oncologia IN RETE Giornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta n. 16 marzo 2011 1 5 8 10 13 Gianmauro Numico*, Pierfranfesco Franco°, Paolo Canzi§, Franca Ozzello° *SC Oncologia, °SC Radioterapia Oncologica Servizio di Tomoterapia, § SC Otorinolaringoiatria, Azienda USL della Valle d’Aosta A cura di Giorgio Vellani Editoriale Sommario Editoriale Casi clinici Progetto Spazio alle Commissioni Congressi Alla ricerca della giusta sinergia La complessità delle neoplasie del distretto cervico-cefalico e la peculiarità delle funzioni di questa sede anatomica richiedono, più di altri tumori, una stretta cooperazione tra competenze specialistiche diverse, in parte ancora difficile da realizzare Il distretto cervico-cefalico rappresenta una delle sedi di patologia tumorale più complessa e più raramente oggetto di approfondimento e di competenza multispecialistica, con ovvie ricadute sulla possibilità di costituire all’interno degli ospedali unità multidisciplinari dedicate. Le ragioni per le quali sia particolarmente difficile identificare competenze specifiche sono diverse; ne elenchiamo alcune, che ci paiono gli ostacoli più rilevanti per la costituzione di un gruppo multidisciplinare. La complessità anatomica Il distretto cervico-cefalico contiene, in uno spazio ristretto, organi e apparati diversi, con funzioni essenziali per la vita. Ciò rende difficile l’interpretazione degli esami strumentali e soprattutto la valutazione condivisa delle conseguenze anatomiche e funzionali di un trattamento locale. In altre parole “parlare la stessa lingua” all’interno di un GIC testa-collo comporta una conoscenza comune dell’anatomia e una diffusa abilità nelle interpretazioni della diagnostica per immagini. Per l’oncologo medico, la cui occupazione è spesso multisettoriale, è necessario un training di studio, ma soprattutto di frequentazione della sala operatoria o delle sale di “treatment planning” della radioterapia. Per il radioterapista oncologo diventa focale un’approfondita conoscenza dell’azione e degli effetti collaterali degli agenti chemioterapici e dei farmaci biologici e della loro possibilità di combinazione, nonché una stretta vicinanza con lo specialista d’organo al momento dell’obiettività endoscopica per una corretta caratterizzazione della neoplasia. Infine per lo specialista otorinolaringoiatra assume importanza fondamentale l’interazione polispecialistica e l’apertura verso opzioni terapeutiche extrachirurgiche. Le caratteristiche epidemiologiche L’incidenza complessiva delle neoplasie testa-collo è di circa 15-20/100.000 abitanti/anno; di queste meno della metà è di pertinenza multispecialistica. Ciò vuol dire che, tranne nei centri di riferimento, il numero di pazienti seguiti in un anno è insufficiente a occupare l’intera attività di uno specialista, rendendo quindi difficile la creazione di équipe dedicate. Un’altra difficoltà è rappresentata dalla molteplicità di istotipi; oltre infatti al più comune istotipo a cellule epidermoidali (circa l’80% delle neoplasie) vanno ricordati i tumori delle ghiandole salivari, i linfomi, i tumori indifferenziati del rinofaringe e alcune forme di neoplasie dei tessuti molli (sarcomi, neurinomi, tumori glomici, ecc.), ognuno caratterizzato da quadri clinici, percorsi terapeutici e prognosi differenti. Un ultimo aspetto epidemiologico che contribuisce alla complessità delle neoplasie epidermoidali è rappresentato dalle caratteristiche “medie” dei pazienti. La combinazione di fumo e alcol tra i fattori di rischio prevalenti rende infatti queste patologie tipiche di persone a basso livello di scolarità e con scarsa igiene personale e cura di sé, nonché con limitata capacità di interazione con l’équipe curante nelle scelte terapeutiche. Inoltre il frequente coinvolgimento di funzioni essenziali per la comunicazione crea ulteriori ostacoli all’instaurarsi di un rapporto di fiducia. Il legame tra organo e funzione Il sacrificio dell’organo in questo distretto è particolarmente coinvolgente; pertanto, se in tutti gli atti medici è indispensabile il consenso del paziente, in questo settore diventa ancora più essenziale un coinvolgimento informato, consapevole e responsabile. La valutazione dei rischi rispettivi di recidiva di malattia e di perdita dell’organo/funzione rappresenta una delle sfide principali della cura delle neoplasie testa-collo, che deve tenere conto della capacità dei trattamenti non solo di garantire la migliore sopravvivenza a distanza, ma anche di assicurare una qualità di vita accettabile. Non a caso è in questo campo che si sono sviluppati i più importanti studi di preservazione d’organo. 2 L’aggressività dei trattamenti La storia naturale di queste neoplasie è caratterizzata da una tendenza prevalente all’invasione locale o locoregionale e da una tardiva, meno comune metastatizzazione a distanza. Ciò è alla base dell’importanza che hanno storicamente assunto i trattamenti locoregionali nel dettare la prognosi della malattia e il ruolo “ancillare” delle terapie mediche. In realtà, mentre in altre patologie i trattamenti sistemici hanno influenzato la prognosi riducendo il tasso di ricadute a distanza (secondo il principio detto della “cooperazione spaziale”), il significato che essi rivestono nelle neoplasie testa-collo è soprattutto quello di ridurre il rischio di ricaduta locoregionale, in questo interagendo con la chirurgia e la radioterapia nel contesto di un meccanismo di “cooperazione locale”. Da qui la nuova consapevolezza dell’importanza della corretta esecuzione dei trattamenti con intento curativo, dopo anni in cui si è ritenuto che per ottenere i risultati migliori occorresse intensificare i trattamenti, portando allo sviluppo di regimi di radioterapia non convenzionali e di schedule di chemioterapia con alto potenziale radiosensibilizzante, ma gravati da elevate morbilità e mortalità qualora non gestiti con competenze specifiche. La necessità dell’interazione multispecialistica L’interessamento di molti apparati e funzioni, unitamente alle caratteristiche dei trattamenti, richiedono l’interazione di più figure professionali. Accanto allo specialista d’organo, al radioterapista e all’oncologo medico occorre per esempio che siano prese in considerazione sistematicamente le problematiche nutrizionali. Assume poi particolare rilevanza la diagnostica per immagini in molteplici fasi dell’iter del paziente, dalla valutazione della resecabilità chirurgica a quella della risposta ai trattamenti e dell’insorgenza di recidive o secondi tumori; ciò avviene con metodiche spesso complementari come la TC, la RMN, l’ecografia e la TC-PET, la cui integrazione e