Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 1 Alessandro Filippi Marco Moia Lidia Rota Vender GUIDA BREVE ALLA GESTIONE DEL TEV IN MEDICINA GENERALE Prefazione Ovidio Brignoli Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 2 autori ALESSANDRO FILIPPI Medico di Medicina Generale Responsabile Area CV SIMG MARCO MOIA Responsabile UOS Fisiopatologia della Coagulazione Centro Emofilia e Trombosi “A. Bianchi Bonomi” IRCCS - Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano LIDIA ROTA VENDER Presidente Alt Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari - Onlus Responsabile Centro Trombosi Istituto Clinico Humanitas IRCCS - Rozzano (MI) Patrocinio ALT - Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Patrocinio SIMG - Società Italiana di Medicina Generale Mediamed Srl Via Gaggia, 1 - 20139 Milano - Tel. 02/56814813 - 02/56814877 - Fax 02/56817441 e-mail: [email protected] - http://www.mediamed.it Copia omaggio per i Sigg. Medici. Vietata la vendita. © Mediamed Srl - Agosto 2009 Questa Pubblicazione è stata resa possibile in collaborazione con Abbott Tutti i diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e di adattamento parziale o totale con qualsiasi mezzo (compresi microfilm, copie fotostatiche e xerografiche) sono riservati per tutti i Paesi. 2 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 3 sommario Prefazione 5 Presentazione 9 TEV, l’epidemia silente: dimensioni del problema 11 Un problema di rilevanza nazionale 12 La dimensione del problema 13 TEV e medicina generale 14 Che cosa fare 16 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione 19 Profilassi tra ospedale e territorio 20 Quale profilassi 21 Durata della profilassi primaria e secondaria (terapia anticoagulante) 25 Educazione/informazione del paziente e dei famigliari 28 Rapporto MMG-ospedale/specialista 29 Identificazione dei soggetti a rischio trombotico 33 e tromboprofilassi in medicina generale Il MMG e la profilassi 34 3 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 4 sommario Pazienti con trauma 34 Pazienti “medici” allettati 35 Pazienti “medici” con grave ipomobilità 38 Viaggi aerei di lunga durata 39 Valutare sempre la funzionalità renale 41 Tutela medico-legale 41 Organizzazione del lavoro 42 TVP/EP dal sospetto diagnostico alla terapia 45 Come sospettare una diagnosi di TVP 46 Come stimare la probabilità di TVP 48 Come confermare o escludere una diagnosi 51 di TVP Cosa deve fare il MMG quando sospetta una TVP 54 Come sospettare una diagnosi di EP 54 TVP non localizzate agli arti inferiori 57 La gestione domiciliare della TVP 58 Conclusioni 4 63 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 5 prefazione La trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP) costituiscono due manifestazioni cliniche della stessa malattia: la trombo embolia venosa (TEV). Senza trattamento circa il 20-25% delle TVP del polpaccio si estende alle vene poplitee e femorali causando quindi una TVP prossimale. In assenza di trattamento il 67% delle TVP della coscia e il 77% delle TVP della pelvi sviluppano EP sintomatica o asintomatica(1,2). Negli USA si stima che ogni anno si verifichino circa 600.000 EP delle quali il 70% non sono diagnosticate, con una mortalità dell’11% ad un’ora dall’evento. Nelle forme diagnosticate e trattate la mortalità è dell’8% mentre nelle forme non trattate è del 30%, a sottolineare che la maggior parte delle morti per EP si verifica in pazienti che non hanno ricevuto un adeguato trattamento sia perché il tempo intercorso tra l’evento e il decesso non ha permesso di instaurare la terapia sia perché l’EP non è stata diagnosticata. Si valuta che si verifichino circa 200.000 morti all’anno per EP negli USA(1). La TVP è una patologia frequente, così come l'embolia polmonare, che è la sua immediata e pericolosa complicanza. La Sindrome Post-Trombotica (SPT), sequela tardiva, è spesso fonte di invalidità per il paziente, di rilevante spesa per la società e di delusione per l'impegno del medico. Al contrario di quanto molti ritengono, la TVP è un evento frequente che può complicare il decorso di interventi chirurgici, politraumatismi, malattie autoimmuni e neoplastiche, ma che può presentarsi anche in soggetti in buone condizioni di salute. E' difficile fornire stime precise sull'incidenza della TVP nella popolazione poiché essa è spesso misconosciuta, a causa della scarsa applicazione di criteri diagnostici attendibili. Secondo uno studio svedese, il 2-3% della popolazione va incontro, nel corso della vita, ad un episodio di TVP. Ancora più complesso è il problema dell'embolia polmonare (EP): infatti, mentre in Italia, secondo i dati ISTAT 2005, l'EP non figura fra le prime 10 cause di morte, recenti studi internazionali segnalano l'EP al terzo posto fra le cause di morte nella popolazione generale ed al primo nei pazienti ospedalizzati. Questa discrepanza è dovuta al fatto che, in mancanza di riscontro autoptico, la morte per EP viene generalmente attri5 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 6 prefazione buita a cause diverse, con grave sottostima del problema. Dati assai più precisi sono disponibili sulla prevalenza di TVP ed EP in alcune condizioni cliniche ad alto rischio. Se ricercata in modo appropriato la TVP, in assenza di un'adeguata profilassi, si verifica in oltre il 10% dei pazienti di età superiore ai 40 anni che subiscono un intervento elettivo di chirurgia addominale ed in oltre il 50% di quelli sottoposti ad artroprotesi d'anca. Anche alcune situazioni non chirurgiche sono gravate da un'elevata incidenza di complicanze trombotiche. La trombosi venosa può insorgere a ciel sereno ma, più spesso, colpisce in situazioni cosiddette a rischio, per esempio dopo un intervento chirurgico o un grave trauma agli arti inferiori. Si verifica più frequentemente in soggetti predisposti come anziani e malati di tumore, ma è sempre più evidente che esistono individui geneticamente predisposti alla trombosi che possono sviluppare la malattia anche in giovane età e senza rilevanti concause. In considerazione del fatto che molti degli esami di laboratorio utili ad identificare tali soggetti sono complessi e costosi, è necessario che il medico aggiorni le proprie conoscenze per poterli richiedere ed interpretare in modo corretto. Fino a pochi anni fa la diagnosi di TVP era resa difficile dalla scarsa disponibilità ed accuratezza di strumenti: per tale motivo è stata sottostimata e curata spesso in modo incerto e tardivo. Oggi è invece possibile, e quindi doveroso, porre con sicurezza e rapidità la diagnosi di TVP. Conoscere i pregi, ed anche i limiti, degli strumenti diagnostici a disposizione costituisce l'indispensabile premessa per una corretta terapia. Renzo L’Aurora e Massimo Fusello, due esperti medici della Società Italiana di Medicina Generale, scrivono in una interessante introduzione di un documento intitolato “TVP: appunti di viaggio” “ Il Medico di Medicina Generale (MMG), quando affronta un problema diagnostico, risponde più o meno esaustivamente alle cinque domande base: che cos’è, quanto è grave, quanto è frequente, qual’è la causa, c’è una cura? La risposta si basa sul calcolo delle probabilità e sulla conseguente valutazione probabilistica dell’evento in esame, espressa come numero o, più facilmente nella pratica comune, come allocuzione (da escludere, poco probabile, probabile, molto probabile, pressochè certo). 6 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 7 Abbiamo di fronte sempre un problema con più variabili: la soluzione più semplice e al contempo più ingenua, si basa sull’indipendenza statistica dei vari dati; frutto di ogni osservazione medica è l’espressione di una o più misure, che servono a corroborare in modo oggettivo, svincolato dalle nostre esperienze di lavoro specifico, l’ipotesi diagnostica che abbiamo ritenuta più probabile e che ci frulla di più in mente. ….Queste scelte vengono fatte dalla nostra mente senza che noi, per fortuna, ci accorgiamo di fare tutti questi calcoli: è l’esperienza passata che, unita alle conoscenze, ci porta a formulare la nostra ipotesi diagnostica. Tali considerazioni, scaturite dall’esperienza, ci fanno riflettere sul fattoche nel caso della TVP ci troviamo di fronte ad un problema che, purtroppo, ci permette raramente una diagnosi clinica accurata, perché si basa su sintomi e segni che, considerati singolarmente o nel loro insieme, non sono né sensibili, né specifici. L’incidenza (numero cioè di nuovi casi di malattia che si verificano in un certo numero di persone in periodo di tempo definito) della TVP è del 1.6-1.8 0/00: un MG sospetta cioè ogni anno sei TVP ogni mille pazienti, confermandone solo due; la frequenza di complicanze, gravi dal punto di vista clinico e costose per il S.S.N., quali l’embolia polmonare (EP) o la sindrome post-trombotica (SPT), spingono però la classe medica a tenere alto il livello di attenzione sulle TVP e sui problemi venosi in genere, visto che la malattia tromboembolica è ritenuta la maggior causa di mortalità nei paesi industrializzati (Prefazione allo Studio Vesalio): non si può infatti dimenticare che le flebiti profonde sia di coscia che di gamba embolizzano(3,4) nel 50% dei casi, anche se in modo clinicamente non apparente: solo 1 caso su 100 di quelli esaminati è infatti clinicamente manifesto. Gli obiettivi clinici più importanti di una tempestiva e corretta diagnosi e terapia sono di ridurre la morbilità (espressa da incidenza e prevalenza) e la mortalità associate con le sue manifestazioni acute, ridurre l’incidenza di recidive di ulteriori eventi acuti e contrastare la comparsa di sequele a distanza rappresentate dalla SPT, spesso altamente invalidante e con alti costi sociali”. E’ sulla base di queste considerazioni che può essere utile fornire continuamente ai MMG strumenti di formazione che tengano ben desta l’at7 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 8 tenzione sul problema della TVP e che facciano il punto sulle corrette modalità di approccio diagnostico e terapeutico, come si propone di fare questa piccola proposta editoriale. L’obiettivo, quindi, è quello di fornire un contributo al medico di famiglia che possa contribuire a confermare il proprio operato o a modificarlo in caso di inadeguatezza, ma anche quello di aprire una riflessione su alcuni aspetti controversi in tema di diagnosi e terapia. Ogni capitolo di questa pubblicazione è stato redatto con l’intento di affrontare in forma esaustiva tutti i possibili problemi che il MMG può incontrare nella gestione di un caso sospetto o reale di trombosi venosa profonda. Ovidio Brignoli Vicepresidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) 1 Dalen JE.. Pulmonary Embolism: What Have We Learned Since Virchow? Natural History, Pathophysiology, and Diagnosis. Chest 2002; 122: 1440-1456. 2. Task Force Report Guidelines on diagnosis and management of acute pulmonary embolism. Eur Heart J 2000; 21: 1301-1336. 3. Lusiani L, Visonà A, Bonanome A et al. The characteristic of the thrombi of the lower limbs, as detected by ultrasonic scanning, do not predict pulmonary embolism. (1996) Chest 110: 9961000. 4. Monreal M, Ruiz J, Olazabal A et al. Deep venous thrombosis and the risk of pulmonary embolism. (1992) Chest 102: 677-81. 