UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Facoltà di Scienze della Formazione
Master in Analisi e Gestione della Comunicazione
Tesi finale in Psicologia della Comunicazione
Psicologia della comunicazione
persuasiva
Strategie di persuasione nella comunicazione
pubblicitaria
Candidata: Dott.ssa Romina Sinosich
Relatore: Prof. Enzo Kermol
Anno Accademico: 2005/2006
Psicologia della comunicazione persuasiva
Strategie di persuasione nella comunicazione
pubblicitaria
Introduzione
Parte prima. Comunicazione e persuasione
1.1. La teoria della comunicazione
1.2. I canali della comunicazione
1.3. La psicologia e il processo di comunicazione
1.4. I meccanismi psicologici su cui si muove la persuasione
1.5. Implicazioni storiche della “psicologia delle masse”
1.6.. Comunicazione e persuasione
Parte seconda. La pubblicita’; comunicare, influenzare,
convincere
2.1. La base della comunicazione pubblicitaria
2.2. La pubblicita’ come strumento persuasivo
2.3. La credibilita’ del comunicatore
2.4. Il linguaggio pubblicitario
2.5. I modelli persuasivi
2.6. Emozione e persuasione
Parte terza. L’arte della persuasione
3.1. I principi della dinamica persuasiva
3.2. Gli strumenti della persuasione
3.3. I fattori della comunicazione persuasiva
3.4. Strategie di persuasione nella comunicazione diretta
3.5. Il messaggio persuasivo e la sua formulazione
3.6. La persuasione subliminale
Conclusione
Bibliografia
2
Introduzione
“Molti di noi vengono oggi influenzati piu’ di quanto non
sospettino, e la nostra esistenza quotidiana e’ sottoposta a continue
manipolazioni di cui non ci rendiamo conto. Sono all’opera su
vasta scala forze che si propongono, e spesso con successi
sbalorditivi, di convogliare le nostre abitudini inconsce, le nostre
preferenze di consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo
a metodi presi in prestito dalla psichiatria e dalle scienze sociali. E’
significativo che tali forze cerchino di agire su di noi a nostra
insaputa, si’ che i fili che ci fanno muovere sono spesso, in un certo
senso, occulti”1.
Racchiuse in queste parole di Packard, al tempo insegnante
di giornalismo all’Universita’ di New York, vi era il pensiero
di tutta un’epoca, quella a cavallo degli anni cinquanta, nella
quale soprattutto la pubblicita’ che si proponeva di
influenzare il comportamento dei cittadini, veniva usata in
molti campi e presentava una grande varieta’ di tecniche
ingegnose.
Con il passare degli anni e dei decenni, la pubblicita’ ha
continuato, ovviamente, ad avere il medesimo scopo. Quello
che e’ cambiato, ed e’ evoluto ad altissimi livelli, e’ il ruolo
che essa possiede nella societa’ di oggi. E’ l’evolversi del sua
invisibile persuasione, delle tecniche e tattiche sempre meno
osservabili e sempre piu’ influenzabili, a renderla una delle
leve piu’ importanti, complesse ed usate del marketing
odierno.
Qualunque azienda, grande o piccola che sia, deve
necessariamente affrontare ed affidarsi a questa politica, nata
in tempi lontani. Anche gli antichi fenici erano soliti lasciare
grandi scritte sulle rocce che sovrastavano le strade
commerciali.
1
Packard V, I Persuasori Occulti, Einaudi Editore, Torino 1989, pp. 5
3
Da qui sono state rinvenute altre forme primordiali di
pubblicita’, fino ad arrivare ad una data storica; il primo
annuncio pubblicitario stampato in lingua inglese del 1473 2.
Questi cenni storici, danno un’idea delle lontane origini della
pubblicita’ e dell’importanza che essa ha sempre rivestito a
prescindere dai modelli economici oggi esistenti.
Chiunque infatti, consapevolmente o meno, sfodera questa
politica per raggiungere i propri scopi; sotto questo profilo, la
pubblicita’ potrebbe essere definita un’arma psicologica a
vari livelli, utilizzata da ognuno di noi.
Nell’uso comune non si parlo’ di pubblicita’ fino all’inizio del
Novecento, quando il termine propaganda venne utilizzato per
descrivere le tattiche di persuasione impiegate durante la
prima guerra mondiale e quelle utilizzate in seguito dai
regimi totalitari.
Propaganda fu definita originariamente la disseminazione di
idee e opinioni di parte, spesso attraverso il ricorso a
menzogne e inganni, ma quando si inizio’ a studiare
l’argomento in maggiore dettaglio, molti si accorsero che la
propaganda non era prerogativa dei regimi “malvagi” e
totalitari, e che spesso essa non si riduceva soltanto a
ingegnosi inganni.
La parola si e’ dunque evoluta fino a significare
“suggestione” o “influenza” sulle masse attraverso la
manipolazione di simboli e della psicologia dell’individuo.
La propaganda comporta l’abile uso di immagini, slogan e
simboli che sfruttano i nostri pregiudizi e le nostre emozioni;
e’ la comunicazione di un particolare punto di vista, con
l’obiettivo di indurre il destinatario del messaggio ad
accettare “volontariamente” questa posizione come se fosse
la propria3.
2
L’enciclopedia, La biblioteca di Repubblica, L’Espresso S.p.A., Divisione La Repubblica,
2003, vol. 16, pp. 681-682
3
Una discussione sulla natura della propaganda e della persuasione in una democrazia e’ in
A.R. Pratkins e M.E. Turner, Persuasion and Democracy, 1996, pp. 187-205
4
L’evoluzione della propaganda ha avuto il suo culmine con
la diffusione della pubblicita’. La fondamentale importanza
che essa riveste nel mondo d’oggi, ha contribuito alle accuse
di alcuni studiosi, definendola la causa della perdita della
“sovranita’” del consumatore.
Con questo esordio, si vuole intraprendere una strada ben
precisa che analizza l’agire della pubblicita’ sui consumatori,
ma soprattutto si tentera’ di capire la dinamica delle strategie
persuasive sulla psicologia dell’individuo.
Quindi, accanto al ruolo, assegnato alla pubblicita’, di
“manipolatrice” dei consumatori, si affianca quello di
“illuminatrice” degli stessi, dal momento che viene definita
come “la grande autrice del mercato moderno”, mettendo a
disposizione dei consumatori un mercato in cui vi e’ massima
liberta’ di scelta tra i prodotti e servizi concorrenti 4.
Negli ultimi sessant’anni molti psicologi sociali hanno
studiato usi ed abusi quotidiani della persuasione, e hanno
condotto migliaia di esperimenti per verificare le
innumerevoli ipotesi sugli effetti di tale tipo di
comunicazione. In questo modo e’ stato possibile individuare
le tecniche di persuasione piu’ efficaci e comprendere cosa
rende persuasivo un messaggio.
In questo lavoro ho cercato di analizzare il modo in cui le
dinamiche della comunicazione persuasiva si mettano in
pratica nella realta’ di tutti i giorni, attraverso una leva,
apparentemente semplicissima – la pubblicita’.
Sono
partita
dal
processo
della
comunicazione,
predisposizione fondamentale per la costruzione del
messaggio, attraversando il campo della pubblicita’, come
contesto privilegiato in cui questa forma di comunicazione si
realizza, per arrivare, infine, all’arte della persuasione vera e
propria, analizzandone gli strumenti, le strategie e le
dinamiche.
4
Lazzeri G. Aspetti qualitativi e quantitativi della pubblicita’; conseguenze sui
consumatori e loro autotutela, in La pubblicita’ e il sistema dell’informazione, ERI, Torino
1984
5
Parte prima.
Comunicazione e persuasione
“Nel modo seguente la parola e’ un potente signore che, pur dotato
di corpo piccolissimo e invisibile, compie le opere piu’ divine. Essa
puo’ far cessare il timore, togliere il dolore, dare una gioia,
accrescere la compassione. Chi la asscolta e’ invaso da un brivido,
dal terrore, da una compassione che strappa le lacrime e da una
struggente brama di dolore. Il fascino divino che suscita la parola e’
anche generatore di piacere e puo’ liberare dal dolore. La forza
dell’incantesimo, accompagnandosi all’opinione dell’anima, la
seduce, persuade e trasforma per mezzo del suo incanto”.
(Gorgia da Lentini, “Elogio ad Elena)
6
1.1. La teoria della comunicazione
Il comunicare sottintende una trasmissione di informazioni
di vario tipo, informazioni che possono riguardare fatti,
pensieri, stati d’animo, istruzioni, codici< L’esigenza di
trasmettere queste informazioni e’ riconducibile alla
necessita’ di soddisfare dei bisogni, da quelli primari,
fisiologici, che riguardano la sopravvivenza organica e della
specie, a quelli secondari, di natura sociale e psichica.
Se e’ vero che per gli individui piu’ primitivi lo status e’
connesso alla qualita’ di forza fisica e di sprezzo del pericolo,
e’ altrettanto vero che nella societa’ moderna questi bisogni
vengono soddisfatti anche da altri valori, che possono andare
dal possesso di un titolo, al denaro, alla bellezza fisica,
all’importanza sociale, all’autorevolezza.
E’ proprio in questo quadro che si e’ sviluppata l’esigenza di
poter influenzare, se non addirittura pilotare, la risposta
dell’interlocutore all’emissione del messaggio. Quando si e’
capito che la risposta alla propria richiesta di
soddisfacimento del bisogno poteva essere in un qualche
modo guidata, diretta, indirizzata al soddisfacimento del
bisogno stesso, e’ iniziata, nella storia dell’evoluzione umana,
la ricerca di quegli elementi che potevano produrre quella
influenza determinante, la persuasione, appunto.
Tutti, prima o poi, abbiamo desiderato almeno una volta di
poter leggere nel pensiero di chi ci sta di fronte – cliente,
amico o partner – al fine di ottenere da lui il pieno consenso.
Questo consenso significa molto di piu’ del semplice “aver
ragione”; infatti, la capacita’ di influenzare gli altri non e’ la
capacita’ di imporre le proprie ragioni, bensi’ quella di
scoprire quali siano le leve motivazionali altrui che, se
sollecitate, possono metterci nelle condizioni di guidare chi ci
sta di fronte all’”acquisto” delle nostre ragioni.
7
La persuasione, allora non e’ l’arte di far fare agli altri cio’ che
loro non vogliono fare; e’ invece la capacita’ di motivarli ad
ascoltarci, a riflettere sulle nostre ragioni senza chiudersi o
difendersi a priori5.
“Persuadere”, “influenzare“, “sedurre”, “guidare” sono
parole che presuppongono una interazione con gli altri, una
comunicazione, che esiste in quanto relazione. L’attuarsi della
comunicazione prevede che vi siano due soggetti in gioco; un
emittente ed un ricevente.
Cio’ significa che la parola comunicazione definisce una
dinamica relativa ad un contenuto (parole, gesti, sguardi<)
che passa da un polo all’altro, e’ quindi bidirezionale. Questo
presuppone il fatto che vi sia un feedback, ovvero una
risposta, da parte del soggetto a cui la comunicazione e’ stata
diretta: il feedback puo’ essere di tipo verbale (una frase di
risposta) o non verbale (un gesto, un’occhiata, una pausa di
silenzio).
Il termine comunicazione ha un chiaro significato di “mettere
al corrente” qualcuno, coinvolgendolo 6. Nei secoli il termine
“comunicare” e’ stato oggetto di notevoli mutamenti, in
conseguenza dell’evoluzione del linguaggio, a partire da un
originario significato di mettere in comune degli oggetti,
idee, pensieri. Solo in epoca piu’ recente si e’ aggiunto il
significato di mettere in comune delle idee, tale accezione
rappresenta sicuramente un senso piu’ vicino a quello
attuale.
Pur avendo sempre una base volontaria, la comunicazione
non sempre contiene solo elementi coscienti e controllati da
chi la emette, e non necessariamente porta ad
un’interpretazione univoca in chi la riceve.
Poiche’ i pensieri e le emozioni che si vogliono trasmettere
non possono essere trasferiti cosi’ come vengono pensati, si
necessita’ di un sistema di traduzione (un linguaggio).
5
Pirovano F., La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore 2004, pp. 5
Amietta G.B., Bentivenga S., Teoria della comunicazione, Stampa alternativa, Viterbo
1995, pp. 20
6
8
Esiste una pluralita’ di elementi che concorre a dar vita alla
comunicazione. C’e’ un contenuto, che dovrebbe
corrispondere al significato di cio’ che passa da una parte
all’altra; vi e’ una forma, che equivale alle modalita’
attraverso le quali e’ gestito e articolato il messaggio. Vi sono
elementi linguistici, verbali, gestuali, toni di voce e pause di
silenzio, espressioni e ritmo di parlata.
La comunicazione e’ un concetto indispensabile per la
societa’, ma soprattutto per la psicologia applicata alla
societa’: non esiste argomento in cui i processi comunicativi
non giochino un ruolo fondamentale, anche se l’interesse per
uno studio specifico e’ emerso solo di recente nella disciplina.
La comunicazione ha degli effetti pragmatici, vale a dire
comportamentali, sui soggetti che vengono da essa raggiunti.
L’interesse degli studiosi della Scuola di Palo Alto
(California) e’ rivolto proprio a quanto appena detto.
L’attenzione e’ focalizzata sul rapporto emittente-ricevente in
quanto mediato dalla comunicazione; l’analisi riguarda sia
l’effetto della comunicazione sul ricevente, sia l’effetto che la
ricezione del ricevente produce sull’emittente.
Gli autori basano la loro elaborazione teorica su alcune
proprieta’ semplici della comunicazione che hanno natura di
assiomi, i quali servono ad illustrare certe caratteristiche di
funzionamento della comunicazione interpersonale.
La principale proprieta’ del comportamento consiste nel fatto
che non puo’ avere un suo opposto. Non e’ possibile non
avere un comportamento. Indipendentemente dal fatto che
ognuno di noi sia in movimento oppure fermo, parli o resti in
silenzio, dorma o agisca, viene percepito da chiunque lo
circondi come una persona che e’ in uno stato specifico.
Ognuno, dunque, comunica uno stato agli altri che lo
percepiscono.
9
Il silenzio, ad esempio, e’ spesso un segnale che ha una forte
valenza comunicazionale; puo’ trasmettere collera,
indifferenza, imbarazzo, sgomento, indignazione< Non si
puo’ quindi, non comunicare7.
La comunicazione trasmette sempre un’informazione. Allo
stesso tempo, pero’, essa impone un comportamento.
L’informazione e’, di fatto, una notizia; si trasmette un
contenuto. Il comportamento e’, invece, dettato dalla
relazione tra i due comunicanti. L’impostazione e la natura di
tale relazione corrisponde al tipo di messaggio che viene
trasmesso.
Si puo’ dire, quindi, che ogni comunicazione presenta un
aspetto di contenuto e uno di relazione, in modo tale che il
secondo classifica il primo ed e’, quindi, metacomunicazione,
(comunicazione sulla comunicazione) 8.
Il terzo assioma introduce il concetto di punteggiatura,
affermando che “la natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i
comunicanti”. Questo significa che i nostri scambi
comunicativi non costituiscono una sequenza interrotta, ma
sono organizzati come se seguissero una sorta di
punteggiatura: in tal modo e’ possibile identificare le
sequenze di chi parla e di chi risponde, definire cio’ che si
considera come causa di un comportamento distinguendolo
dall’effetto.
Il quarto assioma specifica che “gli esseri umani comunicano
sia con il modulo numerico che con quello analogico”. Il
linguaggio numerico riguarda l’uso di parole, dispone di una
sintassi logica e di estrema efficacia, per cui e’ lo strumento
privilegiato per trasmettere dei contenuti.
Il linguaggio analogico, invece, consiste di tutte le modalita’
della comunicazione non verbale (gesti, espressioni del viso,
inflessioni della voce, sequenza del ritmo e cadenza delle
parole), che servono soprattutto a trasmettere gli aspetti
7
8
Pirovano F., La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 16
Idem
10
riguardanti la relazione tra i partecipanti. L’attivita’ di
comunicare comporta la capacita’ di coniugare questi due
linguaggi, nonche’ di tradurre dall’uno all’altro i messaggi da
trasmettere e quelli ricevuti.
Il quinto assioma, infine, sostiene che “tutti gli scambi di
comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda
che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza”.
Abbiamo
un’interazione
simmetrica,
caratterizzata
dall’uguaglianza, quando il comportamento di un membro
tende a rispecchiare quello dell’altro; se viene comunicato un
atteggiamento di simpatia, in tal caso, le stesso caratteristiche
saranno messe in evidenza dal partner, nel tentativo di
minimizzare le differenze.
Le relazioni complementari sono caratterizzate invece dalla
differenza esistente tra le persone; un partner assume una
posizione superiore o predominante, l’altro occupa la
posizione corrispondente, inferiore o sottomessa.
Appartengono a questa seconda categoria anche i rapporti
stabiliti dal contesto sociale e culturale; e’ il caso dei rapporti
tra padre e figlio, tra insegnante e alunno, tra medico e
paziente. Nella maggior parte dei casi queste relazioni
asimmetriche non vengono imposte in modo esplicito, ma
ciascun soggetto si comporta in modo da presupporre il
comportamento dell’altro, offrendogli al tempo stesso le
ragioni perche’ tale asimmetria esista e perduri nel tempo.
Nella comunicazione, la simmetria e la complementarieta’
non sono in se’ “buone” o “cattive”; entrambe svolgono delle
funzioni importanti e sono necessarie nelle relazioni “sane”,
ovviamente alternandosi ed operando in settori diversi.
11
1.2. I canali della comunicazione
Ripensando ad un dialogo vivace e recente vissuto con
qualcuno, cosa ci ha colpito in modo particolare?
Il contenuto, espresso tramite i vocaboli densi di significato, i
verbi con i loro tempi, gli aggettivi che hanno colorito il
discorso? Oppure ci ha colpito maggiormente la voce
espressa attraverso il suo volume, la sua velocita’ piuttosto
che il ritmo accelerato o lento? E’ possibile che non sono state
tanto le parole o la voce a rimanerci impresse, bensi’
l’espressione del volto di chi parlava 9.
Sicuramente e’ l’insieme della comunicazione a lasciare il
segno. Questo “insieme” puo’ essere scomposto in tre canali:
→ comunicazione verbale
→ comunicazione paraverbale
→ comunicazione non verbale
L’elemento costitutivo della comunicazione verbale e’ il
vocabolario linguistico. Questo tipo di comunicazione prende
il nome di comunicazione digitale, in quanto, facendo
riferimento ad una analogia informatica, per trasferire il
significato si e’ dovuto codificarlo simbolicamente, come
avviene appunto, nella trasmissione digitale di dati.
Le lingue del mondo, da questo punto di vista, non sono altro
che la codificazione simbolica di parole utili a trasferire il
medesimo contenuto coerentemente con il contesto culturale
dato – il paese di appartenenza 10.
Usare le parole senza voce e’ ovviamente impossibile. Per
questa ragione si definiscono paraverbali l’insieme dei
segnali messi in atto, nella comunicazione verbale, a livello
fisiologico, ovvero l’insieme delle modalita’ con le quali si
manifesta la nostra voce; registro, volume, velocita’, timbro,
ritmo, cadenza, tono, modulazione, dizione.
9
Pirovano F., La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 31
Idem
10
12
A seconda di come si usa la voce, si generano stati d’animo
diversi nell’interlocutore. La voce viene registrata dal nostro
cervello come un’informazione che prescinde dal contenuto
dei messaggi che essa porta con se’, la voce dovrebbe essere
curata quanto il contenuto stesso. Una bella impostazione
vocale, ben modulata, calda, avvolgente sicuramente puo’
ammaliare e conquistare, cosi’ come ci allontana una voce
stridente e priva di calore.
Non siamo purtroppo, abituati a dare il giusto peso alla voce
nell’interazione con gli altri, e per questo la potenzialita’
persuasiva spesso si perde. La voce viene usata cosi’ come
viene, invece di governarla consapevolmente.
