PREFAZIONE Il presente documento costituisce una nuova, importante tappa nel percorso di definizione e di consolidamento qualitativo del servizio di affido educativo per minori del Comune di Sarzana. Il titolo stesso, con il rimando simpaticamente megalomane a Michelangelo Antonioni e a più celebrate professioni, non riesce a celare la legittima soddisfazione per i risultati di un lavoro che è cominciato cinque anni fa e che oggi vede l’impegno congiunto delle assistenti sociali del Comune, dei tecnici della cooperativa che ha in gestione il servizio e del gruppo degli educatori. Nel 1996 l’assistenza ai minori in condizioni di disagio (familiare, socio-economico, fisico, ecc.) non era particolarmente sviluppata: pochi interventi attivati (una dozzina di affidi educativi attivati quell’anno) ed esperienze pionieristiche di reclutamento e formazione sul campo dei primi educatori. La scelta compiuta allora fu quella di valorizzare il servizio, nell’ambito del più complessivo potenziamento ed allargamento delle politiche sociali comunali, facendone lo strumento prioritario di intervento sul disagio 1 2 minorile e sulle famiglie a rischio: si esaltavano in particolare le sue potenzialità di prevenzione riguardo a problemi più gravi del minore e la sua capacità di penetrazione ‘discreta’, non troppo invasiva, del nucleo familiare da seguire. Come non era difficile prevedere, il servizio è letteralmente esploso negli anni successivi (20 affidi nel 1998, ben 37 nel corrente anno 2001); ciò in forza della domanda effettiva di interventi, cioè di un riscontro reale dei bisogni sociali cui esso cerca di rispondere, ed anche dell’evidenza dei risultati concreti che esso riesce a conseguire (inserimento sociale, apprendimento scolastico, stabilità del nucleo familiare, ecc.). Parallelamente si è consolidato un gruppo di educatori che, per quanto articolato ed eterogeneo, è cresciuto, anche in maniera un po’ autodidatta, in termini di professionalità e competenza specifica nell’assistenza ai minori. Da un anno e mezzo si sta verificando l’ulteriore salto di qualità, determinato dalla stessa crescita esponenziale del servizio: l’investimento di nuove risorse per realizzare il passaggio ad una più strutturata organizzazione del lavoro, attraverso il coinvolgimento di un soggetto del privato sociale esperto per questo specifico settore, in grado di arruolare gli educatori cresciuti sul campo (valorizzando, quindi, l’esperienza condotta dalle nostre assistenti sociali) e di proporre loro tutti gli strumenti e le occasioni di crescita professionale al fine di realizzare l’innalzamento qualitativo del servizio comunale. Ecco allora la proposta di un ausilio metodologico e deontologico al lavoro degli educatori, che oggi presentiamo: attenti alla professionalità ed al rigore comportamentale, tanto importanti quanto più è delicato il loro campo di intervento, guardiamo ancora una volta alla finalità prioritaria di soddisfare, nel miglior modo possibile, i bisogni che ci esprimono le fasce più deboli della nostra comunità. Assessore Servizi Sociali Comune di Sarzana Dott. Luca Piccioli 3 4 sempre nuovi significati in funzione dei vari ambienti in cui si dovrà operare e la qualità dell’intervento aumenterà in funzione della consapevolezza della funzione di tali contesti” . Di questo si è parlato nel progetto per la gestione del servizio. Il lavoro descritto in questo opuscolo è la prima tappa di un percorso che giunge a definire la professionalità richiesta ad un educatore. Il lavoro della Dott.ssa Puntelli insieme alle AA.SS. Stefania Calabrese e Antonella Carchini, in questi primi mesi di gestione del servizio, ha rappresentato il tentativo di consolidare le professionalità degli educatori. Il percorso formativo descritto nel progetto prevedeva il coinvolgimento di tre aree del: sapere, saper fare e saper essere. Data la peculiarità del rapporto di aiuto