oncologia
IN RETE
Giornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta
n. 16 marzo 2011
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Gianmauro Numico*,
Pierfranfesco Franco°,
Paolo Canzi§,
Franca Ozzello°
*SC Oncologia,
°SC Radioterapia Oncologica
Servizio di Tomoterapia,
§
SC Otorinolaringoiatria,
Azienda USL della Valle d’Aosta
A cura di Giorgio Vellani
Editoriale
Sommario
Editoriale
Casi clinici
Progetto
Spazio alle Commissioni
Congressi
Alla ricerca della giusta
sinergia
La complessità delle neoplasie del distretto
cervico-cefalico e la peculiarità delle
funzioni di questa sede anatomica
richiedono, più di altri tumori, una stretta
cooperazione tra competenze
specialistiche diverse, in parte ancora
difficile da realizzare
Il distretto cervico-cefalico rappresenta una delle sedi di patologia
tumorale più complessa e più raramente oggetto di approfondimento e di
competenza multispecialistica, con ovvie ricadute sulla possibilità di costituire all’interno degli ospedali unità multidisciplinari dedicate. Le ragioni
per le quali sia particolarmente difficile identificare competenze specifiche
sono diverse; ne elenchiamo alcune, che ci paiono gli ostacoli più rilevanti
per la costituzione di un gruppo multidisciplinare.
La complessità anatomica
Il distretto cervico-cefalico contiene, in uno spazio ristretto, organi e apparati diversi, con funzioni essenziali per la vita. Ciò rende difficile l’interpretazione degli esami strumentali e soprattutto la valutazione condivisa delle
conseguenze anatomiche e funzionali di un trattamento locale. In altre
parole “parlare la stessa lingua” all’interno di un GIC testa-collo comporta
una conoscenza comune dell’anatomia e una diffusa abilità nelle interpretazioni della diagnostica per immagini. Per l’oncologo medico, la cui occupazione è spesso multisettoriale, è necessario un training di studio, ma
soprattutto di frequentazione della sala operatoria o delle sale di “treatment planning” della radioterapia. Per il radioterapista oncologo diventa
focale un’approfondita conoscenza dell’azione e degli
effetti collaterali degli agenti chemioterapici e dei farmaci biologici e della loro possibilità di combinazione,
nonché una stretta vicinanza con lo specialista d’organo al momento dell’obiettività endoscopica per una
corretta caratterizzazione della neoplasia. Infine per lo
specialista otorinolaringoiatra assume importanza fondamentale l’interazione polispecialistica e l’apertura
verso opzioni terapeutiche extrachirurgiche.
Le caratteristiche epidemiologiche
L’incidenza complessiva delle neoplasie testa-collo è
di circa 15-20/100.000 abitanti/anno; di queste meno
della metà è di pertinenza multispecialistica. Ciò vuol
dire che, tranne nei centri di riferimento, il numero di
pazienti seguiti in un anno è insufficiente a occupare
l’intera attività di uno specialista, rendendo quindi difficile la creazione di équipe dedicate. Un’altra difficoltà è rappresentata dalla molteplicità di istotipi; oltre
infatti al più comune istotipo a cellule epidermoidali
(circa l’80% delle neoplasie) vanno ricordati i tumori
delle ghiandole salivari, i linfomi, i tumori indifferenziati del rinofaringe e alcune forme di neoplasie dei tessuti molli (sarcomi, neurinomi, tumori glomici, ecc.),
ognuno caratterizzato da quadri clinici, percorsi terapeutici e prognosi differenti.
Un ultimo aspetto epidemiologico che contribuisce
alla complessità delle neoplasie epidermoidali è
rappresentato dalle caratteristiche “medie” dei
pazienti. La combinazione di fumo e alcol tra i
fattori di rischio prevalenti rende infatti queste
patologie tipiche di persone a basso livello di
scolarità e con scarsa igiene personale e cura di
sé, nonché con limitata capacità di interazione
con l’équipe curante nelle scelte terapeutiche.
Inoltre il frequente coinvolgimento di funzioni
essenziali per la comunicazione crea ulteriori ostacoli all’instaurarsi di un rapporto di fiducia.
Il legame tra organo e funzione
Il sacrificio dell’organo in questo distretto è particolarmente coinvolgente; pertanto, se in tutti gli
atti medici è indispensabile il consenso del paziente, in questo settore diventa ancora più essenziale un coinvolgimento informato, consapevole
e responsabile. La valutazione dei rischi rispettivi di recidiva di malattia e di perdita dell’organo/funzione rappresenta una delle sfide principali della cura delle neoplasie testa-collo, che
deve tenere conto della capacità dei trattamenti
non solo di garantire la migliore sopravvivenza a
distanza, ma anche di assicurare una qualità di
vita accettabile. Non a caso è in questo campo
che si sono sviluppati i più importanti studi di preservazione d’organo.
2
L’aggressività dei trattamenti
La storia naturale di queste neoplasie è caratterizzata
da una tendenza prevalente all’invasione locale o
locoregionale e da una tardiva, meno comune metastatizzazione a distanza. Ciò è alla base dell’importanza che hanno storicamente assunto i trattamenti locoregionali nel dettare la prognosi della malattia e il
ruolo “ancillare” delle terapie mediche. In realtà, mentre in altre patologie i trattamenti sistemici hanno
influenzato la prognosi riducendo il tasso di ricadute
a distanza (secondo il principio detto della “cooperazione spaziale”), il significato che essi rivestono nelle
neoplasie testa-collo è soprattutto quello di ridurre il
rischio di ricaduta locoregionale, in questo interagendo con la chirurgia e la radioterapia nel contesto di
un meccanismo di “cooperazione locale”. Da qui la
nuova consapevolezza dell’importanza della corretta
esecuzione dei trattamenti con intento curativo, dopo
anni in cui si è ritenuto che per ottenere i risultati
migliori occorresse intensificare i trattamenti, portando allo sviluppo di regimi di radioterapia non convenzionali e di schedule di chemioterapia con alto potenziale radiosensibilizzante, ma gravati da elevate morbilità e mortalità qualora non gestiti con competenze
specifiche.
La necessità dell’interazione multispecialistica
L’interessamento di molti apparati e funzioni, unitamente alle caratteristiche dei trattamenti, richiedono
l’interazione di più figure professionali. Accanto allo
specialista d’organo, al radioterapista e all’oncologo
medico occorre per esempio che siano prese in considerazione sistematicamente le problematiche nutrizionali.
