Strategie decisionali manager pubblici vs. privati Indagine sulle strategie decisionali dei manager: settore pubblico vs. settore privato Rapporto conclusivo Progetto di ricerca SSPA Responsabile del Progetto Prof. Riccardo Viale, SSPA – ROMA Coordinatori della ricerca Dott. Linda Lanzillotta ([email protected]), Università di Roma 3 e Prof. Rino Rumiati,([email protected]), Università di Padova Gruppo di ricerca Prof. Nicolao Bonini ([email protected]), Dott. Lucia Savadori ([email protected]), Dott. Katya Tentori ([email protected]), Dott. Davide Diamantini ([email protected]) Università di Trento e Università di Milano-Bicocca Dicembre 2004 1 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati Indice 1. Introduzione p.3 1.1. Le decisioni nei manager p. 4 1.2. La rappresentazione del rischio p. 7 1.3. L’ottimismo “ingiustificato” (optimistic bias) p. 9 1.4. Lo stile decisionale p. 11 1.5. Bias ed euristiche nella strategia decisionale p. 12 1.5.1. L'incorniciamento del problema ed il principio dell’invarianza p.13 1.5.2. L’euristica della rappresentatività p. 16 1.5.3. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza p. 17 1.5.4. Valutazione e previsione: l’effetto dell’ancoraggio p. 19 1.5.5. I manager i bias e le euristiche p. 21 1.6. Riassunto degli obiettivi della ricerca 2. Metodo p. 24 p. 25 2.1. Lo strumento p. 25 2.2. La procedura di raccolta dati p. 26 2.3. Il campione p. 26 3. Risultati p.32 3.1. Il potere gestionale dei manager nel settore pubblico e nel settore privato p.32 3.2. La dinamicità dei manager nel settore pubblico e privato p. 36 3.3. La rappresentazione del rischio p. 37 3.4. L’ottimismo ingiustificato (optimistic bias) p. 40 3.5. Stile decisionale p. 43 3.6. Suscettibilità all’effetto “framing” (incorniciamento) p. 44 3.7. La fallacia del giocatore (o euristica della rappresentatività) p. 45 3.8. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza p. 47 3.9. Effetto ancoraggio p. 48 4. Conclusioni dell’indagine p.49 Bibliografia p.51 Appendice: Questionario p.54 2 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 3 1. Introduzione Il manager pubblico costituisce uno “snodo” cruciale del processo di formazione delle politiche di settore, della loro implementazione e attuazione da parte dell'organismo politicoistituzionale di riferimento. Il management pubblico include tutti quei soggetti e quei ruoli ai quali viene demandato l’espletamento delle funzioni direzionali e operative nei diversi settori in cui si articola l’attività della pubblica amministrazione centrale e periferica. Il manager pubblico svolge, quindi, una funzione direzionale e operativa subordinata alla funzione strategica generale prevalentemente espletata dalla direzione politica. Tale funzione deve perciò essere fortemente orientata al servizio e al raggiungimento degli obiettivi definiti e proposti dalla direzione politica, ossia deve essere in grado di: a) interpretare volontà, aspettative e indicazioni del decisore politico; b) fornire gli input necessari alla struttura operativa; c) valutare l'impatto delle politiche implementate dall’organismo politico-istituzionale. Si tratta dunque di una figura caratterizzata da abilità generali che consentano di prospettare comportamenti ed azioni strategiche coerenti con gli obiettivi dell’organismo politico-istituzionale. Il manager è quindi un attivo “costruttore e selezionatore di strategie decisionali”, orientato a risolvere in modo originale situazioni che possono presentare un elevato grado di complessità, conflittualità ed incertezza. Dal momento che l’attività decisionale costituisce un momento centrale dell’attività manageriale vi è stato da sempre un forte interesse per tale tematica, non accompagnato tuttavia da ricerche specifiche che abbiano avuto per oggetto i processi decisionali nei manager pubblici. Inoltre gli stessi modelli in genere proposti come riferimento normativo si sono rivelati spesso inadeguati nella descrizione e, soprattutto, nella previsione del comportamento effettivamente attuato dai manager loro funzioni decisionali. La definizione di manager nell’ambito della pubblica amministrazione insiste sul potere discrezionale nella scelte degli strumenti e nella gestione delle risorse umane/finanziarie per il raggiungimento degli obiettivi imposti dalla direzione politica che sono propri di tale figura e che la rendono per certi versi simile al ruolo del manager privato. Tuttavia rispetto a quest’ultimo, il potere decisionale del manager pubblico è condizionato da quelle stesse norme che lo affermano, così come la sua discrezionalità decisionale è vincolata dalle disposizioni di legge che stabiliscono le modalità formali e sostanziali entro cui può espletarsi. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 4 Infine, il management pubblico si caratterizza per due aspetti fondamentali: un rapporto di lavoro conforme alle regole generali del pubblico impiego e un’autorità riferita allo status professionale distinto dallo status politico. 1.1. Le decisioni nei manager Le decisioni manageriali sia in ambito pubblico che in ambito privato dovrebbero essere prese seguendo una sequenza di fasi che garantirebbe una razionalità di processo qualsiasi sia il dominio entro il quale tali decisioni vengono prese (Friedman, 1957). Il modello in base al quale le decisioni manageriali dovrebbero essere prese prevede sei fasi principali. La prima fase si riferisce alla definizione del problema. In questa fase il decisore delinea il problema decisionale valutandone la complessità, l’ampiezza e definendo l’obiettivo da raggiungere. Spesso i manager commettono l’errore di definire il problema nei termini di una soluzione proposta o diagnosticando il problema sulla base dei sintomi espressi dal problema stesso. La seconda fase riguarda l’identificazione dei criteri in base ai quali la decisione verrà presa. Il manager razionale dovrebbe individuare tutti i criteri rilevanti che gli consentano, alla fine del processo di analisi, di scegliere l’opzione che meglio soddisfa le sue attese. La terza fase riguarda la ponderazione dei criteri. Infatti gli stessi criteri possono essere diversamente pesati dai manager a seconda dell’ambito nel quale operano. Ad esempio il rischio associato a certe operazioni può essere diversamente valutato dallo stesso manager a seconda della cultura aziendale dell’organizzazione nella quale lavora. La quarta fase si riferisce alla generazione delle alternative. In questa fase del processo decisionale devono essere individuati i diversi corsi di azione e molto spesso i manager, come i normali decisori, sono incapaci di produrre un numero apprezzabile di alternative di scelta a causa di una serie di vincoli, come la pressione temporale, a cui sono spesso sottoposti. La quinta fase è quella in cui il decisore effettua la comparazione tra le diverse alternative su ciascun criterio. Spesso questa è la fase più complessa e difficile poiché al manager viene richiesto di fare delle previsioni sulle conseguenze associate alle alternative. La sesta fase, infine, riguarda la computazione della decisione ottimale che prelude l’espressione della preferenza. Le operazioni che il decisore razionale dovrebbe effettuare consistono nel moltiplicare le conseguenze attese di ogni alternativa per il valore di ciascun criterio ponderato come indicato nella fase tre. Alla fine di queste operazioni il manager che si comporti in Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 5 maniera perfettamente razionale dovrebbe scegliere il corso di azione che riporta il più elevato valore atteso. Le decisioni difficilmente vengono prese dal manager seguendo questo processo dato che il sistema cognitivo umano è condizionato da una serie di vincoli come ad esempio le quantità e la qualità delle informazioni disponibili, dai limiti della memoria e dai vincoli dei processi inferenziali che rendono praticamente impossibile l’adozione di una soluzione ottimale. Anche l’adozione di una strategia decisionale è alquanto problematica. Razionalmente i manager dovrebbero adottare delle regole decisionali cosiddette compensatorie, ovverosia quelle strategie che permettono di controbilanciare tra loro i valori di attrattività delle opzioni in relazione ai diversi criteri. Per fare un esempio, la scelta di acquistare un appartamento molto costoso più essere motivata dal fatto che è in una posizione da noi giudicata molto apprezzabile, i valori rispetto ai due criteri si controbilanciano. In base a tali regole un individuo sceglie un'alternativa che presenta un valore elevato rispetto ad un certo criterio tale da compensare “il sacrificio” rispetto ad altri criteri che in sé potrebbero essere apprezzabili. Per poter applicare tali procedure è necessario, però, che le opzioni o gli attributi che le descrivono siano tra loro commensurabili. Nell’esempio precedente la difficoltà sta nel grado con cui riesco a rappresentarmi su di un’unica dimensione il costo e la posizione dell’appartamento, in modo da poterli confrontare. Le strategie di tipo non-compensatorio vengono generalmente utilizzate da un individuo per quei problemi decisionali in cui non è possibile la commensurabilità delle opzioni o dei criteri, oppure quando non è possibile la compensazione tra le attrattività delle singole opzioni o criteri presi in considerazione. In altre parole l'attrattività limitata di un'opzione rispetto ad un certo criterio non può venir compensata con la maggior attrattività della stessa opzione rispetto ad un altro criterio. Un esempio tipico di strategie non compensatorio è la strategia denominata "eliminazione per