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... artistiche figure di Luciano Zanon
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Cari lettori,
Nel licenziare questo numero del Garzoné, particolarmente ricco di notizie, novità, curiosità, spunti di lettura, ricordi e riflessioni, abbiamo ritenuto
opportuno dare spazio ad una riflessione che, crediamo, tanti di noi si sono
posta.
Il progresso corre ed il nostro stile di vita corre con lui, i cambiamenti
avvengono in modo esponenziale e così, nel giro di pochi anni le nostre abitudini, il nostro modo di vedere le cose, lo stesso nostro modo di pensare
cambia!
L’articolo “Però adesso dicono: «...era tutto sbagliato»” ci permette di
riflettere sulla velocità del cambiamento. Molti si riconosceranno in quel modo
di vivere, lontano pochi decenni.
Buona estate e …buona lettura.
La Redazione
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Però adesso dicono:
«…era tutto sbagliato»
Da bambini andavamo in macchina senza seggiolino baby, senza cinture di sicurezza e senza airbag. In motorino ci andavamo senza casco. La bici
in genere era senza freni e di capitomboli ne abbiamo fatte a decine, ma nessuno se la prendeva più di tanto né i genitori, né gli altri.
Escoriazioni, graffi, abrasioni erano all’ordine del giorno; a volte fratture di ossa e denti spezzati erano il risultato del nostro scalmanarci, ma nessuno si sognava di denunciare qualcuno o qualcosa.
Ci azzuffavamo tra compagni, e si arrivava a casa pieni di lividi …e la
mamma ti dava una
sciacquata, seguita da
una spruzzatina di alcool che friggeva da farti
urlare, e lei: «Via, non
piagnucolare …mica ti
ammazza!».
Ci ingozzavamo di
dolci, pane e burro e a
volte perfino pane e lardo; sorbivamo bevande
piene di zucchero …ma,
dicono, gli obesi e i diabetici erano meno di
oggi in proporzione, e
tra i compagni della mia
classe non ce ne sono. Ci
dividevamo una Coca
Cola tra 4-5 amici, attaccandoci alla stessa bottiglia, e nessuno è mai
morto infettato da chissà quali germi. Beveva-
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mo l’acqua dalla canna del giardino, dal rubinetto di casa, dalla fontana in
strada, o direttamente dal fiume, ma nessuno di noi è morto di tifo. I flaconi
dei medicinali non avevano delle chiusure che ci vogliono gli studi per aprirli, ma nessuno è stato ricoverato per la lavanda gastrica.
Alcuni studenti che non studiavano venivano irrimediabilmente bocciati. Anche alle Elementari. Nessuno ci restava scioccato. Un mio amico che ha
ripetuto la seconda e la quinta elementare è diventato professore universitario, cattedratico di fama, e non mi pare che sia un frustrato! Se tornando da
scuola raccontavi alla mamma che la maestra ti aveva dato un ceffone …lei ne
aggiungeva subito un altro, perché era sicura che ti eri comportato male e che
la maestra avesse assolutamente ragione. Non valevano spiegazioni di sorta.
Non per questo siamo cresciuti traumatizzati e bisognosi dello psicologo.
Uscivamo da casa, quando non c’era scuola, a giocare tutto il santo giorno; i genitori non sapevano dove ci fossimo cacciati, ma non gli veniva un
infarto. Non esistevano i cellulari, così non scocciavamo nessuno e nessuno
ci scocciava… La mamma stava bene lo stesso nonostante che non chiamasse
due volte ogni mezz’ora. Non avevamo i videogiochi, la Playstation, il
Nintendo, i DVD, il walkman, Internet; avevamo semplicemente degli amici,
e ci divertivamo un sacco ugualmente.
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Passavamo pomeriggi interi a giocare: c’inventavamo dei giochi con i
bastoni, i sassi, i bottoni, le bilie… Giocavamo pure con le lucertole e con i
lombrichi (poveretti loro!), ma nessuno inorridiva per queste stramberie, o le
proibiva perché pericolose o dannose.
Quando andava bene, si tornava a casa sporchi, sudati, puzzolenti e
manco si faceva la doccia perché era ora di cena (e l’orario era sacro), ma
siamo rimasti sani come i pesci. I giocattoli nuovi li ricevevamo una volta
all’anno, alla Befana o tutt’al più per il compleanno, non ogni volta che si
andava al supermercato. E le nostre vite non sono state affatto rovinate perché non ci compravano tutto quello che volevamo. Del resto i regali ce li
facevano con amore non per sensi di colpa.
Il sabato sera si andava a letto presto, perché la domenica l’appuntamento importante era la messa, e spesso la confessione e la comunione; l’appuntamento domenicale era comunque sacro e ineludibile. Niente night, discoteca, nottate “matte”, corse notturne in moto o macchina… eppure non
soffrivamo complessi, non eravamo infelici, non ci sembrava di essere dei
castrati.
Non usavamo gel, non portavamo orecchini o piercing, non ci ornavamo di tatuaggi ma ci sentivamo ugualmente “a la page”: non eravamo dei
palestrati, non facevamo jogging, body building, spinning, stretching, body
pump, shoot exercise; non imparavamo il dojo, lo judo, il ju jutsu, il karatè, il
kendo, il kung fu e non so che accidenti altro, ma uno straccio di ragazza la
trovavamo lo stesso, ci sapevamo difendere senza problemi, e un mio compagno ha gareggiato alle olimpiadi di Melbourne.
Se ti comportavi male, sculacciate e scapaccioni accompagnavano i rimproveri… ma nessuno di noi ha mai denunciato i genitori al telefono azzurro,
e nessuno li ha mai messi in galera per questo. Sapevamo che quando i genitori dicevano “NO”, significava proprio “NO”, non c’era santi e Madonne
che intercedessero!
Nonostante tutto questo “casino” molti dei miei compagni sono professionisti di fama, parlamentari, dirigenti, alti funzionari, ricercatori, informatici di talento, imprenditori…
Però adesso dicono che era tutto sbagliato…
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... il cuore del paese di Caderzone visto dall’alto.
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Cari cittadini e lettori,
Come potrete leggere su questo numero del Garzonè, questi ultimi sei
mesi di attività amministrativa sono stati densi di iniziative e di impegno.
Sono stati predisposti progetti e atti che impegneranno l’Amministrazione
comunale per diversi anni, sia dal punto di vista organizzativo che finanziario. Purtroppo la burocrazia, nonostante ogni governo cerchi di snellirla, è
basata su ritmi molto lenti che solo un’attenta pianificazione può riuscire a
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velocizzare. Di conseguenza abbiamo avviato un programma di
opere pubbliche molto
ambizioso e indirizzato
su diversi fronti, cosicché almeno una parte dello stesso possa godere degli indispensabili contributi provinciali.
Purtroppo l’organizzazione e il sistema
di contribuzione pubblica non consentono di
programmare gli interventi assegnando loro
un ordine di priorità, in
quanto ogni legge finanziaria di settore ha una
propria graduatoria e
una propria scadenza.
Non esiste in altre parole la possibilità di presentare un’unica domanda contenente più
interventi e marcata da un ordine di priorità.
In ogni caso ciò che è stato progettato per la nostra comunità è in eguale
misura importante e prima o poi dovrà essere realizzato.
I progetti sugli immobili del Rione Lodron – Bertelli completeranno il
lavoro di recupero partito ormai da un decennio, con interventi che porteranno, senza false modestie, ad avere il nucleo abitato storico più interessante e
meglio conservato della Val Rendena. Ritengo che, con il completamento del
suo restauro, il rione stesso diverrà meta e attrazione turistica.
Sarà importante per molti aspetti anche dotare la campagna a nord di
Caderzone di un efficiente sistema fognario. Ormai gli edifici con spazi adibiti a residenza e ad altre attività non propriamente rurali sono molti, e probabilmente in futuro la trasformazione sarà senz’altro estesa a quasi tutto lo
stock edilizio esistente. È impensabile, in una zona così preziosa, lasciare che
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gli scarichi fognari finiscano nel sottosuolo, con il rischio di intaccare la principale risorsa idrica della comunità.
La scuola, costruita nei primi anni cinquanta, deve essere ulteriormente
adeguata alle normative vigenti, in particolare per quanto riguarda la statica
in caso di evento sismico. Oltre a ciò, il continuo incremento degli alunni,
provenienti anche dai comuni di Pinzolo e Spiazzo, comporta la necessità di
ampliare gli spazi per le attività complementari, per la refezione e per le attività motorie. Un interessante soluzione architettonica consentirà di ricavare
tutte le superfici necessarie per una scuola moderna, proiettata nel futuro.
Infine, molto importante è il completamento del rifugio di San Giuliano,
attraverso l’aggiunta di un volume da destinare ai servizi e alla gestione. La
zona dei laghi di San Giuliano e Garzonè è ormai una delle mete turistiche
più frequentate della Val Rendena; l’immagine che essa offre è pubblicata su
molte riviste di turismo, nazionali ed estere, e sicuramente si assisterà ad un
incremento costante del flusso di visitatori collegato, siano essi alpinisti o
semplici amanti della natura.
Molti si chiederanno come mai le terme non sono ancora ultimate e quale sarà il giorno dell’apertura. Effettivamente si è verificato un ritardo nell’esecuzione dei lavori, ma è stato causato principalmente dalla complessità
dell’opera. La costruzione di uno stabilimento termale è un opera abbastanza
rara, con molte incognite. A ciò si aggiungano le difficoltà nell’individuazione
precisa dei servizi da offrire, che per rendere competitiva la struttura devono
differenziarsi da quelli proposti dagli impianti a noi vicini. In ogni caso le
strutture e le sistemazioni esterne saranno ultimate entro qualche giorno.
L’apertura al pubblico non potrà però essere immediata, in quanto tutte le
attrezzature dovranno essere collaudate per diversi mesi, facendo slittare al
giorno 1 aprile 2004 la data ufficiale di apertura. Le terme saranno gestite da
una società per azioni che è in fase di costituzione e che verrà denominata
“Fonte S. Antonio Terme Val Rendena S.p.A.”
I soci fondatori della società di gestione sono il Comune di Caderzone,
che deterrà una quota pari al 51,476% e i Comuni di Pinzolo, Strembo e
Bocenago con il 12,941% ciascuno, mentre il 9,701% sarà messo a disposizione di alcuni soggetti già contattati e disponibili tra i quali la Famiglia Cooperativa di Caderzone, la Cassa Rurale di Strembo, Bocenago e Caderzone, le
Terme di Comano, il Consorzio di Lavoro Ambiente che già gestisce le Terme
di Garniga e il Consorzio delle Cooperative Sociali di Tione-Judicaria. Il capitale sociale entro la fine del 2003 assommerà a 510.000,00 Euro e permetterà
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di aprire la struttura con un buona tranquillità finanziaria.
Tra pochi giorni uscirà il primo prospetto informativo, che sarà allegato a
tutti i depliant distribuiti dall’Azienda di Promozione Turistica e dagli alberghi.
Cambiando argomento, devo segnalare che prima dell’inizio dell’estate,
come ogni anno, si è tenuta l’assemblea della Pro Loco, per approvare il bilancio consuntivo dell’anno 2002 e per programmare le manifestazioni per
l’estate 2003. Purtroppo, lo dico con molto rammarico, nel già limitato numero di partecipanti, vi era un solo rappresentante del mondo imprenditoriale
(artigiano), mentre di albergatori, affittacamere o commercianti, se si eccettua l’assessore Amadei, non v’era nemmeno l’ombra. Devo dunque, mio
malgrado, tirare le orecchie a chi, non preoccupandosi minimamente del lavoro svolto dalla Pro Loco nella promozione dell’offerta turistica, non comprende come l’impegno di poche persone disinteressate porti dei vantaggi
economici soprattutto ai suddetti assenteisti. Si tratta di una semplice questione di senso civico: impegnarsi per i propri interessi aiutando con proposte e progetti chi in fondo potrebbe semplicemente stare a casa, ma che al
contrario si adopera affinché Caderzone ottenga sempre maggiori riconoscimenti.
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È quindi mio dovere esprimere, a nome di tutta la comunità, un grazie
sentito al presidente della Pro Loco Giordano Polla e ai suoi stretti collaboratori, che nonostante le poche gratificazioni portano avanti l’importante e storico sodalizio.
Ultimamente ho partecipato al 22° Raduno scialpinistico dell’Adamello,
organizzato in aprile dalla SAT Valgenova. È stata una manifestazione organizzata in modo impeccabile dal presidente Guida Alpina Luca Leonardi e
dai suoi giovani collaboratori. Complimenti! Avete fatto onore a tutta la comunità.
Raduno dell’Adamello. Alcuni giovani di Caderzone che hanno partecipato al raduno
Prima di concludere voglio infine ricordare il sig. Egon Froschl, sindaco
di Weissbach (a destra nella foto in basso), comune gemellato con Caderzone, che, dopo circa 13 anni, per motivi di salute ha dovuto lasciare la carica.
Lo sostituisce Josef Hohenwarter (a sinistra nella foto), già suo collaboratore.
A Egon un grande augurio di pronta guarigione, con il ricordo delle belle
giornate trascorse assieme per creare un amicizia fra comunità che durerà nel
tempo. Al nuovo sindaco un augurio di tanti successi per sé e per tutta la
comunità di Weissbach.
Caderzone, giugno 2003
Maurizio Polla
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Weissbach, 10 maggio 2003.
Il nuovo sindaco di Weissbach, il sindaco di Caderzone e l’assessore di Weissbach.
Passaggio delle chiavi del comune tra vecchio e nuovo sindaco.
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Le Opere pubbliche
Come conseguenza del costante impegno promosso dall’Amministrazione comunale per migliorare le strutture ad essa facenti capo, quest’anno
sono stati sviluppati numerosi nuovi progetti, alcuni ormai già in fase di realizzazione, altri ancora da completare; nelle pagine seguenti cercheremo di
offrirvi un quadro il più completo possibile.
Ristrutturazione della
Scuola Elementare
L’edificio risalente all’ormai
lontano 1957, era stato realizzato per rispondere alle esigenze
scolastiche della popolazione del
Comune di Caderzone, con 5
aule, un locale per attività ginniche, una sala insegnanti ed un
ambulatorio. Dal 1967 anche
l’utenza dei comuni di Bocenago
e Strembo si serve del nostro istituto; anche da paesi come Pinzolo e Carisolo si assiste ormai al
continuo aumento delle domande di iscrizione, in quanto l’orario a tempo pieno e la conseguente presenza della mensa,
assenti in tutte le altre scuole dell’alta Valle, costituiscono un servizio particolarmente apprezzato da numerosi genitori occupati in attività lavorative.
Attualmente la scuola è frequentata da ben 82 alunni, numero di gran
lunga superiore rispetto alle previsioni originali del 1957. Data la forte esigenza di spazi, l’Amministrazione comunale ha recentemente messo a di-
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sposizione della scuola un locale seminterrato, esterno all’edificio scolastico
ma accessibile dal piazzale, da destinare a mensa. Permangono comunque
delle carenze, specie per il numero delle aule a disposizione e per lo spazio
adibito a palestra, che potrebbe assumere un ruolo polivalente per attività
didattiche a scala di grande gruppo, spettacoli, assemblee, riunioni di genitori, ecc. Inoltre, per permettere agli alunni lo svolgimento di lezioni di carattere specializzato (musica, disegno, fotografia, ricerche, attività manuali), sarebbe necessaria la creazione di un’apposita zona laboratorio.
Il principale criterio di progettazione è stato definito nel rispetto della
tipologia dell’edificio esistente, caratterizzato da un’architettura anni ’50 ’60, con ampie finestre
disposte in modo regolare, tetto in legno
ad una falda inclinata
in direzione ovest-est
con manto in lamiera
color testa di moro,
zoccolatura in conci
regolari di granito.
