I giovani e il lavoro Esperienze, bisogni ed aspettative delle nuove generazioni davanti al lavoro che cambia Relazione di Carlo Barone Febbraio 2004 I giovani e il lavoro Indice Capitolo 1: Le traiettorie lavorative dei giovani italiani…………………………………………….....4 1.1 Il lavoro “diffuso” .......................................................................... 5 1.2 Il lavoro tra passato e presente ....................................................... 9 1.3 Il lavoro: un’esperienza gratificante............................................... 13 1.4 Conclusioni .................................................................................... 17 Capitolo 2: Il fabbisogno formativo dei giovani italiani……………………………………………….19 2.1 2.2 2.3 La domanda di formazione dei giovani occupati ........................... 20 2.1.1 Formazione scolastica e competenze occupazionali .......... 20 2.1.2 La domanda di formazione continua.................................. 24 La domanda di formazione di chi non lavora................................. 29 2.2.1 Formazione scolastica e competenze occupazionali .......... 30 2.2.2 La domanda di formazione continua.................................. 32 Conclusioni: le nuove generazioni di fronte alla sfida della formazione continua .......................................................................................... 37 Capitolo 3: Le rappresentazioni giovanili del mercato del lavoro italiano…………………………….…38 3.1 Trovare lavoro tra presente e futuro............................................... 38 3.2 Quanto conta il merito nel mercato del lavoro italiano.................. 43 3.3 Conclusioni: le nuove generazioni di fronte alla sfida della formazione continua .......................................................................................... 47 2 I giovani e il lavoro Capitolo 4: Orientamenti di valore ed atteggiamenti verso il lavoro…………………………….…….…48 4.1 Affetti, lavoro e svago. Le priorità dei giovani.............................. 49 4.2 Il lavoro ideale visto dai giovani.................................................... 50 4.3 Quale flessibilità ............................................................................ 53 4.4 Precarietà sì, ma a tempo determinato .......................................... 60 Capitolo 5: Il lavoro ideale…..……………………….………61 5.1 La desiderabilità sociale delle professioni .................................... 62 5.2 Denaro, espressività ed utilità sociale ............................................ 66 5.3 Alla ricerca della professione ideale ............................................. 69 5.4 L’identikit del lavoro ideale .......................................................... 77 Conclusioni...................................................................79 Bibliografia ...................................................................82 Allegati • Nota metodologica........................................................................... 84 • Lo strumento di rilevazione ............................................................. 90 3 I giovani e il lavoro Capitolo 1 Le traiettorie lavorative dei giovani italiani I L mercato del lavoro italiano è considerato un posto ben poco accogliente per i giovani. Al confronto con le altre nazioni europee, il nostro paese si distingue in quanto offre minori opportunità di inserimento occupazionale alle nuove leve. I tassi di disoccupazione giovanile risultano tra i più alti dell’Unione Europea [Reyneri 2002]. E’ noto, inoltre, che le difficoltà sono particolarmente accentuate per le giovani donne e per quanti risiedono nelle regioni meridionali. Quando una pluralità di fattori di disuguaglianza, connessi al genere ed alla zona geografica di appartenenza, si somma allo svantaggio di essere giovane e magari in cerca della prima occupazione, le difficoltà di inserimento occupazionale possono apparire insormontabili. Il rapporto tra giovani e lavoro, dunque, non sembra offrire un quadro particolarmente incoraggiante nel nostro paese. Questo vale non solo per l’ingresso nel mercato del lavoro, ma anche per le successive opportunità di crescita professionale e di avanzamento di carriera. Queste ultime risultano particolarmente contenute, al confronto con gli altri paesi europei [Schizzerotto 2003]. Soprattutto, esse appaiono regolate da automatismi che lasciano ben poco spazio alle capacità individuali. Le abilità e le prestazioni individuali rappresentano, in base ad un giudizio assai diffuso tra i giovani, il criterio fondamentale su cui dovrebbe basarsi l’allocazione di ricompense agli individui, come hanno ampiamente documentato le indagini Iard [Buzzi, Cavalli, de Lillo 2002]. Ebbene, in base ai dati sulle opportunità di carriera in Italia, possiamo affermare che i giovani incontrano una realtà che si discosta profondamente dai loro desideri e dalle loro aspettative. Non bisogna credere, però, che il lavoro sia un “tabù” per i giovani. E’ vero, anzi, l’esatto opposto, per una serie di ragioni. In primo luogo, come vedremo in dettaglio fra poco, bisogna distinguere tra il mondo dei lavoretti ed il lavoro vero e proprio- quello che “ti fa diventare grande”, in quanto segna una delle tappe cruciali nella transizione alla condizione adulta. Se trovare “il” lavoro è un’impresa non da poco, i lavoretti sono assai diffusi tra i giovani, in quanto possono essere svolti nei ritagli di tempo per disporre di una maggiore autonomia di consumo. In secondo luogo, bisogna tenere presente che l’ampia maggioranza dei giovani, quando si mette alla ricerca di un’occupazione vera e propria, dopo 4 I giovani e il lavoro pochi mesi di ricerca la trova [Schizzerotto 2002]. La durata effettiva della disoccupazione in ingresso non è affatto trascurabile ed è progressivamente cresciuta nel tempo, ma essa non è, comunque, così “interminabile” come suggeriscono alcune rappresentazioni un po’ stereotipate del mercato del lavoro italiano. Infine, la diffusione dei nuovi contratti di lavoro flessibile ha rappresentato un elemento di discontinuità rispetto al passato e, secondo alcuni studiosi, ha reso meno problematico l’inserimento occupazionale dei giovani. Di sicuro, questa trasformazione ha spostato significativamente il focus del dibattito sul mercato del lavoro italiano [Chiesi 2002] dalla questione della disoccupazione giovanile alla questione dei lavori atipici, ossia dal problema di trovare lavoro al problema di quale lavoro si trova e di quale garanzie esso offra. In questo nuovo contesto il confine tra i lavoretti e “il” lavoro si manifesta con minori discontinuità, in quanto si può optare per una gamma di opportunità intermedie e più sfumate, come suggeriscono i dati che ci accingiamo ad esaminare nella prima parte di questo capitolo. Nella seconda parte, invece, indagheremo i vissuti soggettivi associati a questi percorsi e, in particolare, il grado di soddisfazione (o di insoddisfazione) che i giovani italiani esprimono nei confronti delle proprie esperienze occupazionali. 1.1 Il lavoro “diffuso “ A fronte dei ricorrenti dibattiti sulla difficoltà di trovare lavoro in Italia per i giovani, potrebbe sembrare sorprendente che solo il 23% degli intervistati della nostra indagine dichiari di non avere mai svolto un’occupazione. In altre parole, più di tre giovani su quattro hanno già avuto un contatto con il mondo del lavoro, come indica la figura 1. Graf. 1.1 Le esperienze occupazionali dei giovani (%- Base = 1404) 5 I giovani e il lavoro Nessuna esperienza di lavoro 23% Lavori a tempo indeterminato 37% Lavori non continuativi 40% Si tratta, ovviamente, di esperienze assai diversificate. Solo il 37% dei giovani, infatti, si è già inserito stabilmente nel mercato del lavoro, attraverso lo svolgimento di un lavoro a tempo indeterminato. Nei restanti casi, siamo di fronte ad esperienze di natura intermittente e di breve durata che spesso non prefigurano uno stabile inserimento occupazionale. Infatti, l’esperienza lavorativa più frequente sono i “lavoretti” occasionali e saltuari: il 52% dei rispondenti ne ha svolto almeno uno in passato1. Essi sono visti spesso come secondari rispetto alla condizione principale di studente (o di disoccupato), ma possono offrire, comunque, l’opportunità di disporre di una piccola fonte di reddito che permetta di godere di un simbolico spazio di autonomia [Reyneri 2002]. Non a caso, queste attività, sembrano “trainate” più dalla necessità di garantirsi un surplus di reddito a fini voluttuari che dalla domanda di lavoro presente nel contesto locale. Infatti, i lavoretti occasionali e saltuari sono svolti meno spesso nelle regioni del Centro-Nord (48%) che al Sud (58%). Le differenze territoriali risultano, dunque, non trascurabili2. 1 Si noti che, qualora l’intervistato abbia svolto sia lavoretti sia lavori a tempo indeterminato, nel grafico 1 egli viene conteggiato entro questa seconda categoria. Può sembrare una semplificazione eccessiva aggregare entro un’unica categoria i lavoretti occasionali e saltuari e quelli a tempo determinato. Comunque, suggeriremo fra poco che tra i due ambiti non sembra esistere una netta discontinuità. 2 In generale, l’esistenza di differenze tra le categorie di giovani messe a confronto (secondo l’età, le appartenenze territoriali, di genere, ecc.) viene valutata in base sia all’entità quantitativa delle stime puntuali sia ai test di significatività. Si tenga presente, inoltre, che nelle regioni dell’Italia centrale vengono inclusi il Lazio e le Marche. Qualora si distingua tra Centro, Nord-Ovest e Nord-Est, l’Emilia Romagna viene compresa tra le regioni nordorientali. 6 I giovani e il lavoro Anche i lavoretti svolti in modo continuativo (ad esempio, il giovane che fa il cameriere nel fine settimana) coinvolgono una quota significativa di rispondenti, pari al 30% dei nostri intervistati. Questo valore scende al 23% nel Nord-Ovest e sale al 31% nel Sud. Osserviamo nuovamente, dunque, che la diffusione dei lavoretti non sembra dipendere tanto dalla disponibilità complessiva dell’occupazione nelle diverse zone geografiche, quanto piuttosto dalle esigenze di reddito delle fasce giovanili. Si noti, però, che nel caso dei lavoretti continuativi la maggiore diffusione si riscontra nel NordEst, dove essi coinvolgono il 37% dei giovani. E’ interessante confrontare la situazione appena descritta con i dati relativi alle esperienze di lavoro a tempo indeterminato. Come illustra il grafico sotto riportato, queste hanno coinvolto il 54% dei giovani del Nord-Ovest, il 44% di quelli del Nord-Est, il 35% dei giovani dell’Italia Centrale e solo il 24% di chi risiede nel Mezzogiorno. Uno scarto di trenta punti percentuali separa, dunque, i due estremi di questa “graduatoria”. Risulta evidente, dunque, che il peso delle appartenenze geografiche emerge con forza, quando passiamo ad esaminare le opportunità di uno stabile inserimento occupazionale. Graf. 1.2 Esperienze di lavoro a tempo indeterminato secondo la zona di residenza (%- Base minima = 349) Nord-Ovest 54 Nord-Est 44 35 Centro Sud 24 0 10 20 30 7 40 50 60 I giovani e il lavoro Le differenze di genere, invece, risultano sostanzialmente irrilevanti. Questa conclusione vale sia per i lavoretti, sia per le opportunità di accedere a contratti a tempo indeterminato. In particolare, questi sono stati svolti dal 38% dei maschi e dal 35% delle femmine3. Possiamo affermare, dunque, che poco più di un terzo dei giovani ha già sperimentato uno stabile inserimento nel mercato del lavoro. Le esperienze di lavoro a tempo determinato si collocano a metà strada, sotto alcuni aspetti, tra il “mondo” dei lavoretti ed i contratti a tempo indeterminato. Il 20% dei giovani dichiara di avere avuto esperienze di lavoro temporaneo di durata maggiore ad un anno - un dato che documenta la diffusione ormai ampia delle nuove forme contrattuali nel mercato del lavoro italiano, specialmente tra i giovani. Questo valore sale al 25% nel Nord-Ovest e scende al 14% nel Sud. Una situazione analoga si riscontra per i contratti a tempo determinato di durata compresa tra due mesi ed un anno: essi hanno coinvolto il 24% dei giovani e risultano maggiormente diffusi nelle regioni settentrionali. Le esperienze a tempo determinato di durata inferiore ai due mesi, che riguardano 18 rispondenti su 100, risultano, invece, equidistribuite nelle diverse aree d’Italia. Come dire: maggiore è la stabilità dell’esperienza lavorativa presa in considerazione, maggiore appare il peso delle appartenenze geografiche e, segnatamente, il vantaggio delle regioni settentrionali. Si noti, inoltre, che i lavoretti risultano equidistribuiti tra fasce di età, mentre l’accesso ai lavori a tempo determinato di durata maggiore ad un anno ed a quelli a tempo indeterminato cresce fortemente con l’età. Ad esempio, questi ultimi coinvolgono solo il 17% dei giovani di 18-20 anni, ma sono stati svolti dal 46% dei giovani con più di 25 anni. Ancora una volta, le differenze tra maschi e femmine risultano trascurabili nel nostro campione e lo stesso vale anche se, invece delle esperienze lavorative passate, consideriamo l’incidenza dei contratti a termine tra gli occupati attuali. Analoghe considerazioni valgono, infine, per quanto riguarda l’incidenza della disoccupazione. Essa colpisce il 15% dei maschi ed il 18% delle femmine: una differenza relativamente contenuta4. Si riscontra, in breve, 3 Sappiamo comunque che le femmine incontrano maggiori difficoltà di inserimento dei maschi, sicché le modeste differenze che abbiamo trovato nel nostro campione sono, probabilmente, più ampie nelle popolazione complessiva. 4 Se teniamo conto dell’incertezza campionaria, dobbiamo anzi concludere che si tratta di una differenza statisticamente non significativa. Si noti che, per motivi di numerosità campionaria, si è reso necessario includere tra i disoccupati sia quelli in senso stretto sia quanti sono alla ricerca della prima occupazione. Una stima più accurata dei tassi di occupazione e di disoccupazione e delle loro variazioni in base al genere o alla zona geografica richiederebbe, peraltro, numerosità più elevate di quelle di cui è possibile disporre in una normale survey campionaria. 8 I giovani e il lavoro una notevole omogeneizzazione tra generi, entro le fasce giovanili, nelle opportunità di accesso alle diverse tipologie di lavoro. Il quadro che emerge da queste prime analisi sembra abbastanza chiaro. L’ampia maggioranza dei giovani intrattiene relazioni frequenti con il mondo del lavoro e, spesso, queste cominciano ben prima di terminare gli studi. In tal caso, si tratta soprattutto di attività precarie e di breve durata che offrono un reddito integrativo, ma che difficilmente garantiscono l’indipendenza economica. Basti pensare che, tra gli studenti, il 58% dichiara di svolgere lavoretti occasionali e saltuari o di averli svolti in passato, ma solo l’8% ha avuto esperienze a tempo indeterminato. La diffusione dei lavoretti risulta maggiore nel Mezzogiorno. Le esperienze a tempo determinato di breve durata sembrano seguire una logica analoga e risultano egualmente diffuse nelle diverse aree del paese. Quando si passa ad esaminare i lavori a tempo determinato di durata di un anno o più ed i lavori a tempo indeterminato, però, la situazione si capovolge: lo svantaggio del Sud si manifesta piuttosto nettamente. Questo suggerisce una tendenziale discontinuità tra il mercato dei lavori più stabili e quello dei lavoretti. E’ noto, infatti, che questi ultimi non facilitano il successivo accesso ad un’occupazione stabile [Reyneri 2002 ]. 1.2 Il lavoro tra passato e presente Lo svantaggio del Sud emerge con chiarezza anche quando passiamo dall’esame delle esperienze occupazionali all’analisi della condizione lavorativa attuale degli intervistati. Si consideri l’incidenza della disoccupazione: essa coinvolge l’8% dei giovani che abitano nelle regioni settentrionali, il 13% di quanti risiedono nel Centro-Italia e raggiunge il 26% nel Mezzogiorno. Tra quanti hanno trovato lavoro, nel Nord-Ovest l’80% è assunto con un contratto a tempo indeterminato, ma questo valore scende al 74% nel Sud. Si confermano, dunque, anche per l’analisi della situazione attuale le considerazioni sulle differenze tra aree geografiche che avevamo visto in relazione alle esperienze occupazionali passate. Le significative differenze territoriali, peraltro, non devono indurre a sottovalutare la persistente diffusione dei contratti a tempo indeterminato che risultano, anzi, ampiamente maggioritari. Anche quando consideriamo le fasce giovanili, ossia il segmento di popolazione più “esposto” ai lavori a tempo determinato, e ci soffermiamo sul Sud, dove questi sono maggiormente diffusi, troviamo che tre giovani lavoratori su quattro sono, comunque, occupati a tempo indeterminato. Questo dato smentisce i diffusi stereotipi sulla “scomparsa” del lavoro tradizionale. In realtà, l’ampia e 9 I giovani e il lavoro crescente diffusione dei cosiddetti lavori atipici sembra coesistere con una presenza massiccia e prevalente di contratti standard5. Questa osservazione è solo apparentemente contraddittoria. Essa suggerisce, piuttosto, la possibilità che l’assunzione con contratto a tempo determinato rappresenti solo una fase transitoria nei percorsi lavorativi dei giovani italiani, seguita tipicamente dallo stabile inserimento occupazionale, almeno in un’ampia maggioranza dei casi [Schizzerotto 2002]. Un’indicazione in questa direzione proviene anche dall’esame della distribuzione per età dell’incidenza di contratti a tempo indeterminato tra i giovani occupati. Come illustra il grafico 3, essa aumenta considerevolmente dalla prima fascia d’età, dove è pari al 17%, alla terza, dove raggiunge il 46%. Graf. 1.3 - Esperienze di lavoro a tempo indeterminato secondo l’età (%- Base minima = 255) 50 46 45 40 36 35 30 25 20 17 15 10 5 0 fino a 20 anni 21-24 anni 5 25-29 anni Proprio la diffusione relativamente contenuta dei lavori flessibili (ed in particolare delle nuove fattispecie previste dai recenti provvedimenti di legge) impedisce un’analisi più disaggregata di queste modalità contrattuali con i dati a disposizione. Basti pensare che, nel nostro campione, tra gli occupati attuali, nessuno risulta assunto con contratto di manodopera in leasing o a lavoro intermittente. I lavoratori interinali ammontano, invece, all’1%. Si noti, infine, che solo due intervistati su 100 ammettono di lavorare in nero. Considerazioni del tutto analoghe valgono per i nuovi contratti di lavoro autonomo che ammontano, complessivamente, a poco più di una trentina di casi. 10 I giovani e il lavoro Al crescere dell’età, aumentano anche le opportunità di accedere a lavori non manuali, che passano dal 49% tra i 18-20enni che sono occupati dipendenti al 59% tra i soggetti di 25-29 anni6. Col progredire della carriera lavorativa, dunque, aumentano non solo le opportunità di stabilizzazione professionale ma anche le chance di accedere a lavori più prestigiosi. Le possibilità di svolgere mansioni non manuali, inoltre, sono fortemente accresciute dal possesso di titoli di studio elevati. Basti pensare che, tra quanti possiedono la licenza media7, solo il 13% evita lavori manuali, ma questo valore sale all’89% tra i laureati, come illustra il grafico sottostante. Si conferma, dunque, l’elevata importanza che rivestono in Italia le credenziali educative nel plasmare le opportunità occupazionali all’inizio delle carriere lavorative [Cobalti, Schizzerotto 1998]. E’ noto, inoltre, che anche tra le fasce giovanili i titoli di studio più elevati garantiscono retribuzioni sensibilmente più elevate e maggiore autonomia lavorativa [Chiesi 2002]. Alla luce di queste considerazioni, dunque, sembra difficile sostenere che l’investimento in istruzione sia poco redditizio: le credenziali educative non sono solo un “pezzo di carta”. Il problema dello scarso rendimento dell’istruzione si manifesta, semmai, solo nella fase di inserimento nel mercato nel lavoro che risulta più lunga per i più istruiti [Schizzerotto 2002], come del resto suggeriscono indirettamente anche i nostri dati8. 6 Il lavoro manuale include gli apprendisti, gli operai generici e specializzati, mentre il lavoro non manuale comprende le posizioni impiegatizie e dirigenziali. La numerosità campionaria a disposizione impedisce di utilizzare uno schema di classificazioni più articolato, soprattutto perché i rispondenti che occupano posizioni nella classe di servizio ammontano a poche decine di casi. 7 I pochi casi di rispondenti in possesso della sola licenza elementare sono stati aggregati insieme a chi possiede la licenza media. I diplomati includono quanti hanno terminato gli studi presso istituti professionali, tecnici, istituti magistrali o licei. I laureati comprendono i possessori di lauree triennali, quadriennali o specialistiche, ma anche i (pochi) giovani che hanno conseguito diplomi universitari o para-universitari. 8 L’incidenza della disoccupazione in ingresso riguarda, infatti, l’8% dei soggetti con licenza media ed il 12% dei laureati. 11 I giovani e il lavoro Graf. 1.4 - L’accesso al lavoro non manuale secondo il titolo di studio (%- Base minima = 63) 100 89 90 80 70 63 60 50 40 30 20 14 10 0 licenza media diploma laurea Tra quanti ricoprono stabilmente una posizione occupazionale, un quarto dei rispondenti risulta lavoratore indipendente. Dato che stiamo esaminando la fascia giovanile della popolazione, non stupisce rilevare una presenza contenuta delle posizioni più prestigiose e, in particolare, dei liberi professionisti (14% dei giovani lavoratori autonomi) e degli imprenditori (9%). A questi ruoli lavorativi, infatti, si accede più spesso col progredire della carriera. Non stupisce neppure, all’estremo opposto, constatare una ridotta presenza di coltivatori (4%) e di coadiuvanti familiari (3%). Le aree più consistenti del lavoro autonomo risultano invece quello di tipo tradizionale (artigiani e commercianti), pari al 41% degli indipendenti, ed i nuovi lavoratori autonomi (consulenti, professionisti non iscritti all’albo professionale, ecc), pari al 29%. A queste ultime occupazioni accedono più spesso i laureati e le donne, mentre i maschi meno istruiti tendono a prevalere nel lavoro autonomo tradizionale. Abbiamo osservato in precedenza che le differenze di genere nei percorsi occupazionali risultano piuttosto limitate nelle fasce giovanili. Possiamo adesso qualificare questa osservazione, alla luce dei dati sulla condizione lavorativa attuale. Innanzitutto, possiamo osservare che, malgrado si sia verificata una crescita nel tempo delle opportunità di partecipazione femminile al mercato del lavoro, tra le giovani donne troviamo ancora una quota non trascurabile di casalinghe, pari al 12% delle intervistate. In 12 I giovani e il lavoro secondo luogo, le occupazioni non manuali, tipicamente di stampo impiegatizio, sono appannaggio delle giovani molto più che dei loro coetanei maschi. Questo risultato sembra delineare una situazione di vantaggio a favore delle femmine. Bisogna tenere presente, comunque, che i dati a nostra disposizione non permettono di distinguere, all’interno del lavoro non manuale, le occupazioni impiegatizie da quelle direttive. Sappiamo, però, che le chance maschili di accedere alle posizioni di vertice risultano nettamente maggiori, a conferma dell’esistenza di disuguaglianze di opportunità in base al genere anche nelle nuove generazioni. 