I giovani e il lavoro
Esperienze, bisogni ed aspettative
delle nuove generazioni davanti al
lavoro che cambia
Relazione
di Carlo Barone
Febbraio 2004
I giovani e il lavoro
Indice
Capitolo 1: Le traiettorie lavorative dei giovani
italiani…………………………………………….....4
1.1
Il lavoro “diffuso” .......................................................................... 5
1.2
Il lavoro tra passato e presente ....................................................... 9
1.3
Il lavoro: un’esperienza gratificante............................................... 13
1.4
Conclusioni .................................................................................... 17
Capitolo 2: Il fabbisogno formativo dei giovani
italiani……………………………………………….19
2.1
2.2
2.3
La domanda di formazione dei giovani occupati ........................... 20
2.1.1
Formazione scolastica e competenze occupazionali .......... 20
2.1.2
La domanda di formazione continua.................................. 24
La domanda di formazione di chi non lavora................................. 29
2.2.1
Formazione scolastica e competenze occupazionali .......... 30
2.2.2
La domanda di formazione continua.................................. 32
Conclusioni: le nuove generazioni di fronte alla sfida della formazione
continua .......................................................................................... 37
Capitolo 3: Le rappresentazioni giovanili del mercato
del lavoro italiano…………………………….…38
3.1
Trovare lavoro tra presente e futuro............................................... 38
3.2
Quanto conta il merito nel mercato del lavoro italiano.................. 43
3.3
Conclusioni: le nuove generazioni di fronte alla sfida della formazione
continua .......................................................................................... 47
2
I giovani e il lavoro
Capitolo 4: Orientamenti di valore ed atteggiamenti
verso il lavoro…………………………….…….…48
4.1
Affetti, lavoro e svago. Le priorità dei giovani.............................. 49
4.2
Il lavoro ideale visto dai giovani.................................................... 50
4.3
Quale flessibilità ............................................................................ 53
4.4
Precarietà sì, ma a tempo determinato .......................................... 60
Capitolo 5: Il lavoro ideale…..……………………….………61
5.1
La desiderabilità sociale delle professioni .................................... 62
5.2
Denaro, espressività ed utilità sociale ............................................ 66
5.3
Alla ricerca della professione ideale ............................................. 69
5.4
L’identikit del lavoro ideale .......................................................... 77
Conclusioni...................................................................79
Bibliografia ...................................................................82
Allegati
•
Nota metodologica........................................................................... 84
•
Lo strumento di rilevazione ............................................................. 90
3
I giovani e il lavoro
Capitolo
1
Le traiettorie lavorative
dei giovani italiani
I
L mercato del lavoro italiano è considerato un posto ben poco accogliente
per i giovani. Al confronto con le altre nazioni europee, il nostro paese si
distingue in quanto offre minori opportunità di inserimento occupazionale
alle nuove leve. I tassi di disoccupazione giovanile risultano tra i più alti
dell’Unione Europea [Reyneri 2002]. E’ noto, inoltre, che le difficoltà sono
particolarmente accentuate per le giovani donne e per quanti risiedono nelle
regioni meridionali. Quando una pluralità di fattori di disuguaglianza,
connessi al genere ed alla zona geografica di appartenenza, si somma allo
svantaggio di essere giovane e magari in cerca della prima occupazione, le
difficoltà di inserimento occupazionale possono apparire insormontabili.
Il rapporto tra giovani e lavoro, dunque, non sembra offrire un quadro
particolarmente incoraggiante nel nostro paese. Questo vale non solo per
l’ingresso nel mercato del lavoro, ma anche per le successive opportunità di
crescita professionale e di avanzamento di carriera. Queste ultime risultano
particolarmente contenute, al confronto con gli altri paesi europei
[Schizzerotto 2003]. Soprattutto, esse appaiono regolate da automatismi che
lasciano ben poco spazio alle capacità individuali. Le abilità e le prestazioni
individuali rappresentano, in base ad un giudizio assai diffuso tra i giovani,
il criterio fondamentale su cui dovrebbe basarsi l’allocazione di ricompense
agli individui, come hanno ampiamente documentato le indagini Iard
[Buzzi, Cavalli, de Lillo 2002]. Ebbene, in base ai dati sulle opportunità di
carriera in Italia, possiamo affermare che i giovani incontrano una realtà che
si discosta profondamente dai loro desideri e dalle loro aspettative.
Non bisogna credere, però, che il lavoro sia un “tabù” per i giovani. E’ vero,
anzi, l’esatto opposto, per una serie di ragioni. In primo luogo, come
vedremo in dettaglio fra poco, bisogna distinguere tra il mondo dei lavoretti
ed il lavoro vero e proprio- quello che “ti fa diventare grande”, in quanto
segna una delle tappe cruciali nella transizione alla condizione adulta. Se
trovare “il” lavoro è un’impresa non da poco, i lavoretti sono assai diffusi
tra i giovani, in quanto possono essere svolti nei ritagli di tempo per
disporre di una maggiore autonomia di consumo.
In secondo luogo, bisogna tenere presente che l’ampia maggioranza dei
giovani, quando si mette alla ricerca di un’occupazione vera e propria, dopo
4
I giovani e il lavoro
pochi mesi di ricerca la trova [Schizzerotto 2002]. La durata effettiva della
disoccupazione in ingresso non è affatto trascurabile ed è progressivamente
cresciuta nel tempo, ma essa non è, comunque, così “interminabile” come
suggeriscono alcune rappresentazioni un po’ stereotipate del mercato del
lavoro italiano.
Infine, la diffusione dei nuovi contratti di lavoro flessibile ha rappresentato
un elemento di discontinuità rispetto al passato e, secondo alcuni studiosi,
ha reso meno problematico l’inserimento occupazionale dei giovani. Di
sicuro, questa trasformazione
ha spostato significativamente il focus del dibattito sul mercato del lavoro
italiano [Chiesi 2002] dalla questione della disoccupazione giovanile alla
questione dei lavori atipici, ossia dal problema di trovare lavoro al problema
di quale lavoro si trova e di quale garanzie esso offra. In questo nuovo
contesto il confine tra i lavoretti e “il” lavoro si manifesta con minori
discontinuità, in quanto si può optare per una gamma di opportunità
intermedie e più sfumate, come suggeriscono i dati che ci accingiamo ad
esaminare nella prima parte di questo capitolo. Nella seconda parte, invece,
indagheremo i vissuti soggettivi associati a questi percorsi e, in particolare,
il grado di soddisfazione (o di insoddisfazione) che i giovani italiani
esprimono nei confronti delle proprie esperienze occupazionali.
1.1 Il lavoro “diffuso “
A
fronte dei ricorrenti dibattiti sulla difficoltà di trovare lavoro in Italia
per i giovani, potrebbe sembrare sorprendente che solo il 23% degli
intervistati della nostra indagine dichiari di non avere mai svolto
un’occupazione. In altre parole, più di tre giovani su quattro hanno già avuto
un contatto con il mondo del lavoro, come indica la figura 1.
Graf. 1.1
Le esperienze occupazionali dei giovani (%- Base = 1404)
5
I giovani e il lavoro
Nessuna esperienza di lavoro
23%
Lavori a tempo indeterminato
37%
Lavori non continuativi
40%
Si tratta, ovviamente, di esperienze assai diversificate. Solo il 37% dei
giovani, infatti, si è già inserito stabilmente nel mercato del lavoro,
attraverso lo svolgimento di un lavoro a tempo indeterminato. Nei restanti
casi, siamo di fronte ad esperienze di natura intermittente e di breve durata
che spesso non prefigurano uno stabile inserimento occupazionale. Infatti,
l’esperienza lavorativa più frequente sono i “lavoretti” occasionali e saltuari:
il 52% dei rispondenti ne ha svolto almeno uno in passato1. Essi sono visti
spesso come secondari rispetto alla condizione principale di studente (o di
disoccupato), ma possono offrire, comunque, l’opportunità di disporre di
una piccola fonte di reddito che permetta di godere di un simbolico spazio di
autonomia [Reyneri 2002]. Non a caso, queste attività, sembrano “trainate”
più dalla necessità di garantirsi un surplus di reddito a fini voluttuari che
dalla domanda di lavoro presente nel contesto locale. Infatti, i lavoretti
occasionali e saltuari sono svolti meno spesso nelle regioni del Centro-Nord
(48%) che al Sud (58%). Le differenze territoriali risultano, dunque, non
trascurabili2.
1
Si noti che, qualora l’intervistato abbia svolto sia lavoretti sia lavori a tempo
indeterminato, nel grafico 1 egli viene conteggiato entro questa seconda categoria. Può
sembrare una semplificazione eccessiva aggregare entro un’unica categoria i lavoretti
occasionali e saltuari e quelli a tempo determinato. Comunque, suggeriremo fra poco che
tra i due ambiti non sembra esistere una netta discontinuità.
2
In generale, l’esistenza di differenze tra le categorie di giovani messe a confronto (secondo
l’età, le appartenenze territoriali, di genere, ecc.) viene valutata in base sia all’entità
quantitativa delle stime puntuali sia ai test di significatività. Si tenga presente, inoltre, che
nelle regioni dell’Italia centrale vengono inclusi il Lazio e le Marche. Qualora si distingua
tra Centro, Nord-Ovest e Nord-Est, l’Emilia Romagna viene compresa tra le regioni nordorientali.
6
I giovani e il lavoro
Anche i lavoretti svolti in modo continuativo (ad esempio, il giovane che fa
il cameriere nel fine settimana) coinvolgono una quota significativa di
rispondenti, pari al 30% dei nostri intervistati. Questo valore scende al 23%
nel Nord-Ovest e sale al 31% nel Sud. Osserviamo nuovamente, dunque,
che la diffusione dei lavoretti non sembra dipendere tanto dalla disponibilità
complessiva dell’occupazione nelle diverse zone geografiche, quanto
piuttosto dalle esigenze di reddito delle fasce giovanili. Si noti, però, che nel
caso dei lavoretti continuativi la maggiore diffusione si riscontra nel NordEst, dove essi coinvolgono il 37% dei giovani.
E’ interessante confrontare la situazione appena descritta con i dati relativi
alle esperienze di lavoro a tempo indeterminato. Come illustra il grafico
sotto riportato, queste hanno coinvolto il 54% dei giovani del Nord-Ovest, il
44% di quelli del Nord-Est, il 35% dei giovani dell’Italia Centrale e solo il
24% di chi risiede nel Mezzogiorno. Uno scarto di trenta punti percentuali
separa, dunque, i due estremi di questa “graduatoria”. Risulta evidente,
dunque, che il peso delle appartenenze geografiche emerge con forza,
quando passiamo ad esaminare le opportunità di uno stabile inserimento
occupazionale.
Graf. 1.2 Esperienze di lavoro a tempo indeterminato secondo la zona di
residenza (%- Base minima = 349)
Nord-Ovest
54
Nord-Est
44
35
Centro
Sud
24
0
10
20
30
7
40
50
60
I giovani e il lavoro
Le differenze di genere, invece, risultano sostanzialmente irrilevanti. Questa
conclusione vale sia per i lavoretti, sia per le opportunità di accedere a
contratti a tempo indeterminato. In particolare, questi sono stati svolti dal
38% dei maschi e dal 35% delle femmine3. Possiamo affermare, dunque,
che poco più di un terzo dei giovani ha già sperimentato uno stabile
inserimento nel mercato del lavoro.
Le esperienze di lavoro a tempo determinato si collocano a metà strada,
sotto alcuni aspetti, tra il “mondo” dei lavoretti ed i contratti a tempo
indeterminato. Il 20% dei giovani dichiara di avere avuto esperienze di
lavoro temporaneo di durata maggiore ad un anno - un dato che documenta
la diffusione ormai ampia delle nuove forme contrattuali nel mercato del
lavoro italiano, specialmente tra i giovani. Questo valore sale al 25% nel
Nord-Ovest e scende al 14% nel Sud. Una situazione analoga si riscontra
per i contratti a tempo determinato di durata compresa tra due mesi ed un
anno: essi hanno coinvolto il 24% dei giovani e risultano maggiormente
diffusi nelle regioni settentrionali. Le esperienze a tempo determinato di
durata inferiore ai due mesi, che riguardano 18 rispondenti su 100, risultano,
invece, equidistribuite nelle diverse aree d’Italia. Come dire: maggiore è la
stabilità dell’esperienza lavorativa presa in considerazione, maggiore appare
il peso delle appartenenze geografiche e, segnatamente, il vantaggio delle
regioni settentrionali.
Si noti, inoltre, che i lavoretti risultano equidistribuiti tra fasce di età, mentre
l’accesso ai lavori a tempo determinato di durata maggiore ad un anno ed a
quelli a tempo indeterminato cresce fortemente con l’età. Ad esempio,
questi ultimi coinvolgono solo il 17% dei giovani di 18-20 anni, ma sono
stati svolti dal 46% dei giovani con più di 25 anni. Ancora una volta, le
differenze tra maschi e femmine risultano trascurabili nel nostro campione e lo stesso vale anche se, invece delle esperienze lavorative passate,
consideriamo l’incidenza dei contratti a termine tra gli occupati attuali.
Analoghe considerazioni valgono, infine, per quanto riguarda l’incidenza
della disoccupazione. Essa colpisce il 15% dei maschi ed il 18% delle
femmine: una differenza relativamente contenuta4. Si riscontra, in breve,
3
Sappiamo comunque che le femmine incontrano maggiori difficoltà di inserimento dei
maschi, sicché le modeste differenze che abbiamo trovato nel nostro campione sono,
probabilmente, più ampie nelle popolazione complessiva.
4
Se teniamo conto dell’incertezza campionaria, dobbiamo anzi concludere che si tratta di
una differenza statisticamente non significativa. Si noti che, per motivi di numerosità
campionaria, si è reso necessario includere tra i disoccupati sia quelli in senso stretto sia
quanti sono alla ricerca della prima occupazione. Una stima più accurata dei tassi di
occupazione e di disoccupazione e delle loro variazioni in base al genere o alla zona
geografica richiederebbe, peraltro, numerosità più elevate di quelle di cui è possibile
disporre in una normale survey campionaria.
8
I giovani e il lavoro
una notevole omogeneizzazione tra generi, entro le fasce giovanili, nelle
opportunità di accesso alle diverse tipologie di lavoro.
Il quadro che emerge da queste prime analisi sembra abbastanza chiaro.
L’ampia maggioranza dei giovani intrattiene relazioni frequenti con il
mondo del lavoro e, spesso, queste cominciano ben prima di terminare gli
studi. In tal caso, si tratta soprattutto di attività precarie e di breve durata che
offrono un reddito integrativo, ma che difficilmente garantiscono
l’indipendenza economica. Basti pensare che, tra gli studenti, il 58%
dichiara di svolgere lavoretti occasionali e saltuari o di averli svolti in
passato, ma solo l’8% ha avuto esperienze a tempo indeterminato. La
diffusione dei lavoretti risulta maggiore nel Mezzogiorno. Le esperienze a
tempo determinato di breve durata sembrano seguire una logica analoga e
risultano egualmente diffuse nelle diverse aree del paese. Quando si passa
ad esaminare i lavori a tempo determinato di durata di un anno o più ed i
lavori a tempo indeterminato, però, la situazione si capovolge: lo svantaggio
del Sud si manifesta piuttosto nettamente. Questo suggerisce una
tendenziale discontinuità tra il mercato dei lavori più stabili e quello dei
lavoretti. E’ noto, infatti, che questi ultimi non facilitano il successivo
accesso ad un’occupazione stabile [Reyneri 2002 ].
1.2 Il lavoro tra passato e presente
Lo svantaggio del Sud emerge con chiarezza anche quando passiamo
dall’esame delle esperienze occupazionali all’analisi della condizione
lavorativa attuale degli intervistati. Si consideri l’incidenza della
disoccupazione: essa coinvolge l’8% dei giovani che abitano nelle regioni
settentrionali, il 13% di quanti risiedono nel Centro-Italia e raggiunge il
26% nel Mezzogiorno. Tra quanti hanno trovato lavoro, nel Nord-Ovest
l’80% è assunto con un contratto a tempo indeterminato, ma questo valore
scende al 74% nel Sud. Si confermano, dunque, anche per l’analisi della
situazione attuale le considerazioni sulle differenze tra aree geografiche che
avevamo visto in relazione alle esperienze occupazionali passate.
Le significative differenze territoriali, peraltro, non devono indurre a
sottovalutare la persistente diffusione dei contratti a tempo indeterminato
che risultano, anzi, ampiamente maggioritari. Anche quando consideriamo
le fasce giovanili, ossia il segmento di popolazione più “esposto” ai lavori a
tempo determinato, e ci soffermiamo sul Sud, dove questi sono
maggiormente diffusi, troviamo che tre giovani lavoratori su quattro sono,
comunque, occupati a tempo indeterminato. Questo dato smentisce i diffusi
stereotipi sulla “scomparsa” del lavoro tradizionale. In realtà, l’ampia e
9
I giovani e il lavoro
crescente diffusione dei cosiddetti lavori atipici sembra coesistere con una
presenza massiccia e prevalente di contratti standard5. Questa osservazione
è solo apparentemente contraddittoria. Essa suggerisce, piuttosto, la
possibilità che l’assunzione con contratto a tempo determinato rappresenti
solo una fase transitoria nei percorsi lavorativi dei giovani italiani, seguita
tipicamente dallo stabile inserimento occupazionale, almeno in un’ampia
maggioranza dei casi [Schizzerotto 2002]. Un’indicazione in questa
direzione proviene anche dall’esame della distribuzione per età
dell’incidenza di contratti a tempo indeterminato tra i giovani occupati.
Come illustra il grafico 3, essa aumenta considerevolmente dalla prima
fascia d’età, dove è pari al 17%, alla terza, dove raggiunge il 46%.
Graf. 1.3 - Esperienze di lavoro a tempo indeterminato secondo l’età
(%- Base minima = 255)
50
46
45
40
36
35
30
25
20
17
15
10
5
0
fino a 20 anni
21-24 anni
5
25-29 anni
Proprio la diffusione relativamente contenuta dei lavori flessibili (ed in particolare delle
nuove fattispecie previste dai recenti provvedimenti di legge) impedisce un’analisi più
disaggregata di queste modalità contrattuali con i dati a disposizione. Basti pensare che, nel
nostro campione, tra gli occupati attuali, nessuno risulta assunto con contratto di
manodopera in leasing o a lavoro intermittente. I lavoratori interinali ammontano, invece,
all’1%. Si noti, infine, che solo due intervistati su 100 ammettono di lavorare in nero.
Considerazioni del tutto analoghe valgono per i nuovi contratti di lavoro autonomo che
ammontano, complessivamente, a poco più di una trentina di casi.
10
I giovani e il lavoro
Al crescere dell’età, aumentano anche le opportunità di accedere a lavori
non manuali, che passano dal 49% tra i 18-20enni che sono occupati
dipendenti al 59% tra i soggetti di 25-29 anni6. Col progredire della carriera
lavorativa, dunque, aumentano non solo le opportunità di stabilizzazione
professionale ma anche le chance di accedere a lavori più prestigiosi.
Le possibilità di svolgere mansioni non manuali, inoltre, sono fortemente
accresciute dal possesso di titoli di studio elevati. Basti pensare che, tra
quanti possiedono la licenza media7, solo il 13% evita lavori manuali, ma
questo valore sale all’89% tra i laureati, come illustra il grafico sottostante.
Si conferma, dunque, l’elevata importanza che rivestono in Italia le
credenziali educative nel plasmare le opportunità occupazionali all’inizio
delle carriere lavorative [Cobalti, Schizzerotto 1998]. E’ noto, inoltre, che
anche tra le fasce giovanili i titoli di studio più elevati garantiscono
retribuzioni sensibilmente più elevate e maggiore autonomia lavorativa
[Chiesi 2002]. Alla luce di queste considerazioni, dunque, sembra difficile
sostenere che l’investimento in istruzione sia poco redditizio: le credenziali
educative non sono solo un “pezzo di carta”. Il problema dello scarso
rendimento dell’istruzione si manifesta, semmai, solo nella fase di
inserimento nel mercato nel lavoro che risulta più lunga per i più istruiti
[Schizzerotto 2002], come del resto suggeriscono indirettamente anche i
nostri dati8.
6
Il lavoro manuale include gli apprendisti, gli operai generici e specializzati, mentre il
lavoro non manuale comprende le posizioni impiegatizie e dirigenziali. La numerosità
campionaria a disposizione impedisce di utilizzare uno schema di classificazioni più
articolato, soprattutto perché i rispondenti che occupano posizioni nella classe di servizio
ammontano a poche decine di casi.
7
I pochi casi di rispondenti in possesso della sola licenza elementare sono stati aggregati
insieme a chi possiede la licenza media. I diplomati includono quanti hanno terminato gli
studi presso istituti professionali, tecnici, istituti magistrali o licei. I laureati comprendono i
possessori di lauree triennali, quadriennali o specialistiche, ma anche i (pochi) giovani che
hanno conseguito diplomi universitari o para-universitari.
8
L’incidenza della disoccupazione in ingresso riguarda, infatti, l’8% dei soggetti con
licenza media ed il 12% dei laureati.
11
I giovani e il lavoro
Graf. 1.4 - L’accesso al lavoro non manuale secondo il titolo di studio
(%- Base minima = 63)
100
89
90
80
70
63
60
50
40
30
20
14
10
0
licenza media
diploma
laurea
Tra quanti ricoprono stabilmente una posizione occupazionale, un quarto dei
rispondenti risulta lavoratore indipendente. Dato che stiamo esaminando la
fascia giovanile della popolazione, non stupisce rilevare una presenza
contenuta delle posizioni più prestigiose e, in particolare, dei liberi
professionisti (14% dei giovani lavoratori autonomi) e degli imprenditori
(9%). A questi ruoli lavorativi, infatti, si accede più spesso col progredire
della carriera. Non stupisce neppure, all’estremo opposto, constatare una
ridotta presenza di coltivatori (4%) e di coadiuvanti familiari (3%). Le aree
più consistenti del lavoro autonomo risultano invece quello di tipo
tradizionale (artigiani e commercianti), pari al 41% degli indipendenti, ed i
nuovi lavoratori autonomi (consulenti, professionisti non iscritti all’albo
professionale, ecc), pari al 29%. A queste ultime occupazioni accedono più
spesso i laureati e le donne, mentre i maschi meno istruiti tendono a
prevalere nel lavoro autonomo tradizionale.
Abbiamo osservato in precedenza che le differenze di genere nei percorsi
occupazionali risultano piuttosto limitate nelle fasce giovanili. Possiamo
adesso qualificare questa osservazione, alla luce dei dati sulla condizione
lavorativa attuale. Innanzitutto, possiamo osservare che, malgrado si sia
verificata una crescita nel tempo delle opportunità di partecipazione
femminile al mercato del lavoro, tra le giovani donne troviamo ancora una
quota non trascurabile di casalinghe, pari al 12% delle intervistate. In
12
I giovani e il lavoro
secondo luogo, le occupazioni non manuali, tipicamente di stampo
impiegatizio, sono appannaggio delle giovani molto più che dei loro
coetanei maschi. Questo risultato sembra delineare una situazione di
vantaggio a favore delle femmine. Bisogna tenere presente, comunque, che i
dati a nostra disposizione non permettono di distinguere, all’interno del
lavoro non manuale, le occupazioni impiegatizie da quelle direttive.
Sappiamo, però, che le chance maschili di accedere alle posizioni di vertice
risultano nettamente maggiori, a conferma dell’esistenza di disuguaglianze
di opportunità in base al genere anche nelle nuove generazioni.
1.3 Il lavoro: un’esperienza gratificante?
Dopo avere delineato sinteticamente i percorsi occupazionali dei giovani
italiani, possiamo chiederci in che misura il lavoro svolto venga percepito
soggettivamente come gratificante dai nostri intervistati. Ai rispondenti che
si dichiaravano occupati al momento dell’intervista si è chiesto di esprimere
una valutazione sul proprio grado di soddisfazione in merito al lavoro
svolto, attraverso un voto da 1 (minimo gradimento) a 10 (massimo
gradimento). Il grafico seguente riporta i risultati ottenuti. La conclusione
che emerge non lascia spazio a dubbi: i giovani occupati manifestano un
elevato grado di soddisfazione per la propria occupazione. Solo il 12% degli
intervistati, infatti, dà un giudizio sotto la soglia della sufficienza (ossia un
voto inferiore a 6). Per il 60% dei giovani, invece, la valutazione del proprio
lavoro è nettamente positiva (voto da 8 a 10). Il voto medio attribuito
all’occupazione svolta è pari a 7,6 e la variabilità intorno a questo giudizio
appare relativamente contenuta9. A conferma della relativa omogeneità della
soddisfazione lavorativa, si può osservare che i giudizi degli intervistati non
variano in base al genere, alla zona geografica di residenza ed all’età degli
intervistati10.