interpretazione richiede specialisti radiologi dedicati. Lo scarso interesse economico-industriale Fino alla dimostrazione dell’attività di farmaci di ultima generazione, come i taxani e cetuximab, l’investimento economico nella ricerca nelle neoplasie testa-collo è stato significativamente inferiore rispetto ad altre patologie. La scarsità di studi clinici ha facilitato il costituirsi di pratiche “fai-da-te”, basate poco sull’evidenza e molto sull’esperienza maturata dal centro, quando non sull’autorevolezza di singoli specialisti. Una delle funzioni di un GIC è oggi quello di riportare la pratica clinica nel contesto di comportamenti basati sulle evidenze scientifiche, attraverso l’analisi della letteratura e la costruzione di linee guida interne. Inoltre anche in questo settore l’inserimento dei pazienti negli studi clinici rappresenTabella 1. Valutazione iniziale del paziente con tumore testa-collo Qual è lo stadio di malattia? Il tumore è resecabile? Quali danni funzionali comporta la resezione? Quali probabilità vi sono che l’intervento chirurgico sia radicale? Quali trattamenti alternativi alla chirurgia sono proponibili? È fattibile un trattamento radioterapico radicale? È fattibile un trattamento chemioradioterapico concomitante? Quale sequenza terapeutica è migliore? Quale strategia nutrizionale occorre predisporre? ta un’importante occasione di miglioramento della qualità assistenziale, oltre che un’opportunità di cura per i pazienti. Quali le decisioni da condividere La valutazione iniziale del paziente rappresenta un momento cruciale per l’esito futuro dei trattamenti (Tabella 1). Le risposte ai quesiti iniziali comportano - oltre a una conoscenza approfondita della patologia, a un’esperienza significativa e a un’abitudine consolidata al confronto - la considerazione di alcuni elementi non strettamente medici, quali l’età del paziente, le condizioni sociofamiliari e la disponibilità ad accettare la tossicità dei trattamenti. Seguono poi altri “nodi decisionali” che richiedono un approccio multidisciplinare, tra cui la valutazione della risposta alla radioterapia e la diagnostica della recidiva locoregionale, per le quali le informazioni che provengono dalla diagnostica per immagini sono spesso insufficienti. L’approccio terapeutico in modalità combinata I trattamenti integrati rappresentano la peculiarità terapeutica principale di questo settore dell’oncologia. A partire dagli anni ottanta diversi studi randomizzati hanno sancito il miglioramento dei risultati quando alla terapia locale è stato aggiunto un trattamento sistemico (associazione di radio e chemioterapia), che ha consentito di fornire al paziente il cosiddetto “therapeutic gain”, ossia un vantaggio in termini di risposta tumorale rispetto a quello ottenuto con gli stessi agenti tumoricidi usati singolarmente. Le modalità di interazione tra radioterapia e chemioterapia possono essere di tipo “non-interattivo”, quando ogni opzione terapeutica svolge la sua attività in modo indipendente dall’altra (con uno spostamento della curva dose-risposta verso frazioni di sopravvivenza cellulare più basse, senza una modificazione della morfologia) oppure di tipo “interattivo”, quando l’associazione terapeutica potenzia l’effetto dei singoli agenti (con un cambiamento della forma e della pendenza della curva dose-risposta). I meccanismi d’azione di tipo non interattivo sono la già menzionata cooperazione spaziale, l’azione tumoricida indipendente, ossia una sorta di somma algebrica degli effetti dei singoli agenti senza effetti additivi, e la riduzione volumetrica della massa tumorale quando la chemioterapia è utilizzata in modalità neoadiuvante rispetto alla radioterapia. I meccanismi d’azione di tipo interattivo si svolgono a livello cellulare e molecolare e coinvolgono il danno e il conseguente riparo della doppia elica del DNA, la sincronizzazione del ciclo cellulare, l’incremento dell’apoptosi, la riossigenazione e l’inibizione della proliferazione cellulare. 3 BIBLIOGRAFIA Il timing della combinazione radiochemioterapica L’aggiunta della chemioterapia al trattamento radiante ha apportato significativi miglioramenti alla prognosi dei pazienti affetti da tumori del distretto cervicocefalico in stadio localmente avanzato. L’approccio migliore in termini temporali della combinazione radiochemioterapica è materia di acceso dibattito all’interno della comunità scientifica. A questo proposito una vasta metanalisi di studi prospettici e randomizzati ha dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza globale (intorno al 4% a 5 anni) dall’aggiunta della chemioterapia alla radioterapia esclusiva. Questo vantaggio è strettamente correlato al timing dell’approccio combinato; infatti per la schedula radiochemioterapica concomitante tale risultato sale all’8% (a 5 anni) ed è principalmente dovuto a un aumento del controllo locoregionale della malattia. Il beneficio più pronunciato è stato dimostrato con regimi chemioterapici a base di composti del platino. La schedula terapeutica più studiata è quella con cisplatino alla dose di 100 mg/m2 somministrata nei giorni 1, 22 e 43 del trattamento radiante, che è gravata però da un profilo di tossicità non trascurabile. Un’alternativa è oggi considerata l’associazione di radioterapia e cetuximab che, in un noto studio randomizzato, ha documentato un miglioramento della sopravvivenza (del 10% circa a 5 anni) e del controllo locale di malattia rispetto alla sola radioterapia, in assenza di un significativo peggioramento delle tossicità acute. La chemioterapia di induzione (neoadiuvante) garantisce un alto tasso di risposte obiettive (fino all’80% negli schemi a base di platino, con 20-30% di remissioni complete), un lieve beneficio in termini di sopravvivenza e un lieve decremento del tasso di diffusione sistemica, soprattutto nelle subanalisi degli studi con chemioterapia a base di cisplatino e carboplatino. La schedula terapeutica che ha documentato i migliori risultati è la tripletta a base di cisplatino/5fluorouracile/docetaxel (TPF). Allo stato attuale lo standard terapeutico costituito dall’associazione di chemioterapia e radioterapia con schedula concomitante non è stato direttamente confrontato con l’associazione di cetuximab e con gli schemi sequenziali. Rimangono quindi aperti importanti quesiti, oggetto di studi in corso, che ci si auspica forniranno in futuro dati sostanziali che possano indirizzare le scelte terapeutiche del clinico. 