La caratteristica fondamentale del persuadere e’ quella di
saper modulare la voce; alzarne il volume per abbassarlo
subito dopo, quando si desideri sottolineare una frase;
rallentarne la velocita’ per evidenziarne concetti complessi,
oppure
accelerarla
per
sfuggire
all’attenzione
dell’interlocutore. Non si tratta di snaturazione, ma
semplicemente di una migliore conoscenza e utilizzo delle
nostre capacita’.
Il terzo canale della comunicazione e’ quello del non verbale.
In questa categoria rientrano i linguaggi del corpo e i suoi
derivati – espressione facciale, mimica, abbigliamento,
postura, sguardo, gestualita’, movimento. E’ estremamente
facile manipolare la parola, non e’ pero’ altrettanto semplice
governare le espressioni del corpo. Il corpo parla e rivela chi
siamo.
La connessione tra mente e corpo e’ a tal punto stretta che,
intervenendo sull’una, si modifica necessariamente l’altro, e
viceversa; indurre in noi o altri un diverso stato d’animo
produce immediatamente un nuovo atteggiamento del corpo.
Allo stesso modo, agire dall’esterno, dal corpo appunto,
sforzandoci di assumere atteggiamenti fisici di apertura ed
energia, influenza positivamente la psiche 11.
11
Pirovano F., La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 36
13
Imparare a leggere i segnali del corpo diventa decisivo, se si
vuole
conoscere
la
reale
disposizione
d’animo
dell’interlocutore. Conoscere cio’ che pensa chi ci sta davanti,
a dispetto di cio’ che dice, ci mette in una posizione di
vantaggio, per poter effettuare una piu’ mirata ed efficace
azione persuasiva nei suoi confronti.
Secondo uno studio dell’americano A. Mehrabian, nella fase
iniziale di conoscenza con una persona, il linguaggio del
corpo (non verbale) gioca un ruolo di fondamentale
importanza; tramite gesti, posture e contatto visivo, esso
incide sul processo comunicativo con una percentuale del
55%. Per il 38% incidono invece il tono della voce e tutte le
componenti paraverbali, mentre il significato letterale delle
parole espresse influisce solo per il 7%12.
Da questo punto di vista, sembrerebbe che cio’ che diciamo
non ha praticamente importanza rispetto a come lo diciamo;
solo un misero 7% del peso della comunicazione si ascrive al
contenuto, contro ben il 93% che dipende da elementi non
strettamente verbali. Questo risultato porta a riflettere sul
fatto che cio’ che veramente conta nella comunicazione, e
quindi nella capacita’ di influenzare, e’ soprattutto il “come”
viene detto, piuttosto che il “che cosa”.
12
Signorini G, L’arte di persuadere, teorie, dinamiche e modelli della persuasione,
Bologna, Pendragon, 2004, pp. 256
14
1.3. La psicologia e il processo di comunicazione
Credo sia utile cominciare col definire cosa sia la psicologia
della comunicazione. In questo termine definiamo la
disciplina che studia i processi mentali che guidano la
trasmissione di pensieri tra esseri umani e che, in particolare
attraverso l’uso del sistema linguistico o di atri sistemi
segnici formali, sia diretti, sia mediati da strumenti e mezzi,
ne studia i meccanismi di generazione (codificazione) e di
ricezione (decodificazione)13.
Nell’ambito della psicologia della comunicazione possiamo
distinguere altre discipline quali la psicologia del linguaggio
che studia i processi di generazione e di elaborazione del
linguaggio stesso, la psicologia della percezione che studia in
particolare i processi percettivi, la psicologia della
comunicazione di massa che studia invece tutti quei
fenomeni di comunicazione mediati da mezzi che si
frappongono tra il mittente ed il destinatario della
comunicazione, generando situazioni di comunicazione di un
soggetto verso molti altri.
Nell’ambito della comunicazione tout court possiamo
ulteriormente distinguere la comunicazione con fini
persuasivi con l’obiettivo di indurre nel destinatario della
stessa un cambiamento di atteggiamento o azioni di stampo
comportamentale (nel cui ambito e’ compresa la
comunicazione commerciale, cioe’ la pubblicita’), e la
comunicazione senza fini persuasivi, ovvero quella
comunicazione che puo’ essere di ordine informativo o
gratuito.
Dal punto di vista della psicologia, analizzare la
comunicazione significa comprendere quali siano i processi
mentali che ad essa soggiacciono; e’ spesso dato per scontato
che un testo proposto arrivi indisturbato ed intatto da chi lo
produce a chi lo riceve, o che le uniche variabili di
interferenza siano relative al testo stesso o alle competenze
13
Vannoni D, Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva, UTET Libreria,
2003, pp. 4
15
linguistiche ed enciclopediche di chi lo produce e di chi lo
riceve, ma in realta’ il processo e’ piu’ complesso e ricco di
sfumature14.
Se da un lato la complessita’ del messaggio deve essere
adeguata alle capacita’ di comprensione ed al linguaggio dei
soggetti con i quali si comunica, dall’altro, perche’ un
messaggio abbia successo, deve superare le nostre soglie di
attenzione e di motivazione per essere elaborato15.
Nell’ambito della produzione dei testi, entrano in gioco
processi mentali come la memoria, la scelta delle
argomentazioni< L’elaborazione di un testo e’ una vera
operazione strategica, che, nella sua stessa codificazione,
implica una serie di decodificazioni possibili. Il testo
prodotto non e’ solo un pensiero, ma lo sviluppo di un
modello mentale. La codifica, quindi, e’ essa stessa un
processo.
La decodifica invece, implica da parte del destinatario, un
operazione di ricostruzione del significato, che non sara’
necessariamente quella voluta dal mittente, ma potra’
discostarsi in base alle esperienze ed alle conoscenze che
caratterizzano il se’ di ogni individuo.
I modelli mentali, pur differenziandosi da soggetto a
soggetto, possono avere, nell’ambito di una cultura
condivisa, diversi elementi comuni. L’insieme delle
associazioni linguistiche, delle conoscenze condivise e delle
competenze si trovano a confronto durante un normale
processo di comunicazione. Quindi il processo di
comunicazione si configura come un confronto tra modelli
mentali16.
14
Vannoni D., Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva, UTET Libreria,
2003, pp. 20-22
15
Idem
16
Idem
16
Quanto detto finora vale per qualunque forma di
comunicazione, indipendentemente dallo scopo che si pone.
La comunicazione persuasiva, di cui quella commerciale e’
un’appendice, presenta maggiori peculiarieta’.
Partendo dalle considerazioni sul tema sviluppate da
Hovland, Janis e Kelley nel 1953 possiamo individuare le
variabili della persuasione:
▪ attenzione
▪ comprensibilita’
▪ convincimento (convincente e interessante)
▪ memorizzazione
Questi fattori
indipendenti:
sono
influenzati
da
quattro
variabili
▪ variabile della fonte (chi e’ il mittente)
▪ variabile del messaggio (che cosa e’ detto)
▪ variabile del ricevente (chi riceve il messaggio)
▪ variabili del mezzo (quale mezzo e’ usato)17
E’ stato lungamente dibattuto il problema che vede
contrapporsi due concetti importanti nell’ambito della ricerca
sulla comunicazione; persuadere e convincere. Gia’ Kant, nella
Critica della ragion pura, distingueva tra questi due elementi,
che indicano due differenti processi psicologici.
Convincere implica una forma di adesione razionale e
superficiale del soggetto, mentre la persuasione implica
necessariamente una forma di adesione profonda, legata agli
aspetti emotivi e comportamentali del soggetto. L’oggettivita’
della convinzione si scontra contro la soggettivita’ della
persuasione18.
La convinzione si basa sul solo aspetto cognitivo,
l’informazione mantiene un contenuto oggettivo e credibile,
con dati anche controllabili, ma al di la’ della veridicita’,
17
Vannoni D., Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva, UTET Libreria,
2003, pp. 25-30
18
Fabris G., La pubblicita’: teorie e prassi., Franco Angeli, 1992, pp. 48
17
quello che realmente influenza il destinatario e’ il come
l’informazione sia costruita.
Il funzionamento della persuasione e’ diverso; anche essa
necessita di elementi cognitivi, pero’ risulta fondamentale
l’aspetto emotivo (l’insieme di contenuti e di contorno), ad
esempio alcune tipologie di immagini, che possono suscitare
una reazione emotiva.
Questo fattore non e’ imputabile all’informazione, che deve
essere oggettiva e razionale, quanto piuttosto alla
comunicazione, che risulta essere un fenomeno di
trasmissione dei pensieri, molto piu’ coinvolgente e
manipolatorio19. E’ soprattutto attraverso la comunicazione,
attraverso l’integrazione di elementi cognitivi ed emotivi, che
si puo’ condizionare l’agire umano.
19
www.internetica.it/manipolazione.htm
18
1.4. I meccanismi psicologici su cui si muove la
persuasione
Sulla base degli studi di psicologia sociale, combinati a quelli
relativi alle tecniche di comunicazione, molti studiosi
specializzati nell’informazione hanno teorizzato alcuni
postulati che cercano di descrivere il comportamento di chi
riceve un qualunque tipo di messaggio, in particolare un
messaggio persuasivo.
Riconosciuto, infatti, che la maggior parte della
comunicazione puo’ essere ricondotta ad un gioco di
persuasione, i ricercatori hanno focalizzato i propri interessi
sul messaggio stesso, analizzandone il tipo di trasmissione, di
ricezione, di decodificazione e di assimilazione, per vedere
se, questa fonte, che presenta argomenti e fatti, riesce a
produrre un qualche effetto sul ricevente.
Un’ulteriore precisazione che bisogna sottolineare, e’ che non
puo’ verificarsi nessuna persuasione se non sussistono le
premesse oggettive, del contesto ambientale, sociale,
culturale, e quelle soggettive, proprie del ricevente. Non si
puo’ persuadere chi non ha la disposizione a lasciarsi
convincere. E’ proprio su questo presupposto che gli studi si
sono rivolti piu’ ad orientare gli animi, piuttosto che a
dirigere i messaggi stessi.
Ulteriori studi sui meccanismi comunicativi condotti da
William McGuire dell’Universita’ di Yale, sostengono che la
persuasione stessa si divide in un processo a sei fasi:
▪ la presentazione del messaggio, dove il ricevente viene messo
in grado di essere raggiunto dal messaggio
▪ l’attenzione, che il ricevente deve prestare al messaggio
▪ la comprensione dei contenuti, assicurata da un codice
trasmissione adeguato (si evitano linguaggi specialistici, o
di difficile comprensione)
19
▪ l’accettazione da parte del ricevente della posizione sostenuta
dal messaggio, nella quale si instaura una sorta di sintonia
col messaggio ricevuto
▪ la memorizzazione della nuova opinione, in maniera da farla
propria
▪ il conseguente comportamento
Se una sola di queste fasi non si attua appieno, non si
verifichera’ alcuna persuasione 20.
Esistono pero’ altre teorie sulle vie percorse dalla
persuasione. Secondo il modello della probabilita’ di
elaborazione (ELM, elaboration likelihood model) di R. Petty,
gli atteggiamenti possono modificarsi attraverso due percorsi
differenziati:
1.percorso centrale, agisce sulla capacita’, consiste in
un’elaborazione attenta e di riflessione accurata sulle
argomentazioni e sulle informazioni contenute nel messaggio
persuasivo
2. percorso periferico, agisce sul livello di motivazione,
riguarda un processo di cambiamento basato su elementi che
non sono direttamente pertinenti al tema, cioe’ i cosiddetti
segnali periferici, ad esempio, l’attrattiva della fonte, la
durata e la semplicita’ del messaggio, la sua piacevolezza.
Spesso, per far passare un messaggio persuasivo, viene usata
una strategia che fa ricorso all’attivazione di paure, che fanno
leva sul fatto di minacciare delle conseguenze indesiderabili
qualora l’individuo non adotti il comportamento suggerito
dal messaggio.
Un espediente molto usato in pubblicita’ consiste nella
reiterazione del messaggio, dando luogo a quello che gli
psicologi chiamano effetto di mera esposizione, che
20
www.ilcounseling.it/persuasione.htm
20
contribuisce a rendere piu’ familiare, e quindi piu’
accettabile, il messaggio proposto.
Altre componenti, prese in prestito dai pubblicitari,
riguardano la fonte emittente, cioe’, fanno appello
all’autorevolezza e alla credibilita’ di chi veicola il messaggio.
Questa via persuasiva e’ supportata da un certo livello di
expertise, cioe’ una costruzione fittizia di professionalita’
nell’emittente. Anche la struttura stessa del messaggio offre
importanti appigli per veicolare la persuasione.
La lividezza del messaggio, innanzi tutto, in cui la
costruzione del discorso, i colori, i suoni, concorrono a
rendere il messaggio piu’ facilmente percepibile. L’ordine di
argomenti, dove gli studi effettuati sulla memoria e sul livello
di attenzione, hanno evidenziato due importanti effetti utili a
questo proposito:
▪ di fronte ad una serie di informazioni contigue, le persone
tendono a ricordare meglio le prime (effetto primacy) e le
ultime (effetto recency), mentre quelle poste nella parte
centrale dell’esposizione vengono meno facilmente registrate
nel ricordo.
Ulteriori elementi riguardanti la persuasione sono stati forniti
dagli studi effettuati dallo psicologo sociale americano Robert
Cialdini, che ha osservato dei professionisti della
persuasione, cercando di capire le tecniche usate da questi
per forzare le resistenze delle persone, inducendole ad
accondiscendere.
Queste tecniche (il colpo basso, il piede nella porta, la porta
in faccia) cercano di indurre il ricevente ad acconsentire ad
una proposta, facendo leva su alcuni vantaggi iniziali, che
poi non vengono rispettati, o sul principio di reciprocita’, che
e’ alla base del sentimento di obbligo che ciascuno di noi
sente per qualcuno che ci offre qualcosa, per cui fanno
apparire una richiesta come una concessione.
21
Nell’ambito dei mezzi di comunicazione di massa si e’
sviluppato un altro effetto; l’agenda setting. Questo
fenomeno nasce dall’assunto che i media descrivono la realta’
presentando al pubblico una sorta di ordine di priorita’ delle
questioni relative all’informazione. L’esposizione dei media
non influenzerebbe quindi, direttamente gli atteggiamenti,
ma l’importanza da attribuire alle questioni.
Quando le persone attribuiscono molta importanza a un dato
evento, aumenta la probabilita’ che prestino maggiore
attenzione alle notizie che lo riguardano, considerandone in
maniera approfondita, tutti gli aspetti. In pratica, indurre
l’effetto agenda setting, significa agire sulle risorse cognitive
necessarie a produrre opinioni stabili, prima ancora che sulla
direzione delle opinioni stesse.
Fra i principali strumenti di persuasione legati piu’
strettamente all’oratoria si possono evidenziare quattro
elementi principali:
→ l’originalita’, l’argomento piu’ persuasivo e’ sempre quello
piu’ nuovo
→ lo stile, appannaggio delle tecniche di retorica
→ la logica dell’argomento persuasivo
→ la pertinenza, in quanto essere persuasivi significa
riconoscere istantaneamente, e far riconoscere
all’interlocutore, nuove relazioni di pertinenza fra gli
argomenti
Anche l’esempio del gesto-persuasione, e’ un’ottimo
strumento. Esso viene veicolato dal principio di imitazione
che si genera nel ricevente. In effetti, la forza persuasiva di un
gesto, anche semplice, se fatto nella giusta circostanza, puo’
essere irresistibile.
Per essere efficace, il gesto deve essere necessariamente
studiato, e la sua pertinenza viene affidata all’inventiva di chi
lo escogita, tenendo conto anche del fatto che esso non puo’
reggere alcune situazioni limite, nel veicolare un messaggio
22
persuasivo, come la divisione tra ragione ed emozione, tra
immaginazione e realta’.
Un ultimo aspetto della strada che percorre la persuasione sta
nella semplicita’, nella brevita’ concisa ma efficace, del
messaggio stesso; ne sono esempio gli slogan, gli aforismi, i
motti di spirito, costituiti da frasi concettose e sintetiche,
orecchiabili e suggestive, destinate a rimanere impresse nella
mente, e quindi, a persuadere l’ascoltatore.
Per citare Aristotele, “bosigna sembrare di parlare non ad arte,
ma naturalmente; questo, infatti, e’ persuasivo, mentre quello e’
l’opposto. Infatti si diffida da chi parla astutamente cosi’ come si
diffida dai vini adulterati”.
23
1.5. Implicazioni storiche della “psicologia delle
masse”
La possibilita’ di influenzare attraverso le patiche discorsive,
il complesso delle interazioni umane, ha fatto si’ che, nel
corso dei secoli, le classi dominanti e i ceti emergenti abbiano
cercato, rispettivamente, di detenere in esclusiva o di
conquistare il monopolio dello strumento linguistico,
sottraendolo a coloro che avrebbero potuto usare la parola
per finalita’ alternative.
Nella storia recente, il periodo in cui si e’ maggiormente
risentito degli effetti di questo genere di politica, e’ senz’altro
quello delle grandi dittature europee nella prima meta’ del
XX secolo. In particolare, in Italia, largo uso del controllo
dell’informazione fu operato da Mussolini allo scopo di
dirigere l’opinione pubblica verso una posizione a sostegno
del regime fascista.
Ma com’e’ stato possibile costruire in cosi’ poco tempo un
simile castello di convinzioni nella popolazione dell’epoca? A
parte le ragioni oggettive, storiche, che vedevano la
popolazione italiana completamente svilita da una politica
fallimentare dal punto di vista economico, sociale e coloniale,
ragioni che facilmente preludevano ad un imminente
condizione di cambiamento, i motivi di tanto successo del
personaggio Mussolini sono da ricercarsi nella figura stessa
del “leader” (analizzata anche da Freud), cosi’ come era
voluta allora da una serie di indicazioni provenienti dagli
studi di psicologia sociale.
Per sua stessa ammissione, Mussolini risultava aver piu’
volte letto e riletto un famoso e scottante libro del giornalista
Gustav Le Bon, “Psicologia delle folle” del 1895. “La folla” –
scrive Le Bon – “e’ sempre intellettualmente inferiore all’uomo
isolato, ha la spontaneita’, la violenza, la ferocia, ed anche gli
entusiasmi e gli eroismi degli esseri primitivi.
24
Le folle – specialmente quelle latine – si possono accendere
d’entusiasmo per la gloria e l’onore, si possono trascinare in guerra
senza pane e senz’armi”.
Sempre secondo Le Bon, “la folla antepone l’istintivita’ al
giudizio, all’educazione ed alla timidezza, pertanto il “capopopolo”
deve presentarsi ad essa con un linguaggio adeguato alla recettivita’
del destinatario. Pertanto e’ fondamentale che segua alcuni principi
comunicativi:
▪ la semplicita’ del lessico e della sintassi - la folla si presenta per
istinto, restia a parole difficili, ai meandri del ragionamento,
rifiutando l’esercizio attivo del pensiero;
▪ l’affermazione - laconica, concisa, categorica, sprovvista di prove e
di dimostrazioni, tanto maggiore e’ la sua autorevolezza;
▪ la ripetizione – eseguita rispettando sempre gli stessi termini;
▪ le immagini – il potere di una parola non dipende dal suo
significato, ma dall’immagine che essa suscita;
▪ il contagio – quando un’affermazione e’ stata ripetuta a
sufficienza, e sempre allo stesso modo, si forma cio’ che viene
chiamata una corrente di opinioni e interviene il potente
meccanismo del contagio. Le idee, i sentimenti, le emozioni, le
credenze, possiedono tra le folle un potere contagioso intenso<”
Sulla base di questi precetti, si formo’ un vero e proprio
linguaggio che Mussolini utilizzo’ nei suoi discorsi
propagandistici.