1.3 Il lavoro: un’esperienza gratificante? Dopo avere delineato sinteticamente i percorsi occupazionali dei giovani italiani, possiamo chiederci in che misura il lavoro svolto venga percepito soggettivamente come gratificante dai nostri intervistati. Ai rispondenti che si dichiaravano occupati al momento dell’intervista si è chiesto di esprimere una valutazione sul proprio grado di soddisfazione in merito al lavoro svolto, attraverso un voto da 1 (minimo gradimento) a 10 (massimo gradimento). Il grafico seguente riporta i risultati ottenuti. La conclusione che emerge non lascia spazio a dubbi: i giovani occupati manifestano un elevato grado di soddisfazione per la propria occupazione. Solo il 12% degli intervistati, infatti, dà un giudizio sotto la soglia della sufficienza (ossia un voto inferiore a 6). Per il 60% dei giovani, invece, la valutazione del proprio lavoro è nettamente positiva (voto da 8 a 10). Il voto medio attribuito all’occupazione svolta è pari a 7,6 e la variabilità intorno a questo giudizio appare relativamente contenuta9. A conferma della relativa omogeneità della soddisfazione lavorativa, si può osservare che i giudizi degli intervistati non variano in base al genere, alla zona geografica di residenza ed all’età degli intervistati10. 9 La deviazione standard della distribuzione dei giudizi espressi è pari a 1,8. 10 Questa affermazione si basa sui risultati di un modello di regressione multipla OLS che specifica congiuntamente gli effetti delle tre variabili in parola: nessun parametro risulta statisticamente significativo (ά=5%) e l’entità quantitativa di tutti gli effetti stimati appare piuttosto contenuta. Come vedremo fra poco, in un secondo modello, si sono introdotte anche le variabili relative al tipo di contratto, alla posizione di lavoro autonomo o dipendente ed al tipo di lavoro (manuale o non manuale), tenendo sotto controllo le variabili introdotte nelle primo modello. Per controllare la stabilità delle stime, si è preferito non inserire la variabile relativa al titolo di studio degli intervistati, che peraltro dispiega i suoi effetti sulla variabile dipendente soprattutto tramite la mediazione della covariata relativa all’occupazione svolta. 13 I giovani e il lavoro Gli unici elementi di differenziazione nei giudizi di soddisfazione sono due. Da un lato, si osserva una distinzione tra chi è occupato a tempo determinato e chi è assunto con contratto a tempo indeterminato. La seconda categoria risulta più soddisfatta della propria situazione. Come vedremo nel terzo capitolo, la sicurezza lavorativa rappresenta, infatti, l’elemento giudicato come più importante nel valutare la qualità dell’occupazione svolta. Al contempo, vedremo che i giovani sono pronti ad accettare i contratti a termine ed anzi ne incoraggiano la diffusione in quanto strumenti che favoriscono l’inserimento nel mercato del lavoro. Il secondo elemento di differenziazione nei giudizi sul grado di soddisfazione per l’occupazione svolta riguarda la distinzione tra distinzione tra lavoratori dipendenti ed autonomi, che esprimono, infatti, giudizi più positivi. Questo risultato dimostra la predilezione giovanile per il lavoro indipendente: un aspetto sul quale torneremo nel proseguo di questo rapporto. Nel complesso, comunque, i giovani sembrano piuttosto concordi nell’esprimere una generale soddisfazione per il lavoro svolto. Graf. 1.5 Il grado di soddisfazione per il lavoro svolto (%- Base = 699) 35 31 30 25 19 20 18 15 11 9 10 6 5 2 2 1 1 fa tto 9 so dd is 8 7 6 5 4 3 2 pe r de l tu tto nu lla so dd is fa tto 0 Agli intervistati si è anche provato a chiedere anche in che misura l’occupazione soddisfi le aspettative degli intervistati. Si intendeva sondare, attraverso questo ulteriore quesito, se il lavoro svolto, seppure ritenuto soddisfacente, potesse essere giudicato, comunque, al di sotto delle loro 14 I giovani e il lavoro aspirazioni. Si tratta, insomma, di sollecitare un giudizio prospettico che lasci ai nostri rispondenti la possibilità di dirci: “si, il mio lavoro attuale non è poi così male, ma spero di fare meglio in futuro”. In effetti, la soglia di insoddisfazione evidenziata da questa domanda risulta un po’ più elevata: il 24% dei giovani occupati si dichiara “poco” o “per nulla” soddisfatto dell’occupazione svolta, se la rapporta alle proprie ambizioni lavorative. Nelle risposte date a questa domanda, inoltre, i giovani residenti nel Mezzogiorno evidenziano un grado di soddisfazione leggermente inferiore: essi sono, probabilmente, costretti più spesso ad accontentarsi di un lavoro che giudicano al di sotto delle proprie aspettative, pur di evitare una lunga disoccupazione. Ancora una volta, non si rilevano apprezzabili differenze tra maschi e femmine ma questo non può essere inteso come un segnale di perfetta egualitarizzazione delle carriere lavorative, come abbiamo già avuto modo di dire. Si è provato ad indagare, inoltre, in che misura gli intervistati percepiscano la propria situazione lavorativa come provvisoria, o definitiva. Abbiamo ritenuto utile distinguere tra il tipo di mansioni svolte (tipo di lavoro) ed il posto di lavoro occupato (es. in una specifica azienda). E’ possibile, infatti, che gli intervistati pensino che in futuro potrebbero cambiare posto di lavoro continuando a ricoprire le stesse mansioni, ad esempio presso un altro datore di lavoro. Viceversa, essi potrebbero percepire il proprio posto di lavoro come stabile, ma prevedere che i propri compiti siano destinati a mutare. Rientrano in questa seconda ipotesi i casi di mobilità orizzontale o verticale all’interno della stessa azienda. Pare significativo osservare che, pur essendo all’inizio della carriera lavorativa, i giovani descrivano la propria situazione come prevalentemente stabile. Il 63% di loro pensa che non cambierà tipo di occupazione in futuro ed il 61% esprime la medesima valutazione in merito al posto di lavoro ricoperto attualmente. In effetti, la quota di intervistati che si dichiarano sicuri di cambiare la propria situazione in futuro è pari ad un rispondente su dieci, per entrambi gli ordini di valutazione. Tab. 1.1 La valutazione della stabilità della propria situazione lavorativa (%) • • • • Tipo di lavoro Posto di lavoro Sicuramente definitiva 31 29 Definitiva 32 32 Provvisoria 26 27 Sicuramente provvisoria 11 12 Totale =627 100 100 15 I giovani e il lavoro Si osserva non solo che le distribuzioni dei due giudizi risultano piuttosto simili, ma anche che esse risultano fortemente correlate. Per fare un esempio, se un intervistato percepisce il tipo di lavoro svolto come sicuramente definitivo, nel 96% dei casi percepisce come definitivo o sicuramente definitivo anche il posto che occupa11. Viceversa, se uno dei due aspetti viene ritenuto provvisorio, è percepito come tale pure l’altro. Il risultato complessivo di queste valutazioni è rappresentato nel grafico 6 e potrebbe essere sintetizzato, con ragionevole approssimazione, nel seguente modo: si osserva una netta contrapposizione tra una quota maggioritaria, pari quasi ai due terzi di rispondenti che descrivono la propria situazione complessiva come stabile, ed un restante terzo di giovani che la percepiscono come instabile. Graf. 1.6 La percezione della stabilità della condizione lavorativa (%Base = 626) Posto e mansioni provvisori 34% Posto e mansioni definitivi 60% Mansioni definitiveposto provvisorio 4% Posto definitivomansioni provvisorie 2% 11 Il risultato non cambia “invertendo l’ordine dei fattori”, ossia se consideriamo quanti ritengono che il tipo di lavoro svolto sia definitivo tra quanti dichiarano che il posto di lavoro è tale. Non si può escludere, peraltro, che gli intervistati incontrino difficoltà ad operare la distinzione tra i due aspetti, quanto meno nel corso di un’intervista telefonica. 16 I giovani e il lavoro Non si segnalano differenze sistematiche in base al genere ed alla zona di residenza nei giudizi sulla stabilità del posto di lavoro12. Pare significativo, invece, che la fascia d’età più elevata (25-29 anni) giudichi la propria situazione come nettamente meno provvisoria. Le differenze sono cospicue: la percezione di stabilità dei giovani adulti è quattro volte superiore rispetto a chi ha un’età compresa tra i 18 ed i 25 anni. Questo rappresenta un ulteriore segnale di stabilizzazione occupazionale al progredire della carriera lavorativa. 1.4 Conclusioni Abbiamo osservato, in apertura di questo capitolo, che il mercato del lavoro italiano non favorisce l’inserimento occupazionale delle nuove leve ed offre limitate opportunità di carriera. Nelle nostre analisi, abbiamo trovato ampie conferme di questa situazione e, forse, la più significativa è costituita dal fatto che la maggioranza dei giovani occupati preveda che non cambierà lavoro in futuro, pur essendo all’inizio della propria carriera. Esiste, dunque, una diffusa consapevolezza delle scarse opportunità di mobilità lavorativa in Italia. In questo senso, possiamo affermare che risulta “capovolta” l’immagine che dipinge le nuove generazioni come soggette a continui cambiamenti di lavoro; quanto meno, questo vale se ci affidiamo alle previsioni dei giovani, ma sappiamo che esse risultano piuttosto realistiche [Schizzerotto 2002]. L’esperienza occupazionale tipica di un giovane potrebbe essere descritta nel seguente modo. Il primo contatto con il mondo del lavoro avviene presto. Si comincia spesso con uno o più lavoretti occasionali e saltuari che non precludono, nella maggioranza dei casi, la continuazione degli studi. Quando si esce dal sistema educativo, si incontrano difficoltà a trovare lavoro, specialmente se si possiede un elevato titolo di studio e si abita nel Mezzogiorno. I giovani meridionali non solo esperiscono una disoccupazione più lunga, ma hanno anche minori probabilità di essere assunti con contratti a tempo indeterminato. L’inserimento occupazionale avviene sempre più spesso attraverso forme di lavoro atipiche che 12 I risultati si basano sulla specificazione di due modelli di regressione logistica multinomiale, relativi rispettivamente al posto ed al tipo di lavoro svolto. In entrambi i casi, si sono introdotte congiuntamente le variabili relative all’età, al genere ed alla zona di residenza degli intervistati. Si tenga presente, peraltro, che esistono elevati margini di incertezza intorno alle stime presentate. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, la mancanza di significatività negli effetti delle covariate. 17 I giovani e il lavoro funzionano, soprattutto, da “porte di ingresso”. In altre parole, l’assunzione con contratto a tempo determinato non sembra condurre, nella generalità dei casi, alla precarietà lavorativa. Al contrario, numerosi indizi segnalano che, semmai, il problema delle carriere occupazionali in Italia è quello di una scarsa mobilità tra posti di lavoro. Come vivono i giovani occupati la propria esperienza entro questa situazione “stagnante” ? A dispetto di quanto potremmo attenderci, la risposta è: con moderata soddisfazione. I nostri intervistati dimostrano un elevato gradimento dell’occupazione svolta. Questo vale, soprattutto, per i lavoratori autonomi e per i lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato. Non di rado, però, questa valutazione positiva sembra nascondere un atteggiamento di “accettazione dello status quo” che non impedisce ai giovani di riconoscere che il lavoro svolto è considerato, comunque, al di sotto delle proprie aspirazioni. 18 I giovani e il lavoro Capitolo 2 Il fabbisogno formativo dei giovani italiani U no dei tratti distintivi delle economie contemporanee è costituito dalla domanda crescente di competenze sempre più duttili ed articolate. Non si assiste semplicemente ad un aumento quantitativo della dotazione di capitale umano richiesta, ma ad una profonda trasformazione delle capacità valorizzate nel mercato del lavoro. Nell’economia della conoscenza e dei servizi, le abilità maggiormente apprezzate non sono più quelle di natura strettamente tecnica. Naturalmente, esse continuano ad essere assai rilevanti, ma devono essere affiancate da abilità cognitive nuove e flessibili, solidamente radicate nel possesso delle competenze di base [Ocse 2002]. Basti pensare all’enorme diffusione delle tecnologie informatiche, tale da suggerire che, in un futuro non troppo lontano, l’ampia maggioranza delle occupazioni presupporrà l’uso del computer [Gallie, White 1993]. Ebbene, l’acquisizione e l’utilizzo delle conoscenze informatiche presuppongono, prima ancora che abilità specifiche, adeguate capacità logico-simboliche. E presuppongono anche la conoscenza della lingua inglese. Questa diventa sempre più indispensabile, anche in virtù della crescente integrazione produttiva e commerciale delle economie europee e mondiali. Nelle società terziarie, “le attività di manipolazione e trasformazione di oggetti e materie cedono il passo a quelle di trattamento ed elaborazione di informazioni, di risoluzione di problemi, di astrazione e rappresentazione mentale del processo produttivo” (Reyneri 2002). Diventa sempre più necessario sapere lavorare in gruppo, riuscire a presentare efficacemente il proprio lavoro e questo richiede, innanzitutto, abilità comunicative e relazionali. In molti casi, il savoir-faire può rivelarsi ancora più prezioso del know-how [Accornero et al. 1986]. 19 I giovani e il lavoro In questo capitolo, cercheremo di capire in che misura i giovani si sentano preparati ad affrontare le nuove richieste che pone loro la moderna economia della conoscenza. In particolare, esamineremo come essi valutano la formazione ricevuta a scuola, proveremo a capire se ritengano necessaria una formazione integrativa e quali siano le competenze di cui sentono di avere maggiormente bisogno. Naturalmente, gli angoli prospettici dai quali si formulano valutazioni sul proprio fabbisogno di competenze variano considerevolmente tra studenti o di lavoratori. La nostra analisi, pertanto, distinguerà i due ordini di valutazioni, cominciando dai giudizi di chi è già entrato nel mercato del lavoro e ha potuto esperire in prima persona l’adeguatezza (o l’inadeguatezza) della propria formazione. 2.1 La domanda di formazione dei giovani occupati I N base ad un giudizio piuttosto diffuso, la scuola italiana è ritenuta sostanzialmente incapace di garantire agli studenti una formazione adeguata alle esigenze del sistema produttivo. Numerosi osservatori hanno sottolineato ripetutamente lo “scollamento” del sistema educativo dalle trasformazioni dell’economia. Questo problema emerge anche dai dati della quinta indagine Iard sulla condizione giovanile: la maggioranza assoluta (58%) degli intervistati di età compresa tra i 15 ed i 29 anni giudica “poco” o “per nulla” adeguata la formazione ricevuta a scuola. I dati della nostra ricerca confermano questo quadro, ma permettono di tracciare alcune rilevanti distinzioni e, soprattutto, di delineare le sue implicazioni in modo più dettagliato. 2.1.1 Formazione scolastica e competenze occupazionali Abbiamo ritenuto opportuno chiedere ai giovani occupati di formulare un giudizio sull’utilità della propria preparazione scolastica, distinguendo tre aspetti: l’acquisizione di un metodo organizzativo, di abilità relazionali e di competenze tecniche. I risultati sono presentati nella tabella sottostante. 20 I giovani e il lavoro Tab. 2.1 Le valutazioni dei giovani occupati preparazione ricevuta a scuola (%) Giudizio • Molto utile • Abbastanza utile • Poco utile • Per nulla utile Totale= 690 sull’adeguatezza della Metodo organizzativo Aspetti valutati Abilità comunicative e relazionali Competenze tecniche 14 33 27 26 100 15 43 24 18 100 15 30 28 27 100 Innanzitutto, i giudizi sull’acquisizione di un metodo di organizzazione del proprio lavoro e sull’acquisizione di competenze tecniche confermano l’inadeguatezza della formazione scolastica, ritenuta “molto” o “abbastanza” utile da meno della metà degli intervistati. Quando si passa ad esaminare le competenze relazionali acquisite, però, la maggioranza dei rispondenti (58%) formula giudizi positivi. Le valutazioni risultano dunque significativamente differenziate, in base al tipo di competenza presa in considerazione e l’acquisizione di abilità comunicative a scuola, sulla cui rilevanza ci siamo soffermati nell’introduzione di questo capitolo, viene riconosciuta dalla maggioranza degli intervistati. Non solo: i giudizi positivi sull’acquisizione di competenze relazionali salgono addirittura al 72% tra i laureati. Costoro, inoltre, danno giudizi nettamente più positivi rispetto alle fasce meno istruite anche rispetto agli altri due aspetti. Basti pensare che il 69% di loro ritiene di avere acquisito grazie ai propri studi un metodo organizzativo ed il 68% di avere ricevuto competenze tecniche utili per il proprio lavoro. Le valutazioni dei diplomati sono meno positive13 e quelle di chi si è fermato alla licenza media risultano particolarmente scoraggianti: solo il 41% ritiene di avere acquisito abilità relazionali a scuola, il 26% afferma di avere appreso un metodo di lavoro ed il 24% dichiara di avere acquisito competenze tecniche. Queste ultime, invece, sono state apprese, in base all’autovalutazione dei nostri rispondenti, dal 48% dei diplomati e dal 68% dei laureati, come illustra il grafico sottostante. 13 Naturalmente, la relazione positiva tra titolo di studio ed apprezzamento della formazione ricevuta potrebbe dipendere in parte anche da un effetto di “razionalizzazione”: quanti hanno investito più a lungo in istruzione potrebbero avere difficoltà a riconoscere gli eventuali scarsi ritorni di questa scelta. 21 I giovani e il lavoro Graf. 2.1 L’acquisizione di competenze tecniche secondo il titolo di studio (% - Base minima= 95) 80 68 70 60 48 50 40 30 24 20 10 0 Licenza mdia Diploma Laurea Questi risultati suggeriscono una possibile, parziale rilettura del giudizio sulle inadeguatezze del sistema scolastico. Il deficit formativo denunciato dai giovani italiani dipende certamente dalle caratteristiche e dalle carenze del sistema scolastico, ma non solo. Esso si origina anche dal fatto che nel nostro paese una quota consistente di studenti – superiore rispetto alla quasi totalità dei paesi occidentali avanzati - si ferma all’istruzione dell’obbligo, o al diploma. Sono costoro ad offrire le valutazioni meno positive. Quanti arrivano sino alla laurea, viceversa, danno giudizi generalmente positivi sull’utilità della formazione ricevuta per il proprio lavoro. In breve, i giovani si sentono poco preparati anche perché si fermano più spesso dei loro coetanei europei ai livelli inferiori del sistema educativo. E quando si tratta di giudicare l’acquisizione delle competenze comunicative e relazionali apprese a scuola, la maggioranza dei giovani si dichiara soddisfatto. Si tratta di una precisazione assai rilevante, se pensiamo all’importanza di tali competenze nelle economie contemporanee. Nel precedente capitolo, abbiamo commentato i risultati sui ritorni occupazionali dei titoli di studio, asserendo che l’istruzione non può essere considerata solo un “pezzo di carta”. Possiamo adesso aggiungere che la stessa conclusione vale quando guardiamo alle competenze effettive trasmesse dal sistema scolastico, con un rilevante distinguo. Se pensano all’acquisizione di abilità relazionali e – come vedremo fra poco - di 22 I giovani e il lavoro competenze di base, i giovani italiani sentono di avere imparato qualcosa a scuola. Se pensano invece all’acquisizione di competenze tecniche, specifiche e direttamente rilevanti per lo svolgimento delle mansioni svolte, i giudizi diventano negativi. Possiamo dubitare, secondo il giudizio di molti studiosi, che questo secondo ordine di competenze debba essere acquisito nelle aule scolastiche. Al sistema d’istruzione spetta soprattutto il compito di fornire solide competenze di base, sulle quali “innestare” successivamente abilità più specifiche, attraverso l’apprendimento on the job e l’aggiornamento professionale. Naturalmente, queste osservazioni non devono indurre a sottovalutare le debolezze della scuola italiana, soprattutto a livello secondario. Vale la pena di ricordare, ad esempio, che in tutte le fasce d’istruzione oltre un quarto degli intervistati nega di avere appreso rilevanti competenze comunicative. Inoltre, la recente indagine PISA, promossa dall’Ocse, segnala che i livelli di competenza alfabetica degli studenti quindicenni italiani sono, nella generalità dei casi, inferiori a quelli dei paesi europei più avanzati. Ulteriori indicazioni di rilievo giungono da un’analisi dei giudizi sulla formazione ricevuta disaggregati in base alla posizione occupazionale ricoperta. I lavoratori non manuali, infatti, danno valutazioni più positive. Il 56% di costoro, infatti, afferma di avere acquisito a scuola competenze tecniche, il 59% ritiene di avere imparato un metodo di lavoro e due lavoratori non manuali su tre dichiarano di avere acquisito abilità comunicative utili per il proprio lavoro. I giudizi dei lavoratori manuali, invece, risultano in tutti i casi ben più scettici. Questo significa che quanto più le mansioni svolte sono di alto profilo, tanto più le competenze acquisite a scuola (o più precisamente, nel caso di molti lavoratori non manuali, all’università) sono valorizzate ed apprezzate dai nostri intervistati. Abbiamo visto, dunque, che il grado di soddisfazione per la formazione ricevuta a scuola aumenta al crescere sia del titolo di studio sia della posizione occupazionale. Naturalmente, i due fenomeni sono connessi: i giovani che raggiungono la laurea acquisiscono competenze più elevate che vengono maggiormente valorizzate attraverso lo svolgimento di mansioni di profilo più elevato. E’ interessante osservare, comunque, che i giudizi di maggiore soddisfazione espressi dai giovani più istruiti rimangono tali anche se teniamo sotto controllo la posizione occupazionale ricoperta14. 14 Questo risultato è stato ottenuto nel seguente modo. Abbiamo costruito mediante analisi fattoriale un indice di soddisfazione per la formazione ricevuta, desunto dalle risposte ai tre quesiti corrispondenti. La dimensione sottostante così ottenuta risulta fortemente correlata a tutti gli item e spiega il 73% della loro varianza. L’indice costituisce la variabile dipendente nel modello di regressione multipla che abbiamo specificato, dove abbiamo introdotto gli 23 I giovani e il lavoro Questo significa che, anche confrontando quanti occupano ruoli lavorativi analoghi, i più istruiti ritengono, comunque, di avere acquisito maggiori competenze. 