assume notevole importanza il saper essere. Il codice deontologico rappresenta il primo e indispensabile passo nella definizione del saper essere dell’educatore. La volontà di Coopselios è di continuare a promuovere momenti formativi e di supervisione atti ad aiutare l’educatore a migliorare la qualità del suo intervento e ad assicurare il mantenimento del suo livello di adeguatezza nel futuro. PRESENTAZIONE L’esperienza di Coopselios nella gestione del Servizio di sostegno socio-educativo per minori del Comune di Sarzana vede la sua partenza il 1 Aprile del 2001. Il lavoro ricco e stimolante maturato negli anni precedenti ci ha da subito spinto a continuare e se possibile migliorare la qualità dell’intervento non solo nei confronti degli utenti di tale servizio ma anche nei confronti degli agenti di tali interventi: gli educatori. L’aiuto dato ai minori provenienti da famiglie multiproblematiche, è un aiuto complesso, complessa è la condizione di vita del preadolescente e complesse sono le sue relazioni con gli altri da sé. Questa premessa ci serve per presentare il macro contesto all’interno del quale si deve muovere il nostro operatore. “Egli dovrà essere attento a leggere nei micro contesti relazionali con la persona in difficoltà le opportunità che la rete sociale gli consente per attivare la relazione di aiuto. Così essa assumerà Referente tecnico del progetto Coopselios Dott.ssa Moira Puntelli 5 6 STORIA E RIFLESSONI Il presente Codice Deontologico nasce da una condivisione comune, di regole e norme comportamentali, frutto della riflessione degli incontri di gruppo, (supervisione), dei colloqui individuali con gli educatori, e delle riunioni con le assistenti sociali del servizio, potremo quindi dire frutto di un lavoro di équipe. La condivisione, nasce dal confronto e dallo scontro, di idee, di proposte, e di stili educativi utilizzati. La ricerca di un terreno comune su cui incontrarsi, si sviluppa lungo un tortuoso ed ombreggiato quanto stimolante sentiero, con tratti in cui è possibile vedere uno splendido panorama, tratti in cui è necessario procedere a tentoni lentamente, e tratti in cui il sentiero si dirama, in tante possibilità diverse, per poi ritornare unico. La supervisione, (filo conduttore e promotore della ricerca di una condivisione degli aspetti professionalizzanti la figura di educatore), inizialmente accentua le differenze e divergenze, fa 7 8 emergere difficoltà di relazione di équipe, “scopre” antichi scheletri, esplicita “i non detti”, e tutto ciò fa fondere e confondere aspetti professionali e personali, caratteri e saperi, umanità e professionalità, solleva ed irrita, annoia ed incuriosisce. Dicotomie, legate non solo a questi educatori, od a questa équipe di lavoro rinnovata e pluridisciplinare, ma conseguenti, anche, ad alcune contraddizioni culturali che hanno accompagnato l’evoluzione della figura dell’educatore. Per maggior chiarezza cito testualmente alcune considerazioni tratte dal “Manifesto sugli Educatori”, documento elaborato dalla Fondazione E. Zacan, che visualizza alcune fonti di contraddizione e confusione, simili, a quelle da noi incontrate, anche a livello nazionale: (cito testualmente, in corsivo) - l’appiattimento che vede l’educatore esclusivamente impegnato in un’ottica di tipo rieducativo-riparativo; - la moltiplicazione dei soggetti operanti nei servizi educativi, che non si sa se corrispondano a profili professionali diversi, o allo stesso profilo denominato in modo diverso; - la moltiplicazione delle iniziative in cui vanno a collocarsi gli educatori. Conseguenza di tutto ciò, è che l’educatore professionale rischia di essere percepito e percepirsi come più “cose” insieme (funzioni, ruoli, compiti di lavoro ecc.), e nel frattempo, di vedere compromessa la propria identità.” Se la confusione è generalizzata, è dunque irrisolvibile? Credo proprio che il nostro lavoro, (che si