Assume poi particolare rilevanza la diagnostica per
immagini in molteplici fasi dell’iter del paziente, dalla
valutazione della resecabilità chirurgica a quella della
risposta ai trattamenti e dell’insorgenza di recidive o
secondi tumori; ciò avviene con metodiche spesso
complementari come la TC, la RMN, l’ecografia e la
TC-PET, la cui integrazione e interpretazione richiede
specialisti radiologi dedicati.
Lo scarso interesse economico-industriale
Fino alla dimostrazione dell’attività di farmaci di ultima
generazione, come i taxani e cetuximab, l’investimento economico nella ricerca nelle neoplasie testa-collo
è stato significativamente inferiore rispetto ad altre
patologie. La scarsità di studi clinici ha facilitato il
costituirsi di pratiche “fai-da-te”, basate poco sull’evidenza e molto sull’esperienza maturata dal
centro, quando non sull’autorevolezza di singoli
specialisti. Una delle funzioni di un GIC è oggi
quello di riportare la pratica clinica nel contesto di
comportamenti basati sulle evidenze scientifiche,
attraverso l’analisi della letteratura e la costruzione di
linee guida interne. Inoltre anche in questo settore
l’inserimento dei pazienti negli studi clinici rappresenTabella 1.
Valutazione iniziale del paziente con tumore testa-collo
Qual è lo stadio di malattia?
Il tumore è resecabile?
Quali danni funzionali comporta la resezione?
Quali probabilità vi sono che l’intervento chirurgico sia radicale?
Quali trattamenti alternativi alla chirurgia sono proponibili?
È fattibile un trattamento radioterapico radicale?
È fattibile un trattamento chemioradioterapico concomitante?
Quale sequenza terapeutica è migliore?
Quale strategia nutrizionale occorre predisporre?
ta un’importante occasione di miglioramento della
qualità assistenziale, oltre che un’opportunità di cura
per i pazienti.
Quali le decisioni da condividere
La valutazione iniziale del paziente rappresenta un
momento cruciale per l’esito futuro dei trattamenti
(Tabella 1). Le risposte ai quesiti iniziali comportano
- oltre a una conoscenza approfondita della patologia,
a un’esperienza significativa e a un’abitudine consolidata al confronto - la considerazione di alcuni elementi non strettamente medici, quali l’età del paziente, le condizioni sociofamiliari e la disponibilità ad
accettare la tossicità dei trattamenti. Seguono poi altri
“nodi decisionali” che richiedono un approccio multidisciplinare, tra cui la valutazione della risposta alla
radioterapia e la diagnostica della recidiva locoregionale, per le quali le informazioni che provengono dalla
diagnostica per immagini sono spesso insufficienti.
L’approccio terapeutico in modalità combinata
I trattamenti integrati rappresentano la peculiarità
terapeutica principale di questo settore dell’oncologia. A partire dagli anni ottanta diversi studi randomizzati hanno sancito il miglioramento dei risultati
quando alla terapia locale è stato aggiunto un trattamento sistemico (associazione di radio e chemioterapia), che ha consentito di fornire al paziente il cosiddetto “therapeutic gain”, ossia un vantaggio in termini
di risposta tumorale rispetto a quello ottenuto con gli
stessi agenti tumoricidi usati singolarmente.
Le modalità di interazione tra radioterapia e chemioterapia possono essere di tipo “non-interattivo”,
quando ogni opzione terapeutica svolge la sua attività
in modo indipendente dall’altra (con uno spostamento della curva dose-risposta verso frazioni di sopravvivenza cellulare più basse, senza una modificazione
della morfologia) oppure di tipo “interattivo”, quando
l’associazione terapeutica potenzia l’effetto dei singoli
agenti (con un cambiamento della forma e della pendenza della curva dose-risposta).
I meccanismi d’azione di tipo non interattivo sono la
già menzionata cooperazione spaziale, l’azione tumoricida indipendente, ossia una sorta di somma algebrica degli effetti dei singoli agenti senza effetti additivi, e la riduzione volumetrica della massa tumorale
quando la chemioterapia è utilizzata in modalità neoadiuvante rispetto alla radioterapia.
I meccanismi d’azione di tipo interattivo si svolgono a
livello cellulare e molecolare e coinvolgono il danno e
il conseguente riparo della doppia elica del DNA, la
sincronizzazione del ciclo cellulare, l’incremento dell’apoptosi, la riossigenazione e l’inibizione della proliferazione cellulare.
3
BIBLIOGRAFIA
Il timing della combinazione radiochemioterapica
L’aggiunta della chemioterapia al trattamento radiante
ha apportato significativi miglioramenti alla prognosi
dei pazienti affetti da tumori del distretto cervicocefalico in stadio localmente avanzato. L’approccio
migliore in termini temporali della combinazione
radiochemioterapica è materia di acceso dibattito
all’interno della comunità scientifica.
A questo proposito una vasta metanalisi di studi prospettici e randomizzati ha dimostrato un vantaggio in
termini di sopravvivenza globale (intorno al 4% a 5
anni) dall’aggiunta della chemioterapia alla radioterapia
esclusiva. Questo vantaggio è strettamente correlato al
timing dell’approccio combinato; infatti per la schedula
radiochemioterapica concomitante tale risultato sale
all’8% (a 5 anni) ed è principalmente dovuto a un
aumento del controllo locoregionale della malattia.
Il beneficio più pronunciato è stato dimostrato con regimi chemioterapici a base di composti del platino. La
schedula terapeutica più studiata è quella con cisplatino alla dose di 100 mg/m2 somministrata nei giorni 1,
22 e 43 del trattamento radiante, che è gravata però da
un profilo di tossicità non trascurabile. Un’alternativa è
oggi considerata l’associazione di radioterapia e cetuximab che, in un noto studio randomizzato, ha documentato un miglioramento della sopravvivenza (del 10%
circa a 5 anni) e del controllo locale di malattia rispetto
alla sola radioterapia, in assenza di un significativo peggioramento delle tossicità acute.
La chemioterapia di induzione (neoadiuvante) garantisce un alto tasso di risposte obiettive (fino all’80%
negli schemi a base di platino, con 20-30% di remissioni complete), un lieve beneficio in termini di
sopravvivenza e un lieve decremento del tasso di diffusione sistemica, soprattutto nelle subanalisi degli
studi con chemioterapia a base di cisplatino e carboplatino. La schedula terapeutica che ha documentato
i migliori risultati è la tripletta a base di cisplatino/5fluorouracile/docetaxel (TPF). Allo stato attuale lo
standard terapeutico costituito dall’associazione di
chemioterapia e radioterapia con schedula concomitante non è stato direttamente confrontato con l’associazione di cetuximab e con gli schemi sequenziali.