2.1.2 La domanda di formazione continua La formazione continua è una delle parole d’ordine nelle società postindustriali. In un contesto economico in continua evoluzione non si può più pensare di confinare l’acquisizione di competenze alla fase iniziale delle biografie individuali. Non occorre, semplicemente, allungare la durata della permanenza nel sistema scolastico formale. Si tratta, piuttosto, di moltiplicare le occasioni di riqualifica e di aggiornamento professionale. La rilevanza della formazione continua, inoltre, può essere apprezzata anche indipendentemente dalle considerazioni relative alle trasformazioni economiche degli ultimi decenni. Essa riveste, infatti, un ruolo di primaria importanza nel mantenimento delle competenze di base dei lavoratori [IEA 1999]. Numerose mansioni occupazionali, infatti, attivano una gamma relativamente ristretta di abilità e vengono svolte in ambienti “poveri” da un punto di vista cognitivo. Questo espone la popolazione adulta ad un rapido decadimento delle competenze di base, che può essere evitato efficacemente offrendo nuove occasioni di apprendimento. Ma qual è il grado di consapevolezza dei giovani occupati circa la necessità di una formazione aggiuntiva? I risultati che abbiamo ottenuto non sembrano molto incoraggianti. Solo un giovane occupato su due, infatti, afferma di essere disponibile a seguire corsi di formazione in orario lavorativo. Tra quanti si dichiarano interessati in linea di principio, inoltre, il 44% rinuncerebbe a tali attività formative qualora dovesse pagarle di tasca propria ed il 33% non accetterebbe di parteciparvi in orario extra-lavorativo. Nel complesso, solo un giovane occupato su dieci investirebbe in formazione attraverso corsi a pagamento fuori dall’orario di lavoro. Consideriamo ora la relazione tra i giudizi sulla formazione ricevuta a scuola e la domanda di formazione integrativa. Potremmo attenderci, infatti, i meno soddisfatti di ciò che hanno appreso a scuola avvertano maggiormente l’esigenza di partecipare a corsi di qualifica professionale. Accade, invece, esattamente l’opposto. Ad esempio, il 60% di quanti si dichiarano “abbastanza” o “molto” soddisfatti delle competenze tecniche apprese a scuola afferma che frequenterebbe corsi di formazione, ma questo effetti dell’istruzione e della posizione occupazionale ricoperta, tenendo sotto controllo l’influenza dell’età, del genere e della zona di residenza degli intervistati. 24 I giovani e il lavoro valore scende al 40% tra chi si dichiara per nulla soddisfatto delle abilità tecniche acquisite a scuola. Chi ritiene molto utili per il proprio lavoro le competenze relazionali apprese durante gli studi è interessato, nel 70% dei casi, a frequentare corsi di formazione, ma questo accade solo al 34% di chi non è per nulla soddisfatto. In altre parole, le esperienze scolastiche negative (o, quanto meno, percepite come tali) sembrano provocare un effetto di scoraggiamento generalizzato verso le attività formative. Osserviamo anche che la domanda di formazione aggiuntiva è maggiore tra le femmine: il 59% di queste frequenterebbe corsi di aggiornamento, ma solo il 47% dei maschi. E’ possibile che la “buona volontà” delle giovani occupate sia, per così dire, stimolata dalle maggiori difficoltà di avanzamento professionale che incontrano rispetto ai colleghi maschi, portandole ad avvertire l’esigenza di dotarsi di maggiori abilità e credenziali per fare carriera. Esiste, inoltre, una chiara graduatoria tra le zone geografiche nella richiesta di corsi di formazione: i giovani del Nord-Ovest sono i più interessati, seguiti da quelli del Nord-Est, del Centro e del Sud. Lo scarto tra i due estremi di tale graduatoria è pari a 30 punti percentuali. E’ evidente, dunque, che la domanda di formazione è “trainata” anche dalle richieste del contesto produttivo. Le differenze in base al genere ed alla zona geografica, tuttavia, si annullano se passiamo ad esaminare la disponibilità a partecipare ad attività formative condizionata all’orario ed alle modalità di finanziamento di tali attività. In altre parole, è vero che, in generale, i maschi sono meno interessati delle femmine a partecipare a corsi di aggiornamento professionale. Quando essi manifestano la propria disponibilità, però, sono più spesso pronti, rispetto alle femmine, a frequentare anche corsi fuori dall’orario di lavoro. Si tratta, evidentemente, di uno “zoccolo duro” di soggetti fortemente motivati15. Allo stesso modo, i giovani meridionali che si dichiarano interessati a seguire corsi di formazione sono pronti a farlo, nell’ampia maggioranza dei casi (87%), anche fuori dall’orario di lavoro. Chiediamoci ora quale tipo di formazione integrativa sia ritenuto più proficuo dagli intervistati: abbiamo raccolto informazioni sia sui metodi che sui contenuti dei corsi che i rispondenti ritengono maggiormente utili. In particolare, abbiamo chiesto a quanti si dichiaravano disponibili a frequentare corsi se avessero preferenze sulle loro modalità di svolgimento. Le differenze che emergono tra le diverse metodologie di corso possibili 15 E’ probabile che si tratti, in effetti, di un classico effetto di selezione, anche se con i dati a disposizione non possiamo testare direttamente questa ipotesi, né identificare i fattori sottostanti a tali effetti. 25 I giovani e il lavoro non sono particolarmente elevate, ma risultano comunque significative16, come emerge dal grafico 2. Graf. 2.2 I giudizi sull’utilità dei diversi metodi utilizzabili nei corsi di formazione (% di “Molto/ abbastanza e poco/per nulla utile”- Base = 325) Stage in altre aziende 86 14 Visita ad altre aziende 85 15 80 Assistenza di un tutor 20 Scambi di esperienze 92 Simulazione di situazioni 8 88 12 74 Lezioni teoriche 0% 20% 40% Molto/abbastanza utile 26 60% 80% 100% Poco/per nulla utile In particolare, emerge una diffidenza non trascurabile verso un approccio ritenuto troppo astratto (le lezioni teoriche in aula) ed uno che viene percepito, forse, come troppo intrusivo (l’assistenza diretta di un tutor a lavoro). Non si segnalano differenze di rilievo nei giudizi in base al genere, alla zona di residenza ed al titolo di studio dei giovani17. Insomma, queste valutazioni risultano piuttosto trasversali alle diverse fasce di giovani occupati. Alcune differenze, comunque, possono essere evidenziate. In primo luogo, i lavoratori indipendenti, si dichiarano particolarmente avversi nei confronti dell’acquisizione di competenze tramite l’assistenza diretta da parte di un tutor -quasi a “marcare” anche in ambito formativo la priorità 16 Questo vale anche da un punto di vista strettamente statistico, posto che il test di Friedman della differenza tra distribuzioni risulta significativo (CHI2= 72,7; d.f.=5). 17 Nei confronti effettuati, il test del CHI2 potrebbe risultare poco significativo anche per effetto della numerosità campionaria ridotta. Le differenze percentuali, comunque, risultano contenute entro pochi punti percentuali nella generalità dei casi. 26 I giovani e il lavoro che essi attribuiscono alla propria autonomia professionale18. In secondo luogo, si può osservare che i lavoratori non manuali credono maggiormente nell’utilità del metodo delle simulazioni che, effettivamente, potrebbe rivelarsi più utile per quanti operano ad un maggiore livello di astrazione nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative. Di quali competenze si avverte maggiore bisogno? L’esigenza più urgente sembra essere l’apprendimento di una lingua straniera, ritenuta utile nel 44% dei casi (graf. 3). Questa priorità va letta, probabilmente, sullo sfondo dei processi di crescente integrazione economica e commerciale che influenzano, naturalmente, anche le esigenze formative delle nuove generazioni. Graf. 2.3 Competenze di cui si avverte il bisogno di formazione (% - Base = 703) 44 32 19 16 16 di ba se PC en ze U so C on os c en ze te cn ic he 8 C on os c Li ng ua 29 20 st ra ni er a 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 Meno di un rispondente su cinque, invece, si dichiara interessato a migliorare le proprie competenze di base, la propria capacità di lavorare in gruppo, o le abilità comunicative ed organizzative di cui è in possesso. Possiamo spiegare questo disinteresse in almeno due modi. E’ possibile che 18 Gli autonomi risultano anche un po’ più scettici della media verso l’utilità di effettuare visite ad altre aziende. 27 I giovani e il lavoro tali competenze non vengano considerate molto importanti per il proprio lavoro. In alternativa, gli intervistati potrebbero giudicarle rilevanti, ma ritenersi già sufficientemente dotati e capaci. In entrambi i casi, questo disinteresse verso l’acquisizione di meta-competenze così importanti nell’economia della conoscenza è un fenomeno che fa riflettere. Infine, si attribuisce rilevanza un po’ più elevata al miglioramento delle proprie competenze tecniche ed informatiche. Più precisamente, circa un giovane su tre sarebbe interessato a corsi di questo genere19. Di nuovo, se pensiamo alla diffusione rapida e crescente delle tecnologie informatiche in ambito occupazionale, questo tiepido interesse non può non destare qualche perplessità. Si noti, infine, che solo rispetto ad una tipologia di corsi, quelli di lingue, i lavoratori non manuali si rivelano maggiormente interessati di operai e manovali. Stupisce che impiegati, insegnanti o dirigenti si rivelino interessati tanto quanto i lavoratori manuali ad acquisire competenze di natura comunicativa ed organizzativa. E’ indubbio, infatti, che i primi svolgono mansioni che più tipicamente presuppongono abilità di questo tipo: un ulteriore segnale di scarsa attenzione al proprio fabbisogno formativo da parte dei giovani. Nel complesso, se pensiamo alle considerazioni, richiamate nell’introduzione di questo capitolo, sull’importanza delle competenze relazionali nelle economie contemporanee, le dichiarazioni dei giovani destano qualche preoccupazione. In particolare, sembra poco plausibile che tutti gli intervistati che si dimostrano poco interessati a migliorare questo genere di competenze raggiungono già livelli di eccellenza al riguardo. E’ possibile, invece, che non pochi giovani abbiano difficoltà a percepire l’effettiva rilevanza di tali abilità per la qualità del proprio lavoro20. La minoranza di rispondenti che si dichiara interessata a seguire corsi di formazione aggiuntiva, però, sembra piuttosto motivata in tal senso. Basti pensare che, per tutte le tipologie di corso, quanti sono disponibili a parteciparvi in linea di principio non mutano posizione, nella generalità dei casi, quando si chiede loro se sarebbero disponibili a frequentarli anche 19 Questi giudizi non evidenziano elementi significativi di differenziazione in base al genere ed alla zona geografica di residenza dei rispondenti. 20 Si potrebbe ipotizzare, in alternativa, che i giovani siano poco fiduciosi sull’utilità di acquisire nuove competenze, in quanto ritengono che il mercato del lavoro italiano lasci poco spazio alla possibilità di emergere grazie alle abilità apprese. Vedremo, però, che i giovani sono invece assai fiduciosi sulla diffusione della meritocrazia come meccanismo di selezione occupazionale. 28 I giovani e il lavoro fuori dall’orario di lavoro, sacrificando quindi il proprio tempo libero. Più precisamente, almeno due terzi di costoro sarebbe disponibile a tale “sacrificio”, ma questa quota sale addirittura all’81% per i corsi di informatica. Sembra, dunque, che i nostri intervistati tendano a “spaccarsi” tra una minoranza piuttosto motivata ad acquisire nuove abilità ed una maggioranza che deve essere sensibilizzata sulla rilevanza dell’aggiornamento professionale e dell’arricchimento delle proprie competenze. Un ultimo aspetto che abbiamo voluto prendere in considerazione riguarda l’acquisizione di informazioni relative alla legge per la sicurezza dei lavoratori. Le risposte date dai nostri rispondenti destano qualche preoccupazione. Infatti, più di un terzo dei giovani occupati (37%) non ha avuto alcuna informazione in merito. Tra quanti ne hanno ricevute, inoltre, in un caso su due si è trattato di un semplice opuscolo. Il livello di informazione risulta inoltre particolarmente basso tra i lavoratori più giovani addetti a mansioni di tipo manuale, specialmente se residenti nel Mezzogiorno, quindi proprio tra quanti sono esposti ai maggiori rischi. 2.2 La domanda di formazione di chi non lavora P are utile raffrontare le valutazioni sulle esigenze formative espresse dai giovani che sono già inseriti nel mercato del lavoro con quelle di chi deve ancora ricoprire stabilmente un’occupazione, sia perché ancora studente sia perché disoccupato21. Le differenze tra occupati, disoccupati e inattivi permettono di comprendere, infatti, come le valutazioni sul proprio fabbisogno formativo siano plasmate dalle differenti esperienze occupazionali degli intervistati. Cominciamo, innanzitutto, ad esaminare le valutazioni sulla propria preparazione scolastica. 21 Naturalmente, dobbiamo annoverare tra i non occupati anche le casalinghe. Dati i vincoli di numerosità campionaria, in alcune elaborazioni esse sono state collocate tra gli inattivi insieme agli studenti. Questa scelta potrebbe risultare fuorviante per le giovani casalinghe che prevedono di non mettersi mai alla ricerca di un lavoro, ma sappiamo che nelle nuove generazioni questo atteggiamento è poco diffuso e la quasi totalità delle giovani donne, incluse molte di quelle temporaneamente inattive, considera il lavoro come un obiettivo imprescindibile [Reyneri 2002]. 29 I giovani e il lavoro 2.2.1 Formazione scolastica e competenze occupazionali I giudizi degli studenti sull’utilità futura della formazione ricevuta a scuola appaiono più ottimistici quelli espressi dai giovani occupati. In particolare, dai dati della tabella sotto riportata risulta che tre studenti su quattro si aspettano che la loro preparazione scolastica si rivelerà molto (26%) o abbastanza utile (49%) per il proprio futuro professionale. Tab. 2.2 Le valutazioni degli studenti e dei disoccupati sull’adeguatezza della preparazione ricevuta a scuola (% ) Studenti Giudizio • Molto utile • Abbastanza utile • Poco utile • Per nulla utile Totale minimo= 93 26 49 15 10 100 Giovani non occupati In cerca di Disoccupati in prima senso stretto occupazione 31 44 13 12 100 14 24 23 39 100 La quota di “ottimisti” appare, dunque, piuttosto elevata e, comunque, nettamente superiore a quella dei giovani occupati che danno giudizi analoghi22. In altre parole, gli studenti sembrano nutrire aspettative elevate sul proprio futuro professionale; che vanno poi gradualmente “raffreddandosi”. A differenza di quanto potremmo attenderci, però, questo atteggiamento di disillusione non sembra maturare quando i giovani vanno incontro alla disoccupazione nel corso della ricerca del primo impiego. Come indica la seconda colonna della tabella, i giovani in cerca di prima occupazione, semmai, danno giudizi leggermente più fiduciosi degli studenti. E’ indubbio, invece, che le valutazioni positive sull’utilità della formazione scolastica ricevuta si riducano considerevolmente a seguito dall’esperienza di perdere il lavoro. Tra i disoccupati in senso stretto, infatti, la quota di 22 Ai non occupati si è sottoposto un unico quesito generale, mentre agli occupati si sono rivolte tre distinte domande, relative ad aspetti diversi della formazione scolastica. Le risposte ottenute, dunque, non sono perfettamente comparabili, anche se l’entità delle differenze osservate non lascia molti dubbi sulla conclusione che gli studenti nutrano maggiori aspettative sui ritorni occupazionali dei propri titoli di studio. 30 I giovani e il lavoro giudizi positivi (“molto” o “abbastanza” utile) scende al 38%, laddove tra gli inattivi era pari al 75%. Come per i giovani occupati (cfr. 2.1), anche nel caso di chi non ricopre stabilmente un lavoro il fattore maggiormente discriminante nelle valutazioni sull’utilità della formazione scolastica è il titolo di studio conseguito. Le differenze in base al livello d’istruzione sono cospicue. Nel grafico sottostante, abbiamo riportato la percentuale di giudizi “molto/abbastanza utile”, disaggregata per grado di scolarità: essa passa dal 43% per chi possiede solo la licenza media al 67% per chi ha ottenuto un diploma ed arriva addirittura al 91% tra chi possiede la laurea23. Graf. 2.4 Valutazioni dell’utilità della preparazione scolastica secondo il titolo di studio (%- Base minima = 54) 100 91 90 80 67 70 60 50 43 40 30 20 10 0 licenza media diploma 23 laurea Sarebbe certamente utile distinguere i giudizi in base sia al titolo di studio sia alla situazione lavorativa (inattivo vs. disoccupato), ma sfortunatamente la numerosità campionaria a disposizione non lo permette. In particolare, la numerosità campionaria dei laureati inattivi risulta piuttosto contenuta, sicché la stima di pertinenza va presa con cautela. 31 I giovani e il lavoro In questo senso, possiamo affermare che anche tra chi non è occupato esiste una percezione del fatto che la formazione scolastica “rende”, soprattutto quando si raggiungono i livelli superiori del sistema educativo. I giovani non occupati risultano, dunque, più fiduciosi degli occupati sulla spendibilità occupazionale della propria esperienza scolastica nel mercato del lavoro. Tale fiducia, come abbiamo già avuto modo di dire, potrebbe non essere mal riposta, in quanto l’istruzione accresce considerevolmente le opportunità di successo occupazionale anche in Italia. Questa fiducia potrebbe indurre, però, un atteggiamento di chiusura verso l’opportunità di acquisire una formazione integrativa e più professionalizzante. Il fatto che la formazione scolastica possa rivelarsi, almeno in una certa misura, utile per il futuro lavorativo non implica in alcun modo che essa doti i giovani di tutte le abilità di cui hanno bisogno. Al contrario, la scuola trasmette soprattutto competenze di base, sulle quali è necessario innestare, successivamente, abilità più specifiche e professionalizzanti. In che misura gli inattivi ed i disoccupati comprendono che “la scuola non basta”? E’ quanto cercheremo di capire nel prossimo paragrafo. 2.2.2 La domanda di formazione continua Abbiamo chiesto a inattivi e disoccupati se fossero pronti a seguire corsi di formazione per trovare lavoro e se tale disponibilità venisse meno qualora fosse necessario auto-finanziare la partecipazione a questi corsi. Come si vede nel grafico 2.5, l’interesse dimostrato verso i corsi di formazione appare piuttosto alto tra gli inattivi e risulta, al più, solo leggermente inferiore tra i disoccupati24. I primi sono interessati ad attività formative nel 76% dei casi e questo valore scende al 69% tra i secondi. Tra quanti manifestano una disponibilità in linea di principio, quanti la confermano, se si prospetta loro di pagare per la partecipazione a tali corsi? Tra gli studenti, il fattore economico non sembra incidere particolarmente: l’82% mantiene la propria disponibilità. In altre parole, meno di uno studente su cinque è influenzato da considerazioni di natura finanziaria. Queste invece pesano di più per i disoccupati: solo il 68% conferma la propria disponibilità. E’ probabile che questa fascia giovanile risenta maggiormente dei vincoli economici connessi alla propria condizione. 24 La differenza non è statisticamente significativa 32 I giovani e il lavoro Graf. 2.5 Disponibilità a seguire corsi di formazione secondo la situazione lavorativa ed il tipo di corso (% - Base minima = 127) 80 70 76 69 62 60 47 50 40 30 20 10 0 Corsi non a pagamento Corsi a pagamento Studenti Disoccupati Come per i giovani occupati, abbiamo provato a chiedere anche a chi non ricopre stabilmente un lavoro di esprimere la propria opinione sui diversi metodi utilizzabili nei corsi di formazione. Le preferenze tra le diverse tipologie di corso possibili non differiscono in misura apprezzabile rispetto alle valutazioni date dagli occupati. In particolare, anche in questo caso le “formule” meno gradite sono le lezioni teoriche – solo il 22% dei rispondenti le ritiene molto utili - e l’assistenza diretta di un tutor. Spicca invece l’elevata valenza formativa attribuita agli stage presso aziende, ritenuti preziosi quasi all’unanimità: il 66% degli intervistati li giudica “molto utili” ed un restante 31% li valuta “abbastanza utili”. Si osservano, comunque, differenze piuttosto contenute nelle preferenze per i diversi tipi di corso – soprattutto laddove si tratti di identificare quelli meno utili. Nel complesso, chi non è ancora occupato mostra una minore capacità di discriminare tra le diverse metodologie utilizzabili. Questo non deve stupire: quanti svolgono un lavoro hanno probabilmente le idee più chiare sul tipo di formazione più utile per lo svolgimento delle proprie mansioni25. 25 Si noti, inoltre, che non abbiamo distinto i giudizi degli studenti da quelli dei disoccupati, in quanto non si riscontrano differenze significative nelle valutazioni espresse dai due sottogruppi. 33 I giovani e il lavoro Graf. 2.6 I giudizi sull’utilità dei diversi metodi utilizzabili nei corsi di formazione (% di “Molto/ abbastanza e poco/per nulla utile”- Base = 463) Stage 66 Visita ad altre aziende 31 43 Assistenza di un tutor 46 38 48 Scambi di esperienze 49 Simulazione di situazioni 47 42 43 22 Lezioni teoriche 0 58 20 40 Molto 60 80 100 Abbastanza Possiamo prendere in considerazione, infine, le valutazioni sulle competenze di cui si avverte il bisogno di un’ulteriore formazione, esattamente come avevamo fatto per gli occupati. Anche rispetto a questo tipo di giudizi, quanti non ricoprono stabilmente una posizione lavorativa si dimostrano più aperti verso eventuali opportunità di formazione. Più precisamente, osserviamo che essi avvertono un maggiore bisogno di migliorare le proprie competenze in tutti gli ambiti che abbiamo preso in considerazione. Possiamo supporre che, in parte, questo dipenda dal fatto che gli occupati, proprio in virtù dello svolgimento di mansioni lavorative, abbiano già acquisito alcune competenze che mancano ai non occupati. Ad esempio, è significativo che lo scarto maggiore, pari a 21 punti percentuali, si osservi rispetto al fabbisogno di competenze tecniche: il 53% dei giovani inoccupati avverte il bisogno di migliorarle, ma solo il 32% degli occupati. Scarti elevati si osservano anche rispetto alla capacità di lavorare in gruppo, un’altra abilità che tipicamente viene appresa on the job. Possiamo però ipotizzare che, anche a parità di competenze acquisite, gli occupati “tarino” la valutazione del proprio fabbisogno formativo rispetto al lavoro attuale e questo potrebbe indurli ad un atteggiamento di maggiore chiusura. Ad esempio, tra chi svolge un lavoro solo il 44% sente la necessità di imparare una lingua straniera, mentre tra studenti e disoccupati questo valore sale al 58%. Forse, i giovani occupati constatano che, per 34 I giovani e il lavoro eseguire i compiti che vengono loro affidati, non è necessario conoscere una lingua straniera, quindi dichiarano di non averne bisogno. Un giovane studente o disoccupato, viceversa, non sapendo precisamente quale lavoro finirà per svolgere, ritiene che esso potrebbe richiedere la conoscenza di una lingua estera. In breve, chi non ha ancora un lavoro è più “sulle spine” di chi lo ha già trovato e quindi più orientato ad acquisire formazione aggiuntiva. Pare assai significativo, infine, che anche studenti e disoccupati, esattamente come gli occupati, dimostrino scarso interesse per l’acquisizione di competenze di base. Solo il 12% ritiene di averne bisogno. E’ probabile che alcuni intervistati non siano consapevoli delle proprie carenze, oppure che non siano disponibili a riconoscerle davanti all’intervistatore. Allo stesso modo, desta nuovamente perplessità lo scarso interesse dimostrato verso l’acquisizione di competenze comunicative ed organizzative. E’ possibile che il sistema scolastico doti gli studenti di alcune competenze per sviluppare queste capacità, ma non v’è dubbio che, successivamente, esse vadano rafforzate ulteriormente, in un’ottica più professionalizzante e secondo modalità più specificamente connesse al contesto lavorativo in cui si verrà inseriti. Di questo, però, i nostri intervistati non sembrano molto consapevoli. Graf. 2.7 Competenze di cui si avverte il bisogno di formazione (% - Base = 700) 70 60 58 53 50 42 35 40 34 28 30 22 20 12 10 en ze C on os c az io ne rg an iz z O 35 di ba se la vo ro PC U so te cn ic he en ze C on os c Li ng ua st ra ni er a 0 I giovani e il lavoro I dati mostrano anche che la gratuità del corso non costituisce un prerequisito indispensabile per parteciparvi - anche se è difficile credere che, all’atto di decidere effettivamente se frequentarlo o meno, gli studenti non sarebbero comunque sensibili all’entità delle spese di iscrizione richieste. In altre parole, verosimilmente non si tratta di una disponibilità incondizionata, anche se è significativo che l’autofinanziamento, di per sé, non costituisca un problema, per chi è interessato ad una data attività formativa. Graf. 2.8 Disponibilità verso corsi di formazione a pagamento (% - Base = 649) 80 73 70 65 70 60 60 57 57 56 50 40 30 30 20 10 di ba se la vo ro C on os c en ze az io ne PC U so rg an iz z O te cn ic he en ze C on os c Li ng ua st ra ni er a 0 La scarsa sensibilità al miglioramento delle competenze di base e delle abilità comunicative ed organizzative emerge anche dai quesiti relativi all’autofinanziamento, come si può desumere dal grafico 2.8. Ad esempio, solo il 56% di chi si dichiara interessato in linea di principio a frequentare corsi per migliorare le capacità di lavorare in gruppo sarebbe pronto a pagare per parteciparvi. E valori pressoché identici si ottengono per le attività formative inerenti le capacità di comunicare e di lavorare in gruppo. Viceversa, la maggiore attrattiva esercitata dai corsi che offrono competenze tecniche ed informatiche o che permettono di apprendere una lingua 36 I giovani e il lavoro straniera si riflette anche nella maggiore disponibilità a pagare per frequentarli. 