DICEMBRE 2013
STATUS ED ECOLOGIA
DEL LUPO IN LIGURIA
DALLA MONITORAGGIO ALLA GESTIONE DEI
CONFLITTI
Regione Liguria
Parco Naturale Regionale dell’Antola
Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (D.S.T.A.)
Università di Pavia
Laboratorio di Genetica
Finanziato con Fondi POR 2007-2013 nell’ambito del progetto “il Lupo in Liguria”
DICEMBRE 2013
Regione Liguria
Parco Naturale Regionale dell’Antola
Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente – Università degli Studi di Pavia
Laboratorio di Genetica - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
Status ed ecologia del lupo in Liguria
Dal monitoraggio alla gestione dei conflitti
Olio su tela di Emilia Salvini
DICEMBRE 2013
1
A CURA DI
ALBERTO MERIGGI1
PIETRO MILANESI2
LAURA SCHENONE2
DÉSIRÉE SIGNORELLI2
MATTEO SERAFINI2
ELISA TORRETTA1
FELICE PUOPOLO1
MAGDA ZANZOTTERA1
MICHELA MAGLIANO1
CAMILLE IMBERT1
ROMOLO CANIGLIA3
ELENA FABBRI 3
ETTORE RANDI 3
1
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA TERRA E DELL’AMBIENTE (DI.S.TA.)
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA
2
PARCO NATURALE REGIONALE DELL’ANTOLA
3
LABORATORIO DI GENETICA
ISTITUTO SUPERIORE PER LA PROTEZIONE E LA RICERCA AMBIENTALE (I.S.P.R.A.)
2
INDICE
PREMESSA
4
PARTE I – RACCOLTA DATI E DISEGNO DI CAMPIONAMENTO
5
PARTE II – DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA DEL LUPO IN LIGURIA
16
PARTE III – DISTRIBUZIONE STORICA DEL LUPO IN LIGURIA
44
PARTE IV – VALIDAZIONE DEI MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA DEL
50
LUPO
PARTE V – ECOLOGIA TROFICA DEL LUPO
58
PARTE VI – LUPO E ZOOTECNIA
70
PARTE VII – SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI
101
PARTE VIII – INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
124
CONCLUSIONE
131
OPERE CITATE
141
3
PREMESSA
Il presente report riguarda i risultati della sesta fase del monitoraggio del progetto regionale “Il
Lupo in Liguria”. I dati recenti, raccolti nel periodo giugno 2012 - luglio 2013 nell’intero territorio
regionale, hanno permesso di ottenere nuove informazioni sull’ecologia del lupo. Il comportamento
estremamente schivo del predatore, la bassa densità della sua popolazione e la capacità dei singoli
animali di compiere lunghi spostamenti in tempi anche molto brevi, rendono la sua osservazione
diretta ed il suo studio in natura estremamente complesso. Al fine di ottenere risultati attendibili e
confrontabili con quelli raccolti durante le precedenti fasi del progetto e per individuare eventuali
zone di recente o recentissima espansione dell’areale, lo schema di monitoraggio non è stato
modificato. Conformemente agli anni precedenti, è stata data particolare attenzione al reperimento
di campioni biologici freschi, utili per le analisi genetiche; queste hanno permesso di discriminare i
campioni appartenenti a lupi e cani, di determinare i singoli individui, i loro spostamenti, la
consistenza numerica della popolazione. In sintesi, questo rapporto contiene le seguenti
informazioni sulla popolazione di lupo presente in Liguria:
1) Schema di campionamento e raccolta dati ;
2) Distribuzione attuale e consistenza ;
3) Ricostruzione della distribuzione storica ;
4) Verifca dell’efficacia di modelli predittivi della presenza della specie ;
5) Caratteristiche dell’ecologia trofica ;
6) Rapporto lupo-zootecnia e verifica del rischio di predazione a carico del bestiame ;
7) Sperimentazione di metodi preventivi anti-predatori ;
8) Divulgazione.
4
PARTE I
RACCOLTA DATI E DISEGNO DI CAMPIONAMENTO
foto di A. Biondo
5
Lo schema di monitoraggio, che rispecchia quello effettuato negli anni precedenti, ha seguito il
metodo Tessellation Stratified Sampling (TSS; Barabesi & Franceschini, 2011). Questo metodo
permette una migliore distribuzione dei campioni casuali e, di conseguenza, una loro maggiore
rappresentatività anche con numerosità ridotte (Barabesi e Fattorini, 2013). La regione è stata
suddivisa in 60 celle di 100 km2 (unità di campionamento, UC), con una griglia a maglie spaziate di
10 km di lato. In ogni cella della griglia è stato selezionato casualmente almeno un transetto,
coincidente con uno dei sentieri presenti; è stata così individuata una rete di 64 percorsi
rappresentativa delle principali esposizioni, fasce altitudinali, classi di pendenza e dei differenti
ambienti presenti nel territorio della regione. I transetti selezionati hanno una lunghezza variabile
compresa tra 2-10 km, per una lunghezza totale di 289 km (Fig.1.1).
Fig. 1.1 Mappa della regione Liguria a cui è stata sovrapposta la griglia a maglie spaziate di 10
km e lo schema dei transetti previsti dal monitoraggio
6
Il numero massimo di transetti è stato individuato per la provincia di Genova (N=20) e quello
minimo per la provincia di La Spezia (N=10); in provincia di Genova i transetti hanno avuto la
lunghezza media maggiore, mentre quella minima è risultata per la provincia di La Spezia (Tab.
1.1).
Tab. 1.1 Statistiche descrittive della lunghezza dei transetti selezionati in ogni provincia della
Liguria
Provincia
N° transetti
Min.
Max.
Media
DS
Totale
Genova
20
2854,36
10408,44
4860,26
1781,44
97205,30
Imperia
16
2258,37
8684,07
4266,94
1549,40
68271,01
La Spezia
10
3521,05
4809,03
4032,05
369,06
40320,51
Savona
18
2831,93
8975,90
4545,32
1811,20
81815,68
Regione
64
2258,37
10408,44
4493,95
1588,60
287612,49
L’altitudine dei transetti selezionati è risultata compresa tra un minimo di 150 m s.l.m. a Savona ed
un massimo di 2050 m s.l.m. ad Imperia. L’escursione altimetrica maggiore è stata registrata per la
provincia di Imperia e quella minore per la provincia di La Spezia (Tab. 1.2).
Tab. 1.2 Altitudine minima e massima (m s.l.m.) ed escursione altimetrica dei transetti selezionati
in ogni provincia della Liguria
Provincia
Altitudine min. (m s.l.m.) Altitudine Max.(m s.l.m.) Escursione (m)
Genova
350
1700
1350
Imperia
450
2050
1600
La Spezia
350
1400
1050
Savona
150
1250
1100
Regione
150
2050
1900
7
Nel periodo compreso tra giugno 2012 e giugno 2013 ciascun transetto è stato percorso 4 volte, una
per stagione (primavera: marzo-maggio, estate: giugno-agosto, autunno: settembre-novembre e
inverno: dicembre-febbraio). Per ogni transetto sono stati riportati su apposite schede tutti i segni di
presenza del lupo, degli altri carnivori e delle specie preda, specialmente degli ungulati selvatici.
In particolare, per il lupo sono stati presi in considerazione avvistamenti diretti, impronte, resti di
predazioni e feci (raccolte per le successive analisi del DNA e della dieta), mentre per le specie
preda e per i competitori sono stati considerati avvistamenti diretti, vocalizzazioni, impronte, segni
di alimentazione, siti di marcatura e feci. Per ogni segno di presenza sono stati rilevati posizione,
altitudine e ambiente di ritrovamento. Per il lupo, oltre ai segni di presenza rinvenuti lungo i
transetti, sono state raccolte e registrate anche le segnalazioni di terzi, verificate e ritenute
attendibili.
Oltre ai transetti, sono stati individuati 30 punti di marcatura per la raccolta di escrementi freschi da
destinare alle analisi genetiche. Analogamente ai transetti, è Genova la provincia con il maggior
numero di punti di marcatura (N=13), seguita da Imperia, Savona (entrambe con N=7) e La Spezia
(N=3).
La raccolta delle feci di lupo risulta molto utile per lo svolgimento delle analisi genetiche non
invasive. L’utilizzo delle tecniche non invasive viene infatti applicato allo studio di specie elusive,
come i grandi carnivori (lupo, lince, orso), in quanto consente di studiare le specie senza catturarle e
quindi senza creare danno o stress agli animali. Ogni genotipo può essere campionato più di una
volta, il che equivale all’osservazione ripetuta dei singoli individui. Da questi dati è possibile
ottenere una stima numerica della popolazione e informazioni di dinamica di popolazione, come
l’identificazione e localizzazione dei nuclei familiari, stime di turnover e di dispersione degli
individui, nonché verificare fenomeni di ibridazione con cani. Il materiale genetico può essere
estratto anche da peli, urina, sangue e campioni di tessuto ricavati dalle carcasse degli animali.
Utilizzando metodi di genetica molecolare è possibile estrarre e analizzare il DNA delle cellule di
sfaldamento dell’epitelio intestinale che sono contenute nelle feci. Attraverso l’uso di appropriati
marcatori molecolari, le analisi di laboratorio consentono di ricostruire il profilo genetico unico per
ogni individuo. I campioni raccolti devono essere mantenuti in etanolo al 95%, al fine di garantire
una corretta disidratazione del materiale organico e interrompere i processi degradativi del materiale
genetico; inoltre la conservazione richiede temperature inferiori a – 20°C. Durante la fase di
laboratorio il DNA, dopo essere stato isolato dal campione biologico, viene sottoposto a ripetute
8
PCR (Polymerase Chain Reaction) allo scopo di ampliare regioni prescelte, che permettono quindi
l’identificazione della specie, del sesso dell’animale e dei singoli individui (Fig. 1.2).
In particolare, per identifiqare i genotipi individuali dei campioni di lupo sono stati utilizzati 6 loci
microsatellite: CPH2, CPH8, FH2004, FH2088, FH2096, FH2137, mentre per identifiJare eventuali
ibridi cane x lupo sono stati utilizzati altri sei loci microsatellite: FH2079, CPH4, CPH5, CPH12,
C09.250, C20.253. Determinazione dei genotipi individuali avviene tramite un protocollo di
controllo degli errori di tipizzazione che prevede da 4 ad 8 repliche di ogni analisi in ogni campione
non-invasivo. Dalla combinazione degli alleli osservati ad ogni locus per ogni campione si ottiene
un genotipo multilocus. Se due o più campioni hanno lo stesso genotipo multilocus si assume che
appartengano allo stesso individuo, con una probabilità di identità PIO (probabilità che due
individui diversi abbiano per caso lo stesso genotipo multilocus) che può essere stimata mediante
opportuni software. I loci utilizzati hanno un alto livello di polimorfismo e consentono di
identificare i genotipi individuali con una probabilità di identità P < 0,001. Pertanto ogni individuo
è caratterizzato in maniera univoca. Per determinare il sesso in campioni non-invasivi si utilizzano
sequenze di DNA che sono presenti solo sui cromosomi sessuali. Nel caso del lupo, viene
analizzato il gene ZFX/ZFY che ha sequenze diverse sui due cromosomi; utilizzando opportuni
enzimi di restrizione è possibile distinguere i due sessi. Dal genotipo multilocus è possibile
distinguere se un campione fecale appartiene ad un lupo italiano (Canis lupus) o ad un cane (Canis
familiaris) poiché le frequenze alleliche dei loci studiati hanno una distribuzione differente e
diagnostica in lupi e cani. Dal genotipo multilocus è possibile evidenziare anche l'eventuale
presenza di ibridi lupo x cane. L'affidabilità dei genotipi ottenuti viene controllata utilizzando il
programma RELIOTYPE che, sulla base delle frequenze alleliche e del numero di repliche
effettuate, stima la probabilità che un genotipo sia correttamente determinato, ed eventualmente
suggerisce il numero di repliche che sono ancora necessarie, ed in quali loci, per ottenere un grado
di affidabilità superiore al 95%. La stima delle probabilità di identità tra individui con il set di loci
microsatelliti utilizzato è stata ottenuta mediante il programma GIMLET.
Le localizzazioni spazio-temporali dei ricampionamenti consentono di identificare gli individui
stanziali e quelli in fase di dispersione, cioè quei giovani lupi che lasciano le aree in cui sono nati
per andare alla ricerca di nuovi territori dove riprodursi. I genotipi dei lupi stanziali, di cui è stato
riconosciuto il sesso, sono i più probabili candidati per l’identificazione delle coppie dominanti e
territoriali che si riproducono (individui α), e che, assieme ai cuccioli dell’anno, costituiscono i
branchi. E’ stato utilizzato il software PARENTE per identificare le coppie di genitori e i figli. Tutte
9
le analisi genetiche sono state effettuate dai ricercatori del Laboratorio di Genetica dell’I.S.P.R.A.
di Ozzano dell’Emilia (BO).
Nel presente documento sono stati stimati i territori dei branchi basandosi sulle relazioni parentali
descritte nella precedente relazione sicentifica (Meriggi et al., 2012). Le relazioni parentali tra gli
individui campionati verranno nuovamente ricostruite al termine del prossimo anno.
Fig. 1.2 Sintesi del processo di analisi genetica
10
Dallo scorso anno di campionamento, ai sistemi di rilevamento precedentemente elencati, è stato
affiancato un ulteriore metodo che consiste nell’utilizzo di foto-trappole.
Le foto-trappole sono strumenti di piccole dimensioni, alimentati a batteria, che associano un
dispositivo di
ripresa video-fotografico a un sensore piroelettrico che attiva lo strumento al
passaggio di un corpo a temperatura diversa da quella dello sfondo (Guerri et al., 2011). Le
immagini e i video effettuati, a colori nelle ore diurne, in bianco e nero in quelle notturne (mediante
led infrarossi), vengono archiviati in formato digitale in una scheda SD posta all’interno degli
strumenti.
I dati ottenuti tramite la tecnica del foto-trappolaggio, nella precedente relazione sicentifica
(Meriggi et al., 2012) ed in un recente studio pilota (Zanzottera, 2012), hanno consentito di ricavare
numerose informazioni riguardanti la specie, quale il numero minimo di individui presenti in una
determinata area, il successo riproduttivo, i ritmi di attività e indicazioni sulle condizioni di salute
dei lupi filmati.
In particolare i risultati dipendendono dalla strategia e dallo sforzo di campionamento (Petrizzelli et
al., 2011). Inoltre le sessioni spot (sessioni di durata temporale compresa tra 10 giorni a max 60
giorni) hanno avuto un successo maggiore rispetto a quelle continue.
A tale scopo sono state predisposte, per il nuovo campionamento 2012/2013, sessioni di 15/20
giorni di più foto-trappole attivate simultaneamente nelle zone interessate dal lupo. In questo modo
è possibile ridurre al minimo il disturbo causato dagli operatori che si recano periodicamente sul
sito della foto-trappola e aumentare la possibilità di riprendere il lupo in diversi ambienti. Ogni
foto-trappola è stata impostata per eseguire video di 40 secondi con un periodo tra uno scatto e
l’altro (trigger time) di 45 secondi, per ridurre la “cattura” dello stesso soggetto in tempi molto
ravvicinati. Inoltre, gli eventi che riprendono uno o più individui della stessa specie nello spazio
temporale di 15 minuti sono stati accorpati nello stesso evento. La sensibilità del sensore PIR è stata
impostata sito-specificatamente sulla base delle condizioni climatiche (temperatura) e della
copertura vegetale per evitare la possibilità di scatti “a vuoto”. Inoltre, sono state registrate altre
specie (prede e competitori) e anche il passaggio di esseri umani al fine di individuare potenziali
relazioni tra la frequentazione di “cattura” del lupo con quella delle altre specie e degli esseri
umani.
11
La scelta dei siti dove attivare le foto-trappole è stata effettuata in base alle conoscenze pregresse
riguardo i punti di passaggio e di maggior frequentazione del grande carnivoro (Meriggi et al.,
2012), per una maggiore probabilità “catturare” della specie. In particolare, le foto-trappole sono
state poste all’interno delle celle di una griglia a maglie spaziate di 5 km di lato che intersecano le
superifici utilizzate dai branchi individuati nella relazione tecnico-scientifica precedente (Meriggi et
al., 2012) (Fig.1.3).
Fig. 1.3 Celle scelte per il monitoraggio con foto-trappole (in nero) che si sovrappongono ai
territorio occupati dai branchi di lupo (in verde)
12
Il numero totale di celle che intersecano le superfici utilizzate dai branchi sono risultate 64 :

14 per il branco di Imperia ;

13 per il branco di Savona ;

8 per il branco del Parco Naturale Regionale del Beigua ;

13 per il branco del Parco Naturale Regionale dell’Antola ;

9 per il branco del Parco Naturale Regionale dell’Aveto ;

9 per il branco di la Spezia.
In ogni zona occupata da un branco è stata eseguita almeno una sessione di campionamento durante
l’anno.
Per indagare in modo continuo tutta l’area interessata dal campionamento, è stato necessario
incrementare il numero di foto-trappole (modello Multipir MHC-600A - 12MP) (Fig.1.4), da N=5
del 2012 a N=9 durante il periodo 2012/2013. Oltre ai video registrati dalle foto-trappole del
progetto Regionale, sono stati utilizzati anche foto e video effettuati da altre camere remote di
volontari e appassionati.
Fig.1.4. Foto-trappola modello Multipir 12
13
Per calvcolare la superficie totale campionata è stato applicato un buffer di 6 km di raggio attorno a
ogni sito di foto-trappolaggio. Tale buffer è stato calcolato usando la metà della media della
massima distanza percorsa da un lupo (⅟2MMDM) sul territorio regionale (Fig. 1.5).
La superficie totale indagata nell’ambito di questo specifico monitoraggio è stata di 2904,7 km2;
considerando i territori dei branchi presenti in Liguria:

552 km2 per il territorio del branco di Imperia ;

