Settimanale
Nuova serie - Anno XXXIX - N. 21 - 28 maggio 2015
Fondato il 15 dicembre 1969
Tenere in pugno
l’iniziativa politica
Contare sulle masse e
conquistare il loro appoggio
I comunisti devono essere i più lungimiranti, i
più capaci di abnegazione, i più risoluti e i meno
prevenuti nel valutare una situazione e devono fare assegnamento
sulla maggioranza delle masse e conquistare il loro appoggio.
di Giovanni Scuderi
(Mao, “I compiti del Partito comunista cinese nel periodo della resistenza contro il
Giappone” - 3 maggio 1937 – Opere scelte, vol. I, pag. 291)
PAG. 8
Pur con poche forze, risorse e mezzi, nel silenzio stampa e senza poter affiggere i manifesti
generosa e coraggiosa
propaganda astensionista del pmli
Banchini a Firenze, Fucecchio, Borgo S. Lorenzo e Vicchio. Diffuso a Napoli il documento della Cellula “Vesuvio Rosso”
Diffuso il volantino sull’Italicum fascistissimum a Roma, Ravenna e Rimini
Decisa dalla Commissione dell’UE imperialista
PAGG. 2, 11 e 12
L’ha stabilito il Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella
L’imperialismo italiano
Una guerra da mare, cielo
si concentra sulle regioni “euro-atlantica”
e terra alla Libia per
e “euro-mediterranea”
“distruggere i barconi”
Non c’è accordo sulle quote
L’Italia di Renzi guiderà l’armata
PAG. 4
Il “Libro Bianco” della difesa ritiene che il nostro Paese deve essere pronto “ad assumersi dirette responsabilità in risposta a
situazioni di crisi” ed essere preparato a interventi di pacificazione e stabilizzazioni
L’Italia di Renzi e Mattarella si prepara a interventi militari
in Libia e contro il “terrorismo”
PAG. 5
A Massa, Viareggio, Imperia, in Sicilia, Puglia e dappertutto ormai
La sentenza della
Consulta sulle pensioni Contestato duramente il fascioleghista
va applicata subito Salvini
Marchionne col bonus cancella il contratto
La polizia carica
Il governo deve rimborsare alcune migliaia di euro a pensionato
ma pensa di cavarsela con un bonus da 270 a 750 euro
I diritti acquisiti dai lavoratori e dai
pensionati non si toccano
PAG. 7
I marxistileninisti milanesi
studiano
la Grande
Rivoluzione
Culturale
Proletaria in Cina
per impadronirsi
pienamente del
socialismo in
modo da poterlo
propagandare
con più forza
PAG. 12
Il nuovo Valletta vuol cancellare la contraddizione tra capitale e lavoro
PAG. 3
PAG. 7
Bocciato il metodo di valutazione meritocratico
Successo del boicottaggio del quiz Invalsi
Il maggior successo nel Sud. A Palermo il 92% degli studenti non ha partecipato alle prove. Sciopero indetto dai Cobas scuola
PAG. 6
L’Italicum fascistissimum e l’Editoriale di Scuderi:
la risposta pratica della politica borghese e quella
scientifica socialista alla crisi del capitalismo
PAG. 11
PAG. 11
Presidii di protesta davanti a Montecitorio
mentre il parlamento nero approva a tappe
forzate i primi articoli della controriforma
Scrutini a rischio
Non c’e’ intesa
tra sindacati e
governo sulla
“Buona scuola”
PAG. 6
1818 – 5 maggio – 2015 197° Anniversario della nascita del Grande Maestro del proletariato
internazionale e cofondatore del socialismo scientifico - 1ª puntata
Marx ha svelato al proletariato
il compito storico di rovesciare il
capitalismo e conquistare il socialismo
Lenin: “Karl Marx (Breve saggio biografico ed esposizione del marxismo)”
PAG. 9
stampato in proprio - committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515)
Nel 49° Anniversario
del suo lancio
nazionale, il sindacato e la paga base
brutalmente
i contestatori
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]
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2 il bolscevico / elezioni amministrative parziali del 31 maggio
Nella centrale piazza S. Domenico Maggiore
Volantinaggio elettorale per
l’astensionismo
marxista-leninista
Il volantino della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli
a Napoli del PMLI sulle elezioni regionali galvanizza le masse
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Vesuvio Rosso” di
Napoli del PMLI
La campagna elettorale astensionista del PMLI a Napoli si è
aperta domenica 17 maggio in
Piazza San Domenico Maggiore
con la distribuzione, in centinaia di
volantini, da parte dei militanti della
napoletana Cellula “Vesuvio Rosso” del documento dal titolo “Puniamo con l’astensionismo i candidati
della “sinistra” e della destra del
regime neofascista”.
I marxisti-leninisti napoletani,
in una bella giornata primaverile,
hanno discusso con i passanti delle
elezioni regionali che si terranno il
prossimo 31 maggio, affermando
l’importanza
dell’astensionismo
invitando le masse a non votare
per i partiti borghesi al servizio del
capitalismo. Durante la diffusione i
compagni si sono imbattuti in diversi confronti con i presenti in piazza,
tra tutti dobbiamo segnalare quello
con un gruppo di turisti campani che, galvanizzati dal volantino,
hanno riconosciuto il nostro Partito
mostrando in maniera eloquente il
loro supporto alla nostra posizione
Napoli, 17 maggio 2015. Il compagno Andrea discute con due napoletane il
documento elettorale astensionista della Cellula “Vesuvio Rosso” (foto Il Bolscevico)
astensionista.
colpevoli della desertificazione
Successivamente si sono ferindustriale e lavorativa. Molto intemati a parlare con noi alcuni precari
ressante il confronto con una stustorici partenopei che hanno subito
dentessa universitaria fuori sede,
sottolineato le malefatte delle vache ha palesato la sua avversione
rie giunte susseguitesi negli anni,
al capitalismo, ma non capiva bene
la nostra posizione astensionista. I
compagni in maniera dialettica hanno esposto che la strategia del PMLI
in questa fase storica è l’astensionismo tattico e che per sferrare un
duro colpo alla borghesia bisogna
creare istituzioni che rappresentino
le masse, costituiti da assemblee
popolari e comitati popolari basati
sul criterio della democrazia diretta
che facciano da contraltare ai partiti
della destra e della “sinistra” borghese. La studentessa, soddisfatta
delle delucidazioni ricevute, ci ha
chiesto i nostri contatti a livello locale e come seguire “Il Bolscevico”
in formato multimediale.
È stata dunque una mattinata
importantissima per il nostro Partito a Napoli, dimostrando in piazza,
ancora una volta, che se anche con
forze esigue e con mille difficoltà la
borghesia non deve adagiarsi sugli
allori, perché con ogni sforzo possibile i marxisti-leninisti napoletani
saranno sempre in prima linea a
combattere contro il capitalismo e
che decuplicheremo gli sforzi per
diffondere l’astensionismo marxista-leninista tra le masse popolari
stanche di questo marcio sistema.
Davanti al supermercato Coop
Rosso banchino di propaganda del PMLI
a Fucecchio
Forti critiche al governatore piddino Rossi. Il PMLI
invitato alla “festa operaia” alla Piaggio di Pontedera
‡‡Redazione di Fucecchio
Sabato 16 maggio uno sgargiante banchino rosso con gazebo
era posizionato davanti alla Coop
di Fucecchio (Firenze). I compagni
del PMLI lo avevano montato davanti al supermercato per propagandare la posizione astensionista
dei marxisti-leninisti. Una posizione anticapitalista che ha lo scopo
di di sviluppare la lotta di classe,
elevare la coscienza politica delle
masse, distaccarle dalle istituzioni
borghesi, che vanno delegittimate,
indebolite, disgregate e isolate.
Come sempre accade in momenti elettorali adesso sbucano un
po’ tutti i partiti che durante l’anno
sono assenti da Fucecchio. Tutti i
candidati a governatore della Toscana sono passati nella nostra
cittadina, spesso venuti a sobillare
la popolazione contro gli immigrati, residenti numerosi a Fucecchio
e impiegati nelle fabbriche della
zona. In particolare la Lega Nord,
Fratelli d’Italia e Forza Italia cer-
cano d’indirizzare la rabbia delle
masse verso gli stranieri per distoglierle dal vero responsabile della
crisi economica, il capitalismo, la
società che loro sostengono.
Il PD invece cerca di presentare la Toscana come un’isola felice
quando i dati dimostrano il contrario come documentato nel volantino firmato PMLI.Toscana diffuso
durante l’iniziativa dove si denuncia l’operato della giunta di Enrico
Rossi, esponente della “sinistra”
PD ma da dopo che Renzi gli ha
assicurato il posto per la prossima
legislatura entrato in perfetta sintonia con il premier. Un passante
lo ha accusato di aver affossato
la sanità pubblica nella nostra regione e della voragine nei conti
dell’ASL di Massa Carrara, esattamente com’era riportato nel nostro
volantino.
Durante la diffusione ci sono
state altre discussioni con chi si
recava al supermercato. Un delegato della Rsu della Piaggio di
Fucecchio 16 maggio 2015. Il banchino di propaganda astensionista del PMLI
nel parcheggio della Coop (foto Il Bolscevico)
Pontedera della Fiom si è soffermato al nostro gazebo parlando
di questioni sindacali e invitandoci
alla “festa operaia” organizzata dai
lavoratori della Piaggio ai primi di
giugno. Un giovane ha intavolato una discussione sul carattere
neofascista e piduista delle controriforme di Renzi, una coppia si
è lamentata della politica reazionaria e antioperaia di Renzi e del
suo governo. Una giovane ci ha
chiesto di poter fare una foto al
pannello che mostrava dei volan-
tini, tra cui quello di Renzi erede di
Mussolini, Craxi e Berlusconi e la
scritta Cacciamolo.
I marxisti-leninisti fucecchiesi,
nonostante le difficoltà e lo sbandamento ideologico di una parte
consistente delle masse, si stanno
sforzando, anche economicamente, di far giungere l’autentica voce
del proletariato e di smascherare
i vari partiti borghesi che, tutti indistintamente, chi più chi meno,
sostengono l’attuale sistema economico capitalistico.
SUCCESSO DEL BANCHINO ASTENSIONISTA
DEL PMLI A BORGO SAN LORENZO
Il Partito è sempre più riferimento delle masse. Una donna: “La falce e martello mi va bene”
‡‡Dal corrispondente della Squadra di
propaganda dell’astensionismo marxistaleninista del Mugello e Val di Sieve
Nella mattina di sabato 16 maggio la Squadra
di propaganda dell’astensionismo marxista-leninista del Mugello e Val di Sieve ha organizzato
un banchino nella piazzetta Romagnoli, nel centro di Borgo San Lorenzo (Firenze). I compagni,
militanti e simpatizzanti, provenienti dal Mugello
e Val d’Arno indossavano la rossa maglietta del
PMLI. Sul rosso banchino hanno sistemato varie
opere pubblicate nella collana “Piccola biblioteca
marxista-leninista”, insieme ai volantini del Partito. Ai lati del banchino le bandiere dei Maestri e
del Partito oltre alle locandine con i manifesti elettorali del PMLI e quella in cui si invita a cacciare
il governo Renzi con quest’ultimo paragonato ai
suoi emuli Mussolini, Craxi e Berlusconi.
Distribuiti varie centinaia di volantini col documento del PMLI.Toscana dal titolo “Perché la
Toscana sia governata dal popolo e al servizio
del popolo ci vuole il socialismo” e alcune decine
di volantini dal titolo “La Camera vota l’Italicum
fascistissimum”. Accolti in modo estremamente
positivo dalla popolazione, con chi ha affermato
di astenersi, una donna ha affermato “la falce e
martello mi va bene”. Un sessantenne ci ha salutati come fece anche tempo fa con un “che ci
avete portato di buono?”. Ma anche chi ha semplicemente ringraziato non lo ha fatto in modo
banale e formale, come chi diventa sempre più
riferimento almeno come interlocutore. Un lavoratore ci ha chiesto cosa ne pensavamo del “reddito di cittadinanza” proposto dal Movimento 5
stelle. Insomma quella dei compagni è stata una
presenza tutt’altro che passiva. Purtroppo l’iniziativa è stata fortemente danneggiata dalla pioggia.
E’ stata interrotta prima dell’orario prefissato, anche se i compagni hanno continuato la diffusione
sotto l’arco dell’attiguo corso Matteotti. In questo
frangente molto utile è stato l’appoggio logistico
dell’amico Gianni che ringraziamo di cuore.
N. 21 - 28 maggio 2015
Costituita la Squadra
di propaganda
dell’astensionismo marxistaleninista di Firenze
Successo del primo banchino di
propaganda in piazza dell’Isolotto
‡‡Dal corrispondente della
Squadra di propaganda
dell’astensionismo marxistaleninista di Firenze
Giovedì 14 maggio su invito della
Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” del
PMLI di Firenze militanti e sostenitori dell’astensionismo marxistaleninista si sono riuniti per discutere
il documento elettorale del Partito in
vista delle elezioni regionali toscane
che si terranno domenica 31 maggio.
Questo il titolo del documento del
cominciare dalla critica alla giunta
uscente del governatore della Toscana, Enrico Rossi, piddino, che
poco o niente ha fatto per il lavoro
dall’inizio della crisi capitalista che
ha visto aumentare la disoccupazione in Toscana in modo vertiginoso.
Sul fronte della sanità ha attuato un
piano di tagli di posti letto nei più importanti ospedali e riduzione del personale sanitario. Una politica, quella
portata avanti dal governatore Rossi, tutta incentrata a soddisfare gli
interessi della grande imprenditoria
Firenze, 16 maggio 2015. Si intrecciano le discussioni attorno al banchino
astensionista in piazza dell’Isolotto (foto Il Bolscevico)
PMLI.Toscana: “Perché la Toscana
sia governata dal popolo e al servizio del popolo ci vuole il socialismo.
Non votare i partiti borghesi al servizio del capitalismo. Delegittimiamo
le istituzioni rappresentative borghesi. Astieniti. Creiamo le istituzioni
rappresentative delle masse fautrici
del socialismo”.
Un appuntamento di fondamentale importanza che ha visto la creazione della Squadra di propaganda
dell’astensionismo marxista-leninista di Firenze. Nella discussione le
compagne e i compagni intervenuti
hanno dato il proprio contributo politico e ideologico esprimendo piena
sintonia con quanto scritto sul documento, rapportandolo alla realtà
concreta di tutti i giorni, anche in
base alle proprie esperienze, arricchendo il confronto e preparando in
modo corretto tutti i compagni che si
apprestano ad andare tra le masse
popolari nelle piazze e nei mercati
durante tutta la campagna elettorale.
La discussione ha analizzato e
approfondito ogni singolo tema, a
privata e della speculazione. A pagarne le spese sono come sempre
le masse popolari sia sul fronte economico che su quello della salute.
Le compagne ed i compagni presenti hanno quindi organizzato un
banchino di propaganda astensionista per sabato 16 presso il mercato
di piazza dell’Isolotto dove è stato
diffuso il documento.
Un banchino rosso fiammante
con le bandiere dei Maestri e del
Partito e i compagni con indosso le
magliette rosse del PMLI e il megafono che trasmetteva Bandiera rossa, L’Internazionale e Il Sole Rosso.
Durante la diffusione è emersa con
tutta la sua forza la sempre più diffusa sfiducia verso i partiti della classe dominante borghese e in molti la
volontà di disertare le urne. Tanti gli
apprezzamenti ricevuti verso il simbolo della falce e martello.
Sono in programma, altre diffusioni alla mensa universitaria di via
San Gallo e al mercatone delle Cascine.
ATTIVITA’ DI
PROPAGANDA
DEL PMLI
BIELLA Via Lamarmora, angolo piazza
➥
Vittorio Veneto - Banchino di propaganda dalle ore
14,30 alle 18.30
● Sabato 23 maggio
➥ FIRENZE
Mensa universitaria di via San
Gallo - Volantinaggio astensionista dalle ore 11,45
● Venerdì 22 maggio
Mercatone delle Cascine, lato Piazza P. Uccello
Volantinaggio astensionista dalle ore 9,30
● Martedì 26 maggio
➥ NAPOLI
Montesanto - Volantinaggio
astensionista dalle ore 18
● Giovedì 21 maggio
Piazza del Gesù - Volantinaggio astensionista
dalle ore 11
● Domenica 31 maggio
ISCHIA (Napoli)
➥
Barano d’Ischia, Piazza S. Rocco - Banchino di
propaganda astensionista dalle ore 19
● Venerdì 22 maggio
Lacco Ameno, Piazza S. Restituita - Banchino di
propaganda astensionista dalle ore 11
● Sabato 23 maggio
Borgo San Lorenzo (Firenze) 16 maggio 2015. Banchino elettorale astensionista del PMLI nel centro
del paese (foto il Bolscevico)
Ischia, Piazzetta S. Girolamo - Banchino di
propaganda astensionista dalle ore 11
● Domenica 24 maggio
N. 21 - 28 maggio 2015
elezioni amministrative parziali del 31 maggio / il bolscevico 3
A Massa, Viareggio, Imperia, in Sicilia, Puglia e dappertutto ormai
Contestato duramente
il fascioleghista Salvini
Ormai ovunque si presenti il
fascioleghista Salvini è investito
da una valanga di contestazioni.
Era successo in Umbria, dove in
visita a Marsciano (Perugia), il segretario della Lega Nord è stato
contestato con parole d’ordine
antirazziste. I manifestanti lo hanno “accolto”, lanciandogli uova,
urlandogli “razzista, fascista”.
Mentre lui rispondeva beffardo
“No, nazista”, protetto dalla sua
scorta e dalle “forze dell’ordine”,
uno dei dimostranti ha oltrepassato il cordone e ha sputato in
faccia al leader leghista, che ha
smesso di ironizzare e ha urlato:
“Prendete i documenti a quel
pezzo di merda”.
Contestazioni anche ad Imperia, il 17 maggio da diverse decine di persone al grido di “siamo
tutti clandestini”. In Toscana,
quando il leader della Lega si è
presentato per un comizio a Massa, protetto da un imponente cordone di “forze dell’ordine” in assetto antisommossa, è scoppiato
il finimondo. I manifestanti hanno
lanciato uova, arance e fumogeni contro il cordone di sicurezza.
La polizia carica brutalmente i contestatori
I contestatori hanno sfondato
il picchetto delle “forze dell’ordine”, le quali per proteggerlo
hanno distribuito manganellate
a destra e manca, inseguendo e
scaraventando per terra i manifestanti. Due dei manifestanti sono
sono rimasti feriti. Entrambi sono
stati portati in ospedale e uno di
loro è stato fermato per resistenza a pubblico ufficiale.
Salvini si è limitato ad un comizio lampo e poi è risalito in auto,
scappando, mentre i manifestanti
presidiavano la zona.
A Viareggio, i manifestanti
hanno tenuto in mano materassini da mare con la scritta “Sui
gommoni ci vogliamo i padroni”
e “Siamo tutti clandestini, siamo
tutti gay, siamo tutti Rom”. L’auto di Salvini è stata accerchiata
e colpita con pugni. E mentre il
caporione razzista scappava dal
mercato centrale, la sua auto veniva inseguita a piedi e con altri
mezzi dagli stessi contestatori.
Analoga contestazione a Pisa,
dove ad “accogliere” il segretario
del Carroccio c’erano manifestanti con lo striscione “Mai con
Salvini, mai con Renzi”.
Il risultato è che i comizi di Salvini in Toscana sono stati dimezzati o annullati del tutto. Bene.
“Salvini, la Sicilia non ti vuole”, a Gela (Caltanissetta) il 12
maggio il leader della Lega ha
trovato centinaia di contestatori
che, benché contenuti da un folto
schieramento di agenti in assetto antisommossa e minacciati e
provocati da elementi dell’estrema destra, provenienti da Catania per fare da “servizio d’ordine”
lo hanno costretto ad entrare dal
retro del quartier generale del suo
candidati.
In prima linea gli attivisti del
movimento No MUOS con lo
striscione “respingiamo Salvini”.
“Non ti vogliamo, leghista non
ti vogliamo” hanno urlato i No
MUOS, che hanno cantato “Bella
Ciao” insieme a centinaia di manifestanti.
A Marsala, la contestazione è
stata talmente dura che a Salvi-
ni non è stato neppure possibile scendere dall’auto. Le “forze
dell’ordine”, in assetto antisommossa, hanno ritenuto inesistenti
le condizioni di sicurezza per far
passare il segretario della Lega
tra tra le masse popolari in piazza. Queste si erano già radunate
per le 20, oltre un’ora prima del
comizio, previsto per le 21.30,
portando striscioni, fischietti e
orecchie d’asino fatte di carta e
scandendo cori contro Salvini e
la Lega. Pensando che gli antifascisti e antirazzisti abbandonassero la piazza, Salvini ha ritardato
il comizio. Quando è arrivato, verso le 22.30, la polizia ha formato
un cordone di sicurezza, tentando di contenere la rabbia delle
masse, continuamente insultate
da questo provocatore fascista e
antimeridionalista. Alcuni giovani sono riusciti ad oltrepassare il
cordone e a prendere a calci l’auto di Salvini, che è dovuto fuggire
verso il porto: il comizio è stato
annullato. Evviva!
Contestazioni anche l’indo-
mani, il 13 maggio, a Villabate, in
provincia di Palermo. Qui alcune
centinaia di manifestanti, contenuti da un cordone di “forze
dell’ordine” in assetto antisommossa, lo hanno “accolto” scandendo le parole d’ordine ”Via
dalla Sicilia!” e “Salvini, carogna,
torna nella fogna!”.
Anche in Sicilia, dunque, come
già in Puglia, e come poi in Umbria
e Toscana, il leader del Carroccio
non è il benvenuto. Le masse popolari non tollerano la sua violenta
retorica nazistoide contro le masse meridionali, le masse lavoratrici, contro i migranti, contro i Rom
e Sinti. E così ha raccolto quel
che ha seminato: le contestazioni
di questi giorni altro non sono che
la dimostrazione che le masse
popolari hanno alzato la guardia
e non sono più disposte a tollerare altro da Salvini. Sacrosante,
dunque, queste contestazioni che
vanno intensificate fino ad impedire a questo nazista patentato di
mettere piede tra le masse.
Mentre contro i manifestanti di
Massa si profilano denunce per
manifestazione non autorizzata, danneggiamento e violenza
privata, ci chiediamo come mai
nessuna Procura abbia finora
pensato di incriminare Salvini per
incitamento all’odio e alla violenza razziale verso meridionali,
migranti, profughi, Rom, Sinti. Ci
chiediamo come mai il governo
che usa ogni pretesto per impedire le manifestazioni degli antifascisti e limitare il diritto di sciopero delle masse lavoratrici, usi poi
tutti i mezzi possibili, arrivando a
impiegare, in tre mesi di campagna elettorale, ben 8.465 agenti
di pubblica sicurezza, pagati con
i soldi dei contribuenti, per imporre alle masse esacerbate che
non lo vogliono i comizi del boss
fascioleghista.
È questo il vero volto del governo Renzi, manganellate, repressione, lacrime e sangue per le
masse lavoratrici, popolari e antifasciste, spreco di denaro pubblico per garantire ai nazileghisti di
provocare e sputare il loro odio.
Anche per questo il nuovo duce
Renzi va spazzato via.
Pur di essere eletto governatore della Puglia
Emiliano
ricicla
politicanti
di
destra
e
fascisti
L’ex magistrato: “Sarò il domatore di questi qua e userò il frustino se sgarreranno”
Per vincere le elezioni regionali
in Puglia, il capobastone del PD
Michele Emiliano ha candidato
nelle liste del “centro-sinistra”
che lo sostengono la peggiore
feccia politica in circolazione: dai
fascisti, vecchi e nuovi, agli ex
berlusconiani, ferri vecchi democristiani, inquisiti, voltagabbana
di professione, rinnegati e traditori e chi più ne ha più ne metta.