8 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 9 presentazione Il problema delle trombo embolie venose (TEV), pur con qualche importante eccezione, è stato generalmente affrontato con un ottica specialistica e ospedaliera. Esistono motivi che giustificano tale atteggiamento: la diagnosi definitiva di TEV necessita di indagini realizzabili quasi esclusivamente in ospedale; la terapia della trombosi venosa profonda (TVP) viene tutt’ora condotta quasi sempre in ospedale, così come, ovviamente, quella dell’embolia polmonare (EP); gli studi su prevenzione e terapia sono stati condotti in ospedale e le linee guida prendono in considerazione esclusivamente i pazienti ricoverati. In questo modo vengono tuttavia ignorati aspetti importanti del problema: la maggior parte dei TEV si verifica fuori dall’ospedale, il primo sospetto diagnostico in questi casi deve essere posto dal medico di medicina generale (MMG) o di “guardia medica”; la precocità delle dimissioni ospedaliere comporta la prosecuzione a domicilio della profilassi post-ricovero; la terapia del TEV prosegue a lungo e viene gestita in parte o in toto dal MMG. Pertanto è necessario prevedere il coinvolgimento del MMG e la sua assunzione di responsabilità professionale nei confronti del TEV che andrebbe realizzato tramite una assai più stretta collaborazione tra ospedale e territorio, meglio se formalizzata nei cosiddetti “percorsi diagnostico terapeutici” locali che siano verificati periodicamente nella loro reale applicazione. La necessità di coinvolgere tutti i professionisti e non solo l’ospedale è stata recentemente riconosciuta da due autorevoli documenti provenienti dal mondo anglosassone, quello della Camere dei Comuni inglese e quello del Surgeon General statunitense. In entrambi, sia pur con modalità ed accenti diversi, si riconosce che la prevenzione del TEV è una priorità nazionale e che le strategie fino ad ora messe in atto, dall’informazione dei soggetti a rischio alla realizzazione delle linee guida, sono insufficienti. Se il coinvolgimento delle cure primarie deve essere maggiore e migliore, e se i miglioramenti devono riguardare anche la collaborazione tra ospedale e territorio, è necessario fornire ai MMG strumenti professionali che tengano debitamente conto delle realtà delle cure primarie, sia dal punto di vista scientifico che organizzativo. E’ quindi opportuno tenere presente che: 1) la profilassi, la diagnosi e la terapia del TEV sono solo alcune tra le tante attività del MMG; 9 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 10 presentazione 2) le evidenze scientifiche disponibili nell’ambito specifico della medicina generale sono limitate; 3) il numero dei casi di TEV che coinvolgono annualmente un singolo MMG è comunque modesto. Se questi aspetti non vengono adeguatamente considerati si vanificano sforzi formativi, anche lodevoli, con risultati frustranti per chi li ha realizzati e per chi li ha, in qualche modo, “subiti”. La presente guida spera di poter fornire un supporto che tenga ben presente i punti sopra menzionati. In particolare si è cercato di dare risposta a problemi e situazioni assai poco “coperti” dalle linee-guida basate sull’evidenza scientifica, ma frequenti e importanti nelle cure primarie. Si è anche cercato di fornire strumenti semplici e pratici, da utilizzare, ogni volta che si presenta il sospetto di TVP o la necessità di valutarne la profilassi. Per questo motivo si sono identificati quattro aspetti tipici della medicina generale, cui corrispondono i quattro capitoli: a) le dimensioni e la gravità del problema (tenendo presente l’ottica del singolo MMG); b) la collaborazione tra ospedale e territorio dopo la dimissione dei Pazienti; c) l’identificazione dei soggetti non ospedalizzati meritevoli di profilassi del TEV; d) la gestione del TEV, dal sospetto diagnostico al ritorno al domicilio. L’impostazione scelta impone però alcuni limiti. Non si è cercato né di scrivere un trattato, né una linea guida, né ci si è posti l’obiettivo di trattare ogni argomento in modo esaustivo. Alcuni aspetti importanti, come ad esempio la gestione pratica dei farmaci anticoagulanti, non sono stati volutamente trattati in quanto è già disponibile, e facilmente reperibile, abbondante materiale in merito. Analogamente non si sono proposti percorsi diagnostico-terapeutici di riferimento, ma si è preferito mettere a disposizione le informazioni necessarie per poterli realizzare localmente, sulla base di un consenso che si sviluppa con il confronto costante tra Colleghi. Speriamo tuttavia che questa “Guida breve”possa rivelarsi un utile ausilio al medico di medicina generale che, impegnato quotidianamente su molti fronti, è sempre più coinvolto anche nella diagnosi e nella terapia delle trombo embolie venose. Alessandro Filippi Marco Moia 10 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 11 TEV, l’epidemia silente: dimensioni del problema Alessandro Filippi Lidia Rota Vender 11 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 12 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Un problema di rilevanza nazionale Nel settembre 2008 il Surgeon General, la più alta autorità sanitaria statunitense, ha “chiamato all’azione” tutti gli operatori sanitari (Call to action) per prevenire la trombosi venosa profonda (TVP) e l’embolia polmonare (EP) (Circulation 2009;119:e480-e482). Una “Call to action” è un documento basato su solide evidenze scientifiche che invita ad affrontare su scala nazionale un problema sanitario di grande rilevanza per la popolazione. La TVP e l’EP sono oggi considerate un’unica malattia definita tromboembolismo venoso (TEV) a causa dell’altissima prevalenza di embolia polmonare spesso silente in pazienti con trombosi venosa. Purtroppo il TEV è ancora troppo poco conosciuto al grande pubblico e spesso la trombosi non viene percepita come il grave problema che è: meno di un americano su dieci sa di che cosa si tratta ed è in grado di riconoscerne segni o sintomi e, anche se non abbiamo dati italiani, possiamo facilmente immaginare che non riflettano una situazione tanto diversa. Il problema del TEV è ben presente alla classe medica, che ne conosce l’incidenza soprattutto in termini di complicanze nel periodo post-operatorio, e può constatare ogni giorno che le misure preventive esistono ma sono ancora largamente sottoutilizzate. Anche la Gran Bretagna ha sollevato tre anni fa un allarme su questo tema, con un documento prodotto dalla Commissione Sanità della Camera dei Comuni che stimava i danni del TEV in termini di mortalità e morbilità, e ne valutava per il 2003 l’impatto in termini economici per le cure in circa 640 milioni di sterline (circa il doppio in euro). La medesima Commissione indicava poi i principali punti critici da affrontare negli anni successivi: a) sottoutilizzo della profilassi in ospedale; b) insufficiente consapevolezza da parte dei medici; c) eccessivo timore per le emorragie; d) insufficiente informazione dei pazienti dopo TEV; 12 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 13 TEV, l’epidemia silente: dimensioni del problema e) mancanza di linee guida per la prevenzione nei pazienti con patologia internistica non chirurgica (definiti per brevità “pazienti medici”). Pur in assenza di documenti ufficiali che delineino la situazione italiana, è evidente che il tema è importante anche nel nostro Paese, e richiede consapevolezza e impegno adeguati. La dimensione del problema Diversi studi hanno affrontato il tema della prevalenza del TEV, soprattutto nei paesi anglosassoni, rilevando un’incidenza di un caso per mille abitanti: negli USA oltre 300.000 casi all’anno, con un’incidenza costante negli ultimi anni di 117 casi per 100.000 persone/anno (Circulation 2006;114:e28-e32). La mortalità, probabilmente sottovalutata, raggiunge il 15% nei tre mesi successivi alla diagnosi, essendo nel 25% dei casi di EP la prima (e unica) manifestazione sotto forma di morte improvvisa. Purtroppo la diagnosi è spesso carente: per ogni caso accertato, almeno 2-3 casi sono stati misconosciuti. A prescindere dall’esattezza delle cifre, è chiaro che negli Stati Uniti muoiono per TEV più di 100.000 persone l’anno, più di quante ne muoiano per cancro al seno, incidenti stradali e AIDS messi insieme. In aggiunta, chi sopravvive a un TEV, nel 40% dei casi avrà un nuovo episodio nei successivi dieci anni, un terzo svilupperà insufficienza venosa e molti pazienti saranno costretti a usare per l’intera vita farmaci anticoagulanti orali, con i rischi e le difficoltà connesse e ben note. 13 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 14 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale TEV e medicina generale Il problema del TEV è stato spesso studiato in relazione alla realtà ospedaliera, e il coinvolgimento del medico di medicina generale è stato fino ad oggi insufficiente e marginale. In realtà, i dati disponibili mostrano che gran parte dei casi di TEV si verifica al di fuori dell’ospedale, per ragioni temporali (si manifesta dopo la dimissione) e perché affligge spesso pazienti internistici non ospedalizzati. A conferma di quanto detto, la già citata Commissione Sanità britannica afferma: «Molti chirurghi e medici non sono consapevoli dell’incidenza del TEV nei pazienti dimessi e, per questo motivo, non utilizzano la tromboprofilassi. Raccomandiamo quindi che, in caso di TVP in soggetti recentemente dimessi, il fatto venga notificato al chirurgo/medico responsabile del paziente durante il ricovero». (Il problema del TEV dopo la dimissione verrà affrontato nel capitolo sulla collaborazione MMG-ospedale/territorio). Ma quanti TEV ci sono sul “territorio”? Spencer e coll. (Arch Intern Med 2007;167:1471-1475) hanno esaminato tutte le diagnosi di TEV dell’area metropolitana dello Worcester (USA), rilevando un’incidenza di circa 1,3 casi per mille abitanti/anno. Il 73,7% di questi casi si era verificato fuori dall’ospedale ipotizzando quindi un’incidenza di TEV extraospedaliera di circa 0,8 per mille abitanti/anno. E di questi, circa il 60% si verificava in soggetti che erano stati recentemente ospedalizzati per motivi medici o chirurgici (questo aspetto è ripreso nel capitolo sulla collaborazione MMG-ospedale/specialista). L’analisi di un grande database di MMG inglesi (Arch Intern Med 2007;167:935943) ha evidenziato un’incidenza di TEV pari a 0,75 casi per mille assistiti/anno. Secondo il database della medicina generale italiana, Health Search (studio inviato per pubblicazione) l’incidenza di TEV, stabile negli ultimi anni, risulta mediamente di 0,7 casi/mille assistiti/anno. I dati statunitensi, inglesi e italiani sono straordinariamente simili tra 14 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 15 TEV, l’epidemia silente: dimensioni del problema loro e ci consentono di stimare che un MMG porrà almeno una diagnosi di TEV ogni 18 mesi se assiste 1000 persone, ogni anno se ne assiste 1500. Questo aspetto contribuisce a far percepire il TEV come problema poco rilevante, e complicare la diffusione dell’allerta che questa patologia richiede. L’identificazione precoce del TEV richiede almeno il sospetto clinico, di fronte a sintomi non specifici (dispnea, gonfiore agli arti ecc.), che si riscontrano con frequenza relativamente elevata, sospetto clinico che deve poi essere confermato strumentalmente: un MMG con 1000 assistiti porrà un sospetto di TEV due volte l’anno, inviando il paziente ad approfondimento diagnostico, mentre un MMG “massimalista” lo farà tre volte. Anche in questo caso, però, il MMG riporterà l’impressione di una patologia non frequente, soprattutto a fronte dei casi di TEV sospettata e non confermata strumentalmente, rimanendo in tal modo demotivato a prendere in considerazione questa diagnosi e a richiedere gli accertamenti necessari. Una corretta prospettiva per interpretare il valore delle cure primarie, tuttavia, deve essere impostata nel lungo periodo. Un MMG segue i suoi pazienti per decine di anni, e se facciamo una proiezione dei dati precedenti, ne risulta che in 20 anni un MMG con 1000 assistiti avrà 13 casi di cui almeno due mortali e un MMG con 1500 assistiti ne avrà 20 di cui almeno 3 mortali. In realtà, questa è una previsione ottimistica, perché se il TEV è misconosciuto o riconosciuto in ritardo, la mortalità è maggiore; inoltre i dati riportati si basano sui casi effettivamente confermati, ma è probabile che molti siano misconosciuti, o perché si sono spontaneamente risolti senza gravi conseguenze o perché la morte è stata attribuita ad altra causa. 