2.3 Conclusioni: le nuove generazioni di fronte alla sfida della formazione continua In questo capitolo, abbiamo indagato le opinioni e le valutazioni dei giovani nei confronti dei propri fabbisogni formativi. I nostri risultati mettono in evidenza che i giovani sembrano poco consapevoli della necessità di un continuo sviluppo ed aggiornamento delle proprie competenze professionali. Questo atteggiamento pare, sotto molti aspetti, miope. Nelle economie contemporanee, infatti, il miglioramento costante delle proprie abilità costituisce un imperativo imprescindibile per ogni lavoratore, pena il rischio di trovarsi in possesso di competenze obsolete e poco “spendibili” nel mercato del lavoro. E’ noto che in Italia la diffusione delle attività di formazione continua è una realtà relativamente recente e, soprattutto, poco sviluppata [Istat 2003]. I nostri dati sembrano indicare che questa scarsa diffusione potrebbe imputarsi, al di là dei vincoli di natura strutturale ed istituzionale, anche agli atteggiamenti ed alle credenze degli occupati o, quanto meno, dei giovani occupati. La nostra ricerca, insomma, documenta una debole consapevolezza delle giovani leve circa la necessità di investire in formazione anche dopo la fine degli studi. Si noti che gli ostacoli principali non sono di natura finanziaria. Abbiamo visto, infatti, che la gratuità del corso costituisce una pregiudiziale solo per una minoranza di rispondenti. Le vere barriere non sono di ordine economico, ma sembrano riguardare, piuttosto, la percezione dell’adeguatezza delle proprie competenze e della rilevanza della formazione continua. Un altro risultato deve essere sottolineato: i giovani riconoscono, in parte, l’utilità delle abilità tecniche, informatiche e linguistiche, ma sembrano invece comprendere molto meno l’importanza delle abilità relazionali ed organizzative per il proprio lavoro. Questo problema si pone, soprattutto, per le fasce giovanili più qualificate, destinate ad occupazioni dove tali abilità vengono richieste loro frequentemente. I nostri intervistati, in conclusione, non solo sembrano poco consapevoli dell’importanza della formazione continua, ma manifestano anche convinzioni piuttosto “tradizionaliste” riguardo alle competenze vincenti nelle economie contemporanee. 37 I giovani e il lavoro Capitolo 3 Le rappresentazioni giovanili del mercato del lavoro italiano I n questo capitolo proveremo a descrivere qual’é l’immagine che i giovani hanno del mercato del lavoro italiano. Cercheremo di capire come si debba fare, secondo loro, per trovare un’occupazione e quali siano le strategie vincenti per fare carriera. Chiederemo loro se si aspettano di andare incontro ad un mercato del lavoro rigido ed “ingessato”, oppure se credono che vi sia spazio per vedere riconosciute le proprie competenze e prestazioni. Il nostro discorso non si limita al presente. Chiederemo anche ai nostri intervistati di dirci come vedono il “lavoro di domani”, se si immaginano occupati e, soprattutto, se si immaginano felicemente occupati. Laddove i dati disponibili lo consentano, infine, proveremo a valutare se queste rappresentazioni del mercato del lavoro italiano possano essere considerate realistiche oppure distorte e, in questo secondo caso, se i giovani pecchino di ottimismo oppure eccedano al contrario in pessimismo. Cominciamo la nostra ricognizione dalle valutazioni sulle possibilità e sulle difficoltà di trovare lavoro per i giovani italiani. 3.1 Trovare lavoro tra presente e futuro A bbiamo già ricordato che uno dei tratti distintivi del mercato del lavoro italiano è costituito dalle elevate barriere in ingresso a danno dei giovani, specialmente se di sesso femminile e residenti nel Mezzogiorno. In che misura i giovani sono consapevoli di queste difficoltà? I dati a nostra disposizione non lasciano adito a dubbi: l’ampia maggioranza dei nostri intervistati è al corrente degli ostacoli che si frappongono ad un rapido inserimento nel mercato del lavoro. Come illustra il grafico 3.1, solo il 4% dei giovani è disposto a sottoscrivere la tesi secondo cui trovare lavoro in Italia sia molto facile per i giovani. Formula, invece, il giudizio opposto (“molto difficile”) il 31% dei rispondenti, ai quali si aggiunge una quota di soggetti pari al 33%, secondo i quali trovare lavoro è “più difficile che facile”. Sommando queste due modalità di risposta, si può vedere che quasi i due terzi dei giovani italiani danno un giudizio negativo sulle opportunità 38 I giovani e il lavoro di inserimento occupazionale che vengono loro offerte. Tra quanti non condividono tale giudizio, inoltre, prevalgono le valutazioni neutrali (“né facile né difficile”) su quelle positive. Graf. 3.1 Giudizi sulla difficoltà attuali dei giovani di trovare lavoro (%Base = 1362) Molto facile 4% Più facile che difficile 11% Molto difficile 31% Né facile né difficile 21% Più difficile che facile 33% Il quesito che abbiamo posto ai nostri intervistati si riferiva alla situazione giovanile nel suo complesso. Possiamo aspettarci, tuttavia, che nel formulare i propri giudizi i rispondenti si siano lasciati guidare dalle proprie esperienze. Non a caso, scopriamo che i giovani meridionali sono particolarmente pessimisti, mentre quanti risiedono nel Nord Est sono particolarmente inclini a dare rappresentazioni positive della situazione occupazionale giovanile. Secondo il 25% dei rispondenti che risiedono nell’Italia nord-orientale, infatti, trovare lavoro è facile (o “molto facile”), ma lo stesso vale solo per l’11% di quanti abitano nel Mezzogiorno. Analogamente, i maschi sono un po’ più ottimisti delle femmine e gli occupati sono più ottimisti rispetto a disoccupati ed inattivi. Tutte queste variazioni dei giudizi rispecchiano differenze effettive nelle chance occupazionali dei gruppi messi a confronto. La situazione è diversa, invece, per i confronti in base al titolo di studio. I giovani laureati risultano, infatti, meno pessimisti di chi possiede la licenza media: nel primo caso, il 59% reputa che trovare lavoro sia difficile (o “molto difficile”), ma questo valore sale al 68% per chi si è fermato alla secondaria inferiore. Sappiamo, 39 I giovani e il lavoro però, che il possesso di titoli di studio elevati non accelera affatto l’inserimento nel mercato del lavoro italiano, anzi semmai lo rallenta [Schizzerotto 2002]. Se i laureati nutrono aspettative maggiori rispetto alle altre fasce di istruzione, queste rischiano di essere smentite nella fase iniziale delle loro carriere. Inoltre, abbiamo chiesto ai nostri intervistati di dirci se ritengono che trovare lavoro sarà più facile o più difficile tra dieci anni. Il grafico 3.2 illustra i risultati relativi a queste valutazioni di natura prospettica. Nel complesso, possiamo affermare che la situazione sembra destinata a peggiorare, secondo i giovani italiani. Si noti, però, che essi non inclinano affatto al “catastrofismo”. Dopotutto, il 41% ritiene che, in futuro, le difficoltà non saranno maggiori ed il 17% ritiene, addirittura, che la situazione è destinata migliorare. Di nuovo, i maschi danno valutazioni un po’ più positive rispetto alle femmine ed i settentrionali sono più ottimisti rispetto a i meridionali, ma le differenze sono ridotte e, nel complesso, non particolarmente significative. Analoghe considerazioni valgono per le variazioni in base all’età ed alla condizione occupazionale. Insomma, le previsioni sul futuro differiscono meno dei giudizi sul presente. Graf. 3.2 Previsioni sulle difficoltà dei giovani di trovare lavoro tra 10 anni (%- Base = 1244) Più facile che difficile 17% Più difficile che facile 42% Come ora 41% Passiamo adesso ad esaminare un secondo ordine di giudizi, relativi non più alle difficoltà di trovare un’occupazione, bensì alle condizioni di lavoro dei giovani che ne hanno una. Come si può desumere dal grafico 3.3, solo il 2% 40 I giovani e il lavoro degli intervistati ritiene che esse siano molto buone, mentre il 23% preferisce limitarsi ad affermare che sono “più buone che cattive”. Nel complesso, dunque, un quarto dei giovani formula un giudizio positivo. Invece, il 36% dà valutazioni negative, mentre quattro intervistati su dieci preferiscono non sbilanciarsi. Il dato più interessante, comunque, emerge dal confronto tra i giudizi sulla ricerca di lavoro e quelli sulle condizioni di lavoro. Questo secondo aspetto della situazione occupazionale giovanile, in effetti, viene percepito in modo nettamente più positivo rispetto alla questione dell’inserimento occupazionale: infatti, i giudizi negativi coprono “solo” il 36% dei rispondenti, mentre essi salgono al 64% quando si parla di ricerca di lavoro. In breve, secondo i giovani, varcare la soglia di ingresso del mercato del lavoro è un problema ben maggiore di trovare un posto confortevole. Graf. 3.3 I giudizi sulle condizioni di lavoro attuali dei giovani (% - Base = 1.327) 45 39 40 35 30 26 23 25 20 15 10 10 5 2 0 Molto buone Più buone che cattive Né buone né cattive Più cattive che buone Molto cattive Anche quando prendiamo in considerazione la dimensione prospettica dei giudizi sulle condizioni di lavoro, il quadro che emerge è più positivo rispetto alla ricerca dell’occupazione. Innanzitutto, nel complesso, i giovani non ritengono che le condizioni di lavoro siano destinate a peggiorare in futuro. Più precisamente, due giovani su quattro prevedono che esse rimarranno più o meno analoghe rispetto alla situazione attuale, uno su 41 I giovani e il lavoro quattro si aspetta un peggioramento ed uno su quattro un miglioramento. Al contrario, ricordiamo che nel caso della ricerca di lavoro, le previsioni negative erano quasi il triplo di quelle positive. Graf. 3.4 Previsioni sulle condizioni di lavoro dei giovani tra dieci anni (% - Base = 1.221) 50 47 45 40 35 28 30 25 25 20 15 10 5 0 Migliori Uguali Peggiori Un’ulteriore conferma di quanto detto proviene dall’esame dei giudizi prospettici sul grado di soddisfazione verso l’occupazione che si svolgerà tra 10 anni. Innanzitutto, si noti che solo il 3% degli intervistati prevede che non avrà alcun lavoro in futuro. Questo valore sale solo al 7% tra le femmine. In altre parole, quasi tutti i giovani “si vedono” occupati, fra dieci anni. Si è chiesto agli intervistati di dare un voto da 1 a 10, in ordine crescente di soddisfazione, sul livello di gradimento per l’occupazione che ricopriranno tra 10 anni. Ebbene, il voto medio risulta pari a 7,9. E la quota di giudizi sotto la soglia della sufficienza (ossia tra 1 e 5) non supera il 4%. I maschi ed i più giovani sono un po’ più ottimisti. Non esistono differenze di rilievo, invece, tra aree geografiche. Questo risultato pare significativo. Anche chi risiede al Sud, a dispetto delle notevoli difficoltà di inserimento occupazionale che incontra, nutre comunque aspettative elevate sul lavoro che svolgerà tra dieci anni. Se ci limitiamo ad esaminare i giovani attualmente occupati, possiamo confrontare direttamente il grado di soddisfazione espressa verso il lavoro 42 I giovani e il lavoro attuale con quella verso il lavoro futuro. Questo è solitamente ritenuto - o, forse, dovremmo dire immaginato - più soddisfacente di quello attuale (il voto medio è pari a 7,8 contro un valore di 7,6 per il lavoro attuale). Insomma, a differenza dei giudizi sulle difficoltà di inserimento occupazionale, le valutazioni sulle condizioni di lavoro dei giovani occupati sembrano caute, ma non inclini al pessimismo. E se spostiamo lo sguardo al futuro, non sembra esagerato affermare che esso sia visto in termini piuttosto positivi dall’ampia maggioranza dei nostri intervistati. I dati che esamineremo nella prossima sezione, relativi ai criteri che regolano la selezione in ingresso e le opportunità di carriera nel mercato del lavoro italiano, gettano forse luce sulle sezioni sottostanti l’ottimismo degli intervistati. 3.2 Quanto conta il merito nel mercato del lavoro italiano ? Abbiamo chiesto ai nostri intervistati quale fosse, secondo il loro giudizio, il fattore più importante per trovare lavoro in Italia ed abbiamo raggruppato le loro risposte entro due categorie. Questa dicotomia verte sulla distinzione tra quelli che vengono percepiti come criteri meritocratici di selezione nel mercato del lavoro ed i criteri considerati, invece, come non meritocratici. Vediamo, innanzitutto, quali risposte confluiscano nelle due distinte categorie: 1- meccanismi meritocratici: a) essere competenti; b) disporre di un titolo di studio adeguato26; c) essere tenaci nella ricerca; d) sapersi presentare bene; e) essere innovativi; f) trovare i canali di ricerca adeguati 2- meccanismi non meritocratici: a) conoscere persone influenti; b) disporre di una rete di conoscenze ampia; c) ottenere raccomandazioni; d) avere una famiglia benestante; e) avere fortuna. 26 Si noti che si fa riferimento a fattori che vengono percepiti come meritocratici, ma che in realtà possono non esserlo del tutto. Ad esempio, le credenziali educative acquisite dipendono non solo dai talenti e dagli sforzi individuali, ma anche da fattori di natura ascrittiva. Allo stesso modo, potremmo osservare che alcuni criteri che abbiamo classificato come non meritocratici (ad esempio, le reti di conoscenze) sono, in parte, anche una caratteristica di stampo acquisitivo. 43 I giovani e il lavoro Graf. 3.5 I fattori che condizionano le opportunità di trovare lavoro secondo i giovani (% - Base = 1.295) 80 71 70 60 50 40 29 30 20 10 0 Meritocratici Non meritocratici Come si può desumere dal grafico, i giovani ritengono che abbiano maggiore peso i fattori di natura meritocratica. Rispetto a questo giudizio, non si osservano differenze in base al genere, all’età o alla zona di residenza degli intervistati. Insomma, si tratta di un giudizio che raccoglie ampi consensi presso le diverse categorie di giovani. Esso risulta, inoltre, trasversale alle diverse condizioni lavorative (studente, disoccupato, occupato dipendente, o autonomo). Un dato è emblematico in tal senso: nel nostro campione, solo un intervistato ritiene che le origini sociali siano il fattore più importante per trovare lavoro. Se passiamo ad un’analisi più disaggregata, le nostre conclusioni rimangono confermate. Consideriamo i quattro fattori indicati più spesso dai giovani come elementi determinanti rispetto alle possibilità di trovare lavoro. I primi tre criteri di questa graduatoria fanno riferimento esplicito alle competenze ed agli sforzi individuali. 44 I giovani e il lavoro Tab. 3.1 I fattori che condizionano le opportunità di trovare lavoro secondo i giovani (%) % • • • • Essere competenti 35 Avere un titolo di studio adeguato 12 Essere tenaci 9 Ottenere raccomandazioni 9 Totale=1304 Abbiamo svolto un esercizio analogo riguardo alle opportunità di fare carriera. Anche per questo aspetto del lavoro abbiamo chiesto ai nostri intervistati di indicare il fattore di selezione che ritengono più rilevante ed abbiamo operato la seguente distinzione: 1 meccanismi meritocratici: a) essere competenti; b) essere disponibili a lavorare molto; c) essere leali verso l’impresa; d) sapersi presentare bene; e) essere innovativi; f) impegnarsi nel lavoro; g) continuare a formarsi. 2 meccanismi non meritocratici: a) l’anzianità lavorativa; b) la fortuna; c) assecondare i superiori; d) avere una famiglia benestante; e) sapere cogliere le occasioni, anche a scapito dei colleghi. Graf. 3.6 I fattori che condizionano le opportunità di fare carriera secondo i giovani (% - Base = 1.170) 90 80 78 70 60 50 40 30 22 20 10 0 Meritocratici Non meritocratici 45 I giovani e il lavoro Come si può vedere, i giovani dichiarano di credere al primato della meritocrazia, anche in riferimento ai meccanismi che regolano le chance di fare carriera. Infatti, quasi otto rispondenti su dieci citano come più importante uno dei fattori che abbiamo classificato entro la categoria “merito”. Anche in questo caso, non si riscontrano variazioni di rilievo in base al genere, all’età, alla zona di residenza ed alla condizione occupazionale degli intervistati. Esattamente come accade per le opportunità di trovare lavoro, anche in questo caso possiamo osservare che tre dei quattro criteri ritenuti più importanti dai giovani italiani attengono alle capacità ed agli sforzi individuali, come illustra la tabella 3.2. Tab. 3.2 I fattori che condizionano le opportunità di fare carriera secondo i giovani (%) % • • • • Essere competenti 38 Impegnarsi 18 Disponibilità a lavorare molto 10 Avere fortuna 9 Totale= 1164 In particolare, le competenze e l’impegno individuale vengono giudicati come i due fattori più rilevanti per il successo occupazionale. Pare significativo, inoltre, che anche tra i fattori non meritocratici, quello ritenuto più importante sia la fortuna. Solo il 2% dei nostri intervistati indica l’anzianità e, nuovamente, il peso delle origini sociali passa completamente in secondo piano. Pare evidente, dunque, che le cautele dei giovani sul problema di trovare lavoro lasciano il posto a valutazioni piuttosto ottimistiche, quando si passa ad esaminare i criteri che regolano i percorsi occupazionali. Un ottimismo eccessivo, dobbiamo aggiungere, se pensiamo ai dati accumulati sulla vischiosità delle carriere lavorative in Italia [Schizzerotto 2002]. Non solo nel nostro paese i giovani sono fortemente svantaggiati nella ricerca della prima occupazione, ma anche quando la trovano le opportunità di esperire una mobilità di carriera sono piuttosto contenute rispetto agli altri paesi europei. E, ciò che più conta ai fini della nostra discussione, l’avanzamento professionale è regolato da automatismi che lasciano ben poco spazio al merito ed alle competenze individuali. Il quadro tracciato dai giovani, dunque, sembra sfortunatamente poco realistico e, soprattutto, troppo ottimistico. 46 I giovani e il lavoro 3.3 L’immagine del mercato del lavoro italiano: le cautele sul presente e la fiducia nel futuro I giovani sembrano dunque consapevoli delle difficoltà di trovare un’occupazione e, in questo senso, condividono l’immagine del mercato del lavoro italiano come “fortezza da espugnare”. Questa immagine non è priva di fondamento. Tuttavia, essi sembrano immaginare la fortezza nella quale prima o poi entreranno in termini troppo ottimistici. Si immaginano quasi sempre molto soddisfatti dell’occupazione che svolgeranno tra dieci anni, forse anche perché si aspettano che le competenze possedute e l’impegno che dimostreranno verranno apprezzati e valorizzati dai datori di lavoro. I problemi che dovranno affrontare per inserirsi nel mercato del lavoro italiano passano, dunque, in secondo piano rispetto alle opportunità che verranno loro offerte- almeno nelle aspettative, o quanto meno nei desideri, dei nostri intervistati. Le difficoltà del presente, o del futuro immediato, diventano forse più facili da sopportare, se proiettate sullo sfondo di un futuro roseo. 47 I giovani e il lavoro Capitolo 4 Orientamenti di valore ed atteggiamenti verso il lavoro U na delle chiavi di lettura più diffuse e discusse sugli atteggiamenti delle nuove generazioni nei confronti del mondo del lavoro delinea una progressiva perdita di rilevanza della sfera economica ed occupazionale nelle loro priorità di valore [Inglehart 1990]. Il benessere diffuso e la crescente sicurezza materiale ridurrebbero progressivamente l’importanza attribuita alle ricompense di natura materiale ed indirizzerebbero i giovani verso nuovi obiettivi e valori, connessi maggiormente all’autonomia individuale, alla socialità ed al tempo libero, alla tutela dell’ambiente. Inoltre, anche all’interno della sfera occupazionale, si verificherebbe uno slittamento da preoccupazioni di natura strettamente strumentale (come la remunerazione percepita e la sicurezza lavorativa) a gratificazioni di natura simbolica ed espressiva, quali l’indipendenza nello svolgimento delle proprie mansioni o la varietà di stimoli ed esperienze associate alla professione svolta. In breve, proprio perché cresciute negli agi del benessere, le nuove generazioni sarebbero meno “materialiste” di quelle che le hanno precedute. In questo capitolo, proveremo ad esaminare in che misura questo quadro descriva in modo attendibile gli atteggiamenti dei giovani verso il lavoro. Esamineremo, dapprima, quale sia il posto della sfera occupazionale all’interno delle loro priorità di valore e, successivamente, focalizzeremo l’attenzione sugli aspetti della professione ai quali si attribuisce maggiore importanza. Come vedremo, la lettura che abbiamo sinteticamente richiamato coglie alcune dinamiche emergenti negli atteggiamenti giovanili verso il lavoro, ma essa sembra sottovalutare sia la persistente importanza del lavoro nella costruzione delle identità giovanili sia la centralità che tuttora riveste la dimensione strumentale dell’esperienza professionale. 