4 La moderna radioterapia “high-tech” Negli ultimi anni la radioterapia oncologica è stata teatro di uno sviluppo tecnologico tumultuoso, con l’introduzione di nuove metodiche di irradiazione che hanno apportato significativi miglioramenti alla precisione balistica delle tecniche, consentendo di allargare la cosiddetta finestra terapeutica e aumentare la probabilità di controllo tumorale a fronte di una diminuzione degli effetti collaterali. Le metodiche di imaging funzionale, quali PET o SPECT, permettono di caratterizzare dal punto di vista metabolico una lesione neoplastica (metabolismo glucidico, turn over di membrana, ipossia tumorale). Questa caratteristica consente al radioterapista oncologo di effettuare il cosiddetto “dose painting”, una sorta di distribuzione differenziale della dose in funzione di tali proprietà metaboliche, con regioni considerate ad alto rischio che ricevono radiazioni elevate e zone a basso rischio che vengono risparmiate. In tal modo è possibile “dipingere” la dose sulla base del contesto oncologico che ci si trova ad affrontare, permettendo in linea teorica di aumentare le probabilità di controllo di malattia e di risparmiare simultaneamente gli organi a rischio circostanti. Questa selettività di radiazione è resa possibile dalle moderne tecniche radioterapiche. La radioterapia ad intensità modulata (IMRT) riesce ad adattare la dose alle superfici concave e convesse garantendo specificità e selettività di irradiazione. La radioterapia guidata dalle immagini (IGRT) permette il monitoraggio giornaliero del volume bersaglio e la possibilità di effettuare correzioni della posizione del paziente in base al movimento d’organo e al set up registrato, garantendo una notevole precisione balistica della radioterapia. La IMRT dinamica (tomoterapia, VMAT, RapidArc) è un’ulteriore evoluzione della IMRT, che approccia il target secondo una geometria elicoidale o ad archi dinamici, garantendo sostanziali vantaggi dosimetrici e permettendo tecniche ad alto gradiente di dose con ulteriore possibilità di selettività e precisione. In conclusione lo scenario della moderna radioterapia high tech apre ampie possibilità di cura e di minimizzazione degli effetti collaterali in oncologia clinica e, in particolare, nel contesto dei tumori del distretto cervico-cefalico. Bonner JA et al. Radiotherapy plus cetuximab for locoregionally advanced head and neck cancer: 5-year survival data from a phase 3 randomised trial, and relation between cetuximab-induced rash and survival. Lancet Oncol 2010; 11: 21-28 Bourhis J et al. Cetuximab in the management of locoregionally advanced head and neck cancer: Expanding the treatment options? Eur J Cancer 2010; 46: 1979-1989 Combinazioni vincenti Questi casi mostrano come la combinazione RT/CT - modulata a seconda delle specifiche valutazioni oncologiche e internistiche rappresenti l’opzione di scelta nel trattamento delle neoplasie cervico-cefaliche. In particolare l’associazione RT/cetuximab nel primo caso e l’impiego sequenziale di terapia d’induzione e di RT/cetuximab nel secondo hanno permesso di controllare la malattia, se non addirittura di eradicarla, con tossicità accettabili e in ogni caso gestibili Carcinoma testa-collo localmente avanzato Marcella Occelli Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle, Cuneo Uomo di 70 anni, fumatore fino a 42 anni (4-5 sigarette al giorno), beve mezzo litro di vino al giorno. Anamnesi patologica remota: impianto di pace maker bicamerale, 3 interventi di angioplastica, nefrectomia destra per carcinoma renale a cellule chiare pT1, carcinoma prostatico Gleason 6 (3 + 3) per il quale il paziente è in terapia con ciproterone acetato. Nell’agosto del 2006 l’uomo effettua agoaspirato su linfoadenopatia laterocervicale destra che risulta positivo per cellule di carcinoma squamoso. Nel mese di settembre all’esame obiettivo e alla fibroscopia viene riscontrata una neoformazione alla base della lingua destra estesa oltre la linea mediana; si esegue quindi una TAC del collo-torace che evidenzia adenopatie laterocervicali bilaterali, mentre non viene refertata la lesione alla base della lingua destra. Dopo valutazione multidisciplinare, considerate le comorbilità del paziente, si opta per un trattamento radiante esclusivo associato a terapia settimanale con cetuximab 400 mg/m2 alla prima somministrazione, 250 mg/m2/settimana in seguito. Il trattamento è eseguito in regime di ricovero da fine ottobre sino al 21 dicembre. Nel marzo del 2007 il paziente è sottoposto a svuotamento laterocervicale funzionale bilaterale a livello del collo; all’esame istologico si riscontrano metastasi in 2/13 linfonodi a sinistra e assenza di metastasi nei 10 Bonner JA et al. asportati a destra. Radiotherapy plus cetuxiAlla visita effettuata all’inizio del 2011 il paziente appare in condizioni generali discrete, con PS 1 e nessuna evidenza clinico-strumentale di malattia oncologica in atto. mab for squamous-cell carcinoma of the head and neck. N Engl J Med 2006; 354: 567-578 BIBLIOGRAFIA 1 CASO CLINICO Casi clinici A cura di Marcello Tucci 5 Casi clinici CASO CLINICO 2 Carcinoma testa-collo localmente avanzato Marcella Occelli Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle, Cuneo Donna di 58 anni, fumatrice (10-15 sigarette /die), storia di potus. Nel mese di gennaio del 2008 si rileva tumefazione del corpo linguale con progressiva difficoltà alla deglutizione e conseguente calo ponderale di circa 4 kg. Non vengono effettuate ulteriori indagini per rifiuto da parte della paziente. A causa dell’incremento della lesione la donna si sottopone a visita otorinolaringoiatrica che pone diagnosi di neoplasia linguale cT4 N2b; la biopsia risulta positiva per carcinoma squamoso. In considerazione della localizzazione del tumore primitivo e dell’estensione della lesione non è proponibile una soluzione chirurgica, pertanto si opta per un trattamento integrato chemioradioterapico; prima di intraprendere le cure viene posizionata la PEG ed effettuata una valutazione odontostomatologica per la bonifica dentaria. BIBLIOGRAFIA Dal mese di ottobre del 2008 si avvia una chemioterapia di induzione con schema a cadenza trisettimanale per due cicli (protocollo clinico Cercefa 2): docetaxel 75 mg/m2 (giorno 1) + cisplatino 25 mg/m2 (giorni 1, 2, 3) + 5-fluorouracile 250 mg/m2 (giorni 1, 2, 3). 