aspetti". In base a questa strategia ogni criterio viene selezionato con una probabilità proporzionale alla sua importanza. Dopo tale selezione, tutte le alternative vengono confrontate rispetto al criterio individuato e quelle con un valore basso vengono via via eliminate. Si procede quindi all’individuazione di un altro criterio; il procedimento si conclude quando resta una sola opzione. Per fare un esempio, se stiamo valutando l’acquisto di un appartamento potremmo scegliere di prendere in considerazione solo quelli che costano meno di una certa cifra. In questo modo, imporremmo un cut-off sul criterio “prezzo”, attraverso cui operare una veloce scrematura delle possibili alternative. Da un lato questa procedura semplifica il problema di scelta, dall’altro però, impedisce definitivamente ad una certo numero di opzioni di essere potenziali candidati. Potremmo Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 6 scoprire invece che alcune caratteristiche molto particolari di un’opzione sarebbero state in grado di compensare un costo maggiore e saremmo stati più soddisfatti se avessimo chiesto, ad esempio, un mutuo più grande, ma avessimo considerato l’acquisto di un appartamento anche se costava più del cut-off da noi stabilito. Diversi studi hanno rilevato differenze tra i manager e le persone appartenenti ad altre categorie. Queste differenze riguardano prevalentemente la percezione del rischio (MacCrimmon e Wehrung, 1986; Shapira, 1994). In generale, ciò che i manager si aspettano da situazioni rischiose sono dei risultati negativi, non positivi. E’ stato anche visto che i manager non considerano il rischio come un concetto probabilistico, nel senso che la grandezza della possibile perdita assume tanta importanza quanta ne assume l’incertezza legata al rischio stesso. L’esposizione al rischio non viene valutata con calcoli statistici e stime probabilistiche, ma con pochi concetti che permettono al manager di “percepire” la grandezza del rischio, senza, però, il bisogno di quantificarlo. L’esigenza dei dirigenti, infatti, non è di definire la quantità del rischio (cosa che considerano molto difficile per l’impossibilità di tenere in considerazione tutte le variabili coinvolte), ma di percepirne la grandezza, in modo da poter decidere, qualora questa fosse troppo estesa, di non assumerlo. Shapira considera i manager come degli agenti attivi che esercitano una forma di controllo sulle scelte rischiose grazie alle loro capacità professionali, limitando i possibili danni. Nonostante questo, riconosce anche due fattori che sembrano influenzare l’atteggiamento di un manager verso il rischio, ovvero, l’incentivazione e l’esperienza. Shapira parte dal presupposto che ogni persona ha delle motivazioni intrinseche che la rendono incline al rischio e che diventano parte della personalità determinando, così, i successivi comportamenti. Queste motivazioni sono dettate probabilmente anche dagli incentivi e dai codici di comportamento dirigenziali dell’organizzazione nella quale il manager è impiegato, determinando, così, un differente atteggiamento. Alcuni dati, non ancora pubblicati, suggeriscono che l’approccio al rischio dei manager appartenenti al settore pubblico possa essere diverso da quello dei manager appartenenti al settore privato (Sechi, 1999/00). Questi dati rivelano che i manager tanto del settore pubblico quanto di quello privato credono che esista una relazione tra rischio e incertezza, ma questa convinzione è maggiore nei primi rispetto ai secondi. Entrambi considerano il rischio molto simile al gioco d’azzardo, con la differenza che ritengono di avere un buon controllo sul rischio grazie alle loro abilità professionali, ma sentono di non aver nessun tipo di controllo sul gioco d’azzardo, sul quale è efficace, invece, solamente la fortuna. Entrambi ritengono, inoltre, che il rischio sia associato sempre positivamente al profitto, il quale, però, può essere indipendente dal rischio stesso. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 7 Una percentuale maggiore di manager che operano nel privato, associa al rischio soprattutto risultati positivi, anche se la maggior parte delle due categorie lo associa sia a risultati positivi che negativi. Il comportamento più frequente che manager pubblici e privati dichiarano di adottare in situazioni considerate rischiose è di cercare il modo di ridurre il rischio stesso o di renderlo più “calcolabile”. 