e facendo sì che con dei semplici ragionamenti ciascuno arrivasse alla soluzione dei problemi più complicati; la sua assiduità nel seguire gli alunni maggiormente in difficoltà, la
61
Speciale
sua quotidiana serenità d’animo e la sua gioia nell’insegnare, a volte con una
dose di severità leggera ma giusta, pensandoci oggi a mente fredda.
Ci ha infuso un po’ di rispetto per la disciplina senza avere il timore
della sua autorità. Tutti noi ci ricordiamo anche le tirate di orecchie, i castighi
dietro alla lavagna, le cartelle che volavano fuori
dalla finestra, le “manate” battute sulla cattedra nei momenti di rabbia,
dovute nella totalità dei casi solo al nostro comportamento “estremo”, così
come non dimenticheremo la carta assorbente per
non macchiare il quaderno, l’attenzione a non fare le orecchie alle pagine ed ancora la penna a sfera consegnataci sin dal primo giorno di scuola; per
noi la matita non è mai esistita. E poi le infinite poesie imparate a memoria e
recitate in classe davanti agli altri compagni, le gare con le tabelline, i libri
scritti da lui che a noi regalava, i numerosi quaderni conservati in un angolo
a casa con pagine e pagine scritte in modo ordinato per migliorare la calligrafia. Ma anche le ore di dottrina il sabato mattina, ci piaceva ascoltare la storia
di Gesù e del popolo ebreo spiegata “a puntate” in modo semplice e chiaro
con davanti la cartina della Palestina.... sono momenti che ci riportano alla
nostra infanzia.... vien quasi da rabbrividire perchè sono passati ben 20 anni
da quel primo giorno di scuola eppure i ricordi di quell’aula, di quei banchi,
della preghiera del mattino e di quel maestro che ci aspettava sulla porta
sono ancora nitidissimi.
Giorno per giorno ha imparato a conoscere ciascuno di noi spronandoci
e cercando di incrementare le doti di ognuno.
Poi siamo cresciuti ma lui è sempre rimasto lo stesso; lo si incontrava
per il paese ed era il primo a salutare, aveva sempre una parola da dire, si
interessava a quello che facevamo nella vita....era bello parlare con lui.
Ecco, noi vogliamo semplicemente ricordarlo così e ringraziarlo perchè
quello che siamo e saremo sicuramente lo dobbiamo molto anche a lui.
Con affetto
classe 1980 Caderzone
I
l Faggio Val Rendena non poteva dimenticarsi di Tranquillo Giustina.
Molti lo conoscono come un tenace e minuzioso storico, ma anche lui stesso, ama riconoscersi nei panni di un fine narratore. E come la protagonista di
un suo racconto ci viene da chiedere Maestro: «come fate ad inventare parole
simili?» «Guardando il cielo sarebbe la sua risposta.!» ...Quello stesso cielo che
appare in molti suoi racconti che ci unisce e ci accomuna tutti ...anche oggi.
62
Speciale
Tranquillo Giustina, lo conosco come amico, lo conosco come persona
schiva, e questo suo atteggiamento mi riporta alla mente Alberto Moravia
quando afferma: «lo scrittore ha il compito, in mezzo a uomini che sovente
soffrono senza comprendere, di “ricordare” quel che non si conosce o si vuol
far dimenticare.»
Moravia sostiene che lo scrittore «incarna la memoria e l’immaginazione della storia e ne diviene testimone. E continua: per definire il mondo, lo
scrittore sta contro il mondo o fuori dal mondo». In queste poche immagini
vedo l’amico Tranquillo e mi corre il ricordo all’ultima sua lettera quando mi
scrive «del suo sepolto lavoro e alle sue sepolte stagioni lontane da tutto».
Proprio a Caderzone, il 29 maggio 1999, per mano dell’allora Presidente
della Regione Trentino Alto Adige Margherita Cogo abbiamo consegnato a
Tranquillo, una pergamena di ringraziamento «per non dimenticare» e per
esprimere un unanime e convinto ringraziamento a questa Persona che, nell’ombra, ha raccolto, riparato ed intessuto le trame della nostra Storia.
Walter Facchinelli
Presidente
Circolo culturale “il FAGGIO Val Rendena”
Q
uanti don Milani con la loro didattica innovatrice hanno profuso valide, feconde energie nelle nostre aule senza lasciare la loro eco nei titoli di giornale o
nella risonanza dei mass media.
Per fortuna della nostra Scuola non
sono pochi e formano l’innervatura sotterranea del nostro pur discutibile sistema educativo. Tra il florilegio di questi anonimi educatori cogliamo il maestro monfalconese Tranquillo Giustina
che nei lontani anni cinquanta, pur potendo scegliere una cattedra nella nostra regione, volle portarsi in un villaggio dell’Aspromonte in Sardegna, dove
i suoi piccoli allievi non sapevano né
capire né parlare la lingua italiana.
63
Speciale
Il direttore didattico con sede nella grossa borgata di Sedilo sgranò tanto
d’occhi quando lesse il buon curriculum che il giovane maestro venuto dal
“continente” gli consegnò. “Lei sarà anche un missionario, ma non le posso
affidare una prima elementare con bimbi che non la capiscono e la considerano uno straniero”.
Il Giustina insistette tanto che l’anziano direttore accettò con molte riserve e con un pizzico di diffidente curiosità.
Alcuni giorni dopo, all’apertura dell’anno scolastico, assieme al maestro monfalconese varcò la soglia di una rappezzata scuola a un solo piano
anche il direttore.
I bimbi erano già in classe con gli occhi sgranati e l’innocente aspettativa
di tante novità. L’aula era tappezzata di tanti foglietti in cui figuravano disegnate persone e oggetti con didascalie bilingui in lingua sarda e in lingua
italiana. Giustina aveva predisposto tutto nei giorni precedenti aiutato da un
anziano maestro del paesino. Non fece altro che indicare con una lunga bacchetta le figure. Si levava subito un’esplosione scomposta di voci in accento
sardo cui il maestro faceva eco in lingua italiana. Si prolungò argentino questo coro nel quale si inserì anche la voce convinta del direttore. Questo fu il
coraggioso inserimento educativo di Giustina tra i suoi piccoli allievi.