48 I giovani e il lavoro 4.1 Affetti, lavoro e svago. Le priorità dei giovani S E dovessimo rappresentare graficamente le priorità di valore dei giovani, così come emergono dalle loro dichiarazioni sull’importanza dei diversi aspetti della loro vita, sceglieremmo una figura come quella sotto riportata. Graf. 4.1 Le priorità di valore dei giovani italiani PARTNER STUDIO FAMIGLIA LAVORO AMICIZIA IMPEGNO SOCIALE TEMPO LIBERO E SVAGO Al vertice di questa gerarchia, troviamo la sfera degli affetti: la famiglia innanzitutto, ma anche le relazioni sentimentali ed amicali. Tale dimensione viene considerata, dall’ampia maggioranza degli intervistati, come nettamente più rilevante del lavoro. Basti pensare che questo è considerato più importante della famiglia solo dal 4% dei giovani, è ritenuto più importante delle relazioni sentimentali solo da un rispondente su dieci e solo un intervistato su sei attribuisce all’esperienza occupazionale maggiore valore che alle amicizie. Subordinata alla “sacralità” degli affetti, viene, in second’ordine, la sfera del dovere. Essa comprende lo studio, il lavoro e l’impegno sociale. Tra questi tre ambiti, gli intervistati non stabiliscono una precisa gerarchia. Ad esempio, il 60% considera studio e lavoro egualmente importanti, il 23% attribuisce maggiore rilevanza al primo aspetto ed il restante 17% al secondo. Infine, il tempo libero e lo svago vengono considerati un po’ meno importanti del lavoro, quanto meno nelle dichiarazioni ufficiali27. 27 E’ possibile, infatti, che il tempo libero e lo svago occupino, in realtà, un ruolo più rilevante di studio e lavoro nei vissuti giovanili, ma questo fatto potrebbe essere offuscato da effetti di desiderabilità sociale che inducono ad affermare che, in linea di principio, “il dovere viene prima del piacere”. 49 I giovani e il lavoro Questi risultati sono in linea con i dati della quinta indagine Iard sulla condizione giovanile. Essa indica che il 61% dei giovani in età 15-24 anni considera “molto importante” il lavoro nella propria vita. Si tratta di un valore nient’affatto trascurabile, soprattutto se consideriamo che i tre quarti di questi giovani non svolgono ancora alcuna occupazione in modo continuativo. Nella prima indagine Iard, condotta all’inizio degli anni ’80, questo valore era pari al 68%. Questo significa che vi è stato, forse, un declino dell’importanza del lavoro tra i giovani nel corso degli ultimi due decenni, ma esso ammonta solo a pochi punti percentuali. Le gerarchie di valore dei giovani presentano significative variazioni in base alla zona di residenza degli intervistati. La bilancia tra sfera lavorativa da un lato e famiglia, relazioni sentimentali e tempo libero dall’altro pende più spesso a favore della dimensione espressiva e relazionale nel Centro-Nord. Detto altrimenti, i giovani settentrionali sono meno “materialisti” dei coetanei meridionali. Questo risultato è in linea con l’interpretazione postmaterialista: la maggiore agiatezza nel Nord del paese favorisce una minore preoccupazione per la sfera economica. Per motivi analoghi, non stupisce che i disoccupati attribuiscano importanza maggiore al lavoro rispetto a chi è occupato, soprattutto se si confronta l’importanza del lavoro con quella del tempo libero e delle relazioni sentimentali. E’ interessante constatare, infine, che le valutazioni sull’importanza del lavoro non evidenziano alcun elemento di diversificazione in base al genere degli intervistati. Questo significa che, nelle nuove generazioni, la sfera lavorativa occupa ormai lo stesso posto nella vita di maschi e femmine. Si conferma, dunque, una forte omogeneizzazione tra i due sessi negli atteggiamenti verso il lavoro: un fenomeno che avremo ancora modo di sottolineare. 4.2 Il lavoro ideale visto dai giovani Abbiamo visto che, secondo la lettura richiamata in apertura di questo capitolo, dobbiamo attenderci che le nuove generazioni attribuiscano minore valore agli aspetti strumentali del lavoro. In realtà, anche in questo caso i trend storici delle indagini Iard inducono a guardare con cautela a queste previsioni. Basti pensare che la quota di quanti indicano la remunerazione come l’aspetto più importante del proprio lavoro è cresciuta dal 19% al 30% tra il 1983 ed il 2000. E proprio lo stipendio risulta essere l’aspetto ritenuto più importante dagli intervistati. 50 I giovani e il lavoro Questo quadro trova conferma nei dati della nostra indagine, che però permette di tracciare uno scenario più dettagliato. Abbiamo sottoposto ai nostri intervistati una batteria di item relativi ai diversi aspetti dell’esperienza lavorativa ed abbiamo chiesto loro di esprimere, per ciascuno di essi, un giudizio sulla sua rilevanza da 1 (minima importanza) a 10 (massima importanza). Nella tabella 4.1, riportiamo i risultati ottenuti, ordinando gli item dal più rilevante a quello meno rilevante. Esaminiamo la prima colonna: l’aspetto del loro lavoro al quale i giovani attribuiscono maggiore importanza è la sicurezza lavorativa, con un voto medio pari a 8,8. L’83% dei giovani annette a questo aspetto un’elevatissima importanza, attribuendogli un voto compreso tra 8 e 10. Al terzo posto di questa graduatoria, troviamo le retribuzioni. Esse ricevono un giudizio solo lievemente inferiore rispetto della sicurezza lavorativa e di entità analoga a quella degli aspetti relativi alla dimensione espressiva e “post-materialista” dell’esperienza professionale: lo sviluppo personale, l’interesse delle mansioni svolte, la possibilità di vedere i frutti del proprio lavoro. Una terza categoria di aspetti potrebbe essere definita l’”orientamento al successo”28: la crescita professionale, le opportunità di carriera, la possibilità di influenzare le decisioni prese, il prestigio della professione svolta e dell’azienda presso cui si è assunti. Questi aspetti sono distribuiti in diverse posizioni nella gerarchia delle priorità che stiamo esaminando, ma complessivamente non vi è dubbio che questa terza dimensione venga giudicata come meno importante sia rispetto alla sicurezza lavorativa ed alla retribuzione, sia al confronto con gli aspetti espressivi. Possiamo, allora, articolare in modo più preciso l’ipotesi iniziale sull’affermazione del post-materialismo nelle nuove generazioni. In luogo di una contrapposizione tra preoccupazioni strumentali ed espressive, le preferenze giovanili sembrano ordinate secondo una gerarchia a tre scalini. Innanzitutto, gli item della “sopravvivenza”, ossia sicurezza lavorativa e stipendio. Quando tali priorità sono garantite, si attribuisce forte peso ad una seconda dimensione espressiva e relazionale. Ed effettivamente questa è ritenuta ancora più importante del terzo ordine di preoccupazioni, relative alla possibilità di fare carriera e di diventare influenti. 28 La distinzione tra le dimensioni prese in esame si basa su un’analisi di tipo fattoriale. Bisogna tenere presente, comunque, che il criterio di Kaiser individua cinque (e non tre fattori) latenti con eigenvalue maggiore di 1. Questo non sorprende, in considerazione dell’elevata variabilità associata a questa lunga batteria di item. 51 I giovani e il lavoro Tab. 4.1 Importanza attribuita ai diversi aspetti del lavoro (media e deviazioni standard) (% ) Importanza (media) • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Sicurezza lavorativa Sviluppo personale Retribuzioni Interesse mansioni Vedere i frutti del lavoro Possibilità di crescita professionale Possibilità di fare carriera Orari di lavoro adeguati Rapporti con i colleghi Mettersi alla prova Rapporti con i superiori Autonomia Possibilità di usare creatività Possibilità di influenzare le decisioni Impiego delle competenze Possibilità di far fronte a richieste Carichi di lavoro adeguati Prestigio della posizione Confort degli spazi Varietà delle mansioni Utilità sociale Prestigio nell’azienda Vicinanza all’abitazione Totale=1404 8,8 8,7 8,6 8,6 8,6 8,6 Consenso (deviazione standard) 1,5 1,5 1,3 1,4 1,4 1,5 8,4 8,3 8,3 8,2 8,1 8,1 8,1 1,6 1,7 1,5 1,5 1,6 1,5 1,7 8 1,6 8 8 1,5 1,4 8 7,8 7,7 7,7 7,6 7,6 7,1 1,5 1,7 1,6 1,5 1,8 1,8 2,2 Quest’ultimo aspetto è, inoltre, “sentito” maggiormente dai maschi29. Le femmine, invece, danno più peso alla sicurezza lavorativa. Inoltre, queste risultano più sensibili alla dimensione relazionale dell’esperienza lavorativa (ossia i rapporti con i colleghi e con i superiori) ed ai suoi aspetti intrinseci 29 I risultati che presentiamo si basano su un insieme di modelli di regressione multipla OLS, dove la variabile dipendente è costituita dai punteggi fattoriali delle diverse dimensioni dell’esperienza lavorativa. Le covariate includono il genere, l’età e la zona di residenza degli intervistati. 52 I giovani e il lavoro (l’impiego delle proprie competenze, l’interesse delle mansioni svolte, la possibilità di vedere i frutti del proprio lavoro). I giovani meridionali, infine, risultano più orientati al successo professionale e meno alla dimensione intrinseca. E’ interessante guardare anche agli ultimi posti di questa classifica. La vicinanza all’abitazione di casa risulta essere l’aspetto giudicato meno importante, anche se il suo voto medio è, comunque, pari a 7,1. Le ragazze attribuiscono maggiore peso a questo fattore, ma le differenze con i maschi non sono particolarmente elevate, a testimonianza di una crescente propensione femminile a concepire come centrale l’esperienza professionale, senza lasciarsi troppo condizionare dai vincoli associati ai carichi domestici. Anche l’utilità sociale della professione risulta agli ultimi posti della nostra “graduatoria”. Questo suggerisce che il lavoro venga percepito, innanzitutto, come uno strumento di realizzazione individuale e non di promozione del benessere collettivo. 4.3 Quale flessibilità ? Alla luce della centralità attribuita dai giovani alla sicurezza lavorativa, sembra interessante esaminare quali siano le loro preferenze in merito ai diversi tipi di contratto di assunzione. Le possibilità di risposta includevano il lavoro interinale, il lavoro autonomo a progetto, il tradizionale lavoro dipendente stabile per un’unica azienda ed il lavoro autonomo. Quest’ultimo esercita la maggiore attrattiva per gli intervistati, dato che viene preferito dal 50% dei giovani. Questo dato, peraltro, è in linea con i risultati delle precedenti indagini Iard sulle preferenze lavorative dei giovani [Chiesi 2002], così come si conferma che il lavoro indipendente è particolarmente gradito ai maschi. Segue il “classico” lavoro dipendente per un’unica azienda, preferito dal 37% dei nostri rispondenti. Se sommiamo queste due modalità, troviamo che l’87% dei giovani preferisce condizioni lavorative che potremmo definire “tradizionali”. Il restante 13% predilige contratti di lavoro flessibile, interinale o a progetto. Possiamo desumere ulteriori indicazioni da una seconda domanda, relativa alla scelta tra tempo pieno, part-time ed alternanza tra periodi di lavoro intenso e periodi di lavoro meno intenso. I risultati vengono riportati nella tabella seguente. 53 I giovani e il lavoro Tab. 4.2 Il tipo di contratto di lavoro preferito (%) Tipo di contratto % • • • Tempo pieno 58 Tempo parziale 21 Alternanza tra periodi di lavoro intenso e periodi di lavoro meno intenso 21 Totale=1369 100 • Come si vede, benché il contratto full-time sia preferito da quasi sei giovani su dieci, due giovani su dieci – soprattutto di sesso femminile - prediligono il tempo parziale ed altrettanti sceglierebbero un contratto che offra la possibilità di variare nel tempo l’intensità del lavoro30. Se consideriamo che il 21% degli intervistati dichiara che preferirebbe lavorare part-time, ma solo il 12% dei giovani occupati dipendenti risulta assunto attualmente con questa modalità contrattuale, possiamo concludere che essa appare sottoutilizzata, almeno rispetto a quanto vorrebbero i giovani. E’ importante precisare, comunque, che i giudizi che abbiamo esaminato sinora riguardano un ordine di preferenze “ideali”. Essi non implicano necessariamente che i giovani nutrano avversione verso la diffusione di contratti a tempo determinato. Questi rappresentano l’opzione ottimale solo per una ridotta minoranza di giovani, tuttavia è possibile che quanti esprimono una diversa preferenza siano disponibili a considerarli come un ragionevole compromesso che può essere accettato in quanto permette di accelerare l’inserimento nel mercato del lavoro. A questo proposito, è noto che negli ultimi anni sono state approvate alcune misure di flessibilizzazione che hanno coinvolto proprio le nuove generazioni, lasciando pressoché intatte le garanzie di cui godono gli adulti già stabilmente inseriti nel mercato del lavoro. In breve, sono soprattutto i giovani che devono “fare i conti” con la flessibilità. Diventa interessante, allora, approfondire ulteriormente l’analisi dei loro atteggiamenti nei confronti delle diverse misure che possono essere adottate in questa direzione. E’ importante sottolineare, infatti, che non esiste una sola forma di flessibilità. E, come ci accingiamo a vedere, i giovani diversificano considerevolmente le proprie opinioni, a seconda delle diverse dimensioni che vengono prese in esame. 30 In questa terza ipotesi, rimane da capire in che misura gli intervistati si aspettano che tali variazioni siano sotto il loro controllo, piuttosto che essere decise dal loro datore di lavoro. 54 I giovani e il lavoro Una prima ipotesi di flessibilizzazione riguarda la possibilità di “agganciare” stipendi e salari all’andamento della produzione. Come si vede, questa possibilità non è affatto gradita agli intervistati. Si consideri il grafico 4.2: solo il 5% dei rispondenti si dichiara molto favorevole, mentre il 73% è poco o per nulla d’accordo. I giudizi degli intervistati non differiscono in misura apprezzabile in base al genere, alla zona geografica, all’età ed al titolo di studio dei rispondenti. Insomma, l’avversione nei confronti della flessibilità salariale sembra trasversale alle diverse fasce di popolazione giovanile. Graf. 4.2 Giudizi sulla riduzione delle retribuzioni in caso di riduzione della produzione (%- Base = 1352) Molto d'accordo 5% Per nulla d'accordo 43% Abbastanza d'accordo 22% Poco d'accordo 30% Esistono, però, due eccezioni di rilievo a questo atteggiamento di chiusura verso la flessibilità retributiva. La prima è costituita dai lavoratori autonomi. Costoro, di fatto, esperiscono già “in prima persona” questa forma di flessibilità, nella misura in cui le loro attività ed i loro profitti sono esposti direttamente alle oscillazioni del mercato. Non stupisce, dunque, che essi nutrano minore avversione verso questa misura. Le differenze tra lavoratori dipendenti ed indipendenti risultano decisamente cospicue da un punto di vista quantitativo: nel primo caso, i rispondenti che si dichiarano avversi alle misure di flessibilizzazione ammontano all’81%, ma questo valore scende al 61% tra i lavoratori autonomi. 55 I giovani e il lavoro La seconda eccezione all’avversione per la flessibilità salariale è costituita dagli studenti, i quali sembrano meno “spaventati” dalla possibilità che la propria retribuzione sia sottoposta a variazioni cicliche - forse anche perché molti studenti non hanno ancora esperito direttamente le conseguenze di tali oscillazioni, specialmente per quanto attiene agli accresciuti vincoli di bilancio ed alla maggiore incertezza sul proprio futuro che essi possono produrre. I giudizi sulla flessibilità salariale sono completamente confermati da un secondo item, relativo alla possibilità di introdurre salari di ingresso ridotti per i giovani. Come si può vedere facilmente, il grafico sottostante riproduce esattamente quello appena esaminato. Anche in tal caso, dunque, l’ampia maggioranza dei giovani manifesta una posizione di chiusura. E questa posizione risulta, ancora una volta, trasversale alle diverse fasce di popolazione - inclusi, questa volta, pure i lavoratori autonomi e gli studenti. Graf. 4.3 Giudizi sulla flessibilità dei salari in ingresso (%- Base = 1352) Molto d'accordo 6% Abbastanza d'accordo 22% Per nulla d'accordo 43% Poco d'accordo 29% 56 I giovani e il lavoro Le posizioni dei giovani mutano considerevolmente, però, quando si passa ad esaminare le diverse forme di flessibilità nei contratti di lavoro. Il caso più emblematico è quello del part-time. Questo non stupisce, visto che esso viene considerato un contratto di lavoro che può consentire di mantenere molte delle garanzie tradizionali, consentendo al contempo di gestire in modo più flessibile il proprio tempo. Rispetto alle due precedenti domande, la quota di rispondenti che si dichiarano “molto d’accordo” è, addirittura, quintuplicata: essa sale dal 56% sino al 26%. Se sommiamo a questo valore la quota percentuale di chi afferma di essere “abbastanza d’accordo” con la diffusione del part-time, scopriamo che i giovani favorevoli sono più di otto su dieci. Insomma, i consensi verso questa forma contrattale appaiono decisamente ampi. Graf. 4.4 Giudizi sulla diffusione del part-time (%- Base = 1352) Poco d'accordo 12% Per nulla d'accordo 6% Abbastanza d'accordo 56% 57 Molto d'accordo 26% I giovani e il lavoro Non stupisce osservare, inoltre, che la quota di favorevoli al tempo parziale sia particolarmente elevata tra le ragazze. Sappiamo, infatti, che queste vi ricorrono più spesso, in quanto utile strumento per conciliare le proprie ambizioni lavorative con i carichi domestici. Questi, conviene ricordarlo, continuano ancora a gravare prevalentemente sulle giovani donne, anche nelle giovani coppie [Sartori 2002]. Per motivi analoghi, non sorprende scoprire che il 90% delle casalinghe è favorevole al part-time – a testimonianza del fatto che anche le ragazze che sono attualmente inattive guardano con interesse alla possibilità di un impegno lavorativo che implichi un coinvolgimento limitato ed orari compatibili con lo svolgimento di altre attività durante la giornata. I favorevoli al part-time, infine, abitano più spesso nel Nord-Ovest (89%) piuttosto che al Sud (77%). Questo non dipende certo dal fatto che i carichi domestici siano meno sbilanciati a svantaggio delle giovani donne nel Mezzogiorno. Piuttosto, sembra che il tradizionale lavoro a tempo pieno ed indeterminato rappresenti un modello ideale sentito con maggiore forza al Sud. Anche la diffusione del lavoro temporaneo incontra resistenze limitate tra i giovani. Questo risultato pare assai interessante, alla luce delle precedenti considerazioni sulle preferenze giovanili per la sicurezza lavorativa e per contratti di lavoro tradizionali. Come si vede dal grafico 4.5, solo il 14% degli intervistati si dichiara nettamente contrario alla diffusione del lavoro a termine e, se sommiamo a questo valore la quota di quanti affermano di essere “poco d’accordo”, i contrari sono circa un giovane su tre. I due terzi dei giovani, insomma, a dispetto di quanto visto in precedenza, nutrono un atteggiamento favorevole verso il lavoro temporaneo. Per gettare luce su questa apparente contraddizione, può essere utile osservare una maggiore incidenza di pareri favorevoli tra le casalinghe (76%), gli studenti (72%) ed i disoccupati (69%) rispetto agli occupati dipendenti (65%) o ai lavoratori indipendenti (62%). Sono, dunque, soprattutto gli outsider che guardano con fiducia al lavoro temporaneo. Con ogni probabilità, essi vedono i nuovi contratti di lavoro come una preziosa possibilità per accrescere le proprie chance di inserimento occupazionale. Soprattutto perché, come abbiamo visto nel capitolo precedente, queste fasce sono particolarmente sensibili alle difficoltà di trovare lavoro in Italia. 58 I giovani e il lavoro Graf. 4.5 Giudizi sulla diffusione dei lavori a tempo determinato (%- Base = 1352) Per nulla d'accordo 14% Molto d'accordo 16% Poco d'accordo 17% Abbastanza d'accordo 53% Incontra, invece, maggiori resistenze la possibilità di rendere più facili i licenziamenti, eliminando la clausola della giusta causa. Anche rispetto a questa misura, comunque, il grado di apertura è considerevole. In pratica, il nostro campione “si spacca” a metà tra favorevoli e contrari. Più precisamente, i primi ammontano al 46% dei rispondenti, mentre i secondi sono pari al 56%. Graf. 4.6 Giudizi sulla possibilità di rendere più facili i licenziamenti (%Base = 1338) Molto d'accordo 13% Per nulla d'accordo 33% Abbastanza d'accordo 33% Poco d'accordo 21% 59 I giovani e il lavoro I disoccupati, specialmente se residenti nelle regioni meridionali, si rivelano maggiormente aperti nei confronti di questa forma di flessibilità in uscita: il 53% di loro dichiara di essere “molto” o “abbastanza favorevole”, mentre questo valore scende al 42% tra i lavoratori dipendenti. Si tratta, evidentemente, di un altro segnale del fatto che gli atteggiamenti verso le possibili misure di flessibilizzazione del mercato del lavoro italiano si articolano, in misura significativa, anche secondo l’asse insider/outsider: chi è fuori dal mercato vorrebbe facilitare il proprio accesso e chi è all’interno desidera mantenere la propria posizione. 4.4 Precarietà si, ma a tempo determinato Sembra utile, in conclusione, provare a tirare le fila del nostro discorso. Innanzitutto, possiamo osservare che, se confrontiamo i giudizi sulle politiche di flessibilizzazione del mercato del lavoro con quelli relativi alle preferenze occupazionali, dobbiamo concludere che esiste una notevole coerenza nelle valutazioni date dai giovani intervistati. Abbiamo visto, infatti, che la sicurezza occupazionale e le retribuzioni percepite costituiscono due dei tre aspetti del lavoro giudicati come maggiormente importanti dai nostri rispondenti. Le opinioni in merito alle misure di flessibilizzazione riflettono perfettamente queste priorità: la flessibilità salariale e la facilitazione dei licenziamenti, infatti, sono viste con notevole avversione dai giovani. Non possiamo concludere, però, che il loro atteggiamento sia di chiusura completa verso i nuovi contratti atipici. Al contrario, non solo il part-time, ma anche il tempo determinato, sono visti con favore dall’ampia maggioranza dei nostri intervistati. Ed i più favorevoli sono proprio i giovani che devono ancora entrare nel mercato del lavoro. Consapevoli delle difficoltà di inserimento che incontreranno, questi vedono nei nuovi contratti flessibili una possibile porta di ingresso per entrare in un mercato del lavoro rigido ed ingessato. La distinzione operata dai nostri intervistati, dunque, è duplice: non solo tra flessibilità salariale e flessibilità lavorativa, laddove la seconda viene vista con maggiore favore, ma anche tra flessibilità in ingresso ed in uscita. I contratti non-standard sono accettati in quanto condizione temporanea, ossia come uno strumento che acceleri l’ingresso nel mercato del lavoro. Da questo punto di vista, pare assai significativo che sette giovani su dieci si dichiarino favorevoli ad una maggiore diffusione dei contratti a tempo determinato. Ma, quando tale inserimento avrà luogo, i nostri intervistati chiedono stabilità e, soprattutto, protezione dal licenziamento. Questo non stupisce, dato che la sicurezza è la priorità di valore dei giovani in ambito lavorativo. 