Settimanale Nuova serie - Anno XXXIX - N. 21 - 28 maggio 2015 Fondato il 15 dicembre 1969 Tenere in pugno l’iniziativa politica Contare sulle masse e conquistare il loro appoggio I comunisti devono essere i più lungimiranti, i più capaci di abnegazione, i più risoluti e i meno prevenuti nel valutare una situazione e devono fare assegnamento sulla maggioranza delle masse e conquistare il loro appoggio. di Giovanni Scuderi (Mao, “I compiti del Partito comunista cinese nel periodo della resistenza contro il Giappone” - 3 maggio 1937 – Opere scelte, vol. I, pag. 291) PAG. 8 Pur con poche forze, risorse e mezzi, nel silenzio stampa e senza poter affiggere i manifesti generosa e coraggiosa propaganda astensionista del pmli Banchini a Firenze, Fucecchio, Borgo S. Lorenzo e Vicchio. Diffuso a Napoli il documento della Cellula “Vesuvio Rosso” Diffuso il volantino sull’Italicum fascistissimum a Roma, Ravenna e Rimini Decisa dalla Commissione dell’UE imperialista PAGG. 2, 11 e 12 L’ha stabilito il Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella L’imperialismo italiano Una guerra da mare, cielo si concentra sulle regioni “euro-atlantica” e terra alla Libia per e “euro-mediterranea” “distruggere i barconi” Non c’è accordo sulle quote L’Italia di Renzi guiderà l’armata PAG. 4 Il “Libro Bianco” della difesa ritiene che il nostro Paese deve essere pronto “ad assumersi dirette responsabilità in risposta a situazioni di crisi” ed essere preparato a interventi di pacificazione e stabilizzazioni L’Italia di Renzi e Mattarella si prepara a interventi militari in Libia e contro il “terrorismo” PAG. 5 A Massa, Viareggio, Imperia, in Sicilia, Puglia e dappertutto ormai La sentenza della Consulta sulle pensioni Contestato duramente il fascioleghista va applicata subito Salvini Marchionne col bonus cancella il contratto La polizia carica Il governo deve rimborsare alcune migliaia di euro a pensionato ma pensa di cavarsela con un bonus da 270 a 750 euro I diritti acquisiti dai lavoratori e dai pensionati non si toccano PAG. 7 I marxistileninisti milanesi studiano la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina per impadronirsi pienamente del socialismo in modo da poterlo propagandare con più forza PAG. 12 Il nuovo Valletta vuol cancellare la contraddizione tra capitale e lavoro PAG. 3 PAG. 7 Bocciato il metodo di valutazione meritocratico Successo del boicottaggio del quiz Invalsi Il maggior successo nel Sud. A Palermo il 92% degli studenti non ha partecipato alle prove. Sciopero indetto dai Cobas scuola PAG. 6 L’Italicum fascistissimum e l’Editoriale di Scuderi: la risposta pratica della politica borghese e quella scientifica socialista alla crisi del capitalismo PAG. 11 PAG. 11 Presidii di protesta davanti a Montecitorio mentre il parlamento nero approva a tappe forzate i primi articoli della controriforma Scrutini a rischio Non c’e’ intesa tra sindacati e governo sulla “Buona scuola” PAG. 6 1818 – 5 maggio – 2015 197° Anniversario della nascita del Grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico - 1ª puntata Marx ha svelato al proletariato il compito storico di rovesciare il capitalismo e conquistare il socialismo Lenin: “Karl Marx (Breve saggio biografico ed esposizione del marxismo)” PAG. 9 stampato in proprio - committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) Nel 49° Anniversario del suo lancio nazionale, il sindacato e la paga base brutalmente i contestatori PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it 2 il bolscevico / elezioni amministrative parziali del 31 maggio Nella centrale piazza S. Domenico Maggiore Volantinaggio elettorale per l’astensionismo marxista-leninista Il volantino della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli a Napoli del PMLI sulle elezioni regionali galvanizza le masse Dal corrispondente della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI La campagna elettorale astensionista del PMLI a Napoli si è aperta domenica 17 maggio in Piazza San Domenico Maggiore con la distribuzione, in centinaia di volantini, da parte dei militanti della napoletana Cellula “Vesuvio Rosso” del documento dal titolo “Puniamo con l’astensionismo i candidati della “sinistra” e della destra del regime neofascista”. I marxisti-leninisti napoletani, in una bella giornata primaverile, hanno discusso con i passanti delle elezioni regionali che si terranno il prossimo 31 maggio, affermando l’importanza dell’astensionismo invitando le masse a non votare per i partiti borghesi al servizio del capitalismo. Durante la diffusione i compagni si sono imbattuti in diversi confronti con i presenti in piazza, tra tutti dobbiamo segnalare quello con un gruppo di turisti campani che, galvanizzati dal volantino, hanno riconosciuto il nostro Partito mostrando in maniera eloquente il loro supporto alla nostra posizione Napoli, 17 maggio 2015. Il compagno Andrea discute con due napoletane il documento elettorale astensionista della Cellula “Vesuvio Rosso” (foto Il Bolscevico) astensionista. colpevoli della desertificazione Successivamente si sono ferindustriale e lavorativa. Molto intemati a parlare con noi alcuni precari ressante il confronto con una stustorici partenopei che hanno subito dentessa universitaria fuori sede, sottolineato le malefatte delle vache ha palesato la sua avversione rie giunte susseguitesi negli anni, al capitalismo, ma non capiva bene la nostra posizione astensionista. I compagni in maniera dialettica hanno esposto che la strategia del PMLI in questa fase storica è l’astensionismo tattico e che per sferrare un duro colpo alla borghesia bisogna creare istituzioni che rappresentino le masse, costituiti da assemblee popolari e comitati popolari basati sul criterio della democrazia diretta che facciano da contraltare ai partiti della destra e della “sinistra” borghese. La studentessa, soddisfatta delle delucidazioni ricevute, ci ha chiesto i nostri contatti a livello locale e come seguire “Il Bolscevico” in formato multimediale. È stata dunque una mattinata importantissima per il nostro Partito a Napoli, dimostrando in piazza, ancora una volta, che se anche con forze esigue e con mille difficoltà la borghesia non deve adagiarsi sugli allori, perché con ogni sforzo possibile i marxisti-leninisti napoletani saranno sempre in prima linea a combattere contro il capitalismo e che decuplicheremo gli sforzi per diffondere l’astensionismo marxista-leninista tra le masse popolari stanche di questo marcio sistema. Davanti al supermercato Coop Rosso banchino di propaganda del PMLI a Fucecchio Forti critiche al governatore piddino Rossi. Il PMLI invitato alla “festa operaia” alla Piaggio di Pontedera Redazione di Fucecchio Sabato 16 maggio uno sgargiante banchino rosso con gazebo era posizionato davanti alla Coop di Fucecchio (Firenze). I compagni del PMLI lo avevano montato davanti al supermercato per propagandare la posizione astensionista dei marxisti-leninisti. Una posizione anticapitalista che ha lo scopo di di sviluppare la lotta di classe, elevare la coscienza politica delle masse, distaccarle dalle istituzioni borghesi, che vanno delegittimate, indebolite, disgregate e isolate. Come sempre accade in momenti elettorali adesso sbucano un po’ tutti i partiti che durante l’anno sono assenti da Fucecchio. Tutti i candidati a governatore della Toscana sono passati nella nostra cittadina, spesso venuti a sobillare la popolazione contro gli immigrati, residenti numerosi a Fucecchio e impiegati nelle fabbriche della zona. In particolare la Lega Nord, Fratelli d’Italia e Forza Italia cer- cano d’indirizzare la rabbia delle masse verso gli stranieri per distoglierle dal vero responsabile della crisi economica, il capitalismo, la società che loro sostengono. Il PD invece cerca di presentare la Toscana come un’isola felice quando i dati dimostrano il contrario come documentato nel volantino firmato PMLI.Toscana diffuso durante l’iniziativa dove si denuncia l’operato della giunta di Enrico Rossi, esponente della “sinistra” PD ma da dopo che Renzi gli ha assicurato il posto per la prossima legislatura entrato in perfetta sintonia con il premier. Un passante lo ha accusato di aver affossato la sanità pubblica nella nostra regione e della voragine nei conti dell’ASL di Massa Carrara, esattamente com’era riportato nel nostro volantino. Durante la diffusione ci sono state altre discussioni con chi si recava al supermercato. Un delegato della Rsu della Piaggio di Fucecchio 16 maggio 2015. Il banchino di propaganda astensionista del PMLI nel parcheggio della Coop (foto Il Bolscevico) Pontedera della Fiom si è soffermato al nostro gazebo parlando di questioni sindacali e invitandoci alla “festa operaia” organizzata dai lavoratori della Piaggio ai primi di giugno. Un giovane ha intavolato una discussione sul carattere neofascista e piduista delle controriforme di Renzi, una coppia si è lamentata della politica reazionaria e antioperaia di Renzi e del suo governo. Una giovane ci ha chiesto di poter fare una foto al pannello che mostrava dei volan- tini, tra cui quello di Renzi erede di Mussolini, Craxi e Berlusconi e la scritta Cacciamolo. I marxisti-leninisti fucecchiesi, nonostante le difficoltà e lo sbandamento ideologico di una parte consistente delle masse, si stanno sforzando, anche economicamente, di far giungere l’autentica voce del proletariato e di smascherare i vari partiti borghesi che, tutti indistintamente, chi più chi meno, sostengono l’attuale sistema economico capitalistico. SUCCESSO DEL BANCHINO ASTENSIONISTA DEL PMLI A BORGO SAN LORENZO Il Partito è sempre più riferimento delle masse. Una donna: “La falce e martello mi va bene” Dal corrispondente della Squadra di propaganda dell’astensionismo marxistaleninista del Mugello e Val di Sieve Nella mattina di sabato 16 maggio la Squadra di propaganda dell’astensionismo marxista-leninista del Mugello e Val di Sieve ha organizzato un banchino nella piazzetta Romagnoli, nel centro di Borgo San Lorenzo (Firenze). I compagni, militanti e simpatizzanti, provenienti dal Mugello e Val d’Arno indossavano la rossa maglietta del PMLI. Sul rosso banchino hanno sistemato varie opere pubblicate nella collana “Piccola biblioteca marxista-leninista”, insieme ai volantini del Partito. Ai lati del banchino le bandiere dei Maestri e del Partito oltre alle locandine con i manifesti elettorali del PMLI e quella in cui si invita a cacciare il governo Renzi con quest’ultimo paragonato ai suoi emuli Mussolini, Craxi e Berlusconi. Distribuiti varie centinaia di volantini col documento del PMLI.Toscana dal titolo “Perché la Toscana sia governata dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo” e alcune decine di volantini dal titolo “La Camera vota l’Italicum fascistissimum”. Accolti in modo estremamente positivo dalla popolazione, con chi ha affermato di astenersi, una donna ha affermato “la falce e martello mi va bene”. Un sessantenne ci ha salutati come fece anche tempo fa con un “che ci avete portato di buono?”. Ma anche chi ha semplicemente ringraziato non lo ha fatto in modo banale e formale, come chi diventa sempre più riferimento almeno come interlocutore. Un lavoratore ci ha chiesto cosa ne pensavamo del “reddito di cittadinanza” proposto dal Movimento 5 stelle. Insomma quella dei compagni è stata una presenza tutt’altro che passiva. Purtroppo l’iniziativa è stata fortemente danneggiata dalla pioggia. E’ stata interrotta prima dell’orario prefissato, anche se i compagni hanno continuato la diffusione sotto l’arco dell’attiguo corso Matteotti. In questo frangente molto utile è stato l’appoggio logistico dell’amico Gianni che ringraziamo di cuore. N. 21 - 28 maggio 2015 Costituita la Squadra di propaganda dell’astensionismo marxistaleninista di Firenze Successo del primo banchino di propaganda in piazza dell’Isolotto Dal corrispondente della Squadra di propaganda dell’astensionismo marxistaleninista di Firenze Giovedì 14 maggio su invito della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” del PMLI di Firenze militanti e sostenitori dell’astensionismo marxistaleninista si sono riuniti per discutere il documento elettorale del Partito in vista delle elezioni regionali toscane che si terranno domenica 31 maggio. Questo il titolo del documento del cominciare dalla critica alla giunta uscente del governatore della Toscana, Enrico Rossi, piddino, che poco o niente ha fatto per il lavoro dall’inizio della crisi capitalista che ha visto aumentare la disoccupazione in Toscana in modo vertiginoso. Sul fronte della sanità ha attuato un piano di tagli di posti letto nei più importanti ospedali e riduzione del personale sanitario. Una politica, quella portata avanti dal governatore Rossi, tutta incentrata a soddisfare gli interessi della grande imprenditoria Firenze, 16 maggio 2015. Si intrecciano le discussioni attorno al banchino astensionista in piazza dell’Isolotto (foto Il Bolscevico) PMLI.Toscana: “Perché la Toscana sia governata dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo. Non votare i partiti borghesi al servizio del capitalismo. Delegittimiamo le istituzioni rappresentative borghesi. Astieniti. Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo”. Un appuntamento di fondamentale importanza che ha visto la creazione della Squadra di propaganda dell’astensionismo marxista-leninista di Firenze. Nella discussione le compagne e i compagni intervenuti hanno dato il proprio contributo politico e ideologico esprimendo piena sintonia con quanto scritto sul documento, rapportandolo alla realtà concreta di tutti i giorni, anche in base alle proprie esperienze, arricchendo il confronto e preparando in modo corretto tutti i compagni che si apprestano ad andare tra le masse popolari nelle piazze e nei mercati durante tutta la campagna elettorale. La discussione ha analizzato e approfondito ogni singolo tema, a privata e della speculazione. A pagarne le spese sono come sempre le masse popolari sia sul fronte economico che su quello della salute. Le compagne ed i compagni presenti hanno quindi organizzato un banchino di propaganda astensionista per sabato 16 presso il mercato di piazza dell’Isolotto dove è stato diffuso il documento. Un banchino rosso fiammante con le bandiere dei Maestri e del Partito e i compagni con indosso le magliette rosse del PMLI e il megafono che trasmetteva Bandiera rossa, L’Internazionale e Il Sole Rosso. Durante la diffusione è emersa con tutta la sua forza la sempre più diffusa sfiducia verso i partiti della classe dominante borghese e in molti la volontà di disertare le urne. Tanti gli apprezzamenti ricevuti verso il simbolo della falce e martello. Sono in programma, altre diffusioni alla mensa universitaria di via San Gallo e al mercatone delle Cascine. ATTIVITA’ DI PROPAGANDA DEL PMLI BIELLA Via Lamarmora, angolo piazza ➥ Vittorio Veneto - Banchino di propaganda dalle ore 14,30 alle 18.30 ● Sabato 23 maggio ➥ FIRENZE Mensa universitaria di via San Gallo - Volantinaggio astensionista dalle ore 11,45 ● Venerdì 22 maggio Mercatone delle Cascine, lato Piazza P. Uccello Volantinaggio astensionista dalle ore 9,30 ● Martedì 26 maggio ➥ NAPOLI Montesanto - Volantinaggio astensionista dalle ore 18 ● Giovedì 21 maggio Piazza del Gesù - Volantinaggio astensionista dalle ore 11 ● Domenica 31 maggio ISCHIA (Napoli) ➥ Barano d’Ischia, Piazza S. Rocco - Banchino di propaganda astensionista dalle ore 19 ● Venerdì 22 maggio Lacco Ameno, Piazza S. Restituita - Banchino di propaganda astensionista dalle ore 11 ● Sabato 23 maggio Borgo San Lorenzo (Firenze) 16 maggio 2015. Banchino elettorale astensionista del PMLI nel centro del paese (foto il Bolscevico) Ischia, Piazzetta S. Girolamo - Banchino di propaganda astensionista dalle ore 11 ● Domenica 24 maggio N. 21 - 28 maggio 2015 elezioni amministrative parziali del 31 maggio / il bolscevico 3 A Massa, Viareggio, Imperia, in Sicilia, Puglia e dappertutto ormai Contestato duramente il fascioleghista Salvini Ormai ovunque si presenti il fascioleghista Salvini è investito da una valanga di contestazioni. Era successo in Umbria, dove in visita a Marsciano (Perugia), il segretario della Lega Nord è stato contestato con parole d’ordine antirazziste. I manifestanti lo hanno “accolto”, lanciandogli uova, urlandogli “razzista, fascista”. Mentre lui rispondeva beffardo “No, nazista”, protetto dalla sua scorta e dalle “forze dell’ordine”, uno dei dimostranti ha oltrepassato il cordone e ha sputato in faccia al leader leghista, che ha smesso di ironizzare e ha urlato: “Prendete i documenti a quel pezzo di merda”. Contestazioni anche ad Imperia, il 17 maggio da diverse decine di persone al grido di “siamo tutti clandestini”. In Toscana, quando il leader della Lega si è presentato per un comizio a Massa, protetto da un imponente cordone di “forze dell’ordine” in assetto antisommossa, è scoppiato il finimondo. I manifestanti hanno lanciato uova, arance e fumogeni contro il cordone di sicurezza. La polizia carica brutalmente i contestatori I contestatori hanno sfondato il picchetto delle “forze dell’ordine”, le quali per proteggerlo hanno distribuito manganellate a destra e manca, inseguendo e scaraventando per terra i manifestanti. Due dei manifestanti sono sono rimasti feriti. Entrambi sono stati portati in ospedale e uno di loro è stato fermato per resistenza a pubblico ufficiale. Salvini si è limitato ad un comizio lampo e poi è risalito in auto, scappando, mentre i manifestanti presidiavano la zona. A Viareggio, i manifestanti hanno tenuto in mano materassini da mare con la scritta “Sui gommoni ci vogliamo i padroni” e “Siamo tutti clandestini, siamo tutti gay, siamo tutti Rom”. L’auto di Salvini è stata accerchiata e colpita con pugni. E mentre il caporione razzista scappava dal mercato centrale, la sua auto veniva inseguita a piedi e con altri mezzi dagli stessi contestatori. Analoga contestazione a Pisa, dove ad “accogliere” il segretario del Carroccio c’erano manifestanti con lo striscione “Mai con Salvini, mai con Renzi”. Il risultato è che i comizi di Salvini in Toscana sono stati dimezzati o annullati del tutto. Bene. “Salvini, la Sicilia non ti vuole”, a Gela (Caltanissetta) il 12 maggio il leader della Lega ha trovato centinaia di contestatori che, benché contenuti da un folto schieramento di agenti in assetto antisommossa e minacciati e provocati da elementi dell’estrema destra, provenienti da Catania per fare da “servizio d’ordine” lo hanno costretto ad entrare dal retro del quartier generale del suo candidati. In prima linea gli attivisti del movimento No MUOS con lo striscione “respingiamo Salvini”. “Non ti vogliamo, leghista non ti vogliamo” hanno urlato i No MUOS, che hanno cantato “Bella Ciao” insieme a centinaia di manifestanti. A Marsala, la contestazione è stata talmente dura che a Salvi- ni non è stato neppure possibile scendere dall’auto. Le “forze dell’ordine”, in assetto antisommossa, hanno ritenuto inesistenti le condizioni di sicurezza per far passare il segretario della Lega tra tra le masse popolari in piazza. Queste si erano già radunate per le 20, oltre un’ora prima del comizio, previsto per le 21.30, portando striscioni, fischietti e orecchie d’asino fatte di carta e scandendo cori contro Salvini e la Lega. Pensando che gli antifascisti e antirazzisti abbandonassero la piazza, Salvini ha ritardato il comizio. Quando è arrivato, verso le 22.30, la polizia ha formato un cordone di sicurezza, tentando di contenere la rabbia delle masse, continuamente insultate da questo provocatore fascista e antimeridionalista. Alcuni giovani sono riusciti ad oltrepassare il cordone e a prendere a calci l’auto di Salvini, che è dovuto fuggire verso il porto: il comizio è stato annullato. Evviva! Contestazioni anche l’indo- mani, il 13 maggio, a Villabate, in provincia di Palermo. Qui alcune centinaia di manifestanti, contenuti da un cordone di “forze dell’ordine” in assetto antisommossa, lo hanno “accolto” scandendo le parole d’ordine ”Via dalla Sicilia!” e “Salvini, carogna, torna nella fogna!”. Anche in Sicilia, dunque, come già in Puglia, e come poi in Umbria e Toscana, il leader del Carroccio non è il benvenuto. Le masse popolari non tollerano la sua violenta retorica nazistoide contro le masse meridionali, le masse lavoratrici, contro i migranti, contro i Rom e Sinti. E così ha raccolto quel che ha seminato: le contestazioni di questi giorni altro non sono che la dimostrazione che le masse popolari hanno alzato la guardia e non sono più disposte a tollerare altro da Salvini. Sacrosante, dunque, queste contestazioni che vanno intensificate fino ad impedire a questo nazista patentato di mettere piede tra le masse. Mentre contro i manifestanti di Massa si profilano denunce per manifestazione non autorizzata, danneggiamento e violenza privata, ci chiediamo come mai nessuna Procura abbia finora pensato di incriminare Salvini per incitamento all’odio e alla violenza razziale verso meridionali, migranti, profughi, Rom, Sinti. Ci chiediamo come mai il governo che usa ogni pretesto per impedire le manifestazioni degli antifascisti e limitare il diritto di sciopero delle masse lavoratrici, usi poi tutti i mezzi possibili, arrivando a impiegare, in tre mesi di campagna elettorale, ben 8.465 agenti di pubblica sicurezza, pagati con i soldi dei contribuenti, per imporre alle masse esacerbate che non lo vogliono i comizi del boss fascioleghista. È questo il vero volto del governo Renzi, manganellate, repressione, lacrime e sangue per le masse lavoratrici, popolari e antifasciste, spreco di denaro pubblico per garantire ai nazileghisti di provocare e sputare il loro odio. Anche per questo il nuovo duce Renzi va spazzato via. Pur di essere eletto governatore della Puglia Emiliano ricicla politicanti di destra e fascisti L’ex magistrato: “Sarò il domatore di questi qua e userò il frustino se sgarreranno” Per vincere le elezioni regionali in Puglia, il capobastone del PD Michele Emiliano ha candidato nelle liste del “centro-sinistra” che lo sostengono la peggiore feccia politica in circolazione: dai fascisti, vecchi e nuovi, agli ex berlusconiani, ferri vecchi democristiani, inquisiti, voltagabbana di professione, rinnegati e traditori e chi più ne ha più ne metta. Tutti insieme appassionatamente, cani e porci, sul carro di Emiliano ormai dato per sicuro successore di Vendola alla poltrona di governatore. Tra i casi più emblematici spicca Euprepio Curto: militante del Movimento Sociale italiano fin dai tempi di Almirante, ha passato quattro legislature in Senato nel gruppo di Alleanza Nazionale. Coinvolto in uno scandalo legato al gioco d’azzardo, è passato all’UDC nelle vesti di consigliere regionale, quindi allo Scudo Crociato e poi di nuovo con Fini in Futuro e Libertà per poi tornare da Casini prima di concludere la “gloriosa” parabola candidandosi nelle liste di “centro-sinistra” e del PD che vergognosamente lo ha accolto a braccia aperte. Al suo fianco troverà anche Francesco Spina, sindaco di Bisceglie, eletto appena qualche mese fa presidente della Provincia Bat (Barletta, Andria, Trani) col “centro-destra”, ha messo a disposizione del PD il suo feudo elettorale e ora è coordinatore della lista dell’UDC e delle liste civiche che sostengono Emiliano. Segue Giovanni Ungaro, transitato nel giro di pochi anni nel Movimento di destra di Giancarlo Cito, in Forza Italia, in Ncd, in Realtà Italia e ora schierato in prima fila da Emiliano. Non è da meno Paolo Pellegrino: finiano di ferro per molti anni, coordinatore provinciale del suo partito, sostiene il centrodestra nelle amministrative del 2012, rompe con Fini l’anno successivo a causa delle candidature paracadutate da Roma per le elezioni politiche e ora approdato nelle liste PD. Giravolta di 360 gradi anche per l’assessore uscente Lello Di Gioia: cinque anni fa eletto in Consiglio regionale con il PdL, divenuto assessore grazie al passaggio a Scelta Civica nel 2013, ora si ricandida con il “centrosinistra”. Accolto con grandi onori alla serata di presentazione ufficiale dei 400 candidati tenuta da Emiliano anche il capobastone DC Pippo Liscio poi candidato con Alleanza Nazionale e ora convinto sostenitore dell’ex sindaco di Bari. Al suo fianco Fabrizio D’addario, candidato con Berlusconi nel 2010, ora è tornato alla caccia di un seggio in Regione tra le liste del PD. Saverio Tammacco, invece, ci ha pensato su un’intera giornata prima di prendere armi e bagagli e passare dalla carica di consigliere provinciale e capogruppo di Forza Italia al Comune di Molfetta, a candidato a sostegno dell’ex magistrato piddino. 