561 km2 per il territorio del branco di Savona ;

400 km2 per il territorio del branco del Parco Regionale del Beigua ;

429 km2 per il territorio del branco del Parco Regionale dell’Antola ;

455 km2 per il territorio del branco del Parco Regionale dell’Aveto ;

506 km2 per il territorio del branco di La Spezia.
Fig. 1.5 Stazioni di monitoraggio, superficie campionata e aree protette
14
Per una corretta elaborazione dei dati sull’interazione lupo-zootecnia è stata posta maggiore
attenzione sugli allevamenti che effettuano stagioni di alpeggio o utilizzano il pascolo regolarmente.
A partire dai dati del censimento degli allevamenti in Liguria, effettuato dall’associazioni
provinciali degli allevatori, è stata effettuata un’indagine più approfondita mediante sopralluoghi
diretti. Sono state, quindi, individuate le aree di pascolo o di alpeggio della regione.
Le aree di pascolo e le relative aziende, sono state classificate, anche secondo altri importanti
fattori, quali:

periodo di alpeggio;

presenza di vitelli al pascolo sotto i 60 giorni di età;

grado di sorveglianza (assenza di ricovero notturno o non sorvegliato, ricovero notturno e
presenza di cani da guardiania, recinto antintrusione o dissuasori sonori).
Per valutare l’impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati i dati
relativi alle predazioni ufficialmente denunciate dal 2002 al 2012 e forniti dalle rispettive
Amministrazioni provinciali. In questo modo è stato possibile registrare per ogni anno:

il numero di allevamenti che hanno subito predazioni;

il numero di eventi di predazione o attacchi;

il numero di capi predati, in totale, e per ogni evento di predazione;

l’entità dei rimborsi in euro erogati dalle amministrazioni provinciali.
Tutti i dati raccolti durante il campionamento ed i sopraluoghi alle predazioni sono stati in seguito
digitalizzati e georeferenziati, cioè identificati da una coppia di coordinate cartesiane X, Y nel
sistema di riferimento U.T.M., tramite il software ARCGIS 10.0, che ha permesso la realizzazione
di un database utilizzato per le successive analisi, condotte grazie ai software open-source:

R 3.0.0 (http://cran.r-project.org/);