15 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 16 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Che cosa fare È evidente che un piano di miglioramento nella prevenzione, nella diagnosi e nella terapia del TEV deve partire dall’ospedale, ma il nostro obiettivo attuale è di valutare quanto potrebbe essere fatto dai MMG. Gli indicatori che possono determinare una maggiore efficacia di intervento dei MMG sono: 1) consapevolezza dei segni e dei sintomi di TEV; (con una corretta informazione ai pazienti a rischio di TEV e a coloro che hanno già sofferto un episodio di TEV in passato, rilevando l’importanza di riferirli immediatamente al MMG). 2) identificazione dei pazienti a rischio; (mediante l’uso degli algoritmi di rischio validati) 3) corretto utilizzo della profilassi antitrombotica secondo le indicazioni delle linee guida. Questi punti verranno sviluppati nei capitoli di questa pubblicazione, insieme al ruolo del MMG nella diagnosi e gestione del TEV. 16 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 17 TEV, l’epidemia silente: dimensioni del problema TAKE HOME MESSAGE ➔ Il TEV ha un’incidenza riconosciuta di circa 1,2‰. E’ probabile che per ogni caso riconosciuto ve ne siano 1-2 altri misconosciuti. ➔ La mortalità (>15%) è sottovalutata e a volte non riconosciuta (morte improvvisa da EP). ➔ La prevenzione è possibile ed efficace, ma sottouti- lizzata. La prevenzione del TEV è stata definita emergenza nazionale negli USA e in GB. ➔ La maggior parte dei TEV si verifica fuori dal- l’ospedale, anche se in molti casi è correlata ad un precedente ricovero. ➔ Anche se il numero di casi all’anno di TEV è relativa- mente basso per il singolo MMG, l’impegno globale delle cure primarie è essenziale per risolvere questo problema. 17 Imp_Breve_Guida_07_08 18 7-08-2009 16:59 Pagina 18 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 19 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione Alessandro Filippi 19 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 20 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Profilassi tra ospedale e territorio Il problema della profilassi della TVP e della EP è così rilevante che recentemente la Camera dei Comuni della Gran Bretagna ha ritenuto opportuno realizzare un documento ufficiale d’indirizzo (www.parliament.uk/parliamentary_committees/health_committee.cfm) che sottolinea le carenze in questo campo, le rilevanti conseguenze per la salute della popolazione e i punti critici da affrontare negli anni successivi. Il primo obiettivo del documento britannico è di migliorare la pratica clinica all’interno dell’ospedale, senza trascurare l’importanza della prosecuzione della profilassi dopo la dimissione, fase questa che coinvolge in prima linea il MMG, che non può prescindere dalla collaborazione con l’ospedale e con lo specialista. Non a caso spesso il TEV si manifesta dopo che il paziente è tornato a casa (BMJ 2007;334:1017-8). Secondo i dati disponibili in un database amministrativo statunitense, i casi di TEV registrati nei tre mesi post-dimissioni è superiore a quelle verificatisi durante il periodo di ricovero, senza differenza da un punto di vista numerico tra pazienti ospedalizzati per motivi medici o chirurgici e con la massima incidenza entro in primi trenta giorni dalla dimissione (Arch Intern Med 2007;167:1471-1475): figura 1. Questo fenomeno potrebbe ridimensionarsi migliorando le tecniche di profilassi intra-ospedaliera; sfortunatamente la progressiva contrazione del numero di giorni di degenza renderà invece ancora più alta la probabilità di eventi che si verificheranno in pazienti già rientrati sul territorio. Prevenire la TVP e la sua complicanza più temibile, l’EP, è possibile e doveroso: la prevenzione consentirà di realizzare un notevole risparmio non solo in termini di vite umane ma anche di risorse finanziarie, oggi così volatili e scarse. Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile affrontare quattro aspetti: 20 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 21 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione - scelta del metodo di profilassi più efficace; - prescrizione della profilassi per un periodo di tempo adeguato in funzione del rischio individuale del paziente; - adeguata informazione e sensibilizzazione del paziente e dei suoi famigliari sull’importanza della profilassi e sui sintomi precoci di TEV: - collaborazione fra specialisti e MMG con chiara definizione dei ruoli. Figura 1 Percentuale di comparsa di TVP in pazienti “medici” e “chirurgici” in relazione ai giorni dalla dimissione ospedaliera. (Modificato da Arch Intern Med 2007;167:1471-1475) 70% 60% 50% 40% medici 30% chirurgici 20% 10% 0% 30< 30-59 60-90 Quale profilassi La profilassi viene impostata durante il ricovero in funzione del profilo di rischio individuale del paziente, a opera del medico specialista e con poca interfaccia con il MMG; notevoli progressi sono stati fatti negli ultimi anni, soprattutto per i pazienti ricoverati in chirurgia e in ortopedia. 21 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 22 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale I pazienti ricoverati in reparti di medicina non hanno fino ad oggi ricevuto la medesima attenzione, forse perché le patologie che affliggono questi pazienti sono complesse, e richiedono terapie farmacologiche facilmente interferenti con l’assetto dell’emostasi, con conseguente aumento del rischio emorragico, forse perché l’età media dei ricoverati è elevata, e il rischio emorragico viene tenuto in conto più del rischio tromboembolico, forse anche per la minor forza delle linee guida disponibili. Una volta rientrato al proprio domicilio, il paziente presenta alcuni interrogativi al MMG: - come comportarsi con un paziente di tipo medico dimesso senza profilassi nel quale invece il MMG ne ravvisi l’utilità? - la profilassi prescritta durante il ricovero ai pazienti ortopedici è effettivamente necessaria? - i farmaci antitrombotici prescritti durante la degenza possono essere sostituiti con altri ugualmente efficaci ma meno costosi? La risposta a questi quesiti non è semplice, anche perchè non sempre la relazione di dimissione segnala i criteri secondo i quali la profilassi è stata scelta e prescritta, e lo specialista non è sempre facilmente raggiungibile. Si cercherà quindi di fornire alcuni elementi che possano essere utili al MMG per orientarsi, sia pur con i limiti imposti dalla mancanza di evidenze solide e condivise. Per quanto riguarda i pazienti “medici” ospedalizzati, le linee guida dell’American College of Chest Physician (Chest 2008;133:381S-453) sostengono la necessità di valutare ogni singolo paziente per il rischio tromboembolico individuale. Sono considerati ad alto rischio, con indicazione all’uso di profilassi con eparine a basso peso molecolare (EBPM) o fondaparinux, i pazienti acuti ospedalizzati per scompenso cardiaco o per insufficienza respiratoria, e i pazienti con prevedibile allettamento prolun22 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 23 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione gato e che presentino plurimi fattori di rischio per TVP (cancro attivo, precedenti trombosi venose e/o embolia, sepsi, deficit neurologico acuto con deficit motorio, patologia infiammatoria intestinale). Le linee guida disponibili riguardano esplicitamente i pazienti ricoverati: ma che fare dopo la dimissione qualora presentino le medesime caratteristiche di alto rischio? E come comportarsi nel caso di soggetti di età molto avanzata, con prognosi infausta per concomitanti patologie? O che presentino patologie gestibili a domicilio, come la broncopolmonite? In mancanza di studi specificamente mirati a risolvere questi interrogativi, sembra ragionevole considerare che, a parità di condizione clinica, il rischio di TEV e, quindi, l’utilità di una profilassi, siano paragonabili a quelli rilevati nel paziente ospedalizzato. Per quanto riguarda l’invecchiamento della popolazione, un aiuto può venire dall’analisi del grado di dipendenza valutato secondo la scala ADLs (Attività della Vita Quotidiana): un punteggio elevato, in aggiunta a difficoltà nel deambulare in modo indipendente, si associa a un rischio maggiore di TVP (J Am Geriatr Soc 2008 Feb;56:224-30). Un altro fronte aperto è rappresentato dal paziente che assume antiaggreganti piastrinici, generalmente per patologia coronarica: questi pazienti potrebbero trarre beneficio da una terapia concomitante con eparine a basso peso molecolare, anche in aggiunta alla compressione elastica degli arti inferiori (Circulation 2004;110[suppl IV]:IV-13-IV-19); le linee guida ACCP sottolineano che la sola aspirina non è sufficiente per la prevenzione del TEV. Per quanto riguarda i pazienti ortopedici, accade assai frequentemente che venga prescritta profilassi del TEV per patologie minori, quali traumi, piccole fratture, distorsioni: l’uso di farmaci antitrombotici, seppure con alto grado di sicurezza, non è tuttavia scevro da rischio emorragico, e va pertanto riservato ai casi di effettiva necessità in termini di rischio/beneficio. In assenza di studi clinici specifici per questi casi, si può far ricorso 23 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 24 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale a quanto indicato da Cochrane Collaboration (Cochrane Database of Systematic Reviews 2008, Issue 4), che suggerisce la profilassi con EBPM in caso di immobilizzazione dell’arto inferiore, anche quando questa riguardi la parte sotto il ginocchio. L’uso profilattico di EBPM per una settimana si è rivelato utile e superiore alle sole calze elastiche nel caso di artroscopia del ginocchio (Ann Intern Med 2008;149:73-82): le linee guida ACCP non raccomandano però la profilassi in pazienti sottoposti ad artroscopia in assenza di fattori di rischio aggiuntivi per TVP. La profilassi non è raccomandata per i soli traumi isolati al di sotto del ginocchio. In caso di interventi chirurgici la profilassi è quasi la regola. Secondo le linee guida ACCP ne sono esentati solo i soggetti privi di fattori di rischio aggiuntivo per TVP sottoposti a: - chirurgia generale minore; - chirurgia vascolare; - procedure ginecologiche minori o interamente laparoscopiche; - procedure urologiche minori o completamente laparoscopiche; - chirurgia della colonna vertebrale. Il problema della sostituzione di un farmaco più costoso con uno meno costoso, ma di pari efficacia, è frequente in medicina generale e il controllo delle ASL in questo campo è sempre più stringente; il fatto che la prescrizione sia stata posta in ospedale non solleva minimamente il MMG dalle sue responsabilità personali, che rimangono esclusivamente a suo carico per qualsiasi richiesta o ricetta firmi. In generale è sempre poco opportuno modificare una terapia già in atto e ben tollerata; d’altra parte, soprattutto per farmaci che vengono prescritti per periodi di tempo lunghi, differenze apparentemente irrilevanti nei costi generano invece un importante impatto sul SSN. In assenza di ragioni evidenti che facciano propendere per una molecola in sostituzione di un’altra, e a parità d’indicazione, sembrerebbe 24 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 25 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione lecito al MMG sostituire il farmaco prescritto dallo specialista con il consenso del paziente, soprattutto se questa possibilità è stata evidenziata nella lettera di dimissione, anche perché spesso i prezzi di acquisto del farmaco in ospedale sono molto differenti da quelli della vendita in farmacia. Non va trascurato, nel caso delle eparine a basso peso molecolare, che si tratta di molecole non identiche, con diverse caratteristiche di farmacodinamica e farmacocinetica, che potrebbero attivare un meccanismo di reazione immunitaria con importanti ricadute sulla salute del paziente (piastrinopenia da eparina). È atteso che questi problemi diventino di gestione quotidiana, e che vengano discussi e risolti nelle sedi opportune. Durata della profilassi primaria e secondaria (terapia anticoagulante) Dopo un episodio di TEV è indicato l’utilizzo di farmaci antitrombotici a scopo profilattico: ma per quanto tempo? La decisione in merito