1.2. La rappresentazione del rischio La percezione del grado di rischio (Risk Perception) associato a diverse attività, tecnologie e sostanze compiuta dalle persone che non hanno una conoscenza di settore specifica si discosta normalmente da quella basata sui dati statistici epidemiologici (Risk Assessment o Risk Analysis). La percezione del rischio è infatti frutto di un ragionamento intuitivo che si basa sulla rappresentazione che l’individuo ha in quel momento del problema, sulle informazioni possedute e sul grado di rilevanza attribuito alle informazioni, nonché sulle strategie cognitive di elaborazione adottate che sono per lo più implicite, ovvero automatiche e non necessariamente coscienti. Nell’analisi di rischio (Risk Assessment), viceversa, è il tentativo di quantificare le possibili conseguenze negative di un’azione o di uno stato di cose. Nonostante il termine rischio si adatti a descrivere fenomeni fisici di natura ben solida e concreta (es. il rischio di terremoto, il rischio di incidente, il rischio di pioggia, il rischio di contagio), non vi è una operazionalizzazione universalmente valida e precisa di questo concetto. In questo senso l’analisi di rischio (Risk Assessment) è come altri concetti astratti quali il benessere di un’economia, per il quale non c’è un unico indicatore e l’indice finale varia al variare degli indicatori che si utilizzano per calcolarlo. Tuttavia, a livello generale, la maggior parte delle definizioni fa riferimento al rischio come alla probabilità che accada una conseguenza negativa x la gravità della possibile conseguenza negativa. Un rischio può essere quindi descritto come una funzione della probabilità e della gravità delle possibili conseguenze future. Di solito per non incorrere in polemica circa gli indicatori usati per la stima, si sceglie di utilizzare, quando possibile, la conseguenza più facilmente quantificabile e chiaramente indesiderabile, ovvero, “costi monetari”. Tuttavia, ciascuno di noi sa che il rischio può anche riferirsi alla perdita di posti di lavoro, o alla perdita di immagine per l’azienda o ad altri fattori ancora che non sono tutti monetarizzabili. Analogamente, esistono diverse forme di probabilità che possono essere usate: la probabilità media individuale di subire un certo costo, la probabilità che un certo numero di persone possa subire un costo, la probabilità in un certo Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 8 intervallo di tempo o in base ad un certo grado di esposizione, per citarne alcune. Una volta definita la probabilità questa, a volte, viene moltiplicata per la gravità della conseguenza per dare un “valore atteso” di danno entro un certo periodo di tempo. Questi modi diversi di misurare il rischio discendono da diverse definizioni del costrutto che vengono usate a seconda degli obiettivi e del settore di indagine. La scelta di una misura piuttosto che un’altra è un elemento che riduce l’oggettività della misurazione del rischio. La ricerca psicologica sulla percezione del rischio ha come obiettivo quello di raccogliere i giudizi intuitivi del grado di rischio “percepito” e di determinare le ragioni che spingono le persone comuni a giudicare alcuni rischi più o meno pericolosi di altri. Spesso si è costatato che vi è disaccordo tra gli esperti e la gente comune sul livello di rischio associato a diverse attività (es. nucleare, biotecnologie) (Vlek e Stallen, 1980; Slovic, Fischhoff, Lichtenstein, 1984; Savadori, Rumiati, Bonini, 1998). Tali divergenze sono imputabili per lo più al fatto che, diversamente dagli altri individui, gli esperti possono far ricorso a dati obiettivi. Ciò che si è appreso da vent’anni di ricerca sul rischio è che le persone (anche gli esperti) quando percepiscono il rischio non si basano sui parametri prima menzionati di probabilità e gravità del danno ma lo fanno sulla base di un insieme di fattori cognitivi che, a seconda del tipo di rischio, mediano in misura maggiore o minore la sensibilità individuale. In questo senso il rischio è un concetto multi-dimensionale (Savadori et al., 2004). Ad esempio, alcuni rischi sono giudicati elevati perché non possiamo controllarli personalmente (es. volare in aereo vs. guidare la macchina), altri perché l’assunzione non è volontaria ma ci viene imposta da altri (es. fumo da sigaretta vs. onde elettromagnetiche), altri ancora perché producono dei danni “catastrofici” piuttosto che cronici (es. 11 settembre vs. vittime incidenti stradali). Le dimensioni, che fino ad oggi sono risultati essere degli importanti mediatori della percezione del rischio sono elencati in tabella 1. Dimensioni della percezione del rischio 1. Il grado in cui la sostanza o attività suscita reazioni di paura 2. Il grado in cui l’attività o la sostanza pone a rischio le generazioni future 3. La gravità delle possibili conseguenze negative 4. Il grado in cui le conseguenze negative colpiscono molte persone tutte insieme, piuttosto che molte persone ma isolate ed a distanza di tempo 5. Il grado in cui noi ci sentiamo personalmente esposti al rischio 6. Il numero di persone esposte al rischio 7. Quanto la scienza conosce il rischio specifico 8. Quanto l’assunzione è volontaria