Tutti insieme appassionatamente, cani e porci, sul carro di
Emiliano ormai dato per sicuro
successore di Vendola alla poltrona di governatore.
Tra i casi più emblematici
spicca Euprepio Curto: militante
del Movimento Sociale italiano
fin dai tempi di Almirante, ha passato quattro legislature in Senato
nel gruppo di Alleanza Nazionale.
Coinvolto in uno scandalo legato al gioco d’azzardo, è passato
all’UDC nelle vesti di consigliere
regionale, quindi allo Scudo Crociato e poi di nuovo con Fini in
Futuro e Libertà per poi tornare
da Casini prima di concludere la
“gloriosa” parabola candidandosi nelle liste di “centro-sinistra” e
del PD che vergognosamente lo
ha accolto a braccia aperte.
Al suo fianco troverà anche
Francesco Spina, sindaco di Bisceglie, eletto appena qualche
mese fa presidente della Provincia Bat (Barletta, Andria, Trani)
col “centro-destra”, ha messo a
disposizione del PD il suo feudo
elettorale e ora è coordinatore
della lista dell’UDC e delle liste civiche che sostengono Emiliano.
Segue Giovanni Ungaro, transitato nel giro di pochi anni nel
Movimento di destra di Giancarlo
Cito, in Forza Italia, in Ncd, in Realtà Italia e ora schierato in prima
fila da Emiliano.
Non è da meno Paolo Pellegrino: finiano di ferro per molti anni,
coordinatore provinciale del suo
partito, sostiene il centrodestra
nelle amministrative del 2012,
rompe con Fini l’anno successivo
a causa delle candidature paracadutate da Roma per le elezioni
politiche e ora approdato nelle
liste PD.
Giravolta di 360 gradi anche
per l’assessore uscente Lello
Di Gioia: cinque anni fa eletto in
Consiglio regionale con il PdL,
divenuto assessore grazie al passaggio a Scelta Civica nel 2013,
ora si ricandida con il “centrosinistra”.
Accolto con grandi onori alla
serata di presentazione ufficiale
dei 400 candidati tenuta da Emiliano anche il capobastone DC
Pippo Liscio poi candidato con
Alleanza Nazionale e ora convinto sostenitore dell’ex sindaco di
Bari.
Al suo fianco Fabrizio D’addario, candidato con Berlusconi nel
2010, ora è tornato alla caccia di
un seggio in Regione tra le liste
del PD.
Saverio Tammacco, invece, ci
ha pensato su un’intera giornata
prima di prendere armi e bagagli e
passare dalla carica di consigliere
provinciale e capogruppo di Forza Italia al Comune di Molfetta,
a candidato a sostegno dell’ex
magistrato piddino. 47 anni, una
lunga carriera politica passata
tutta a destra, dalle posizioni
neofasciste di An a quelle del
Pdl che poi si è trasformato
in Forza Italia, fino all’attuale
approdo tra le braccia del PD
Emiliano: Tammacco ha ricoperto
anche gli incarichi di assessore
al Comune di Molfetta.
Lo stesso ha fatto Mauro Vizzino che, da coordinatore provinciale di Io Sud della berlusconiana Adriana Poli Bortone, ha
deciso di tentare miglior fortuna
tra le file di Emiliano.
Luigi Valentino Damone invece è figlio d’arte e “giustamente”
segue le orme di papà Cecchino
essendo passato nel giro di una
stagione politica dal partito di Fit-
to a quello di Monti per approdare ora alla corte di Emiliano.
A seguire troviamo l’ex capogruppo del Pdl in Provincia di
Foggia, Paolo Mongiello, che ha
annunciato il sostegno a Emiliano.
Ma il caso più clamoroso si
registra ad Altamura, seconda
città della provincia di Bari con
70.000 abitanti, dove per la conquista del Municipio si sfidano
un esponente del “centro-sinistra” (Antonello Stigliano, vincitore delle primarie sostenuto da
PD, Sel e tre liste civiche) e un
esponente del “centro-destra”,
Luigi Lorusso, appoggiato da
una civica di nome “Rinnovamento Altamura” che negli ultimi dieci anni ha appoggiato i
due mandati amministrativi delle
liste di Berlusconi entrando anche in giunta con Mario Stacca,
sindaco di Forza Italia. E fin qui,
nulla da eccepire; se non fosse
che nella corsa per le regionali le
alleanze si ribaltano e Lorusso in
questa competizione corre per il
“centro-sinistra” e insieme al PD
sostiene la lista “La Puglia con
Emiliano”.
Di fronte a questo autentico
mercimonio di voti e di potere,
Emiliano ha ammesso spudoratamente che pur di vincere è
disposto a tutto e non si vergogna di andare a braccetto con fascisti, berlusconiani e “mariuoli”
della prima e della seconda repubblica neofascista. Alludendo
al suo passato da magistrato ha
assicurato di tenerli tutti a bada
perché, ha sottolineato: “Sarò il
domatore di questi qua e userò il
frustino se sgarreranno”! Vedremo cosa farà l’ex sceriffo di Bari
quando i suoi alleati in camicia
nera gli presenteranno il conto.
In ogni caso appare evidente che
ormai tra destra e “sinistra”
borghese non esiste più nessuna differenza ideologica, politica,
organizzativa e di uomini. Pur di
raccattare voti e conquistare poltrone, i due schieramenti ormai
operano in perfetta simbiosi tra
loro e si interscambiano perfino
i candidati.
Una ragione in più per astenersi, disertare le urne, annullare
la scheda o lasciarla in bianco alle
prossime elezioni amministrative
parziali del 31 maggio.
Zeppe di riciclati di destra e leghisti
le liste PD in Liguria e Veneto
Ormai il piduista progetto renziano del “partito della nazione”
sta prendendo corpo e, anche
alla luce del crescente e tendenziale astensionismo di una parte
crescente delle masse popolari,
l’unico modo per alimentarlo è
quello per il PD di imbarcare nel
suo progetto candidati che, riciclati da esperienze politiche di
destra anche estrema, portano
comunque voti.
In questo senso sono emblematiche le candidature che il
Partito Democratico ha ricercato o direttamente per il partito o
indirettamente, tramite liste di
appoggio ai candidati presidenti,
per le prossime elezioni regionali,
in Liguria e in Veneto.
In Liguria, dove le primarie
hanno nettamente spaccato il
PD la renziana Raffaella Paita sta
tentando di parare il colpo attraendo a sé una serie di fuoriusciti
da Forza Italia che, complice la
difficoltà della destra impersonata dal candidato berlusconiano
Giovanni Toti, sostengono ormai
la candidata del PD.
Molto ha pesato in questo
Claudio Burlando, potente presidente della Regione Liguria e sostenitore della Paita, che - complici gli ottimi rapporti da sempre
intrattenuti con l’imperiese Cladio
Scajola e i suoi compagni di merende - è riuscito ad attrarre verso la Paita un personaggio come
Luca Lanteri, ex vicesindaco di
Imperia per il PDL, a suo tempo
vicinissimo a Scajola, che nel
2013, forse fiutando già da allora
i guai che avrebbero investito il
partito di Berlusconi, è diventato
uno dei referenti dell’associazione “Big bang Liguria riformista”
nata con la benedizione di Renzi
e con lo scopo dichiarato di appoggiarlo e sostenerlo.
Altro acquisto del PD è il
sanremese Massimo Donzella,
vicepresidente del Consiglio regionale, che - oltre ad essere un
riciclato dell’UDC nel cui gruppo
ha rivestito la carica di consigliere
regionale - è indagato per le spese pazze alla Regione Liguria. Il
PD lo ha candidato a Imperia.
E poi c’è Pierluigi Vinai, potente ex presidente della fondazione Carige e da sempre legato a
Scajola e al partito di Berlusconi,
che ha costituito una fondazione,
“Open Liguria” di chiaro stampo
renziano, e appoggia anche lui la
Paita.
Anche a Genova il PD ha candidato un riciclato, Giovanni Boitan, già consigliere comunale alla
Spezia per l’UDC e ora passato
armi e bagagli al “partito della nazione”.
Nel Veneto, dove peraltro il PD
è storicamente più debole che in
Liguria, la renziana Alessandra
Moretti deve strizzare l’occhio a
personaggi impresentabili come
l’ex leghista omofobo Santino
Bozza che fu espulso dalla formazione fondata da Bossi nel 2013
in quanto contestava la linea politica, giudicata troppo moderata,
dell’allora segretario regionale
Flavio Tosi. Nel frattempo Bozza
ha fondato il movimento “Uniti
per il Progetto Veneto Autonomo”
che appoggia la Moretti.
Non si dimentichi che Santino
Bozza è quel personaggio che
nel 2012 dichiarò al programma
radiofonico La Zanzara di provare schifo e disgusto per gli omosessuali che, secondo lui, sono
“malati, diversi, sbullonati”.
Nella lista “Uniti per il Progetto Veneto Autonomo” che
appoggia la Moretti ci sono anche personaggi che propugnano
l’indipendenza del Veneto e si
richiamano addirittura alla Serenissima Repubblica di Venezia
morta e sepolta nel 1797, come
Bobo Sartore e Gianluca Panto,
quest’ultimo ex candidato presidente per il “Partito Nasional Veneto” nel 2010, anch’essi di fatto
intruppati a dispetto delle loro
velleità secessioniste, tramite la
Moretti, nel ben più pericoloso
carrozzone politico nazionale
renziano.
4 il bolscevico / Ue imperialista
N. 21 - 28 maggio 2015
Decisa dalla Commissione dell’UE imperialista
Una guerra da mare,
cielo e terra alla Libia
per “distruggere i barconi”
Le decisioni militari
“La decisione di stabilire una
missione navale UE per distruggere il modello di business dei
contrabbandieri e delle reti di
trafficanti nel Mediterraneo è
stata appena presa”, ha twittato
trionfante la Mogherini durante il
vertice annunciando il via libera
alla missione “Eunavfor Med”.
L’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione ha poi
dichiarato di sperare che “possa
essere lanciata ufficialmente e
formalmente già a giugno”. Gli
obiettivi militari e le regole di ingaggio della missione sono per
ora volutamente vaghi, in attesa anche dell’approvazione da
parte del Consiglio di sicurezza
dell’Onu della risoluzione elaborata dall’Italia e presentata dalla
Gran Bretagna a nome anche di
Francia, Germania e Lituania, che
dovrebbe permettere l’uso della
forza in base all’art. 7 della Carta
delle Nazioni Unite, così da dare
via libera all’operazione militare
europea di “ricerca e distruzione
dei barconi degli scafisti”, con
forze navali, aeree e terrestri, che
prevede tre gradi di intervento:
nelle acque internazionali davanti alla Libia, nelle acque territoriali
libiche e nei porti libici.
Per adesso, in attesa delle
decisioni del Consiglio europeo
dei capi di Stato e di governo
che si terrà il 25 e 26 giugno, la
missione sarà solo navale e limitata alla prima fase, quella del
dispiegamento di mezzi navali ed
aerei nelle acque internazionali
davanti alla Libia e della “raccolta di informazioni” sulla rete dei
Non c’è accordo sulle quote
L’Italia di Renzi guiderà l’armata
trafficanti attraverso l’intelligence
dei vari Paesi partecipanti: hanno
già dato la loro adesione Francia,
Gran Bretagna, Germania e Spagna, oltre naturalmente l’Italia,
da cui è partita l’iniziativa, e che
avrà la direzione delle operazioni, affidata all’ammiraglio Enrico
Credentino, già comandante
dell’operazione europea di anti
pirateria davanti alle coste somale, e il cui quartier generale sarà
basato a Roma.
Interrogata se la missione
“Eunavfor” preveda o no la caccia ai barconi e la loro distruzione
come aveva annunciato più volte
nei giorni precedenti, la Mogherini ha risposto evasivamente: “Il
punto non è distruggere le barche, ma distruggere le organizzazioni di trafficanti e organizzazioni
terroristiche. Abbiamo analizzato
il legame tra organizzazioni di
trafficanti e organizzazioni terroristiche. Non posso confermare
alcun tipo di collegamento a noi
noto, ma è ovvio (sic) che il sistema di business dei trafficanti
potrebbe andare a finanziare attività che potrebbero avvicinarsi
ad attività terroristiche”.
L’ipocrisia della
Mogherini copre i
preparativi militari
La Mogherini continua a giocare con le parole per non destare troppo allarme e lasciare aperte tutte le porte, come quando
nei giorni scorsi aveva smentito
che siano previste operazioni direttamente sul suolo libico. Anche perché il governo di Tripoli
aveva avvertito che le avrebbe
considerate una violazione della
propria sovranità nazionale. Lo
stesso aveva fatto ufficialmente
il governo di Tobruk, il solo riconosciuto dalla “comunità internazionale”, ma solo perché non
vuole che i governi europei trattino anche con il governo rivale
di Tripoli perché ciò equivarrebbe
ad un suo riconoscimento. In realtà aveva implicitamente incoraggiato l’intervento diffondendo
notizie allarmanti su un piano
dello Stato islamico per infiltrare
terroristi sui barconi dei migranti.
Anche il presidente Mattarella, in
visita ufficiale a Tunisi, si era detto convinto che non esista una
soluzione militare alla crisi, e che
in Libia vada perseguita la strada
della mediazione tentata dal rappresentante dell’Onu, Bernardino Leon, “per un compromesso
politico che consenta la nascita
di un governo di unità nazionale”.
Ma sono tutte posizioni ipocrite
e tattiche, che nascondono ben
altre intenzioni da parte del governo Renzi e degli altri governi
europei, che marciano sempre
più verso l’uso della forza militare in Libia.
Lo confermano anche le rivelazioni del Guardian, che ha
fatto trapelare nei giorni scorsi
alcuni punti delle 19 pagine di
un documento a corredo del-
In questa immagine della Marina Militare un drone Camcopter s-100, imbarcato
sulla nave anfibia San Giusto. Già impiegato nelle operazioni “Mare nostrum”,
affianca i droni Predator dell’Aeronautica, è capace di decollare direttamente
dalle navi e viene utilizzato per individuare, grazie alle sue telecamere, con precisione le navi dei migranti
la bozza di risoluzione europea
all’esame del Consiglio di sicurezza dell’ONU, in cui vengono
riassunti i termini della missione
senza escludere un intervento
sul suolo libico: “Una presenza a
terra può essere presa in considerazione se viene raggiunto un
accordo con le autorità competenti” (quali?), è scritto nel documento, in cui si dice anche che
la missione “dovrebbe richiedere
una vasta gamma di capacità
aeree, marittime e terrestri”. E
che queste potrebbero includere
“intelligence, sorveglianza e ricognizione, squadre di imbarco,
unità di pattuglia (aeree e marittime), interventi con forze speciali”. Anche con “azioni lungo
la costa, in porto o in rada”, che
potrebbero anche comportare
“danni collaterali”, come vittime
innocenti: “L’abbordaggio delle
navi dei trafficanti in presenza di
migranti – si legge infatti nel documento rivelato dal quotidiano
britannico – presenta un alto rischio di effetti collaterali, inclusa
la perdita di vite”.
Le rivelazioni hanno creato
imbarazzo negli uffici della UE
e la Mogherini si è affrettata a
smentirle, ma sta di fatto che i
preparativi militari che si stanno
facendo in Italia vanno esattamente in quella direzione. Secondo il quotidiano la Repubblica del
14 maggio, che si rifà a fonti della
Difesa, il governo Renzi sta accelerando tali preparativi. Si parla infatti dell’impiego delle navi
anfibie della classe San Giusto e
della portaerei Cavour, per l’impiego dei caccia Harrier a decollo verticale. Ci saranno poi anche
le truppe speciali degli incursori
subacquei del Comsubin e i lagunari del battaglione San Marco, un equivalente dei marines
americani. A cui si affiancherebbero gli incursori paracadutisti
del Col Moschin, mentre a loro
protezione in funzione di ricognitori sarebbero impiegati aerei
Tornado Ecr e i droni Predator
Mq-1. Tutte truppe e mezzi non a
caso altamente specializzati per
incursioni sulle coste e nei porti,
non certo per stazionare in alto
mare. Anche per questa fregola
interventista il nuovo duce Renzi
va cacciato.
La caccia agli scafisti
la pagheranno
i migranti
Il governo del nuovo duce
Renzi, insomma, scalpita per seguire le orme di Mussolini e mettere gli stivali sul suolo libico,
considerandolo evidentemente
come un “cortile di casa” alla maniera americana, o più propriamente come la “quarta sponda”
di mussoliniana memoria. È folle
e criminale il pretesto accampato per questa nuova avventura
neocolonialista, quello cioè di
cacciare e distruggere i barconi degli scafisti. Intanto perché
è praticamente impossibile distinguerli da quelli dei pescatori, a meno di non distruggerli in
massa e indiscriminatamente.
Inoltre gli scafisti senza scrupoli
si stanno già regolando in previsione della nuova situazione,
caricando a forza i migranti sui
barconi e mandandoli in mare da
soli verso l’Italia, il che aumenta
enormemente i rischi per i poveri
passeggeri, che saranno i soli a
fare le spese delle esibizioni muscolari dei governi guerrafondai
europei, mentre gli scafisti se ne
staranno ben nascosti a terra.
E in ogni caso, anche ammesso che i militari riescano a
distruggere un po’ di barconi,
niente potrà impedire alle masse di disperati fuggiaschi arrivati
fino in Libia di partire con qualunque mezzo di fortuna possibile. L’unica differenza rispetto ad
ora è che lo faranno in condizioni
ancor più precarie e rischiose, e
che quindi ci saranno ancora più
morti di adesso. E per quelli che
non riusciranno a partire, grazie
all’azione “umanitaria” italianaeuropea, l’alternativa saranno le
carceri e i campi di concentramento libici, dove già patiscono
torture, stupri e morte per malattie e per fame. Oppure la deportazione nei Paesi d’origine, da
dove si presume siano scappati
per le stesse ragioni.
Persino un ex militare come
il generale Fabio Mini ha osservato che con questa operazione
“si pensa di punire chi si occupa dell’ultimo tratto del viaggio
e non i governanti degli Stati
che alimentano la violenza, la
corruzione e la guerra creando
le condizioni dalle quali vogliono fuggire i migranti”. Anche un
report di Amnesty International
ha avvertito che le azioni militari
potrebbero lasciare i migranti intrappolati nelle carceri libiche in
condizioni disperate, dove sono
soggetti a torture, abusi e coercizioni orrende, e che comunque
“non risolveranno la piaga degli
sbarchi di profughi”.
La vergogna
delle quote
che nessuno vuole
L’unica alternativa, sempre
più reclamata ormai anche dalle
organizzazioni umanitarie ufficiali, è creare dei corridoi di migrazione legalizzata e protetta,
e che l’Europa se ne faccia carico accogliendo e distribuendo
equamente i profughi e i migranti
nei suoi vari Paesi. Alleggerendo
tra l’altro la situazione critica dei
tre Paesi del Sud del Mediterraneo - Italia, Grecia e Malta - su
cui gravano tutti gli sbarchi dal
Nord-Africa e dal Medio Oriente.
Attualmente sei Paesi europei
si fanno carico dell’80% delle
domande d’asilo nella UE: Germania, Gran Bretagna, Francia,
Svezia, Italia e Belgio. Nella bozza approvata dalla Commissione
Juncker era prevista una redistri-
buzione di quote tra i 28 Paesi
dell’Unione in proporzione ai rispettivi Pil, tassi di disoccupazione e asili già concessi, anche
se per un numero assolutamente
irrisorio di nuovi migranti, compreso tra le 5 e le 20 mila unità,
quando gli sbarchi sono dell’ordine delle centinaia di migliaia
l’anno e stanno aumentando
esponenzialmente.
Ciononostante una buona
metà dei Paesi UE è ferocemente contraria a far entrare nuovi
migranti sul proprio territorio:
tra questi tutti i Paesi dell’Est
europeo (Polonia,
Ungheria,
Repubblica Ceca, Slovacchia)
e i Paesi baltici. Contrari anche
la Gran Bretagna, la Danimarca e l’Irlanda, che comunque
avrebbero goduto della facoltà
di sottrarsi all’obbligo. Incerta la
Svezia, mentre Francia, Spagna
e Germania si erano affiancate
in un primo tempo all’Italia tra i
Paesi favorevoli alle quote. Il che
aveva permesso l’approvazione
della bozza Juncker da sottoporre al vertice del 18 maggio anche
riguardo al punto delle quote
obbligatorie, consentendo al governo italiano – e in particolare
a Renzi, Alfano e Gentiloni – di
cantare vittoria per l’accoglimento delle richieste italiane.
Ma alla vigilia del vertice Francia e Spagna si erano già defilate, dichiarandosi contrarie alle
quote obbligatorie e lasciando
sola l’Italia col cerino in mano.
Vertice che poi si è concluso vergognosamente – come abbiamo
già detto – lasciando del tutto nel
vago la questione delle pur irrisorie quote di rifugiati da accogliere, mentre l’accordo è stato
trovato subito e all’unanimità per
la nuova avventura militare imperialista in Libia.
stampato in proprio - committente responsabile: M. MARTENGHI (art. 3 - Legge 10.12.93 n. 515)
Tutti d’accordo per un’operazione militare congiunta e guidata dall’Italia, nelle acque e sul
suolo della Libia, per “distruggere i barconi” che trasportano
i migranti; così come sulla decisione di sigillare le frontiere a sud
della Libia e dei Paesi limitrofi
e su interventi nei Paesi africani per “scoraggiare” la partenza
e il transito dei migranti. Ancora in alto mare invece l’accordo
sul quarto punto all’ordine del
giorno, quello delle quote di migranti da ripartire tra i vari Paesi
dell’Unione: questa la scontata
conclusione del vertice dei ministri degli Esteri e della Difesa dei
28 Paesi della UE, presieduto da
Federica Mogherini, che si è tenuto il 18 maggio a Bruxelles, per
approvare l’Agenda sull’immigrazione messa a punto e approvata dalla Commissione europea
presieduta da Juncker. Dopo 23
mila morti in mare dall’inizio degli
sbarchi, che l’anno scorso sono
stati 300 mila e nei primi mesi di
quest’anno già 200 mila, la UE
imperialista risponde quindi da
par suo, pianificando cioè un’altra
guerra in Libia e con altre misure
criminali per respingere o impedire la partenza dei migranti in fuga
dalle guerre e dalla fame, mentre
si mostra completamente sorda e cieca di fronte al problema
dell’accoglienza dei rifugiati già
arrivati sul suo suolo e divisa sulla
loro distribuzione tra tutti i Paesi
aderenti, perfino nella misura ridicola delle poche migliaia che si
dice disposta ad accettare.
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
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imperialismo italiano / il bolscevico 5
N. 21 - 28 maggio 2015
L’ha stabilito il Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella
L’imperialismo italiano
si concentra sulle regioni
“euro-atlantica”
e “euro-mediterranea”
Il “Libro Bianco” della difesa ritiene che il nostro Paese deve essere pronto “ad assumersi dirette
responsabilità in risposta a situazioni di crisi” ed essere preparato a interventi di pacificazione e stabilizzazioni
L’Italia di Renzi e Mattarella si prepara a interventi militari
in Libia e contro il “terrorismo”
Il 21 aprile, mentre Renzi si accingeva a chiedere al parlamento
nero un mandato pieno per trattare con la UE sull’emergenza immigrazione, comprendente l’intervento militare a guida italiana
in Libia che sta già preparando, al
Quirinale si teneva la riunione del
Consiglio supremo di difesa presieduto da Mattarella, con al centro la situazione internazionale e
l’approvazione del “Libro bianco” della ministra della Difesa,
Roberta Pinotti, per ridefinire il
nuovo modello di difesa interventista pensato prioritariamente proprio in funzione dei conflitti nella regione euro-mediterranea, pur
senza rinunciare al ruolo strategico-militare consolidato dell’Italia
nella regione euro-atlantica.