60 I giovani e il lavoro Capitolo 5 Il lavoro ideale. I n questo capitolo intendiamo approfondire l’analisi delle preferenze occupazionali dei giovani svolta nelle pagine precedenti. In particolare, cercheremo di capire, in maggiore dettaglio, quali siano le professioni più ambite dalle nuove generazioni e quali lavori, invece, vengano ritenuti meno desiderabili. Nella prima fase dell’analisi chiederemo agli intervistati di esprimere le loro valutazioni in merito a dodici professioni che rappresentano, sebbene molto sinteticamente, la varietà delle occupazioni accessibili nel mercato del lavoro italiano. Successivamente, invece, lasceremo spazio alla “fantasia” degli intervistati, i quali potranno indicare liberamente la professione che ritengono più ambita e quella invece meno attraente, permettendoci, in tal modo, di stilare una prima graduatoria delle dieci professioni maggiormente sognate dai giovani italiani e una seconda relativa, invece, a quelle che essi vorrebbero a tutti i costi evitare. Questo approfondimento è stato effettuato attraverso una rilevazione via web, svolta in collaborazione con il quotidiano “Il Corriere della Sera”. Alcuni dei dati che presenteremo non sono tratti, dunque, dallo stesso segmento di intervistati dei capitoli precedenti e si basano su una diversa modalità di rilevazione che presuppone la partecipazione spontanea degli intervistati, che si sono collegati al sito dove era accessibile il questionario e hanno deciso di compilarlo. Naturalmente, i rispondenti non costituiscono una “miniatura” perfettamente rappresentativa della popolazione italiana31, ma le loro opinioni forniscono, comunque, interessanti indicazioni su preferenze e su aspirazioni occupazionali. Inoltre, avremo modo di confrontare, in più di un’occasione, i giudizi dati dai rispondenti dell’indagine via web con quelli espressi dagli intervistati nella rilevazione telefonica: questo permetterà di mostrare che le valutazioni espresse dai due campioni presentano un elevato grado di convergenza. 31 Bisogna sottolineare, in particolare, che le valutazioni prese in considerazione esprimono molto più il punto di vista dei maschi (71% dei rispondenti alla rilevazione web) che quello delle femmine (29%) e sono maggiormente rappresentative delle opinioni dei giovani settentrionali (73%, con forte sovra-rappresentazione dei residenti in Lombardia) che di quelli meridionali. SI rimanda all’appendice metodologica per il dettaglio delle caratteristiche campionarie. 61 I giovani e il lavoro 5.1 La desiderabilità sociale delle professioni A abbiamo sottoposto ai rispondenti dell’indagine via web un elenco di dodici professioni che rappresentano, a grandi linee, il mercato del lavoro ed abbiamo chiesto loro di ordinarle secondo un giudizio di desiderabilità sociale. Inoltre, al fine di comprendere le motivazioni sottostanti ai giudizi dati, abbiamo chiesto di valutare, per ciascuna professione, quali gratificazioni essa offra in termini finanziari, di utilità sociale e di soddisfazione personale. Per ciascuna di queste tre dimensioni di giudizio, i rispondenti dovevano dare un voto da 1 a 10. Nella tabella sottostante abbiamo riportato, per ogni occupazione, la quota di giovani che la collocano tra le tre più ambite e la quota di soggetti che, invece, la considerano tra le tre meno attraenti. Tab. 5.1 La desiderabilità sociale di 12 professioni all’indagine via web (%) • • • • • • • • • • • • Direttore di quotidiano nazionale Giudice Attore cinematografico Medico di pronto soccorso Imprenditore (settore abbigliamento) Commercialista laureato Operaio metalmeccanico Progettista di siti internet Portiere di abitazione Commesso Elettricista Cassiere di banca Totale= 1913 % tra i primi 3 lavori preferiti 72 69 37 36 30 17 9 8 8 7 6 4 rispondenti % tra gli ultimi 3 lavori preferiti 8 8 14 6 10 5 66 9 79 63 21 15 Ebbene, la professione posta al vertice di questa graduatoria è quella di direttore di un quotidiano nazionale. I lettori del Corriere della Sera, insomma, ritengono che il direttore del proprio giornale occupi la posizione più ambita tra quelle considerate. Il 72% dei rispondenti, infatti, indica questa professione tra le tre più prestigiose e solo l’8% tra le meno 62 I giovani e il lavoro prestigiose. Inoltre, quasi un soggetto su tre la considera come la professione più ambita in assoluto tra le 12 esaminate. Le motivazioni sottostanti a questo primato sono presto dette. Il direttore di un quotidiano nazionale occupa la posizione ritenuta più gratificante in termini di soddisfazione personale (voto medio pari 8,5)32 e, al contempo, si reputa che essa garantisca elevati ritorni economici (voto medio 8,1). Infine, questa professione è considerata la terza più nella graduatoria di utilità sociale. Quest’ultimo giudizio potrebbe apparire, forse, tra quelli che sorprendono maggiormente, ma non dobbiamo dimenticare che i rispondenti della web survey sono lettori, più o meno assidui, di un quotidiano. Nella graduatoria di desiderabilità sociale segue, a distanza molto ravvicinata, la professione di giudice. Essa riceve una valutazione complessiva assai prossima a quella del direttore di quotidiano, come si può desumere sempre dalla tabella 5.1. Le motivazioni dietro questa opinione, però, sono in parte diverse. Il reddito e la soddisfazione personale associati a questa professione sono elevati, ma l’aspetto valorizzato maggiormente è la sua utilità sociale, ritenuta seconda solo a quella del medico di pronto soccorso. I nostri rispondenti esprimono, dunque, notevole “ammirazione” per il lavoro dei giudici. Il direttore di quotidiano ed il giudice sono, di gran lunga, le professioni più gradite. Nella graduatoria di prestigio sociale troviamo, successivamente, un gruppo di tre occupazioni assai diverse tra loro: l’attore, il medico e l’imprenditore nel settore dell’abbigliamento con venti dipendenti. Esse ottengono giudizi complessivi di gradimento di entità comparabile. Si noti che la prima di queste professioni risulta piuttosto ambita, ma al contempo essa evidenzia una quota relativamente alta di giudizi negativi. Il suo status privilegiato appare, per così dire, un po’ più incerto. Non è difficile capire perché. Da un lato, il mestiere di attore viene considerato come l’occupazione meglio retribuita tra le dodici esaminate ed è reputato come una di quelle che offrono le maggiori opportunità di gratificazione personale. Dall’altro lato, questo lavoro è ritenuto quello meno utile da un punto di vista sociale. Insomma, fare l’attore è un mestiere bello e redditizio ma futile, secondo i nostri rispondenti. E’ interessante osservare che il medico di pronto soccorso ottiene una valutazione di desiderabilità sociale complessiva assai prossima a quella dell’attore, ma sulla base di motivi radicalmente opposti. Questa professione, infatti, è ritenuta la più utile da un punto di vista sociale e la seconda quanto a soddisfazioni personali, ma i rispondenti pensano che essa 32 Si ricorda che la scala dei giudizi varia da 1 (minima soddisfazione) a 10 (massima soddisfazione) 63 I giovani e il lavoro garantisca ritorni finanziari modesti (media di voti pari a 6,6 nelle valutazioni sulle soddisfazioni economiche annesse - un voto persino al di sotto di quello assegnato agli elettricisti). Questa discrasia tra utilità sociale e rendimenti monetari segnala che, in base al giudizio dei nostri rispondenti, il medico di pronto soccorso è una professione nettamente sotto-pagata. E’ significativo che il commercialista laureato, sebbene collocabile a pieno titolo entro le occupazioni delle classi superiori, rientri tra le tre professioni più prestigiose solo per il 17% dei nostri rispondenti. Questo accade perché tale lavoro viene giudicato non troppo utile da un punto di vista sociale, ma soprattutto povero di gratificazioni personali (media pari a 6,5). Insomma, il commercialista non riveste una particolare attrattiva nell’immaginario delle nuove generazioni. Un terzo ed ultimo gruppo di lavori, che raccoglie tutti quelli di tipo manuale33, è ritenuto tra i più desiderabili in meno del 10% dei casi e, molto più spesso, copre invece le mansioni giudicate meno attraenti. Tra queste rientra l’operaio metalmeccanico, giudicato come la penultima posizione, tra le dodici considerate, quanto a soddisfazioni economiche e personali, ma la quinta per quanto riguarda il livello di utilità sociale. Come dire che si attribuisce ancora valore, in qualche misura, all’idea di occupazione produttiva associata a questo tipo di lavoro manuale. Infine, i cassieri di banca, i commessi ed i custodi vengono posti nelle posizioni più basse di questa graduatoria di desiderabilità sociale ed i giudizi disaggregati confermano questa valutazione complessiva. E’ possibile valutare il prestigio sociale delle dodici professioni assegnando a ciascuna d’esse, in base alla posizione in graduatoria assegnatale da ciascun rispondente, un punteggio complessivo di desiderabilità sociale. Si può calcolare, successivamente, la media dei giudizi così ottenuti per ogni occupazione. Questo approccio consente una valutazione un po’ meno intuitiva, ma sicuramente più rigorosa, del prestigio delle dodici professioni. I risultati così ottenuti vengono riportati nella tabella sottostante. Come si vede, le precedenti analisi risultano ampiamente confermate. Basti osservare 33 La bassa collocazione attribuita al progettista di siti internet risente, con ogni probabilità, di un “effetto di questionario”, dato che questa professione era l’ultima da collocare nella graduatoria e, non a caso, ha ricevuto una valutazione particolarmente bassa. Infatti, quando passiamo a considerare le valutazioni relative ai diversi tipi di gratificazione (personale, economica e di utilità sociale) associati a questo lavoro, esso si colloca in posizione intermedia nella graduatoria di desiderabilità sociale, tipicamente al di sopra delle professioni manuali. Questo accade perché le valutazioni specifiche non risentono degli effetti di questionario, presenti invece nella valutazione complessiva. 64 I giovani e il lavoro che l’ordine delle prime cinque professioni rimane immutato, fatto salvo lo slittamento dalla terza alla quinta posizione del mestiere di attore. Tab. 5.2 - La desiderabilità sociale di 12 professioni: punteggi medi di status sociale dei rispondenti all’indagine via web (%) • Direttore di quotidiano nazionale • Giudice • Medico di pronto soccorso • Imprenditore (settore abbigliamento) • Attore • Commercialista laureato • Progettista di siti internet • Cassiere di banca • Elettricista • Commesso • Operaio metalmeccanico • Portiere di abitazione Totale=1913 Punteggio di status (scala de LilloSchizzerotto) 79,6 76,8 66,9 65,1 61,4 60,9 47,4 38,7 37,5 24,8 24,6 17,1 E’ possibile, inoltre, effettuare un’ulteriore analisi di controllo della robustezza dei nostri risultati, riguardante le valutazioni sulle medesime dodici professioni effettuate dagli intervistati dell’indagine telefonica e, quindi, da un campione maggiormente rappresentativo. Tab. 5.3 - La desiderabilità sociale di 12 professioni: punteggi di soddisfazione dei rispondenti dell’indagine telefonica • • • • • • • • • • • • Direttore di quotidiano nazionale Attore Imprenditore (settore abbigliamento) Giudice Medico di pronto soccorso Progettista di siti internet Commercialista laureato Cassiere di banca Elettricista Commesso Operaio metalmeccanico Portiere di abitazione 65 Voto medio da 1 a 10 8,4 8,3 8,1 8 7,9 7,6 7,3 6,9 6,8 5,7 5,7 5,4 I giovani e il lavoro Nella tabella 5.3, abbiamo riportato il voto medio di desiderabilità sociale, espresso in una scala che varia da 1 a 10. Anche in questo caso si può constatare che la gerarchia di gradimento sociale rimane, nei suoi lineamenti essenziali, invariata. Questo risultato induce ad una cauta fiducia sulla solidità dei risultati ottenuti tramite l’indagine via web. 5.2 Denaro, espressività ed utilità sociale Pare utile considerare, in maggiore profondità, le tre dimensioni di giudizio delle occupazioni cui si è fatto riferimento nella sezione precedente. Per cominciare, nella tabella 5.4 abbiamo riportato il voto medio di utilità sociale associato a ciascuna occupazione. Tab. 5.4 - L’utilità sociale di 12 professioni rispondenti dell’indagine web (% ) • • • • • • • • • • • • Medico di pronto soccorso Giudice Direttore di quotidiano nazionale Elettricista Operaio metalmeccanico Imprenditore (settore abbigliamento) Commercialista laureato Progettista di siti internet Cassiere di banca Commesso Portiere di abitazione Attore cinematografico Totale=1913 Media voti 9,3 8,3 7,4 6,9 6,7 6,4 6,1 5,5 5,4 5,3 4,5 4,3 Innanzitutto, possiamo constatare facilmente che l’entità delle differenze osservate è notevole. Non si tratta di un dato scontato. Infatti, potremmo chiederci su quale base sia possibile sostenere che il lavoro di un giudice è più utile alla collettività di quello di un elettricista o di un commesso di un negozio. La maggioranza degli economisti e dei sociologi sarebbe probabilmente scettica davanti a questo tipo di giudizi ed osserverebbe che non esiste alcuna base oggettiva che li possa giustificare. Si è sostenuto addirittura che, nella misura in cui ciascuna mansione corrisponde ad un compito richiesto nel mercato, essa è tanto utile quanto le altre. I nostri rispondenti, però, sembrano avere un’opinione piuttosto diversa. Essi collocano al vertice della graduatoria di prestigio sociale alcuni lavori che 66 I giovani e il lavoro presuppongono il possesso di competenze elevate e che coinvolgono ambiti della vita individuale e collettiva ritenuti centrali (la salute, la giustizia, l’informazione). Le occupazioni meno qualificate nel settore dei servizi, viceversa, vengono giudicate maggiormente superflue e le mansioni che producono risultati diretti e visibili (come l’operaio e l’elettricista) sono ritenute più utili di professioni burocratiche, quali il commercialista o il cassiere di banca, che pure presuppongono, tipicamente, maggiori livelli di istruzione. Si noti, inoltre, che i giudizi in parola non evidenziano significativi elementi di differenziazione in base al genere, alla zona di residenza o all’età degli intervistati34. Se passiamo a considerare le valutazioni inerenti i ritorni finanziari associati alle diverse professioni, possiamo affermare che le opinioni dei nostri rispondenti rivelano un buon grado di realismo. La gerarchia che essi stabiliscono, infatti, sembra riflettere piuttosto verosimilmente le effettive differenze di reddito. Si nota, inoltre, che la variabilità dei giudizi espressi riguardo alla dimensione economica appare più contenuta rispetto alle valutazioni sull’utilità sociale delle professioni - un segnale del fatto che i primi si basano su criteri meno ambigui. Gli intervistati, dunque, appaiono maggiormente concordi nelle opinioni date in merito ai ritorni finanziari delle diverse occupazioni. Tab. 5.5 Le gratificazioni economiche associate rispondenti dell’indagine via web (%) • • • • • • • • • • • • Attore cinematografico Direttore di quotidiano nazionale Imprenditore (settore abbigliamento) Giudice Commercialista laureato Elettricista Medico di pronto soccorso Progettista di siti internet Cassiere di banca Commesso Operaio metalmeccanico Portiere di abitazione Totale=1913 34 a 12 professioni Media voti 8,6 8,1 7,9 7,7 7,5 6,7 6,7 6,2 5,8 4,1 4,1 4,1 Le differenze tra le categorie messe a confronto risultano di rado significative e non appaiono mai di entità quantitativamente rilevante. 67 I giovani e il lavoro Essi indulgono, comunque, in alcune rappresentazioni stereotipate. Un esempio banale: quando i nostri rispondenti pensano agli attori cinematografici, hanno in mente la ristretta élite di divi pagati profumatamente e non la massa di attori di secondo piano che difficilmente potremmo porre ai vertici della scala di reddito. Inoltre, essi sembrano enfatizzare eccessivamente i sacrifici economici dei medici, forse anche perché - ancora una volta - sottovalutano le differenze interne a questa categoria. Di nuovo, non si riscontrano differenziazioni di rilievo dei giudizi in base alla zona geografica, al genere o all’età dei rispondenti. Se passiamo a giudicare la graduatoria di soddisfazione personale, emergono alcuni spunti interessanti che troveranno conferme più dettagliate nella prossima sezione. In particolare, il primato del direttore di quotidiano nazionale si spiega facilmente, in quanto si tratta di una professione intellettuale di alto profilo che, al contempo, viene collegata al mondo dei mass-media e della comunicazione. Questo tratto evidenzia una comunanza con il mestiere di attore che perde, però, in ampia misura la connotazione di prestigio intellettuale. Tab. 5.6 Il livello di soddisfazione personale associato a 12 professioni rispondenti dell’indagine via web (%) • • • • • • • • • • • • Direttore di quotidiano nazionale Attore cinematografico Medico di pronto soccorso Giudice Imprenditore (settore abbigliamento) Progettista di siti internet Commercialista laureato Elettricista Cassiere di banca Commesso Operaio metalmeccanico Portiere di abitazione Totale=1913 Media voti 8,5 8 8 7,9 7,7 7,1 6,5 6,4 4,4 4 3,9 3,7 La ragioni alla base del successo delle professioni mediche e dei giudici sembrano, invece, almeno in parte diverse ed appaiono maggiormente collegate alle elevate responsabilità individuali e sociali annesse a questi due ruoli lavorativi. Stupisce osservare, infine, che il progettista di siti internet - una professione collegata alla sfera della tecnologia e della comunicazione - occupi una posizione di media classifica e venga 68 I giovani e il lavoro considerato come un impiego meno attraente di molte occupazioni ben più “tradizionali” 5.3 Alla ricerca della professione ideale Abbiamo chiesto, infine, ai nostri rispondenti di indicare la professione che, più di ogni altra, vorrebbero svolgere e quella che, invece, vorrebbero a tutti i costi evitare. Il medesimo quesito è stato posto sia nell’indagine via web sia in quella telefonica. Cominciamo da quest’ultima: la graduatoria delle dieci occupazioni meno amate viene presentata nella figura sottostante. LE PROFESSIONI MENO AMATE DAI GIOVANI (rispondenti all’indagine telefonica) Operaio (132 indicazioni) Operatore ecologico (84 indicazioni) Impiegato (49 indicazioni) Cameriere (49 indicazioni) Insegnante (46 indicazioni) Muratore (40 indicazioni) Medico (35 indicazioni) Commesso (32 preferenze) Infermiere (31 preferenze) Avvocato (22 preferenze) Il lavoro considerato meno attraente dai giovani è quello dell’operaio, indicato nel 18% dei casi. Nelle valutazioni dei nostri intervistati, questa occupazione si “incarna” tipicamente nella figura del metalmeccanico, addetto alla catena di montaggio e dedito a mansioni ripetitive e faticose. 69 I giovani e il lavoro Questa figura occupazionale, che forse più di ogni altra simboleggia l’era fordismo e del taylorismo, assume dunque nell’immaginario giovanile, una connotazione fortemente negativa. Nella seconda posizione di questa graduatoria delle occupazioni meno attraenti troviamo gli operatori ecologici (11,1%). L’associazione con il lavoro sporco e faticoso spiega, con ogni probabilità, la scarsa desiderabilità sociale annessa a questa figura. Le novità più interessanti, comunque, emergono nelle posizioni successive. Subito dopo gli operai e gli operatori ecologici, infatti, i nostri intervistati indicano le mansioni impiegatizie al terzo posto ed il lavoro di insegnante al quinto. Due occupazioni che nella generazione dei loro nonni, o addirittura dei loro padri, erano considerate come mete ambite e simboli di promozione sociale vengono adesso indicate tra le professioni meno desiderabili dai giovani. Questo risultato conferma le indicazioni desumibili da altre ricerche che segnalano il calo nel tempo del grado di desiderabilità sociale di queste attività lavorative [Schizzerotto 2000; Evans et al. 2001]. Infine, non stupisce affatto che gli intervistati indichino i lavori di cameriere, muratore e commesso tra i meno desiderabili, ma sorprende constatare che nella graduatoria delle dieci professioni meno attraenti trovino posto anche gli avvocati e le professioni mediche. Riguardo a queste ultime, gli intervistati menzionano soprattutto le figure del chirurgo e dell’odontoiatra che associano, verosimilmente, ad incarichi di responsabilità o, più banalmente, a situazioni dolorose (uno dei nostri rispondenti, ad esempio, indica congiuntamente, come lavoro meno attraente, il chirurgo ed il macellaio). Non bisogna concludere, peraltro, che la collocazione di queste due figure professionali tra i lavori meno attraenti sia necessariamente sintomatica di un loro basso prestigio sociale. La professione medica rientra, infatti, anche tra quelle più ambite ed apprezzate dai giovani, come ci accingiamo a vedere. Il lavoro più desiderato dai giovani italiani è quello di ingegnere: esso raccoglie 61 preferenze tra i nostri intervistati. Il primato nella graduatoria di desiderabilità sociale spetta, dunque, ad una professione che si connota fortemente in senso tecnico-scientifico. Al secondo posto della nostra graduatoria troviamo la professione medica che raccoglie 53 preferenze. Questo risultato, dunque, “contro-bilancia” la collocazione di questa stessa figura professionale tra le dieci meno ambite, evidenziata poco sopra. Pur trattandosi di una professione tra le più “tradizionali” e consolidate, essa risulta ancora fortemente attraente per una quota rilevante di giovani. Come abbiamo già osservato, si apprezza di questo lavoro soprattutto l’utilità sociale, ma i giovani ritengono anche che esso sia in grado di offrire notevoli gratificazioni professionali. 70 I giovani e il lavoro Se guardiamo alle preferenze espresse dai nostri intervistati, sembra difficile sottrarsi alla conclusione che i giovani siano interessati prevalentemente a professioni che assai difficilmente potremmo definire “innovative”. Basti considerare che nella terza e nella quinta posizione della gerarchia delle preferenze giovanili troviamo il mestiere del commerciante e l’insegnante. Insomma, tra i lavori più indicati, troviamo quelli più comuni ed ordinari, mentre le professioni della moda, del turismo, della comunicazione, dello sport e dello spettacolo raccolgono preferenze assai più disperse e frammentate. Fa sicuramente riflettere il fatto che il lavoro di insegnante, identificato da una quota rilevante di giovani come uno dei meno attraenti, venga considerato da un’insieme altrettanto consistente di rispondenti come la professione ideale. E’ possibile che alle valutazioni sulle ridotte gratificazioni finanziarie e sullo scadimento del prestigio di questa occupazione si contrapponga la forte valenza vocazionale che essa continua ad esercitare, evidentemente, per una minoranza significativa di giovani. Pare interessante osservare, inoltre, che l’ammontare di ricompense effettive, materiali ed immateriali, associate ad una professione non sempre corrisponde perfettamente al suo grado di desiderabilità soggettiva. Capita, così, che il lavoro di insegnante venga citato tra i lavori ideali altrettanto spesso di quello di avvocato che, peraltro, viene nominato tante volte quante le mansioni di tipo impiegatizio. Allo stesso modo, può forse sorprendere che cuochi e pasticceri risultino tra i lavori più menzionati. Benché non si classifichino tra le dieci posizioni più ambite, anche il ristoratore ed il barista vengono indicati piuttosto frequentemente. Insomma, i giovani sembrano piuttosto attratti dalle professioni che ruotano attorno ai piaceri del cibo, del bere e della convivialità. A dispetto delle ricorrenti discussioni sulle scarse opportunità che la ricerca scientifica offre ai giovani in Italia, lavori quali il biologo, il fisico o il geologo sembrano piuttosto ambiti ed occupano il quarto posto nella graduatoria di desiderabilità sociale delle occupazioni. Insomma, la scienza continua ad esercitare un notevole fascino sui giovani. Si noti, inoltre, che il posto di direttore di giornale quotidiano conferma la sua attrattiva e risulta tra le dieci professioni più spesso menzionate spontaneamente dai giovani. Pare interessante, infine, ricordare anche gli assenti di questa graduatoria. In particolare, sembra degno di nota il fatto che nessuna delle professioni manageriali, connesse al marketing o alla finanza, spicchi tra le dieci occupazioni più ambite dai giovani. 