o imposta da terzi 9. Quanto gli effetti sono immediati o differiti nel tempo Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 9 10. Quanto gli effetti sono osservabili 11. Quanto riteniamo di conoscere il rischio 12. Quanto il rischio è nuovo 13. Quanto riteniamo di poter controllare personalmente il rischio 14. Il grado in cui il rischio pone problemi di etica/morale 15. La misura in cui l’attività o sostanza offre dei benefici 1.3. L’ottimismo “ingiustificato” (optimistic bias) La stima del grado di rischio è una delle componenti principali di ogni processo decisionale. Le stime di rischiosità utilizzate intuitivamente nella vita di tutti i giorni si basano per lo più su giudizi soggettivi, definiti in letteratura come “percezione del rischio” (Slovic, 1987). Si può supporre che una stima intuitiva venga utilizzata tanto più frequentemente in quelle situazioni che richiedono valutazioni specifiche e contingenti: ad esempio quando si devono condurre interventi complessi ed eterogenei in situazione di stress temporale, come nell’attività del manager. La percezione del rischio è quindi una stima di natura soggettiva e perciò esposta a distorsioni. La ricerca in quest’ambito ha rilevato un nutrito repertorio di queste distorsioni o bias. Ad esempio, vi é la tendenza a sovrastimare la probabilità di eventi negativi ad alto impatto emotivo e quindi facilmente evocabili come le morti violente; questa distorsione é determinata dall’euristica della disponibilità (Tversky e Kahneman, 1974). Un’altra tendenza sistematica, definita “illusione di controllo”, consiste nella sottostima della probabilità che un’evento abbia conseguenze negative se si ritiene di avere un controllo personale su di esso (Vlek e Hendrix, 1988). Ciò si verifica ad esempio quando stimando il rischio di incidente diamo una stima minore se siamo noi alla guida del veicolo anziché nei panni del passeggero (McKenna,1993). Weinstein (1980) è stato il primo ad osservare un bias che emerge quando si formulano giudizi comparativi tra la propria vulnerabilità ad un evento negativo e quella di altre persone. In queste stime di rischio emerge la tendenza a sottostimare la probabilità personale di incorrere in una situazione negativa rispetto alla media delle altre persone. In altre parole, ci si ritiene personalmente meno esposti ad eventi negativi rispetto agli altri. Questo fenomeno pervasivo è stato denominato bias ottimistico, (Weinstein, 1980). Il bias ottimistico, non é un tratto di personalità come l’ottimismo disposizionale (Scheier e Carver, 1987) bensì una distorsione cognitiva sistematica della valutazione della propria probabilità di incorrere in un evento negativo. Il bias ottimistico è stato spiegato come frutto dell’opera congiunta di due meccanismi. Il primo di questi consiste nel sovrastimare la numerosità e l’efficacia dei comportamenti Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 10 precauzionali messi in atto da se stessi, rispetto a quelli messi in atto dagli altri. I comportamenti messi in atto dalla persona, infatti, sono più “visibili” e disponibili in fase di ricordo, rispetto a quelli messi in atto dagli altri. Al momento di giudicare il proprio grado di esposizione al rischio, quindi, la valutazione viene effettuata sulla base di un ricordo degli eventi distorto a favore della propria persona (Weinstein, 1980; 1984). Il secondo meccanismo è di carattere motivazionale. Se da un lato, il giudizio comparativo è un’operazione adattiva che l’individuo compie per misurarsi con i rischi presenti nel suo ambiente, dall’altro lato, proprio per questo suo carattere adattivo deve anche rispondere al bisogno di mantenere una visione positiva di sé e proteggere l’autostima. L’immagine di sé sarebbe sminuita se venissero percepiti senza distorsioni ottimistiche i rischi impliciti in attività pericolose che si compiono deliberatamente e gratuitamente come fumare o guidare senza cinture (Segerstrom, McCarthy, Carvey, Gross, Jarvik, 1993; Kunda 1987). Rimanendo in ambito motivazionale, anche la tendenza al “pensiero desiderativo” (wishfull thinking) potrebbe contribuire a ridurre la percezione del rischio personale. Il bias ottimistico è quindi spiegabile come effetto di processi sia cognitivi che motivazionali. Numerose ricerche si sono orientate a definire in quali condizioni questo bias viene amplificato ed in quali esso viene ridotto. La letteratura ha mostrato che il bias cresce quando si stimano attività messe in atto in modo attivo, cioè attività le cui conseguenze negative possono essere limitate dalla nostra abilità nel gestire la situazione (es. guidare). Il bias diminuisce invece quando si valutano situazioni passive verso le quali sentiamo di non avere alcun potere (es. vivere in una zona ad elevato inquinamento atmosferico), (Perloff, 1983 