9
La deviazione standard della distribuzione dei giudizi espressi è pari a 1,8.
10
Questa affermazione si basa sui risultati di un modello di regressione multipla OLS che
specifica congiuntamente gli effetti delle tre variabili in parola: nessun parametro risulta
statisticamente significativo (ά=5%) e l’entità quantitativa di tutti gli effetti stimati appare
piuttosto contenuta. Come vedremo fra poco, in un secondo modello, si sono introdotte
anche le variabili relative al tipo di contratto, alla posizione di lavoro autonomo o
dipendente ed al tipo di lavoro (manuale o non manuale), tenendo sotto controllo le
variabili introdotte nelle primo modello. Per controllare la stabilità delle stime, si è preferito
non inserire la variabile relativa al titolo di studio degli intervistati, che peraltro dispiega i
suoi effetti sulla variabile dipendente soprattutto tramite la mediazione della covariata
relativa all’occupazione svolta.
13
I giovani e il lavoro
Gli unici elementi di differenziazione nei giudizi di soddisfazione sono due.
Da un lato, si osserva una distinzione tra chi è occupato a tempo
determinato e chi è assunto con contratto a tempo indeterminato. La seconda
categoria risulta più soddisfatta della propria situazione. Come vedremo nel
terzo capitolo, la sicurezza lavorativa rappresenta, infatti, l’elemento
giudicato come più importante nel valutare la qualità dell’occupazione
svolta. Al contempo, vedremo che i giovani sono pronti ad accettare i
contratti a termine ed anzi ne incoraggiano la diffusione in quanto strumenti
che favoriscono l’inserimento nel mercato del lavoro. Il secondo elemento
di differenziazione nei giudizi sul grado di soddisfazione per l’occupazione
svolta riguarda la distinzione tra distinzione tra lavoratori dipendenti ed
autonomi, che esprimono, infatti, giudizi più positivi. Questo risultato
dimostra la predilezione giovanile per il lavoro indipendente: un aspetto sul
quale torneremo nel proseguo di questo rapporto. Nel complesso,
comunque, i giovani sembrano piuttosto concordi nell’esprimere una
generale soddisfazione per il lavoro svolto.
Graf. 1.5 Il grado di soddisfazione per il lavoro svolto (%- Base = 699)
35
31
30
25
19
20
18
15
11
9
10
6
5
2
2
1
1
fa
tto
9
so
dd
is
8
7
6
5
4
3
2
pe
r
de
l
tu
tto
nu
lla
so
dd
is
fa
tto
0
Agli intervistati si è anche provato a chiedere anche in che misura
l’occupazione soddisfi le aspettative degli intervistati. Si intendeva sondare,
attraverso questo ulteriore quesito, se il lavoro svolto, seppure ritenuto
soddisfacente, potesse essere giudicato, comunque, al di sotto delle loro
14
I giovani e il lavoro
aspirazioni. Si tratta, insomma, di sollecitare un giudizio prospettico che
lasci ai nostri rispondenti la possibilità di dirci: “si, il mio lavoro attuale non
è poi così male, ma spero di fare meglio in futuro”. In effetti, la soglia di
insoddisfazione evidenziata da questa domanda risulta un po’ più elevata: il
24% dei giovani occupati si dichiara “poco” o “per nulla” soddisfatto
dell’occupazione svolta, se la rapporta alle proprie ambizioni lavorative.
Nelle risposte date a questa domanda, inoltre, i giovani residenti nel
Mezzogiorno evidenziano un grado di soddisfazione leggermente inferiore:
essi sono, probabilmente, costretti più spesso ad accontentarsi di un lavoro
che giudicano al di sotto delle proprie aspettative, pur di evitare una lunga
disoccupazione. Ancora una volta, non si rilevano apprezzabili differenze
tra maschi e femmine ma questo non può essere inteso come un segnale di
perfetta egualitarizzazione delle carriere lavorative, come abbiamo già avuto
modo di dire.
Si è provato ad indagare, inoltre, in che misura gli intervistati percepiscano
la propria situazione lavorativa come provvisoria, o definitiva. Abbiamo
ritenuto utile distinguere tra il tipo di mansioni svolte (tipo di lavoro) ed il
posto di lavoro occupato (es. in una specifica azienda). E’ possibile, infatti,
che gli intervistati pensino che in futuro potrebbero cambiare posto di lavoro
continuando a ricoprire le stesse mansioni, ad esempio presso un altro
datore di lavoro. Viceversa, essi potrebbero percepire il proprio posto di
lavoro come stabile, ma prevedere che i propri compiti siano destinati a
mutare. Rientrano in questa seconda ipotesi i casi di mobilità orizzontale o
verticale all’interno della stessa azienda.
Pare significativo osservare che, pur essendo all’inizio della carriera
lavorativa, i giovani descrivano la propria situazione come prevalentemente
stabile. Il 63% di loro pensa che non cambierà tipo di occupazione in futuro
ed il 61% esprime la medesima valutazione in merito al posto di lavoro
ricoperto attualmente. In effetti, la quota di intervistati che si dichiarano
sicuri di cambiare la propria situazione in futuro è pari ad un rispondente su
dieci, per entrambi gli ordini di valutazione.
Tab. 1.1 La valutazione della stabilità della propria situazione lavorativa
(%)
•
•
•
•
Tipo di lavoro
Posto di lavoro
Sicuramente definitiva
31
29
Definitiva
32
32
Provvisoria
26
27
Sicuramente provvisoria
11
12
Totale =627
100
100
15
I giovani e il lavoro
Si osserva non solo che le distribuzioni dei due giudizi risultano piuttosto
simili, ma anche che esse risultano fortemente correlate. Per fare un
esempio, se un intervistato percepisce il tipo di lavoro svolto come
sicuramente definitivo, nel 96% dei casi percepisce come definitivo o
sicuramente definitivo anche il posto che occupa11. Viceversa, se uno dei
due aspetti viene ritenuto provvisorio, è percepito come tale pure l’altro.
Il risultato complessivo di queste valutazioni è rappresentato nel grafico 6 e
potrebbe essere sintetizzato, con ragionevole approssimazione, nel seguente
modo: si osserva una netta contrapposizione tra una quota maggioritaria,
pari quasi ai due terzi di rispondenti che descrivono la propria situazione
complessiva come stabile, ed un restante terzo di giovani che la
percepiscono come instabile.
Graf. 1.6
La percezione della stabilità della condizione lavorativa (%Base = 626)
Posto e mansioni
provvisori
34%
Posto e mansioni
definitivi
60%
Mansioni definitiveposto provvisorio
4%
Posto definitivomansioni provvisorie
2%
11
Il risultato non cambia “invertendo l’ordine dei fattori”, ossia se consideriamo quanti
ritengono che il tipo di lavoro svolto sia definitivo tra quanti dichiarano che il posto di
lavoro è tale. Non si può escludere, peraltro, che gli intervistati incontrino difficoltà ad
operare la distinzione tra i due aspetti, quanto meno nel corso di un’intervista telefonica.
16
I giovani e il lavoro
Non si segnalano differenze sistematiche in base al genere ed alla zona di
residenza nei giudizi sulla stabilità del posto di lavoro12. Pare significativo,
invece, che la fascia d’età più elevata (25-29 anni) giudichi la propria
situazione come nettamente meno provvisoria. Le differenze sono cospicue:
la percezione di stabilità dei giovani adulti è quattro volte superiore rispetto
a chi ha un’età compresa tra i 18 ed i 25 anni. Questo rappresenta un
ulteriore segnale di stabilizzazione occupazionale al progredire della carriera
lavorativa.
1.4 Conclusioni
Abbiamo osservato, in apertura di questo capitolo, che il mercato del lavoro
italiano non favorisce l’inserimento occupazionale delle nuove leve ed offre
limitate opportunità di carriera. Nelle nostre analisi, abbiamo trovato ampie
conferme di questa situazione e, forse, la più significativa è costituita dal
fatto che la maggioranza dei giovani occupati preveda che non cambierà
lavoro in futuro, pur essendo all’inizio della propria carriera. Esiste, dunque,
una diffusa consapevolezza delle scarse opportunità di mobilità lavorativa in
Italia. In questo senso, possiamo affermare che risulta “capovolta”
l’immagine che dipinge le nuove generazioni come soggette a continui
cambiamenti di lavoro; quanto meno, questo vale se ci affidiamo alle
previsioni dei giovani, ma sappiamo che esse risultano piuttosto realistiche
[Schizzerotto 2002].
L’esperienza occupazionale tipica di un giovane potrebbe essere descritta
nel seguente modo. Il primo contatto con il mondo del lavoro avviene
presto. Si comincia spesso con uno o più lavoretti occasionali e saltuari che
non precludono, nella maggioranza dei casi, la continuazione degli studi.
Quando si esce dal sistema educativo, si incontrano difficoltà a trovare
lavoro, specialmente se si possiede un elevato titolo di studio e si abita nel
Mezzogiorno. I giovani meridionali non solo esperiscono una
disoccupazione più lunga, ma hanno anche minori probabilità di essere
assunti con contratti a tempo indeterminato. L’inserimento occupazionale
avviene sempre più spesso attraverso forme di lavoro atipiche che
12
I risultati si basano sulla specificazione di due modelli di regressione logistica
multinomiale, relativi rispettivamente al posto ed al tipo di lavoro svolto. In entrambi i casi,
si sono introdotte congiuntamente le variabili relative all’età, al genere ed alla zona di
residenza degli intervistati. Si tenga presente, peraltro, che esistono elevati margini di
incertezza intorno alle stime presentate. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, la
mancanza di significatività negli effetti delle covariate.
17
I giovani e il lavoro
funzionano, soprattutto, da “porte di ingresso”. In altre parole, l’assunzione
con contratto a tempo determinato non sembra condurre, nella generalità dei
casi, alla precarietà lavorativa. Al contrario, numerosi indizi segnalano che,
semmai, il problema delle carriere occupazionali in Italia è quello di una
scarsa mobilità tra posti di lavoro.
Come vivono i giovani occupati la propria esperienza entro questa
situazione “stagnante” ? A dispetto di quanto potremmo attenderci, la
risposta è: con moderata soddisfazione. I nostri intervistati dimostrano un
elevato gradimento dell’occupazione svolta. Questo vale, soprattutto, per i
lavoratori autonomi e per i lavoratori dipendenti assunti con contratto a
tempo indeterminato. Non di rado, però, questa valutazione positiva sembra
nascondere un atteggiamento di “accettazione dello status quo” che non
impedisce ai giovani di riconoscere che il lavoro svolto è considerato,
comunque, al di sotto delle proprie aspirazioni.
18
I giovani e il lavoro
Capitolo
2
Il fabbisogno formativo
dei giovani italiani
U
no dei tratti distintivi delle economie contemporanee è costituito dalla
domanda crescente di competenze sempre più duttili ed articolate. Non
si assiste semplicemente ad un aumento quantitativo della dotazione di
capitale umano richiesta, ma ad una profonda trasformazione delle capacità
valorizzate nel mercato del lavoro. Nell’economia della conoscenza e dei
servizi, le abilità maggiormente apprezzate non sono più quelle di natura
strettamente tecnica. Naturalmente, esse continuano ad essere assai rilevanti,
ma devono essere affiancate da abilità cognitive nuove e flessibili,
solidamente radicate nel possesso delle competenze di base [Ocse 2002].
Basti pensare all’enorme diffusione delle tecnologie informatiche, tale da
suggerire che, in un futuro non troppo lontano, l’ampia maggioranza delle
occupazioni presupporrà l’uso del computer [Gallie, White 1993]. Ebbene,
l’acquisizione e l’utilizzo delle conoscenze informatiche presuppongono,
prima ancora che abilità specifiche, adeguate capacità logico-simboliche. E
presuppongono anche la conoscenza della lingua inglese. Questa diventa
sempre più indispensabile, anche in virtù della crescente integrazione
produttiva e commerciale delle economie europee e mondiali. Nelle società
terziarie, “le attività di manipolazione e trasformazione di oggetti e materie
cedono il passo a quelle di trattamento ed elaborazione di informazioni, di
risoluzione di problemi, di astrazione e rappresentazione mentale del
processo produttivo” (Reyneri 2002). Diventa sempre più necessario sapere
lavorare in gruppo, riuscire a presentare efficacemente il proprio lavoro e
questo richiede, innanzitutto, abilità comunicative e relazionali. In molti
casi, il savoir-faire può rivelarsi ancora più prezioso del know-how
[Accornero et al. 1986].
19
I giovani e il lavoro
In questo capitolo, cercheremo di capire in che misura i giovani si sentano
preparati ad affrontare le nuove richieste che pone loro la moderna
economia della conoscenza. In particolare, esamineremo come essi valutano
la formazione ricevuta a scuola, proveremo a capire se ritengano necessaria
una formazione integrativa e quali siano le competenze di cui sentono di
avere maggiormente bisogno. Naturalmente, gli angoli prospettici dai quali
si formulano valutazioni sul proprio fabbisogno di competenze variano
considerevolmente tra studenti o di lavoratori. La nostra analisi, pertanto,
distinguerà i due ordini di valutazioni, cominciando dai giudizi di chi è già
entrato nel mercato del lavoro e ha potuto esperire in prima persona
l’adeguatezza (o l’inadeguatezza) della propria formazione.
2.1 La domanda di formazione dei giovani occupati
I
N base ad un giudizio piuttosto diffuso, la scuola italiana è ritenuta
sostanzialmente incapace di garantire agli studenti una formazione
adeguata alle esigenze del sistema produttivo. Numerosi osservatori hanno
sottolineato ripetutamente lo “scollamento” del sistema educativo dalle
trasformazioni dell’economia. Questo problema emerge anche dai dati della
quinta indagine Iard sulla condizione giovanile: la maggioranza assoluta
(58%) degli intervistati di età compresa tra i 15 ed i 29 anni giudica “poco”
o “per nulla” adeguata la formazione ricevuta a scuola. I dati della nostra
ricerca confermano questo quadro, ma permettono di tracciare alcune
rilevanti distinzioni e, soprattutto, di delineare le sue implicazioni in modo
più dettagliato.
2.1.1 Formazione
scolastica
e
competenze
occupazionali
Abbiamo ritenuto opportuno chiedere ai giovani occupati di formulare un
giudizio sull’utilità della propria preparazione scolastica, distinguendo tre
aspetti: l’acquisizione di un metodo organizzativo, di abilità relazionali e di
competenze tecniche. I risultati sono presentati nella tabella sottostante.
20
I giovani e il lavoro
Tab. 2.1 Le valutazioni dei giovani occupati
preparazione ricevuta a scuola (%)
Giudizio
• Molto utile
• Abbastanza utile
• Poco utile
• Per nulla utile
Totale= 690
sull’adeguatezza
della
Metodo
organizzativo
Aspetti valutati
Abilità
comunicative e
relazionali
Competenze
tecniche
14
33
27
26
100
15
43
24
18
100
15
30
28
27
100
Innanzitutto, i giudizi sull’acquisizione di un metodo di organizzazione del
proprio lavoro e sull’acquisizione di competenze tecniche confermano
l’inadeguatezza della formazione scolastica, ritenuta “molto” o “abbastanza”
utile da meno della metà degli intervistati. Quando si passa ad esaminare le
competenze relazionali acquisite, però, la maggioranza dei rispondenti
(58%) formula giudizi positivi. Le valutazioni risultano dunque
significativamente differenziate, in base al tipo di competenza presa in
considerazione e l’acquisizione di abilità comunicative a scuola, sulla cui
rilevanza ci siamo soffermati nell’introduzione di questo capitolo, viene
riconosciuta dalla maggioranza degli intervistati.
Non solo: i giudizi positivi sull’acquisizione di competenze relazionali
salgono addirittura al 72% tra i laureati. Costoro, inoltre, danno giudizi
nettamente più positivi rispetto alle fasce meno istruite anche rispetto agli
altri due aspetti. Basti pensare che il 69% di loro ritiene di avere acquisito
grazie ai propri studi un metodo organizzativo ed il 68% di avere ricevuto
competenze tecniche utili per il proprio lavoro. Le valutazioni dei diplomati
sono meno positive13 e quelle di chi si è fermato alla licenza media risultano
particolarmente scoraggianti: solo il 41% ritiene di avere acquisito abilità
relazionali a scuola, il 26% afferma di avere appreso un metodo di lavoro ed
il 24% dichiara di avere acquisito competenze tecniche. Queste ultime,
invece, sono state apprese, in base all’autovalutazione dei nostri rispondenti,
dal 48% dei diplomati e dal 68% dei laureati, come illustra il grafico
sottostante.
13
Naturalmente, la relazione positiva tra titolo di studio ed apprezzamento della formazione
ricevuta potrebbe dipendere in parte anche da un effetto di “razionalizzazione”: quanti
hanno investito più a lungo in istruzione potrebbero avere difficoltà a riconoscere gli
eventuali scarsi ritorni di questa scelta.
21
I giovani e il lavoro
Graf. 2.1 L’acquisizione di competenze tecniche secondo il titolo di studio
(% - Base minima= 95)
80
68
70
60
48
50
40
30
24
20
10
0
Licenza mdia
Diploma
Laurea
Questi risultati suggeriscono una possibile, parziale rilettura del giudizio
sulle inadeguatezze del sistema scolastico. Il deficit formativo denunciato
dai giovani italiani dipende certamente dalle caratteristiche e dalle carenze
del sistema scolastico, ma non solo. Esso si origina anche dal fatto che nel
nostro paese una quota consistente di studenti – superiore rispetto alla quasi
totalità dei paesi occidentali avanzati - si ferma all’istruzione dell’obbligo, o
al diploma. Sono costoro ad offrire le valutazioni meno positive. Quanti
arrivano sino alla laurea, viceversa, danno giudizi generalmente positivi
sull’utilità della formazione ricevuta per il proprio lavoro. In breve, i
giovani si sentono poco preparati anche perché si fermano più spesso dei
loro coetanei europei ai livelli inferiori del sistema educativo. E quando si
tratta di giudicare l’acquisizione delle competenze comunicative e
relazionali apprese a scuola, la maggioranza dei giovani si dichiara
soddisfatto. Si tratta di una precisazione assai rilevante, se pensiamo
all’importanza di tali competenze nelle economie contemporanee.
Nel precedente capitolo, abbiamo commentato i risultati sui ritorni
occupazionali dei titoli di studio, asserendo che l’istruzione non può essere
considerata solo un “pezzo di carta”. Possiamo adesso aggiungere che la
stessa conclusione vale quando guardiamo alle competenze effettive
trasmesse dal sistema scolastico, con un rilevante distinguo. Se pensano
all’acquisizione di abilità relazionali e – come vedremo fra poco - di
22
I giovani e il lavoro
competenze di base, i giovani italiani sentono di avere imparato qualcosa a
scuola. Se pensano invece all’acquisizione di competenze tecniche,
specifiche e direttamente rilevanti per lo svolgimento delle mansioni svolte,
i giudizi diventano negativi. Possiamo dubitare, secondo il giudizio di molti
studiosi, che questo secondo ordine di competenze debba essere acquisito
nelle aule scolastiche. Al sistema d’istruzione spetta soprattutto il compito
di fornire solide competenze di base, sulle quali “innestare”
successivamente abilità più specifiche, attraverso l’apprendimento on the
job e l’aggiornamento professionale.
Naturalmente, queste osservazioni non devono indurre a sottovalutare le
debolezze della scuola italiana, soprattutto a livello secondario. Vale la pena
di ricordare, ad esempio, che in tutte le fasce d’istruzione oltre un quarto
degli intervistati nega di avere appreso rilevanti competenze comunicative.
Inoltre, la recente indagine PISA, promossa dall’Ocse, segnala che i livelli
di competenza alfabetica degli studenti quindicenni italiani sono, nella
generalità dei casi, inferiori a quelli dei paesi europei più avanzati.
Ulteriori indicazioni di rilievo giungono da un’analisi dei giudizi sulla
formazione ricevuta disaggregati in base alla posizione occupazionale
ricoperta. I lavoratori non manuali, infatti, danno valutazioni più positive. Il
56% di costoro, infatti, afferma di avere acquisito a scuola competenze
tecniche, il 59% ritiene di avere imparato un metodo di lavoro e due
lavoratori non manuali su tre dichiarano di avere acquisito abilità
comunicative utili per il proprio lavoro. I giudizi dei lavoratori manuali,
invece, risultano in tutti i casi ben più scettici. Questo significa che quanto
più le mansioni svolte sono di alto profilo, tanto più le competenze acquisite
a scuola (o più precisamente, nel caso di molti lavoratori non manuali,
all’università) sono valorizzate ed apprezzate dai nostri intervistati.
Abbiamo visto, dunque, che il grado di soddisfazione per la formazione
ricevuta a scuola aumenta al crescere sia del titolo di studio sia della
posizione occupazionale. Naturalmente, i due fenomeni sono connessi: i
giovani che raggiungono la laurea acquisiscono competenze più elevate che
vengono maggiormente valorizzate attraverso lo svolgimento di mansioni di
profilo più elevato. E’ interessante osservare, comunque, che i giudizi di
maggiore soddisfazione espressi dai giovani più istruiti rimangono tali
anche se teniamo sotto controllo la posizione occupazionale ricoperta14.
14
Questo risultato è stato ottenuto nel seguente modo. Abbiamo costruito mediante analisi
fattoriale un indice di soddisfazione per la formazione ricevuta, desunto dalle risposte ai tre
quesiti corrispondenti. La dimensione sottostante così ottenuta risulta fortemente correlata a
tutti gli item e spiega il 73% della loro varianza. L’indice costituisce la variabile dipendente
nel modello di regressione multipla che abbiamo specificato, dove abbiamo introdotto gli
23
I giovani e il lavoro
Questo significa che, anche confrontando quanti occupano ruoli lavorativi
analoghi, i più istruiti ritengono, comunque, di avere acquisito maggiori
competenze.
2.1.2 La domanda di formazione continua
La formazione continua è una delle parole d’ordine nelle società
postindustriali. In un contesto economico in continua evoluzione non si può
più pensare di confinare l’acquisizione di competenze alla fase iniziale delle
biografie individuali. Non occorre, semplicemente, allungare la durata della
permanenza nel sistema scolastico formale. Si tratta, piuttosto, di
moltiplicare le occasioni di riqualifica e di aggiornamento professionale.
La rilevanza della formazione continua, inoltre, può essere apprezzata anche
indipendentemente dalle considerazioni relative alle trasformazioni
economiche degli ultimi decenni. Essa riveste, infatti, un ruolo di primaria
importanza nel mantenimento delle competenze di base dei lavoratori [IEA
1999]. Numerose mansioni occupazionali, infatti, attivano una gamma
relativamente ristretta di abilità e vengono svolte in ambienti “poveri” da un
punto di vista cognitivo. Questo espone la popolazione adulta ad un rapido
decadimento delle competenze di base, che può essere evitato efficacemente
offrendo nuove occasioni di apprendimento.
Ma qual è il grado di consapevolezza dei giovani occupati circa la necessità
di una formazione aggiuntiva? I risultati che abbiamo ottenuto non
sembrano molto incoraggianti. Solo un giovane occupato su due, infatti,
afferma di essere disponibile a seguire corsi di formazione in orario
lavorativo. Tra quanti si dichiarano interessati in linea di principio, inoltre, il
44% rinuncerebbe a tali attività formative qualora dovesse pagarle di tasca
propria ed il 33% non accetterebbe di parteciparvi in orario extra-lavorativo.
Nel complesso, solo un giovane occupato su dieci investirebbe in
formazione attraverso corsi a pagamento fuori dall’orario di lavoro.
Consideriamo ora la relazione tra i giudizi sulla formazione ricevuta a
scuola e la domanda di formazione integrativa. Potremmo attenderci, infatti,
i meno soddisfatti di ciò che hanno appreso a scuola avvertano
maggiormente l’esigenza di partecipare a corsi di qualifica professionale.
Accade, invece, esattamente l’opposto. Ad esempio, il 60% di quanti si
dichiarano “abbastanza” o “molto” soddisfatti delle competenze tecniche
apprese a scuola afferma che frequenterebbe corsi di formazione, ma questo
effetti dell’istruzione e della posizione occupazionale ricoperta, tenendo sotto controllo
l’influenza dell’età, del genere e della zona di residenza degli intervistati.