Rimangono quindi aperti importanti quesiti, oggetto
di studi in corso, che ci si auspica forniranno in futuro
dati sostanziali che possano indirizzare le scelte terapeutiche del clinico.
4
La moderna radioterapia “high-tech”
Negli ultimi anni la radioterapia oncologica è stata
teatro di uno sviluppo tecnologico tumultuoso, con
l’introduzione di nuove metodiche di irradiazione
che hanno apportato significativi miglioramenti alla
precisione balistica delle tecniche, consentendo di
allargare la cosiddetta finestra terapeutica e
aumentare la probabilità di controllo tumorale a
fronte di una diminuzione degli effetti collaterali. Le
metodiche di imaging funzionale, quali PET o
SPECT, permettono di caratterizzare dal punto di
vista metabolico una lesione neoplastica (metabolismo glucidico, turn over di membrana, ipossia
tumorale). Questa caratteristica consente al radioterapista oncologo di effettuare il cosiddetto “dose
painting”, una sorta di distribuzione differenziale
della dose in funzione di tali proprietà metaboliche,
con regioni considerate ad alto rischio che ricevono
radiazioni elevate e zone a basso rischio che vengono risparmiate. In tal modo è possibile “dipingere” la dose sulla base del contesto oncologico che
ci si trova ad affrontare, permettendo in linea teorica di aumentare le probabilità di controllo di malattia e di risparmiare simultaneamente gli organi a
rischio circostanti.
Questa selettività di radiazione è resa possibile
dalle moderne tecniche radioterapiche. La radioterapia ad intensità modulata (IMRT) riesce ad adattare la dose alle superfici concave e convesse
garantendo specificità e selettività di irradiazione.
La radioterapia guidata dalle immagini (IGRT) permette il monitoraggio giornaliero del volume bersaglio e la possibilità di effettuare correzioni della
posizione del paziente in base al movimento d’organo e al set up registrato, garantendo una notevole
precisione balistica della radioterapia. La IMRT
dinamica (tomoterapia, VMAT, RapidArc) è un’ulteriore evoluzione della IMRT, che approccia il target
secondo una geometria elicoidale o ad archi dinamici, garantendo sostanziali vantaggi dosimetrici e
permettendo tecniche ad alto gradiente di dose
con ulteriore possibilità di selettività e precisione.
In conclusione lo scenario della moderna radioterapia high tech apre ampie possibilità di cura e di
minimizzazione degli effetti collaterali in oncologia
clinica e, in particolare, nel contesto dei tumori del
distretto cervico-cefalico.
Bonner JA et al. Radiotherapy plus cetuximab for locoregionally advanced head and neck cancer: 5-year survival data from a phase 3 randomised trial, and relation between cetuximab-induced rash and survival.
Lancet Oncol 2010; 11: 21-28
Bourhis J et al. Cetuximab in the management of locoregionally advanced head and neck cancer: Expanding the treatment options? Eur J
Cancer 2010; 46: 1979-1989
Combinazioni vincenti
Questi casi mostrano come la combinazione RT/CT - modulata a
seconda delle specifiche valutazioni oncologiche e internistiche rappresenti l’opzione di scelta nel trattamento delle neoplasie
cervico-cefaliche. In particolare l’associazione RT/cetuximab nel
primo caso e l’impiego sequenziale di terapia d’induzione e di
RT/cetuximab nel secondo hanno permesso di controllare la
malattia, se non addirittura di eradicarla, con tossicità accettabili
e in ogni caso gestibili
Carcinoma testa-collo localmente avanzato
Marcella Occelli
Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Santa Croce e Carle, Cuneo
Uomo di 70 anni, fumatore fino a 42 anni (4-5 sigarette al giorno), beve mezzo litro di vino al
giorno. Anamnesi patologica remota: impianto di pace maker bicamerale, 3 interventi di angioplastica, nefrectomia destra per carcinoma renale a cellule chiare pT1, carcinoma prostatico
Gleason 6 (3 + 3) per il quale il paziente è in terapia con ciproterone acetato.
Nell’agosto del 2006 l’uomo effettua agoaspirato su linfoadenopatia laterocervicale destra che
risulta positivo per cellule di carcinoma squamoso. Nel mese di settembre all’esame obiettivo e
alla fibroscopia viene riscontrata una neoformazione alla base della lingua destra estesa oltre la
linea mediana; si esegue quindi una TAC del collo-torace che evidenzia adenopatie laterocervicali bilaterali, mentre non viene refertata la lesione alla base della lingua destra.
Dopo valutazione multidisciplinare, considerate le comorbilità del paziente, si opta per un trattamento radiante esclusivo associato a terapia settimanale con cetuximab 400 mg/m2 alla prima
somministrazione, 250 mg/m2/settimana in seguito. Il trattamento è eseguito in regime di ricovero da fine ottobre sino al 21 dicembre.
Nel marzo del 2007 il paziente è sottoposto a svuotamento laterocervicale funzionale bilaterale a livello del collo; all’esame istologico si riscontrano metastasi in 2/13 linfonodi a sinistra e assenza di metastasi nei 10
Bonner JA et al.
asportati a destra.
Radiotherapy plus cetuxiAlla visita effettuata all’inizio del 2011 il paziente appare in
condizioni generali discrete, con PS 1 e nessuna evidenza clinico-strumentale di malattia oncologica in atto.
mab for squamous-cell
carcinoma of the head and
neck. N Engl J Med 2006;
354: 567-578
BIBLIOGRAFIA
1
CASO CLINICO
Casi clinici
A cura di Marcello Tucci
5
Casi clinici
CASO CLINICO
2
Carcinoma testa-collo localmente avanzato
Marcella Occelli
Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Santa
Croce e Carle, Cuneo
Donna di 58 anni, fumatrice (10-15 sigarette /die),
storia di potus.
Nel mese di gennaio del 2008 si rileva tumefazione del corpo linguale con progressiva difficoltà alla
deglutizione e conseguente calo ponderale di circa
4 kg. Non vengono effettuate ulteriori indagini per
rifiuto da parte della paziente.
A causa dell’incremento della lesione la donna si
sottopone a visita otorinolaringoiatrica che pone
diagnosi di neoplasia linguale cT4 N2b; la biopsia
risulta positiva per carcinoma squamoso.