sta svolgendo da Aprile 2001) per quanto faticoso, ed ispido, stia dando dei buoni frutti, forse non ancora del tutto maturi, ma sicuramente promettenti percorsi più chiari, e definiti. - l ’ es tr ema d i ff er en zi a zi on e d el l e rappresentazioni (modi di raffigurarsi il ruolo e le attese sociali), che sono andate costruendosi sull’educatore, sia da parte degli educatori stessi ( al punto da non riuscire spesso ad esprimere compiutamente in modo condiviso un pensiero, consapevole, su se stessi) sia da parte delle altre professioni sociali; - l’attribuzione di una connotazione filantropico assistenziale al lavoro educativo; La supervisione si è strutturata su tre livelli diversi ( i sentieri che poi convergono) e precisamente: - incontri in piccoli gruppi per rafforzare e chiarificare identità e ruolo dell’educatore, anche attraverso l’utilizzo di dinamiche di gruppo (a volte oscillanti tra i poli fiducia/ sfiducia, personale/professionale), presa di contatto con la frustrazione e superamento 9 10 della stessa (polo onnipotenza/impotenza), delimitazione di confini e limiti dell’educatore (polo familiarità/estraneità, emotività/razionalità) etc; - incontri individuali, per elaborazione e discussione di strumenti, tecniche e programmazione, delle singole situazioni lavorative; - incontri di équipe pluridisciplinare, per la elaborazione di obbiettivi, strumenti e metodologia comune, necessaria allo sviluppo di un progetto educativo integrato e verificabile. La complessità costituisce la trama della tela sociale in cui l’educatore si inserisce. Per semplificazione e chiarezza ho riportato alcuni parametri di riferimento della figura professionale dell’educatore. domiciliare, centri sociali, comunità alloggio..) - ambito protezione giuridica: minori ed adulti sottoposti a procedimento penale; - ambito formativo: allievi di scuole di formazione, università, agenzie formative (nel nostro caso non ancora presente, ma possibile attivarlo con incontri di autoformazione) 2) Cosa fa l’educatore In tutte queste situazioni la figura di educatore, che ha cominciato ad evolversi a partire dalla fine degli anni sessanta (spesso si trattava di personale religioso o volontario, da cui si può ricavare quell’attribuzione più filantropica e missionalistica, che professionale e lavorativa), si è progressivamente collocata, sviluppando interventi complementari, e con un proprio contributo specifico, differente ma non antagonista, al contributo di altre figure, quali assistente sociale, medico, psicologo. Il prezioso contributo dell’educatore (riconosciuto anche dal Manifesto sugli educatori) si rivolge ai processi di crescita, al reinserimento sociale, alla prevenzione, all’apprendimento e pone una costante attenzione : 1) Gli ambiti di intervento individuati sono quattro : - ambito socio-sanitario: portatori di handicap, alcolisti, tossicodipendenti.. (interventi in centri educativo-occupazionali, inserimenti lavorativi, servizi territoriali per l’handicap, sert, comunità alloggio.. ); - ambito sociale: popolazione minorile, giovanile, adulta, anziana (centri di a ggr eg az i o n e , s os t e gn o edu ca ti v o 11 12 - alla persona, alla valorizzazione delle risorse ed al recupero delle potenzialità; - allo sviluppo di relazioni familiari, sociali, comunitarie, positive; - al dare senso e significato all’esperienza; - alla mediazione con la realtà di riferimento - alla dimensione informale della vita delle persone e dei gruppi sociali 3) Il profilo professionale, (ed i relativi requisiti) individuato dal DM della Sanità n° 502/98 “Regolamento recante norme per l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’educatore professionale, ai sensi dell’art.6, comma 3 del dlvo 30/12/92 n° 502”, definisce l’educatore professionale: un operatore che, con conoscenze e specificità sue proprie, interviene nei confronti di persone di diverse età, già in