deve essere presa dopo una valutazione della presenza o meno di fattori di rischio reversibili. Sempre le già citate linee guida di ACCP (Chest, 2008;133:381S-453) distinguono tre situazioni: a) TVP/EP secondaria a fattori di rischio reversibili; b) TVP/EP apparentemente idiopatiche, in assenza di fattori di rischio individuabili; c) recidiva di TVP/EP o persistenza di fattori di rischio non reversibili. Dopo un episodio di TEV, il tempo minimo di terapia con anticoagulanti orali dovrebbe essere di almeno 90 giorni, in assenza di fattori di rischio persistenti. In caso di evento di natura idiopatica, dopo tre mesi di terapia anticoagulante orale è auspicabile una rivalutazione clinica e, in casi 25 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 26 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale selezionati, e a basso rischio emorragico, la profilassi può essere protratta anche a tempo indefinito. In caso di recidiva o di presenza di fattori di rischio non modificabili, è indicato utilizzo di terapia anticoagulante orale a tempo indefinito. In caso di TEV in pazienti con cancro attivo è preferibile utilizzare EBPM, rispetto all’anticoagulante orale, per almeno sei mesi: è indicato protrarre la terapia oltre questo periodo in caso di malattia attiva persistente. Le TVP degli arti superiori devono essere trattate come quelle degli arti inferiori. Una sintesi sulla durata della profilassi dopo TVP/EP è riportata nella tabella 1. Tabella 1 Durata della Terapia anticoagulante orale (TAO) dopo un episodio tromboembolico (Modificata da linee guida ACCP (Chest 2008; 133:381S-453) TAO protratta per 3-6 mesi in caso di: a) presenza di fattori di rischio reversibili b) primo episodio di TVP idiopatica La TAO va prolungata anche oltre questo periodo nel caso di fattore di rischio persistente o, se “idiopatica”, in presenza di D-dimero elevato o persistenza di trombosi all’ecografia. TAO: durata da stabilirsi caso per caso (centro specialistico) in presenza di primo episodio di TVP associata a trombofilia TAO a tempo indeterminato in caso di TVP recidivanti Nei pazienti che sviluppano TEV in assenza di fattori di rischio identificabili sarà necessario rivalutare il rischio trombotico per decidere se proseguire o meno la profilassi, anche con metodi diagnostici non invasivi, quali la CUS (ecografia per compressione) e il dosaggio del D-dimero. Uno studio recente (Ann Intern Med 2009;150:577-585) ha 26 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 27 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione confermato la riduzione delle recidive di TVP in pazienti nei quali la terapia era stata protratta oltre i tre mesi iniziali in concomitanza a non completa ricanalizzazione della vena colpita: questa strategia ha ridotto le recidive di TVP (OR 0,64 IC 95% 0,39-0,99), senza comportare un aumento degli episodi emorragici. Il monitoraggio del D-dimero dopo sospensione dell’anticoagulante al termine dei tre mesi “obbligatori” di profilassi, ha consentito di individuare un gruppo di pazienti ad alto rischio di recidiva (8,9% all’anno se D-dimero elevato) e uno a basso rischio (3,5% all’anno se Ddimero normale) (Ann Intern Med 2008;149:481-490). Una recente revisione della letteratura sull’argomento (British Journal of Haematology 2009;144, 832-837) sintetizza così le indicazioni emerse dagli studi disponibili: i pazienti con persistenza di trombosi all’ecografia o con positività del D-dimero potrebbero beneficiare di un’estensione del periodo di terapia, mentre quelli in cui questi markers si normalizzano (circa il 30% dei casi) possono interrompere la profilassi dopo alcuni mesi. È importante sottolineare che, a prescindere dalla strategia utilizzata per definire la durata della terapia anticoagulante dopo un episodio di TVP, il rischio di recidiva è maggiore nei primi mesi: il paziente deve essere informato sui sintomi sospetti per recidiva, soprattutto alla sospensione della terapia. Secondo le indicazioni dell’ACCP, dell’American College of Physicians e dell’American Accademy of Family Physicians (Ann Intern Med 2007;146:204-210), le calze elastiche sono raccomandate per prevenire la SPT iniziando entro un mese dalla diagnosi di TVP prossimale, e proseguendo per un minimo di un anno. Il tipo di profilassi antitrombotica e la sua durata sono determinanti ma devono accompagnarsi a una forte e adeguata motivazione del paziente a seguire le indicazioni, argomento che verrà trattato nel capitolo che segue; è comunque compito del MMG verificare che i farmaci vengano utilizzati regolarmente e correttamente. 27 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 28 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Tabella 2 Durata della profilassi post dimissione in assenza di TEV (Modificata da linee guida ACCP (Chest 2008; 133:381S-453) Chirurgia generale maggiore Fino alla dimissione (proseguire circa 4 settimane in pazienti selezionati ad alto rischio) Chirurgia ginecologica maggiore Fino a ripresa deambulazione (proseguire circa 4 settimane in pazienti selezionati ad alto rischio) Protesi anca e ginocchio Circa 5 settimane Interventi per frattura anca/femore 5 settimane Pazienti medici immobilizzati a rischio Fino a ripresa deambulazione (proseguire circa 4 settimane in pazienti selezionati ad alto rischio) Educazione/informazione del paziente e dei famigliari Il coinvolgimento attivo del paziente e dei suoi famigliari è fondamentale e si basa sulla corretta educazione e informazione. Cardini di questo aspetto sono: - il paziente deve capire che cosa sono embolia e trombosi; - il paziente e i famigliari devono comprendere i rischi e i benefici correlati alla profilasi antitrombotica; - al paziente e ai suoi famigliari devono essere fornite, per iscritto e verbalmente, le indicazioni e le spiegazioni necessarie a una conduzione ottimale della terapia antitrombotica farmacologia e non; - se sono necessari controlli periodici, questi devono essere spiegati e motivati; - il paziente deve essere informato sui sintomi che potrebbero segna28 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 29 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione lare una recidiva di trombosi e/o di embolia e su come muoversi e a chi rivolgersi; - il paziente deve essere informato sulla possibilità di effetti avversi dei farmaci e sulle misure da prendere (avvisare il medico, chiamare il 118 ecc.). il paziente e i suoi famigliari hanno il diritto di essere informati con linguaggio chiaro e comprensibile su tutti questi aspetti: è compito del MMG accertarsi che questo avvenga. Materiale informativo e illustrativo potrebbe servire allo scopo, ma sempre in aggiunta alla spiegazione verbale, che risulta fondamentale per il paziente al fine di ottenere il massimo della collaborazione e i migliori risultati per il paziente stesso. Alcune informazioni semplici ma fondamentali (quando chiamare il medico, a quale numero telefonico rintracciarlo, cosa fare quando è in servizio la guardia medica ecc.) possono risolvere le incertezze del paziente e rassicurarlo, ottenendo lo scopo di curarlo meglio. In caso di soggetti anziani, con problemi di comprensione o non autosufficienti, è necessario identificare un care-giver di riferimento e, se non italiano, superare con pazienza le eventuali difficoltà di comprensione linguistica: anche in questi casi un opuscolo potrebbe essere d’aiuto, soprattutto se semplice e opportunamente illustrato. Rapporto MMG-ospedale/specialista La collaborazione tra MMG e specialista inizia con la lettera di dimissione, che dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie e, conseguentemente, essere il punto di riferimento per la definizione degli obiettivi di salute, di cosa fare per conseguirli e di chi deve fare che cosa per raggiungerli. Nel caso della profilassi del TEV i dati necessari sono: - il livello di rischio; 29 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 30 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale - i determinanti del rischio (reversibili e non reversibili); - la terapia/profilassi consigliata (nel caso in cui la profilassi non venga prescritta in pazienti ad elevato rischio, la scelta va motivata); - la durata della terapia stessa; - la possibilità di eventuale sostituzione di una molecola con un’altra; - l’eventuale necessità di controlli periodici. È chiaro che inserire tutte queste informazioni richiede tempo, elemento prezioso e scarso per qualsiasi medico. Le lettere di dimissione pre-impostate possono facilitare questo compito e ridurre il rischio di errore o dimenticanza (a tutela del medico stesso oltre che, evidentemente, del paziente). Se tutti questi dati sono disponibili, il compito del MMG diventa semplice. È tuttavia possibile che alcuni dati importanti siano stati omessi: ad esempio, in caso di TVP/EP “idiopatica”, potrebbe non essere stata eseguita (o semplicemente non essere stata riportata) una valutazione laboratoristica/specialistica in merito a possibile trombofilia. È compito dello specialista convocare il paziente per le opportune spiegazioni, e fornire copia della relazione per il MMG. Può accadere che l’indicazione all’utilizzo del farmaco anticoagulante non rientri nelle indicazioni “ufficiali”: ad esempio il monitoraggio del PT e del PTT in caso di utilizzo di EBPM è totalmente incongruo, mentre è indicato richiedere un controllo dell’emocromo in due prelievi durante i primi giorni di utilizzo delle EBPM, a causa del rischio di HIT (trombocitopenia da eparina). Dopo un episodio di TVP i controlli ecografici sono utili, con possibili rare eccezioni, solo nei pazienti in cui si debba decidere se prolungare o meno la TAO; per questo motivo l’intervallo tra un esame e l’altro è solitamente di alcuni mesi. La discrepanza tra le effettive indicazioni delle linee guida e l’utilizzo degli esami di controllo potrebbe creare una barriera nella collaborazione fra lo specialista e il MMG e ricadere sulla qualità delle cure prestate al paziente. 30 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 31 Ruolo del MMG nella gestione della profilassi antitrombotica post-dimissione Questi problemi potrebbero essere risolti stendendo percorsi diagnostico-terapeutici (PDT) da concordarsi localmente tra ospedale/specialisti e MMG. La terapia anticoagulante orale con dicumarolici (TAO) può essere gestita dal MMG, oppure da un centro specialistico referenziato, o da entrambi, in funzione delle caratteristiche del territorio e della sua organizzazione, oltre che della disponibilità dei medici e della loro competenza. In assenza di standard minimi di competenza validi per tutti i MMG, è sovente impossibile per lo specialista ospedaliero sapere se il medico curante voglia/possa prendere in carico il paziente in TAO: è tuttavia sempre possibile stabilire un contatto telefonico pre-dimissione o una semplice indicazione riportata nella lettera di dimissioni, che riporti la disponibilità dell’ospedale a seguire il paziente in TAO qualora il MMG lo desideri. 31 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 32 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale TAKE HOME MESSAGE ➔ E’ necessario identificare i pazienti a rischio di TEV post-dimissione, informarli su segni e sintomi di TVP/ EP e su cosa fare nel caso si manifestino. ➔ In assenza di indicazioni in merito alla profilassi post dimissione in pazienti chirurgici a rischio, il MMG si deve far carico del problema e riferirsi alle indicazioni delle linee guida. ➔ Per i pazienti non chirurgici che necessitano alletta- mento dopo la dimissione, il MMG deve valutare il rischio di TEV e, pur in assenza di linee guida specifiche, istituire adeguata profilassi in analogia a quanto dovrebbe essere fatto se il paziente fosse rimasto ricoverato. ➔ Dopo un TEV, la profilassi delle recidive è di com- petenza del MMG che ne dovrà stabilire la durata in base alle indicazioni delle linee guida. ➔ Dopo un TEV il MMG deve far riferimento allo spe- cialista per stabilire la durata della terapia in caso siano presenti patologie della coagulazione, nel caso vi siano dubbi sulla scomparsa/pericolosità dei fattori di rischio per TEV e in caso di gravidanza. 