In sostanza l’intervento previsto si
svilupperà in quattro
fasi, riassumibili come
segue:
ampliamento della struttura sul lato nord, con la realizzazione di un nuovo volume destinato a palestra. La stessa passerà dagli attuali 64,66 a ben 177,05 mq e
sarà servita da locali per spogliatoi e depositi per altri mq 145,02 di superficie;
- sopraelevazione dell’edificio esistente mediante l’innalzamento della
quota d’imposta del tetto, per poter recuperare tre nuove aule;
- ristrutturazione di alcuni spazi necessari allo spostamento della mensa
all’interno dell’edificio scolastico, alla realizzazione del nuovo ingresso
sul lato sud e degli spogliatoi nei locali seminterrati attualmente destinati a mensa. Quest’ultima troverà spazio nel locale liberatosi con lo spostamento della palestra nella nuova zona, mantenendo la dimensione
attuale di circa 70 mq;
- realizzazione di una scala di sicurezza sul lato sud.
Concludendo, si cercherà di rispondere alle attuali esigenze didattiche,
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che richiedono spazi flessibili dove poter sviluppare il percorso formativo
del bambino anche al di fuori della singola aula, in particolare per quanto
riguarda le attività motorie e di inter-relazione.
Progetto: Arch. Manuela Baldracchi.
Parte Finanziaria: l’opera, già inserita nel bilancio di previsione 2003
per un importo totale di € 1.300.000,00 è finanziata per il 90% con contributo
provinciale e per il restante 10% con mezzi propri.
Restauro e ristrutturazione interna Palazzo Lodron Bertelli
Il palazzo, con le sue caratteristiche a metà fra un edificio fortificato e
uno residenziale, è storicamente la costruzione più importante dell’intero paese e della Val Rendena.
Il suo recupero si pone
al termine di un lungo
percorso che ha permesso negli ultimi anni
il risorgere a nuova
vita di tutte le costruzioni che compongono
il rione omonimo. Il
progetto è relativo alla
parte interna, in quanto il restauro e risanamento delle facciate
esterne sono già stati
completati.
Per quanto riguarda la definizione delle funzioni che il fabbricato andrà
ad assumere, si è pensato di destinare la struttura a sede per un “museo di
plastici” dell’architettura tipica rurale, cercando di delineare la storia delle
manifestazioni di architettura spontanea di tutte le vallate che compongono
il territorio del Trentino, individuando le differenze, le convergenze, i rapporti, le evoluzioni e interrelazioni legate al lavoro, ai luoghi e alla posizione
geografica di ogni singolo edificio.
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La nuova destinazione degli ambienti di Palazzo Lodron Bertelli con il
nuovo progetto di fattibilità sarà così definita:
- al piano terra l’ingresso–reception, ascensore interamente in cristallo (data
l’estrema delicatezza del suo inserimento in un ambiente con quelle caratteristiche espressivo-storico-culturali), i locali tecnici, un bar fruibile
anche dai frequentatori delle adiacenti terme;
- al primo piano il museo vero e proprio, con una successione di locali
espositivi, ascensore e servizi igienici di piano;
- al secondo piano una parte destinata a sale espositive, l’altra per uffici di
pertinenza del museo;
- al terzo piano una sala per conferenze e l’appartamento del custode.
Progetto: Arch. Fulvio Nardelli.
Parte Finanziaria: l’opera comporterà un costo complessivo di €
2.367.496,00; a copertura di una tale cifra, è stato richiesto il contributo provinciale.
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PIANTA PIANO PRIMO
PIANTA PIANO TERRA RIONE LODRON - BERTELLI
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Ammodernamento e adeguamento funzionale del
Rifugio Alpino San Giuliano
Il Comune è proprietario del rifugio alpino di San Giuliano, struttura che
ormai risale all’anno 1930, quando fu costruita a servizio della comunità
caderzonese per essere utilizzata durante i periodi di alpeggio nelle vicine
malghe di Garzonè e San Giuliano. Dagli anni ’60 divenne sempre più importante il suo utilizzo come meta turistica, fino a quando, verso la fine degli anni
’90, l’Amministrazione Comunale decise di valorizzarlo maggiormente intraprendendo una prima serie di lavori di adeguamento dell’edificio, con lo scopo di garantire agli utenti standards minimi di confort, igiene e sicurezza.
Attualmente la costruzione è articolata su tre livelli:
- piano terra adibito a cucina-sala ristoro-ricovero di fortuna con annessi
servizi igienici;
- primo piano con alloggi per i gestori e camere per gli ospiti;
- secondo piano-sottotetto con possibilità di alloggio ospiti con sacco a
pelo.
La ricettività complessiva assomma a 22 posti letto, inclusi quelli riservati al personale gestore.
Al fine di razionalizzare al meglio gli spazi a disposizione, è stato porta-
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to avanti un nuovo progetto, che prevede:
l l’installazione di un nuovo “corpo di servizio”, realizzato con struttura
in legno di larice, in corrispondenza della porzione est del rifugio, al fine
di separare la zona di residenza di gestore e personale dalla vera e propria struttura turistica. Più in particolare, al piano terra si ricaverà la
nuova cucina, l’annessa dispensa, un locale da destinare a bivacco invernale, ed un vano riservato per raggiungere, al piano superiore, gli
alloggi del gestore e del personale, costituiti da due camere da letto, ciascuna con bagno. Infine, nella superiore zona a soppalco, si potrà ottenere un deposito-soffitta;
l il conseguente svincolarsi degli spazi al piano terra dell’edificio
preesistente dalla funzione promiscua di area di ristoro, cucina con ricovero di fortuna e accesso alla zona wc-docce, rendendone possibile, grazie al succitato spostamento della cucina, la destinazione prevalente a
sola sala ristoro;
l la realizzazione al primo piano del rifugio stesso di due stanze con capienza di 4 e 5 posti letto e di un bagno con doccia, e al secondo piano di
uno stanzone con ulteriori 6 posti letto, sempre servito da un bagno con
doccia;
l l’eliminazione dei manufatti precari e temporanei attualmente destinati
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PIANO PRIMO
PIANO TERRA
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al ricovero di attrezzi e legna da ardere; si prevede tuttavia di collocare,
in posizione separata ed esterna al rifugio, una piccola costruzione adibita all’alloggiamento del gruppo elettrogeno di servizio;
l il potenziamento della dotazione attuale di pannelli fotovoltaici, destinata all’illuminazione dei locali interni del rifugio, la razionalizzazione
degli impianti destinati alla produzione di acqua calda sanitaria e il perfezionamento del sistema di depurazione delle acque reflue.
Una volta ottenute entro il corrente anno 2003 le necessarie autorizzazioni provinciali e accolta la domanda di finanziamento dell’intervento, si
prevede di svolgere e concludere i lavori nel corso dell’estate-autunno 2004.
Progetto:
Ing. Giampaolo Mosca.
Parte Finanziaria: pari ad € 482.500,00 la spesa verrà coperta per il 90% con
contributo P.A.T., per il restante con mezzi propri.
Realizzazione nuova linea fognaria
Il nuovo progetto tende a realizzare un nuovo collettore per le acque
nere, che colleghi la zona di campagna a nord dell’abitato, a partire dalla
località “Ram”, con la rete esistente.
Nell’area, fino ad oggi caratterizzata da un sistema fognario realizzato
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grazie a iniziative private, sono presenti diverse aziende agricole, una trentina di edifici rurali (utilizzati come seconda casa nei fine settimana o in via di
cambio di destinazione d’uso o utilizzate come ricovero per gli stessi agricoltori), un albergo ristorante, due strutture agrituristiche (una in fase finale di
costruzione, l’altra già in possesso di concessione edilizia) e un attività artigianale con circa 15 addetti.
L’area oggetto di intervento merita priorità nell’esecuzione della fognatura, per la posizione geografica incombente sulla zona del torrente Sarca e
sulle falde freatiche; la Giunta Comunale ha operato tale scelta di priorità in
considerazione di ragioni igienico-sanitarie onde prevenire possibili inquinamenti della falda profonda dalla quale attingono l’acqua potabile i comuni
di Caderzone e Strembo.
Progetto: Ing. Gianpietro Amadei.
Parte Finanziaria: la spesa prevista ammonta ad € 524.220,00 che verranno coperti grazie al contributo provinciale previsto e con fondi propri.
Realizzazione ponte di attraversamento ciclopedonale
Quest’opera si inserisce nel quadro delle iniziative previste dall’accordo
del 1996 tra i comuni di Caderzone, Bocenago e Strembo, che auspicava la
progettazione di alcune infrastrutture di connessione fra i tre abitati; la finalità specifica degli interventi previsti era ed è quella di migliorare le possibilità di fruizione da parte della popolazione dei tre paesi, sia residente che
turistica, di un ambito territoriale ad elevata valenza ambientale come il nostro e delle sue numerose strutture di servizio (ad esempio pista ciclabile,
parco giochi, golf club ecc.).
La localizzazione del manufatto è il risultato della ricerca di un felice
compromesso tra l’esigenza di collegare in un punto strategico i due settori
del campo da golf e quella di evitare un’eccessiva luce complessiva della passerella. Quest’ultima, prevista inizialmente in 110 metri, si è poi determinata
in 95 metri circa, grazie alla nuova sistemazione dell’alveo in sinistra orografica
del fiume Sarca. Ragioni di tipo strutturale ed estetico hanno indotto alla
scelta di una tipologia strallata a doppia antenna; l’altezza delle pile dall’alveo
è di circa 6,30 metri, mentre l’altezza delle antenne dal piano di calpestio è di
circa 16 metri. La larghezza utile della carreggiata, di 2,76 metri, ha tenuto
conto della possibilità di usufruire al transito sulla passerella di un mezzo di
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soccorso, nonchè di un possibile uso invernale quale passaggio per una pista
di sci da fondo.
Punto fermo nella ricerca progettuale è stata la volontà di conferire sia
alla sagoma che allo sviluppo del ponte, una forma il più possibile leggera,
tale da controbilanciare l’altezza delle antenne e la luce considerevole.
Progetto: Ing. Alfredo Massimo Dalbon.
Parte Finanziaria: il costo di € 1.032.913,00 è stata finanziata per l’80%
con contributo provinciale, per il restante 20% dai tre comuni interessati
(Bocenago, Caderzone, Strembo).
Manutenzione strada comunale Iamon
Il lavoro riguarda la manutenzione straordinaria della strada che collega l’abitato con una zona agricola posta a nord del paese. La strada ha una
lunghezza di m. 660, e l’intervento cerca di ripristinare e realizzare le opere
di sostegno della carreggiata al fine di consentire il transito degli automezzi,
soprattutto agricoli, in modo da permettere la fienagione necessaria al soste-
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gno delle attività agricole e la conservazione del paesaggio. Il recupero della
viabilità e il mantenimento della qualità ambientale permetteranno di valorizzare un patrimonio ambientale, storico e culturale necessario alla fruizione
turistica del territorio, favorendo un utilizzo polifunzionale dello stesso.
Gli interventi si svilupperanno come segue:
l realizzazione di alcune scogliere a valle della strada, in modo da stabilizzare le scarpate e garantire la sicurezza nel sostegno della carreggiata
stradale;
l realizzazione, in alcuni tratti, di un filare di pietre alla base della scarpata di monte, allo scopo di stabilizzarne la parte basale e di delimitare
nettamente la sede stradale;
l ricostruzione di alcuni muri a secco; la scelta di recuperare tipologie
costruttive tradizionali è motivata anche dal valore storico e paesaggistico
della strada, ed inoltre dalle ridotte dimensioni della carreggiata, che
non consentono il transito di automezzi pesanti (strada trattorabile);
l sostituzione delle canalette in legno di larice esistenti e messa in opera
di nuove canalette;
l regolarizzazione del piano stradale con successivo riporto di materiale
stabilizzato.
l Progetto: Dott. Giacomo Ceranelli.
Parte Finanziaria: il costo dell’intervento ammonta ad € 56.424,00.
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La vita dal
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Passati questi primi due mesi dell’iniziativa che ha portato alla
riorganizzazione del servizio di raccolta dei rifiuti urbani, colgo l’occasione
per fornire a tutti gli utenti coinvolti qualche dato importante.
Già nel mese di maggio abbiamo assistito ad una sensibile diminuzione
delle quantità di rifiuti catalogabili come “residuo”; siamo passati da una
raccolta pari a 23.000 Kg per il mese di aprile ad una di 8500 Kg relativa a
maggio. Questo non significa che a Caderzone si producano meno rifiuti di
prima, ma almeno vengono divisi per essere successivamente riciclati.
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Numeri come questi non fanno che confermare l’impegno che tutti i
Caderzoni dimostrano nella cura del loro paese, supportando la raccolta differenziata con un comportamento responsabile, che permette un uso più razionale delle nostre risorse finanziarie ed un rapporto molto più corretto con
l’ambiente circostante.
Dopo un così promettente inizio rimangono però alcune cose da migliorare:
Ø
per evitare fastidiosi accumuli dei rifiuti nelle aree del paese adibite ad
“isola ecologica”, si ricorda che solo i rifiuti dovuti alla produzione domestica vanno lasciati in tali zone; per prodotti ingombranti o in quantità
rilevante è necessario il conferimento al Centro di Raccolta Materiali in
località “Bora”. Per chi ancora non ne fosse a conoscenza, questi sono i
nuovi orari di apertura della struttura:
Martedì
14.00-18.00
Ø
Giovedì
08.00-12.00
Sabato
14.00-18.00
è importante aumentare l’attenzione nella raccolta della frazione umida,
per la quale si invita all’utilizzo esclusivo delle apposite biopattumiere;
per quei rifiuti provenienti da orti, giardini ecc. (si ricorda naturalmente
di escludere i sassi) è consigliato l’uso autonomo di “composter”
famigliari, richiedibili gratuitamente in comune; sia i “composter” che le
piccole biopattumiere sono ancora disponibili e verranno distribuiti fino
ad esaurimento scorte.
Concludendo, vi ringrazio di nuovo per l’impegno profuso nell’iniziativa e mi auguro che si possa migliorare continuamente, sottolineando ancora
che solo un approccio razionale e responsabile può contribuire alla limitazione del problema dei rifiuti urbani, che ormai coinvolge qualsiasi comunità
mondiale, grande o piccola che sia.
Colgo infine l’occasione per portare nelle vostre case i miei più cordiali
saluti.
IL SINDACO
- dott. arch. Maurizio Polla -
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A
ttualità
La Famiglia Cooperativa di Caderzone
Venerdì 28 febbraio si è svolta l’annuale assemblea generale dei soci della Famiglia Cooperativa di Caderzone cui hanno partecipato molti Soci, e
questo dato rappresenta l’interesse che hanno i Caderzonesi per la loro Famiglia Cooperativa.
Il bilancio, approvato all’unanimità è stato esposto in modo chiaro utilizzando videoproiettore.
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I soci hanno votato le cariche sociali in scadenza e sono risultati eletti:
Presidente Colombo Sartori
Vicepresidente Giordano Polla
Consiglieri Claudio Polla e Diego Amadei
Caposindaco Claudio Mosca
Sindaci effettivi Giuliano Amadei e Lorenza Ventura
Sindaci supplementari Remo Sartori e Lucio Mosca.
Un augurio di buon lavoro per i nuovi eletti ed un sincero ringraziamento agli amministratori uscenti Paolo dott. Garbari, Marzio Polla, Antonella
Amadei che, con impegno, si sono dedicati alla Famiglia Cooperativa in questi ultimi anni.