A sua volta il giovane maestro si trasformava in allievo nelle serate
autunnali e invernali quando si sedeva accanto a un vecchio poeta del posto,
noto anche a Nuoro, per bearsi dei suoi incantevoli versi in vernacolo.
Più volte la settimana guidava a turno i suoi piccoli nelle campagne o
nei boschi per impartire loro nozioni di botanica e zoologia; pure per raccogliere la legna mai bastante alla voracità della stufa della loro aula.
Stette quattro anni in questo suo romitorio per poi portarsi – era la sua
certosina, cristiana scelta educativa – in un altro luogo forse più denudato di
comfort: Andraz, una micro raccolta di case, frazione di Livenelongo, provincia di Belluno, fra il Pordoi e il Falzarego.
Insegnava a un’unica pluriclasse – dalla prima alla quinta – ed era quindi l’unico maestro incastrato tra quei monti.
Pure qui il metodo rousseauniano unito a quello psicopedagogico
l’accompagnavano in quei luoghi d’isolamento illuminati dalla sua fede
evangelica.
L’ultima sua volontaria scelta scolastica si orientò, ormai cinquantenne,
sempre sui monti, in una vallata accoccolata tra i ghiacciai adamellici e le
rosee dolomiti del gruppo Brenta era quello il richiamo dei suoi antenati che,
all’inizio dell’800 da quei monti scesero sulle rive giuliane dell’Adriatico in
cerca di fortuna.
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Speciale
Gli allievi ormai adolescenti di Caderzone, Strembo, Bocenago – gli ultimi che lo ebbero maestro – si illuminano quando si chiede di lui e sono parole dolci, inconsuete tra quelle popolazioni rudi e avare di confidenze.
Da pensionato il Giustina si butta anima e corpo alla ricerca storica finalizzata a chiarire gli angoli oscuri della vicenda millenaria dei Signori Lodron,
feudatari degli Asburgo nel nord Tirolo e nelle Giudicarie. Caderzone, subì
la tirannia di uno dei Lodron, un don Rodrigo in miniatura, ma forse più
sofisticato in crudeltà: Marco da Caderzone (+ 1490), con tanto di palazzetto,
cantine e scuderie floride, che ora il Comune e la Provincia Autonoma di
Trento hanno enfatizzato, meritatamente, in architettoniche cattedrali turistico-culturali.
I volumi di Giustina rischiarano quel torbido periodo con riflessioni pacate e obiettive, velate da quel senso cristiano di giustizia che rimanda alle
gran braccia del disegno provvidenziale agostiniano.
Giacomo Botteri Gianda
H
o avuto la fortuna di frequentare
il maestro Tranquillo in due diverse situazioni, ugualmente feconde per alimentare un rapporto di amicizia, troncato precocemente.
Le prime frequentazioni risalgano
agli anni 60, allorchè la scuola trentina
venne investita da un forte movimento pedagogico-didattico innovativo, un
“Progetto educativo“ favorito da una
maggiore disponibilità di tempo, da
una maggior dotazione di strutture
formative: operatori scolastici, spazi,
attività, sussidi, servizi, elaborando
una linea pedagogico-didattica nella
quale tutti potessero riconoscersi, per
averne discusso collegialmente le premesse e studiate le strategie.
La “scuola a tempo pieno“ non era
semplicemente una espressione temporale, bensì implicava una vasta rifor-
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Speciale
me di strutture, metodi, contenuti, comportamenti e che esigeva una corretta formazione professionale da parte dei docenti.
In quest’ottica vi fu una vera esplosione di iniziative formative, sia a
livello provinciale, con i corsi residenziali di Cavalese, Candriai, Riva sul
Garda,Villa S. Ignazio, Tonale, Daone, sia a livello locale, con i corsi di aggiornamento di Condino e Caderzone, condotti con competenza e autorevolezza scientifica dal prof. Vigilio Sartori.
In tali occasioni ebbi modo di conoscere e di apprezzare le doti educative
ed umane del maestro Tranquillo, il quale dopo un iniziale momento di perplessità, giustificata e giustificabile da una prolungata ed efficace esperienza
nella scuola tradizionale, dimostrò grande disponibilità ed un crescente entusiasmo verso le innovazioni pedagogico didattiche che privilegiavano il
metodo della ricerca, come unico tramite per superare il metodo dell’insegnamento tradizionale e perseguire la metodologia dell’apprendimento, che
offre all’alunno la possibilità di assumere un personale metodo nel ricercare,
esplorare, informarsi, documentarsi, strumentalizzando i dati e le conoscenze, autonomamente acquisiti.
L’altra felice occasione che mi permise di riprendere i contatti con il
maestro Giustina è stata la formazione del gruppo di ricerca, nato all’interno
del Centro Studi Judicaria con l’intento di ricostruire le vicende sociali, politiche, economiche ed umane della nobile famiglia Lodron, che, dall’originaria Valle del Chiese, ha raggiunto le regioni a cavallo delle Alpi, intrecciando
la propria storia familiare con gli Eventi che hanno scandito i secoli del secondo millennio. Nell’elenco dei grandi personaggi lodroniani: uomini
d’arme, uomini di corte, uomini di chiesa, giganteggia la figura del conte
Paride Lodron, eletto nel 1619 Principe del Sacro Romano Impero e Arcivescovo di Salisburgo, governando con grande dignità e capacità la importante
Arcidiocesi per 34 anni.
Tuttavia, in mezzo a tutti questi personaggi illustri, il maestro Tranquillo, ancora nei primi incontri del gruppo di lavoro, illustrò, con grande passione e competenza, la presenza della nobile famiglia Lodron nella sua
Rendena, richiamando l’attenzione su Marco da Caderzone, il figlio illegittimo del conte Giorgio, “geloso custode degli interessi della nobile casata
lodroniana“, sino al sacrificio della vita.
Le simpatie di Tranquillo verso Marco da Caderzone, finito tragicamente in piazza del Duomo a Trento (26 maggio 1490), sono testimoniate da una
serie di opere editoriali e dalla appassionata verve con la quale, ogni volta
che si presentasse l’occasione, ne descriveva le vicende belliche: lo sfortunato assalto a Castel Corno, quelle tragiche: la sua decapitazione (coram populo)
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Speciale
e familiari: i rari momenti trascorsi con i diletti figli nel sontuoso castello a
monte del paese, cancellato dal tempo e dagli uomini.