24
I giovani e il lavoro
valore scende al 40% tra chi si dichiara per nulla soddisfatto delle abilità
tecniche acquisite a scuola. Chi ritiene molto utili per il proprio lavoro le
competenze relazionali apprese durante gli studi è interessato, nel 70% dei
casi, a frequentare corsi di formazione, ma questo accade solo al 34% di chi
non è per nulla soddisfatto. In altre parole, le esperienze scolastiche negative
(o, quanto meno, percepite come tali) sembrano provocare un effetto di
scoraggiamento generalizzato verso le attività formative.
Osserviamo anche che la domanda di formazione aggiuntiva è maggiore tra
le femmine: il 59% di queste frequenterebbe corsi di aggiornamento, ma
solo il 47% dei maschi. E’ possibile che la “buona volontà” delle giovani
occupate sia, per così dire, stimolata dalle maggiori difficoltà di
avanzamento professionale che incontrano rispetto ai colleghi maschi,
portandole ad avvertire l’esigenza di dotarsi di maggiori abilità e credenziali
per fare carriera.
Esiste, inoltre, una chiara graduatoria tra le zone geografiche nella richiesta
di corsi di formazione: i giovani del Nord-Ovest sono i più interessati,
seguiti da quelli del Nord-Est, del Centro e del Sud. Lo scarto tra i due
estremi di tale graduatoria è pari a 30 punti percentuali. E’ evidente, dunque,
che la domanda di formazione è “trainata” anche dalle richieste del contesto
produttivo.
Le differenze in base al genere ed alla zona geografica, tuttavia, si annullano
se passiamo ad esaminare la disponibilità a partecipare ad attività formative
condizionata all’orario ed alle modalità di finanziamento di tali attività. In
altre parole, è vero che, in generale, i maschi sono meno interessati delle
femmine a partecipare a corsi di aggiornamento professionale. Quando essi
manifestano la propria disponibilità, però, sono più spesso pronti, rispetto
alle femmine, a frequentare anche corsi fuori dall’orario di lavoro. Si tratta,
evidentemente, di uno “zoccolo duro” di soggetti fortemente motivati15.
Allo stesso modo, i giovani meridionali che si dichiarano interessati a
seguire corsi di formazione sono pronti a farlo, nell’ampia maggioranza dei
casi (87%), anche fuori dall’orario di lavoro.
Chiediamoci ora quale tipo di formazione integrativa sia ritenuto più
proficuo dagli intervistati: abbiamo raccolto informazioni sia sui metodi che
sui contenuti dei corsi che i rispondenti ritengono maggiormente utili. In
particolare, abbiamo chiesto a quanti si dichiaravano disponibili a
frequentare corsi se avessero preferenze sulle loro modalità di svolgimento.
Le differenze che emergono tra le diverse metodologie di corso possibili
15
E’ probabile che si tratti, in effetti, di un classico effetto di selezione, anche se con i dati
a disposizione non possiamo testare direttamente questa ipotesi, né identificare i fattori
sottostanti a tali effetti.
25
I giovani e il lavoro
non sono particolarmente elevate, ma risultano comunque significative16,
come emerge dal grafico 2.
Graf. 2.2 I giudizi sull’utilità dei diversi metodi utilizzabili nei corsi di
formazione
(% di “Molto/ abbastanza e poco/per nulla utile”- Base = 325)
Stage in altre aziende
86
14
Visita ad altre aziende
85
15
80
Assistenza di un tutor
20
Scambi di esperienze
92
Simulazione di
situazioni
8
88
12
74
Lezioni teoriche
0%
20%
40%
Molto/abbastanza utile
26
60%
80%
100%
Poco/per nulla utile
In particolare, emerge una diffidenza non trascurabile verso un approccio
ritenuto troppo astratto (le lezioni teoriche in aula) ed uno che viene
percepito, forse, come troppo intrusivo (l’assistenza diretta di un tutor a
lavoro). Non si segnalano differenze di rilievo nei giudizi in base al genere,
alla zona di residenza ed al titolo di studio dei giovani17. Insomma, queste
valutazioni risultano piuttosto trasversali alle diverse fasce di giovani
occupati. Alcune differenze, comunque, possono essere evidenziate. In
primo luogo, i lavoratori indipendenti, si dichiarano particolarmente avversi
nei confronti dell’acquisizione di competenze tramite l’assistenza diretta da
parte di un tutor -quasi a “marcare” anche in ambito formativo la priorità
16
Questo vale anche da un punto di vista strettamente statistico, posto che il test di
Friedman della differenza tra distribuzioni risulta significativo (CHI2= 72,7; d.f.=5).
17
Nei confronti effettuati, il test del CHI2 potrebbe risultare poco significativo anche per
effetto della numerosità campionaria ridotta. Le differenze percentuali, comunque, risultano
contenute entro pochi punti percentuali nella generalità dei casi.
26
I giovani e il lavoro
che essi attribuiscono alla propria autonomia professionale18. In secondo
luogo, si può osservare che i lavoratori non manuali credono maggiormente
nell’utilità del metodo delle simulazioni che, effettivamente, potrebbe
rivelarsi più utile per quanti operano ad un maggiore livello di astrazione
nello svolgimento delle proprie mansioni lavorative.
Di quali competenze si avverte maggiore bisogno? L’esigenza più urgente
sembra essere l’apprendimento di una lingua straniera, ritenuta utile nel
44% dei casi (graf. 3). Questa priorità va letta, probabilmente, sullo sfondo
dei processi di crescente integrazione economica e commerciale che
influenzano, naturalmente, anche le esigenze formative delle nuove
generazioni.
Graf. 2.3 Competenze di cui si avverte il bisogno di formazione
(% - Base = 703)
44
32
19
16
16
di
ba
se
PC
en
ze
U
so
C
on
os
c
en
ze
te
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8
C
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29
20
st
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er
a
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Meno di un rispondente su cinque, invece, si dichiara interessato a
migliorare le proprie competenze di base, la propria capacità di lavorare in
gruppo, o le abilità comunicative ed organizzative di cui è in possesso.
Possiamo spiegare questo disinteresse in almeno due modi. E’ possibile che
18
Gli autonomi risultano anche un po’ più scettici della media verso l’utilità di effettuare
visite ad altre aziende.
27
I giovani e il lavoro
tali competenze non vengano considerate molto importanti per il proprio
lavoro. In alternativa, gli intervistati potrebbero giudicarle rilevanti, ma
ritenersi già sufficientemente dotati e capaci. In entrambi i casi, questo
disinteresse verso l’acquisizione di meta-competenze così importanti
nell’economia della conoscenza è un fenomeno che fa riflettere.
Infine, si attribuisce rilevanza un po’ più elevata al miglioramento delle
proprie competenze tecniche ed informatiche. Più precisamente, circa un
giovane su tre sarebbe interessato a corsi di questo genere19. Di nuovo, se
pensiamo alla diffusione rapida e crescente delle tecnologie informatiche in
ambito occupazionale, questo tiepido interesse non può non destare qualche
perplessità.
Si noti, infine, che solo rispetto ad una tipologia di corsi, quelli di lingue, i
lavoratori non manuali si rivelano maggiormente interessati di operai e
manovali. Stupisce che impiegati, insegnanti o dirigenti si rivelino
interessati tanto quanto i lavoratori manuali ad acquisire competenze di
natura comunicativa ed organizzativa. E’ indubbio, infatti, che i primi
svolgono mansioni che più tipicamente presuppongono abilità di questo
tipo: un ulteriore segnale di scarsa attenzione al proprio fabbisogno
formativo da parte dei giovani.
Nel complesso, se pensiamo alle considerazioni, richiamate
nell’introduzione di questo capitolo, sull’importanza delle competenze
relazionali nelle economie contemporanee, le dichiarazioni dei giovani
destano qualche preoccupazione. In particolare, sembra poco plausibile che
tutti gli intervistati che si dimostrano poco interessati a migliorare questo
genere di competenze raggiungono già livelli di eccellenza al riguardo. E’
possibile, invece, che non pochi giovani abbiano difficoltà a percepire
l’effettiva rilevanza di tali abilità per la qualità del proprio lavoro20.
La minoranza di rispondenti che si dichiara interessata a seguire corsi di
formazione aggiuntiva, però, sembra piuttosto motivata in tal senso. Basti
pensare che, per tutte le tipologie di corso, quanti sono disponibili a
parteciparvi in linea di principio non mutano posizione, nella generalità dei
casi, quando si chiede loro se sarebbero disponibili a frequentarli anche
19
Questi giudizi non evidenziano elementi significativi di differenziazione in base al genere
ed alla zona geografica di residenza dei rispondenti.
20
Si potrebbe ipotizzare, in alternativa, che i giovani siano poco fiduciosi sull’utilità di
acquisire nuove competenze, in quanto ritengono che il mercato del lavoro italiano lasci
poco spazio alla possibilità di emergere grazie alle abilità apprese. Vedremo, però, che i
giovani sono invece assai fiduciosi sulla diffusione della meritocrazia come meccanismo di
selezione occupazionale.
28
I giovani e il lavoro
fuori dall’orario di lavoro, sacrificando quindi il proprio tempo libero. Più
precisamente, almeno due terzi di costoro sarebbe disponibile a tale
“sacrificio”, ma questa quota sale addirittura all’81% per i corsi di
informatica. Sembra, dunque, che i nostri intervistati tendano a “spaccarsi”
tra una minoranza piuttosto motivata ad acquisire nuove abilità ed una
maggioranza che deve essere sensibilizzata sulla rilevanza
dell’aggiornamento professionale e dell’arricchimento delle proprie
competenze.
Un ultimo aspetto che abbiamo voluto prendere in considerazione riguarda
l’acquisizione di informazioni relative alla legge per la sicurezza dei
lavoratori. Le risposte date dai nostri rispondenti destano qualche
preoccupazione. Infatti, più di un terzo dei giovani occupati (37%) non ha
avuto alcuna informazione in merito. Tra quanti ne hanno ricevute, inoltre,
in un caso su due si è trattato di un semplice opuscolo. Il livello di
informazione risulta inoltre particolarmente basso tra i lavoratori più giovani
addetti a mansioni di tipo manuale, specialmente se residenti nel
Mezzogiorno, quindi proprio tra quanti sono esposti ai maggiori rischi.
2.2 La domanda di formazione di chi non lavora
P
are utile raffrontare le valutazioni sulle esigenze formative espresse dai
giovani che sono già inseriti nel mercato del lavoro con quelle di chi
deve ancora ricoprire stabilmente un’occupazione, sia perché ancora
studente sia perché disoccupato21. Le differenze tra occupati, disoccupati e
inattivi permettono di comprendere, infatti, come le valutazioni sul proprio
fabbisogno formativo siano plasmate dalle differenti esperienze
occupazionali degli intervistati. Cominciamo, innanzitutto, ad esaminare le
valutazioni sulla propria preparazione scolastica.
21
Naturalmente, dobbiamo annoverare tra i non occupati anche le casalinghe. Dati i vincoli
di numerosità campionaria, in alcune elaborazioni esse sono state collocate tra gli inattivi
insieme agli studenti. Questa scelta potrebbe risultare fuorviante per le giovani casalinghe
che prevedono di non mettersi mai alla ricerca di un lavoro, ma sappiamo che nelle nuove
generazioni questo atteggiamento è poco diffuso e la quasi totalità delle giovani donne,
incluse molte di quelle temporaneamente inattive, considera il lavoro come un obiettivo
imprescindibile [Reyneri 2002].
29
I giovani e il lavoro
2.2.1
Formazione
scolastica
e
competenze
occupazionali
I giudizi degli studenti sull’utilità futura della formazione ricevuta a scuola
appaiono più ottimistici quelli espressi dai giovani occupati. In particolare,
dai dati della tabella sotto riportata risulta che tre studenti su quattro si
aspettano che la loro preparazione scolastica si rivelerà molto (26%) o
abbastanza utile (49%) per il proprio futuro professionale.
Tab. 2.2 Le valutazioni degli studenti e dei disoccupati sull’adeguatezza
della preparazione ricevuta a scuola (% )
Studenti
Giudizio
• Molto utile
• Abbastanza utile
• Poco utile
• Per nulla utile
Totale minimo= 93
26
49
15
10
100
Giovani non occupati
In cerca di
Disoccupati in
prima
senso stretto
occupazione
31
44
13
12
100
14
24
23
39
100
La quota di “ottimisti” appare, dunque, piuttosto elevata e, comunque,
nettamente superiore a quella dei giovani occupati che danno giudizi
analoghi22. In altre parole, gli studenti sembrano nutrire aspettative elevate
sul proprio futuro professionale; che vanno poi gradualmente
“raffreddandosi”.
A differenza di quanto potremmo attenderci, però, questo atteggiamento di
disillusione non sembra maturare quando i giovani vanno incontro alla
disoccupazione nel corso della ricerca del primo impiego. Come indica la
seconda colonna della tabella, i giovani in cerca di prima occupazione,
semmai, danno giudizi leggermente più fiduciosi degli studenti.
E’ indubbio, invece, che le valutazioni positive sull’utilità della formazione
scolastica ricevuta si riducano considerevolmente a seguito dall’esperienza
di perdere il lavoro. Tra i disoccupati in senso stretto, infatti, la quota di
22
Ai non occupati si è sottoposto un unico quesito generale, mentre agli occupati si sono
rivolte tre distinte domande, relative ad aspetti diversi della formazione scolastica. Le
risposte ottenute, dunque, non sono perfettamente comparabili, anche se l’entità delle
differenze osservate non lascia molti dubbi sulla conclusione che gli studenti nutrano
maggiori aspettative sui ritorni occupazionali dei propri titoli di studio.
30
I giovani e il lavoro
giudizi positivi (“molto” o “abbastanza” utile) scende al 38%, laddove tra
gli inattivi era pari al 75%.
Come per i giovani occupati (cfr. 2.1), anche nel caso di chi non ricopre
stabilmente un lavoro il fattore maggiormente discriminante nelle
valutazioni sull’utilità della formazione scolastica è il titolo di studio
conseguito. Le differenze in base al livello d’istruzione sono cospicue. Nel
grafico sottostante, abbiamo riportato la percentuale di giudizi
“molto/abbastanza utile”, disaggregata per grado di scolarità: essa passa dal
43% per chi possiede solo la licenza media al 67% per chi ha ottenuto un
diploma ed arriva addirittura al 91% tra chi possiede la laurea23.
Graf. 2.4 Valutazioni dell’utilità della preparazione scolastica secondo il
titolo di studio (%- Base minima = 54)
100
91
90
80
67
70
60
50
43
40
30
20
10
0
licenza media
diploma
23
laurea
Sarebbe certamente utile distinguere i giudizi in base sia al titolo di studio sia alla
situazione lavorativa (inattivo vs. disoccupato), ma sfortunatamente la numerosità
campionaria a disposizione non lo permette. In particolare, la numerosità campionaria dei
laureati inattivi risulta piuttosto contenuta, sicché la stima di pertinenza va presa con
cautela.
31
I giovani e il lavoro
In questo senso, possiamo affermare che anche tra chi non è occupato esiste
una percezione del fatto che la formazione scolastica “rende”, soprattutto
quando si raggiungono i livelli superiori del sistema educativo.
I giovani non occupati risultano, dunque, più fiduciosi degli occupati sulla
spendibilità occupazionale della propria esperienza scolastica nel mercato
del lavoro. Tale fiducia, come abbiamo già avuto modo di dire, potrebbe
non essere mal riposta, in quanto l’istruzione accresce considerevolmente le
opportunità di successo occupazionale anche in Italia. Questa fiducia
potrebbe indurre, però, un atteggiamento di chiusura verso l’opportunità di
acquisire una formazione integrativa e più professionalizzante. Il fatto che la
formazione scolastica possa rivelarsi, almeno in una certa misura, utile per il
futuro lavorativo non implica in alcun modo che essa doti i giovani di tutte
le abilità di cui hanno bisogno. Al contrario, la scuola trasmette soprattutto
competenze di base, sulle quali è necessario innestare, successivamente,
abilità più specifiche e professionalizzanti. In che misura gli inattivi ed i
disoccupati comprendono che “la scuola non basta”? E’ quanto cercheremo
di capire nel prossimo paragrafo.
2.2.2 La domanda di formazione continua
Abbiamo chiesto a inattivi e disoccupati se fossero pronti a seguire corsi di
formazione per trovare lavoro e se tale disponibilità venisse meno qualora
fosse necessario auto-finanziare la partecipazione a questi corsi. Come si
vede nel grafico 2.5, l’interesse dimostrato verso i corsi di formazione
appare piuttosto alto tra gli inattivi e risulta, al più, solo leggermente
inferiore tra i disoccupati24. I primi sono interessati ad attività formative nel
76% dei casi e questo valore scende al 69% tra i secondi. Tra quanti
manifestano una disponibilità in linea di principio, quanti la confermano, se
si prospetta loro di pagare per la partecipazione a tali corsi? Tra gli studenti,
il fattore economico non sembra incidere particolarmente: l’82% mantiene
la propria disponibilità. In altre parole, meno di uno studente su cinque è
influenzato da considerazioni di natura finanziaria. Queste invece pesano di
più per i disoccupati: solo il 68% conferma la propria disponibilità. E’
probabile che questa fascia giovanile risenta maggiormente dei vincoli
economici connessi alla propria condizione.
24
La differenza non è statisticamente significativa
32
I giovani e il lavoro
Graf. 2.5 Disponibilità a seguire corsi di formazione secondo la situazione
lavorativa ed il tipo di corso (% - Base minima = 127)
80
70
76
69
62
60
47
50
40
30
20
10
0
Corsi non a pagamento
Corsi a pagamento
Studenti
Disoccupati
Come per i giovani occupati, abbiamo provato a chiedere anche a chi non
ricopre stabilmente un lavoro di esprimere la propria opinione sui diversi
metodi utilizzabili nei corsi di formazione. Le preferenze tra le diverse
tipologie di corso possibili non differiscono in misura apprezzabile rispetto
alle valutazioni date dagli occupati. In particolare, anche in questo caso le
“formule” meno gradite sono le lezioni teoriche – solo il 22% dei
rispondenti le ritiene molto utili - e l’assistenza diretta di un tutor. Spicca
invece l’elevata valenza formativa attribuita agli stage presso aziende,
ritenuti preziosi quasi all’unanimità: il 66% degli intervistati li giudica
“molto utili” ed un restante 31% li valuta “abbastanza utili”.
Si osservano, comunque, differenze piuttosto contenute nelle preferenze per
i diversi tipi di corso – soprattutto laddove si tratti di identificare quelli
meno utili. Nel complesso, chi non è ancora occupato mostra una minore
capacità di discriminare tra le diverse metodologie utilizzabili. Questo non
deve stupire: quanti svolgono un lavoro hanno probabilmente le idee più
chiare sul tipo di formazione più utile per lo svolgimento delle proprie
mansioni25.
25
Si noti, inoltre, che non abbiamo distinto i giudizi degli studenti da quelli dei
disoccupati, in quanto non si riscontrano differenze significative nelle valutazioni espresse
dai due sottogruppi.
33
I giovani e il lavoro
Graf. 2.6 I giudizi sull’utilità dei diversi metodi utilizzabili nei corsi di
formazione
(% di “Molto/ abbastanza e poco/per nulla utile”- Base = 463)
Stage
66
Visita ad altre aziende
31
43
Assistenza di un tutor
46
38
48
Scambi di esperienze
49
Simulazione di
situazioni
47
42
43
22
Lezioni teoriche
0
58
20
40
Molto
60
80
100
Abbastanza
Possiamo prendere in considerazione, infine, le valutazioni sulle
competenze di cui si avverte il bisogno di un’ulteriore formazione,
esattamente come avevamo fatto per gli occupati. Anche rispetto a questo
tipo di giudizi, quanti non ricoprono stabilmente una posizione lavorativa si
dimostrano più aperti verso eventuali opportunità di formazione. Più
precisamente, osserviamo che essi avvertono un maggiore bisogno di
migliorare le proprie competenze in tutti gli ambiti che abbiamo preso in
considerazione. Possiamo supporre che, in parte, questo dipenda dal fatto
che gli occupati, proprio in virtù dello svolgimento di mansioni lavorative,
abbiano già acquisito alcune competenze che mancano ai non occupati. Ad
esempio, è significativo che lo scarto maggiore, pari a 21 punti percentuali,
si osservi rispetto al fabbisogno di competenze tecniche: il 53% dei giovani
inoccupati avverte il bisogno di migliorarle, ma solo il 32% degli occupati.
Scarti elevati si osservano anche rispetto alla capacità di lavorare in gruppo,
un’altra abilità che tipicamente viene appresa on the job.
Possiamo però ipotizzare che, anche a parità di competenze acquisite, gli
occupati “tarino” la valutazione del proprio fabbisogno formativo rispetto al
lavoro attuale e questo potrebbe indurli ad un atteggiamento di maggiore
chiusura. Ad esempio, tra chi svolge un lavoro solo il 44% sente la
necessità di imparare una lingua straniera, mentre tra studenti e disoccupati
questo valore sale al 58%. Forse, i giovani occupati constatano che, per
34
I giovani e il lavoro
eseguire i compiti che vengono loro affidati, non è necessario conoscere una
lingua straniera, quindi dichiarano di non averne bisogno. Un giovane
studente o disoccupato, viceversa, non sapendo precisamente quale lavoro
finirà per svolgere, ritiene che esso potrebbe richiedere la conoscenza di una
lingua estera. In breve, chi non ha ancora un lavoro è più “sulle spine” di chi
lo ha già trovato e quindi più orientato ad acquisire formazione aggiuntiva.
Pare assai significativo, infine, che anche studenti e disoccupati, esattamente
come gli occupati, dimostrino scarso interesse per l’acquisizione di
competenze di base. Solo il 12% ritiene di averne bisogno. E’ probabile che
alcuni intervistati non siano consapevoli delle proprie carenze, oppure che
non siano disponibili a riconoscerle davanti all’intervistatore. Allo stesso
modo, desta nuovamente perplessità lo scarso interesse dimostrato verso
l’acquisizione di competenze comunicative ed organizzative. E’ possibile
che il sistema scolastico doti gli studenti di alcune competenze per
sviluppare queste capacità, ma non v’è dubbio che, successivamente, esse
vadano rafforzate ulteriormente, in un’ottica più professionalizzante e
secondo modalità più specificamente connesse al contesto lavorativo in cui
si verrà inseriti. Di questo, però, i nostri intervistati non sembrano molto
consapevoli.
Graf. 2.7 Competenze di cui si avverte il bisogno di formazione
(% - Base = 700)
70
60
58
53
50
42
35
40
34
28
30
22
20
12
10
en
ze
C
on
os
c
az
io
ne
rg
an
iz
z
O
35
di
ba
se
la
vo
ro
PC
U
so
te
cn
ic
he
en
ze
C
on
os
c
Li
ng
ua
st
ra
ni
er
a
0
I giovani e il lavoro
I dati mostrano anche che la gratuità del corso non costituisce un
prerequisito indispensabile per parteciparvi - anche se è difficile credere
che, all’atto di decidere effettivamente se frequentarlo o meno, gli studenti
non sarebbero comunque sensibili all’entità delle spese di iscrizione
richieste. In altre parole, verosimilmente non si tratta di una disponibilità
incondizionata, anche se è significativo che l’autofinanziamento, di per sé,
non costituisca un problema, per chi è interessato ad una data attività
formativa.
Graf. 2.8 Disponibilità verso corsi di formazione a pagamento (% - Base =
649)
80
73
70
65
70
60
60
57
57
56
50
40
30
30
20
10
di
ba
se
la
vo
ro
C
on
os
c
en
ze
az
io
ne
PC
U
so
rg
an
iz
z
O
te
cn
ic
he
en
ze
C
on
os
c
Li
ng
ua
st
ra
ni
er
a
0
La scarsa sensibilità al miglioramento delle competenze di base e delle
abilità comunicative ed organizzative emerge anche dai quesiti relativi
all’autofinanziamento, come si può desumere dal grafico 2.8. Ad esempio,
solo il 56% di chi si dichiara interessato in linea di principio a frequentare
corsi per migliorare le capacità di lavorare in gruppo sarebbe pronto a
pagare per parteciparvi. E valori pressoché identici si ottengono per le
attività formative inerenti le capacità di comunicare e di lavorare in gruppo.