e 1987). Si tende quindi a manifestare con maggior forza il bias se si percepiscono le attività rischiose come personalmente controllabili e se si ritiene di possedere abilità adeguate per controllarle efficacemente; in altri termini, il bias cresce se, relativamente a quella situazione, si ha un “locus of control” interno unito ad una elevata stima di auto-efficacia (Horrens e Buunk, 1993; Otten e Van Der Plight, 1996). Viceversa, il bias ottimistico diminuisce o sparisce quando si valutano situazioni in cui non si ha la possibilità di agire per ridurre il rischio e quando il target di confronto, cioè il gruppo con cui si confronta il rischio personale, è percepito come simile, vicino o affettivamente legato a sé (Quadrel, Fischhoff, Doris, 1993). Infine è stato rilevato che in alcune condizioni il bias ottimistico non solo sparisce ma viene sostituito da una tendenza opposta denominata “bias pessimistico” (Dolinsky, Gromsky e Zawinsza, 1986). Questa tendenza sembra dipendere dalla natura della situazione rischiosa. Il bias ottimistico sembra emergere per rischi di natura incidentale, potenziale e familiare mentre il bias contrario sembra comparire per rischi percepiti come comuni, reali e non familiari (es. effetti sulla salute Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 11 legati a radiazioni a seguito di un incidente nucleare realmente accaduto). Nel primo caso, infatti, un atteggiamento ottimistico può aiutare a liberarsi dall’ansia e quindi ad affrontare più tranquillamente le attività quotidiane, nel secondo caso, invece risulterebbe più adattivo attuare un comportamento di ricerca di informazioni per poter mettere in pratica le dovute precauzioni contro i rischi reali e presenti. Il bias pessimistico sarebbe quindi funzionale ed adattivo perché induce la persona in pericolo a prestare più attenzione ai rischi e ad impegnarsi maggiormente nelle azioni preventive (Norem e Cantor, 1986). Tra i fattori che influenzano le stime di rischio la ricerca ha spesso segnalato il fattore “esperienza” (expertise), (Slovic, 1987; Savadori, Rumiati e Bonini, 1998; Weinstein, 1989). Confrontando le stime di rischio prodotte da soggetti esperti con quelle di soggetti inesperti emerge che i primi tendono a fondare le loro valutazioni su una quantificazione delle perdite di vite umane potenziali mentre i secondi si basano prevalentemente su caratteristiche della situazione percepite soggettivamente (Savadori et al.,1998). Le ricerche che hanno studiato il fattore “expertise” tuttavia, studiano le stime di persone “esperte” nel senso di individui che per professione stimano il grado di rischio (es. assicuratori, analisti della decisione, responsabili delle tecnologie rischiose ecc.) ed attraverso questa occupazione hanno acquisito una facilità di accesso ad informazioni statistiche legate ai rischi. L’expertise non viene quindi intesa come “esperienza reale di situazioni di pericolo” ma come conoscenza statistica astratta (Hendrickx e Vlek, 1991). Questa limitazione risulta tanto più evidente quanto più la ricerca sul rischio mette in luce come le stime di rischio associato ad eventi complessi si basano più su considerazioni riguardo ai processi che conducono ad un esito negativo, piuttosto che sulla frequenza con cui questi si sono verificati nel passato (Hendrickx e Vlek, 1991). In altri termini, nelle situazioni complesse i soggetti tendono a valutare il rischio costruendo, sulla base di elementi derivati dalla loro personale esperienza, degli scenari mentali in cui anticipano lo svolgersi di un evento negativo figurandosi così la plausibilità delle varie conseguenze possibili (“euristica della simulazione”, Kahneman e Tversky, 1982). 1.4. Lo stile decisionale La presa di decisione è un processo intellettivo che porta a dare delle risposte comportamentali in determinate circostanze che si concretizzano con la scelta di una alternativa o corso di azione. Ciascun individuo raggiunge una scelta tra alternative usando procedure diverse. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 12 Lo stile decisionale descrive il modo con il quale un manager prende decisioni. Lo stile decisionale di un manager si riflette nel modo con il quale agisce in determinati contesti. Per poter decidere in maniera efficace, come anticipato dell’introduzione, si ritiene necessario seguire una serie di passi: 1. definizione del problema 2. generazione delle alternative 3. definire i costi ed i benefici di ciascuna alternativa 4. selezionare l’alternativa 5. valutare la decisione Come ciascun individuo esegue queste cinque fasi determina il grado in cui lo stile decisionale che ha adottato è analitico oppure impulsivo (Rowe e Boulgarides, 1994). Lo stile analitico implica una ricerca accurata per le informazioni, una considerazione di un volume elevato