MaxEnt 3.3.3k (http://www.cs.princeton.edu/~schapire/maxent/).
15
PARTE II
DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA DEL LUPO IN LIGURIA
foto di L.Trevisan
16
METODI
La stima della distribuzione di utilizzo è di grande importanza per la definizione degli areali
occupati da singoli individui o da popolazioni.
Una prima stima della distribuzione può essere eseguita considerando le celle (UC) che sono
risultate positive durante l’anno di monitoraggio, cioè quelle in cui sono stati trovati segni di
presenza del lupo in almeno una stagione.
Un secondo approccio, molto utilizzato, è la stima della densità di probabilità, ossia l’areale di un
animale è descritto in termini di modello probabilistico. La Kernel Analysis (KA), letteralmente
analisi del nocciolo, consente la conversione di una distribuzione discontinua di punti (segni di
presenza della specie) in una distribuzione continua, individuando dei contorni (isoplete) che
definiscono aree a valori di densità differente (Fig. 2.1). Nella KA “fissa”, caso bivariato,
supponendo che XI = [X1(1), X1(2)]'; X2 = [X2(1), X2(2]'; . . ., Xn= [Xn(1), Xn(2)]' sia un campione
casuale di n punti indipendenti di una distribuzione sconosciuta con funzione di densità di
probabilità f(x), che vogliamo stimare, lo stimatore kernel bivariato di f(x) può essere definito come:
̂( )
∑
(
)
dove la kernel K è una funzione di densità di probabilità unimodale simmetrica bivariata, e h è il
parametro di smussamento, che può essere variato dall'utente (Silverman, 1986). La stima kernel è
una funzione densità di probabilità ridotta, cioè viene posta sopra ogni punto del campione e lo
stimatore viene costruito sommando gli n punti. Quindi, dove c'è maggior concentrazione di punti
viene stimata una probabilità più elevata di trovare l'animale in ogni punto rispetto a dove vi è una
minor concentrazione. Poiché ogni kernel è una densità, la stima che ne risulta è anch’essa una
funzione di probabilità di densità. Il parametro di smussamento h (ampiezza di banda) controlla la
quantità di variazione di ciascun componente della stima. Utilizzando un valore basso di h, si
osserva un maggior adattamento ai punti, mentre un valore più grande di h li nasconde mantenendo
comunque le caratteristiche più importanti. Gli stimatori kernel fin qui considerati sono detti
stimatori fissi perché i parametri di smussamento hanno un valore fisso per tutta la superficie.
Quindi è necessario trovare il "miglior" valore di h. Il criterio per la scelta di un buon valore di h è
17
spesso espresso in termini di misura globale dell’errore, ovvero l'errore quadratico medio integrato
(MISE) definito come :
2
∫( ̂ – f )
MISE(h) =
dove E indica il valore atteso delle osservazioni. Nel caso bivariato, l'integrazione è su tutta la
superficie. Il miglior valore di h è considerato quello che minimizza l'errore quadratico medio
integrato. Purtroppo, nella scelta di h alcuni calcoli teorici mostrano che per ottenere il parametro di
smussamento ottimale, utilizzando questo criterio, abbiamo bisogno di conoscere la f(x) di densità di
distribuzione. Dunque, h non può essere ottenuto in questo modo. Un metodo per la scelta di h è
utilizzare il valore ottimale h ottenuto per un certo tipo di distribuzione, come la distribuzione
normale. Una kernel fissa normale, mostra che per la distribuzione bivariata normale con matrice di
varianza-covarianza il valore ottimale di h per un campione n di grandi dimensioni è:
h opt =
Così una stima ovvia di h opt è:
̂ opt = ̂
dove ̂ = {
[̂
( )
̂
( )
]}
e
̂
̂
( )
( )
sono le varianze stimate di X(1) e X(2). Se
queste varianze sono molto diverse può essere utile una chiusura dei dati in modo che le varianze
siano uguali prima di applicare il metodo. Bowman (1985) ha dimostrato che questo metodo di
stima spesso produce risultati migliori di metodi più sofisticati di stima univariata. Un metodo
oggettivo per la stima di h, descritto da Silverman (1986), è quello della cross-validation dei minimi
quadrati. Se viene utilizzata una kernel K fissa di densità normale bivariata, il valore di h è scelto
per minimizzare:
M(h) =
∑
∑
(
) +2
K (0)
dove K* = K(2) - 2K, e K(2) è la densità bivariata normale con matrice di varianza-covarianza ( ).
18
Essendo:
E [M(h)] + ∫
2
– f )2
questo metodo fornisce una buona stima dell’errore quadratico medio integrato. Così, riducendo al
minimo M(h) riduciamo anche MISE(h). Questo tipo di analisi permette di definire delle fasce
concentriche, con densità d’osservazioni decrescente dal centro all’esterno; sono stati considerati in
particolare il contorno più esterno racchiudente il 95% delle osservazioni (KA95), rappresentante
l’areale complessivo del lupo e quello racchiudente il 50% delle osservazioni (KA50), definibile
come core area, ovvero quella porzione d’areale più intensamente frequentata.
Fig. 2.1 Distribuzione di densità stimata con la Kernel Analysis
19
I dati raccolti con il campionamento effettuato mediante foto-trappolaggio sono stati digitalizzati e
georeferenziati. Tutti i filmati e le fotografie effettuate sono stati osservati singolarmente per
determinare il numero, il sesso e la classe di età di ogni individuo ripreso.
Al fine di valutare se lo sforzo di campionamento (n°giorni di attivazione delle foto-trappole) è
stato sufficiente per registrare un campione rappresentativo delle comunità animali presenti nelle
diverse aree occupate dai branchi di lupo è stato usato l’indice di diversità specifica di ShannonWiener (Shannon 1948):
∑
dove p è il numero di specie,
è il numero di individui che appartengono alla i-ma specie ed N è il
numero totale di individui di tutte le specie presenti nel campione. Il massimo valore di H si ottiene
quando tutte le specie hanno la medesima frequenza, mentre il minimo quando una sola specie è
presente.
Per stimare la potenziale variazione dell’indice sono stati usati i valori di
. L’indice è
stato calcolato per ogni giorno di campionamento sommando le frequenze delle specie appartenenti
all’area indagata. Inoltre, ad ogni giorno successivo al primo sono state sommate le frequenze
cumulate dei giorni precedenti.
Il valore dell’indice tende ad aumenta nei primi giorni fino al raggiungimento di un valore oltre al
quale la proporzione di individui “catturati” per specie tende a stabilirsi asintoticamente oppure a
diminuire per uno sbilanciamento nei rapporti di abbondanza. Pertanto, se alla fine di una sessione
l’indice tende ancora all’aumento significa che lo sforzo di campionamento non è stato sufficiente a
rappresentare la complessità della comunità animale presente nell’area indagata.
Per verificare differenze significative nell’abbondanza del lupo tra le aree indagate e tra i principali
fattori ambientali è stato calcolato l’indice relativo di abbondanza (Relative Abundance Index, RAI;
Kelly & Holub 2003). Tale indice è il rapporto tra il numero di eventi indipendenti del lupo sul
numero di giorni di campionamento per 100 giorni (calcolato per ogni stazione di fototrappolaggio). I confronti tra le aree indagate sono stati eseguiti tramite analisi della varianza non
parametrica (Test di Kruskal-Wallis) con confronti a coppie, correggendo la probabilità col metodo
di Dunn (Dunn 1964). Mediante il test di Mann-Whitney sono state analizzate eventuali differenze
20
significative del successo di foto-trappolaggio tra stazioni di monitoraggio in funzione del loro
grado di protezione (aree soggette a prelievo venatorio VS aree protette).
Inoltre, considerando un buffer di 1000m intorno ad ogni stazione di monitoraggio (per evitare
possibili errori di stima dovuti ad autocorrelazione spaziale tra le stazioni), sono state effettuate
analisi di correlazione non parametrica per ranghi (Rho di Spearman) tra le percentuali delle
variabili spaziali e il RAI del lupo.
Le frequenze degli eventi sono state poi confrontate tra le specie registrate a diversi livelli di
indagine temporale (stagioni, mesi, ore del giorno, fasi lunari) mediante il rapporto di
verosimiglianza (likelihood ratio, LR) per tabelle di contingenza (test esatto con permutazione) ed
è stato usato anche il test Z, con correzione di Bonferroni, per verificare l’esistenza di differenze
significative tra le proporzioni per quanto riguarda la specie lupo.
Dopo aver classificato ogni individuo registrato per sesso (maschio, femmina e indeterminato) e per
classe di età (giovane, sub-adulto e adulto) si è proceduto ad analizzare il rapporto sessi (sex-ratio)
espresso come il numero di individui maschi sul numero delle femmine e le proporzioni delle classe
di età, per ogni specie in ogni area di studio.
21
RISULTATI
Durante l’anno di monitoraggio sono stati raccolti complessivamente 472 segni di presenza del
predatore.
La maggior parte è stata rappresentata dalle feci (56,78 %), seguita da eventi di foto-trappolaggio
(26,69 %), da eventi di predazione (8,47 %) e da impronte (4,87 %); gli avvistamenti diretti, il
ritrovamento di lupi morti e le vocalizzazioni hanno rappresentato la proporzione minore delle
osservazioni (3,2 %) (Fig. 2.2).
Fig. 2.2 Percentuali delle diverse categorie di segni di presenza del lupo in Liguria nell’anno di
monitoraggio
22
In tutte le stagioni, tra i diversi segni di presenza del lupo, le feci hanno rappresentato la percentuale
più elevata. Per quanto riguarda gli altri tipi di segni, gli eventi di predazione hanno raggiunto
percentuali considerevoli nelle stagioni primaverile e autunnale, gli eventi di foto-trappolaggio nelle
stagioni estiva e invernale (Fig. 2.3).
Fig. 2.3 Variazioni stagionali delle percentuali dei tipi di segni di presenza del lupo in Liguria
23
In tutte le province liguri, la percentuale maggiore di segni di presenza del lupo è stata rappresentata
da feci ad eccezione di Imperia in cui sono risultate maggiori gli eventi di foto-trappolaggio. Questi
ultimi sono stati rilevati secondariamente nelle atre province, seguiti dai casi di predazione sul
bestiame nelle province di in provincia di Imperia e Savona e dal rilevamento di piste di impronte in
ptovincia di Genova e La Spezia (Fig. 2.4).
Fig. 2.4 Percentuali dei tipi di segni di presenza del lupo in Liguria suddivise per provincia
24
Considerando le stagioni cumulate, i segni di presenza del lupo sono risultati distribuiti in modo
disomogeneo nelle celle del reticolo di campionamento (UC); in particolare le densità maggiori di
segni di presenza sono state registrate in provincia di Imperia, verso il confine con la provincia di
Cuneo (Piemonte) e quello con la Francia, tra le province di Genova e Savona, al confine tra
provincia di Genova, La Spezia e Parma (Emilia-Romagna) e nelle porzioni settentrionale della
provincia di La Spezia, al confine con quella di Parma e Massa-Carrara in Toscana (Fig. 2.5).
Fig. 2.5 Distribuzione dei segni di presenza del lupo in Liguria; per ogni UC è indicato il numero
di segni rinvenuti nel corso dell’anno di monitoraggio
25
L’areale complessivo del lupo in Liguria nell’anno di monitoraggio è risultato pari a 4.493 km2,
mentre le aree di maggior frequentazione (core areas) hanno interessato una superficie di 1.792
km2. Rispetto agli anni precedenti l’areale non è risultato diviso in sub-areali ma bensì continuo, a
partire dalla parte nord-occidentale della provincia di La Spezia fino alle Alpi Imperiesi. L’areale
interessa anche le province di Parma e Piaceza (Emilia-Romagna) a est e le province di Alessandria
e Cuneo (Piemonte) fino alle Alpi francesi (Fig. 2.6).
Le aree di maggior frequentazione sono risultate tre: una di 966 km2 situata tra la provincia di
Genova e quella di La Spezia (che si estende anche in provincia di Parma e Piacenza), una tra le
province di Savona e Genova (93 km2) ed infine tra una’altra core area di 733 km2 tra la provincia
di Imperia e, marginalmente in provincia di Savona (che si estende fino alla provincia di Cuneo ed
alla Francia) (Fig. 2.6).
Fig. 2.6 Areale complessivo e core areas del lupo in Liguria
26
I campioni biologici utili alle analisi genetiche hanno rappresentato una buona percentuale dei segni
di presenza di lupo raccolti. Grazie ad essi, è stato possibile ottenere informazioni riguardanti la
composizione e la localizzazione dei branchi. Dal 2007 al 2013 sono stati raccolti 403 campioni
biologici utili alle analisi genetiche. Di questi campioni, 165 (40,94%) sono risultati appartenenti a
66 lupi distinti (27 femmine e 39 maschi; sex-ratio M/F = 1,4).
Le analisi genetiche ci hanno permesso di individuare sull’intero territorio regionale la presenza di 5
branchi stabili, in cui la riproduzione è stata verificata mediante analisi delle parentele tra gli
individui (Meriggi et al., 2012); un sesto branco è stato individuato ma senza rapporti di parentela
tra gli individui campionati. Un branco si trova in provincia di Imperia (KA95 = 533 km2; KA50
=137 km2) al confine con la Francia, il Piemonte e con il branco che occupa la porzione meridionale
della provincia di Savona (KA95 = 777 km2; KA50 = 211 km2). Un terzo branco occupa un
territorio (KA95 = 92 km2; KA50 = 22 km2) che ricade parzialmente nel Parco Regionale del
Beigua (tra Genova e Savona), mentre un altro branco si trova nel Parco Regionale dell’Antola
(KA95 = 144 km2; KA50 = 34 km2). Il quinto branco si trova in provincia di La Spezia (KA95 =
106 km2; KA50 = 29 km2) ed il sesto, nel quale non sono risultati rapporti di parentela tra gli
individu, occupa un territorio che ricade nel Parco Regionale dell’Aveto (KA95 = 101 km2; KA50 =
24 km2)
Fig. 2.7 Localizzazione dei branchi presenti in Liguria (in blu gli areali dei branchi, in
rosso le core-areas)
27
Da dicembre 2012 a ottobre 2013 sono state eseguite 12 sessioni di foto-trappolaggio in 93 stazioni
di monitoraggio, all’interno delle 6 aree attualmente occupate dal lupo sul territorio regionale, per
un totale di 276 giorni (1660 considerando i giorni cumulati delle singole foto-trappole) di
campionamento (media=276.6, ES=38.32), registrando complessivamente 1910 eventi distinti (Tab.
2.1).
Tab. 2.1 Sforzo di campionamento suddiviso per aree occupate dai branchi
BRANCO
SESSIONI STAZIONI GIORNI EVENTI
IMPERIA
2
20
441
331
BEIGUA
2
14
248
181
ANTOLA
2
15
221
119
LA SPEZIA
2
15
179
199
AVETO
2
14
244
314
SAVONA
2
15
327
766
TOT
12
93
1660
1910
28
Considerando le diverse stagioni, lo sforzo di campionamento è stato così distribuito: 4 sessioni
nella stagione primaverile in 33 stazioni, 3 sessioni nella stagione estiva in 21 stazioni, 2 sessioni
nella stagione autunnale in 15 stazioni e 3 sessioni nella stagione invernale in 24 stazioni (Tab. 2.2)
La media dei giorni di attivazione delle foto-trappole per stagione è stata di 415 (ES=92.89).
INVERNO
AUTUNNO
ESTATE
PRIMAVERA
STAGIONE
Tab. 2.2 Sforzo di campionamento suddiviso per aree indagate e per stagione
BRANCO
PAREMETRI
LA
IMPERIA
SAVONA
BEIGUA
ANTOLA
AVETO
SESSIONI
1
0
0
1
1
1
4
STAZIONI
11
0
0
8
8
6
33
Giorni CAMP
205
0
0
144
143
67
559
EVENTI
152
0
0
39
109
32
332
SESSIONI
0
1
1
1
0
0
3
STAZIONI
0
7
7
7
0
0
21
Giorni CAMP
0
120
105
77
0
0
302
EVENTI
0
401
112
80
0
0
593
SESSIONI
0
0
0
0
1
1
2
STAZIONI
0
0
0
0
6
9
15
Giorni CAMP
0
0
0
0
101
112
213
EVENTI
0
0
0
0
205
167
372
SESSIONI
1
1
1
0
0
0
3
STAZIONI
9
8
7
0
0
0
24
Giorni CAMP
236
207
143
0
0
0
586
EVENTI
179
365
69
0
0
0
613
29
SPEZIA
TOT
Il 63% dei siti (N=59) scelti per effettuare le sessioni di foto-trappolaggio, ricadeva in ambienti
boschivi, il 22% (N=21) in zone di prato-pascolo, il 12% (N=11) in zone ecotonali, l’1% in aree
coltivate e il rimanente 1% in ambiente roccioso (Fig. 2.9). Nel 14% delle stazioni di monitoraggio
(N=13) l’altitudine media risultava inferiore a 1000 m s.l.m, il 76% (N=71) era compreso tra 10001400 m s.l.m. e il 10% (N=9) delle stazioni si trovava al di sopra dei 1400 m s.l.m. (Fig. 2.9).
Le esposizioni più illuminate e calde nel corso della giornata sono state preferite (69%; N=64)
rispetto a quelle più fredde e meno soleggiate (31%; N=26) (Fig. 2.8).
Il 76% (N=67) delle stazioni di monitoraggio si trovava all’interno di aree protette e della Rete
Natura 2000 (Parchi Naturali Regionali, SIC e ZPS), tuttavia di questi siti solo il 31% (N=21) era in
zone interdette alla caccia (aree di protezione, di sviluppo o riserve orientate).
Fig. 2.8 Numero di siti di foto-trappolaggio divisi per ambiente, altitudine ed esposizione
30
Durante l’attività di foto/video-trappolaggio sono state contattate 17 specie di mammiferi presenti
sul territorio Regionale. Nelle diverse aree occupate dai branchi liguri, l’indice di diversità specifica
di Shannon-Weiner (H’) mostra valori compresi tra 1,34-1,73 ad eccezione dell’area del Beigua,
dove l’indice risulta più basso rispetto alle altre aree (0.6) .
Dei 1910 distinti eventi di cattura, il 60% (N=1137) mostra il passaggio di esseri umani (a piedi o
su di un veicolo), il 7% (N=137) di animali domestici, quali cani domestici (Canis familiaris, 2%),
equini (Equus caballus, 2%), bovini (Bos taurus, 3%), caprini (Capra hircus, 0.05%) e gatti
domestici (Felis catus, 0,05%), mentre il restante 33% (N=636) degli eventi è rappresentato dalla
fauna selvatica, con una leggera predominanza della classe degli ungulati (16%), soprattutto
cinghiali (Sus scrofa, 7%), caprioli (Capreolus capreolus, 4%) e daini (Dama dama, 4%), rispetto ai
mesocarnivori, che invece rappresentano il 13% delle osservazioni, in particolare la volpe (Vulpes
vulpes, 8%). Il lupo invece è comparso solo nel 2% (n=43) degli eventi (Fig. 2.9).
Fig. 2.9 Distribuzione degli eventi per specie
31
L’analisi effettuata mettendo in relazione l’indice di Shannon-Weiner (H’) con il numero di
giorni di campionamento (N=15), ha evidenziato che lo sforzo di campionamento, per ogni area,
è stato adeguato per raccogliere un campione rappresentativo delle comunità presenti; infatti la
curva di diversità raggiunge un punto massimo prima della fine del campionamento. Nell’area del
branco dell’Antola e dell’Aveto si è raggiunta la giusta proporzione specie/abbondanza dopo sei
giorni di foto-trappolaggio, nell’area del branco del Beigua e di La Spezia dopo solo due giorni,
mentre nell’area di Imperia e Savona verso la fine del campionamento (Fig. 2.10).
Fig. 2.10 Relazione tra l'indice di diversità di Shannon-Weiner e giorni di campionamento
32
Dall’Analisi della Varianza non parametrica (Test di Kruskal-Wallis) è risultata una differenza
significativa nell’ indice di abbondanza relativo del lupo (RAI; n°eventi lupo/giorni di
campionamento*100) tra le aree di branco (H=21,00 g.l.=5; P<0,0001). Il test per confronti a coppie
ha evidenziato un maggiore e significativo successo di foto-trappolaggio nell’area del Beigua
rispetto a tutte le altre aree (Fig. 2.11); in dettaglio Beigua-La Spezia (P=0,045), Beigua-Imperia
(P=0,019), Beigua-Antola (P=0,011) e Beigua-Savona (P=0,025).
Fig. 2.11 Indice Relativo Abbondanza medio lupo per aree branco
33
Anche considerando i tipi ambiente dove sono state posizionate le foto-trappole l’indice relativo di
abbondanza è risultato significativamente differente (Test di Kruskal-Wallis: H=15,28; g.l.=4;
P=0,004, Fig. 2.12). In particolare i confronti a coppie evidenziano un maggiore successo di fototrappolaggio nel bosco di latifoglie rispetto al bosco misto (P=0,005).
Fig. 2.12 Indice Relativo Abbondanza medio lupo per tipo di habitat
34
L’Analisi della Varianza non parametrica (Test di Kruskal-Wallis) ha mostrato differenze
significative anche tra il RAI del lupo e i piani altitudinali (H=11,33; g.l.=4; P=0,023) ma dai
confronti a coppie in nessuna classe l’indice è risultato significativamente maggiore rispetto alle
altre (Fig. 2.13).
Fig. 2.13 Indice Relativo Abbondanza medio lupo per piano altitudinale
Il Test di Mann-Whitney non ha evidenziato differenze significative tra stazioni di monitoraggio in
funzione del loro grado di protezione (aree soggette a prelievo venatorio VS aree protette nel
successo di foto-trappolaggio; U=331,5; n=57; P=0,098).
Effettuando l’Analisi di Correlazione non parametrica per ranghi di Spearman tra il RAI del lupo e
la percentuale di superficie delle variabili ambientali e altimetriche (piani altitudinali), calcolata in
un buffer di 1000m intorno a ogni stazione di foto-trappolaggio, sono risultate significativamente
correlate il bosco di latifoglie (Rho di Spearman=0,560; P<0,001; n=37) e il piano montano
inferiore (Rho di Spearman= - 0,335; P=0,043; n=37).
35
Considerando la frequenza di cattura delle specie raggruppate in categorie (lupo, prede selvatiche,
animali domestici, competitori) nelle diverse stagioni sono emerse globalmente differenze
significative (LR= 67,15; g.l.=9; P<0,001; Fig. 2.14), inoltre per il lupo la frequenza nella stagione
autunnale è risultata significativamente minore rispetto alle altre stagioni (Test Z; P<0,05).
Fig. 2.14 Percentuale eventi per specie nelle stagioni
PERCENTUALE EVENTI
100%
80%
60%
MESOCARNIVORI
DOMESTICI
40%
SELVATICI
LUPO
20%
UOMO
0%
36
Anche considerando la frequenza degli eventi delle classi di specie in relazione ai mesi dell’anno
sono risultate differenze significative (LR=176,02; g.l.=33; P<0,001; Fig.2.15). Nei confronti a
coppie, considerando solo la classe “lupo” si evidenzia una frequenza significativamente minore nei
mesi di marzo e novembre rispetto a tutti gli altri mesi (Test Z; P<0,05).
Fig. 2.15 Frequenza eventi per specie durante l’anno.
FREQUENZA EVENTI
200
150
UOMO
DOMESTICI
100
MESOCARNIVORI
SELVATICI
50
LUPO
0
37
Confrontando invece le classi di specie in funzione della fascia oraria sono risultate differenze
significative (LR=181,43; g.l.=3; P<0,0001; Fig. 2.16). Per quanto riguarda il lupo, le frequenze
nella fascia oraria serale e notturna sono risultate statisticamente più elevate rispetto a quelle diurne
(Test Z; P=0,05).
Fig. 2.16 Frequenza eventi per specie durante il giorno
38
In ultimo, per le analisi temporali, si è confrontata la frequenza di comparsa delle sole specie
selvatiche (lupo, prede e competitori) con classi di illuminazione notturna, in funzione della
percentuale di luna visibile (0-25%, 25%-50%, 50%-75%, 75%-100%). Il confronto generale ha
rilevato differenze tra le specie (LR=40,08; g.l.=3; P<0,001; Fig. 2.17). Per quanto riguarda il lupo
è risultata maggiore la proporzione di eventi nella fascia di illuminazione 0%-25% e 75%-100%
rispetto alle altre (Test Z; P<0,05).
Fig. 2.17 Frequenza eventi per specie in relazione al grado di illuminazione notturna
120
FREQUENZA EVENTI
100
80
60
SELVATICI
MESOCARNIVORI
40
LUPO
20
0
0-25
25-50
50-75
75-100
PERCENTUALE ILLUMINAZIONE
39
Nelle sei aree indagate da dicembre 2012 a ottobre 2013 il numero di lupi complessivamente ripresi
(non di individui) è risultato pari a 97, 85 per i caprioli, 98 per i daini, 18 per i camosci e 228 per i
cinghiali. Ogni soggetto è stato classificato in base a tre fasce d’età (adulti, sub-adulti e giovani),
inoltre per il 73% (n=386) di questi individui è stato possibile anche identificare il sesso.
Nell’area di studio dell’Antola il rapporto sessi per il lupo e il capriolo è risultato di 1:1 mentre per
il daino risulta più sbilanciato verso le femmine (sex-ratio=0,44; rapporto 1:2,25 ). Nel cinghiale
sono stati invece ripresi più maschi (sex-ratio=2,66; rapporto 2,7:1). Nell’area di studio dell’Aveto
non sono stati riconosciuti maschi nella meta-popolazione di lupo e quindi non è stato possibile
calcolare il rapporto sessi. Per quanto riguarda il capriolo e il cinghiale la sex-ratio è spostata in
favore dei maschi (sex-ratio capriolo=3,35; cinghiale=2,16; rapporto capriolo 3,2:1; cinghiale 2,1:1;
Fig. 2.18).
Nell’area di studio del Beigua per le uniche due specie rilevate, il lupo e il capriolo, il rapporto tra
maschi e femmine è risultato paritario. Nella zona di Imperia il rapporto tra i sessi nel lupo è
sbilanciato verso le femmine (sex ratio=0,53; rapporto 1:1.8); nel capriolo è leggermente spostato
verso i maschi (sex ratio=1,45; rapporto 1,4:1); nel camoscio, invece il numero delle femmine è
quasi il doppio (sex ratio=0,55; rapporto 1:1.8), mentre nel cinghiale il rapporto sessi è risultato
quasi bilanciato (sex-ratio=1,2; rapporto 1,2:1; Fig.2.18).
Nell’area di studio di La Spezia il numero di maschi della specie lupo supera del doppio quello
delle femmine (sex-ratio=2; rapporto 2:1); anche nel capriolo sono stati rilevati molti più maschi
che femmine (sex ratio=6; rapporto 6:1). Al contrario nel cinghiale il numero di femmine è
decisamente più alto rispetto ai maschi (sex-ratio=0,17; rapporto 1:5,8). Infine, nell’ultima area di
indagine, Savona, sono stati registrati più lupi maschi che femmine (sex ratio=3,5; rapporto 3,5:1);
il rapporto sessi nel capriolo è risultato in favore delle femmine (sex-ratio=0,05; rapporto 1:17); per
il daino invece il rapporto è risultato paritario (sex-ratio=1.08; rapporto 1.1:1). Durante il periodo di
campionamento in questa zona non sono stati campionati maschi di camoscio mentre per il
cinghiale la proporzione di maschi e femmine è pressochè in equilibrio (sex-ratio= 0,83; rapporto
1:1,2; Fig.2.18).
40
Fig. 2.18 Rapporto sessi per specie nelle aree occupate dai branchi
41
Le proporzioni delle classi di età riferite al lupo nei diversi territori occupati dai branchi appaiono
eterogenee; nelle aree dell’Antola, dell’Aveto e di Imperia è stata confermata la riproduzione ed in
particolare nell’area dell’Antola la maggior percentuale di individui registrati sono giovani, mentre
nelle altre aree i branchi sono caratterizzati principalmente da individui adulti (Fig.2.19).
Fig. 2.19 Percentuale individui lupo suddivisi per classi età
42
La struttura complessiva della popolazioni di capriolo è composta principalmente da individui di età
uguale e superiore ai 2 anni ad eccezione dell’area del Beigua e di Imperia dove è stata registrata
anche una piccola proporzione di individui giovani (Fig. 2.20). una situazione analoga si registra
anche per la popolazione di daino (registrato solo nelle aree dell’Antola e Savona), con una più alta
percentuale di individui tra i 12 e 24 mesi nella zona di Savona (Fig. 2.20).
Il camoscio, presente principalmente nella zona di Imperia, mostra una struttura di popolazione
caratterizzata dal 55% di individui adulti, 35% di sub-adulti e 10% di giovani. Il camoscio è anche
marginalmente presente a Savona dove sono stati registrati solo individui adulti. Il cinghiale mostra
una popolazione con basse percentuali di adulti e grandi proporzioni di giovani, ad eccezione
dell’area dell’Aveto e del Beigua, dove non è stato ripreso (Fig. 2.20).
Fig. 2.20 Classi di età percentuali degli ungulati selvatici presenti nelle aree occupate dai
branchi di lupo
43
PARTE III
DISTRIBUZIONE STORICA DEL LUPO IN LIGURIA
foto di P. Milanesi (Museo G. Doria, GE)
44
METODI
Il lupo era ampiamente diffuso sul territorio regionale in tempi storici. Infatti, diversi documenti
ufficiali ne testimoniano la presenza sulle Alpi liguri fino al 1870, e sull’Appennino ligure fino al
1946, quando fu abbattuto, in Val d’Aveto (GE), l’ultimo lupo “ligure”.
La presenza storica della specie è avvalorata anche da molti toponimi presenti sul territorio
regionale che fanno riferimento al lupo, come testimoniano i nomi di alcune località quali “Passo
del lupo”, “Canta lupo”, “Rocca del lupo”, “Casa del lupo”, “Salto del lupo” e molti altri.
Al fine di ricostruire la distribuzione storica del predatore, sono stati ricercati i toponimi riguardanti
il lupo sulla cartografia IGM (1:25.000) e CTR (1:10.000).
I toponimi hanno diversa validità ed efficacia per definire la distribuzione storica di specie
importanti per la conservazione. Infatti, mentre nei documenti storici riferiti a eventi particolari,
come predazioni sul bestiame, aggressioni a persone, uccisioni da parte di cacciatori, avvistamenti,
ecc., è sempre riportato almeno l’anno in cui l’evento è stato registrato, oltre al luogo, i toponimi
permangono nel tempo. Quindi, i toponimi possono essere molto utili per un confronto tra
distribuzione storica, sebbene non definibile come periodo, e distribuzione attuale. Inoltre, la
validità dei toponimi è stata verificata in diversi studi scientifici. In particolare, uno studio condotto
in Inghilterra sui toponimi, riguardante il lupo e il castoro (Castor fiber), ha evidenziato una stretta
associazione tra toponimi ed eventi storici riguardanti le due specie (Aybes, 1995). In campo
storico-geografico la toponomastica può, quindi, risultare di rilevante utilità per la ricostruzione
storica di areali e come integrazione delle informazioni ricavabili dai documenti scritti.
Utilizzando la distribuzione dei toponimi è stato effettuato un confronto tra presenza storica e
attuale del lupo a livello comunale (comuni di presenza e di assenza); inoltre, mediante Kernel
Analysis al 95% (vedi PARTE II) è stato delineato l’areale storico del lupo ed è stato confrontato con
quello attuale, per valutarne il grado di sovrapposizione.
45
RISULTATI
Sull’intero territorio regionale sono stati identificati 136 toponimi relativi al lupo (Fig. 3.1).
Fig. 3.1 – Distribuzione dei toponimi di lupo (triangoli neri) nelle province e nei comuni liguri
46
Il maggior numero di toponimi è stato registrato in provincia di Genova (N=55) e Savona (N=53),
mentre in provincia di Imperia e La Spezia ne sono stati registrati rispettivamente 16 e 12 (Fig. 3.2).
Fig. 3.2 Percentuali dei topopnimi di lupo nelle province liguri
I 136 toponimi di lupo risultano distribuiti in 63 comuni; il maggior numero di toponimi è stato
registrato nel territorio che ricade nel comune di Sassello (N=10), in provincia di Savona, seguito da
Montoggio (N=8), in provincia di Genova e da Varese Ligure (N=8), in provincia di La Spezia (Fig.
3.3).
47
Fig. 3.3 Numero di topopnimi di lupo nei comuni liguri
48
Mediante Kernel analysis è stato possibile ricostruire l’areale storico del predatore. La distribuzione
del lupo interessava l’intero Appennino Ligure fino alle Alpi Sud-Occidentali al confine con la
Francia e con la regione Piemonte (Fig. 3.4). Complessivamente, la superficie di territorio regionale
interessata dalla presenza storica del grande carnivoro equivale a 3.490 km2, con una
sovrapposizione pari al 89.59 % con quella attuale.
Fig.3.4 - Areale storico del lupo (in rosso) nelle province liguri (in giallo), stimato mediante
Kernel Analisi dei toponimi
49
PARTE IV
VALIDAZIONE DEI MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA DEL
LUPO
foto di E. Torretta
50
METODI
L’utilizzo di modelli predittivi è auspicabile ai fini della conservazione per identificare i fattori che
influenzano la presenza della specie ed il suo variare; inoltre i modelli predittivi permettono di
individuare le aree più idonee e quelle più critiche per la conservazione della specie (Corsi et al.,
1999; Massolo & Meriggi, 2007).
Nella precedente relazione tecnico-scientifica (Meriggi et al., 2012) sono stati formulati diversi
modelli predittivi della presenza del lupo (modelli d’idoneità ambientale) utilizzando le unità di
campionamento (UC) di 100 km2 usate nel monitoraggio. Le celle percorse dai transetti sono state
classificate come UC di presenza (codice 1) se sono risultate positive in almeno una stagione di
monitoraggio, e come UC di assenza (codice 0) se non sono mai stati trovati segni di presenza del
lupo; tutte le celle non attraversate da transetti non sono state classificate e sono state considerate
come UC di controllo.
All’interno di ogni UC sono state misurate le proporzioni di 9 variabili dell’uso del suolo (corsi
d’acqua e bacini idrici, boschi di conifere, boschi di latifoglie, boschi misti, aree coltivate, aree
incolte e cespuglieti, prati e pascoli, formazioni rocciose e aree urbanizzate), 6 variabili
altimetriche, corrispondenti ad altrettante fasce altitudinali di 400 m ciascuna, 5 variabili di
esposizione, corrispondenti alle 4 esposizioni principali e all’esposizione nulla, e 4 variabili di
pendenza, corrispondenti alle classi di pendenza 0-10%, 10-30%, 30-50% e pendenza maggiore al
50%.
Le UC di presenza sono state confrontate con altrettante UC di controllo, scelte in modo casuale tra
tutte le UC della griglia. In questo modo è stato evitato il problema delle “false assenze”, vale a dire
considerare il lupo assente da una porzione di territorio dove in realtà la specie è presente, ma non è
stata trovata per problemi di contattabilità e di sforzo di campionamento (Moilanen, 2002; Tyre et
al., 2003; Gu & Swihart, 2004; MacKenzie, 2005).
I modelli predittivi della distribuzione potenziale del lupo nel territorio della regione Liguria sono
stati ottenuti mediante tre diversi metodi: 1) Analisi di Regressione Logistica Binaria, 2) Analisi
Fattoriale di Nicchia Ecologica, 3) Algoritmo della Massima Entropia.