La non casuale coincidenza ha
fatto quindi di questo vertice presieduto dal capo dello Stato, con
i principali ministri del governo e i massimi vertici militari, un
vero e proprio consiglio di guerra
per pianificare un imminente intervento militare italiano in Libia
sotto l’ombrello dell’ONU, tant’è
vero che nel comunicato ufficiale si parla di “un generale peggioramento degli scenari di crisi e di
conflitto” in quest’area, e che “al
riguardo, si è convenuto sulla necessità di focalizzare l’impegno
del sistema-paese nelle aree di crisi di più immediato e concreto interesse per la sicurezza nazionale,
a partire dalla Libia”.
Ma con l’approvazione del “Libro Bianco” è stato anche impostato il lavoro per trasformare, attrezzare e riprogrammare l’esercito
interventista italiano verso altre
future avventure militari a “largo
raggio”, in tutti i teatri internazionali dove siano in gioco gli “interessi vitali” dell’imperialismo
italiano. In particolare, appunto,
nella regione euro-mediterranea,
comprendente il Nord-Africa con
la Libia, ma con propaggini anche nel Medio Oriente e nel Corno
d’Africa, che rappresentano storicamente le direttrici di espansione
del colonialismo italiano.
Il pretesto per dotare l’imperialismo italiano di uno strumento
militare capace di dargli una simile operatività regionale e finanche
globale non poteva che essere, ovviamente, il “terrorismo”, con le
“nuove e crescenti minacce” portate da organizzazioni come AlQaeda, e soprattutto dallo Stato islamico (“gruppi in grado di
prendere il controllo di intere aree
sulle quali esercitare un potere civile, militare, economico e giudiziario”, li definisce il Libro). Ma
tra i fattori causa di possibili crisi
e conflitti ci mette anche le spin-
Unità della Marina militare, con in testa la portaerei ammiraglia Cavour durante una esercitazione. La Marina militare ha
un ruolo di primo piano nella politica imperialista sostenuta dal governo Renzi in particolare nel Mediterraneo
te alle migrazioni, con i “flussi incontrollati di rifugiati” che vengono implicitamente additati come
potenziali veicoli di infiltrazioni
terroristiche.
Nella prefazione al Libro che
ha voluto fare personalmente, assicurando il suo impegno e di tutto il governo per sostenere quanto
vi è indicato, Renzi scrive infatti che “nuove minacce adombrano le nostre libertà, prima tra tutte quella terroristica, i cui attacchi
sono sempre più portati all’interno
del nostro continente. Il Mediterraneo, nel cui bacino il nostro Paese è storicamente, politicamente
ed economicamente collocato, è
tornato a richiamare su di sé l’attenzione internazionale per le crisi e i conflitti che vi si concentrano”. Ragion per cui, l’Italia “deve
adeguare i suoi strumenti d’azione, tra cui in primis quello militare, per mantenerli idonei a gestire
le nuove sfide alla sicurezza internazionale e assicurare la migliore
difesa del Paese”.
Le due aree
prioritarie di
intervento
Il Libro ribadisce naturalmente
che lo spazio euro-atlantico “rappresenta il fulcro degli interessi
nazionali e, in quanto tale, la sua
sicurezza costituisce la priorità
assoluta del Paese”; che “la piena e convinta adesione nazionale
all’alleanza atlantica e lo sviluppo
di un processo di progressiva integrazione delle Difese dei paesi
dell’Unione europea sono le chiavi di volta” della sicurezza e difesa
nazionale; e che la NATO è “uno
dei più saldi e duraturi pilastri
dell’equilibrio mondiale” (NATO
forever, insomma, come conferma
la partecipazione di cacciabombardieri italiani ai provocatori pattugliamenti ai confini russi). Ma riaffermato ciò sottolinea anche che
l’Italia, per “la posizione geografica, i flussi economico-commerciali e l’interconnessione storicoculturale” è al centro di un’ampia
e peculiare zona, definibile come
euro-mediterranea, assai instabile
e in preda a frequenti crisi, e che
c’è “un interesse vitale nazionale”
ad operare per stabilizzarla, e ad
assumere “maggiori responsabilità e un ruolo di partecipante attivo
allo sforzo della comunità internazionale per risolvere tali situazioni di crisi”.
Cosìcché, prosegue il Libro,
“per l’Italia non è possibile disgiungere la sicurezza della regione euro-mediterranea da quella
euro-atlantica, essendo ambedue
elementi essenziali e complementari della cornice di sicurezza e difesa nazionale”. Anzi, nell’attuale
fase di instabilità di tutta l’area, “la
zona euro-mediterranea rappresenta la principale area d’intervento nazionale”, e stabilizzare i Paesi
che affacciano sul Mediterraneo è
“un obiettivo prioritario per il nostro Paese”. E a questo scopo - sottolinea ancora il Libro venendo al
dunque - “qualora specifiche circostanze lo richiedano, la Difesa
deve essere pronta ad assumersi
dirette responsabilità in risposta a
situazioni di crisi ed essere preparata ad interventi di pacificazione
e stabilizzazione deliberati dalla
comunità internazionale. In taluni casi, l’Italia potrà anche assumere l’onere di guidare, in qualità
di Nazione leader, tali operazioni,
in particolare in quelle aree ove la
conoscenza diretta delle situazioni
è maggiore per vicinanza storica,
sociale o culturale”.
È questa la cornice politica
e legale che Renzi e Pinotti, con
l’avallo di Mattarella, si sono dati
per giustificare chiaramente un
prossimo intervento italiano in Libia sulle orme di Mussolini, ma anche per ogni altra futura avventura
neocolonialista in tutta la regione
e anche oltre, visto che il Libro include nelle propaggini collegate a
quest’area anche i Paesi arabi del
Medio Oriente, il Golfo Persico, il
Corno d’Africa e perfino il Sahel,
ossia i Paesi a sud della fascia sahariana. Questa rappresenta una
novità assoluta che il nuovo duce
Renzi ha tirato fuori dal suo sacco, perché mai fino ad ora l’Italia
si era spinta a rivendicare il ruolo
di “nazione leader” nelle missioni
internazionali.
Un esercito
interventista
più “pronto” e
“proiettabile”
Secondo la dottrina del “Libro
Bianco”, quindi, la “difesa” dell’Italia non si può limitare al territorio
nazionale, e nemmeno alla sola regione euro-atlantica come stabilito dalle alleanze di cui fa parte, ma
va estesa alla regione euro-mediterranea e potenzialmente a tutto il
mondo. Un modo ipocrita per giustificare gli appetiti neocolonialisti
e interventisti del rinato imperialismo italiano che Renzi, Pinotti e
Mattarella ben rappresentano. Una
tale dottrina necessita di un modello di forze armate professionali in-
terventiste ben foraggiate, armate e
addestrate e con spiccate capacità
di “proiettarsi” rapidamente sui più
disparati teatri di crisi e di conflitti,
ed eventualmente anche stazionarvi a lungo.
Da qui la revisione strategica
delle forze armate, l’unico settore dello Stato a non dover subire
tagli alla spesa (anzi, in prospettiva e secondo le raccomandazioni NATO dovrebbe aumentare
“almeno” fino al 2% del Pil), ma
che prevede di concentrare di più
le risorse sull’ammodernamento,
sui sistemi d’arma e sull’addestramento a fronte di un dimagrimento
nel personale fisso sia militare che
civile, per un modello di esercito
interventista meno numeroso ma
ringiovanito negli effettivi, meglio pagato, addestrato, armato ed
equipaggiato, e dotato di una “postura” adatta al nuovo ruolo interventista che gli si richiede, basata
sulla sua “utilizzabilità”, “sostenibilità” e “proiettabilità”. Una forza “snella”, ma armata fino ai denti con strumenti tecnologicamente
di avanguardia, e sempre pronta
per rispondere immediatamente
a quattro obiettivi: operazioni di
“tempestiva tutela degli interessi vitali nazionali”, operazioni di
“pace e stabilizzazione” internazionali, attività di “supporto specialistico e addestrativo” (di forze
di governi locali alleati) e attività
di “concorso alla salvaguardia delle istituzioni” (leggi, essere sempre pronte a reprimere e schiacciare eventuali moti o insurrezioni
popolari per difendere lo Stato capitalista).
Un esercito di tal fatta ha bisogno di forze giovanili, ed è qui
che si vede il ruolo particolarmente sporco giocato dal PD di Renzi, per attrarre i giovani nelle forze armate e cercare di migliorare i
rapporti tra militari e popolazione.
Nel “Libro Bianco”, infatti, si calca particolarmente l’accento sulla priorità di offrire ai giovani che
si arruolano forti incentivi economici e professionali e aiuto per il
reinserimento lavorativo nella vita
civile, attraverso uno specifico
“Progetto giovani” e un “Proget-
to lavoro futuro”. Inoltre si prevedono futuri programmi di “collaborazione” tra centri di ricerca
tecnologica militare e centri di ricerca universitaria, così da poter
sfruttare studenti e ricercatori universitari come “stagisti” a basso
costo col miraggio di un impiego
nel personale civile della Difesa.
Col che si arriverà rapidamente ad
un asservimento delle Università
e della ricerca scientifica ai finanziamenti e alle esigenze delle gerarchie militari, come avviene già
per le Università americane.
Ignorata
la riduzione degli F35
Un’altra operazione particolarmente infame che la Pinotti ha
fatto con questo “Libro Bianco”
è stata quella di “dimenticarsi”
scientemente degli F35, che non
vengono neanche nominati, quando una mozione del parlamento del 24 settembre 2014 (a firma
fra l’altro di un deputato del suo
stesso partito, Scanu) l’aveva impegnata a dimezzare le spese per
i costosissimi cacciabombardieri.
Lei aveva chiesto e ottenuto di rinviare tutto ad un piano di riduzione delle spese da presentare contestualmente al “Libro Bianco”. Ma
dopo tutti questi mesi, mentre nel
frattempo il programma di acquisto degli F35 è andato avanti, di
questo piano non c’è ancora traccia, né lei si è degnata nemmeno
di nominarlo.
In compenso nel Libro della generalessa Pinotti si stabilisce
un nuovo meccanismo di controllo parlamentare sulle spese militari per armamenti, che non sarà
più fatto anno per anno, ma avverrà in base a una legge di acquisto
pluriennale di investimento contenente tutti i programmi di acquisto
di armamenti previsti nell’arco di
sei anni. Legge che verrebbe sottoposta solo ogni tre anni all’approvazione delle aule parlamentari
e non più alle commissioni Difesa, così da ridurre ulteriormente la
frequenza e la già scarsa efficacia
dei controlli del parlamento sulle
decisioni dei vertici militari.
Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI
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sito Internet http://www.pmli.it
Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164
Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale
murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze
Editore: PMLI
chiuso il 20/5/2015
ISSN: 0392-3886
ore 16,00
6 il bolscevico / contro la “Buona scuola”
N. 21 - 28 maggio 2015
Bocciato il metodo di valutazione meritocratico
Successo del boicottaggio del quiz Invalsi
Un’altra dura batosta all’arroganza del governo e del nuovo
duce Renzi è arrivata dalle masse
studentesche in lotta!
Il 5 maggio, si sarebbe dovuta
tenere la prima trance dei famigerati test Invalsi (Istituto nazionale
per la valutazione del sistema
dell’istruzione), per valutare gli
studenti delle scuole elementari
e nei giorni a seguire quelli delle
classi seconde delle scuole superiori.
Ma il 5 maggio era anche la
giornata della grande mobilitazione nel mondo della scuola con lo
sciopero proclamato dai Cobas
contro la “riforma” neofascista
di Renzi e Giannini denominata
la “Buona scuola”, che ha visto
scendere in piazza decine di migliaia di studentesse e studenti,
insegnanti, personale Ata, ecc.
Davanti al rischio di veder saltare le prove Invalsi a causa dello
sciopero, e per non rinunciare a
questo odiosissimo, nonché costosissimo (circa 14 milioni di euro
l’anno) sistema di schedatura discriminatorio, antistudentesco,
antipopolare, xenofobo, antidisabili, meritocratico e selettivo di
stampo classista e punitivo verso
gli studenti non allineati, attraverso le dichiarazioni di Anna Maria
Ajello presidente dell’istituto con la
complicità della ministra Giannini
e del suo dicastero (che controlla l’istituto Invalsi) si annunciava
la decisione di spostare le date
fissate per giorno 5 e 6 maggio
delle elementari rispettivamente
al 6 e 7 maggio, confermando invece la data del 12 maggio per gli
studenti del secondo anno delle
scuole superiori.
Con questa mossa, il ministero dell’istruzione e il governo
speravano di aver scampato un
possibile boicottaggio di massa
degli Invalsi almeno a livello di
istituti elementari, ma le masse
studentesche hanno risposto
pan per focaccia alla Giannini
promuovendo attraverso l’Unione degli studenti (UDS), ed il
sindacato Cobas, una grande
giornata mobilitazione generale e
di sciopero del comparto scolastico il 12 maggio per boicottare
i testi Invalsi, preceduta nei giorni
precedenti dal boicottaggio delle
prove degli alunni delle elementa-
Il maggior successo nel Sud. A Palermo il 92% degli studenti
non ha partecipato alle prove. Sciopero indetto dai Cobas scuola
ri che supportati da insegnanti e
tantissimi genitori coscienti della
natura antipopolare di questi test,
in larga parte non hanno mandato
i loro figli a scuola nei giorni in
cui il governo aveva fatto slittare
le prove.
Un boicottaggio, quello del
12 maggio pienamente riuscito
da Nord a Sud del Paese. I dati
parlano chiaro, il 23% degli studenti non ha effettuato i test, e se
a questa percentuale si aggiungono i migliaia di test lasciati in
bianco e le prove invalidate questa percentuale sale e di molto.
Le masse studentesche e giovanili del Sud sono state l’avanguardia in questa giornata di lotta
registrando punte altissime di
boicottaggio che in alcuni casi
sfiorano il 100%
A Palermo dopo la protesta
dei genitori delle scuole elementari, che il 6 e 7 maggio hanno
fatto saltare le prove in circa un
terzo delle classi seconde e quinte della primaria palermitana,
arriva la mazzata della scuola secondaria superiore. Secondo dai
dati che trapelano dai licei della
città, le classi che hanno potuto
svolgere il consueto test annuale
che sonda le competenze in Lettura e Matematica degli studenti
delle seconde classi della scuola
superiore sono state pochissime
arrivando alla cifra record del
92% di studenti che hanno di fatto boicottato il test.
In una decina di licei si è verificato addirittura il 100% dei
boicottaggi: con tutte le seconde
assenti e i docenti somministratori con i test sulla cattedra senza
sapere cosa fare.
A Catania la lotta contro i test
ha portato a un pressoché totale svuotamento delle classi, per
quanto riguarda gli studenti fuori
dalle aule, si sono radunati in presidi con striscioni davanti a tutte
le scuole della città.
A Cosenza durante la mattinata ci sono stati i boicottaggi
negli istituti, nel pomeriggio si
sono svolte una serie di assemblee pubbliche contro Invalsi e
“Buona scuola”, con interventi da
Palermo, 5 maggio 2015. Durante la manifestazione per lo sciopero generale dei lavoratori della scuola contro la “riforma”
di Renzi, gli studenti hanno bruciato gli odiati Invalsi (in primo piano davanti lo striscione dello spezzone studentesco)
parte di professori.
A Lamezia Terme un corteo
studentesco si è dipanato per la
città, mentre nelle classi hanno
boicottato i test.
A Cittanova, in provincia di
Reggio Calabria, hanno scioperato la stragrande maggioranza
degli studenti del Liceo scientifico statale “Michele Guerrisi”.
A Bari gli studenti hanno lasciato le classi totalmente vuote
e al liceo classico si sono riuniti in
assemblea autoconvocata.
A Brindisi, boicottaggio che
ha sfiorato il 100% al Carnaro, al
Pertini, al Fermi, al Monticelli, al
Palumbo, al Giorgi, al Ferraris, al
Majorana di Brindisi.
A Napoli quasi tutte le aule
erano deserte, gli studenti si
sono trovati davanti scuola e
tranne in pochi casi hanno tutti
deciso di rimanere fuori mostrando la propria contrarietà ai test.
I pochi entrati hanno anch’essi
boicottato i test. Si sono radunati
poi in mattinata in Piazza Dante, per un’assemblea pubblica.
Due i cortei che hanno sfilato per
le strade della città con cori contro il DDL “Buona scuola”. I cortei
si sono diretti verso Piazza Municipio dove uno schieramento di
polizia ha impedito ai manifestati
di dirigersi a via Santa Lucia, alla
sede della regione Campania.
A Caserta la maggior parte degli studenti non è andata a
scuola, chi ha sostenuto le prove
invece, le ha consegnate in bianco.
A Benevento durante la mattinata molti studenti hanno partecipato al presidio in Piazza Risorgimento, nelle classi si sono
presentati pochissimi studenti.
A Roma attraverso tantissimi
boicottaggi e iniziative la lotta
contro le Invalsi ha preso forza.
C’è stato anche un corteo che si
è diretto sotto la sede nazionale
dell’Istituto Invalsi.
A Bologna tantissimi i boicottaggi dentro le scuole, che hanno visto in tutta la città gli istituti
semideserti, e la pubblicazione
sui social di un’enorme quantità
di foto di test invalidati dagli studenti.
A Ravenna quasi la totalità
degli studenti hanno boicottato i
test, rilevante la classe campione
scelta nel liceo artistico, che si
è trovata senza alcun alunno in
classe per svolgerli.
A Cremona gli studenti si
sono riuniti in presidio discutendo animatamente sulla pericolosità degli invalsi, anche
con operatori scolastici. Dopo il
presidio, che ha visto anche la
provocazione della polizia che
intimava ai manifestanti il divieto
di usare gli amplificatori, gli studenti hanno raggiungo il centro
sociale Csa Dordoni e lì fatto un
aperitivo di socialità e aggregazione.
A Mantova 2 studenti su 3
hanno boicottato le prove.
A Brescia corteo del Kollettivo
Studenti in Lotta partito da Piazza Garibaldi contro il ddl “Buona
scuola”, le prove Invalsi, ma anche contro la settimana corta che
la provincia di Brescia ha deciso
di imporre a tutti gli isitituti bresciani. Una decisione ancora una
volta calata dall’alto e che porterà
tra l’altro un risparmio irrisorio rispetto al disagio che provocherà
alle stesse scuole e agli studenti.
La manifestazione si è conclusa
in tarda mattinata al parco Campo
Marte.
A Torino gli studenti che hanno boicottato i test, si sono trovati subito dopo l’entrata scolastica
per una colazione NoInvalsi.
Ad Alessandria gli studenti davanti alle scuole già da prima del
suono della campanella, hanno
appeso striscioni e distribuendo
volantini invitando al boicottaggio
gli altri. Negli istituti le poche persone presenti hanno strappato i
codici, vi hanno attaccato sopra
l’adesivo “NoInvalsi” e scritto frasi contro i test.
Ma queste sono solo una serie di città, il boicottaggio è stato
generale in ogni città, tra Aosta,
Chieti, Catanzaro, Lucca, Vasto,
Modena, Val di Susa...e moltissime altre, non si contano le notizie
delle prove invalidate e le esperienze di tantissimi studenti che si
sono opposti al modello di questi
test.
Questa grande giornata di mobilitazione delle masse studentesche e dell’intero mondo della
scuola contro gli Invalsi è stata
anche una ennesima grande mobilitazione, da come si può ben
capire dagli slogan lanciati nelle
piazze, contro la “Buona scuola”
del nuovo duce Renzi e della sua
gerarca Giannini.
Le masse popolari e studentesche hanno infatti capito come gli
Invalsi che mirano a creare discriminazione sociale favorendo gli
studenti di estrazione borghese,
rendendo al contempo difficile
l’accesso all’istruzione per quelli
di estrazione operaia e popolare,
siano un’appendice della controriforma neofascista della scuola
che punta, attraverso l’autonomia
e la meritocrazia, alla creazione
di scuole di serie A e di serie B,
dove saranno proprio gli Invalsi
a delineare quali scuole saranno
“meritevoli” (e non è difficile immaginare che saranno le scuole
frequentate dai figli della borghesia) di incentivi economici da
parte del governo e quali invece
verranno lasciate a bocca asciutta dovendo ricorrere ai sostegni
dei finanziatori privati.
Davanti a questo progetto
di fascistizzazione della scuola pubblica voluta dalla classe
dominante borghese in camicia
nera, e realizzata dal suo pupillo Renzi, la coraggiosa lotta per
la cancellazione degli invalsi e
del DDL “buona scuola” non
basta, bisogna che le masse
studentesche e tutto il mondo
della scuola rivendichino con
forza, continuando a battersi
nelle scuole, nelle università e
nelle piazze, la cacciata del governo Renzi.
Presidii di protesta davanti a Montecitorio mentre il parlamento nero approva a tappe forzate i primi articoli della controriforma
Scrutini a rischio. Non c’e’ intesa tra
sindacati e governo sulla “Buona scuola”
Il governo Renzi va avanti senza ascoltare la protesta di
lavoratori, studenti e famiglie e
accelera l’iter di approvazione del
DDL sulla “Buona scuola”. Mentre scriviamo, e l’aula di Montecitorio è circondata da un presidio
di protesta unitario che durerà
tre giorni, è passato il contestatissimo articolo 9, che scardina il
contratto nazionale di categoria e
conferisce poteri fascisti al dirigente scolastico.
La totale chiusura del governo alle istanze dei lavoratori della scuola, degli studenti e delle
famiglie ha alzato il livello dello
scontro. Intanto, lo sciopero degli
scrutini e di tutte le attività della
scuola è stato indetto dai Cobas
nei due giorni consecutivi alla
fine delle lezioni, mentre gli studenti hanno proclamato ieri tre
giorni di manifestazione in tutti gli
istituti scolastici d’Italia. Anche
la CGIL, nel rispondere alle illegittime minacce di precettazione
agitate del Garante sugli scioperi, Roberto Alesse, ha già detto
di volere ricorrere allo sciopero
degli scrutini, in quanto previsto
dalle norme. “Noi vogliamo poter
scioperare anche nel periodo degli scrutini”, ha detto il segretario
della FLC-CGIL, Domenico Pantaleo, il 15 maggio, durante l’assemblea aperta organizzata dai
FLC, CISL e UIL Scuola, Snals e
Gilda di Roma e Lazio in piazza
del Pantheon nella Capitale, durante la quale c’è stata anche la
dura contestazione delle renziane
Anna Ascani e Simona Malpezzi:
“A casa! A casa!”
Nella stessa assemblea Massimo Di Menna (Uil Scuola) ha
affermato “Il governo ha creato
uno scontro con la scuola e quindi con il Paese. Lo sciopero degli
scrutini è una forma di lotta necessaria che il governo non può
evitare. Andremo avanti”.
Come avverrà lo
sciopero degli scrutini
Intorno alla possibile proclamazione unitaria dello sciopero
degli scrutini si è scatenata la
rabbiosa reazione del governo e
del PD di Renzi. Tra gli interventi
mirati ad intimidire gli insegnanti,
da notare quello di Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di
garanzia sugli scioperi, colui che
durante la XIV legislatura è stato
nominato dai governi Berlusconi I e II consigliere giuridico del
Vice presidente del Consiglio dei
ministri e del ministro degli Affari
esteri. Il garante, minacciando la
precettazione, è evidentemente
uscito dal suo ruolo e con una
sporca operazione politica ha
dato man forte alla volontà di
Renzi di soffocare e criminalizzare la rivolta della scuola.