47 anni, una lunga carriera politica passata tutta a destra, dalle posizioni neofasciste di An a quelle del Pdl che poi si è trasformato in Forza Italia, fino all’attuale approdo tra le braccia del PD Emiliano: Tammacco ha ricoperto anche gli incarichi di assessore al Comune di Molfetta. Lo stesso ha fatto Mauro Vizzino che, da coordinatore provinciale di Io Sud della berlusconiana Adriana Poli Bortone, ha deciso di tentare miglior fortuna tra le file di Emiliano. Luigi Valentino Damone invece è figlio d’arte e “giustamente” segue le orme di papà Cecchino essendo passato nel giro di una stagione politica dal partito di Fit- to a quello di Monti per approdare ora alla corte di Emiliano. A seguire troviamo l’ex capogruppo del Pdl in Provincia di Foggia, Paolo Mongiello, che ha annunciato il sostegno a Emiliano. Ma il caso più clamoroso si registra ad Altamura, seconda città della provincia di Bari con 70.000 abitanti, dove per la conquista del Municipio si sfidano un esponente del “centro-sinistra” (Antonello Stigliano, vincitore delle primarie sostenuto da PD, Sel e tre liste civiche) e un esponente del “centro-destra”, Luigi Lorusso, appoggiato da una civica di nome “Rinnovamento Altamura” che negli ultimi dieci anni ha appoggiato i due mandati amministrativi delle liste di Berlusconi entrando anche in giunta con Mario Stacca, sindaco di Forza Italia. E fin qui, nulla da eccepire; se non fosse che nella corsa per le regionali le alleanze si ribaltano e Lorusso in questa competizione corre per il “centro-sinistra” e insieme al PD sostiene la lista “La Puglia con Emiliano”. Di fronte a questo autentico mercimonio di voti e di potere, Emiliano ha ammesso spudoratamente che pur di vincere è disposto a tutto e non si vergogna di andare a braccetto con fascisti, berlusconiani e “mariuoli” della prima e della seconda repubblica neofascista. Alludendo al suo passato da magistrato ha assicurato di tenerli tutti a bada perché, ha sottolineato: “Sarò il domatore di questi qua e userò il frustino se sgarreranno”! Vedremo cosa farà l’ex sceriffo di Bari quando i suoi alleati in camicia nera gli presenteranno il conto. In ogni caso appare evidente che ormai tra destra e “sinistra” borghese non esiste più nessuna differenza ideologica, politica, organizzativa e di uomini. Pur di raccattare voti e conquistare poltrone, i due schieramenti ormai operano in perfetta simbiosi tra loro e si interscambiano perfino i candidati. Una ragione in più per astenersi, disertare le urne, annullare la scheda o lasciarla in bianco alle prossime elezioni amministrative parziali del 31 maggio. Zeppe di riciclati di destra e leghisti le liste PD in Liguria e Veneto Ormai il piduista progetto renziano del “partito della nazione” sta prendendo corpo e, anche alla luce del crescente e tendenziale astensionismo di una parte crescente delle masse popolari, l’unico modo per alimentarlo è quello per il PD di imbarcare nel suo progetto candidati che, riciclati da esperienze politiche di destra anche estrema, portano comunque voti. In questo senso sono emblematiche le candidature che il Partito Democratico ha ricercato o direttamente per il partito o indirettamente, tramite liste di appoggio ai candidati presidenti, per le prossime elezioni regionali, in Liguria e in Veneto. In Liguria, dove le primarie hanno nettamente spaccato il PD la renziana Raffaella Paita sta tentando di parare il colpo attraendo a sé una serie di fuoriusciti da Forza Italia che, complice la difficoltà della destra impersonata dal candidato berlusconiano Giovanni Toti, sostengono ormai la candidata del PD. Molto ha pesato in questo Claudio Burlando, potente presidente della Regione Liguria e sostenitore della Paita, che - complici gli ottimi rapporti da sempre intrattenuti con l’imperiese Cladio Scajola e i suoi compagni di merende - è riuscito ad attrarre verso la Paita un personaggio come Luca Lanteri, ex vicesindaco di Imperia per il PDL, a suo tempo vicinissimo a Scajola, che nel 2013, forse fiutando già da allora i guai che avrebbero investito il partito di Berlusconi, è diventato uno dei referenti dell’associazione “Big bang Liguria riformista” nata con la benedizione di Renzi e con lo scopo dichiarato di appoggiarlo e sostenerlo. Altro acquisto del PD è il sanremese Massimo Donzella, vicepresidente del Consiglio regionale, che - oltre ad essere un riciclato dell’UDC nel cui gruppo ha rivestito la carica di consigliere regionale - è indagato per le spese pazze alla Regione Liguria. Il PD lo ha candidato a Imperia. E poi c’è Pierluigi Vinai, potente ex presidente della fondazione Carige e da sempre legato a Scajola e al partito di Berlusconi, che ha costituito una fondazione, “Open Liguria” di chiaro stampo renziano, e appoggia anche lui la Paita. Anche a Genova il PD ha candidato un riciclato, Giovanni Boitan, già consigliere comunale alla Spezia per l’UDC e ora passato armi e bagagli al “partito della nazione”. Nel Veneto, dove peraltro il PD è storicamente più debole che in Liguria, la renziana Alessandra Moretti deve strizzare l’occhio a personaggi impresentabili come l’ex leghista omofobo Santino Bozza che fu espulso dalla formazione fondata da Bossi nel 2013 in quanto contestava la linea politica, giudicata troppo moderata, dell’allora segretario regionale Flavio Tosi. Nel frattempo Bozza ha fondato il movimento “Uniti per il Progetto Veneto Autonomo” che appoggia la Moretti. Non si dimentichi che Santino Bozza è quel personaggio che nel 2012 dichiarò al programma radiofonico La Zanzara di provare schifo e disgusto per gli omosessuali che, secondo lui, sono “malati, diversi, sbullonati”. Nella lista “Uniti per il Progetto Veneto Autonomo” che appoggia la Moretti ci sono anche personaggi che propugnano l’indipendenza del Veneto e si richiamano addirittura alla Serenissima Repubblica di Venezia morta e sepolta nel 1797, come Bobo Sartore e Gianluca Panto, quest’ultimo ex candidato presidente per il “Partito Nasional Veneto” nel 2010, anch’essi di fatto intruppati a dispetto delle loro velleità secessioniste, tramite la Moretti, nel ben più pericoloso carrozzone politico nazionale renziano. 4 il bolscevico / Ue imperialista N. 21 - 28 maggio 2015 Decisa dalla Commissione dell’UE imperialista Una guerra da mare, cielo e terra alla Libia per “distruggere i barconi” Le decisioni militari “La decisione di stabilire una missione navale UE per distruggere il modello di business dei contrabbandieri e delle reti di trafficanti nel Mediterraneo è stata appena presa”, ha twittato trionfante la Mogherini durante il vertice annunciando il via libera alla missione “Eunavfor Med”. L’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione ha poi dichiarato di sperare che “possa essere lanciata ufficialmente e formalmente già a giugno”. Gli obiettivi militari e le regole di ingaggio della missione sono per ora volutamente vaghi, in attesa anche dell’approvazione da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu della risoluzione elaborata dall’Italia e presentata dalla Gran Bretagna a nome anche di Francia, Germania e Lituania, che dovrebbe permettere l’uso della forza in base all’art. 7 della Carta delle Nazioni Unite, così da dare via libera all’operazione militare europea di “ricerca e distruzione dei barconi degli scafisti”, con forze navali, aeree e terrestri, che prevede tre gradi di intervento: nelle acque internazionali davanti alla Libia, nelle acque territoriali libiche e nei porti libici. Per adesso, in attesa delle decisioni del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo che si terrà il 25 e 26 giugno, la missione sarà solo navale e limitata alla prima fase, quella del dispiegamento di mezzi navali ed aerei nelle acque internazionali davanti alla Libia e della “raccolta di informazioni” sulla rete dei Non c’è accordo sulle quote L’Italia di Renzi guiderà l’armata trafficanti attraverso l’intelligence dei vari Paesi partecipanti: hanno già dato la loro adesione Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna, oltre naturalmente l’Italia, da cui è partita l’iniziativa, e che avrà la direzione delle operazioni, affidata all’ammiraglio Enrico Credentino, già comandante dell’operazione europea di anti pirateria davanti alle coste somale, e il cui quartier generale sarà basato a Roma. Interrogata se la missione “Eunavfor” preveda o no la caccia ai barconi e la loro distruzione come aveva annunciato più volte nei giorni precedenti, la Mogherini ha risposto evasivamente: “Il punto non è distruggere le barche, ma distruggere le organizzazioni di trafficanti e organizzazioni terroristiche. Abbiamo analizzato il legame tra organizzazioni di trafficanti e organizzazioni terroristiche. Non posso confermare alcun tipo di collegamento a noi noto, ma è ovvio (sic) che il sistema di business dei trafficanti potrebbe andare a finanziare attività che potrebbero avvicinarsi ad attività terroristiche”. L’ipocrisia della Mogherini copre i preparativi militari La Mogherini continua a giocare con le parole per non destare troppo allarme e lasciare aperte tutte le porte, come quando nei giorni scorsi aveva smentito che siano previste operazioni direttamente sul suolo libico. Anche perché il governo di Tripoli aveva avvertito che le avrebbe considerate una violazione della propria sovranità nazionale. Lo stesso aveva fatto ufficialmente il governo di Tobruk, il solo riconosciuto dalla “comunità internazionale”, ma solo perché non vuole che i governi europei trattino anche con il governo rivale di Tripoli perché ciò equivarrebbe ad un suo riconoscimento. In realtà aveva implicitamente incoraggiato l’intervento diffondendo notizie allarmanti su un piano dello Stato islamico per infiltrare terroristi sui barconi dei migranti. Anche il presidente Mattarella, in visita ufficiale a Tunisi, si era detto convinto che non esista una soluzione militare alla crisi, e che in Libia vada perseguita la strada della mediazione tentata dal rappresentante dell’Onu, Bernardino Leon, “per un compromesso politico che consenta la nascita di un governo di unità nazionale”. Ma sono tutte posizioni ipocrite e tattiche, che nascondono ben altre intenzioni da parte del governo Renzi e degli altri governi europei, che marciano sempre più verso l’uso della forza militare in Libia. Lo confermano anche le rivelazioni del Guardian, che ha fatto trapelare nei giorni scorsi alcuni punti delle 19 pagine di un documento a corredo del- In questa immagine della Marina Militare un drone Camcopter s-100, imbarcato sulla nave anfibia San Giusto. Già impiegato nelle operazioni “Mare nostrum”, affianca i droni Predator dell’Aeronautica, è capace di decollare direttamente dalle navi e viene utilizzato per individuare, grazie alle sue telecamere, con precisione le navi dei migranti la bozza di risoluzione europea all’esame del Consiglio di sicurezza dell’ONU, in cui vengono riassunti i termini della missione senza escludere un intervento sul suolo libico: “Una presenza a terra può essere presa in considerazione se viene raggiunto un accordo con le autorità competenti” (quali?), è scritto nel documento, in cui si dice anche che la missione “dovrebbe richiedere una vasta gamma di capacità aeree, marittime e terrestri”. E che queste potrebbero includere “intelligence, sorveglianza e ricognizione, squadre di imbarco, unità di pattuglia (aeree e marittime), interventi con forze speciali”. Anche con “azioni lungo la costa, in porto o in rada”, che potrebbero anche comportare “danni collaterali”, come vittime innocenti: “L’abbordaggio delle navi dei trafficanti in presenza di migranti – si legge infatti nel documento rivelato dal quotidiano britannico – presenta un alto rischio di effetti collaterali, inclusa la perdita di vite”. Le rivelazioni hanno creato imbarazzo negli uffici della UE e la Mogherini si è affrettata a smentirle, ma sta di fatto che i preparativi militari che si stanno facendo in Italia vanno esattamente in quella direzione. Secondo il quotidiano la Repubblica del 14 maggio, che si rifà a fonti della Difesa, il governo Renzi sta accelerando tali preparativi. Si parla infatti dell’impiego delle navi anfibie della classe San Giusto e della portaerei Cavour, per l’impiego dei caccia Harrier a decollo verticale. Ci saranno poi anche le truppe speciali degli incursori subacquei del Comsubin e i lagunari del battaglione San Marco, un equivalente dei marines americani. A cui si affiancherebbero gli incursori paracadutisti del Col Moschin, mentre a loro protezione in funzione di ricognitori sarebbero impiegati aerei Tornado Ecr e i droni Predator Mq-1. Tutte truppe e mezzi non a caso altamente specializzati per incursioni sulle coste e nei porti, non certo per stazionare in alto mare. Anche per questa fregola interventista il nuovo duce Renzi va cacciato. La caccia agli scafisti la pagheranno i migranti Il governo del nuovo duce Renzi, insomma, scalpita per seguire le orme di Mussolini e mettere gli stivali sul suolo libico, considerandolo evidentemente come un “cortile di casa” alla maniera americana, o più propriamente come la “quarta sponda” di mussoliniana memoria. È folle e criminale il pretesto accampato per questa nuova avventura neocolonialista, quello cioè di cacciare e distruggere i barconi degli scafisti. Intanto perché è praticamente impossibile distinguerli da quelli dei pescatori, a meno di non distruggerli in massa e indiscriminatamente. Inoltre gli scafisti senza scrupoli si stanno già regolando in previsione della nuova situazione, caricando a forza i migranti sui barconi e mandandoli in mare da soli verso l’Italia, il che aumenta enormemente i rischi per i poveri passeggeri, che saranno i soli a fare le spese delle esibizioni muscolari dei governi guerrafondai europei, mentre gli scafisti se ne staranno ben nascosti a terra. E in ogni caso, anche ammesso che i militari riescano a distruggere un po’ di barconi, niente potrà impedire alle masse di disperati fuggiaschi arrivati fino in Libia di partire con qualunque mezzo di fortuna possibile. L’unica differenza rispetto ad ora è che lo faranno in condizioni ancor più precarie e rischiose, e che quindi ci saranno ancora più morti di adesso. E per quelli che non riusciranno a partire, grazie all’azione “umanitaria” italianaeuropea, l’alternativa saranno le carceri e i campi di concentramento libici, dove già patiscono torture, stupri e morte per malattie e per fame. Oppure la deportazione nei Paesi d’origine, da dove si presume siano scappati per le stesse ragioni. Persino un ex militare come il generale Fabio Mini ha osservato che con questa operazione “si pensa di punire chi si occupa dell’ultimo tratto del viaggio e non i governanti degli Stati che alimentano la violenza, la corruzione e la guerra creando le condizioni dalle quali vogliono fuggire i migranti”. Anche un report di Amnesty International ha avvertito che le azioni militari potrebbero lasciare i migranti intrappolati nelle carceri libiche in condizioni disperate, dove sono soggetti a torture, abusi e coercizioni orrende, e che comunque “non risolveranno la piaga degli sbarchi di profughi”. La vergogna delle quote che nessuno vuole L’unica alternativa, sempre più reclamata ormai anche dalle organizzazioni umanitarie ufficiali, è creare dei corridoi di migrazione legalizzata e protetta, e che l’Europa se ne faccia carico accogliendo e distribuendo equamente i profughi e i migranti nei suoi vari Paesi. Alleggerendo tra l’altro la situazione critica dei tre Paesi del Sud del Mediterraneo - Italia, Grecia e Malta - su cui gravano tutti gli sbarchi dal Nord-Africa e dal Medio Oriente. Attualmente sei Paesi europei si fanno carico dell’80% delle domande d’asilo nella UE: Germania, Gran Bretagna, Francia, Svezia, Italia e Belgio. Nella bozza approvata dalla Commissione Juncker era prevista una redistri- buzione di quote tra i 28 Paesi dell’Unione in proporzione ai rispettivi Pil, tassi di disoccupazione e asili già concessi, anche se per un numero assolutamente irrisorio di nuovi migranti, compreso tra le 5 e le 20 mila unità, quando gli sbarchi sono dell’ordine delle centinaia di migliaia l’anno e stanno aumentando esponenzialmente. Ciononostante una buona metà dei Paesi UE è ferocemente contraria a far entrare nuovi migranti sul proprio territorio: tra questi tutti i Paesi dell’Est europeo (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia) e i Paesi baltici. Contrari anche la Gran Bretagna, la Danimarca e l’Irlanda, che comunque avrebbero goduto della facoltà di sottrarsi all’obbligo. Incerta la Svezia, mentre Francia, Spagna e Germania si erano affiancate in un primo tempo all’Italia tra i Paesi favorevoli alle quote. Il che aveva permesso l’approvazione della bozza Juncker da sottoporre al vertice del 18 maggio anche riguardo al punto delle quote obbligatorie, consentendo al governo italiano – e in particolare a Renzi, Alfano e Gentiloni – di cantare vittoria per l’accoglimento delle richieste italiane. Ma alla vigilia del vertice Francia e Spagna si erano già defilate, dichiarandosi contrarie alle quote obbligatorie e lasciando sola l’Italia col cerino in mano. Vertice che poi si è concluso vergognosamente – come abbiamo già detto – lasciando del tutto nel vago la questione delle pur irrisorie quote di rifugiati da accogliere, mentre l’accordo è stato trovato subito e all’unanimità per la nuova avventura militare imperialista in Libia. stampato in proprio - committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) Tutti d’accordo per un’operazione militare congiunta e guidata dall’Italia, nelle acque e sul suolo della Libia, per “distruggere i barconi” che trasportano i migranti; così come sulla decisione di sigillare le frontiere a sud della Libia e dei Paesi limitrofi e su interventi nei Paesi africani per “scoraggiare” la partenza e il transito dei migranti. Ancora in alto mare invece l’accordo sul quarto punto all’ordine del giorno, quello delle quote di migranti da ripartire tra i vari Paesi dell’Unione: questa la scontata conclusione del vertice dei ministri degli Esteri e della Difesa dei 28 Paesi della UE, presieduto da Federica Mogherini, che si è tenuto il 18 maggio a Bruxelles, per approvare l’Agenda sull’immigrazione messa a punto e approvata dalla Commissione europea presieduta da Juncker. Dopo 23 mila morti in mare dall’inizio degli sbarchi, che l’anno scorso sono stati 300 mila e nei primi mesi di quest’anno già 200 mila, la UE imperialista risponde quindi da par suo, pianificando cioè un’altra guerra in Libia e con altre misure criminali per respingere o impedire la partenza dei migranti in fuga dalle guerre e dalla fame, mentre si mostra completamente sorda e cieca di fronte al problema dell’accoglienza dei rifugiati già arrivati sul suo suolo e divisa sulla loro distribuzione tra tutti i Paesi aderenti, perfino nella misura ridicola delle poche migliaia che si dice disposta ad accettare. PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it imperialismo italiano / il bolscevico 5 N. 21 - 28 maggio 2015 L’ha stabilito il Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella L’imperialismo italiano si concentra sulle regioni “euro-atlantica” e “euro-mediterranea” Il “Libro Bianco” della difesa ritiene che il nostro Paese deve essere pronto “ad assumersi dirette responsabilità in risposta a situazioni di crisi” ed essere preparato a interventi di pacificazione e stabilizzazioni L’Italia di Renzi e Mattarella si prepara a interventi militari in Libia e contro il “terrorismo” Il 21 aprile, mentre Renzi si accingeva a chiedere al parlamento nero un mandato pieno per trattare con la UE sull’emergenza immigrazione, comprendente l’intervento militare a guida italiana in Libia che sta già preparando, al Quirinale si teneva la riunione del Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella, con al centro la situazione internazionale e l’approvazione del “Libro bianco” della ministra della Difesa, Roberta Pinotti, per ridefinire il nuovo modello di difesa interventista pensato prioritariamente proprio in funzione dei conflitti nella