Di seguito riportiamo il discorso introduttivo del presidente Colombo
Sartori, e l’omelia del parroco don Bruno della S.messa in sufragio ai soci
defunti della Famiglia Cooperativa di Caderzone.
Saluto del presidente Colombo Sartori
Vorrei aprire l’assemblea di quest’anno dando il benvenuto a tutti i Soci
presenti e ringraziandoli per l’attaccamento verso la Cooperativa che dimostrano anche in questa occasione.
Abbiamo appena chiuso un’annata veramente positiva, che ci ha dato
buoni risultati: lo dimostra bene il bilancio che verrà illustrato fra poco dal
Ragionier Enderle della Federazione e dal Direttore Luciano. Ma lo dimostrano bene anche la fiducia e la fedeltà di tutti i nostri Soci, la soddisfazione
di tutti i collaboratori, che vedono il loro lavoro apprezzato e riconosciuto; e
lo dimostra l’apprezzamento che il nostro marchio ha riscosso in numerose
occasioni.
La nostra non è una grande società, è molto più piccola di altre che operano nella nostra Valle. Però la nostra è una società sana, che ha dei valori e
delle tradizioni e che vuole continuare a portarli avanti. Risultati di esercizio
come quello che abbiamo raggiunto quest’anno ci permetteranno di pensare
a degli ammodernamenti, a una ristrutturazione del punto vendita, per renderlo ancora più funzionale e operativo. Ma questo non cambierà la nostra
filosofia di società cooperativa, non cambierà la filosofia della nostra produzione tipica. Il marchio “Salumi di Caderzone” è molto pregiato e ha saputo
conquistare un buon mercato: ma deve restare un marchio di QUALITÀ, non
deve diventare un prodotto di QUANTITÀ.
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Siamo sicuri che solo seguendo questa strada, che è la strada che percorriamo da sempre, la nostra Cooperativa continuerà a essere vincente e a mantenere la fiducia e l’attaccamento dei Soci dei clienti.
Questa sera dovranno essere rinnovate alcune cariche sociali: il consiglio di amministrazione auspica la partecipazione di persone attive, capaci di
dare idee e di fare proposte, perché si può crescere solo continuando a confrontarsi.
Saluto del parroco don Bruno Armanini
Siamo tornati a messa come sempre hanno fatto i fondatori delle Cooperative di Consumo. Questo è il primo motivo per gioire. Altrove non si fa.
Addirittura si colloca l’assemblea sociale alla Domenica mattina.
Venire a messa cosa vuol significare?
Tra le infinite altre cose c’è quella di fare memoria delle sconfitte e delle
vittorie per poter vivere la dimensione del credente che fa suo l’invito biblico
che afferma: in tutte le circostanze lieti e tristi rendete grazie a Dio! Lodatelo
e beneditelo in forma singola e poi comunitariamente per ricoprirvi fratelli,
sorelle, padre e madre di Cristo stesso ed accrescere così questa profonda e
vera realtà che costituisce la vera terra promessa verso cui tutti – anche se
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alcuni solo inconsciamente – tendiamo: allargare la nostra parentela che sgorga ed è sostenuta dalla
fede quella parentela composta dagli amici che “fanno la volontà di
Dio”.
Infinite sono le vittorie che anche la Famiglia cooperativa di Caderzone ha certamente riportato
nel corso dei decenni …
Quelle dell’ultimo anno verranno esposte nella relazione che
il presidente terrà tra circa un’ora.
Forse non saranno state eclatanti, così molto evidenti da colpire la nostra fantasia ormai smaliziata…
Senza conoscerle ancora nei
particolari ne sottolineo una, quella perenne e basilare della storia e della Cooperazione. Ed è quella che le
cronache dei nostri giorni ci fanno conoscere. Si tratta appunto del conflitto
d’interessi…
Il sistema cooperativistico almeno questa disgrazia ce la risparmia. E
non è poco,anzi- non dico che sia tutto- però già molto del danno che dovresti
subire se mancasse questa realtà. Questo fattore- del conflitto d’ interessi- è
tipico della società sudamericana. E sta prendendo piede un po’ovunque in
un mondo preso più dal divertimento che dalla competizione viva e propria
alle quale è chiamato colui che non vuole essere servo di nessuno e tanto
meno del tremendo potere economico. In questa spirale del potere economico non c’è spazio né per sentimenti, né per legami di amicizia o di sangue.
Per cinque lire – si usa dire- non si guarderebbe in faccia nemmeno il proprio
fratello o padre: “gli affari sono affari, “si dice. Io sono cresciuto con la Cooperazione, mio padre me ne parlava e mi portava alle assemblee dopo essere
stato come oggi avete fatto voi, alla s. messa–assemblea classica della Comunità cristiana.
Da troppe parti anche nel Trentino si collocano le assemblee sociali la
domenica mattina – in concomitanza con le assemblee liturgiche – dimenti-
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cando anzi mancando gravemente ad un momento di legame con le origini
della Cooperazione.
Assistevo quindi ai dibattiti pubblici e mi appassionavo. Essi concernevano la vita normale della società, entrate e uscite, assunzioni di uno o dell’altro, attività concentrate concernenti un po’ tutto l’andamento. «Senza la
Cooperativa – affermava mio padre morto a 95 anni – avremmo dovuto mangiare i topi.» A quei tempi il ruolo del parroco fu assai determinante, unica
persona che aveva l’autorità e la possibilità di intervenire a sostegno dei deboli. Non era molto idilliaco il clima che vi si respirava: la tensione era spesso
fortissima tra le varie correnti, tra i vari gruppi.
A Storo circa 15 anni fa, il parroco don Simone Facchini, volle salvare
con decisione la Famiglia Cooperativa, che aveva fatto un passo di
ristrutturazione troppo oneroso indebitandosi per miliardi. Lo fece vendendo tutti i terreni della Parrocchia e facendo un prestito assai agevolato alla
Cooperativa. Con questo gesto che molti non avevano capito, essa venne salvata. Lui se ne andò dal paese. Ora vive bene, ma associata ad altre del Basso
Chiese.
Altri storesi nella vicenda che tutti conosciamo si sono macchiati di responsabilità incalcolabile vendendo alla Valsabbina la loro Cassa Rurale.
Lusingati da pochi milioni affossarono la Cassa Rurale andata in rosso per
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colpa di dipendenti spericolati.
E veniamo a noi.
Finora ce l’avete fatta a conservare con onore l’autonomia di gestione.
La libertà non ha prezzo e la paga chi è cosciente. Quanto potete durare
ancora a mantenere l’autonomia?
Tra breve il discorso del presidente sarà ottimista, non ne dubito. Ce la
potrete fare ancora per qualche anno sarà una enorme soddisfazione. Anch’io sarò con voi sia come parroco che come socio perché la Cooperazione fa
parte del nostro DNA. Sarà sufficiente l’orgoglio del campanile per resistere?
…o non si renderà necessaria qualche alleanza con società limitrofe?
La prima alleanza che questa sera siamo chiamati a rinnovare è con il
Signore Dio unico garante di quanti tanti anni fa fondarono questa società ed
unico che farà garanzia per il rischio del futuro.
Preghiamo per i soci fondatori come per quanti aderirono in seguito.
San Biagio e San Giuliano, Maria Santissima ci ottengano la luce e la
grazia delle scelte più opportune sia per quanto riguarda le persone che delle
alleanze sicure.
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Alunni affascinati
dalla lezione sui rettili
di Walter Facchinelli
Il mondo dei rettili e anfibi è entrato nella scuola elementare grazie all’originale proposta di Pierernesto Righi che ha raccolto l’attenzione e l’entusiasmo degli scolari del Centro Scolastico di Caderzone – Strembo e Bocenago.
«L’erpetologo Pierernesto Righi, raccontano gli scolari, è arrivato una mattina portando con sé sette esemplari di serpenti delle nostre montagne: la vipera comune e il marasso che sono velenosi, e altri cinque esemplari innocui
che sono il saettone, la biscia tassellata, il biacco, la biscia dal collare e il colubro
liscio». L’iniziativa è nata d’intesa con l’Istituto Comprensivo Val Rendena e
così questi giovani scolari hanno appreso le principali differenze tra serpenti
velenosi e non velenosi ma non solo. Con entusiasmo i ragazzini aggiungono
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«oltre ai serpenti ci sono stati mostrati esemplari di salamandra, tritone e
ranocchi. Pierernesto Righi ci ha spiegato dove vivono, a quale altitudine si
trovano, cosa mangiano, quali sono i loro predatori e quali le loro prede».
Accanto a questo, puntualizza lo stesso Righi, ho cercato di stuzzicare la loro
curiosità senza tralasciare la sicurezza. Ho spiegato loro che la vipera morde
l’uomo solo se si sente realmente minacciata e comunque con poche precauzioni si può prevenire la morsicatura». I bambini queste precauzioni le hanno memorizzate ed affermano «si devono indossare scarponi, calze alte e
pantaloni lunghi, portare con sé un bastone e batterlo per terra, così le vibrazioni spaventano le vipere che scappano, e portare nello zainetto un
succhiaveleno con garza». Al termine della lezione Pierernesto Righi ha consegnato ad ogni scolaro un opuscolo che illustra i serpenti presenti in Val
Rendena. Unanime e positivo il commento degli 87 scolari che affermano in
coro «Siamo rimasti molto contenti perché è stato davvero interessante, abbiamo imparato dal vivo tante cose sui rettili e abbiamo scoperto anche molte
cose particolari e curiose sul loro mondo». L’auspicio è che questo tipo di
iniziative, con l’autonomia scolastica, possano essere allargate anche alle altre scuole.
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Val Rendena, la guida che mancava
di Giuseppe Ciaghi
“Un gesto d’amore nei confronti della nostra valle” la definisce l’ingegner Riccardo Maturi, “che spiega un lavoro di anni, laborioso,
assiduo, tenace”. Il riferimento del presidente
dell’Azienda di Promozione Turistica Madonna di Campiglio - Pinzolo - Val Rendena è al
bel volume “Val Rendena: guida turistica. Alla
scoperta dei luoghi, delle tradizioni e delle più
belle escursioni”, l’ultima “fatica” editoriale di
Walter Facchinelli e Giorgio Nicoletti, un tascabile riccamente illustrato di quasi 500 pagine.
Presentato in anteprima sabato pomeriggio nelle superba cornice di Palazzo Lodron Bertelli,
ha richiamato nella splendida sala conferenze
una folla di valligiani, curiosi ed interessati, convenuti a Caderzone da tutti i paesi a testimoniare con la loro presenza l’apprezzamento per
gli autori e per un’opera attesa da settant’anni
(l’ultima guida della Rendena, di Casimiro Rossi, preceduta da quelle di Cesare Battisti del primo Novecento, e di Carlo Gambillo scritta sul
finire dell’Ottocento, risale agli anni Trenta),
nella quale hanno ritrovato, con soddisfazione
ed orgoglio, tanti elementi della loro tradizione e delle loro radici. C’erano anziani e giovani, uomini di cultura e gente semplice, di poche pretese, imprenditori, commercianti, albergatori e guide alpine. Tante queste ultime, e ben
rappresentate da Walter e Ferruccio Vidi, Cesare Maestri, Pio Ferrari, Tarcisio Beltrami, che
hanno dato una mano a redigere la parte del
testo dedicata ai percorsi di montagna. Inoltre,
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sedute in mezzo al pubblico, molte autorità: dei comuni, del comprensorio,
della provincia, della magistratura e delle forze dell’ordine. Per Franco De
Battaglia, nel ruolo di moderatore dell’incontro, il libro è “la carta d’identità
della Val Rendena”, una “valle che è sempre stata dentro la storia del Trentino,
dotata come poche di bellezze naturali e di benessere economico, di valori
umani, legati alla vita di relazione e alla solidarietà, ma divisa ancora da tanti, troppi campanili”. Il volume, un “mixer di tante notizie, talune inedite,
simpatiche e sorprendenti” ha il pregio della misura e di un equo trattamento, con la stessa enfasi, per tutte le località, da quelle più celebrate alle meno
famose, attento a “dar vita a tutte le cose che s’incontrano lungo i vari percorsi”, artistici, gastronomici, etnografici, escursionistici e ambientali. Si rivolge
sia agli ospiti, “condotti per mano alla scoperta di una valle straordinaria”,
sia ai locali, che vi possono “prendere coscienza della propria identità,
riscoprire le proprie radici attraverso il recupero del passato e conoscere
meglio il territorio al fine di apprezzarlo ed amarlo sempre di più”. La sua
lettura non ci arricchisce solo di informazioni, aiuta a crescere, invita gli abitanti della valle ad unirsi, a superare le barriere dell’egoismo e dei campanili
per progettare un futuro insieme, condiviso ed aperto ad esperienze suggestive, in un forte e rinsaldato spirito di appartenenza. “Si tratta di una guida
turistica nuova, diversa dalle solite, piena di calore e di umanità, con i requi-
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siti della completezza e dell’organicità” - ha sentito il bisogno di sottolineare
in un intervento estemporaneo il dottor Italo Guarenti, consigliere della corte
dei Conti di Roma, personalità che ci frequenta da vent’anni. Walter Facchinelli
infine ha ricordato i quattro anni di impegno caparbio, di ricerche e di lavoro
spesi per comporre l’opera, confessando di averlo fatto «per conoscere più
approfonditamente la Val Rendena, che non è solo territorio, bellezze naturali, ma soprattutto terra di valori e di uomini, che meritano...» Particolarmente
apprezzato infine l’intervento di Sergio Antolini, dell’omonima Casa Editrice, la più antica e benemerita delle Giudicarie, con preziose pubblicazioni
risalenti all’Ottocento e ai primi anni del Novecento, che con questa guida
sulla Val Rendena prosegue una rinomata attività editoriale, dopo un lungo
periodo dedicato esclusivamente alla tipografia ed alla cartoleria.
Per la cronaca, dopo il benvenuto del sindaco Maurizio Polla, sono intervenuti sul tavolo dei relatori (Franco De Battaglia, Riccardo Maturi, Sergio
Antolini e Walter Facchinelli) a portare il loro saluto, la loro testimonianza e
a complimentarsi con gli autori il presidente del consiglio provinciale Mario
Cristofolini e l’assessore provinciale Remo Andreolli. Il volume sarà inserito
sulla bancarella delle pubblicazioni del Festival della montagna di Trento e
sarà prossimamente presentato a Palazzo Trentini.
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L’esempio per altre Valli
“Alla scoperta dei luoghi, delle tradizioni e delle più belle escursioni” recita il sottotitolo della guida turistica sulla Val Rendena di
Walter Facchinelli e Giorgio Nicoletti. «L’aver lasciato per ultimi gli
aspetti alpinistici - ha fatto notare Franco De Battaglia - merita una considerazione. Significa aver restituito importanza anche ad altri valori,
riconoscere che l’ospite è cambiato e non s’accontenta più di una gita,
ma vuol avvicinarsi ad altre cose (ambiente, natura, folklore, usi, costumi, gastronomia, artigianato e quant’altro), significa pure che occorre
cambiare il modo di fare turismo: prima che con le gambe si viaggia
con la testa! Questo libro può essere la prima pietra da cui partire, sulla
quale costruire, può essere preso ad esempio anche dalle altre vallate
del Trentino».
Il volume, un tascabile di 21 x 13,5 cm., e 488 pagine, tutte
a colori, introdotte da un’idea della Rendena, colta nei versi
suggestivi di Livio Botteri, si articola in dieci sezioni. Dalla descrizione del paesaggio (con appunti sulla natura, il
clima, il parco naturale, la geografia), attraverso alcuni
capitoli di carattere generale dedicati alla storia, alle tradizioni, all’economia, all’arte e alla gastronomia veniamo portati a visitare uno per uno tutti i centri della
valle, accolti dentro il mondo di ogni piccolo centro, invitati a scoprirvi le caratteristiche di ciascuno, ciò che li accomuna e quello che li rende così
diversi. Gli itinerari alpinistici, le offerte della stagione invernale ed una preziosissima “guida ai servizi” concludono
un’opera che si legge d’un fiato,
piena di notizie e di tante
“chicche” originali, sparse qua e là nel racconto, che la rendono
particolarmente
gradevole.