32 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 33 Identificazione dei soggetti a rischio trombotico e tromboprofilassi in medicina generale Alessandro Filippi Marco Moia 33 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 34 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Il MMG e la profilassi Come si è visto nei capitoli precedenti, la profilassi primaria del TEV è sotto-utilizzata nei pazienti medici e chirurgici ospedalizzati; più difficile è valutare questo aspetto nell’ambito delle cure primarie, sia per l’assenza di linee guida di riferimento sia per la scarsità di informazioni sull’utilizzo della prevenzione del TEV nella pratica corrente dei medici di famiglia. In riferimento alla medicina generale e alla sua organizzazione, possiamo distinguere sostanzialmente due situazioni in cui il MMG deve valutare il rischio di TEV e la necessità di profilassi: - pazienti dimessi da ospedale o da pronto soccorso, visitati da specialisti dentro o fuori dall’ospedale); - pazienti valutati dal solo MMG. Il primo caso è stato trattato nel capitolo precedente, dato che i soggetti dimessi dal pronto soccorso o reinviati al curante dallo specialista sono assimilabili a quelli dimessi dall’ospedale. Per la maggior parte di questi soggetti è possibile basarsi su linee guida solide e condivise. Il problema è molto diverso per i pazienti nell’ambito delle sole cure primarie, dato che non vi sono per nulla (o quasi) studi svolti in medicina generale. Affrontiamo prima gli aspetti relativamente più semplici. Pazienti con trauma Non tutti i casi di piccola traumatologia sono inviati all’ortopedico/traumatologo, sia per la “semplicità” del caso (ad esempio distorsione tibio-tarsica, senza necessità di RX o con RX negativo), sia per l’oggettiva difficoltà di trasferire il paziente a fronte di scarsi vantaggi offerti da esami e/o consulenze (ad esempio trauma del bacino in paziente demente comunque allettato, possibile cedimento vertebrale in soggetto molto anziano e fragile ecc.). In caso di prolungata immobilità dell’arto inferiore, anche sotto il ginocchio, è indicata la terapia profilattica con EBPM (Chest 2008;133:381S34 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 35 Identificazione dei soggetti a rischio trombotico e tromboprofilassi in medicina generale 453). In caso di prolungato riposo a letto, il problema è rappresentato dall’allettamento in sé, per cui si può considerare il paziente come “medico” e utilizzare le considerazioni del prossimo paragrafo. Pazienti “medici” allettati Le linee guida raccomandano che i pazienti “medici” ricoverati per scompenso cardiaco o severa patologia respiratoria o che sono allettati e presentano uno o più fattori di rischio per TEV (cancro attivo, precedenti TEV, sepsi, malattia neurologica acuta, malattia infiammatoria intestinale cronica) ricevano profilassi con EBPM o fondaparinux. In caso d’intolleranza ai farmaci si raccomanda la tromboprofilassi con mezzi meccanici. Quanto queste raccomandazioni possono estendersi ai pazienti non ospedalizzati? Come già accennato nel capitolo precedente, l’assenza di studi condotti nell’ambito della medicina generale non autorizza un atteggiamento attendista, soprattutto quando c’è la concreta possibilità che questo tipo di studi non venga mai effettuato per motivi economici e organizzativi. La presenza di pazienti allettati per periodi di tempo più o meno lunghi, con patologie uguali a quelle dei pazienti ospedalizzati citati dalle linee guida, deve indurre alla valutazione del rischio di TEV e alla decisione “dichiarata e consapevole” di utilizzare o meno la profilassi. È possibile estendere i risultati degli studi ospedalieri ai pazienti curati al domicilio? Un punto di riferimento possono essere i criteri riportati su JAMA (JAMA 1998;279:545-549) su come applicare i risultati degli studi clinici ai singoli pazienti. Le domande a cui rispondere sono riportate nella tabella 3. La risposta ai primi due quesiti, sia pur con alcuni limiti, è sostanzialmente negativa. Per quanto riguarda la compliance, la semplicità della terapia non induce a ipotizzare alcuna rilevante differenza di aderenza; analogamente non vi sono motivi per ritenere che vi siano differenze nell’in35 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 36 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Tabella 3 Principali domande per valutare la trasferibilità dei risultati degli studi clinici ai singoli pazienti (Modificata da JAMA 1998;279:545-549) 1 Vi sono differenze patofisiologiche nelle condizioni cliniche in questione che possono determinare differente risposta ai farmaci o differenti livelli di rischio? 2 Vi sono differenze tra le caratteristiche dei pazienti che possono determinare differente risposta ai farmaci o differenti livelli di rischio? 3 Vi sono significative differenze di compliance che possono modificare la risposta al trattamento? 4 Vi possono essere comorbidità che possono sostanzialmente modificare la risposta ai farmaci o i livelli di rischio? 5 Vi possono essere rischi sostanzialmente diversi per quanto riguarda gli effetti indesiderati dei farmaci? cidenza di effetti collaterali. Più difficile rispondere in modo esauriente alla quarta domanda, a causa delle numerose comorbidità possibili e delle loro combinazioni; in generale, però, anche i pazienti anziani ospedalizzati presentano numerose patologie, per cui è improbabile che vi siano sostanziali differenze. In sintesi, non vi sono importanti motivi per non estendere i risultati degli studi ospedalieri ai pazienti della medicina generale che presentano analoghe caratteristiche cliniche. Queste conclusioni sono rafforzate dall’osservazione che i fattori di rischio per TEV presenti in ambiente ospedaliero sono altamente prevalenti anche nell’ambito della medicina generale italiana, come rilevato dai dati del database Health Search (dati inviati per pubblicazione). Una volta stabilito che possiamo ragionevolmente utilizzare le conclusioni degli studi esistenti e, quindi, utilizzare le raccomandazioni delle linee guida, qual è la strategia migliore per applicarle alla pratica quotidiana? Si presentano subito alcuni problemi: dobbiamo considerare tutti i soggetti permanentemente o temporaneamente allettati con 36 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 37 Identificazione dei soggetti a rischio trombotico e tromboprofilassi in medicina generale almeno un fattore di rischio? L’età avanzata in un soggetto che non può lasciare il letto può essere considerata un fattore di rischio? In caso di allettamento temporaneo, quanto deve essere lunga la permanenza a letto per costituire fattore di rischio per TEV? Una possibile strategia può essere quella proposta da Francis e coll. (NEJM 2007;356:1438-1444), riproposta con piccole modifiche nella figura 2. Un aspetto particolare, non affrontato dagli studi ospedalieri, è la durata della profilassi nei soggetti permanentemente allettati. Si tratta di un problema non irrilevante, dato che è ben diverso, da ogni punto di vista, programmare un trattamento “sine die” rispetto a un trattamento di giorni o settimane. Purtroppo non è possibile acconten- Figura 2 Possibile flow-chart in caso di allettamento per tempi medio-brevi (Modificata da NEJM 2007;356:1438-1444) Previsto allettamento da 4 giorni ad alcune settimane Età >40 e presenza di fattori di rischio per TEV - Scompenso cardiaco - Grave patologia polmonare - Cancro attivo - Sepsi - Malattia infiammatoria cronica intestinale - Precedenti di TEV - Malattia neurologica acuta Profilassi farmacologica o, se controindicata, non farmacologica. Le due modalità possono essere associate in caso di rischio particolarmente elevato Età <40 anni o assenza di fattori di rischio per TEV Nessuna profilassi 37 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 38 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale tarsi delle risposte alle domande della tabella 3, dato che la durata dell’allettamento e della terapia è di grande importanza e differisce in modo molto rilevante, rendendo non paragonabili gli studi ospedalieri alla realtà territoriale (o delle lungo degenze/case di riposo). Le cause di allettamento permanente sono, solitamente, gravi patologie neurologiche (ictus, demenza, patologie cronico-degenerative del sistema nervoso centrale) e/o neoplasie avanzate. Può essere quindi utile distinguere un allettamento probabilmente temporaneo (giorni/settimane) da quello prolungato/permanente (mesi/anni). Nel primo caso è opportuno, in presenza delle situazioni indicate dalle linee guida, utilizzare sempre la profilassi, a meno di controindicazioni o di motivazioni specifiche, che dovrebbero essere sempre riportate nella documentazione clinica del paziente, anche per motivi medicolegali (vedi figura 2). Nel secondo caso non sono possibili “automatismi” e, in assenza di studi di lunga durata, sia pur in ambiente ospedaliero, è necessaria una decisione che si basi volta per volta su elementi non ben codificati e studiati. Una possibile flow-chart è riportata nella figura 3; questa proposta rispecchia le opinioni degli autori, ma non è supportata da documenti di consenso, peraltro mai realizzato su questi temi specifici. Pazienti “medici” con grave ipomobilità Sfortunatamente la realtà della medicina generale è estremamente variegata e ci presenta situazioni che esulano anche dalla complessa tipologia già sopra affrontata. Che fare nei pazienti non allettati, ma che passano la quasi totalità del loro tempo seduti in poltrona o in sedia a rotelle, capaci di fare solo pochi passi, accompagnati, per andare in bagno o sedersi a tavola? Anche in situazioni come queste non possiamo attendere i risultati di studi che, verosimilmente, non verranno mai effettuati. Un’importante ipo-mobilità deve far pensare al rischio di TEV. In questo caso non ci sono alternative a una valutazio38 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 39 Identificazione dei soggetti a rischio trombotico e tromboprofilassi in medicina generale Figura 3 Possibile flow-chart in caso di allettamento molto prolungato (Contributo originale degli autori) Previsto allettamento di mesi/anni Presenza di fattori di rischio per TEV - Grave scompenso cardiaco - Grave patologia polmonare - Cancro attivo - Malattia infiammatoria cronica intestinale - Precedenti di TEV - Frequenti episodi infettivi Profilassi farmacologica o, se controindicata, non farmacologica. Le due modalità possono essere associate in caso di rischio particolarmente elevato Assenza di fattori di rischio per TEV Profilassi non farmacologica ne individuale basata sui soli elementi clinici. Un aiuto può venire dagli studi osservazionali effettuati nell’ambito della medicina generale. Il “peso” dei principali fattori di rischio nei confronti della comparsa di EP e di TEV è riportata nella tabella 4. Utilizzando queste informazioni è possibile valutare, caso per caso, se il paziente è ad alto rischio per TEV e se può essere opportuno o meno utilizzare la profilassi. Viaggi aerei di lunga durata Non è una circostanza eccezionale che i nostri pazienti facciano viaggi in aereo e ci chiedano consiglio. Per chi prevede un volo della 39 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 40 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Tabella 4 Odd ratio (OR) e intervallo di confidenza (IC) per embolia polmonare (EP) e trombosi venosa profonda (TVP) negli assistiti inseriti in un database della medicina generale inglese. (Modificata da Arch Intern Med 2007;167:935-943). Fattore di rischio TVP OR e IC 95% EP OR e IC 95% Totale (TVP+EP) OR e IC 95% Sovrappeso 1.36 (1.20-1.52) 1.16 (1.02-1.31) 1.27 (1.16-1.40) Obesità 2.33 (2.03-2.66) 1.81 (1.56-2.09) 2.11 (1.88-2.36) Scompenso cardiaco 1.35 (1.07-1.69) 3.03 (2.50-3.68) 2.08 (1.76-2.48) Malattia cerebrovascolare 1.10 (0.91-1.33) 1.54 (1.28-1.86) 1.32 (1.13-1.54 Fibrillazione atriale 1.46 (1.08-1.96) 1.94 (1.47-2.57) 1.69 (1.34-2.13) Asma 1.15 (1.00-1.31) 1.32 (1.15-1.53) 1.22 (1.09-1.37) BPCO 1.26 (1.05-1.53) 1.81 (1.52-2.17) 1.54 (1.32-1.79) Cancro 3.26 (2.80-3.79) 3.17 (2.70-3.71) 3.24 (2.84-3.69) Varici arti inferiori 2.02 (1.63-2.50) 1.50 (1.18-1.91) 1.78 (1.48-2.15) FANS 1-30 giorni 3.44 (2.81-4.22) 2.15 (1.69-2.73) 2.82 (2.35-3.39) FANS 31-365 giorni 1.96 (1.57-2.44) 1.49 (1.17-1.91) 1.68 (1.39-2.04) Cortisonici 1-30 gg 3.39 (2.14-5.37) 6.24 (4.10-9.50) 4.68 (3.17-6.92) Cortisonici 31-365 gg 2.71 (1.90-3.86) 4.57 (3.25-6.43) 3.44 (2.53-4.69) durata superiore alle otto ore e non presenta fattori di rischio per TEV, le linee guida ACCP raccomandano di non indossare abiti stretti sulle gambe e sulla vita, mantenere una buona idratazione e utilizzare frequentemente la muscolatura del polpaccio. Se sono presenti fattori di rischio per TEV, oltre alle misure generali già riportate, è possibile utilizzare calze a compressione graduata al di sotto del ginocchio con pressione di 15-30 mmHg alla caviglia o una singola dose profilattica di EBPM. L’aspirina non è raccomandata a scopo profilattico. 