situazione di disagio o esposte a rischio di emarginazione sociale, per situazione di handicap psico-fisico, di emergenza familiare, di difficoltà relazionale, carenze ambientali, problemi di devianza. ed ancora dal testo relativo alla formazione si cita il raggiungimento di alcune capacità, che l’educatore professionale deve acquisire, 13 14 ne riporto alcune significative: - capacità di analisi dei bisogni degli individui nella loro complessità; - capacità di elaborare un progetto educativo e di attuarlo utilizzando strumenti e tecniche diverse; - capacità di relazione intesa come consapevolezza di vivere, attraverso il proprio coinvolgimento, i rapporti interpersonali e di gruppo; - capacità di controllo delle interferenze emotive finalizzato all’operatività professionale; - capacità di lavoro di gruppo, anche a livello interprofessionale.... - capacità di cooperare con le famiglie degli utenti per favorire la compartecipazione del progetto educativo; - capacità di maturazione progressiva della deontologia professionale, di ridefinizione continua della professionalità e di ricerca di strumenti di formazione. 4) Le modalità operative Inoltre afferma che l’educatore svolge interventi educativi attraverso modalità che prevedono: (cito o p e r a ti v e testualmente) - la presa in carico diretta della persona, attraverso un rapporto continuativo e per periodi prolungati; - l’intenzionalità educativa di ogni azione operativa; - la gestione della quotidianità emergente del rapporto educativo; REGOLE PER GLI INCONTRI DI GRUPPO Le regole vengono presentate ai quattro gruppi, ciascuno composto da cinque educatori, al I° incontro di ciascun gruppo e sono le seguenti: Bene, mi sembra che il nostro lavoro in questi, pochi mesi, stia dando voce e rispondendo alle linee programmatiche e formative, che ho voluto, prima di presentare il primo elaborato scaturito da tutto il gruppo di lavoro, sintetizzare ed organizzare, in modo da mostrarne anche la legittimità, non solo a livello locale, ma pure a livello nazionale, cosa questa che non può che renderci orgogliosi. Ringrazio tutti gli educatori e le assistenti sociali, per la collaborazione e la voglia di “fare” e di “migliorare” che hanno mostrato; desidero pertanto ricordare che ogni trasformazione e cambiamento mantiene in sé e ricorda la sapienza di quel che è stato, si alimenta del passato per migliorare il futuro. 1) arrivare puntuali; 2) avvisare del ritardo, avvisare e motivare l’assenza ; 3) nomina di un capogruppo al quale si segnala il ritardo o l’assenza; 4) rispettare lo spazio/cerchio; 5) parlare uno alla volta, e dare ascolto a chi parla; 6) rispettare il “segreto professionale”, sia sui colleghi che sugli utenti presentati; 7) sospendere il più possibile il giudizio sull’elaborato altrui; 8) esplicitare il dissenso ed il conflitto, durante gli incontri di supervisione di gruppo, e non altrove; 9) utilizzare lo spazio per motivazioni a carattere professionale, o relative al “non cesseremo di esplorare e alla fine dell’esplorazione saremo al punto di partenza. Scopriremo il luogo per la prima volta” (F.S. Elliot). 15 16 cor r etto s v olgi mento dell’ atti v i tà professionale; 10) stendere il verbale dell’incontro, a turno; 11) lettura del verbale dell’incontro precedente, ed approvazione. Il codice deontologico e metodologico serve a dare una struttura “mentale”, della dimensione lavorativa. Gli educatori pur lavorando in ambienti più o meno familiari ed informali (casa, scuola, spazi aperti..), devono agire attraverso la conoscenza teorica e strutturata di una formazione professionale, ed una preparazione tecnicostrumentale adeguata, nell’ottica di svolgere un lavoro sociale, con molti aspetti affettiviemotivi, coinvolgenti, ma non una missione spirituale e umanitaria. L’educatore finalizza le sue attitudini e competenze ad un’opera professionale e non filantropica. Inoltre il codice