regione euro-mediterranea, pur senza rinunciare al ruolo strategico-militare consolidato dell’Italia nella regione euro-atlantica. La non casuale coincidenza ha fatto quindi di questo vertice presieduto dal capo dello Stato, con i principali ministri del governo e i massimi vertici militari, un vero e proprio consiglio di guerra per pianificare un imminente intervento militare italiano in Libia sotto l’ombrello dell’ONU, tant’è vero che nel comunicato ufficiale si parla di “un generale peggioramento degli scenari di crisi e di conflitto” in quest’area, e che “al riguardo, si è convenuto sulla necessità di focalizzare l’impegno del sistema-paese nelle aree di crisi di più immediato e concreto interesse per la sicurezza nazionale, a partire dalla Libia”. Ma con l’approvazione del “Libro Bianco” è stato anche impostato il lavoro per trasformare, attrezzare e riprogrammare l’esercito interventista italiano verso altre future avventure militari a “largo raggio”, in tutti i teatri internazionali dove siano in gioco gli “interessi vitali” dell’imperialismo italiano. In particolare, appunto, nella regione euro-mediterranea, comprendente il Nord-Africa con la Libia, ma con propaggini anche nel Medio Oriente e nel Corno d’Africa, che rappresentano storicamente le direttrici di espansione del colonialismo italiano. Il pretesto per dotare l’imperialismo italiano di uno strumento militare capace di dargli una simile operatività regionale e finanche globale non poteva che essere, ovviamente, il “terrorismo”, con le “nuove e crescenti minacce” portate da organizzazioni come AlQaeda, e soprattutto dallo Stato islamico (“gruppi in grado di prendere il controllo di intere aree sulle quali esercitare un potere civile, militare, economico e giudiziario”, li definisce il Libro). Ma tra i fattori causa di possibili crisi e conflitti ci mette anche le spin- Unità della Marina militare, con in testa la portaerei ammiraglia Cavour durante una esercitazione. La Marina militare ha un ruolo di primo piano nella politica imperialista sostenuta dal governo Renzi in particolare nel Mediterraneo te alle migrazioni, con i “flussi incontrollati di rifugiati” che vengono implicitamente additati come potenziali veicoli di infiltrazioni terroristiche. Nella prefazione al Libro che ha voluto fare personalmente, assicurando il suo impegno e di tutto il governo per sostenere quanto vi è indicato, Renzi scrive infatti che “nuove minacce adombrano le nostre libertà, prima tra tutte quella terroristica, i cui attacchi sono sempre più portati all’interno del nostro continente. Il Mediterraneo, nel cui bacino il nostro Paese è storicamente, politicamente ed economicamente collocato, è tornato a richiamare su di sé l’attenzione internazionale per le crisi e i conflitti che vi si concentrano”. Ragion per cui, l’Italia “deve adeguare i suoi strumenti d’azione, tra cui in primis quello militare, per mantenerli idonei a gestire le nuove sfide alla sicurezza internazionale e assicurare la migliore difesa del Paese”. Le due aree prioritarie di intervento Il Libro ribadisce naturalmente che lo spazio euro-atlantico “rappresenta il fulcro degli interessi nazionali e, in quanto tale, la sua sicurezza costituisce la priorità assoluta del Paese”; che “la piena e convinta adesione nazionale all’alleanza atlantica e lo sviluppo di un processo di progressiva integrazione delle Difese dei paesi dell’Unione europea sono le chiavi di volta” della sicurezza e difesa nazionale; e che la NATO è “uno dei più saldi e duraturi pilastri dell’equilibrio mondiale” (NATO forever, insomma, come conferma la partecipazione di cacciabombardieri italiani ai provocatori pattugliamenti ai confini russi). Ma riaffermato ciò sottolinea anche che l’Italia, per “la posizione geografica, i flussi economico-commerciali e l’interconnessione storicoculturale” è al centro di un’ampia e peculiare zona, definibile come euro-mediterranea, assai instabile e in preda a frequenti crisi, e che c’è “un interesse vitale nazionale” ad operare per stabilizzarla, e ad assumere “maggiori responsabilità e un ruolo di partecipante attivo allo sforzo della comunità internazionale per risolvere tali situazioni di crisi”. Cosìcché, prosegue il Libro, “per l’Italia non è possibile disgiungere la sicurezza della regione euro-mediterranea da quella euro-atlantica, essendo ambedue elementi essenziali e complementari della cornice di sicurezza e difesa nazionale”. Anzi, nell’attuale fase di instabilità di tutta l’area, “la zona euro-mediterranea rappresenta la principale area d’intervento nazionale”, e stabilizzare i Paesi che affacciano sul Mediterraneo è “un obiettivo prioritario per il nostro Paese”. E a questo scopo - sottolinea ancora il Libro venendo al dunque - “qualora specifiche circostanze lo richiedano, la Difesa deve essere pronta ad assumersi dirette responsabilità in risposta a situazioni di crisi ed essere preparata ad interventi di pacificazione e stabilizzazione deliberati dalla comunità internazionale. In taluni casi, l’Italia potrà anche assumere l’onere di guidare, in qualità di Nazione leader, tali operazioni, in particolare in quelle aree ove la conoscenza diretta delle situazioni è maggiore per vicinanza storica, sociale o culturale”. È questa la cornice politica e legale che Renzi e Pinotti, con l’avallo di Mattarella, si sono dati per giustificare chiaramente un prossimo intervento italiano in Libia sulle orme di Mussolini, ma anche per ogni altra futura avventura neocolonialista in tutta la regione e anche oltre, visto che il Libro include nelle propaggini collegate a quest’area anche i Paesi arabi del Medio Oriente, il Golfo Persico, il Corno d’Africa e perfino il Sahel, ossia i Paesi a sud della fascia sahariana. Questa rappresenta una novità assoluta che il nuovo duce Renzi ha tirato fuori dal suo sacco, perché mai fino ad ora l’Italia si era spinta a rivendicare il ruolo di “nazione leader” nelle missioni internazionali. Un esercito interventista più “pronto” e “proiettabile” Secondo la dottrina del “Libro Bianco”, quindi, la “difesa” dell’Italia non si può limitare al territorio nazionale, e nemmeno alla sola regione euro-atlantica come stabilito dalle alleanze di cui fa parte, ma va estesa alla regione euro-mediterranea e potenzialmente a tutto il mondo. Un modo ipocrita per giustificare gli appetiti neocolonialisti e interventisti del rinato imperialismo italiano che Renzi, Pinotti e Mattarella ben rappresentano. Una tale dottrina necessita di un modello di forze armate professionali in- terventiste ben foraggiate, armate e addestrate e con spiccate capacità di “proiettarsi” rapidamente sui più disparati teatri di crisi e di conflitti, ed eventualmente anche stazionarvi a lungo. Da qui la revisione strategica delle forze armate, l’unico settore dello Stato a non dover subire tagli alla spesa (anzi, in prospettiva e secondo le raccomandazioni NATO dovrebbe aumentare “almeno” fino al 2% del Pil), ma che prevede di concentrare di più le risorse sull’ammodernamento, sui sistemi d’arma e sull’addestramento a fronte di un dimagrimento nel personale fisso sia militare che civile, per un modello di esercito interventista meno numeroso ma ringiovanito negli effettivi, meglio pagato, addestrato, armato ed equipaggiato, e dotato di una “postura” adatta al nuovo ruolo interventista che gli si richiede, basata sulla sua “utilizzabilità”, “sostenibilità” e “proiettabilità”. Una forza “snella”, ma armata fino ai denti con strumenti tecnologicamente di avanguardia, e sempre pronta per rispondere immediatamente a quattro obiettivi: operazioni di “tempestiva tutela degli interessi vitali nazionali”, operazioni di “pace e stabilizzazione” internazionali, attività di “supporto specialistico e addestrativo” (di forze di governi locali alleati) e attività di “concorso alla salvaguardia delle istituzioni” (leggi, essere sempre pronte a reprimere e schiacciare eventuali moti o insurrezioni popolari per difendere lo Stato capitalista). Un esercito di tal fatta ha bisogno di forze giovanili, ed è qui che si vede il ruolo particolarmente sporco giocato dal PD di Renzi, per attrarre i giovani nelle forze armate e cercare di migliorare i rapporti tra militari e popolazione. Nel “Libro Bianco”, infatti, si calca particolarmente l’accento sulla priorità di offrire ai giovani che si arruolano forti incentivi economici e professionali e aiuto per il reinserimento lavorativo nella vita civile, attraverso uno specifico “Progetto giovani” e un “Proget- to lavoro futuro”. Inoltre si prevedono futuri programmi di “collaborazione” tra centri di ricerca tecnologica militare e centri di ricerca universitaria, così da poter sfruttare studenti e ricercatori universitari come “stagisti” a basso costo col miraggio di un impiego nel personale civile della Difesa. Col che si arriverà rapidamente ad un asservimento delle Università e della ricerca scientifica ai finanziamenti e alle esigenze delle gerarchie militari, come avviene già per le Università americane. Ignorata la riduzione degli F35 Un’altra operazione particolarmente infame che la Pinotti ha fatto con questo “Libro Bianco” è stata quella di “dimenticarsi” scientemente degli F35, che non vengono neanche nominati, quando una mozione del parlamento del 24 settembre 2014 (a firma fra l’altro di un deputato del suo stesso partito, Scanu) l’aveva impegnata a dimezzare le spese per i costosissimi cacciabombardieri. Lei aveva chiesto e ottenuto di rinviare tutto ad un piano di riduzione delle spese da presentare contestualmente al “Libro Bianco”. Ma dopo tutti questi mesi, mentre nel frattempo il programma di acquisto degli F35 è andato avanti, di questo piano non c’è ancora traccia, né lei si è degnata nemmeno di nominarlo. In compenso nel Libro della generalessa Pinotti si stabilisce un nuovo meccanismo di controllo parlamentare sulle spese militari per armamenti, che non sarà più fatto anno per anno, ma avverrà in base a una legge di acquisto pluriennale di investimento contenente tutti i programmi di acquisto di armamenti previsti nell’arco di sei anni. Legge che verrebbe sottoposta solo ogni tre anni all’approvazione delle aule parlamentari e non più alle commissioni Difesa, così da ridurre ulteriormente la frequenza e la già scarsa efficacia dei controlli del parlamento sulle decisioni dei vertici militari. Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI chiuso il 20/5/2015 ISSN: 0392-3886 ore 16,00 6 il bolscevico / contro la “Buona scuola” N. 21 - 28 maggio 2015 Bocciato il metodo di valutazione meritocratico Successo del boicottaggio del quiz Invalsi Un’altra dura batosta all’arroganza del governo e del nuovo duce Renzi è arrivata dalle masse studentesche in lotta! Il 5 maggio, si sarebbe dovuta tenere la prima trance dei famigerati test Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione), per valutare gli studenti delle scuole elementari e nei giorni a seguire quelli delle classi seconde delle scuole superiori. Ma il 5 maggio era anche la giornata della grande mobilitazione nel mondo della scuola con lo sciopero proclamato dai Cobas contro la “riforma” neofascista di Renzi e Giannini denominata la “Buona scuola”, che ha visto scendere in piazza decine di migliaia di studentesse e studenti, insegnanti, personale Ata, ecc. Davanti al rischio di veder saltare le prove Invalsi a causa dello sciopero, e per non rinunciare a questo odiosissimo, nonché costosissimo (circa 14 milioni di euro l’anno) sistema di schedatura discriminatorio, antistudentesco, antipopolare, xenofobo, antidisabili, meritocratico e selettivo di stampo classista e punitivo verso gli studenti non allineati, attraverso le dichiarazioni di Anna Maria Ajello presidente dell’istituto con la complicità della ministra Giannini e del suo dicastero (che controlla l’istituto Invalsi) si annunciava la decisione di spostare le date fissate per giorno 5 e 6 maggio delle elementari rispettivamente al 6 e 7 maggio, confermando invece la data del 12 maggio per gli studenti del secondo anno delle scuole superiori. Con questa mossa, il ministero dell’istruzione e il governo speravano di aver scampato un possibile boicottaggio di massa degli Invalsi almeno a livello di istituti elementari, ma le masse studentesche hanno risposto pan per focaccia alla Giannini promuovendo attraverso l’Unione degli studenti (UDS), ed il sindacato Cobas, una grande giornata mobilitazione generale e di sciopero del comparto scolastico il 12 maggio per boicottare i testi Invalsi, preceduta nei giorni precedenti dal boicottaggio delle prove degli alunni delle elementa- Il maggior successo nel Sud. A Palermo il 92% degli studenti non ha partecipato alle prove. Sciopero indetto dai Cobas scuola ri che supportati da insegnanti e tantissimi genitori coscienti della natura antipopolare di questi test, in larga parte non hanno mandato i loro figli a scuola nei giorni in cui il governo aveva fatto slittare le prove. Un boicottaggio, quello del 12 maggio pienamente riuscito da Nord a Sud del Paese. I dati parlano chiaro, il 23% degli studenti non ha effettuato i test, e se a questa percentuale si aggiungono i migliaia di test lasciati in bianco e le prove invalidate questa percentuale sale e di molto. Le masse studentesche e giovanili del Sud sono state l’avanguardia in questa giornata di lotta registrando punte altissime di boicottaggio che in alcuni casi sfiorano il 100% A Palermo dopo la protesta dei genitori delle scuole elementari, che il 6 e 7 maggio hanno fatto saltare le prove in circa un terzo delle classi seconde e quinte della primaria palermitana, arriva la mazzata della scuola secondaria superiore. Secondo dai dati che trapelano dai licei della città, le classi che hanno potuto svolgere il consueto test annuale che sonda le competenze in Lettura e Matematica degli studenti delle seconde classi della scuola superiore sono state pochissime arrivando alla cifra record del 92% di studenti che hanno di fatto boicottato il test. In una decina di licei si è verificato addirittura il 100% dei boicottaggi: con tutte le seconde assenti e i docenti somministratori con i test sulla cattedra senza sapere cosa fare. A Catania la lotta contro i test ha portato a un pressoché totale svuotamento delle classi, per quanto riguarda gli studenti fuori dalle aule, si sono radunati in presidi con striscioni davanti a tutte le scuole della città. A Cosenza durante la mattinata ci sono stati i boicottaggi negli istituti, nel pomeriggio si sono svolte una serie di assemblee pubbliche contro Invalsi e “Buona scuola”, con interventi da Palermo, 5 maggio 2015. Durante la manifestazione per lo sciopero generale dei lavoratori della scuola contro la “riforma” di Renzi, gli studenti hanno bruciato gli odiati Invalsi (in primo piano davanti lo striscione dello spezzone studentesco) parte di professori. A Lamezia Terme un corteo studentesco si è dipanato per la città, mentre nelle classi hanno boicottato i test. A Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, hanno scioperato la stragrande maggioranza degli studenti del Liceo scientifico statale “Michele Guerrisi”. A Bari gli studenti hanno lasciato le classi totalmente vuote e al liceo classico si sono riuniti in assemblea autoconvocata. A Brindisi, boicottaggio che ha sfiorato il 100% al Carnaro, al Pertini, al Fermi, al Monticelli, al Palumbo, al Giorgi, al Ferraris, al Majorana di Brindisi. A Napoli quasi tutte le aule erano deserte, gli studenti si sono trovati davanti scuola e tranne in pochi casi hanno tutti deciso di rimanere fuori mostrando la propria contrarietà ai test. I pochi entrati hanno anch’essi boicottato i test. Si sono radunati poi in mattinata in Piazza Dante, per un’assemblea pubblica. Due i cortei che hanno sfilato per le strade della città con cori contro il DDL “Buona scuola”. I cortei si sono diretti verso Piazza Municipio dove uno schieramento di polizia ha impedito ai manifestati di dirigersi a via Santa Lucia, alla sede della regione Campania. A Caserta la maggior parte degli studenti non è andata a scuola, chi ha sostenuto le prove invece, le ha consegnate in bianco. A Benevento durante la mattinata molti studenti hanno partecipato al presidio in Piazza Risorgimento, nelle classi si sono presentati pochissimi studenti. A Roma attraverso tantissimi boicottaggi e iniziative la lotta contro le Invalsi ha preso forza. C’è stato anche un corteo che si è diretto sotto la sede nazionale dell’Istituto Invalsi. A Bologna tantissimi i boicottaggi dentro le scuole, che hanno visto in tutta la città gli istituti semideserti, e la pubblicazione sui social di un’enorme quantità di foto di test invalidati dagli studenti. A Ravenna quasi la totalità degli studenti hanno boicottato i test, rilevante la classe campione scelta nel liceo artistico, che si è trovata senza alcun alunno in classe per svolgerli. A Cremona gli studenti si sono riuniti in presidio discutendo animatamente sulla pericolosità degli invalsi, anche con operatori scolastici. Dopo il presidio, che ha visto anche la provocazione della polizia che intimava ai manifestanti il divieto di usare gli amplificatori, gli studenti hanno raggiungo il centro sociale Csa Dordoni e lì fatto un aperitivo di socialità e aggregazione. A Mantova 2 studenti su 3 hanno boicottato le prove. A Brescia corteo del Kollettivo Studenti in Lotta partito da Piazza Garibaldi contro il ddl “Buona scuola”, le prove Invalsi, ma anche contro la settimana corta che la provincia di Brescia ha deciso di imporre a tutti gli isitituti bresciani. Una decisione ancora una volta calata dall’alto e che porterà tra l’altro un risparmio irrisorio rispetto al disagio che provocherà alle stesse scuole e agli studenti. La manifestazione si è conclusa in tarda mattinata al parco Campo Marte. A Torino gli studenti che hanno boicottato i test, si sono trovati subito dopo l’entrata scolastica per una colazione NoInvalsi. Ad Alessandria gli studenti davanti alle scuole già da prima del suono della campanella, hanno appeso striscioni e distribuendo volantini invitando al boicottaggio gli altri. Negli istituti le poche persone presenti hanno strappato i codici, vi hanno attaccato sopra l’adesivo “NoInvalsi” e scritto frasi contro i test. Ma queste sono solo una serie di città, il boicottaggio è stato generale in ogni città, tra Aosta, Chieti, Catanzaro, Lucca, Vasto, Modena, Val di Susa...e moltissime altre, non si contano le notizie delle prove invalidate e le esperienze di tantissimi studenti che si sono opposti al modello di questi test. Questa grande giornata di mobilitazione delle masse studentesche e dell’intero mondo della scuola contro gli Invalsi è stata anche una ennesima grande mobilitazione, da come si può ben capire dagli slogan lanciati nelle piazze, contro la “Buona scuola” del nuovo duce Renzi e della sua gerarca Giannini. Le masse popolari e studentesche hanno infatti capito come gli Invalsi che mirano a creare discriminazione sociale favorendo gli studenti di estrazione borghese, rendendo al contempo difficile l’accesso all’istruzione per quelli di estrazione operaia e popolare, siano un’appendice della controriforma neofascista della scuola che punta, attraverso l’autonomia e la meritocrazia, alla creazione di scuole di serie A e di serie B, dove saranno proprio gli Invalsi a delineare quali scuole saranno “meritevoli” (e non è difficile immaginare che saranno le scuole frequentate dai figli della borghesia) di incentivi economici da parte del governo e quali invece verranno lasciate a bocca asciutta dovendo ricorrere ai sostegni dei finanziatori privati. Davanti a questo progetto di fascistizzazione della scuola pubblica voluta dalla classe dominante borghese in camicia nera, e realizzata dal suo pupillo Renzi, la coraggiosa lotta per la cancellazione degli invalsi e del DDL “buona scuola” non basta, bisogna che le masse studentesche e tutto il mondo della scuola rivendichino con forza, continuando a battersi nelle scuole, nelle università e nelle piazze, la cacciata del governo Renzi. Presidii di protesta davanti a Montecitorio mentre il parlamento nero approva a tappe forzate i primi articoli della controriforma Scrutini a rischio. Non c’e’ intesa tra sindacati e governo sulla “Buona scuola” Il governo Renzi va avanti senza ascoltare la protesta di lavoratori, studenti e famiglie e accelera l’iter di approvazione del DDL sulla “Buona scuola”. Mentre scriviamo, e l’aula di Montecitorio è circondata da un presidio di protesta unitario che durerà tre giorni, è passato il contestatissimo articolo 9, che scardina il contratto nazionale di categoria e conferisce poteri fascisti al dirigente scolastico. La totale chiusura del governo alle istanze dei lavoratori della scuola, degli studenti e delle famiglie ha alzato il livello dello scontro. Intanto, lo sciopero degli scrutini e di tutte le attività della scuola è stato indetto dai Cobas nei due giorni consecutivi alla fine delle lezioni, mentre gli studenti hanno proclamato ieri tre giorni di manifestazione in tutti gli istituti scolastici d’Italia. Anche la CGIL, nel rispondere alle illegittime minacce di precettazione agitate del Garante sugli scioperi, Roberto Alesse, ha già detto di volere ricorrere allo sciopero degli scrutini, in quanto previsto dalle norme. “Noi vogliamo poter scioperare anche nel periodo degli scrutini”, ha detto il segretario della FLC-CGIL, Domenico Pantaleo, il 15 maggio, durante l’assemblea aperta organizzata dai FLC, CISL e UIL Scuola, Snals e Gilda di Roma e Lazio in piazza del Pantheon nella Capitale, durante la quale c’è stata anche la dura contestazione delle renziane Anna Ascani e Simona Malpezzi: “A casa! A casa!” Nella stessa assemblea Massimo Di Menna (Uil Scuola) ha affermato “Il governo ha creato uno scontro con la scuola e quindi con il Paese. Lo sciopero degli scrutini è una forma di lotta necessaria che il governo non può evitare. Andremo avanti”. Come avverrà lo sciopero degli scrutini Intorno alla possibile proclamazione unitaria dello sciopero degli scrutini si è scatenata la rabbiosa reazione del governo e del PD di Renzi. Tra gli interventi mirati ad intimidire gli insegnanti, da notare quello di Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di garanzia sugli scioperi, colui che durante la XIV legislatura è stato nominato dai governi