Viceversa, la maggiore attrattiva esercitata dai corsi che offrono competenze
tecniche ed informatiche o che permettono di apprendere una lingua
36
I giovani e il lavoro
straniera si riflette anche nella maggiore disponibilità a pagare per
frequentarli.
2.3 Conclusioni: le nuove generazioni di fronte alla sfida
della formazione continua
In questo capitolo, abbiamo indagato le opinioni e le valutazioni dei giovani
nei confronti dei propri fabbisogni formativi. I nostri risultati mettono in
evidenza che i giovani sembrano poco consapevoli della necessità di un
continuo sviluppo ed aggiornamento delle proprie competenze professionali.
Questo atteggiamento pare, sotto molti aspetti, miope. Nelle economie
contemporanee, infatti, il miglioramento costante delle proprie abilità
costituisce un imperativo imprescindibile per ogni lavoratore, pena il rischio
di trovarsi in possesso di competenze obsolete e poco “spendibili” nel
mercato del lavoro. E’ noto che in Italia la diffusione delle attività di
formazione continua è una realtà relativamente recente e, soprattutto, poco
sviluppata [Istat 2003]. I nostri dati sembrano indicare che questa scarsa
diffusione potrebbe imputarsi, al di là dei vincoli di natura strutturale ed
istituzionale, anche agli atteggiamenti ed alle credenze degli occupati o,
quanto meno, dei giovani occupati. La nostra ricerca, insomma, documenta
una debole consapevolezza delle giovani leve circa la necessità di investire
in formazione anche dopo la fine degli studi.
Si noti che gli ostacoli principali non sono di natura finanziaria. Abbiamo
visto, infatti, che la gratuità del corso costituisce una pregiudiziale solo per
una minoranza di rispondenti. Le vere barriere non sono di ordine
economico, ma sembrano riguardare, piuttosto, la percezione
dell’adeguatezza delle proprie competenze e della rilevanza della
formazione continua.
Un altro risultato deve essere sottolineato: i giovani riconoscono, in parte,
l’utilità delle abilità tecniche, informatiche e linguistiche, ma sembrano
invece comprendere molto meno l’importanza delle abilità relazionali ed
organizzative per il proprio lavoro. Questo problema si pone, soprattutto,
per le fasce giovanili più qualificate, destinate ad occupazioni dove tali
abilità vengono richieste loro frequentemente. I nostri intervistati, in
conclusione, non solo sembrano poco consapevoli dell’importanza della
formazione continua, ma manifestano anche convinzioni piuttosto
“tradizionaliste” riguardo alle competenze vincenti nelle economie
contemporanee.
37
I giovani e il lavoro
Capitolo
3
Le
rappresentazioni
giovanili del mercato del
lavoro italiano
I
n questo capitolo proveremo a descrivere qual’é l’immagine che i giovani
hanno del mercato del lavoro italiano. Cercheremo di capire come si
debba fare, secondo loro, per trovare un’occupazione e quali siano le
strategie vincenti per fare carriera. Chiederemo loro se si aspettano di andare
incontro ad un mercato del lavoro rigido ed “ingessato”, oppure se credono
che vi sia spazio per vedere riconosciute le proprie competenze e
prestazioni.
Il nostro discorso non si limita al presente. Chiederemo anche ai nostri
intervistati di dirci come vedono il “lavoro di domani”, se si immaginano
occupati e, soprattutto, se si immaginano felicemente occupati. Laddove i
dati disponibili lo consentano, infine, proveremo a valutare se queste
rappresentazioni del mercato del lavoro italiano possano essere considerate
realistiche oppure distorte e, in questo secondo caso, se i giovani pecchino
di ottimismo oppure eccedano al contrario in pessimismo. Cominciamo la
nostra ricognizione dalle valutazioni sulle possibilità e sulle difficoltà di
trovare lavoro per i giovani italiani.
3.1 Trovare lavoro tra presente e futuro
A
bbiamo già ricordato che uno dei tratti distintivi del mercato del lavoro
italiano è costituito dalle elevate barriere in ingresso a danno dei
giovani, specialmente se di sesso femminile e residenti nel Mezzogiorno. In
che misura i giovani sono consapevoli di queste difficoltà?
I dati a nostra disposizione non lasciano adito a dubbi: l’ampia maggioranza
dei nostri intervistati è al corrente degli ostacoli che si frappongono ad un
rapido inserimento nel mercato del lavoro. Come illustra il grafico 3.1, solo
il 4% dei giovani è disposto a sottoscrivere la tesi secondo cui trovare lavoro
in Italia sia molto facile per i giovani. Formula, invece, il giudizio opposto
(“molto difficile”) il 31% dei rispondenti, ai quali si aggiunge una quota di
soggetti pari al 33%, secondo i quali trovare lavoro è “più difficile che
facile”. Sommando queste due modalità di risposta, si può vedere che quasi
i due terzi dei giovani italiani danno un giudizio negativo sulle opportunità
38
I giovani e il lavoro
di inserimento occupazionale che vengono loro offerte. Tra quanti non
condividono tale giudizio, inoltre, prevalgono le valutazioni neutrali (“né
facile né difficile”) su quelle positive.
Graf. 3.1 Giudizi sulla difficoltà attuali dei giovani di trovare lavoro (%Base = 1362)
Molto facile
4%
Più facile che
difficile
11%
Molto difficile
31%
Né facile né difficile
21%
Più difficile che
facile
33%
Il quesito che abbiamo posto ai nostri intervistati si riferiva alla situazione
giovanile nel suo complesso. Possiamo aspettarci, tuttavia, che nel
formulare i propri giudizi i rispondenti si siano lasciati guidare dalle proprie
esperienze. Non a caso, scopriamo che i giovani meridionali sono
particolarmente pessimisti, mentre quanti risiedono nel Nord Est sono
particolarmente inclini a dare rappresentazioni positive della situazione
occupazionale giovanile. Secondo il 25% dei rispondenti che risiedono
nell’Italia nord-orientale, infatti, trovare lavoro è facile (o “molto facile”),
ma lo stesso vale solo per l’11% di quanti abitano nel Mezzogiorno.
Analogamente, i maschi sono un po’ più ottimisti delle femmine e gli
occupati sono più ottimisti rispetto a disoccupati ed inattivi.
Tutte queste variazioni dei giudizi rispecchiano differenze effettive nelle
chance occupazionali dei gruppi messi a confronto. La situazione è diversa,
invece, per i confronti in base al titolo di studio. I giovani laureati risultano,
infatti, meno pessimisti di chi possiede la licenza media: nel primo caso, il
59% reputa che trovare lavoro sia difficile (o “molto difficile”), ma questo
valore sale al 68% per chi si è fermato alla secondaria inferiore. Sappiamo,
39
I giovani e il lavoro
però, che il possesso di titoli di studio elevati non accelera affatto
l’inserimento nel mercato del lavoro italiano, anzi semmai lo rallenta
[Schizzerotto 2002]. Se i laureati nutrono aspettative maggiori rispetto alle
altre fasce di istruzione, queste rischiano di essere smentite nella fase
iniziale delle loro carriere.
Inoltre, abbiamo chiesto ai nostri intervistati di dirci se ritengono che
trovare lavoro sarà più facile o più difficile tra dieci anni. Il grafico 3.2
illustra i risultati relativi a queste valutazioni di natura prospettica. Nel
complesso, possiamo affermare che la situazione sembra destinata a
peggiorare, secondo i giovani italiani. Si noti, però, che essi non inclinano
affatto al “catastrofismo”. Dopotutto, il 41% ritiene che, in futuro, le
difficoltà non saranno maggiori ed il 17% ritiene, addirittura, che la
situazione è destinata migliorare. Di nuovo, i maschi danno valutazioni un
po’ più positive rispetto alle femmine ed i settentrionali sono più ottimisti
rispetto a i meridionali, ma le differenze sono ridotte e, nel complesso, non
particolarmente significative. Analoghe considerazioni valgono per le
variazioni in base all’età ed alla condizione occupazionale. Insomma, le
previsioni sul futuro differiscono meno dei giudizi sul presente.
Graf. 3.2 Previsioni sulle difficoltà dei giovani di trovare lavoro tra 10 anni
(%- Base = 1244)
Più facile che
difficile
17%
Più difficile che
facile
42%
Come ora
41%
Passiamo adesso ad esaminare un secondo ordine di giudizi, relativi non più
alle difficoltà di trovare un’occupazione, bensì alle condizioni di lavoro dei
giovani che ne hanno una. Come si può desumere dal grafico 3.3, solo il 2%
40
I giovani e il lavoro
degli intervistati ritiene che esse siano molto buone, mentre il 23%
preferisce limitarsi ad affermare che sono “più buone che cattive”. Nel
complesso, dunque, un quarto dei giovani formula un giudizio positivo.
Invece, il 36% dà valutazioni negative, mentre quattro intervistati su dieci
preferiscono non sbilanciarsi.
Il dato più interessante, comunque, emerge dal confronto tra i giudizi sulla
ricerca di lavoro e quelli sulle condizioni di lavoro. Questo secondo aspetto
della situazione occupazionale giovanile, in effetti, viene percepito in modo
nettamente più positivo rispetto alla questione dell’inserimento
occupazionale: infatti, i giudizi negativi coprono “solo” il 36% dei
rispondenti, mentre essi salgono al 64% quando si parla di ricerca di lavoro.
In breve, secondo i giovani, varcare la soglia di ingresso del mercato del
lavoro è un problema ben maggiore di trovare un posto confortevole.
Graf. 3.3
I giudizi sulle condizioni di lavoro attuali dei giovani (% - Base =
1.327)
45
39
40
35
30
26
23
25
20
15
10
10
5
2
0
Molto buone
Più buone che
cattive
Né buone né
cattive
Più cattive che
buone
Molto cattive
Anche quando prendiamo in considerazione la dimensione prospettica dei
giudizi sulle condizioni di lavoro, il quadro che emerge è più positivo
rispetto alla ricerca dell’occupazione. Innanzitutto, nel complesso, i giovani
non ritengono che le condizioni di lavoro siano destinate a peggiorare in
futuro. Più precisamente, due giovani su quattro prevedono che esse
rimarranno più o meno analoghe rispetto alla situazione attuale, uno su
41
I giovani e il lavoro
quattro si aspetta un peggioramento ed uno su quattro un miglioramento. Al
contrario, ricordiamo che nel caso della ricerca di lavoro, le previsioni
negative erano quasi il triplo di quelle positive.
Graf. 3.4 Previsioni sulle condizioni di lavoro dei giovani tra dieci anni
(% - Base = 1.221)
50
47
45
40
35
28
30
25
25
20
15
10
5
0
Migliori
Uguali
Peggiori
Un’ulteriore conferma di quanto detto proviene dall’esame dei giudizi
prospettici sul grado di soddisfazione verso l’occupazione che si svolgerà
tra 10 anni. Innanzitutto, si noti che solo il 3% degli intervistati prevede che
non avrà alcun lavoro in futuro. Questo valore sale solo al 7% tra le
femmine. In altre parole, quasi tutti i giovani “si vedono” occupati, fra dieci
anni.
Si è chiesto agli intervistati di dare un voto da 1 a 10, in ordine crescente di
soddisfazione, sul livello di gradimento per l’occupazione che ricopriranno
tra 10 anni. Ebbene, il voto medio risulta pari a 7,9. E la quota di giudizi
sotto la soglia della sufficienza (ossia tra 1 e 5) non supera il 4%. I maschi
ed i più giovani sono un po’ più ottimisti. Non esistono differenze di rilievo,
invece, tra aree geografiche. Questo risultato pare significativo. Anche chi
risiede al Sud, a dispetto delle notevoli difficoltà di inserimento
occupazionale che incontra, nutre comunque aspettative elevate sul lavoro
che svolgerà tra dieci anni.
Se ci limitiamo ad esaminare i giovani attualmente occupati, possiamo
confrontare direttamente il grado di soddisfazione espressa verso il lavoro
42
I giovani e il lavoro
attuale con quella verso il lavoro futuro. Questo è solitamente ritenuto - o,
forse, dovremmo dire immaginato - più soddisfacente di quello attuale (il
voto medio è pari a 7,8 contro un valore di 7,6 per il lavoro attuale).
Insomma, a differenza dei giudizi sulle difficoltà di inserimento
occupazionale, le valutazioni sulle condizioni di lavoro dei giovani occupati
sembrano caute, ma non inclini al pessimismo. E se spostiamo lo sguardo al
futuro, non sembra esagerato affermare che esso sia visto in termini
piuttosto positivi dall’ampia maggioranza dei nostri intervistati. I dati che
esamineremo nella prossima sezione, relativi ai criteri che regolano la
selezione in ingresso e le opportunità di carriera nel mercato del lavoro
italiano, gettano forse luce sulle sezioni sottostanti l’ottimismo degli
intervistati.
3.2 Quanto conta il merito nel mercato del lavoro
italiano ?
Abbiamo chiesto ai nostri intervistati quale fosse, secondo il loro giudizio, il
fattore più importante per trovare lavoro in Italia ed abbiamo raggruppato le
loro risposte entro due categorie. Questa dicotomia verte sulla distinzione
tra quelli che vengono percepiti come criteri meritocratici di selezione nel
mercato del lavoro ed i criteri considerati, invece, come non meritocratici.
Vediamo, innanzitutto, quali risposte confluiscano nelle due distinte
categorie:
1- meccanismi meritocratici: a) essere competenti; b) disporre di un
titolo di studio adeguato26; c) essere tenaci nella ricerca; d) sapersi
presentare bene; e) essere innovativi; f) trovare i canali di ricerca
adeguati
2- meccanismi non meritocratici: a) conoscere persone influenti; b)
disporre di una rete di conoscenze ampia; c) ottenere
raccomandazioni; d) avere una famiglia benestante; e) avere fortuna.
26
Si noti che si fa riferimento a fattori che vengono percepiti come meritocratici, ma che in
realtà possono non esserlo del tutto. Ad esempio, le credenziali educative acquisite
dipendono non solo dai talenti e dagli sforzi individuali, ma anche da fattori di natura
ascrittiva. Allo stesso modo, potremmo osservare che alcuni criteri che abbiamo classificato
come non meritocratici (ad esempio, le reti di conoscenze) sono, in parte, anche una
caratteristica di stampo acquisitivo.
43
I giovani e il lavoro
Graf. 3.5 I fattori che condizionano le opportunità di trovare lavoro
secondo
i
giovani
(% - Base = 1.295)
80
71
70
60
50
40
29
30
20
10
0
Meritocratici
Non meritocratici
Come si può desumere dal grafico, i giovani ritengono che abbiano
maggiore peso i fattori di natura meritocratica. Rispetto a questo giudizio,
non si osservano differenze in base al genere, all’età o alla zona di residenza
degli intervistati. Insomma, si tratta di un giudizio che raccoglie ampi
consensi presso le diverse categorie di giovani. Esso risulta, inoltre,
trasversale alle diverse condizioni lavorative (studente, disoccupato,
occupato dipendente, o autonomo). Un dato è emblematico in tal senso: nel
nostro campione, solo un intervistato ritiene che le origini sociali siano il
fattore più importante per trovare lavoro.
Se passiamo ad un’analisi più disaggregata, le nostre conclusioni rimangono
confermate. Consideriamo i quattro fattori indicati più spesso dai giovani
come elementi determinanti rispetto alle possibilità di trovare lavoro. I primi
tre criteri di questa graduatoria fanno riferimento esplicito alle competenze
ed agli sforzi individuali.
44
I giovani e il lavoro
Tab. 3.1 I fattori che condizionano le opportunità di trovare lavoro
secondo i giovani (%)
%
•
•
•
•
Essere competenti
35
Avere un titolo di studio adeguato
12
Essere tenaci
9
Ottenere raccomandazioni
9
Totale=1304
Abbiamo svolto un esercizio analogo riguardo alle opportunità di fare
carriera. Anche per questo aspetto del lavoro abbiamo chiesto ai nostri
intervistati di indicare il fattore di selezione che ritengono più rilevante ed
abbiamo operato la seguente distinzione:
1 meccanismi meritocratici: a) essere competenti; b) essere disponibili
a lavorare molto; c) essere leali verso l’impresa; d) sapersi presentare
bene; e) essere innovativi; f) impegnarsi nel lavoro; g) continuare a
formarsi.
2
meccanismi non meritocratici: a) l’anzianità lavorativa; b) la
fortuna;
c) assecondare i superiori; d) avere una famiglia benestante; e) sapere
cogliere le occasioni, anche a scapito dei colleghi.
Graf. 3.6 I fattori che condizionano le opportunità di fare carriera secondo
i giovani (% - Base = 1.170)
90
80
78
70
60
50
40
30
22
20
10
0
Meritocratici
Non meritocratici
45
I giovani e il lavoro
Come si può vedere, i giovani dichiarano di credere al primato della
meritocrazia, anche in riferimento ai meccanismi che regolano le chance di
fare carriera. Infatti, quasi otto rispondenti su dieci citano come più
importante uno dei fattori che abbiamo classificato entro la categoria
“merito”. Anche in questo caso, non si riscontrano variazioni di rilievo in
base al genere, all’età, alla zona di residenza ed alla condizione
occupazionale degli intervistati. Esattamente come accade per le opportunità
di trovare lavoro, anche in questo caso possiamo osservare che tre dei
quattro criteri ritenuti più importanti dai giovani italiani attengono alle
capacità ed agli sforzi individuali, come illustra la tabella 3.2.
Tab. 3.2 I fattori che condizionano le opportunità di fare carriera secondo
i giovani (%)
%
•
•
•
•
Essere competenti
38
Impegnarsi
18
Disponibilità a lavorare molto
10
Avere fortuna
9
Totale= 1164
In particolare, le competenze e l’impegno individuale vengono giudicati
come i due fattori più rilevanti per il successo occupazionale. Pare
significativo, inoltre, che anche tra i fattori non meritocratici, quello ritenuto
più importante sia la fortuna. Solo il 2% dei nostri intervistati indica
l’anzianità e, nuovamente, il peso delle origini sociali passa completamente
in secondo piano.
Pare evidente, dunque, che le cautele dei giovani sul problema di trovare
lavoro lasciano il posto a valutazioni piuttosto ottimistiche, quando si passa
ad esaminare i criteri che regolano i percorsi occupazionali. Un ottimismo
eccessivo, dobbiamo aggiungere, se pensiamo ai dati accumulati sulla
vischiosità delle carriere lavorative in Italia [Schizzerotto 2002]. Non solo
nel nostro paese i giovani sono fortemente svantaggiati nella ricerca della
prima occupazione, ma anche quando la trovano le opportunità di esperire
una mobilità di carriera sono piuttosto contenute rispetto agli altri paesi
europei. E, ciò che più conta ai fini della nostra discussione, l’avanzamento
professionale è regolato da automatismi che lasciano ben poco spazio al
merito ed alle competenze individuali. Il quadro tracciato dai giovani,
dunque, sembra sfortunatamente poco realistico e, soprattutto, troppo
ottimistico.
46
I giovani e il lavoro
3.3 L’immagine del mercato del lavoro italiano: le
cautele sul presente e la fiducia nel futuro
I giovani sembrano dunque consapevoli delle difficoltà di trovare
un’occupazione e, in questo senso, condividono l’immagine del mercato del
lavoro italiano come “fortezza da espugnare”. Questa immagine non è priva
di fondamento. Tuttavia, essi sembrano immaginare la fortezza nella quale
prima o poi entreranno in termini troppo ottimistici. Si immaginano quasi
sempre molto soddisfatti dell’occupazione che svolgeranno tra dieci anni,
forse anche perché si aspettano che le competenze possedute e l’impegno
che dimostreranno verranno apprezzati e valorizzati dai datori di lavoro. I
problemi che dovranno affrontare per inserirsi nel mercato del lavoro
italiano passano, dunque, in secondo piano rispetto alle opportunità che
verranno loro offerte- almeno nelle aspettative, o quanto meno nei desideri,
dei nostri intervistati. Le difficoltà del presente, o del futuro immediato,
diventano forse più facili da sopportare, se proiettate sullo sfondo di un
futuro roseo.
47
I giovani e il lavoro
Capitolo
4
Orientamenti di valore ed
atteggiamenti
verso
il
lavoro
U
na delle chiavi di lettura più diffuse e discusse sugli atteggiamenti
delle nuove generazioni nei confronti del mondo del lavoro delinea
una progressiva perdita di rilevanza della sfera economica ed
occupazionale nelle loro priorità di valore [Inglehart 1990]. Il benessere
diffuso e la crescente sicurezza materiale ridurrebbero progressivamente
l’importanza attribuita alle ricompense di natura materiale ed
indirizzerebbero i giovani verso nuovi obiettivi e valori, connessi
maggiormente all’autonomia individuale, alla socialità ed al tempo libero,
alla tutela dell’ambiente. Inoltre, anche all’interno della sfera occupazionale,
si verificherebbe uno slittamento da preoccupazioni di natura strettamente
strumentale (come la remunerazione percepita e la sicurezza lavorativa) a
gratificazioni di natura simbolica ed espressiva, quali l’indipendenza nello
svolgimento delle proprie mansioni o la varietà di stimoli ed esperienze
associate alla professione svolta. In breve, proprio perché cresciute negli agi
del benessere, le nuove generazioni sarebbero meno “materialiste” di quelle
che le hanno precedute.
In questo capitolo, proveremo ad esaminare in che misura questo quadro
descriva in modo attendibile gli atteggiamenti dei giovani verso il lavoro.
Esamineremo, dapprima, quale sia il posto della sfera occupazionale
all’interno delle loro priorità di valore e, successivamente, focalizzeremo
l’attenzione sugli aspetti della professione ai quali si attribuisce maggiore
importanza. Come vedremo, la lettura che abbiamo sinteticamente
richiamato coglie alcune dinamiche emergenti negli atteggiamenti giovanili
verso il lavoro, ma essa sembra sottovalutare sia la persistente importanza
del lavoro nella costruzione delle identità giovanili sia la centralità che
tuttora riveste la dimensione strumentale dell’esperienza professionale.
48
I giovani e il lavoro
4.1 Affetti, lavoro e svago. Le priorità dei giovani
S
E dovessimo rappresentare graficamente le priorità di valore dei
giovani, così come emergono dalle loro dichiarazioni sull’importanza
dei diversi aspetti della loro vita, sceglieremmo una figura come quella sotto
riportata.
Graf. 4.1 Le priorità di valore dei giovani italiani
PARTNER
STUDIO
FAMIGLIA
LAVORO
AMICIZIA
IMPEGNO SOCIALE
TEMPO LIBERO E SVAGO
Al vertice di questa gerarchia, troviamo la sfera degli affetti: la famiglia
innanzitutto, ma anche le relazioni sentimentali ed amicali. Tale dimensione
viene considerata, dall’ampia maggioranza degli intervistati, come
nettamente più rilevante del lavoro. Basti pensare che questo è considerato
più importante della famiglia solo dal 4% dei giovani, è ritenuto più
importante delle relazioni sentimentali solo da un rispondente su dieci e solo
un intervistato su sei attribuisce all’esperienza occupazionale maggiore
valore che alle amicizie.
Subordinata alla “sacralità” degli affetti, viene, in second’ordine, la sfera del
dovere. Essa comprende lo studio, il lavoro e l’impegno sociale. Tra questi
tre ambiti, gli intervistati non stabiliscono una precisa gerarchia. Ad
esempio, il 60% considera studio e lavoro egualmente importanti, il 23%
attribuisce maggiore rilevanza al primo aspetto ed il restante 17% al
secondo. Infine, il tempo libero e lo svago vengono considerati un po’ meno
importanti del lavoro, quanto meno nelle dichiarazioni ufficiali27.
27
E’ possibile, infatti, che il tempo libero e lo svago occupino, in realtà, un ruolo più
rilevante di studio e lavoro nei vissuti giovanili, ma questo fatto potrebbe essere offuscato
da effetti di desiderabilità sociale che inducono ad affermare che, in linea di principio, “il
dovere viene prima del piacere”.
49
I giovani e il lavoro
Questi risultati sono in linea con i dati della quinta indagine Iard sulla
condizione giovanile. Essa indica che il 61% dei giovani in età 15-24 anni
considera “molto importante” il lavoro nella propria vita. Si tratta di un
valore nient’affatto trascurabile, soprattutto se consideriamo che i tre quarti
di questi giovani non svolgono ancora alcuna occupazione in modo
continuativo. Nella prima indagine Iard, condotta all’inizio degli anni ’80,
questo valore era pari al 68%. Questo significa che vi è stato, forse, un
declino dell’importanza del lavoro tra i giovani nel corso degli ultimi due
decenni, ma esso ammonta solo a pochi punti percentuali.