L’Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB) costituisce uno dei metodi più usati per
formulare una Funzione di Probabilità di Selezione delle Risorse, cioè un’espressione
matematica in grado di sintetizzare il processo di selezione dell’habitat di una specie per
prevederne la distribuzione (Boyce & McDonald, 1999; Manly, 2003).
51
Tramite l’ARLB è possibile stimare la probabilità di utilizzo delle UC disponibili da parte del
lupo. Per selezionare le variabili che contribuiscono all’equazione del modello logistico, è stata
utilizzata la procedura forward stepwise, che comporta, dato un insieme di n variabili
indipendenti (variabili ambientali), l’aggiunta successiva e sequenziale di ciascuna variabile al
modello, in una serie di passaggi iterativi.
 L’Analisi Fattoriale di Nicchia Ecologica (ENFA) necessita di soli dati di presenza per calcolare
la funzione di idoneità ambientale, confrontando la distribuzione della specie nello spazio
ecogeografico con quella dell’intero insieme di celle che costituiscono l’area di studio. L’analisi
si basa sul concetto di nicchia ecologica di Hutchinson (1957), definita come una porzione di
spazio multidimensionale o ipervolume all’interno del quale l’ambiente permette a una specie di
sopravvivere e riprodursi mantenendo una popolazione vitale (Begon et al., 1996).
Analogamente, nell’ENFA la nicchia ecologica è intesa come un sottoinsieme di celle nello
spazio ecogeografico in cui la specie in esame ha una ragionevole probabilità di essere
osservata. Presupposto di quest’analisi è che le specie siano distribuite in modo non casuale in
relazione alle variabili ambientali; quindi, se una specie è caratterizzata da un dato optimum, ci
si aspetta che occupi preferenzialmente quelle celle in cui si è rilevato l’intervallo ottimale dei
valori delle variabili ecogeografiche. Questa assunzione può essere verificata confrontando la
distribuzione della variabile nelle celle in cui è stata registrata la presenza della specie con
quella dell’intero insieme di celle che costituiscono l’area di studio.
 L’Algoritmo della Massima Entropia (MaxEnt – Maximum Entropy algorithm) è una tecnica di
apprendimento automatico basato sul principio di massima entropia (Jaynes, 1957). Data una
distribuzione di probabilità sconosciuta, MaxEnt cerca l’approssimazione che soddisfa una serie
di vincoli di tale distribuzione e che massimizza l'entropia della distribuzione risultante (Phillips
et al., 2006). Con l’analisi effettuata da MaxEnt si realizzano mappe di presenza potenziale della
specie; viene assegnato un valore di probabilità per ogni pixel dell’area di studio compreso tra 0
e 100 e ciò fornisce una mappa che indica il gradiente di probabilità per la distribuzione
potenziale della presenza (Phillips et al., 2006). Valori prossimi a 100 sono quelli dove è
massima la probabilità, mentre valori prossimi allo 0 sono quelli a minor probabilità.
La validazione dei modelli è stata effettuata con il metodo k-fold cross validation. Questo metodo
prevede il confronto delle classificazioni previste dai modelli con quelle reali, tramite l’uso di curve
ROC e seguendo un metodo proposto da Boyce et al. (2002).
52
La curva ROC permette di valutare lo scostamento del modello ottenuto da uno che classifica i casi
casualmente (Massolo & Meriggi, 2007), mettendo in relazione la sensibilità del modello
(proporzione di casi positivi classificati correttamente) con il complementare della sua specificità
(proporzione di casi negativi classificati correttamente). I valori variano tra 0 (classificazione
peggiore di un modello casuale) e 1 (classificazione perfetta), mentre valori prossimi a 0,5 indicano
una classificazione simile a quella di un modello casuale.
Il metodo di Boyce, particolarmente efficace in modelli sviluppati con dati di presenza, consiste in
un’analisi di correlazione non parametrica tra la frequenza dei casi positivi reali (numero di UC di
presenza) e le probabilità previste dai modelli, suddivise in 10 classi di probabilità di 0,10 ciascuna;
il numero di UC in cui è presente il lupo dovrebbe aumentare all’aumentare del rango della classe
(Boyce et al., 2002). L’indice varia tra -1 (classificazione peggiore di un modello casuale) e 1
(classificazione perfetta), mentre valori prossimi a 0 indicano una classificazione simile a quella di
un modello casuale.
Basandosi sui dati originali (2007-2012) con cui sono stati sviluppati i modelli, l’ARLB ha mostrato
il più alto valore della curva ROC (0,952), mentre MAXENT ha raggiunto il valore più elevato
dell’indice di Boyce (0,949).
Sebbene la validazione abbia complessivamente confermato l’efficacia predittiva dei modelli,
un’ulteriore validazione con nuovi dati (raccolti dopo la formulazione dei modelli) può fornire
maggiori informazioni utili alla definizione della distribuzione potenziale del carnivoro. A tal fine i
dati raccolti nell’ultimo anno di campionamento (2012-2013) sono stati utilizzati per validare,
mediante curva ROC e indice di Boyce, i 3 modelli precedentemente sviluppati.
53
RISULTATI
L’Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB), aveva classificato il 51,7% delle UC della
regione Liguria idonee alla presenza del lupo (Fig. 4.1).
Fig. 4.1 Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello dell’ARLB e localizzazioni di
lupo raccolte nell’ultimo anno di campionamento (in verde)
54
L’analisi effettuata tramite modellizzazione della Massima Entropia (MAXENT), aveva classificato
il 3,3% del territorio regionale idoneo alla presenza del lupo (Fig. 4.2).
Fig. 4.2 Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello della Massima Entropia e
localizzazioni di lupo raccolte nell’ultimo anno di campionamento (in verde)
55
L’Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica (ENFA) aveva classificato il 49,02% del territorio
della Liguria idoneo alla presenza del lupo (Fig. 4.3).
Fig. 4.3 Aree di potenziale presenza del lupo secondo l’Analisi Fattoriale della Nicchia Ecologica
e localizzazioni di lupo raccolte nell’ultimo anno di campionamento (in verde)
56
Considerando le localizzazioni dei segni di presenza del lupo raccolte durante l’ultimo anno di
campionamento (2012-2013) è stato possibile verifcare l’efficacia predittiva dei 3 modelli.
Il modello ENFA ha avuto i valori più alti di entrambe le statistiche di validazione, e quindi sembra
essere il miglior modello nel predire la distribuzione della specie (Tab. 4.1).
Tab. 4.1 Risultati della cross validation effettuata sui 3 modelli predittivi migliori
Modello
Dati 2007-2012
Dati 2012-2013
ROC
Rho
ROC
Rho
ARLB
0,952
0,912
0,899
0,901
ENFA
0,853
0,914
0,901
0,905
MAXENT
0,947
0,949
0,872
0,901
57
PARTE V
ECOLOGIA TROFICA DEL LUPO
58
METODI
Le feci rinvenute da settembre 2007 a giugno 2013 nell’intera regione Liguria costituiscono il
campione analizzato. Sia gli escrementi raccolti lungo la rete di transetti sia quelli rinvenuti durante
i sopraluoghi nei punti di marcatura sono stati inizialmente registrati su apposite schede di campo. I
campioni, raccolti con le dovute cautele legate alla potenziale presenza di parassiti pericolosi per
l’uomo, vengono chiusi in sacchetti di PVC e conservati, per un periodo di tempo non inferiore a 30
giorni, in un congelatore ad una temperatura di -20° C, scongiurando la possibilità che alcuni
patogeni, come Echinococcus granulosus, possano sopravvivere. Un’esigua parte delle feci fresche
è stata asportata e riposta in appositi contenitori sterili, contenenti alcol etilico a 96°, per le
successive analisi genetiche.
In laboratorio si è proceduto con le analisi degli escrementi, risciacquati con acqua, attraverso
setacci a maglie progressivamente decrescenti (1,5 mm - 0,1 mm), per facilitare la separazione delle
diverse componenti e la rimozione della materia amorfa non riconoscibile a causa dei processi
digestivi.
I residui indigeriti, separati in base alla loro natura (peli, frammenti ossei e unghie, semi e frutti),
sono stati utilizzati per le successive identificazioni.
Il confronto con una collezione di riferimento di peli delle specie di ungulati selvatici e di ungulati
domestici presenti nell’area di studio ha permesso un’accurata attribuzione dei campioni rinvenuti
nelle feci. La pelle dei mammiferi è ricoperta da diversi tipi di peli, i lunghi e rigidi peli di giarra
sono facilmente distinguibili dal sottopelo formato dai peli di borra, più sottili e molto meno rigidi.
Il riconoscimento di molti gruppi di mammiferi può essere condotto dall’analisi dei soli peli di
giarra che possono essere distinti in tre categorie GH0, GH1 e GH2 (Teerink, 1991) sulla base dello
spessore e della lunghezza relativa delle diverse porzioni in cui possono essere suddivisi.
I peli sono stati inizialmente lavati e sgrassati in alcol etilico e successivamente sono stati osservati
al microscopio ottico a 10X e 40X ingrandimenti. La determinazione delle prede è avvenuta
attraverso la ricerca degli elementi diagnostici nella cuticola o cortex, strato più esterno formato da
sottili scaglie di cheratina, e nella medulla, strato più interno e formato da cellule morte densamente
addossate le une alle altre. In alcuni casi, per poter attribuire con certezza il contenuto delle feci a
livello specifico, è stata osservata al microscopio la sezione trasversale del pelo, per valutare la
forma e le variazioni di spessore della cortex e della medulla lungo il pelo. Le osservazioni al
59
microscopio ottico sono state confrontate con atlanti di identificazione (Brunner e Coman, 1974;
Debrot et al., 1982; Teerink, 1991).
L’analisi qualitativa dei componenti della dieta del lupo è stata integrata da un’analisi quantitativa.
Le diverse specie rinvenute nelle feci sono state così raggruppate in 8 categorie alimentari: ungulati
domestici, ungulati selvatici, micro mammiferi, altri mammiferi, frutta, altri vegetali, invertebrati e
rifiuti.
Per la stima della biomassa ingerita è stato stimato il volume medio percentuale delle categorie
alimentari, presenti in uno stesso campione, basandosi sulle dimensioni relative possedute dalle
prede intere secondo il metodo proposto da Kruuk e Parish (1981). Per il calcolo del volume medio
percentuale è stata adottata la seguente formula:
Per valutare l’esistenza di eventuali differenze significative nei volumi percentuali sono state
effettuate analisi mediante analisi della Varianza non parametrica (Test di Kruskal-Wallis) tra le
categorie alimentari, gli anni, le specie, le province e le stagioni (calda: aprile-ottobre; fredda:
novembre-marzo).
60
RISULTATI
La categoria degli ungulati selvati è risultata la più utilizza in tutte le province, sebbene si siano
registrate differenze significative (H = 36.899; g.l.= 3; P<0.0001), in particolare tra le province di
Savona e La Spezia, dove il consumo della categoria è risultato massimo e minimo, rispettivamente
(Fig. 5.1). Secondariamente, il lupo ha consumato ungulati domestici con differenze significative (H
= 63.159; g.l.= 3; P<0.0001) tra le province, anche in questo caso in particolare tra La Spezia e
Savona, dove il consumo di bestiame è risultato massimo e minimo, rispettivamente (Fig. 5.1).
Fig. 5.1 Volume medio percentuale delle categorie alimentari nella dieta del lupo per provincia
61
In particolare, considerando il consumo di ungulati selvatici e domestici nei diversi anni di
campionamento si è registrata una correlazione signififcativamente negativa tra le due categorie (ρ
= 99.38; g.l. = 6; P= 0.039) (Fig. 5.2).
Fig. 5.2 Volume medio percentuale di ungulati selvatici e domestici nella dieta del lupo per anno
62
Considerando i sette anni di campionamento si osserva come gli ungulati domestici maggiormente
consumate dal lupo siano i caprini e i bovini, mentre gli ovini sono meno selezionati e il cavallo è
rientrato nella dieta in modo molto limitato (Fig. 5.3).
Si registrano differenze significative negli anni nel consumo di pecore (H = 13.767; g.l.= 6; P =
0.032) e di capre (H = 55.623; g.l. = 6; P<0.0001), mentre il consumo di bovini è risultato al
margine della significatività (H = 12.665; g.l. = 6; P = 0.049).
Fig. 5.3 Volume medio percentuale di ungulati domestici nella dieta del lupo per anno
63
Le specie di ungulati selvatici maggiormente presenti nella dieta del lupo sono state il cinghiale e il
capriolo, seguite dal daino; il cervo è consumato in modo limitato, così come il camoscio ed il
muflone (Fig. 5.4).
Differenze significative tra i diversi anni sono state riscontrate nel consumo di cinghiale (H =
50.197; g.l. = 6; P<0.0001), di capriolo (H = 91.240; g.l. = 6; P<0.0001), di daino (H = 21.775; g.l.
= 6; P<0.0001) e anche di cervo (H = 25.999; g.l. = 6; P<0.0001).
Fig. 5.4 Volume medio percentuale di ungulati selvatici nella dieta del lupo per anno
64
Confrontando le specie di ungulati domestici presenti nella dieta del lupo nelle diverse province si
nota come l’esiguo consumo di ovini è pressochè costante in tutta la regione (Fig. 5.5).
Inoltre, si osservano differenze significative nel consumo di vitelli (H = 23.890; g.l. = 3; P<0.0001)
e di caprini (H = 29.775; g.l. = 3; P<0.0001) nelle quattro province (Fig. 5.5).
Fig. 5.5 Volume medio percentuale di ungulati domestici nella dieta del lupo per provincia
65
Per quanto riguarda gli ungulati selvatici, le specie maggiormente presenti nella dieta del lupo nelle
quattro province sono il cinghiale e il capriolo, seguiti da daino, cervo e camoscio (Fig. 5.6). Per
queste specie si sono registrate differenze significative tra le diverse province: cinghiale (H =
17.298; g.l. = 3; P<0.0001), capriolo (H = 70.421; g.l. = 3; P<0.0001), daino (H = 38.452; g.l. = 3;
P<0.0001), cervo (H = 17.166; g.l. = 3; P<0.0001) e camoscio (H = 13.308; g.l. = 3; P<0.0001).
Fig. 5.6 Volume medio percentuale di ungulati selvatici nella dieta del lupo per provincia
66
Il consumo delle diverse categorie alimentari durante la stagione calda (di pascolo) e quella fredda
(non di pascolo) non mostra variazioni significative (Fig. 5.7).
Fig. 5.7 Volume medio percentuale delle categorie alimentari nella dieta del lupo per stagione
67
Anche il consumo di specie di ungulati domestici durante la stagione calda e quella fredda non
mostra variazioni significative (Fig. 5.8).
Fig. 5.8 Volume medio percentuale di ungulati domestici nella dieta del lupo per stagione
68
Per quanto riguarda il confronto tra le specie di ungulati selvatici nella dieta del lupo nella stagione
di pascolo e in quella non di pascolo, si notano differeze significative nel consumo del cinghiale (H
= 35.949; g.l. = 1; P<0.0001), maggiore durante la stagione fredda, e del capriolo (H = 23.257; g.l.
= 1; P<0.0001), maggiore durante la stagione calda (Fig. 5.9).
Fig. 5.9 Volume medio percentuale di ungulati selvatici nella dieta del lupo per stagione
69
PARTE VI
LUPO E ZOOTECNIA
foto di L. Schenone
70
METODI
Per valutare l’impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati, come
base di partenza, i dati della Banca Dati Nazionale (bovini e ovi-caprini). Gli allevamenti sono stati
classificati per:

Provincia;

Specie allevata (bovini e ovi-caprini);

Orientamento produttivo per gli ovi-caprini (carne, latte, lana, misto, autoconsumo);

Orientamento produttivo e tipologia produttiva per i bovini (carne: ingrasso, linea vacca-vitello,
non definito; latte; misto);