6 Pinto C et al. Management of skin toxicity associated with cetuximab treatment in combination with chemotherapy or radiotherapy. Oncologist 2011; Jan 27 (Epub ahed of print) Gregoire V et al. Squamous cell carcinoma of the head and neck: EHNS–ESMO–ESTRO Clinical Practice Nei mesi di dicembre del 2008 e di gennaio del 2009 è avviato un trattamento a base di radioterapia (dose totale 69,5 Gy) + cetuximab 450 mg/m2 alla prima somministrazione, successivamente 250 mg/m2/settimana. Durante il trattamento la paziente sviluppa un’epidermolisi umida (tossicità cutanea G3) a livello del collo e del volto, per cui viene sottoposta a medicazioni in radioterapia. Sono inoltre effettuate due sostituzioni della PEG, durante e al termine del trattamento. Alla fine della terapia si osserva una risposta clinica completa. A maggio del 2009 si procede a svuotamento laterocervicale modificato di tipo III a sinistra e a svuotamento laterocervicale selettivo di I livello a destra. L’esame istologico rivela un’iperplasia reattiva nei 31 linfonodi laterocervicali a sinistra e nei 5 linfonodi a destra: pN0. La donna è sottoposta a ulteriori medicazioni per deiscenza della sutura a sinistra, cui segue guarigione, e prosegue la nutrizione enterale per mezzo di PEG e l’alimentazione con cibi morbidi. All’ultima visita a fine settembre del 2010 non sono presenti segni clinici né radiologici alla TAC di ripresa di malattia. Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up. Ann Oncol 2010; 21: v184-v186 Pointreau Y et al. Preliminary results of the randomized phase II TREMPLIN study: TPF Induction chemotherapy followed by radiotherapy plus cisplatin or cetuximab. ECCO-ESMO Berlino 2009, Abs 8508 Russi EG et al. Ultrathin hydrocolloid dressing in skin damaged from alternating radiotherapy and chemotherapy plus cetuximab in advanced head and neck cancer (GONO AlteRCC Italian Trial): in regard to Macmillan et al. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2007; 68: 864-872 COMMENTO Marcello Tucci Oncologia Medica, Ospedale S. Luigi Orbassano, Torino Nell’editoriale è stata più volte ribadita la complessità di un paziente come quello affetto da neoplasia del distretto cervico-cefalico. Tale complessità è dovuta almeno in parte al fatto che appartengono al nostro bagaglio terapeutico trattamenti, spesso combinati, che hanno sicuramente un intento curativo, ma che per contro sono caratterizzati da un’aggressività rilevante e pertanto gravati da elevati tassi di morbilità e mortalità, soprattutto quando non vengono effettuati in ambiti superspecializzati. La gestione di tale setting di pazienti appare ancora più difficile se si pensa alle loro caratteristiche peculiari; si tratta infatti frequentemente di soggetti con scarsa compliance e pluripatologici a causa degli stessi fattori che hanno presumibilmente favorito lo sviluppo della neoplasia (quali l’abuso di fumo e di alcol). Da queste premesse si evince come la gestione del paziente con neoplasia cervico-cefalica non possa prescindere da un approccio multidisciplinare che permetta a competenze specifiche e specializzate di lavorare fianco a fianco con l’obiettivo di pianificare il miglior trattamento possibile in termini di costi/benefici. I casi clinici qui descritti sono esemplificativi di questa strategia ad ampio spettro, in cui gioca un ruolo importante l’approccio terapeutico integrato che combina trattamenti radianti altamente innovativi a schemi chemioterapici tradizionali o ai nuovi farmaci a target molecolare con modalità diverse a seconda sia delle caratteristiche tumorali sia della tipologia del paziente. Nel primo caso l’attenta valutazione del paziente non solo dal punto di vista oncologico in senso stretto - neoplasia localmente avanzata -, ma anche da quello internistico - età e importanti comorbilità cardiovascolari e renali - ha portato a scegliere la radioterapia in associazione a cetuximab, un trattamento caratterizzato da notevole efficacia e non gravato da tossicità rilevante. Difatti la combinazione terapeutica e il successivo svuotamento chirurgico hanno permesso di ottenere, a distanza di circa 4 anni dalla fine del trattamento, la remissione di malattia sia da un punto di vista clinico-strumentale sia per quanto riguarda la preservazione di una buona qualità di vita (il paziente è in discrete condizioni di salute). Lorch JH et al. Induction chemotherapy with cisplatin and fluorouracil alone or in combination with docetaxel in locally advanced squamous-cell cancer of the head and neck: long-term results of the TAX 324 randomised phase 3 trial. Lancet Oncol 2011; 12: 153-159 Gregoire V et al. Squamous cell carcinoma of the head and neck: EHNS–ESMO–ESTRO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up. Ann Oncol 2010; 21: v184-v186 Pointreau Y et al. Preliminary results of the randomized phase II TREMPLIN study: TPF Induction chemotherapy followed by radiotherapy plus cisplatin or cetuximab. ECCO-ESMO Berlino 2009, Abs 8508 Bonner JA et al. Radiotherapy plus cetuximab for squamous-cell carcinoma of the head and neck. N Engl J Med 2006; 354: 567-578 BIBLIOGRAFIA Nel secondo caso la relativa giovane età della paziente e l’assenza di comorbilità rilevanti hanno permesso di trattare una neoplasia localmente avanzata inoperabile con una chemioterapia di induzione che prevedeva l’associazione di 3 farmaci, seguita dal trattamento combinato cetuximab + radioterapia; tale approccio terapeutico ha consentito di ottenere la remissione completa della malattia, confermata a distanza di circa 2 anni dal termine del trattamento, a fronte di una tossicità accettabile e gestibile. 7 Progetto A cura di Anna Novarino Ipotesi di protezione Al fine di fare maggiore chiarezza sul ruolo protettivo della metformina nei confronti dello sviluppo di tumori nei pazienti diabetici sono stati avviati due importanti studi complementari, uno condotto su un consistente campione di pazienti torinesi, l’altro effettuato su una coorte europea Carlotta Sacerdote Epidemiologia dei Tumori 1, ASOU San Giovanni Battista, Torino Progetto: Trattamento con metformina e rischio di tumore nella popolazione torinese Responsabile del progetto: Carlotta Sacerdote Metformina e tumori: tra biologia ed epidemiologia La metformina è un antidiabetico orale che appartiene alla categoria dei biguanidi e come tale ha un’azione ipoglicemizzante: riduce la produzione epatica di glucosio inibendo la gluconeogenesi azione mediata dall’attivazione dell’enzima epatico adenosina monofosfato protein kinasi (AMPK) e contemporaneamente sensibilizza i tessuti periferici all’azione dell’insulina con un meccanismo non ancora del tutto chiarito. Negli ultimi anni è stato ipotizzato un effetto protettivo della metformina nei confronti dell'incidenza e della mortalità dei tumori in diverse sedi. Studi epidemiologici suggeriscono però che il diabete potrebbe essere associato a un rischio maggiore di sviluppo neoplastico; si ipotizza che l’aumento della probabilità di tumore sia dovuto all’assunzione di insulina, ma l’evidenza che tale rischio sia modulato da altri farmaci antidiabetici come la metformina