In realtà Alesse sa benissimo
che le varie controriforme sul
diritto allo sciopero nei servizi
essenziali, in primo luogo la legge del 12 giugno 1990, n. 146,
hanno reso impossibile il blocco
degli scrutini, non si pone quindi
la questione delle precettazioni.
Sa, peraltro, che è ancora garantito lo sciopero degli stessi,
quello per l’appunto proclamato dai Cobas e che le altre sigle
hanno annunciato di voler proclamare.
Nello specifico, i lavoratori
non sono precettabili, a condizione che non siano effettuati
scioperi a tempo indeterminato;
che ciascuna azione di sciopero
non superi, per ciascun ordine
e grado di scuola i due giorni
consecutivi; che tra un’azione
e la successiva intercorra un intervallo di tempo non inferiore a
sette giorni; che non si scioperi
per le classi che debbano svolgere esami conclusivi dei cicli
di istruzione; che non si differiscano le operazioni di scrutinio
per più di 5 giorni rispetto alla
scadenza programmata. Tutte
condizioni rispettate sia dallo
sciopero proclamato dai Cobas,
sia da quelli che auspicabilmente verranno proclamati nei prossimi giorni dalle altre sigle.
Peraltro, le limitazioni agli
scioperi nei servizi essenziali non
si applicano nei casi in cui le la-
voratrici e i lavoratori scioperino
in difesa dell’ordine costituzionale. E con il governo Renzi siamo
proprio nel caso di violazione
aperta di stampo fascista della
carta costituzionale borghese,
dal momento che con la “Buona
scuola” di Renzi verranno scardinati gli articoli 33 e 34 della
costituzione borghese, che prevedono la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione “inferiore” da
impartire per almeno otto anni, la
libertà d’insegnamento, e la non
finanziabilità con fondi pubblici
degli istituti privati.
Il PMLI appoggia, dunque,
l’ipotesi dello sciopero degli
scrutini, come tutte le forme di
lotta di massa decise dalle lavoratrici e dai lavoratori della scuola. Le organizzazioni sindacali e
i lavoratori non devono lasciarsi
intimidire e devono andare avanti, mettendo con le spalle al muro
il governo. È Renzi, secondo
legge, che deve emanare l’ordinanza di precettazione, in questo
caso fascista oltre che illegale,
e prendersi la responsabilità di
mettere sulla carta una eclatante
violazione dei diritti costituzionali, delle leggi sullo sciopero, del
contratto nazionale di categoria.
È auspicabile che lo sciopero
degli scrutini abbia la proclamazione unitaria di tutti i sindacati, questo è il miglior modo per
dare l’altolà a Renzi e Giannini,
rendere forte ed incisiva questa
forma di lotta, impedire ai dirigenti filorenziani di fare pressioni e minacce nelle scuole pur di
portare a casa il risultato.
Una vicenda che comunque
mostra l’insofferenza fascista e
piduista del governo del nuovo
duce e delle istituzioni borghesi a
lui asservite verso le rivendicazioni delle masse lavoratrici e il diritto allo sciopero. Il problema, dunque, qui non è soltanto rispedire
al mittente la “Buona scuola”, ma
spazzare via questa melma fascista che ci governa attraverso un
fronte unito di tutte le lotte in corso, dalle fabbriche, alle scuole,
alle università.
interni / il bolscevico 7
N. 21 - 28 maggio 2015
La sentenza della Consulta
sulle pensioni va applicata subito
Il governo deve rimborsare alcune migliaia di euro a pensionato ma pensa di cavarsela con un bonus da 270 a 750 euro
I diritti acquisiti dai lavoratori e dai pensionati non si toccano
La Corte Costituzionale, con
la sentenza n° 70/2015, ha dichiarato illegittimo aver annullato
l’adeguamento all’inflazione delle
pensioni nel biennio 2012-2013.
Il riferimento è alla mancata perequazione delle pensioni che superavano di tre volte il trattamento minimo (481 euro lordi) attuato
dal governo Monti, insediatosi
dopo la caduta di Berlusconi, e
sostenuto da quasi tutti i partiti
borghesi, in primis il PD e Forza
Italia.
La famigerata “norma Fornero” che bloccò la rivalutazione
dell’assegno a milioni di pensionati che molti si ricorderanno per
la sceneggiata che la ministra
fece in conferenza stampa a fine
2011 quando presentò, al fianco
di Monti, il provvedimento “Salva
Italia” piangendo lacrime di coccodrillo davanti alle telecamere.
La controriforma Fornero portò
tanti altri danni trasformando il sistema pensionistico pubblico italiano in uno dei peggiori a livello
europeo sia per l’avanzato limite
minimo di età, 67 anni, sia per la
bassa retribuzione.
Rimanendo alla sentenza,
questo blocco è stato giudica-
to incostituzionale perché viene
giustificato con la “contingente
situazione finanziaria”, ovvero
motivazioni “blande e generiche”.
La Consulta inoltre ricorda che
“per le modalità con cui opera il
meccanismo della perequazione,
ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento,
anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva...
con conseguente pregiudizio per
il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile
vanificazione delle aspettative
legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla
cessazione della propria attività”
Senza addentrarci troppo nella
sentenza, questa alla fine stabilisce come quella norma del governo Monti sia in contrasto con
diversi articoli della Costituzione
e lo Stato dovrà rimborsare i pensionati. In particolare non rispetta
l’eccezionalità degli interventi di
emergenza perché questi blocchi sono sempre più frequenti,
di durata troppo lunga e definitivi senza la possibilità di essere
in seguito reintegrati e rispetto
ad interventi precedenti colpisce
anche le pensioni più modeste.
Sopratutto non rispetta la proporzionalità poiché il blocco è uguale
per tutti, (in questo caso il 100%)
indipendentemente
dall’entità
dell’assegno percepito.
In soldoni lo Stato dovrà restituire complessivamente 18
miliardi di euro ma Renzi ha già
detto che ne metterà sul piatto
solo due. I sindacati invece pretendono che venga restituito tutto. Il governo cerca di giustificarsi
tirando in ballo il fatto che ne beneficerebbero anche le pensioni
alte. Questo è vero ma la Consulta non poteva scendere in questi
particolari ma solo decidere se,
per la Costituzione vigente, era
legittimo o no il blocco delle pensioni. Ma il nuovo duce Renzi e
i suoi ministri mentono quando
vogliono fare credere che il provvedimento ha danneggiato solo
i ricchi perché basta guardare
l’entità degli assegni pensionistici
per capire che Monti e la Fornero
colpirono in larga misura pensioni
modeste e “normali”.
Intanto ben 19 milioni di pensioni su 23 sono al di sotto la cifra
del triplo di quelle minime ossia
1.443 euro lordi, 1.100 netti; un
quadro generale che ci mostra
che la maggioranza dei pensionati vive in povertà. Quindi la
platea si restringe a 4 milioni di
cui tre si concentra nella fascia
da 3 a 5 volte il minimo, cioè tra
1.443 e 2.405 euro lorde. Difficile
definire “d’oro” pensioni sotto i
2.000 euro netti mensili specie se
servono anche a sostenere figli e
nipoti disoccupati o precari. Altri
475.028 assegni avevano importi
oscillanti tra 2.405 e 2.886 euro;
nella fascia superiore si contavano 213.989 assegni di valore fino
a 3.367 euro e 116.656 arrivavano a 3.848, sempre netti, quindi
da decurtare del 30%. Le vere
super pensioni, quelle che sfondano i 10mila euro lordi (6-7mila
euro netti) sono solo 6.833.
I pensionati adesso aspettano
gli arretrati, cifre non indifferenti
che solo per le pensioni più basse, quelle di 1.100 euro netti, si
aggirerebbero secondo uno studio Uil, intorno ai 2450 euro, circa
85 euro lordi al mese, e superano i 100 euro per quelle intorno
ai 1.500 netti. La sentenza della
Consulta deve essere rispettata
e ai pensionati deve essere restituito il maltolto. Quando sono
state salvate banche in crisi i sol-
di si sono trovati subito, e tanti.
Ma nonostante il giudizio della
Consulta non ammetta repliche
Renzi, alcuni suoi ministri e alti
esponenti della finanza cercano
di ribaltare la frittata e usare questa sentenza per fare propaganda e peggiorare ulteriormente il
sistema pensionistico.
Renzi in tv, ospite dell’“Arena” di Giletti, ha affermato che il
cosiddetto “tesoretto”, i quasi 2
miliardi di avanzo pubblico, sarà
destinato ai pensionati, come se
il parziale rimborso (si parla di un
bonus di 500 euro a fronte delle
migliaia dovute) fosse un regalo
del suo governo. Ma qualcuno si
è spinto ancora più in là. L’attuale presidente dell’Inps, Tito Boeri
e l’ex commissario straordinario
Treu, hanno colto la palla al balzo
per lanciare un presunto allarme
sui conti dell’Inps che andrebbero risanati praticando il sistema
contributivo per tutti.
In pratica si vorrebbe togliere
a coloro che nel 1995 (cioè prima
dell’entrata in vigore della “riforma” Dini) avevano raggiunto 18
anni di contributi il diritto a una
pensione basata sulla retribuzione percepita anziché sui contri-
buti versati. Addirittura hanno
proposto di taglieggiare chi è già
in pensione con il vecchio sistema
con una supertassa del 20-30%
da applicare a chi usufruisce del
più favorevole retributivo.
Nella conferenza stampa del
18 maggio Renzi, e i ministri Padoan e Poletti hanno sommariamente illustrato il loro misero bonus che andrà alle pensioni fino
a 3.200 euro lordi. “Se tu prendi
1.700 euro lordi di pensione, l’1
agosto il bonus Poletti darà 750
euro, se 2.200 euro sarà di 450
euro, se 2.700 sarà di 278 euro. È
un una tantum”, queste le parole
di Renzi; il resto i pensionati se lo
devono scordare. Il nuovo duce
Renzi non se la può cavare con
un bonus che non copre neppure
un quarto del dovuto per le pensioni più basse, come dichiara
anche la Cgil. Vanno restituiti tutti
i soldi e in tempi brevi. La stessa
controriforma pensionistica della
Fornero dovrebbe essere messa
nel mirino dai sindacati ed essere
abolita e non permettere a nessuno di toccare ulteriormente diritti
già acquisiti dai lavoratori e dai
pensionati.
Nuovo sistema retributivo della Fca
Marchionne col bonus cancella il contratto nazionale,
il sindacato e la paga base
Barbagallo (Uil): “Un’era di nuove relazioni industriali”. Furlan (Cisl): “Un modello”. La Fiom non ci sta
Il nuovo Valletta vuol cancellare la contraddizione tra capitale e lavoro
Marchionne assieme alla direzione aziendale ha deciso il
nuovo sistema retributivo per i
dipendenti del gruppo automobilistico FCA (FiatCryslerAutomobiles). Sindacati? Contrattazione?
Niente di tutto questo, per l’amministratore delegato del gruppo
ai lavoratori ci pensa l’azienda, i
sindacati si devono fare da parte.
Ecco qual è il “modello Marchionne”.
La stampa di regime ha fatto
da grancassa a questa notizia
puntando l’indice contro la Fiom
che è contraria a questo metodo perché, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil anche di
fronte a un aumento salariale direbbe sempre di no pur di andare
contro il gruppo FCA. Quasi tutti
a incensare Marchionne che promette fino a 7mila e anche 10mila
euro per i prossimi 4 anni, ma le
cose non stanno proprio così.
Quello che è stato definito
“bonus Marchionne” varierebbe
a seconda dei volumi produttivi.
Le stime per un operaio specializzato, quindi con un contratto
medio-alto, sarebbero le seguenti: 1.400 euro annui nel triennio
2015-2017 e fino a 2.800 euro
per il 2018, per un totale di 7.000
complessivi nel quadriennio (nel
caso in cui i risultati economici
siano conformi agli obiettivi fissati); 1.900 euro annui nel triennio
2015-2017 e 5.000 euro nel 2018,
per un totale di 10.700 complessivi nel quadriennio (nel caso di
risultati superiori alle attese). Nel
caso del mancato raggiungimento di ogni obiettivo è prevista
un’erogazione minima pari a 330
euro l’anno.
Non possiamo sapere quali
saranno gli obiettivi imposti dalla FCA ma si potrebbe verificare
l’ultima ipotesi, cioè poco più di
300 euro l’anno mentre la paga
di un operaio Fiat, a causa del
mancato rispetto del contratto nazionale, è mediamente più
bassa di 750 euro degli altri lavoratori metalmeccanici. Anche nel
caso di un raggiungimento del
bonus di 7mila euro questo non
sarebbe niente di eccezionale,
poiché in tante altre aziende del
settore sono stati strappati premi
di produzione maggiori. Solo a
produzione massima si potranno
avere dei guadagni, ma in questo
modo si cancella la paga base e
si reintroduce il cottimo. Più produci più guadagni e il cosiddetto
rischio d’impresa viene scaricato
sulle spalle del lavoratore.
Il modello Marchionne quindi
cancella il contratto nazionale,
come la Fiat ha già fatto da anni
perché l’azienda non vuole vincoli
o regole di alcun genere, cancella
la paga base sostituendola con
uno stipendio variabile perché
non vuole pagare la prestazione
lavorativa ma un tanto al pezzo,
ovvero a cottimo, ed elimina di
fatto i sindacati, ridotti a porre
una firma e l’assenso alle pretese
padronali. È quello che hanno fat-
to Fim Uilm Fismic e Ugl. Come
ha detto il segretario della Fiom
Landini, questo modello “cancella il ruolo del sindacato riducen-
dolo a spettatore notarile”.
Invano i vertici sindacali collaborazionisti cercano di presentare l’annuncio di Marchionne come
chissà quale vittoria per i lavoratori. Barbagallo segretario nazionale della Uil parla di “un’era di
nuove relazioni industriali” mentre
la segretaria nazionale della Cisl
Furlan lo ha definito “un modello”
che dovrà essere esteso a tutte
le aziende metalmeccaniche lasciando sottintendere anche agli
altri settori. Ma il suo predecessore Bonanni (oggi pensionato
d’oro) non disse a suo tempo che
il modello Marchionne imposto
a Pomigliano doveva rimanere
un’eccezione e non era esportabile alle altre fabbriche italiane?
A noi quella di Marchionne e
della FCA ci sembra invece una
visione di stampo corporativo
fascista, dove gli interessi dei lavoratori sono subordinati a quelli
dell’azienda e della borghesia
nazionale. Relazioni industriali e
sindacali di stampo mussoliniano
volute fortemente da Marchionne e da Renzi che trovano la loro
applicazione pratica nel modello
Pomigliano e legislativa nel Jobs
Act.
Il nuovo Valletta e il nuovo duce
Massa, 28 gennaio 2011. Corteo regionale dei metalmeccanici della
FIOM, nell’ambito dello sciopero
generale nazionale di categoria. In
primo piano il manifesto sul nuovo
Valletta Marchionne denunciato fin
da subito con un manifesto dal PMLI.
Nella foto, a sinistra, il compagno
Emanuele Sala, Responsabile del lavoro di massa del CC del Partito (foto
il Bolscevico)
da tempo agiscono all’unisono ed
entrambi pensano, inutilmente, di
cancellare la contraddizione tra
capitale e lavoro. Emblematiche
le parole di Marchionne: “negli
scorsi anni Fca ha dovuto fare i
conti con un sistema di relazioni
industriali stagnante basato su
sterili contrapposizioni tra capitale e lavoro. Quei giorni sono finalmente finiti. Quello che abbiamo
proposto è un sistema che riconosce la centralità dei nostri lavoratori per il raggiungimento degli
obiettivi del piano industriale”.
Ma quale “centralità dei lavoratori”! Questo “nuovo sistema”
prevede che decida tutto l’azienda e, come dice la Fiom “finge
una partecipazione dei lavoratori
ai destini aziendali su cui invece non hanno alcuna possibilità
di parola”. Poi sarà il padrone a
decidere quale “premio” elargire
ai suoi dipendenti e comunque
l’azienda cade sempre in piedi: se
produce poco si rifarà almeno in
parte sugli stipendi dei lavoratori,
se andrà bene darà un contentino ma guadagnerà sull’aumento
produttivo.
L’FCA e Marchionne per il
momento tirano dritto grazie anche al servilismo di Cisl, Uil e Ugl
e alla poco determinazione di
Fiom e Cgil, ma siamo certi che
alla fine gli operai e i lavoratori
sapranno uscire da questa situazione riaprendo una fase di lotta e
di conflittualità con la multinazionale italo-americana.
Tenere
in pugno
l’iniziativa
politica
di Giovanni Scuderi
Proponiamo ai militanti e ai simpatizzanti del PMLI, un articolo del compagno Giovanni Scuderi,
Segretario generale del PMLI, pubblicato su “Il Bolscevico” n° 2 del 19/1/1995. Già dal titolo “Tenere in pugno
l’iniziativa politica” si evince come con questo scritto il compagno Scuderi esorti tutto il Partito a non limitarsi
alla partecipazione saltuaria a manifestazioni e iniziative in “calendario” o organizzate da altri, perché “solo un
lavoro costante e quotidiano può dare i suoi frutti”.
“Un lavoro legato alla realtà e alla problematica sociale in cui viviamo e operiamo”, continua il
compagno Scuderi, invitando ancora una volta a radicarsi nei propri ambienti di vita, di lavoro e di
studio. Una questione di cruciale importanza per il presente e il futuro del PMLI.
Ora come allora ci troviamo di fronte a grandi battaglie politiche ed elettorali, dalle prossime elezioni
amministrative parziali alle lotte in corso contro la “Buona scuola”, il Jobs Act e l’Italicum fascistissimum di
Renzi, i marxisti-leninisti devono fare la loro parte non solo per vincere queste battaglie ma anche e soprattutto
per emergere quali avanguardie delle masse popolari e lavoratrici in lotta, per farlo, ci indica il compagno
Scuderi “è assolutamente necessario tenere in pugno l’iniziativa politica”. Non solo a livello nazionale e su
questioni generali, ma anche a livello locale e su questioni particolari.
La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI
Là dove siamo presenti, nei luoghi di lavoro, di studio e di vita, dobbiamo tenere
in pugno l’iniziativa politica. Sempre, ogni giorno e con continuità, non in maniera
saltuaria e frammentaria. Per le questioni ordinarie e per le questioni straordinarie.
Non solo sul piano della propaganda (diffusioni e affissioni), ma anche sul piano
dell’agitazione e delle denunce politiche e sindacali nel lavoro di massa. Non solo nelle
grandi occasioni e durante le mobilitazioni delle masse locali, provinciali, regionali e
nazionali.
Solo un lavoro costante e quotidiano può dare i suoi frutti. Un lavoro legato alla
realtà e alla problematica sociale in cui viviamo e operiamo.
Un lavoro di tipo sindacale, studentesco e sociale. Un lavoro politico che tenga
costantemente sotto tiro la giunta della propria città. Bisogna calarsi profondamente
nella propria realtà economica, sociale e politica per esprimerne i problemi e i bisogni.
Bisogna sempre di più entrare in merito alle questioni specifiche della propria città,
quartiere, fabbrica, scuola, ateneo.
Questo è l’anello mancante, in generale, del nostro lavoro di massa. E ciò condiziona
gravemente lo sviluppo del Partito a livello locale e nazionale. “Bisogna quindi con
urgenza forgiare e saldare agli altri anelli l’anello del lavoro locale, specifico, senza
il quale è ben difficile che le masse ci riconoscano come i loro rappresentanti”
(Documento del CC del PMLI del 20.02.88).
In ogni luogo di lavoro, di studio e di vita ci sono dei problemi, delle
rivendicazioni e delle contraddizioni ai quali va data la nostra risposta. Specie
quando nessuno si muove e le masse hanno bisogno di qualcuno che le
organizzi e guidi, oppure quando è necessario risvegliarle e invitarle alla
lotta.
In ogni luogo di lavoro, di studio e di vita dobbiamo essere degli agitatori,
dei combattenti di prima linea, degli organizzatori delle masse e delle lotte.
Mai dobbiamo starcene con le mani in mano e vivere al rimorchio degli eventi.
Dobbiamo prendere l’esempio dai compagni e dalle istanze più combattivi e
imparare dalle esperienze più avanzate del Partito.
Specialmente ora che si preannunciano delle grandi battaglie politiche, elettorali
e referendarie dobbiamo capire che è assolutamente necessario tenere in pugno
l’iniziativa politica.
(Articolo di Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, pubblicato su “Il Bolscevico” n° 2 del 19/1/1995)
Marx / il bolscevico 9
N. 21 - 28 maggio 2015
1818 – 5 maggio – 2015 197° Anniversario della nascita del Grande Maestro del proletariato
internazionale e cofondatore del socialismo scientifico - 3ª puntata
Marx ha svelato al proletariato
il compito storico di rovesciare
il capitalismo e conquistare il socialismo
Lenin: “Karl Marx1 (Breve saggio biografico ed esposizione del marxismo)”
volse la sua attenzione, e aprì la
via a uno studio scientifico della storia come processo unitario e
sottoposto a leggi, nonostante tutta la sua formidabile complessità e
le sue contraddizioni.
Continuiamo la pubblicazione dell’importante opera di
Lenin, “Karl Marx (Breve saggio biografico ed esposizione
del marxismo)”. Il titolo che qui
compare è redazionale. La prima puntata è apparsa sul n. 18
a pag. 5, la seconda sul n. 20 a
pag. 9.
La lotta di classe
La concezione
materialistica
della storia
Consapevole dell’incoerenza,
dell’imperfezione, della unilateralità del vecchio materialismo,
Marx si convinse della necessità di “mettere d’accordo la scienza della società con la base materialistica e di ricostruirla sopra di
essa”. Se il materialismo in generale spiega la coscienza con l’essere, e non viceversa, ciò vuol
dire che, applicato alla vita sociale
dell’umanità, il materialismo esige che si spieghi la coscienza sociale con l’essere sociale. “La tecnologia - scrive Marx (Il Capitale,
vol. I) - svela il comportamento
attivo dell’uomo verso la natura,
l’immediato processo di produzione della sua vita, e con essi anche
l’immediato processo di produzione dei suoi rapporti sociali vitali
e delle idee dell’intelletto che ne
scaturiscono”24. Una formulazione
completa dei principi fondamentali del materialismo, esteso alla società umana e alla storia, è data da
Marx nella sua prefazione all’opera Per la critica dell’economia
politica con le parole seguenti:
“Nella produzione sociale della
loro esistenza, gli uomini entrano
in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che
corrispondono a un determinato
grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme
di questi rapporti di produzione
costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla
quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il
modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il
processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il
loro essere, ma è, al contrario, il
loro essere sociale che determina
la loro coscienza. A un dato punto
del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti
di produzione esistenti, cioè con i
rapporti di proprietà (che ne sono
soltanto l’espressione giuridica)
dentro i quali tali forze per l’innanzi si erano mosse. Questi rapporti,
da forme di sviluppo delle forze
produttive, si convertono in loro
catene. E allora subentra un’epoca
Marx , Londra 1869
di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si
sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili
sconvolgimenti, è indispensabile
distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione,
che può essere constatato con la
precisione delle scienze naturali, e
le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire
questo conflitto e di combatterlo.