Egli elaboro’ un modo di comunicare che ruotava intorno a
diverse caratteristiche; l’oratoria giornalistica, che non
deludeva i dotti e non intimidiva gli umili, volta a stimolare e
spingere, piu’ che ad affascinare, il suscitare certi stati
d’animo, la delegazione, l’asserzione perentoria e l’antitesi,
veri e propri artifici retorici gia’ visti a proposito degli studi
di Freud sui lapsus e sui motti, gli slogans, “riciclati” anche
da fonti non del tutto pertinenti al messaggio fascista, ma
efficaci ai fini della persuasione, ovvero la finalita’ ad incitare
25
all’azione, i dialoghi con la folla e la coralita’, incentrati su
frasi che richiedevano una risposta corale da parte
dell’uditorio, le frasi ad effetto, ed infine gli aspetti
riguardanti la prosodia, i toni e le pause, da variarsi a
seconda del carattere che si voleva dare al messaggio.
Cosi’ si creo’ una vera evoluzione del “culto di Mussolini”.
Le spiegazioni sono da ricercarsi nel processo di identita’,
intesa psicologicamente, fra il duce e il regime fascista. Le
diverse componenti psicologiche che fanno di Mussolini un
leader ideale, sono riscontrabili nel saggio di Freud
“Psicologia delle masse e analisi dell’io” (scritto nel 1921, prima
che il fenomeno della dittatura mussoliniana lo confermasse).
La fortuna o destino di Mussolini fu di incontrarsi con una
massa storica disposta alla sottomissione. Questo per ragioni
contingenti, per la delusione serpeggiante, per la frustrazione
degli italiani, disintegrati come comunita’ dalla guerra, per
una fondamentale “paura della liberta’”, e per il bisogno di
un “protettore magico”.
Mussolini esercitava spesso un transfert erotico, quando
cioe’, appariva in un clima esplicitamente “amoroso” che si
manifestava nelle pubbliche manifestazioni della folla. Gli
stessi gregari di Mussolini si trovarono legati a lui, per un
legame individuale, dato dalla stessa istanza di
sottomissione, dalla stessa “relazione amorosa”; era
“un’innamoramento di massa”21.
La forza di coesione del gruppo fascista derivava
dall’identificazione di tutti con Mussolini, alla caduta del
quale corrispondera’ la disfatta del fascismo.
Mussolini riusci’ a conciliare le varie tensioni psicologiche
esercitate sulla popolazione, allo scopo di conseguire una
sorta di autorita’ paterna, tramite l’imposizione della
disciplina e della propria idealizzazione.
21
www.ilcounseling.it/articoli.htm
26
E’ in tale contesto che nasce un’impostazione scientifica della
propaganda; si iniziano ad utilizzare dei metodi specifici da
parte di gruppi organizzati di specialisti, per conseguire il
consenso, attivo o passivo della massa, in relazione ad azioni
politiche,
talvolta
anche
attraverso
manipolazioni
psicologiche.
Si concretizza un’espressione del potere che si afferma
attraverso la conquista dell’opinione pubblica. Oltre a questo,
e’ da prendere in considerazione un’ultima osservazione; per
favorire l’identificazione a livello delle masse piu’ vaste e
numerose, Mussolini si riduceva continuamente alle
immagini piu’ modeste ed umili, delle varie categorie sociali
italiane, del tutto indifferente al ridicolo che gliene derivava,
denotando in questa abilita’ una capacita’ spettacolare: si
trasformava in muratore, contadino, autista, nuotatore,
aviatore, maestro, artista, poliziotto, giornalista, operaio<
Dopo dieci anni di travestimenti mussoliniani, ciascun
italiano poteva tranquillamente riconoscersi in lui, o per dirla
con Freud, poteva “identificarsi con lui nel proprio io”,
riconoscendo un’immagine del padre universale (“Tu sei tutti
noi!”).
Ancora oggi, la tecnica mussoliniana di influenzamento e
persuasione viene studiata ed analizzata, viene riproposta,
modificata ed attualizzata, al mondo contemporaneo tramite
il marketing, la pubblicita’ , i discorsi politici.
27
1.6. Comunicazione e persuasione
Quando si parla di persuasione, nella maggioranza dei casi si
pensa a qualcosa di manipolatorio. In realta’, la persuasione
non e’ altro che una strategia o un procedimento per ottenere
un’approvazione.
La comunicazione persuasiva fa parte di un approccio
qualitativo. Essa non e’ altro che la capacita’ di motivare gli
altri ad ascoltare, a riflettere sulle nostre ragioni senza
chiudersi o difendersi a priori.
Quando si parla di comunicazione persuasiva ed efficace c’e’
il bisogno di dedicarsi alla comprensione di chi ci sta di
fronte e a costruire con lui una relazione vincente, con
un’alleanza che permetta di equilibrare le forze in gioco nella
negoziazione e di uscire soddisfatti da una trattativa con
qualcuno.
Nella comunicazione persuasiva si crea una sinergia con i
propri interlocutori che si sentono capiti, a proprio agio, e
questo permette di concludere un accordo in modo
vantaggioso. Per poter operare in tal senso, bisogna aver
conquistato una propria liberta’ interiore, cioe’ quella
indipendenza da fattori che condizionano il nostro agire
verso gli altri e verso noi stessi, le nostre credenze limitanti.
Saper comunicare in modo efficace significa conoscere se
stessi per poter meglio interagire con gli altri. Affinche’
questo avvenga e’ necessario che i tre canali della
comunicazione - gia’ citati nei capitoli precedenti – verbale,
paraverbale e non verbale, siano congruenti tra loro.
Se generalmente la persuasione viene vista come un artificio
subdolo, puo’ benissimo essere vista anche da un lato piu’
accettabile. Nel libro “L’arte di persuadere” di Massimo
Piattelli Palmarini viene proposta un’accezione non negativa
della persuasione.
28
Egli sostiene che “quando una volonta’, un’intenzione, una
credenza o una decisione devono trasferirsi da una mente ad
un’altra, si devono innescare sul momento stesso, moti convergenti
nell’una e nell’altra”, e da qui prende lo spunto per affermare
che “per sua natura intima, l’arte della persuasione e’ un esercizio
lieve. Aborrisce i mezzi pesanti.
E’ lecito esercitare un certo ascendente, ma non fare appello al
principio di autorita’. L’autorita’, non a caso, subentra quando la
persuasione non basta<il persuadere esclude non solo la minaccia
ed il riccatto, ma anche mosse sleali come l’appello alla pieta’ o alla
cieca fiducia. Se si deve ricorrere a questi espedienti, significa che la
persuasione non basta. La persuasione puo’ tollerare invece, la
lusinga, l’adulazione, il mettere in guardia contro futuri dolori o la
suggestione di futuri piaceri, l’ambiguita’, il presupposto non detto,
la conseguenza non dichiarata” 22.
Dunque, la persuasione non e’ un’opera di convincimento,
che si propone di indurre qualcuno ad agire contro la propria
volonta’, facendo leva su meccanismi molto piu’ potenti,
nonche’ lesivi della liberta dell’altro, fino a tollerare la
minaccia, il ricatto, il ricorso al senso di colpa, la
corruzione<
Si tratta invece di un’atto che comporta sempre una scelta, un
esercizio di libera volonta’, significa, cioe, indurre un
cambiamento dell’opinione altrui solo per mezzo di un
trasferimento di idee, un passaggio di puri contenuti mentali.
Non si puo’ persuadere uno a vedere, a sapere, ad arrivare.
Lo si puo’ persuadere pero’, rispettivamente, a guardare, a
studiare, a partire. Persuadere implica che la persona sia
libera non solo di volere, di agire, ma anche di pensare, di
credere, di decidere23.
22
23
M. Piattelli Palmarini, L’arte di persuadere, Il Mulino, 2005, pp. 198
M. Piattelli Palmarini, L’arte di persuadere, Il Mulino 2005, pp. 233
29
La ricercatrice Nicoletta Cavazza dell’Universita’ di Bologna,
fornisce nel suo libro “Comunicazione e persuasione” un tipico
binomio resosi protagonista del nostro quotidiano:
convincere ed essere convinti.
Alla nostra regolare capacita’ di comunicare, si associa
quotidianamente la facolta’ di persuadere, ovvero convincere
qualcuno della verita’, della realta’ di un fatto, della buona
qualita’ di un prodotto, o talvolta semplicemente indurre
qualcuno a dire o a fare una cosa. Succede spesso che queste
due attivita’ si intersecano e coinvolgono senza che ne siamo
completamente consapevoli.
Dagli studi di Psicologia sociale di Kurt Lewin, tesi ad
evidenziare l’efficacia della partecipazione attiva e dell’autopersuasione, a quelli compiuti in Europa e in America nel
dopoguerra, centrati in particolar modo sulla persuasione
come processo costituito dall’induzione di uno stimolo con
determinate caratteristiche, la studiosa analizza proprio i vari
processi che conducono il consumatore alla modifica di un
comportamento.
Al di la’ del messaggio pubblicitario in se stesso, ci sono dei
segnali, periferici (slogan, musica, colori, testimonial<), che
contribuiscono in larga parte a convincere lo spettatore. Sono
molti i motivi alla base di una scelta, e di conseguenza, sono
altrettanto tanti gli elementi attraverso i quali viene
formulato il messaggio pubblicitario.
“L’effetto di mera esposizione”, il quale dimostra che la
“familiarizzazione” aumenta la percezione di gradevolezza
dell’oggetto che si ha di fronte; la credibilita’ della fonte ci
propone un prodotto, ancor piu’ evidenziata dallo “sleeper
effect” che spiega come questa influenzi maggiormente
nell’immediato e meno a distanza di tempo; la struttura del
messaggio al fine di rendere l’informazione trasmessa
sempre piu’ visibile, concreta, vicina e facilmente
memorizzabile (lo spot deve colpire chi vi assiste secondo gli
effetti di primacy e recency, che facilitano il ricordo delle
prime e delle ultime informazioni di un messaggio); il target
a cui si rivolge.
30
Molti dei richiami persuasivi non solo mirano a cambiare
atteggiamenti e opinioni, ma si pongono l’obiettivo di
ottenere che queste opinioni si trasformino in
comportamenti. La forza della persuasione pervade tutti i tipi
di comunicazione, compresa quella non verbale, e tutti i
livelli interpersonali.
Nascosta o palese, la comunicazione persuasiva coinvolge,
comunque, anche la nostra collaborazione, altrimenti, oltre
ad essere noi stessi influenti sui modi di pensare e di operare
di quanti ci stanno intorno, diviene facile esserne vittime.
31
Parte seconda
La pubblicità: comunicare, influenzare, convincere
“Il mestiere della pubblicita’ e’ ormai cosi’ vicino alla perfezione che sara’
ben difficile apportarvi altri miglioramenti”.
(Samuel Johnson, 1759)
32
2.1. La base della comunicazione pubblicitaria
“Advertising may be viewed as the construction of semiotic worlds
for the rhetorical purpose of swaying purchasers to buy what is
advertised”.
Cosi’ prende avvio il breve ma interessante saggio di Alan
Harris intitolato Sell! Buy!. L’autore pone l’accento sul potere
della parola pubblicitaria come mezzo di persuasione piu’ o
meno occulta, raggiunta spesso grazie ad un processo di
manipolazione linguistica, che permetta di elaborare un
messaggio coinvolgente e accattivante al fine di catturare
l’attenzione del destinatario.
L’obiettivo del pubblicitario, secondo Harris e’ quindi, la
creazione di mondi di volta in volta nuovi, definiti “mondi
semiotici” o realtà simboliche, esistenti indipendentemente
dal mondo fisico, che vadano ad imprimersi con forza
nell’immaginario di colui che riceve il messaggio.
Gia’ dalle sue prime apparizioni sulla scena sociale ed
economica, la pubblicita’, che in Italia si chiamava reclame,
comincio’ ad attingere ai piu’ svariati ambiti della lingua,
trasformando il materiale linguistico a sua disposizione
secondo la finalita’ primaria della persuasione.
Un messaggio pubblicitario puo’ essere raffinato, divertente,
ammiccante, originale, e si potrebbe aggiungere un lungo
elenco di aggettivi tra i piu’ diversi, ma cio’ che ne determina
il successo e’ la sua capacita’ di convincere, di farsi largo piu’
o meno subdolamente nei pensieri – nella loro parte piu’
inconscia – del destinatario.
Baldini24 spiega che la parola pubblicitaria cessa di essere
semplicemente una parola, e va a fondersi e confondersi con
altri elementi visivi, iconici, sonori, paralinguistici,
intertestuali fino a divenire il messaggio pubblicitario in cui
ogni particolare e’ studiato con la massima attenzione non,
24
Baldini, 1987, 1996 : 14
33
come molti sostengono, per informare o presentare un
prodotto al pubblico, ma per creare un oggetto del desiderio
attraverso un sapiente uso delle immagini, dei suoni e
soprattutto delle parole, tanto da riuscire a far coincidere
nell’immaginario collettivo l’idea di felicita’ e di successo con
un certo aperitivo, make-up, o profumo.
Horkheimer e Adorno hanno parlato in proposito di una vera
e propria reificazione delle reazioni piu’ intime dell’uomo a
confronto con il messaggio pubblicitario; questo processo
puo’ spingersi a livelli estremi; sotto la pressione incalzante
proveniente dal mondo patinato della pubblicita’, valori ed
entita’ astratte vengono spesso fatte coincidere con il
prodotto reclamizzato.
Tra le differenti forme di comunicazione, la pubblicita’ si
caratterizza per il fatto che l’emittente ed il messaggio
pubblicitario non mirano solo a trasmettere al destinatario
della comunicazione dati, informazioni, idee, sensazioni,
visioni del mondo, ne’ soltanto a provocare reazioni, siano
esse di adesione o repulsione. La pubblicita’ ha per scopo di
convincere il destinatario della comunicazione a fare o non
fare qualcosa; la pubblicita’, quindi, e’ il fondamentale
strumento (anche se non l’unico), di persuasione, oltre che di
comunicazione.
La finalita’ persuasiva attiene a specifici comportamenti del
destinatario, che l’emittente ha per scopo predefinito di
provocare o scongiurare. Puo’ trattarsi di comportamenti
eterogenei. L’esperienza empirica ha ormai insegnato che la
persuasione pubblicitaria non trova affatto un limite nei
rapporti di mercato. La pubblicita’ puo’ essere usata per
convincere a comprare qualcosa, ma trova anche nei
comportamenti politici e sociali il suo campo di elezione, non
meno che nel mercato dei beni e srevizi25.
25
www.giuffre.it
34
Si puo’ persuadere, a mezzo pubblicitario, l’elettore a votare
un certo candidato, o il cittadino ad aderire ad una certa
iniziativa, oppure a tenere o non tenere un dato
comportamento, a seconda delle finalita’ di incentivazione o
disincentivazione proprie dell’emittente del messaggio 26.
La pubblicita’ persuade anche mediante strumenti diversi
della diffusione dell’informazione. Sotto la denominazione di
“suggestione” possono raccogliersi le molteplici tecniche
pubblicitarie che fanno leva sugli aspetti meno razionali della
psiche umana, e’ che pure incidono sulle decisioni del
destinatario della comunicazione in pari modo, se non
superiore alla stessa razionalita’.
Rispetto alle altre forme di manifestazione del pensiero,
l’attacco pubblicitario si caratterizza per la sua strumentalita’;
il messaggio pubblicitario comunica per ottenere un risultato
concreto. La pubblicita’ e’ manifestazione del pensiero
strumentale ad uno scopo che, ovviamente, non e’ la pura
comunicazione di idee, opinioni, visioni del mondo 27.
La decisione economica non e’ soltanto frutto di razionalita’,
cosi’ come non lo e’ la decisione politica, o la decisione di
tenere o non tenere un certo comportamento sociale. Il
destinatario della comunicazione reagisce ad una serie di
stimoli che possono essere molto piu’ forti della razionalita’,
ed indurlo a spendere il proprio denaro, o il proprio voto, in
una direzione anziche’ in un’altra.
La pubblicita’ conosce questi stimoli, li cataloga e li classifica
in ragione delle particolarita’ ci ciascun gruppo omogeneo di
destinatari (sempre meglio delimitato via via che la tecnica
pubblicitaria si affina), ed infine li utilizza per i suoi scopi
persuasivi; non si pensa ad ipotesi marginali come la
pubblicita’ subliminale, ma a fenomeni ben piu’ frequenti di
pubblicita’ e suggestione.
26
Aaker. D. A. – Myers J., Management della pubblicita’, Franco Angeli s.r.l. 1998, pp. 55
Colley R.H., Gli obiettivi della pubblicita’. Definizione e misurazione, ETAS
KOMPASS, Milano 1968, pp. 379
27
35
L’abbinamento di prodotti, di proposte politiche, di iniziative
di ogni genere, a immagini di bellezza, fascino, richiamo
erotico, successo, fortuna, a forti personalita’, o comunque a
modelli accreditati, e’ una tecnica di persuasione che ha poco
a che fare con la razionalita’ dell’individuo.
La metafora della pubblicita’ “fabbrica dei sogni” e’ ormai
obsoleta; la pubblicita’ odierna ci dimostra che anche la
fabbricazione di incubi puo’ essere del tutto idonea a
raggiungere uno scopo persuasivo.
Non mi riferisco solo alle tecniche pubblicitarie basate sulla
deterrenza: mostrare immagini di disastri stradali per
disincentivare alla guida veloce, o mostrare i danni della
droga per dissuadere a consumarla.
Penso invece all’uso pubblicitario di immagini forti (di
violenza, di drammaticita’ estrema, o di situazioni sessuali
singolari o esplicite), al solo scopo di colpire l’osservatore,
imprimendogli nella memoria un marchio, un prodotto, un
partito politico.
L’immagine “forte” suscita una curiosita’ verso il prodotto,
genera un interesse che potra’ tradursi in acquisto, e tanto
basta. In un mondo affollato di pubblicita’, “gridare forte” e’
un modo per farsi sentire, sovrastando la strida altrui.
In tale contesto pubblicitario, rientrano moltissimi altri
meccanismi persuasivi; tra i piu’ diffusi e’ la tecnica di
strumentalizzare istinti e sentimenti della persona umana:
l’uso pubblicitario del corpo, soprattutto quello femminile,
dell’immagine dei bambini, dei rapporti familiari, che
divengono mezzi per una classica (e piuttosto semplice),
persuasione pubblicitaria.
Oltre a queste tecniche ormai superate, esistono metodi molto
piu’ sottili, che riscuotono piu’ successo. L’esperto di
comunicazioni Ivan Preston ha compilato un catalogo delle
36
tipiche affermazioni delle pubblicita’ quali appaiono nei mass
media28.
Egli nota che in molti spot si proclamano differenze del tutto
secondarie facendole apparire importanti (ad esempio le
sigarette Calem “larghe”, che sono di due millimetri piu’
spesse delle solite sigarette), si fanno affermazioni prive di
senso finalizzate all’esaltazione del marchio (lo slogan “Coke
is it!”, qualunque cosa quell’it possa significare), si abbonda
in magnificazioni e superlativi senza significato (nello slogan
della Bayer “la migliore aspirina al mondo”, quando tutte le
aspirine sono uguali). In altre parole e’ sufficiente che ci sia
una ragione qualsiasi.
Dal punto di vista psicologico, gli spot sull’aspirina
funzionano perche’, affermando che nessun altro rimedio e’
piu’ forte, piu’ rapido, piu’ delicato o piu’ efficace, ci
inducono a trarre automaticamente la (scorretta) deduzione
che nessun altro prodotto antalgico sia altrettanto forte,
altrettanto rapido, altrettanto efficace della marca A. La
descrizione del prodotto crea l’illusione che la marca A sia la
migliore, non che sia come tutte le altre.
Come accade che le parole acquistino questo potere e la
capacita’ di influenzare?
Il modo in cui viene descritto un oggetto o presentata
un’opzione dirige i nostri pensieri e incanala le nostre
risposte cognitive nei confronti della comunicazione.
Attraverso le etichette che impieghiamo per descrivere un
oggetto o un evento, possiamo definirlo in modo tale che il
destinatario del messaggio accetti la nostra definizione della
situazione e sia conseguentemente pre-persuaso prima
ancora che cominci l’argomentazione vera e propria 29.
Questa semplice regola della persuasione venne riconosciuta
da Cicerone oltre due millenni fa.