è limitata. Infatti gli studi controllati e randomizzati non sono disegnati per valutare esiti tumorali e gli studi osservazionali sono difficili da progettare per la presenza di numerosi confondenti. Per indagare gli effetti della metformina sono stati recentemente effettuati studi in vitro e in vivo. In vitro è stato dimostrato che l’attivazione di AMPK da parte della metformina inibisce la crescita delle cellule di glioma, mieloma multiplo e tumore della mammella. Studi in vivo hanno evidenziato che il trattamento con metformina nei topi può inibire la crescita neoplastica e diminuire l’incidenza delle neoplasie stesse. Alcuni studi epidemiologici hanno suggerito che i pazienti diabetici trattati con metformina sperimentano una ridotta incidenza tumorale o una minore mortalità per tumore rispetto a soggetti non trattati con questo farmaco. In particolare studi che hanno confrontato il trattamento con metformina con il trattamento con insulina e sulfoniluree hanno evidenziato un maggiore rischio di cancro nei diabetici trattati con il secondo gruppo di farmaci, anche se non è stato possibile determinare se ciò sia dovuto a un effetto protettivo della metformina, a un aumento del rischio causato dall'insulina o dalle sulfoniluree o a entrambi i meccanismi. Il progetto piemontese Il progetto “Trattamento con metformina e rischio di tumore nella 8 popolazione torinese” è stato avviato nel 2010 in collaborazione con Roberto Gnavi (Unità di Epidemiologia dell’ASL5) e con Roberto Zanetti (Registro Tumori del Piemonte). L’obiettivo primario dello studio - che prevede l’integrazione di database correnti mediante procedure di record-linkage - è verificare se nella popolazione torinese adulta esista un effetto protettivo della metformina verso il rischio di tumore per tutte le sedi. Nello specifico in questo progetto si prevede di: - indagare il possibile ruolo protettivo della metformina verso diversi tipi di tumore nei pazienti diabetici - indagare il possibile ruolo protettivo della metformina nei pazienti diabetici e non diabetici rispetto a una coorte di popolazione generale. L’obiettivo secondario è invece accertare se vi sia un aumento di rischio di tumore nei pazienti diabetici trattati con insulina analizzando l’effetto della durata del trattamento e l’effetto dose-risposta. Negli ultimi mesi è stato avviato il processo di identificazione della coorte di pazienti diabetici e non diabetici che hanno assunto metformina; infatti fra le indicazioni terapeutiche della metformina si è aggiunta quella di coadiuvante della dieta per il dimagrimento in soggetti obesi con insulino-resistenza e in donne con ovaio policistico. Lo studio ha un disegno efficiente perché utilizza i dati sanitari correnti con linkage anonimi a partire dallo Studio Longitudinale Torinese, utilizzando archivi relativi alla popolazione adulta residente a Torino tra il 2000 e il 2005. Alle informazioni sociodemografiche contenute nello Studio Longitudinale saranno collegate le informazioni relative ai farmaci prescritti, allo status di diabete e alla presenza di tumori maligni. I pazienti torinesi iscritti nel registro dei diabetici alla data del 31 luglio del 2003 sono 33.453; da un’analisi preliminare dell’archivio delle prescrizioni farmaceutiche è risultato che in un anno campione - il 2005 - 13.600 soggetti hanno assunto metformina. A tale dato estrapolato dai dati correnti si aggiunge quello che emerge da uno studio pilota, coordinato sempre dal nostro centro, che ha analizzato una coorte di diabetici torinesi arruolati nello studio epidemiologico European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition o EPIC (vedi più avanti); in questo studio pilota si è osservato che circa il 40% dei pazienti assume o ha assunto metformina da sola o in combinazione con altri farmaci in un periodo di 5 anni. Questi numeri suggeriscono che lo studio piemontese ha la possibilità di individuare percentuali di riduzione di rischio di tumore anche piccole mantenendo la significatività statistica. Inoltre la popolazione torinese è un laboratorio ideale per questo tipo di indagine in quanto sono presenti e attivi da molti anni un Registro dei Pazienti Diabetici e un Registro Tumori i cui dati sono attendibili e validati. Il progetto Europeo In parallelo al Progetto piemontese, il Servizio di Epidemiologia dei Tumori sta coordinando uno studio sulla metformina all’interno della già citata coorte EPIC, una coorte europea che ha arruolato negli anni novanta 400.000 volontari (35-70 anni di età) in 9 Paesi europei. Questo studio ha obiettivi complementari a quelli dell’indagine piemontese: indagare la relazione fra utilizzo di metformina e rischio di tumore in una coorte di diabetici di cui si conoscano i dati clinici, i farmaci assunti, la dieta e le abitudini di vita al momento dell’ingresso nello studio. A tale scopo sono state estratte una coorte di 6.412 pazienti diabetici e una sottocoorte di 6.500 partecipanti sani, delle quali sarà analizzato l’effetto del consumo di metformina, tenendo conto di alcuni dati confondenti quali la durata del diabete, le abitudini di vita (attività fisica, fumo, eccetera), la dieta e le comorbilità. Bodmer M et al. Long-term metformin use is associated with decreased risk of breast cancer. Diabetes Care 2010; 33: 1304-1308 Libby G et al. New users of metformin are at low risk of incident cancer: a cohort study among people with type 2 diabetes. Diabetes Care 2009; 32: 1620-1625 Bowker SL et al. Increased cancer-related mortality for patients with type 2 diabetes who use sulfonylureas or insulin. Diabetes Care 2006; 29: 254-258 Evans JM et al. Metformin and reduced risk of cancer in diabetic patients. BMJ 2005; 330: 1304-1305 BIBLIOGRAFIA Conclusioni I risultati ottenuti da questi due progetti complementari permetteranno nei prossimi mesi di identificare con più chiarezza il ruolo della metformina, ma anche degli altri farmaci antidiabetici, nello sviluppo e nella crescita dei tumori in diverse sedi. In particolare nello studio piemontese sarà indagato il ruolo del farmaco nel rischio di tumore in pazienti diabetici e non diabetici in un’ampia popolazione (con il limite di utilizzare i soli dati correnti che non permettono un approfondimento clinico sui pazienti). Nello studio di coorte EPIC tale ruolo sarà invece analizzato in un campione più piccolo, ma per la prima volta con un disegno prospettico e con un buon approfondimento di analisi, potendo tener conto di confondenti dietetici e abitudini di vita. 9 Spazio alle Commissioni A cura di Vittorio Fusco Un buon dialogo interno innanzitutto Alla luce degli importanti cambiamenti