Un grazie, tardivo ma affettuoso, per quanto ci hai generosamente donato.
Basilio Mosca
C
aro Tranquillo,
le persone care inesorabilmente se ne vanno come sabbia tra le dita.
Vorresti trattenerle, quasi egoisticamente, ma l’ineluttabile è una forza che le
vince tutte, e siamo destinati a soccombergli.
Allora nasce il rimpianto, il dolore di non averti cercato abbastanza, di
non avere un ultimo ricordo che non possa sbiadire. E così la tristezza di
avere un vuoto, quasi palpabile, di non avere un tuo consiglio o un incitamento mi riempie il cuore.
Purtroppo, …troppo spesso, siamo tanti automi che camminiamo, anzi
corrono, a testa bassa attanagliati dagli impegni di lavoro, dagli orari, dalle
scadenze; travolti dalla frenesia della nostra giornata capita spesso di pensare a persone care come te, ma inesorabilmente si rimanda al domani e, mentre i giorni passano, le candele si spengono.
Tu eri la luce, una luce che ha illuminato le oscure storie della gente di
Rendena, quel faro – modesto ma sempre presente – che è stato punto di
riferimento per moltissime persone.
Ma ridurre il tuo ricordo alla ricerca storica, all’amore per la terra di
Rendena, alla tenace ricerca della verità delle origini, è poca cosa se paragoniamo queste cose alla tua forza interiore, alla tua sensibilità, alla tua caparbia umiltà: al tuo modo di essere.
Ora la Val Rendena, è orfana di te, che sei stato per molti padre, confessore, consigliere, ispiratore ed anche istigatore nell’agire. L’oblio non sbiadirà il tuo ricordo, i tuoi occhi sereni, il tuo viso sorridente rimarranno per
sempre nei nostri cuori.
Caro Maestro, porto dentro di me la dolcezza del tempo trascorso insieme e la bellezza del tuo ricordo, non come una spina, ma come un dono
prezioso che aiuta a vivere.
Walter Facchinelli
67
Speciale
T
ranquillo Giustina non c’è più. Egli manca all’amorevole Sorella, ai suoi
Parenti, a noi tutti, ma restano vivi più che mai l’esempio della sua vita, la
gentilezza e la bontà del suo carattere, i suoi numerosi scritti. Nessuno potrà
scordare la dolcezza del suo viso.
Alto e snello nel fisico, Egli era distinto e cordiale allo stesso tempo,
scrupoloso e impegnato nel suo lavoro, contento dentro di sé di essere riuscito a narrare fedelmente la storia della sua terra in libri d’imperitura memoria.
Io ho l’onore di averlo conosciuto personalmente. Me lo presentò anni
or sono il Sig. Alfredo Amadei, ansioso di farmi incontrare con uno dei personaggi più illustri del suo paese. Da allora andai a trovarlo insieme con mia
moglie ogni volta che venivamo a Caderzone per una breve vacanza.
Le notizie relative alle ricerche storiche che lui faceva con tanta passione, erano espresse da una partecipazione così viva che ti vincolava a leggere
i suoi libri. Per ogni domanda c’era sempre la giusta risposta, potendo Egli
ricorrere al grande patrimonio della sua cultura. A volte risultava espansivo,
perché credeva nei suoi progetti. Per lui studiare e scrivere erano motivo di
vita.
Alle impressioni e ai commenti che io gli trasmettevo dopo aver letto i
suoi meravigliosi racconti, come quelli che si trovano nelle raccolte delle altrettanto stupende edizioni Rendena Tione “La veste viola - II cielo non finisce mai - La luce d’Arianna” e tanti altri , mi rispondeva con lettere affettuose
che conservo premurosamente.
Il legame tra me e Tranquillo Giustina, tutti e due con un passato trascorso in letizia tra i ragazzi, attaccati al dovere e alla soddisfazione dell’insegnamento, assunse presto il senso più alto e più bello della fratellanza. Simpatia e confidenza, comunanza di idee e sentimenti, entrambi fermi nella
fede religiosa, ci hanno aperto gli animi come pochi possono immaginare.
Rimpianto sì, e tanto d’ora in avanti, per la scomparsa dell’Amico, ma
con pensieri e ricordi tali da ritenere valida la testimonianza della sua laboriosa esistenza. L’amabile e bella immagine di questo Maestro può dare forza
a noi tutti per avere fiducia in noi stessi e continuare a vivere secondo la
volontà di Dio. Solo così potremo essere riconoscenti alla memoria del carissimo Tranquillo Giustina.
Walter Camatti
68
Speciale
H
o conosciuto il maestro Tranquillo Giustina nell’estate del 2001, quando
all’inizio del mio lavoro di riscoperta della storia della Vetreria di Carisolo,
mi sono necessariamente imbattuta nei suoi scritti. Naturalmente più volte
avevo letto parte dei sui numerosi lavori storici, ne avevo tante volte trovato
riferimento ed in molte occasioni avevo sentito fare apprezzamenti alla sua
opera da parte di coloro che si occupano di storia locale, ma non solo.
Credevo di non conoscerlo di persona e colsi l’occasione delle mie ricerche per farlo. Mi trovai invece davanti ad una persona con la quale avevo
parlato molte volte durante le sue passeggiate alla Vetreria, scambiandoci
pensieri, riflessioni, osservazioni e notizie sui passati frequentatori di questi
luoghi.
Fui piacevolmente sorpresa e mi riuscì ancor più facile stabilire quel
contatto di frequentazione familiare che purtroppo si è bruscamente interrotto con la sua scomparsa.
Sono ricorsa al suo sapere, ai suoi affettuosi consigli, alla sua grande
conoscenza di vicende e situazioni tante volte in questi anni, nel proseguo
dei miei lavori, ma anche solo per la curiosità di sapere da lui qualcuna di
quelle numerosissime notizie che volentieri dava.