28
Preston I.L., The Tangled Web They Weave: Truth, Falsity and Advertisers, University of
Wisconsin Press, 1994, pp. 194
29
Pratkanis A, Aronson E., L’eta’ della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 103
37
Cicerone affermava che uno dei fattori del suo successo
nell’ottenere l’assoluzione di alcuni dei piu’ famigerati
assassini di Roma, fosse la sua abilita’ nel sostenere che i loro
nefandi crimini non erano affatto “crimini”, ma azioni
virtuose, e che le vittime erano malvagi che meritavano di
essere uccisi.
In un recente esperimento, due studiosi di psicologia del
consumatore hanno dimostrato l’efficacia della formulazione
del messaggio nella formazione degli atteggiamenti dei
consumatori nei confronti del macinato di bovino 30. La loro
scoperta e’ stata che le valutazioni dei consumatori erano piu’
favorevoli nei confronti di un’etichetta che dichiarava: “75%
magro” piuttosto di una che dichiarava “25% di grassi”.
Possiamo trovare la stessa tecnica in mille altre situazioni;
nei supermercati, dove il pesce surgelato venduto nel reparto
delle carni fresche, viene chiamato “surgelato fresco”, i
venditori di assicurazioni mediche per anziani chiamano i
loro opuscoli “guide sanitarie gratuite”, per finire con i
fabbricanti di piccoli elettrodomestici che definiscono
“cordless” i prodotti con alimentazione a batteria.
La parola “magro” e’ piu’ attraente della parola “grasso”; la
parola “fresco” tende a oscurare il fatto che il pesce in realta’
e’ surgelato, una “guida gratuita” e’ molto piu’ utile di una
brochure pubblicitaria e un apparecchio “cordless” sembra
molto piu’ potente di uno alimentato da due batterie alcaline.
Spesso il significato pieno dell’implicazione e’ lasciato
all’immaginazione del pubblico. Negli anni trenta, l’Istituto
per l’analisi della propaganda, defini’ questa tattica il ricorso
a generalita’ d’effetto31. In questi casi il propagandista impiega
parole che hanno connotazioni positive ma che sono
solitamente ambigue nel contesto in cui vengono usate.
30
Levin I, Gaeth G., How consumers are affected by the frame of attribute information
before and after consuming the product, in Journal of Consumer Research, 1998, pp. 374378
31
Lee A., Lee E., The fine art of propaganda., New York, 1939
38
Ecco qualche esempio: “Un America gentile, benevola”;
“Rendiamo nuovamente forte l’America”; “Il meglio che si
possa acquistare”; “Dobbiamo sostenere i nostri coraggiosi
combattenti per la liberta’”;.
Pochi negherebbero che espressioni come gentile, benevola,
forte, il meglio e coraggiosi combattenti per la liberta’ siano cose
buone; nella maggior parte delle situazioni concrete, pero’,
pochissimi sarebbero d’accordo sul significato di ciascuna di
esse.
Si consideri, ad esempio, l’impegno preso da Richard Nixon
nella campagna presidenziale del 1968 per una “pace
onorevole” nel Vietnam. Cosa significava realmente? Per
alcuni pace onorevole significava il ritiro immediato delle
truppe e la fine di una guerra ingiusta.
Per altri significava combattere fino a quando gli Stati Uniti
avessero riportato una vittoria senza condizioni. Quello che
Nixon intendeva per pace onorevole era lasciato
all’immaginazione dell’ascoltatore, ma non c’erano dubbi sul
fatto che Nixon aveva l’obiettivo “giusto” sulla guerra del
Vietnam.
Le parole, nella pubblicita’, possono essere usate anche per
definire i problemi e creare in tal modo bisogni personali e
sociali. Nella storia della pubblicita’ americana, a detta di
Stephen Fox, la pubblicita’ ebbe la massima influenza
durante gli anni venti32, epoca in cui i pubblicitari
battezzarono molti di quei “bisogni del consumatore” che
cerchiamo di soddisfare ancora oggi.
Ad esempio, la Lambert Co., produttrice del Listerine, diffuse
il termine “alitosi” riferito all’alito cattivo; la maggioranza
degli americani ignorava di avere l’alitosi fino al momento in
cui la Lambert Co. Non li rese consapevoli della possibilita’
di disgustare il vicino ammonendoci che “anche il vostro
migliore amico ve lo nascondera’”.
32
Fox S, The mirror makers: A history of twentieth-century American Advertising, New
York, Morrow, 1984
39
I pubblicitari, naturalmente, non sono gli unici ad inventare
nuove etichette come strumenti di persuasione. I primi
patrioti americani riuscirono a rafforzare il fervore patriottico
chiamando “massacro di Boston” una scaramuccia con i
britannici di scarso significato.
Adolf Hitler impiego’ la medesima tecnica per mobilitare il
popolo tedesco spiegando i problemi economici della
Germania nei termini della minaccia rossa o del problema
ebraico. Gli antiabortisti definiscono la loro posizione per la
vita (chi mai potrebbe essere contro la vita?), mentre i
sostenitori del diritto della donna di ricorrere all’aborto si
definiscono per il diritto di scelta.
Lo psicologo Gordon Allport ha sottolineato che e’ nella
natura del linguaggio dividere e categorizzare il rumore
dell’enorme quantita’ di informazioni che ci investe in ogni
istante del giorno33.
E’ questa natura intrinseca del linguaggio che gli conferisce il
potere di persuadere. Attribuendo a qualcuno l’etichetta di
“uomo”, “donna”, “bel cinese”, “medico”, mettiamo in
risalto una caratteristica particolare dell’oggetto “essere
umano” a spese dei molti altri possibili. Noi poi reagiamo a
queste caratteristiche, organizzando le nostre realta’ attorno
all’etichetta dell’oggetto.
I nomi che “separano” – come noi-loro, bianco-nero, riccopovero, maschio-femmina – servono a ripartire il mondo in
tanti piccoli contenitori e a suggerire le appropriate azioni da
prendere.
I ricercatori hanno scoperto che le offerte di lavoro che
impiegano il generico pronome maschile (pronome che si
suppone applicarsi sia ai maschi che alle femmine)
producono candidati di sesso femminile in numero
considerevolmente minore rispetto a quelle formulate in
termini piu’ generali34.
33
Allport G., The nature of Prejudice, Reading, Addison-Wesley, 1954; trad.it. La natura
del Pregiudizio, Firenze, La Nuova Italia, 1973
34
Bem S., Does sex-biased job advertising, in Journal of Applied Social Psycology, 1973,
pp. 6-18
40
I pubblicitari, consapevoli del potere dei nomi, selezionano
per i loro prodotti nomi di marca che, come e’ il caso ad
esempio per lo shampoo Head & Shoulders (testa e spalle), le
pile Die Hard (dure a morire), il dentifricio Close-Up (primo
piano), attirano l’attenzione sulla caratteristica piu’ saliente
del marchio 35.
La storia della pubblicita’ e anche dei movimenti politici
dimostra che la gente tende ad agire secondo i nomi e le
etichette, impiegati per descrivere un evento o una
situazione.
Il potere delle parole e delle etichette di influenzare il nostro
modo di pensare non e’ calcolabile, dato che si tratta di una
sfera irrazionale e inconscia, e’ possibile pero’ ipotizzare una
suggestione di grandi dimensioni.
35
Ries A, Trout J., Positioning: the battle for your mind, New York, McGraw-Hill, 1981
41
2.2. La pubblicita’ come strumento persuasivo
Come gia’ accennato nei capitoli precedenti, la
comunicazione pubblicitaria non si limita ad informare, ma
ha lo scopo di creare intorno al prodotto un desiderio,
un’aspettativa, o meglio, un bisogno. Una pubblicita’ efficace
seduce il consumatore, lo porta dalla parte del prodotto, e
possibilmente gli fa cambiare le sue abitudini.
La persuasione vera e propria non viene ricercata attraverso
ragionamenti razionali, fornendo le prove della bonta’ del
prodotto, ma facendo leva sugli istinti e sugli affetti,
sull’incontrollabile irrazionalita’ dell’individuo. Si puo’ dire
che la pubblicita’ sia una grande seduttrice in quanto tende a
lusingare, a far credere che la felicita’ consista nel possesso,
nel consumo e nell’esibizione di un certo prodotto, e che la
sua mancanza sia la causa di malcontento e di incertezza.
Le persone possono essere persuase sia quando sono in uno
stato di distrazione sia quando sono attente, ma il modo
esatto in cui vengono influenzate nei due stati differisce
considerevolmente. Richard Petty e John Cacioppo
sostengono che la persuasione puo’ seguire due percorsi, uno
periferico e l’altro centrale 36.
Nel processo periferico la persona che riceve un messaggio
dedica una parte minima della sua attenzione
all’elaborazione della comunicazione. Alcuni esempi
potrebbero essere guardare la televisione mentre si fa
qualcos’altro o ascoltare un’argomento per cui non si prova
grande interesse.
Nel percorso periferico la persuasione e’ determinata da
semplici elementi induttori, quali la piacevolezza del
comunicatore, oppure il piacere e il dolore associati con
l’adesione a tale posizione.
36
Petty R., Cacioppo J., The elaboration likelihood model of persuasion, New York,
Academic Press, 1986 pp. 123-205
42
Al contrario, nel percorso centrale, colui che riceve il
messaggio avvia un’attenta e meditata considerazione dei
veri meriti dell’informazione presentata.
Ad esempio, nel percorso centrale la persona puo’
argomentare attivamente contro il messaggio, puo’
desiderare una risposta a domande aggiuntive o puo’ cercare
nuove informazioni. La persuasivita’ del messaggio e’
determinata da come esso supera questo esame.
Supponiamo che qualcuno adotti il percorso centrale alla
persuasione e ascolti attentamente la comunicazione
(pubblicita’). In che momento la persona risulterebbe piu’
persuasa? Dato che la persona riflette attentamente, non
dovrebbe farsi convincere da argomenti deboli o la fonte
della comunicazione non dovrebbe importare molto; invece,
un messaggio forte in grado si sopportare un esame
approfondito dovrebbe essere molto efficace.
Al contrario, il contenuto del messaggio non dovrebbe
importare granche’ a chi non riflette molto sulla questione;
nel percorso periferico una persona risulterebbe piu’
persuasa da un espediente banale come l’attribuzione della
comunicazione a una fonte apparentemente autorevole.
I due percori di Petty e Cacioppo devono renderci
consapevoli di due punti importanti, uno che riguarda noi
stessi come esseri umani e uno che riguarda la pubblicita’ del
mondo moderno. Sotto molti punti di vista noi siamo
risparmiatori cognitivi, cerchiamo cioe’ costantemente di
conservare la nostra energia cognitiva 37.
Data la nostra limitata abilita’ nell’elaborare informazioni,
spesso adottiamo le strategie del percorso periferico per
semplificare i problemi complessi; accettiamo con
noncuranza una conclusione o proposizione non per una
buona ragione, ma perche’ accompagnata da uno strumento
di persuasione rozzamente semplice.
37
Fiske S, Taylor S., Social cognition, New York, McGrawe-Hill, 1991
43
La pubblicita’ moderna incoraggia l’adozione del percorso
periferico ed e’ pensata per sfruttare le limitate capacita’
elaborative del consumatore cognitivo. Le caratteristiche
della persuasione moderna - il contesto denso di messaggi,
lo spot da trenta secondi, l’immediatezza della persuasione –
rendono sempre piu’ difficile pensare profondamente alle
questioni e alle decisioni importanti.
Il nostro stato di cose puo’ essere definito il dilemma
essenziale della democrazia moderna. Da un lato come
societa’ apprezziamo la persuasione: la nostra forma di
governo si basa sulla fede nel fatto che la liberta’ di parola e
di discussione, lo scambio delle idee possono condurre a
prendere decisioni in modo migliore e piu’ equo.
D’altro canto, in quanto risparmiatori cognitivi, non
partecipiamo spesso a questa discussione, affidandoci invece
a strumenti di persuasione semplici e ad un ragionamento
limitato.
L’agente persuasore di successo puo’ impiegare un numero
enorme di tattiche di persuasione capaci di indurre il
bersaglio della sua comunicazione ad accettare il suo punto
di vista riguardo a una questione o a una linea di azione.
Il massimo dell’influenza si raggiunge probabilmente
quando si mettono in atto quattro principali stratagemmi
persuasivi o manovre generali finalizzate all’ottenimento
dell’acquiescenza del bersaglio.
Il primo consiste nell’assumere il controllo della situazione e
nello stabilire un clima favorevole al proprio messaggio; e’
un processo chiamato pre-persuasione e si riferisce a come
viene articolata la questione e preparata la decisione su di
essa. Fissando abilmente i termini di definizione e
discussione di una questione, un comunicatore puo’
influenzare le risposte cognitive e ottenere il consenso senza
nemmeno apparire intenzionato a convincerci di qualcosa.
44
Il comunicatore deve imporre un’immagine favorevole di se’
agli occhi del pubblico. Chiamiamo questo stratagemma la
credibilita’ della fonte. In altri termini, il comunicatore deve
apparire piacente e autorevole o degno di fede o in possesso
di qualsiasi altro attributo che possa agevolare la
persuasione.
Il terzo stratagemma e’ di costruire e diffondere un
messaggio che concentri l’attenzione e i pensieri dei
destinatari esattamente su quello che il comunicatore vuole
che essi pensino.
In fine, un comunicatore efficace controlla le emozioni dei
destinatari, seguendo una regola semplice: stimolare
un’emozione e poi offrire al bersaglio un modo di reagire a
tale emozione che, guarda caso, coincida con il corso d’azione
desiderato dal persuasore. In tali situazioni, il destinatario si
preoccupa di gestire le proprie emozioni ed accetta le
richieste del comunicatore nella speranza di sfuggire a
un’emozione negativa o di conservarne una positiva 38.
I quattro stratagemmi della persuasione risalgono
all’antichita’. Aristotele fu il primo a sviluppare una teoria
generale della persuasione 39. La teoria aristotelica identificava
tre aspetti della persuasione:
▪ la fonte (ethos)
▪ il messaggio (logos)
▪ le emozioni del pubblico (pathos)
Per ognuno di questi tre aspetti, erano fornite
raccomandazioni all’aspirante comunicatore. Ad esempio,
Aristotele raccomandava che l’oratore si presentasse come
persona buona e degna di fiducia. Suggeriva agli scrittori di
discorsi di usare, nella costruzione di un messaggio
persuasivo, ragionamenti che sembrassero seguire le regole
della logica e di ricorrere a vividi esempi storici o di fantasia
per illustrarne i punti.
38
39
Pratkins A, Aronson E., L’eta’ della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 79-81
Aristotele, Retorica, a cura di A. Plebe, Bari, Laterza, 1961, libro 1
45
Il messaggio doveva inoltre essere adeguato alle credenze
preesistenti del pubblico; Aristotele considerava essenziale
comprendere i sentimenti del pubblico, giacche’ una persona
irata agira’ in modo differente da una soddisfatta. L’oratore
deve essere in grado di fare buon uso di queste emozioni.
A questo fine, Aristotele descriveva come suscitare emozioni
in un pubblico – ira, amicizia, paura, invidia e vergogna – e
discuteva il modo per fare di esse un uso persuasivo efficace.
Aristotele riconosceva un altro fattore in grado di influenzare
la persuasione e che chiamava atechnoi (o aspetti extratecnici);
fatti e avvenimenti al di fuori del controllo immediato
dell’oratore. In una corte di giustizia, ad esempio, Aristotele
identificava certe circostanze, come il modo in cui la legge era
scritta, il contenuto di un contratto o la deposizione di un
testimone, in cui si inquadrava il ragionamento persuasivo.
In un certo senso, tali circostanze fissano il campo di gioco su
ha luogo il ragionamento. Esse servono a focalizzare
l’argomento, e a limitare la gamma di argomenti che un
oratore puo’ esporre. Come tali, esse sono determinanti
importanti dell’esito del processo.
Aristotele suggeriva diversi modi per affrontare questi fattori
- contestare la validita’ di una legge, screditare un testimone
– modi che oggi potremmo chiamare “impostare alla maniera
giusta una questione” 40.
40
Pratkins A, Aronson E., L’eta’ della propaganda, Il Munilo, 2003, pp. 80
46
2.3. La credibilita’ del comunicatore
Le speculazioni sugli effetti del carattere e del prestigio sulla
persuasione sono di antica data. Piu’ di 300 anni prima di
Cristo, Aristotele scrisse:
“crediamo di piu’ e piu’ facilmente alle persone oneste; questo e’
vero nelle questioni generali e lo e’ tanto piu’ in quelle che non
comportanto certezza, ma opinabilita’<Quindi, non bisogna
pensare come alcuni dei trattatisti che ritengono che in quest’arte la
stessa onesta’ dell’oratore non conferisca per nulla alla persuasione;
ma anzi, il carattere porta quasi la prova piu’ forte41”.
Ci sono voluti 2.300 anni perche’ l’osservazione di Aristotele
potesse essere verificata scientificamente, a opera di Carl
Hovland e Walter Weiss42. Sottoposero a parecchie persone
una comunicazione a sostegno di un particolare punto di
vista, ad esempio la realizzabilita’ di sommergibili atomici.
Alcuni vennero informati che la proposta era stata fatta da
una figura pubblica di grande credibilita’; negli altri casi, la
medesima proposta venne attribuita a una fonte poco
credibile. Nello specifico, la tesi sulla costruzione di
sommergibili fu attribuita a J. Robert Oppenheimer,
rispettato fisico atomico di fama nazionale, e alla “Pravda”, il
giornale ufficiale del partito comunista dell’Unione Sovietica,
una pubblicazione che negli Stati Uniti non godeva fama di
obiettivita’ e veridicita’.
Una cospicua percentuale di coloro che credevano che
l’autore della comunicazione fosse Oppenheimer cambio’
idea; ora erano piu’ convinti della fattibilita’ del
sommergibile atomico, pochissimi di quelli che lessero
l’identica comunicazione attribuita alla “Pravda” cambiarono
idea in quella direzione.
41
Aristotele, Retorica, a cura di A. Plebe, Bari, Laterza, 1961
Hovland C, Weiss W., The influence of source credibility on communication
effectiveness, in Public Opinion Quarterly, 1951, pp. 635-650
42
47
Cosa mancava alla “Pravda” che aveva invece il fisico?
Aristotele disse che noi crediamo alle persone oneste,
espressione con la quale intendeva le persone di alto calibro
morale. Hovland e Weiss impiegarono il termine credibile,
privo delle connotazioni morali presenti nella definizione
aristotelica.
Oppenheimer e’ credibile, non e’ cioe’ necessariamente
“buono” ma e’ nello stesso tempo “esperto ed attendibile”. E’
sensato farsi influenzare da comunicatori attendibili che
sanno di cosa stanno parlando. Inoltre, certi attributi
periferici del comunicatore possono risultare decisivi per
alcune persone; tali attributi servono a rendere un dato
comunicatore molto efficace oppure molto inefficace.
I pubblicitari approfittano di questa situazione, e spesso
fanno leva su fattori irrilevanti per aumentare l’efficacia del
soggetto che si fa portavoce del messaggio. Bill Cosby, ad
esempio, e’ stato protagonista diversi anni fa di una serie di
pubblicita’ nelle quali interagisce giocosamente con i
bambini. Racconta ai bambini quanto e’ deliziosa una certa
marca di budino e insieme ridono e gustano le loro
merendine. Inoltre, ricorda al pubblico che il prodotto non
solo e’ buono, ma fa bene, perche’ fatto con il latte.
Cos’e’ che fa di Cosby un esperto di bambini e di
alimentazione? Il fatto che negli anni ottanta, nel Bill Cosby
Show, avesse impersonato il ruolo del dr. Cliff Huxtable,
serio ginecologo, nonche’ padre affettuoso, divertente e
attento di cinque bambini.
Per quanto Cosby non sappia di alimentazione molto piu’
dello spettatore medio, esso certamente diventa tanto piu’
credibile e affidabile quanto piu’ viene identificato con il suo
ruolo particolare.