organizzativi a cui la Rete è andata incontro negli ultimi due anni, la Commissione Informazione e Comunicazione ha incentrato maggiormente le proprie attività sulla comunicazione tra gli operatori del settore. Tra queste spiccano le attività informative e formative sui CAS e i progetti CONTACI e CORO Intervista a: Mario Clerico SC Oncologia, ASL 12, Biella di Vittorio Fusco Dipartimento Onco-Ematologico, Azienda Sanitaria Ospedaliera, Alessandria Quale impatto ha avuto la riorganizzazione della Rete avvenuta negli ultimi due anni sulle attività della Commissione? Tra il 2009 e il 2010 la Rete Oncologica ha vissuto cambiamenti organizzativi importanti e in continua evoluzione, che hanno reso più difficile lo sviluppo di un progetto informativo organico rivolto ai cittadini. Di conseguenza l’attività della Commissione Informazione e Comunicazione si è maggiormente concentrata sulla comunicazione tra gli operatori: in tale ambito una delle iniziative più significative è stato l’incontro che si è svolto il 25 ottobre del 2010 fra gli organi amministrativi dei CAS per fare il punto su cosa è cambiato e cosa è rimasto immutato rispetto al precedente incontro del 2007. Per quanto riguarda i CAS in particolare la Commissione svolge un’attività costante di trasmissione delle informazioni tra le diverse strutture operanti sul territorio. Un impegno particolarmente positivo - al quale vale la pena dedicare uno spazio più ampio in questa sede - è stato il convegno “CONTACI: convivere con il tumore, progetti, esperienze” che si è svolto a Biella nel mese di marzo del 2010. Da non dimenticare inoltre l’attività di revisione dei documenti informativi della Rete Oncologica e lo sviluppo di nuovi materiali, quali per esempio gli opuscoli “Ti hanno detto che…” che si sono arricchiti di due nuovi titoli “Lo sai che cosa sono i GIC e i CAS?” e “Un contributo regionale per l’acquisto di parrucche”. La Commissione garantisce infine il costante aggiornamento della banca dati dedicata ai progetti di ricerca in ematologia e oncologia attivati in Piemonte e Valle d’Aosta, con la loro pubblicazione sul sito della Rete Oncologica a partire dal 2009. Quale sarà l’impegno della Commissione per la realizzazione delle “Linee di indirizzo, obiettivi e piano di attività 2011 del Dipartimento Interregionale e Interaziendale Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta” approvate nel dicembre del 2010? A tale riguardo la Commissione ha preparato e sottoposto alla direzione del Dipartimento un piano che comprende i seguenti punti: - realizzazione di una newsletter per gli operatori della Rete Oncologica, con un ampliamento dell’attività che attualmente è svolta dalla segreteria - elaborazione di un questionario per i medici di famiglia, allo scopo di monitorare le esigenze comunicative della loro categoria - proposta di un questionario per gli infermieri della Rete Oncologica 10 - aggiornamento della cartellonistica e applicazione dell’identità visiva della Rete - campagna dedicata all’“Accreditamento dei percorsi del colon-retto” - divulgazione dei risultati delle sperimentazioni cliniche degli operatori della Rete. Può illustrarci nel dettaglio l’esperienza CONTACI, di cui ci ha già anticipato i risvolti positivi? Il convegno nazionale CONTACI è un evento originale e inedito nato dall’esigenza di fare emergere i progetti e le esperienze in grado di affrontare sia l’aspetto clinico sia la prospettiva umana della malattia, dando voce e spazio a tutti coloro che si impegnano ogni giorno per migliorare l’assistenza ai malati di cancro e alle loro famiglie. Un luogo dove confrontarsi e mettersi in discussione e, soprattutto, dove riflettere sulla strada da intraprendere. CONTACI, dunque, perché il paziente “conta” sulla competenza del personale sanitario e quest’ultimo a sua volta può “contare” sulla fiducia del paziente; entrambi “contano” sulle migliori tecnologie e terapie disponibili. Nell’incontro biellese sono state organizzate sessioni plenarie e laboratori e sono state presentate 67 esperienze e proposte provenienti da tutta Italia. Ciò ha rappresentato l’inizio per “contare” quante persone sono veramente disponibili a prendere parte al progetto. L’iniziativa - nata dall’azione congiunta del Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO), della Rete Oncologica del Piemonte e Valle d’Aosta e dell’associazione di pazienti Bianco Airone onlus - è stata valutata molto positivamente dalle istituzioni: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato una medaglia quale premio di rappresentanza, mentre il Ministro della Salute Ferruccio Fazio e l’ex presidente della Regione « In Piemont Piemonte Mercedes Bresso hanno scritto parole di appreze p rogetto uni nasce CONTACI, un zamento (vedi i Box). come obiett co in Italia, che ha Il successo di CONTACI ha spinto gli organizzatori a proi vere il con vo quello di promuoporre una nuova edizione, che si terrà nuovamente a Biella fronto e lo anche sulla s il 7 e 8 ottobre del 2011 e sarà intitolata “Tumore: odissea dimensione cambio d u e mana l la malattia o percorso organizzato? Proposte tra ospedale e territorio, , o l t r e c q he su uella clini dalla diagnosi al dopocura”. spero possa ca. Un evento che tempo e div consolidarsi nel e riferimento ntare un punto di e soprattut per i professionisti condurre e v e d n to per i ci o n a n ttadini.» « La malatti ine e all’allontaname d Mercedes Bresso alla solitu sona dal contesto r Ex Presidente d to della pe lazioni. Accanto alla ella Regione Pie e r e r e e u i s l a monte e d l e del osp e r u t t u r t s i e d l a a t t n s e o risp ondam za rimane f di eccellen ritorno al proprio l garantire i romuovere la presa in p , na nei domicilio della perso ali e e l a b o l g o c cari itari, soci ssin a s i n g o s i a suoi b ementare l’ raziol p m i , i l a n ollabo relazio iliare in c volontac i m o d a z n e st l amiglie e i ne con le f riato.» Ferruccio FazSioalute Ministro della 11 sociale associazione di promozione us, onl ti ien paz one Air la prima « Per Bianco oematologici e oncologici, onc ti ien paz per ti ien in paz costituita da icato il debutto ufficiale nif sig ha I TAC CON ale ion e soggetto, ovvero mostra-convegno naz italiana, del paziente com ia log nco l’o del lla que à, ta nella storia societ olistica. Per la prima vol e ion ens dim sua la nel a iteticacome person i e pazienti, insieme e par ant cur ni lia ita i gic olo dei convegni onc e ambizioso. In qualità di sso ple com nto eve un to zza il direttore del mente, hanno organi curato personalmente, con ho one Air nco Bia di e scopo, delle ent presid zione dei messaggi, dello