Lo ricorderò sempre nell’ultima sua visita pochissimi giorni prima di
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Speciale
morire, mentre, seduto sul palo della recinzione che circonda il mulino della
vecchia fabbrica, mi raccontava qualche cosa a proposito di Nepomuceno
Bolognini, grande personaggio della Rendena, uscito dall’ingiustificato oblio
grazie alla paziente ed attenta opera di Tranquillo Giustina.
Egli resta un maestro ed un esempio intento generosamente fino alla
fine ad insegnare qualche cosa a tutti noi.
Manuela Bonfioli
Q
uando nella primavera del 1974, all’età di vent’anni, neodiplomato maestro elementare, ottenni la mia prima lunga supplenza al Centro Scolastico
di Caderzone, ero sicuro di aver accettato per “bisogno” e che non era quello
il lavoro della mia vita. Mi presentai nel cortile da perfetto sprovveduto, senza conoscere nessuno, né insegnanti né alunni. Sostituivo la maestra Gianna
Lonardoni, insegnante di matematica in III, IV e V. Gli altri docenti erano:
Caterina Facco, Mosca Maria, Bruno e Marilena Fantoma, Lisetta Tovazzi,
Maria Luisa Brioli (adesso è dirigente a Trento), Carla Cozzio, Maria Parteli,
Patrizia Dadam e il maestro Tranquillo Giustina.
Forse gli ex alunni di quell’anno, i nati negli anni dal 1963 al 1967, se li
ricordano tutti. Ho trovato un ambiente validissimo, dal punto di vista professionale e dei rapporti umani, fra colleghi e con i bambini.
Non capivo però il carattere del maestro Tranquillo: poche parole sottovoce, grande modestia, vestito sobrio all’antica, timidezza. Credevo che fosse un prete.
Mi sono ambientato benissimo e in un lampo sono passati i pochi mesi
fino alla fine dell’anno scolastico. Non ho più avuto occasione di insegnare a
Caderzone, ma da allora ho sempre lavorato nella scuola. Anche negli incontri e nelle riunioni fra insegnanti, non ho parlato quasi mai con Tranquillo e
non sapevo della sua intensa attività storico-letteraria.
In seguito, invece, l’ho incontrato spesso e ho avuto modo di parlare con
lui del suo lavoro di ricerca, della scuola, dell’opportunità di conservare la
“memoria storica” e di valorizzare gli elementi tradizionali del passato per
dare spessore e senso al presente. Insieme alle sue pubblicazioni storiche,
che ridanno la vita a tanti luoghi, edifici o ruderi, persone leggendarie altrimenti morti per sempre, la raccolta degli scritti di Nepomuceno Bolognini,
incompreso letterato valligiano, è stata un’opera di valore inestimabile per
aprirci alle scene della vita quotidiana in Val Rendena ai tempi dei nostri avi,
dai bisnonni in su, con i loro riti, canti, gioie e sofferenze. Affascinato dalla
scoperta, Tranquillo scrive nell’introduzione a “Usi e costumi della Rendena”:
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Speciale
«… Così ricco in realtà, così sorprendente, così traboccante, era il rigoglioso folklore
d’allora! Un ventaglio fantastico di possibilità culturali. Un gioioso tripudio d’immaginazioni e d’immagini. Una profonda capacità di cogliere e di godere ogni più
piccolo incanto, ogni più casuale incontro, ogni più ingenuo sentimento, ogni più
intima commozione, ogni più incompresa estasi. …»
Negli ultimi tempi insistevo perché venisse a parlare con gli insegnanti
del nostro Istituto, per fare in modo che il patrimonio letterario da lui strappato al pericolo di “estinzione”, potesse rientrare nei programmi didattici.
La salute non glielo ha permesso. Noi non dobbiamo permettere che cada
l’oblio sul maestro Tranquillo Giustina e sulle sue eccezionali scoperte. Non
possiamo, se amiamo la nostra terra e vogliamo bene ai nostri figli.
In una poesia di “Il cuore e la rondine” ha scritto «Non credi ancora i dolci
insegnamenti, e i mesti riti d’oro, che ha la morte.»
Prima dobbiamo credere a quelli della vita.
Adesso capisco un po’ di più il carattere del maestro Tranquillo.
Ciao, maestro, riposa in pace, sei stato un grande.
Claudio Cominotti
71
Speciale
don Celestino Lorenzi
S
ono passati pochi giorni dal commiato di Tranquillo Giustina e ci ritroviamo di nuovo in chiesa per accompagnare nel Suo ultimo viaggio un altro
personaggio illustre, che sarà annoverato nella storia di Caderzone.
L’amato Don Celestino ci ha lasciato fisicamente, ma non ci ha lasciato e
non ci lascerà mai nel ricordo.
Chi ha avuto l’opportunità di conoscerLo, sicuramente tutti gli abitanti
della parrocchia di Caderzone, Strembo e Bocenago presenti in paese fino al
suo pensionamento, porteranno per sempre nel loro ricordo l’immagine di
Don Celestino con la sua tonaca nera. “La tonaca la porto affinché chi mi
vede capisca che sono un prete, un operaio di Dio” questo mi disse quando
gli chiesi come mai continuasse a portare la tonaca, Lui che era così moderno
e così aperto alle novità.
Dicevo che tutti i Suoi parrocchiani certamente hanno conosciuto don
Celestino in quanto il contatto umano era insito nel Suo modo di fare. Per
tutti, per giovani, vecchi, donne,
uomini, ricchi, poveri, ecc. egli aveva sempre una parola e cercando di
cogliere il meglio di ognuno riusciva a coinvolgerli nella vita della parrocchia.
Non sto a descrivere ciò che ha
fatto e neanche la Sua grande spiritualità, tutti noi siamo qui perché lo
conoscevamo, stimavamo e gli volevamo molto bene. Voglio solo riportare le mie impressioni visto che
per un lungo periodo, in tanti momenti, ho avuto la possibilità di
esserGli vicino.