Un altro aspetto importante che determina l’efficacia di un
comunicatore e’ quanto questi e’ attraente o piacente, a
prescindere
dalla
competenza
o
dall’attendibilita’
complessive.
48
Judon Mills fece un semplice esperimento da laboratorio che
dimostro’ che una bella donna – non solo per la sua bellezza
– puo’ avere un impatto considerevole sulle opinioni di un
pubblico, anche su argomenti totalmente privi di relazione
con il suo aspetto, e inoltre, che il suo impatto e’ massimo
proprio quando esprime apertamente il desiderio di
influenzare il pubblico43.
In un certo senso, le persone reagiscono come se tentassero di
compiacere qualcuno che trovano attraente. Un esperimento
successivo non solo confermo’ la scoperta che i comunicatori
piu’ piacenti sono anche i piu’ persuasivi, ma arrivo’ a
dimostrare che si presume che le fonti attraenti sostengano
posizioni desiderabili44.
Richard Petty, John Cacioppo e David Schumann hanno
dimostrato che in almeno un caso non seguiamo i dettami
delle persone socialmente attraenti – quando siamo motivati
a pensare alla questione in oggetto45. Cio’ significa che
l’attrattivita’ della fonte ha un impatto inferiore quando
operiamo nel percorso centrale, e non periferico, della
persuasione.
L’efficacia dimostrata dalle fonti attraenti nella vendita di
prodotti e nella modificazione degli atteggiamenti dimostra
che loro non soddisfano per noi solo il desiderio di avere
opinioni corrette o di orientarsi nel mondo. Le nostre
credenze e gli atteggiamenti servono anche ad attribuire un
certo senso del Se’. Acquistando la “cosa giusta”,
lusinghiamo
il
nostro
ego
ed
esorcizziamo
le
“manchevolezze” divenendo uguali alle celebrita’ che amiamo.
I pubblicitari sanno benissimo che crediamo quello che
crediamo e compriamo quello che compriamo, per coltivare
l’immagine di noi stessi. Essi impregnano i loro prodotti di
43
Mills J, Opinion change as a function of communicator’s attractiveness and destre to
influence, in Journal of Personalità and Social Psychology, 1965, pp. 173-177
44
Eagly A, An attribution analysis of the effect of communicator characteristics on opinion
change, Journal of Personality, 1975, pp. 173-177
45
Petty, Schumann, The moderating role of involvement, 1983, pp. 134-148
49
“personalita’”. Le sigarette Malrboro sono da macho, la Bmw
e’ yuppie, C Klein e’ chic.
Per affermare il personaggio che desideriamo essere,
dobbiamo acquistare e mettere in mostra i prodotti giusti.
Lo stesso discorso vale per la politica. Quanto e’
generalizzato l’uso della pubblicita’ per creare immagini
seducenti dei candidati politici? Secondo Kathleen Hall
Jameison, i candidati americani alla presidenza hanno
sempre cercato di creare immagini di se’ gradite agli elettori,
almeno fin dal 1828, epoca della vittoria di Andrew Jackson
su John Quincy Adams46.
Nel 1952 Eisenhower ingaggio’ come consulenti chiave della
sua campagna due agenzie pubblicitarie (la Bbdo e la Young
% Rubicam) e si servi’ dell’aiuto volontario di una terza (Ted
Bates).
Le agenzie pubblicitarie professioniste vennero impiegate in
maniera generalizzata nelle campagne presidenziali. Oggi, le
agenzie pubblicitarie, i sondaggisti politici e gli esperti di
mass media sono un’istituzione della politica e figurano
spesso tra i ranghi piu’ elevati dei consiglieri politici. Ailes,
nel suo libro, sottolinea la caratteristica fondamentale di un
grande oratore:
Se c’e’ un elemento delle comunicazioni personali da
padroneggiare piu’ potente di tutto quello che abbiamo
discusso, quell’elemento e’ la qualita’ di piacere. Io lochiamo
la pallottola magica, perche’ se si riesce a piacere al proprio
pubblico esso dimentichera’ praticamente tutto quello che
farete di sbagliato. Se non gli si piace, si rischia di seguire alla
perfezione tutte le regole senza ottenere nulla 47.
Dilenschneider, nel suo bestseller Power & Influence, dispensa
consigli di ordine generale per accrescere la credibilita’ :
46
47
Jameison K, Packaging the presidency, NY, Oxford University Press, 1984
Ailes R, You are the message, NY, Doubleday, 1988, pp. 81
50
▪ stabilire obiettivi iniziali facili e poi dichiarare vittoria (cio’
permette di essere visti come un leader forte
▪ usare l’ambiente per rafforzare l’immagine (Reagan, ad
esempio, progetto’ il proprio podio presidenziale per
apparire potente e tuttavia amabile e controllato
▪ le interviste dovrebbero essere rilasciate in contesti adeguati
al messaggio
▪ scegliere le cose negative che verranno scritte sul vostro
conto (far conoscere al cronista quei difetti che in seguito
sara’ possibile spiegare e giustificare, permette di dare una
buona immagine di se’)
▪ cercare di capire cosa vedono gli altri, per fare poi leva su
cio’ che preferiscono
▪ apparire coerente nei media (dicendo poche cose,
ripetendole di continuo)
▪ non mentire alla stampa, ma non farsi scrupolo di
manipolare i media48
I consigli di Ailes e Dilenschneider sono molto distanti dalla
prescrizione aristotelica del comunicatore onesto. La
credibilita’ e’ fabbricata, non guadagnata. La credibilita’ e’
creata attraverso un’attenta gestione della situazione,
affinche’ il protagonista dell’evento, il comunicatore, appaia
esattamente quale deve apparire; amato, credibile, forte,
esperto, o qualsiasi altra immagine serva sul momento.
Una volta che l’immagine e’ creata sotto forma di una
celebrita’ o di un uomo politico, puo’ essere venduta e
comprata come una merce, per promuovere qualsiasi causa
che disponga delle risorse per acquistare i “diritti”
sull’immagine49.
48
49
Dilenschneider R, Power & Influence, NY, Prentice-Hall ,1990
Pratkanis A, Aronson E., L’eta’ della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 198-199
51
2.4. Il linguaggio della pubblicita’
Come gia’ accennato, il messaggio pubblicitario e’ un
messaggio multiplo, fatto di immagini, musica, gesti e
soprattutto parole, materiale linguistico proveniente dalla
lingua comune, dai linguaggi tecnico-specialistici, dalla
lingua della letteratura, dal gergo dei giovani, dalle lingue
straniere e anche, in minor parte, dai dialetti italiani.
A seconda del target a cui e’ rivolto o del contesto in cui
appare un annuncio pubblicitario, il copywriter in questione
tentera’ di operare una scelta linguistica oculata in merito
all’ideazione dello slogan.
Come fa osservare la Chiantera 50, molte agenzie pubblicitarie
si fanno oggi affiancare in questo loro compito da linguisti e
semiologi che, in quanto professionisti del linguaggio,
possiedono gli strumenti ideali per capire in anticipo se una
certa parola collocata in un certo contesto potra’ fare la
fortuna di un certo prodotto.
Questo dimostra che, nonostante l’importanza delle
componenti di musica e di immagine nel messaggio
pubblicitario sia andata sempre aumentando negli ultimi
anni, l’attenzione alla lingua rimane viva tra i pubblicitari.
Sul linguaggio pubblicitario esiste un’ampia letteratura,
cosicche’ molti dei suoi aspetti sono stati ripetutamente
indagati. Linguisti e non linguisti hanno studiato i messaggi
pubblicitari al fine di coglierne, ad esempio, le caratteristiche
grammaticali, sintattiche e stilistiche e spesso si sono trovati
in disaccordo in merito al giudizio qualitativo da attribuire a
questo particolarissimo codice linguistico.
Le parole piu’ amate dal pubblicitario sono le parole-choc, e
lo slogan e’ il coronamento dei suoi sforzi, lo slogan e’ infatti
la “quintessenza della pubblicita’” 51.
50
51
Chiantera 1989:30
Galliot 1954
52
Mario Medici52 ha parlato di un “alto numero di meriti
generali e specifici” che il tanto “vituperato” linguaggio
pubblicitario possiede. Egli afferma che
“la comunicazione pubblicitaria ha dimostrato e sollecitato senza
contaminazioni le capacita’ e le possibilita’ dell’italiano come lingua
moderna, agile e funzionale, in una serie di spinte e controspinte
settoriali, utilitarie, letterarie, usuali, sociopsicologiche, in un
dilatato e accelerato processo di europeizzazione”.
La Altieri Biagi definisce il linguaggio pubblicitario una
lingua “venduta”53, in cui “la merce” proposta e’ il discorso
stesso e per la costruzione del quale il copywriter si mette
alla ricerca di “esche” linguistiche allettanti,
“non esitando a catturare la terminologia prestigiosa della scienza
della tecnica, a riprodurre le manipolazioni tipiche della lingua
letteraria, talvolta a sfruttare i moduli della lingua colloquiale, con
le sue ridondanze, le sue approssimazioni lessicali, la sua sintassi
zoppicante”.
Parlando di slogan e di messaggi pubblicitari, nel momento
stesso in cui vengono concepiti, sono imbevuti di una certa
cultura tipica di un determinato ambiente geografico, sociale
e linguistico. Il linguaggio pubblicitario si fa di volta in volta
portavoce ed espressione di desideri e necessita’, che possono
essere ritenute fondamentali da alcune persone e
assolutamente superflue da altre.
Uno stesso prodotto ugualmente appetibile agli occhi di
popoli diversi e lontani deve, in certi casi, essere
pubblicizzato secondo tecniche e strategie anche molto
differenti.
Il pubblicitario deve possedere una conoscenza approfondita
non solo della lingua ma anche della cultura del pubblico a
cui si rivolge e deve quindi saper intuire e andare a toccare
quei tasti in grado di esercitare un forte potere di attrazione –
il piu’ delle volte inconscia – su un certo target.
52
53
Medici 1973:7
Altieri Biagi 1979
53
Possono quindi sorgere dei problemi qualora un testo
pubblicitario nato in seno ad una certa cultura debba essere
tradotto in un’altra lingua; il piu’ delle volte non e’ sufficiente
riportare nel nuovo testo gli equivalenti linguistici della
lingua di arrivo, ma e’ necessario adattare il messaggio per
ricreare le stesse implicazioni sociali e culturali e cercare di
ottenere simili effetti sonori, linguistici e visivi.
Col passare degli anni, la pubblicita’ ha conquistato una
dignita’ artistica, e’ diventata lo specchio della societa’ e della
cultura; non solo possiede il potere di influenzare le persone,
ma in modo sottile riesce ad influenzare i comportamenti e i
modi di dire.
Recentemente sono state individuate da esperti pubblicitari
sette regole necessarie per riconoscere e creare una
pubblicita’ efficace, che colpisca l’obiettivo:
▪ sorprendere lo spettatore
▪ comunicare una cosa sola
▪ provocare emozione
▪ essere semplice ma non banale
▪ essere sempre originale
▪ dare valore alla marca
▪ rompere le regole
Una pubblicita’ efficace e’ capace di creare emozioni, di
raccontare storie coinvolgenti, di essere ricordata dalla
grande massa. Esattamente come il cinema, ma con molti
metri di pellicola in meno. Piace perche’ il linguaggio
pubblicitario e’ universale, e’ una testimonianza della societa’
e delle sue caratteristiche.
L’obiettivo non e’ soltanto di vendere un dato prodotto;
configura modelli di comportamento, definisce sistemi e
valori, crea punti di vista e opinioni, prende dalla cultura di
massa quegli spunti ed elementi che sono piu’ funzionali alla
creazione e all’amplificazione dei consumi.
54
Sceglie frammenti ed istanze che si possono accordare con le
sue esigenze per poi ricomporle in un disegno coerente e
compiuto54.
Nella societa’, nell’interazione tra individui, assume sempre
piu’ importanza la capacita’ di convincere, di far mutare le
opinioni e gli atteggiamenti degli altri. Cio’ vale sia nei
rapporti interpersonali sia nella comunicazione di massa
(pubblicita’), finalizzata a creare una preferenza per un
prodotto o per un’idea.
Per comprendere questi fenomeni, bisogna partire dalla
definizione di atteggiamento e di opinione, e di come si
formano.
▪ Gli atteggiamenti costituiscono sia un orientamento
favorevole o sfavorevole verso un particolare oggetto,
concetto o situazione, sia la disposizione a reagire in modo
predeterminato a questo oggetto, situazione, o ad altre
connesse. Sia l’orientamento che la disposizione alla risposta
hanno aspetti emotivi, inconsci, aspetti razionali. Spesso si
manifesta un atteggiamento verso una persona o una
situazione senza rendersene pienamente conto.
▪ Le opinioni costituiscono una preferenza, ma anche una
aspettativa, una previsione e, a differenza dell’atteggiamento
che spesso e’ a livello inconscio, e’ razionalizzata dal soggetto
e puo’ essere espressa verbalmente.
Atteggiamenti e opinioni sono strettamente connessi; se si
odia una persona si esprime un atteggiamento negativo, e si
tende a prevederne un cattivo comportamento55.
Brown (Social Psychology, 1965, Free Press) ha ipotizzato che
ogni individuo desidera che le proprie opinioni e il proprio
comportamento siano coerenti; se scopre elementi
contrastanti, opera in modo da ridurre tali elementi,
modificando le opinioni o il proprio comportamento (Teoria
della Coerenza).
54
55
Macello C, L’arte di comunicare, Milano 1995, pp. 38
www.benessere.com/psicologia.htm.
55
Per cambiare atteggiamento o opinione l’individuo valuta la
comunicazione che riceve dando valore non solo alle
argomentazioni, ma anche alla credibilita’ della fonte e alle
emozioni che la comunicazione gli suscita.
Le emozioni suscitate dalla comunicazione hanno grande
importanza ed efficacia nella persuasione, non solo se sono
positive, come la gioia, ma anche se sono negative, come la
paura. L’appello alla paura e’ in effetti molto usato nella
comunicazione di massa, in materia sanitaria, nelle
campagne di prevenzione, nelle prediche religiose e nelle
campagne politiche.
Per far cambiare un atteggiamento o un opinione bisogna
percio’ prima creare un atteggiamento positivo nei propri
confronti, di simpatia o almeno di coerenza.
Bisogna poi creare un sentimento di stima e di autorevolezza
esprimendo le opinioni in modo chiaro, senza creare
eccessive dissonanze con la visione del problema
dell’interlocutore. Si deve saper fare appello, quando e’
necessario, alle emozioni, per incidere piu’ profondamente
nell’atteggiamento inconscio.
Ogni linguaggio pubblicitario funziona alla stessa maniera.
Ha un preciso obiettivo, quello di persuadere il destinatario
del messaggio.
Come ha detto Gillo Dorfles “il linguaggio pubblicitario e’
parente dell’argomentazione retorica persuasiva”. Per
ottenere l’effetto persuasione si ricorre a precise leggi
psicologiche, a discipline come la semiotica e la
psicolinguistica che i pubblicitari conoscono e che debbono
saper utilizzare nel modo piu’ efficace per diffondere un
prodotto.
Non a caso vengono richiamate le categorie analitiche della
sociologia della comunicazione e della semiotica per
utilizzare al meglio i segni visivi, verbali, sonori e a loro
articolazione interna.
56
Si parla, appunto, di stimolazione cognitiva, per sapere come
ottenere un alto livello di attenzione, e di stimolazione affettiva
per indicare l’azione esercitata da un messaggio sulle
emozioni.
Gli studi e le ricerche condotte per analizzare le variabili del
messaggio (le caratteristiche emotive o razionali del
contenuto, i dispositivi stilistici usati per rendere persuasivo
un discorso, gli aspetti relativi all’organizzazione della
comunicazione) hanno permesso di concludere che il ricorso
alla chiave emotiva e’ piu’ efficace di quella logica o razionale
per indurre un effetto di adesione/persuasione da parte del
ricevente.
La pubblicita’ oggi opera per slogan e frasi brevissime;
distillati di parole pensate, calibrate e limitate per scaricarsi
direttamente sull’inconscio e garantire l’entrata diretta in
circolo di stimoli emotivi elementari.
Questa profonda evoluzione favorita dal sorgere di nuove
discipline che hanno permesso al messaggio pubblicitario di
diventare sempre piu’ raffinato, sia a livello epistemologico
che operativo impone, ovviamente, un analogo affinamento
dei criteri e degli strumenti a disposizione di chi ne debba
valutare senso e implicazioni56.
Siamo forse entrati in una nuova era del capitalismo che
Galbraith definisce “la fiera capovolta”57, dove non e’ piu’ il
consumatore a determinare il ritmo della produzione, bensi’,
e’ il produttore a creare nel consumatore il desiderio di
determinati prodotti?
Cio’ spiegherebbe l’idea comunemente accettata della
“fabbrica dei desideri”; di una pubblicita’ che sa creare
bisogni voluttuari, capace di persuadere e di convincere,
creando il mito dell’avere, dove il comprare un prodotto
significa possedere anche l’aureola di benessere, successo e
bellezza costruita intorno ad esso.
56
57
www.iap.it
Galbraith K, Il nuovo stato industriale, Einaudi, 1968
57
I due “meccanismi di difesa” principali sono l’autostima e
l’addestramento delle facolta’ critiche. La costruzione della
propria autostima si basa sulla valorizzazione delle proprie
esperienze positive, condotta regolarmente, abituandosi a
sviluppare un atteggiamento positivo.
L’addestramento delle facolta’ critiche e’ un processo
culturale continuo in cui l’individuo deve continuamente
porsi delle domande sulle comunicazioni e gli stimoli che
riceve, cercando di individuarne la reale validita’, al di la’ di
condizionamenti emotivi e prescindendo dalla fonte58.
Questi meccanismi creano una sorta di vaccinazione nei
riguardi dei luoghi comuni e delle banalita’ culturali,
possono consentire all’individuo di difendersi meglio dalla
comunicazione “coercitiva” o dall’indebita influenza , senza
limitarlo
nell’accettazione del contributo derivante
dall’interazione con gli altri che deriva da un corretto
scambio di informazioni e di opinioni59.
58
59
www.benessere.com/psicologia/htm.
Fabi C, Marbach G., L’efficacia della pubblicita’, ISEDI, Torino, 2000, pp. 183-196
58
2.5. I modelli persuasivi
All’inizio degli anni sessanta, il famoso psicologo Albert
Bandura avvio’ un ampio programma di ricerca sul rapporto
tra modelli televisivi e aggressivita’, sull’influenza dei
modelli mediatici60.
In un tipico esperimento, i bambini potevano vedere
attraverso uno schermo televisivo, un adulto intento a
picchiare una bambola di plastica. I bambini avevano in
seguito, l’opportunita’ di giocare con diversi giocattoli
interessanti, tra cui una di queste bambole. I risultati
dimostrarono che i bambini erano portati a ripetere quello
che avevano visti fare in precedenza.
Molte ricerche successive hanno confermato i risultati iniziali
di Bandura. E’ stato dimostrato che i modelli aggressivi
influenzano l’aggressivita’ tanto dei maschi quanto delle
femmine, condizionando il comportamento, ed insegnando
ad aggredire indipendentemente dal fatto che il modello sia
un personaggio dei cartoni animati o una persona reale.
Il potere della persuasione dei modelli non e’ sfuggito ai
pubblicitari. Gli spot da trenta secondi sono pieni di gente
grassottella che dimagrisce con l’aiuto della dieta giusta, di
casalinghe che impressionano i mariti con una casa pulita, e
con l’aiuto di un detersivo pubblicizzato, di giovani coppie
che se la spassano grazie ad un carta di credito, di bambole
Barbie vestite all’ultima moda.
Questi modelli non vengono solo prodotti, ma rinforzano
valori (magro e’ bello) e insegnano stili di vita (le casalinghe
devono compiacere i mariti, per avere successo le ragazzine
devono seguire la moda, essere fisicamente attraenti, e basta
poco – una pillola dimagrante).
60
Bandura A, Aggression; a social learning analysis, Englewood Cliffs, Prentice-Hall,
1973
59
I modelli mediatici sono efficaci soprattutto per due ragioni.