Berlusconi I e II consigliere giuridico del Vice presidente del Consiglio dei ministri e del ministro degli Affari esteri. Il garante, minacciando la precettazione, è evidentemente uscito dal suo ruolo e con una sporca operazione politica ha dato man forte alla volontà di Renzi di soffocare e criminalizzare la rivolta della scuola. In realtà Alesse sa benissimo che le varie controriforme sul diritto allo sciopero nei servizi essenziali, in primo luogo la legge del 12 giugno 1990, n. 146, hanno reso impossibile il blocco degli scrutini, non si pone quindi la questione delle precettazioni. Sa, peraltro, che è ancora garantito lo sciopero degli stessi, quello per l’appunto proclamato dai Cobas e che le altre sigle hanno annunciato di voler proclamare. Nello specifico, i lavoratori non sono precettabili, a condizione che non siano effettuati scioperi a tempo indeterminato; che ciascuna azione di sciopero non superi, per ciascun ordine e grado di scuola i due giorni consecutivi; che tra un’azione e la successiva intercorra un intervallo di tempo non inferiore a sette giorni; che non si scioperi per le classi che debbano svolgere esami conclusivi dei cicli di istruzione; che non si differiscano le operazioni di scrutinio per più di 5 giorni rispetto alla scadenza programmata. Tutte condizioni rispettate sia dallo sciopero proclamato dai Cobas, sia da quelli che auspicabilmente verranno proclamati nei prossimi giorni dalle altre sigle. Peraltro, le limitazioni agli scioperi nei servizi essenziali non si applicano nei casi in cui le la- voratrici e i lavoratori scioperino in difesa dell’ordine costituzionale. E con il governo Renzi siamo proprio nel caso di violazione aperta di stampo fascista della carta costituzionale borghese, dal momento che con la “Buona scuola” di Renzi verranno scardinati gli articoli 33 e 34 della costituzione borghese, che prevedono la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione “inferiore” da impartire per almeno otto anni, la libertà d’insegnamento, e la non finanziabilità con fondi pubblici degli istituti privati. Il PMLI appoggia, dunque, l’ipotesi dello sciopero degli scrutini, come tutte le forme di lotta di massa decise dalle lavoratrici e dai lavoratori della scuola. Le organizzazioni sindacali e i lavoratori non devono lasciarsi intimidire e devono andare avanti, mettendo con le spalle al muro il governo. È Renzi, secondo legge, che deve emanare l’ordinanza di precettazione, in questo caso fascista oltre che illegale, e prendersi la responsabilità di mettere sulla carta una eclatante violazione dei diritti costituzionali, delle leggi sullo sciopero, del contratto nazionale di categoria. È auspicabile che lo sciopero degli scrutini abbia la proclamazione unitaria di tutti i sindacati, questo è il miglior modo per dare l’altolà a Renzi e Giannini, rendere forte ed incisiva questa forma di lotta, impedire ai dirigenti filorenziani di fare pressioni e minacce nelle scuole pur di portare a casa il risultato. Una vicenda che comunque mostra l’insofferenza fascista e piduista del governo del nuovo duce e delle istituzioni borghesi a lui asservite verso le rivendicazioni delle masse lavoratrici e il diritto allo sciopero. Il problema, dunque, qui non è soltanto rispedire al mittente la “Buona scuola”, ma spazzare via questa melma fascista che ci governa attraverso un fronte unito di tutte le lotte in corso, dalle fabbriche, alle scuole, alle università. interni / il bolscevico 7 N. 21 - 28 maggio 2015 La sentenza della Consulta sulle pensioni va applicata subito Il governo deve rimborsare alcune migliaia di euro a pensionato ma pensa di cavarsela con un bonus da 270 a 750 euro I diritti acquisiti dai lavoratori e dai pensionati non si toccano La Corte Costituzionale, con la sentenza n° 70/2015, ha dichiarato illegittimo aver annullato l’adeguamento all’inflazione delle pensioni nel biennio 2012-2013. Il riferimento è alla mancata perequazione delle pensioni che superavano di tre volte il trattamento minimo (481 euro lordi) attuato dal governo Monti, insediatosi dopo la caduta di Berlusconi, e sostenuto da quasi tutti i partiti borghesi, in primis il PD e Forza Italia. La famigerata “norma Fornero” che bloccò la rivalutazione dell’assegno a milioni di pensionati che molti si ricorderanno per la sceneggiata che la ministra fece in conferenza stampa a fine 2011 quando presentò, al fianco di Monti, il provvedimento “Salva Italia” piangendo lacrime di coccodrillo davanti alle telecamere. La controriforma Fornero portò tanti altri danni trasformando il sistema pensionistico pubblico italiano in uno dei peggiori a livello europeo sia per l’avanzato limite minimo di età, 67 anni, sia per la bassa retribuzione. Rimanendo alla sentenza, questo blocco è stato giudica- to incostituzionale perché viene giustificato con la “contingente situazione finanziaria”, ovvero motivazioni “blande e generiche”. La Consulta inoltre ricorda che “per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva... con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività” Senza addentrarci troppo nella sentenza, questa alla fine stabilisce come quella norma del governo Monti sia in contrasto con diversi articoli della Costituzione e lo Stato dovrà rimborsare i pensionati. In particolare non rispetta l’eccezionalità degli interventi di emergenza perché questi blocchi sono sempre più frequenti, di durata troppo lunga e definitivi senza la possibilità di essere in seguito reintegrati e rispetto ad interventi precedenti colpisce anche le pensioni più modeste. Sopratutto non rispetta la proporzionalità poiché il blocco è uguale per tutti, (in questo caso il 100%) indipendentemente dall’entità dell’assegno percepito. In soldoni lo Stato dovrà restituire complessivamente 18 miliardi di euro ma Renzi ha già detto che ne metterà sul piatto solo due. I sindacati invece pretendono che venga restituito tutto. Il governo cerca di giustificarsi tirando in ballo il fatto che ne beneficerebbero anche le pensioni alte. Questo è vero ma la Consulta non poteva scendere in questi particolari ma solo decidere se, per la Costituzione vigente, era legittimo o no il blocco delle pensioni. Ma il nuovo duce Renzi e i suoi ministri mentono quando vogliono fare credere che il provvedimento ha danneggiato solo i ricchi perché basta guardare l’entità degli assegni pensionistici per capire che Monti e la Fornero colpirono in larga misura pensioni modeste e “normali”. Intanto ben 19 milioni di pensioni su 23 sono al di sotto la cifra del triplo di quelle minime ossia 1.443 euro lordi, 1.100 netti; un quadro generale che ci mostra che la maggioranza dei pensionati vive in povertà. Quindi la platea si restringe a 4 milioni di cui tre si concentra nella fascia da 3 a 5 volte il minimo, cioè tra 1.443 e 2.405 euro lorde. Difficile definire “d’oro” pensioni sotto i 2.000 euro netti mensili specie se servono anche a sostenere figli e nipoti disoccupati o precari. Altri 475.028 assegni avevano importi oscillanti tra 2.405 e 2.886 euro; nella fascia superiore si contavano 213.989 assegni di valore fino a 3.367 euro e 116.656 arrivavano a 3.848, sempre netti, quindi da decurtare del 30%. Le vere super pensioni, quelle che sfondano i 10mila euro lordi (6-7mila euro netti) sono solo 6.833. I pensionati adesso aspettano gli arretrati, cifre non indifferenti che solo per le pensioni più basse, quelle di 1.100 euro netti, si aggirerebbero secondo uno studio Uil, intorno ai 2450 euro, circa 85 euro lordi al mese, e superano i 100 euro per quelle intorno ai 1.500 netti. La sentenza della Consulta deve essere rispettata e ai pensionati deve essere restituito il maltolto. Quando sono state salvate banche in crisi i sol- di si sono trovati subito, e tanti. Ma nonostante il giudizio della Consulta non ammetta repliche Renzi, alcuni suoi ministri e alti esponenti della finanza cercano di ribaltare la frittata e usare questa sentenza per fare propaganda e peggiorare ulteriormente il sistema pensionistico. Renzi in tv, ospite dell’“Arena” di Giletti, ha affermato che il cosiddetto “tesoretto”, i quasi 2 miliardi di avanzo pubblico, sarà destinato ai pensionati, come se il parziale rimborso (si parla di un bonus di 500 euro a fronte delle migliaia dovute) fosse un regalo del suo governo. Ma qualcuno si è spinto ancora più in là. L’attuale presidente dell’Inps, Tito Boeri e l’ex commissario straordinario Treu, hanno colto la palla al balzo per lanciare un presunto allarme sui conti dell’Inps che andrebbero risanati praticando il sistema contributivo per tutti. In pratica si vorrebbe togliere a coloro che nel 1995 (cioè prima dell’entrata in vigore della “riforma” Dini) avevano raggiunto 18 anni di contributi il diritto a una pensione basata sulla retribuzione percepita anziché sui contri- buti versati. Addirittura hanno proposto di taglieggiare chi è già in pensione con il vecchio sistema con una supertassa del 20-30% da applicare a chi usufruisce del più favorevole retributivo. Nella conferenza stampa del 18 maggio Renzi, e i ministri Padoan e Poletti hanno sommariamente illustrato il loro misero bonus che andrà alle pensioni fino a 3.200 euro lordi. “Se tu prendi 1.700 euro lordi di pensione, l’1 agosto il bonus Poletti darà 750 euro, se 2.200 euro sarà di 450 euro, se 2.700 sarà di 278 euro. È un una tantum”, queste le parole di Renzi; il resto i pensionati se lo devono scordare. Il nuovo duce Renzi non se la può cavare con un bonus che non copre neppure un quarto del dovuto per le pensioni più basse, come dichiara anche la Cgil. Vanno restituiti tutti i soldi e in tempi brevi. La stessa controriforma pensionistica della Fornero dovrebbe essere messa nel mirino dai sindacati ed essere abolita e non permettere a nessuno di toccare ulteriormente diritti già acquisiti dai lavoratori e dai pensionati. Nuovo sistema retributivo della Fca Marchionne col bonus cancella il contratto nazionale, il sindacato e la paga base Barbagallo (Uil): “Un’era di nuove relazioni industriali”. Furlan (Cisl): “Un modello”. La Fiom non ci sta Il nuovo Valletta vuol cancellare la contraddizione tra capitale e lavoro Marchionne assieme alla direzione aziendale ha deciso il nuovo sistema retributivo per i dipendenti del gruppo automobilistico FCA (FiatCryslerAutomobiles). Sindacati? Contrattazione? Niente di tutto questo, per l’amministratore delegato del gruppo ai lavoratori ci pensa l’azienda, i sindacati si devono fare da parte. Ecco qual è il “modello Marchionne”. La stampa di regime ha fatto da grancassa a questa notizia puntando l’indice contro la Fiom che è contraria a questo metodo perché, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil anche di fronte a un aumento salariale direbbe sempre di no pur di andare contro il gruppo FCA. Quasi tutti a incensare Marchionne che promette fino a 7mila e anche 10mila euro per i prossimi 4 anni, ma le cose non stanno proprio così. Quello che è stato definito “bonus Marchionne” varierebbe a seconda dei volumi produttivi. Le stime per un operaio specializzato, quindi con un contratto medio-alto, sarebbero le seguenti: 1.400 euro annui nel triennio 2015-2017 e fino a 2.800 euro per il 2018, per un totale di 7.000 complessivi nel quadriennio (nel caso in cui i risultati economici siano conformi agli obiettivi fissati); 1.900 euro annui nel triennio 2015-2017 e 5.000 euro nel 2018, per un totale di 10.700 complessivi nel quadriennio (nel caso di risultati superiori alle attese). Nel caso del mancato raggiungimento di ogni obiettivo è prevista un’erogazione minima pari a 330 euro l’anno. Non possiamo sapere quali saranno gli obiettivi imposti dalla FCA ma si potrebbe verificare l’ultima ipotesi, cioè poco più di 300 euro l’anno mentre la paga di un operaio Fiat, a causa del mancato rispetto del contratto nazionale, è mediamente più bassa di 750 euro degli altri lavoratori metalmeccanici. Anche nel caso di un raggiungimento del bonus di 7mila euro questo non sarebbe niente di eccezionale, poiché in tante altre aziende del settore sono stati strappati premi di produzione maggiori. Solo a produzione massima si potranno avere dei guadagni, ma in questo modo si cancella la paga base e si reintroduce il cottimo. Più produci più guadagni e il cosiddetto rischio d’impresa viene scaricato sulle spalle del lavoratore. Il modello Marchionne quindi cancella il contratto nazionale, come la Fiat ha già fatto da anni perché l’azienda non vuole vincoli o regole di alcun genere, cancella la paga base sostituendola con uno stipendio variabile perché non vuole pagare la prestazione lavorativa ma un tanto al pezzo, ovvero a cottimo, ed elimina di fatto i sindacati, ridotti a porre una firma e l’assenso alle pretese padronali. È quello che hanno fat- to Fim Uilm Fismic e Ugl. Come ha detto il segretario della Fiom Landini, questo modello “cancella il ruolo del sindacato riducen- dolo a spettatore notarile”. Invano i vertici sindacali collaborazionisti cercano di presentare l’annuncio di Marchionne come chissà quale vittoria per i lavoratori. Barbagallo segretario nazionale della Uil parla di “un’era di nuove relazioni industriali” mentre la segretaria nazionale della Cisl Furlan lo ha definito “un modello” che dovrà essere esteso a tutte le aziende metalmeccaniche lasciando sottintendere anche agli altri settori. Ma il suo predecessore Bonanni (oggi pensionato d’oro) non disse a suo tempo che il modello Marchionne imposto a Pomigliano doveva rimanere un’eccezione e non era esportabile alle altre fabbriche italiane? A noi quella di Marchionne e della FCA ci sembra invece una visione di stampo corporativo fascista, dove gli interessi dei lavoratori sono subordinati a quelli dell’azienda e della borghesia nazionale. Relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano volute fortemente da Marchionne e da Renzi che trovano la loro applicazione pratica nel modello Pomigliano e legislativa nel Jobs Act. Il nuovo Valletta e il nuovo duce Massa, 28 gennaio 2011. Corteo regionale dei metalmeccanici della FIOM, nell’ambito dello sciopero generale nazionale di categoria. In primo piano il manifesto sul nuovo Valletta Marchionne denunciato fin da subito con un manifesto dal PMLI. Nella foto, a sinistra, il compagno Emanuele Sala, Responsabile del lavoro di massa del CC del Partito (foto il Bolscevico) da tempo agiscono all’unisono ed entrambi pensano, inutilmente, di cancellare la contraddizione tra capitale e lavoro. Emblematiche le parole di Marchionne: “negli scorsi anni Fca ha dovuto fare i conti con un sistema di relazioni industriali stagnante basato su sterili contrapposizioni tra capitale e lavoro. Quei giorni sono finalmente finiti. Quello che abbiamo proposto è un sistema che riconosce la centralità dei nostri lavoratori per il raggiungimento degli obiettivi del piano industriale”. Ma quale “centralità dei lavoratori”! Questo “nuovo sistema” prevede che decida tutto l’azienda e, come dice la Fiom “finge una partecipazione dei lavoratori ai destini aziendali su cui invece non hanno alcuna possibilità di parola”. Poi sarà il padrone a decidere quale “premio” elargire ai suoi dipendenti e comunque l’azienda cade sempre in piedi: se produce poco si rifarà almeno in parte sugli stipendi dei lavoratori, se andrà bene darà un contentino ma guadagnerà sull’aumento produttivo. L’FCA e Marchionne per il momento tirano dritto grazie anche al servilismo di Cisl, Uil e Ugl e alla poco determinazione di Fiom e Cgil, ma siamo certi che alla fine gli operai e i lavoratori sapranno uscire da questa situazione riaprendo una fase di lotta e di conflittualità con la multinazionale italo-americana. Tenere in pugno l’iniziativa politica di Giovanni Scuderi Proponiamo ai militanti e ai simpatizzanti del PMLI, un articolo del compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, pubblicato su “Il Bolscevico” n° 2 del 19/1/1995. Già dal titolo “Tenere in pugno l’iniziativa politica” si evince come con questo scritto il compagno Scuderi esorti tutto il Partito a non limitarsi alla partecipazione saltuaria a manifestazioni e iniziative in “calendario” o organizzate da altri, perché “solo un lavoro costante e quotidiano può dare i suoi frutti”. “Un lavoro legato alla realtà e alla problematica sociale in cui viviamo e operiamo”, continua il compagno Scuderi, invitando ancora una volta a radicarsi nei propri ambienti di vita, di lavoro e di studio. Una questione di cruciale importanza per il presente e il futuro del PMLI. Ora come allora ci troviamo di fronte a grandi battaglie politiche ed elettorali, dalle prossime elezioni amministrative parziali alle lotte in corso contro la “Buona scuola”, il Jobs Act e l’Italicum fascistissimum di Renzi, i marxisti-leninisti devono fare la loro parte non solo per vincere queste battaglie ma anche e soprattutto per emergere quali avanguardie delle masse popolari e lavoratrici in lotta, per farlo, ci indica il compagno Scuderi “è assolutamente necessario tenere in pugno l’iniziativa politica”. Non solo a livello nazionale e su questioni generali, ma anche a livello locale e su questioni particolari. La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI Là dove siamo presenti, nei luoghi di lavoro, di studio e di vita, dobbiamo tenere in pugno l’iniziativa politica. Sempre, ogni giorno e con continuità, non in maniera saltuaria e frammentaria. Per le questioni ordinarie e per le questioni straordinarie. Non solo sul piano della propaganda (diffusioni e affissioni), ma anche sul piano dell’agitazione e delle denunce politiche e sindacali nel lavoro di massa. Non solo nelle grandi occasioni e durante le mobilitazioni delle masse locali, provinciali, regionali e nazionali. Solo un lavoro costante e quotidiano può dare i suoi frutti. Un lavoro legato alla realtà e alla problematica sociale in cui viviamo e operiamo. Un lavoro di tipo sindacale, studentesco e sociale. Un lavoro politico che tenga costantemente sotto tiro la giunta della propria città. Bisogna calarsi profondamente nella propria realtà economica, sociale e politica per esprimerne i problemi e i bisogni. Bisogna sempre di più entrare in merito alle questioni specifiche della propria città, quartiere, fabbrica, scuola, ateneo. Questo è l’anello mancante, in generale, del nostro lavoro di massa. E ciò condiziona gravemente lo sviluppo del Partito a livello locale e nazionale. “Bisogna quindi con urgenza forgiare e saldare agli altri anelli l’anello del lavoro locale, specifico, senza il quale è ben difficile che le masse ci riconoscano come i loro rappresentanti” (Documento del CC del PMLI del 20.02.88). In ogni luogo di lavoro, di studio e di vita ci sono dei problemi, delle rivendicazioni e delle contraddizioni ai quali va data la nostra risposta. Specie quando nessuno si muove e le masse hanno bisogno di qualcuno che le organizzi e guidi, oppure quando è necessario risvegliarle e invitarle alla lotta. In ogni luogo di lavoro, di studio e di vita dobbiamo essere degli agitatori, dei combattenti di prima linea, degli organizzatori delle masse e delle lotte. Mai dobbiamo starcene con le mani in mano e vivere al rimorchio degli eventi. Dobbiamo prendere l’esempio dai compagni e dalle istanze più combattivi e imparare dalle esperienze più avanzate del Partito. Specialmente ora che si preannunciano delle grandi battaglie politiche, elettorali e referendarie dobbiamo capire che è assolutamente necessario tenere in pugno l’iniziativa politica. (Articolo di Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, pubblicato su “Il Bolscevico” n° 2 del 19/1/1995) Marx / il bolscevico 9 N. 21 - 28 maggio 2015 1818 – 5 maggio – 2015 197° Anniversario della nascita del Grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore del socialismo scientifico - 3ª puntata Marx ha svelato al proletariato il compito storico di rovesciare il capitalismo e conquistare il socialismo Lenin: “Karl Marx1 (Breve saggio biografico ed esposizione del marxismo)” volse la sua attenzione, e aprì la via a uno studio scientifico della storia come processo unitario e sottoposto a leggi, nonostante tutta la sua formidabile complessità e le sue contraddizioni. Continuiamo la pubblicazione dell’importante opera di Lenin, “Karl Marx (Breve saggio biografico ed esposizione del marxismo)”. Il titolo che qui compare è redazionale. La prima puntata è apparsa sul n. 18 a pag. 5, la seconda sul n. 20 a pag. 9. La lotta di classe La concezione materialistica della storia Consapevole dell’incoerenza, dell’imperfezione, della unilateralità del vecchio materialismo, Marx si convinse della necessità di “mettere d’accordo la scienza della società con la base materialistica e di ricostruirla sopra di essa”. Se il materialismo in generale spiega la coscienza con l’essere, e non viceversa, ciò vuol dire che, applicato alla vita sociale dell’umanità, il materialismo esige che si spieghi la coscienza sociale con l’essere sociale. “La tecnologia - scrive Marx (Il Capitale, vol. I) - svela il comportamento attivo dell’uomo verso la natura, l’immediato processo di produzione della sua vita, e con essi anche l’immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali e delle idee dell’intelletto che ne scaturiscono”24. Una formulazione completa dei principi fondamentali del materialismo, esteso alla società umana e alla storia, è data da Marx nella sua prefazione all’opera Per la critica dell’economia politica con le parole seguenti: “Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi si erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca Marx , Londra 1869 di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione... A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno, possono essere designati come epoche che marcano il progresso nella formazione economica della società”25. (Cfr. la breve formulazione di Marx nella lettera a En- gels del 7 luglio 1866: “La nostra teoria per cui l’organizzazione del lavoro è determinata dai mezzi di produzione”26). La scoperta della concezione materialistica della storia, o, più esattamente, l’applicazione coerente e l’estensione del materialismo al campo dei fenomeni sociali, eliminò i due principali difetti delle precedenti teorie storiche. In primo luogo queste, nel migliore dei casi, tenevano conto solo dei motivi ideologici dell’attività storica degli uomini senza ricercare le cause che provocavano questi motivi, senza afferrare le leggi oggettive dello sviluppo del sistema dei rapporti sociali, senza vedere che le radici di questi rapporti si trovano nel grado di sviluppo della produzione materiale. In secondo luogo, queste teorie trascuravano, per l’appunto, le azioni delle masse della popolazione, mentre il materialismo storico ha dato per primo la possibilità di indagare, con la precisione propria della storia naturale, le condizioni sociali della vita delle masse e i cambiamenti di queste condizioni. La “sociologia” e la storiografia premarxiste, nel migliore dei casi, davano un cumulo di fatti grezzi, frammenta- riamente raccolti, una esposizione di aspetti parziali del processo storico. Il marxismo ha aperto la via a uno studio universale, completo, del processo di origine, di sviluppo e di decadenza delle formazioni economico-sociali, considerando l’insieme di tutte le tendenze contraddittorie, riconducendole alle condizioni esattamente determinabili di vita e di produzione delle varie classi della società, eliminando il soggettivo e l’arbitrario nella scelta di singole idee “direttive” o nella loro interpretazione, scoprendo nella condizione delle forze materiali di produzione le radici di tutte le idee e di tutte le varie tendenze senza eccezione alcuna. Gli uomini stessi creano la loro storia; ma da che cosa sono determinati i motivi degli uomini, e precisamente delle masse umane? Da che cosa sono generati i conflitti delle idee e delle correnti antagonistiche? Qual è il nesso che unisce tutti questi conflitti di tutta la massa delle società umane? Quali sono le condizioni oggettive della produzione della vita materiale, che forma la base di tutta l’attività storica degli uomini? Qual è la legge di sviluppo di queste condizioni? A tutto ciò Marx Che in ogni determinata società le aspirazioni degli uni cozzino con le aspirazioni degli altri, che la vita sociale sia piena di contraddizioni, che la storia ci mostri la lotta dei popoli e delle società tra di loro e anche la lotta nel loro seno, che, oltre a ciò, la storia ci mostri un avvicendarsi di periodi di rivoluzione e di reazione, di pace e di guerre, di stagnazioni e di rapido progresso o decadenza, sono fatti universalmente noti. Il marxismo ha dato un filo conduttore, che permette di scoprire una legge in questo labirinto e caos apparente: e precisamente la teoria della lotta di classe. Solo lo studio dell’assieme delle aspirazioni di tutti i membri di una determinata società, o di gruppi di società, permette di giungere a una determinazione scientifica del risultato di queste aspirazioni. E fonte delle aspirazioni contraddittorie sono la differente situazione e le diverse condizioni di vita delle classi nelle quali ogni società è divisa. “La storia di ogni società sinora esistita - scrive Marx nel Manifesto comunista (ed Engels aggiunge: ad eccezione della storia delle comunità primitive) - è storia di lotte di classe. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi, stettero sempre in contrasto fra di loro, sostennero una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese; una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta... La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i contrasti di classe. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche. L’epoca nostra, l’epoca della borghesia, si distingue tuttavia perché ha semplificato i contrasti di classe. La società intera si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte l’una all’altra: borghesia e proletariato”27. Dal tempo della grande Rivoluzione francese, la storia europea ha posto in particolare evidenza, in tutta una serie di paesi, questo substrato reale degli avvenimenti: la lotta delle classi. E già durante la Restaurazione sorse in Francia un NOTE 24 Karl Marx, Il Capitale, cit., v. I, p. 414 in nota. 25 Karl Marx, Per la critica dell’economia gruppo di storici (Thierry, Guizot, Mignet, Thiers) i quali, generalizzando gli avvenimenti, non poterono non vedere nella lotta delle classi la chiave della comprensione di tutta la storia di Francia. Ma l’epoca più recente, l’epoca della vittoria completa della borghesia, delle istituzioni rappresentative, di un largo (se non universale) diritto di voto, di una stampa quotidiana poco costosa e diffusa fra le masse, ecc., l’epoca dei potenti e sempre più vasti sindacati operai e sindacati di industriali ecc., ha mostrato con evidenza ancora maggiore (quantunque in forma talvolta molto unilaterale, “pacifica” e “costituzionale”) come la lotta delle classi sia il motore degli avvenimenti. Il seguente passo del Manifesto comunista di Marx ci mostra quali esigenze di analisi oggettiva della situazione di ogni classe nella società contemporanea, in rapporto con l’analisi delle condizioni di sviluppo di ogni classe, Marx abbia posto alla scienza sociale: “Di tutte le classi che oggi stanno di fronte alla borghesia, solo il proletariato è una classe veramente rivoluzionaria. Le altre classi decadono e periscono con la grande industria, mentre il proletariato ne è il prodotto più genuino. I ceti medi, il piccolo industriale, il piccolo negoziante, l’artigiano, il contadino, tutti costoro combattono la borghesia per salvare dalla rovina l’esistenza loro di ceti medi. Non sono dunque rivoluzionari, ma conservatori. Ancor più, essi sono reazionari, essi tentano di far girare all’indietro la ruota della storia. Se sono rivoluzionari, lo sono in vista della loro imminente caduta nelle condizioni del proletariato; cioè non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, abbandonano il loro proprio modo di vedere per adottare quello del proletariato”28. In una serie di lavori storici (cfr. la Bibliografia) Marx dette dei saggi brillanti e profondi di storiografia materialistica, di analisi della situazione di ogni singola classe, e talvolta di vari gruppi o strati che esistono in una classe, mostrando con molta chiarezza perché e come “ogni lotta di classe è una lotta politica”. II passo da noi citato mostra quale intricato tessuto di rapporti sociali e di gradi transitori da una classe ad un’altra, dal passato all’avvenire, venga analizzato da Marx per calcolare i risultati dello sviluppo storico nel suo complesso. La teoria di Marx trova la conferma e l’applicazione più profonda, più universale e più particolareggiata nella sua dottrina economica. (3ª puntata - segue) politica, cit., p. 11. 26 Carteggio, cit., IV, p. 428. 27 K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista, XII ediz., Roma, Editori Riuniti, 1964, pp. 55-56. 28 Ivi, pp. 72-73. 10 il bolscevico / interni N. 21 - 28 maggio 2015 Elezioni comunali in Trentino-Alto Adige e in Val d’Aosta Urne sempre piu’ vuote A Ortisei solo il 40,2% è andato al seggio. In 5 piccoli comuni nessun eletto. Crolla Forza Italia. Calano gli elettori del PD a Trento Il 10 maggio alle elezioni per il rinnovo dei consigli comunali e dei sindaci di 68 comuni della Val d’Aosta e 250 del Trentino-Alto Adige l’astensionismo ha ottenuto una vittoria schiacciante. Nei comuni della provincia autonoma di Bolzano l’affluenza alle urne è crollata dal 74,6 per cento dei votanti di cinque anni fa al 66,9 per cento. Un elettore su tre ha disertato le urne mentre altre decine di migliaia hanno annullato la scheda o l’hanno lasciata in bianco delegittimando così le istituzioni borghesi e le cosche parlamentari che le rappresentano e ne reggono le sorti. Nella provincia di Trento nel suo complesso il 36,2% degli elettori non si è recato a votare segnando un incremento secco di 6 punti percentuali rispetto al 30,2% di non votanti registrato alla precedenti elezioni. Percentuali astensioniste da record anche a Bolzano città dove il 42,2% degli elettori non si è nemmeno presentato al seggio segnando un incremento di 8 punti percentuali rispetto a 5 anni fa quando i non votanti si erano attestati al 34,2%. Una vittoria astensionista resa ancora più significativa sul piano politico dal fatto che questa volta a turlupinare gli elettori c’erano i record di ben 19 liste e di nove candidati sindaci. Il sindaco uscente, Luigi Spagnolli, imposto senza primarie da Renzi, non è andato oltre il 41,6% sui voti validi e dovrà vedersela al ballottaggio con Alessandro Urzì (Fi, Unitalia e Alto Adige nel cuore) che riparte dal 12,7%. Spagnolli, lo ricordiamo, è ex democristiano passato alla Margherita e quindi al PD, ed è a capo di Lista civica per Spagnolli appoggiata dal PD, dal Partito socialista, da Projekt Bozen-Noi Bolzano e dalla Svp. Peraltro è anche indagato per abuso in atti di ufficio, ed è accusato dalla Procura di Bolzano di aver firmato il rilascio di una concessione per l’ampliamento di un centro commerciale nonostante il parere contrario della commissione urbanistica in presunta violazione delle norme . Affluenza alle urne in netto calo anche negli altri tre comuni trentini oltre i 15 mila abitanti: a Bressanone il crollo è stato dal 72,7% di 5 anni fa al 66,0%; a Laives dal 72,7% al 64,8% e a Merano dal 63,6% al 56,4%. A Ortisei, in Valgardena, addirittura non è stato raggiunto il quorum dei votanti e così arriverà il commissario che gestirà la normale amministrazione e preparerà nuove elezioni. Il sindaco uscente Ewald Moroder, pur essendo l’unico candidato in lizza nella lista della Svp con 17 aspiranti consiglieri per 18 poltrone, non ce l’ha fatta e la percentuale di affluenza è stata del 40,2%, quasi la metà del 76,5% raggiunta cinque anni. Nessun sindaco eletto anche in altri 5 comuni con meno di 3.000 abitanti. Serviva almeno il 50% dei votanti, calcolato senza gli elettori all’estero, per insediare sindaci e consiglieri spesso senza alcuna concorrenza. Non si è addirittura votato a Castelfondo (640 abitanti) per mancanza di candidati. A Mezzano, clamorosamente è sfuggito un solo voto: 723 schede su 1.446 elettori. Salvo errori di calcolo, arriva il commissario come a Roncegno Terme, Samone e Brez. Anche in Val d’Aosta, nonostante la presenza di ben 1.189 candidati distribuiti in 122 liste, l’astensionismo ha compiuto un grande balzo in avanti di ben 5 punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni. Ad Aosta, dove è concentrato un terzo degli aventi diritto ed è anche l’unico dei comuni ad avere più di 15mila abitanti, dei 28.651 elettori si sono recati alle urne solo in 17.553 pari al 61,26% del totale. Le schede bianche sono state 242, pari all’1,3% e le nulle ben 820 pari al 4,67%, quindi l’astensionismo complessivo nelle sue tre componenti è arrivato al 42,4% sul corpo elettorale. Alle comunali del 2010 aveva votato il 66,02%, mentre alle elezioni regionali del 2013 il dato relativo all’affluenza era stato pari al 69,63%. Si tratta di una vittoria molto significativa soprattutto perché ottenuta in dei territori tradizionalmente caratterizzati da un’alta partecipazione al voto e dove la spinta autonomista e il regime di governo a statuto speciale han- no da sempre incatenato gli elettori più arretrati al carro delle istituzioni parlamentari borghesi. Tra i partiti a farne le spese è soprattutto Forza Italia che in tutto il trentino Alto-Adige perde una valanga di voti ed è ridotta ai minimi termini. Non arriva al 4% dei voti validi né a Trento né a Bolzano. Nel capoluogo altoatesino i forzisti si fermano ad un misero 3,64%: un vero tracollo se confrontato con il 21,6% raggiunto nel 2010. Il PD canta vittoria per l’elezione al primo turno del suo candidato Fulvio Centoz. Ma si tratta di una vittoria di Pirro perché ad Aosta il PD prende una sonora batosta e lascia sul terreno circa 30 punti percentuali rispetto alle Europee dell’anno scorso quando aveva ottenuto il 46,8%. Rabbioso il commento del vicesegretario PD, Lorenzo Guerini, che con piglio mussoliniano ha risposto: “A chi in queste ore esulta per qualche punto percentuale in più di voti, ricordiamo sommessamente che non siamo più nella prima Repubblica. In questo tipo di elezioni conta solo chi arriva primo. Si rassegnino: anche stavolta il PD ha vinto, loro hanno perso”. Sulla stessa linea il giudizio di Ernesto Carbone, della segreteria del PD: “Anche la Lega e il M5S sono soddisfatti del risultato raggiunto, peccato che hanno perso. D’altra parte chi si contenta gode”. Lo stesso discorso vale per Con arroganza fascista Boschi attacca i sindacati della scuola “La scuola non funziona se la lasciamo a sindacati”. Queste le parole pronunciate il 10 maggio a Pesaro dalla ministra delle controriforme istituzionali, Maria Elena Boschi, PD, durante la presentazione del candidato renziano a governare le Marche, Luca Ceriscioli. La ministra attacca i sindacati della scuola. Non le è andato giù che il governo sia stato bocciato dallo storico sciopero generale unitario del 5 maggio scorso, smascherato definitivamente agli occhi di lavoratori della scuola, studenti e famiglie come l’esecutivo che ha sferrato alla scuola pubblica il peggiore attacco dopo quello gentiliano del ventennio fascista, che si sia dovuto sedere per la prima volta da quando ha occupato abusivamente Palazzo Chigi al tavolo delle trattative con i sindacati, che si sia dovuto scomodare a modificare in alcuni punti, sebbene non cambiandone l’impianto neofascista, il testo sulla “Buona scuola”, che non riesca a gestire, proprio in campagna elettorale, la rivolta della scuola, che rischia di inchiodare al palo elettorale il PD. La retorica antisindacale fascista di stampo piduista della Boschi è riuscita a smuovere persino i massimi vertici della Cgil, finora abbastanza morbidi nel denunciare la natura di questo governo. La segretaria della Cgil, Susanna Camusso, ha denunciato il governo come arrogante “nel negare le ragioni delle lavoratrici e dei lavoratori” com’è tipico di un “governo che non vuole fare i conti col Paese”, mentre il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo, denuncia: “La dichiarazione della ministra Boschi conferma l’arroganza e il disprezzo della democrazia”. La Gilda ha parlato di “deriva autoritaria”. La ministra con una finta marcia indietro ha ribadito in maniera ancora più arrogante il pensiero del governo, usando Facebook: “Ho solo detto una piccola e forse persino banale verità: la scuola funziona se appartiene alle famiglie, agli insegnanti, agli studenti, al territorio. Non solo ai sindacati”. Non si sono lasciati intimidire i sindacati e i lavoratori della scuola. Anzi è stata la codarda ministra a dover scappare. Dopo aver fatto capolino nel Brindisino il 16 maggio e avervi trovato una folta rappresentanza di insegnanti pronti a contestarla, la ministra ha annullato la presenza a Bari nello stesso giorno al comizio di Michele Emiliano, candidato del “centrosinistra” a governatore della Puglia. Si preparava infatti per lei la durissima e incontrollabile contestazione di massa da parte di insegnanti e sindacati al palazzetto del CUS di Bari. Fugge la ministra delle riforme istituzionali piduiste davanti alle lavoratrici e ai lavoratori. Bene che i sindacati la preoccupino, è segno del fatto che tali organizzazioni, che non sono contro gli studenti e le famiglie, se perseguono l’unità negli interessi dei lavoratori, saranno in grado di dare un altolà al governo del nuovo duce Renzi sulla “Buona scuola”. Noi auspichiamo che sindacati, lavoratrici, lavoratori, studentesse, studenti, famiglie, rimandi- no al mittente, la ministra Boschi, con una miriade di contestazioni, il tentativo di dividere il fronte di lotta sulla scuola, mantengano la compattezza che ha messo con le spalle al muro il governo, ne ha smascherato la natura neofascista di stampo piduista, fino ad arrivare al totale affossamento della “Buona scuola” e all’abrogazione di tutta la legislazione controriformatrice e di tipo privatistico riguardante la scuola e l’Università. Rimane il fatto che l’uscita antisindacale di stampo piduista della Boschi è l’ennesima dimostrazione che la questione Renzi va ben oltre il ristretto ambito di ciascuna lotta e riguarda l’impianto controriformatorio di stampo fascista, piduista, liberista e interventista che il suo governo vuole imporre all’Italia. Bisogna rispondere legando la lotta contro la “Buona scuola” alle altre lotte in corso, in primo luogo quelle operaie per il lavoro e contro la chiusura delle fabbriche, per far montare sempre più l’opposizione a questo governo, che va spazzato via. Matteo Renzi che si è complimentato per la conferma a sindaco di Trento di Alessandro Andreatta passato al primo turno. Ma non una parola ha detto sul fatto che dei 97 seggi a disposizione ha ottenuto solo il 53,7% sui voti validi rispetto al 64,4% del 2009. E i numeri ora dicono che il PD in un lustro ha perso un migliaio di consensi e con il 29,6% sui voti validi si ritrova a distanza siderale dallo “storico” 49%, pari a quasi 25 mila voti, ottenuti alle Europee dell’anno scorso. Nel 2010 con il fascista Storace, nel 2015 col nuovo duce Renzi Ecco i manifesti che testimoniano il passato fascista di Carlo Aveta, candidato ora nella lista “Campania in rete – De Luca”. A sinistra quello per le elezioni regionali del 2010, a destra quello del 2015 Legalizzato il lavoro gratuito del 90% della forza-lavoro, per la prima volta nella storia del diritto borghese del lavoro Expo, regno del lavoro nero Non è esagerato dire che all’Expo di Milano la forza-lavoro è stata ricacciata all’indietro nella storia dell’Europa occidentale di ben 226 anni, quando in Francia vigevano le corvées, ossia quelle norme feudali per le quali i contadini di un fondo erano obbligati, oltre che a prestare lavoro retribuito, a rendere dei servizi gratuiti per il proprietario terriero. Oggi l’Italia di Renzi obbliga di fatto 18.500 giovani e studenti, come nuovi servi, a lavorare per sei mesi gratis all’Expo di Milano, dove spadroneggiano le multinazionali del cibo, e ha visto imprenditori, speculatori e lobbisti - smascherati a più riprese dalle inchieste della magistratura - arricchirsi spudoratamente con gli appalti pubblici come nuovi signorotti. È realmente la prima volta in assoluto nella storia del diritto del lavoro borghese che, complice un’intesa con i vertici sindacali collaborazionisti siglata nel 2013, viene legalizzato un accordo che legittima l’utilizzo di manodopera completamente gratuita pari al 90% dell’intera forza-lavoro che sarà impiegata nell’evento espositivo milanese, mentre soltanto 835 lavoratori, tra stagisti, apprendisti e beneficiari di contratti a termine, verranno assunti per un periodo che va da un minimo di 7 a un massimo di 12 mesi. Infatti nel tanto decantato Expo 18.500 lavoratori, per lo più giovani alla loro prima esperienza lavorativa, non riceveranno alcuna retribuzione, e tutto questo è perfettamente legale in quanto lo prevede l’accordo, siglato e sottoscritto, nel luglio 2013, da CGIL, CISL e UIL con l’Ente Expo di Milano SpA e il Comune di Milano. Lo stesso accordo, che inquadra tale tipologia contrattuale relativa ai lavoratori non stipendiati nella nuova e stravagante categoria del ‘lavoro volontario’, prevede che accanto a chi svolge un’opera totalmente gratuita vi siano 800 posti di lavoro, comunque precario, pagati con una cifra variabile tra 400 e 500 euro al mese, con contratti a termine, di apprendistato e per stage. I ‘lavoratori volontari’ ricevono solamente buoni pasto quotidiani, mentre si addossano le spese per il proprio soggiorno e i costi di trasporto. Né l’accettazione di tale attività non retribuita varrà come accreditamento per altri lavori precari. Se si considera che la stragrande maggioranza di tali addetti non pagati sono giovanissimi e giovani - che vivono nell’area milanese - alla loro prima esperienza lavorativa, si può davvero dire che sono stati ridotti allo stato di vera e propria schiavitù, neppure salariata. PMLI / il bolscevico 11 N. 21 - 28 maggio 2015 L’Italicum fascistissimum e l’Editoriale di Scuderi: la risposta pratica della politica borghese e quella scientifica socialista alla crisi del capitalismo L’articolo sull’Italicum fascistissimum (Il Bolscevico n. 19 del 14 maggio 2015, p. 8) e l’editoriale del compagno Scuderi in occasione del 38° Anniversario del Partito (Il Bolscevico n. 14 del 9 aprile, p. 2): l’analisi di due risposte di segno opposto alla crisi sociale prodotta dal capitalismo. Le previsioni scientifiche del Partito sul futuro della politica italiana e non solo vanno di pari passo con l’analisi economica e sociale che vede sui Paesi europei a capitalismo maturo scatenarsi contraddizioni sociali che non hanno precedenti addirittura negli ultimi secoli, in quanto è dalla metà del XVIII secolo che il progresso tecnologico e le lot- te sociali e rivoluzionarie hanno fatto gradualmente e costantemente migliorare il tenore di vita delle masse popolari fino alla fine del XX secolo, ma è già il presente, e sarà ancora di più il futuro, la tendenza inevitabile, in tali sistemi capitalistici avanzati, alla creazione di contraddizioni sociali tali da determinare l’emarginazione dai processi produttivi di larghi strati di proletariato, ossia una disoccupazione senza precedenti nella storia e un calo drastico quindi del tenore di vita delle masse proletarie, perché, spiega bene Marx, più si ingrossa l’esercito industriale di riserva (l’esercito dei disoccupati) e meno costa la manodopera. L’Editoriale di Scuderi è un raggio di sole marxistaleninista che rischiara la coscienza della classe operaia L’Editoriale del compagno Giovanni Scuderi è un raggio di sole marxista-leninista che rischiara e illumina innanzitutto la coscienza della classe operaia aiutandola a comprendere che oltre ad essere una classe in sé, dev’essere una classe per sé e che senza il potere politico non ha nulla e che è l’unica a poter guidare le masse verso la conquista di un nuovo mondo possibile ossia il socialismo, anziché continuare ad essere sfruttata ed oppressa dalla classe borghese che è ben protetta dalle istituzioni borghesi sempre più neofasciste. Queste infatti giorno dopo giorno stanno distruggendo come un bulldozer i diritti conquistati con le lotte dalle masse popolari e lavoratrici negli anni Sessanta e Settanta. Il governo del nuovo Berlusconi democristiano Renzi che appena insediatosi ha promesso di “cambiare verso all’Italia” l’ha fatto davvero spostando però l’asse completamente a destra con il Jobs Act, la cancellazione