Ho sempre considerato il nostro
don Celestino, come un vero uomo
forte, capace di sopportare le difficoltà della vita, Sue e del Suo prossimo, con dignità e saggezza. La Sua
72
Speciale
immagine di uomo anziano m’infondeva un’ampia fiducia tanto da potermi completamente appoggiare alle Sue semplici ma concrete parole. I
Suoi esempi e riferimenti andavano con chiarezza al sodo dei problemi e
m’indicavano la strada risolutiva basata sempre
sulla comprensione e tolleranza. Era clemente e
conciliante, ma in certe situazioni Sapeva essere
determinato e deciso
come un buon pastore,
che lascia libere le sue
pecore, ma quando vede
il pericolo le richiama vicino a sé e le protegge,
magari racchiudendole
L’ingresso di don Celestino a Caderzone
in un recinto.
Non potrò mai dimenticare come l’esempio fosse al primo posto di tutta
la Sua azione pastorale. Se diceva che per una determinata cosa o azione
bisognava sopportare, Lui era il primo che di buon cuore pazientava, se si
doveva aiutare o soccorrere qualcuno, era in prima fila proprio come avvenne con la missione in Tanzania dove non si limitò ad organizzare la trasferta,
ma fu tra i primi a partire. Così tutta la sua vita pastorale è stata contrassegnata dal buon esempio.
Per descrivere la grande personalità di don Celestino mi servirebbero
ancora svariate pagine, ma mi limito a richiamare alla memoria il Suo entusiasmo per ogni iniziativa di carattere sociale, culturale, sportivo, economico, ecc. che le sue comunità avviavano. Le Sue parole, la Sua presenza, la Sua
benedizione erano una carica di energia, di positività ed anche una sensazione di certezza del successo dell’idea.
Grazie Don Celestino per tutto ciò che hai fatto e detto, non ti dimenticheremo!
Maurizio Polla
73
Speciale
Testimonianza su don Celestino
Lorenzi espressa dal suo
successore don Bruno Armanini.
2 ottobre 2006.
D
on Donato Valentini – in una
serata dell’estate 2006 – ha tenuto
una relazione “universitaria” a Madonna di Campiglio sul tema “nuovo”, ma antico almeno di duemila
anni: “Chiesa petrina e Chiesa
mariana”. Avuto l’informazione da un quotidiano locale, siamo andati ad
ascoltare questa “chicca” offerta da un nostro convalliggiano illustre. Don
Donato, è risaputo, è stato uno dei consiglieri di papa Ratzinger quando era
prefetto del “dicastero” sulla dottrina della Fede e lo è ancora col successore.
Don Valentini continua pure il suo insegnamento presso l’Università
Salesiana. Cosicché ha potuto testimoniarci gli approfondimenti cari all’attuale Papa, grande stimatore ed amico di Urs Van Balthasar al quale
dobbiamo questa importante chiave di lettura – quella appunto delle due
Chiese - della storia del cristianesimo.
Dico questo per entrare nel merito ed inquadrare la teologia del nostro
don Celestino che solitamente viene ritenuta – la sua teologia, - “superata”,
“antiquata”, “d’altri tempi”, “spiritualità dei madonnari”. Mi è stato di grande conforto avere la conferma, grazie alla lezione magistrale, che è vero invece il contrario! Di don Celestino quasi tutti i suoi fedeli affermano essere
stato un sacerdote assai bravo e addirittura santo. Se si sale nel gradino
della scala della gerarchia e delle specializzazioni e competenze teologiche si
distingue: di don Celestino Parroco nulla da eccepire. Invece di don Celestino
come teologo è “meglio lasciar perdere”. Perché questo distinguo?
Comprenderemo un po’ se ci riferiamo appunto alla relazione di don
Donato Valentini che presentava la Chiesa nel suo insieme come una simbiosi,
una unione tra l’aspetto petrino che ha riferimento a San Pietro, cioè alla
gerarchia e quello Mariano – Giovanneo, cioè che si rifà alla Madonna ed a
San Giovanni Evangelista. Quest’ultima accentua prevalentemente l’aspetto
dello Spirito, del Cuore, dell’Anima. Entrare nel merito di un
tale distinguo, diventerebbe necessariamente lungo. Qui ne abbozziamo solo
un aspetto che riteniamo chiarificatore. 74
Speciale
Un po’ di più comprenderemo se osserviamo il comportamento iniziale:
accanto a Gesù fino alla sua crocifissione, chi c’era? Maria e Giovanni e pochi
altri, la Chiesa cioè del cuore, quella materna, di Maria. La Chiesa della gerarchia , la chiesa rappresentata da s. Pietro invece dov’ era? Tutti fuggiti!
I primi hanno poi aderito alla solidità della Fede, i secondi possiedono
l’entusiasmo e la gioia dei mistici. Sicuramente i secondi sono sempre stati la
linfa viva della Chiesa gerarchica che ha tramandato la Tradizione, sono stati loro la fonte sempre sgorgante di Essa.
In Don Celestino Lorenzi chiaramente prevaleva la seconda “corrente”, la
spiritualità mariana congiunta , anzi in servizio , in comunione con la gerarchia . Come sacerdote è stato costantemente accanto a Gesù sofferente nel suo
Corpo Chiesa, sempre, e ha saputo andare contro corrente, coi fatti quando i
più vendevano o abbandonavano le realtà ecclesiali, tipo l’Oratorio ed altre
manifestazioni della pietà popolare per seguire una dottrina più razionalista.
Quando altri proponevano di “lasciare fare alle istituzioni laiche”, lui è rimasto ‘sotto la Croce’ perché era col Rosario in mano accanto a Maria.
In conclusione preghiamo San Giovanni Evangelista e Maria Santissima
perché ci ottengano la luce anzitutto per comprendere, poi per ammirare e
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Speciale
quindi per lasciarci coinvolgere dallo slancio ed imitare i nostri pastori don
Celestino, don Vittorio e il maestro Tranquillo che in Maria trovavano e ottengono ancora per noi, la forza di sostenere nonostante talvolta prevalga
nella gerarchia il razionalismo.
Carissimi auguri a tutti voi affezionati lettori del Garzonè, affinché vi appassionate sì di teologia, però con l’accompagnamento di Maria. Così usava
fare appunto don Celestino, da ritenersi solo per questo veramente “santo”.
Il parroco don Bruno Armanini
U
n uomo deve lasciare dietro di sé un giardino ben curato, un albero con
buoni frutti, una casa accogliente per chi dopo verrà.