La prima e’ che insegnano nuovi comportamenti. Ad
esempio, un bambino impara concretamente come si fa a
sparare guardando telefilm polizieschi. Naturalmente, il fatto
di sapere come si fa, non significa necessariamente che lo si
faccia.
Ma cos’e’ che ci induce a comportarci come i modelli dei
media? Un fattore importante e’ la convinzione che le
ricompense ricevute da un modello per un determinato
comportamento saranno anche le nostre. Ecco perche’ i
pubblicitari usano spesso modelli “proprio come noi” e li
collocano in situazioni familiari come la casa, l’ufficio, la
scuola o il supermercato.
Questo ci porta alla seconda ragione della persuasivita’ dei
modelli mass mediali; essi sono un segno che certi
comportamenti sono legittimi e appropriati. Guardare una
casalinga lavare
il pavimento
ci convince
che
quest’occupazione e’ uno stile di vita appropriato per le
donne (ma non necessariamente per gli uomini) 61.
Quali sono, infine, le caratteristiche che rendono piu’
persuasivo un modello proposto dai mass media e dalla
pubblicita’?
Il complesso delle ricerche mostra che un modello ha il
massimo dell’efficacia quando ha prestigio, potere e status,
quando viene ricompensato per aver messo in pratica il
comportamento oggettivo dell’apprendimento, quando
fornisce informazioni utili su come mettere in pratica tale
comportamento e quando e’ di aspetto gradevole e
competente nell’affrontare i problemi della vita. In altre
parole, il modello e’ una fonte credibile e attraente62.
61
62
Pratkanis A, Aronson E, L’eta’ della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 206-208
Idem
60
2.6. Emozione e persuasione
Sia nei contesti sociali, che in quelli individuali, l’emozione
gioca un ruolo attivo e determinante. Il processo di
comunicazione stesso e’ fortemente interrelato a questo
fattore, tanto da far supporre che l’emozione stessa possa
essere una delle basi fondamentali della comunicazione
persuasiva.
Spesso il termine emotivo e il termine affettivo sono utilizzati
come sinonimi, indicando con questi sia le componenti
fisiche, sia quelle mentali dell’emozione. Altri due termini
specificano infatti questa differenza; il termine sensazione si
riferisce fondamentalmente all’aspetto fisico dell’emozione, o
anche ad antecedenti che la scatenano, mentre il termine
sentimento si riferisce all’aspetto mentale63.
Definiamo invece stato emotivo la dinamica interna provata
quando si vive un’emozione, includendo sia gli aspetti fisici
che quelli mentali. Gli stati emotivi non possono essere
osservati direttamente dagli altri, ma possono essere inferiti
attraverso una serie di segni e di comportamenti
che
l’individuo mette in atto (l’inflessione della voce, le
espressioni facciali, la postura e i movimenti del corpo)64.
Possiamo quindi considerare l’emozione come un pattern
complesso di modificazioni che includono un’eccitazione
fisiologica, sentimenti, processi cognitivi e relazioni
comportamentali in risposta a una situazione che e’ percepita
dal soggetto come importante per il mantenimento del suo
equilibrio e del suo benessere 65.
Analizzando la situazione sotto l’aspetto pubblicitario, e’
possibile distinguere vari modi di persuasione utilizzando le
emozioni. Uno di questi e’ far leva sulla paura.
63
Vannoni D, Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva, UTET Libreria,
2003, pp. 187-189
64
Idem
65
Idem
61
Talvolta i ricorsi alla paura sono basati su preoccupazioni
legittime; il fumo causa il cancro; il sesso non sicuro aumenta
la probabilita’ di contrarre l’Aids; non usare lo spazzolino e il
filo interdentale puo’ portare a dolorose malattie dentali.
Spesso pero’, l’uso dell’arma della paura si fonda su terrori
oscuri ed irrazionali. Talvolta un regime incute paura
terrorizzando i propri cittadini, come nella Germania di
Hitler, nell’Unione Sovietica di Stalin, e in innumerevoli altri
tempi e luoghi.
L’arma della paura e’ efficace in quanto allontana i nostri
pensieri da una considerazione piu’ attenta delle questioni
all’ordine del giorno e li incanali verso i programmi che
promettono di liberarci dalla paura.
Considerando l’uso della paura nel contesto di un messaggio
persuasivo, e’ necessario citare il ricercatore che ha
conseguito i maggiori risultati in quest’area, Howard
Leventhal66.
Gli esperimenti condotti da Leventhal dimostrarono che i
messaggi che incutono paura, ma che nello stesso tempo
contengono istruzioni specifiche su come, quando e dove
agire sono molto piu’ efficaci delle raccomandazioni che
omettono istruzioni del genere. Dimostrarono anche che gli
appelli ad alto contenuto di paura sono piu’ efficaci di quelli
a basso contenuto. Dai risultati venne dimostrato che il
ricorso alla paura raggiunge il massimo dell’efficacia quando:
→ spaventa a morte la gente
→ offre una raccomandazione specifica utile a vincere la
minaccia che suscita spavento
→ l’azione raccomandata e’ ritenuta utile per ridurre la
minaccia
66
Leventhal H, Findings and theory in the study of fear communications, NY, Accademic
Press, 1970, pp. 119-186
62
→ colui che riceve il messaggio crede di essere in grado di
realizzare l’azione raccomandata.
Ecco come funziona: l’attenzione del ricevente viene
dapprima concentrata su una paura che provoca dolore; in
una simile condizione di terrore e’ difficile pensare a
qualcosa che non sia il modo di liberarsi della paura stessa.
L’ulteriore mossa del propagandista consiste nell’offrire un
modo per sottrarsi alla paura: una risposta semplice e
fattibile che e’ proprio quello che il propagandista voleva dal
ricevente fin dall’inizio67.
Una secondo espediente molto usato e’ il ricorso alla tecnica
del non e’ tutto, che viene comunemente usata negli spot in
cui vengono venduti articoli per cucina o per la casa. Questa
tecnica e’ stata studiata in una serie di brillanti esperimenti
condotti da Jerry Burger68.
Lo stratagemma consiste nel descrivere prima un prodotto e
metterlo in vendita. Ma prima che possiate decidere se lo
volete o meno, viene aggiunto un altro articolo, compreso nel
prezzo. Ora bisogna contraccambiare, ovvero fare l’acquisto.
La tecnica si poggia su due processi psicologici di base. La
richiesta iniziale piu’ onerosa, instaura un effetto contrasto
simile a quello che si produce con le esche, la concessione
immediata
da
parte
del
richiedente
richiama
immediatamente la regola della reciprocita’.
I venditori di automobili conoscono il valore della terza
tecnica, chiamata porta in faccia. Spesso gonfiano il prezzo di
partenza di un’auto appiccicandovi sopra una targhetta che
fa salire il prezzo anche di svariate migliaia di dollari, per poi
graziosamente scontare questo sovrapprezzo all’inizio delle
trattative. Ora tocca al compratore rendere il favore e pagare
quell’auto piu’ di quanto avrebbe avuto intenzione di fare.
67
www.yetiarts.com
Burger J, Increasing compliance by improving the deal, in Journal of Social Psycology,
1986, pp. 277-283
68
63
Queste tecniche, che sottostanno sotto il nome della regola
della reciprocita’, sono efficaci come strumento di persuasione
in quanto pilotano i nostri pensieri e ci motivano ad agire
sulla base di questi ultimi. La motivazione primaria e’ evitare
il senso di disagio che nasce dal trasgredire la regola69.
69
Pratkanis A, Aronson E, L’eta’ della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 330-338
64
Parte terza.
L’arte della persuasione
“Le persone temendo di perdere il proprio “io”
non vogliono cedere all’influenza altrui. E questo
e’ un errore. L’influenza e’ il segno non solo del
fatto che sia avvenuto l’incontro con il partner,
ma soprattutto del fatto che e’ avvenuto l’incontro
con se stessi. E’ una scoperta ancor piu’ veloce
della propria individualita’ grazie alla scoperta
delle esperienze altrui”.
(Jurij Alschitz)
65
3.1. I principi della dinamica persuasiva
Parlare di principi della comunicazione persuasiva significa
cercare di identificare quelle caratteristiche imprescindibili e
quelle peculiarita’ d’azione necessarie a trasformare una
comunicazione ordinaria in comunicazione di influenza 70.
A questo scopo, e’ opportuno analizzare in concreto le leggi
della persuasione sviluppate da Robert B. Cialdini, che si
dimostrano essere tanto vere quanto le esperienze pratiche
da cui sono state tratte.
Se vediamo una bella cosa, che ci colpisce, e subito dopo una
meno bella, quest’ultima ci sembrera’ piu’ brutta di quanto
non sarebbe stata se l’avessimo percepita per prima. In altri
termini, l’evento che precede, condiziona l’evento successivo,
se posto vicino ad esso nel tempo e nello spazio71.
Questa tecnica viene chiamata principio del contrasto,
caratterizzata dal fatto che mettendo a confronto due cose
relativamente diverse una dopo l’altra, ne percepiamo
maggiormente la differenza.
Un esempio utile viene dal quotidiano: se entriamo in un
negozio di vestiti e troviamo abiti che costano mediamente
1.000 euro, belli, eleganti e firmati, e successivamente la
commessa ce ne propone uno bello, elegante e firmato,
diverso, al prezzo di 700 euro, sicuramente il vantaggio del
secondo ci sembrera’ maggiore di quanto non lo sarebbe stato
se ce lo avessero presentato per primo.
Dal punto di vista commerciale, i venditori sanno bene che e’
molto piu’ vantaggioso presentare prima il prodotto poi’
costoso, e successivamente, ma naturalmente sempre a
prezzo maggiorato anche se di poco inferiore al precedente,
quello che realmente ci interessa vedere; questo allora sara’
70
71
Pirovano F, La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 51
Pirovano F, La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 65-67
66
subito percepito
precedente.
come
piu’
conveniente
rispetto
al
Il secondo principio e’ il principio della coerenza. Su questo
principio si basa uno dei presupposti della comunicazione
persuasiva; “Cio’ che mi dici e’ presupposto di cio’ che ti
rispondero’”.
Questo presupposto rappresenta uno dei nuclei centrali della
comunicazione persuasiva. Il segreto del successo sta’
nell’adeguare le proprie azioni alla mappa mentale
dell’interlocutore. E’ possibile ottenere questo risultato
ascoltando e osservando attentamente ogni parola e
atteggiamento che giustifichi , in qualche modo, cio’ che
andremo a rispondere e a fare.
Dal punto di vista linguistico, e’ molto utile costruirsi
mentalmente la frase “proprio per questo<”; essa infatti ci
costringe a individuare, nelle parole dell’interlocutore, gli
elementi chiave che potrebbero comunque giustificare la
nostra risposta.
Tale presupposto assume il punto di vista del persuasore.
Come si e’ detto, proprio perche’ l’interlocutore si vincola a
cio’ che dice, secondo il principio di coerenza, il bravo
influenzatore sfrutta questa situazione psicologica a proprio
favore, rispondendo adeguatamente, con il rinforzo
dell’obbligazione morale 72.
Il principio della coerenza e’ estremamente potente e, su
questo lavora la tecnica persuasiva del “proprio per
questo<”. L’incoerenza e’ socialmente condannata e questo
fa si’ che si faccia il possibile per non apparire incoerenti, a
costo di perdere l’opportunita’ della ragione.
Al contrario, chi e’ coerente appare fermo, rigoroso e giusto
al punto tale che si preferisce il politico che la pensa
diversamente da noi, ma non cambia posizione, rispetto a
72
Pirovano F, La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 70
67
quello che e’ vicino alla nostra linea politica, ma la interpreta
secondo convenienza a seconda dei casi.
Arrivando al terzo fattore che e’ il principio della sintonia,
arriviamo alla sensazione di similarita’ con chi ci e’ di fronte.
Tutti noi tendiamo ad acconsentire con piu’ facilita’ alle
richieste che ci vengono da persone che suscitano la nostra
simpatia, con cui percepiamo una sintonia immediata. Ma
quali sono i fattori che entrano in causa quando
inconsciamente decidiamo che una persona ci piace o no?
Il primo fattore in uso e’ sicuramente la bellezza. Associata
nelle campagne pubblicitarie al prodotto da pubblicizzare,
biglietto d’ingresso spendibile in tante e diverse situazioni, la
bellezza ci predispone a fidarci di chi ci sta di fronte, come se
il bello si declinasse in affidabilita’ e serieta’.
La situazione si ripete per le persone che ci sono simili. Se
qualcuno ci somiglia, istintivamente decidiamo anche che la
sua scala di valori deve equivalere alla nostra. Lo stesso
ambiente di provenienza, gli stessi interessi, lo stesso modo
di vestire, sono tutti elementi che ai nostri occhi fanno
acquistare credibilita’ al nostro interlocutore.
Va riconosciuta la forza persuasiva che il principio della
sintonia possiede. Si chiama “errore logico” il meccanismo
psicologico che ci fa associare a una certa qualita’, che
riconosciamo in un individuo, il possesso di un’altra qualita’,
diversa, che noi inconsapevolmente associamo alla prima.
L’associazione e’ indebita, ma a noi pare del tutto naturale 73.
Il quarto ed ultimo principio e’ quello dell’autorita’ . Spesso
accade che le campagne pubblicitarie vedano la
partecipazione di personaggi noti, ritenuti “una autorita’” in
quel particolare settore – ad esempio calciatori che
pubblicizzano articoli sportivi. Bisogna sottolineare come i
simboli dell’autorita’ possono essere manipolati e contraffatti
da chi ha tutto l’interesse ad utilizzare la forza persuasiva per
i propri fini.
73
Pirovano F, La comunicazione persuasiva, de Vecchi Editore, 2004, pp. 73-75
68
Penso anche a tutti quelli elementi che contribuiscono a
determinare lo status sociale – titoli, abiti, automobili – e a
quale particolare forma di deferenza essi siano in grado di
suscitare verso chi li possiede.
69
3.2. Gli strumenti della persuasione
A questo punto della tesi, sarebbe opportuno conoscere quali
sono gli strumenti pratici che consentono l’esercizio della
persuasione, non dimenticando che la vera efficacia di queste
tecniche e’ raggiunta quando il risultato di una vendita o di
una negoziazione e’ soddisfacente per ambedue le parti in
gioco.
Robert Cialdini, psicologo sociale che si occupa della
psicologia della persuasione, ha individuato sei principali
strumenti di persuasione:
▪ Reciprocita’ – le persone tendono a ricambiare un favore.
▪ Impegni accettati – quando qualcuno accetta di impegnarsi
per un obiettivo, un progetto, e’ piu’ facile che onori gli
impegni che si assume. Sino al punto paradossale che se
viene rimossa la motivazione e l’incentivo dopo che ha
accettato, l’impegno permane.
▪ Dare il buon esempio – le persone tendono a rifare cio’ che
vedono fare agli altri. A volte imparano da buoni e fidati
maestri, altre comportandosi come belle pecorelle.
▪ Autorita’ – le persone tendono ad obbedire a figure
autoritarie, questo accade anche quando vengono impartite
istruzioni molto discutibili.
▪ Simpatia – le persone si fanno convincere facilmente da chi
gli piace, anche fisicamente, e da chi gli sta simpatico.
▪ Carenza – la percezione di carenza genera la domanda. Ecco
perche’ spesso vengono fatte offerte per un tempo limitato o
in numero limitato74.
74
www.wiki.ugidotnet.org
70
Oltre a questa “lista” individuata da Cialdini, gli strumenti
della persuasione sono ancora tanti e variegati; dall’uso
magistrale delle domande, alla capacita’ di aprirci e far si’ che
l’interlocutore si apra con noi, ad esempio, attraverso la
condivisione di informazioni riservate , o l’utilizzo di termini
e frasi particolarmente dotate di potere persuasivo, o ancora
l’abile utilizzazione degli elementi di comunicazione non
verbale, il linguaggio del corpo.
L’abilita’ di porre le domande giuste si rivela preziosa, se si
vuole essere persuasivi, poiche’ consente di ottenere valide
ed utilissime precisazioni circa il punto di vista
dell’interlocutore. Questa abilita’ permette di determinare
quali sono i valori dell’interlocutore, e su questa base, di
guidare la conversazione.
Avere le idee chiare su quello che pensa e vuole chi ci sta
davanti e’ un fattore indispensabile per formulare una
proposta soddisfacente, a tal fine e’ importantissimo stabilire
quali siano i suoi valori.
Ponendo semplici domande, rivolte in senso generale,
oppure domande contestualizzate, per scoprire quali siano i
valori portanti relativamente ad una specifica dimensione
della vita.
Un secondo strumento sono le parole “potenti”. Esiste un
certo numero di termini che ha un impatto particolarmente
efficace su coloro che si desidera persuadere:
• Il nome – Dale Carnegie diceva che non esiste sulla faccia
della terra parola piu’ potente e incisiva del nostro nome.
Esso si ricollega, anzitutto, alla nostra infanzia, quando
l’abbiamo sentito pronunciare ripetutamente. E’ stato
dimostrato da studi condotti negli Stati Uniti, che
pronunciare il nome di una persona all’inizio o alla fine di
una frase esercita un irresistibile effetto persuasivo.
• Per favore e grazie – al secondo posto per importanza dopo
il nome, in termini di “quoziente di persuasivita’” si situano i
termini per favore e grazie.
71
Anche queste parole risalgono all’infanzia, e appunto per
questo, sono efficaci nel processo persuasivo.
• Altre parole – esistono molte altre parole dotate di capacita’
persuasiva, da utilizzare – naturalmente in modo pertinente
in relazione al contesto che interessa. L’elenco generico delle
piu’ efficaci:
benessere/salute/felice/sicurezza/giusto/migliorare/eccitante/
profitto/divertente/meritare/scoperta/amore/libero/vantaggio
/valore/risultati/nuovo/facile/fiducia/denaro/potere/garantito
/vero/tu/vitale/gioia/investimento/comfort/dimostrato/opport
unita’/crescita.
• La tecnica del time-pressure – si rivela particolarmente utile
nel caso in cui l’interlocutore, o il cliente, riveli una certa
lentezza nel prendere una decisione. Il compito del
persuasore e’ portare avanti, accelerare il processo.
Ad esempio, nell’acquisto di una casa e’ facilissimo sentirsi
dire che a quella stessa casa sono interessate anche altre
persone e che se non facciamo velocemente una buona
proposta d’acquisto, rischiamo di vedercela portare via sotto
gli occhi.
Immediatamente, quella che era una bella casa, diventa la
casa dei nostri sogni e veniamo presi dall’ansia di concludere
al piu’ presto la trattativa. In tal caso, l’agente immobiliare
non ha fatto altro che utilizzare lo strumento del timepressure.
• Gli altri filtri della persuasione – i contenuti della nostra
personalita’ si sviluppano a seconda di come recepiamo il
mondo esterno. Tutti possiedono un sistema di filtraggio, che
fa vivere ogni esperienza in modo diversificato, e su questa
base permette di organizzare l’evoluzione della nostra
personalita’.
72
Tale sistema possiede tre tipi di filtri:
▫ i valori
▫ i criteri
▫ le credenze
Conoscere il ruolo che giocano i valori, i criteri e le credenze,
consente di comprendere come affrontare e trasformare i
conflitti in momenti positivi di confronto costruttivo, come
calibrare al meglio i nostri interlocutori, per stabilire con essi
un rapporto profondo, e come cercare di giungere alla
struttura profonda dell’interiorita’ di chi ci e’ di fronte,
partendo da una struttura superficiale che – se siamo in
grado di leggerla – puo’ fornire indizi molto interessanti sulla
personalita’ dei destinatari delle azioni persuasive 75.
75
Pirovano F, La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2004, pp. 77-81
73
3.3. I fattori della comunicazione persuasiva
Ritornando allo schema della comunicazione persuasiva,
bisogna distinguere quali sono le caratteristiche dei differenti
fattori che si devono prendere in considerazione.