Modalità (all’aperto, stabulato, sconosciuta).
Inoltre, per ogni allevamento è stato fornito il numero di capi allevati. Per valutare l’esistenza di
eventuali differenze significative nella dimensione media degli allevamenti tra le province è stata
utilizzata l’Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM). L’analisi univariata della varianza
(one-way ANOVA) può essere estesa all’analisi di un numero maggiore di fattori. La variabile
analizzata è sempre una sola, ma il numero di fattori (o criteri di classificazione, o vie) che
distinguono i diversi campioni è maggiore di 1. Si parla quindi di ANOVA univariata
multifattoriale, detta anche MANOVA.
L'ipotesi alla base dell'analisi della varianza è che dati n gruppi, sia possibile scomporre la varianza
in due componenti: varianza interna ai gruppi o entro-gruppi (Within) e varianza tra-gruppi
(Between). Se la variabilità interna ai gruppi è relativamente elevata rispetto alla variabilità tra i
gruppi, allora probabilmente la differenza tra questi gruppi è soltanto il risultato della variabilità
interna. La relazione tra varianza totale, σ2, riferita agli n gruppi e varianze calcolate sui singoli
gruppi  g2 (g = 1,2,...,G) risulta essere :
ng
 G
 2    g 1  g2 
n

n 
  G
    M g  M 2  g 
  g 1
n 
 
quindi :
 2   W2   B2
71
dove il primo addendo rappresenta la varianza entro-gruppi, il secondo la varianza tra-gruppi, M la
media totale degli n gruppi ed è uguale alle medie parziali di ciascun gruppo Mg con pesi uguali
alle rispettive frequenze relative di gruppo
ng
n
. A loro volta, le medie parziali Mg dei valori  i g 
del g-esimo gruppo sono date da :
ng
Mg 
i 1
 i g 
ng
Inoltre si ha che:
  g   M 

ng

2
g
i 1
i
g
2
ng
La varianza entro-gruppi è uguale alla media ponderata delle varianze parziali, calcolate in ogni
gruppo. La varianza tra-gruppi è uguale alla varianza ponderata delle medie parziali. I pesi sono
uguali alle loro frequenze relative. Per verificare differenze tra le province nella frequenza dei
diversi tipi di allevamento è stato utilizzato il G test (analisi per tavole di contingenza mediante il
Rapporto di Verosimiglianza, con test esatto di permutazione).
Quest’analisi permette di verificare eventuali differenze significative tra il numero di casi attesi e
quelli osservati, utilizzando la seguente formula:

  O
G  2 Oi ln i

   Ei
 

 
 

dove Oi ed Ei sono le frequenze delle categorie i osservate e attese.
Per una corretta elaborazione dei dati sull’interazione lupo-zootecnia è stata posta maggiore
attenzione agli allevamenti che effettuano stagioni di alpeggio o utilizzano il pascolo regolarmente.
A partire dai dati del censimento degli allevamenti in Liguria, effettuato dall’associazione
provinciale degli allevatori di Genova, sono state individuate e georeferenziate le aree di pascolo o
di alpeggio della regione.
Le aree di pascolo e le relative aziende, sono state classificate, oltre che secondo i criteri descritti in
precedenza, anche secondo altri importanti fattori, quali:

Periodo di alpeggio;

Presenza di vitelli al pascolo sotto i 60 giorni di età;