40 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 41 Identificazione dei soggetti a rischio trombotico e tromboprofilassi in medicina generale Valutare sempre la funzionalità renale In considerazione delle patologie che costituiscono elemento di alto rischio e dell’età media elevata dei soggetti ad alto rischio per TEV, è necessario ricordare che la funzionalità renale deve essere sempre valutata e considerata nella scelta dei farmaci antitrombotici, soprattutto in caso di terapia prolungata. La sola determinazione della creatininemia non è sufficiente ed è sempre opportuno stimare la filtrazione glomerulare con le apposite formule di calcolo (Cockcroft & Gault; MDRD), spesso già inserite nel software di studio o, comunque, facilmente reperibili su internet. Tutela medico-legale Come si è evidenziato nei capitoli precedenti, l’utilizzo di profilassi per il TEV in medicina generale non è direttamente supportata da linee guida. Oltre a ciò, l’uso di farmaci profilattici nel lungo termine in pazienti allettati o in soggetti con grave ipomobilità e fattori di rischio per TEV, non è sostenuta da evidenze codificate. Come per tutti i farmaci, anche per quelli che possono prevenire il TEV, la prescrizione è possibile in base all’indicazione in scheda tecnica. È evidente che per molte delle situazioni sopra riportate non vi è alcuna indicazione ufficiale. In questi casi si configura la possibilità di prescrizione al di fuori delle indicazioni della scheda tecnica (off label), che richiede, oltre a un’accurata valutazione clinica alla luce delle evidenze scientifiche disponibili, anche il consenso informato del paziente. Idealmente bisognerebbe raccogliere il consenso scritto, soprattutto nei casi che più si discostano dalla tipologia clinica considerata dalle linee guida. In ogni caso è opportuno registrare nella scheda del paziente le motivazioni della scelta di attuare la profilassi e il fatto che vantaggi/svan41 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 42 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale taggi sono stati discussi con il paziente che ha acconsentito al trattamento. Ovviamente dovrebbe anche essere registrata e motivata la decisione di non attuare la profilassi, tutela importante nel caso si verifichi un TEV. Organizzazione del lavoro Non sono disponibili informazioni sul numero di soggetti ad alto rischio per TEV in medicina generale e su come il problema della profilassi venga affrontato dai loro medici curanti. Pur in assenza di dati precisi, è evidente che si tratta di una situazione, sia pur non frequentissima, comunque ricorrente nella pratica del MMG. Per affrontarla in modo razionale è opportuno, come sempre di fronte a problematiche a bassa incidenza: a) riferirsi a principi semplici, “semiautomatici” per non dimenticarsi del problema; b) disporre di materiale di riferimento e approfondimento facilmente reperibile in caso di necessità; c) rivedere periodicamente la propria casistica e la propria pratica clinica. In termini operativi, la sintesi può essere questa: - ricordare il problema del TEV in caso di allettamento, anche temporaneo, o di grave ipomobilità; - archiviare in formato elettronico il materiale che può servire per gestire il problema (linee guida, manuali, materiale informativo per il paziente ecc.), facilmente reperibili in internet; - ripensare a tutti i pazienti allettati/ipomobili e al problema dell’eventuale profilassi del TEV (sono pochi, si ricordano tutti a mente). 42 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 43 Identificazione dei soggetti a rischio trombotico e tromboprofilassi in medicina generale Si riporta qui un esempio di materiale informativo che può essere consegnato al paziente al momento di iniziare la terapia con eparina. AVVISARE SUBITO IL MEDICO (O, SE NECESSARIO, IL 118) IN CASO DI Comparsa di gonfiore a un piede o a una gamba Mancanza improvvisa di respiro o mancanza di forze COME SOMMINISTRARE EPARINA PER VIA SOTTOCUTANEA La zona dove iniettare il farmaco è l’addome, escludendo la parte intorno all’ombelico (rimanere distanti 2-3 dita dall’ombelico). Alternare il punto dove si effettua l’iniezione. Evitare zone con cicatrici, arrossamenti, lesioni ecc. Mantenere costante l’ora della somministrazione (una o due volte al dì secondo l’indicazione del medico). Non eliminare la bolla d’aria contenuta nella siringa e non aspirare dopo aver fatto penetrare l’ago nel sottocute. Far formare una piega alla cute con l’indice e il pollice di una mano in una zona precedentemente disinfettata e, tenendo la siringa con l’altra mano, piantare verticalmente l’ago nella plica (farlo penetrare totalmente: non fa alcun male, perché è sottilissimo). Mantenere la piega della pelle per tutto il periodo dell’iniezione. Iniettare tutto il liquido, estrarre l’ago e comprimere delicatamente con cotone e disinfettante, senza massaggiare. La comparsa di un “livido” in sede di iniezione è abbastanza comune, non è pericolosa e non deve far sospendere la terapia (bisogna solo evitare di iniettare nuovamente il farmaco in quella sede). 43 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 44 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale TAKE HOME MESSAGE ➔ Il MMG deve identificare i pazienti a rischio permanente o transitorio di TEV anche se non precedentemente ricoverati. ➔ In assenza di studi svoltisi nell’ambito della medicina generale, il MMG deve utilizzare le informazioni derivanti da studi ospedalieri per stabilire la necessità, la modalità e la durata di profilassi del TEV in pazienti a rischio. ➔ Per i pazienti medici con caratteristiche sovrapponibili a quelle indicate nelle linee guida, è opportuno applicare queste stesse linee guida, sia per allettamenti di durata medio breve che lunga. ➔ Per i pazienti con allettamento di mesi/anni, senza le caratteristiche di cui sopra, è opportuno considerare una profilassi non farmacologica. ➔ Per i pazienti con grave ipomobilità, ma senza allettamento assoluto, è necessaria una valutazione caso per caso in base alla presenza di fattori di rischio per TEV. ➔ Ogni decisione in merito all’uso o non uso della profilassi deve essere motivata e registrata nella documentazione clinica del paziente. 44 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 45 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia Alessandro Filippi Marco Moia 45 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 46 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Come sospettare una diagnosi di TVP Come si è detto nei capitoli precedenti, larga parte delle TVP e delle EP si manifestano fuori dall’ospedale. Il MMG ha un ruolo fondamentale non solo nell’attività preventiva, già affrontata nel secondo e nel terzo capitolo, ma anche nella diagnosi e nella gestione della terapia. I più importanti sintomi e i segni indicativi di TVP sono riportati nella tabella 5. È evidente che molte altre condizioni acute (tabella 6) e croniche (tabella 7) possono presentarsi con caratteristiche analoghe. È pertanto indispensabile mantenere sempre un elevato livello di attenzione, per non “mancare” una diagnosi con conseguenze potenzialmente gravi. Tabella 5 Segni e sintomi di TVP ➔ Dolore o dolorabilità al polpaccio ➔ Rigonfiamento con edema di gamba e/o di coscia ➔ Aumento della temperatura cutanea ➔ Dilatazione delle vene superficiali ➔ Cianosi in caso di ostruzione severa 46 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 47 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia Tabella 6 Cause acute di edema degli arti inferiori ➔ TVP ➔ Flebite superficiale ➔ Linfangite (erisipela ecc.) ➔ Cellulite ➔ Dermatite ➔ Versamento articolare ➔ Cisti di Baker ➔ Ematoma ➔ Artrite ➔ Fratture ➔ Ischemia acuta Tabella 7 Cause croniche di edema degli arti inferiori ➔ Sindrome post-flebitica ➔ Insufficienza venosa ➔ Ostruzione venosa ➔ Lipodermatosclerosi ➔ Linfedema ➔ Scompenso cardiaco ➔ Distrofia simpatica riflessa ➔ Ipoproteinemia (indipendentemente dalla causa) ➔ Edema idiopatico ➔ Lipoedema ➔ Edema da “poltrona” ➔ Farmaci calcio-antagonisti 47 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 48 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale La diagnosi clinica di TVP non può quindi essere accurata e la sua conferma strumentale si verifica in percentuali che vanno da 10% al 30% dei casi, a seconda del contesto clinico e dell’esperienza personale dei medici. La certezza della diagnosi è però fondamentale: non riconoscere una TVP espone il paziente a rischi importanti, non esclusi eventi fatali, mentre una falsa diagnosi comporta il rischio di un trattamento anticoagulante prolungato non necessario. In ogni caso di sospetto di TVP è quindi indispensabile ottenere una valutazione e una diagnosi oggettiva e ottenerla in tempi rapidi, perché la tempestività e l’adeguatezza del trattamento anticoagulante costituiscono un fattore fondamentale per ridurre le recidive di TEV non solo durante un primo periodo dopo l’evento acuto, ma anche a distanza di mesi e per ridurre la gravità della sindrome post-trombotica. Come stimare la probabilità di TVP Nel momento in cui si manifestano segni e sintomi compatibili con una TVP, è necessario stimare la probabilità che questa patologia sia effettivamente presente. A questo scopo sono stati sviluppati differenti strumenti diagnostici basati su elementi clinici. Il più noto e più studiato è quello di Wells, riportato nella tabella 8, basato su un sistema a punti. 48 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 49 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia Tabella 8 Punteggio di Wells per stimanre la probabilità di TVP (Da Lancet,1995; 345, 1326-1330) CARATTERISTICHE CLINICHE PUNTEGGIO CANCRO ATTIVO (terapia attuale; < 6 mesi; palliativa) +1 PARALISI, PARESI, RECENTE INGESSATURA ARTI INFERIORI +1 ALLETTAMENTO > 3 giorni o CHIRURGIA MAGGIORE entro 4 settimane +1 DOLORABILITÀ LOCALIZZATA (lungo la distribuzione del sistema venoso profondo) +1 EDEMA DI UN INTERO ARTO INFERIORE +1 EDEMA POLPACCIO > 3 cm (rispetto all’arto inferiore asintomatico) (misurare 10 cm sotto la tuberosità tibiale) +1 EDEMA IMPRONTABILE (maggiore nell’arto sintomatico) +1 PRESENZA DI VENE SUPERFICIALI COLLATERALI (non varicose) +1 PRESENZA DI DIAGNOSI ALTERNATIVA –2 Originariamente erano previste tre categorie di rischio: - elevato (> 3) - intermedio (1-2) - basso (< 0). Successivamente si è ritenuto più consono alla pratica clinica ridurre a due le categorie: - probabile (≥ 2) - improbabile (< 2). 