▪ IL MITTENTE – colui da cui sembra partire la
comunicazione. Nel processo comunicativo, tale soggetto
puo’ essere una fonte diretta, ovvero, un amico o un
venditore, o una rappresentazione attraverso un testimonial o
uno speaker nella pubblicita’, o una fonte indiretta; non
trasmette direttamente un testo, ma guida l’attenzione.
Nell’ambito delle decisioni di acquisto, si e’ individuato che
le fonti personali di influenza (amici, parenti) sono quelle
piu’ efficaci. Le caratteristiche dell’emittente influenzano
profondamente l’elaborazione del testo ed il peso che il
soggetto gli attribuisce; possono avere un ruolo emotivo nella
comunicazione.
Diverse caratteristiche sembrano essere coinvolte nel rendere
una fonte persuasiva, in particolar modo Hovland e Weiss, in
un loro famoso esperimento del 1951, individuavano le fonti
esperte, credibili o attraenti come le piu’ efficaci, ma
possiamo individuare ulteriori caratteristiche quali l’essere
conosciuta o popolare, tipizzare il destinatario, avere il potere
di premiare o punire il destinatario in qualche modo.
Ognuna di queste caratteristiche influenza gli atteggiamenti
ed il comportamento con processi differenti.
▫
La
credibilita’
influisce
a
livello
cognitivo
sull’interiorizzazione della comunicazione e puo’ quindi
condurre piu’ facilmente ad una modificazione della
struttura cognitiva;
▫ l’attraenza porta invece, attraverso un processo
fondamentalmente emotivo, all’identificazione con il mittente
e quindi alla possibile condivisione o accettazione dei valori,
delle emozioni e dei contenuti di testo;
74
▫ il potere puo’ invece portare a procesi di compiacenza,
ovvero ad adesioni (a volte solo in pubblico o in presenza del
mittente) con i contenuti e le argomentazioni proposte nella
comunicazione76.
▪ IL TESTO – oltre ai fattori emotivi, la comunicazione
persuasiva contiene una serie di argomentazioni che il
comunicatore deve interpretare. Bisogna presentare le
argomentazioni in un determinato ordine e prevenire le
controargomentazioni da parte del destinatario.
La ricerca sull’apprendimento e sulla memoria indica che gli
argomenti estremi (i primi e gli ultimi) sono ricordati meglio
di quelli di mezzo – le argomentazioni piu’ importanti,
quindi, non dovrebbero mai stare in mezzo. Questo fattore
non e’ una scoperta recente, lo e’ la sua spiegazione in
termini psicologici.
Sulle prime argomentazioni agisce infatti l’oblio proattivo
(fattore che tende a preservare in memoria le prime
informazioni recuperate a discapito delle ultime, e che tende
quindi a renderle piu’ efficaci), mentre sulle argomentazioni
presentate per ultime agisce l’oblio retroattivo, (fattore che
tende a preservare le ultime informazioni a discapito delle
prime e che quindi tende a renderle piu’ persuasive). Sulle
informazioni intermedie agiscono entrambe le tipologie di
oblio, aumentando quindi la probabilità di dimenticarle77.
Possiamo quindi dire che le prime informazioni sono quelle
che destano maggiormente l’attenzione, fattore che poi
diminuisce con il procedere del testo, mentre le informazioni
finali tendono invece ad essere piu’ ricordate, a discapito
delle argomentazioni intermedie.
Se il destinatario ha una posizione nei confronti
dell’argomentazione opposta a quella del mittente, le
argomentazioni forti devono essere poste prima, per ridurre
il numero di controargomentazioni, mentre nel caso in cui
76
Vannoni D, Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva, UTET Libreria,
2003, pp. 28
77
Idem, pp. 34-37
75
quelle iniziali siano troppo deboli, si puo’ creare un livello di
controargomentazioni tale che le argomentazioni forti, poste
al fondo, non saranno piu’ credute.
E’ importante porre le argomentazioni forti prima, se i
consumatori hanno poco interesse all’aggetto principale del
testo, in quanto se poste inizialmente possono comunque far
crescere l’interesse, almeno verso il testo stesso.
L’ordine delle argomentazioni e’ importante quando il testo
e’ lungo, dettagliato e con molte argomentazioni (cosa che in
pubblicita’ non esiste, trenne nella televendita), mentre in
testi brevi e semplici l’ordine e’ meno critico. Sugli spot da
trenta secondi incide pero’ la possibilita’ che gli stessi
vengano elaborati a basso coinvolgimento, ripetuti, per
aumentare attraverso la ridondanza, la memorizzazione e il
ricordo78.
▪ IL DESTINATARIO – e’ la figura centrale di ogni processo
di comunicazione persuasiva. Ovviamente, i fattori
generalizzabili non sono molti. Le ricerche ipotizzano che le
donne, sembrino in generale, piu’ influenzabili degli uomini,
e gli uomini lo sono quando le argomentazioni principali
sono invece legate al mondo femminile.
In generale, la teoria della personalita’ e della persuasione di
McGuire (1968) prevede che la persuasione sia composta da
tre principi fondamentali:
▫ il principio di mediazione: una serie di fattori psicologici
quali la percezione, la comprensione, la condivisione, la
memorizzazione, il ricordo e la decisione mediano la
persuasione. Questi fattori possono essere influenzati dalla
personalita’ dell’individuo, ma principalmente ne sono
considerati due, la ricezione (composta da percezione e
comprensione) e la resa (composta dall’essere d’accordo o
meno con le argomentazioni proposte),
78
Cavazza N, La persuasione, Il Mulino, Bologna 1996, pp. 121
76
▫ il principio combinatorio – prevede che la ricezione e la resa
siano legati in modo opposto, ovvero la percezione cresce e
l’emozione decresce, in conseguenza cambia l’atteggiamento
in funzione di una relazione moltiplicativa. Ad entrambi gli
estremi, la persuasione e’ molto bassa.
▫ il principio del peso situazionale – la ricezione e l’emotivita’
non hanno sempre lo stesso peso. Sono quindi le
caratteristiche individuali i fattori di maggiore influenza da
parte del destinatario ed e’ difficile, nelle ricerche di mercato,
giungere ad approssimazioni effettive di come sia realmente
percepita, elaborata e memorizzata la comunicazione 79.
▪ IL MEZZO – che veicola la comunicazione puo’ influenzare
nettamente la resa del messaggio. Ad esclusione della radio,
quasi tutti i messaggi hanno un impatto visivo oltre a quello
verbale, e questo fattore crea gia’ di per se’ una forte
discriminante nei processi di elaborazione.
La prima distinzione possibile riguarda i mezzi personali e
quelli non personali. La comunicazione personale ha piu’
probabilita’ di essere persuasiva in quanto e’ piu’ flessibile e
adattabile al destinatario attraverso il processo di interazione.
Il venditore che conosce bene il prodotto, adatta la
comunicazione al pensiero del destinatario, potendo inoltre,
trattare direttamente le controargomentazioni.
Questi vantaggi mancano alla comunicazione mediata. Un
problema fondamentale e’ il sovraffollamento delle
comunicazioni commerciali sui mass media, col risultato di
annoiare gli spettatori e di impedire al singolo testo
pubblicitario di essere efficace 80.
79
Cialdini R, Le armi della persuasione. Come e perche’ si finisce col dire di si, Firenze,
Giunti-Barbera, 1989, pp. 163
80
Idem
77
3.4. Strategie di persuasione nella comunicazione
diretta
La comunicazione diretta sembra quella che ha maggiore
influenza e che permette l’adattabilita’ immediata al feedback
del destinatario. Inoltre, coinvolge in maniera piu’ evidente
tutti gli aspetti della comunicazione e di relazione del
mittente. L’influenza e la persuasione che possono scaturire da
un contatto diretto con un venditore, sono nettamente piu’
efficaci ed efficienti.
La comunicazione commerciale diretta, sia essa alla presenza
del consumatore o attraverso mezzi interattivi, si basa su un
principio fondamentale: il destinatario non deve mai rendersi
conto del fatto che sta subendo una manipolazione, in caso
contrario tendera’ a rifiutare il testo ed eventualmente anche a
percepire negativamente tutto il contesto della comunicazione.
Lo studio piu’ completo e recente in questo settore e’ quello
del gia’ citato Cialdini. Questo autore ha studiato molte forme
di persuasione diretta e le ha organizzate in sette principi
fondamentali:
▫ gli automatismi
▫ il coinvolgimento
▫ la reciprocita’
▫ la validazione sociale
▫ la piacevolezza81
▫ la scarsita’
▫ l’autorita’
Alcuni di questi principi sono gia’ stati analizzati nei capitoli
precedenti. Molti fanno parte della vita comune di tutti i
giorni e toccano un’area piu’ vasta di quella legata alla vendita
di un prodotto, cioe’ quella dei rapporti interpersonali.
81
Cialdini R, Le armi della persuasione. Come e perche’ si finisce col dire di si, Firenze
1989, Giunti/Barbera, pp. 70
78
I principi di automatismo
Il principio di automaticita’ e’ fondamentale e si basa sul fatto
che le persone usino euristiche o scorciatoie del pensiero per
fare processi. Quando le persone agiscono automaticamente o
senza pensarci sono molto piu’ suscettibili alle tecniche di
persuasione.
In genere si utilizzano euristiche in un processo di acquisto o
di riacquisto quando le persone sono poco motivate. Secondo
Langer (1989) le persone passano gran parte del tempo di una
giornata in uno stato di scarso pensiero cosciente, in quanto le
azioni abituali che vengono compiute non lo richiedono e
subentra quindi una selettivita’ per cui solo alcune azioni o
oggetti del mondo esterno richiedono piena attenzione e
consapevolezza per poter essere valutate o fatte, mentre per
tutto il resto si mettono in atto processi automatizzati.
L’esperimento di Ellen Langer illusta bene come una sola
parola possa attivare il meccanismo di persuasione. In coda ad
una fotocopiatrice, chiedendo a qualcuno di lasciarli fare delle
fotocopie, otteneva un si nel 95% dei casi, dicendo “Scusi, ho 5
pagine. Posso usare la fotocopiatrice, perche’ ho una grande
fretta?”, ma solo il 63% dei casi dicendo “Scusi, ho 5 pagine.
Posso usare la fotocopiatrice?”
Il perche’ era la parola chiave che faceva scattare una risposta
automatica di acquiescenza. Non era tanto cio’ che veniva
detto dopo ad essere importante, bensi’ la parola stessa. Se la
domanda era “Scusi, ho 5 pagine. Posso usare la fotocopiatrice
perche’ devo fare delle copie?”, non veniva aggiunta alcuna
giustificazione per il lasciapassare. Con la fotocopiatrice si
possono fare solo delle copie, eppure la percentuale di
successo balzava di nuovo al 93%82.
La maggior parte delle tecniche persuasive individuate da
Cialdini si basano fondamentalmente su processi euristici del
destinatario, il quale, per poter resistere alla pressione
82
www.xenu.com-it.net/libri/cults/singer08.htm
79
persuasiva, ha come unica possibilita’ l’abbandono del
pensiero euristico.
Il principio del coinvolgimento
Su questo concetto si basa una delle tecniche di vendita
proposte da Cialdini, ovvero la tecnica del piede nella porta.
Questo tipo di persuasione funziona ponendo al destinatario
prima una piccola richiesta, seguita da una piu’ grande, ad
esempio, dopo un piccolo questionario, si procede con
un’operazione di vendita. Molti venditori confidano sul fatto
che dopo un piccolo acquisto si tendera’ a farne uno piu’
costoso.
Il principio di reciprocita’
Si basa sul concetto di scambio, se qualcuno fa un favore a
qualcun altro, quest’ultimo si sentira’ in qualche modo
obbligato a restituirlo. Cialdini fa notare che le persone
tendono a restituire proporzionalmente di piu’ di quanto
hanno ricevuto.
L’esempio e’ la tecnica del solo un penny. Questa tecnica
funziona attraverso la richiesta di qualcosa di minimo, che
sembra essere difficilmente rifiutabile da parte del
destinatario. Cialdini fa notare che con questo sistema non
diminuisce la quantita’ del denaro versato come invece ci si
potrebbe attendere. Si e’ peraltro evidenziato, che questa
tecnica funziona sia nella comunicazione diretta faccia a
faccia, sia attraverso il telemarketing.
Il principio di validazione sociale
Questo principio si basa su un’operazione euristica che puo’
essere messa in atto a fronte di un successo o di un desiderio
percepito come socialmente condiviso da molte altre
persone83.
83
Vannoni D, Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva, UTET Libreria
2003, pp. 45-49
80
La fama porta per molti versi al crescere del consenso in un
meccanismo che si autoalimenta. Cio’ vale sia per i personaggi
che per i prodotti. Molte tecniche relative a questo principio
vengono utilizzate nella vita quotidiana, dai musicisti di
strada che riempiono i cappelli di monete per far credere di
aver ricevuto apprezzamento da molte persone, alle risate
finte nelle commedie televisive; sono tutti esempi dell’utilizzo
del principio di validazione sociale.
La validita’ di un’idea aumenta con il numero di persone che
la supportano, in quanto l’opinione degli altri puo’ essere
estremamente informativa, specialmente nelle condizioni di
ambiguita’ e di incertezza84.
Sullo stesso principio si basa la tecnica del presentare al
destinatario una lista di nomi di persone (famose) che hanno
supportato una determinata idea, fattore che puo’ essere di
grande impatto ed efficacia.
Il principio della piacevolezza
Si basa sul fatto che la piacevolezza puo’ essere direttamente
proporzionale all’influenza o alla persuasione, ovvero
all’aumentare della piacevolezza aumenta anche il potere
persuasivo. La piacevolezza viene relegata da Cialdini a due
aree di base, la bellezza e la simpatia.
Anche l’attrazione fisica ha un peso importante, legato ad un
processo euristico (si tende a ritenere che alla bellezza fisica si
accompagni anche la gentilezza, l’onesta’, l’intelligenza, la
socievolezza), generalizzando quindi un singolo tratto per
implicarne altri.
Uno studio sulla comunicazione politica negli Stati Uniti,
condotto da Efran e Patterson nel 1976, ha dimostrato che i
politici ritenuti fisicamente belli, arrivavano ad avere il doppio
dei voti rispetto agli altri.
84
http://www.internetica.it/manipolazione.htm
81
Il principio della scarsita’
Prevede che gli oggetti di cui si percepisce la penuria siano
considerati di maggior valore da parte dei destinatari, questo
e’ dovuto anche al fatto che nel mercato del consumo di
massa, le persone spesso individuano la loro unicita’
attraverso il possesso di oggetti unici o rari.
Per creare questo effetto, le aziende possono contenere la
produzione di alcuni prodotti (facendo pochi pezzi, dedicati a
collezionisti), oppure possono limitare la distribuzione
(usando solo alcuni punti vendita).
Il principio di autorita’
Come gia’ accennato nei capitoli precedenti, la percezione
dell’autorita’ nel mittente puo’ essere un forte fattore di
influenza.
Si deve comunque considerare che, se il destinatario non e’ a
conoscenza del ruolo autorevole del mittente prima della
comunicazione, quest’ultimo puo’ utilizzare simboli e segni di
status sociale per affermare implicitamente la propria autorita’
o il proprio potere (oggetti, comportamenti, atteggiamenti).
82
3.5. Il messaggio persuasivo e la sua formulazione
Per essere persuasivo, un messaggio deve essere capito, e
quindi, deve essere chiaro, ma non solo questo. Deve essere
accattivante e attraente soprattutto per l’impatto visivo.
I responsabili del marketing, da circa un secolo, usano le
confezioni per pilotare le decisioni dei consumatori, da
quando, alla fine dell’Ottocento, la Quaker Oats comincio’ ad
inscatolare l’orzo macinato in un contenitore decorato dalla
figura di un quacchero che avrebbe dovuto suggerire la
purezza e la consistenza dei suoi cereali. Nel 1898, si rafforzo’
l’immagine di sano alimento per la colazione dei cereali,
aggiungendo ad ogni scatola una copia dell’opuscolo The Road
to Wellville, - “la strada per la citta’ del benessere” – le vendite
decollarono.
Il disegno delle confezioni e’ uno stimolo cosi’ efficace che le
marche generiche cercano di approfittarne facendo in modo
che le loro confezioni – il colore delle etichette, la forma del
contenitore – assomiglino alle marche nazionali piu’ vendute.
Altre tecniche di stimolo usate per incoraggiare i consumatori
sono il prezzo, l’immagine del negozio e la marca. Ciascuna di
esse suggerisce la qualita’ del prodotto secondo regole
proprie. Quanto piu’ il prezzo e’ alto, tanto maggiore e’ la
qualita’. Puo’ essere vero se si parla di Rolls Royce, ma non
necessariamente nel caso dei vini, delle medicine o delle
scarpe da ginnastica.
Lo stesso paio di jeans ha un aspetto migliore in un grande
magazzino rinomato che nel mercato. Le marche conosciute a
livello nazionale sono automaticamente ritenute superiori alle
marche dei grandi magazzini e a quelle generiche.
Come il prodotto, anche le persone possono essere
confezionate. Le prime informazioni che raccogliamo a
proposito di una persona (sesso, eta’, attrattive fisiche, status
83
sociale) sono, di solito associate a stereotipi che guidano il
pensiero.
Le persone di elevata posizione sociale, individuate
dall’abbigliamento o dalle maniere, sono a priori rispettate e
stimate. Ugualmente, le persone di bell’aspetto sono ritenute
di maggior successo, piu’ sensibili, rispetto alle persone
fisicamente meno attraenti.
Ritornando alla pubblicita’, i pubblicitari John Caples e David
Ogilvy sostengono che le pubblicita’ sono piu’ efficaci quando
contengono materiale abbondante e irresistibile, un messaggio
lungo con molti argomenti85.
E’ ovvio che un messaggio del genere e’ piu’ efficace di un
messaggio breve con argomenti deboli, quando pero’ il
messaggio viene letto. Secondo le ricerche della psicologia
sociale, quando le persone non riflettono su una questione, i
messaggi lunghi, indipendentemente dal fatto che contengano
argomenti deboli o forti, sono i piu’ persuasivi 86.
Un’altra tecnica di persuasione spesso impiegata consiste nel
caricare un messaggio di simboli e cliche’ tecnici corretti, che
informano il ricevente che il messaggio e’ accettabile e
attendibile. Alcuni politici, ad esempio, appaiono spesso con
la bandiera o invocano dio, come per dire: “la mia posizione e’
patriottica e religiosa, dunque merita di essere accettata”.
I segnali di stimolo, possono essere falsi. Ci sono poche
ragioni per presumere che le immagini di marca e gli
stereotipi abbiano qualche fondamento nei fatti. Un altro
problema e’ che le tecniche di stimolo possono essere
facilmente falsificate e manipolate.
Le scatole dei cereali possono essere ridisegnate in modo da
avere un aspetto sempre piu’ salutare, risate e applausi
possono essere doppiati in una trasmissione, i politici possono
essere allenati a trasudare manierismi accattivanti, le attrattive
fisiche possono essere migliorate attraverso il trucco o la
85
86
Pratkanis A, Aronson E, L’eta’ della propaganda, Il Mulino 2003, pp.214
Caples J, Tested advertising methods, Prentice Hall, 1974
84
chirurgia. L’essenza della pubblicita’ e’ una confezione ben
disegnata.
Nel mondo pubblicitario, i professionisti usano molti sistemi
di persuasione. Un vecchio trucco e’ “Se non avete nulla da
dire, cantatelo!” in altre parole, una moderata distrazione,
(fornita da una canzone, da un’immagine), puo’ ostacolare la
formulazione di obiezioni e accentuare l’efficacia di un
messaggio persuasivo.
La canzone fa sentire felice la gente, e speso questa felicita’ in
qualche modo potenzia l’efficacia del messaggio, attraverso
pensieri positivi che vengono associati al prodotto. Altre volte,
il motivo rimane in mente a ricordarci il nome del marchio. In
altri casi, un motivo orecchiabile o l’invadenza dello spot puo’
attirare la nostra attenzione su di esso in misura sufficiente a
impedirci di cambiare canale, con il risultato minimo di
ascoltare il messaggio pubblicitario.