Grado di sorveglianza (assenza di ricovero notturno o non sorvegliato, ricovero notturno e
presenza di cani da guardiania, recinto antintrusione o dissuasori sonori).
72
Anche per le aree di pascolo è stata utilizzata la MANOVA per verificare le eventuali differenze
significative nella superficie media tra le diverse province.
I dati delle predazioni sono stati forniti principalmente dagli assessorati competenti delle quattro
province liguri. Sono stati considerati il numero di eventi per zona, anno e specie, il numero di capi
predati per evento, il numero di capi predati per zona, anno e specie e l’importo dei rimborsi. Il test
G utilizzato in precedenza è stato applicato per verificare le differenze nella frequenza degli eventi
di predazione e dei capi predati tra province, specie allevate e anni. E’ stata effettuata un’analisi di
regressione con stima di curve, per verificare eventuali andamenti significativi negli anni, del
numero di eventi e del numero di capi predati per evento, per zona e l’importo dei rimborsi erogati.
Questa analisi di regressione permette di identificare il modello non- lineare al quale meglio si
adattano i dati considerati.
73
Nella precedente relazione tecnico-scientifica (Meriggi et al., 2012) sono stati formulati diversi
modelli predittivi del rischio di predazione sul bestiame da parte di lupo.
Per analizzare i fattori ambientali (e non) che influiscono sulla probabilità di predazione, erano state
misurate 21 variabili riguardanti le aree di pascolo utilizzate dagli allevamenti:
Era stato attribuito un codice binario (0/1) a ciascun pascolo: con 1 sono stati indicati i pascoli
all’interno dei quali si era verificato almeno un caso di predazione, con 0 tutti gli altri. In questo
modo erano stati rilevati 69 pascoli, confrontati con altrettanti pascoli, scelti in modo casuale tra
quelli dove non era stata accertata la presenza di predazione.
Erano stati formulati modelli predittivi della probabilità di predazione da parte di lupo nell’area di
studio, attraverso Analisi di Regressione Logistica Binaria (ARLB; vedi Parte IV) con multi-model
inference e i modelli ottenuti sono stati confrontati con il criterio di Akaike corretto (AICc).
Come nella Parte IV del presente documento, i modelli ottenuti sono stati validati mediante curva
ROC e indice di Boyce.
Basandosi sulle predazioni originali (2002-2012) con cui sono stati sviluppati i 3 modelli ARLB, il
secondo modello ha mostrato il più alto valore della curva ROC (0,818), mentre il terzo modello
quello più elevato dell’inidice di Boyce (0,887).
Nonostante la validazione abbia complessivamente confermato l’efficacia predittiva dei modelli,
un’ulteriore validazione con i nuovi casi di predazione (avvenuti dopo la formulazione dei modelli)
può fornire utili informazioni alla definizione del rischio di predazione da parte del carnivoro. A tal
fine i casi di predazione sul bestiame registrati nell’ultimo anno di campionamento (2012-2013)
sono stati utilizzati per validare, mediante curva ROC e indice di Boyce, i 3 modelli
precedentemente sviluppati.
74
RISULTATI
Analizzando i report della Banca Dati Nazionale relativi al censimento degli allevamenti di bovini e
ovi-caprini in Liguria, si evidenzia che questi non sono distribuiti in modo omogeneo nelle quattro
province. Il dato generale dimostra che gli allevamenti di ovi-caprini sono molto più numerosi
rispetto a quelli di bovini (N=3044 e N=1371, rispettivamente). Osservando le singole province
risulta che gli allevamenti di bovini sono molto più numerosi in provincia di Genova e La Spezia. In
quelle di Genova e Savona è invece presente il maggior numero gli allevamenti di ovi-caprni. Ad
Imperia è presente una minore concentrazione di entrambe le tipologie di allevamento (Fig. 6.1).
Fig. 6.1 Numero di allevamenti di bestiame nelle province liguri
75
È stata riscontrata, per gli allevamenti bovini, una maggiore concentrazione in pochi comuni
soprattutto in provincia di Genova e nel settore occidentale della provincia di La Spezia (Fig. 6.2).
Gli allevamenti di ovi-caprini sono risultati ditribuiti maggiormente nella porzione orientale della
provincia di Savona, in pochi comuni della provincia di Genova e nella fascia appenninica della
provincia di La Spezia (Fig. 6.3)
Fig. 6.2 Distribuzione per comune degli allevamenti bovini in Liguria
Fig. 6.3 Distribuzione per comune degli allevamenti ovi-caprini in Liguria
76
Il numero medio di capi bovini presenti negli allevamenti è risultato 5,82 (min=1, max=763) senza
variazioni significative tra le province (F=1,519; gl=3; P=0,208). Per gli allevamenti di ovicaprini il numero medio è di 10,59 (min=1, max=1169) con differenze significative tra le
province (F=17,244; gl=3; P<0,0001). Il test di Bonferroni ha infatti messo in evidenza differenze
significative per gli ovi-caprini tra la provincia di Imperia e tutte le altre (P<0,0001). Al limite della
significatività è risulata la differenza tra la provincia di Genova e quella di Savona (P=0,045).
Analizzando entrambe le tipologie complessivamente sono risultate differenze significative tra
province (F=6,607; P<0,0001) e tra specie allevate (F=28,091; P<0,0001); anche l’interazione tra
i due fattori è risultata statisticamente significativa (F=7,511; P<0,0001). La provincia con gli
allevamenti di maggiori dimensioni di ovi-caprini è risultata Imperia, mentre per i bovini è La
Spezia (Fig. 6.4).
Fig. 6.4 Variazione della dimensione degli allevamenti nelle province liguri
77
L’orientamento produttivo maggiormente utilizzato dagli allevatori di bovini (n=1371) in tutte le
province è risultato quello da carne: ad Imperia (84%), a Savona (93%), a La Spezia (94%). A
Genova sono stati adottati con percentuali rilevanti anche l’orientamento misto (39%) e d a latte
(14%). Tra gli allevamenti da carne, quelli in cui viene adottata la tipologia produttiva linea vaccavitello, risultano distribuiti maggiormente nella provincia di La Spezia (42% del totale) e Savona
(29%). In provincia di Genova e in quella di Imperia la linea vacca-vitello viene adottata in misura
minore(16% e 13% rispettivamente) (Fig. 6.5).
Fig. 6.5 Orientamento produttivo e tipologia produttiva di allevamenti bovini nelle province
78
Analizzando i dati relativi alla modalità di conduzione degli allevamenti bovini, si evidenzia che è
per oltre il 50% sconosciuta, in tutte le province. Per i restanti allevamenti, di cui si hanno i dati, ad
Imperia risultano condotti all’aperto nel 97% dei casi, mentre a Savona risultano tutti stabulati
(14%). Nella provincia di Genova la maggior parte risultano stabulati (26%) e in misura minore
all’aperto (6%). Analogamente anche in provincia di La Spezia per il 29% risultano stabulati e per il
16% all’aperto (Fig. 6.6).
Fig. 6.6 Modalità di conduzione di allevamenti bovini negli allevamenti liguri
79
Negli allevamenti di ovi-caprini è stata adottata maggiormente la tipologia produttiva mista nelle
province di Genova (75%) e Savona (47%), a La Spezia si equivalgono gli allevamenti da
autoconsumo e misto (circa 40%) mentre ad Imperia prevalgono gli allevamenti da autoconsumo
(56%). Per gli altri orientamenti produttivi, in provincia di Genova, Savona e La Spezia quelli da
carne rappresentano circa il 20%; gli allevamenti da latte sono circa il 3% ad Imperia e Savona
mentre sono scarsamente rappresentati in tutte le province quelli da lana (Fig.6.7).
Fig. 6.7 Orientamento produttivo allevamenti ovi-caprini nelle province liguri
80
La modalità di conduzione, negli allevamenti di ovi-caprini, è risultata quella all’aperto con
percentuali superiori al 50%, in tutte le province. La percentuale più alta in provincia di La Spezia
con il 94% seguita da Imperia con l’85%. Gli allevamenti stabulati, sono presenti con percentuali
minori, solo in provincia di Genova e Savona dove raggiungono il 40% e il 30% rispettivamente
(Fig. 6.8).
Fig. 6.8 Modalità di conduzione allevamenti ovi-caprini nelle province liguri
81
In tutto il territorio regionale sono state individuate in totale 302 aree di pascolo, di cui 115
utilizzate da bovini, 93 da ovi-caprini, 70 da entrambe le specie e di 24 non abbiamo informazioni.
Le province col maggior numero di aree di pascolo sono risultate Genova, La Spezia e Imperia
mentre a Savona sono stati censiti meno pascoli (Figg. 6.9 e 6.10).
Fig. 6.9 Distribuzione aree di pascolo in Liguria
Fig. 6.10 Ripartizione delle aree di pascolo nelle province liguri
82
L’Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM) ha rilevato differenze significative nella
dimensione media dei pascoli tra province (F=8,232; gl=3; P<0,0001); in particolare il test di
Bonferroni per confronti multipli ha mostrato come la dimensione media dei pascoli in provincia di
La Spezia sia significativamente differente da Imperia (P=0,016) e da Genova (P<0,0001); non
risultano invece differenze significative nell’ampiezza dei pascoli considerando le sole specie
allevate; l’effetto dell’interazione tra i due fattori risulta invece significativa (F=2,754; gl=6;
P=0,013) (Fig. 6.11).
Fig. 6.11 Variazioni della superficie media (ha) dei pascoli in relazione alla provincia ed alla
specie allevata
83
Le predazioni sugli ungulati domestici, attribuite al lupo e ufficialmente denunciate, dal 2002 al
2012, nell’intero territorio regionale, sono state 295. Nell’anno di riferimento, il 2012 si sono
verificati 25 eventi. Le predazioni sono avvenute in 5 zone di cui 3 in provincia di Genova
identificabili con il territorio circostante il Monte Antola e l’omonimo parco regionale, il territorio
della Val d’Aveto e il territorio dei comuni del Parco Regionale del Beigua nella provincia di
Genova. Le restanti zone ricadono nel territorio dell’intera provincia di Imperia e di La Spezia.
L’andamento delle predazioni, nelle 5 zone, è stato significativamente differente (χ2=189,795;
gl=40; P<0,0001). In particolare, nella zona dell’Antola, è stato osservato un progressivo aumento
degli eventi di predazione dal 2004 al 2007 ed una tendenza alla diminuzione dal 2008 in poi, a
parte un leggero aumento nel 2010; nella zona dell’Aveto non si registra una tendenza ben definite
ma nell’ultimo anno c’è stata una brusca diminuzione rispetto al precedente; anche in provincia di
Imperia, si è registrato una diminuzione rispetto all’ultimo anno. Per il Beigua si hanno pochi dati
ma nel 2012 c’è stata una diminuzione rispetto all’anno precedente. Per la provincia di La Spezia il
2012 è il primo anno in cui vengono registrati dati ufficiali di predazioni, è quindi impossibile
osservarne l’andamento negli anni (Fig. 6.12).
Fig. 6.12 Andamento degli eventi di predazione
84
Il numero di capi di ungulati domestici predati e ufficialmente denunciati, dal 2002 al 2012 è di
641, nell’intero territorio regionale. Nel corso del 2012 sono stati predati 64 ungulati domestici.
Confrontando il numero di capi predati nelle diverse zone della Regione sono state registrate
differenze significative (χ2=474,010; gl=40; P<0,0001). Nella zona dell’Antola dopo un aumento
del numero dei capi predati dal 2004 al 2007 è stata osservata una progressiva diminuzione dal 2008
in poi, a parte un leggero aumento nel 2010; nella zona dell’Aveto non è risultata una tendenza
definita ma marcate oscillazioni da un anno all’altro, nel 2012 è stata registrata una notevole
diminuzione rispetto all’anno precedente; nella provincia di Imperia si è assistito invece ad un
aumento progressivo dei capi predati, in modo particolare dal 2007 al 2011 e una diminuzione nel
corso dell’ultimo anno. Nella zona del Beigua sono stati registrati dati solo negli ultimi due anni e
nel 2012 il numero di capi predati è in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Per la
provincia di La Spezia non è possibile effettuare un’analisi comparativa con gli anni precedenti
(Fig. 6.13).
Fig. 6.13 Andamento dei capi di bestiame predati
85
Nella zona dell’Antola le predazioni sono avvenute soprattutto a carico dei bovini; in quella dell’Aveto
sono stati colpiti quasi eclusivamente caprini e ovini mentre nella provincia di Imperia le predazioni
hanno interessato soprattutto gli ovini seguiti dai bovini e dai caprini. Per le restanti due zone, Beigua e
La Spezia, i pochi dati a disposizione, riguardano esclusivamente gli ovi-caprini. Sono state registrate
differenze significative sia nel numero di eventi di predazione (χ2=128,735; gl=12; P<0,0001) che nel
numero dei capi predati (χ2 =241,580; gl=12; P<0,0001) nelle diverse zone (Fig. 6.14).
Fig. 6.14 Numero di eventi di predazione e capi predati per le diverse specie di bestiame
(anni cumulati)
86
L’analisi dell’andamento mensile degli eventi di predazione e del numero di capi predati dimostra
che nella zona dell’Antola e in quella dell’Aveto si registrano casi durante l’intero anno. In
provincia di Imperia sono state registrate predazioni solo in coincidenza con la stagione di alpeggio,
da maggio a novembre mentre per la zona del Beigua ci sono eventi occasionali durante tutto
l’anno. Per la provincia di La Spezia sono disponibili solo pochi casi, quelli registrati sono
concentrati nei mesi di ottobre e novembre.
Nelle tre zone, Antola, Aveto e Imperia, in cui ci sono dati consistenti relativi a diversi anni,
l’andamento degli eventi di predazione è risultato bimodale con un aumento consistente a partire dal
mese di maggio. In particolare il primo picco massimo viene raggiunto nel mese di luglio in tutte le
zone ed un secondo picco nel mese di settembre, per la zona dell’Aveto e di Imperia, e nel mese di
ottobre per la zona dell’Antola.
Per quanto riguarda il numero dei capi predati si registra un andamento bimodale simile a quello
degli eventi di predazione. Il primo picco si registra nel mese di maggio nella zona dell’Aveto e nel
mese di luglio in provincia di Imperia e nella zona dell’Antola. Il secondo picco massimo si ha nel
mese di settembre ad Imperia e nell’Aveto e ad ottobre nell’Antola (Fig. 6.15).
Fig. 6.15 Andamento mensile degli eventi di predazione e del numero dei capi predati per zona
(anni cumulati)
87
L’andamento mensile degli eventi di predazione e dei capi predati diviso per specie ha messo in
evidenza un picco di eventi di predazione e capi predati nel mese di maggio e giugno sui vitelli,
ovvero all’inizio della stagione di pascolo che poi tende a diminuire fino alla conclusione della
stagione di alpeggio. Gli ovi-caprini invece vengono predati durante tutto l’anno. L’andamento
degli eventi di predazione e dei capi predati risulta bimodale con un primo picco a luglio e un
secondo settembre. Per gli equini vengono registrate predazioni in modo discontinuo durante tutti i
mesi dell’anno (Fig. 6.16).
Fig. 6.16 Andamento mensile degli eventi di predazione e numero di capi predati per specie
(anni cumulati)
88
L’Analisi Multifattoriale della Varianza effettuata sui capi predati in relazione agli anni, alle
specie e alle zone ha messo in evidenza differenze al margine della significatività tra gli anni
(F=1,839; g.l.=10; P=0,055) e tra le specie predate (F=2,627; g.l.=3; P=0,051); è risultata invece
significativa la differenza tra le zone (F=4,279; g.l.=4; P=0,002) e l’interazione tra le zone e gli
anni (F=3,153; g.l.=15; P<0,0001) (Tab. 6.1).
Tabella 6.1 Differenze significative delle predazioni tra anni, zone e specie predate
Fattori
Zone
Confronti
Antola - Aveto
P
0,012
Zone
Antola - Imperia
0,016
Zone
Antola – La Spezia
< 0,0001
Zone
Aveto – La Spezia
0,002
Zone
Beigua – La Spezia
0,001
Zone
Imperia – La Spezia
0,005
Specie
Bovini – ovini
< 0,0001
Specie
Bovini - Caprini
< 0,0001
Effettuando l’Analisi Multifattoriale della Varianza sugli stessi dati ma con gli anni cumulati, sono
emerse differenze significative tra le zone (F=3,380; g.l.=4; P=0,010), tra le specie (F=3,004;
g.l.=3; P=0,031) mentre l’interazione tra specie e zona non è risultata significativa (F=1,321;
g.l.=8; P=0,232) (Tab. 6.2).
Tabella 6.2 Differenze significative delle predazioni tra zone e specie predate
Fattori
Zone
Zone
Zone
Zone
Confronti
Antola - Aveto
Antola - Imperia
Antola – La Spezia
Aveto – La Spezia
P
0,019
0,024
< 0,0001
0,004
Zone
Beigua – La Spezia
0,002
Zone
Imperia – La Spezia
0,007
Specie
Specie
Vacca – Pecora
Vacca – Capra
< 0,0001
< 0,0001
89
Dall’analisi di regressione con stima di curve, è stato evidenziato un andamento degli eventi di
predazione totale negli anni di tipo logaritmico con una leggera tendenda all’aumento (F=22,661;
g.l.=1; P<0,0001; R2=0,716; y=17,136 log(x) -0,447) (Fig. 6.17).
Fig. 6.17 Andamento degli eventi totali di predazione
90
Anche considerando il numero di capi predati complessivamente si osserva un andamento di tipo
logaritmico, che mostra un fenomeno in leggero aumento (F=23,645; g.l.=1 ; P<0,0001 ; R2=0,724;
y=37,655 log(x) -1,640) (Fig. 6.18).
Fig. 6.18 Andamento dei capi predati totali
91
Nella zona dell’Antola, si è osservato un andamento degli eventi di predazione di tipo
quadratico, con una marcata tendenza alla diminuzione (F=11,895; g.l=2; P=0,004; R2=0,748;
y=11,218x2 -0,788x -17,976) (Fig. 6.19).
Fig. 6.19 Andamento eventi di predazione nella zona del Monte Antola
92
Il numero di capi predati in questa zona segue un andamento di tipo quadratico, che mostra un
fenomeno in diminuzione (F=6,357; g.l.=2; P=0,022; R2=0,614; y=18,322x2 -1,284x -29,394) (Fig.
6.20).
Fig. 6.20 Andamento capi predati nell’area del Monte Antola
93
Per quanto riguarda il territorio della Val d’Aveto non è stato possibile stimare un andamento
significativo né per gli eventi di predazione (F=0,058; g.l.=1; P=0,816) né per i capi predati
(F=0,068; g.l.=1; P=0,801).
Per la zona del Beigua e della provincia di La Spezia non è stato possibile eseguire l’analisi a causa
dell’inconsistenza dei dati (per il Beigua 3 casi in due anni e per La Spezia 3 casi in un solo anno).
Per il territorio imperiese si è osservato un andamento degli eventi di predazione di tipo lineare, con
una marcata tendenza all’aumento (F=19,704; g.l.=1; P=0,002; R2=0,686; y=1,500 x -4,364) (Fig.
6.21).
Fig. 6.21 Andamento eventi di predazione nella provincia di Imperia
94
Lo stesso andamento lineare in aumento è scaturito anche dall’analisi del numero di capi predati in
provincia di Imperia (F=35,249 ; g.l.=1; P<0,0001; R2=0,797; y=3,936 x –11,436) (Fig. 6.22).
Fig. 6.22 Andamento numero capi predati in provincia di Imperia
95
Nel 2012 i rimborsi per danni al bestiame da predazione di lupo sono stati erogati dalla provincia
di Genova, che dal 2002 li eroga con regolarità, dalla provincia di Imperia in cui le predazioni sono
state compensate nel 2004 e dal 2008 in poi e infine, per il primo anno anche dalla provincia di La
Spezia. La provincia di Savona risulta dunque l’unica in cui non sono registrate denunce
ufficiali di danni, e non sono stati erogati rimborsi per tutto il periodo considerato. L’analisi di
regressione con stima di curve, effettuata sui rimborsi complessivi erogati negli anni, ha mostrato
un andamento di tipo quadratico, con una marcata tendenza alla diminuzione (F=11,199; g.l.=2;
P=0,005; R2=0,737; y=8612,965x2 -619,782x - 8352,610) (Fig. 6.23).
Fig. 6.23 Andamento dei rimborsi erogati in totale
96
I tre migliori modelli predittivi del rischio di predazione erano stati utilizzati per rappresentare le
aree di pascolo con il rischio di predazione più elevato.
Il primo modello aveva individuato 180 pascoli (59,60%) con elevato rischio di predazione da parte
del lupo (Fig. 6.24).
Fig. 6.24 Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 1 e
localizzazioni delle predazioni nell’ultimo anno di campionamento(in verde)
97
Il secondo modello aveva individuato 171 pascoli (56,62%) ad elevato rischio di predazione da
parte del lupo (Fig. 6.25).
Fig. 6.25 Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 2 e
localizzazioni delle predazioni nell’ultimo anno di campionamento(in verde)
98
L’ultimo modello considerato ha individuato 179 pascoli (59,03%) predisposti alla predazione da
parte del lupo (Fig. 6.26).
Fig. 6.26 Idoneità dei pascoli alla predazione da parte del lupo secondo il modello 3 e
localizzazioni delle predazioni nell’ultimo anno di campionamento(in verde)
99
Considerando i casi di predazione al bestiame, da parte di lupo, registrati durante l’ultimo anno di
campionamento (2012-2013) è stato possibile verifcare l’efficacia predittiva dei 3 migliori modelli.
Similmente a quanto verificato con i casi di predazione originali, il secondo modello ha registrato il
valore di curva ROC più elevato, mentre il terzo modello ha mostrato il valore più alto dell’indice di
Boyce (Tab. 6.7).
Tab. 6.7 Risultati della cross validation effettuata sui 3 modelli predittivi migliori
Predazioni 2007-2012
Predazioni 2012-2013
ROC
Rho
ROC
Rho
MOD. 1
0,790
0,811
0,779
0,799
MOD. 2
0,818
0,862
0,801
0,823
MOD. 3
0,806
0,887
0,798
0,829
Modello
100
PARTE VII
SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI
foto di M. Serafini
101
METODI
Sono stati individuati 19 pascoli (11 nel 2012 e 8 nel 2013) sull’intero territorio regionale dove
sperimentare diversi sistemi per ridurre il rischio di predazione.
In particolare, negli allevamenti selezionati, 6 in provincia di Genova, 6 ad Imperia, 4 a La Spezia e
3 a Savona, si stà verificando l’efficacia di dissuasori audio-visivi e recinti elettrificati.
Di seguito sono riportate le schede tecniche relative ad ogni allevamento coinvolto nella
sperimentazione.
102
SCHEDA: 1
•
PROVINCIA: IMPERIA;
•
COMUNE: REZZO;
•
LOCALITÀ: ALPE GRANDE;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: DONATI MAURA;
•
SUPERFICIE: 142 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: BOVINI & OVICAPRINI;
•
NUMERO DI CAPI: 180 BOVINI & 60 CAPRINI;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 5 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E
RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
103
SCHEDA: 2
•
PROVINCIA: IMPERIA;
•
COMUNE: MENDATICA ;
•
LOCALITÀ: FRONTE’;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: RAVIOLO ;
•
SUPERFICIE: 400 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI, EQUINI;
•
NUMERO DI CAPI: 200 BOVINI, 150 OVINI, 25 EQUINI ;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 5 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E
RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
104
SCHEDA: 3
•
PROVINCIA:LA SPEZIA;
•