Don Celestino ha fatto questo con la discrezione e il senso del dovere del
seminatore, che non si chiede se il suo lavoro nel campo darà raccolto, ma lo
fa perché anche solo un germoglio sarà premio per tutti.
Alberto Mosca
D
on Celestino ha dimostrato i valori della vocazione. (09.10.06)
Sartori Arrigo
V
orrei approfittare delle pagine del “Garzonè” per parlare di don Celestino
Lorenzi, che ci ha da poco lasciato.
Tanto ha fatto per Caderzone, ed era rimasto legato al “suo” paese anche dopo essere andato in pensione.
Ricordo che, prima di tornare a vivere a Mortaso, nella sua omelia di
commiato aveva detto che avrebbe lasciato una candela accesa sul davanzale
della finestra che guardava in direzione di Caderzone in modo che, quando
qualcuno avesse pensato a lui, quella luce gli avrebbe testimoniato il fatto
che don Celestino ricambiava l’affetto.
76
Speciale
Lo ricordo anche al funerale di mio padre Vittore, che aveva concelebrato
come cappellano alpino – allora si era già ritirato a casa propria. Aveva detto
che per lui era importante essere presente, per l’affetto che lo aveva legato
agli alpini ed a mio padre in particolare; “come cappellano è mio dovere
essere qui a rendere onore ad un alpino che non c’è più”, erano state le sue
parole durante la celebrazione.
Per queste sue gentilezze, e per molti altri episodi che porto nel cuore,
vorrei dirgli qui “arrivederci e grazie, don Celestino”.
Bruna Sartori
S
crivo per ricordare la figura di don Celestino Lorenzi, recentemente scomparso.
È stato parroco di Caderzone per molti anni, ed ha lasciato nel mio cuore – ma penso sia così per tutti – una tenera nostalgia.
Sono tante le cose che ricordo con affetto di lui, ad iniziare dalla lunga tonaca nera
che indossava sempre, come
un parroco d’altri tempi.
Ricordo anche le sue omelie, parabole semplici, sempre
efficaci.
Una volta, parlando della
maldicenza, disse che il Signore
aveva fornito la bocca di ben due
“stupàie”, i denti e le labbra,
“sbarramenti” naturali che
avrebbero dovuto rallentare il
parlare troppo “leggero”.
In un primo momento
avevo sorriso, ma questo
esempio figurato, in dialetto,
era stato più chiaro di tanti
discorsi. Lo ricordo ancora
adesso.
Era sempre disponibile,
Disegno di Alfredo Amadei
anche dopo essere andato in
77
Speciale
pensione; anche quando non era più in perfetta salute, rimaneva sempre legato a Caderzone, a quelli che erano rimasti i suoi parrocchiani.
Ha concelebrato il funerale di mia madre, dimostrando ancora una volta
un grande cuore.
L’oratorio, poi. L’aveva voluto per il “suo” paese con grande impegno e
tenacia, raccogliendo fondi e seguendo il progetto. Lo si deve a lui.
È stato bello averlo tra noi. Gli auguro ora “buon viaggio”, con il cuore.
Melania Sartori Salvadei
D
ell’indimenticabile don Celestino il ricordo che più resterà in me, e spero
in tanti, è la sua raccomandazione: «non mollare, la Madonna ti aiuterà!»
Mosca Lucio
Caderzone, 2 ottobre 206
C
aro don Celestino,
non c’è nulla che possa rimpiazzare l’assenza di una persona cara, e
come tu ci hai insegnato, questa cosa
non dobbiamo nemmeno tentare di
farla.
«È come Dio vorrà» mi hai detto l’ultima volta che ti ho incontrato
su quel letto in Casa di Riposo. Sembravi ancora più minuto e fragile, ma
l’animo tuo era ancora forte e battagliero, malgrado quella “gamba” che
come dicevi tu: «non riesce a portarmi più».
Tu ci ha insegnato ad «agire
sempre», a «sopportare», a «tener
duro».
Forse sbagliamo a dire che il
tempo rimargina le ferite, che Dio
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Speciale
riempie il vuoto del ricordo; forse non lo riempie affatto, anzi lo mantiene
appunto aperto ed in questo modo ci aiuta a conservare l’autentica comunione tra di noi – sia pure nel dolore.
Il tuo esempio ed i tuoi insegnamenti rimarranno sempre in noi, perché
come dicevi «da quando ci svegliamo a quando ci addormentiamo, dobbiamo semplicemente affidare a Dio e alla Madonna gli altri uomini e lasciarli
nelle loro mani, così dalle nostre preoccupazioni per gli altri nascano delle
preghiere».
Caro don Celestino, quanto più belli e densi sono i ricordi, tanto più
pesante è la separazione. Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo
in una gioia silenziosa.
Walter Facchinelli
... ricordiamolo così
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I
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ettori scrivono
Il vescovo di Fidenza
Palazzo vescovile
Fidenza
9 agosto 2006
Ill.mo Signor Sindaco
La prego di accogliere i miei più cordiali ringraziamenti per l’accoglienza
a me riservata ed a tutti quanti soggiornano nei territori di Sua competenza.
Le sono grato perché ha perso una mezza giornata per indicarmi la storia e la vita della gente di montagna, oggi.
Nell’occasione invito anche Lei a visitare Fidenza ed i suoi dintorni quando potrà e ne vedrà l’opportunità.
Voglia gradire, anche a nome dei fidentini ospiti, ora e negli anni, i ringraziamenti per l’accoglienza. Nel comune intento di poter giovare alla umanità, nei vari campi di azione, rinnovo i sensi della mia gratitudine, augurando ogni bene.
+ Maurizio Galli
P.S. = Anche i prodotti alimentari sono da aggiungere alla lista dei ringraziamenti.
Grazie.
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agosto 2006
Al Signor Sindaco e alla Giunta comunale,
da un po’ di tempo, non mi sono fatta viva sul vostro «Garzonè», perciò
ora desidero esprimervi il grande stupore di questo bel paese. Le Terme, il
campo di Golf, le manifestazioni così simpatiche delle usanze vecchie e nuove, l’ordine, la pulizia, il rispetto per la natura, la civiltà dei suoi abitanti, ecc.