71 I giovani e il lavoro LE PROFESSIONI PIU’ AMBITE DAI GIOVANI (rispondenti all’indagine telefonica) Ingegnere (61 preferenze) Medico (53 preferenze) Negoziante (51 preferenze) Ricercatore scientifico (51 preferenze) Insegnante (49 preferenze) Avvocato (48 preferenze) Impiegato (46 preferenze) Cuoco (38 preferenze) Psicologo (35 preferenze) Direttore di giornale (33 preferenze) I giudizi dati dai rispondenti della rilevazione via web offrono numerose conferme di quanto detto sinora. In particolare, la professione meno ambita risulta quella di operaio (22%), seguita ancora una volta da quella di operatore ecologico (9%). Viene spesso menzionato, inoltre, il portiere di abitazioni (8%)35. Anche in questo caso, inoltre, le professioni mediche e le mansioni impiegatizie rientrano tra quelle giudicate come meno attraenti ed uno dei rispondenti esprime nel seguente modo la propria avversione verso le seconde: “impiegato - seduto tutto il giorno a fare la stessa cosa”. La grigia monotonia e la sedentarietà associate a questo genere di ruoli rendono le mansioni impiegatizie, agli occhi di molti giovani, decisamente poco attraenti. Per motivi del tutto analoghi, non sorprende che i rispondenti 35 Si ricorderà che il “portiere” era una delle 12 professioni su cui i rispondenti dell’indagine via web dovevano esprimere le proprie valutazioni: questo spiega, con ogni probabilità, perché questa figura venga menzionata piuttosto spesso proprio dai rispondenti della web survey. 72 I giovani e il lavoro menzionino relativamente spesso anche il lavoro del bancario (6% dei casi) tra le occupazioni meno attraenti. E PROFESSIONI MENO AMATE DAI LETTORI DEL CORRIERE DELLA SERA (rispondenti all’indagine via web) Operaio (372 indicazioni) Operatore ecologico (139 indicazioni) Portiere (135 indicazioni) Commesso (106 indicazioni) Impiegato (102 indicazioni) Bancario (92 indicazioni) Muratore (62 indicazioni) Cassiere (52 preferenze) Minatore (51 preferenze) Medico (50 preferenze) Si noti, però, che l’impiegato è immaginato, spesso, come un dipendente pubblico e questo, a dispetto delle tradizionali garanzie di cui gode questa fascia di lavoratori, sembra invece contribuire ad offuscarne ulteriormente l’immagine. Ancora una volta, troviamo tra i lavori meno graditi anche quello di commesso, indicato dal 7% dei rispondenti, mentre il cameriere figura questa volta in dodicesima posizione. Un’occupazione menzionata tra le dieci meno attraenti nella rilevazione via web (ma non in quella telefonica) è quella del minatore (3% dei casi): un giudizio che non è difficile spiegare, in considerazione delle condizioni faticose e ben poco salubri di svolgimento di questo lavoro. I giudizi relativi alle professioni più ambite secondo i lettori del Corriere della Sera evidenziano maggiori elementi di novità, rispetto alla 73 I giovani e il lavoro corrispondente graduatoria stilata in base ai giudizi dei rispondenti all’indagine telefonica. LE PROFESSIONI PIU’ AMBITE DAI LETTORI DEL CORRIERE DELLA SERA (rispondenti all’indagine via web) Imprenditore (164 preferenze) Direttore di quotidiano (162 preferenze) Ricercatore scientifico (160 preferenze) Medico (158 preferenze) Artista (140 preferenze) Attore (105 preferenze) Direttore di banca (87preferenze) Insegnante (76 preferenze) Manager (72 preferenze) Avvocato (69 preferenze) Diplomatico (62 preferenze) In particolare, nelle preferenze dei lettori del Corriere, la professione più ambita è quella di imprenditore che, invece, non trovava neppure spazio tra le dieci occupazioni preferite nella precedente classifica. Se a questo risultato aggiungiamo il fatto che due ulteriori novità, tra le professioni più apprezzate, riguardano il direttore di banca ed il manager, possiamo concludere che le occupazioni più esplicitamente orientate all’economia ed alla finanza esercitano una particolare attrattiva sui rispondenti dell’indagine via web. Le altre due professioni che compaiono in questa classifica, ma non in quella relativa alla rilevazione telefonica, sono l’attore e l’artista. 74 I giovani e il lavoro Specularmente alla predilezione per le occupazioni più “capitalistiche”, dunque, i lettori del Corriere sognano due lavori dal forte contenuto espressivo. Possiamo osservare, infine, che essi continuano a menzionare il direttore di quotidiano tra le professioni più amate: il giornalismo risulta, anzi, secondo solo alle attività imprenditoriali. I dati dell’indagine via web confermano, inoltre, l’elevato fascino che esercitano sui giovani le professioni tecnico-scientifiche. Abbiamo provato a conteggiare tutte le occupazioni più amate che possono essere comprese entro questa categoria. Ebbene, il 27% dei lavori menzionati come i più graditi dagli intervistati rientra all’interno di questa area professionale. Solo il 4% dei lavori meno amati ne fa parte. Non si rilevano differenze di rilievo tra maschi e femmine rispetto a questo tipo di giudizi: un segnale ulteriore di attenuazione delle differenze di genere, dato che le professioni ad alto contenuto tecnico-scientifico erano, tradizionalmente, appannaggio dei maschi36. Un altro dato di notevole interesse riguarda quello che può essere definito come l’“orientamento cosmopolita” delle professioni [Cavalli 2001]. Questo aspetto identifica le occupazioni che possono essere associate alla dimensione del viaggio e della scoperta di nuove culture (es. occupazioni turistiche), dei rapporti internazionali in ambito economico (es. manager di una multinazionale) e politico (es. diplomatico). Si tratta, in breve, delle professioni che sono espressione più diretta della società globale. Ebbene, il 15% delle occupazioni più ambite rientra in questa categoria e praticamente nessuna delle mansioni giudicate meno attraenti ne fa parte. Abbiamo provato ad aggregare tra loro le occupazioni connesse alla sfera del tempo libero e dello svago (animatore turistico, attore, presentatore televisivo, ecc.) per valutare se, a dispetto della loro presenza marginale nella graduatoria delle dieci professioni più amate dai nostri rispondenti, esse fossero comunque apprezzate dai giovani. Si può supporre, infatti, che data la notevole eterogeneità di queste figure professionali, nessuna di esse raggiunga un’entità quantitativamente elevata tra le più ambite, se presa singolarmente. Considerate congiuntamente, queste occupazioni evidenziano una consistenza non trascurabile tra i lavori più amati dai giovani.Il 16% delle professioni “ideali”, in base ai giudizi dei rispondenti dell’indagine via web appartiene alla categoria in parola37. Un’ultima linea di analisi riguarda la posizione di classe delle professioni più ambite. Queste sono state collocate all’interno di uno schema di 36 Neppure le differenze in base alla zona geografica di residenza risultano significative. 37 Anche in questo caso, le differenze in base al genere ed alla zona geografica di residenza non risultano rilevanti. 75 I giovani e il lavoro classificazione occupazionale38 articolato nel seguente modo: a) dirigenti e quadri; b) occupazioni elevate in ambito culturale (es. direttore di quotidiano); c) professioni ad alto contenuto tecnico svolte in posizione autonoma (es. perito tecnico); d) imprenditori ed amministratori; e) artigiani e commercianti, coltivatori diretti; f) impiegati direttivi; g) insegnanti e tecnici a medio livello di qualifica; h) operai ed impiegati esecutivi39; i) lavoratori manuali dei servizi e dell’agricoltura. Nel grafico sottostante, riportiamo le professioni più gradite dagli intervistati, aggregate in base al suddetto schema occupazionale. Graf. 5.1 Le aree occupazionali più ambite (%- Base = 1852) altre occupazioni 12% occupazioni dirigenziali 34% occupazioni imprenditoriali 11% occupazioni tecniche 21% occupazioni giornalistiche e culturali 22% Come si può facilmente constatare, la quasi totalità delle professioni più ambite si colloca nelle posizioni di classe superiore, al punto che le aree 38 Questo approccio permette di limitare la visione parziale ed in parte frammentaria che si ottiene dall’analisi dei singoli item professionali, dove le scelte di aggregazione delle specifiche categorie lavorative condizionano necessariamente i risultati finali che si ottengono. 39 Si tratta di uno schema ottenuto tramite aggregazione delle categorie della scala de LilloSchizzerotto di prestigio delle occupazioni. Va da sé che la collocazione delle diverse professioni entro questa classificazione ha carattere indicativo e congetturale, almeno in una quota significativa di casi, dato che le informazioni a disposizione non sono perfettamente dettagliate. 76 I giovani e il lavoro professionali associabili alle posizioni di classe media ed al lavoro manuale formano una categoria residuale (“altre occupazioni”) che interessa circa un intervistato su dieci. Questo significa che la generalità dei giovani colloca il proprio lavoro ideale nelle professioni di élite. Viceversa, solo il 15% delle mansioni indicate come meno attraenti rientra nelle classi superiori ed il 61% può essere collocato, invece, entro la classe operaia. Nel complesso, dunque, le aspirazioni occupazionali dei giovani sembrano ben poco “idealistiche” ed appaiono invece orientate, piuttosto pragmaticamente, verso le occupazioni di classe superiore. Insomma, nella maggioranza dei casi, “il lavoro dei sogni” è un’occupazione ben retribuita e saldamente collocata ai vertici della gerarchia di autorità. 5.4 L’identikit del lavoro ideale Le indicazioni emerse in questo approfondimento da un lato confermano i risultati del precedente capitolo e dall’altro consentono di specificarne più accuratamente le conclusioni. Le conferme riguardano le caratteristiche di un lavoro maggiormente valorizzate ed apprezzate dai giovani: la sicurezza occupazionale, i ritorni economici e le soddisfazioni personali. Le professioni più amate dai giovani rappresentano, nella generalità dei casi, una “ragionevole sintesi” tra queste tre istanze. Ma quali occupazioni offrono le maggiori gratificazioni personali? Quattro aspetti emergono chiaramente. Innanzitutto, abbiamo visto che i giovani sono spesso attratti da quelle che abbiamo definito come le professioni cosmopolite, o se si preferisce dai lavori della società globale, ossia quelli maggiormente proiettati verso una dimensione internazionale (si tratti del direttore di un villaggio turistico, del manager occupato presso una multinazionale, del diplomatico, e così via). In secondo luogo, i giovani appaiono attratti dalle professioni connesse alla sfera intellettuale (come il direttore del quotidiano e, su un piano inferiore, lo stesso insegnante) ed a quella tecnico-scientifica (l’ingegnere, ma anche il medico, il biologo ed i ricercatori in generale). Insomma, il sapere continua ad esercitare un notevole fascino sulle nuove generazioni. In terzo luogo, la soddisfazione personale può trovare modo di esprimersi in incarichi che coniugano alti livelli di responsabilità e di utilità sociale, come quello di medico o di giudice. Si noti però che il medico viene, al contempo, indicato tra le dieci professioni che i nostri intervistati non vorrebbero mai svolgere. E questo ci porta alla quarta considerazione. Quello che sembra ad alcuni giovani un aspetto attraente di una professione (es. elevate 77 I giovani e il lavoro responsabilità nel lavoro), può apparire ad altri come qualcosa da evitare. Allo stesso modo, quello che viene giudicato un lavoro tra gli svalutati, ossia l’insegnante, viene considerato da altri rispondenti come il lavoro ideale. Insomma, nelle valutazioni che abbiamo descritto, si manifesta una rilevante componente idiosincratica delle preferenze occupazionali. Al contempo, abbiamo visto che i giovani si dimostrano piuttosto attenti alle concrete ed effettive ricompense associate alle diverse professioni ed aspirano, nella maggioranza dei casi, a lavori di élite. L’elemento vocazionale ed idealistico esiste (viene da pensare, nuovamente, alla professione di insegnante), ma è saldamente radicato in valutazioni assai pragmatiche. A dimostrazione di questo fatto abbiamo trovato, tra i lavori preferiti, anche alcune occupazioni molto “comuni” (come il negoziante, il commerciante, il barista) che, verosimilmente, vengono apprezzate anche perché ritenute accessibili. I desideri individuali, in altre parole, sono spesso influenzati dalla percezione delle effettive opportunità a disposizione [Elster 1998]. Abbiamo osservato, infine, che le valutazioni espresse dai rispondenti non variano in modo sistematico in base al genere, all’età ed alla zona geografica di residenza degli intervistati. Di nuovo, se focalizziamo l’attenzione su alcune singole professioni, è evidente che alcune differenze emergono. Ad esempio, l’ingegnere si connota, prevalentemente, come un lavoro “maschile” e l’insegnante, invece, come una professione “femminile”. Ma se guardiamo ai grandi raggruppamenti professionali, ai criteri di giudizio (orientamento cosmopolita, al tempo libero, ecc.) ed alle valutazioni sui livelli di soddisfazione personale, di utilità sociale e di reddito associati alle dodici professioni idealtipiche prese in considerazione, possiamo concludere che gli elementi di convergenza e di consenso prevalgono ampiamente. 78 I giovani e il lavoro Conclusioni I l lavoro occupa ancora un posto importante nella vita dei giovani. Naturalmente, anche i dati della nostra ricerca confermano che esso viene posto al di sotto della “sfera sacra” degli affetti: la famiglia, l’amore, l’amicizia. Al contempo, abbiamo visto che al lavoro si attribuisce un’importanza prioritaria rispetto allo svago ed al tempo libero. L’immagine di una realtà giovanile interessata esclusivamente al divertimento e “chiusa” interamente nel proprio presente sembra essere, dunque, poco più di uno stereotipo. Anche perché, come abbiamo visto, la maggioranza dei giovani ha spesso contatti precoci e frequenti con il mondo del lavoro, sebbene spesso solo di natura intermittente. Il mondo dei “lavoretti” fa parte dell’esperienza di vita delle nuove generazioni [Chiesi 2002]. I giovani mostrano di avere preoccupazioni assai concrete nei confronti del lavoro. Il denaro e la sicurezza occupazionale sono collocati, all’unanimità, al vertice della loro gerarchia di priorità. Si badi bene: le nuove leve non sono una “generazione materialista”. La crescita professionale e, soprattutto, la realizzazione personale rappresentano dimensioni dell’esperienza lavorativa che vengono percepite come fondamentali dalla quasi totalità degli intervistati. Prima di preoccuparsi di queste cose, però, si è ben consapevoli che la priorità assoluta è inserirsi nel mercato del lavoro, ottenere uno stipendio adeguato e garantirsi un minimo grado di sicurezza occupazionale – se non subito, almeno nel medio periodo. I nostri intervistati sono al corrente delle difficoltà che incontreranno per realizzare questi obiettivi. Abbiamo visto, ad esempio, che meno di un giovane su sei dichiara che trovare lavoro sia un compito facile per le nuove generazioni. Il primo problema è, anzi, proprio quello di varcare la porta d’ingresso di un mercato del lavoro che, certamente, non appare troppo accogliente ai nostri intervistati. Il secondo problema è inserirsi stabilmente. Da questo punto di vista, l’importanza annessa alla sicurezza occupazionale o ai ritorni monetari del lavoro appaiono emblematici. In questa situazione, le aspirazioni di realizzazione personale attraverso l’occupazione svolta vengono riposte nel futuro, più che nel presente. Il “lavoro ideale” appartiene al domani. Ed in quel domani i giovani si vedono realizzati. L’ampia maggioranza dei nostri intervistati, infatti, prevede che sarà molto soddisfatta del proprio lavoro tra dieci anni. A dispetto delle difficoltà del presente – o, forse, proprio in ragione di queste - i giovani nutrono elevate aspettative di realizzazione professionale e credono nella 79 I giovani e il lavoro possibilità di ottenere riconoscimento per le proprie competenze e prestazioni. Uno dei (pochi) aspetti di scarso realismo presenti nelle valutazioni dei nostri intervistati riguarda, anzi, proprio la sopravvalutazione del grado di meritocrazia del nostro mercato del lavoro. Il “lavoro dei sogni”, dunque, viene proiettato nel futuro – anche perché, come abbiamo visto nel primo capitolo, pochi giovani occupano già le posizioni più prestigiose. Se proviamo a tracciare l’identikit del lavoro ideale, possiamo dire che esso garantisce elevate sicurezze e gratificazioni materiali, ma offre anche soddisfazioni di natura simbolica ed espressiva. Queste ultime sembrano connesse, prevalentemente, al legame con la sfera del sapere, dell’informazione e della ricerca scientifica, ma anche all’orientamento cosmopolita della professione desiderata. Un altro aspetto degno di nota emerso dalle nostre analisi riguarda la possibilità che le soddisfazioni personali si “alimentino” nell’utilità sociale della professione desiderata (è il caso del giudice o del medico di pronto soccorso), ma solo a condizione che questa venga percepita come altamente qualificata ed associata ad incarichi di elevata responsabilità. In attesa del lavoro ideale, come si possono fronteggiare le difficoltà presente? Come si possono aggirare i problemi attuali di inserimento nel mercato del lavoro? Nel dibattito tra gli studiosi del mercato del lavoro, due “ricette” hanno ricevuto particolare attenzione. La prima soluzione è quella di favorire la diffusione di lavori flessibili. I giovani si dimostrano piuttosto aperti verso questa possibilità, non solo verso il part-time, ma anche nei confronti dei lavori a tempo determinato (pare assai significativo il fatto che sette rispondenti su dieci ne incoraggino una maggiore diffusione). Non a caso, sono soprattutto le donne, gli studenti ed i disoccupati le categorie più favorevoli alle misure di flessibilizzazione del mercato del lavoro. Questi giudizi possono apparire contraddittori rispetto alle valutazioni sull’importanza della sicurezza occupazionale, ma non è così. I giovani, in realtà, si dimostrano piuttosto pragmatici e sono pronti ad accettare una certa dose di precarietà all’inizio delle proprie carriere, se questo permette loro di inserirsi in un mercato del lavoro che tende a penalizzarli notevolmente. Al contempo, chiedono che questa fase di inserimento sia temporanea. Non intendono quindi essere esposti, per tutto il corso della propria vita, al continuo rischio di perdere il lavoro. La seconda possibile ricetta pagata per facilitare l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, così come la loro stabilizzazione occupazionale, è investire in formazione. I giovani non sembrano particolarmente consapevoli dell’importanza di questa seconda ricetta: soprattutto, sembrano sottovalutare la rilevanza di una gamma di competenze comunicative ed 80 I giovani e il lavoro organizzative che, invece, risultano decisive nelle economie contemporanee, secondo un giudizio pressoché unanime degli studiosi. I giovani danno una valutazione meno negativa di quanto si pensi comunemente sulla qualità della propria formazione scolastica, soprattutto se hanno raggiunto la laurea e se sono chiamati a giudicare l’acquisizione di competenze linguistiche e comunicative. Questo sembra indurli, però, ad accettare opinioni sul proprio fabbisogno formativo che “peccano” di miopia. Si comprende la rilevanza delle attività formative che garantiscono una competenza immediata (usare il PC, apprendere una lingua straniera o una nuova competenza tecnica), ma si capisce meno, ad esempio, quanto sia importante sapere valorizzare il proprio lavoro e riuscire a presentare efficacemente i risultati ottenuti. Si noti, inoltre, che i soggetti meno aperti nei confronti della formazione continua sono gli occupati e quanti giudicano negativamente le proprie esperienze educative passate. In molti casi, questi giovani sembrano considerare definitivamente chiusa la fase della propria vita dedicata all’apprendimento. A costoro si contrappone una minoranza di giovani fortemente motivati, per i quali lo svolgimento delle attività formative fuori dall’orario di lavoro ed eventualmente anche a pagamento non costituiscono un problema. Questo ci porta a suggerire che, prima ancora di aumentare l’offerta di attività di formazione continua e di aggiornamento professionale, sembra necessario favorire l’acquisizione di una maggiore consapevolezza della loro rilevanza presso le nuove generazioni. E’ forse questa l’indicazione di policy più urgente che emerge dal nostro rapporto: fare capire più compiutamente ai giovani che investire nel proprio futuro significa anche, e forse soprattutto, investire nella propria formazione - e continuare a farlo anche quando avranno varcato la soglia d’ingresso del mercato del lavoro. 81 I giovani e il lavoro Bibliografia Accornero A. et al., Il lavoro possibile, L’Unità, Roma, 1986 Buzzi C., Cavalli A., de Lillo A., Giovani di fine secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna, 2002 Cavalli A. (a cura di), Gli insegnanti nella scuola che cambia. Seconda indagine IARD sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana, il Mulino, Bologna, 2000 Cavalli A., Facchini C., Scelte cruciali. Indagine IARD su giovani e famiglie di fronte alle scelte alla fine della scuola secondaria, il Mulino, Bologna, 2001 Chiesi A., La trasformazione del lavoro giovanile, in Buzzi C., Cavalli A., de Lillo A., Giovani di fine secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna, 2002 Cobalti A., Schizzerotto A., Occupational returns to education in contempory Italy, in Shavit Y., Mueller W. (a cura di), From School to work, Oxford University Press, Oxford, 1998 Elster J., Una cassetta degli attrezzi per le scienze sociali, il Mulino, Bologna, 1998 Evans G., Mills C., Testing the EGP scheme, in British Journal of Sociology, 22, 1, 2001 Gallie D., White M., Employee commitment and the skills revolution, Oxford University Press, Oxford, 2002 IEA, Literacy for the new age, IEA, New York, 1999 Inglehart R., La società postmoderna, Franco Angeli, Milano, 1990 Istat, 2003, Indicatori regionali di sviluppo, base dati accessibile al sito: awww.istat.it Ocse, Reading for change, Ocse, Parigi, 2002 Reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, il Mulino, Bologna, 2002 (1997) Sartori F., La giovane coppia, in Buzzi C., Cavalli A., de Lillo A., Giovani di fine secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, il Mulino, Bologna, 2002 82 I giovani e il lavoro Schizzerotto A., La condizione sciale e la carriera lavorativa degli insegnanti italiani, in Cavalli A. (a cura di), Gli insegnanti nella scuola che cambia, il Mulino, Bologna, 2000 Schizzerotto A., Vite ineguali, il Mulino, Bologna, 2003 83 I giovani e il lavoro La nota metodologica I dati presentati in questo rapporto provengono da due rilevazione distinte, una mediante metodologia CATI e una mediante web. La rilevazione CATI La prima indagine è stata realizzata tramite la somministrazione telefonica di un questionario strutturato ad un campione di 1.404 giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Le interviste sono state effettuate nella seconda metà di gennaio 2004 (tra il 12 e il 23) tramite la tecnica di rilevazione CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing). Tab. 1 Quote per genere e per regione di provenienza (valori assoluti) Regione • Nord Ovest • Nord Est • Centro • Sud e isole Maschi Femmine Totale per regione Totale per area Piemonte 50 48 98 Valle d'Aosta 1 2 3 Liguria 17 15 32 Lombardia 110 108 218 Trentino Alto Adige 16 16 32 Veneto 76 78 154 Friuli V. Giulia 18 19 37 Emilia Romagna 64 62 126 Marche 24 23 47 Toscana 55 52 107 Umbria 14 13 27 Lazio 87 84 171 Campania 50 50 100 Abruzzo 10 10 20 Molise 3 2 5 Puglia 36 35 71 Basilicata 5 6 11 Calabria 17 17 34 Sicilia 42 41 83 Sardegna 14 14 28 84 351 349 352 352 I giovani e il lavoro Il piano campionario è stato costruito in modo tale da essere rappresentativo dell’intera popolazione giovanile nazionale in riferimento alla distribuzione – oltre che per età – per genere e regione di provenienza, secondo quanto riportato dai dati ISTAT sulla popolazione residente al 1° gennaio 2001 in www.demo.istat.it; inoltre, è stato inserito il vincolo dello stato occupazionale all’interno di ciascuna area40. Il campione non è proporzionale alla popolazione per area geografica. Ciò al fine di avere un numero di casi tale da consentire stime all’interno di ciascuna di esse. Nelle elaborazioni a livello nazionale, i dati sono stati opportunamente ponderati. Nelle tabelle (1, 2 e 3) riportiamo il campione ottenuto al termine della rilevazione. Tab. 2 Quote per fascia d’età e per area di provenienza (valori assoluti) Nord Ovest Nord Est Centro Sud e Isole • 18-20 57 61 61 76 • 21-25 127 127 132 137 • 26-30 167 161 159 139 351 349 352 352 Totale 40 I dati sulla composizione della popolazione in base allo stato occupazionale sono ripresi dall’Indagine Multiscopo del 1999. 