Come non si può giudicare un
uomo dall’idea che egli ha di se
stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha
di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale,
con il conflitto esistente tra le forze produttive della società e i rapporti di produzione... A grandi linee, i modi di produzione asiatico,
antico, feudale e borghese moderno, possono essere designati come
epoche che marcano il progresso
nella formazione economica della
società”25. (Cfr. la breve formulazione di Marx nella lettera a En-
gels del 7 luglio 1866: “La nostra
teoria per cui l’organizzazione del
lavoro è determinata dai mezzi di
produzione”26).
La scoperta della concezione
materialistica della storia, o, più
esattamente, l’applicazione coerente e l’estensione del materialismo al campo dei fenomeni sociali, eliminò i due principali difetti
delle precedenti teorie storiche. In
primo luogo queste, nel migliore
dei casi, tenevano conto solo dei
motivi ideologici dell’attività storica degli uomini senza ricercare le
cause che provocavano questi motivi, senza afferrare le leggi oggettive dello sviluppo del sistema dei
rapporti sociali, senza vedere che
le radici di questi rapporti si trovano nel grado di sviluppo della produzione materiale. In secondo luogo, queste teorie trascuravano, per
l’appunto, le azioni delle masse
della popolazione, mentre il materialismo storico ha dato per primo la possibilità di indagare, con
la precisione propria della storia
naturale, le condizioni sociali della vita delle masse e i cambiamenti
di queste condizioni. La “sociologia” e la storiografia premarxiste,
nel migliore dei casi, davano un
cumulo di fatti grezzi, frammenta-
riamente raccolti, una esposizione
di aspetti parziali del processo storico. Il marxismo ha aperto la via
a uno studio universale, completo,
del processo di origine, di sviluppo e di decadenza delle formazioni economico-sociali, considerando l’insieme di tutte le tendenze
contraddittorie, riconducendole
alle condizioni esattamente determinabili di vita e di produzione delle varie classi della società,
eliminando il soggettivo e l’arbitrario nella scelta di singole idee
“direttive” o nella loro interpretazione, scoprendo nella condizione
delle forze materiali di produzione
le radici di tutte le idee e di tutte
le varie tendenze senza eccezione
alcuna. Gli uomini stessi creano la
loro storia; ma da che cosa sono
determinati i motivi degli uomini,
e precisamente delle masse umane? Da che cosa sono generati i
conflitti delle idee e delle correnti antagonistiche? Qual è il nesso
che unisce tutti questi conflitti di
tutta la massa delle società umane? Quali sono le condizioni oggettive della produzione della vita
materiale, che forma la base di tutta l’attività storica degli uomini?
Qual è la legge di sviluppo di queste condizioni? A tutto ciò Marx
Che in ogni determinata società le aspirazioni degli uni cozzino
con le aspirazioni degli altri, che
la vita sociale sia piena di contraddizioni, che la storia ci mostri
la lotta dei popoli e delle società
tra di loro e anche la lotta nel loro
seno, che, oltre a ciò, la storia ci
mostri un avvicendarsi di periodi di rivoluzione e di reazione, di
pace e di guerre, di stagnazioni e
di rapido progresso o decadenza,
sono fatti universalmente noti. Il
marxismo ha dato un filo conduttore, che permette di scoprire una
legge in questo labirinto e caos
apparente: e precisamente la teoria della lotta di classe. Solo lo studio dell’assieme delle aspirazioni
di tutti i membri di una determinata società, o di gruppi di società,
permette di giungere a una determinazione scientifica del risultato
di queste aspirazioni. E fonte delle aspirazioni contraddittorie sono
la differente situazione e le diverse
condizioni di vita delle classi nelle quali ogni società è divisa. “La
storia di ogni società sinora esistita - scrive Marx nel Manifesto
comunista (ed Engels aggiunge:
ad eccezione della storia delle comunità primitive) - è storia di lotte di classe. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della
gleba, membri delle corporazioni
e garzoni, in una parola oppressori
e oppressi, stettero sempre in contrasto fra di loro, sostennero una
lotta ininterrotta, a volte nascosta,
a volte palese; una lotta che finì
sempre o con una trasformazione
rivoluzionaria di tutta la società o
con la rovina comune delle classi
in lotta... La moderna società borghese, sorta dalla rovina della società feudale, non ha eliminato i
contrasti di classe. Essa ha soltanto posto nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta in luogo delle antiche.
L’epoca nostra, l’epoca della borghesia, si distingue tuttavia perché
ha semplificato i contrasti di classe. La società intera si va sempre
più scindendo in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente opposte l’una all’altra:
borghesia e proletariato”27. Dal
tempo della grande Rivoluzione
francese, la storia europea ha posto in particolare evidenza, in tutta una serie di paesi, questo substrato reale degli avvenimenti: la
lotta delle classi. E già durante la
Restaurazione sorse in Francia un
NOTE
24 Karl Marx, Il Capitale, cit., v. I, p. 414
in nota.
25 Karl Marx, Per la critica dell’economia
gruppo di storici (Thierry, Guizot,
Mignet, Thiers) i quali, generalizzando gli avvenimenti, non poterono non vedere nella lotta delle
classi la chiave della comprensione di tutta la storia di Francia. Ma
l’epoca più recente, l’epoca della
vittoria completa della borghesia,
delle istituzioni rappresentative,
di un largo (se non universale) diritto di voto, di una stampa quotidiana poco costosa e diffusa fra
le masse, ecc., l’epoca dei potenti
e sempre più vasti sindacati operai e sindacati di industriali ecc.,
ha mostrato con evidenza ancora
maggiore (quantunque in forma
talvolta molto unilaterale, “pacifica” e “costituzionale”) come la
lotta delle classi sia il motore degli avvenimenti. Il seguente passo
del Manifesto comunista di Marx
ci mostra quali esigenze di analisi oggettiva della situazione di
ogni classe nella società contemporanea, in rapporto con l’analisi delle condizioni di sviluppo di
ogni classe, Marx abbia posto alla
scienza sociale: “Di tutte le classi
che oggi stanno di fronte alla borghesia, solo il proletariato è una
classe veramente rivoluzionaria.
Le altre classi decadono e periscono con la grande industria, mentre il proletariato ne è il prodotto
più genuino. I ceti medi, il piccolo industriale, il piccolo negoziante, l’artigiano, il contadino, tutti
costoro combattono la borghesia
per salvare dalla rovina l’esistenza loro di ceti medi. Non sono
dunque rivoluzionari, ma conservatori. Ancor più, essi sono reazionari, essi tentano di far girare
all’indietro la ruota della storia.
Se sono rivoluzionari, lo sono in
vista della loro imminente caduta
nelle condizioni del proletariato;
cioè non difendono i loro interessi presenti, ma i loro interessi futuri, abbandonano il loro proprio
modo di vedere per adottare quello del proletariato”28. In una serie
di lavori storici (cfr. la Bibliografia) Marx dette dei saggi brillanti
e profondi di storiografia materialistica, di analisi della situazione
di ogni singola classe, e talvolta
di vari gruppi o strati che esistono
in una classe, mostrando con molta chiarezza perché e come “ogni
lotta di classe è una lotta politica”.
II passo da noi citato mostra quale
intricato tessuto di rapporti sociali e di gradi transitori da una classe ad un’altra, dal passato all’avvenire, venga analizzato da Marx
per calcolare i risultati dello sviluppo storico nel suo complesso.
La teoria di Marx trova la conferma e l’applicazione più profonda,
più universale e più particolareggiata nella sua dottrina economica.
(3ª puntata - segue)
politica, cit., p. 11.
26 Carteggio, cit., IV, p. 428.
27 K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito
comunista, XII ediz., Roma, Editori Riuniti,
1964, pp. 55-56.
28 Ivi, pp. 72-73.
10 il bolscevico / interni
N. 21 - 28 maggio 2015
Elezioni comunali in Trentino-Alto Adige e in Val d’Aosta
Urne sempre piu’ vuote
A Ortisei solo il 40,2% è andato al seggio. In 5 piccoli comuni nessun eletto.
Crolla Forza Italia. Calano gli elettori del PD a Trento
Il 10 maggio alle elezioni per
il rinnovo dei consigli comunali e
dei sindaci di 68 comuni della Val
d’Aosta e 250 del Trentino-Alto
Adige l’astensionismo ha ottenuto
una vittoria schiacciante.
Nei comuni della provincia autonoma di Bolzano l’affluenza alle
urne è crollata dal 74,6 per cento
dei votanti di cinque anni fa al
66,9 per cento. Un elettore su tre
ha disertato le urne mentre altre
decine di migliaia hanno annullato la scheda o l’hanno lasciata in
bianco delegittimando così le istituzioni borghesi e le cosche parlamentari che le rappresentano e ne
reggono le sorti.
Nella provincia di Trento nel
suo complesso il 36,2% degli elettori non si è recato a votare segnando un incremento secco di 6
punti percentuali rispetto al 30,2%
di non votanti registrato alla precedenti elezioni.
Percentuali astensioniste da record anche a Bolzano città dove
il 42,2% degli elettori non si è
nemmeno presentato al seggio segnando un incremento di 8 punti percentuali rispetto a 5 anni fa
quando i non votanti si erano attestati al 34,2%.
Una vittoria astensionista resa
ancora più significativa sul piano
politico dal fatto che questa volta a turlupinare gli elettori c’erano i record di ben 19 liste e di
nove candidati sindaci. Il sindaco
uscente, Luigi Spagnolli, imposto
senza primarie da Renzi, non è andato oltre il 41,6% sui voti validi
e dovrà vedersela al ballottaggio
con Alessandro Urzì (Fi, Unitalia
e Alto Adige nel cuore) che riparte dal 12,7%. Spagnolli, lo ricordiamo, è ex democristiano passato alla Margherita e quindi al
PD, ed è a capo di Lista civica per
Spagnolli appoggiata dal PD, dal
Partito socialista, da Projekt Bozen-Noi Bolzano e dalla Svp. Peraltro è anche indagato per abuso
in atti di ufficio, ed è accusato dalla Procura di Bolzano di aver
firmato il rilascio di una concessione per l’ampliamento di un
centro commerciale nonostante il
parere contrario della commissione urbanistica in presunta violazione delle norme .
Affluenza alle urne in netto
calo anche negli altri tre comuni trentini oltre i 15 mila abitanti:
a Bressanone il crollo è stato dal
72,7% di 5 anni fa al 66,0%; a Laives dal 72,7% al 64,8% e a Merano dal 63,6% al 56,4%.
A Ortisei, in Valgardena, addirittura non è stato raggiunto il
quorum dei votanti e così arriverà
il commissario che gestirà la normale amministrazione e preparerà
nuove elezioni. Il sindaco uscente Ewald Moroder, pur essendo
l’unico candidato in lizza nella lista della Svp con 17 aspiranti consiglieri per 18 poltrone, non ce l’ha
fatta e la percentuale di affluenza è
stata del 40,2%, quasi la metà del
76,5% raggiunta cinque anni.
Nessun sindaco eletto anche in
altri 5 comuni con meno di 3.000
abitanti. Serviva almeno il 50%
dei votanti, calcolato senza gli
elettori all’estero, per insediare
sindaci e consiglieri spesso senza
alcuna concorrenza. Non si è addirittura votato a Castelfondo (640
abitanti) per mancanza di candidati. A Mezzano, clamorosamente è
sfuggito un solo voto: 723 schede su 1.446 elettori. Salvo errori
di calcolo, arriva il commissario
come a Roncegno Terme, Samone e Brez.
Anche in Val d’Aosta, nonostante la presenza di ben 1.189
candidati distribuiti in 122 liste,
l’astensionismo ha compiuto un
grande balzo in avanti di ben 5
punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni.
Ad Aosta, dove è concentrato
un terzo degli aventi diritto ed è
anche l’unico dei comuni ad avere
più di 15mila abitanti, dei 28.651
elettori si sono recati alle urne solo
in 17.553 pari al 61,26% del totale. Le schede bianche sono state
242, pari all’1,3% e le nulle ben
820 pari al 4,67%, quindi l’astensionismo complessivo nelle sue
tre componenti è arrivato al 42,4%
sul corpo elettorale. Alle comunali
del 2010 aveva votato il 66,02%,
mentre alle elezioni regionali del
2013 il dato relativo all’affluenza
era stato pari al 69,63%.
Si tratta di una vittoria molto significativa soprattutto perché
ottenuta in dei territori tradizionalmente caratterizzati da un’alta partecipazione al voto e dove
la spinta autonomista e il regime
di governo a statuto speciale han-
no da sempre incatenato gli elettori più arretrati al carro delle istituzioni parlamentari borghesi.
Tra i partiti a farne le spese è
soprattutto Forza Italia che in tutto il trentino Alto-Adige perde una
valanga di voti ed è ridotta ai minimi termini. Non arriva al 4% dei
voti validi né a Trento né a Bolzano. Nel capoluogo altoatesino i
forzisti si fermano ad un misero
3,64%: un vero tracollo se confrontato con il 21,6% raggiunto
nel 2010.
Il PD canta vittoria per l’elezione al primo turno del suo candidato Fulvio Centoz. Ma si tratta di una vittoria di Pirro perché
ad Aosta il PD prende una sonora batosta e lascia sul terreno circa
30 punti percentuali rispetto alle
Europee dell’anno scorso quando
aveva ottenuto il 46,8%. Rabbioso il commento del vicesegretario
PD, Lorenzo Guerini, che con piglio mussoliniano ha risposto: “A
chi in queste ore esulta per qualche punto percentuale in più di
voti, ricordiamo sommessamente
che non siamo più nella prima Repubblica. In questo tipo di elezioni conta solo chi arriva primo. Si
rassegnino: anche stavolta il PD
ha vinto, loro hanno perso”. Sulla stessa linea il giudizio di Ernesto Carbone, della segreteria del
PD: “Anche la Lega e il M5S sono
soddisfatti del risultato raggiunto,
peccato che hanno perso.
D’altra parte chi si contenta
gode”.
Lo stesso discorso vale per
Con arroganza fascista
Boschi attacca
i sindacati della scuola
“La scuola non funziona se la
lasciamo a sindacati”. Queste le
parole pronunciate il 10 maggio a
Pesaro dalla ministra delle controriforme istituzionali, Maria Elena
Boschi, PD, durante la presentazione del candidato renziano a governare le Marche, Luca Ceriscioli.
La ministra attacca i sindacati
della scuola. Non le è andato giù
che il governo sia stato bocciato dallo storico sciopero generale
unitario del 5 maggio scorso, smascherato definitivamente agli occhi di lavoratori della scuola, studenti e famiglie come l’esecutivo
che ha sferrato alla scuola pubblica il peggiore attacco dopo quello gentiliano del ventennio fascista, che si sia dovuto sedere per la
prima volta da quando ha occupato abusivamente Palazzo Chigi al
tavolo delle trattative con i sindacati, che si sia dovuto scomodare
a modificare in alcuni punti, sebbene non cambiandone l’impianto
neofascista, il testo sulla “Buona
scuola”, che non riesca a gestire,
proprio in campagna elettorale, la
rivolta della scuola, che rischia di
inchiodare al palo elettorale il PD.
La retorica antisindacale fascista di stampo piduista della Boschi è riuscita a smuovere persino
i massimi vertici della Cgil, finora
abbastanza morbidi nel denunciare la natura di questo governo. La
segretaria della Cgil, Susanna Camusso, ha denunciato il governo
come arrogante “nel negare le ragioni delle lavoratrici e dei lavoratori” com’è tipico di un “governo
che non vuole fare i conti col Paese”, mentre il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo, denuncia: “La dichiarazione
della ministra Boschi conferma
l’arroganza e il disprezzo della democrazia”. La Gilda ha parlato di
“deriva autoritaria”.
La ministra con una finta marcia indietro ha ribadito in maniera ancora più arrogante il pensiero del governo, usando Facebook:
“Ho solo detto una piccola e forse persino banale verità: la scuola
funziona se appartiene alle famiglie, agli insegnanti, agli studenti, al territorio. Non solo ai sindacati”.
Non si sono lasciati intimidire i
sindacati e i lavoratori della scuola. Anzi è stata la codarda ministra
a dover scappare. Dopo aver fatto
capolino nel Brindisino il 16 maggio e avervi trovato una folta rappresentanza di insegnanti pronti a
contestarla, la ministra ha annullato la presenza a Bari nello stesso giorno al comizio di Michele
Emiliano, candidato del “centrosinistra” a governatore della Puglia. Si preparava infatti per lei la
durissima e incontrollabile contestazione di massa da parte di insegnanti e sindacati al palazzetto del
CUS di Bari.
Fugge la ministra delle riforme istituzionali piduiste davanti alle lavoratrici e ai lavoratori.
Bene che i sindacati la preoccupino, è segno del fatto che tali organizzazioni, che non sono contro gli studenti e le famiglie, se
perseguono l’unità negli interessi dei lavoratori, saranno in grado
di dare un altolà al governo del
nuovo duce Renzi sulla “Buona
scuola”.
Noi auspichiamo che sindacati, lavoratrici, lavoratori, studentesse, studenti, famiglie, rimandi-
no al mittente, la ministra Boschi,
con una miriade di contestazioni,
il tentativo di dividere il fronte di
lotta sulla scuola, mantengano la
compattezza che ha messo con le
spalle al muro il governo, ne ha
smascherato la natura neofascista di stampo piduista, fino ad arrivare al totale affossamento della
“Buona scuola” e all’abrogazione di tutta la legislazione controriformatrice e di tipo privatistico
riguardante la scuola e l’Università.
Rimane il fatto che l’uscita antisindacale di stampo piduista della
Boschi è l’ennesima dimostrazione che la questione Renzi va ben
oltre il ristretto ambito di ciascuna lotta e riguarda l’impianto controriformatorio di stampo fascista,
piduista, liberista e interventista
che il suo governo vuole imporre all’Italia. Bisogna rispondere
legando la lotta contro la “Buona
scuola” alle altre lotte in corso, in
primo luogo quelle operaie per il
lavoro e contro la chiusura delle
fabbriche, per far montare sempre
più l’opposizione a questo governo, che va spazzato via.
Matteo Renzi che si è complimentato per la conferma a sindaco di
Trento di Alessandro Andreatta
passato al primo turno. Ma non
una parola ha detto sul fatto che
dei 97 seggi a disposizione ha ottenuto solo il 53,7% sui voti validi rispetto al 64,4% del 2009. E i
numeri ora dicono che il PD in un
lustro ha perso un migliaio di consensi e con il 29,6% sui voti validi si ritrova a distanza siderale
dallo “storico” 49%, pari a quasi
25 mila voti, ottenuti alle Europee
dell’anno scorso.
Nel 2010 con il fascista Storace,
nel 2015 col nuovo duce Renzi
Ecco i manifesti che testimoniano il passato fascista di Carlo Aveta, candidato
ora nella lista “Campania in rete – De Luca”. A sinistra quello per le elezioni
regionali del 2010, a destra quello del 2015
Legalizzato il lavoro gratuito del 90%
della forza-lavoro, per la prima volta nella storia
del diritto borghese del lavoro
Expo, regno
del lavoro nero
Non è esagerato dire che all’Expo di Milano la forza-lavoro è stata ricacciata all’indietro nella storia dell’Europa occidentale di ben
226 anni, quando in Francia vigevano le corvées, ossia quelle norme feudali per le quali i contadini
di un fondo erano obbligati, oltre
che a prestare lavoro retribuito, a
rendere dei servizi gratuiti per il
proprietario terriero.
Oggi l’Italia di Renzi obbliga di fatto 18.500 giovani e studenti, come nuovi servi, a lavorare per sei mesi gratis all’Expo di
Milano, dove spadroneggiano le
multinazionali del cibo, e ha visto
imprenditori, speculatori e lobbisti - smascherati a più riprese
dalle inchieste della magistratura
- arricchirsi spudoratamente con
gli appalti pubblici come nuovi signorotti.
È realmente la prima volta in
assoluto nella storia del diritto
del lavoro borghese che, complice un’intesa con i vertici sindacali
collaborazionisti siglata nel 2013,
viene legalizzato un accordo che
legittima l’utilizzo di manodopera completamente gratuita pari al
90% dell’intera forza-lavoro che
sarà impiegata nell’evento espositivo milanese, mentre soltanto 835
lavoratori, tra stagisti, apprendisti
e beneficiari di contratti a termine, verranno assunti per un periodo che va da un minimo di 7 a un
massimo di 12 mesi.
Infatti nel tanto decantato
Expo 18.500 lavoratori, per lo più
giovani alla loro prima esperienza lavorativa, non riceveranno alcuna retribuzione, e tutto questo è
perfettamente legale in quanto lo
prevede l’accordo, siglato e sottoscritto, nel luglio 2013, da CGIL,
CISL e UIL con l’Ente Expo di
Milano SpA e il Comune di Milano.
Lo stesso accordo, che inquadra
tale tipologia contrattuale relativa
ai lavoratori non stipendiati nella
nuova e stravagante categoria del
‘lavoro volontario’, prevede che
accanto a chi svolge un’opera totalmente gratuita vi siano 800 posti di lavoro, comunque precario,
pagati con una cifra variabile tra
400 e 500 euro al mese, con contratti a termine, di apprendistato e
per stage.
I ‘lavoratori volontari’ ricevono solamente buoni pasto quotidiani, mentre si addossano le spese per il proprio soggiorno e i costi
di trasporto. Né l’accettazione di
tale attività non retribuita varrà
come accreditamento per altri lavori precari. Se si considera che la
stragrande maggioranza di tali addetti non pagati sono giovanissimi
e giovani - che vivono nell’area
milanese - alla loro prima esperienza lavorativa, si può davvero
dire che sono stati ridotti allo stato
di vera e propria schiavitù, neppure salariata.
PMLI / il bolscevico 11
N. 21 - 28 maggio 2015
L’Italicum fascistissimum e l’Editoriale di Scuderi: la risposta pratica della
politica borghese e quella scientifica socialista alla crisi del capitalismo
L’articolo sull’Italicum fascistissimum (Il Bolscevico n. 19
del 14 maggio 2015, p. 8) e l’editoriale del compagno Scuderi in
occasione del 38° Anniversario
del Partito (Il Bolscevico n. 14 del
9 aprile, p. 2): l’analisi di due risposte di segno opposto alla crisi
sociale prodotta dal capitalismo.
Le previsioni scientifiche del
Partito sul futuro della politica
italiana e non solo vanno di pari
passo con l’analisi economica e
sociale che vede sui Paesi europei a capitalismo maturo scatenarsi contraddizioni sociali che
non hanno precedenti addirittura
negli ultimi secoli, in quanto è
dalla metà del XVIII secolo che
il progresso tecnologico e le lot-
te sociali e rivoluzionarie hanno
fatto gradualmente e costantemente migliorare il tenore di vita
delle masse popolari fino alla
fine del XX secolo, ma è già il
presente, e sarà ancora di più il
futuro, la tendenza inevitabile, in
tali sistemi capitalistici avanzati,
alla creazione di contraddizioni
sociali tali da determinare l’emarginazione dai processi produttivi
di larghi strati di proletariato, ossia una disoccupazione senza
precedenti nella storia e un calo
drastico quindi del tenore di vita
delle masse proletarie, perché,
spiega bene Marx, più si ingrossa l’esercito industriale di riserva (l’esercito dei disoccupati) e
meno costa la manodopera.
L’Editoriale di Scuderi è
un raggio di sole marxistaleninista che rischiara la
coscienza della classe operaia
L’Editoriale del compagno
Giovanni Scuderi è un raggio
di sole marxista-leninista che
rischiara e illumina innanzitutto la coscienza della classe
operaia aiutandola a comprendere che oltre ad essere una
classe in sé, dev’essere una
classe per sé e che senza il
potere politico non ha nulla e
che è l’unica a poter guidare le
masse verso la conquista di un
nuovo mondo possibile ossia il
socialismo, anziché continuare
ad essere sfruttata ed oppressa dalla classe borghese che
è ben protetta dalle istituzioni
borghesi sempre più neofasciste. Queste infatti giorno dopo
giorno stanno distruggendo
come un bulldozer i diritti conquistati con le lotte dalle masse
popolari e lavoratrici negli anni
Sessanta e Settanta.