(g.c.)
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Vita delle
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ssociazioni
22° Raduno Scialpinistico
della Val Rendena
Luca Leonardi
Presidente Gruppo C.A.I. – S.A.T. Val Genova
Si è svolto con pieno successo il 22° Raduno Scialpinistico della Val
Rendena organizzato dal Gruppo C.A.I. – S.A.T. Val Genova di Bocenago,
Strembo, Caderzone nei giorni 13 e 14 aprile 2003. La manifestazione ha attratto una settantina di appassionati che, sci ai piedi, dal Passo del Tonale
hanno raggiunto i rifugi Mandrone e Lobbia Alta per poi scendere in Val di
Borzago. Malgrado il tempo poco favorevole del sabato, che aveva fatto pensare ad una sospensione della manifestazione, si sono trascorsi due giorni
stupendi tra le nevi dei ghiacciai dell’Adamello. La nebbia del primo giorno
è stata sconfitta tracciando molto bene il percorso anche grazie alla collaborazione del gestore del rifugio Lobbia Alta. Ma già sabato sera le condizioni
meteorologiche sono nettamente migliorate e, come anticipato dalle previsioni meteo, risultate poi molto attendibili, la giornata seguente è stata limpidissima.
Questa manifestazione conta su un piccolo esercito di volontari composto da Guide Alpine, Vigili del fuoco, uomini del Soccorso alpino e addetti ai
punti di ristoro. Quest’anno la Provincia ha messo a disposizione l’elicottero
per tracciare il percorso dalla Lobbia Alta alla Val di Borzago e, grazie alla
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professionalità degli organizzatori, tutto si è svolto senza intoppi. Per motivi
di sicurezza, considerata la presenza di neve fresca, gli scialpinisti non hanno
svalicato dal Passo Cavento ma, dalle Lobbie hanno raggiunto la Val di
Borzago passando per il Passo Lares e la vedretta dei Pozzoni. Sul percorso
sono stati sistemati ben 600 paletti, uno ogni 15 metri, in modo da evitare in
maniera assoluta la possibilità di perdere la traccia. Al ritorno presso l’hotel
Rio a Caderzone si è conclusa la manifestazione con la consegna di un paio
d’occhiali ad ogni partecipante e l’estrazione di molti premi messi a disposizione da molti sponsor locali. Unanime l’apprezzamento dei partecipanti,
alcuni dei quali provenienti da Trieste, Parma, Bolzano e dalla Val di Fassa,
per questo Raduno Scialpinistico che esprime il vero modo di andare in montagna.
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Il Golf Rendena promette
il rilancio economico della Valle
di Walter Facchinelli
Nella splendida cornice della Club House il 3 maggio 2003 si è svolta
l’assemblea ordinaria dei soci della Rendena Golf SpA presieduta da Marcello
Mosca. L’attenzione dei soci è andata al bilancio 2002 che presenta una perdita netta d’esercizio pari a 43.356 Euro. A questo proposito Marcello Mosca ha
spiegato che il deficit è dovuto «alla rilevantissima voce “ammortamenti”
che incidono per 62.314 Euro e portano il margine lordo della gestione da un
segno positivo per 41.168 Euro ad un valore negativo. Ma, non c’è di che
preoccuparsi, ha sottolineato il presidente Mosca ai soci presenti «la nostra
società, ha affermato Marcello Mosca, pur chiudendo in perdita riesce a registrare un flusso positivo di capitale circolante per quasi
19.000 Euro». L’assemblea dei
soci è stata preceduta da un
incontro dei responsabili del
Golf Rendena con gli amministratori locali ed i presidenti e
direttori delle Casse Rurali
della Val Rendena. Un incontro definito «molto positivo e
proficuo» dal presidente Mosca che tiene a sottolineare «il
clima di massima soddisfazione» dovuto ai benefici che la nascita del Golf Rendena ha portato. «In Valle,
ma soprattutto nella immediate vicinanze, ha spiegato Marcello Mosca, dopo
la nascita del campo golf sono fiorite numerose iniziative immobiliari e commerciali che promettono un rilancio economico della Valle». Qui gli esempi
si sprecano, dopo la prestigiosa apertura di Villa Golf a Caderzone, una bella
struttura recettiva immersa nel verde del campo golf, nei paesi di Caderzone,
Strembo e Bocenago sono state innalzate quattro gru per costruire degli edifici che si richiamano anche nel nome al campo da golf, da Ville sul golf a
Residence green, a Residenza golf. Edifici che promettono di allargare la ca-
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pienza edilizia dei paesi che guardano sul campo golf, portando un indotto
economico di tutto rispetto.
«Il golf della Val Rendena, afferma Marcello Mosca, giorno per giorno si
dimostra quel volano economico che molti attendevano, un punto importante di promozione del territorio». La società Golf Rendena che l’assemblea
dello scorso anno ha trasformato da Srl in SpA, conta 370 soci e 105 di questi
sono golfisti praticanti, soci dell’associazione Rendena Golf Club presieduta
da Angelo Tisi. I soci della SpA sono rappresentati da 9 Comuni della Valle,
4 Casse Rurali della Val Rendena, 19 alberghi, 30 società commerciali, 1 Consorzio turistico, 155 soci residenti nel C8 e 151 residenti fuori dalle Giudicarie.
Ritornando sul deficit del 2002, Marcello Mosca ha ricordato che «lo scorso
anno i soci prevedendo questa situazione avevano deciso di riequilibrare la
società attraverso un aumento di capitale sociale da Euro 1.020.000,00 a
1.530.000,00». «Alla data del 15 aprile 2003, ha ricordato William Bonomi il
commercialista del Golf Rendena, il capitale sociale sottoscritto ammonta a
1.156.000,00 con un residuo da collocare di 374.000,00 Euro». Tra le novità
presentate ai soci spicca la massiccia promozione del golf e della Val Rendena
a livello locale, nazionale ed
internazionale. Dati alla mano
Marcello Mosca afferma «in 18
mesi abbiamo speso la ragguardevole cifra di 155.000
Euro nella promozione» ed ha
ricordato intere pagine apparse sulla Gazzetta dello Sport,
sul Corriere della Sera, il Mondo del golf, Golf e Turismo e
sui quotidiani locali. Un accenno alla presenza di Costantino Rocca, il “testimonial del
Golf Rendena” grazie ai rapporti di amicizia con Angelo
Tisi e Marcello Mosca. Tra le
novità del 2003 la nuova gestione del bar-ristorante in
Club House, ora affidata alla
Grual srl «un’azienda affidabile composta da professionisti della Val Rendena».
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D
Disegno di Alfredo Amadei
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D
Na Pasiùn cume n’aftra
Sal prà dala val
l gà sü in casöt fità,
na banca, in fugular,
e amù, cume sti agn,
tüc i mür e ‘l ciel
di calin ingranizà.
m
In bel tuchel di prà
cul so bistiam mulà,
ma, invezi chi stüpai,
da ‘n fil di scossa rus
inturn l’é recintà.
In cavalin e n’asan
do fidi cun l’agnel
tri cavri in cion e ‘n can
poc lat giàl bazidel.
I guerna in dì par ün
e in dì par ün i triga,
i dis cà l’e pü bel
e l’e di men fadiga.
Al Lino e ‘l Manuele
ciapè dai so mister
sperum cài gata ‘l temp
da nar cula murusa,
cul bel soriso dulz
e cun in fiur di rosa.
Alfredo Amadei
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2003
Anno Internazionale dell’Acqua
L’acqua è il simbolo eterno della vita,
luogo della indispensabile riconciliazione tra l’uomo e la natura,
materia primigena,
forza di evoluzione,
dominio della ricerca scientifica,
della sperimentazione dell’ingegno umano
e dell’ispirazione artistica,
condizione per ogni insediamento umano.
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La pagina dei
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ambini
Un incontro interessante
Gli alunni del Centro Scolastico
Un pomeriggio di marzo siamo stati invitati dall’Amministrazione Comunale di Caderzone ad ascoltare ciò che aveva di piacevole da raccontarci il
Professor Gianluigi Rocca a proposito della sua vita trascorsa tra il lavoro di
insegnante e l’attività svolta in malga.
Seduti comodamente nella bella e accogliente sala di Palazzo Bertelli,
abbiamo ascoltato le parole del Sindaco che ci ha presentato il Professor Rocca e ci ha raccontato che proprio il Professor Rocca ha deciso di donare all’Amministrazione di Caderzone parte della sua collezione di strumenti e
oggettistica raccolti durante gli anni di permanenza presso le malghe
giudicariesi, materiale che noi avevamo già avuto modo di vedere lo scorso
anno durante una visita al Museo della Malga. Ci è stata proposta una videocassetta nella quale il Professor Rocca era presente nelle vesti di insegnante
all’Accademia di Belle Arti di Brera e nelle vesti di “malgaro”; è stato interessante cogliere gli aspetti più significativi della vita in montagna, come la
mungitura delle mucche, le uscite con la mandria, l’aiuto prezioso dei cani, il
lavoro poco piacevole di seppellire le mucche e i vitellini morti.
Abbiamo notato come può essere faticosa la vita su una malga, ma nello
stesso tempo abbiamo visto che può essere molto divertente per noi bambini,
infatti i figli del Professor Rocca sembrava si divertissero molto mentre scendevano su una “specie di slitta” piena di foglie da un ripido sentiero.
Dopo il filmato il Professor Rocca ha cortesemente risposto alle nostre
domande che, alcune volte, potevano sembrare un po’ banali o strane!
A conclusione dell’incontro, gli organizzatori ci hanno offerto del tè caldo che tutti noi abbiamo gradito, ci hanno poi scattato alcune fotografie a
ricordo di questo pomeriggio trascorso in compagnia di questa persona così
ricca di “cultura della montagna”.
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Festa degli alberi 2003
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Le voci al
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emminile
Al Bròz: forse solo i nonni lo ricordano
di Tullia Polla
Il Bròz ha due ruote ed è tirato dai buoi o da qualche asinello.
Povere bestie che trascinavano quel carro carico di legna, di fieno o di
fogliame. Ma quello che Vi racconto fu il lavoro che eseguì mio marito nel
lontano 1947.
Alla malga Campo c’erano i carbonai, i quali producevano molto carbone. Quando il “pöiat” (catasta di legna bruciata) era freddo, il carbone veniva
messo nei sacchi. Quell’anno fu utile il Bròz tirato da un umile asinello, che
all’autunno aveva cotto il cervello come colui che lo adoperava.
Erano due ruote e dietro due pali che toccando terra tenevano sollevato
il carico. Si facevano due viaggi al giorno, dalla malga a casa. Spesse volte, in
cima a quei sacchi di carbone, vi era un “nigutin” dalle penne rosse. In una
foglia di “sfross”, delle grandi foglie che crescono in luoghi umidi; un po’ di
ciliegie colte sui monti, due fragole e qualche mirtillo. Tutto era pronto per
mangiar polenta per i figli, per noi, una verza o dei fagioli conditi.
Quel povero Bròz passava per vie strette e sassose e l’asino si doveva
puntare per tirarlo, ma a quei tempi si pregava il buon Gesù che il carbone
non finisse più.
Ora tutto è cambiato, per andare in malga si va in macchina, si gode
tanto di visuale e senza neppur sudare.
Si sentono i clacson ad ogni curva, non come a quei tempi, dove i rumori
erano i ferri dell’asino o le ruote che cigolavano, non essendo coperte da gom-
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me ma da cengie di ferro affinché il legno non si consumasse o il logorio le
rendesse inservibili.
Nello zaino un po’ di pane di segala e un po’ di formaggio, d’acqua era
piena la montagna e si gustava la frescura.
Era un lavoro stressante ma fatto con amore da due mani nere ed un
cuore d’oro.
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... vecchie e nuove architetture.
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Neppure i conigli
di Elena Wodniak Amadei
Mi sembra ieri allorché, con mio fratello, ad ogni occasione buona andavo in montagna a scoprire nuove località ed a contemplare nuovi panorami.
A quei tempi noi si abitava sulle rive del fiume Sarca e pertanto sapevamo pescare come si deve. Ci procuravamo, da veri esperti, l’esca nei grossi e
vecchi ceppi delle piante di castagno: erano piccoli lombrichi adatti alla nostra attrezzatura da “pescatori in erba”.
Divenuti in breve tempo pescatori provetti, decidemmo di mettere alla
prova la nostra abilità ai laghi di San Giuliano e precisamente in primavera
(una primavera ormai lontana) quando i laghi, coperti di ghiaccio sgelavano
e i salmerini salivano in superficie affamate.
Il nostro itinerario non era certo facile, dal momento che salivamo al
monte Zumei in linea retta per fare più presto. Era, come s’è detto, primavera
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ed il pensiero dei laghi sgelati e dell’abbondante pesca che ci stava attendendo non faceva sentire la stanchezza. Arrivati – quella mattina – prestissimo
sulla così detta “Culm”, lo spettacolo che si presentò ai nostri occhi era da
togliere il fiato.
Il cielo era ancora stellato, la cima della Presanella soltanto appariva tutta dorata dal sole, i laghi invece mostravano ancora tutto il loro inverno di
neve e di gelo. Decidemmo così di tornare lassù in un momento migliore, e di
ridiscendere a valle dal versante opposto, cioè da Malga Campo.
Giunti a Malga Campo, il verde manto erboso che si presentò in tutta la
sua tenerezza primaverile ci ricordò i “farinei” che la mamma ogni anno in
quella stagione andava a raccogliere sul “Grass delle Zerle” di Bocenago.
Tutti contenti, anzi compensati per la mancata pesca dall’abbondanza di
quei germogli farinosi che vedevamo ovunque e, con i quali pensavamo di
far felice la mamma, ci ponemmo a riempire i nostri zaini di quei delicati
“farinei” detti anche spinaci selvatici.
Quando gli zaini (che dovevamo riempire di pesci!) furono pieni di farinei,
anzi così rigonfi da non poterli quasi chiudere, riprendemmo soddisfatti il
cammino verso casa. Ma ecco che, arrivati al Monte Ruina, incontrammo un
uomo di nome Danilo che, vedendoci curvi sotto il peso degli zaini, ci chiese
che cosa avevamo raccolto.
«Farinei!» gridammo trionfanti.
Egli però, dopo averli osservati bene, commentò «ho paura che vi siate
sbagliati: questi sono “sfross”!»
E aveva proprio ragione. Giunti a casa, i nostri “farinei” non li vollero
mangiare neppure i conigli”.
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La Banca dai “Gaspar”
e la gente d’altri tempi
di Bonomi Margherita in Mosca
Erano gli anni 60-70 e abitavo in via Verdi al numero 7.
Vicino alla mia porta d’entrata c’è sempre stata collocata una panca che
era chiamata “la banca dai Gaspar”. Di fronte c’era e c’è tuttora la fontana.
Erano ambedue care agli anziani, in quanto erano un punto di riferimento a
metà strada tra la sommità del paese e la chiesa.
Si fermavano tutti per fare una siesta o per bere un sorso d’acqua fresca.
Ero una giovane sposa ed ero sempre lì con i miei bambini, tutti quelli
che passavano mi dicevano la loro, ed io li ascoltavo con grande rispetto perché era gente umile e sincera; c’era sempre tutto
da imparare.