49 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 50 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Questa suddivisione è stata validata in studi clinici. Come vedremo tra breve, la divisione in due categorie è quella più utile per la medicina generale. Naturalmente la stima della probabilità di TVP è possibile anche senza ricorrere a un punteggio formale. Studi comparativi hanno mostrato che l’accuratezza predittiva del punteggio di Wells e della valutazione puramente clinica erano molto simili, cosa che peraltro non sorprende, dato che gli elementi considerati sono comunque sempre gli stessi. In ogni caso, è comunque preferibile utilizzare il punteggio di Wells, perlomeno nell’ambito delle cure primarie, in quanto: a) garantisce una stima accurata in un contesto in cui l’esperienza personale del singolo medico non può essere basata su grandi numeri; b) consente di comunicare con specialisti e ospedale utilizzando uno strumento validato e condiviso; c) costituisce una garanzia dal punto di vista medico-legale. Un ovvio svantaggio di questo metodo è la necessità di memorizzarlo per poterlo utilizzare al domicilio del paziente, a meno di utilizzare anche in queste circostanze computer portatili/palmari. Come tutti gli strumenti diagnostici, anche quello di Wells ha limiti importanti. In primo luogo non è basato interamente su elementi oggettivi, in quanto la presenza di diagnosi alternativa è ovviamente basata sul giudizio clinico del singolo medico. In secondo luogo non è stato formalmente testato in pazienti: a) con precedenti TVP o EP; b) che hanno iniziato terapia anticoagulante da più di 48 ore; c) in gravidanza; d) anziani. Una volta stabilito il livello di probabilità di TVP, è necessario però 50 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 51 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia decidere se questo è sufficientemente basso per escludere la necessità di esami strumentali di conferma o, in caso contrario, quale iter diagnostico seguire. Come confermare o escludere una diagnosi di TVP La conferma o l’esclusione della diagnosi di TVP si basa su algoritmi che, partendo dalla stima clinica della probabilità di TVP, utilizzano il D-dimero e l’ecografia con compressione (CUS). Può essere utile illustrare brevemente le caratteristiche di questi importanti strumenti diagnostici. D-dimero I D-dimeri sono generati dalla fibrinolisi del trombo in cui la fibrina è degradata dalla plasmina e sono identificati tramite anticorpi monoclonali. La determinazione dei D-dimeri serve a escludere la diagnosi di TVP in pazienti con probabilità clinica medio-bassa, questo grazie alla sua elevata sensibilità. Vi sono differenti tecniche per dosare i D-dimeri, caratterizzate da diverse sensibilità e specificità. Visto che lo scopo è quello di escludere la diagnosi, si dovrebbero privilegiare metodiche con alta sensibilità: enzyme-linked fluorescence (ELISA). Sono peraltro disponibili tecniche per la determinazione dei D-dimeri al letto del paziente, che hanno dimostrato la loro utilità in contesti diversi, quali il pronto soccorso e le cure primarie. Valutando il risultato di questo esame, è necessario ricordare alcuni limiti dello stesso. Valori elevati di D-dimero si riscontrano in presenza di infezioni, infiammazioni, cancro, traumi e interventi chirurgici, ictus, patologie coronariche acute ecc. 51 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 52 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale L’utilità clinica è ridotta in alcune circostanze cliniche ad alto rischio di TVP (gravidanza, puerperio, pregressa TVP) e nei pazienti anziani. Anche la localizzazione e l’entità della TVP ha rilevanza: la sensibilità per TVP distale è di circa l’86%, mentre è del 98% per TVP prossimale. I livelli di D-dimero rimangono elevati durante il primo giorno di terapia anticoagulante, ma scendono rapidamente nei giorni successivi, per cui non possono essere utilizzati in soggetti in terapia cronica con eparine o anticoagulanti orali. Ecografia L’ecografia è diventata la principale tecnica diagnostica per la TVP. Il trombo non viene visualizzato direttamente, dato che i risultati sarebbero di scarsa utilità: un trombo fresco è sostanza anecoide e l’ecogenicità dipende anche dall’età del trombo stesso. I metodi comunemente usati sono quindi l’ecografia compressiva (Compressive UltraSonography, CUS) e il color doppler. La CUS è generalmente la tecnica di riferimento in caso di primo episodio di TVP: si identificano le vene femorale comune e superficiale e poplitea che vengono visualizzate sul piano trasverso e si esercita una lieve pressione tramite la sonda. Se il lume è totalmente compressibile si esclude una TVP, se totalmente o parzialmente incompressibile è presente un trombo. Con questi criteri, in pazienti con sospetta TVP, sensibilità e specificità per TVP prossimale sono rispettivamente 93% e 97%; per TVP distale (ad es. vene tibiali) i valori sono inferiori, 71% e 76%. Per le TVP distali grande importanza ha l’esperienza dell’ecografista, per evitare la possibilità di falsi positivi a causa della complessa anatomia dei vasi venosi distali. Considerazioni analoghe sono valide anche per il color-doppler, che produce risultati molto simili alla CUS, ma comporta tempi d’esecuzione e costi superiori. 52 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 53 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia Figura 4 Flow-chart diagnostica per TVP. (Modificata da Journal of Thrombosis and Haemostasis, 2005; 3,2465-2470) Punteggio Wells > 2 =2 >2 D-dimero CUS + CUS – – NO TVP + TVP – + D-dimero – + NO TVP – Ripetere CUS dopo 7 giorni + TVP Una volta stabilita la probabilità clinica di TVP, l’iter diagnostico dovrebbe seguire una flow-chart validata da studi clinici. In letteratura sono state avanzate più proposte. Un riferimento che incorpora la probabilità clinica è riportato nella figura 4. È evidente che qualunque sia la flow-chart prescelta, la sua esecuzione non può essere effettuata che in ambiente ospedaliero. È comunque importante che il MMG sia a conoscenza delle modalità diagnostiche adottate nell’ospedale di riferimento e della sua modalità di attuazione a seconda dei momenti della giornata e della setti53 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 54 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale mana: che cosa è possibile ottenere nelle ore diurne, nelle ore notturne, nei festivi ecc. Queste informazioni sono utili per le decisioni che il MMG (o il medico di guardia medica) deve prendere in caso di possibile TVP. Cosa deve fare il MMG quando sospetta una TVP In base a quanto sopra riportato, è evidente che si debba stimare la probabilità di TVP in base agli elementi clinici, preferibilmente utilizzando il punteggio di Wells. In caso di punteggio ≥2 è necessario verificare con certezza la presenza o meno di TVP e, quindi, inviare il paziente in ospedale. Le modalità d’invio potranno essere differenti a seconda degli accordi locali (è auspicabile che siano attivati percorsi diagnostico-terapeutici concordati tra ospedale e territorio), ma in ogni caso l’invio deve essere urgente e deve essere precisato, oltre al sospetto diagnostico, il livello di rischio. È anche utile fornire informazioni sulla possibilità o meno di gestire la terapia della TVP al domicilio del paziente (vedi paragrafo sulla gestione domiciliare). Nel caso in cui il servizio di ecografia non sia disponibile 24 ore su 24, può essere preferibile rimandare di alcune ore l’invio, ma, se il livello di rischio è elevato, è opportuno iniziare a somministrare EBPM a dosaggio terapeutico: si ridurrà il rischio per il paziente, senza inficiare la possibilità di utilizzare il D-dimero (se dosato entro 24 ore dall’inizio della terapia). Ovviamente l’EBPM sarà sospesa nel caso in cui la TVP non venga confermata. Come sospettare una diagnosi di EP L’EP sintomatica è un evento più raro rispetto alla TVP, ma rappresenta un’emergenza medica. Non solo è necessario raggiungere la 54 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 55 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia certezza diagnostica in brevissimo tempo, ma la terapia richiede il ricovero nella maggioranza dei casi. È necessario mantenere un alto livello di sospetto diagnostico, perché il sintomo cardine, l’improvvisa/rapida comparsa di dispnea, può dipendere da molte patologie, per cui la diagnosi differenziale è ampia. Anche per l’EP sono disponibili strumenti per valutare la probabilità di EP in base a elementi clinici. Nella pratica clinica vi sono due principali sistemi a punteggio validati da studi ad hoc: - il punteggio di Wells per l’EP (tabella 9); - il punteggio di Ginevra (Geneva) in tre versioni: l’originale (Arch Intern Med 2001;161:92-97), la revisionata (tabella 10) (Annals of internal medicine 2006;144:165-71); la semplificata (tabella 11) (Arch Intern Med 2008; 168:2131-6). Il punteggio di Ginevra “revisionato” ha mostrato una validità predittiva uguale a quello di Wells (Lancet 2008;371:1343-52). Il confronto tra punteggio “revisionato” e la versione “semplificata” di Ginevra ha mostrato prestazioni sostanzialmente sovrapponibili (Arch Intern Tabella 9 Punteggio di Wells per stimare la probabilità di EP* (Da Thromb Haemost. 2000;83:416-420) ➔ Segni clinici di TVP 3 punti ➔ Diagnosi alternativa meno probabile rispetto a EP 3 punti ➔ Frequenza cardiaca >100 1,5 punti ➔ Immobilità o chirurgia nelle precedenti 4 settimane 1,5 punti ➔ Precedente TVP o EP 1,5 punti ➔ Emoftoe 1 punto ➔ Neoplasie maligne in presenza di trattamento attivo o negli ultimi 6 mesi o cure palliative 1 punto *<4 EP = improbabile (16%); <4 e D-dimero negativo = TEV rischio bassissimo (0-0,5%) 55 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 56 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale Tabella 10 Punteggio di Ginevra “revisionato” per stimare la probabilità di EP* (da Annals of internal medicine. 2006;144:165-71) ➔ Età >65 anni 1 punto ➔ Precedente TVP o EP 3 punti ➔ Chirurgia o frattura entro un mese 2 punti ➔ Cancro attivo 2 punti ➔ Dolore unilaterale a un arto inferiore 3 punti ➔ Emoftoe 2 punti ➔ Frequenza cardiaca 75-94 3 punti ➔ Frequenza cardiaca >94 ➔ Dolore alla palpazione profonda ed edema unilaterali a un arto inferiore 5 punti 4 punti *0-3 punti = bassa probabilità (8%); 4-10 punti = media probabilità (28%); >11 punti = alta probabilità (74%) Tabella 11 Punteggio di Ginevra “semplificato”* per stimare la probabilità di EP (da Arch. Intern Med 2008; 168:2131-6) Età >65 anni Precedente TVP o EP Anestesia generale o frattura nel mese precedente Cancro attivo o cancro trattato entro un anno Dolore unilaterale a un arto inferiore Emoftoe Dolore alla palpazione profonda ed edema unilaterali ad un arto inferiore ➔ Frequenza cardiaca tra 75 e 94 ➔ Frequenza cardiaca >94 ➔ ➔ ➔ ➔ ➔ ➔ ➔ 1 1 1 1 1 1 punto punto punto punto punto punto 1 punto 1 punto 1 punto * 0-1 = bassa probabilità (7,7%); 2-4 = media probabilità (26%); > 5 = alta probabilità (64%); < 2 e D-dimero negativo = probabilità 3% 56 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 57 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia Med 2008;168:2131-6). Anche per il punteggio di Wells esiste una forma semplificata, che assegna un punto per ogni elemento. Con questo sistema, il livello per definire improbabile l’EP è <1: questo modello semplificato ha prestazioni sovrapponibili all’originale (Thromb Haemost 2008;99:229-34). Le probabilità indicate dagli strumenti di stima di rischio possono essere utilizzate in ambiente ospedaliero per valutare l’opportunità di eseguire ulteriori accertamenti: - determinazione del D-dimero, - scintigrafia polmonare, - angioTAC/ angioRMN. Per quanto riguarda il MMG (e il medico di guardia medica) questi strumenti hanno l’unico scopo di far decidere se è opportuno o meno un ricovero ospedaliero, sempre in regime d’urgenza, dato che la sola probabilità di EP giustifica questo atteggiamento alla luce dell’alto rischio di eventi fatali o invalidanti. TVP non localizzate agli arti inferiori Le TVP degli arti superiori, del collo e dell’addome sono relativamente rare: il 4% circa di tutti i TEV. Analogamente alle TVP degli arti inferiori, c’è elevato rischio di EP, stimato tra il 15 e il 33%. Ai fini della diagnosi, i parametri clinici