In considerazione della localizzazione del tumore
primitivo e dell’estensione della lesione non è proponibile una soluzione chirurgica, pertanto si opta
per un trattamento integrato chemioradioterapico;
prima di intraprendere le cure viene posizionata la
PEG ed effettuata una valutazione odontostomatologica per la bonifica dentaria.
BIBLIOGRAFIA
Dal mese di ottobre del 2008 si avvia una chemioterapia di induzione con schema a cadenza trisettimanale per due cicli (protocollo clinico Cercefa
2): docetaxel 75 mg/m2 (giorno 1) + cisplatino 25
mg/m2 (giorni 1, 2, 3) + 5-fluorouracile 250 mg/m2
(giorni 1, 2, 3).
6
Pinto C et al. Management of skin toxicity
associated with cetuximab treatment in
combination with chemotherapy or radiotherapy. Oncologist 2011; Jan 27 (Epub
ahed of print)
Gregoire V et al. Squamous cell carcinoma
of the head and neck:
EHNS–ESMO–ESTRO Clinical Practice
Nei mesi di dicembre del 2008 e di gennaio del
2009 è avviato un trattamento a base di radioterapia
(dose totale 69,5 Gy) + cetuximab 450 mg/m2 alla
prima somministrazione, successivamente 250
mg/m2/settimana.
Durante il trattamento la paziente sviluppa un’epidermolisi umida (tossicità cutanea G3) a livello del
collo e del volto, per cui viene sottoposta a medicazioni in radioterapia. Sono inoltre effettuate due
sostituzioni della PEG, durante e al termine del trattamento.
Alla fine della terapia si osserva una risposta clinica completa. A maggio del 2009 si procede a
svuotamento laterocervicale modificato di tipo III a
sinistra e a svuotamento laterocervicale selettivo di I
livello a destra. L’esame istologico rivela un’iperplasia reattiva nei 31 linfonodi laterocervicali a sinistra e
nei 5 linfonodi a destra: pN0.
La donna è sottoposta a ulteriori medicazioni per
deiscenza della sutura a sinistra, cui segue guarigione, e prosegue la nutrizione enterale per mezzo di
PEG e l’alimentazione con cibi morbidi.
All’ultima visita a fine settembre del 2010 non
sono presenti segni clinici né radiologici alla TAC di
ripresa di malattia.
Guidelines for diagnosis, treatment and
follow-up. Ann Oncol 2010; 21: v184-v186
Pointreau Y et al. Preliminary results of
the randomized phase II TREMPLIN
study: TPF Induction chemotherapy followed by radiotherapy plus cisplatin or
cetuximab. ECCO-ESMO Berlino 2009,
Abs 8508
Russi EG et al. Ultrathin hydrocolloid
dressing in skin damaged from alternating radiotherapy and chemotherapy
plus cetuximab in advanced head and
neck cancer (GONO AlteRCC Italian
Trial): in regard to Macmillan et al.
Int J Radiat Oncol Biol Phys 2007; 68:
864-872
COMMENTO
Marcello Tucci
Oncologia Medica, Ospedale S. Luigi Orbassano, Torino
Nell’editoriale è stata più volte ribadita la complessità di un paziente come quello affetto da neoplasia
del distretto cervico-cefalico. Tale complessità è dovuta almeno in parte al fatto che appartengono al
nostro bagaglio terapeutico trattamenti, spesso combinati, che hanno sicuramente un intento curativo, ma
che per contro sono caratterizzati da un’aggressività rilevante e pertanto gravati da elevati tassi di morbilità e mortalità, soprattutto quando non vengono effettuati in ambiti superspecializzati. La gestione di tale
setting di pazienti appare ancora più difficile se si pensa alle loro caratteristiche peculiari; si tratta infatti
frequentemente di soggetti con scarsa compliance e pluripatologici a causa degli stessi fattori che hanno
presumibilmente favorito lo sviluppo della neoplasia (quali l’abuso di fumo e di alcol).
Da queste premesse si evince come la gestione del paziente con neoplasia cervico-cefalica non possa
prescindere da un approccio multidisciplinare che permetta a competenze specifiche e specializzate di
lavorare fianco a fianco con l’obiettivo di pianificare il miglior trattamento possibile in termini di
costi/benefici.
I casi clinici qui descritti sono esemplificativi di questa strategia ad ampio spettro, in cui gioca un ruolo
importante l’approccio terapeutico integrato che combina trattamenti radianti altamente innovativi a schemi chemioterapici tradizionali o ai nuovi farmaci a target molecolare con modalità diverse a seconda sia
delle caratteristiche tumorali sia della tipologia del paziente.
Nel primo caso l’attenta valutazione del paziente non solo dal punto di vista oncologico in senso stretto - neoplasia localmente avanzata -, ma anche da quello internistico - età e importanti comorbilità cardiovascolari e renali - ha portato a scegliere la radioterapia in associazione a cetuximab, un trattamento
caratterizzato da notevole efficacia e non gravato da tossicità rilevante. Difatti la combinazione terapeutica
e il successivo svuotamento chirurgico hanno permesso di ottenere, a distanza di circa 4 anni dalla fine
del trattamento, la remissione di malattia sia da un punto di vista clinico-strumentale sia per quanto
riguarda la preservazione di una buona qualità di vita (il paziente è in discrete condizioni di salute).
Lorch JH et al. Induction chemotherapy with cisplatin and fluorouracil alone
or in combination with docetaxel in
locally advanced squamous-cell cancer of the head and neck: long-term
results of the TAX 324 randomised
phase 3 trial. Lancet Oncol 2011; 12:
153-159
Gregoire V et al. Squamous cell carcinoma of the head and neck:
EHNS–ESMO–ESTRO Clinical
Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up. Ann Oncol
2010; 21: v184-v186
Pointreau Y et al. Preliminary results of
the randomized phase II TREMPLIN
study: TPF Induction chemotherapy
followed by radiotherapy plus cisplatin
or cetuximab. ECCO-ESMO Berlino
2009, Abs 8508
Bonner JA et al. Radiotherapy plus
cetuximab for squamous-cell carcinoma of the head and neck. N Engl J
Med 2006; 354: 567-578
BIBLIOGRAFIA
Nel secondo caso la relativa giovane età della paziente e l’assenza di comorbilità rilevanti hanno permesso di trattare una neoplasia localmente avanzata inoperabile con una chemioterapia di induzione che
prevedeva l’associazione di 3 farmaci, seguita dal trattamento combinato cetuximab + radioterapia; tale
approccio terapeutico ha consentito di ottenere la remissione completa della malattia, confermata a
distanza di circa 2 anni dal termine del trattamento, a fronte di una tossicità accettabile e gestibile.