Vorrei citare alcuni
nomi di quelle persone
con cui avevo più confidenza, con la speranza di
non offendere nessuno
perché, non essendo del
paese tutti non li conoscevo.
La zia Felicita, una
friulana santa che tanto
ha lavorato ed era sempre stanca. Poi il Biasin
che, col suo sorriso mi diceva: «Bundì spusa» e
continuava la discesa.
Veniva la Giuditta, simpatica e divertente, ne
raccontava sempre una e
rideva allegramente. La
Maria dal Binin con la so
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Albina, con il pappagallo in spalla portava l’allegria. La Luzia dai Giarvas, la
Severina, che cantava molto bene, per questo anche in chiesa la sua voce era
attesa.
L’Adelaide e l’Albino, sempre allegro e contento, giocava coi bambini
che scappavan come il vento. Virginia e la Pierina; e giù nella coort zio Gustin
e zia Adelina, il Luigi e la Giacomina, i nonni Gino e Barbarina e arrivavan
pure la Irene e la Onorina.
E qui ci sono gli ultimi, la Gigia, il Bepi e l’Urbino; quanti erano gli anziani con il cuore da bambino.
Li rivedo ancora tutti seduti sulla panca, ma adesso ci sono anch’io che
ne ho più di settanta. Se mi siedo sulla panca ancora oggi come allora, rivedo
quella gente passare a ogni ora.
Guardando la fontana che sempre gorgogliava, ricordo quella gente che
tanto la amava. Or piange giorno e notte con la sua nenia stanca, canta a chi
sedeva sulla panca.
Li ricordo con malinconia e penso
che tutti abbiam avuto tanto da imparare
e chi li ha conosciuti la loro eredità non è andata perduta.
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... le nuove Terme.
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G
iovani idee
L’Europa illusa
di Alessandro Valentini
Il mondo contemporaneo, più precisamente il mondo occidentale, si trova oggi ad un bivio: deve decidere se proseguire compatto il suo cammino
oppure scindersi in due componenti, a grandi linee l’europea e l’americana,
profondamente distanti nel modo di gestione dei rapporti con interlocutori
esterni. Esiste, in generale, un diverso modo di analizzare la realtà; tutti sappiamo cosa s’intenda con quest’ultimo termine, la realtà è il concreto, ciò che
materialmente ci circonda e influenza. E’ l’economia, sono le risorse che ci
permettono di condurre una vita agiata, è il denaro. Sono anche ricchi e poveri, sazietà e fame, abbondanza e carestia...
Nel corso della nostra evoluzione come specie, abbiamo cercato di analizzare tutti questi fattori-problemi, di capirne cause ed effetti, di creare strumenti grazie ai quali sottometterli ai nostri interessi: subito sorsero arti
divinatorie e guerra, poi religione, filosofia e diplomazia, infine la scienza.
Escludendo la prima opzione, ormai ininfluente, ogni altra strada continua
ad essere battuta, in un mix che varia da blocco a blocco, da un’epoca all’altra. Il punto di forza della risposta occidentale, che le ha permesso di risultare il modello vincente e che tuttora continua in parte a farlo, è sempre stato,
nei momenti di maggior fulgore, il saper conciliare visione etico-filosofica e
religiosa con un buon grado di pragmatismo, dunque saper scegliere il momento nel quale dialogare e il momento nel quale prendere delle decisioni
definitive e, se necessario, agire imponendole anche ad una parte avversa,
pensando di farlo per il bene di entrambe.
Tuttavia oggi si può notare come dalla sponda orientale dell’Atlantico, a
conclusione di un percorso che parte dall’esperienza maturata nei due terribili conflitti bellici mondiali, giungano preoccupanti segnali di squilibrio di
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questo mix. È come se si volessero rigettare le componenti pragmatiche per
ridurre tutto ad uno sterile cavillare, al formulare sempre nuovi interrogativi, dubbi, senza mai fornire delle risposte. Data una simile visione, appare
indegno di una società civile e avanzata qualsiasi ricorso alla forza per dirimere
controversie internazionali spesso abbastanza scottanti, come la storia molto
recente ci ricorda. Ma come conciliare pensieri come questo con il mondo
reale, fatto di nazioni autoritarie, governate da tiranni senza scrupoli che calpestano i diritti di milioni di innocenti, di cruenti conflitti scoppiati per motivi che vanno dal religioso all’economico, al razziale e che insanguinano un
intero continente? Eppure l’unica azione che i civilissimi governi europei si
permettono di intraprendere è quella di cercare un dialogo; dimenticano peraltro che in un dialogo devono confrontarsi due o più interlocutori con idee
conciliabili, dotati dello stesso “linguaggio”, e, perché no, allo stesso grado di
sviluppo storico. Diversamente, è la parte più evoluta che deve abbassarsi al
livello inferiore, lanciando messaggi più comprensibili. La metafora si riferisce ovviamente ad un possibile uso della forza, nel rispetto dell’unica legge
preesistente a qualsiasi civiltà dell’intero universo, la legge naturale, la “legge del più forte”. Si tratta dell’ultimo mezzo da usare, certo, ma è un mezzo
in nostro possesso, e questo non va dimenticato.
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La verità è che in una zona del mondo come l’Europa Occidentale, che
negli ultimi 50 anni ha conosciuto uno sviluppo socio-culturale senza pari,
un secondo Rinascimento, nella quale la guerra non è più un metodo per
risolvere dei problemi, si è dimenticato che lo stesso background è assente
altrove. Gli europei vivono in un paradiso, dove effettivamente le leggi internazionali e il rispetto dei diritti altrui sono valori imprescindibili; lo sbaglio
sta nel non capire che agendo al di fuori di un simile contesto i valori cambiano. Questo gli Stati Uniti lo hanno sempre saputo, e nessun progresso straordinario è riuscito a farglielo dimenticare. Essi si sono assunti, prima spinti
dalla stessa Europa, ultimamente per scelta personale, il compito di fare da
“sceriffo” dell’ordine mondiale, di essere l’estremo baluardo di valori che
noi tutti diamo per scontati ma che in realtà ogni giorno vengono rimessi in
discussione: la democrazia, i diritti civili, il benessere personale. Questo
sceriffo, che si è appuntato la stella da solo, è però gradito ai più, e “cerca di
imporre un minimo di pace e giustizia in un mondo selvaggio, in cui bisogna
scoraggiare o annientare i banditi, spesso con le armi”, usando le parole dello
storico Robert Kagan. L’Europa, per concludere questa seconda metafora, si
comporta invece come il gestore del saloon, poiché i fuorilegge “sparano allo
sceriffo, non all’oste”. “E all’oste lo sceriffo che cerca di imporre l’ordine con
la forza può a volte apparire più minaccioso dei banditi che, almeno per il
momento, forse vogliono soltanto bere”. Ma di tutto ciò non ci si vuole
accorgere, ed ecco allora che gli Stati Uniti diventano essi stessi i veri colpevoli della situazione esistente, è con la loro visione imperialistica che causano
disordini e diatribe; ed ecco allora che si scende in piazza e si bruciano le loro
bandiere, e mentre scrivo mi vergogno che tra gli italiani e gli europei esistano persone capaci di azioni come questa, ci si comporta come quelle folle
arabe che, forse ricorderete, scesero in piazza l’undici settembre 2001 per festeggiare il crollo delle due torri. Ci si è dimenticati che 50 anni fa, mentre i
nostri padri pensavano a ricostruire solide fondamenta per il nostro futuro,
migliaia di giovani americani vigilavano affinché questo potesse avvenire
senza pericoli, così come altri giovani vigilano oggi per il nostro presente.
Non voglio certo dire che il loro aiuto sia stato e sia del tutto disinteressato, al
contrario, i vantaggi sono evidenti per entrambe le parti ma questo nessuno
cerca di nasconderlo; torno a dire che si tratta comunque del mondo reale,
non di una parabola, e io apprezzo molto di più il realismo che l’ipocrisia,
quell’ipocrisia, tipico sentimento italiano, che fa dimenticare in fretta il passato, fa scomparire la riconoscenza dovuta, trasforma in pochi giorni milioni
di fascisti in partigiani, contesta le forze dell’ordine perché un povero milite,
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onde evitare di essere ucciso a colpi di estintore, spara per autodifesa... (non
discuto il dolore dei familiari della vittima, ma certo una persona normale
non dovrebbe trovarsi coinvolta nell’assalto ad una jeep dei carabinieri) e gli
esempi potrebbero continuare all’infinito.
Gli Usa non sono perfetti, al contrario, ma sono certo migliori di noi in
molte cose. Qualcuno potrebbe citare gli squilibri di una società come la loro,
ebbene non li dimentico: i poveri sono “più poveri” in America che in Europa, il sistema assistenziale statale è inesistente, ci si può trovare in mezzo ad
una strada nel giro di 24 ore ma qualunque americano, come è ben conscio di
tale pericolo, sa anche altrettanto bene che può avere una possibilità, la possibilità di ottenere il successo, di coronare i propri sogni; difficile ma possibile. I moderni Stati Uniti sono ormai, nella maggior parte dei casi, una patria
per gente di qualsiasi razza o religione, la loro classe politica non promette
cose irrealizzabili, ma lavora perché sempre più cittadini ottengano uno
standard di vita elevato; bandiera e inno nazionale sono ancora dei valori
sentiti, sono ancora in grado di convincere dei giovani, figli di emigrati, magari dalle radici messicane, o polacche, o cinesi, cresciuti nel nuovo paese, ad
accorrere nelle fila dei marines per poter diffondere in altre zone del pianeta
i valori che hanno conosciuto, per portare la speranza di un futuro migliore
anche in altre nazioni (e non riduciamo tutto questo ad una semplice questione di propaganda, come cerca di fare buona parte della classe politica italiana). Gli americani non dicono al resto del mondo, come fecero invece gli
ateniesi a Melos nel 416 a. C., “i forti governano dove possono e i deboli
soffrono quello che devono”; non sono mai stati seguaci di Macchiavelli. “La
loro è una società intrinsecamente liberal-progressista ed essi, nei limiti in
cui credono al potere, lo considerano un mezzo per far avanzare i principi di
una civiltà e di un ordine mondiale democratici” (Kagan).
C’è sempre un prezzo da pagare, anche nella recente guerra in Medio
Oriente lo si è pagato, ma era necessario. Chi ha il diritto di decidere per gli
altri? Proprio perché viviamo in uno stato civile ed evoluto, dove l’informazione è libera e di facile accesso a chiunque, possiamo capire che il futuro che
sta per arrivare in Iraq sarà certo migliore del passato e che i morti avranno
perso la vita per rendere infinitamente migliore quella dei superstiti, non per
la gloria di un improbabile Rais, come nei precedenti conflitti contro Iran o
Kuwait.
In definitiva, non si tratta di scegliere tra un mondo perfetto e qualcosa
d’altro, si tratta esclusivamente di scegliere il mondo migliore possibile, adesso, e tra tirannidi, integralismo islamico, comunismi più o meno illuminati o
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capitalismo più o meno liberal-democratico la scelta, alla luce dei risultati
della storia, appare abbastanza scontata. Come disse lo statista Benjamin
Franklin (1706-1790), “la causa dell’America è la causa di tutto il genere umano”. E allora forse faremmo meglio a chiudere il saloon e a proporci per un
posto di vicesceriffo, col quale ottenere un ruolo attivo nella protezione e nel
progresso degli ideali occidentali. Quando questi saranno diventati patrimonio comune di tutta l’umanità, quando dunque sussisterà nelle coscienze
di ciascuno lo stesso codice di linguaggio, solo allora potremo dimenticare
per sempre la barbarie che qualunque guerra porta con sé.
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Nelle pagine della
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toria
Nel novantesimo anniversario
della Prima Guerra Mondiale
ricordiamo Rodolfo Polla
Presentazione dell’autore
Rodolfo Polla nacque a Caderzone nel 1887. Si diplomò maestro a Rovereto,
grazie all’aiuto dello zio Antonio Polla, deputato del Tirolo meridionale alla Dieta di
Innsbruck. Sappiamo che, raggiunta la maggiore età, e ricevuto un incarico scolastico, egli restituì allo zio fino all’ultimo centesimo il denaro avuto per mantenersi agli
studi. Fu, oltre tutto, sempre eroica la sua parsimonia. Tanto è vero che – per risparmiare – percorreva il tragitto Caderzone-Rovereto per lo più a piedi. E così faceva nel
ritorno a casa, alla fine d’ogni mese.
Anche per questo riuscì ad essere un pioniere in vari sport. A cominciare con gli
sci che egli usava regolarmente d’inverno, dal 1908 al 1912, per recarsi ogni giorno a
fare scuola a Pinzolo. Inoltre con la bicicletta, con la quale si recava in tutta la valle,
e in particolare a Madonna di Campiglio, lungo la vecchia strada mavignolese non
certo asfaltata. Infine con l’alpinismo, sia in roccia che su ghiaccio.
Fra le sue numerose ascensioni memorabile rimase quella del 10 ottobre 1912
sul Campanile Basso, in piena dominazione asburgica, riuscendo a far sventolare
sulla cima il tricolore italiano.
«Or fu durante quell’anno – scrisse il quotidiano l’Adige – che il maestro Rodolfo
realizzò l’impresa più bella della sua giovinezza. Con l’entusiasmo proprio dell’età,
ravvivato dall’esaltante amore per i monti e dal suo profondo attaccamento all’Italia,
volle beffare a modo suo l’Imperial Regio Governo con una dimostrazione della sua
alta idealità senza per questo far del male a nessuno. Con il fido amico Italo Lunelli
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prese la via del Brenta. Nello zaino, oltre alle vettovaglie, aveva una bandiera tricolore. Inerpicatisi fra i pinnacoli dolomitici, i due scelsero come loro ultima meta il Campanile Basso, emblema di tutte le Dolomiti occidentali».
Sia il Lunelli che il Polla naturalmente si ripromettevano di riuscire ad effettuare la scalata nel pomeriggio di quel 10 ottobre 1912, e di ridiscendere prima di
sera, evitando di essere scorti per quella bandiera issata sulla cima. Uno spaventoso
temporale invece li colse, sulla via del ritorno, in parete, dove rimasero tutta la notte
in balìa di un vero e proprio diluvio.
Ogni cosa comunque andò per il meglio! E Caderzone – sempre così estranea
agli accadimenti politici – rimase nella storia irredentista di valle per questo evento
audace ed unico, che vide il vessillo italiano garrire al vento, su una delle vette più
leggendarie del Trentino, fino all’estate del 1913, senza che alcuno potesse porre rimedio a un tale scorno inflitto alla massima potenza europea.
Rodolfo Polla partecipò alla guerra mondiale del 1914-1918, ma come sospettato di irredentismo fu obbligato a portare sul braccio «una fascia di riconoscimento» e
non potè ottenere il grado di ufficiale che gli sarebbe stato dovuto. Qualcuna delle
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vicende belliche da lui vissute vennero raccolte in un suo “diario di guerra”, con
parole ora semplici ora toccanti.
Nella scuola trentina del dopo guerra, della quale subito fece parte, fu tacciato
dai nuovi dirigenti italiani (per la sua levatura morale, senza patriottismi fanatici)
“un fascista piuttosto tiepido” per cui gli venivano costantemente negati gli avanzamenti di grado. Del resto era l’esempio di dedizione alla famiglia e alla scuola ciò che
importava al maestro Polla.
Pochi mesi prima di morire si iscrisse all’Avis, allora appena costituita.
Si spense nel 1966, tre anni dopo la scomparsa dell’integerrima sposa Emma
Caola, che aveva sposato nel 1913.