sono inaffidabili e i più importanti segni clinici (dolore, calore, edema, colorazione bluastra della pelle e comparsa di collaterali venosi superficiali) hanno bassa specificità. La diagnosi clinica viene confermata da un terzo alla metà dei casi. Il dosaggio dei D-dimeri ha scarsa utilità in questi casi e non viene utilizzato ai fini diagnostici. Per questo motivo il sospetto clinico deve essere sempre confermato con esami strumentali. La venografia è l’esame di riferimento ed è in genere ben tollerata. La facilità d’accesso, il basso costo e l’assenza di radiazioni fanno però 57 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 58 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale preferire, in prima battuta, l’ecografia (in questi casi si utilizzano contemporaneamente lo studio eco-compressivo e l’eco-colordoppler). Nel caso in cui l’eco-doppler confermi la diagnosi, si inizia la terapia; in casi negativi o dubbi è indispensabile proseguire le indagini con una venografia. Il trattamento del TEV degli arti superiori è identico a quello degli arti inferiori. La gestione domiciliare della TVP Non si affrontano qui gli aspetti riguardanti l’uso dei farmaci, EBPM e anticoagulanti orali, ma solo gli aspetti organizzativi. È ormai ampiamente dimostrato che gran parte (dal 50% all’80% a seconda degli studi) dei pazienti con diagnosi di TVP può essere trattata a domicilio con pari efficacia e costi molto minori rispetto al trattamento in regime di ricovero. Non tutti i soggetti sono gestibili a domicilio e i principali criteri di esclusione sono riportati nella tabella 12. Considerando le controindicazioni riportate nella tabella 12, è evidente che la decisione di non ospedalizzare il malato può essere presa solo in ambiente ospedaliero dopo gli opportuni accertamenti (il Tabella 12 Motivi per escludere il trattamento domiciliare della TVP ➔ EP in atto o TVP estesa con altissimo rischio di EP ➔ Alto rischio emorragico in terapia anticoagulante ➔ Gravidanza ➔ Gravi co-patologie ➔ Desiderio del paziente di essere ospedalizzato ➔ Impossibilità di adeguata assistenza a domicilio ➔ Non disponibilità da parte del MMG 58 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 59 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia paziente si troverà già in ospedale per eseguire gli esami previsti dall’algoritmo diagnostico). Ovviamente la disponibilità del medico curante deve essere nota al personale ospedaliero e, per questo motivo, deve essere chiaramente indicata nella documentazione d’invio in ospedale (ad esempio, esplicitare che “nel caso in cui sussistano le condizioni cliniche, sono disponibile a gestire a domicilio la terapia della TVP”). In questa dichiarazione di disponibilità o di indisponibilità vi sono anche valutazioni sulla possibilità di garantire l’assistenza domiciliare indispensabile. Per poter trattare il paziente a domicilio è infatti necessario che si realizzino alcune condizioni: a) possibilità di individuare tempestivamente eventuali complicazioni cliniche; b) corretta e regolare somministrazione dei farmaci; c) esecuzione dei controlli laboratoristici necessari in caso di terapia anticoagulante orale. d) verifica del rispetto di norme di comportamento (posizione antideclive arti inferiori durante il riposo, uso di calze elastiche). Se il medico ritiene che vi possano essere difficoltà in questo senso, è opportuno che lo segnali ai colleghi ospedalieri (ad esempio, precisare che “la situazione assistenziale/sociale rende difficoltosa/inaffidabile l’iniziale gestione della terapia del TEV a domicilio”). La terapia domiciliare della TVP richiede uno sforzo organizzativo aggiuntivo rispetto agli abituali standard assistenziali. Il paziente va istruito circa le modalità e il significato della terapia che è chiamato in parte ad autogestirsi (senza essere sovraccaricato di ansietà), deve trovare un accesso privilegiato nel caso in cui necessiti di consigli medici, e deve essere in contatto con il personale medico o paramedico dedicato, quotidianamente nei primi giorni di trattamento, o in ambulatorio o a domicilio. Un esempio di materiale informativo è riportato di seguito. 59 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 60 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale INDICAZIONI PER PAZIENTI E FAMIGLIARI Nelle vene profonde della gamba si è formato un trombo (un coagulo “grumo” - di sangue) e la terapia che ha iniziato ha lo scopo di impedire l’ingradimento del trombo e favorirne la dissoluzione. Le iniezioni di (indicare nome e dosaggio) ...................... devono essere praticate sottocute alle ore ............ e alle ore ............... Le istruzioni sono riportate nel foglio illustrativo; se vi fossero punti non chiari non bisogna esitare a contattare il medico. Nella sede dell’iniezione può comparire un alone bluastro/giallastro (tipo livido); è una situazione normale che si risolve senza alcun intervento entro pochi giorni. Differente è il caso in cui compaia una zona arrossata, indurita e dolente: in questo caso è necessario avvisare immediatamente il medico. Le compresse che sta utilizzando (indicare nome) ..................... servono a ridurre la capacità del sangue di coagularsi e vanno assunte alle ore ........... La dose iniziale è di ............ ma verrà modificata in base ai risultati degli esami del sangue che dovranno essere effettuati con regolarità durante tutto il periodo della terapia. Mentre le iniezioni saranno sospese tra pochi giorni, quando gli esami del sangue indicheranno un adeguato livello di coagulazione, l’assunzione di compresse di anticoagulante dovrà essere proseguita per un periodo minimo di ........ mesi. Le cure che sono state iniziate sono assolutamente indispensabili e non vanno interrotte senza aver prima consultato il medico. In caso di qualsiasi dubbio non esitate a contattarlo. 60 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 61 TVP/EP: dal sospetto diagnostico alla terapia IN MODO PARTICOLARE È NECESSARIO CONTATTARE IMMEDIATAMENTE IL MEDICO NEI SEGUENTI CASI: ➔ comparsa di gonfiore (o aumento di quello già presente) alla gamba ➔ arrossamento, dolore alla gamba ➔ comparsa di febbre ➔ comparsa di dolori al torace ➔ lieve mancanza di respiro ➔ tosse di origine non chiara Il vostro medico è contattabile ai seguenti numeri .................................... Nei giorni festivi è necessario rivolgersi a ..................... (indicare se guardia medica o centro ospedaliero) al seguente numero .............................. Nel caso di improvvisa grave mancanza di respiro o di perdita di coscienza, è indispensabile chiamare immediatamente il 118. 61 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 62 Guida breve alla gestione del TEV in medicina generale TAKE HOME MESSAGE ➔ In caso di sospetto clinico di TVP è opportuno stimarne la probabilità utilizzando uno strumento validato (punteggio di Wells). ➔ Il sospetto clinico di TVP deve essere sempre confermato tramite un algoritmo diagnostico realizzabile solo in ospedale (questo algoritmo confermerà la diagnosi solo nel 10-30% dei casi). ➔ L’invio in ospedale in caso di probabilità medio-elevata di TVP deve essere immediato; se questo non è possibile, iniziare a somministrare EBPM a dosaggio terapeutico in attesa della conferma diagnostica. ➔ La terapia della TVP è possibile al domicilio nel 50-80% dei casi, a patto che sia disponibile un’adeguata assistenza; inviando il paziente in ospedale per gli accertamenti diagnostici bisogna informare i colleghi ospedalieri della possibilità (o non possibilità) di assistere il paziente al domicilio. 62 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 63 conclusioni Gli episodi di TEV rappresentano un rilevante problema, gravato da mortalità, disabilità e costi in larga parte evitabili identificando i soggetti ad alto rischio ed istituendo un’adeguata profilassi. Il problema è così importante che negli USA e nel UK gli organi governativi hanno ritenuto necessario richiamare ufficialmente l’attenzione di medici e pazienti su questa patologia. Il miglioramento deve aver luogo in tutti gli ambiti clinici e in tutte le fasi del processo assistenziale: - profilassi all’interno dell’ospedale - prosecuzione della profilassi dopo dimissione - identificazione dei soggetti a rischio in ambiente extra-ospedaliero e istituzione di profilassi - identificazione precoce dei pazienti con TEV, tempestiva conferma della diagnosi e conseguente inizio e prosecuzione della terapia. E’ evidente che, fatta eccezione per il primo punto, il coinvolgimento della medicina generale è essenziale e, in alcuni casi, esclusivo. Per quanto riguarda il paziente post-dimissione le linee guida forniscono generalmente raccomandazioni adeguate. La loro conoscenza e una buona comunicazione ospedale-territorio consentono di garantire ai pazienti una profilassi adeguata ed un tempestivo riconoscimento di un’eventuale TEV o della sua recidiva. L’identificazione dei soggetti a rischio di TEV in ambiente extra-ospedaliero e la conseguente decisione di utilizzare o meno una profilassi farmacologica e/o non farmacologica è resa complessa dall’assenza di linee guida. E’ però possibile estrapolare con sufficiente tranquillità i risultati degli studi ospedalieri ai pazienti medici clinicamente sovrapponibili a quelli considerati dalle linee guida. In questo modo risulta indicata la profilassi per i soggetti con allettamento previsto da alcuni giorni ad alcune settimane in presenza di fattori di rischio per TEV. Più difficoltoso è l’approccio razionale ai malati con prospettiva di allettamento di lunga durata (mesi o anni) in assenza di studi adeguati; in questi casi, a giudizio degli autori di questa guida, può essere indicata la profilassi con mezzi non farmacologici. Ancora più complessa è la decisione nei confronti dei pazienti con gravi ipo-mobilità, ma non completamente allettati (es in carrozzina); in queste situazioni la decisione non può essere che 63 Imp_Breve_Guida_07_08 7-08-2009 16:59 Pagina 64 conclusioni individuale, sulla base della valutazione clinica del numero e della rilevanza dei fattori di rischio per TEV nel singolo caso. Per quanto riguarda la profilassi farmacologica è sempre necessario ricordare le indicazioni riportate nella scheda tecnica del farmaco e nel caso questo venga utilizzato al di fuori delle stesse (“off-label”) è indispensabile ottenere il consenso informato del paziente ; anche indipendentemente dal consenso, le motivazioni cliniche per l’uso o il non uso di profilassi in pazienti non esplicitamente considerati nelle linee guida dovrebbe essere annotato nella documentazione del paziente. Il sospetto clinico di TEV e la tempestiva conferma diagnostica dello stesso sono essenziali. Il MMG deve mantenere un alto livello di attenzione nei confronti del TEV e, una volta riscontrati segni e sintomi compatibili, deve utilizzare un sistema diagnostico per stimare la probabilità di TEV. In caso di probabilità medio-elevata il paziente va indirizzato immediatamente in ospedale per le procedure diagnostiche; se queste non fossero possibili in tempi brevi è opportuno iniziare terapia con EBPM a dose terapeutica in attesa della conferma della diagnosi. Buona parte delle TVP possono essere curate al domicilio se sussistono le condizioni per un’adeguata assistenza. Per questo motivo il MMG, inviando il paziente in ospedale per la conferma del sospetto diagnostico, dovrebbe indicare se è possibile l’assistenza domiciliare. Un approccio consapevole e sistematico alla prevenzione e all’identificazione precoce del TEV in medicina generale può contribuire grandemente non solo a salvare migliaia di vite ogni anno, ma anche a ridurre il carico d’invalidità legato a questa patologia e risparmiare cospicue risorse. Il miglioramento della pratica è semplice e si basa esclusivamente su un elevato livello d’attenzione, sull’accesso alle informazioni essenziali e sull’esistenza di percorsi diagnostico-terapeutici veramente condivisi a livello locale. 64