Grazie, poiché tutto ciò mi gratifica e mi aiuta a trascorrere il resto dell’anno
con questi ricordi che conservo nella mente e nel cuore. Complimenti signor
Sindaco, per il suo coraggio e la sua lungimiranza.
obb.ma Luisa Percassi
Alla spettabile Redazione del Garzonè
Anzitutto complimenti all’arch, Maurizio Polla, rieletto sindaco del vostro comune, e lode al saluto da lui rivolto sul Garzonè n. 28, con l’invito esplicito ai suoi cittadini di osservare certe regole virtuose nei confronti della cosa
pubblica, affinché ci sia risparmio di denaro utile d’ora in avanti a coprire i
tagli forzati previsti nei bilanci comunali. È un discorso serio, sicuramente apprezzato anche dai turisti, provenienti in gran parte da paesi meno fortunati di
quelli trentini, perché privi dei finanziamenti che può elargire la vostra regione. Potrei dilungarmi su questo argomento, ma non è il caso: il progresso nelle
vostre valli nasce soprattutto dalle iniziative locali e dal vostro lavoro, grazie
anche alla bellezza della natura che vi circonda. Il tutto bene evidenziato nelle
belle pagine del Garzonè. Ho letto con interesse lo “Speciale” dedicato alle
riflessioni sul fenomeno della immigrazione. Se da giovane avessi prestato
maggiore attenzione all’importanza della qualità della vita, quale si svolge tra
le comunità montane, anch’io averi scelto Caderzone per la mia famiglia, chissà con quali e quante soddisfazioni. Al pensiero che sarei stato vicino al carissimo collega Tranquillo Giustina, mi esalto un tantino.
Sempre nelle pagine dello “Speciale” ecco la poesia “Numai dré”: provai a leggerla, senza capirci un’acca. Tradotta in italiano, certo mi sarebbe
piaciuta, come quella della Mamma pronta a trovare nell’amore il buon motivo per ospitare un bambino bielorusso.
Di proposito mi fermo sempre volentieri a osservare i disegni dell’amico Alfredo, tutti impegnati ad esaltare la sua gente, i suoi luoghi, le tradizioni
del paese. In questa attività meritoria, non solo ci vuole bravura e passione
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per l’espressione artistica, bisogna pure essere
stimolati da tanto amore per la propria terra.
La coppia Aldo e Lotte
è piaciuta anche a mia
moglie, con buona ragione: noi siamo felicemente sposati da 59
anni. Abbiamo un ritratto esposto in corridoio, del tutto simile a
quello della pag. 56. Vi
possiamo ammirare gli stessi atteggiamenti, la mano che abbraccia la spalla
della persona amata, l’identico sorriso e lo stesso sguardo luminoso rivolto al
prossimo e al futuro. Aldo e Lotte stanno bene insieme, come noi. Nel congratularci, possiamo affermare che il valore del matrimonio non si poteva
rappresentare meglio di così. Consapevole o no, Alfredo, in questo quadro,
dimostra quanto sia consolante l’armonia coniugale.
L’unica felicità possibile su questa terra è quella lì, costi quel che costi,
checché se ne dica ai nostri giorni. Accanto alla salute, non si può desiderare
niente di più bello.
Cordialmente
Walter Camatti
Gent. Sig. Alfredo
Innanzitutto cordialissimi saluti a Lei e alla sua famiglia da me e dalle
mie sorelle.
Oggi riordinando le foto scattate durante le ultime vacanze, che sembrano ormai lontanissime, ho ricordato la promessa fattale ed eccomi qui a metter nero su bianco per parlare di quanto sento dentro di me quando vengo a
Caderzone. La decisione di trascorrere le vacanze costì è stata presa parecchi
anni fa quando io e le mie sorelle e la nostra cara mamma, abbiamo ritenuto
che Pinzolo, fino allora meta delle nostre ferie, fosse diventata troppo chiassosa e frequentata. Cercavamo un posto tranquillo dove poterci rilassare e
questo grazioso paesino sembrava rispondere alle nostre esigenze.
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La scoperta poi dell’hotel Rio, immerso nel verde di un prato, al limite
di bellissime pinete, la cortesia e la cordialità dei suoi proprietari, hanno fatto
cadere ogni dubbio sulla nostra scelta!
Una gradevole sorpresa è stata poi apprendere che, come parecchi abitanti del paese, abbiamo una cosa molto importante in comune: il cognome Amadei!
Ciò ha contribuito a farci sentire immediatamente a nostro agio, rendendo l’ambiente familiare oltre che confortevole e piacevole.
Durante i miei soggiorni (parlo anche a nome delle mie sorelle e di un
cognato), ho scoperto angoli incantevoli, di una bellezza commovente, luoghi senza tempo mantenuti intatti nella loro antica bellezza o sapientemente
ristrutturati.
Spesse volte mi sono distesa nell’erba dei prati e avvolta da mille profumi ho osservato, sempre con rinnovato stupore, la miriade di erba e fiori di
ogni colore, ho ascoltato il ronzio degli insetti, lo scorrere del fiume e tante
volte mi sono gustata l’assoluto silenzio.
Tutto in perfetta armonia! E quante volte, alzando gli occhi oltre le cime
degli alberi, le vette dei monti verso il cielo azzurro e terso, il mio sguardo si
è perso nella sua infinita bellezza. Ma questa immensità non mi
ha mai turbato, anzi come fosse un caldo abbraccio ha rafforzato la mia convinzione di appartenere ad un meraviglioso universo dove ogni cosa, anche la più
piccola, è stata creata con infinito Amore!
Grazie Caderzone!
Anna Amadei
Cavallari
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Dall’album dei miei ricordi di Bonomi Margherita in Mosca
IL LIVIO E LA IOLE
Gli amici d’altri tempi non si possono scordare,
anzi tutti i giorni si devono ricordare.
Son passati tanti anni da quando mi son sposata
e con tanta gioia a Caderzone sono arrivata.
Certo che i tempi erano brutti per tutti quanti,
ma eravamo giovani e si andava avanti.
La gente era semplice e quando ci si incontrava
con un bel buongiorno si stava bene tutto il giorno.
Poi in bottega dal Livio si andava tutti i giorni , i commessi
erano simpatici , erano fini e intelligenti, col loro modo di fare
affascinavano i clienti.