Nel novantesimo anniversario della Prima Guerra
Mondiale 1914 – 1918
DIARIO
Ins. Rodolfo Polla nato a Caderzone nel 1887
31.7.1914
All’annuncio della mobilitazione, lasciai il corso di disegno per recarmi ad
ogni costo a salutare la mia famiglia. Essendo impossibile la partenza, causa
il sequestro di ogni mezzo di locomozione da parte dei militari, decisi di partire all’indomani.
1 AGOSTO 1914
Alle 4 antimeridiane mi alzo e corro in Largo Carducci; leggo l’avviso per la
mobilitazione, vado da Zamboni, è già pronto, e con lui e gli altri 3 colleghi
parto per casa.
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In ogni paese regna uno scompiglio e regna grande impressione per la chiamata di tante forze sotto le armi. A casa trovo la moglie che impressionata
dalla mia partenza è inconsolabile.
Resto fermo alle 7 ½ pomeridiane sempre inquieto per il ritardo della partenza e per la paura di farmi aspettare.
Con un carro arrivo a Tione alle 11 pomeridiane. Il trovar da dormire è un’impresa; finalmente sotto l’incerta guida di un soldato si trova ricovero in una
caserma. Il letto è fatto dal pavimento il guanciale da un baule.
2 AGOSTO
Si parte per Trento alle 7 ½ . L’auto è pieno sotto e sopra tanto che le molle
non hanno più nessun ufficio.
Arrivo a Trento alle 11 ½ e vi resto fino alle 5 aspettando il treno che mi deve
portare a Bressanone. In questa città arrivo alle 7, vado a cena e poi non potendo trovare alloggio, vado a dormire in un campo d’orzo.
Il movimento della città è grandissimo, canti, urli e discorsi in tutte le lingue.
La notte passa abbastanza bene, dopo mezzanotte faceva freddo, ma dei covoni sparsi qua e là furono raccolti.
3 AGOSTO
Mi presentai presso il Comando ed ebbi l’ordine di essere pronto per le 1½
per il pranzo. Un pezzo di carne, rubata con spinte e sforzi in una gamella
unta e bisunta d’ogni odore e profumo per il pranzo promesso.
Per fortuna ebbi qualche cosa dalla donna di un casellante e quindi potei
restare fino alla sera. Nelle osterie ed alberghi era impossibile aver da mangiare. In tutta la città non fui capace di trovare un pezzo di pane. Venne sera
e per fortuna trovai da dormire su paglia nella stanza, dove avevo dormito
per 28 giorni due anni prima.
4 AGOSTO
Giorno di aspettare senza meta, continui appelli e divisioni in squadre. Nulla
di straordinario.
5 AGOSTO
Alla mattina la divisione in squadre, appelli in piazza d’armi. Alle 5 pomeridiane venni mandato al Quadro per recarmi a Linz a far da cuoco. Mi tocca aspettare fino alle 12 per ottenere tutto ciò che era necessario, vestiti e munizioni. I
vestiti sono vecchi e logori, quindi nasce la speranza che in guerra non si andrà.
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Alle 12 mi recai alla stazione per aspettare il treno, ma il treno non viene, sicché
si ritorna in caserma ove è impossibile trovare da dormire, quindi si deve accontentarsi di riposare senza cena sotto un pero del Convento dei Francescani.
6 AGOSTO
Sono le 6, le goccioline di pioggia ci svegliano e fanno cambiar letto, lo si
trova vicino, su una panca. Alle 10 si parte e alle 1 si è arrivati alla stazione di
Franzsfeste. Qui si deve aspettare il treno che parte solo alle 3 ½. La pioggia
continua. Treni zeppi di soldati passano lenti lenti. Forse da qui ad alcuni
giorni io pure sarò fra costoro in qualche trincea contro i nemici.
Dovrò pure io pensare a sentirmi seccare il cuore dal dolore per la moglie, il
figlio nascente e i genitori. Questi pensieri mi affliggono e mentre aspetto scrivo
notificando le mie condizioni. La nottata all’aperto ha pur portato conseguenze.
Un raffreddore potente e mal di capo, passerà senza pillole, serbe o Russe?
Nei bei villaggi di Punteria veniamo accolti con ovazioni, in alcuni si ricevettero uva, frutti, te, caffè, latte e molte altre cose. In compagnia di uno di Cles
potei passare in un vagone di I° classe ove passai la notte.
7 AGOSTO
Alle 4 antimeridiane arrivai a Linz, qui in un camerino su un “paione” potei
dormire per alcune ore. Venni poi a sapere che si restava qui per circa 15 gg.
Il lavoro è lieve, si deve preparare il mangiare ai soldati che passano. A tal
uopo si sono costruite baracche.
Qui comincia una vita di lavoro ed esercizi di guardia, ma sempre regolari e
di poca fatica.
26 OTTOBRE
Improvvisamente ci viene annunciato di partire per Bressanone. Alle 11
antimeridiane partiamo in 8 tutti italiani. Il viaggio era triste, perché ognuno
fantasticava nel suo cervello il futuro destino.
La fortuna mi fu ancora compagna anche presso il Reggimento, poiché fui
destinato sottocuoco in una caserma detta la Baracche.
11 NOVEMBRE
Ottengo un permesso di 8 giorni in vista di una scottatura ad una mano.
Vado a casa giubilante di gioia, rivedo mia moglie. Oh quanta allegrezza. In
questo tempo mi è nata una bambina, l’ebbi fra le mie braccia per un giorno,
poi ritornai.
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11 NOVEMBRE
S
Sono scelto cuoco della IV Compagnia Marsch.
20 DICEMBRE
Vi è grande pericolo di partire per il campo, anzi è venuto l’ordine che ancora
domani si riceverà il vestito nuovo. Alla sera scoppiano tre casi di scarlattina,
quindi si resta.
1915
17 GENNAIO
Veniamo traslocati in un’altra caserma
3 APRILE
Siamo trasferiti nelle nuove baracche, cucina splendida, comodità grandissime.
12 MAGGIO
Tutto il reggimento è costretto a lasciare la città di Bressanone e veniamo
trasferiti a Linz.
13 MAGGIO
Arriviamo in questa città e siamo allogiati in grandi baracche dove dormivano prima i prigionieri russi.
23 MAGGIO
La confusione, il terrore, il lavoro grande e faticoso caratterizzano questo
giorno e i seguenti 25-26-27-28-29-30. Aspetto notizie dalla famiglia, non giungono; profughi da tutte le vallate passano giorno e notte; internati arrivano
qui. Che sarà della mia famiglia!
Non ho notizie, non so che sia, corro a vedere i treni pieni di profughi, cercando se fra essi vi sono dei miei cari.
3 GIUGNO
Mi giungono due cartoline, del 22.5 e del 29.5. Che gioia alla notizia che a
casa sono sani e stanno bene!
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6 GIUGNO
S
Parto per Beneschaù, chissà che avvenire mi aspetta in quel paese.
6 DICEMBRE
Devo lasciare la cucina, per ordine di un primo Tenente Keibl: faccio domanda di entrare nella sezione dei volontari.
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15 FEBBRAIO
Ho la risposta favorevole, e vengo trasferito a Enns tra i bersaglieri territoriali.
18 FEBBRAIO
Arrivo a Enns, ma invece di essere messo tra i volontari, vengo incorporato
alla IV Compagnia di riserva.
15 MAGGIO
Sono quasi guarito, il medico decise di mandarmi alla sezione dei convalescenti. Credevo non fosse così, perché ora è quasi asciutta anche la piaga.
6 AGOSTO
Ebbi abbastanza fortuna. Un medico, e l’italiano Maggior Dalla Torre, ambedue si adoperarono, perché ottenessi un posto comodo: e l’ebbi presso la Signora Piechl, moglie di un primo tenente e consisteva nel dare una lezione al
giorno di italiano. Povera Signora è innamorata pazzamente del medico
Gellino, un anno fa perdette una figlia che aveva già raggiunto il 7° anno di
età. Oh quanto ricorda, la sua casa è piena di giocattoli infantili, di bambole,
fotografie, ma lei non è più, né tornerà mai più a consolare tanta desolazione.
Forse essa avrebbe reso i legami coniugali, non così fiacchi e non darebbero a
me per i genitori, adito a tristi previsioni, magari segni la fortuna altra via!
Prego il Signore ci tenga sempre la Sua benedetta mano sopra la testa, faccia
sì che non si devii. Almeno questo in giorni di tanta miseria, desiderlo averlo,
e l’avrò di certo non ho il minimo dubbio. A me la Signora fece un grande
servigio e fu quello di aver proposto oggi a Suo marito di mandarmi con un
trasporto di invalidi nella mia patria, fra essi c’è mio fratello Giustino. Povero
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S
giovane anche lui fu disgraziato in questa infame guerra, che travolge ogni
cosa e rovina tutto.
Credo partire presto, perciò una cosa così improvvisa, così inaspettata mi
agita tanto, mi ha messo nel cuore una gioia così grande, che non so esprimere, ma che sento in me e fa battere il mio cuore così forte che non posso neppure dormire. Alle volte mi sveglio di soprassalto credendo di trovarmi a
casa tra i miei cari così nel sogno. Anche l’appetito mi è venuto meno, tutto
per la famiglia, per cui giurai tanto amore.
11 AGOSTO
Parto questa sera alle 3 ½ con 16 uomini, 3 sono in uno stato deplorevole:
Girardini, Masè e mio fratello. Che gioia ora provo!
13 AGOSTO
Arrivai a casa, trovai tutti sani, che consolazione grande! E la mia cara Adriana?
Essa è già grandicella, ha presto 2 anni e dire che la lasciai appena nata con la
speranza di ritornar presto.
18 AGOSTO
Mi tocca ancora lasciare la mia famiglia un’altra volta, prendo il volo verso
l’incertezza, verso un avvenire che forse sarà fatale, speriamo bene.
Questa volta parto accompagnato dalla cognata Angelina per una via insolita.
L’ultimo saluto attraverso il finestrino della casa diroccata.
18 SETTEMBRE
Passo alla IV compagnia e da qui alla Sezione Volontari.
1917
3 GENNAIO
Di nuovo alla IV compagnia chiedo permesso.
4 FEBBRAIO
Ottengo un permesso della durata di 10 giorni, parto per casa.
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14 FEBBRAIO
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Purtroppo i bei giorni del permesso son fuggiti. Ritorno all’armata, ma la
fortuna m’accompagnò, e da Salisburgo passo per un nuovo ritorno, con una
prolungazione di 15 giorni; i quali passarono pure in gran fretta e il 1° marzo
di nuovo ritornai all’addio.
Potei ancora far ritorno alla menzionata città fino al 15 marzo.
7 APRILE
Parto assieme ad altri 200 uomini, con una Marsch per Vienna.
8 APRILE
È Pasqua, ognuno cerca di rallegrarsi; di far festa a noi non è permesso. Passiamo con i fucili in spalla alla Germanica, logori ed affamati, attraverso la metropoli austriaca, piena di tutto quel lezzo che Ministri assolutisti e Monarchici
appestavano. Nessuno ci guarda, se non per compiangerci o per, ammirare il
nostro uniforme. Uno vuol cantare, ma gli altri gli gridano: taci! Forse lui voleva portare fra gli animi, se non altro, per pochi minuti la dimenticanza, il pensiero sopra quanto abbiamo sofferto, credendo in un presagio di quanto triste
starà ancora a noi davanti. Io ero muto, si può dire come istupidito. Pasqua
d’uovo! Tutto mi annoia. Le nuove contrade passavano e il rumore delle nostre
scarpe chiodate e degli zoccoli si ripeteva nelle botteghe chiuse e chiamava
qualche curioso alle finestre. Oh belle feste passate in famiglia, quanto Vi ricordo e se verranno ancora è pur per me un gran pensiero!
Un mese si rimase colà e fu veramente un mese triste, tutto quanto vi è di
triste trovai. Il sacchettello di patate che la mia cara moglie mi fece prendere
quasi per forza, alla mia partenza mi furono tanto care e suddivise surrogarono
il rancio triste e scarso.
10 MAGGIO
È ancora notte, plotone per plotone chiuso con alla testa il proprio Comandante, passano la città, diretti alla “Nordbanhof” ove ci aspettano i soliti vagoni per le bestie, per trasportarci nelle rigide regioni della Wolinda. Lo monotonia dei paesaggi che attraversiamo, il presagio di un avvenire incerto, ci
fa tristi e pensierosi. Si passano le città di Oderberg, Cracovia, Ivangorad,
Lubbliro … Covel e finalmente dopo sei mesi di viaggio si arriva a Wladimir
Wolifeste nostro futuro luogo di dimora. Il piccolo negoziante ebreo, non
manca di seccarci con le sue insistenti grida di offerte della sua merce, gior-
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nali, dolci, ed infinite altre piccolezze, con qualunque cosa che a lui porta
profitto. Grandi caserme, fabbricate dai prigionieri giapponesi durante la
guerra 1903-1904 ci aspettano. Tutte le case in Russia e si può dire nei paesi
slavi hanno un modello unico belle facciate, brutte abitazioni, sporche, sudice, tutto si concentra in un unico locale, per la cucina un grande forno, il
mobilio manca o è formato da un tavolo, panche ed un assito con su piumini
ove tutti assieme senza distinzione di sesso prendono riposo. Le strade son
pure di uno stampo particolare. Larghe talvolta fino a 20 metri, piene di fango e di polvere. Un campo, ove le ruote e le scarpe o i piedi nudi fanno da
aratro. Passai tre mesi alla meno peggio quale istruttore, presso diversi corpi
di truppa.
10 AGOSTO
La nostra divisione vien trasferita sul fronte rumeno, quindi si parte, non si sa
come al solito per dove. Oh che triste condizioni 42 uomini per carrozzone, un
caldo soffocante. Si attraversa la Galizia, Leopoli, l’Ungheria e Grande Veraslino,
Arol – La Transilvania ed eccoci a posto, tutti prendono le poche cose, se le
caricano sul dorso e via. Fame e bastonate non mancano. In 34 ore fu distribuito
un caffè ed un cucchiaino di marmellata, senza un pezzo di pane anzi bastonate
a chi si allontana e chiede ai passanti qualche cosa o cerca di fare qualche scambio. Un buon colono rumeno, vicino ad un luogo ove riposammo, aveva approntato una polenta per la sua famiglia, non arrivò a terminare di offrircela
che fu divorata tutta, ne approntò un’altra più grande e per poter fare la distribuzione si dovette mettere un plotone davanti con la baionetta innestata. Alle
11 ½ si arrivò in un villaggio rumeno e tedesco “klein Schonk” qui ognuno per
sé trovò da ristorarsi. Alle 6 è pronto il rancio, una conserva in due senza pane,
né zuppa, ma contemporaneamente giungeva un contrordine che diceva di
tornare alla stazione e proseguire il viaggio. Pazienza; di nuovo ci raggruppammo e via, quattro ore di marce, si risale nei carrozzoni e si parte all’alba.
Passammo Brasso e poi Predeil, alle 12 Sinaia, alle 6 Casufina, verso notte a
Ploesti. Il giorno dopo si arriva a Paesani ove si può udire e vedere la rovina
della guerra. Poveri prigionieri insanguinati e feriti aspettano pietà, da chi più
che tigre ha il cuore duro.
Non un sorso d’acqua, non un pezzo di pane. Eran circa un centinaio, parte
feriti gravemente, parte leggermente, chi piangeva, chi vaneggiava, chi moriva.
Il cappello di ferro impassibile, passeggiava facendo guardia che non scappassero. A lui nulla commuove, nulla impressiona, solo nel sangue umano
trova sazie le sue brame. Noi porgemmo soccorso, quanto più ci fu possibile.