dell’articolo 18 e con essi la precarizzazione del lavoro per tutti, la “riforma” della “Buona scuola” meno buona per i figli dei poveri con aule sempre più affollate, edifici scolastici che cadono letteralmente a pezzi oltre che in testa agli studenti, sempre più selettiva con i licei riservati ai più abbienti mentre gli istituti tecnici e professionali per i figli degli operai veri e propri diplomifici di secondo livello che preparano manodopera supersfruttata per i padroni capitalisti. Per contro agevola ed offre sgravi fiscali per chi ha soldi per iscrivere i propri figli alle scuole private erogando lauti fondi pubblici alle stesse tolti scandalosamente alla scuola pubblica. E poi la “riforma” della pubblica amministrazione che ridimensiona sempre di più i lavoratori pubblici sotto il ricatto del demansionamento e della mobilità con il contratto nazionale bloccato dal 2009 e di conseguenza un potere d’acquisto sempre più ridotto, l’aumento dell’età pensionabile per gli uomini a 67 anni e 7 mesi mentre per le donne a 65 anni e 7 mesi. Con il patto per la salute le masse lavora- trici e popolari avranno meno possibilità di curarsi con i ticket sempre più onerosi con gli ospedali fatiscenti e sempre più carenti nelle prestazioni di cure. Esempio ne sono i tanti casi di malasanità registrati soprattutto al Sud ma non di meno al Nord con il personale costretto a turni estenuanti malpagato e con carichi di lavoro sempre maggiori. E non mancano gli illusionisti di “sinistra” che vogliono imbrigliare le masse lavoratrici e popolari come i partiti revisionisti e riformisti che si spacciano per comunisti ma che nella pratica nulla fanno per accrescerne la coscienza dato che il loro unico obiettivo è spostare le masse sul piano del pacifismo e dell’elettoralismo ultima ma molto pericolosa la nuova coalizione sociale riformista di Landini che vuole circuire i sinceri fautori del socialismo. Il PMLI è l’unico Partito che educa ogni suo militante (e di riflesso ogni suo simpatizzante) ad essere un degno marxistaleninista così come disse Mao: “Un comunista deve essere pieno di vigore, avere una salda volontà rivoluzionaria, essere animato dallo spirito di non temere le difficoltà e di vincerle con una volontà indomabile, deve sbarazzarsi dell’individualismo, del particolarismo, dell’egualitarismo assoluto e del liberalismo: altrimenti non sarà un comunista degno di questo nome”, e ancora “Un comunista deve essere franco, leale e attivo, deve mettere gli interessi della rivoluzione al di sopra della sua stessa vita è subordinare gli interessi personali a quelli della rivoluzione; sempre e ovunque, deve essere fedele ai principi giusti e condurre una lotta instancabile contro ogni idea e azione errata, in modo da consolidare la vita collettiva del Partito e rafforzare i legami tra il Partito e le masse; deve pensare più al Partito e alle masse che agli individui, più agli altri che a se stesso. Solo così può essere considerato un comunista”. Ed è così che sono e si sforzano di essere i membri del Partito. Da un rapporto interno di Cristina - Lombardia Per questo motivo il capitalismo attinge dalla tavolozza istituzionale - che nei secoli è stata teorizzata ed elaborata - la forma di Stato o la forma di governo (monarchia assoluta, monarchia costituzionale, repubblica parlamentare o presidenziale, Stato autoritario di tipo nazifascista) che in un dato momento economico serve a tenere soggiogate le masse popolari. Dato il futuro immediato del contesto economico capitalista, il futuro non potrà che essere, come il Partito osserva acutamente, un governo di stampo autoritario con l’accentramento di tutto il potere nelle mani del capo del governo il quale realmente “può nominarsi il presidente della Repubblica, il Consiglio superiore della magistratura e la Corte costituzionale: in una parola può accentrare nelle sue mani il controllo dei tre poteri fondamentali dello Stato, esecutivo, parlamentare e giudiziario, come solo le monarchie assolute del passato o lo stesso Mussolini potevano fare”, e tale accentramento è finalizzato alla repressione delle inevitabili rivolte sociali che si prospettano e alla rapida attuazione di provvedimenti a favore della classe dominante borghese. Ogni volta che il capitalismo genera una crisi sociale drammatica (come dopo la prima guerra mondiale o come nell’ultimo trentennio con la desertificazione industriale che sta vivendo l’Italia) genera altresì un uomo forte, e in questo senso l’accostamento di Mussolini con Craxi, Berlusconi e Renzi vestiti da fascisti è più che azzeccato. Si ricordi peraltro che nel trentennio precedente al fascismo c’erano stati capi di governo liberali che avevano già anticipato alcuni tratti autoritari del fascismo, come il governo guerrafondaio di Crispi che intervenne in Africa e quello del marchese di Rudinì che fece usare l’artiglieria contro gli operai milanesi nel maggio 1898 provocando centinaia di morti. Ineccepibile è poi l’analisi degli intrallazzi politici che “Il Bolscevico” ha fatto nel suo articolo, dimostrando l’appiattimento sostanziale sulle posizioni di Renzi anche di chi, all’interno del PD, a parole lo contrasta da sinistra, con la conseguenza che la borghesia ha dato “un’arma carica in mano a Renzi”, arma da usare contro le masse popolari il cui disagio è divenuto ormai intollerabile e le cui tensioni sono destinate a esplodere, di qui la necessità di un uomo forte che oltre che a reprimere pensi a portare avanti tutte le “controriforme economiche neoliberiste, antioperaie e antisindacali”. La risposta scientifica alla politica borghese dell’Italicum fascistissimum l’aveva data un mese prima il compagno Scuderi nel suo editoriale che, dopo avere fotografato lucidamente l’attuale situazione socioeconomica italiana e messo in rilievo le crescenti difficoltà del proletariato alle quali si accennava sopra, offre al proletariato la risposta alla crisi del capitalismo indicando il diritto e il dovere di tale classe sociale alla rivoluzione socialista: “il proletariato italiano, deideologizzato e decomunistizzato dall’opera ultracentenaria dei revisionisti e dei riformisti, ha perso nel tempo la sua coscienza di classe rivoluzionaria, di classe per sé, il cui compito è quello di emanciparsi dal capitalismo e di conquistare il potere politico, che peraltro gli spetta di diritto in quanto produce l’intera ricchezza del Paese. Un diritto che esso deve rivendicare con forza e imporlo con la rivoluzione socialista armata, quando avrà accumulato le forze necessarie, a milioni, per estromettere dal potere la borghesia e instaurare il socialismo. Ciò corrisponde all’ABC del marxismoleninismo-pensiero di Mao, che è la cultura del proletariato nata in lotta e in contrapposizione col liberalismo che è la cultura della borghesia, ancora adesso dominante nel nostro Paese“. È grazie alla scienza marxista leninista arricchita dalle analisi di Mao che il Partito - con i due citati articoli - è in grado di anticipare gli eventi con le proprie analisi, e tale scienza viene mantenuta viva da decenni dallo stesso Partito e dal nostro giornale che combattono una battaglia all’ultimo sangue contro il liberalismo e la conseguente cultura revisionista. Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, lo dimostra il Partito che ha compreso e anticipato gli eventi economici, sociali e politici che si sarebbero in futuro tutti verificati, è scienza come quella di Galileo che con il suo cannocchiale vide più lontano, è scienza come quella di Newton che permette di prevedere il moto dei pianeti. Il revisionismo al contrario allontana gradualmente da quel cannocchiale scientifico ed intellettuale che uomini come il compagno Giovanni Scuderi mettono continuamente a fuoco, un allontanamento che rende l’analisi economica, sociale, culturale da parte del proletariato sempre più evanescente e sfocata. Giorgio - Roma Scuderi ha ragione a spronare i nuovi militanti a trasformare la propria concezione del mondo La lettura delle parole del nostro Segretario generale compagno Giovanni Scuderi, che risalgono ormai a 31 anni fa, mi hanno colpito perché, pur essendo un po’ in là col tempo, sono ancora oggi estremamente attuali per tutti co- loro che come me hanno incominciato a muovere i primi ma importanti passi in questo storico e grande Partito. In particolare, mi sono piaciute molto le parti in cui il Segretario sprona i nuovi militanti a “ripu- lirsi” dalle influenze che si avevano prima di stare con il PMLI, e quindi a trasformare la propria concezione del mondo da borghese di prima a proletaria di oggi, ma senza “buttare via il bambino con l’acqua sporca”. Quindi fare un bi- lancio critico e autocritico sul proprio passato politico, che sarà utile a noi stessi e a tutto il Partito. Uniti, con i Maestri e il PMLI vinceremo! Andrea - Roma Banchino per il proselitismo del PMLI a Ravenna Diffuso il documento contro l’Italicum fascistissimum Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna Sabato 16 maggio si è tenuto a Ravenna, presso il mercato cittadino, un banchino realizzato dall’Organizzazione di Ravenna del PMLI, al quale ha partecipato anche il Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna compagno Denis Branzanti. Nonostante il brutto tempo, che però ha risparmiato l’annunciata pioggia, sin dalle 8,30 e fino alle 12,30 i compagni hanno allestito il banchino con i manifesti per il proselitismo e contro il governo del Berlusconi democristiano Renzi, con le bandiere dei Maestri e del Partito e con alcune pubblicazioni poste sul tavolo, compreso Il Bolscevico n° 20 stampato per l’occasione. Il banchino ha attirato molto l’attenzione dei passanti. I marxisti-leninisti hanno diffu- so centinaia di copie del volantino dal titolo “La Camera vota l’Italicum fascistissimum” e dell’Editoriale del compagno Giovanni Scuderi per il 38° Anniversario del PMLI, intrecciando diverse discussioni con le masse. Richiedete la maglietta rossa del PMLI Ravenna, 16 maggio 2015. Il banchino di propaganda del PMLI al mercato cittadino (foto Il Bolscevico) Possono richiederla, con una donazione volontaria, i militanti, i simpatizzanti e i sostenitori del PMLI La donazione va inviata con versamento su conto corrente postale n. 85842383 intestato a: PMLI - via Antonio del Pollaiolo 172/a 50142 Firenze 12 il bolscevico / PMLI N. 21 - 28 maggio 2015 Non votare i partiti borghesi al servizio del capitalismo Puniamo con l’astensionismo i candidati della destra e della “sinistra” del regime neofascista in Campania Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del SOCIalismo Alle elezioni regionali che si terranno il prossimo 31 maggio i marxisti-leninisti campani invitano la classe operaia, le masse popolari, i giovani e tutti gli anticapitalisti e fautori del socialismo a non votare i partiti borghesi e del regime capitalista e ad abbandonare definitivamente ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, riformista, costituzionale e pacifista, ad ASTENERSI (disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco), come un voto dato al socialismo e al PMLI. Nessuno dei candidati della “sinistra” e della destra del regime neofascista merita un solo voto. Non lo merita la giunta uscente antipopolare della casa del fascio guidata da Stefano Caldoro che ha fallito completamente le sue politiche, soprattutto sul lavoro e sull’ambiente, in Campania. Con questo esecutivo la Campania è piombata in coda tra le ultime regioni nella classifica del prodotto interno lordo, con un tasso di occupazione che sprofonda nel baratro del 39,2%. Un disastro che passa attraverso l’incredibile default delle politiche ambientali e lo scoppio del bubbone della “Terra dei Fuochi”, il fallimento delle società partecipate, come l’Astir, che dovevano occuparsi delle bonifiche sul territorio, l’assenza di un registro tumori in quella che fu la “Campania felix”. A ciò si aggiunge la progressiva desertificazione dell’area industriale, con il caso Indesit di Caserta e migliaia di posti di lavoro in bilico; la sanità campana con 4 dei dieci ospedali peggiori in Italia in lista (ossia: il vecchio e il nuovo policlinico, l’azienda ospedaliera Monaldi, il Sant’Anna e Sebastiano di Caserta), nonché la chimera del fantomatico Ospedale del Mare, mai entrato in funzione; l’incredibile spreco o scarso utilizzo dei fondi UE soprattutto sul fronte del lavoro e nonostante le proteste dei disoccupati organizzati per un lavoro stabile e a salario pieno che coincideva con la partenza della raccolta differenziata porta a porta. Nella giunta si è distinto inoltre per arroganza e superbia senza pari l’assessore al “lavoro” Nappi, un vero e proprio assessore fantasma incapace di stendere in 5 anni un serio piano di rilancio del lavoro in Campania. Insomma, tutto rimasto sulla carta, come la questione dei trasporti, con corse diminuite, tagliate, mezzi fatiscenti e disagi impressionanti anche per prendere la Cumana e la Circumvesuviana che collegano quasi tutto il territorio campano con il capoluogo. A ciò si aggiungono i vari scan- dali giudiziari come “Rimborsopoli” 1 e 2 che hanno coinvolto quasi l’intero Consiglio regionale per spese vergognose ai danni del popolo, come l’acquisto di tinture o il pagamento di cene e cenette. Una vergogna cui non si è tirato indietro nemmeno il “centro-sinistra” e in primis il PD la cui opposizione è stata di carta per tutto il quinquennio di Caldoro. Al punto da candidare un condannato in primo grado per abuso d’ufficio e più volte inquisito, l’ex neopodestà di Salerno Vincenzo De Luca, che ha imbarcato anche il gruppo dell’ottuagenario De Mita e fascisti di varai risma. Non convince neanche la compagine del Movimento 5 Stelle che candida l’ex volontaria missionaria Valeria Ciarambino, già responsabile dell’ufficio stampa di Equitalia, trombata alle ultime elezioni europee 2014, che parla di “programma partecipativo”, “reddito di cittadinanza” e il tema principale della sua campagna elettorale non è il lavoro, ma “turismo ed eccellenze enogastronomiche”. Chiudono le appendici di regime con l’ex assessore alla giunta revisionista Valenzi degli anni ’70-’80, il dinosauro Salvatore Vozza e la lista dell’ex assessore della giunta De Magistris, Marco Esposito, che cercheranno di raccattare solo voti a sinistra, vista l’esclusione dei neorevisionisti e trotzkisti PRC di Ferrero, PCd’I di Cesare Procaccini e PC di Rizzo per la prima volta nelle regionali campane, incapaci nemmeno di raccogliere le firme per la presentazione di una lista. Puniamo severamente con l’astensionismo questi partiti della borghesia al servizio del capitalismo. Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse, costituite dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari basati sulla democrazia diretta. Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI Napoli, 12 maggio 2015 Per denunciare l’Italicum fascistissimum Volantinaggio del PMLI presso Palazzo Chigi Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Roma Nel tardo pomeriggio di domenica 17 maggio, compagni della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” hanno svolto un volantinaggio davanti Piazza Colonna, nel pieno centro della Capitale, dove sono stati distribuiti i volantini contro “l’Italicum fascistissimum” stampati per l’occasione. La scelta di quella piazza non è stata casuale, ma ha voluto dare un preciso messaggio politico, visto che lì è ubicata la sede di uno dei grandi poteri dell’oppressione dello Stato borghese, ovvero Palazzo Chigi, sede del governo. Per la prima volta il nostro Partito ha effettuato una sua attività in tale luogo. Purtroppo il volantinaggio è stato caratterizzato da scarso o nullo interesse, penalizzati dall’alto numero di turisti stranieri e in generale di persone interessate per lo più ad attività ricreati- ve e di compere. Da questa esperienza nel complesso purtroppo negativa, bisogna imparare facendo un lavoro di autocritica, e magari nei futuri volantinaggi focalizzarsi maggiormente su luoghi mirati dove l’interesse può essere maggiore (scuole, fabbriche, ecc.), come già attuato a livello studentesco nei mesi precedenti. Uniti, con i Maestri e il PMLI vinceremo! Ricordo di Salvatore Zunica, a un anno dalla scomparsa Un compagno esemplare Il 24 maggio del 2014, all’età di 87 anni, moriva Salvatore Zunica a Villa Rosa di Martinsicuro, provincia di Teramo. Primo pioniere marxistaleninista dell’Abruzzo, era stato iscritto al PCI dal ’46 al ’52, successivamente emigrato in America Latina per cercare lavoro, al suo rientro in Italia scoprì il PMLI e ne approfondì la conoscenza prendendo contato col Partito nel dicembre del 1987, per divenirne poi membro il 5 marzo 1994. Non mancava mai di partecipare alla Commemorazione di Mao. Il 13 dicembre 1996 ha fondato la Cellula “Marx” della Val Vibrata di cui è stato Segretario. E’ stato membro candidato del 4° Comitato centrale del PMLI e membro della Commissione per il lavoro di massa del CC, delegato al 5° Congresso nazionale del PMLI del dicembre 2008. Zunica era un diffusore instancabile de “Il Bolscevico” per esporre il quale, assieme ai manifesti del PMLI, richiese e ottenne la concessione comuna- A 41 anni dalla scomparsa del giovanissimo militante di Firenze dell’OCBI M-L (poi PMLI) I compagni di Firenze ricordano Marco Marchi Redazione di Firenze Il compagno Marco Marchi aveva solo 18 anni quando morì in un incidente in moto mentre si recava a una riunione della sua Cellula dell’OCBI m-l (Organizzazione comunista bolscevica italiana marxista-leninista, dalla quale nacque il PMLI). Era il 19 maggio del 1974 e ogni anno le compagne e i compagni fiorentini lo ricordano con spirito militante. La Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze del PMLI ha incaricato una compagna di portare un bel mazzo di fiori rossi sulla Firenze, 19 maggio 2015. L’omaggio della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” del PMLI alla tomba del compagno Marco Marchi (foto Il Bolscevico) tomba di Marco nel cimitero di Rifredi nel giorno della ricorrenza. le per installare due bacheche rispettivamente a Villa Rosa e a Alba Adriatica, tuttora esistenti, che curava personalmente e cui ora provvedono, continuandone l’opera politica di divulgazione della stampa marxista-leninista, i compagni della Cellula della Valvibrata. Promotore del rilancio dell’iniziativa del pioppo con la bandiera rossa in occasione del 1° Maggio. Anche in età avanzata non mancava mai agli scioperi e alle manifestazioni nazionali con le insegne del Partito, finché l’aggravarsi delle sue condizioni di salute non gliel’hanno più consentito. È stato un militante e un dirigente marxista-leninista esemplare per modestia, coerenza marxista-leninista, disponibilità al servizio del PMLI e fedeltà alla causa del proletariato e del socialismo. Riportiamo di seguito il testo del suo intervento al 4° Congresso nazionale del PMLI in cui afferma la sua incrollabile fiducia verso il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il socialismo, il PMLI e il proletariato. “Compagne e compagni, a nome della Cellula ‘Carlo Marx’ della Val Vibrata rivolgo a voi tutti, al Segretario generale compagno Giovanni Scuderi, e a tutti i membri del Comitato centrale del Partito, un caloroso saluto marxista-leninista. L’impegno e costanza, inclusi i sacrifici, dei nostri dirigenti ci permette in questi tre giorni di partecipare al 4° Con- gresso del nostro amato Partito. Innanzitutto sia propizio questo Congresso all’opportunità di accelerare la marcia del proletariato per arrivare all’obiettivo strategico, cioè distruggere il potere politico borghese e sostituirlo con il nuovo potere ‘il potere del proletariato’, realizzando lo Stato socialista e da lì, attraverso la rivoluzione permanente (pensiero del Maestro Mao), il socialismo deve maturare nella direzione del comunismo. Per fare ciò c’è bisogno della guida di un autentico Partito marxista-leninista e in Italia il proletariato può contare solo sul PMLI, e può condividere pienamente in tutte le sue parti lo Statuto e il Programma del Partito approvati dal Congresso di fondazione il 9-10-11 aprile 1977, e riaffermati dal 3° Congresso nazionale del 27-28-29 dicembre 1985, in particolare il quinto capitolo del Programma dove si afferma ‘il proletariato italiano non può non seguire, nei principi e nei suoi tratti fondamentali e tattici, che la via universale della Rivoluzione d’Ottobre’. Viva i Maestri del proletariato Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao! Viva il PMLI, l’unico Partito che possa guidare il proletariato italiano alla presa del potere! Viva il 4° Congresso nazionale del PMLI!”