COMUNE: ROCCHETTA DI VARA;
•
LOCALITÀ: CASONI;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MOSCATELLI;
•
SUPERFICIE: 5 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI E CAPRINI;
•
NUMERO DI CAPI: 30 BOVINI E 2 OVINI E 6 CAPRINI;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
105
SCHEDA: 4
•
PROVINCIA: LA SPEZIA;
•
COMUNE: VARESE LIGURE;
•
LOCALITÀ: CANAVIGGIOLO;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: PEZZI;
•
SUPERFICIE: 4 e 70 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI E BOVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 20 OVINI E 9 BOVINI;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 9 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E
RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
106
SCHEDA: 5
•
PROVINCIA: GENOVA;
•
COMUNE: CASELLA;
•
LOCALITÀ: SALVEGA;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: OTTONELLO;
•
SUPERFICIE: 4 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 20 ;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
107
SCHEDA: 6
•
PROVINCIA: GENOVA;
•
COMUNE: SANTO STEFANO D’AVETO;
•
LOCALITÀ: AMBORZASCO;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: FOCACCI;
•
SUPERFICIE: 7 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: BOVINI & EQUINI;
•
NUMERO DI CAPI: 22;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
108
SCHEDA: 7
•
PROVINCIA: GENOVA;
•
COMUNE: TORRIGLIA;
•
LOCALITÀ: PENSA;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: CRINITI;
•
SUPERFICIE: 5 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI ED EQUINI;
•
NUMERO DI CAPI: 11;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
109
SCHEDA: 8
•
PROVINCIA: GENOVA;
•
COMUNE: FASCIA;
•
LOCALITÀ: CASSINGHENO;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: SPALLAROSSA;
•
SUPERFICIE: 10 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: BOVINI E OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 53;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
110
SCHEDA: 9
•
PROVINCIA: GENOVA;
•
COMUNE: BORZONASCA;
•
LOCALITÀ: BELPIANO;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: SBARBORO;
•
SUPERFICIE: 7 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI E BOVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 124;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
111
SCHEDA: 10
•
PROVNCIA: SAVONA;
•
COMUNE: STELLA–VARAZZE;
•
LOCALITÀ: MONTE BEIGUA;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: USAI;
•
SUPERFICIE: 200 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 800;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: 2 RECINZIONI ELETTRIFICATE.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
112
SCHEDA: 11
•
PROVINCIA: SAVONA;
•
COMUNE: STELLA;
•
LOCALITÀ: SANTA GIUSTINA;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MANZONE;
•
SUPERFICIE: 2 ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 30;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2012
113
SCHEDA: 12
•
PROVINCIA: LA SPEZIA;
•
COMUNE: ZIGNAGO;
•
LOCALITÀ: CAPORETTO;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MENINI;
•
SUPERFICIE: 2ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 8;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: DISSUASORI.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
114
SCHEDA: 13
•
PROVINCIA: LA SPEZIA;
•
COMUNE: ZIGNAGO;
•
LOCALITÀ: VIGA’;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: CANALE;
•
SUPERFICIE: 22ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 40;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO (PRESO IN CARICO, ANCORA NON
INSTALLATO)
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
115
SCHEDA: 14
•
PROVINCIA: IMPERIA;
•
COMUNE: TRIORA;
•
LOCALITÀ: VESIGNANA;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: NEVIO;
•
SUPERFICIE: 55ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVICAPRINI;
•
NUMERO DI CAPI: 320;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
116
SCHEDA: 15
•
PROVINCIA: IMPERIA;
•
COMUNE: CARPASIO;
•
LOCALITÀ: CARPASINA;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: ALBERTI;
•
SUPERFICIE: 120ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVICAPRINI;
•
NUMERO DI CAPI: 470;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
117
SCHEDA: 16
•
PROVINCIA: IMPERIA;
•
COMUNE: BORGOMARO;
•
LOCALITÀ: SAN BERNARDO DI CONIO;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MELA;
•
SUPERFICIE: 16ha;
•
SPECIE ALLEVATA: BOVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 80;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: 5 DISSUASORI.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
118
SCHEDA: 17
•
PROVINCIA: IMPERIA;
•
COMUNE: TRIORA;
•
LOCALITÀ: PIN;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: IARIA;
•
SUPERFICIE: 16ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVICAPRINI;
•
NUMERO DI CAPI: 730;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
119
•
SCHEDA: 18
•
PROVINCIA: SAVONA;
•
COMUNE: GIUSVALLA;
•
LOCALITÀ:
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: TORTAROLO;
•
SUPERFICIE: 20ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 75;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO (SOLO ELETTRIFICATORE) E 5
DISSUASORI.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
120
•
SCHEDA: 19
•
PROVINCIA: GENOVA;
•
COMUNE: ROSSIGLIONE;
•
LOCALITÀ: COLMA;
•
AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: PORCU;
•
SUPERFICIE: 10ha;
•
SPECIE ALLEVATA: OVINI;
•
NUMERO DI CAPI: 300;
•
TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO.
•
ANNO DI MESSA IN POSA : 2013
121
RISULTATI
Durante l’anno 2012, l’utilizzo degli strumenti preventivi ha diminuito notevolmente i casi di
predazione sul bestiame ad opera del lupo. In soli 3 pascoli (27%) si sono registrati eventi di
predazione mentre nei restanti 8 (73%) nessun evento è stato registrato (Fig. 7.1).
Fig. 7.1 Numero di eventi di predazione nei pascoli che hanno aderito alla sperimentazione
E’ doveroso specificare che 2 dei 3 casi sono da attribuire non all’inefficacia degli strumenti ma alla
mancata messa in opera degli strumenti da parte degli allevatori; infatti in un caso gli strumenti non
erano stati montati e nell’altro non era stato verificato il passaggio di corrente nel recinto.
122
L’utilizzo degli strumenti preventivi ha diminuito notevolmente anche il numero di capi di bestiame
predati dal lupo. In soli 3 pascoli si sono registrati 4 capi (3 pecore e una capra) predati mentre nei
restanti 8 (73%) nessun capo è stato predato (Fig. 7.2).
Fig. 7.2 Numero di capi predati nei pascoli che hanno aderito alla sperimentazione
E’ doveroso specificare che 2 capi (pecore) sono stati predati nel pascolo in cui gli strumenti non
erano stati montati e un altro capo (pecora) è stato predato nel pascolo dove non era stato verificato
il passaggio di corrente nel recinto.
Inoltre possiamo sottolineare l’apprezzamento dell’iniziativa da parte degli allevatori che hanno
partecipato alla sperimentazione. Questi, verificando l’efficacia degli strumenti preventivi si sono
detti soddisfatti dell’iniziativa.
Pertanto riteniamo importante e necessario che anche nella fase successiva del Progetto, la
sperimentazione prosegua e possa disporre di mezzi adeguati per aumentare il numero degli
allevamenti coinvolti e per fornire stime statisticamente più robuste dell’efficacia dei diversi metodi
preventivi applicati.
123
PARTE VIII
INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
foto di D. Signorelli
124
Al fine di raggiungere e informare corettamente gli allevatori, i pastori e gli addetti ai lavori sulle
iniziative volte a ridurre il conflitto tra le attività umane e la presenza del grande carnivoro, grazie
alla collaborazione con il Dott. F. Fassi (veterinario dell’A.S.L. 3), si è provveduto a pubblicare e
distribuire un opuscolo (brochure) intitolato: “Chi u l’è u l ̂ – Lupo e Zootecnia: una convivenza
possibile” per fornisce suggerimenti e indicazioni su come prevenire e comportarsi in caso di
predazione (Fig. 8.1).
Fig. 8.1 “Chi u l’è u l̂ – Lupo e Zootecnia: una convivenza possibile”
Inoltre, l’opuscolo indica a chi ci si debba rivolgere in caso di attacco al bestiame da parte di lupo,
per attivare la procedura di verifica e rimborso del danno subito.
Questo tipo di iniziativa non solo può agevolare la riduzione del conflitto lupo-zootecnia ma
favorisce anche l’istaurarsi di un rapporto meno conflittuale e più costruttivo tra il danneggiato e gli
enti gestori. Di seguito vengono riportate le informazioni presenti nell’opuscolo.
125
INFORMAZIONI PER GLI ALLEVATORI
PREVENZIONE DANNI DA LUPO
Da alcuni anni il lupo è tornato stabilmente nelle vallate e sui monti della Liguria. Questo predatore,
pur non costituendo alcun pericolo per l’uomo e nutrendosi principalmente di animali selvatici, può
tuttavia, in alcuni casi, arrecare danni agli allevamenti, se questi non vengono protetti
adeguatamente. La predazione sui domestici interessa principalmente ovini, caprini, bovini (vitelli
1-2 mesi) e in misura minore equini. Gli animali vengono attaccati solitamente quando sono al
pascolo incustoditi, occasionalmente anche all’interno di recinti poco sicuri in prossimità delle
abitazioni. Il lupo è specie particolarmente protetta e pertanto non sono consentiti metodi di
difesa con l’obbiettivo di eliminarlo dal territorio dove peraltro era normalmente presente fino alla
fine del Novecento. Dal 2007 Regione Liguria finanzia il Progetto “Il Lupo in Liguria” (Azioni
per la conoscenza e la tutela della specie, per la prevenzione dei danni al bestiame e per l’attuazione
di un regime di coesistenza tra il lupo e le attività economiche). Tale Progetto, di cui è capofila il
Parco Naturale Regionale dell’Antola, ha coinvolto le Province, gli altri Parchi Regionali ed
ovviamente le associazioni di allevatori provinciali e regionale (APA e ARA). Informando gli
allevatori sul metodo più efficace per difendere il proprio bestiame, ad oggi sono già stati forniti,
gratuitamente, utili strumenti per prevenire gli attacchi di lupi in 11 allevamenti, dove il numero di
predazioni è drasticamente calato. Per ridurre maggiormente il conflitto lupo-zootecnia, sono a
disposizione degli allevatori ulteriori strumenti anti-predazione.
Questo opuscolo fornisce alcuni suggerimenti per difendere
il proprio bestiame dall’attacco del lupo e indicazioni
su come comportarsi in caso di predazione.
Il lupo attacca solitamente all’imbrunire, di notte o in condizioni di tempo perturbato.
Compatibilmente con l’organizzazione dell’allevamento, è opportuno ricoverare gli animali in
strutture sicure durante la notte e portarli al pascolo in zone protette durante le giornate piovose o
nebbiose. Non essendo possibile recintare tutto il pascolo in modo efficace bisogna comunque
costruire un ricovero o un recinto adeguato dove rinchiudere gli animali nelle ore notturne.
126
IL LUPO COMPORTA SISTEMI DI PROTEZIONE
DANNI INSOSTENIBILI?
Metodi di allevamento incustodito sono a rischio di predazione. L’utilizzo di forme di prevenzione
(recinti antilupo, ricoveri notturni, cani da guardia) ridurrebbe drasticamente i danni al bestiame.
Tuttavia è da precisare che attualmente i danni provocati dal lupo, in Regione Liguria, sono
localizzati e sostenibili, meno di un decimo rispetto a quelli provocati alle coltivazioni da parte
degli ungulati selvatici.
LE RECINZIONI TRADIZIONALI
La capacità del lupo di superare recinzioni tradizionali è elevatissima. Sono documentati casi di lupi
entrati in pascoli con recinzioni metalliche di 2 m di altezza scavalcandole oppure forzando la parte
bassa, vicina al terreno, dove il predatore tende a infilarsi con il muso. Questo avviene nei punti in
cui questa è rialzata rispetto al piano di campagna, ad esempio per un avvallamento del terreno. In
alcuni casi il lupo scava fino a creare un passaggio quando la recinzione è interrata. Più
frequentemente sfrutta i passaggi aperti da cinghiali o altri selvatici.
Le recinzioni tradizionali, ad esempio con la classica “rete da pecore”
non solo non rappresentano minimamente un ostacolo per il predatore,
ma anzi funzionano da trappole per i domestici, facilitando l’attacco del
lupo e favorendo casi di uccisioni multiple.
127
PERCHÉ A VOLTE IL LUPO UCCIDE
PIÙ ANIMALI DEL DOVUTO?
Il fenomeno delle uccisioni multiple (surplus killing) avviene raramente e in particolari condizioni.
Recinzioni che permettono l’ingresso dei predatori, oltre a risultare inadeguate per la protezione del
bestiame, possono essere fatali. Tale circostanza determina uno stato di panico per il bestiame
e di eccitamento, nel lupo che si trova di fronte ad un elevato numero di possibili e facili prede. Il
lupo, all’interno di queste aree, provoca soprattutto nelle pecore, delle fughe violente che, ostacolate
dalla recinzione, possono concludersi con uccisioni e ferimenti di massa.
SISTEMI DI PROTEZIONE
RECINZIONI: altezza almeno 2m, rete elettrosaldata (con trama inf. a 36 cm2) priva di aperture,
fissata al terreno con picchetti, interrata (20 cm) e piegata a L verso l’esterno.
FILO ELETTRIFICATO: consente una ulteriore difesa, va mantenuto efficiente e controllato
spesso. Lungo i cavi perimetrali, collegati ad un elettrificatore, viene fatta passare una corrente
elettrica ad impulsi, con elevato voltaggio e basso amperaggio.
FLADRY: strisce colorate appese ad un filo metallico teso. Utilizzate appese ad un cavo
elettrificato aumentano l’effetto deterrente della scossa elettrica.
DISSUASORI ACUSTICO-VISIVI: alimentati a batteria o ad energia solare, si attivano
all’avicinarsi del lupo ed emettono luci, suoni o colpi con funzione di spaventarlo.
CANI DA PASTORE ABBRUZZESE/MAREMMANO: se addestrati adeguatamente, stabilendo la
giusta proporzione tra cani e gregge, possono essere un valido aiuto per la protezione
dell’allevamento.
Alcuni orari, quello notturno principalmente, o ambienti, come i margini del bosco e le radure con
cespugli, sono maggiormente esposti all’attacco. E’ pertanto opportuno creare delle aree di riparo,
studiando accuratamente la disposizione delle protezioni in funzione delle caratteristiche del proprio
terreno. E’ preferibile associare due o più sistemi di protezione in modo da scoraggiare
efficacemente gli attacchi.
128
IN CASO DI DECESSO
DI UN ANIMALE DOMESTICO
CON SOSPETTO DI PREDAZIONE
Qualora si trovi uno o più animali morti con segni di predazione è necessario avvisare
tempestivamente il SERVIZIO VETERINARIO S.C. SANITA’ ANIMALE DELLA ASL per gli
adempimenti di competenza, (Regolamento di Polizia Veterinaria necroscopia, anagrafe,
smaltimento carcassa) e LA POLIZIA PROVINCIALE o CORPO FORESTALE DELLO STATO
per quanto di competenza circa la gestione del danno subito. Intervengono anche RICERCATORI
DEL PROGETTO “IL LUPO IN LIGURIA” inviati dalla Regione Liguria per sopralluogo
congiunto.
NON RIMUOVERE
LA CARCASSA DAL LUOGO DEL RITROVAMENTO
PER CONSENTIRE DI RACCOGLIERE TUTTI GLI ELEMENTI
(ORME, PELI, FECI…)
UTILI A STABILIRE L’AUTORE DELLA PREDAZIONE
(lupo, cane, volpe o altro…)
129
NUMERI UTILI
Per eventuali segnalazioni rivolgersi ai seguenti numeri:
✓ Provincia di Genova
•
Polizia Provinciale 010 5499700
•
C.F.S. 010 5484570
•
A.s.l. 3 Genovese 010 8498654
•
A.s.l. 4 Chiavarese 0185 329082
•
Parco Naturale Regionale dell’Antola: 010 944175
•
Parco Naturale Regionale dell’Aveto: 0185 340311
•
Parco Naturale Regionale del Beigua: 010 8590300
✓ Provincia di Savona
•
Polizia Provinciale 019 8313319
•
C.F.S. 019 829897
•
A.s.l. 2 Savonese 019 862303
•
Parco Naturale Regionale del Beigua: 010 8590300
✓ Provincia della Spezia
•
Polizia Provinciale 0187 709301
•
C.F.S. 0187 278747
•
A.s.l. 5 Spezzino 0187 534400
✓ Provincia di Imperia
•
Polizia Provinciale 0183 704201
•
C.F.S. 0183 499968
•
A.s.l. 1 Imperiese 0183 667649
•
Parco Naturale Regionale delle Alpi Liguri: 0184 1928312
130
CONCLUSIONE
Il monitoraggio del lupo, così come quello degli altri grandi carnivori, necessita un disegno di
campionamento che ottimizzi la raccolta dei dati e ne garantisca la rappresentatività rispetto alla
popolazione (inferenziali); questi dati permettono l’indagine di diversi aspetti legati all’ecologia del
carnivoro: la definizione dei territori occupati, le loro caratteristiche ambientali e faunistiche, le
zone di nuova colonizzazione e, di conseguenza, le aree critiche per la conservazione della specie.
Lo schema di monitoraggio utilizzato (Tessellation Stratified Sampling) consiste in un metodo di
campionamento misto stratificato e casuale, che si basa su un sistema di transetti standardizzati, per
la localizzazione dei segni di presenza indiretti del lupo in modo ottimale, poiché copre nella
migliore maniera possibile l’area di studio. Sebbene la dimensione e il numero di celle e di transetti
devono essere calibrati, da una parte, sui movimenti e le aree vitali individuali e dei branchi e,
dall’altra, sulla disponibilità di personale esperto da destinare all’attività di monitoraggio, la
dimensione delle celle scelta (100 km2) può essere considerata un buon compromesso per arrivare
alla completa copertura di un territorio regionale come quello ligure. Infatti, l’area vitale del lupo in
Italia è stimata tra 75 e 300 km2 (Boitani & Ciucci, 1998) e si può considerare che con un percorso
di lunghezza minima di 2 km ogni 100 km2 vi siano elevate probabilità di rilevare segni di presenza
della specie, se presente nell’area. Inoltre, questo schema di campionamento, ripetuto nelle stagioni
e negli anni, permette di individuare le nuove aree di presenza della specie e di verificare le
previsioni dei modelli predittivi. Ovviamente tale validazione non sarebbe possibile con un
campionamento di tipo intensivo-opportunistico incentrato sulle aree dove è massima la probabilità
di rinvenire segni di presenza del lupo.
Il monitoraggio del lupo si basa quindi sulla raccolta di segni di presenza della specie a causa della
sua scarsa contattabilità, dovuta alle abitudini notturne, alla spiccata tendenza ad evitare l’uomo e
alle basse densità di popolazione, sinergia di fattori che rende molto difficile e improbabile
un’osservazione diretta in ambienti boschivi. Il monitoraggio basato sulla raccolta dei segni di
presenza ha tuttavia alcuni limiti: ad esempio, non è possibile mettere in relazione l’uso dell’habitat
con i tipi di attività come avviene negli studi che utilizzano il radio-tracking (Weber & Meia, 1996).
Inoltre, i risultati possono risentire della contattabilità dei segni di presenza nei diversi habitat. Cio
nonostante, il metodo presenta anche numerosi vantaggi: non implica la manipolazione o il disturbo
della specie, permette di indagare aree molto vaste e di localizzare i segni trovati in maniera molto
precisa, infine, se il campionamento è predisposto correttamente, il metodo permette di raccogliere
131
dati rappresentativi di tutta la popolazione indagata e non risente della variabilità individuale come
gli studi di radio-tracking condotti su un campione insufficiente d’individui (Cagnacci et al., 2004).
I dati raccolti durante il campionamento e le analisi effettuate indicano che la presenza del lupo in
Liguria è stabile e non ha carattere transitorio. Le caratteristiche ambientali (ampia disponibilità di
prede, basso disturbo antropico ed estesa copertura forestale) hanno favorito la presenza stabile del
lupo in questi territori. Le analisi spaziali hanno fornito indicazioni sulla composizione della
popolazione della regione per branchi e sulla loro distribuzione. Date le informazioni disponibili per
l’Italia, come sopracitato, il territorio occupato da un branco di lupi può oscillare tra i 75 e i 300
km2, con valori compresi tra i 120 e i 200 km2 nell’Appennino (Boitani & Ciucci, 1998; Gilio et al.,
2004). Questi dati bibliografici e le conoscenze acquisite durante gli anni di monitoraggio del
progetto regionale (Meriggi & Milanesi, 2008; 2009; Meriggi et al., 2012), supportano l’ipotesi
della presenza di diversi branchi sul territorio ligure. La Kernel Analysis condotta ha mostrato per la
prima volta la presenza di un’unico areale (KA95) che va dalla parte orientale a quella occidentale
della regione. Questo risultato è di grande rilevanza ecologica perché dai dati raccolti durante le
precedenti fasi del Progetto si rilevava una netta discontinuità tra 2 sub-areali, principalmente divisi
da un gap che coincideva con la parte centrale della provincia di Savona (Meriggi et al., 2012).
Questo gap si trovava in coincidenza con la porzione di territorio savonese attravarsata
dall’autostrada che porta a Torino. Infatti, l’effetto negativo dell’autostrada Torino-Savona veniva
rilevato anche dai 3 modelli di distribuzione potenziale del lupo. L’areale sembra interessare anche
porzioni di territorio oltre i confini della Liguria, in particolare a ovest in Francia e Piemonte, nella
parte centrale in Piemonte ed Emilia-Romagan e ad est in Toscana. Inoltre, la Kernel Analysis ha
individuato 3 core areas: la prima situata tra la provincia di Imperia e quella di Savona, la seconda
nella zona nord-orientale della provincia di Savona al confine quella di Genova, la terza nell’area
del Parco Regionale dell’Aveto (GE) e in modo marginale nella provincia di La Spezia. Queste aree
corrispondono probabilmente alle aree di maggior frequentazione dei branchi presenti.
Le analisi di campioni biologici freschi hanno consentito di individuare e confermare la presenza di
branchi stabili sul territorio regionale. Il maggior numero di genotipi di lupo è stato identificato in 6
aree, in 5 delle quali sono stati rilevati rapporti di parentela tra gli individui che compongono i
branchi. Nonostante l’areale di distribuzione della specie riguardi l’intero territorio regionale da est
ad ovest la distribuzione dei branchi è risultata discontinua. Tale situazione è probabilmente il
risultato di una diversa disponibilità di prede, della frammentazione degli habitat e della
persecuzione da parte del uomo, ben documentata proprio nell’unica area in cui non si sono
132
riscontrate parentele tra gli individui che compongo un branco, ovvero la val d’Aveto (Caniglia et
al., 2010; Meriggi et al., 2012). Queste considerazioni necessitano di approfondimenti e di
monitorare l’evoluzione dei branchi, in termini di numero e di superficie occupata. Inoltre, la