Le gerarchie di valore dei giovani presentano significative variazioni in base
alla zona di residenza degli intervistati. La bilancia tra sfera lavorativa da un
lato e famiglia, relazioni sentimentali e tempo libero dall’altro pende più
spesso a favore della dimensione espressiva e relazionale nel Centro-Nord.
Detto altrimenti, i giovani settentrionali sono meno “materialisti” dei
coetanei meridionali. Questo risultato è in linea con l’interpretazione postmaterialista: la maggiore agiatezza nel Nord del paese favorisce una minore
preoccupazione per la sfera economica. Per motivi analoghi, non stupisce
che i disoccupati attribuiscano importanza maggiore al lavoro rispetto a chi
è occupato, soprattutto se si confronta l’importanza del lavoro con quella del
tempo libero e delle relazioni sentimentali.
E’ interessante constatare, infine, che le valutazioni sull’importanza del
lavoro non evidenziano alcun elemento di diversificazione in base al genere
degli intervistati. Questo significa che, nelle nuove generazioni, la sfera
lavorativa occupa ormai lo stesso posto nella vita di maschi e femmine. Si
conferma, dunque, una forte omogeneizzazione tra i due sessi negli
atteggiamenti verso il lavoro: un fenomeno che avremo ancora modo di
sottolineare.
4.2 Il lavoro ideale visto dai giovani
Abbiamo visto che, secondo la lettura richiamata in apertura di questo
capitolo, dobbiamo attenderci che le nuove generazioni attribuiscano minore
valore agli aspetti strumentali del lavoro. In realtà, anche in questo caso i
trend storici delle indagini Iard inducono a guardare con cautela a queste
previsioni. Basti pensare che la quota di quanti indicano la remunerazione
come l’aspetto più importante del proprio lavoro è cresciuta dal 19% al 30%
tra il 1983 ed il 2000. E proprio lo stipendio risulta essere l’aspetto ritenuto
più importante dagli intervistati.
50
I giovani e il lavoro
Questo quadro trova conferma nei dati della nostra indagine, che però
permette di tracciare uno scenario più dettagliato. Abbiamo sottoposto ai
nostri intervistati una batteria di item relativi ai diversi aspetti
dell’esperienza lavorativa ed abbiamo chiesto loro di esprimere, per
ciascuno di essi, un giudizio sulla sua rilevanza da 1 (minima importanza) a
10 (massima importanza). Nella tabella 4.1, riportiamo i risultati ottenuti,
ordinando gli item dal più rilevante a quello meno rilevante.
Esaminiamo la prima colonna: l’aspetto del loro lavoro al quale i giovani
attribuiscono maggiore importanza è la sicurezza lavorativa, con un voto
medio pari a 8,8. L’83% dei giovani annette a questo aspetto
un’elevatissima importanza, attribuendogli un voto compreso tra 8 e 10. Al
terzo posto di questa graduatoria, troviamo le retribuzioni. Esse ricevono un
giudizio solo lievemente inferiore rispetto della sicurezza lavorativa e di
entità analoga a quella degli aspetti relativi alla dimensione espressiva e
“post-materialista” dell’esperienza professionale: lo sviluppo personale,
l’interesse delle mansioni svolte, la possibilità di vedere i frutti del proprio
lavoro.
Una terza categoria di aspetti potrebbe essere definita l’”orientamento al
successo”28: la crescita professionale, le opportunità di carriera, la
possibilità di influenzare le decisioni prese, il prestigio della professione
svolta e dell’azienda presso cui si è assunti. Questi aspetti sono distribuiti in
diverse posizioni nella gerarchia delle priorità che stiamo esaminando, ma
complessivamente non vi è dubbio che questa terza dimensione venga
giudicata come meno importante sia rispetto alla sicurezza lavorativa ed alla
retribuzione, sia al confronto con gli aspetti espressivi.
Possiamo, allora, articolare in modo più preciso l’ipotesi iniziale
sull’affermazione del post-materialismo nelle nuove generazioni. In luogo di
una contrapposizione tra preoccupazioni strumentali ed espressive, le
preferenze giovanili sembrano ordinate secondo una gerarchia a tre
scalini. Innanzitutto, gli item della “sopravvivenza”, ossia sicurezza
lavorativa e stipendio. Quando tali priorità sono garantite, si attribuisce forte
peso ad una seconda dimensione espressiva e relazionale. Ed effettivamente
questa è ritenuta ancora più importante del terzo ordine di preoccupazioni,
relative alla possibilità di fare carriera e di diventare influenti.
28
La distinzione tra le dimensioni prese in esame si basa su un’analisi di tipo fattoriale.
Bisogna tenere presente, comunque, che il criterio di Kaiser individua cinque (e non tre
fattori) latenti con eigenvalue maggiore di 1. Questo non sorprende, in considerazione
dell’elevata variabilità associata a questa lunga batteria di item.
51
I giovani e il lavoro
Tab. 4.1 Importanza attribuita ai diversi aspetti del lavoro (media e
deviazioni standard) (% )
Importanza
(media)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Sicurezza lavorativa
Sviluppo personale
Retribuzioni
Interesse mansioni
Vedere i frutti del lavoro
Possibilità di crescita
professionale
Possibilità di fare carriera
Orari di lavoro adeguati
Rapporti con i colleghi
Mettersi alla prova
Rapporti con i superiori
Autonomia
Possibilità
di
usare
creatività
Possibilità di influenzare
le decisioni
Impiego delle competenze
Possibilità di far fronte a
richieste
Carichi di lavoro adeguati
Prestigio della posizione
Confort degli spazi
Varietà delle mansioni
Utilità sociale
Prestigio nell’azienda
Vicinanza all’abitazione
Totale=1404
8,8
8,7
8,6
8,6
8,6
8,6
Consenso
(deviazione
standard)
1,5
1,5
1,3
1,4
1,4
1,5
8,4
8,3
8,3
8,2
8,1
8,1
8,1
1,6
1,7
1,5
1,5
1,6
1,5
1,7
8
1,6
8
8
1,5
1,4
8
7,8
7,7
7,7
7,6
7,6
7,1
1,5
1,7
1,6
1,5
1,8
1,8
2,2
Quest’ultimo aspetto è, inoltre, “sentito” maggiormente dai maschi29. Le
femmine, invece, danno più peso alla sicurezza lavorativa. Inoltre, queste
risultano più sensibili alla dimensione relazionale dell’esperienza lavorativa
(ossia i rapporti con i colleghi e con i superiori) ed ai suoi aspetti intrinseci
29
I risultati che presentiamo si basano su un insieme di modelli di regressione multipla
OLS, dove la variabile dipendente è costituita dai punteggi fattoriali delle diverse
dimensioni dell’esperienza lavorativa. Le covariate includono il genere, l’età e la zona di
residenza degli intervistati.
52
I giovani e il lavoro
(l’impiego delle proprie competenze, l’interesse delle mansioni svolte, la
possibilità di vedere i frutti del proprio lavoro). I giovani meridionali, infine,
risultano più orientati al successo professionale e meno alla dimensione
intrinseca.
E’ interessante guardare anche agli ultimi posti di questa classifica. La
vicinanza all’abitazione di casa risulta essere l’aspetto giudicato meno
importante, anche se il suo voto medio è, comunque, pari a 7,1. Le ragazze
attribuiscono maggiore peso a questo fattore, ma le differenze con i maschi
non sono particolarmente elevate, a testimonianza di una crescente
propensione femminile a concepire come centrale l’esperienza
professionale, senza lasciarsi troppo condizionare dai vincoli associati ai
carichi domestici. Anche l’utilità sociale della professione risulta agli ultimi
posti della nostra “graduatoria”. Questo suggerisce che il lavoro venga
percepito, innanzitutto, come uno strumento di realizzazione individuale e
non di promozione del benessere collettivo.
4.3 Quale flessibilità ?
Alla luce della centralità attribuita dai giovani alla sicurezza lavorativa,
sembra interessante esaminare quali siano le loro preferenze in merito ai
diversi tipi di contratto di assunzione. Le possibilità di risposta includevano
il lavoro interinale, il lavoro autonomo a progetto, il tradizionale lavoro
dipendente stabile per un’unica azienda ed il lavoro autonomo. Quest’ultimo
esercita la maggiore attrattiva per gli intervistati, dato che viene preferito dal
50% dei giovani. Questo dato, peraltro, è in linea con i risultati delle
precedenti indagini Iard sulle preferenze lavorative dei giovani [Chiesi
2002], così come si conferma che il lavoro indipendente è particolarmente
gradito ai maschi. Segue il “classico” lavoro dipendente per un’unica
azienda, preferito dal 37% dei nostri rispondenti. Se sommiamo queste due
modalità, troviamo che l’87% dei giovani preferisce condizioni lavorative
che potremmo definire “tradizionali”. Il restante 13% predilige contratti di
lavoro flessibile, interinale o a progetto.
Possiamo desumere ulteriori indicazioni da una seconda domanda, relativa
alla scelta tra tempo pieno, part-time ed alternanza tra periodi di lavoro
intenso e periodi di lavoro meno intenso. I risultati vengono riportati nella
tabella seguente.
53
I giovani e il lavoro
Tab. 4.2 Il tipo di contratto di lavoro preferito (%)
Tipo di contratto
%
•
•
•
Tempo pieno
58
Tempo parziale
21
Alternanza tra periodi di lavoro intenso e
periodi di lavoro meno intenso
21
Totale=1369
100
•
Come si vede, benché il contratto full-time sia preferito da quasi sei giovani
su dieci, due giovani su dieci – soprattutto di sesso femminile - prediligono
il tempo parziale ed altrettanti sceglierebbero un contratto che offra la
possibilità di variare nel tempo l’intensità del lavoro30. Se consideriamo che
il 21% degli intervistati dichiara che preferirebbe lavorare part-time, ma
solo il 12% dei giovani occupati dipendenti risulta assunto attualmente con
questa modalità contrattuale, possiamo concludere che essa appare sottoutilizzata, almeno rispetto a quanto vorrebbero i giovani.
E’ importante precisare, comunque, che i giudizi che abbiamo esaminato
sinora riguardano un ordine di preferenze “ideali”. Essi non implicano
necessariamente che i giovani nutrano avversione verso la diffusione di
contratti a tempo determinato. Questi rappresentano l’opzione ottimale solo
per una ridotta minoranza di giovani, tuttavia è possibile che quanti
esprimono una diversa preferenza siano disponibili a considerarli come un
ragionevole compromesso che può essere accettato in quanto permette di
accelerare l’inserimento nel mercato del lavoro.
A questo proposito, è noto che negli ultimi anni sono state approvate alcune
misure di flessibilizzazione che hanno coinvolto proprio le nuove
generazioni, lasciando pressoché intatte le garanzie di cui godono gli adulti
già stabilmente inseriti nel mercato del lavoro.
In breve, sono soprattutto i giovani che devono “fare i conti” con la
flessibilità. Diventa interessante, allora, approfondire ulteriormente l’analisi
dei loro atteggiamenti nei confronti delle diverse misure che possono essere
adottate in questa direzione. E’ importante sottolineare, infatti, che non
esiste una sola forma di flessibilità. E, come ci accingiamo a vedere, i
giovani diversificano considerevolmente le proprie opinioni, a seconda delle
diverse dimensioni che vengono prese in esame.
30
In questa terza ipotesi, rimane da capire in che misura gli intervistati si aspettano che tali
variazioni siano sotto il loro controllo, piuttosto che essere decise dal loro datore di lavoro.
54
I giovani e il lavoro
Una prima ipotesi di flessibilizzazione riguarda la possibilità di
“agganciare” stipendi e salari all’andamento della produzione. Come si
vede, questa possibilità non è affatto gradita agli intervistati. Si consideri il
grafico 4.2: solo il 5% dei rispondenti si dichiara molto favorevole, mentre
il 73% è poco o per nulla d’accordo. I giudizi degli intervistati non
differiscono in misura apprezzabile in base al genere, alla zona geografica,
all’età ed al titolo di studio dei rispondenti. Insomma, l’avversione nei
confronti della flessibilità salariale sembra trasversale alle diverse fasce di
popolazione giovanile.
Graf. 4.2 Giudizi sulla riduzione delle retribuzioni in caso di riduzione della
produzione (%- Base = 1352)
Molto d'accordo
5%
Per nulla
d'accordo
43%
Abbastanza
d'accordo
22%
Poco d'accordo
30%
Esistono, però, due eccezioni di rilievo a questo atteggiamento di chiusura
verso la flessibilità retributiva. La prima è costituita dai lavoratori autonomi.
Costoro, di fatto, esperiscono già “in prima persona” questa forma di
flessibilità, nella misura in cui le loro attività ed i loro profitti sono esposti
direttamente alle oscillazioni del mercato. Non stupisce, dunque, che essi
nutrano minore avversione verso questa misura. Le differenze tra lavoratori
dipendenti ed indipendenti risultano decisamente cospicue da un punto di
vista quantitativo: nel primo caso, i rispondenti che si dichiarano avversi
alle misure di flessibilizzazione ammontano all’81%, ma questo valore
scende al 61% tra i lavoratori autonomi.
55
I giovani e il lavoro
La seconda eccezione all’avversione per la flessibilità salariale è costituita
dagli studenti, i quali sembrano meno “spaventati” dalla possibilità che la
propria retribuzione sia sottoposta a variazioni cicliche - forse anche perché
molti studenti non hanno ancora esperito direttamente le conseguenze di tali
oscillazioni, specialmente per quanto attiene agli accresciuti vincoli di
bilancio ed alla maggiore incertezza sul proprio futuro che essi possono
produrre.
I giudizi sulla flessibilità salariale sono completamente confermati da un
secondo item, relativo alla possibilità di introdurre salari di ingresso ridotti
per i giovani. Come si può vedere facilmente, il grafico sottostante
riproduce esattamente quello appena esaminato.
Anche in tal caso, dunque, l’ampia maggioranza dei giovani manifesta una
posizione di chiusura. E questa posizione risulta, ancora una volta,
trasversale alle diverse fasce di popolazione - inclusi, questa volta, pure i
lavoratori autonomi e gli studenti.
Graf. 4.3 Giudizi sulla flessibilità dei salari in ingresso (%- Base = 1352)
Molto d'accordo
6%
Abbastanza
d'accordo
22%
Per nulla
d'accordo
43%
Poco d'accordo
29%
56
I giovani e il lavoro
Le posizioni dei giovani mutano considerevolmente, però, quando si passa
ad esaminare le diverse forme di flessibilità nei contratti di lavoro. Il caso
più emblematico è quello del part-time. Questo non stupisce, visto che esso
viene considerato un contratto di lavoro che può consentire di mantenere
molte delle garanzie tradizionali, consentendo al contempo di gestire in
modo più flessibile il proprio tempo.
Rispetto alle due precedenti domande, la quota di rispondenti che si
dichiarano “molto d’accordo” è, addirittura, quintuplicata: essa sale dal 56% sino al 26%. Se sommiamo a questo valore la quota percentuale di chi
afferma di essere “abbastanza d’accordo” con la diffusione del part-time,
scopriamo che i giovani favorevoli sono più di otto su dieci. Insomma, i
consensi verso questa forma contrattale appaiono decisamente ampi.
Graf. 4.4 Giudizi sulla diffusione del part-time (%- Base = 1352)
Poco d'accordo
12%
Per nulla d'accordo
6%
Abbastanza
d'accordo
56%
57
Molto d'accordo
26%
I giovani e il lavoro
Non stupisce osservare, inoltre, che la quota di favorevoli al tempo parziale
sia particolarmente elevata tra le ragazze. Sappiamo, infatti, che queste vi
ricorrono più spesso, in quanto utile strumento per conciliare le proprie
ambizioni lavorative con i carichi domestici. Questi, conviene ricordarlo,
continuano ancora a gravare prevalentemente sulle giovani donne, anche
nelle giovani coppie [Sartori 2002].
Per motivi analoghi, non sorprende scoprire che il 90% delle casalinghe è
favorevole al part-time – a testimonianza del fatto che anche le ragazze che
sono attualmente inattive guardano con interesse alla possibilità di un
impegno lavorativo che implichi un coinvolgimento limitato ed orari
compatibili con lo svolgimento di altre attività durante la giornata. I
favorevoli al part-time, infine, abitano più spesso nel Nord-Ovest (89%)
piuttosto che al Sud (77%). Questo non dipende certo dal fatto che i carichi
domestici siano meno sbilanciati a svantaggio delle giovani donne nel
Mezzogiorno. Piuttosto, sembra che il tradizionale lavoro a tempo pieno ed
indeterminato rappresenti un modello ideale sentito con maggiore forza al
Sud.
Anche la diffusione del lavoro temporaneo incontra resistenze limitate tra i
giovani. Questo risultato pare assai interessante, alla luce delle precedenti
considerazioni sulle preferenze giovanili per la sicurezza lavorativa e per
contratti di lavoro tradizionali. Come si vede dal grafico 4.5, solo il 14%
degli intervistati si dichiara nettamente contrario alla diffusione del lavoro a
termine e, se sommiamo a questo valore la quota di quanti affermano di
essere “poco d’accordo”, i contrari sono circa un giovane su tre. I due terzi
dei giovani, insomma, a dispetto di quanto visto in precedenza, nutrono un
atteggiamento favorevole verso il lavoro temporaneo.
Per gettare luce su questa apparente contraddizione, può essere utile
osservare una maggiore incidenza di pareri favorevoli tra le casalinghe
(76%), gli studenti (72%) ed i disoccupati (69%) rispetto agli occupati
dipendenti (65%) o ai lavoratori indipendenti (62%). Sono, dunque,
soprattutto gli outsider che guardano con fiducia al lavoro temporaneo. Con
ogni probabilità, essi vedono i nuovi contratti di lavoro come una preziosa
possibilità per accrescere le proprie chance di inserimento occupazionale.
Soprattutto perché, come abbiamo visto nel capitolo precedente, queste
fasce sono particolarmente sensibili alle difficoltà di trovare lavoro in Italia.
58
I giovani e il lavoro
Graf. 4.5 Giudizi sulla diffusione dei lavori a tempo determinato (%- Base
= 1352)
Per nulla d'accordo
14%
Molto d'accordo
16%
Poco d'accordo
17%
Abbastanza
d'accordo
53%
Incontra, invece, maggiori resistenze la possibilità di rendere più facili i
licenziamenti, eliminando la clausola della giusta causa. Anche rispetto a
questa misura, comunque, il grado di apertura è considerevole. In pratica, il
nostro campione “si spacca” a metà tra favorevoli e contrari. Più
precisamente, i primi ammontano al 46% dei rispondenti, mentre i secondi
sono pari al 56%.
Graf. 4.6 Giudizi sulla possibilità di rendere più facili i licenziamenti (%Base = 1338)
Molto d'accordo
13%
Per nulla d'accordo
33%
Abbastanza
d'accordo
33%
Poco d'accordo
21%
59
I giovani e il lavoro
I disoccupati, specialmente se residenti nelle regioni meridionali, si rivelano
maggiormente aperti nei confronti di questa forma di flessibilità in uscita: il
53% di loro dichiara di essere “molto” o “abbastanza favorevole”, mentre
questo valore scende al 42% tra i lavoratori dipendenti. Si tratta,
evidentemente, di un altro segnale del fatto che gli atteggiamenti verso le
possibili misure di flessibilizzazione del mercato del lavoro italiano si
articolano, in misura significativa, anche secondo l’asse insider/outsider: chi
è fuori dal mercato vorrebbe facilitare il proprio accesso e chi è all’interno
desidera mantenere la propria posizione.
4.4 Precarietà si, ma a tempo determinato
Sembra utile, in conclusione, provare a tirare le fila del nostro discorso.
Innanzitutto, possiamo osservare che, se confrontiamo i giudizi sulle
politiche di flessibilizzazione del mercato del lavoro con quelli relativi alle
preferenze occupazionali, dobbiamo concludere che esiste una notevole
coerenza nelle valutazioni date dai giovani intervistati. Abbiamo visto,
infatti, che la sicurezza occupazionale e le retribuzioni percepite
costituiscono due dei tre aspetti del lavoro giudicati come maggiormente
importanti dai nostri rispondenti.
Le opinioni in merito alle misure di flessibilizzazione riflettono
perfettamente queste priorità: la flessibilità salariale e la facilitazione dei
licenziamenti, infatti, sono viste con notevole avversione dai giovani.
Non possiamo concludere, però, che il loro atteggiamento sia di chiusura
completa verso i nuovi contratti atipici. Al contrario, non solo il part-time,
ma anche il tempo determinato, sono visti con favore dall’ampia
maggioranza dei nostri intervistati. Ed i più favorevoli sono proprio i
giovani che devono ancora entrare nel mercato del lavoro. Consapevoli delle
difficoltà di inserimento che incontreranno, questi vedono nei nuovi
contratti flessibili una possibile porta di ingresso per entrare in un mercato
del lavoro rigido ed ingessato.
La distinzione operata dai nostri intervistati, dunque, è duplice: non solo tra
flessibilità salariale e flessibilità lavorativa, laddove la seconda viene vista
con maggiore favore, ma anche tra flessibilità in ingresso ed in uscita. I
contratti non-standard sono accettati in quanto condizione temporanea,
ossia come uno strumento che acceleri l’ingresso nel mercato del lavoro. Da
questo punto di vista, pare assai significativo che sette giovani su dieci si
dichiarino favorevoli ad una maggiore diffusione dei contratti a tempo
determinato. Ma, quando tale inserimento avrà luogo, i nostri intervistati
chiedono stabilità e, soprattutto, protezione dal licenziamento. Questo non
stupisce, dato che la sicurezza è la priorità di valore dei giovani in ambito
lavorativo.
60
I giovani e il lavoro
Capitolo
5
Il lavoro ideale.
I
n questo capitolo intendiamo approfondire l’analisi delle preferenze
occupazionali dei giovani svolta nelle pagine precedenti. In particolare,
cercheremo di capire, in maggiore dettaglio, quali siano le professioni più
ambite dalle nuove generazioni e quali lavori, invece, vengano ritenuti meno
desiderabili. Nella prima fase dell’analisi chiederemo agli intervistati di
esprimere le loro valutazioni in merito a dodici professioni che
rappresentano, sebbene molto sinteticamente, la varietà delle occupazioni
accessibili nel mercato del lavoro italiano. Successivamente, invece,
lasceremo spazio alla “fantasia” degli intervistati, i quali potranno indicare
liberamente la professione che ritengono più ambita e quella invece meno
attraente, permettendoci, in tal modo, di stilare una prima graduatoria delle
dieci professioni maggiormente sognate dai giovani italiani e una seconda
relativa, invece, a quelle che essi vorrebbero a tutti i costi evitare.
Questo approfondimento è stato effettuato attraverso una rilevazione via
web, svolta in collaborazione con il quotidiano “Il Corriere della Sera”.
Alcuni dei dati che presenteremo non sono tratti, dunque, dallo stesso
segmento di intervistati dei capitoli precedenti e si basano su una diversa
modalità di rilevazione che presuppone la partecipazione spontanea degli
intervistati, che si sono collegati al sito dove era accessibile il questionario e
hanno deciso di compilarlo.
Naturalmente, i rispondenti non costituiscono una “miniatura” perfettamente
rappresentativa della popolazione italiana31, ma le loro opinioni forniscono,
comunque, interessanti indicazioni su preferenze e su aspirazioni
occupazionali. Inoltre, avremo modo di confrontare, in più di un’occasione,
i giudizi dati dai rispondenti dell’indagine via web con quelli espressi dagli
intervistati nella rilevazione telefonica: questo permetterà di mostrare che le
valutazioni espresse dai due campioni presentano un elevato grado di
convergenza.
31
Bisogna sottolineare, in particolare, che le valutazioni prese in considerazione esprimono
molto più il punto di vista dei maschi (71% dei rispondenti alla rilevazione web) che quello
delle femmine (29%) e sono maggiormente rappresentative delle opinioni dei giovani
settentrionali (73%, con forte sovra-rappresentazione dei residenti in Lombardia) che di
quelli meridionali. SI rimanda all’appendice metodologica per il dettaglio delle
caratteristiche campionarie.
61
I giovani e il lavoro
5.1 La desiderabilità sociale delle professioni
A
abbiamo sottoposto ai rispondenti dell’indagine via web un elenco di
dodici professioni che rappresentano, a grandi linee, il mercato del
lavoro ed abbiamo chiesto loro di ordinarle secondo un giudizio di
desiderabilità sociale. Inoltre, al fine di comprendere le motivazioni
sottostanti ai giudizi dati, abbiamo chiesto di valutare, per ciascuna
professione, quali gratificazioni essa offra in termini finanziari, di utilità
sociale e di soddisfazione personale. Per ciascuna di queste tre dimensioni
di giudizio, i rispondenti dovevano dare un voto da 1 a 10.