7
Progetto
A cura di Anna Novarino
Ipotesi di protezione
Al fine di fare maggiore chiarezza sul ruolo protettivo della
metformina nei confronti dello sviluppo di tumori nei pazienti
diabetici sono stati avviati due importanti studi complementari,
uno condotto su un consistente campione di pazienti torinesi,
l’altro effettuato su una coorte europea
Carlotta
Sacerdote
Epidemiologia
dei Tumori 1,
ASOU San Giovanni
Battista, Torino
Progetto:
Trattamento con
metformina e
rischio di tumore
nella popolazione
torinese
Responsabile
del progetto:
Carlotta Sacerdote
Metformina e tumori: tra biologia ed epidemiologia
La metformina è un antidiabetico orale che appartiene alla categoria dei biguanidi e come tale ha
un’azione ipoglicemizzante: riduce la produzione epatica di glucosio inibendo la gluconeogenesi azione mediata dall’attivazione dell’enzima epatico adenosina monofosfato protein kinasi (AMPK) e contemporaneamente sensibilizza i tessuti periferici all’azione dell’insulina con un meccanismo
non ancora del tutto chiarito.
Negli ultimi anni è stato ipotizzato un effetto protettivo della metformina nei confronti dell'incidenza
e della mortalità dei tumori in diverse sedi. Studi epidemiologici suggeriscono però che il
diabete potrebbe essere associato a un rischio maggiore di sviluppo neoplastico; si
ipotizza che l’aumento della probabilità di tumore sia dovuto all’assunzione di
insulina, ma l’evidenza che tale rischio sia modulato da altri farmaci antidiabetici come la metformina è limitata. Infatti gli studi controllati e randomizzati non sono disegnati per valutare esiti tumorali e gli studi
osservazionali sono difficili da progettare per la presenza di
numerosi confondenti.
Per indagare gli effetti della metformina sono stati recentemente effettuati
studi in vitro e in vivo. In vitro è stato dimostrato che l’attivazione di AMPK da parte
della metformina inibisce la crescita delle cellule di glioma, mieloma multiplo e tumore
della mammella.
Studi in vivo hanno evidenziato che il trattamento con metformina nei topi può inibire la
crescita neoplastica e diminuire l’incidenza delle neoplasie stesse.
Alcuni studi epidemiologici hanno suggerito che i pazienti diabetici trattati con metformina
sperimentano una ridotta incidenza tumorale o una minore mortalità per tumore rispetto
a soggetti non trattati con questo farmaco. In particolare studi che hanno confrontato il trattamento con metformina con il trattamento con insulina e sulfoniluree
hanno evidenziato un maggiore rischio di cancro nei diabetici trattati con il
secondo gruppo di farmaci, anche se non è stato possibile determinare se
ciò sia dovuto a un effetto protettivo della metformina, a un aumento del
rischio causato dall'insulina o dalle sulfoniluree o a entrambi i meccanismi.
Il progetto piemontese
Il progetto “Trattamento con metformina e rischio di tumore nella
8
popolazione torinese” è stato avviato nel 2010 in collaborazione con Roberto Gnavi (Unità di Epidemiologia dell’ASL5) e
con Roberto Zanetti (Registro Tumori del Piemonte).
L’obiettivo primario dello studio - che prevede l’integrazione di database correnti mediante procedure di record-linkage - è
verificare se nella popolazione torinese adulta esista un effetto protettivo della metformina verso il rischio di tumore per
tutte le sedi. Nello specifico in questo progetto si prevede di:
- indagare il possibile ruolo protettivo della metformina verso diversi tipi di tumore nei pazienti diabetici
- indagare il possibile ruolo protettivo della metformina nei pazienti diabetici e non diabetici rispetto a una coorte di popolazione generale.
L’obiettivo secondario è invece accertare se vi sia un aumento di rischio di tumore nei pazienti diabetici trattati con insulina
analizzando l’effetto della durata del trattamento e l’effetto dose-risposta.
Negli ultimi mesi è stato avviato il processo di identificazione della coorte di pazienti diabetici e non diabetici che hanno
assunto metformina; infatti fra le indicazioni terapeutiche della metformina si è aggiunta quella di coadiuvante della dieta
per il dimagrimento in soggetti obesi con insulino-resistenza e in donne con ovaio policistico.
Lo studio ha un disegno efficiente perché utilizza i dati sanitari correnti con linkage anonimi a partire dallo Studio
Longitudinale Torinese, utilizzando archivi relativi alla popolazione adulta residente a Torino tra il 2000 e il 2005. Alle informazioni sociodemografiche contenute nello Studio Longitudinale saranno collegate le informazioni relative ai farmaci prescritti, allo status di diabete e alla presenza di tumori maligni.
I pazienti torinesi iscritti nel registro dei diabetici alla data del 31 luglio del 2003 sono 33.453; da un’analisi preliminare
dell’archivio delle prescrizioni farmaceutiche è risultato che in un anno campione - il 2005 - 13.600 soggetti hanno assunto
metformina. A tale dato estrapolato dai dati correnti si aggiunge quello che emerge da uno studio pilota, coordinato sempre dal nostro centro, che ha analizzato una coorte di diabetici torinesi arruolati nello studio epidemiologico European
Prospective Investigation into Cancer and Nutrition o EPIC (vedi più avanti); in questo studio pilota si è osservato che circa
il 40% dei pazienti assume o ha assunto metformina da sola o in combinazione con altri farmaci in un periodo di 5 anni.
Questi numeri suggeriscono che lo studio piemontese ha la possibilità di individuare percentuali di riduzione di rischio di
tumore anche piccole mantenendo la significatività statistica. Inoltre la popolazione torinese è un laboratorio ideale per
questo tipo di indagine in quanto sono presenti e attivi da molti anni un Registro dei Pazienti Diabetici e un Registro Tumori
i cui dati sono attendibili e validati.
Il progetto Europeo
In parallelo al Progetto piemontese, il Servizio di Epidemiologia dei Tumori sta coordinando uno studio sulla
metformina all’interno della già citata coorte EPIC, una coorte europea che ha arruolato negli anni
novanta 400.000 volontari (35-70 anni di età) in 9 Paesi europei. Questo studio ha obiettivi
complementari a quelli dell’indagine piemontese: indagare la relazione fra utilizzo di
metformina e rischio di tumore in una coorte di diabetici di cui si conoscano i dati
clinici, i farmaci assunti, la dieta e le abitudini di vita al momento dell’ingresso
nello studio. A tale scopo sono state estratte una coorte di 6.412 pazienti
diabetici e una sottocoorte di 6.500 partecipanti sani, delle quali sarà analizzato l’effetto del consumo di metformina, tenendo conto di alcuni dati
confondenti quali la durata del diabete, le abitudini di vita (attività fisica,
fumo, eccetera), la dieta e le comorbilità.