tru cos la , lla Bie di o e ascolgic Polo Oncolo sabato 20 Marzo “Raccontaci di ia nar ple ne sio ses la metterelazioni e del del mondo dell’oncologia si ti tan sen pre rap ri ust ill malati oncologitaci”, ove ospiti camente bisogni e sogni dei bli pub o and olt asc co gio gli incontri in vano va corpo, che gli scambi e nde pre to get pro il che I, vedeci. Via via promotori e autori di CONTAC noi tra ma sti e ia ciz sin ami consolidavano progetto che avevo in animo mio del a gic ate str te par vo realizzare la la mia leucemia: dare eviden del ta per sco la del o ann tto persone, da fine ottobre 2006, noi pazienti siamo innanzitu che a, cis pre e ta net te. Così , za, chiara medaglia: quella del pazien la del cia fac a ltr l’a ti mostrando a tut è stato.» Aldo Sardoni Presidente di Bianco Airone onlus La Commissione è coinvolta anche nel progetto CORO. Di cosa si tratta? Il progetto CORO (Comunità di apprendimentO e Ricerca-azione per Operatori sanitari) si inserisce in un più ampio e articolato programma di ricerca in tema di formazione sul campo (FSC). Per FSC si intende quella formazione che si realizza nella pratica e nell’esperienza lavorativa, quando quest’ultima si sostanzia in determinate azioni che innescano processi formativi e che hanno una valenza riconosciuta dagli operatori coinvolti. Per esempio rientrano nella FSC l’attività di ricerca, il confronto sui casi e la messa a punto o la realizzazione di progetti. Già da alcuni anni diverse Regioni hanno accreditato la FSC nel Sistema di Educazione Continua in Medicina (ECM). Apprendere dall’esperienza non è scontato e, soprattutto, rimanda a processi complessi. Per cogliere tale livello di complessità la scelta del campo di ricerca deve prevedere operatori coinvolgibili con un certo grado di interesse e sensibilità alle tematiche della formazione, nonché contesti organizzativi - quali appunto quelli dell’area oncologica - particolarmente attenti alla preparazione dei propri operatori e aperti all’adozione di nuove modalità formative. L’area oncologica rappresenta nel contempo un ambito interessante per le finalità della ricerca, anche per il fatto di essere per sua natura trasversale: le fasi di diagnosi e di terapia coinvolgono professionisti delle specialità più varie, che si trovano a dover negoziare pratiche e linguaggi diversi. Da tali premesse ha preso il via il programma di ricerca CORO, finanziato dalla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta e realizzato dalle strutture Formazione e Comunicazione e Oncologia di Tabella 1. Biella. Nato nel 2009, con un orizzonte sperimenObiettivi del progetto CORO tale e limitato all’area oncologica della ASL di Biella, dal 2010 è stato allargato a tutti i Poli. Nella Conoscere le rappresentazioni e i significati che gli operatori danno alla FSC sua fase sperimentale sono stati coinvolti circa 25 operatori dell’area oncologica (oncologi, infermieIndividuare le pratiche della FSC all’interno dell’area oncologica ri, radiologi, chirurghi e radioterapisti membri dei Comprendere più approfonditamente le potenzialità di questo GIC di senologia). sistema formativo rispetto all’apprendimento individuale-orgaIn sintesi il programma di ricerca CORO (Tabella nizzativo 1) offre la possibilità di guardare al mondo della Individuare le potenzialità e i possibili margini di miglioramento FSC non solo con la lente del sistema di accredidella FSC nell’ambito dei vari contesti analizzati (attività di ricertamento, che è necessariamente focalizzata sulla ca, stage, discussione-casi, eccetera) definizione degli indicatori del fare, ma anche di Conoscere come sono e come potrebbero essere vissute dagli dirigere lo sguardo sull’universo dei significati che operatori sanitari alcune modalità di realizzazione di progetti lo accompagnano. Dai risultati che emergeranno FSC e, più in generale, alcune scelte o filosofie di fondo caratterizzanti il sistema di accreditamento ECM del Piemonte di prossi potranno ottimizzare tutte le attività della FSC sima implementazione (valorizzando bisogni formativi, “culture” professionali emergenti, motivazioni, eccetera). 12 Cure ad ampio raggio XVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Cure Palliative Roma 1-4 dicembre 2010 L’annuale appuntamento della SICP ha sottolineato come le cure palliative, e l’integrazione di queste con i trattamenti attivi, non solo siano importanti per assicurare al paziente una migliore qualità di vita nella fase terminale della neoplasia, ma possano avere anche un impatto sul decorso della malattia Marcello Tucci Oncologia Medica, Ospedale S. Luigi Orbassano, Torino Tutte le Società Scientifiche a cui gli oncologi fanno riferimento - quali per esempio AIOM, ESMO, ASCO sottolineano, soprattutto recentemente, come i principi della “continuità di cura” e della “filosofia del non abbandono” debbano costituire i punti fondamentali nella gestione del paziente portatore di neoplasia, principi che occorre tenere ben presente tutti i giorni e in ogni momento della pratica clinica. In particolare la Task Force dell’AIOM - un tavolo permanente sulla continuità di cura in oncologia -, attraverso un documento pubblicato su Tumori nel 2009, ha preso una posizione molto precisa relativamente a questo argomento. Secondo i componenti del gruppo di esperti, l’oncologo medico deve: - garantire in qualunque momento della malattia cure costanti e continue finalizzate a ottenere la migliore qualità di vita del paziente - essere la figura centrale responsabile del coordinamento dei trattamenti in ogni fase della patologia - essere in grado di gestire lo stadio finale della malattia neoplastica, ricorrendo ove necessario anche alla sedazione terminale. L’argomento della continuità di cura è stato uno dei principali topic a cui il XVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Cure Palliative - tenutosi a Roma dall’1 al 4 Dicembre del 2010 - ha dedicato intere sessioni medico-infermieristiche. Nell’ambito di tali sessioni è stato più volte ribadito come la terapia di supporto instaurata precocemente sia in grado di migliorare la qualità di vita del paziente in qualunque fase della malattia, ma soprattutto sia una condizione necessaria per rendere meno doloroso il momento in cui egli non è più suscettibile di cure attive. In particolare sono stati più volte presentati i sorprendenti risultati di uno studio pubblicato nel 2010 sul New England Journal of Medicine, che ha randomizzato 151 pazienti affetti da carcinoma del polmone non a piccole cellule a ricevere un trattamento oncologico attivo in associazione a cure palliative precoci o il solo trattamento oncologico attivo. I