deontologico serve: • a rafforzare l’identità interna, a riconoscersi cioè con un “noi” • a rafforzare l’identità ed il ruolo rispetto all’utenza • a rafforzare l’identità ed il ruolo rispetto ai servizi esterni (ad esempio la scuola) • a costruire una collaborazione tra pari, e multidisciplinare. Il codice deontologico è il primo passo per costruire una identità professionale ed una metodologia di lavoro riconosciuta, e riconoscibile. Una breve disgressione sul buon senso: i limiti ed i comportamenti derivanti dal buon In questi incontri di supervisione si decide, che all’interno del gruppo ci si dia del tu, sia tra colleghi, che con il conduttore, onde rendere più agevole la comunicazione, e strutturare meglio un senso del “noi”, necessario alla costruzione di un lavoro di équipe. Alcune domande Nel corso della stesura e discussione del codice deontologico e metodologico, sono sorte alcune domande fondamentali che hanno dato luogo ad importanti riflessioni:. Ne riporto le più salienti: A cosa serve scrivere un codice deontologico, metodologico? Non è sufficiente avere e comportarsi con buon senso? 17 18 senso subiscono variazioni, a volte, consistenti, dovute a fattori culturali (il buon senso di un italiano, non è quello di uno svedese, o di un senegalese), dagli stili educativi socio-familiari, dalla pratica e grado di religiosità di ciascuno, dalle idee politiche, dai miti familiari e sociali di ciascuno, dal temperamento personale, etc... , quindi è necessario definire quali sono i parametri di azione in cui agire con buon senso. un’ottimo spunto di riflessione sia per l’educatore che per il servizio stesso. Le regole, infine, definiscono un profilo professionale, e ci danno la possibilità di avere parametri di confronto e valutazione. A cosa serve avere delle regole, se non sono previste sanzioni a queste regole? Le sanzioni ci sono e ci sono sempre state, la differenza è che forse non era chiaro un percorso di causa-effetto. Le sanzioni riguardano le difficoltà non risolte rispetto al lavoro, la sensazione di confusione, l’invischiamento con le famiglie, i sensi di colpa, i conflitti con i colleghi, i conflitti con le famiglie, le sospensioni fulminee ed ingiustificate dal caso seguito, un maggior rischio di burn out. Cosa succede se un educatore infrange le regole del codice? Le regole vanno date per definire ambiti, confini, limiti, e relazioni, tutelando in tal modo sia l’educatore, sia il servizio, che l’utente. Le regole sono uno strumento di lavoro, in parte in continua evoluzione, e certamente non vanno assunte rigidamente. Ciò che è importante se si infrange una regola è rendersene conto e riflettere su ciò che è accaduto, in tal modo la regola può essere utilizzata come strumento conoscitivo del proprio modo di relazionarsi, e dell’utente stesso, nella sua complessità. Inoltre, se si presenta un’infrazione costante ad una stessa regola, può essere Perché bisogna scrivere una relazione sugli incontri di gruppo? Il verbale è uno strumento conoscitivo importante, perché rappresenta la memoria storica del gruppo, e come tale ci permette di ricostruire percorsi, cambiamenti e fasi di stallo, sia del gruppo che dei singoli. 19 20 rivolgersi con un tu all’utente, in particolare se l’utente è in età infantile od adolescente. Con i familiari dell’utente, è corretto iniziare una relazione professionale e di lavoro, utilizzando il “lei”, per poi passare eventualmente, dopo che si ha la sicurezza della stabilità dei confini e della relazione, al tu. Ricordare che il “tu” si conquista (da parte della famiglia verso l’educatore e viceversa). CODICE DEONTOLOGICO E METODOLOGICO Art. 1: abbigliamento deve essere decoroso, ordinato e pulito, sportivo od elegante a seconda dei casi, dell’età dell’utente, del livello sociale della famiglia, ma soprattutto in relazione al messaggio educativo che si vuole trasmettere attraverso una