74
S
Alle 11 si riparte per una direzione ignota naturalmente l’ultimo pasto era
stato fatto a Poesti la sera avanti. La marcia durò tutto il dopo mezzogiorno e
tutta la notte, alle 4 di mattina eravamo già sulla linea di riserva. Gravi combattimenti si svolgevano al fronte, tutta la notte suonava il cannone e il fuoco
di fucili. Ci accampiamo all’aperto sotto vigneti che portano uva ancora
“malmadura”. Vero sera vengono i pastori 10 o 12 sergenti, tutti con un buon
bastone e scelgono tra noi le loro pecore.
22 AGOSTO
Incomincia l’imbrunire, si parte per la prima linea. Mai pensai così con serietà
ai cari miei, forse domani sarò morto, rivedrò ancora la mia famiglia? La mia
Emma che tanto amo e la mia cara Adriana? Tornerò fra loro? Quando? Baciai
le fotografie care; recitai con grande devozione alcune preghiere e partii.
26 AGOSTO – ORE 9
Ieri sera dormivo, ero stanco perché durante il giorno lavorai molto per scavarmi una trincea che potesse difendere, quando ad un tratto son costretto a
svegliarmi dal frastuono grande, enorme, che facevano le artiglierie, fucili e
mitragliatrici. I nostri furono assaliti, noi siamo ancora in riserva a circa 200
passi dalla prima linea, su noi riversarono un fuoco a tamburo, per impedirci
di ingrossare la prima linea. Ad un tratto uno grida; piange, un altro si lamenta e chiama sanità. Gli altri se ne stanno chieti accovacciati nei propri
buchi, chi fida muover un dito, che dal frastuono pare tutta l’aria piena di
palle, tanto da non figurarsi neppure un centimetro ove non vi passi in quel
momento qualche proiettile. Io pregavo e pensavo alla mia famiglia, facendo
voti. Due ore dopo era cessato tutto, io dovetti alzarmi ad andare con un
alfiere a far una rivista, non ci colse nessun incidente.
27 AGOSTO
Nella posizione in cui eravamo, si trovavano bellissimi vigneti, l’uva era
matura, ma il lezzo dei molti cadaveri insepolti ci toglieva l’appetito e ci faceva tristi. Da ben 20 giorni si trovavano colà, ma il crudele germanico non si
curava di seppellire i morti. Ben altre cose interessava a quelle bestie. Di continuo passavano carri carichi di quadri e d’altre cose preziose tolte da Poneiù,
città completamente distrutta.
Alla bene e meglio con due altri italiani, cercai di coprire quei cadaveri che
erano nei dintorni e ben 15 furono presi dall’insulto degli animali. Resi nota
la cosa al mio Comandante, il quale ben volentieri aderì all’idea mia di inca-
75
S
ricare alcuni uomini a un tal lavoro. Alla sera uscii con un ufficiale di pattuglia. Una palla colpì la canna del mio fucile. Ritornato sano e salvo mi sdraiai
e verso la mezzanotte viene un ufficiale a chiedermi, che vada con lui, ma il
caposquadra che dormiva accanto a me si svegliò dicendo che io ero già stato
fuori, perciò toccò a lui. Erano in sei e uno solo, poté ferito venir da noi in
cerca di aiuto, 5 morirono.
29 AGOSTO
Passo ad un nuovo battaglione formato da soli italiani e con esso ritorno a Foesani
e passo in una nuova linea ben trincerata, ove vi resto fino al 4 ottobre.
13 – 27 SETTEMBRE
Sono con una guardia di campo, grande pericolo, ma poca è l’azione nemica.
4 OTTOBRE
Parto per Enns dove frequenterò la scuola degli ufficiali di riserva.
10 OTTOBRE
Arrivo al quadro.
6 NOVEMBRE
Parto per Freistadt ove frequenterò la scuola.
22 DICEMBRE
Posso avere 8 giorni di permesso, vado quindi a Enns e poi a casa.
1918
7 APRILE
Ricevo un piccolo permesso fino ai 22, vado quindi di nuovo a casa.
4 MAGGIO
Parto con altri 7 volontari per Trento. Ai 9 arrivo a Frazinafeste ove resto fino al
giugno.
76
23 LUGLIO
S
Ritorno dal corso dei cadetti a Bressanone
24 OTTOBRE
Parto per l’Ucraina, ai 29 arrivo a Balta.
4 NOVEMBRE
BALTA – Si parlava già da qualche giorno che tutti in massa si avrebbe cercato di por fine alla guerra e di tornare alle nostre case. Si fecero i relativi piani
e d’accordo con 4 ufficiali italiani si deliberò la sera del 3 di arrestare tutti gli
altri ufficiali e caricarci di provviste e poi svignarcela. Alle 4 del mattino ci fu
la sveglia. Tutti fedeli agli ordini con fucili carichi, munizioni a sufficienza,
granate a mano e mitragliatrici si continuò l’azione.
Tutto in silenzio, tutto quieto, gli ufficiali non italiani si preparavano alla
festa di Carletto inconsci che un’altra festa ben diversa, da loro non voluta,
perché vili l’aspettavano. Uno viene in carrozza dalla stazione: Alt! “siete in
arresto” gli grida il nostro condottiero, consegnate le armi. Era il comandante
del reggimento a cui appartenevamo noi. A quell’imposizione, prese nelle
mani le armi che teneva ancora e le alzò in alto in segno di arrendersi. Una
trentina di questi merli capitò nelle nostre fauci. Poveretti! Credevano di trovare in noi gente crudele come loro, che li trattasse male, no, noi fumo più
civili, noi usammo la civiltà appresa e dopo averli ben nutriti li spedimmo
via in direzione di quell’infame paese a cui essi erano servi.
Battevano le 8 del mattino, quando con le baionette puntate sulla aste dei
fucili in doppia fila, dietro a noi il signor Alfiere Poeti, passammo per le strade di Balta, ordinando a tutti i soldati di portarsi nelle caserme e prepararsi
alla partenza. Si era a poca distanza dalla caserma, quando si udì una salve,
erano i nostri compagni del ’97 che dall’altra parte della città giungevano
all’opera. Noi passammo quasi tutte le contrade maggiori senza aver un incidente. Loro no, ancora sui primi passi incontrarono una carrozza sulla qual
quattro ufficiali fuggirono. Furono fermati ma essi non volevano rendersi e
da allora fuoco! un morto e tre feriti. Nel mezzo della città ci incontrammo:
Evviva l’Italia, evviva Trieste e Trento libere! Viva la libertà! Che giubilo!
Tutto il giorno lavoro indefesso per accumulare viveri, denari e merci, vestiti,
calzature ecc. verso le 5 pomeridiane si doveva partire, tutti pronti ma un
ordine dei nostri alleati ci impose di aspettare il girono prossimo. Ritorniamo
in quartiere. Io ricevo servizio di guardia.
Che notti d’ubbriaconi!!
77
5 NOVEMBRE
S
Partiamo…7 Km. giungiamo alla stazione, colà mancano i vagoni, si deve
aspettare. Un treno di pecore destinate alla Germania, vien da noi fermato e
le pecore vendute.
8 NOVEMBRE
Sono guardia della cassaforte 368.000 corone lordo!
Alle 2 partiamo per Tiraspol.
10 NOVEMBRE
Socllea. Non potendo proseguire siamo costretti a portarci in un paesello vicino, ove si rimane fino al 6.12.
Si parte per Odessa.
7 DICEMBRE
Il mio compleanno, giorno di festa; giorno di gioia familiare. Già in ottobre
ebbi dalla mia cara Emma la profezia che per questo giorno ci sarebbe la
pace. Difatti se proprio non è firmata c’è, e dire che da un mese gironzolo di
qua e di là per uscire da questa maledetta Russia, ma invano?
Oggi è dì di festa: di fatti grande novità, è arrivata la torpediniera italiana
Agordat, e protetti dalla stessa fummo per la prima volta accettati sotto la
bandiera dei tre colori. Oggi per la prima volta potremmo raggiungere il desiderio di tanti e tanti anni. Siamo italiani – Evviva l’Italia nostra Patria! – si
sapeva di essere redenti già fin dal primo giorno della sommossa, ma nessuno ci aveva presi quali nuovi figli della grande Madre Patria.
Si era poveri esuli, che con grandi stenti si cercava una via di uscita da questo
paese pieno di vizi e di oscenità. Un buon Monsignore Jassy ci consigliò di
cambiar via, lasciare l’idea di attraversare la Romania e di dirigerci qui ad Odessa.
I nostri buoni ufficiali non curando gli stenti e le fatiche, vennero subito qui, il
Signor Bassi e Cozzio ci diedero buone speranze e buone direttive. Oggi con
l’arrivo della torpediniera, abbiamo protezione e la certezza che si partirà
prestissimo. Domani ci imbarcheremo sulla nave “Stella”. Quanta buona gente
si trova qua e là. Ebbi oggi in regalo in giornale di Milano del 6 m.c..
“Le giornate di redenzione italiana”. Leggendo l’entrata in Trento delle nostre truppe mi vennero le lacrime agli occhi.
Benedetta terra, quanto hai sofferto e tu cara madre sei tanto forte ed hai
avuto la meritata vittoria.
Salve, o cara Italia!
78
9 DICEMBRE
S
Ieri brutta giornata, acqua e neve tutto il giorno. La grande città Odessa rappresentava una delle scene raccapriccianti, ma assai comune nella grande
Russia in questi tempi. Tutti vogliono comandare e nessuno ubbidire. Ognuno che fa parte d’un partito si crede un personaggio e con ciò si appropria
tutto il fare di queste Sette o partiti; ebbero la fortuna di salire al potere.
Fino a poco tempo fa erano i tedeschi conquistatori ed oppressori, ora essi
hanno perduto Governo e Governatori. Essi gironzolano sfacendati, i
Germanici però continuano il loro servizio, ma altri hanno invidia e rabbia e
perciò ne contrastano il potere. Costoro sono i Gordisti, ex ufficiali dell’esercito russo che con la scusa di ristabilire il Governo dello Zar abbattono e
distruggono ogni cosa. Essi si impadronirono delle città principali e ieri giunsero anche qui. Un nostro trasporto fu da loro fermato a Rasdebva. Oggi alle
2 pomeridiane ci imbarcammo sulla nave trasporto merci “Baron Edmondo
Weich”.
10 NOVEMBRE
3 giorni esterni, oscuri, tetri, noiosi, pieni di nostalgia. Sono in questa carcassa di nave, priva di ogni comodità. Ah che vita! Tutto per poter andare a casa,
dove mi aspettano, senza aver notizie, senza sapere ove io sia. In città lotta
fra Petruri, Guardia Bianca, Milizia Ucraina, Massimalisti e tedeschi, sette
morti e alcuni feriti.
Alle 9 si parte per Costantinopoli.
13 DICEMBRE
Il mare è bello, calmo e chiaro, si vede l’immensità del mare, il sole illumina
le onde che lontano vanno increspandosi. Ci si diverte dando la caccia ai
delfini.
14 DICEMBRE
Alle 8 ant. si entra nella prima apertura del Bosforo.
Che spettacolo magnifico, a destra e a sinistra giardini, palazzi, ville e cannoni e fortificazioni.
È un misto di bellezze naturali e artificiali che, certo, forma quanto vi è di più
bello al mondo. Pinete, oliveti, cipressi, muraglie antiche rivestite da piante
rampicanti, tutto l’insieme si rispecchia nel mare. Le case non sono come in
Europa, ma all’orientale, senza tetto piene di colori vivissimi: rosse, azzurre,
verdi e la maggior parte nere. In un luogo si vedeva una di queste casupole
79
S
ribaltata su di un’altra vicina, rovinando anche quest’altra, ambedue di legno. Avanti avanti un pilotto ci segna la via tra le mine e ci porta a
Costantinopoli. La città si trova a ridosso di colline, sulla costa europea, mentre a sinistra vi sono ville e campi seminati di colonne tronche, cimitero dei
turchi Scutari.
In mezzo al porto si scorgono le brune corazzate francesi, inglesi e la bella
Vittorio Emanuele. Alcune torpediniere gironzano leggere leggere nel mare
verdognolo.
Che bellezze incomparate presentano ambedue le sponde.
In mezzo al canale c’è il grande faro e subito si apre nel mar di Marmara.
Quasi nel centro sorge maestosa la Chiesa di S. Sofia. Ovunque si slanciano
rotonde colonne, i minaretti turchi.
Si fa carbone, acqua e viveri e il giorno 15 si parte per i Dardanelli.
16 DICEMBRE
Arriviamo allo spuntar del sole all’imboccatura di quello stretto, che costò
tante fatiche per prenderlo al turco.
La attraversata dura 8 ore. Una torpediniera inglese ci addita la via. Non si
può uscire però, perché il mare è brutto, si rimane 14 ore fermi, poi si prosegue il 17 per Corinto. Passiamo fra mezzo a quelle isolette greche dove i pionieri della civiltà scrissero una sì grande pagina della storia.
18 DICEMBRE
Arrivammo vicino a Enbea, l’Attica, Pireo, Ungina, Se lesine, Corinto. Il canale è stretto, tagliato fra colline altre circa 150 mt. lungo 3 miglia e largo 15
mt. Due volte batte il bastimento contro la sponda. Un rimorchiatore ci guida. Siamo nel golfo di Corinto, sono circa le 1 antipomeridiane quando un ex
prigioniero viene a dirci che il mio compagno è caduto sulla sponda del canale al primo urto. Scende subito un ufficiale con la barchetta e va a prenderlo.
Si era rotto una gamba. Proseguiamo a sinistra e lasciamo Corinto, a destra
ponticelli che scendono lentamente sino al mare. Si vedono muri che separano le proprietà private e tutte queste particelle arrivano al mare.
19 DICEMBRE
All’alba si arriva allo Stretto di Patrasso. Fortificazioni antiche ci ricordano
fatti storici; si viaggia tutto il giorno; a sera si è fuori in mare aperto. A sinistra s’allontana l’isola di Cefalonia, a destra la costa Greca. Il mare comincia a
farsi brutto, si ribalta ogni cosa, le sponde toccano il livello del mare, spruz-
80
S
zate dall’acqua entrano, tutti hanno il mal di mare. Questa burrasca dura fino
alle 3 del 19. Non potendo continuare si gira a destra entrando in mare chiuso
fra Corfù e la Grecia.
Alla sera si può uscire e ci dirigemmo verso Gallipoli.
20 DICEMBRE MATTINA
Si vede la punta di S. Maria di Leuca. Alle 12 si è a Gallipoli. Uno sbaglio era
successo nell’indirizzo nostro; quindi si prosegue per Taranto.
FINE
81
Speciale
Indagine Sociologica
(prima parte)
Nel 1994 venne l’idea, all’allora Redazione de “il Garzonè”, di effettuare
un’indagine relativa agli aspetti della scolarizzazione e dell’occupazione nel
nostro paese.
Oggi, dopo un decennio, è stata di nuovo svolta la medesima indagine.
Già allora l’impegno richiesto era stato notevole, si era trattato, infatti, di
“spulciare” nominativo per nominativo tutti gli abitanti di Caderzone, annotandone singolarmente la reale situazione anagrafica e sociale al 31 dicembre
1994. Medesimo, meticoloso lavoro è stato
svolto anche questa volta.
Con sottomano i
dati rilevati (quelli del
1994 e quelli attuali)
sono possibili anche dei
confronti.
Certo, questa indagine non ha nessuna
pretesa di ufficialità,
qualcuno
potrebbe
obiettare che non risponde nemmeno ai criteri oggettivi e scientifici che caratterizzano
una ricerca di questo
tipo ma non è a questo
che si voleva puntare,
nemmeno le osservazioni alla lettura dei dati
vantano pretese di
scientificità ma nemmeno questo era lo scopo.