risultati di tale trial hanno evidenziato un significativo impatto delle cure palliative precoci in termini sia di qualità di vita sia di miglioramento del tono dell’umore. Il dato tuttavia maggiormente sorprendente è stato quello relativo alla sopravvivenza: i pazienti randomizzati al trattamento oncologico attivo in associazione a cure palliative precoci hanno dimostrato una sopravvivenza mediana significativamente superiore rispetto a quella del gruppo sottoposto al solo trattamento oncologico attivo (11,6 mesi vs 8,9 mesi, p = 0,02). Temel JS et al. Early palliative care for patients with metastatic non-small-cell lung cancer. N Engl J Med 2010; 363: 733-742 Zagonel V et al, Task force AIOM Palliative Care in Oncology. The medical oncologist’s role in palliative care: AIOM’s position. Tumori 2009; 95: 652-654 BIBLIOGRAFIA Congressi in Italia A cura di Marcella Occelli 13 Congressi all’estero A cura di Marcella Occelli Ultime novità dal Texas 33rd Annual San Antonio Breast Cancer Symposium San Antonio (USA) 8-12 dicembre 2010 Tiziana Catzeddu Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle, Cuneo Nella sua 33a edizione l’importante congresso dedicato alla neoplasia mammaria ha puntualmente offerto un’ampia panoramica degli studi in corso, testimoniando l’intensa attività di ricerca in questo settore Moltissimi sono stati gli studi presentati all’edizione del 2010 del congresso di San Antonio. Ne viene data qui di seguito una breve rassegna, con una particolare focalizzazione sulle sessioni dedicate all’ormonoterapia, agli schemi chemioterapici, all’obesità e al trattamento delle neoplasie triplo-negative. Ormonoterapia adiuvante Lo studio MA.27 ha randomizzato oltre 7.500 pazienti postmenopausali con neoplasia ormono-sensibile al trattamento con anastrozolo o con exemestane, entrambi somministrati per 5 anni, con obiettivo primario la sopravvivenza libera da eventi. A più di 4 anni di follow up non è stata riscontrata alcuna differenza tra i due bracci di trattamento, mentre il profilo di tossicità dei due farmaci ha mostrato un vantaggio per exemestane per quanto riguarda osteoporosi e ipercolesterolemia e per anastrozolo relativamente alle alterazioni degli indici di funzionalità epatica e all’insorgenza di acne. Ormonoterapia nella malattia metastatica Lo studio FIRST ha randomizzato pazienti postmenopausali con malattia ormono-sensibile a terapia con fulvestrant 500 mg o con anastrozolo 1 mg sino a progressione di malattia. Per quanto riguarda l’obiettivo primario, con fulvestrant si è ottenuto un vantaggio non significativo in termini di beneficio clinico (stabilità di malattie e risposte) e un vantaggio significativo in termini di tempo alla progressione. Chemioterapia adiuvante Lo studio USON 1062 ha randomizzato pazienti con malattia N+ o N- ad alto rischio a due schemi chemioterapici: - AC x 4 seguiti da docetaxel x 4 - AC x 4 seguiti da docetaxel + capecitabina x 4. 14 Lo studio non ha mostrato differenze tra i due bracci in termini di sopravvivenza libera da malattia, mentre ha evidenziato un vantaggio in sopravvivenza di dubbio significato per il regime contenente capecitabina (si osserva un vantaggio in sopravvivenza, ma non in sopravvivenza libera da malattia). Lo studio FinXX ha randomizzato le pazienti a due schemi chemioterapici: - docetaxel x 3 seguito da FEC x 3 - docetaxel x 3 seguito da CEX x 3. Nell’aggiornamento presentato al congresso non è stato mostrato un vantaggio del regime contenente capecitabina per quanto riguarda l’endpoint della sopravvivenza libera da ripresa di malattia. L’aggiornamento a 10 anni dello studio TAC vs FAC ha confermato il vantaggio di TAC in termini di sopravvivenza libera da malattia e sopravvivenza mediana. Chemioterapia neoadiuvante Lo studio GeparQuinto ha randomizzato 620 pazienti HER2-positive a: - EC x 4 seguito da docetaxel x 4 + trastuzumab - stesso regime chemioterapico + lapatinib. La percentuale di risposte patologiche complete è risultata superiore nel braccio trastuzumab rispetto al braccio lapatinib. Il trial Neo-ALTTO ha randomizzato 450 pazienti con neoplasia HER2-positiva a: - chemioterapia + trastuzumab - chemioterapia + lapatinib - chemioterapia + entrambi i farmaci. La combinazione di chemioterapia + trastuzumab e lapatinib ha mostrato un incremento di risposte patologiche complete rispetto agli altri due bracci di trattamento. Neoplasia triplo-negativa Lo studio BALI-1 ha randomizzato pazienti con neoplasia metastatica a ricevere cisplatino o l’associazione cisplatino + cetuximab; l’aggiunta di cetuximab ha indotto un vantaggio significativo in termini di sopravvivenza libera da progressione e un vantaggio non significativo in termini di risposte e di sopravvivenza globale (l’uso dell’anticorpo in questa patologia è per ora ancora sperimentale). Baselga J et al. Cetuximab + cisplatin in estrogen receptornegative, progesterone receptor-negative, HER2-negative (triple-negative) metastatic breast cancer: results of the randomized phase II BALI-1 Trial. SABCS 2010, Abs PD01-01 BIBLIOGRAFIA Obesità e carcinoma della mammella Nello studio E1199 è stata valutata la chemioterapia con AC seguita da taxani in donne con carcinoma mammario obese e non obese. La sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da malattia sono risultate significativamente migliori nelle pazienti non obese con malattia endocrino-responsiva ed HER2-negativa. Nello studio ADEBAR le pazienti trattate con chemioterapia adiuvante sono state valutate in termini di sopravvivenza e sopravvivenza libera da malattia in relazione alla presenza o meno di sovrappeso; anche in questo studio l’obesità è risultata associata a una prognosi peggiore. Lo studio di ormonoterapia TEAM, che confrontava 5 anni di trattamento con exemestane vs la sequenza tamoxifene-exemestane, non ha mostrato differenze - e in particolare un peggioramento della prognosi - in base alla presenza o meno di sovrappeso. 15 Trimestrale della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta Direttore responsabile: Oscar Alabiso Direttore scientifico: Oscar Alabiso Comitato scientifico ed editoriale: Vittorio Fusco, Emanuela Negru, Anna Novarino, Marcella Occelli, Marcello Tucci, Giorgio Vellani Coordinamento editoriale e redazionale: Aretré srl - via Savona 19/A - 20144 Milano Responsabile della redazione: Grazia Tubiello - [email protected] Progetto grafico e impaginazione: Manuela Gazzola - [email protected] Editore: Aretré srl - via Savona 19/A - 20144 Milano Stampa: Jona srl - Paderno Dugnano, Milano Depositato presso l’AIFA in data 27/04/2011 Autorizzazione del Tribunale di Milano: n. 426 del 2 luglio 2007