delle modalità del linguaggio “non verbale”. Bisogna ricordare che anche attraverso l’abbigliamento, si comunicano messaggi importanti. Gli educatori che hanno in affido bambini/e piccoli, sono consigliati a tenere un abbigliamento pratico, che consenta la partecipazione ad eventuali giochi, inoltre si consigliano unghie corte per facilitare il contatto fisico, per non rischiare di graffiare o far male all’utente. Art. 3: doni e regali è possibile che le famiglie degli utenti facciano regali all’educatore. I regali possono essere accettati nei periodi di festività, Natale, Pasqua etc., negli altri casi è bene rifiutare per mantenere il giusto distacco dalle famiglie. Inoltre è necessario fare attenzione anche all’entità e valore economico del regalo, che deve essere adeguato ad un riconoscimento (affettivo, professionale..) simbolico, è bene rifiutare ad esempio regali in denaro, o particolarmente costosi, o di dubbia provenienza, o particolarmente intimi. Nei casi in cui l’utente faccia parte di un sistema familiare, la cui cultura, vede il regalo come un simbolo molto importante per la relazione (ad esempio culture contadine in cui è importante offrire uova, o frutta del proprio orto, od ancora alcune realtà come i Sinti od i ROM..) l’educatore valuterà di volta in volta l’adeguatezza del regalo ricevuto, anche nei periodi di non festività, tenendone sempre conto l’identità, la provenienza, la frequenza. A parità è bene che l’educatore si attenga a fare doni all’utente e/o alla famiglia, adeguati all’occasione (Natale, compleanno..), tenendo conto dei criteri sopra elencati. L’educatore non è obbligato a fare doni all’utente in caso di festività, ed è consigliato a non eccedere nella frequenza, od ad estendere regali ai familiari. E’ vietato fare doni in soldi, od eccessivamente costosi, agli utenti, od ai loro familiari. Art. 2: linguaggio il linguaggio è la via preferenziale della relazione adulta. E’ consigliato un linguaggio chiaro, semplice, corretto, per farsi capire dalle famiglie con livelli socio-culturali differenti. E’ bene adeguare il più possibile il proprio linguaggio al contesto familiare (ad esempio utilizzare espressione dialettali se può facilitare la comunicazione..), mantenendo però una modalità comunicativa e metacomunicativa corretta e rispettosa. L’uso delle parolacce è da evitare (anche in contesti in cui se ne fa un uso abituale), a meno che non sia a scopo educativo, o abbia una particolare funzione in quel momento; in questo caso l’educatore deve esserne consapevole. L’uso del “lei” o del “tu” definisce la distanza ed il rapporto tra famiglia ed educatore. E’ consigliato 21 22 all’utente. Inoltre l’educatore si deve astenere dal fare domande troppo invasive, o finalizzate ad avere nozioni che non sono necessarie al corretto svolgimento del progetto educativo. Parimenti deve evitare di raccontare aneddoti personali, o di rispondere a domande riguardanti la sfera privata dell’educatore (legami familiari, relazioni personali..), senza che ciò abbia una finalità educativa. Art. 4: prestiti in denaro è vietato dare o ricevere soldi, o prestiti in denaro, agli utente od ai loro familiari. Art. 5: inviti a pranzo, cena.. nei primi mesi del rapporto lavorativo, si devono rifiutare inviti a pranzo, cena, gite..., che vanno oltre l’orario del progetto educativo. Anche qualora la relazione con l’utente sia continuativa nel tempo, è bene rifiutare inviti a pranzo od a cena, soprattutto se sono frequenti e sistematici. La valutazione occasionale dell’invito, e la motivazione ad accettare o meno, purché sia una occasione particolare, è a discrezione dell’educatore, che ne valuterà l’importanza educativa e relazionale. Comunque l’educatore deve evitare di coinvolgere i propri familiari, in inviti a cena con la famiglia dell’utente, ed evitare che tali occasioni ostacolino il corretto rapporto di lavoro. Art. 9: rapporti