Nella tabella sottostante abbiamo riportato, per ogni occupazione, la quota
di giovani che la collocano tra le tre più ambite e la quota di soggetti che,
invece, la considerano tra le tre meno attraenti.
Tab. 5.1 La desiderabilità sociale di 12 professioni
all’indagine via web (%)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Direttore di quotidiano nazionale
Giudice
Attore cinematografico
Medico di pronto soccorso
Imprenditore (settore abbigliamento)
Commercialista laureato
Operaio metalmeccanico
Progettista di siti internet
Portiere di abitazione
Commesso
Elettricista
Cassiere di banca
Totale= 1913
% tra i primi 3
lavori preferiti
72
69
37
36
30
17
9
8
8
7
6
4
rispondenti
% tra gli ultimi 3
lavori preferiti
8
8
14
6
10
5
66
9
79
63
21
15
Ebbene, la professione posta al vertice di questa graduatoria è quella di
direttore di un quotidiano nazionale. I lettori del Corriere della Sera,
insomma, ritengono che il direttore del proprio giornale occupi la posizione
più ambita tra quelle considerate. Il 72% dei rispondenti, infatti, indica
questa professione tra le tre più prestigiose e solo l’8% tra le meno
62
I giovani e il lavoro
prestigiose. Inoltre, quasi un soggetto su tre la considera come la
professione più ambita in assoluto tra le 12 esaminate.
Le motivazioni sottostanti a questo primato sono presto dette. Il direttore di
un quotidiano nazionale occupa la posizione ritenuta più gratificante in
termini di soddisfazione personale (voto medio pari 8,5)32 e, al contempo, si
reputa che essa garantisca elevati ritorni economici (voto medio 8,1). Infine,
questa professione è considerata la terza più nella graduatoria di utilità
sociale. Quest’ultimo giudizio potrebbe apparire, forse, tra quelli che
sorprendono maggiormente, ma non dobbiamo dimenticare che i rispondenti
della web survey sono lettori, più o meno assidui, di un quotidiano.
Nella graduatoria di desiderabilità sociale segue, a distanza molto
ravvicinata, la professione di giudice. Essa riceve una valutazione
complessiva assai prossima a quella del direttore di quotidiano, come si può
desumere sempre dalla tabella 5.1. Le motivazioni dietro questa opinione,
però, sono in parte diverse. Il reddito e la soddisfazione personale associati a
questa professione sono elevati, ma l’aspetto valorizzato maggiormente è la
sua utilità sociale, ritenuta seconda solo a quella del medico di pronto
soccorso. I nostri rispondenti esprimono, dunque, notevole “ammirazione”
per il lavoro dei giudici.
Il direttore di quotidiano ed il giudice sono, di gran lunga, le professioni più
gradite. Nella graduatoria di prestigio sociale troviamo, successivamente, un
gruppo di tre occupazioni assai diverse tra loro: l’attore, il medico e
l’imprenditore nel settore dell’abbigliamento con venti dipendenti. Esse
ottengono giudizi complessivi di gradimento di entità comparabile. Si noti
che la prima di queste professioni risulta piuttosto ambita, ma al contempo
essa evidenzia una quota relativamente alta di giudizi negativi. Il suo status
privilegiato appare, per così dire, un po’ più incerto. Non è difficile capire
perché. Da un lato, il mestiere di attore viene considerato come
l’occupazione meglio retribuita tra le dodici esaminate ed è reputato come
una di quelle che offrono le maggiori opportunità di gratificazione
personale. Dall’altro lato, questo lavoro è ritenuto quello meno utile da un
punto di vista sociale. Insomma, fare l’attore è un mestiere bello e redditizio
ma futile, secondo i nostri rispondenti.
E’ interessante osservare che il medico di pronto soccorso ottiene una
valutazione di desiderabilità sociale complessiva assai prossima a quella
dell’attore, ma sulla base di motivi radicalmente opposti. Questa
professione, infatti, è ritenuta la più utile da un punto di vista sociale e la
seconda quanto a soddisfazioni personali, ma i rispondenti pensano che essa
32
Si ricorda che la scala dei giudizi varia da 1 (minima soddisfazione) a 10 (massima
soddisfazione)
63
I giovani e il lavoro
garantisca ritorni finanziari modesti (media di voti pari a 6,6 nelle
valutazioni sulle soddisfazioni economiche annesse - un voto persino al di
sotto di quello assegnato agli elettricisti). Questa discrasia tra utilità sociale
e rendimenti monetari segnala che, in base al giudizio dei nostri rispondenti,
il medico di pronto soccorso è una professione nettamente sotto-pagata.
E’ significativo che il commercialista laureato, sebbene collocabile a pieno
titolo entro le occupazioni delle classi superiori, rientri tra le tre professioni
più prestigiose solo per il 17% dei nostri rispondenti. Questo accade perché
tale lavoro viene giudicato non troppo utile da un punto di vista sociale, ma
soprattutto povero di gratificazioni personali (media pari a 6,5). Insomma, il
commercialista non riveste una particolare attrattiva nell’immaginario delle
nuove generazioni.
Un terzo ed ultimo gruppo di lavori, che raccoglie tutti quelli di tipo
manuale33, è ritenuto tra i più desiderabili in meno del 10% dei casi e, molto
più spesso, copre invece le mansioni giudicate meno attraenti. Tra queste
rientra l’operaio metalmeccanico, giudicato come la penultima posizione,
tra le dodici considerate, quanto a soddisfazioni economiche e personali, ma
la quinta per quanto riguarda il livello di utilità sociale. Come dire che si
attribuisce ancora valore, in qualche misura, all’idea di occupazione
produttiva associata a questo tipo di lavoro manuale. Infine, i cassieri di
banca, i commessi ed i custodi vengono posti nelle posizioni più basse di
questa graduatoria di desiderabilità sociale ed i giudizi disaggregati
confermano questa valutazione complessiva.
E’ possibile valutare il prestigio sociale delle dodici professioni assegnando
a ciascuna d’esse, in base alla posizione in graduatoria assegnatale da
ciascun rispondente, un punteggio complessivo di desiderabilità sociale. Si
può calcolare, successivamente, la media dei giudizi così ottenuti per ogni
occupazione. Questo approccio consente una valutazione un po’ meno
intuitiva, ma sicuramente più rigorosa, del prestigio delle dodici professioni.
I risultati così ottenuti vengono riportati nella tabella sottostante. Come si
vede, le precedenti analisi risultano ampiamente confermate. Basti osservare
33
La bassa collocazione attribuita al progettista di siti internet risente, con ogni probabilità,
di un “effetto di questionario”, dato che questa professione era l’ultima da collocare nella
graduatoria e, non a caso, ha ricevuto una valutazione particolarmente bassa. Infatti, quando
passiamo a considerare le valutazioni relative ai diversi tipi di gratificazione (personale,
economica e di utilità sociale) associati a questo lavoro, esso si colloca in posizione
intermedia nella graduatoria di desiderabilità sociale, tipicamente al di sopra delle
professioni manuali. Questo accade perché le valutazioni specifiche non risentono degli
effetti di questionario, presenti invece nella valutazione complessiva.
64
I giovani e il lavoro
che l’ordine delle prime cinque professioni rimane immutato, fatto salvo lo
slittamento dalla terza alla quinta posizione del mestiere di attore.
Tab. 5.2 - La desiderabilità sociale di 12 professioni: punteggi medi di
status sociale dei rispondenti all’indagine via web (%)
• Direttore di quotidiano nazionale
• Giudice
• Medico di pronto soccorso
• Imprenditore (settore abbigliamento)
• Attore
• Commercialista laureato
• Progettista di siti internet
• Cassiere di banca
• Elettricista
• Commesso
• Operaio metalmeccanico
• Portiere di abitazione
Totale=1913
Punteggio di status
(scala de LilloSchizzerotto)
79,6
76,8
66,9
65,1
61,4
60,9
47,4
38,7
37,5
24,8
24,6
17,1
E’ possibile, inoltre, effettuare un’ulteriore analisi di controllo della
robustezza dei nostri risultati, riguardante le valutazioni sulle medesime
dodici professioni effettuate dagli intervistati dell’indagine telefonica e,
quindi, da un campione maggiormente rappresentativo.
Tab. 5.3 - La desiderabilità sociale di 12 professioni: punteggi di
soddisfazione dei rispondenti dell’indagine telefonica
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Direttore di quotidiano nazionale
Attore
Imprenditore (settore abbigliamento)
Giudice
Medico di pronto soccorso
Progettista di siti internet
Commercialista laureato
Cassiere di banca
Elettricista
Commesso
Operaio metalmeccanico
Portiere di abitazione
65
Voto medio
da 1 a 10
8,4
8,3
8,1
8
7,9
7,6
7,3
6,9
6,8
5,7
5,7
5,4
I giovani e il lavoro
Nella tabella 5.3, abbiamo riportato il voto medio di desiderabilità sociale,
espresso in una scala che varia da 1 a 10. Anche in questo caso si può
constatare che la gerarchia di gradimento sociale rimane, nei suoi lineamenti
essenziali, invariata. Questo risultato induce ad una cauta fiducia sulla
solidità dei risultati ottenuti tramite l’indagine via web.
5.2 Denaro, espressività ed utilità sociale
Pare utile considerare, in maggiore profondità, le tre dimensioni di giudizio
delle occupazioni cui si è fatto riferimento nella sezione precedente. Per
cominciare, nella tabella 5.4 abbiamo riportato il voto medio di utilità
sociale associato a ciascuna occupazione.
Tab. 5.4 - L’utilità sociale di 12 professioni rispondenti dell’indagine web
(% )
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Medico di pronto soccorso
Giudice
Direttore di quotidiano nazionale
Elettricista
Operaio metalmeccanico
Imprenditore (settore abbigliamento)
Commercialista laureato
Progettista di siti internet
Cassiere di banca
Commesso
Portiere di abitazione
Attore cinematografico
Totale=1913
Media voti
9,3
8,3
7,4
6,9
6,7
6,4
6,1
5,5
5,4
5,3
4,5
4,3
Innanzitutto, possiamo constatare facilmente che l’entità delle differenze
osservate è notevole. Non si tratta di un dato scontato. Infatti, potremmo
chiederci su quale base sia possibile sostenere che il lavoro di un giudice è
più utile alla collettività di quello di un elettricista o di un commesso di un
negozio. La maggioranza degli economisti e dei sociologi sarebbe
probabilmente scettica davanti a questo tipo di giudizi ed osserverebbe che
non esiste alcuna base oggettiva che li possa giustificare. Si è sostenuto
addirittura che, nella misura in cui ciascuna mansione corrisponde ad un
compito richiesto nel mercato, essa è tanto utile quanto le altre. I nostri
rispondenti, però, sembrano avere un’opinione piuttosto diversa. Essi
collocano al vertice della graduatoria di prestigio sociale alcuni lavori che
66
I giovani e il lavoro
presuppongono il possesso di competenze elevate e che coinvolgono ambiti
della vita individuale e collettiva ritenuti centrali (la salute, la giustizia,
l’informazione). Le occupazioni meno qualificate nel settore dei servizi,
viceversa, vengono giudicate maggiormente superflue e le mansioni che
producono risultati diretti e visibili (come l’operaio e l’elettricista) sono
ritenute più utili di professioni burocratiche, quali il commercialista o il
cassiere di banca, che pure presuppongono, tipicamente, maggiori livelli di
istruzione. Si noti, inoltre, che i giudizi in parola non evidenziano
significativi elementi di differenziazione in base al genere, alla zona di
residenza o all’età degli intervistati34.
Se passiamo a considerare le valutazioni inerenti i ritorni finanziari associati
alle diverse professioni, possiamo affermare che le opinioni dei nostri
rispondenti rivelano un buon grado di realismo. La gerarchia che essi
stabiliscono, infatti, sembra riflettere piuttosto verosimilmente le effettive
differenze di reddito. Si nota, inoltre, che la variabilità dei giudizi espressi
riguardo alla dimensione economica appare più contenuta rispetto alle
valutazioni sull’utilità sociale delle professioni - un segnale del fatto che i
primi si basano su criteri meno ambigui. Gli intervistati, dunque, appaiono
maggiormente concordi nelle opinioni date in merito ai ritorni finanziari
delle diverse occupazioni.
Tab. 5.5 Le gratificazioni economiche associate
rispondenti dell’indagine via web (%)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Attore cinematografico
Direttore di quotidiano nazionale
Imprenditore (settore abbigliamento)
Giudice
Commercialista laureato
Elettricista
Medico di pronto soccorso
Progettista di siti internet
Cassiere di banca
Commesso
Operaio metalmeccanico
Portiere di abitazione
Totale=1913
34
a
12
professioni
Media voti
8,6
8,1
7,9
7,7
7,5
6,7
6,7
6,2
5,8
4,1
4,1
4,1
Le differenze tra le categorie messe a confronto risultano di rado significative e non
appaiono mai di entità quantitativamente rilevante.
67
I giovani e il lavoro
Essi indulgono, comunque, in alcune rappresentazioni stereotipate. Un
esempio banale: quando i nostri rispondenti pensano agli attori
cinematografici, hanno in mente la ristretta élite di divi pagati
profumatamente e non la massa di attori di secondo piano che difficilmente
potremmo porre ai vertici della scala di reddito. Inoltre, essi sembrano
enfatizzare eccessivamente i sacrifici economici dei medici, forse anche
perché - ancora una volta - sottovalutano le differenze interne a questa
categoria. Di nuovo, non si riscontrano differenziazioni di rilievo dei
giudizi in base alla zona geografica, al genere o all’età dei rispondenti.
Se passiamo a giudicare la graduatoria di soddisfazione personale,
emergono alcuni spunti interessanti che troveranno conferme più dettagliate
nella prossima sezione. In particolare, il primato del direttore di quotidiano
nazionale si spiega facilmente, in quanto si tratta di una professione
intellettuale di alto profilo che, al contempo, viene collegata al mondo dei
mass-media e della comunicazione. Questo tratto evidenzia una comunanza
con il mestiere di attore che perde, però, in ampia misura la connotazione di
prestigio intellettuale.
Tab. 5.6 Il livello di soddisfazione personale associato a 12 professioni
rispondenti dell’indagine via web (%)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Direttore di quotidiano nazionale
Attore cinematografico
Medico di pronto soccorso
Giudice
Imprenditore (settore abbigliamento)
Progettista di siti internet
Commercialista laureato
Elettricista
Cassiere di banca
Commesso
Operaio metalmeccanico
Portiere di abitazione
Totale=1913
Media voti
8,5
8
8
7,9
7,7
7,1
6,5
6,4
4,4
4
3,9
3,7
La ragioni alla base del successo delle professioni mediche e dei giudici
sembrano, invece, almeno in parte diverse ed appaiono maggiormente
collegate alle elevate responsabilità individuali e sociali annesse a questi
due ruoli lavorativi. Stupisce osservare, infine, che il progettista di siti
internet - una professione collegata alla sfera della tecnologia e della
comunicazione - occupi una posizione di media classifica e venga
68
I giovani e il lavoro
considerato come un impiego meno attraente di molte occupazioni ben più
“tradizionali”
5.3 Alla ricerca della professione ideale
Abbiamo chiesto, infine, ai nostri rispondenti di indicare la professione che,
più di ogni altra, vorrebbero svolgere e quella che, invece, vorrebbero a tutti
i costi evitare. Il medesimo quesito è stato posto sia nell’indagine via web
sia in quella telefonica. Cominciamo da quest’ultima: la graduatoria delle
dieci occupazioni meno amate viene presentata nella figura sottostante.
LE PROFESSIONI MENO AMATE DAI GIOVANI
(rispondenti all’indagine telefonica)
Operaio (132 indicazioni)
Operatore ecologico (84 indicazioni)
Impiegato (49 indicazioni)
Cameriere (49 indicazioni)
Insegnante (46 indicazioni)
Muratore (40 indicazioni)
Medico (35 indicazioni)
Commesso (32 preferenze)
Infermiere (31 preferenze)
Avvocato (22 preferenze)
Il lavoro considerato meno attraente dai giovani è quello dell’operaio,
indicato nel 18% dei casi. Nelle valutazioni dei nostri intervistati, questa
occupazione si “incarna” tipicamente nella figura del metalmeccanico,
addetto alla catena di montaggio e dedito a mansioni ripetitive e faticose.
69
I giovani e il lavoro
Questa figura occupazionale, che forse più di ogni altra simboleggia l’era
fordismo e del taylorismo, assume dunque nell’immaginario giovanile, una
connotazione fortemente negativa. Nella seconda posizione di questa
graduatoria delle occupazioni meno attraenti troviamo gli operatori
ecologici (11,1%). L’associazione con il lavoro sporco e faticoso spiega,
con ogni probabilità, la scarsa desiderabilità sociale annessa a questa figura.
Le novità più interessanti, comunque, emergono nelle posizioni successive.
Subito dopo gli operai e gli operatori ecologici, infatti, i nostri intervistati
indicano le mansioni impiegatizie al terzo posto ed il lavoro di insegnante al
quinto. Due occupazioni che nella generazione dei loro nonni, o addirittura
dei loro padri, erano considerate come mete ambite e simboli di promozione
sociale vengono adesso indicate tra le professioni meno desiderabili dai
giovani. Questo risultato conferma le indicazioni desumibili da altre
ricerche che segnalano il calo nel tempo del grado di desiderabilità sociale
di queste attività lavorative [Schizzerotto 2000; Evans et al. 2001].
Infine, non stupisce affatto che gli intervistati indichino i lavori di
cameriere, muratore e commesso tra i meno desiderabili, ma sorprende
constatare che nella graduatoria delle dieci professioni meno attraenti
trovino posto anche gli avvocati e le professioni mediche. Riguardo a queste
ultime, gli intervistati menzionano soprattutto le figure del chirurgo e
dell’odontoiatra che associano, verosimilmente, ad incarichi di
responsabilità o, più banalmente, a situazioni dolorose (uno dei nostri
rispondenti, ad esempio, indica congiuntamente, come lavoro meno
attraente, il chirurgo ed il macellaio). Non bisogna concludere, peraltro, che
la collocazione di queste due figure professionali tra i lavori meno attraenti
sia necessariamente sintomatica di un loro basso prestigio sociale. La
professione medica rientra, infatti, anche tra quelle più ambite ed apprezzate
dai giovani, come ci accingiamo a vedere.
Il lavoro più desiderato dai giovani italiani è quello di ingegnere: esso
raccoglie 61 preferenze tra i nostri intervistati. Il primato nella graduatoria
di desiderabilità sociale spetta, dunque, ad una professione che si connota
fortemente in senso tecnico-scientifico. Al secondo posto della nostra
graduatoria troviamo la professione medica che raccoglie 53 preferenze.
Questo risultato, dunque, “contro-bilancia” la collocazione di questa stessa
figura professionale tra le dieci meno ambite, evidenziata poco sopra. Pur
trattandosi di una professione tra le più “tradizionali” e consolidate, essa
risulta ancora fortemente attraente per una quota rilevante di giovani. Come
abbiamo già osservato, si apprezza di questo lavoro soprattutto l’utilità
sociale, ma i giovani ritengono anche che esso sia in grado di offrire
notevoli gratificazioni professionali.
70
I giovani e il lavoro
Se guardiamo alle preferenze espresse dai nostri intervistati, sembra
difficile sottrarsi alla conclusione che i giovani siano interessati
prevalentemente a professioni che assai difficilmente potremmo definire
“innovative”. Basti considerare che nella terza e nella quinta posizione della
gerarchia delle preferenze giovanili troviamo il mestiere del commerciante e
l’insegnante. Insomma, tra i lavori più indicati, troviamo quelli più comuni
ed ordinari, mentre le professioni della moda, del turismo, della
comunicazione, dello sport e dello spettacolo raccolgono preferenze assai
più disperse e frammentate.
Fa sicuramente riflettere il fatto che il lavoro di insegnante, identificato da
una quota rilevante di giovani come uno dei meno attraenti, venga
considerato da un’insieme altrettanto consistente di rispondenti come la
professione ideale. E’ possibile che alle valutazioni sulle ridotte
gratificazioni finanziarie e sullo scadimento del prestigio di questa
occupazione si contrapponga la forte valenza vocazionale che essa continua
ad esercitare, evidentemente, per una minoranza significativa di giovani.
Pare interessante osservare, inoltre, che l’ammontare di ricompense
effettive, materiali ed immateriali, associate ad una professione non sempre
corrisponde perfettamente al suo grado di desiderabilità soggettiva. Capita,
così, che il lavoro di insegnante venga citato tra i lavori ideali altrettanto
spesso di quello di avvocato che, peraltro, viene nominato tante volte quante
le mansioni di tipo impiegatizio. Allo stesso modo, può forse sorprendere
che cuochi e pasticceri risultino tra i lavori più menzionati. Benché non si
classifichino tra le dieci posizioni più ambite, anche il ristoratore ed il
barista vengono indicati piuttosto frequentemente. Insomma, i giovani
sembrano piuttosto attratti dalle professioni che ruotano attorno ai piaceri
del cibo, del bere e della convivialità.
A dispetto delle ricorrenti discussioni sulle scarse opportunità che la ricerca
scientifica offre ai giovani in Italia, lavori quali il biologo, il fisico o il
geologo sembrano piuttosto ambiti ed occupano il quarto posto nella
graduatoria di desiderabilità sociale delle occupazioni. Insomma, la scienza
continua ad esercitare un notevole fascino sui giovani. Si noti, inoltre, che il
posto di direttore di giornale quotidiano conferma la sua attrattiva e risulta
tra le dieci professioni più spesso menzionate spontaneamente dai giovani.
Pare interessante, infine, ricordare anche gli assenti di questa graduatoria. In
particolare, sembra degno di nota il fatto che nessuna delle professioni
manageriali, connesse al marketing o alla finanza, spicchi tra le dieci
occupazioni più ambite dai giovani.
71
I giovani e il lavoro
LE PROFESSIONI PIU’ AMBITE DAI GIOVANI
(rispondenti all’indagine telefonica)
Ingegnere (61 preferenze)
Medico (53 preferenze)
Negoziante (51 preferenze)
Ricercatore scientifico (51 preferenze)
Insegnante (49 preferenze)
Avvocato (48 preferenze)
Impiegato (46 preferenze)
Cuoco (38 preferenze)
Psicologo (35 preferenze)
Direttore di giornale (33 preferenze)
I giudizi dati dai rispondenti della rilevazione via web offrono numerose
conferme di quanto detto sinora. In particolare, la professione meno ambita
risulta quella di operaio (22%), seguita ancora una volta da quella di
operatore ecologico (9%). Viene spesso menzionato, inoltre, il portiere di
abitazioni (8%)35. Anche in questo caso, inoltre, le professioni mediche e le
mansioni impiegatizie rientrano tra quelle giudicate come meno attraenti ed
uno dei rispondenti esprime nel seguente modo la propria avversione verso
le seconde: “impiegato - seduto tutto il giorno a fare la stessa cosa”. La
grigia monotonia e la sedentarietà associate a questo genere di ruoli rendono
le mansioni impiegatizie, agli occhi di molti giovani, decisamente poco
attraenti. Per motivi del tutto analoghi, non sorprende che i rispondenti
35
Si ricorderà che il “portiere” era una delle 12 professioni su cui i rispondenti
dell’indagine via web dovevano esprimere le proprie valutazioni: questo spiega, con ogni
probabilità, perché questa figura venga menzionata piuttosto spesso proprio dai rispondenti
della web survey.
72
I giovani e il lavoro
menzionino relativamente spesso anche il lavoro del bancario (6% dei casi)
tra le occupazioni meno attraenti.
E PROFESSIONI MENO AMATE DAI LETTORI
DEL CORRIERE DELLA SERA
(rispondenti all’indagine via web)
Operaio (372 indicazioni)
Operatore ecologico (139 indicazioni)
Portiere (135 indicazioni)
Commesso (106 indicazioni)
Impiegato (102 indicazioni)
Bancario (92 indicazioni)
Muratore (62 indicazioni)
Cassiere (52 preferenze)
Minatore (51 preferenze)
Medico (50 preferenze)
Si noti, però, che l’impiegato è immaginato, spesso, come un dipendente
pubblico e questo, a dispetto delle tradizionali garanzie di cui gode questa
fascia di lavoratori, sembra invece contribuire ad offuscarne ulteriormente
l’immagine. Ancora una volta, troviamo tra i lavori meno graditi anche
quello di commesso, indicato dal 7% dei rispondenti, mentre il cameriere
figura questa volta in dodicesima posizione. Un’occupazione menzionata tra
le dieci meno attraenti nella rilevazione via web (ma non in quella
telefonica) è quella del minatore (3% dei casi): un giudizio che non è
difficile spiegare, in considerazione delle condizioni faticose e ben poco
salubri di svolgimento di questo lavoro.