Tuttavia, quando i pubblicitari dicono “Se non avete nulla da
dire, cantatelo!”, di solito intendono dire che una canzone o
una scena d’amore piccante o qualsiasi altro elemento
irrilevante, puo’ distrarci al punto da interrompere la naturale
formazione di controargomentazioni a un messaggio debole e
incongruente87.
Non tutti i pubblicitari pero’, sono d’accordo col detto
“cantatelo!”. Nei consigli che indirizza ai colleghi pubblicitari,
David Ogilvy88 chiama “artdirectorite” questo tipo di licenza
creativa e invita i colleghi ad astenersene.
Recentemente i pubblicitari televisivi hanno introdotto una
tecnica nuova e piu’ sottile che puo’ distrarre e disturbare
l’elaborazione dei messaggi; la compressione dei tempi. Per
risparmiare sui costi dei media, i pubblicitari possono
comprimere uno spot televisivo di trenta secondi facendolo
girare al 120% della sua velocita’ normale. Da un punto di
vista psicologico, gli spot compressi sono piu’ difficili da
confutare.
87
88
Pratkanis A, Aronson E, L’eta’ della propaganda, Il Mulino 2003, pp. 247
Ogilvy, La pubblicita’, pp. 88
85
Una serie di studi compiuti da Denny Moore, studioso di
psicologia del consumatore, conferma la relazione tra
compressione dei tempi, distrazione e persuasione. Scopri’ che
i soggetti non erano altrettanto in grado di produrre obiezioni
se messi di fronte ad un messaggio accelerato e che la
compressione di un messaggio fatto di argomenti forti riduce
la persuasione, mentre potenzia l’impatto persuasivo di un
messaggio contenente argomenti deboli.
Sono in uso una varieta’ di tattiche per distrarre
dall’elaborazione di un messaggio. Questa distrazione, se
moderata, puo’ condurre ad una maggiore persuasione 89.
89
Fabi C, Marbach G, L’efficacia della pubblicita’, ISEDI, Torino 2000, pp. 170
86
3.6. La persuasione subliminale
Il tema della persuasione subliminale ha avuto un forte
impatto sull’immaginario collettivo ed e’ stato oggetto di
dibattiti sin dalla sua apparizione, e ancora oggi, ne’ gli
scienziati ne’ gli esperti di marketing sono giunti ad una
conclusione definitiva.
Partendo dall’inizio, per percezione subliminale si intende la
possibilita’ di recepire informazioni attraverso stimoli
sensoriali che risultano al di sotto della soglia percettiva
cosciente. In parole semplici, si parla di percezione
subliminale quando uno stimolo non avvertibile in maniera
cosciente perche’ troppo debole, troppo confuso o troppo
rapido, viene comunque percepito 90.
L’interesse per la persuasione subliminale risale ai primi del
novecento, e nasce grazie ai sorprendenti risultati degli
esperimenti condotti dal neurologo Otto Poetzel (riportati
anche nell’edizione del 1919 de L’interpretazione dei sogni di
Freud).
Poetzel sottoponeva dei soggetti a delle proiezioni di
immagini per brevissime frazioni di secondo e poi chiedeva
loro di disegnare cio’ che avevano visto. Il giorno successivo,
esaminava i loro sogni, scoprendovi quegli elementi o
particolari delle immagini proiettate che il soggetto non aveva
rilevato consciamente il giorno prima e che non aveva
riportato nei suoi disegni91.
I risultati portavano alla luce il fatto che l’uomo vede e sente
molto di piu’ di quanto egli consapevolmente crede di vedere
e sentire, e anche quando egli vede e sente senza saperlo
rimane presente ed agisce nella sua memoria subconscia.
90
Merikle P, Skanes H, Subliminal self-help audiotapes: a search for Placebo Effect,
manoscritto non pubblicato, University of Waterloo, London, Ontario 1991
91
www.psicolab.net/index.asp
87
Questi risultati aprirono la strada ad una serie di studi sul
fenomeno della percezione subliminale. Un esperimento
recente che rappresenta un ulteriore testimonianza
dell’esistenza della percezione subliminale, e’ quello condotto
da Knust, Wilson e Zajonc nel 1996. Questo studio ha rilevato
che i soggetti, dovendo scegliere tra due immagini neutre,
preferivano quella a cui erano stati precedentemente esposti in
forma subliminale.
Tutti questi studi riguardano il fenomeno della percezione
subliminale; per quanto riguarda invece la persuasione
subliminale, ovvero gli effetti che hanno gli stimoli percepiti
in maniera subliminale sul comportamento, l’attenzione dei
scienziati si e’ concentrata su questo fenomeno a partire dalla
seconda meta’ degli anni ’50 del secolo scorso, in seguito al
noto esperimento del pubblicitario James Vicary.
Questo fu il primo tentativo di usare la comunicazione
subliminale come tecnica persuasiva. Vicary sottopose per sei
settimane il pubblico ignaro di un cinema di Fort Lee, (New
Jersey), a delle proiezioni subliminali che contenevano i
messaggi “Eat popcorn” e “Drink Coke”. Le frasi apparivano
ogni cinque secondi per un terzo di millisecondo, e quindi per
un tempo troppo breve per poter essere percepite
consciamente dagli spettatori.
Ciononostante, la cronaca riporta che le vendite di popcorn
aumentarono del 58%, mentre quelle di coca-cola salirono del
18%.
L’opinione pubblica fu molto colpita da questi risultati e l’idea
che la comunicazione subliminale potesse essere usata per
manipolare il pensiero e il comportamento delle persone si
diffuse velocemente, mettendo in allarme anche le autorita’
giudiziarie.
Vicary, messo alle strette, confesso’ in un’intervista del 1962,
di aver inventato tutto per fare pubblicita’ alla sua agenzia
pubblicitaria che verteva in grandi difficolta’.
88
Questo, pero’, non calmo’ le acque. Negli anni successivi, in
tutto il mondo, in Belgio, in Gran Bretagna, e negli Stati Uniti
vennero presi provvedimenti legali per vietare l’uso della
pubblicita’ subliminale.
I ricercatori e gli studiosi di psicologia si dimostrarono molto
scettici riguardo al potere della persuasione subliminale.
C’erano moltissime ricerche che confermarono l’esistenza
della percezione subliminale, ma queste avevano utilizzato
stimoli semplici, non era ancora stato dimostrato un effettivo
impatto dei messaggi subliminali sulle scelte e i
comportamenti delle persone.
Come riportano molti autori (Moore 1988; Pratkanis 1992;
Merikle 2000), e’ sicuramente vero che gli esseri umani
percepiscono anche stimoli di cui non sono consapevoli, ma
non e’ conosciuto in maniera definitiva se tali percezioni
abbiano poi un reale effetto sulle motivazioni e sul
comportamento. Se, quindi, e’ stata dimostrata l’esistenza
della percezione subliminale, non e’ ancora stata dimostrata la
possibilita’ di una persuasione subliminale.
Di recente, si e’ arrivati alla conclusione che la percezione
subliminale non sia percezione in assenza di sensibilita’ allo
stimolo, ma che piuttosto consista in una dissociazione tra
l’oggettiva percezione dello stimolo e la consapevolezza
soggettiva della percezione avvenuta. In pratica, si tratta di
una percezione in assenza di consapevolezza 92.
In primo luogo, esistono prove della percezione subliminale,
ossia di un’elaborazione minimale dell’informazione al di
sotto della soglia della coscienza. In secondo luogo, nessuno di
questi lavori presenta prove chiare a supporto dell’ipotesi che
i messaggi subliminali siano capaci di influenzare il
comportamento.
92
www.psicolab.net/index.asp
89
Come afferma lo psicologo cognitivo Timothy Moore:
“Non esiste una documentazione empirica di effetti subliminali
sufficientemente forti da indurre comportamenti particolari o da
modificare la motivazione. Inoltre, tale nozione e’ contraddetta da
molte ricerche ed e’ incompatibile con le concezioni dell’elaborazione
dell’informazione, dell’apprendimento e della motivazione che sono
state sviluppate sperimentalmente93.
Nonostante gli psicologi continuassero a pubblicare i risultati
di studi che dimostravano l’infondatezza scientifica della
possibilita’ di modificare il comportamento delle persone per
via subliminale, tale credenza continuava ad esistere.
In una serie di quattro libri di successo, Wilson Brian Key
contribui’ a dare larga diffusione alla credenza circa l’efficacia
persuasiva della comunicazione subliminale, portando
all’attenzione la possibilita’ di un uso generalizzato delle
strategie subliminali94.
Key sostiene che tali tecniche non sono limitate alla televisione
o al cinema. Messaggi accuratamente occultati, il cui obiettivo
e’ indurre all’eccitazione sessuale, sono presenti spesso nelle
fotografie e nelle immagini della pubblicita’, della stampa e
dei cartoni animati. Inoltre, denunciava l’esistenza di un
complotto internazionale tra pubblicitari e governanti per
controllare le menti dei consumatori attraverso l’uso di
tecniche subliminali.
Key ha condotto degli esperimenti a sostegno dell’efficacia
della seduzione subliminale. Nella maggior parte degli studi
pero’, e’ assente un gruppo di controllo o di confronto.
Scoprire che il 62% dei soggetti avverte una sensazione di
eccitazione, romanticismo o soddisfazione nel guardare uno
spot sul gin in cui la parola “sesso” viene nascosta nei cubetti
di ghiaccio, non dice nulla sull’efficacia dell’inserimento di
riferimenti sessuali.
93
94
Moore T, Subliminal advertising, in Journal of Marketing, 1982, pp. 38-47
Key W.B., Subliminal seduction, Englewood Cliffs, NY, 1989
90
Cosa accadrebbe se la parola “sesso” venisse cancellata dai
cubetti? Il 62% dei soggetti, forse, continuerebbe a sentirsi
romantico e soddisfatto. Forse il loro numero aumenterebbe,
forse diminuirebbe. Senza termini di confronto non possiamo
sapere. Gli esperimenti non sono riusciti a confermare le
congetture di Key a proposito della seduzione subliminale 95.
Come sintetizza bene Pratkanis, furono condotti nove
importanti esperimenti per valutare l’efficacia dei messaggi
subliminali, e tutti e nove ne dimostrarono la totale
infondatezza.
“Di fatto, e a discapito di quanto si scriva sui libri, sui giornali, le
tattiche di influenza subliminale non si sono dimostrate efficaci.
Certamente, come tutto cio’ che riguarda la scienza, qualcuno un
giorno potra’ forse sviluppare una tecnica subliminale che funzioni,
cosi’ come in futuro un chimico riuscira’ forse a trasformare il
piombo in oro. Personalmente, io non acquisterei piombo legandomi
a questa speranza”96.
Come emerge chiaramente da quanto detto fin ora, il tema
della persuasione subliminale e’ ancora avvolto in una grande
confusione, soprattutto a causa dell’ultimo esperimento
condotto.
Secondo una nuova ricerca condotta da alcuni studiosi
dell’Universita’ di Nijmegen, in Olanda, la pubblicita’
subliminale sarebbe efficace per la promozione di un brand, se
certe condizioni sono rispettate.
In un primo studio, i ricercatori hanno invitato un gruppo di
61 volontari a contare una stringa di “B” mostrata su no
schermo, mentre, a loro insaputa, venivano fatti apparire flash
della durata di 23 millisecondi.
Il messaggio che veniva mostrato a un gruppo conteneva le
parole “Lipton Ice”, mentre all’altro gruppo veniva passato un
messaggio privo di senso: “Nipeic Tol”.
95
96
Pratkanis A, Aronson E, L’eta’ della propaganda, Il Mulino 2003, pp. 385
www.vertici.com/rubriche/approfondimenti.htm
91
Al termine di questo primo test, venne chiesto ai volontari di
indicare quanta sete avessero e di scegliere quale bevanda
preferissero tra il Lipton Ice Tea e un brand di acqua minerale
locale, la Spa Rood. Coloro che si erano definiti assetati,
tendevano a preferire il Lipton Ice Tea, ma solo se avevano
ricevuto il messaggio subliminale.
In un secondo studio, i ricercatori olandesi avevano a
disposizione un nuovo campione di 105 volontari. La meta’ di
questi fu invitata a mangiare un cibo molto salato, prima che il
test precedente fosse ripetuto. Il dato interessante e’ che l’80%
di coloro che avevano sete e furono esposti alla pubblicita’
subliminale del Lipton Ice Tea, hanno scelto quel prodotto.
Invece, solo il 20% di quelli che avevano ricevuto come
messaggio subliminale il “Nipeic Tol”, hanno preferito il
Lipton. Inoltre, piu’ uno dei volontari aveva sete, e piu’ alta
era la probabilita’ che scegliesse il noto brand produttore di
te’. Il prossimo obiettivo di questi ricercatori, sara’ riuscire a
determinare quanto a lungo perdura l’effetto di una
pubblicita’ subliminale 97.
Per concretizzare, possiamo dire che cio’ che la ricerca
scientifica ci permette di asserire con certezza riguardo al
fenomeno della persuasione subliminale e’ che il fenomeno
esiste, ma si presenta soltanto in particolari condizioni
controllate.
Queste includono, ad esempio, la definizione della soglia
percettiva individuale per ciascun soggetto sperimentale e un
ambiente controllato e privo di ulteriori forme di stimolazione.
Condizioni, che, com’e’ ovvio, difficilmente abbiamo nella vita
normale, dove ci sono interferenze e sovrapposizione di altri
stimoli, e’ l’agire e’ determinato da processi decisionali
complessi ed articolati98.
97
98
www.marketingroutes.com/pubblicita’-subliminale-funziona
www.disinformazione.it/messaggisubliminali.htm
92
Si e’ visto inoltre, che la percezione subliminale, quando
avviene, riflette comunque l’abituale modo di interpretare gli
stimoli di ciascun soggetto, e che quindi sia, in qualche modo,
filtrata dagli schemi e dalle credenze degli individui; gli
effetti, infatti, sono molto piu’ intensi e di maggior durata se
gli stimoli sono ritenuti significativi ed importanti dai soggetti
che li ricevono. Tutto cio’ riduce notevolmente il potere
manipolatorio, paventato da molti, che e’ stato attribuito ai
messaggi subliminali99.
Infine, credere alla persuasione subliminale soddisfa
un’esigenza avvertita da molti individui. Nella nostra eta’
della pubblicita’ e della propaganda, le persone hanno scarse
informazioni sulla natura della persuasione. Il risultato e’ che
molti si sentono confusi e sconcertati di fronte ai processi
sociali fondamentali.
La persuasione subliminale e’ presentata come una forza
irrazionale che sfugge al controllo di colui che riceve il
messaggio. Come tale, essa assume una qualita’
“sopranaturale”, in grado di giustificare e spiegare il motivo
per cui le persone spesso vengono persuase a intrattenere
comportamenti apparentemente irrazionali.
Nonostante lo scetticismo degli scienziati, l’interesse per il
fenomeno non e’ andato scemando. L’affascinante idea della
possibilita’ di manipolare e controllare le menti – soprattutto
in relazione al potere dei mass media e della politica – rimane
interessante per molte professioni. Il dibattito rimane ancora
aperto.
99
www.encanta.it/psicologia.htm
93
Conclusione
In questa tesi ho esplorato la credibilita’ e l’efficacia dei
tentativi di confezionare e vendere prodotti, idee,
comportamenti, attraverso abili tattiche di persuasione. Ho
cercato di capire e di trasmettere le proporzioni di un
fenomeno in continua ascesa; la comunicazione persuasiva,
non piu’ vincolata solo ai “consigli per gli acquisti”, e’
diventata un fattore indispensabile in molti settori
professionali.
A livello personale, molti ritengono di essere in gran parte
immuni da tentativi spesso sfacciati, proprio per via della loro
ovvieta’. Un sondaggio d’opinione ha dimostrato che una
schiacciante maggioranza di persone ritiene che gli spot
televisivi contengano argomenti menzogneri. I risultati
indicano che piu’ le persone sono istruite, piu’ diventano
scettiche, e che le persone scettiche ritengono che il loro
scetticismo li metta al riparo dalla persuasione.
Il semplice fatto di pensare di essere immuni dalla
persuasione, non significa necessariamente esserne immuni.
Ad esempio, e’ dimostrato che i tentativi di educare i bambini
sulla pubblicita’ e i suoi scopi, portano ad un maggior
scetticismo nei confronti della pubblicita’, ma che questo
scetticismo raramente si traduce in un desiderio minore per le
marche pubblicizzate. Analogamente, molti adulti tendono ad
acquistare un determinato prodotto per il solo fatto che viene
pesantemente pubblicizzato100.
Risultati simili sono stati dimostrati anche per coloro che,
“conoscendo tutti i trucchi dei pubblicitari”, ritengono di
essere al riparo dalla persuasione. Le comunicazioni dei mass
media non sono tanto coinvolgenti o interessanti da indurci a
seguirle con attenzione ma, paradossalmente, proprio per
questa ragione sono piu’ persuasive.
100
Pratkanis A, Aronson E, L’eta’ della propaganda, Il Mulino, 2003, pp. 437
94
In questi casi, nonostante siamo consapevoli di essere la preda
dell’ideatore dell’annuncio, non tentiamo con tutte le nostre
forze di confutare il messaggio, e di conseguenza finiamo
spesso con il lasciarci persuadere.
Quindi e’ doveroso considerare che il fatto di essere
consapevoli dell’intento persuasivo, non significa non essere
persuasi. Questo e’ possibile poiche’ essere consapevoli
dell’intento persuasivo e’ un fattore conscio, mentre essere
persuasi rientra nello spazio inconscio.
I ricercatori hanno identificato un effetto detto della “terza
persona”, ossia la tendenza a credere che i mezzi di
comunicazione di massa influenzino piu’ gli altri che noi
stessi101.
Eppure, la realta’ dei fatti fa pensare che i tentativi di
persuasione siano estremamente efficaci, dal momento che i
successi in questo campo abbondano.
La capacita’ di influenzare gli altri non e’ la capacita’ di
imporre le proprie ragioni, bensi’ quella di scoprire quali siano
le leve motivazionali altrui che, se sollecitate, possono metterci
nelle condizioni di guidare chi ci sta di fronte “all’acquisto”
delle nostre ragioni102.
Le persone, pero’, non sono solo riceventi delle comunicazioni
persuasive, ma anche le fonti di tali messaggi. Molte
professioni richiedono un alto grado di abilita’ persuasive;
non solo il commercio, il diritto e la politica, ma anche la
medicina, la scienza e l’insegnamento.
Analogamente, per coloro che lavorano per candidati politici o
a sostegno di cause sociali o di iniziative di beneficenza, il
successo nel procacciare voti, nell’ottenere firme in calce a una
petizione, nel raccogliere fondi o nel diffondere informazioni
dipende dalle rispettive facolta’ di persuasione.
101
102
Davidson W, The third-person, in Public Opinion Quarterly, 1983, pp. 1-15
Pirovano F, La comunicazione persuasiva, De Vecchi Editore, 2003, pp. 5
95
Concretizzando, si potrebbe dire che mettiamo in atto un
tentativo di persuasione ogni qual volta elogiamo o
critichiamo un oggetto, difendiamo o attacchiamo un’idea,
propugniamo o avversiamo una posizione. La persuasione e’
diventata una capacita’ indispensabile per far funzionare le
cose della vita nel modo migliore.
Infatti, l’uso che si fa delle informazioni – cosi’ come di ogni
altra cosa – dipende soprattutto da chi le adopera e non tanto
dalle informazioni in se’. Percio’, la persuasione non e’ l’arte
di far fare agli altri cio’ che loro non vogliono fare; e’ invece la
capacita’ di motivarli all’ascolto, di convincerli ad essere
convinti.
“Percio’ e’ detto che se conosci gli altri e te stesso,
non sarai in pericolo anche in centinaia di battaglie;
se non conosci gli altri ma conosci te stesso,
ne vincerai una e perderai l’altra;
se non conosci gli altri ne’ te stesso,
ogni battaglia ti sara’ letale”.
(Sun Tzu)
96
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