con familiari e privati all’educatore non possono essere affidati casi nei quali l’utente sia un familiare o un parente; inoltre è sconsigliato che l’educatore segua privatamente lo stesso caso; ciò creerebbe una confusione di ruoli e confini, a scapito della professionalità e serietà di cui si fa garante il Servizio Sociale e la Cooperativa. Art. 10: inizio rapporto di lavoro l’educatore all’inizio del rapporto lavorativo deve essere presentato alla famiglia, dalla assistente sociale. L’educatore, la famiglia e l’assistente sociale di riferimento, firmano un accordo scritto relativo all’intervento socio-educativo (documento di cui si allega bozza). Tenendo conto delle caratteristiche e difficoltà della famiglia, verrà anche presentato il progetto educativo. Art. 6: rispetto degli orari l’educatore cui è affidato il minore è tenuto ad avvisare la famiglia nel caso sia in ritardo, quindi sia quando va a prendere l’utente, che quando lo riaccompagna a casa. Art. 7: rispetto dei giorni l’educatore deve rispettare i giorni e gli orari, concordati nel progetto educativo, con la famiglia e l’assistente sociale. Ogni variazione deve essere comunicata, con anticipo di almeno un giorno, alla famiglia, e poi al servizio. Art. 11: fine rapporto di lavoro alla risoluzione del rapporto di lavoro, qualunque sia il motivo, è bene comunicare, al servizio alla famiglia, (o all’educatore se quest’ultimo viene sospeso dal servizio) correttamente e con anticipo (se possibile), la fine del rapporto di lavoro. In ogni caso l’educatore dedica un incontro con la famiglia e l’utente, per salutare e terminare il rapporto di lavoro (nei casi di difficoltà questo incontro finale avverrà alla presenza di un supervisore). Art. 8: ascoltare, chiedere, raccontare l’educatore deve, cortesemente, porre dei limiti alle “confidenze” dei familiari dell’utente, per evitare che queste diventino troppo personali, o che invadano il tempo e lo spazio che l’educatore deve riservare 23 24 Art. 17: compiti professionali l’educatore ha il compito di compilare ed aggiornare le schede valutative proposte dalla Cooperativa, ha il dovere di partecipare alla supervisione, di gruppo ed individuale, ed a il dovere di tenere periodicamente aggiornato il servizio sull’andamento del progetto educativo. Art 12: sostituzioni in caso di sostituzioni temporanea o definitiva, l’educatore deve garantire una corretta informazione sul caso, ed sereno passaggio di consegne, con il collega. Per ciascun utente, si prevede e si presenta sin dall’inizio del rapporto, l’educatore “supplente”, onde evitare il vissuto o la fantasia di “insostituibilità”. Art. 18: difficoltà relazionali con l’utente qualora si presentassero difficoltà relazionali con l’utente, o familiari dello stesso, l’educatore deve affrontarle in supervisione, per cercare di risolverle. Qualora ciò non sia possibile, e le difficoltà aumentino, l’educatore si deve astenere dall’aver comportamenti scorretti nei confronti dei familiari/e od utente, evitando di rispondere a provocazioni verbali, e mantenendo il giusto distacco professionale. Art.13: variazioni al progetto tutte le variazioni che riguardano il progetto di lavoro concordato e stabilito devono essere comunicate all’assistente sociale di riferimento. Art. 14: richiesta di ferie o sostituzioni la richiesta di ferie e sostituzioni vanno concordate con l’équipe di lavoro. Art. 19: rapporti con colleghi l’educatore non deve parlare male, o criticare il lavoro, dei colleghi in presenza di utenti; è consigliabile che ciò non avvenga anche in altri ambiti lavorativi e non. Art. 15: pianificazione degli interventi la scelta di affidare un nuovo caso ad un educatore viene fatta rispettando i seguenti criteri: analisi dei bisogni dell’utente analisi delle caratteristiche professionali di ciascun educatore, meglio rispondenti ai bisogni dell’utente distribuzione oraria degli educatori (a parità di risposta, avrà via preferenziale l’educatore con il minor numero di ore lavorative presso la cooperativa Coopselios). Art. 20: segreto professionale l’educatore rispetta il segreto professionale, non rendendo pubbliche informazioni relative agli utenti del servizio o dei loro familiari. Inoltre rispetta la privacy dei propri colleghi, e mantiene il segreto professionale rispetto agli incontri di gruppo e di équipe. Art. 16: progettazione degli interventi l’educatore che inizia un nuovo caso, viene informato della situazione sociale e psicologica dell’utente che prenderà caso, nella misura necessaria, a svolgere adeguatamente il proprio compito. Assieme all’équipe di lavoro l’educatore prepara un progetto educativo, con tempi ed obiettivi, che dovranno essere valutati e modificati, a scadenza trimestrale. Art. 21: rispetto della libertà di pensiero, parola.. l’educatore non impone i propri valori religiosi, politici, o di vita, e rispetta la diversità di pensiero, di religione, e di provenienza socio-culturale del proprio utente. 25 26 Alla cortese attenzione Della famiglia _________________________________ E dell’educatore / educatrice _____________________ Alla cortese attenzione Dei sig.ri____________________________________ e dell’educatore/educatrice______________________ ACCORDI RELATIVI ALL’INTERVENTO SOCIO-EDUCATIVO ACCORDI RELATIVI ALL’INTERVENTO SOCIO-EDUCATIVO UTENTE_________________________________ UTENTE______________________________________ _ L’educatore/educatrice _______________________attuerà il progetto socio-educativo a partire dal _______________________, nei giorni _____________; dalle ore ________________ alle ore ________________ L’educatore______________________________inizierà l’intervento educativo sul minore utente__________________________ a partire dal ___________________________ per un totale di ore _________, alla settimana. L’educatore/educatrice, si impegna a proseguire gli obiettivi del progetto socio-educativo individualizzato, concordato tra l’assistente sociale___________________ del Comune di Sarzana, ed i signori_________________________ genitori (o chi ne fa le veci sig. ____________________ in qualità di ______________________________________). Si chiede ai sig.ri__________________in qualità _____________________________________________ __ La collaborazione per poter condurre nel migliore dei modi l’intervento educativo. L’educatore /educatrice___________________, come da contratto lavorativo, avrà nei giorni e nelle ore sopraindicate la responsabilità di _____________________________ e come da progetto educativo avrà il compito di: • • • • • • Si chiede ai sig..ri ________________in qualità di ____________________ La collaborazione ed il rispetto dei tempi e degli orari sopra indicati, per poter conseguire il progetto socio-educativo. Ogni variazione del progetto deve essere valutata e concordata con l’equipe di riferimento (costituita dalle figure professionali di riferimento del Comune e della Cooperativa Coopselios). Ogni variazione del progetto deve essere valutata e concordata con l’equipe di riferimento (costituita dalle figure professionali di riferimento del Comune e della Cooperativa Coopselios). In accordo con quanto sopra detto: In accordo con quanto sopra detto: L’ Educatore L’Assistente Sociale sviluppare e stimolare l’autonomia incentivare la socializzazione sostegno scolastico sviluppare il rispetto e la conoscenza delle norma e regole necessarie ad un’adeguata socializzazione mettere in atto interventi educativi finalizzati alla prevenzione del disagio e/o della devianza altro __________________________________________ I Genitori L’ Educatore 27 28 L’Assistente Sociale I Genitori Coop. Soc. Coopselios Redatto nel mese di ottobre 2001 Cooperativa Sociale Coopselios via M.K. Gandhi, 3 42100 Reggio Emilia tel 0522323676 info@ coopselios.com www. coopselios.com 29 30