Bodmer M et al. Long-term metformin use is
associated with decreased risk of breast cancer. Diabetes Care 2010; 33: 1304-1308
Libby G et al. New users of metformin are at
low risk of incident cancer: a cohort study
among people with type 2 diabetes. Diabetes
Care 2009; 32: 1620-1625
Bowker SL et al. Increased cancer-related
mortality for patients with type 2 diabetes who
use sulfonylureas or insulin. Diabetes Care
2006; 29: 254-258
Evans JM et al. Metformin and reduced risk
of cancer in diabetic patients. BMJ 2005;
330: 1304-1305
BIBLIOGRAFIA
Conclusioni
I risultati ottenuti da questi due progetti complementari permetteranno nei prossimi mesi di
identificare con più chiarezza il ruolo della metformina, ma anche degli altri farmaci antidiabetici,
nello sviluppo e nella crescita dei tumori in diverse sedi. In particolare nello studio piemontese sarà
indagato il ruolo del farmaco nel rischio di tumore in pazienti diabetici e non diabetici in
un’ampia popolazione (con il limite di utilizzare i soli dati correnti che non permettono un
approfondimento clinico sui pazienti). Nello studio di coorte EPIC tale ruolo sarà invece analizzato in un campione più piccolo, ma per la prima volta con un disegno prospettico e con un
buon approfondimento di analisi, potendo tener conto di confondenti dietetici e abitudini di vita.
9
Spazio alle Commissioni
A cura di Vittorio Fusco
Un buon dialogo interno innanzitutto
Alla luce degli importanti cambiamenti organizzativi a cui la
Rete è andata incontro negli ultimi due anni, la Commissione
Informazione e Comunicazione ha incentrato maggiormente le
proprie attività sulla comunicazione tra gli operatori del settore.
Tra queste spiccano le attività informative e formative sui CAS e
i progetti CONTACI e CORO
Intervista a:
Mario Clerico
SC Oncologia, ASL 12, Biella
di Vittorio Fusco
Dipartimento Onco-Ematologico,
Azienda Sanitaria Ospedaliera, Alessandria
Quale impatto ha avuto la riorganizzazione della Rete avvenuta negli ultimi due
anni sulle attività della Commissione?
Tra il 2009 e il 2010 la Rete Oncologica ha vissuto cambiamenti organizzativi importanti e
in continua evoluzione, che hanno reso più difficile lo sviluppo di un progetto informativo
organico rivolto ai cittadini. Di conseguenza l’attività della Commissione Informazione e
Comunicazione si è maggiormente concentrata sulla comunicazione tra gli operatori: in
tale ambito una delle iniziative più significative è stato l’incontro che si è svolto il 25 ottobre del 2010 fra gli organi amministrativi dei CAS per fare il punto su cosa è cambiato e
cosa è rimasto immutato rispetto al precedente incontro del 2007. Per quanto riguarda i
CAS in particolare la Commissione svolge un’attività costante di trasmissione delle informazioni tra le diverse strutture operanti sul territorio. Un impegno particolarmente positivo
- al quale vale la pena dedicare uno spazio più ampio in questa sede - è stato il convegno “CONTACI: convivere con il tumore, progetti, esperienze” che si è svolto a Biella nel
mese di marzo del 2010.
Da non dimenticare inoltre l’attività di revisione dei documenti informativi della Rete
Oncologica e lo sviluppo di nuovi materiali, quali per esempio gli opuscoli “Ti hanno
detto che…” che si sono arricchiti di due nuovi titoli “Lo sai che cosa sono i GIC e i
CAS?” e “Un contributo regionale per l’acquisto di parrucche”.
La Commissione garantisce infine il costante aggiornamento della banca dati dedicata
ai progetti di ricerca in ematologia e oncologia attivati in Piemonte e Valle d’Aosta, con
la loro pubblicazione sul sito della Rete Oncologica a partire dal 2009.
Quale sarà l’impegno della Commissione per la realizzazione delle “Linee di
indirizzo, obiettivi e piano di attività 2011 del Dipartimento Interregionale e
Interaziendale Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta” approvate nel dicembre del 2010?
A tale riguardo la Commissione ha preparato e sottoposto alla direzione del
Dipartimento un piano che comprende i seguenti punti:
- realizzazione di una newsletter per gli operatori della Rete Oncologica, con un
ampliamento dell’attività che attualmente è svolta dalla segreteria
- elaborazione di un questionario per i medici di famiglia, allo scopo di monitorare le esigenze comunicative della loro categoria
- proposta di un questionario per gli infermieri della Rete Oncologica
10
- aggiornamento della cartellonistica e applicazione dell’identità visiva della Rete
- campagna dedicata all’“Accreditamento dei percorsi del
colon-retto”
- divulgazione dei risultati delle sperimentazioni cliniche degli operatori della Rete.
Può illustrarci nel dettaglio l’esperienza CONTACI, di cui ci ha già anticipato i risvolti positivi?
Il convegno nazionale CONTACI è un evento originale e inedito nato dall’esigenza di fare emergere i
progetti e le esperienze in grado di affrontare sia l’aspetto
clinico sia la prospettiva umana della malattia, dando voce e
spazio a tutti coloro che si impegnano ogni giorno per migliorare l’assistenza ai malati di cancro e alle loro famiglie. Un luogo
dove confrontarsi e mettersi in discussione e, soprattutto, dove
riflettere sulla strada da intraprendere. CONTACI, dunque, perché il paziente “conta” sulla competenza del personale sanitario e quest’ultimo a sua volta può “contare” sulla fiducia del
paziente; entrambi “contano” sulle migliori tecnologie e terapie disponibili. Nell’incontro biellese sono state organizzate sessioni plenarie e laboratori e sono state presentate 67 esperienze e proposte provenienti da tutta Italia. Ciò ha rappresentato l’inizio per “contare” quante persone sono
veramente disponibili a prendere parte al progetto.