Quando penso al pollo allo spiedo del sabato mattina,
mi gira per la bocca ancora l’acquolina.
Poi c’era il Gianfranco gentile ed educato, qualche volta Maurizio,
ma non gli piaceva affatto, però tutti hanno visto dove sei arrivato,
ce l’hai messa proprio tutta, il paese hai cambiato.
Bravo Signor Sindaco, sei arrivato fin qua, io ti devo dire son le orme di papà.
Io da Caderzone, son dovuta andar via, lasciai la mia casetta
con gran malinconia., ma non è rimasta vuota, ci sono i
miei nipotini, che sono tanto belli, io son come Cornelia……son tutti i miei
gioielli.
Cara Iole e caro Livio vi voglio tanto bene, speriamo di incontrarci
ancora tanto tempo anche con tutte le nostre pene.
Alcuni giorni fa incontrai una persona, era molto cambiata non
l’ho riconosciuta.Ricordo con stupore che quando mi ha
guardata ho detto sono tanti…… Anch’io sono cambiata.
Ma non dobbiamo prendercela e poi con una risata ci siamo detti:”
una bella scarpa resterà sempre una bella ciabatta”.
Allora pensiamola così, eravamo belli siamo un po’ anzianotti
ma siamo ancora quelli.
Auguri Livio e Iole di stare almeno sani per incontrarci ancora per tanti tanti
anni.
Con tanto affetto Margherita
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Geräuschlos in den Angeln dreht sich die grosse Welt.
Geräuschlos in de Angeln der Herr, der sie erhalt
Julius Langbehn
Lieber Maurizio,
vielen herzlichen Dank für die
tröstenden Zeilen zum Tode meines
Mannes und unseres Vaters.
Mit Dank und Zufriedenheit blicken
wir auf die schöne Zeit zurück, die
wir mit ihm verbringen durften.
Die so plötzliche, schmerzliche
Trennung ist noch gegenwärtig, sie
wird jedoch von der Hoffnung auf ein
Wiedersehen überstrahlt.
In Verbundenheit und mit lieben
Grüssen
Familie Schmuck
Karoline, Christof, Hannes, Stefan,
Elisabeth & Magdalena
Weissbach, im Màrz 2006
Caro Maurizio,
Grazie di cuore per le parole di consolazione per la morte di mio marito e nostro papà.
Ringraziamo per i bei momenti che abbiamo potuto trascorrere insieme a lui.
Questa così improvvisa e dolorosa separazione non è stata ancora accettata.
Ci resta la speranza di un arrivederci.
Cari saluti da tutti noi
Fam. Schmuck
Karoline, Chirstof, Hannes, Stefan, Elisabeth & Magdalena
Weissbach, marzo 2006
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Lavenone, 27 luglio 2006
Gent. Assessore, ill. sig. Sindaco
Ringrazio per l’accoglienza della mia mostra di pittura presso la sala
comunale.
Spero di aver contribuito a valorizzare le Vs. manifestazioni, visto l’eco
della critica che è stato buono.
Mi dispiace di non aver potuto seguire personalmente la mostra, come
si sarebbe dovuto, ma lo scultore che era con me, è sempre stato presente.
Il pubblico che ha visitato la mostra, in più occasioni è tornato portando
amici – posso considerarlo un buon successo.
Assieme ai ringraziamenti, se lo riterrete opportuno chiederei di prenotarmi anche per il 2007, magari dal 28 luglio al 5 agosto. Nell’attesa di una
favorevole risposta invio cordiali saluti.
Elio Rosati
Caderzone, agosto 2006
Alla redazione del Garzoné
Al Consiglio comunale di Caderzone
Io e mia sorella da circa dieci anni abbiamo scelto Caderzone come località per le nostre vacanze montane.
I criteri che ci hanno spinto a scegliere questo paese sono stati la pace
che vi si respira, la particolareurbanistica, con il continuo e accurato restauro
degli edifici del centro storico, la simpatia degli abitanti e… un “luogo del
cuore”: il Parco Agricolo, con la passeggiata verso Pinzolo e la parallela, piacevolissima pista pedonale-ciclabile lungo il Sarca, che consente di giungere,
lontani dal traffico fino a Carisolo e oltre, in Val Genova.
Un percorso unico, nelle nostre antropizzate valli alpine.
Ora apprendiamo che questa meraviglia naturalistica rischia di essere
in gran parte distrutta per far posto a ciò che non esitiamo a definire un “ecomostro”: la circonvallazione di Pinzolo che, nelle sue varianti, si snoderebbe
sia sulla sponda sinistra che su quella destra del fiume.
Un progetto poco lungimirante (come tanti in Italia), che distruggerebbe proprio il motivo per cui molti turisti apprezzano questo sito. Un progetto
che paradossalmente, favorisce chi a Caderzone o Pinzolo non vuole risiedere, ma queste località vuole evitare, per proseguire presumibilmente, verso
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Madonna di Campiglio e danneggia, viceversa, proprio i turisti affezionati
che si vedrebbero assediati (quasi come in città), da automobili, rumore, inquinamento.
Ci rivolgiamo pertanto con fiducia agli amministratori di Caderzone,
paese che tanto amiamo, perché si attivino per conservare la “nostra”
Caderzone e i luoghi limitrofi e perché propugnino la soluzione della galleria sotto il Doss del Sabbon, l’unica che salverebbe sia il parco agricolo-fluviale, sia la pineta di Pinzolo.
Il maggior costo di tale opera è, in realtà, il miglior investimento per noi
e per le generazioni future e, come ogni lungimirante investimento garantirà
l’accrescimento del valore del grande patrimonio di questo tratto di valle, il
suo ambiente, la sua bellezza, la sua pace.
Nei prossimi anni, ne siamo certe, la fama delle caratteristiche uniche di
Caderzone e dei paesi confinanti non potrà che accrescersi, garantendo lavoro e prosperità ai nostri figli …e a noi turisti la gioia che si rinnova ad ogni
ritorno!
Con stima e fiducia.
Professoressa Teresa Maddi
Avvocato Alessandra Maddi
di Milano
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Garzonè: nr 29 - Comune di Caderzone