82
Speciale
Quello che premeva a noi della
Redazione e, ne siamo certi, anche a
tutti i lettori, è la curiosità di sapere
come, nel giro di un decennio, sia
cambiato (o non sia cambiato) il nostro panorama sociale rispetto ai
punti trattati, e l’interesse, buono, di
sapere cosa sta succedendo alla nostra comunità, di sapere verso quale
tipo di istruzione si rivolgono i nostri giovani, di conoscere, per esempio, se il paese, la valle, il comprensorio, sono in grado di rispondere
alle esigenze lavorative o se, invece,
gli abitanti di Caderzone debbano
andare altrove a cercare lavoro.
Un’altra cosa di cui siamo certi è che i nostri lettori sapranno leggere
questi numeri non con il distacco solitamente riservato ad una statistica ma
con la consapevolezza che, dietro i numeri, ci sono persone e che quelle persone siamo noi.
Un’indagine, dunque, che ci
permette di conoscerci un po’ di
più.
C’è una discrepanza tra il numero effettivo dei residenti (610) e
il numero delle persone intervistate (554). Questo è dato da una precisa scelta redazionale. Sono state
escluse dall’indagine, infatti, le
persone che, pur risultando residenti nel paese, di fatto non vi abitano (quindi anche difficili da rintracciare per sottoporre loro il questionario). Questo fa sì che i dati
rispecchino il più possibile la reale situazione della gente che a
Caderzone ci sta tutto l’anno.
83
Speciale
I risultati dell’indagine verranno presentati divisi in due parti.
La prima parte è qui di seguito riportata e riguarda i dati sulla
scolarizzazione, la seconda parte, riguardante l’occupazione, sarà pubblicata sul prossimo numero del nostro notiziario.
In ogni tabella verranno inoltre messi a confronto i dati aggiornati con
quelli raccolti nel 1994 (dove gli intervistati erano stati 564, all’incirca lo stesso numero di oggi, fan comunque riferimento le percentuali).
La Scolarizzazione
Nella tabella 1 vengono riportati i dati generali riferiti alla scolarizzazione.
Legenda:
Infanti:
Frequentanti la scuola:
residenti dai 0 ai 3 anni
residenti che stanno attualmente frequentando
uno dei seguenti ordini di scuola: materna,
elementare, media, superiore, università
residenti che hanno già concluso il proprio
percorso scolastico
Concluso gli studi:
TABELLA 1
2002-03
Percentuali
1994-95 Percentuali
Infanti
29
5,2%
10
1,8%
Frequentanti la scuola
95
17,0%
90
16,0%
Concluso gli studi
430
77,8%
464
82,2%
Totale
554
100,0%
564
100,0%
84
Speciale
Osservazioni:
È evidente l’elevato numero di infanti presenti oggi (più che duplicati
rispetto alla precedente indagine), si mantengono piuttosto costanti gli altri
valori.
Nella Tabella 2 vengono evidenziati gli ordini di scuola attualmente frequentati (anno scolastico 2002-2003) sempre messi a confronto con i risultati
della precedente indagine:
TABELLA 2
2002-03
percentuali
1994-95
percentuali
Scuola materna
24
25,0%
11
12,0%
Scuola elementare
Scuole medie
Scuole professionali
Scuole superiori
Università
19
13
4
27
8
20,0%
14,0%
4,0%
28,5%
8,5%
32
19
5
15
8
35,5%
21,0%
5,5,0%
17,0%
9,0%
Totale
95
100,0%
90
100,0%
Osservazioni:
a)
b)
c)
I frequentanti la scuola dell’obbligo sono oggi il 56% contro il 68% della
precedente indagine. L’elevato numero di bambini al di sotto dei tre
anni fa comunque ben sperare in una ripresa demografica.
Si è mantenuto costante il numero degli iscritti alle scuole professionali
(in genere Enaip e Upt), sensibilmente aumentata la percentuale dei
frequentanti le scuole superiori. Il dato è senz’altro positivo, la cultura
è alla base dello sviluppo di una comunità, ci si augura però che questo
non faccia venire a mancare nel paese la presenza di lavoratori esperti
nel prezioso mondo dell’artigianato, del turismo e del terziario in genere.
Leggermente in calo la percentuale dei frequentanti l’università.
85
Speciale
Le facoltà universitarie scelte sono varie fra loro: Economia del turismo,
Economia e diritto, Farmacia, Fisioterapia, Giurisprudenza, Assistente sociale, Agraria, Società, politica e istituzioni europee.
430 residenti hanno già concluso il loro ciclo di studi. Il grado di scolarità
raggiunto viene specificato di seguito nella tabella 3.
TABELLA 3
2002-03
percentuali
1994-95
Scuola elementare
149
35,0%
216
46,5%
Scuole medie
110
26,0%
156
33,5%
Scuole professionali
79
18,0%
37
8,0%
Scuole superiori
66
15,0%
42
9,5%
Università
26
6,0%
13
2,5%
430
100,0%
464
100,0%
Totale
86
percentuali
Speciale
Osservazioni:
a)
b)
c)
d)
La percentuale della popolazione che non ha proseguito gli studi oltre la
scuola dell’obbligo è del 60%, ben il 20% in meno rispetto all’indagine
precedente. La variazione così alta di questo valore è data sia dalla scomparsa di persone anziane (aventi il titolo di scuola elementare) sia dall’aumento del numero di persone che proseguono negli studi
Si nota un aumento nella percentuale di chi ha scelto di frequentare una
scuola professionale piuttosto che una scuola superiore (18% contro il
15%) invertendo così il valore dell’indagine precedente.
La differenza di percentuale di chi ha intrapreso e concluso gli studi
universitari è tuttora poco rilevante (6%) anzi, rispetto all’indagine precedente, la differenza è passata dal 7 al 9% rispetto alla percentuale dei
diplomati
Ancora oggi ben 149 persone possiedono la sola licenza elementare.
Questo è facilmente comprensibile con il fatto che solo nei primi anni
sessanta è stata introdotta nell’organizzazione scolastica italiana la frequenza obbligatoria della scuola media (il dato emergerà in maniera chiara nella tabella 4)
87
Speciale
Approfondiamo i dati della tabella 3 entrando nello specifico delle scuole,
professionali e superiori, frequentate.
79 residenti hanno concluso gli studi con un attestato di scuola professionale, nel grafico di seguito sono riportate le percentuali degli attestati ricevuti:
66 residenti hanno invece concluso gli studi diplomandosi alla scuola
superiore nel seguente modo:
88
Speciale
Legenda:
UPT:
scuola di segretariato (d’azienda, d’albergo, corrispondente
in lingue estere, analista contabile…)
ENAIP
è una scuola suddivisa in due settori: alberghiero (camerieri, cuochi) e industria-artigianato (falegnami, elettricisti, muratori, meccanici…), nel grafico sono state riportate le percentuali relative ai due settori separati, in totale, comunque, la percentuale di residenti aventi un attestato proveniente dall’Enaip è del 51% (dunque più della metà)
COMMERCIALI scuola di avviamento commerciale (frequentata per lo più
negli anni cinquanta-sessanta)
ALTRO
con la dicitura “altro” si comprendono attestati diversi da
quelli sopra di cui sono in possesso solo una o due persone nel paese (sarta, casaro, parrucchiera, estetista…)
Analizziamo ora la scolarizzazione suddividendo gli anni in quattro
periodi (tabella 4)
TABELLA 4
Scuole
Elementari
1908/1940 1941/1959 1960/1969 1970/1988
Totali
99
50
Medie
4
47
48
11
110
Professionali
5
19
11
44
79
Superiori
4
12
18
32
66
Università
1
6
10
9
26
114
133
85
97
430
Totale
89
149
Speciale
Osservazioni:
a) La percentuale più alta (67%) dei detentori della sola licenza elementare è
concentrata nei nati nel periodo 1908/1940. Tale percentuale cala nel
periodo successivo (34%) per scomparire poi dal 1960
b) Cala la percentuale di chi conclude il percorso scolastico in terza media
(da 48 tra i nati nel periodo 1960/69 a 11 tra i nati del successivo periodo)
c) Dato significativo l’impennata di chi ha scelto la strada delle scuole
professionali, tra i nati nel periodo 1970/1988: ben 44 residenti, ovvero il
56% del totale di questo settore e il 45% dei nati nel periodo considerato
d) In progressivo, costante aumento, i diplomati alla scuola superiore
e) Si evidenzia come non sia ancora così ovvio il proseguimento degli studi
fino all’università, infatti nell’ultimo periodo (quello comprendente i
residenti che oggi hanno tra i 15 e i 33 anni), su 41 diplomati, solo 9 hanno
concluso con la laurea la carriera scolastica, ovvero il 22%.
Aldilà delle motivazioni di ognuno, questo dato lo possiamo in parte
spiegare sia con la lontananza delle sedi universitarie che richiede
comunque un alloggio in loco (fatto questo che, ancor oggi, costituisce un
deterrente per alcuni), sia con la possibilità ancora relativamente facile di
trovare subito un lavoro una volta conclusi gli studi di scuola superiore.
Prendiamo, in ultima analisi, in esame i dati che si riferiscono ai residenti di
Caderzone nati dal 1977 al 1983, ovvero quelli che, oggi, hanno dai 20 ai 26
anni per avere un’idea più precisa e chiara della direzione presa dalla
scolarizzazione nel nostro paese. Totale: 48 ragazzi.
Concluso gli studi:
Studenti:
36
12
90
Speciale
Nello specifico:
dei dodici ragazzi che tuttora risultano studenti:
5
frequentano ancora, per vari motivi, la scuola superiore
2
frequentano un corso parauniversitario
5
frequentano l’università
I 38 ragazzi dai 20 ai 26 anni che risultano aver concluso il proprio ciclo di
studi sono tutti già inseriti nel mondo del lavoro tranne due che risultano essere
disoccupati in quanto appena terminato il percorso scolastico. I titoli di studi
ottenuti sono così ripartiti:
Si può notare che è ancora piuttosto bassa la percentuale dei laureati, si
equilibrano in modo abbastanza proporzionato tra loro i possessori di un titolo
di scuola professionale e di scuola superiore.
Una curiosità: la percentuale di chi si è fermato al diploma di scuola media
inferiore è superiore alla percentuale dei laureati.
Con questo concludiamo la prima parte della nostra indagine.
Ribadiamo che le osservazioni fatte mirano esclusivamente ad avere una sempre
maggior conoscenza della nostra realtà. Dai dati raccolti sono possibili,
ovviamente, altri tipi di lettura, che lasciamo alla fantasia dei lettori.
Ci scusiamo in anticipo per eventuali, sporadici errori che non avrebbero,
comunque, un’incidenza significativa nel calcolo delle percentuali.
91
Anni ’60, Costruzione di Via Bassett. (Cortesia di Albino Amadei)
92
I
L
ettori scrivono
Attonite cime
Povera Val Rendena!
Calpestata da mille stivali,
candida neve violata da mille colori!
Attonite sembrano le cime,
forza sovrastante della natura,
guardare quel brulicare di formiche:
un soffio… e via!
Rispetto mancato
verso quell’entità superiore
che pazientemente osserva…
Affannarsi continuo
che non coglie la poesia
in cui si sperde.
Roberta Stulle
Trieste, 11 gennaio 2003
93
L
Alla Redazione del Garzoné
La gioia che sprizza dagli occhi del Postino di Caderzone (pag. 23) è
straordinaria. Egli gode a consegnarti una lettera familiare secondo lui assai
gradita. Una volta, caro Alfredo, una volta!
Oggi la corrispondenza avviene con i telefonini.
Auguri, condoglianze, congratulazioni, scuse, rimproveri, appuntamenti, inviti, raccomandazioni, sentimenti, tutto corre attraverso l’etere.
Non è più necessario riflettere
per trovare le giuste parole durante
una conversazione a lunga distanza.
E sei tranquillo, senza dover mettere
nero su bianco. Col telefono le parole volano, non lasciano traccia, né potranno smentirci se poi cambiamo parere.
Lettere scritte tuttavia ne arrivano sempre e molte. Ma cosa portano?
Portano conti salati da pagare: luce,
gas, acqua, telefono, rifiuti solidi urbani, passi carrabili, ICI, imposte,
abbonamenti… .
Grazie lo stesso, caro Tarcisio.
Con l’avvento del telefono automatico il tuo lavoro non è affatto diminuito. Anzi, adesso devi reggere una
borsa più pesante che ne passato, senza sosta, perché le fatture ricorrono periodicamente e con esse nuove richieste di soldi per le offerte e tanti tanti
giornali. Devi correre ogni giorno, tempo buono o bruto che sia, per riempire
a domicilio le cassette postali di carta stampata.
A pagina 50 del Garzoné ecco un altro disegno, frutto dell’amore per la
montagna, più che di fantasia. Alberi, casupole, sentieri, sassi, steccati, illuminati dal sole, curati come sono nei particolari, non hanno bisogno di colore
per comunicare il senso del bello e della pace. La nicchia in legno con il crocifisso segna l’inizio di un cammino che ti porta in alto, anima e corpo.
Accanto al quadro, la poesia dialettale, per ribadire, questa volta in ver-
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si, che un pezzo di monte è il Paradiso sulla terra, che una briciola di pane
con una e formaggio, un goccio di vino, e qualcosa da fare, ti fanno trascorrere sul monte l’ora più bella.
Alfredo non si ferma lì. C’è San Giuliano da disegnare, a coronamento
della storia scritta sempre dall’ottimo Giustina.
Alfredo osserva la statua della cappella, poi guarda la pala della chiesa e
si mette a tratteggiare la figura del Soldato martire, attento, attentissimo
all’ombreggiatura.
San Giuliano fu condannato a morte da Traiano, quando fu nei ranghi
dell’esercito romano, egli si rifiutò di sacrificare agli dei, per rimanere fedele
a Cristo. Mi piace come viene rappresentato: sicuro di sé, fiero e coraggioso,
con il cuore sulle labbra, come si suol dire. Egli non teme le vipere ed è pronto a qualsiasi genere di combattimento. Ammirandolo, rimaniamo colpiti dalla
luce che brilla sulle costole delle pieghe, regolate ad arte, tanto nel mantello
come nell’armatura: una luce che sembra il riflesso dello spirito. La morte
prematura di questo giovane, con l’atroce supplizio più volte toccato dallo
scrittore, ci lascia allibiti.
La devozione del Santo, passando dal monte al paese dopo l’erezione
della nuova chiesa, diventa più trasparente, più sincera. Ora San Giuliano di
Cilicia è compatrono di Caderzone: pregiamolo perché ci tenga buoni e santi,
perché ci dia un po’ della sua fede.
Cordialmente.
Walter Camatti
10 febbario 2003 Monzambano (MN)
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Spettabile
Comune di Caderzone
Sono nato a Caderzone e lì, con la mia famiglia, ho trascorso gli anni
dell’infanzia.
Nel 1939 (avevo 12 anni), ero a Campastil in malga come capraio insieme al Gelmo Salvadei (caser), Andrea Sartori (smalzirol), Bepi Salvadei e Remo
Polla (vacher).
Con me avevo portato poche cose, la mia “valigia” una semplice cassettina
in legno con un pezzo di spago per poterla appendere ad un chiodo perché le
“grill” affamate non mangiassero il contenuto ed un paio di “sgalbari” artigianali, senza borchie, solo stoffa e legno, che usavo quando lavoravo nello
stallone.
Questi miei oggetti ricordo, li ho sempre conservati ed ora, visto che a
Caderzone c’è il museo della Malga, se può farvi piacere, desidero donarveli
per esporli assieme ai vecchi attrezzi ed alle altre cose del tempo passato.
Grazie e tanti saluti.
Fiorindo Sauda
Villa Rendena – Verdesina marzo 2003
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Garzonè: nr 24 - luglio 2003