Il governo del nuovo Berlusconi democristiano Renzi che
appena insediatosi ha promesso di “cambiare verso all’Italia”
l’ha fatto davvero spostando
però l’asse completamente a
destra con il Jobs Act, la cancellazione dell’articolo 18 e con
essi la precarizzazione del lavoro per tutti, la “riforma” della
“Buona scuola” meno buona
per i figli dei poveri con aule
sempre più affollate, edifici
scolastici che cadono letteralmente a pezzi oltre che in testa agli studenti, sempre più
selettiva con i licei riservati ai
più abbienti mentre gli istituti
tecnici e professionali per i figli degli operai veri e propri diplomifici di secondo livello che
preparano manodopera supersfruttata per i padroni capitalisti. Per contro agevola ed offre
sgravi fiscali per chi ha soldi
per iscrivere i propri figli alle
scuole private erogando lauti
fondi pubblici alle stesse tolti
scandalosamente alla scuola
pubblica.
E poi la “riforma” della
pubblica amministrazione che
ridimensiona sempre di più i
lavoratori pubblici sotto il ricatto del demansionamento e
della mobilità con il contratto
nazionale bloccato dal 2009
e di conseguenza un potere
d’acquisto sempre più ridotto,
l’aumento dell’età pensionabile per gli uomini a 67 anni e
7 mesi mentre per le donne a
65 anni e 7 mesi. Con il patto
per la salute le masse lavora-
trici e popolari avranno meno
possibilità di curarsi con i ticket sempre più onerosi con
gli ospedali fatiscenti e sempre
più carenti nelle prestazioni di
cure. Esempio ne sono i tanti
casi di malasanità registrati
soprattutto al Sud ma non di
meno al Nord con il personale costretto a turni estenuanti
malpagato e con carichi di lavoro sempre maggiori.
E non mancano gli illusionisti di “sinistra” che vogliono
imbrigliare le masse lavoratrici
e popolari come i partiti revisionisti e riformisti che si spacciano per comunisti ma che nella
pratica nulla fanno per accrescerne la coscienza dato che il
loro unico obiettivo è spostare
le masse sul piano del pacifismo e dell’elettoralismo ultima
ma molto pericolosa la nuova
coalizione sociale riformista di
Landini che vuole circuire i sinceri fautori del socialismo.
Il PMLI è l’unico Partito che
educa ogni suo militante (e di
riflesso ogni suo simpatizzante)
ad essere un degno marxistaleninista così come disse Mao:
“Un comunista deve essere
pieno di vigore, avere una
salda volontà rivoluzionaria,
essere animato dallo spirito
di non temere le difficoltà e
di vincerle con una volontà
indomabile, deve sbarazzarsi dell’individualismo, del
particolarismo, dell’egualitarismo assoluto e del liberalismo: altrimenti non sarà un
comunista degno di questo
nome”, e ancora “Un comunista deve essere franco, leale e attivo, deve mettere gli
interessi della rivoluzione al
di sopra della sua stessa vita
è subordinare gli interessi
personali a quelli della rivoluzione; sempre e ovunque,
deve essere fedele ai principi giusti e condurre una lotta
instancabile contro ogni idea
e azione errata, in modo da
consolidare la vita collettiva
del Partito e rafforzare i legami tra il Partito e le masse;
deve pensare più al Partito e
alle masse che agli individui,
più agli altri che a se stesso.
Solo così può essere considerato un comunista”. Ed è
così che sono e si sforzano di
essere i membri del Partito.
Da un rapporto interno di
Cristina - Lombardia
Per questo motivo il capitalismo attinge dalla tavolozza istituzionale - che nei secoli è stata
teorizzata ed elaborata - la forma
di Stato o la forma di governo
(monarchia assoluta, monarchia
costituzionale, repubblica parlamentare o presidenziale, Stato
autoritario di tipo nazifascista)
che in un dato momento economico serve a tenere soggiogate
le masse popolari.
Dato il futuro immediato del
contesto economico capitalista,
il futuro non potrà che essere,
come il Partito osserva acutamente, un governo di stampo autoritario con l’accentramento di
tutto il potere nelle mani del capo
del governo il quale realmente
“può nominarsi il presidente della
Repubblica, il Consiglio superiore della magistratura e la Corte
costituzionale: in una parola può
accentrare nelle sue mani il controllo dei tre poteri fondamentali
dello Stato, esecutivo, parlamentare e giudiziario, come solo le
monarchie assolute del passato
o lo stesso Mussolini potevano
fare”, e tale accentramento è finalizzato alla repressione delle
inevitabili rivolte sociali che si
prospettano e alla rapida attuazione di provvedimenti a favore
della classe dominante borghese. Ogni volta che il capitalismo
genera una crisi sociale drammatica (come dopo la prima guerra
mondiale o come nell’ultimo trentennio con la desertificazione industriale che sta vivendo l’Italia)
genera altresì un uomo forte, e
in questo senso l’accostamento
di Mussolini con Craxi, Berlusconi e Renzi vestiti da fascisti
è più che azzeccato. Si ricordi
peraltro che nel trentennio precedente al fascismo c’erano stati
capi di governo liberali che avevano già anticipato alcuni tratti
autoritari del fascismo, come il
governo guerrafondaio di Crispi
che intervenne in Africa e quello
del marchese di Rudinì che fece
usare l’artiglieria contro gli operai
milanesi nel maggio 1898 provocando centinaia di morti.
Ineccepibile è poi l’analisi degli intrallazzi politici che “Il Bolscevico” ha fatto nel suo articolo,
dimostrando l’appiattimento sostanziale sulle posizioni di Renzi
anche di chi, all’interno del PD,
a parole lo contrasta da sinistra,
con la conseguenza che la borghesia ha dato “un’arma carica
in mano a Renzi”, arma da usare contro le masse popolari il cui
disagio è divenuto ormai intollerabile e le cui tensioni sono destinate a esplodere, di qui la necessità di un uomo forte che oltre
che a reprimere pensi a portare
avanti tutte le “controriforme economiche neoliberiste, antioperaie e antisindacali”.
La risposta scientifica alla politica borghese dell’Italicum fascistissimum l’aveva data un mese
prima il compagno Scuderi nel
suo editoriale che, dopo avere
fotografato lucidamente l’attuale
situazione socioeconomica italiana e messo in rilievo le crescenti difficoltà del proletariato alle
quali si accennava sopra, offre al
proletariato la risposta alla crisi
del capitalismo indicando il diritto
e il dovere di tale classe sociale
alla rivoluzione socialista: “il proletariato italiano, deideologizzato
e decomunistizzato dall’opera
ultracentenaria dei revisionisti e
dei riformisti, ha perso nel tempo
la sua coscienza di classe rivoluzionaria, di classe per sé, il cui
compito è quello di emanciparsi
dal capitalismo e di conquistare
il potere politico, che peraltro gli
spetta di diritto in quanto produce l’intera ricchezza del Paese.
Un diritto che esso deve rivendicare con forza e imporlo con
la rivoluzione socialista armata,
quando avrà accumulato le forze
necessarie, a milioni, per estromettere dal potere la borghesia e
instaurare il socialismo. Ciò corrisponde all’ABC del marxismoleninismo-pensiero di Mao, che
è la cultura del proletariato nata
in lotta e in contrapposizione col
liberalismo che è la cultura della
borghesia, ancora adesso dominante nel nostro Paese“.
È grazie alla scienza marxista
leninista arricchita dalle analisi di
Mao che il Partito - con i due citati
articoli - è in grado di anticipare gli
eventi con le proprie analisi, e tale
scienza viene mantenuta viva da
decenni dallo stesso Partito e dal
nostro giornale che combattono
una battaglia all’ultimo sangue
contro il liberalismo e la conseguente cultura revisionista.
Il marxismo-leninismo-pensiero
di Mao, lo dimostra il Partito che
ha compreso e anticipato gli eventi
economici, sociali e politici che si
sarebbero in futuro tutti verificati, è
scienza come quella di Galileo che
con il suo cannocchiale vide più
lontano, è scienza come quella di
Newton che permette di prevedere
il moto dei pianeti.
Il revisionismo al contrario
allontana gradualmente da quel
cannocchiale scientifico ed intellettuale che uomini come il compagno Giovanni Scuderi mettono
continuamente a fuoco, un allontanamento che rende l’analisi
economica, sociale, culturale da
parte del proletariato sempre più
evanescente e sfocata.
Giorgio - Roma
Scuderi ha ragione a spronare i nuovi militanti
a trasformare la propria concezione del mondo
La lettura delle parole del nostro Segretario generale compagno Giovanni Scuderi, che risalgono ormai a 31 anni fa, mi hanno
colpito perché, pur essendo un po’
in là col tempo, sono ancora oggi
estremamente attuali per tutti co-
loro che come me hanno incominciato a muovere i primi ma importanti passi in questo storico e
grande Partito.
In particolare, mi sono piaciute
molto le parti in cui il Segretario
sprona i nuovi militanti a “ripu-
lirsi” dalle influenze che si avevano prima di stare con il PMLI,
e quindi a trasformare la propria
concezione del mondo da borghese di prima a proletaria di oggi, ma
senza “buttare via il bambino con
l’acqua sporca”. Quindi fare un bi-
lancio critico e autocritico sul proprio passato politico, che sarà utile
a noi stessi e a tutto il Partito.
Uniti, con i Maestri e il PMLI
vinceremo!
Andrea - Roma
Banchino per il proselitismo del PMLI
a Ravenna Diffuso il documento contro l’Italicum fascistissimum
‡‡Dal nostro corrispondente
dell’Emilia-Romagna
Sabato 16 maggio si è tenuto a Ravenna, presso il mercato
cittadino, un banchino realizzato
dall’Organizzazione di Ravenna
del PMLI, al quale ha partecipato
anche il Responsabile del PMLI
per l’Emilia-Romagna compagno
Denis Branzanti.
Nonostante il brutto tempo,
che però ha risparmiato l’annunciata pioggia, sin dalle 8,30 e
fino alle 12,30 i compagni hanno
allestito il banchino con i manifesti per il proselitismo e contro
il governo del Berlusconi democristiano Renzi, con le bandiere
dei Maestri e del Partito e con
alcune pubblicazioni poste sul
tavolo, compreso Il Bolscevico
n° 20 stampato per l’occasione. Il
banchino ha attirato molto l’attenzione dei passanti.
I marxisti-leninisti hanno diffu-
so centinaia di copie del volantino
dal titolo “La Camera vota l’Italicum fascistissimum” e dell’Editoriale del compagno Giovanni
Scuderi per il 38° Anniversario
del PMLI, intrecciando diverse discussioni con le masse.
Richiedete
la maglietta
rossa del PMLI
Ravenna, 16 maggio 2015. Il banchino di propaganda del PMLI al
mercato cittadino (foto Il Bolscevico)
Possono richiederla, con
una donazione volontaria, i
militanti, i simpatizzanti e i
sostenitori del PMLI
La donazione va inviata con versamento su
conto corrente postale n. 85842383 intestato a:
PMLI - via Antonio del Pollaiolo 172/a 50142 Firenze
12 il bolscevico / PMLI
N. 21 - 28 maggio 2015
Non votare i partiti borghesi al servizio del capitalismo
Puniamo con l’astensionismo i candidati
della destra e della “sinistra”
del regime neofascista in Campania
Creiamo le istituzioni rappresentative
delle masse fautrici del SOCIalismo
Alle elezioni regionali che si
terranno il prossimo 31 maggio i
marxisti-leninisti campani invitano la classe operaia, le masse
popolari, i giovani e tutti gli anticapitalisti e fautori del socialismo
a non votare i partiti borghesi e
del regime capitalista e ad abbandonare definitivamente ogni
illusione elettorale, parlamentare,
governativa, riformista, costituzionale e pacifista, ad ASTENERSI
(disertando le urne, annullando la
scheda o lasciandola in bianco),
come un voto dato al socialismo
e al PMLI.
Nessuno dei candidati della
“sinistra” e della destra del regime
neofascista merita un solo voto.
Non lo merita la giunta uscente
antipopolare della casa del fascio
guidata da Stefano Caldoro che
ha fallito completamente le sue
politiche, soprattutto sul lavoro e
sull’ambiente, in Campania. Con
questo esecutivo la Campania
è piombata in coda tra le ultime
regioni nella classifica del prodotto interno lordo, con un tasso di
occupazione che sprofonda nel
baratro del 39,2%. Un disastro
che passa attraverso l’incredibile
default delle politiche ambientali e
lo scoppio del bubbone della “Terra dei Fuochi”, il fallimento delle
società partecipate, come l’Astir,
che dovevano occuparsi delle bonifiche sul territorio, l’assenza di
un registro tumori in quella che fu
la “Campania felix”. A ciò si aggiunge la progressiva desertificazione dell’area industriale, con il
caso Indesit di Caserta e migliaia
di posti di lavoro in bilico; la sanità
campana con 4 dei dieci ospedali peggiori in Italia in lista (ossia:
il vecchio e il nuovo policlinico,
l’azienda ospedaliera Monaldi, il
Sant’Anna e Sebastiano di Caserta), nonché la chimera del
fantomatico Ospedale del Mare,
mai entrato in funzione; l’incredibile spreco o scarso utilizzo dei
fondi UE soprattutto sul fronte del
lavoro e nonostante le proteste
dei disoccupati organizzati per
un lavoro stabile e a salario pieno
che coincideva con la partenza
della raccolta differenziata porta
a porta.
Nella giunta si è distinto inoltre
per arroganza e superbia senza
pari l’assessore al “lavoro” Nappi,
un vero e proprio assessore fantasma incapace di stendere in 5
anni un serio piano di rilancio del
lavoro in Campania. Insomma,
tutto rimasto sulla carta, come
la questione dei trasporti, con
corse diminuite, tagliate, mezzi
fatiscenti e disagi impressionanti
anche per prendere la Cumana e
la Circumvesuviana che collegano quasi tutto il territorio campano
con il capoluogo.
A ciò si aggiungono i vari scan-
dali giudiziari come “Rimborsopoli” 1 e 2 che hanno coinvolto quasi l’intero Consiglio regionale per
spese vergognose ai danni del
popolo, come l’acquisto di tinture
o il pagamento di cene e cenette.
Una vergogna cui non si è tirato
indietro nemmeno il “centro-sinistra” e in primis il PD la cui opposizione è stata di carta per tutto il
quinquennio di Caldoro. Al punto
da candidare un condannato in
primo grado per abuso d’ufficio e
più volte inquisito, l’ex neopodestà di Salerno Vincenzo De Luca,
che ha imbarcato anche il gruppo
dell’ottuagenario De Mita e fascisti di varai risma.
Non convince neanche la
compagine del Movimento 5 Stelle che candida l’ex volontaria missionaria Valeria Ciarambino, già
responsabile dell’ufficio stampa
di Equitalia, trombata alle ultime
elezioni europee 2014, che parla di “programma partecipativo”,
“reddito di cittadinanza” e il tema
principale della sua campagna
elettorale non è il lavoro, ma “turismo ed eccellenze enogastronomiche”. Chiudono le appendici
di regime con l’ex assessore alla
giunta revisionista Valenzi degli
anni ’70-’80, il dinosauro Salvatore Vozza e la lista dell’ex assessore della giunta De Magistris,
Marco Esposito, che cercheranno
di raccattare solo voti a sinistra,
vista l’esclusione dei neorevisionisti e trotzkisti PRC di Ferrero,
PCd’I di Cesare Procaccini e PC
di Rizzo per la prima volta nelle
regionali campane, incapaci nemmeno di raccogliere le firme per la
presentazione di una lista.
Puniamo severamente con l’astensionismo questi partiti della
borghesia al servizio del capitalismo. Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse, costituite dalle Assemblee popolari e
dai Comitati popolari basati sulla
democrazia diretta.
Cellula “Vesuvio Rosso”
di Napoli del PMLI
Napoli, 12 maggio 2015
Per denunciare l’Italicum fascistissimum
Volantinaggio del PMLI presso Palazzo Chigi
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Rivoluzione
d’Ottobre” di Roma
Nel tardo pomeriggio di domenica 17 maggio, compagni della
Cellula “Rivoluzione d’Ottobre”
hanno svolto un volantinaggio
davanti Piazza Colonna, nel pieno centro della Capitale, dove
sono stati distribuiti i volantini
contro “l’Italicum fascistissimum”
stampati per l’occasione.
La scelta di quella piazza non
è stata casuale, ma ha voluto
dare un preciso messaggio politico, visto che lì è ubicata la sede
di uno dei grandi poteri dell’oppressione dello Stato borghese,
ovvero Palazzo Chigi, sede del
governo. Per la prima volta il nostro Partito ha effettuato una sua
attività in tale luogo.
Purtroppo il volantinaggio è
stato caratterizzato da scarso
o nullo interesse, penalizzati
dall’alto numero di turisti stranieri
e in generale di persone interessate per lo più ad attività ricreati-
ve e di compere.
Da questa esperienza nel
complesso purtroppo negativa,
bisogna imparare facendo un lavoro di autocritica, e magari nei
futuri volantinaggi focalizzarsi
maggiormente su luoghi mirati
dove l’interesse può essere maggiore (scuole, fabbriche, ecc.),
come già attuato a livello studentesco nei mesi precedenti.
Uniti, con i Maestri e il PMLI
vinceremo!
Ricordo di Salvatore Zunica, a un anno dalla scomparsa
Un compagno esemplare
Il 24 maggio del 2014, all’età
di 87 anni, moriva Salvatore Zunica a Villa Rosa di Martinsicuro,
provincia di Teramo.
Primo
pioniere
marxistaleninista dell’Abruzzo, era stato
iscritto al PCI dal ’46 al ’52, successivamente emigrato in America Latina per cercare lavoro, al
suo rientro in Italia scoprì il PMLI
e ne approfondì la conoscenza
prendendo contato col Partito nel
dicembre del 1987, per divenirne
poi membro il 5 marzo 1994. Non
mancava mai di partecipare alla
Commemorazione di Mao.
Il 13 dicembre 1996 ha fondato la Cellula “Marx” della Val
Vibrata di cui è stato Segretario.
E’ stato membro candidato del
4° Comitato centrale del PMLI e
membro della Commissione per il
lavoro di massa del CC, delegato al 5° Congresso nazionale del
PMLI del dicembre 2008.
Zunica era un diffusore instancabile de “Il Bolscevico”
per esporre il quale, assieme ai
manifesti del PMLI, richiese e
ottenne la concessione comuna-
A 41 anni dalla scomparsa del giovanissimo
militante di Firenze dell’OCBI M-L (poi PMLI)
I compagni di Firenze
ricordano Marco Marchi
‡‡Redazione di Firenze
Il compagno Marco Marchi
aveva solo 18 anni quando morì
in un incidente in moto mentre si
recava a una riunione della sua
Cellula dell’OCBI m-l (Organizzazione comunista bolscevica
italiana marxista-leninista, dalla
quale nacque il PMLI). Era il 19
maggio del 1974 e ogni anno le
compagne e i compagni fiorentini
lo ricordano con spirito militante.
La Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Firenze del PMLI ha incaricato una compagna di portare
un bel mazzo di fiori rossi sulla
Firenze, 19 maggio 2015. L’omaggio
della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” del PMLI alla tomba del compagno
Marco Marchi (foto Il Bolscevico)
tomba di Marco nel cimitero di Rifredi nel giorno della ricorrenza.
le per installare due bacheche
rispettivamente a Villa Rosa e a
Alba Adriatica, tuttora esistenti,
che curava personalmente e cui
ora provvedono, continuandone
l’opera politica di divulgazione
della stampa marxista-leninista,
i compagni della Cellula della
Valvibrata. Promotore del rilancio
dell’iniziativa del pioppo con la
bandiera rossa in occasione del
1° Maggio.
Anche in età avanzata non
mancava mai agli scioperi e alle
manifestazioni nazionali con le
insegne del Partito, finché l’aggravarsi delle sue condizioni di
salute non gliel’hanno più consentito. È stato un militante e
un dirigente marxista-leninista
esemplare per modestia, coerenza marxista-leninista, disponibilità al servizio del PMLI e fedeltà
alla causa del proletariato e del
socialismo.
Riportiamo di seguito il testo
del suo intervento al 4° Congresso nazionale del PMLI in cui afferma la sua incrollabile fiducia
verso il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il socialismo, il PMLI
e il proletariato.
“Compagne e compagni, a
nome della Cellula ‘Carlo Marx’
della Val Vibrata rivolgo a voi tutti, al Segretario generale compagno Giovanni Scuderi, e a tutti i
membri del Comitato centrale del
Partito, un caloroso saluto marxista-leninista. L’impegno e costanza, inclusi i sacrifici, dei nostri dirigenti ci permette in questi
tre giorni di partecipare al 4° Con-
gresso del nostro amato Partito.
Innanzitutto sia propizio questo Congresso all’opportunità di
accelerare la marcia del proletariato per arrivare all’obiettivo strategico, cioè distruggere il potere
politico borghese e sostituirlo
con il nuovo potere ‘il potere del
proletariato’, realizzando lo Stato
socialista e da lì, attraverso la rivoluzione permanente (pensiero
del Maestro Mao), il socialismo
deve maturare nella direzione del
comunismo.
Per fare ciò c’è bisogno della
guida di un autentico Partito marxista-leninista e in Italia il proletariato può contare solo sul PMLI,
e può condividere pienamente
in tutte le sue parti lo Statuto e
il Programma del Partito approvati dal Congresso di fondazione
il 9-10-11 aprile 1977, e riaffermati dal 3° Congresso nazionale
del 27-28-29 dicembre 1985, in
particolare il quinto capitolo del
Programma dove si afferma ‘il
proletariato italiano non può non
seguire, nei principi e nei suoi
tratti fondamentali e tattici, che la
via universale della Rivoluzione
d’Ottobre’.
Viva i Maestri del proletariato
Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao!
Viva il PMLI, l’unico Partito che
possa guidare il proletariato italiano alla presa del potere! Viva
il 4° Congresso nazionale del
PMLI!”.
Salvatore Zunica rimarrai per
sempre nei nostri cuori, e siamo
certi come te che coi Maestri e il
PMLI vinceremo!.
Nel 49° Anniversario del suo lancio
I marxisti-leninisti milanesi
studiano la Grande
Rivoluzione Culturale
Proletaria in Cina per
impadronirsi pienamente del
socialismo in modo da poterlo
propagandare con più forza
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Mao” di Milano
In occasione del 49° Anniversario del lancio ufficiale della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (GRCP) in Cina,
avvenuto il 16 maggio 1966,
la Cellula “Mao” di Milano del
PMLI ha ricordato questo evento che ha fatto epoca studiando
l’Editoriale redatto dal compagno Federico Picerni, Responsabile del lavoro giovanile del
CC, dal titolo “La Grande Rivoluzione Culturale Proletaria
immortale capolavoro di Mao”
pubblicato sul numero speciale de “Il Bolscevico” per il 47°
della GRCP su cui sono riportate alcune opere di Mao totalmente o parzialmente inedite in
Italia (e non solo), tradotte dallo
stesso compagno Picerni direttamente dal cinese.
La Riunione si è svolta nel
pomeriggio di sabato 16 maggio presso la Sede milanese
del PMLI. Nel dibattito si sono
approfonditi i vari aspetti descritti nell’Editoriale quali le falsità e le calunnie sulla GRCP,
la lotta contro il revisionismo
di destra di Liu Shaoqi e Deng
Xiaoping e di “sinistra” di Lin
Biao e Chen Boda, la dialettica,
la tattica e la modestia di Mao,
la necessità inderogabile di acquisire la concezione proletaria
del mondo e di ispirarsi a Mao
per dare al PMLI un corpo da
Gigante Rosso.