L’iniziativa - nata dall’azione congiunta del Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (CIPOMO),
della Rete Oncologica del Piemonte e Valle d’Aosta e dell’associazione di pazienti Bianco Airone onlus - è stata
valutata molto positivamente dalle istituzioni: il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato una
medaglia quale premio di rappresentanza, mentre il Ministro
della Salute Ferruccio Fazio e l’ex presidente della Regione
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Il successo di CONTACI ha spinto gli organizzatori a proi
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Aldo Sardoni
Presidente di Bianco Airone onlus
La Commissione è coinvolta anche nel progetto CORO. Di cosa si tratta?
Il progetto CORO (Comunità di apprendimentO e Ricerca-azione per Operatori sanitari) si inserisce in un più
ampio e articolato programma di ricerca in tema di formazione sul campo (FSC). Per FSC si intende quella formazione che si realizza nella pratica e nell’esperienza lavorativa, quando quest’ultima si sostanzia in determinate
azioni che innescano processi formativi e che hanno una valenza riconosciuta dagli operatori coinvolti. Per esempio rientrano nella FSC l’attività di ricerca, il confronto sui casi e la messa a punto o la realizzazione di progetti.
Già da alcuni anni diverse Regioni hanno accreditato la FSC nel Sistema di Educazione Continua in Medicina
(ECM). Apprendere dall’esperienza non è scontato e, soprattutto, rimanda a processi complessi. Per cogliere
tale livello di complessità la scelta del campo di ricerca deve prevedere operatori coinvolgibili con un certo grado
di interesse e sensibilità alle tematiche della formazione, nonché contesti organizzativi - quali appunto quelli dell’area oncologica - particolarmente attenti alla preparazione dei propri operatori e aperti all’adozione di nuove
modalità formative. L’area oncologica rappresenta nel contempo un ambito interessante per le finalità della ricerca, anche per il fatto di essere per sua natura trasversale: le fasi di diagnosi e di terapia coinvolgono professionisti delle specialità più varie, che si trovano a dover negoziare pratiche e linguaggi diversi.
Da tali premesse ha preso il via il programma di ricerca CORO, finanziato dalla Rete Oncologica del Piemonte e
della Valle d’Aosta e realizzato dalle strutture
Formazione e Comunicazione e Oncologia di
Tabella 1.
Biella. Nato nel 2009, con un orizzonte sperimenObiettivi del progetto CORO
tale e limitato all’area oncologica della ASL di
Biella, dal 2010 è stato allargato a tutti i Poli. Nella
Conoscere le rappresentazioni e i significati che gli operatori
danno alla FSC
sua fase sperimentale sono stati coinvolti circa 25
operatori dell’area oncologica (oncologi, infermieIndividuare le pratiche della FSC all’interno dell’area oncologica
ri, radiologi, chirurghi e radioterapisti membri dei
Comprendere più approfonditamente le potenzialità di questo
GIC di senologia).
sistema formativo rispetto all’apprendimento individuale-orgaIn sintesi il programma di ricerca CORO (Tabella
nizzativo
1) offre la possibilità di guardare al mondo della
Individuare le potenzialità e i possibili margini di miglioramento
FSC non solo con la lente del sistema di accredidella FSC nell’ambito dei vari contesti analizzati (attività di ricertamento, che è necessariamente focalizzata sulla
ca, stage, discussione-casi, eccetera)
definizione degli indicatori del fare, ma anche di
Conoscere come sono e come potrebbero essere vissute dagli
dirigere lo sguardo sull’universo dei significati che
operatori sanitari alcune modalità di realizzazione di progetti
lo accompagnano. Dai risultati che emergeranno
FSC e, più in generale, alcune scelte o filosofie di fondo caratterizzanti il sistema di accreditamento ECM del Piemonte di prossi potranno ottimizzare tutte le attività della FSC
sima implementazione
(valorizzando bisogni formativi, “culture” professionali emergenti, motivazioni, eccetera).
12
Cure ad ampio raggio
XVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Cure Palliative
Roma 1-4 dicembre 2010
L’annuale appuntamento della SICP ha sottolineato
come le cure palliative, e l’integrazione di queste
con i trattamenti attivi, non solo siano importanti per
assicurare al paziente una migliore qualità di vita
nella fase terminale della neoplasia, ma possano
avere anche un impatto sul decorso della malattia
Marcello Tucci
Oncologia Medica,
Ospedale S. Luigi Orbassano, Torino
Tutte le Società Scientifiche a cui gli oncologi fanno
riferimento - quali per esempio AIOM, ESMO, ASCO sottolineano, soprattutto recentemente, come i principi
della “continuità di cura” e della “filosofia del non
abbandono” debbano costituire i punti fondamentali
nella gestione del paziente portatore di neoplasia,
principi che occorre tenere ben presente tutti i giorni e
in ogni momento della pratica clinica.
In particolare la Task Force dell’AIOM - un tavolo
permanente sulla continuità di cura in oncologia -,
attraverso un documento pubblicato su Tumori nel
2009, ha preso una posizione molto precisa relativamente a questo argomento. Secondo i componenti del
gruppo di esperti, l’oncologo medico deve:
- garantire in qualunque momento della malattia cure
costanti e continue finalizzate a ottenere la migliore
qualità di vita del paziente
- essere la figura centrale responsabile del coordinamento dei trattamenti in ogni fase della patologia
- essere in grado di gestire lo stadio finale della malattia neoplastica, ricorrendo ove necessario anche alla
sedazione terminale.
L’argomento della continuità di cura è stato uno dei
principali topic a cui il XVII Congresso Nazionale della
Società Italiana di Cure Palliative - tenutosi a Roma
dall’1 al 4 Dicembre del 2010 - ha dedicato intere
sessioni medico-infermieristiche. Nell’ambito di tali
sessioni è stato più volte ribadito come la terapia di
supporto instaurata precocemente sia in grado di
migliorare la qualità di vita del paziente in qualunque
fase della malattia, ma soprattutto sia una condizione
necessaria per rendere meno doloroso il momento in
cui egli non è più suscettibile di cure attive.
In particolare sono stati più volte presentati i sorprendenti risultati di uno studio pubblicato nel 2010
sul New England Journal of Medicine, che ha randomizzato 151 pazienti affetti da carcinoma del polmone
non a piccole cellule a ricevere un trattamento oncologico attivo in associazione a cure palliative precoci o il
solo trattamento oncologico attivo. I risultati di tale trial
hanno evidenziato un significativo impatto delle cure
palliative precoci in termini sia di qualità di vita sia di
miglioramento del tono dell’umore. Il dato tuttavia
maggiormente sorprendente è stato quello relativo alla
sopravvivenza: i pazienti randomizzati al trattamento
oncologico attivo in associazione a cure palliative precoci hanno dimostrato una sopravvivenza mediana
significativamente superiore rispetto a quella del gruppo sottoposto al solo trattamento oncologico attivo
(11,6 mesi vs 8,9 mesi, p = 0,02).