I giudizi relativi alle professioni più ambite secondo i lettori del Corriere
della Sera evidenziano maggiori elementi di novità, rispetto alla
73
I giovani e il lavoro
corrispondente graduatoria stilata in base ai giudizi dei rispondenti
all’indagine telefonica.
LE PROFESSIONI PIU’ AMBITE DAI LETTORI
DEL CORRIERE DELLA SERA
(rispondenti all’indagine via web)
Imprenditore (164 preferenze)
Direttore di quotidiano (162 preferenze)
Ricercatore scientifico (160 preferenze)
Medico (158 preferenze)
Artista (140 preferenze)
Attore (105 preferenze)
Direttore di banca (87preferenze)
Insegnante (76 preferenze)
Manager (72 preferenze)
Avvocato (69 preferenze)
Diplomatico (62 preferenze)
In particolare, nelle preferenze dei lettori del Corriere, la professione più
ambita è quella di imprenditore che, invece, non trovava neppure spazio tra
le dieci occupazioni preferite nella precedente classifica. Se a questo
risultato aggiungiamo il fatto che due ulteriori novità, tra le professioni più
apprezzate, riguardano il direttore di banca ed il manager, possiamo
concludere che le occupazioni più esplicitamente orientate all’economia ed
alla finanza esercitano una particolare attrattiva sui rispondenti dell’indagine
via web.
Le altre due professioni che compaiono in questa classifica, ma non in
quella relativa alla rilevazione telefonica, sono l’attore e l’artista.
74
I giovani e il lavoro
Specularmente alla predilezione per le occupazioni più “capitalistiche”,
dunque, i lettori del Corriere sognano due lavori dal forte contenuto
espressivo. Possiamo osservare, infine, che essi continuano a menzionare il
direttore di quotidiano tra le professioni più amate: il giornalismo risulta,
anzi, secondo solo alle attività imprenditoriali.
I dati dell’indagine via web confermano, inoltre, l’elevato fascino che
esercitano sui giovani le professioni tecnico-scientifiche. Abbiamo provato a
conteggiare tutte le occupazioni più amate che possono essere comprese
entro questa categoria. Ebbene, il 27% dei lavori menzionati come i più
graditi dagli intervistati rientra all’interno di questa area professionale. Solo
il 4% dei lavori meno amati ne fa parte. Non si rilevano differenze di rilievo
tra maschi e femmine rispetto a questo tipo di giudizi: un segnale ulteriore
di attenuazione delle differenze di genere, dato che le professioni ad alto
contenuto tecnico-scientifico erano, tradizionalmente, appannaggio dei
maschi36.
Un altro dato di notevole interesse riguarda quello che può essere definito
come l’“orientamento cosmopolita” delle professioni [Cavalli 2001]. Questo
aspetto identifica le occupazioni che possono essere associate alla
dimensione del viaggio e della scoperta di nuove culture (es. occupazioni
turistiche), dei rapporti internazionali in ambito economico (es. manager di
una multinazionale) e politico (es. diplomatico). Si tratta, in breve, delle
professioni che sono espressione più diretta della società globale. Ebbene, il
15% delle occupazioni più ambite rientra in questa categoria e praticamente
nessuna delle mansioni giudicate meno attraenti ne fa parte.
Abbiamo provato ad aggregare tra loro le occupazioni connesse alla sfera
del tempo libero e dello svago (animatore turistico, attore, presentatore
televisivo, ecc.) per valutare se, a dispetto della loro presenza marginale
nella graduatoria delle dieci professioni più amate dai nostri rispondenti,
esse fossero comunque apprezzate dai giovani. Si può supporre, infatti, che
data la notevole eterogeneità di queste figure professionali, nessuna di esse
raggiunga un’entità quantitativamente elevata tra le più ambite, se presa
singolarmente.
Considerate
congiuntamente,
queste occupazioni
evidenziano una consistenza non trascurabile tra i lavori più amati dai
giovani.Il 16% delle professioni “ideali”, in base ai giudizi dei rispondenti
dell’indagine via web appartiene alla categoria in parola37.
Un’ultima linea di analisi riguarda la posizione di classe delle professioni
più ambite. Queste sono state collocate all’interno di uno schema di
36
Neppure le differenze in base alla zona geografica di residenza risultano significative.
37
Anche in questo caso, le differenze in base al genere ed alla zona geografica di residenza
non risultano rilevanti.
75
I giovani e il lavoro
classificazione occupazionale38 articolato nel seguente modo: a) dirigenti e
quadri; b) occupazioni elevate in ambito culturale (es. direttore di
quotidiano); c) professioni ad alto contenuto tecnico svolte in posizione
autonoma (es. perito tecnico); d) imprenditori ed amministratori; e) artigiani
e commercianti, coltivatori diretti; f) impiegati direttivi; g) insegnanti e
tecnici a medio livello di qualifica; h) operai ed impiegati esecutivi39; i)
lavoratori manuali dei servizi e dell’agricoltura. Nel grafico sottostante,
riportiamo le professioni più gradite dagli intervistati, aggregate in base al
suddetto schema occupazionale.
Graf. 5.1 Le aree occupazionali più ambite (%- Base = 1852)
altre occupazioni
12%
occupazioni
dirigenziali
34%
occupazioni
imprenditoriali
11%
occupazioni
tecniche
21%
occupazioni
giornalistiche e
culturali
22%
Come si può facilmente constatare, la quasi totalità delle professioni più
ambite si colloca nelle posizioni di classe superiore, al punto che le aree
38
Questo approccio permette di limitare la visione parziale ed in parte frammentaria che si
ottiene dall’analisi dei singoli item professionali, dove le scelte di aggregazione delle
specifiche categorie lavorative condizionano necessariamente i risultati finali che si
ottengono.
39
Si tratta di uno schema ottenuto tramite aggregazione delle categorie della scala de LilloSchizzerotto di prestigio delle occupazioni. Va da sé che la collocazione delle diverse
professioni entro questa classificazione ha carattere indicativo e congetturale, almeno in
una quota significativa di casi, dato che le informazioni a disposizione non sono
perfettamente dettagliate.
76
I giovani e il lavoro
professionali associabili alle posizioni di classe media ed al lavoro manuale
formano una categoria residuale (“altre occupazioni”) che interessa circa un
intervistato su dieci. Questo significa che la generalità dei giovani colloca il
proprio lavoro ideale nelle professioni di élite. Viceversa, solo il 15% delle
mansioni indicate come meno attraenti rientra nelle classi superiori ed il
61% può essere collocato, invece, entro la classe operaia. Nel complesso,
dunque, le aspirazioni occupazionali dei giovani sembrano ben poco
“idealistiche” ed appaiono invece orientate, piuttosto pragmaticamente,
verso le occupazioni di classe superiore. Insomma, nella maggioranza dei
casi, “il lavoro dei sogni” è un’occupazione ben retribuita e saldamente
collocata ai vertici della gerarchia di autorità.
5.4 L’identikit del lavoro ideale
Le indicazioni emerse in questo approfondimento da un lato confermano i
risultati del precedente capitolo e dall’altro consentono di specificarne più
accuratamente le conclusioni. Le conferme riguardano le caratteristiche di
un lavoro maggiormente valorizzate ed apprezzate dai giovani: la sicurezza
occupazionale, i ritorni economici e le soddisfazioni personali. Le
professioni più amate dai giovani rappresentano, nella generalità dei casi,
una “ragionevole sintesi” tra queste tre istanze.
Ma quali occupazioni offrono le maggiori gratificazioni personali? Quattro
aspetti emergono chiaramente. Innanzitutto, abbiamo visto che i giovani
sono spesso attratti da quelle che abbiamo definito come le professioni
cosmopolite, o se si preferisce dai lavori della società globale, ossia quelli
maggiormente proiettati verso una dimensione internazionale (si tratti del
direttore di un villaggio turistico, del manager occupato presso una
multinazionale, del diplomatico, e così via).
In secondo luogo, i giovani appaiono attratti dalle professioni connesse alla
sfera intellettuale (come il direttore del quotidiano e, su un piano inferiore,
lo stesso insegnante) ed a quella tecnico-scientifica (l’ingegnere, ma anche il
medico, il biologo ed i ricercatori in generale). Insomma, il sapere continua
ad esercitare un notevole fascino sulle nuove generazioni.
In terzo luogo, la soddisfazione personale può trovare modo di esprimersi in
incarichi che coniugano alti livelli di responsabilità e di utilità sociale, come
quello di medico o di giudice. Si noti però che il medico viene, al contempo,
indicato tra le dieci professioni che i nostri intervistati non vorrebbero mai
svolgere. E questo ci porta alla quarta considerazione. Quello che sembra ad
alcuni giovani un aspetto attraente di una professione (es. elevate
77
I giovani e il lavoro
responsabilità nel lavoro), può apparire ad altri come qualcosa da evitare.
Allo stesso modo, quello che viene giudicato un lavoro tra gli svalutati,
ossia l’insegnante, viene considerato da altri rispondenti come il lavoro
ideale. Insomma, nelle valutazioni che abbiamo descritto, si manifesta una
rilevante componente idiosincratica delle preferenze occupazionali.
Al contempo, abbiamo visto che i giovani si dimostrano piuttosto attenti alle
concrete ed effettive ricompense associate alle diverse professioni ed
aspirano, nella maggioranza dei casi, a lavori di élite. L’elemento
vocazionale ed idealistico esiste (viene da pensare, nuovamente, alla
professione di insegnante), ma è saldamente radicato in valutazioni assai
pragmatiche. A dimostrazione di questo fatto abbiamo trovato, tra i lavori
preferiti, anche alcune occupazioni molto “comuni” (come il negoziante, il
commerciante, il barista) che, verosimilmente, vengono apprezzate anche
perché ritenute accessibili. I desideri individuali, in altre parole, sono spesso
influenzati dalla percezione delle effettive opportunità a disposizione [Elster
1998].
Abbiamo osservato, infine, che le valutazioni espresse dai rispondenti non
variano in modo sistematico in base al genere, all’età ed alla zona
geografica di residenza degli intervistati. Di nuovo, se focalizziamo
l’attenzione su alcune singole professioni, è evidente che alcune differenze
emergono. Ad esempio, l’ingegnere si connota, prevalentemente, come un
lavoro “maschile” e l’insegnante, invece, come una professione
“femminile”. Ma se guardiamo ai grandi raggruppamenti professionali, ai
criteri di giudizio (orientamento cosmopolita, al tempo libero, ecc.) ed alle
valutazioni sui livelli di soddisfazione personale, di utilità sociale e di
reddito associati alle dodici professioni idealtipiche prese in considerazione,
possiamo concludere che gli elementi di convergenza e di consenso
prevalgono ampiamente.
78
I giovani e il lavoro
Conclusioni
I
l lavoro occupa ancora un posto importante nella vita dei giovani.
Naturalmente, anche i dati della nostra ricerca confermano che esso viene
posto al di sotto della “sfera sacra” degli affetti: la famiglia, l’amore,
l’amicizia. Al contempo, abbiamo visto che al lavoro si attribuisce
un’importanza prioritaria rispetto allo svago ed al tempo libero. L’immagine
di una realtà giovanile interessata esclusivamente al divertimento e “chiusa”
interamente nel proprio presente sembra essere, dunque, poco più di uno
stereotipo. Anche perché, come abbiamo visto, la maggioranza dei giovani
ha spesso contatti precoci e frequenti con il mondo del lavoro, sebbene
spesso solo di natura intermittente. Il mondo dei “lavoretti” fa parte
dell’esperienza di vita delle nuove generazioni [Chiesi 2002].
I giovani mostrano di avere preoccupazioni assai concrete nei confronti del
lavoro. Il denaro e la sicurezza occupazionale sono collocati, all’unanimità,
al vertice della loro gerarchia di priorità. Si badi bene: le nuove leve non
sono una “generazione materialista”. La crescita professionale e, soprattutto,
la realizzazione personale rappresentano dimensioni dell’esperienza
lavorativa che vengono percepite come fondamentali dalla quasi totalità
degli intervistati. Prima di preoccuparsi di queste cose, però, si è ben
consapevoli che la priorità assoluta è inserirsi nel mercato del lavoro,
ottenere uno stipendio adeguato e garantirsi un minimo grado di sicurezza
occupazionale – se non subito, almeno nel medio periodo.
I nostri intervistati sono al corrente delle difficoltà che incontreranno per
realizzare questi obiettivi. Abbiamo visto, ad esempio, che meno di un
giovane su sei dichiara che trovare lavoro sia un compito facile per le nuove
generazioni. Il primo problema è, anzi, proprio quello di varcare la porta
d’ingresso di un mercato del lavoro che, certamente, non appare troppo
accogliente ai nostri intervistati. Il secondo problema è inserirsi stabilmente.
Da questo punto di vista, l’importanza annessa alla sicurezza occupazionale
o ai ritorni monetari del lavoro appaiono emblematici.
In questa situazione, le aspirazioni di realizzazione personale attraverso
l’occupazione svolta vengono riposte nel futuro, più che nel presente. Il
“lavoro ideale” appartiene al domani. Ed in quel domani i giovani si vedono
realizzati. L’ampia maggioranza dei nostri intervistati, infatti, prevede che
sarà molto soddisfatta del proprio lavoro tra dieci anni. A dispetto delle
difficoltà del presente – o, forse, proprio in ragione di queste - i giovani
nutrono elevate aspettative di realizzazione professionale e credono nella
79
I giovani e il lavoro
possibilità di ottenere riconoscimento per le proprie competenze e
prestazioni. Uno dei (pochi) aspetti di scarso realismo presenti nelle
valutazioni dei nostri intervistati riguarda, anzi, proprio la sopravvalutazione
del grado di meritocrazia del nostro mercato del lavoro.
Il “lavoro dei sogni”, dunque, viene proiettato nel futuro – anche perché,
come abbiamo visto nel primo capitolo, pochi giovani occupano già le
posizioni più prestigiose. Se proviamo a tracciare l’identikit del lavoro
ideale, possiamo dire che esso garantisce elevate sicurezze e gratificazioni
materiali, ma offre anche soddisfazioni di natura simbolica ed espressiva.
Queste ultime sembrano connesse, prevalentemente, al legame con la sfera
del sapere, dell’informazione e della ricerca scientifica, ma anche
all’orientamento cosmopolita della professione desiderata. Un altro aspetto
degno di nota emerso dalle nostre analisi riguarda la possibilità che le
soddisfazioni personali si “alimentino” nell’utilità sociale della professione
desiderata (è il caso del giudice o del medico di pronto soccorso), ma solo a
condizione che questa venga percepita come altamente qualificata ed
associata ad incarichi di elevata responsabilità.
In attesa del lavoro ideale, come si possono fronteggiare le difficoltà
presente? Come si possono aggirare i problemi attuali di inserimento nel
mercato del lavoro? Nel dibattito tra gli studiosi del mercato del lavoro, due
“ricette” hanno ricevuto particolare attenzione. La prima soluzione è quella
di favorire la diffusione di lavori flessibili. I giovani si dimostrano piuttosto
aperti verso questa possibilità, non solo verso il part-time, ma anche nei
confronti dei lavori a tempo determinato (pare assai significativo il fatto che
sette rispondenti su dieci ne incoraggino una maggiore diffusione).
Non a caso, sono soprattutto le donne, gli studenti ed i disoccupati le
categorie più favorevoli alle misure di flessibilizzazione del mercato del
lavoro. Questi giudizi possono apparire contraddittori rispetto alle
valutazioni sull’importanza della sicurezza occupazionale, ma non è così. I
giovani, in realtà, si dimostrano piuttosto pragmatici e sono pronti ad
accettare una certa dose di precarietà all’inizio delle proprie carriere, se
questo permette loro di inserirsi in un mercato del lavoro che tende a
penalizzarli notevolmente. Al contempo, chiedono che questa fase di
inserimento sia temporanea. Non intendono quindi essere esposti, per tutto
il corso della propria vita, al continuo rischio di perdere il lavoro.
La seconda possibile ricetta pagata per facilitare l’inserimento dei giovani
nel mercato del lavoro, così come la loro stabilizzazione occupazionale, è
investire in formazione. I giovani non sembrano particolarmente
consapevoli dell’importanza di questa seconda ricetta: soprattutto, sembrano
sottovalutare la rilevanza di una gamma di competenze comunicative ed
80
I giovani e il lavoro
organizzative che, invece, risultano decisive nelle economie contemporanee,
secondo un giudizio pressoché unanime degli studiosi.
I giovani danno una valutazione meno negativa di quanto si pensi
comunemente sulla qualità della propria formazione scolastica, soprattutto
se hanno raggiunto la laurea e se sono chiamati a giudicare l’acquisizione di
competenze linguistiche e comunicative. Questo sembra indurli, però, ad
accettare opinioni sul proprio fabbisogno formativo che “peccano” di
miopia. Si comprende la rilevanza delle attività formative che garantiscono
una competenza immediata (usare il PC, apprendere una lingua straniera o
una nuova competenza tecnica), ma si capisce meno, ad esempio, quanto sia
importante sapere valorizzare il proprio lavoro e riuscire a presentare
efficacemente i risultati ottenuti.
Si noti, inoltre, che i soggetti meno aperti nei confronti della formazione
continua sono gli occupati e quanti giudicano negativamente le proprie
esperienze educative passate. In molti casi, questi giovani sembrano
considerare definitivamente chiusa la fase della propria vita dedicata
all’apprendimento. A costoro si contrappone una minoranza di giovani
fortemente motivati, per i quali lo svolgimento delle attività formative fuori
dall’orario di lavoro ed eventualmente anche a pagamento non costituiscono
un problema.
Questo ci porta a suggerire che, prima ancora di aumentare l’offerta di
attività di formazione continua e di aggiornamento professionale, sembra
necessario favorire l’acquisizione di una maggiore consapevolezza della
loro rilevanza presso le nuove generazioni. E’ forse questa l’indicazione di
policy più urgente che emerge dal nostro rapporto: fare capire più
compiutamente ai giovani che investire nel proprio futuro significa anche, e
forse soprattutto, investire nella propria formazione - e continuare a farlo
anche quando avranno varcato la soglia d’ingresso del mercato del lavoro.
81
I giovani e il lavoro
Bibliografia
Accornero A. et al., Il lavoro possibile, L’Unità, Roma, 1986
Buzzi C., Cavalli A., de Lillo A., Giovani di fine secolo. Quinto rapporto
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Cavalli A. (a cura di), Gli insegnanti nella scuola che cambia. Seconda
indagine IARD sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana, il
Mulino, Bologna, 2000
Cavalli A., Facchini C., Scelte cruciali. Indagine IARD su giovani e famiglie
di fronte alle scelte alla fine della scuola secondaria, il Mulino, Bologna,
2001
Chiesi A., La trasformazione del lavoro giovanile, in Buzzi C., Cavalli A.,
de Lillo A., Giovani di fine secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione
giovanile in Italia, il Mulino, Bologna, 2002
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contempory Italy, in Shavit Y., Mueller W. (a cura di), From School to
work, Oxford University Press, Oxford, 1998
Elster J., Una cassetta degli attrezzi per le scienze sociali, il Mulino,
Bologna, 1998
Evans G., Mills C., Testing the EGP scheme, in British Journal of
Sociology, 22, 1, 2001
Gallie D., White M., Employee commitment and the skills revolution,
Oxford University Press, Oxford, 2002
IEA, Literacy for the new age, IEA, New York, 1999
Inglehart R., La società postmoderna, Franco Angeli, Milano, 1990
Istat, 2003, Indicatori regionali di sviluppo, base dati accessibile al sito:
awww.istat.it
Ocse, Reading for change, Ocse, Parigi, 2002
Reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, il Mulino, Bologna, 2002
(1997)
Sartori F., La giovane coppia, in Buzzi C., Cavalli A., de Lillo A., Giovani
di fine secolo. Quinto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia, il
Mulino, Bologna, 2002
82
I giovani e il lavoro
Schizzerotto A., La condizione sciale e la carriera lavorativa degli
insegnanti italiani, in Cavalli A. (a cura di), Gli insegnanti nella scuola che
cambia, il Mulino, Bologna, 2000
Schizzerotto A., Vite ineguali, il Mulino, Bologna, 2003
83
I giovani e il lavoro
La nota metodologica
I dati presentati in questo rapporto provengono da due rilevazione distinte,
una mediante metodologia CATI e una mediante web.
La rilevazione CATI
La prima indagine è stata realizzata tramite la somministrazione telefonica
di un questionario strutturato ad un campione di 1.404 giovani italiani di età
compresa tra i 18 e i 30 anni.
Le interviste sono state effettuate nella seconda metà di gennaio 2004 (tra il
12 e il 23) tramite la tecnica di rilevazione CATI (Computer Assisted
Telephone Interviewing).
Tab. 1
Quote per genere e per regione di provenienza (valori assoluti)
Regione
• Nord Ovest
• Nord Est
• Centro
• Sud e isole
Maschi
Femmine
Totale per regione Totale per area
Piemonte
50
48
98
Valle d'Aosta
1
2
3
Liguria
17
15
32
Lombardia
110
108
218
Trentino Alto Adige
16
16
32
Veneto
76
78
154
Friuli V. Giulia
18
19
37
Emilia Romagna
64
62
126
Marche
24
23
47
Toscana
55
52
107
Umbria
14
13
27
Lazio
87
84
171
Campania
50
50
100
Abruzzo
10
10
20
Molise
3
2
5
Puglia
36
35
71
Basilicata
5
6
11
Calabria
17
17
34
Sicilia
42
41
83
Sardegna
14
14
28
84
351
349
352
352
I giovani e il lavoro
Il piano campionario è stato costruito in modo tale da essere rappresentativo
dell’intera popolazione giovanile nazionale in riferimento alla distribuzione
– oltre che per età – per genere e regione di provenienza, secondo quanto
riportato dai dati ISTAT sulla popolazione residente al 1° gennaio 2001 in
www.demo.istat.it; inoltre, è stato inserito il vincolo dello stato
occupazionale all’interno di ciascuna area40.
Il campione non è proporzionale alla popolazione per area geografica. Ciò al
fine di avere un numero di casi tale da consentire stime all’interno di
ciascuna di esse. Nelle elaborazioni a livello nazionale, i dati sono stati
opportunamente ponderati.
Nelle tabelle (1, 2 e 3) riportiamo il campione ottenuto al termine della
rilevazione.
Tab. 2
Quote per fascia d’età e per area di provenienza (valori assoluti)
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
•
18-20
57
61
61
76
•
21-25
127
127
132
137
•
26-30
167
161
159
139
351
349
352
352
Totale
40
I dati sulla composizione della popolazione in base allo stato occupazionale sono ripresi
dall’Indagine Multiscopo del 1999.
85
I giovani e il lavoro
Tab. 3
Quote per fascia d’età, per area di provenienza e per stato
occupazionale (valori assoluti)
• Nord Ovest
• Nord Est
• Centro
• Sud e isole
Età
Occupati
Disoccupati
Inattivi
18-20
25
9
23
21-25
60
8
59
26-30
130
11
26
Totale
215
28
108
18-20
20
5
36
21-25
85
6
36
26-30
110
17
34
Totale
215
28
106
18-20
19
11
31
21-25
65
11
56
26-30
83
25
51
Totale
167
47
138
18-20
12
22
42
21-25
33
38
66
26-30
59
32
48
Totale
104
92
156
Totale
351
349
352
352
La rilevazione web
La seconda indagine è avvenuta tramite web: tra il 16 gennaio e il 2 febbraio
2004 sui siti di Corriere lavoro, Adecco e Istituto Iard Franco Brambilla è
stato proposto un breve questionario autocompilato.
In questo caso non è stato possibile predisporre un piano di campionamento,
poiché qualunque utente connesso ai siti poteva accedere alla compilazione
del questionario senza alcun vincolo di età, genere, provenienza geografica,
etc.
Riportiamo di seguito le principali caratteristiche del campione ottenuto.