A prima vista dedicare una
Riunione di studio sulla GRCP
potrebbe sembrar eludere dalla
prioritaria lotta contro il governo del nuovo duce Renzi e dai
problemi drammatici che affliggono le masse. In realtà non è
così perché è proprio in questi
momenti che è necessario studiare il socialismo, l’unica alternativa di classe al capitalismo,
alle sue istituzioni e ai suoi governi.
Dallo studio all’azione e
dall’azione allo studio; è questa
la dialettica della lotta di classe
condotta con metodo marxistaleninista e che quindi guida il
nostro lavoro politico quantun-
Milano, 16 maggio 2015. Durante
lo studio dell’Editoriale de Il Bolscevico sulla Grande Rivoluzione
Culturale Proletaria cinese (foto Il
Bolscevico)
que fossimo nel pieno della
battaglia.
Oggi più che mai dobbiamo studiare il socialismo per
impadronircene pienamente e
per saperlo propagandare tra
le masse, specie operaie e giovanili.
Studiando l’esperienza della
GRCP e calando nella realtà
concreta della lotta di classe
in Italia gli importanti insegnamenti di Mao sulla costruzione
del Partito, la lotta fra le due
linee, la formazione dei dirigenti del Partito, il rapporto fra il
Partito e le masse, l’acquisizione della concezione proletaria
del mondo, noi saremo più forti
nel nostro lavoro per rendere il
PMLI un Gigante Rosso anche
nel corpo capace di abbattere il capitalismo, e con esso il
regime neofascista, al fine di
conquistare l’Italia unita, rossa
e socialista!
Lottiamo per cacciare via il
governo del nuovo duce Renzi!
Lottiamo per cambiare l’Italia col socialismo tramite la presa del potere politico da parte
del proletariato!
Viva la teoria della continuazione della lotta di classe nelle
condizioni del socialismo!
Viva la Grande Rivoluzione
Culturale Proletaria!
Con Mao per sempre contro
il capitalismo per il socialismo!
Avanti con forza e fiducia
verso l’Italia unita, rossa e socialista!
Al servizio del Partito!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Firenze, 9 novembre 2002. Il compagno Salvatore Zunica assieme alla compagna Nerina “Lucia” Paoletti, scomparsa il 6 aprile 2006, sfilano fianco a fianco
alla manifestazione internazionale indetta dal Social Forum contro l’aggressione all’Irak e per la pace (foto Il Bolscevico)
cronache locali / il bolscevico 13
N. 21 - 28 maggio 2015
Renzi copia Salvini per umiliare
le masse calabresi
“Se la Calabria funzionasse
come il Veneto tutto sarebbe risolto”. Potrebbe sembrare una frase
detta da un Bossi o un Salvini, invece l’ha pronunciata in Veneto il
nuovo duce Matteo Renzi.
Un’affermazione infame, umiliante, implicitamente razzista e
separatista, pronunciata da chi i
problemi dei calabresi dovrebbe
risolverli, non darli per scontati,
lavarsene le mani e scaricarli sulle
masse che li subiscono mentre fa
campagna elettorale per le regionali, strizzando l’occhio fra l’altro
alle scellerate politiche regionali
del “centro-destra” veneto dimostrando quindi che non vi è alcuna
differenza fra la destra e la ‘”sinistra” del regime neofascista.
Frasi come questa la dicono
lunga sulla “sintonia” tra il gover-
no nazionale e i problemi dei calabresi e del Meridione, sempre più
abbandonato a se stesso, da parte
del nuovo duce e dei suoi accoliti, i quali evidentemente non sanno e non vogliono neanche minimamente cercare di porre rimedio
ai problemi da loro e della borghesia determinati, neppure per quanto possibile nel sistema capitalista,
salvo prima promettere l’impossibile durante le campagne elettorali
per poi dileguarsi.
“La Calabria è la madre di tutte le battaglie” andava infatti cianciando alle ultime regionali lo stesso Renzi per raccattare voti (pochi,
2 su 10 aventi diritto) per Mario
Oliverio, l’attuale governatore calabrese del PD, il quale invece di
criticare Renzi, almeno per salvarsi la faccia, gli dà manforte: “Ha
ragione Matteo Renzi: la Calabria
non è il Veneto e sconta grossi ritardi anche per l’assenza colpevole
di uno Stato che, soprattutto negli
ultimi anni, ha progressivamente
marginalizzato la nostra regione e
l’intero Mezzogiorno’’.
E meno male che Oliverio aveva promesso “una rivoluzione” e il
“cambiamento” agli elettori calabresi! Se ne accorge solo ora dello “Stato assente” in Calabria? Lui
che occupa poltrone locali e nazionali dal 1980? Chi dovrebbe
occuparsi dei calabresi poi se non
il capo del governo ed il presidente della giunta regionale cioè Renzi ed Oliverio stessi?
La verità è che la Questione meridionale è la vera questione nazionale, affermazioni come
questa lo dimostrano.
I problemi del Sud potranno risolversi definitivamente solo nel
socialismo, nel frattempo bisogna lottare senza tregua contro il
nemico dei calabresi, del Meridione e di tutto il popolo italiano
ovvero la classe dominante borghese, spazzando via il governo
Renzi e la giunta regionale (ancora da completare dal 23 novembre
scorso) borghese, neofascista e filomafiosa di Mario “palla palla”
Oliverio!
Votando per il PMLI astenendosi nei 61 comuni calabresi chiamati al voto il prossimo 31 maggio
e creando le istituzioni rappresentative della masse fautrici del socialismo a carattere permanente:
le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia
diretta.
Contestazione al caporione leghista in tour elettorale
“Salvini razzista sei il primo della lista”
gridano gli antifascisti a Lecce
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Nerina ‘Lucia’
Paoletti” di Lecce
La presenza di Salvini il 10
maggio è strettamente connessa
al supporto del candidato, “Noi
con Salvini”, Mauro Giordano
che parteciperà il 31 maggio alla
tornata elettorale insieme all’aspirante presidente della regione Puglia Adriana Poli Bortone.
Ad attendere il leader meneghino circa 200 manifestanti appartenenti alle più svariate associazioni, dal PMLI ai centri sociali,
agli studenti ai gruppi di sinistra che già dal primissimo pomeriggio si erano mobilitati con
un combattivo presidio ma Salvini è rimasto blindato all’interno dell’hotel con circa 100 partecipanti, protetto dalle numerose
“forze dell’ordine” in assetto an-
Partecipazione del PMLI
tisommossa.
All’esterno la contestazione
esplodeva e si acuiva con cori
antifascisti, striscioni e lanci di
uova. Dall’interno il segretario
federale della Lega esordiva con
“Fuori c’è gente che non sa che
le uova servono per fare le frittate... andassero a fare volontariato
in un centro per anziani”. Il tutto scandito da cori inneggianti al
duce (duce... duce... duce!). Inutile l’attesa del presidio, Salvini
non si è fatto assoutamente vedere, mentre si assisteva alla sfilata dei più loschi figuri legati al
nuovo e al vecchio fascismo, sia
in entrata che in uscita dal suddetto hotel. Tutto questo innestava momenti di forte tensione nel
presidio da cui partivano slogan
e rabbia, la polizia avanzava inesorabilmente a pochi centimetri
Votata la sfiducia
al sindaco Bonanno
a Caltagirone
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione
di Caltagirone del PMLI
Esce di scena Nicola Bonanno, l’ormai ex sindaco di Caltagirone. La seconda mozione di
sfiducia al sindaco di “centrodestra” e alla sua giunta, presentata da 16 consiglieri comunali,
è stata approvata nella notte tra
il 21 e il 22 aprile con 20 voti
favorevoli e 10 contrari dal consiglio comunale di Caltagirone.
Vani sono stati, dunque, i tentativi del Nuovo Centro Destra di
unirsi a Forza Italia per ricompattare la maggioranza attorno
a Bonanno e salvare ancora una
volta il suo mandato. Bonanno
sostiene che i motivi per cui è
stato fatto fuori siano di carattere morale, pensa di aver fatto
politica in maniera “trasparente”
e di essere stato scomodo. Si reputa, comunque, orgoglioso di
ciò che ha fatto come sindaco.
La valutazione che fa di se stesso non può in ogni caso essere
condivisa dalle masse popolari
calatine, fortemente penalizzate
dalle sue scelte politiche, specie
per quanto riguarda il sistema
scolastico e la vecchia questione
del dissesto finanziario dichiarato anni fa. Ma ciò che deve
essere compreso dalle masse è
che non si deve avere “sfiducia”
solo verso la giunta di Bonanno,
ma verso tutte le istituzioni borghesi perché è chiaro che non
sarà con un altro rappresentante della borghesia che il comune si salverà e le masse popolari
avranno condizioni di vita degne. Ciò che si deve fare è astenersi, dando il proprio voto al
PMLI e al socialismo, alle prossime elezioni per contribuire a
buttare giù questo marcio sistema capitalistico.
Richiedete l’opuscolo
n. 15
di Giovanni
Scuderi
Le richieste vanno
indirizzate a:
[email protected]
Lecce, 10 maggio 2015. La contestazione a Salvini
dagli antifascisti pronti ad una ingiustificata carica senza senso se
non quella di reprimere a-priori
fisicamente ogni forma di dissenso al fascismo dilagante.
Salvini il Salento non ti vuole! Avanti, avanti con forza fuori
i fascisti dalle nostre città!
Per l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri vinceremo!
PMLI
via A. del Pollaiolo,
172/a - 50142 Firenze
- Tel. e fax
055 5123164
Comunicato dell’Organizzazione ischitana del PMLI
In difesa di Stalin
di Dario - Napoli
La storiografia borghese parla
di uno Stalin antisemita, tale accusa è del tutto falsa vediamo il
perché. Lo stesso Stalin in un’intervista una domanda sull’antisemitismo della Agenzia di Stampa
Ebraica-Stati uniti risponde: “Lo
sciovinismo nazionale e razziale è
un residuo del costume misantropo
caratteristico del periodo del cannibalismo. L’antisemitismo, come
una forma estrema di sciovinismo
razziale, è la traccia più pericolosa
del cannibalismo.
L’antisemitismo è vantaggioso per gli sfruttatori è come un parafulmine che devia i colpi mirati
da parte dei lavoratori al capitalismo. L’antisemitismo è pericoloso
per i lavoratori come un percorso
di falso che fa deviare dal percorso
corretto e li porta nella giungla. I
comunisti, pertanto, come internazionalisti conseguenti, sono i nemici giurati e inconciliabili dell’antisemitismo.
Nell’Unione Sovietica l’antisemitismo è punito con la massi-
ma severità della legge come un
fenomeno profondamente ostile al
sistema sovietico. Secondo la legge dell’URSS gli antisemiti attivi
sono passibili della pena di morte”.
Il secondo punto: nel novembre 1944, di fronte all’avanzata dell’Armata Rossa Sovietica,
Himmler dà ordine di cessare le
esecuzioni nelle camere a gas e di
demolirle assieme ai forni crematori, allo scopo di nascondere le
prove del genocidio; i nazisti, tuttavia, distrussero solo le camere e
i forni di Birkenau, mentre quella
di Auschwitz 1 fu adibita a rifugio
“antibomba”. Sino a quel momento ad Auschwitz erano stati uccisi
oltre 1 milione e centomila esseri
umani.
In totale furono deportate ad
Auschwitz più di 1 milione e
300.000 persone. 900.000 furono
uccise subito al loro arrivo e altre
200.000 morirono a causa di malattie, fame o furono uccise poco
dopo il loro arrivo.
Il 27 gennaio 1945 il campo fu
liberato dalle truppe sovietiche du-
rante la loro rapida avanzata invernale dalla Vistola all’Oder. Il primo reparto che entrò nel campo
faceva parte della LX Armata del
generale Kurockin del 1° Fronte
Ucraino del maresciallo Ivan Konev. Furono trovati circa 7.000 prigionieri ancora in vita. Inoltre, furono trovati migliaia di indumenti
abbandonati, oggetti vari che possedevano i prigionieri prima di entrare nel campo e otto tonnellate
di capelli umani imballati e pronti
per il trasporto.
Auschwitz non fu tuttavia il
primo campo di sterminio a essere scoperto: in realtà i sovietici
erano già arrivati precedentemente a liberare dei campi come quello di Chełmno e quello di Bełżec
ma questi, essendo di sterminio e
non di concentramento, erano vere
e proprie fabbriche di morte dove i
deportati venivano immediatamente gasati, salvando solo poche unità speciali.
È stata l’Armata Rossa di Stalin
a liberare gli ebrei e gli altri popoli
dalle torture nazifasciste.
Sta nello sfascio di Ischia il
“perché” della giovane morta
in un incidente stradale
L’ultimo tragico incidente che ha causato la morte della giovane Marianna Di Meglio,
ha fatto dichiarare al sindaco facente funzioni Carmine Barile,
insieme al cordoglio dell’amministrazione: “Una giovane vita
stroncata senza un perché”.
A che servono affermazioni
del genere?
In assenza di un sindaco agli
arresti, l’amministrazione d’Ischia è rimasta in piedi “per il
bene del paese”! Ma quando
verrà il momento di deliberare
“per il bene del paese?”
Strade al buio per una illuminazione inesistente o insufficiente, segnaletica scolorita da
mesi se non addirittura cancellata, strade malridotte, divieti di
sosta annullati per motivi clientelari su arterie notevolmente
trafficate, mancanza di controlli
di velocità, un corpo di vigili ridotto ai minimi termini e insufficiente a effettuare il servizio in
un comune che, con un’assurda delibera, è stato denominato
“Città d’Ischia”: in questo totale sfascio, in questo tragico abbandono, in questa scellerata e
gravissima incapacità di garantire la quotidiana vivibilità, c’è
il vero “perché” della giovane
vita stroncata.
L’Organizzazione isola d’Ischia del PMLI, nell’esprime-
re il suo cordoglio per l’assurda
morte della povera Marianna,
ritiene sia giunto il momento di
dire basta ad un immobilismo
amministrativo che sta diventando sempre più pericoloso e
dannoso per le vite umane e per
il territorio; vede nella prossima tornata elettorale regionale
la più immediata occasione per
condannare questo criminale
modo di fare politica, attraverso
l’astensione (disertando le urne,
annullando la scheda o votando
scheda bianca).
L’Organizzazione isola
d’Ischia del PMLI
10 maggio 2015
14 il bolscevico / cronache locali
Per nutrire il cervello il
miglior cibo lo offrono il
PMLI e “Il Bolscevico”
Cari compagni,
di tanto in tanto mi viene a trovare a casa un cugino più giovane
del sottoscritto. La cosa mi fa piacere anche se la sua posizione politica è da revisionista incallito. Ed
è ovvio che le nostre discussioni
sono sempre di carattere politico.
Egli mi fa rilevare che le mie
idee politiche sono fuori dal tempo
di oggi giacché ormai le ideologie
sono morte e soprattutto il comunismo marxista-leninista. Perciò
la mia posizione o idea politica in
quel senso, cioè in difesa del marxismo-leninismo è superata perché i tempi ossia la società sono
cambiate. Quindi a suo dire: “solo
dei pazzi non cambiano idea!”. E
dunque io sarei considerato tale.
“Perché il loro cervello non riceve
più messaggi, cioè non recepiscono niente rimanendo alieni agli
eventi e al divenire che tutti noi ci
aspettiamo”.
Dunque secondo questo “saccente” cugino tutti quelli che oggi
accettano e condividono la me-
todologia marxista-leninista dei
grandi Maestri del proletariato
internazionale Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao hanno il cervello
obliante, quindi anche il mio cervello è sbarrato al progredire della
scienza e soprattutto della politica
di oggi.
Io invece ho risposto a lui e a
tutti quei benpensanti, che i cervelli di tutti quei pionieri che portano avanti la politica rivoluzionaria
del maestoso e del grande PMLI
sono dei cervelloni svegli e attivi
che condurranno sicuramente gli
sfruttati verso un nuovo mondo
che sarà il vero comunismo, cioè il
marxismo-leninismo senza ombra
di dubbio.
Prima di salutarmi il mio “affettuoso” cugino mi ha chiesto dove
compro il cibo per nutrire il mio
cervello. Ed io gli ho chiarito: l’unico ipermercato che produce cibo
genuino si chiama PMLI dove trovi
il miglior cibo in senso assoluto: “Il
Bolscevico”.
Come sempre saluti marxistileninisti.
Rino La Rosa, simpatizzante del
PMLI - Catania
Il documento del
PMLI.Toscana argomenta
bene la battaglia
astensionista del PMLI
Leggendo attentamente il volantino sull’astensionismo del
PMLI.Toscana si nota subito l’impronta marxista-leninista sulla
battaglia che dev’essere fatta nel
momento in cui lo Stato cattoborghese indìce per le varie votazioni ovviamente per continuare
a spartirsi il potere politico economico che opprime il proletariato
e le larghe masse popolari. È un
volantino profondamente chiaro
nella forma e nei contenuti che
argomentano e danno forza al
sostegno oggettivo dell’astensionismo. Non un astensionismo
qualsiasi o di tipo anarcoide ma
un vero astensionismo con precise rivendicazioni programmatiche
come ad esempio: “Lavoro stabile,
a salario intero, a tempo pieno e
sindacalmente tutelato per tutti i
disoccupati e lavoratori”.
Chi legge non può non capire
quale sia il vero contenuto del discorso. Soltanto l’ottusità o la non
cosciente riflessione porta a non
N. 21 - 28 maggio 2015
notare la grande frode che lo Stato
capitalista del neoduce Berlusconi
e del suo figlio Renzi attuano sulle
masse popolari.
Mi soffermo ancora su un’altra
rivendicazione marxista-leninista,
quella sulla salute che dice: “Diritto alla salute gratuita universalmente per tutti”. Chiarissima la
rivendicazione che ogni persona
dev’essere curata da un sistema
sanitario universalmente gratuito
punto questo che tocca tutti perché la salute non è una merce né
una fonte di speculazione per far
quattrini e comprarsi rolex, auto,
cani, ville, ecc.
L’astensionismo è la vera lotta
per il socialismo contro la prepotenza del capitale e di uno stuolo
di pescecani che non fa altro che
approfittarsi delle masse popolari.
Chiudo con una delle frasi
del glorioso compagno Stalin in
“Principi del Leninismo” che ci fa
meglio comprendere l’astensionismo: “Nella lotta contro questa
onnipotenza, i metodi abituali
della classe operaia, sindacati,
cooperative, partiti parlamentari e lotta parlamentare si sono
rivelati assolutamente insufficienti”. È da notare l’aggettivo
logica dell’Expo è nei covi del
lavoro gratuito e precario, dalla
Manpower all’università. È nelle
sedi di cooperative e istituzioni
politiche, che ingrassano i propri
profitti sulla pelle di noi tutti. È
nelle opere inutili dei palazzinari,
che sottraggono gli spazi comuni
della città per regalarli alla rendita. È nelle multinazionali dell’alimentazione, fast e slow, della
merce-bio e nella merce-spazzatura, dove la qualità della vita
di lavoratori e consumatori con le
tasche vuote viene continuamente attaccata. È nel governo Renzi
e nel suo PD, paladino e artefice
del modello del Grande Evento
Truffa, delle Grandi Opere che
devastano i territori e del Jobs
Act dello sfruttamento”.
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Dario - Napoli
Cari compagni,
innanzitutto buon Primo Maggio che per me è passato tra un discorso fatto inneggiando alla lotta
di classe ai militanti della CGT ed
il mio luogo di lavoro. Dulcis in fundo la lettura sul sito del PMLI delle
citazioni rivoluzionarie dei Maestri
nonché l’ottimo articolo sul Primo
Maggio rosso e proletario.
In questi mesi ho continuato le
mie letture, sopratutto gli opuscoli
che mi avete inviato, principalmente quello sul fronte unito che
mi serve come punto di riferimento
Marcello - Francia
Renzi è un agente del
capitalismo
Grazie compagni,
il governo Renzi è peggio di
quelli di Berlusconi, infatti quest’ultimo agiva soprattutto per i suoi
interessi diciamo penali ed economici, invece Renzi agisce allo
scopo di accrescere il dominio del
capitalismo sul lavoro salariato e
sull’intera società. Berlusconi era
un bandito spinto al governo da
ignoranti e da ladri, Renzi è un
agente del capitalismo.
Il fotomontaggio realizzato dal
PMLI è bello davvero, ma Craxi,
Berlusconi e Renzi non sono personaggi da tragedia come Mussolini: sono da commedia. Capisco
la retorica politica, ma anche la
storia conta.
Quanto al governatore della
Toscana Enrico Rossi, è un verme, diciamolo. Se posso introdurre un argomento frivolo, egli è un
misto di superbia e impaccio di
ambizione personale sconfinata.
Cari saluti.
Nicola Spinosi - Firenze
Rimini
Gli antifascisti
impediscono a Forza Nuova
di sfilare davanti al
monumento ai partigiani
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Stalin” di Rimini
La Cellula “Stalin” di Rimini
del PMLI ha partecipato sabato
16 maggio al presidio organizzato dall’ANPI e dalle forza antifasciste in piazza Tre Martiri contro
Forza Nuova che per l’ennesima
volta voleva sfilare in corteo davanti al monumento ai tre partigiani impiccati dai nazifascisti.
Un centinaio di poliziotti e carabinieri in assetto antisommos-
sa hanno invitato i manifestanti
ad andare in un’altra piazza, ma
essi si sono rifiutati e hanno intonato “Bella Ciao”. C’è stato
un po’ di tensione ma poi, dopo
l’intervento del sindaco Gnassi, il
corteo dei quattro balodri squadristi è stato deviato su un’altra
piazza.
Il nostro compito è stato raggiunto impedendo a costoro di
sfilare davanti al monumento ai
partigiani.
n. 515)
do letame all’interno) e l’infopoint
di Expo, transitando accanto alla
Montagnola, sede della festa
dell’Unità presidiata dalle “forze
dell’ordine”. La parade si è conclusa con una grande festa e
fuochi d’artificio facendo ritorno in
piazza Verdi.
Nel documento diffuso durante la manifestazione si leggeva
tra l’altro “Da Bologna a Milano: io non lavoro gratis! Manca
una settimana all’inizio di Expo,
il grande evento delle illusioni e delle promesse, il grande
business della speculazione e
della rendita, la grande truffa
delle cooperative corrotte e del
camouflagge, il grande sfruttamento del lavoro gratuito e di
una generazione precaria... La
Cari compagni del PMLI,
ho conosciuto il PMLI su Wikipedia, ho visitato il vostro il sito ed
è molto bello e istruttivo. Mi piace
molto la sezione “Sulla storia del
socialismo in URSS” e anche molti
articoli del vostro giornale mi piacciono.
Ho letto il vostro articolo sull’Italicum. L’ho apprezzato molto,
sopratutto nella denuncia di trasformazione del ruolo del primo
ministro che, di fatto, diventa un
cancelliere e sul conflitto tra rappresentatività e governabilità che,
nella soluzione renziana, vede
il prevalere di quest’ultima. Forse, occorrerebbe approfondire il
ruolo di Mattarella come garante
dell’inamovibilità di Renzi di fronte
all’Europa e ai poteri finanziari.
Saluti marxisti-leninisti.
Legge 10.12.93
dell’Emilia-Romagna
Venerdì 24 aprile si è svolta
a Bologna la “Street parade No
Expo” organizzata da diversi centri sociali e collettivi tra i quali Tpo,
Làbas, Hobo, Cso Terzo Piano.