Temel JS et al. Early palliative care for patients with
metastatic non-small-cell lung cancer. N Engl J
Med 2010; 363: 733-742
Zagonel V et al, Task force AIOM Palliative Care in
Oncology. The medical oncologist’s role in palliative
care: AIOM’s position. Tumori 2009; 95: 652-654
BIBLIOGRAFIA
Congressi in Italia
A cura di Marcella Occelli
13
Congressi all’estero
A cura di Marcella Occelli
Ultime novità dal Texas
33rd Annual San Antonio Breast Cancer Symposium
San Antonio (USA) 8-12 dicembre 2010
Tiziana Catzeddu
Oncologia Medica,
Azienda Ospedaliera
Santa Croce e Carle,
Cuneo
Nella sua 33a edizione l’importante congresso
dedicato alla neoplasia mammaria ha
puntualmente offerto un’ampia panoramica degli
studi in corso, testimoniando l’intensa attività di
ricerca in questo settore
Moltissimi sono stati gli studi presentati all’edizione del 2010 del congresso di San
Antonio. Ne viene data qui di seguito una breve rassegna, con una particolare focalizzazione sulle sessioni dedicate all’ormonoterapia, agli schemi chemioterapici, all’obesità e al
trattamento delle neoplasie triplo-negative.
Ormonoterapia adiuvante
Lo studio MA.27 ha randomizzato oltre 7.500 pazienti postmenopausali con neoplasia
ormono-sensibile al trattamento con anastrozolo o con exemestane, entrambi somministrati per 5 anni, con obiettivo primario la sopravvivenza libera da eventi. A più di 4 anni di
follow up non è stata riscontrata alcuna differenza tra i due bracci di trattamento, mentre il
profilo di tossicità dei due farmaci ha mostrato un vantaggio per exemestane per
quanto riguarda osteoporosi e ipercolesterolemia e per anastrozolo relativamente alle alterazioni degli indici di funzionalità epatica e all’insorgenza
di acne.
Ormonoterapia nella malattia metastatica
Lo studio FIRST ha randomizzato pazienti postmenopausali con malattia ormono-sensibile a terapia con fulvestrant 500 mg o con
anastrozolo 1 mg sino a progressione di malattia. Per
quanto riguarda l’obiettivo primario, con fulvestrant si
è ottenuto un vantaggio non significativo in termini di beneficio clinico (stabilità di malattie e
risposte) e un vantaggio significativo in termini di tempo alla progressione.
Chemioterapia adiuvante
Lo studio USON 1062 ha randomizzato pazienti con malattia N+ o
N- ad alto rischio a due schemi
chemioterapici:
- AC x 4 seguiti da docetaxel x 4
- AC x 4 seguiti da docetaxel +
capecitabina x 4.
14
Lo studio non ha mostrato differenze tra i due bracci in termini di sopravvivenza libera da malattia, mentre
ha evidenziato un vantaggio in sopravvivenza di dubbio significato per il regime contenente capecitabina
(si osserva un vantaggio in sopravvivenza, ma non in sopravvivenza libera da malattia).
Lo studio FinXX ha randomizzato le pazienti a due schemi chemioterapici:
- docetaxel x 3 seguito da FEC x 3
- docetaxel x 3 seguito da CEX x 3.
Nell’aggiornamento presentato al congresso non è stato mostrato un vantaggio del regime contenente
capecitabina per quanto riguarda l’endpoint della sopravvivenza libera da ripresa di malattia.
L’aggiornamento a 10 anni dello studio TAC vs FAC ha confermato il vantaggio di TAC in termini di sopravvivenza libera da malattia e sopravvivenza mediana.
Chemioterapia neoadiuvante
Lo studio GeparQuinto ha randomizzato 620 pazienti HER2-positive a:
- EC x 4 seguito da docetaxel x 4 + trastuzumab
- stesso regime chemioterapico + lapatinib.
La percentuale di risposte patologiche complete è risultata superiore nel braccio trastuzumab rispetto al
braccio lapatinib.
Il trial Neo-ALTTO ha randomizzato 450 pazienti con neoplasia HER2-positiva a:
- chemioterapia + trastuzumab
- chemioterapia + lapatinib
- chemioterapia + entrambi i farmaci.
La combinazione di chemioterapia + trastuzumab e lapatinib ha mostrato un incremento di risposte patologiche complete rispetto agli altri due bracci di trattamento.
Neoplasia triplo-negativa
Lo studio BALI-1 ha randomizzato pazienti con neoplasia metastatica a ricevere cisplatino o l’associazione cisplatino + cetuximab; l’aggiunta di cetuximab ha indotto un vantaggio significativo in termini di
sopravvivenza libera da progressione e un vantaggio non significativo
in termini di risposte e di sopravvivenza globale (l’uso dell’anticorpo in
questa patologia è per ora ancora sperimentale).
Baselga J et al. Cetuximab +
cisplatin in estrogen receptornegative, progesterone receptor-negative, HER2-negative
(triple-negative) metastatic breast cancer: results of the randomized phase II BALI-1 Trial.
SABCS 2010, Abs PD01-01
BIBLIOGRAFIA
Obesità e carcinoma della mammella
Nello studio E1199 è stata valutata la chemioterapia con AC seguita da taxani in donne con carcinoma
mammario obese e non obese. La sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da malattia sono risultate significativamente migliori nelle pazienti non obese con malattia endocrino-responsiva ed HER2-negativa.
Nello studio ADEBAR le pazienti trattate con chemioterapia adiuvante sono state valutate in termini di
sopravvivenza e sopravvivenza libera da malattia in relazione alla presenza o meno di sovrappeso; anche
in questo studio l’obesità è risultata associata a una prognosi peggiore.
Lo studio di ormonoterapia TEAM, che confrontava 5 anni di trattamento con exemestane vs la sequenza tamoxifene-exemestane, non ha mostrato differenze - e in particolare un peggioramento della
prognosi - in base alla presenza o meno di sovrappeso.
15
Trimestrale della Rete Oncologica
del Piemonte e della Valle d’Aosta
Direttore responsabile:
Oscar Alabiso
Direttore scientifico:
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Vittorio Fusco, Emanuela Negru, Anna Novarino,
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Depositato presso l’AIFA in data 27/04/2011
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n. 426 del 2 luglio 2007
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