. Salvatore Zunica rimarrai per sempre nei nostri cuori, e siamo certi come te che coi Maestri e il PMLI vinceremo!. Nel 49° Anniversario del suo lancio I marxisti-leninisti milanesi studiano la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina per impadronirsi pienamente del socialismo in modo da poterlo propagandare con più forza Dal corrispondente della Cellula “Mao” di Milano In occasione del 49° Anniversario del lancio ufficiale della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP) in Cina, avvenuto il 16 maggio 1966, la Cellula “Mao” di Milano del PMLI ha ricordato questo evento che ha fatto epoca studiando l’Editoriale redatto dal compagno Federico Picerni, Responsabile del lavoro giovanile del CC, dal titolo “La Grande Rivoluzione Culturale Proletaria immortale capolavoro di Mao” pubblicato sul numero speciale de “Il Bolscevico” per il 47° della GRCP su cui sono riportate alcune opere di Mao totalmente o parzialmente inedite in Italia (e non solo), tradotte dallo stesso compagno Picerni direttamente dal cinese. La Riunione si è svolta nel pomeriggio di sabato 16 maggio presso la Sede milanese del PMLI. Nel dibattito si sono approfonditi i vari aspetti descritti nell’Editoriale quali le falsità e le calunnie sulla GRCP, la lotta contro il revisionismo di destra di Liu Shaoqi e Deng Xiaoping e di “sinistra” di Lin Biao e Chen Boda, la dialettica, la tattica e la modestia di Mao, la necessità inderogabile di acquisire la concezione proletaria del mondo e di ispirarsi a Mao per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso. A prima vista dedicare una Riunione di studio sulla GRCP potrebbe sembrar eludere dalla prioritaria lotta contro il governo del nuovo duce Renzi e dai problemi drammatici che affliggono le masse. In realtà non è così perché è proprio in questi momenti che è necessario studiare il socialismo, l’unica alternativa di classe al capitalismo, alle sue istituzioni e ai suoi governi. Dallo studio all’azione e dall’azione allo studio; è questa la dialettica della lotta di classe condotta con metodo marxistaleninista e che quindi guida il nostro lavoro politico quantun- Milano, 16 maggio 2015. Durante lo studio dell’Editoriale de Il Bolscevico sulla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria cinese (foto Il Bolscevico) que fossimo nel pieno della battaglia. Oggi più che mai dobbiamo studiare il socialismo per impadronircene pienamente e per saperlo propagandare tra le masse, specie operaie e giovanili. Studiando l’esperienza della GRCP e calando nella realtà concreta della lotta di classe in Italia gli importanti insegnamenti di Mao sulla costruzione del Partito, la lotta fra le due linee, la formazione dei dirigenti del Partito, il rapporto fra il Partito e le masse, l’acquisizione della concezione proletaria del mondo, noi saremo più forti nel nostro lavoro per rendere il PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo capace di abbattere il capitalismo, e con esso il regime neofascista, al fine di conquistare l’Italia unita, rossa e socialista! Lottiamo per cacciare via il governo del nuovo duce Renzi! Lottiamo per cambiare l’Italia col socialismo tramite la presa del potere politico da parte del proletariato! Viva la teoria della continuazione della lotta di classe nelle condizioni del socialismo! Viva la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria! Con Mao per sempre contro il capitalismo per il socialismo! Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista! Al servizio del Partito! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Firenze, 9 novembre 2002. Il compagno Salvatore Zunica assieme alla compagna Nerina “Lucia” Paoletti, scomparsa il 6 aprile 2006, sfilano fianco a fianco alla manifestazione internazionale indetta dal Social Forum contro l’aggressione all’Irak e per la pace (foto Il Bolscevico) cronache locali / il bolscevico 13 N. 21 - 28 maggio 2015 Renzi copia Salvini per umiliare le masse calabresi “Se la Calabria funzionasse come il Veneto tutto sarebbe risolto”. Potrebbe sembrare una frase detta da un Bossi o un Salvini, invece l’ha pronunciata in Veneto il nuovo duce Matteo Renzi. Un’affermazione infame, umiliante, implicitamente razzista e separatista, pronunciata da chi i problemi dei calabresi dovrebbe risolverli, non darli per scontati, lavarsene le mani e scaricarli sulle masse che li subiscono mentre fa campagna elettorale per le regionali, strizzando l’occhio fra l’altro alle scellerate politiche regionali del “centro-destra” veneto dimostrando quindi che non vi è alcuna differenza fra la destra e la ‘”sinistra” del regime neofascista. Frasi come questa la dicono lunga sulla “sintonia” tra il gover- no nazionale e i problemi dei calabresi e del Meridione, sempre più abbandonato a se stesso, da parte del nuovo duce e dei suoi accoliti, i quali evidentemente non sanno e non vogliono neanche minimamente cercare di porre rimedio ai problemi da loro e della borghesia determinati, neppure per quanto possibile nel sistema capitalista, salvo prima promettere l’impossibile durante le campagne elettorali per poi dileguarsi. “La Calabria è la madre di tutte le battaglie” andava infatti cianciando alle ultime regionali lo stesso Renzi per raccattare voti (pochi, 2 su 10 aventi diritto) per Mario Oliverio, l’attuale governatore calabrese del PD, il quale invece di criticare Renzi, almeno per salvarsi la faccia, gli dà manforte: “Ha ragione Matteo Renzi: la Calabria non è il Veneto e sconta grossi ritardi anche per l’assenza colpevole di uno Stato che, soprattutto negli ultimi anni, ha progressivamente marginalizzato la nostra regione e l’intero Mezzogiorno’’. E meno male che Oliverio aveva promesso “una rivoluzione” e il “cambiamento” agli elettori calabresi! Se ne accorge solo ora dello “Stato assente” in Calabria? Lui che occupa poltrone locali e nazionali dal 1980? Chi dovrebbe occuparsi dei calabresi poi se non il capo del governo ed il presidente della giunta regionale cioè Renzi ed Oliverio stessi? La verità è che la Questione meridionale è la vera questione nazionale, affermazioni come questa lo dimostrano. I problemi del Sud potranno risolversi definitivamente solo nel socialismo, nel frattempo bisogna lottare senza tregua contro il nemico dei calabresi, del Meridione e di tutto il popolo italiano ovvero la classe dominante borghese, spazzando via il governo Renzi e la giunta regionale (ancora da completare dal 23 novembre scorso) borghese, neofascista e filomafiosa di Mario “palla palla” Oliverio! Votando per il PMLI astenendosi nei 61 comuni calabresi chiamati al voto il prossimo 31 maggio e creando le istituzioni rappresentative della masse fautrici del socialismo a carattere permanente: le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta. Contestazione al caporione leghista in tour elettorale “Salvini razzista sei il primo della lista” gridano gli antifascisti a Lecce Dal corrispondente della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Lecce La presenza di Salvini il 10 maggio è strettamente connessa al supporto del candidato, “Noi con Salvini”, Mauro Giordano che parteciperà il 31 maggio alla tornata elettorale insieme all’aspirante presidente della regione Puglia Adriana Poli Bortone. Ad attendere il leader meneghino circa 200 manifestanti appartenenti alle più svariate associazioni, dal PMLI ai centri sociali, agli studenti ai gruppi di sinistra che già dal primissimo pomeriggio si erano mobilitati con un combattivo presidio ma Salvini è rimasto blindato all’interno dell’hotel con circa 100 partecipanti, protetto dalle numerose “forze dell’ordine” in assetto an- Partecipazione del PMLI tisommossa. All’esterno la contestazione esplodeva e si acuiva con cori antifascisti, striscioni e lanci di uova. Dall’interno il segretario federale della Lega esordiva con “Fuori c’è gente che non sa che le uova servono per fare le frittate... andassero a fare volontariato in un centro per anziani”. Il tutto scandito da cori inneggianti al duce (duce... duce... duce!). Inutile l’attesa del presidio, Salvini non si è fatto assoutamente vedere, mentre si assisteva alla sfilata dei più loschi figuri legati al nuovo e al vecchio fascismo, sia in entrata che in uscita dal suddetto hotel. Tutto questo innestava momenti di forte tensione nel presidio da cui partivano slogan e rabbia, la polizia avanzava inesorabilmente a pochi centimetri Votata la sfiducia al sindaco Bonanno a Caltagirone Dal corrispondente dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLI Esce di scena Nicola Bonanno, l’ormai ex sindaco di Caltagirone. La seconda mozione di sfiducia al sindaco di “centrodestra” e alla sua giunta, presentata da 16 consiglieri comunali, è stata approvata nella notte tra il 21 e il 22 aprile con 20 voti favorevoli e 10 contrari dal consiglio comunale di Caltagirone. Vani sono stati, dunque, i tentativi del Nuovo Centro Destra di unirsi a Forza Italia per ricompattare la maggioranza attorno a Bonanno e salvare ancora una volta il suo mandato. Bonanno sostiene che i motivi per cui è stato fatto fuori siano di carattere morale, pensa di aver fatto politica in maniera “trasparente” e di essere stato scomodo. Si reputa, comunque, orgoglioso di ciò che ha fatto come sindaco. La valutazione che fa di se stesso non può in ogni caso essere condivisa dalle masse popolari calatine, fortemente penalizzate dalle sue scelte politiche, specie per quanto riguarda il sistema scolastico e la vecchia questione del dissesto finanziario dichiarato anni fa. Ma ciò che deve essere compreso dalle masse è che non si deve avere “sfiducia” solo verso la giunta di Bonanno, ma verso tutte le istituzioni borghesi perché è chiaro che non sarà con un altro rappresentante della borghesia che il comune si salverà e le masse popolari avranno condizioni di vita degne. Ciò che si deve fare è astenersi, dando il proprio voto al PMLI e al socialismo, alle prossime elezioni per contribuire a buttare giù questo marcio sistema capitalistico. Richiedete l’opuscolo n. 15 di Giovanni Scuderi Le richieste vanno indirizzate a: [email protected] Lecce, 10 maggio 2015. La contestazione a Salvini dagli antifascisti pronti ad una ingiustificata carica senza senso se non quella di reprimere a-priori fisicamente ogni forma di dissenso al fascismo dilagante. Salvini il Salento non ti vuole! Avanti, avanti con forza fuori i fascisti dalle nostre città! Per l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri vinceremo! PMLI via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055 5123164 Comunicato dell’Organizzazione ischitana del PMLI In difesa di Stalin di Dario - Napoli La storiografia borghese parla di uno Stalin antisemita, tale accusa è del tutto falsa vediamo il perché. Lo stesso Stalin in un’intervista una domanda sull’antisemitismo della Agenzia di Stampa Ebraica-Stati uniti risponde: “Lo sciovinismo nazionale e razziale è un residuo del costume misantropo caratteristico del periodo del cannibalismo. L’antisemitismo, come una forma estrema di sciovinismo razziale, è la traccia più pericolosa del cannibalismo. L’antisemitismo è vantaggioso per gli sfruttatori è come un parafulmine che devia i colpi mirati da parte dei lavoratori al capitalismo. L’antisemitismo è pericoloso per i lavoratori come un percorso di falso che fa deviare dal percorso corretto e li porta nella giungla. I comunisti, pertanto, come internazionalisti conseguenti, sono i nemici giurati e inconciliabili dell’antisemitismo. Nell’Unione Sovietica l’antisemitismo è punito con la massi- ma severità della legge come un fenomeno profondamente ostile al sistema sovietico. Secondo la legge dell’URSS gli antisemiti attivi sono passibili della pena di morte”. Il secondo punto: nel novembre 1944, di fronte all’avanzata dell’Armata Rossa Sovietica, Himmler dà ordine di cessare le esecuzioni nelle camere a gas e di demolirle assieme ai forni crematori, allo scopo di nascondere le prove del genocidio; i nazisti, tuttavia, distrussero solo le camere e i forni di Birkenau, mentre quella di Auschwitz 1 fu adibita a rifugio “antibomba”. Sino a quel momento ad Auschwitz erano stati uccisi oltre 1 milione e centomila esseri umani. In totale furono deportate ad Auschwitz più di 1 milione e 300.000 persone. 900.000 furono uccise subito al loro arrivo e altre 200.000 morirono a causa di malattie, fame o furono uccise poco dopo il loro arrivo. Il 27 gennaio 1945 il campo fu liberato dalle truppe sovietiche du- rante la loro rapida avanzata invernale dalla Vistola all’Oder. Il primo reparto che entrò nel campo faceva parte della LX Armata del generale Kurockin del 1° Fronte Ucraino del maresciallo Ivan Konev. Furono trovati circa 7.000 prigionieri ancora in vita. Inoltre, furono trovati migliaia di indumenti abbandonati, oggetti vari che possedevano i prigionieri prima di entrare nel campo e otto tonnellate di capelli umani imballati e pronti per il trasporto. Auschwitz non fu tuttavia il primo campo di sterminio a essere scoperto: in realtà i sovietici erano già arrivati precedentemente a liberare dei campi come quello di Chełmno e quello di Bełżec ma questi, essendo di sterminio e non di concentramento, erano vere e proprie fabbriche di morte dove i deportati venivano immediatamente gasati, salvando solo poche unità speciali. È stata l’Armata Rossa di Stalin a liberare gli ebrei e gli altri popoli dalle torture nazifasciste. Sta nello sfascio di Ischia il “perché” della giovane morta in un incidente stradale L’ultimo tragico incidente che ha causato la morte della giovane Marianna Di Meglio, ha fatto dichiarare al sindaco facente funzioni Carmine Barile, insieme al cordoglio dell’amministrazione: “Una giovane vita stroncata senza un perché”. A che servono affermazioni del genere? In assenza di un sindaco agli arresti, l’amministrazione d’Ischia è rimasta in piedi “per il bene del paese”! Ma quando verrà il momento di deliberare “per il bene del paese?” Strade al buio per una illuminazione inesistente o insufficiente, segnaletica scolorita da mesi se non addirittura cancellata, strade malridotte, divieti di sosta annullati per motivi clientelari su arterie notevolmente trafficate, mancanza di controlli di velocità, un corpo di vigili ridotto ai minimi termini e insufficiente a effettuare il servizio in un comune che, con un’assurda delibera, è stato denominato “Città d’Ischia”: in questo totale sfascio, in questo tragico abbandono, in questa scellerata e gravissima incapacità di garantire la quotidiana vivibilità, c’è il vero “perché” della giovane vita stroncata. L’Organizzazione isola d’Ischia del PMLI, nell’esprime- re il suo cordoglio per l’assurda morte della povera Marianna, ritiene sia giunto il momento di dire basta ad un immobilismo amministrativo che sta diventando sempre più pericoloso e dannoso per le vite umane e per il territorio; vede nella prossima tornata elettorale regionale la più immediata occasione per condannare questo criminale modo di fare politica, attraverso l’astensione (disertando le urne, annullando la scheda o votando scheda bianca). L’Organizzazione isola d’Ischia del PMLI 10 maggio 2015 14 il bolscevico / cronache locali Per nutrire il cervello il miglior cibo lo offrono il PMLI e “Il Bolscevico” Cari compagni, di tanto in tanto mi viene a trovare a casa un cugino più giovane del sottoscritto. La cosa mi fa piacere anche se la sua posizione politica è da revisionista incallito. Ed è ovvio che le nostre discussioni sono sempre di carattere politico. Egli mi fa rilevare che le mie idee politiche sono fuori dal tempo di oggi giacché ormai le ideologie sono morte e soprattutto il comunismo marxista-leninista. Perciò la mia posizione o idea politica in quel senso, cioè in difesa del marxismo-leninismo è superata perché i tempi ossia la società sono cambiate. Quindi a suo dire: “solo dei pazzi non cambiano idea!”. E dunque io sarei considerato tale. “Perché il loro cervello non riceve più messaggi, cioè non recepiscono niente rimanendo alieni agli eventi e al divenire che tutti noi ci aspettiamo”. Dunque secondo questo “saccente” cugino tutti quelli che oggi accettano e condividono la me- todologia marxista-leninista dei grandi Maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao hanno il cervello obliante, quindi anche il mio cervello è sbarrato al progredire della scienza e soprattutto della politica di oggi. Io invece ho risposto a lui e a tutti quei benpensanti, che i cervelli di tutti quei pionieri che portano avanti la politica rivoluzionaria del maestoso e del grande PMLI sono dei cervelloni svegli e attivi che condurranno sicuramente gli sfruttati verso un nuovo mondo che sarà il vero comunismo, cioè il marxismo-leninismo senza ombra di dubbio. Prima di salutarmi il mio “affettuoso” cugino mi ha chiesto dove compro il cibo per nutrire il mio cervello. Ed io gli ho chiarito: l’unico ipermercato che produce cibo genuino si chiama PMLI dove trovi il miglior cibo in senso assoluto: “Il Bolscevico”. Come sempre saluti marxistileninisti. Rino La Rosa, simpatizzante del PMLI - Catania Il documento del PMLI.Toscana argomenta bene la battaglia astensionista del PMLI Leggendo attentamente il volantino sull’astensionismo del PMLI.Toscana si nota subito l’impronta marxista-leninista sulla battaglia che dev’essere fatta nel momento in cui lo Stato cattoborghese indìce per le varie votazioni ovviamente per continuare a spartirsi il potere politico economico che opprime il proletariato e le larghe masse popolari. È un volantino profondamente chiaro nella forma e nei contenuti che argomentano e danno forza al sostegno oggettivo dell’astensionismo. Non un astensionismo qualsiasi o di tipo anarcoide ma un vero astensionismo con precise rivendicazioni programmatiche come ad esempio: “Lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati e lavoratori”. Chi legge non può non capire quale sia il vero contenuto del discorso. Soltanto l’ottusità o la non cosciente riflessione porta a non N. 21 - 28 maggio 2015 notare la grande frode che lo Stato capitalista del neoduce Berlusconi e del suo figlio Renzi attuano sulle masse popolari. Mi soffermo ancora su un’altra rivendicazione marxista-leninista, quella sulla salute che dice: “Diritto alla salute gratuita universalmente per tutti”. Chiarissima la rivendicazione che ogni persona dev’essere curata da un sistema sanitario universalmente gratuito punto questo che tocca tutti perché la salute non è una merce né una fonte di speculazione per far quattrini e comprarsi rolex, auto, cani, ville, ecc. L’astensionismo è la vera lotta per il socialismo contro la prepotenza del capitale e di uno stuolo di pescecani che non fa altro che approfittarsi delle masse popolari. Chiudo con una delle frasi del glorioso compagno Stalin in “Principi del Leninismo” che ci fa meglio comprendere l’astensionismo: “Nella lotta contro questa onnipotenza, i metodi abituali della classe operaia, sindacati, cooperative, partiti parlamentari e lotta parlamentare si sono rivelati assolutamente insufficienti”. È da notare l’aggettivo logica dell’Expo è nei covi del lavoro gratuito e precario, dalla Manpower all’università. È nelle sedi di cooperative e istituzioni politiche, che ingrassano i propri profitti sulla pelle di noi tutti. È nelle opere inutili dei palazzinari, che sottraggono gli spazi comuni della città per regalarli alla rendita. È nelle multinazionali dell’alimentazione, fast e slow, della merce-bio e nella merce-spazzatura, dove la qualità della vita di lavoratori e consumatori con le tasche vuote viene continuamente attaccata. È nel governo Renzi e nel suo PD, paladino e artefice del modello del Grande Evento Truffa, delle Grandi Opere che devastano i territori e del Jobs Act dello sfruttamento”. mo ittimia Deleg tuzioni le isti sentative rappreesi borgh NI STIE TI NI UZIO E TIT MASS O LE IS ELLCEIALISM MOATIVE D O S LIANO IA A L ENT I DE CRE ISTA IT PREFSAUTRIC ISTA-LENIN RAP RX A Dario - Napoli Cari compagni, innanzitutto buon Primo Maggio che per me è passato tra un discorso fatto inneggiando alla lotta di classe ai militanti della CGT ed il mio luogo di lavoro. Dulcis in fundo la lettura sul sito del PMLI delle citazioni rivoluzionarie dei Maestri nonché l’ottimo articolo sul Primo Maggio rosso e proletario. In questi mesi ho continuato le mie letture, sopratutto gli opuscoli che mi avete inviato, principalmente quello sul fronte unito che mi serve come punto di riferimento Marcello - Francia Renzi è un agente del capitalismo Grazie compagni, il governo Renzi è peggio di quelli di Berlusconi, infatti quest’ultimo agiva soprattutto per i suoi interessi diciamo penali ed economici, invece Renzi agisce allo scopo di accrescere il dominio del capitalismo sul lavoro salariato e sull’intera società. Berlusconi era un bandito spinto al governo da ignoranti e da ladri, Renzi è un agente del capitalismo. Il fotomontaggio realizzato dal PMLI è bello davvero, ma Craxi, Berlusconi e Renzi non sono personaggi da tragedia come Mussolini: sono da commedia. Capisco la retorica politica, ma anche la storia conta. Quanto al governatore della Toscana Enrico Rossi, è un verme, diciamolo. Se posso introdurre un argomento frivolo, egli è un misto di superbia e impaccio di ambizione personale sconfinata. Cari saluti. Nicola Spinosi - Firenze Rimini Gli antifascisti impediscono a Forza Nuova di sfilare davanti al monumento ai partigiani Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Rimini La Cellula “Stalin” di Rimini del PMLI ha partecipato sabato 16 maggio al presidio organizzato dall’ANPI e dalle forza antifasciste in piazza Tre Martiri contro Forza Nuova che per l’ennesima volta voleva sfilare in corteo davanti al monumento ai tre partigiani impiccati dai nazifascisti. Un centinaio di poliziotti e carabinieri in assetto antisommos- sa hanno invitato i manifestanti ad andare in un’altra piazza, ma essi si sono rifiutati e hanno intonato “Bella Ciao”. C’è stato un po’ di tensione ma poi, dopo l’intervento del sindaco Gnassi, il corteo dei quattro balodri squadristi è stato deviato su un’altra piazza. Il nostro compito è stato raggiunto impedendo a costoro di sfilare davanti al monumento ai partigiani. n. 515) do letame all’interno) e l’infopoint di Expo, transitando accanto alla Montagnola, sede della festa dell’Unità presidiata dalle “forze dell’ordine”. La parade si è conclusa con una grande festa e fuochi d’artificio facendo ritorno in piazza Verdi. Nel documento diffuso durante la manifestazione si leggeva tra l’altro “Da Bologna a Milano: io non lavoro gratis! Manca una settimana all’inizio di Expo, il grande evento delle illusioni e delle promesse, il grande business della speculazione e della rendita, la grande truffa delle cooperative corrotte e del camouflagge, il grande sfruttamento del lavoro gratuito e di una generazione precaria... La Cari compagni del PMLI, ho conosciuto il PMLI su Wikipedia, ho visitato il vostro il sito ed è molto bello e istruttivo. Mi piace molto la sezione “Sulla storia del socialismo in URSS” e anche molti articoli del vostro giornale mi piacciono. Ho letto il vostro articolo sull’Italicum. L’ho apprezzato molto, sopratutto nella denuncia di trasformazione del ruolo del primo ministro che, di fatto, diventa un cancelliere e sul conflitto tra rappresentatività e governabilità che, nella soluzione renziana, vede il prevalere di quest’ultima. Forse, occorrerebbe approfondire il ruolo di Mattarella come garante dell’inamovibilità di Renzi di fronte all’Europa e ai poteri finanziari. Saluti marxisti-leninisti. Legge 10.12.93 dell’Emilia-Romagna Venerdì 24 aprile si è svolta a Bologna la “Street parade No Expo” organizzata da diversi centri sociali e collettivi tra i quali Tpo, Làbas, Hobo, Cso Terzo Piano. Un corteo di oltre un migliaio di studenti, precari, occupanti di case e giovani è partito da Piazza Verdi con alla testa lo striscione “Bologna No Expo”, attraversando e bloccando i viali e le strade del centro, colpendo vari obiettivi legati all’Expo: dall’ufficio stage e tirocini dell’Unibo (azienda convenzionata con Expo) alla fabbrica tossica dell’Hera. Dalla Coop (sulle vetrine è stata tracciata la scritta “Coop=Mafia” a McDonald’s, partner dell’Expo (buttan- (art. 3 - Dal nostro corrispondente Apprezzo il sito del PMLI e gli articoli de “Il Bolscevico” per la mia modesta azione politica volta sempre alla diffusione dell’ideologia del marxismo-leninismopensiero di Mao, che ogni giorno che passa diventa sempre più attuale. Vi seguo sempre e rimanete il mio punto di riferimento. Vorrei contribuire come promesso con un piccolo gesto finanziario. Manteniamo il contatto rosso vivo! Scrivo mentre proprio oggi si festeggia la nascita del grande Maestro Karl Marx. Non sono lontano da Treviri, porterò un fiore rosso da parte dei veri continuatori del suo pensiero! Un saluto rossissimo e marxista-leninista. Con Marx/Engels/Lenin/Stalin/ Mao! Per sempre! Con i Maestri vinceremo! ASTENSIONISTI DI SINISTRA, FAUTORI DEL SOCIALISMO, SOTTOSCRIVETE PER IL PMLI Il PMLI sta impegnandosi al massimo per sostenere la campagna elettorale astensionista. Si sta svenando economicamente per far giungere la sua voce anticapitalista, contro il regime neo-fascista e il governo Renzi, per l’Italia unita, rossa e socialista a un maggior numero possibile di elettrici e di elettori. I militanti e i simpatizzanti attivi del Partito stanno dando il massimo sul piano economico. Di più non possono dare. Il PMLI fa quindi appello a tutte le astensioniste e agli astensionisti di sinistra e ai sinceri fautori del socialismo, indipendentemente se voteranno i loro attuali partiti, per aiutarlo economicamente, anche con piccoli contributi da uno a 5 euro. Nel supremo interesse del proletariato e della causa del socialismo. Compagne e compagni astensionisti di sinistra e fautori del socialismo, aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una coscienza, una mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di abbattere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato. Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a: PMLI - Via A. Del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Ogni euro dato per la campagna elettorale astensionista del PMLI è un euro dato per la vittoria del proletariato sulla borghesia e sulle sue istituzioni, del socialismo sul capitalismo, del marxismo-leninismopensiero di Mao sul riformismo e sul revisionismo, del PMLI sui falsi partiti comunisti. Grazie di cuore per tutto quello che potrete fare. M. MARTENGHI “Street parade No Expo” a Bologna uni com lo o iei gion dal pop olo e r op ati hé le Perc govern io del p lismo iz o sian al serv le il socia N VOTARE e NO o I ci vu I PARTIT L IA BORGHES DEL SERVIZIOLISMO CAPITA responsabile: “Colpiti” i simboli legati all’Expo milanese stro: “Hay que apoyar Obama, es un hombre honesto” (“Bisogna dar fiducia a Obama, è un uomo onesto”), in occasione del recente summit interamericano (Cumbre de las Americas), osannata da tutti i giornali borghesi “progressisti”, da “Repubblica” a “Le Monde” alla “Faz” a “El Paìs” come “fine della guerra fredda”, trascurando “tranquillamente” la scarsa dissociazione del presidente USA (mulatto) dalle violenze razziste dei poliziotti bianchi verso le persone di colore e il perseguimento dell’imperialismo USA sotto la presidenza Obama, in Medio Oriente, in America Latina e non solo. Proprio perché nessun marxista-leninista può auspicare un ulteriore golpe USA in America Latina, dopo tutti quelli avvenuti nel Novecento ma anche nei quasi 3 lustri del nuovo millennio, quello riuscito in Honduras contro Zelaya, quelli tentati in Venezuela contro Chavez e poi Maduro, in Ecuador contro Correa e in forma strisciante in Argentina contro la “peronista di sinistra” Cristina Fernandez Kirchner, non si può non rilevare come le ambiguità revisioniste e trotzkiste di questi governi (con in testa Cuba, padre-madre di tutti questi governi) abbiano in realtà in qualche modo spesso favorito i “golpe” sopra nominati. Committente maggiori sono tutte rivolte all’uomo (“el hombre nuevo”, “l’uomo nuovo”, mito idealista non privo di risvolti pericolosi, che in Guevara ricorre sempre, nda). Come il papa e gli ideologi borghesi, egli incentra il suo discorso sull’uomo in generale, non curandosi della sua origine e collocazione di classe” (G. Scuderi, “Dove porta la bandiera di Guevara”, Firenze, Commissione per il lavoro di stampa e propaganda del PMLI, 1996, p.23). Al di là di alcuni indubbi, ma molto relativi, vantaggi della società cubana, con un sistema sanitario gratuito (non con ticket ecc.) di alta qualità, la stessa è impregnata, anche dopo la caduta dell’URSS e dei Paesi del “blocco orientale” di quel revisionismo burocratico che ha portato quei Paesi al crollo, tra il 1989 e il 1991. Da allora, Cuba stringe disperatamente accordi con chi può, soprattutto Russia, la Cina iper-revisionista, Venezuela ecc., ma non trascura i rapporti con la Chiesa cattolica (disgelo dalla “storica visita” di Giovanni Paolo II fino al ristabilimento dei rapporti diplomatici dall’ottobre e poi più compiutamente dal dicembre dello scorso anno, ma lo stesso avviene con gli USA, fino alla dichiarazione di Raùl Ca- mli.it www.p O MA PARTIT NZE 2 FIRE - 5014 172a li.it aiolo, del Pollmissioni@pm Antonioail: com : Via e-m centrale5123164 Sede fax 055. Tel. e in proprio bita “sovietica” anche formalmente, aderendo al Comecon, sorta di comunità economica e più ancora commerciale dei Paesi dell’Est, revisionisti, che favoriva soprattutto l’URSS socialimperialista. Mai ben chiarito il rapporto con Ernesto “Che” Guevara, medico argentino con velleità “ribelli”, senz’altro non era così conflittuale come certuni (per esempio Saverio Tutino) tendono a rappresentarlo. Generalizzando molto, potremmo dire che Castro era “uomo di Stato”, Guevara l’eterno ribelle-non il “rivoluzionario”. Quando Castro dice-scrive che Guevara “sentiva” la causa del Vietnam, della Bolivia, dell’Africa, ciò è certamente rivelatore: emozioni, sentimenti, al posto di una considerazione razionale, dialettica nel senso del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Il “Che” è diventato un vago mito ribellista diffuso tra le classi borghesi più che proletarie, quasi un personaggio romantico, perfettamente funzionale (anche commercialmente) alla borghesia. Come ha detto e scritto benissimo il compagno Segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi, “Nelle teorizzazioni di Guevara c’è poco posto per la classe operaia e per il partito della classe operaia. Le sue attenzioni Stampato di Eugen Galasso Maurizio – Figline V.arno (Firenze) Voglio mantenere il contatto rosso vivo col PMLI Cuba torna all’ovile dell’imperialismo L’isola-Stato delle Grandi Antille che si chiama Cuba è al centro di grandi polemiche e novità. Ultima colonia spagnola a liberarsi dalla “Madre patria”, nel 1898, Cuba rientrava pienamente nell’orbita degli USA, tanto che la base militare di Guantanamo esiste fin dal 1903, seguendo la direttiva del presidente James Monroe per cui “l’America latina è il nostro cortile di casa”; ingerenze militari, ma anche politicoeconomiche, quelle degli States, culminate nell’appoggio al caudillo Fulgencio Batista, presidente dapprima dal 1940 al 1944 e poi dal 1952 al 1959, quando divenne un dittatore asservito agli USA (durante il primo mandato era stato, timidamente, un progressista). Fidel Castro, che già nel 1953 aveva dato l’assalto alla caserma Moncada, finendo in carcere, riuscì a scalzare Batista nel 1959; dapprima democratico borghese, è solo qualche anno dopo l’arrivo al potere, che Castro si appoggia all’URSS definendosi “comunista” e “marxista”. Nel 1961 ci fu il tentato golpe di “profughi” cubani della “Baia dei Porci” e poi nel 1962 la “crisi dei missili”, con il rischio di guerra nucleare mondiale. Nel 1972 Cuba entra nell’or- “assolutamente insufficienti” senza ombra di dubbio. Gloria eterna ai Maestri! Saluti comunisti. esteri / il bolscevico 15 N. 21 - 28 maggio 2015 Lo Stato islamico conquista Ramadi in Iraq Gli Usa violano la sovranità della Siria per uccidere un leader dell’Is Lo Stato islamico (Is) annunciava il 17 maggio la conquista della città irachena di Ramadi, capoluogo della provincia di Anbar, circa 100 chilometri a ovest della capitale Baghdad, dopo diversi giorni di combattimento. Sullo slancio della presa della città, le formazioni dell’Is conquistavano anche le vicine cittadine di Baghdadi e Karmah. La conquista della città era confermata in un video dal titolo, “Lo Stato islamico ha liberato Ramadi”, diffuso in rete il 18 maggio dall’agenzia di informazione dell’Is Aamaq nel quale è contenuto un audio messaggio del leader Abu Bakr al-Baghdadi che annunciava “dopo Ramadi, libereremo Baghdad e Kerbala”, la capitale irachena e la città santa degli sciiti. La perdita di Ramadi rappresenta la peggiore sconfitta militare del governo fantoccio iracheno di Haider al-Abadi dall’inizio dell’offensiva dei miliziani dello Stato islamico nella scorsa estate. Di recente, grazie al contributo delle milizie sci- ite, l’esercito governativo aveva ripreso la città di Tikrit, sempre nella regione di Anbar, che avrebbe dovuto essere il trampolino di lancio verso la riconquista di Mosul. Con la sconfitta di Ramadi non solo si azzerano i recenti successi del governo di Baghdad ma per le forze dell’Is si potrebbe aprire la strada per attaccare la capitale Baghdad. Il Pentagono ammetteva la caduta di Ramadi ma non se ne preoccupava più di tanto. La Casa Bianca era impegnata a sbandie- rare il successo del raid nella Siria orientale da parte di forze speciali Usa elitrasportate del 15 maggio che aveva portato all’uccisione di uno dei capi dello Stato Islamico, Abu Sayyaf, responsabile dell’Is per gli affari collegati al petrolio. L’operazione era stata condotta sulla base di un ordine impartito direttamente dal presidente Barack Obama e, secondo il portavoce della Casa Bianca, era stata condotta nel quadro delle leggi internazionali: il via libera era arrivato dopo l’unanime consenso del team per la sicurezza nazionale del presidente e col consenso del governo di Baghdad. Quelle osservate da Washington sono delle leggi internazionali alquanto singolari, sono leggi imperialiste che hanno violato la sovranità della Siria. Un atto deliberato che la portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale istituito presso la Casa Bianca, Bernadette Meehan, ha confermato sottolineando anzi che “abbiamo avvertito il regime di Bashar al-Assad di non interferire con le iniziative in atto da parte nostra contro lo Stato Islamico all’interno del territorio siriano, poiché quel regime non può essere nostro alleato nella lotta” contro l’Is. Di fatto l’esercito governativo siriano e le forze americane lo sono, uno dei paradossi della crisi regionale, e l’imperialismo americano si comporta in Siria da padrone di casa contro le postazioni dell’Is, come se il regime di Assad non esistesse più. Il socialimperialismo cinese espande il suo spazio commerciale a spese dell’imperialismo americano Cina e Pakistan aprono un “corridoio economico” Pechino cerca lo sbocco sul mar Arabico, collegando lo Xinjang a Gwadar Il presidente cinese Xi Jinping nel corso della sua visita a Islamabad del 21 aprile scorso ha firmato col primo ministro pachistano Nawaz Sharif un pacchetto di 51 accordi per progetti che apriranno un “corridoio economico” tra i due paesi, un corridoio commerciale importante per Pechino impegnata nella costruzione della cosiddetta nuova “Via della seta” terrestre e marittima. Con questi accordi il socialimperialismo cinese rafforza gli scambi economici col Pakistan e contemporaneamente espande il suo spazio commerciale a spese del principale concorrente, l’imperialismo americano, aprendosi uno sbocco sul Mar Arabico e garantendosi una via più diretta verso Europa, Africa e Medio Oriente. Quanto l’accordo con Islamabad sia importante per la Cina lo di- mostra il cospicuo pacchetto di ben 46 miliardi di dollari in investimenti che Xi ha messo sul tavolo dell’alleato asiatico, 34 miliardi in progetti energetici, 12 in infrastrutture. Il grosso degli investimenti sarà dedicato alla realizzazione del cosiddetto “corridoio economico Cina-Pakistan” (Cpec) lungo 3 mila chilometri, un progetto che consiste nella costruzione di strade, ferrovie, gasdotti e oleodotti che collegheranno il porto pakistano sul Mar Arabico di Gwadar, nella provincia del Baluchistan al confine con Afghanistan e Iran, con Kashgar, nella regione nel nord ovest cinese dello Xinjiang. Il Cpec ha un ruolo importante per Pechino nella “Via della seta” perché oltre a velocizzare il passaggio delle merci cinesi verso i mercati europei e africani, serve ad abbreviare il percorso dei rifornimenti energetici che dal Medio Oriente prendono la via della Cina; una volta completato permetterà ai commerci e rifornimenti cinesi di non passare soltanto dallo Stretto di Malacca, tra Malaysia e Indonesia, e il Mar Giallo, lungo le vie marittime al centro di recenti contese per il loro controllo tra Pechino e paesi vicini. Il progetto era stato lanciato nel maggio 2013 in occasione di una visita del premier cinese Li Keqiang in Pakistan ma è già da più di dieci anni che i due paesi lavorano assieme per sviluppare lo scalo container di Gwadar. La mul- tinazionale cinese China Overseas Port Holding Company, presente fin dall’inizio nello sviluppo dello scalo otteneva proprio nel 2013 un appalto quarantennale per la gestione del porto; un progetto simile a quello messo in piedi al Pireo in Grecia, la porta di arrivo della via marittima in Europa. Una parte del nuovo scalo è stata formalmente inaugurata a fine aprile; l’attenzione sarà puntata da ora sulla via terrestre verso il Nord e la Cina. Il porto di Gwadar diventerà un nodo fondamentale per Pechino, quello dove convergono la “Via della Seta” terrestre e marittima. Nel sostanzioso pacchetto di accordi firmati da Xi e Sharif c’è anche quello del progetto della diga di Karot nel nord del Pakistan, vicino a Rawalpindi, che dovrebbe essere completata entro sei anni. Nella costruzione della diga è impegnata la China Three Gorges Corp, il gigante cinese che ha costruito la diga più grande del mondo, e che nel paese ha progetti di costruzioni a lungo termine di centrali idroelettriche, eoliche e solari dalla capacità totale di oltre 2mila MW e per un valore di 5,5 miliardi di dollari. Tra l’altro il 2015 è stato designato “anno degli scambi amichevoli Cina-Pakistan” con l’interscambio tra le due economie cresciuto fino a 16 miliardi di dollari nel 2014 dai quattro del 2007. Ma tra Pechino e Islamabad non sono in ballo solo le questioni economiche. Durante la visita Un nuovo inganno dell’imbroglione leader cubano Per Fidel Castro le superpotenze imperialiste cinese e russa costituiscono uno “scudo poderoso per la pace e la sicurezza mondiale” Il leader cubano Fidel Castro, in occasione della commemorazione del 70º anniversario della fine della seconda guerra mondiale ha voluto esprimere la sua ammirazione per l’eroico popolo sovietico, protagonista determinante della sconfitta del nazifascismo. Ma lo ha fatto spargendo un nuovo inganno che lo conferma quale imbroglione revisionista. Il messaggio è titolato “Il nostro diritto di essere Marxisti-Leninisti” che già è un programma per uno che non lo è mai stato e inizia con un omaggio a Lenin definito “un geniale stratega rivoluzionario che non dubitò nell’assumere le idee di Marx e diffonderle in un paese immenso e solo in parte industrializzato, il cui partito proletario divenne il più radicale e audace del pianeta”. Ma si guarda bene dall’omaggiare Stalin che pure fu il leggendario condottiero del Partito, dello Stato e del popolo so- vietico artefice della sconfitta del nazismo. E la sua vera natura riemergeva quando affermava che “le nazioni posero le loro speranze nell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che si sforza di creare una cooperazione che ponga fine all’aggressioni e alle guerre (sic!)” e poi tornava a sguazzare nel revisionismo fino a arrivare a sostenere che “oggi è possibile la solida alleanza tra i popoli della Federazione Russa e lo stato con la più rapida crescita economica del mondo: la Repubblica Popolare della Cina. I due paesi, con la loro stretta cooperazione, la loro scienza avanzata, i loro poderosi eserciti e i loro coraggiosi soldati, costruiscono uno scudo poderoso per la pace e la sicurezza mondiale, per far sì che la vita della nostra specie si possa preservare”. Si fosse riferito all’Unione sovietica di Stalin e alla Cina di Mao gli avremmo dato ragione ma Fidel parla della Russia di Putin e della Cina di Xi, degli attuali eredi delle cricche revisioniste che hanno da tempo cambiato colore ai due paesi, le hanno trasformate in due superpotenze imperialiste. D’altra parte Fidel è stato fedele servo e alleato degliallora socialismperialisti sovietici nelle cui mani aveva messo l’economia del paese e ai quali aveva fornito manodopera per le ingerenze nelle lotte di liberazione financo in Africa. “I 27 milioni di sovietici che sono morti nella Grande Guerra Patria lo hanno fatto anche loro per l’umanità e per il diritto di pensare e di essere socialisti, essere marxisti-leninisti, essere comunisti e uscire dalla preistoria” concludeva in maniera confusionaria il suo messaggio l’imbroglione Fidel, fermo, lui si, alla preistoria revisionista. Xi e Sharif hanno portato avanti la discussione in via di finalizzazione di un accordo per la vendita al Pakistan di otto sottomarini cinesi, un contratto del valore tra i quattro e i cinque miliardi di dollari. I mezzi navali che potebbero avere la loro base nel nuovo porto di Gwadar sono un aiuto di Pechino al potenziamento militare dell’alleato asiati- co in funzione anti-indiana. La Cina è già tra i principali fornitori di armi ed equipaggiamenti militari del Pakistan e ha promesso anche sostegno a Islamabad nelle operazioni contro le formazioni talebane lungo il confine con l’Afghanistan. In quelle regioni dove al momento spadroneggiano, e provocano numerose vittime anche tra i civili, gli aerei senza pilota, i droni di Obama, con una crescente opposizione della popolazione. In futuro, con la costruzione completa del “corridoio economico” e dello strategico porto di Gwadar, il socialimperialismo cinese avrà una ragione in più anche per interessarsi direttamente alla stabilizzazione del vicino Afghanistan. In rivolta gli ecologisti Obama autorizza le trivellazioni dell’Artico Centinaia di manifestanti in kayak protestano nel porto di Seattle Per protestare contro la ripresa delle trivellazioni petrolifere in Alaska, centinaia di ambientalisti a bordo di kayak hanno circondato il 17 maggio l’enorme barca-pontone che trasportava la piattaforma petrolifera Polar Pioner della RoyalDutch Shell formando una catena umana nella baia di Elliott Bay, il porto Seattle. L’originale protesta degli ecologisti era la prima di una serie di manifestazioini annunciata sia a terra che nel porto della città che la società petrolifera intende usare come base logistica delle operazioni più a nord, nel mare di Chiucki a largo delle coste orientali dell’Alaska in pieno Artico. L’arrivo della piattaforma a Seattle era stato preannunciato dopo che pochi giorni prima l’ufficio governativo americano Bureau of Ocean Energy Management aveva dato il via libera alla ripresa delle prospezioni petrolifere all’estremo nord del continente, interrotte nel 2012 in seguito a vari incidenti negli impianti della Shell. A dispetto di una consistente mobilitazione negli anni passati degli ecologisti americani contrari alle trivellazioni e all’estrazione del petrolio in una zona dal delicato equilibrio ambientale, già in parte compromesso dallo scioglimento dei ghiacci, e nonostante le ripetute promesse della Casa Bianca a favore dell’ambiente, Barack Obama si è schierato con i giganti del petrolio e ha permesso alla compagnia petrolifera di ricominciare già dalla prossima estate una serie di trivellazioni per costruire 6 pozzi nel mare di Chiucki, in una zona di circa 70 miglia al largo delle coste. Il mare di Chiucki si trova a metà tra la Siberia e l’Alaska, a Nord dello stretto di Bering, e prende il nome da una popolazione autoctona che viveva di pesca e di caccia sul versante americano. Le temperature sono molto rigide e le acque sono ghiacciate per otto mesi all’anno; negli altri quattro sono battute da onde che superano i 15 metri di altezza. Sono zone dove vivono balene, trichechi e orsi bian- Seattle 17 maggio 2015. La manifestazione contro le trivellazioni nell’Artico chi. La ricchezza che fa gola alle multinazionali petrolifere si trova nel fondale marino che secondo i geologi conterrebbe 15 miliardi di barili di petrolio. Un tesoro che ha fatto gola soprattuto alla Shell che già nel 2009 aveva chiesto il via libera al governo per dare il via alle trivellazioni esplorative; via libera che era arrivato nell’estate del 2011 con le prime esplorazioni nelle quali ha investito 6 miliardi di dollari. Le attività si erano bloccate già l’anno successivo, nel 2012, a seguito di vari incidenti negli impianti della Shell e delle denunce e mobilitazioni degli ecologisti. “La Shell ha una storia costellata di malfunzionamenti proprio nell’Artico, mentre gli scienziati intanto concordano ormai sul fatto che il petrolio in quella zona deve restare nel sottosuolo se vogliamo evitare catastrofici cambiamenti climatici”, denunciava Greenpeace che sosteneva le proteste di Seattle. CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI MAGGIO 25 anpac - Sciopero di 24 ore del personale navigante (piloti e assistenti di volo) gruppo Alitalia GIUGNO 7 cobas - manifestazione nazionale contro la “Buona Scuola” del governo Perché le regioni e i comuni 2 siano governati dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo NON VOTARE I PARTITI BORGHESI AL SERVIZIO DEL CAPITALISMO il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 3 - 22 gennaio 2015 CREIAMO LE ISTITUZIONI RAPPRESENTATIVE DELLE MASSE FAUTRICI DEL SOCIALISMO PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Stampato in proprio ASTIENITI Committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515) Delegittimiamo le istituzioni rappresentative borghesi