Un corteo di oltre un migliaio
di studenti, precari, occupanti di
case e giovani è partito da Piazza
Verdi con alla testa lo striscione
“Bologna No Expo”, attraversando e bloccando i viali e le strade
del centro, colpendo vari obiettivi
legati all’Expo: dall’ufficio stage e
tirocini dell’Unibo (azienda convenzionata con Expo) alla fabbrica tossica dell’Hera. Dalla Coop
(sulle vetrine è stata tracciata la
scritta “Coop=Mafia” a McDonald’s, partner dell’Expo (buttan-
(art. 3 -
‡‡Dal nostro corrispondente
Apprezzo il sito del
PMLI e gli articoli de “Il
Bolscevico”
per la mia modesta azione politica
volta sempre alla diffusione dell’ideologia del marxismo-leninismopensiero di Mao, che ogni giorno
che passa diventa sempre più
attuale.
Vi seguo sempre e rimanete
il mio punto di riferimento. Vorrei
contribuire come promesso con
un piccolo gesto finanziario. Manteniamo il contatto rosso vivo!
Scrivo mentre proprio oggi si
festeggia la nascita del grande
Maestro Karl Marx. Non sono lontano da Treviri, porterò un fiore
rosso da parte dei veri continuatori
del suo pensiero!
Un saluto rossissimo e marxista-leninista.
Con Marx/Engels/Lenin/Stalin/
Mao! Per sempre!
Con i Maestri vinceremo!
ASTENSIONISTI DI SINISTRA,
FAUTORI DEL SOCIALISMO,
SOTTOSCRIVETE PER IL PMLI
Il PMLI sta impegnandosi al massimo per sostenere la campagna elettorale
astensionista. Si sta svenando economicamente per far giungere la sua voce
anticapitalista, contro il regime neo-fascista e il governo Renzi, per l’Italia unita,
rossa e socialista a un maggior numero possibile di elettrici e di elettori. I militanti e i simpatizzanti attivi del Partito stanno dando il massimo sul piano economico. Di più non possono dare.
Il PMLI fa quindi appello a tutte le astensioniste e agli astensionisti di sinistra e ai sinceri fautori del
socialismo, indipendentemente se voteranno i loro attuali partiti, per aiutarlo economicamente, anche con
piccoli contributi da uno a 5 euro. Nel supremo interesse del proletariato e della causa del socialismo.
Compagne e compagni astensionisti di sinistra e fautori del socialismo, aiutateci anche economicamente
per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una coscienza, una
mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di abbattere il capitalismo e il potere della
borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato.
Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi al conto corrente
postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a: PMLI - Via A. Del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE
Ogni euro dato per la campagna elettorale astensionista del PMLI è un euro dato per la vittoria del
proletariato sulla borghesia e sulle sue istituzioni, del socialismo sul capitalismo, del marxismo-leninismopensiero di Mao sul riformismo e sul revisionismo, del PMLI sui falsi partiti comunisti. Grazie di cuore per
tutto quello che potrete fare.
M. MARTENGHI
“Street parade No Expo”
a Bologna
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I PARTIT L
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BORGHES DEL
SERVIZIOLISMO
CAPITA
responsabile:
“Colpiti” i simboli legati all’Expo milanese
stro: “Hay que apoyar Obama,
es un hombre honesto” (“Bisogna dar fiducia a Obama, è un
uomo onesto”), in occasione del
recente summit interamericano
(Cumbre de las Americas), osannata da tutti i giornali borghesi “progressisti”, da “Repubblica” a
“Le Monde” alla “Faz” a “El Paìs”
come “fine della guerra fredda”,
trascurando “tranquillamente” la
scarsa dissociazione del presidente USA (mulatto) dalle violenze razziste dei poliziotti bianchi verso le persone di colore e il
perseguimento dell’imperialismo
USA sotto la presidenza Obama,
in Medio Oriente, in America Latina e non solo.
Proprio perché nessun marxista-leninista può auspicare un
ulteriore golpe USA in America
Latina, dopo tutti quelli avvenuti nel Novecento ma anche nei
quasi 3 lustri del nuovo millennio, quello riuscito in Honduras
contro Zelaya, quelli tentati in
Venezuela contro Chavez e
poi Maduro, in Ecuador contro
Correa e in forma strisciante in
Argentina contro la “peronista
di sinistra” Cristina Fernandez
Kirchner, non si può non rilevare
come le ambiguità revisioniste e
trotzkiste di questi governi (con
in testa Cuba, padre-madre di
tutti questi governi) abbiano in
realtà in qualche modo spesso
favorito i “golpe” sopra nominati. Committente
maggiori sono tutte rivolte all’uomo (“el hombre nuevo”, “l’uomo
nuovo”, mito idealista non privo
di risvolti pericolosi, che in Guevara ricorre sempre, nda).
Come il papa e gli ideologi
borghesi, egli incentra il suo discorso sull’uomo in generale,
non curandosi della sua origine e collocazione di classe” (G.
Scuderi, “Dove porta la bandiera
di Guevara”, Firenze, Commissione per il lavoro di stampa e
propaganda del PMLI, 1996,
p.23).
Al di là di alcuni indubbi, ma
molto relativi, vantaggi della società cubana, con un sistema
sanitario gratuito (non con ticket
ecc.) di alta qualità, la stessa è
impregnata, anche dopo la caduta dell’URSS e dei Paesi del
“blocco orientale” di quel revisionismo burocratico che ha portato
quei Paesi al crollo, tra il 1989 e
il 1991. Da allora, Cuba stringe
disperatamente accordi con chi
può, soprattutto Russia, la Cina
iper-revisionista,
Venezuela
ecc., ma non trascura i rapporti
con la Chiesa cattolica (disgelo
dalla “storica visita” di Giovanni
Paolo II fino al ristabilimento dei
rapporti diplomatici dall’ottobre
e poi più compiutamente dal dicembre dello scorso anno, ma lo
stesso avviene con gli USA, fino
alla dichiarazione di Raùl Ca-
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: Via
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centrale5123164
Sede
fax 055.
Tel. e
in proprio
bita “sovietica” anche formalmente, aderendo al Comecon,
sorta di comunità economica
e più ancora commerciale dei
Paesi dell’Est, revisionisti, che
favoriva soprattutto l’URSS socialimperialista. Mai ben chiarito
il rapporto con Ernesto “Che”
Guevara, medico argentino con
velleità “ribelli”, senz’altro non
era così conflittuale come certuni (per esempio Saverio Tutino)
tendono a rappresentarlo. Generalizzando molto, potremmo dire
che Castro era “uomo di Stato”,
Guevara l’eterno ribelle-non il “rivoluzionario”. Quando Castro dice-scrive che Guevara “sentiva”
la causa del Vietnam, della Bolivia, dell’Africa, ciò è certamente
rivelatore: emozioni, sentimenti,
al posto di una considerazione
razionale, dialettica nel senso
del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Il “Che” è diventato un vago
mito ribellista diffuso tra le classi borghesi più che proletarie,
quasi un personaggio romantico,
perfettamente funzionale (anche
commercialmente) alla borghesia. Come ha detto e scritto benissimo il compagno Segretario
generale del PMLI Giovanni Scuderi, “Nelle teorizzazioni di Guevara c’è poco posto per la classe operaia e per il partito della
classe operaia. Le sue attenzioni
Stampato
di Eugen Galasso
Maurizio – Figline V.arno (Firenze)
Voglio mantenere
il contatto rosso vivo
col PMLI
Cuba torna all’ovile dell’imperialismo
L’isola-Stato delle Grandi
Antille che si chiama Cuba è al
centro di grandi polemiche e novità. Ultima colonia spagnola a
liberarsi dalla “Madre patria”, nel
1898, Cuba rientrava pienamente nell’orbita degli USA, tanto che
la base militare di Guantanamo
esiste fin dal 1903, seguendo la
direttiva del presidente James
Monroe per cui “l’America latina
è il nostro cortile di casa”; ingerenze militari, ma anche politicoeconomiche, quelle degli States,
culminate nell’appoggio al caudillo Fulgencio Batista, presidente dapprima dal 1940 al 1944 e
poi dal 1952 al 1959, quando divenne un dittatore asservito agli
USA (durante il primo mandato
era stato, timidamente, un progressista).
Fidel Castro, che già nel 1953
aveva dato l’assalto alla caserma Moncada, finendo in carcere, riuscì a scalzare Batista nel
1959; dapprima democratico
borghese, è solo qualche anno
dopo l’arrivo al potere, che Castro si appoggia all’URSS definendosi “comunista” e “marxista”. Nel 1961 ci fu il tentato
golpe di “profughi” cubani della
“Baia dei Porci” e poi nel 1962 la
“crisi dei missili”, con il rischio di
guerra nucleare mondiale.
Nel 1972 Cuba entra nell’or-
“assolutamente insufficienti” senza ombra di dubbio.
Gloria eterna ai Maestri!
Saluti comunisti.
esteri / il bolscevico 15
N. 21 - 28 maggio 2015
Lo Stato islamico conquista
Ramadi in Iraq
Gli Usa violano la sovranità della Siria per uccidere un leader dell’Is
Lo Stato islamico (Is) annunciava il 17 maggio la conquista della
città irachena di Ramadi, capoluogo della provincia di Anbar, circa
100 chilometri a ovest della capitale Baghdad, dopo diversi giorni
di combattimento. Sullo slancio
della presa della città, le formazioni
dell’Is conquistavano anche le vicine cittadine di Baghdadi e Karmah.
La conquista della città era
confermata in un video dal titolo,
“Lo Stato islamico ha liberato Ramadi”, diffuso in rete il 18 maggio
dall’agenzia di informazione dell’Is
Aamaq nel quale è contenuto un
audio messaggio del leader Abu
Bakr al-Baghdadi che annunciava
“dopo Ramadi, libereremo Baghdad e Kerbala”, la capitale irachena
e la città santa degli sciiti.
La perdita di Ramadi rappresenta la peggiore sconfitta militare del
governo fantoccio iracheno di Haider al-Abadi dall’inizio dell’offensiva dei miliziani dello Stato islamico
nella scorsa estate. Di recente,
grazie al contributo delle milizie sci-
ite, l’esercito governativo aveva ripreso la città di Tikrit, sempre nella
regione di Anbar, che avrebbe dovuto essere il trampolino di lancio
verso la riconquista di Mosul. Con
la sconfitta di Ramadi non solo si
azzerano i recenti successi del governo di Baghdad ma per le forze
dell’Is si potrebbe aprire la strada
per attaccare la capitale Baghdad.
Il Pentagono ammetteva la
caduta di Ramadi ma non se ne
preoccupava più di tanto. La Casa
Bianca era impegnata a sbandie-
rare il successo del raid nella Siria
orientale da parte di forze speciali
Usa elitrasportate del 15 maggio
che aveva portato all’uccisione di
uno dei capi dello Stato Islamico,
Abu Sayyaf, responsabile dell’Is
per gli affari collegati al petrolio.
L’operazione era stata condotta sulla base di un ordine impartito
direttamente dal presidente Barack
Obama e, secondo il portavoce della Casa Bianca, era stata condotta
nel quadro delle leggi internazionali: il via libera era arrivato dopo
l’unanime consenso del team per
la sicurezza nazionale del presidente e col consenso del governo
di Baghdad. Quelle osservate da
Washington sono delle leggi internazionali alquanto singolari, sono
leggi imperialiste che hanno violato
la sovranità della Siria.
Un atto deliberato che la portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale istituito presso la
Casa Bianca, Bernadette Meehan,
ha confermato sottolineando anzi
che “abbiamo avvertito il regime di
Bashar al-Assad di non interferire
con le iniziative in atto da parte nostra contro lo Stato Islamico all’interno del territorio siriano, poiché
quel regime non può essere nostro
alleato nella lotta” contro l’Is. Di
fatto l’esercito governativo siriano
e le forze americane lo sono, uno
dei paradossi della crisi regionale,
e l’imperialismo americano si comporta in Siria da padrone di casa
contro le postazioni dell’Is, come
se il regime di Assad non esistesse
più.
Il socialimperialismo cinese espande il suo spazio commerciale a spese dell’imperialismo americano
Cina e Pakistan aprono un “corridoio economico”
Pechino cerca lo sbocco sul mar Arabico, collegando lo Xinjang a Gwadar
Il presidente cinese Xi Jinping
nel corso della sua visita a Islamabad del 21 aprile scorso ha firmato col primo ministro pachistano
Nawaz Sharif un pacchetto di 51
accordi per progetti che apriranno
un “corridoio economico” tra i due
paesi, un corridoio commerciale
importante per Pechino impegnata
nella costruzione della cosiddetta
nuova “Via della seta” terrestre e
marittima. Con questi accordi il socialimperialismo cinese rafforza gli
scambi economici col Pakistan e
contemporaneamente espande il
suo spazio commerciale a spese
del principale concorrente, l’imperialismo americano, aprendosi uno
sbocco sul Mar Arabico e garantendosi una via più diretta verso
Europa, Africa e Medio Oriente.
Quanto l’accordo con Islamabad sia importante per la Cina lo di-
mostra il cospicuo pacchetto di ben
46 miliardi di dollari in investimenti
che Xi ha messo sul tavolo dell’alleato asiatico, 34 miliardi in progetti
energetici, 12 in infrastrutture.
Il grosso degli investimenti sarà
dedicato alla realizzazione del
cosiddetto “corridoio economico
Cina-Pakistan” (Cpec) lungo 3 mila
chilometri, un progetto che consiste nella costruzione di strade, ferrovie, gasdotti e oleodotti che collegheranno il porto pakistano sul Mar
Arabico di Gwadar, nella provincia
del Baluchistan al confine con Afghanistan e Iran, con Kashgar,
nella regione nel nord ovest cinese
dello Xinjiang.
Il Cpec ha un ruolo importante
per Pechino nella “Via della seta”
perché oltre a velocizzare il passaggio delle merci cinesi verso i
mercati europei e africani, serve
ad abbreviare il percorso dei rifornimenti energetici che dal Medio
Oriente prendono la via della Cina;
una volta completato permetterà ai
commerci e rifornimenti cinesi di
non passare soltanto dallo Stretto
di Malacca, tra Malaysia e Indonesia, e il Mar Giallo, lungo le vie marittime al centro di recenti contese
per il loro controllo tra Pechino e
paesi vicini.
Il progetto era stato lanciato
nel maggio 2013 in occasione di
una visita del premier cinese Li
Keqiang in Pakistan ma è già da
più di dieci anni che i due paesi
lavorano assieme per sviluppare lo
scalo container di Gwadar. La mul-
tinazionale cinese China Overseas
Port Holding Company, presente
fin dall’inizio nello sviluppo dello
scalo otteneva proprio nel 2013 un
appalto quarantennale per la gestione del porto; un progetto simile
a quello messo in piedi al Pireo in
Grecia, la porta di arrivo della via
marittima in Europa. Una parte del
nuovo scalo è stata formalmente
inaugurata a fine aprile; l’attenzione sarà puntata da ora sulla via
terrestre verso il Nord e la Cina. Il
porto di Gwadar diventerà un nodo
fondamentale per Pechino, quello dove convergono la “Via della
Seta” terrestre e marittima.
Nel sostanzioso pacchetto di
accordi firmati da Xi e Sharif c’è anche quello del progetto della diga di
Karot nel nord del Pakistan, vicino
a Rawalpindi, che dovrebbe essere
completata entro sei anni. Nella costruzione della diga è impegnata la
China Three Gorges Corp, il gigante cinese che ha costruito la diga
più grande del mondo, e che nel
paese ha progetti di costruzioni a
lungo termine di centrali idroelettriche, eoliche e solari dalla capacità totale di oltre 2mila MW e per un
valore di 5,5 miliardi di dollari.
Tra l’altro il 2015 è stato designato “anno degli scambi amichevoli Cina-Pakistan” con l’interscambio tra le due economie cresciuto fino a 16 miliardi di dollari nel
2014 dai quattro del 2007.
Ma tra Pechino e Islamabad
non sono in ballo solo le questioni economiche. Durante la visita
Un nuovo inganno
dell’imbroglione leader cubano
Per Fidel Castro le superpotenze imperialiste cinese e russa
costituiscono uno “scudo poderoso per la pace e la sicurezza mondiale”
Il leader cubano Fidel Castro, in
occasione della commemorazione
del 70º anniversario della fine della
seconda guerra mondiale ha voluto esprimere la sua ammirazione
per l’eroico popolo sovietico, protagonista determinante della sconfitta del nazifascismo. Ma lo ha
fatto spargendo un nuovo inganno
che lo conferma quale imbroglione
revisionista.
Il messaggio è titolato “Il nostro
diritto di essere Marxisti-Leninisti”
che già è un programma per uno
che non lo è mai stato e inizia con
un omaggio a Lenin definito “un
geniale stratega rivoluzionario che
non dubitò nell’assumere le idee
di Marx e diffonderle in un paese immenso e solo in parte industrializzato, il cui partito proletario
divenne il più radicale e audace
del pianeta”. Ma si guarda bene
dall’omaggiare Stalin che pure fu
il leggendario condottiero del Partito, dello Stato e del popolo so-
vietico artefice della sconfitta del
nazismo.
E la sua vera natura riemergeva quando affermava che “le
nazioni posero le loro speranze
nell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che si sforza di creare
una cooperazione che ponga
fine all’aggressioni e alle guerre
(sic!)” e poi tornava a sguazzare
nel revisionismo fino a arrivare
a sostenere che “oggi è possibile
la solida alleanza tra i popoli della
Federazione Russa e lo stato con
la più rapida crescita economica
del mondo: la Repubblica Popolare della Cina. I due paesi, con la
loro stretta cooperazione, la loro
scienza avanzata, i loro poderosi
eserciti e i loro coraggiosi soldati,
costruiscono uno scudo poderoso
per la pace e la sicurezza mondiale, per far sì che la vita della nostra specie si possa preservare”.
Si fosse riferito all’Unione sovietica di Stalin e alla Cina di Mao gli
avremmo dato ragione ma Fidel
parla della Russia di Putin e della
Cina di Xi, degli attuali eredi delle cricche revisioniste che hanno
da tempo cambiato colore ai due
paesi, le hanno trasformate in due
superpotenze imperialiste.
D’altra parte Fidel è stato fedele servo e alleato degliallora
socialismperialisti sovietici nelle
cui mani aveva messo l’economia
del paese e ai quali aveva fornito manodopera per le ingerenze
nelle lotte di liberazione financo in
Africa.
“I 27 milioni di sovietici che
sono morti nella Grande Guerra
Patria lo hanno fatto anche loro
per l’umanità e per il diritto di pensare e di essere socialisti, essere
marxisti-leninisti, essere comunisti
e uscire dalla preistoria” concludeva in maniera confusionaria il
suo messaggio l’imbroglione Fidel,
fermo, lui si, alla preistoria revisionista.
Xi e Sharif hanno portato avanti la
discussione in via di finalizzazione
di un accordo per la vendita al Pakistan di otto sottomarini cinesi, un
contratto del valore tra i quattro e
i cinque miliardi di dollari. I mezzi
navali che potebbero avere la loro
base nel nuovo porto di Gwadar
sono un aiuto di Pechino al potenziamento militare dell’alleato asiati-
co in funzione anti-indiana.
La Cina è già tra i principali fornitori di armi ed equipaggiamenti
militari del Pakistan e ha promesso
anche sostegno a Islamabad nelle operazioni contro le formazioni
talebane lungo il confine con l’Afghanistan. In quelle regioni dove al
momento spadroneggiano, e provocano numerose vittime anche
tra i civili, gli aerei senza pilota, i
droni di Obama, con una crescente
opposizione della popolazione. In
futuro, con la costruzione completa
del “corridoio economico” e dello
strategico porto di Gwadar, il socialimperialismo cinese avrà una ragione in più anche per interessarsi
direttamente alla stabilizzazione
del vicino Afghanistan.
In rivolta gli ecologisti
Obama autorizza
le trivellazioni dell’Artico
Centinaia di manifestanti in kayak protestano nel porto di Seattle
Per protestare contro la ripresa delle trivellazioni petrolifere in
Alaska, centinaia di ambientalisti a
bordo di kayak hanno circondato il
17 maggio l’enorme barca-pontone
che trasportava la piattaforma petrolifera Polar Pioner della RoyalDutch Shell formando una catena
umana nella baia di Elliott Bay, il
porto Seattle.
L’originale protesta degli ecologisti era la prima di una serie di
manifestazioini annunciata sia a
terra che nel porto della città che
la società petrolifera intende usare
come base logistica delle operazioni più a nord, nel mare di Chiucki
a largo delle coste orientali dell’Alaska in pieno Artico.
L’arrivo della piattaforma a Seattle era stato preannunciato dopo
che pochi giorni prima l’ufficio governativo americano Bureau of
Ocean Energy Management aveva
dato il via libera alla ripresa delle
prospezioni petrolifere all’estremo
nord del continente, interrotte nel
2012 in seguito a vari incidenti negli
impianti della Shell.
A dispetto di una consistente
mobilitazione negli anni passati
degli ecologisti americani contrari
alle trivellazioni e all’estrazione del
petrolio in una zona dal delicato
equilibrio ambientale, già in parte
compromesso dallo scioglimento
dei ghiacci, e nonostante le ripetute promesse della Casa Bianca a
favore dell’ambiente, Barack Obama si è schierato con i giganti del
petrolio e ha permesso alla compagnia petrolifera di ricominciare già
dalla prossima estate una serie di
trivellazioni per costruire 6 pozzi
nel mare di Chiucki, in una zona di
circa 70 miglia al largo delle coste.
Il mare di Chiucki si trova a metà
tra la Siberia e l’Alaska, a Nord
dello stretto di Bering, e prende il
nome da una popolazione autoctona che viveva di pesca e di caccia
sul versante americano. Le temperature sono molto rigide e le acque sono ghiacciate per otto mesi
all’anno; negli altri quattro sono
battute da onde che superano i 15
metri di altezza. Sono zone dove
vivono balene, trichechi e orsi bian-
Seattle 17 maggio 2015. La manifestazione contro le trivellazioni nell’Artico
chi. La ricchezza che fa gola alle
multinazionali petrolifere si trova
nel fondale marino che secondo i
geologi conterrebbe 15 miliardi di
barili di petrolio. Un tesoro che ha
fatto gola soprattuto alla Shell che
già nel 2009 aveva chiesto il via libera al governo per dare il via alle
trivellazioni esplorative; via libera
che era arrivato nell’estate del 2011
con le prime esplorazioni nelle quali
ha investito 6 miliardi di dollari. Le
attività si erano bloccate già l’anno
successivo, nel 2012, a seguito di
vari incidenti negli impianti della
Shell e delle denunce e mobilitazioni degli ecologisti.
“La Shell ha una storia costellata
di malfunzionamenti proprio nell’Artico, mentre gli scienziati intanto
concordano ormai sul fatto che il
petrolio in quella zona deve restare
nel sottosuolo se vogliamo evitare
catastrofici cambiamenti climatici”,
denunciava Greenpeace che sosteneva le proteste di Seattle.
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
E DEGLI SCIOPERI
MAGGIO
25
anpac - Sciopero di 24 ore del personale navigante
(piloti e assistenti di volo) gruppo Alitalia
GIUGNO
7
cobas - manifestazione nazionale contro la “Buona
Scuola” del governo
Perché
le regioni e i comuni
2
siano governati dal popolo
e al servizio del popolo
ci vuole il socialismo
NON VOTARE
I PARTITI
BORGHESI AL
SERVIZIO DEL
CAPITALISMO
il bolscevico / documento dell’UP del PMLI
N. 3 - 22 gennaio 2015
CREIAMO LE ISTITUZIONI
RAPPRESENTATIVE DELLE MASSE
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