86
I giovani e il lavoro
Tab. 4
Composizione del campione per genere (valori assoluti)
•
Maschi
•
Femmine
•
Non indica
Totale
Tab. 5
Frequenza
Percentuale
1.500
70.9
616
29.1
3
0.1
2.119
100
Composizione del campione per fascia d’età (valori assoluti)
Frequenza
Percentuale
•
15-25 anni
326
15.4
•
26-35 anni
963
45.4
•
36-45 anni
490
23.1
•
46-55 anni
198
9.3
•
56-65 anni
95
4.5
•
66-84 anni
18
0.8
•
Non indica
29
1.4
2.119
100
Totale
87
I giovani e il lavoro
Tab. 6
Composizione del campione per regione di residenza (valori
assoluti)
Regione
Frequenza
Percentuale
•
•
•
•
Piemonte
Valle d'Aosta
Liguria
Lombardia
93
5
54
876
4.4
0.2
2.5
41.3
•
Trentino Alto Adige
36
1.7
•
•
Veneto
Friuli V. Giulia
136
44
6.4
2.1
•
Emilia Romagna
128
6.0
Centro
•
•
•
•
Marche
Toscana
Umbria
Lazio
34
110
27
249
1.6
5.2
1.3
11.8
Sud e isole
• Campania
• Abruzzo
• Molise
• Puglia
• Basilicata
• Calabria
• Sicilia
• Sardegna
• Non indica
Totale
75
34
7
53
14
33
57
50
4
2.119
3.5
1.6
0.3
2.5
0.7
1.6
2.7
2.4
0.2
100
condizione
occupazionale
Nord Ovest
Nord Est
Tab. 7
Composizione del
(valori assoluti)
campione
per
Frequenza
Percentuale
•
Occupato
1.699
80.2
•
Studente
230
10.9
•
Disoccupato
70
3.3
•
In cerca di prima occupazione
53
2.5
•
Pensionato
43
2.0
•
Casalinga
10
0.5
•
Servizio di leva/Servizio civile
8
0.4
•
Inabile
2
0.1
•
Non indica
4
0.1
2.119
100
Totale
88
I giovani e il lavoro
Tab. 8
Composizione del campione per titolo di studio (valori assoluti)
Frequenza
Percentuale
4
0.2
• Licenza media/avviamento
professionale
70
3.3
•
Diploma di maturità
843
39.8
•
Laurea
1.198
56.5
•
Non indica
4
0.2
•
Licenza elementare
Totale
89
I giovani e il lavoro
Lo strumento di rilevazione
Questionario CATI
➀ Maschio
➁ Femmina
1.
Genere:
2.
Anno di nascita: ______
3.
Può indicarmi qual è il Comune in cui risiede abitualmente?
Comune ____________________________
4.
Qual è l'ultima scuola che ha completato (prendendo una licenza, un diploma, la
maturità, ecc.)?
➀
➁
➂
➃
➄
➅
➆
⑧
⑨
⑩
5.
Provincia _____
Nessun titolo
Scuola elementare
Scuola media inferiore
Scuola media superiore (qualifica professionale 2 o 3 anni)
Scuola media superiore (diploma di 4 o 5 anni)
Diploma para-universitario o corsi professionali post-secondaria (2 o 3 anni)
Diploma universitario (laurea breve)
Laurea tradizionale-vecchio ordinamento
Laurea triennale
Laurea quinquennale (triennio+biennio)
Lei ha mai svolto le seguenti attività lavorative?
• “Lavoretti” occasionali saltuari
• “Lavoretti” continuativi nel tempo (es. cameriere nei
fine settimana)
Sì
No
➀
➁
➀
➁
• Lavoro a tempo determinato di durata inferiore
ai 2 mesi
• Un unico lavoro a tempo determinato di durata
continuativa superiore ai 2 mesi ed inferiore ad un anno
➀
➁
➀
➁
• Un unico lavoro a tempo determinato della durata
continuativa di almeno un anno
• Un lavoro a tempo indeterminato
➀
➀
➁
➁
90
I giovani e il lavoro
6. Attualmente qual è la Sua condizione lavorativa, quindi quella che occupa la maggior
parte del Suo tempo?
➀ Lavoro dipendente
➁ Lavoro autonomo
➂ Lavoro parasubordinato
➃ Lavoro occasionale o saltuario
➄ Disoccupato
➅ In cerca di prima occupazione
➆ Invalido
⑨ Casalinga
⑨ Studente senza alcun tipo di occupazione
⑩ Prevalentemente studente, ma con qualche occupazione
6a.
Se dipendente:
(1) Dirigente
(2) Quadro / funzionario direttivo
(3) Insegnante
(4) Impiegato di concetto
(5) Impiegato esecutivo
(6) Capo operaio
(7) Operaio specializzato o qualificato
(8) Operaio comune
(9) Apprendista
(10) Altro:______________________
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
Domanda 6a
Domanda 6b
Domanda 6c
Domanda 6c
Domanda 17
Domanda 17
Domanda 22
Domanda 17
Domanda 17
Domanda 17
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
Domanda 6aa
6aa. E in particolare, Lei ha un contratto di impiego? Di che tipo?
(1) Sì, contratto d’assunzione a tempo pieno indeterminato
➜ Domanda 7
(2) Sì, contratto d’assunzione a tempo parziale indeterminato ➜ Domanda 7
(3) Sì, contratto d’assunzione a tempo pieno determinato
➜ Domanda 7
(4) Sì, contratto d’assunzione a tempo parziale determinato
➜ Domanda 7
(5) Sì, contratto di lavoro temporaneo (interinale)
➜ Domanda 7
(6) Sì, contratto di lavoro a manodopera in leasing
➜ Domanda 7
(7) Sì, contratto di lavoro intermittente (a chiamata)
➜ Domanda 7
(8) No, ho un impiego senza contratto d’assunzione
➜ Domanda 7
(9) Altro:______________________________
➜ Domanda 7
91
I giovani e il lavoro
6b. Se lavoratore autonomo e in particolare:
(1) Imprenditore (15 o più dipendenti)
(2) Libero professionista (iscritto a un albo professionale)
(3) Lavoratore autonomo non iscritto a un albo professionale
(4) Artigiano
(5) Commerciante
(6) Coltivatore diretto
(7) Coadiuvante familiare
(8) Socio di cooperativa
(9) Prestazione professionale con partita IVA
(10) Altro ___________________________
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
➜
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
Domanda 7
6c. In particolare
(1) Prestazione coordinata e continuativa senza vincolo
di subordinazione con iscrizione
alla gestione INPS/lavoro a progetto
➜ Domanda 7
(2) Collaborazione a progetto
➜ Domanda 7
(3) Collaborazione occasionale (R.A. 20%)
➜ Domanda 7
(3) Prestazione professionale con partita IVA
➜ Domanda 7
(4) Altro: ___________________________
➜ Domanda 7
SOLO A CHI LAVORA
Pensi al Suo lavoro attuale
7. Complessivamente, quanto ne è soddisfatto? Lo esprima su una scala da 1 a 10
(1=totalmente insoddisfatto; 10=totalmente soddisfatto):
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
8. Sempre facendo riferimento alla professione che sta svolgendo, quanto questa soddisfa le
Sue aspirazioni lavorative?
➀
Molto
➁
Abbastanza
➂
Poco
➃
Per nulla
92
I giovani e il lavoro
9. Al di là della sicurezza del Suo attuale POSTO di lavoro e delle Sue intenzioni, Lei pensa
che il TIPO di lavoro che sta svolgendo (le Sue mansioni) sia definitivo o provvisorio?
➀
E’ sicuramente definitivo
➁
Penso che sia definitivo
➂
Penso che sia provvisorio
➃
E’ sicuramente provvisorio
➄
(non so)
10. E, invece, pensando al Suo POSTO di lavoro attuale, pensa che sia:
➀
sicuramente definitivo
➁
definitivo
➂
provvisorio
➃
sicuramente provvisorio
➄
(non so)
11. Se lei perdesse l’attuale posto di lavoro, pensa che ne troverebbe un altro simile in zona?
➀
Abbastanza facilmente
➁
Con qualche difficoltà
➂
Sarebbe molto difficile
Parliamo ora della sua formazione
12. Per affrontare il lavoro, la preparazione scolastica dal Lei ricevuta si è rivelata utile, nel
darle:
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
(Non so)
• Un metodo organizzativo
➀
➁
➂
➃
➄
• Abilità comunicative e relazionali ➀
➁
➂
➃
➄
• Competenze tecniche
➀
➁
➂
➃
➄
13. Per migliorare la Sua preparazione sul lavoro, Lei sarebbe disposto a seguire dei corsi in
orario lavorativo?
➀
Sì
➁
No
➜ Domanda 15
③
(non so)
➜ Domanda 15
13a. E se i corsi fossero in orario extralavorativo?
➀
Sì
➁
No
③
(non so)
93
I giovani e il lavoro
13b. E se i corsi fossero a pagamento?
➀
Sì
➁
No
③
(non so)
14. Le elencherò ora un serie di metodi con cui questi corsi potrebbero svolgersi. Secondo Lei
quanto sono utili?
Molto
Abbastanza
Poco
Per niente
➁
➁
➂
➂
➃
➃
➄
➄
➁
➂
➃
➄
➁
➁
➂
➂
➃
➃
➄
➄
➁
➂
➃
➄
• Lezioni teoriche in aula
➀
• Simulazioni di situazioni in aula ➀
• Scambi di esperienze ed opinioni
con colleghi di altre aziende
➀
• Assistenza di un tutor sul suo
posto di lavoro
➀
• Visita ad altre aziende
➀
• Stage in aziende diverse da quella in
cui lavora
➀
(Non so)
15. Le elencherò ora una serie di conoscenze/competenze. Mi dovrebbe dire, per ciascuna, se
Lei ritiene di avere bisogno di formazione per svolgere meglio il Suo lavoro.
Per chi risponde che ne ha bisogno: sarebbe disponibile a
extralavorativo per migliorare questa conoscenza/capacità?
seguire un corso in orario
Necessita di formazione?
Sì
No
La capacità di lavorare in gruppo
➀
➁
La conoscenza di una lingua straniera
➀
➁
Le conoscenze tecniche necessarie nel mio lavoro
➀
➁
Le conoscenze di base (italiano, matematica, etc.)
➀
➁
La capacità di usare il PC
➀
➁
La capacità di organizzare autonomamente il mio lavoro ➀
➁
La capacità di comunicare
➀
➁
La capacità di presentare al meglio le mie competenze ➀
➁
Disponibilità?
Sì
No
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
16. Lei ha ricevuto istruzioni circa la legge sulla sicurezza dei lavoratori (L. 626)?
➀
Sì, attraverso un corso/una lezione
➁
Sì, attraverso opuscoli
③
Sì, in altro modo:__________________
④
No
⑤
Non so/Non ricordo
Passare alla domanda 22
94
I giovani e il lavoro
PER CHI NON LAVORA
17. Ritiene che la preparazione scolastica ricevuta sarà utile per trovare un lavoro?
➀
Credo sarà molto utile
➁
Credo sarà abbastanza utile
③
Credo sarà poco utile
④
Credo non sarà utile
⑤
(non so)
18. Per aumentare la Sua probabilità di trovare lavoro, Lei sarebbe disposto a seguire dei
corsi?
➀
Sì
➁
No
➜ Domanda 21
③
(non so)
➜ Domanda 21
19. E se i corsi fossero a pagamento?
➀
Sì
➁
No
③
(non so)
20. Le elencherò ora un serie di metodi con cui questi corsi potrebbero svolgersi. Secondo Lei
quanto sono utili?
•
•
•
•
•
•
Molto
Lezioni teoriche in aula
➀
Simulazioni di situazioni in aula ➀
Incontri con occupati di aziende ➀
Assistenza di un tutor durante la
ricerca di lavoro
➀
Visita ad aziende
➀
Stage in aziende
➀
Abbastanza
➁
➁
➁
Poco
➂
➂
➂
Per niente
➃
➃
➃
➁
➁
➁
➂
➂
➂
➃
➃
➃
95
(Non so)
➄
➄
➄
➄
➄
➄
I giovani e il lavoro
21. Le elencherò ora una serie di conoscenze/competenze. Mi dovrebbe dire, per ciascuna, se
Lei ritiene di avere bisogno di formazione, oltre a quella che riceve/ha ricevuto a scuola, per
trovare un lavoro.
Per chi risponde che ne ha bisogno: sarebbe disponibile a seguire un corso a pagamento per
migliorare questa conoscenza/capacità?
Necessita di formazione?
Sì
No
La capacità di lavorare in gruppo
➀
➁
La conoscenza di una lingua straniera
➀
➁
Le conoscenze tecniche necessarie nel mio lavoro
➀
➁
Le conoscenze di base (italiano, matematica, etc.)
➀
➁
La capacità di usare il PC
➀
➁
La capacità di organizzare autonomamente il mio lavoro ➀
➁
La capacità di comunicare
➀
➁
La capacità di presentare al meglio le mie competenze ➀
➁
A TUTTI
Vorrei ora farle alcune domande sul mondo del lavoro oggi.
22. Secondo Lei, oggi, per i giovani trovare lavoro è facile o difficile?
a) Molto facile
b) Più facile che difficile
c) Né facile né difficile
d) Più difficile che facile
e) Molto difficile
f) (non so)
23. E tra 10 anni, secondo Lei, per i giovani trovare lavoro sarà:
a) Più facile
b) Sarà più o meno uguale ad ora
c) Più difficile
d) (non so)
96
Disponibilità?
Sì
No
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
➀
➁
I giovani e il lavoro
24. Secondo Lei, oggi, come sono le condizioni di lavoro dei giovani occupati?
a) Molto buone
b) Più buone che cattive
c) Né buone né cattive
d) Più cattive che buone
e) Molto cattive
f) (non so)
25. E le condizioni di lavoro dei giovani occupati come saranno tra 10 anni?
a) Peggiori
b) Più o meno le stesse di oggi
c) Migliori
d) (non so)
26. Immagini ora il suo lavoro tra 10 anni. Pensa che ne sarà soddisfatto? Esprima un voto 1
(Totalmente insoddisfatto) a 10 (Totalmente soddisfatto):
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
a) (Non so)
b) Non credo che lavorerò
27. Le indicherò ora una serie di misure di riforma del mercato del lavoro: è d’accordo con la
loro applicazione?
Molto
Abbastanza
• Permettere alle imprese di
ridurre le retribuzioni, in caso di
riduzione della produzione
• Favorire il ricorso al lavoro
part-time
• Rendere meno difficili i licenziamenti individuali
(eliminando la clausola della giusta causa - art. 18)
• Prevedere stipendi ridotti per i
giovani in ingresso nel mercato
del lavoro
• Favorire il lavoro temporaneo
97
Poco
Per niente
(Non so)
I giovani e il lavoro
28. Secondo Lei, indipendentemente dalla sua esperienza personale, nel nostro paese qual è il
fattore più importante per trovare lavoro?
(Domanda aperta da ricodificare al momento dell’intervista)
risposta: ___________________________________
•
Conoscere persone influenti
➀
•
Essere competenti
➁
•
Sapersi presentare bene
➂
•
Avere fortuna
➃
•
Disporre di un adeguato titolo di studio
➄
•
Avere una rete di conoscenze ampia
➅
•
Essere tenaci nella ricerca
➆
•
Non avere troppe pretese
➇
•
Saper utilizzare i canali di ricerca adeguati
⑨
•
Raccomandazione
⑩
•
Essere creativi e innovativi
11
•
Avere una famiglia benestante
12
29. Secondo Lei, indipendentemente dalla sua esperienza personale, nel nostro paese qual è il
fattore più importante per fare carriera nel lavoro?
(Domanda aperta da ricodificare al momento dell’intervista)
risposta: ___________________________________
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
L’anzianità lavorativa
Essere competenti
Sapersi presentare bene
Avere fortuna
Disponibilità a lavorare molto
Essere leali verso l’azienda
Impegnarsi nel lavoro
Assecondare i superiori
Saper cogliere le occasioni, anche a discapito dei colleghi
Continuare a formarsi sul proprio lavoro
Essere creativi e innovativi
Avere una famiglia benestante
Parliamo ora dell’importanza del lavoro
98
➁
➂
➃
➄
➅
➆
➇
⑨
⑩
11
12
I giovani e il lavoro
30. Le indicherò una serie di attività: per ognuna dovrebbe dirmi quanto è importante
rispetto al lavoro:
È più importante
del lavoro
•
•
•
•
•
•
•
Lo studio
Il tempo libero
Il rapporto con il partner
La famiglia
L’impegno sociale
I rapporti con gli amici
Viaggiare
È importante come
il lavoro
➀
➀
➀
➀
➀
➀
➀
È meno importante
del lavoro
➁
➁
➁
➁
➁
➁
➁
➂
➂
➂
➂
➂
➂
➂
31. Le leggerò ora alcuni aspetti del lavoro. Per ciascuno, dovrebbe dirmi quanto lo ritiene
importante, da 1 a 10?
Scala da 1 (per niente importante) a 10 (molto importante)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Retribuzione/Guadagno economico
Vicinanza all’abitazione
Impiego delle competenze di cui dispone
Interesse per le mansioni che svolge
Rapporti con i colleghi
Possibilità di vedere i frutti del Suo lavoro
Qualità dei rapporti con i superiori
Prestigio della professione
Sicurezza del posto di lavoro
Possibilità di far fronte alle richieste che Le vengono fatte
Confort degli spazi in cui lavora
Carichi di lavoro adeguati
Possibilità di mettersi alla prova
Orari di lavoro adeguati
Autonomia nell’organizzare il proprio lavoro
Possibilità di fare carriera/avere successo
Possibilità di influenzare le decisioni che La riguardano
Possibilità di crescita professionale
Sviluppo personale
Prestigio della Sua posizione nell’azienda
Possibilità di esprimere la creatività
Varietà delle mansioni adeguata
Utilità sociale
99
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
3
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
4
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
5
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
6
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
I giovani e il lavoro
Parliamo infine del Suo lavoro ideale
(Collegamento con le risposte rilevate tramite WEB)
32. Se potesse scegliere, lei preferirebbe lavorare:
➀
A tempo pieno (più di 20 ore settimanali)
➁
A tempo parziale (meno di 20 ore settimanali)
➂
Alternando periodi di lavoro intenso a periodi di pausa
➃
(Non so)
33. Se potesse scegliere, lei preferirebbe un lavoro:
➀
Autonomo
➁
Autonomo a progetto, per più datori di lavoro diversi
➂
Alle dipendenze di una società di lavoro interinale, con la possibilità di lavorare per più
aziende
➃
Alle dipendenze di una sola azienda stabilmente
➄
(Non so)
34. Pensi ora all’insieme di tutte le occupazioni che conosce. Quale tra esse desidererebbe fare
più di ogni altra ? E quale non vorrebbe proprio fare a nessun costo?
Occupazione più desiderata __________________________
Occupazione meno desiderata ________________________
35. Le faccio ora l’ultima domanda dell’intervista. Le indicherò una dozzina di professioni:
La prego di indicami per ciascuna di esse il grado di soddisfazione che secondo Lei offrono a
chi le svolge, usando una scala da 1 (nessuna soddisfazione) a 10 (massima soddisfazione).
Attore/attrice cinematografico/a
Cassiere/Cassiera di banca
Commercialista
Commessa di grande magazzino
Direttore/Direttrice di quotidiano nazionale
Elettricista (lavoratore/lavoratrice autonomo/a senza dipendenti)
Giudice (uomo o donna) di tribunale
Imprenditore/Imprenditrice dell’abbigliamento con 20 dipendenti
Medico (uomo o donna) di pronto soccorso
Operaio/Operaia metalmeccanico/a
Portiere/Portiera di abitazione
Progettista (uomo o donna) di siti Internet
100
I giovani e il lavoro
Questionario WEB
1. Nella tabella che trova qui sotto, Le presentiamo 12 professioni, che rappresentano a grandi
linee il mondo del lavoro. Le chiediamo gentilmente di leggerle con attenzione e di metterle in
ordine, dalla più alta alla più bassa. Il Suo parere è importante e serve a valutare quella che,
secondo Lei, è la posizione sociale complessiva di ciascuna di esse nell’ambito della società
italiana di oggi.
In particolare, le chiediamo di indicare al primo posto la professione che secondo Lei, occupa
la posizione sociale più elevata; al secondo la professione che, secondo Lei, ricopre la seconda
posizione e così via, fino a porre come dodicesima la professione che, in questa ipotetica scala,
ricopre, secondo Lei, la posizione sociale più bassa o la meno elevata.
Si prenda alcuni minuti, per riflettere, e poi crei la sua scala.
Attore/attrice cinematografico/a
Cassiere/Cassiera di banca
Commercialista laureato/laureata
Commesso/Commessa di grande magazzino
Direttore/Direttrice di quotidiano nazionale
Elettricista (lavoratore/lavoratrice autonomo/a senza dipendenti)
Giudice (uomo o donna) di tribunale
Imprenditore/Imprenditrice dell’abbigliamento con 20 dipendenti
Medico (uomo o donna) di pronto soccorso
Operaio/Operaia metalmeccanico/a
Portiere/Portiera di abitazione
Progettista (uomo o donna) di siti Internet
101
I giovani e il lavoro
2. Questa volta, vorremmo che lei attribuisse un voto da 1 a 10 a ciascuna occupazione, in
base ad alcuni criteri. Il primo è quello dell’utilità sociale, il secondo quello del reddito, il
terzo è quello della soddisfazione personale. I voti sono come a scuola: in ordine da 10 a 1,
dove 10 rappresenta il voto più alto e 1 il voto più basso per ciascuna dimensione. Le
consigliamo di rispondere per singola colonna e tenga presente che può ripetere la stessa
votazione per più professioni.
Soddisfazione
Utilità sociale
Reddito
personale
Attore/attrice cinematografico/a
Cassiere/Cassiera di banca
Commercialista laureato/laureata
Commesso/Commessa di grande magazzino
Direttore/Direttrice di quotidiano nazionale
Elettricista (lavoratore/lavoratrice autonomo/a
senza dipendenti)
Giudice (uomo o donna) di tribunale
Imprenditore/Imprenditrice dell’abbigliamento con
20 dipendenti
Medico (uomo o donna) di pronto soccorso
Operaio/Operaia metalmeccanico/a
Portiere/Portiera di abitazione
Progettista (uomo o donna) di siti Internet
3. Pensi ora all’insieme delle occupazioni che Lei conosce: quale tra esse desidererebbe fare
(o avrebbe desiderato fare quando lavorava) più di ogni altra?
E quale NON vorrebbe proprio fare (o non avrebbe voluto fare quando lavorava) a nessun costo?
Le chiediamo cortesemente di indicarlo.
Occupazione più desiderata _________________
Occupazione meno desiderata _______________
4. E, se potesse scegliere, lei preferirebbe lavorare:
➀
A tempo pieno (più di 20 ore settimanali)
➁
A tempo parziale (meno di 20 ore settimanali)
➂
Alternando periodi di lavoro intenso a periodi di pausa
➃
Non so
102
I giovani e il lavoro
5. E, infine, se potesse scegliere, lei preferirebbe lavorare:
➀
Autonomo
➁
Autonomo a progetto, per più datori di lavoro diversi
➂
Alle dipendenze di una società di lavoro interinale, con la possibilità di lavorare di più
aziende
➃
Alle dipendenze di una sola azienda stabilmente
➄
Non so
6. Dati personali
Regione di residenza ________________________
Anno di nascita ________
Sesso 1.M 2.F
7. Titolo di studio:
1 Laurea
2 Diploma/maturità di scuola media superiore
3 Licenza media o avviamento professionale
4 Licenza elementare
8. Condizione occupazionale:
1 Occupato
2 Disoccupato
3 In cerca di primo impiego
4 Pensionato o ritirato dal lavoro
5
6
7
8
Inabile al lavoro
Casalinga
Studente/essa
Servizio di leva o civile
9. Se Lei ha risposto che è occupato, indichi per favore qual è la Sua posizione professionale:
1
Dirigente
2
Direttivo - quadro
3
Impiegato o intermedio
4
Operaio, subalterno e assimilati
5
Apprendista, stagista
6
Lavoratore a domicilio per conto di imprese
7
Imprenditore
8
Libero professionista
9
Collaboratore, prestazioni coordinate e continuative, prestazioni occasionali, contratto a
progetto
10 Lavoratore in proprio (fino a 14 dip.)
11 Lavoratore in proprio (senza dip.)
12 Socio di cooperativa
13 Coadiuvante familiare
103
I giovani e il lavoro
1
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I giovani e il lavoro - Università degli Studi di Trento