di informazioni, una tolleranza minore per l’ambiguità. Naturalmente lo stile analitico comporta anche tempi maggiori di decisione e maggiore costo in termini di attenzione e ragionamento. Lo stile analitico è il più adatto per gestire le situazioni nuove, non familiari e inaspettate. I decisori che adottano uno stile analitico prediligono le informazioni scritte e sono molto orientati ai dettagli, a scapito della velocità, ma a vantaggio dell’accuratezza. Diversamente il manager con uno stile decisionale impulsivo tende a richiedere molta meno informazione quando decide, tende a basarsi sull’intuito e su una serie di “euristiche” che a volte sono moto funzionali e a volte inducono in errore. Questo stile decisionale si adatta bene per quelle situazioni dove il problema che si presenta è assimilabile a problemi già affrontati prima, per i quali il manager ha già una serie di strategie disponibili o ha già un’opinione intuitiva al riguardo. Questo stile ha il vantaggio di essere veloce, ma lo svantaggio di essere poco accurato. 1.5. Bias ed euristiche nella strategia decisionale Lo studio della presa di decisione risale agli inizi degli anni cinquanta (Edwards, 1954). Però, l’”approccio psicologico” allo studio della decisione è dovuto agli studi pionieristici di Tversky, Slovic, Lichtenstein, Kahneman e colleghi compiuti tra gli anni sessanta e settanta (Kahneman e Tversky, 1979; Lichtenstein e Slovic, 1971; Tversky, 1969). L’approccio psicologico allo studio della decisione è noto come teoria delle “euristiche e degli errori di giudizio e decisione”. Con la teoria delle euristiche ed errori, contrariamente agli studi precedenti, non solo si cercava di controllare se ed in quali condizioni le preferenze espresse dagli individui violassero la Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 13 teoria dell’agente razionale ma, si cercava soprattutto di elaborare un’ipotesi od un modello psicologico a cui attribuire tali violazioni. L’accento era dunque posto sull’elaborazione di un modello psicologico del processo decisionale, poiché si riteneva la teoria della scelta razionale non fosse in grado di assolvere tale compito. La teoria delle euristiche e dei relativi errori di giudizio descrive come le persone prendono decisioni e formulano giudizi in maniera intuitiva. Inoltra, questa teoria ha fornito delle dimostrazioni empiriche di come la decisione basata sulle euristiche sottenda degli errori decisionali. Le euristiche sono descritte come delle procedure psicologiche che permettono al decisore di semplificare un compito di decisione. Spesso, il loro utilizzo è inconsapevole. Secondo questi autori, decidere intuitivamente significa prendere una decisione in base ad una euristica di giudizio. Si noti come la decisione intuitiva, presa in base al così detto “sesto senso”, contraddistingua anche le decisioni degli esperti. In particolare, si è rilevato come anche i manager siano propensi all'uso dell'intuizione nella loro attività decisionale (Isenberg, 1988; Mintzeberg, 1975). Isenberg, che ha studiato per un paio d’anni le decisioni di dodici manager esperti, ritiene che essi raramente usano procedure analitiche di decisione e, quando viene fatto, lo fanno congiuntamente con le loro intuizioni. Ad esempio, Isenberg sostiene che “di rado [i manager] adottano una procedura sistematica nella formulazione dei loro obiettivi e nella valutazione degli stessi. Inoltre, raramente valutano le probabilità delle conseguenze delle opzioni di scelta per il raggiungimento di obiettivi oppure utilizzano un criterio decisionale in base al quale viene selezionata l'opzione che consente la massimizzazione del ritorno atteso. I manager di solito evitano l'uso di una pianificazione analitica e rigorosa, soprattutto quando si trovano a dover affrontare problemi difficili, nuovi o connessi tra loro” (p. 526). L'intuizione è dunque una componente cruciale del modo con cui i manager affrontano i problemi di decisione. Nei successivi paragrafi saranno illustrate alcune tra le principali euristiche di giudizio ed i relativi errori decisionali con particolare riferimento ai problemi di decisione usati nel questionario. 