genotipizzazione dei singoli individui, come finora effettuato, fornirà ulteriori dati per quanto
riguarda la dinamica di popolazione ed il relativo turn-over sul territorio ligure: per queste reagioni,
al termine della prossima fase del Progetto, verranno ricostruite nuovamente i rapporti di parentela
tra gli individui campionati e stimati i relaitivi parametri di popolazione.
Un’importante fonte di informazione è stato il monitoraggio mediante foto-trappolaggio, tecnica
che ben si presta allo studio di specie elusive. Di recente impiego nelle indagini faunistiche, il
campionamento mediante foto-trappolaggio ha fornito un’ingente numero di informazioni. La
quantità di dati raccolti e la loro qualità sono dovute principalmente allo sforzo di campionamento
che da questa fase è stato accuratamente pianificato e standardizzato. Tale metodo ha infatti reso
possibile ottenere, con un elevato grado di attendibilità, informazioni come il numero dei
componenti dei branchi, discriminando anche i singoli individui, oltre che osservare il
comportamento in aree e contesti particolari, come i siti di marcatura o in quelli di predazione e
alimentazione, difficilmente documentabili con altre tecniche di monitoraggio (Caniglia et al.,
2009). Considerando la frequenza di cattura delle diverse specie si deduce quanto basse sia inferiore
la densità di lupi rispetto a quella degli ungulati selvatici. Dai dati ottenuti risulta che il successo di
foto-trappolaggio è strettamente legato alla stagionalità e alle fasce orarie. Si è registrata, infatti,
una minor frequenza di eventi durante i mesi primaverili e invernali rispetto a quelli, autunnali e
una maggior frequenza durante le ore serali e notturne. Questa distribuzione oraria di eventi è in
accordo con gli studi di Petrizzelli et al (2011) che hanno riscontrato il 65% delle riprese nella
fascia notturna, il 30% nella fascia crepuscolare e solo il 5% delle riprese durante il giorno. La
tendenza può essere spiegata dal maggiore disturbo antropico durante il giorno quando la caccia è
aperta (autunno). Considerando lo sforzo di campionamento nelle diverse aree indagate, le
differenze nel successo di foto-trappolaggio e nel numero di individui fotografati rispecchia le
caratteristiche della popolazione presente sul territorio regionale. Allo stesso modo, le differenze nel
successo tra i vari ambienti potrebbero essere dovute alla maggiore presenza del lupo in un
determinato habitat rispetto a un altro, particolarmente elevata nei boschi di latifoglie ad altitudini
intermedie, dove si concentrano le maggiori densità di cinghiali e caprioli, prede elettive del lupo.
È anche stato possibile valutare la consistenza delle popolazioni di lupo presenti nel territorio
interessato dallo studio, oltre che la loro struttura, sebbene la stima abbia avuto un margine d’errore
133
piuttosto ampio, derivante dal numero ridotto di branchi per i quali è stato possibile accertare i
componenti (precisione statistica). Considerando le diverse classi d’età, nelle aree dell’Antola,
dell’Aveto e di Imperia è stata confermata la riproduzione ed in particolare nell’area dell’Antola la
maggior percentuale di individui registrati sono giovani, mentre nelle altre aree i branchi sono
caratterizzati principalmente da individui adulti. In dettaglio nelle sei aree indagate da dicembre
2012 a ottobre 2013 il numero di lupi complessivamente ripresi (non di individui) è risultato pari a
97, 85 con un rapporto sessi nell’Antola risultato di 1:1 come nel Beigua, mentre nell’Aveto non
sono stati riconosciuti maschi e quindi non è stato possibile calcolare il rapporto sessi. Nella zona di
Imperia il rapporto tra i sessi nel lupo è sbilanciato verso le femmine mentre nella provincia di
Savona, sono stati registrati più lupi maschi che femmine e a La Spezia il numero di maschi ha
superato del doppio quello delle femmine. L’elevata eterogeneità nella struttura dei diversi branchi,
oltre che legata a diversa disponibilità di prede e di ambienti idonei potrebbe essere altamente
influenzata dal disturbo antropico che, in alcuni periodi dell’anno e in determinate fasce orarie è
stato significaivamente maggiore. E’ doveroso specificare che nel corso del campionamento, non è
stato possibile registrare il passaggio di animali per un tempo minimo di 15 giorni in tutte le
stazioni. In quanto in 3 stazioni sono state rubate le foto-trappole, mentre in 6 stazioni le batterie si
sono esaurite prima della fine della sessione e in 5 siti si è raggiunta la capacità massima delle
schede di memoria. Infine in 6 stazioni, malgrado la durata del campionamento sia stata rispettata,
non è stato registrato nessun evento. Alla luce di questi eventi, nella prossima fase del Progetto si
intende dare ulteriore attenzione alla scelta dei siti e delle batterie utilizzate per ottimizzare la
raccolta dati.
Le analisi effettuate mediante lo studio dei toponimi hanno permesso di ricostruire la distribuzione
storica del lupo in tutte e 4 le province liguri. Infatti, sebbene l’elevato numero di toponimi relativi
al lupo non risulti omogeneamente distribuito nelle 4 province, la porzione di territorio regionale
occupato dal carnivoro risulta estremamente vasta e continua da est (SP) a ovest (IM). Inoltre, dal
momento che i toponimo attribuibili al lupo sono arrivati fino ai giorni nostri, è possibile ipotizzare
che la presenza della specie si sia protratta fino a un periodo abbastanza recente, tra la fine del 1800
e gli inizi del 1900. Il lupo aveva un areale storico molto simile a quella attuale. La coincidenza
dell’areale attuale con parte di quello storico, indica che, nonostante i cambiamenti ambientali,
alcune porzioni di territorio sono anche ora le più idonee alla presenza del grande carnivoro. Questa
coincidenza tra le località in cui un tempo era presente il predatori e dove lo è tuttora può essere
dovuta a un’evoluzione recente che ha portato a una situazione ambientale più simile a quella
134
storica, limitatamente al territorio montano. Infatti nelle aree Appenniniche e Alpine dell regione si
registra un costante incremento delle superfici boschive e forestali, a sua volta dovuto al abbandono
delle campagne da parte delle popolazioni umane residenti avenuto negli ultimi decenni.
All’aumento di ambienti naturali e semi-naturali si aggiunge anche l’incremento delle comunità di
ungulati selvatici (cinghiale, capriolo, daino, camoscio), principali prede del lupo, che dal 1960-70
ad oggi sono cresciute in termini di numero di specie, di densità delle popolazioni e di superifci
occupate. Infine, dal momento che le popolazioni umane residenti sono fortemente convinte che il
predatore non fosse storicamente presente sul territorio ligure e che quindi non debba esserlo
nemmeno ora, i risultati ottenuti da queste analisi possono fornire informazioni utili a sfatare
credenze che non si basano su fatti reali e ad educare in modo corretto le future generazioni.
Dopo aver effettuato una stima della presenza storica ed attuale della specie abbaimo analizzato
anche la distribuzione futura del lupo. I 3 modelli formulati per la presenza del lupo hanno mostrato
complessivamente una buona efficacia predittiva confermata dai nuovi dati raccolti nell’ultimo
anno di monitorggio. Infatti, l’ambiente appenninico e alpino della Liguria è caratterizzato dalla
presenza di comunità di ungulati selvatici in espansione, grazie ad immissioni per scopi venatori,
reintroduzioni effettuate da vari enti ed alla naturale espansione e ricolonizzazione degli areali
storici e degli habitat idonei cui tendono queste specie. La notevole copertura forestale della regione
e il basso disturbo antropico presente nell’entroterra ligure hanno favorito questa espansione e lo
stanziamento di queste specie. Pertanto la Liguria rappresenta un territorio idoneo per l’espansione
delle popolazioni di lupo. Sebbene le validazioni con i nuovi dati abbiano mostrato una maggiore
efficacia predittiva del modello basato sull’analisi fattoriale della nicchia ecologica, si raccomanda
lo sviluppo di tutti e 3 i modelli predittivi per una conoscenza più dettagliata ed approfondita e per
ridurre errori di classificazione dovuti all’uso di un singolo modello. Inoltre, nel occorre riformulare
periodicamente i modelli con i nuovi dati raccolti per incrementare continuamente l’efficacia nel
predire la distribuzione della specie e verificarne eventuali cambiamenti e cause.
L’analisi dell’ecologia trofica del lupo ha mostrato che gli ungulati selvatici rappresentano la
principale componente della dieta. Il volume medio percentuale minimo è stato registrato in
provincia di La Spezia, circa il 50%, mentre il massimo in quella di Savona, circa l’80%, in misura
minore se paragonati ai valori riscontrati nelle Alpi (Poulle et al., 1997; Gazzola et al., 2005) e in
altre zone degli Appennini (Mattioli et al., 1995).
Tra gli ungulati selvatici il più utilizzato è stato il cinghiale, seguito dal capriolo e dal daino. il
cervo è consumato in modo limitato, così come il camoscio ed il muflone. L’uso delle diverse
135
specie è probabilmente legato alla loro disponibilità: il cinghiale, infatti, è abbondante nell’area di
studio, il capriolo è la seconda specie, mentre il cervo, il daino ed il camoscio sono localizzati solo
in piccole porzioni dell’area di studio. Anche in altri studi, svolti in Appennino, il cinghiale è
risultato l’ungulato selvatico più utilizzato (Meriggi & Lovari, 1996; Capitani et al., 2004); la sua
selezione è strettamente legata alla struttura della comunità degli ungulati selvatici presenti. Infatti,
il lupo seleziona il cinghiale laddove è la specie più abbondante, mentre in ambienti caratterizzati da
comunità più ricche e diversificate tende a sottoutilizzare il cinghiale, privilegiando i cervidi e i
bovidi (Capitani et al., 2004). Il lupo, secondariamente ha utilizzato altre categorie alimentari, in
particolare gli ungulati domestici. L’utilizzo del bestiame, prevalentemente capra, nelle diverse
province, nel corso degli anni e delle stagioni esso è risultato costante. Questa anomalia potrebbe
essere dovuta al fatto che le stagioni invernali sono state caratterizzate da un’abbondante copertura
nevosa, protrattasi per diversi mesi nelle zone montane dell’area di studio; alcuni capi di bestiame
non recuperati, durante l’inverno sono morti. Le carcasse, ben conservate nella neve, sono state
trovate dai lupi, che le hanno consumate. Per il lupo questo è un comportamento molto comune,
soprattutto in presenza di particolari condizioni climatiche e ambientali. E’ bene sottolineare che
l’uso di ungulati domestici è stato maggiore nelle province di La Spezia, seguita da Genova e
Imperia. Diventa quindi molto importante trovare delle valide soluzioni al problema, che costituisce
la principale fonte di contrasto tra uomo e lupo. Il ripristino e la conservazione di comunità ricche e
diversificate di ungulati selvatici riduce fortemente la comparsa degli ungulati domestici nella dieta,
come mostra il vomume medio delle due categorie consuamato nei diversi anni, mentre la presenza
di un’unica specie (anche se abbondante) non riduce l’impatto sul bestiame (Meriggi & Lovari,
1996). Nella dieta del lupo sono entrati in misura marginale anche gli altri mammiferi, categoria in
cui sono stati inclusi lepre e mustelidi. La lepre (e i lagomorfi in generale) sono utilizzati molto
spesso dal lupo, sia nel caso in cui la dieta sia dominata dagli ungulati selvatici, sia in presenza di
un’alimentazione più varia (Meriggi & Lovari, 1996; Ansorge et al., 2006). I Mustelidi
costituiscono una preda meno frequente, tuttavia sono comparsi nella dieta del lupo sia in Nord
America, sia in Europa (Meriggi & Lovari, 1996; Chavez e Gese, 2005).
Tuttavia principali problematiche legate alla presenza del predatore sono legate al suo impatto sulla
zootecnia. La presenza del carnivoro infatti può causare un aumento del conflitto con l’uomo ed i
suoi interessi economici e la relazione tra predazione sul bestiame, variabili ambientali ed il
comportamento dei predatori può rendere difficile individuare i principali fattori che favoriscono
l’attacco alle greggi. In Liguria, i dati relativi al censimento degli allevamenti evidenziano che la
136
provincia con il maggior numero di allevamenti di bovini è quella di Genova seguita da La Spezia,
Savona, ed infine Imperia dove il numero di allevamenti è notevolmente inferiore; una situazione
simile si rileva per gli ovi-caprini, dove la provincia di Genova è seguita da Savona, La Spezia ed
infine Imperia. Gli allevamenti di ovi-caprini risultano maggiori rispetto a quelli bovini in tutte le
provincie e l’orientamento produttivo prevalente degli allevamenti di bovini è stato quello da carne
a Imperia, Savona e La Spezia, mentre a Genova è stata registrata una maggiore diversificazione
degli orientamenti produttivi ovvero misto, per riproduzione, ingrasso e latte. In tutte le province,
gli allevamenti che adottano la linea vacca-vitello sono stati un’esigua minoranza, ad eccezione di
La Spezia; mentre l’orientamento produttivo principale degli allevamenti di ovi-caprini è stato
quello misto, ad eccezione di Imperia, gli altri tipi (carne, lana, latte, autoconsumo) sono risultati
scarsamente rappresentati e approssimativamente equivalenti nelle quattro province. Per quanto
riguarda le modalità di conduzione, la maggior parte degli allevamenti di ovi-caprini sono risultati
allo stato brado con conseguenze sul rischio di predazione. I dati forniti dalle ASL delle quattro
province in merito ai casi di predazione, avvenuti dal 2002 al 2010, interessano tre principali aree
del territorio regionale, ovvero quella del Parco Regionale dell’Antola, quella del Parco Regionale
dell’Aveto e quella coincidente con la provincia di Imperia, mentre dal 2011 si sono registrati casi
anche nella provincia di La Spezia e, nel 2012, nel Parco Regionale del Beigua. Nelle prime 3 zone
l’andamento degli eventi di predazione è stato significativamente differente con tendenze alla
diminuzione nell’ultimo anno (2012) per la zona dell’Aveto e di Imperia mentre per la zona
dell’Antola si segnala un netto calo dal 2010. Analogamente, andamenti simili sono stati registrati
per il numero di capi predati. Le predazioni sono state soprattutto a carico di vitelli nella zona del
Parco dell’Antola, mentre, nella zona del Parco dell’Aveto e nella provincia di Imperia, il fenomeno
ha interessato principalmente pecore e capre, con differenze significative negli eventi di predazione
e nel numero di capi predati. L’Analisi Multifattoriale della Varianza ha messo in evidenza alcune
differenze significative tra gli anni, le specie predate, l’interazione tra le zone e
gli anni.
Considerando l’andamento mensile delle predazioni, è emerso che tutti i mesi dell’anno sono stati
interessati da eventi nella zona dell’Antola, dell’Aveto e del Beigua, mentre in quella di Imperia le
predazioni hanno interessato il periodo tra maggio e aprile mentre per la provincia di La Spezia i
pochi casi si sono concentrati nei mesi di ottobre e novembre.
Esaminando l’andamento mensile degli eventi e dei capi predati per specie, è risultato evidente
come le predazioni sui vitelli siano avvenute in anticipo nella stagione di pascolo rispetto a quelle
sulle pecore, mentre per le capre si può notare come ci siano eventi e capi predati durante tutto
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l’anno, con un picco in settembre. L’analisi di regressione con stima di curve, condotta per eventi di
predazione e capi predati, ha evidenziato una tendenza prossima ad un valore costante, oltre al quale
il numero di attacchi e animali predati non dovrebbe più aumentare. Considerando i rimborsi erogati
dalle province liguri per danni da predazione al bestiame, l’analisi di regressione con stima di curve
ha mostrato una marcata tendenza alla diminuzione dei rimborsi complessivi erogati negli anni.
L’uso dell’habitat dipende quindi in larga parte dal tipo di preda o risorsa alimentare di cui si nutre
in prevalenza; se si fa eccezione per i siti di riproduzione e di ritrovo, il lupo frequenta gli stessi
ambienti frequentati dalle sue prede. La selezione verso una determinata preda è influenzata da
diversi fattori, tra i quali la sovrapposizione dell’habitat della preda e del predatore, il grado di
accessibilità della preda, il rischio del predatore di essere ferito, il tasso d’incontro e la probabilità
di successo. In generale la selezione dovrebbe indirizzarsi verso quelle specie che vivono in gruppi
ed in spazi relativamente aperti rispetto alle specie solitarie e che vivono in luoghi chiusi.
Come per i modelli predittivi della presenza del lupo, anche i 3 migliori modelli predittivi del
rischio di predazione (formulati con i set di variabili non correlate ed il rispettivo calcolo dell’AICc
del wi) sono stati verificati e validati con i nuovi casi di predazione avvenuti nel corso dell’ultimo
anno di campionamento. Anche in questo caso l’efficacia predittiva dei modelli del rischio di
predazione è stata elevata ed in particolare il secondo modello è risultato quello che ha meglio
predetto i casi di predazione avvenuti tra giugno 2012 e giugno 2013.
Per cercare di ridurre ulteriormente i casi di predazione al bestiame e il conflitto tra lupo e attività
umane, anche nel secondo anno di sperimentazione sono stati forniti gratuitamente strumenti
preventivi anti-predatori agli allevatori e pastori che hanno aderito all’iniziativa.
L’efficacia di tali strumenti è stata verificata sulle iniziali 11 strutture predisposte ed i risultati
ottenuti sono stati molto positivi. Infatti, non solo i casi di predazioni sono notevolmente ridotti
dopo la messa in posa delle strutture ma si sono azzerati nel 73% dei casi. Inoltre, questa
percentuale sarebbe stata maggiore se in 2 dei 3 pascoli predati fossero stati montati regolarmente
gli strumenti e se si fosse verificato il passaggio di corrente nei fili elettrici che costituivano il
recinto. Per queste ragioni, la sperimentazione di strumenti preventivi anti-predatori, che proseguirà
nel prossimo anno nell’ambito del Progetto, è un primo passo verso la riduzione del conflitto lupozootecnia, che permetterà ulteriormente di verificare l’efficacia dei diversi metodi adottati nelle
diverse situazioni.
Un valore aggiunto alla sperimentazione dei metodi anti-predatori è dato dal miglioramento del
rapporto tra gli allevatori e le amministrazioni competenti. Infatti, pastori e allevatori non
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considerano più le amministrazioni (regionali e provinciali) enti che esercitano un controllo per
proteggere solo il lupo ma, visti i benefici ottenuti, cominciano, seppur faticosamente, a considerare
possibile la convivenza pacifica con il predatore, non più visto come un avversario da eliminare, ma
come un elemento dell’ambiente.
Si ribadisce ulteriormente che la standardizzazione del sistema “denuncia – controllo – rimborso”
da parte delle province e degli organismi competenti (A.S.L., Polizia Provinciale, Corpo Forestale
dello Stato, ecc.), in termini di velocità ed efficienza, è in grado di evitare il protrarsi di ostilità con
gli allevatori, evitando così fenomeni di persecuzione nei confronti della specie. Quindi è necessario
che ogni caso di possibile predazione sia tempestivamente denunciato e controllato da esperti che
siano in grado, dalle modalità di attacco, uccisione e consumazione delle prede, di attribuire la
predazione. Perché questo avvenga è opportuno che i servizi veterinari ai quali solitamente si
rivolge l’allevatore, siano sensibilizzati in modo che inoltrino la segnalazione del danno
all’amministrazione competente e si possa organizzare un sopralluogo congiunto da parte di
veterinario, personale di vigilanza dell’amministrazione provinciale territorialmente competente e
un ricercatore del Progetto “Il Lupo in Liguria” esperto in materia.
Per favorire la tempestività e la verifica da parte delle diverse figure competenti sopracitate, è stato
sviluppato un opuscolo divulgativo atto a coinvolgere, informare e “formare” pastori ed allevatori
sulle iniziative attivate per prevenire i danni da lupo e sul come comportarsi in caso di predazione al
bestiame. Tale opuscolo rappresenta una brevissima sintesi degli strumenti anti-predatore che
possonono essere utilizzati a seconda delle esigenze e del contesto in cui il bestiame pascola. Infatti,
non vi è una soluzione unica che si adatta a tutte le situazioni e pertanto è importante che sia
verificata dal personale addetto la messa in posa delle strutture preventive. Pertanto l’opuscolo è
anche un mezzo per migliorare i rapporti con gli allevatori presenti sul territorio regionale,
spiegandogli e rendendoli partecipi nelle diverse fasi della sperimentazione.
Per tali ragioni nella prossima fase del progetto si intende proseguire con la sperimentazione e la
comunicazione delle iniziative, favorendo ulteriormente lo scambio di informazioni in merito alle
diverse problematiche affrontate, ricordando che lo scopo del progetto è quello di favorire la
coesistenza tra il grande carnivoro e le attività antropiche, obiettivo raggiungibile solo con la
collaborazione di tutti gli Enti interessati dalla presenza del predatore e da una corretta
informazione rivolta alle popolazioni umane residenti, agli allevatori e ai pastori.
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Ringraziamenti
Per la preziosa collaborazione ed il supporto in tutte le fasi dello studio si ringraziano :
Dott. Giovanni Diviacco (Regione Liguria) ;
Dott. Piero Ferrari (Regione Liguria) ;
L’Ente Parco Regionale dell’Antola ;
I parchi regionali delle Alpi Liguri, dell’Aveto e del Beigua ;
Gli uffici A.S.L. Regionali, di Genova, di Chiavari, di La Spezia, di Savona e di Imperia ;
l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta (sede di Imperia) ;
I Corpi Forestali dello Stato e le Polizie Provinciali presenti sul territorio ligure ;
Le Amministrazioni Provinciali di Genova, Imperia, La Spezia e Savona ;
Il Museo Civico di Storia Naturale “Giacomo Doria” di Genova ;
Dott. Roberto Sobrero ;
Tutti i volontari e gli studenti che hanno partecipato alla raccolta dei dati.
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STATUS ED ECOLOGIA DEL LUPO IN LIGURIA DALLA