85 I giovani e il lavoro Tab. 3 Quote per fascia d’età, per area di provenienza e per stato occupazionale (valori assoluti) • Nord Ovest • Nord Est • Centro • Sud e isole Età Occupati Disoccupati Inattivi 18-20 25 9 23 21-25 60 8 59 26-30 130 11 26 Totale 215 28 108 18-20 20 5 36 21-25 85 6 36 26-30 110 17 34 Totale 215 28 106 18-20 19 11 31 21-25 65 11 56 26-30 83 25 51 Totale 167 47 138 18-20 12 22 42 21-25 33 38 66 26-30 59 32 48 Totale 104 92 156 Totale 351 349 352 352 La rilevazione web La seconda indagine è avvenuta tramite web: tra il 16 gennaio e il 2 febbraio 2004 sui siti di Corriere lavoro, Adecco e Istituto Iard Franco Brambilla è stato proposto un breve questionario autocompilato. In questo caso non è stato possibile predisporre un piano di campionamento, poiché qualunque utente connesso ai siti poteva accedere alla compilazione del questionario senza alcun vincolo di età, genere, provenienza geografica, etc. Riportiamo di seguito le principali caratteristiche del campione ottenuto. 86 I giovani e il lavoro Tab. 4 Composizione del campione per genere (valori assoluti) • Maschi • Femmine • Non indica Totale Tab. 5 Frequenza Percentuale 1.500 70.9 616 29.1 3 0.1 2.119 100 Composizione del campione per fascia d’età (valori assoluti) Frequenza Percentuale • 15-25 anni 326 15.4 • 26-35 anni 963 45.4 • 36-45 anni 490 23.1 • 46-55 anni 198 9.3 • 56-65 anni 95 4.5 • 66-84 anni 18 0.8 • Non indica 29 1.4 2.119 100 Totale 87 I giovani e il lavoro Tab. 6 Composizione del campione per regione di residenza (valori assoluti) Regione Frequenza Percentuale • • • • Piemonte Valle d'Aosta Liguria Lombardia 93 5 54 876 4.4 0.2 2.5 41.3 • Trentino Alto Adige 36 1.7 • • Veneto Friuli V. Giulia 136 44 6.4 2.1 • Emilia Romagna 128 6.0 Centro • • • • Marche Toscana Umbria Lazio 34 110 27 249 1.6 5.2 1.3 11.8 Sud e isole • Campania • Abruzzo • Molise • Puglia • Basilicata • Calabria • Sicilia • Sardegna • Non indica Totale 75 34 7 53 14 33 57 50 4 2.119 3.5 1.6 0.3 2.5 0.7 1.6 2.7 2.4 0.2 100 condizione occupazionale Nord Ovest Nord Est Tab. 7 Composizione del (valori assoluti) campione per Frequenza Percentuale • Occupato 1.699 80.2 • Studente 230 10.9 • Disoccupato 70 3.3 • In cerca di prima occupazione 53 2.5 • Pensionato 43 2.0 • Casalinga 10 0.5 • Servizio di leva/Servizio civile 8 0.4 • Inabile 2 0.1 • Non indica 4 0.1 2.119 100 Totale 88 I giovani e il lavoro Tab. 8 Composizione del campione per titolo di studio (valori assoluti) Frequenza Percentuale 4 0.2 • Licenza media/avviamento professionale 70 3.3 • Diploma di maturità 843 39.8 • Laurea 1.198 56.5 • Non indica 4 0.2 • Licenza elementare Totale 89 I giovani e il lavoro Lo strumento di rilevazione Questionario CATI ➀ Maschio ➁ Femmina 1. Genere: 2. Anno di nascita: ______ 3. Può indicarmi qual è il Comune in cui risiede abitualmente? Comune ____________________________ 4. Qual è l'ultima scuola che ha completato (prendendo una licenza, un diploma, la maturità, ecc.)? ➀ ➁ ➂ ➃ ➄ ➅ ➆ ⑧ ⑨ ⑩ 5. Provincia _____ Nessun titolo Scuola elementare Scuola media inferiore Scuola media superiore (qualifica professionale 2 o 3 anni) Scuola media superiore (diploma di 4 o 5 anni) Diploma para-universitario o corsi professionali post-secondaria (2 o 3 anni) Diploma universitario (laurea breve) Laurea tradizionale-vecchio ordinamento Laurea triennale Laurea quinquennale (triennio+biennio) Lei ha mai svolto le seguenti attività lavorative? • “Lavoretti” occasionali saltuari • “Lavoretti” continuativi nel tempo (es. cameriere nei fine settimana) Sì No ➀ ➁ ➀ ➁ • Lavoro a tempo determinato di durata inferiore ai 2 mesi • Un unico lavoro a tempo determinato di durata continuativa superiore ai 2 mesi ed inferiore ad un anno ➀ ➁ ➀ ➁ • Un unico lavoro a tempo determinato della durata continuativa di almeno un anno • Un lavoro a tempo indeterminato ➀ ➀ ➁ ➁ 90 I giovani e il lavoro 6. Attualmente qual è la Sua condizione lavorativa, quindi quella che occupa la maggior parte del Suo tempo? ➀ Lavoro dipendente ➁ Lavoro autonomo ➂ Lavoro parasubordinato ➃ Lavoro occasionale o saltuario ➄ Disoccupato ➅ In cerca di prima occupazione ➆ Invalido ⑨ Casalinga ⑨ Studente senza alcun tipo di occupazione ⑩ Prevalentemente studente, ma con qualche occupazione 6a. Se dipendente: (1) Dirigente (2) Quadro / funzionario direttivo (3) Insegnante (4) Impiegato di concetto (5) Impiegato esecutivo (6) Capo operaio (7) Operaio specializzato o qualificato (8) Operaio comune (9) Apprendista (10) Altro:______________________ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ Domanda 6a Domanda 6b Domanda 6c Domanda 6c Domanda 17 Domanda 17 Domanda 22 Domanda 17 Domanda 17 Domanda 17 Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa Domanda 6aa 6aa. E in particolare, Lei ha un contratto di impiego? Di che tipo? (1) Sì, contratto d’assunzione a tempo pieno indeterminato ➜ Domanda 7 (2) Sì, contratto d’assunzione a tempo parziale indeterminato ➜ Domanda 7 (3) Sì, contratto d’assunzione a tempo pieno determinato ➜ Domanda 7 (4) Sì, contratto d’assunzione a tempo parziale determinato ➜ Domanda 7 (5) Sì, contratto di lavoro temporaneo (interinale) ➜ Domanda 7 (6) Sì, contratto di lavoro a manodopera in leasing ➜ Domanda 7 (7) Sì, contratto di lavoro intermittente (a chiamata) ➜ Domanda 7 (8) No, ho un impiego senza contratto d’assunzione ➜ Domanda 7 (9) Altro:______________________________ ➜ Domanda 7 91 I giovani e il lavoro 6b. Se lavoratore autonomo e in particolare: (1) Imprenditore (15 o più dipendenti) (2) Libero professionista (iscritto a un albo professionale) (3) Lavoratore autonomo non iscritto a un albo professionale (4) Artigiano (5) Commerciante (6) Coltivatore diretto (7) Coadiuvante familiare (8) Socio di cooperativa (9) Prestazione professionale con partita IVA (10) Altro ___________________________ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ ➜ Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 Domanda 7 6c. In particolare (1) Prestazione coordinata e continuativa senza vincolo di subordinazione con iscrizione alla gestione INPS/lavoro a progetto ➜ Domanda 7 (2) Collaborazione a progetto ➜ Domanda 7 (3) Collaborazione occasionale (R.A. 20%) ➜ Domanda 7 (3) Prestazione professionale con partita IVA ➜ Domanda 7 (4) Altro: ___________________________ ➜ Domanda 7 SOLO A CHI LAVORA Pensi al Suo lavoro attuale 7. Complessivamente, quanto ne è soddisfatto? Lo esprima su una scala da 1 a 10 (1=totalmente insoddisfatto; 10=totalmente soddisfatto): 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 8. Sempre facendo riferimento alla professione che sta svolgendo, quanto questa soddisfa le Sue aspirazioni lavorative? ➀ Molto ➁ Abbastanza ➂ Poco ➃ Per nulla 92 I giovani e il lavoro 9. Al di là della sicurezza del Suo attuale POSTO di lavoro e delle Sue intenzioni, Lei pensa che il TIPO di lavoro che sta svolgendo (le Sue mansioni) sia definitivo o provvisorio? ➀ E’ sicuramente definitivo ➁ Penso che sia definitivo ➂ Penso che sia provvisorio ➃ E’ sicuramente provvisorio ➄ (non so) 10. E, invece, pensando al Suo POSTO di lavoro attuale, pensa che sia: ➀ sicuramente definitivo ➁ definitivo ➂ provvisorio ➃ sicuramente provvisorio ➄ (non so) 11. Se lei perdesse l’attuale posto di lavoro, pensa che ne troverebbe un altro simile in zona? ➀ Abbastanza facilmente ➁ Con qualche difficoltà ➂ Sarebbe molto difficile Parliamo ora della sua formazione 12. Per affrontare il lavoro, la preparazione scolastica dal Lei ricevuta si è rivelata utile, nel darle: Molto Abbastanza Poco Per niente (Non so) • Un metodo organizzativo ➀ ➁ ➂ ➃ ➄ • Abilità comunicative e relazionali ➀ ➁ ➂ ➃ ➄ • Competenze tecniche ➀ ➁ ➂ ➃ ➄ 13. Per migliorare la Sua preparazione sul lavoro, Lei sarebbe disposto a seguire dei corsi in orario lavorativo? ➀ Sì ➁ No ➜ Domanda 15 ③ (non so) ➜ Domanda 15 13a. E se i corsi fossero in orario extralavorativo? ➀ Sì ➁ No ③ (non so) 93 I giovani e il lavoro 13b. E se i corsi fossero a pagamento? ➀ Sì ➁ No ③ (non so) 14. Le elencherò ora un serie di metodi con cui questi corsi potrebbero svolgersi. Secondo Lei quanto sono utili? Molto Abbastanza Poco Per niente ➁ ➁ ➂ ➂ ➃ ➃ ➄ ➄ ➁ ➂ ➃ ➄ ➁ ➁ ➂ ➂ ➃ ➃ ➄ ➄ ➁ ➂ ➃ ➄ • Lezioni teoriche in aula ➀ • Simulazioni di situazioni in aula ➀ • Scambi di esperienze ed opinioni con colleghi di altre aziende ➀ • Assistenza di un tutor sul suo posto di lavoro ➀ • Visita ad altre aziende ➀ • Stage in aziende diverse da quella in cui lavora ➀ (Non so) 15. Le elencherò ora una serie di conoscenze/competenze. Mi dovrebbe dire, per ciascuna, se Lei ritiene di avere bisogno di formazione per svolgere meglio il Suo lavoro. Per chi risponde che ne ha bisogno: sarebbe disponibile a extralavorativo per migliorare questa conoscenza/capacità? seguire un corso in orario Necessita di formazione? Sì No La capacità di lavorare in gruppo ➀ ➁ La conoscenza di una lingua straniera ➀ ➁ Le conoscenze tecniche necessarie nel mio lavoro ➀ ➁ Le conoscenze di base (italiano, matematica, etc.) ➀ ➁ La capacità di usare il PC ➀ ➁ La capacità di organizzare autonomamente il mio lavoro ➀ ➁ La capacità di comunicare ➀ ➁ La capacità di presentare al meglio le mie competenze ➀ ➁ Disponibilità? Sì No ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ 16. Lei ha ricevuto istruzioni circa la legge sulla sicurezza dei lavoratori (L. 626)? ➀ Sì, attraverso un corso/una lezione ➁ Sì, attraverso opuscoli ③ Sì, in altro modo:__________________ ④ No ⑤ Non so/Non ricordo Passare alla domanda 22 94 I giovani e il lavoro PER CHI NON LAVORA 17. Ritiene che la preparazione scolastica ricevuta sarà utile per trovare un lavoro? ➀ Credo sarà molto utile ➁ Credo sarà abbastanza utile ③ Credo sarà poco utile ④ Credo non sarà utile ⑤ (non so) 18. Per aumentare la Sua probabilità di trovare lavoro, Lei sarebbe disposto a seguire dei corsi? ➀ Sì ➁ No ➜ Domanda 21 ③ (non so) ➜ Domanda 21 19. E se i corsi fossero a pagamento? ➀ Sì ➁ No ③ (non so) 20. Le elencherò ora un serie di metodi con cui questi corsi potrebbero svolgersi. Secondo Lei quanto sono utili? • • • • • • Molto Lezioni teoriche in aula ➀ Simulazioni di situazioni in aula ➀ Incontri con occupati di aziende ➀ Assistenza di un tutor durante la ricerca di lavoro ➀ Visita ad aziende ➀ Stage in aziende ➀ Abbastanza ➁ ➁ ➁ Poco ➂ ➂ ➂ Per niente ➃ ➃ ➃ ➁ ➁ ➁ ➂ ➂ ➂ ➃ ➃ ➃ 95 (Non so) ➄ ➄ ➄ ➄ ➄ ➄ I giovani e il lavoro 21. Le elencherò ora una serie di conoscenze/competenze. Mi dovrebbe dire, per ciascuna, se Lei ritiene di avere bisogno di formazione, oltre a quella che riceve/ha ricevuto a scuola, per trovare un lavoro. Per chi risponde che ne ha bisogno: sarebbe disponibile a seguire un corso a pagamento per migliorare questa conoscenza/capacità? Necessita di formazione? Sì No La capacità di lavorare in gruppo ➀ ➁ La conoscenza di una lingua straniera ➀ ➁ Le conoscenze tecniche necessarie nel mio lavoro ➀ ➁ Le conoscenze di base (italiano, matematica, etc.) ➀ ➁ La capacità di usare il PC ➀ ➁ La capacità di organizzare autonomamente il mio lavoro ➀ ➁ La capacità di comunicare ➀ ➁ La capacità di presentare al meglio le mie competenze ➀ ➁ A TUTTI Vorrei ora farle alcune domande sul mondo del lavoro oggi. 22. Secondo Lei, oggi, per i giovani trovare lavoro è facile o difficile? a) Molto facile b) Più facile che difficile c) Né facile né difficile d) Più difficile che facile e) Molto difficile f) (non so) 23. E tra 10 anni, secondo Lei, per i giovani trovare lavoro sarà: a) Più facile b) Sarà più o meno uguale ad ora c) Più difficile d) (non so) 96 Disponibilità? Sì No ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ ➀ ➁ I giovani e il lavoro 24. Secondo Lei, oggi, come sono le condizioni di lavoro dei giovani occupati? a) Molto buone b) Più buone che cattive c) Né buone né cattive d) Più cattive che buone e) Molto cattive f) (non so) 25. E le condizioni di lavoro dei giovani occupati come saranno tra 10 anni? a) Peggiori b) Più o meno le stesse di oggi c) Migliori d) (non so) 26. Immagini ora il suo lavoro tra 10 anni. Pensa che ne sarà soddisfatto? Esprima un voto 1 (Totalmente insoddisfatto) a 10 (Totalmente soddisfatto): 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 a) (Non so) b) Non credo che lavorerò 27. Le indicherò ora una serie di misure di riforma del mercato del lavoro: è d’accordo con la loro applicazione? Molto Abbastanza • Permettere alle imprese di ridurre le retribuzioni, in caso di riduzione della produzione • Favorire il ricorso al lavoro part-time • Rendere meno difficili i licenziamenti individuali (eliminando la clausola della giusta causa - art. 18) • Prevedere stipendi ridotti per i giovani in ingresso nel mercato del lavoro • Favorire il lavoro temporaneo 97 Poco Per niente (Non so) I giovani e il lavoro 28. Secondo Lei, indipendentemente dalla sua esperienza personale, nel nostro paese qual è il fattore più importante per trovare lavoro? (Domanda aperta da ricodificare al momento dell’intervista) risposta: ___________________________________ • Conoscere persone influenti ➀ • Essere competenti ➁ • Sapersi presentare bene ➂ • Avere fortuna ➃ • Disporre di un adeguato titolo di studio ➄ • Avere una rete di conoscenze ampia ➅ • Essere tenaci nella ricerca ➆ • Non avere troppe pretese ➇ • Saper utilizzare i canali di ricerca adeguati ⑨ • Raccomandazione ⑩ • Essere creativi e innovativi 11 • Avere una famiglia benestante 12 29. Secondo Lei, indipendentemente dalla sua esperienza personale, nel nostro paese qual è il fattore più importante per fare carriera nel lavoro? (Domanda aperta da ricodificare al momento dell’intervista) risposta: ___________________________________ • • • • • • • • • • • • L’anzianità lavorativa Essere competenti Sapersi presentare bene Avere fortuna Disponibilità a lavorare molto Essere leali verso l’azienda Impegnarsi nel lavoro Assecondare i superiori Saper cogliere le occasioni, anche a discapito dei colleghi Continuare a formarsi sul proprio lavoro Essere creativi e innovativi Avere una famiglia benestante Parliamo ora dell’importanza del lavoro 98 ➁ ➂ ➃ ➄ ➅ ➆ ➇ ⑨ ⑩ 11 12 I giovani e il lavoro 30. Le indicherò una serie di attività: per ognuna dovrebbe dirmi quanto è importante rispetto al lavoro: È più importante del lavoro • • • • • • • Lo studio Il tempo libero Il rapporto con il partner La famiglia L’impegno sociale I rapporti con gli amici Viaggiare È importante come il lavoro ➀ ➀ ➀ ➀ ➀ ➀ ➀ È meno importante del lavoro ➁ ➁ ➁ ➁ ➁ ➁ ➁ ➂ ➂ ➂ ➂ ➂ ➂ ➂ 31. Le leggerò ora alcuni aspetti del lavoro. Per ciascuno, dovrebbe dirmi quanto lo ritiene importante, da 1 a 10? Scala da 1 (per niente importante) a 10 (molto importante) • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Retribuzione/Guadagno economico Vicinanza all’abitazione Impiego delle competenze di cui dispone Interesse per le mansioni che svolge Rapporti con i colleghi Possibilità di vedere i frutti del Suo lavoro Qualità dei rapporti con i superiori Prestigio della professione Sicurezza del posto di lavoro Possibilità di far fronte alle richieste che Le vengono fatte Confort degli spazi in cui lavora Carichi di lavoro adeguati Possibilità di mettersi alla prova Orari di lavoro adeguati Autonomia nell’organizzare il proprio lavoro Possibilità di fare carriera/avere successo Possibilità di influenzare le decisioni che La riguardano Possibilità di crescita professionale Sviluppo personale Prestigio della Sua posizione nell’azienda Possibilità di esprimere la creatività Varietà delle mansioni adeguata Utilità sociale 99 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 6 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 I giovani e il lavoro Parliamo infine del Suo lavoro ideale (Collegamento con le risposte rilevate tramite WEB) 32. Se potesse scegliere, lei preferirebbe lavorare: ➀ A tempo pieno (più di 20 ore settimanali) ➁ A tempo parziale (meno di 20 ore settimanali) ➂ Alternando periodi di lavoro intenso a periodi di pausa ➃ (Non so) 33. Se potesse scegliere, lei preferirebbe un lavoro: ➀ Autonomo ➁ Autonomo a progetto, per più datori di lavoro diversi ➂ Alle dipendenze di una società di lavoro interinale, con la possibilità di lavorare per più aziende ➃ Alle dipendenze di una sola azienda stabilmente ➄ (Non so) 34. Pensi ora all’insieme di tutte le occupazioni che conosce. Quale tra esse desidererebbe fare più di ogni altra ? E quale non vorrebbe proprio fare a nessun costo? Occupazione più desiderata __________________________ Occupazione meno desiderata ________________________ 35. Le faccio ora l’ultima domanda dell’intervista. Le indicherò una dozzina di professioni: La prego di indicami per ciascuna di esse il grado di soddisfazione che secondo Lei offrono a chi le svolge, usando una scala da 1 (nessuna soddisfazione) a 10 (massima soddisfazione). Attore/attrice cinematografico/a Cassiere/Cassiera di banca Commercialista Commessa di grande magazzino Direttore/Direttrice di quotidiano nazionale Elettricista (lavoratore/lavoratrice autonomo/a senza dipendenti) Giudice (uomo o donna) di tribunale Imprenditore/Imprenditrice dell’abbigliamento con 20 dipendenti Medico (uomo o donna) di pronto soccorso Operaio/Operaia metalmeccanico/a Portiere/Portiera di abitazione Progettista (uomo o donna) di siti Internet 100 I giovani e il lavoro Questionario WEB 1. Nella tabella che trova qui sotto, Le presentiamo 12 professioni, che rappresentano a grandi linee il mondo del lavoro. Le chiediamo gentilmente di leggerle con attenzione e di metterle in ordine, dalla più alta alla più bassa. Il Suo parere è importante e serve a valutare quella che, secondo Lei, è la posizione sociale complessiva di ciascuna di esse nell’ambito della società italiana di oggi. In particolare, le chiediamo di indicare al primo posto la professione che secondo Lei, occupa la posizione sociale più elevata; al secondo la professione che, secondo Lei, ricopre la seconda posizione e così via, fino a porre come dodicesima la professione che, in questa ipotetica scala, ricopre, secondo Lei, la posizione sociale più bassa o la meno elevata. Si prenda alcuni minuti, per riflettere, e poi crei la sua scala. Attore/attrice cinematografico/a Cassiere/Cassiera di banca Commercialista laureato/laureata Commesso/Commessa di grande magazzino Direttore/Direttrice di quotidiano nazionale Elettricista (lavoratore/lavoratrice autonomo/a senza dipendenti) Giudice (uomo o donna) di tribunale Imprenditore/Imprenditrice dell’abbigliamento con 20 dipendenti Medico (uomo o donna) di pronto soccorso Operaio/Operaia metalmeccanico/a Portiere/Portiera di abitazione Progettista (uomo o donna) di siti Internet 101 I giovani e il lavoro 2. Questa volta, vorremmo che lei attribuisse un voto da 1 a 10 a ciascuna occupazione, in base ad alcuni criteri. Il primo è quello dell’utilità sociale, il secondo quello del reddito, il terzo è quello della soddisfazione personale. I voti sono come a scuola: in ordine da 10 a 1, dove 10 rappresenta il voto più alto e 1 il voto più basso per ciascuna dimensione. Le consigliamo di rispondere per singola colonna e tenga presente che può ripetere la stessa votazione per più professioni. Soddisfazione Utilità sociale Reddito personale Attore/attrice cinematografico/a Cassiere/Cassiera di banca Commercialista laureato/laureata Commesso/Commessa di grande magazzino Direttore/Direttrice di quotidiano nazionale Elettricista (lavoratore/lavoratrice autonomo/a senza dipendenti) Giudice (uomo o donna) di tribunale Imprenditore/Imprenditrice dell’abbigliamento con 20 dipendenti Medico (uomo o donna) di pronto soccorso Operaio/Operaia metalmeccanico/a Portiere/Portiera di abitazione Progettista (uomo o donna) di siti Internet 3. Pensi ora all’insieme delle occupazioni che Lei conosce: quale tra esse desidererebbe fare (o avrebbe desiderato fare quando lavorava) più di ogni altra? E quale NON vorrebbe proprio fare (o non avrebbe voluto fare quando lavorava) a nessun costo? Le chiediamo cortesemente di indicarlo. Occupazione più desiderata _________________ Occupazione meno desiderata _______________ 4. E, se potesse scegliere, lei preferirebbe lavorare: ➀ A tempo pieno (più di 20 ore settimanali) ➁ A tempo parziale (meno di 20 ore settimanali) ➂ Alternando periodi di lavoro intenso a periodi di pausa ➃ Non so 102 I giovani e il lavoro 5. E, infine, se potesse scegliere, lei preferirebbe lavorare: ➀ Autonomo ➁ Autonomo a progetto, per più datori di lavoro diversi ➂ Alle dipendenze di una società di lavoro interinale, con la possibilità di lavorare di più aziende ➃ Alle dipendenze di una sola azienda stabilmente ➄ Non so 6. Dati personali Regione di residenza ________________________ Anno di nascita ________ Sesso 1.M 2.F 7. Titolo di studio: 1 Laurea 2 Diploma/maturità di scuola media superiore 3 Licenza media o avviamento professionale 4 Licenza elementare 8. Condizione occupazionale: 1 Occupato 2 Disoccupato 3 In cerca di primo impiego 4 Pensionato o ritirato dal lavoro 5 6 7 8 Inabile al lavoro Casalinga Studente/essa Servizio di leva o civile 9. Se Lei ha risposto che è occupato, indichi per favore qual è la Sua posizione professionale: 1 Dirigente 2 Direttivo - quadro 3 Impiegato o intermedio 4 Operaio, subalterno e assimilati 5 Apprendista, stagista 6 Lavoratore a domicilio per conto di imprese 7 Imprenditore 8 Libero professionista 9 Collaboratore, prestazioni coordinate e continuative, prestazioni occasionali, contratto a progetto 10 Lavoratore in proprio (fino a 14 dip.) 11 Lavoratore in proprio (senza dip.) 12 Socio di cooperativa 13 Coadiuvante familiare 103 I giovani e il lavoro 1