1.5.1. L'incorniciamento del problema ed il principio dell’invarianza Per la teoria della scelta razionale vi è un solo modo di rappresentarsi il dilemma di decisione. In base a tale rappresentazione, la preferenza è funzione delle conseguenze che derivano dalla scelta Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 14 (principio del consequenzialismo), indipendentemente da come le opzioni sono presentate o dal modo in cui la stessa preferenza viene espressa. Nell’analisi psicologica, la preferenza è anche funzione delle conseguenze che derivano dalla scelta. Il modo con cui il dilemma di decisione viene linguisticamente presentato o la modalità con cui la decisione deve essere comunicata influiscono sulla scelta. Queste “anomalie decisionali” rispetto all’analisi economica standard si hanno poiché i fattori contestuali, di compito o comunicazionali attivano diverse rappresentazioni del problema. Un concetto centrale dell’analisi psicologica è dunque quello di elaborazione della rappresentazione mentale. Nel ragionare attorno ad un problema le persone utilizzano delle prospettive mentali “spontanee” che possono indurre a compiere delle scelte che si discostano da quelle ritenute razionali. In base al principio razionale di invarianza, l’espressione di una preferenza è indipendente dal modo con cui le opzioni di scelta sono presentate. Inoltre, l’espressione di una preferenza è indipendente dal modo con cui viene espressa. Ad esempio, se un individuo preferisce l’opzione terapeutica B alla A, allora tale ordine di preferenza non deve mutare a seconda che le conseguenze delle due opzioni terapeutiche siano presentate in termini di percentuale di sopravvivenza piuttosto che in base alla complementare percentuale di mortalità. Oppure, se un individuo preferisce il candidato B al candidato A, allora dovrebbe mantenere tale preferenza indipendentemente da come gli viene chiesto di esprimerla. Se, ad esempio, in un compito di scelta il decisore sceglie B, allora dovrebbe essere disposto a pagare di più per avere B che non A, oppure dovrebbe fissare un punteggio per B maggiore di quello assegnato ad A. Uno studio sperimentale in cui si mostra la violazione del principio di invarianza è il classico problema della “chiusura della fabbrica” (da Russo e Schoemaker, 1989). "Immagina di essere il responsabile regionale di una grande unione sindacale. A causa di cambiamenti strutturali nell'economia di alcuni settori, alcune imprese manifatturiere della regione hanno minacciato di chiudere totalmente i loro stabilimenti. Esse impiegano 600 lavoratori appartenenti alla tua rappresentanza sindacale. Il direttore della divisione manifatturiera e il relativo management hanno individuato due opzioni per affrontare la situazione di crisi. I delegati del sindacato a livello nazionale ritengono che questi due piani di intervento siano le sole azioni economicamente accettabili. Sia il direttore della divisione imprese manifatturiere che i rappresentanti sindacali a livello nazionale vogliono sapere quale alternativa preferisci tra le due. L'opzione 1 implica una chiusura parziale ed il licenziamento di alcuni salariati. L'opzione 2 consiste, in pratica, nell'accettazione di una scommessa in cui vi è la possibilità di un incremento di 600 posti di Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 15 lavoro oppure di nessun incremento. Queste, in dettaglio, sono le caratteristiche dei due piani di intervento: Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 200 posti di lavoro saranno salvati. Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che 600 posti di lavoro saranno salvati e due terzi di probabilità che nessun posto sarà salvato. Quale opzione sceglieresti?" Russo e Schoemaker hanno rilevato come la maggioranza dei manager a cui è stato presentato questo problema preferisca non assumere rischi scegliendo l'opzione 1. Tale preferenza, però, si rovescia se le due opzioni sono presentate tramite una formulazione negativa delle stesse conseguenze. Ad esempio: "Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 400 posti di lavoro saranno persi. Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che nessun posto di lavoro sarà perso e due terzi di probabilità che tutti e 600 i posti di lavoro saranno persi". Si noti come le opzioni 1 e 2 siano identiche nelle due versioni del problema. Infatti, rispetto ad una stima di perdita di 600 posti di lavoro, dire che 200 posti di lavoro saranno salvati equivale a dire che gli altri 400 posti saranno persi. Ciònonostante, quando le conseguenze sono presentate in termini negativi i manager preferiscono assumere un rischio scegliendo l'opzione 2. Evitano però di assumere dei rischi e scelgono l'opzione 1 quando le conseguenze sono presentate in termini positivi. L'effetto della formulazione linguistica (positiva vs. negativa) delle conseguenze delle opzioni sulla propensione ad assumere un rischio è stato rilevato in numerosi esperimenti. Questo effetto è stato mostrato sia con individui esperti che inesperti. Inoltre, è stato rilevato con problemi decisionali in cui alle opzioni di scelta erano associate diversi tipi di conseguenze come, ad esempio, somme di denaro, posti di lavoro, vite umane, eccetera (si veda Barazza, Legrenzi e Warglien 1994; Bohm e Lind 1992; Schneider 1992). Il Problema 1 del questionario è una versione originale di questo classico problema decisionale ed adattato allo scopo del progetto di ricerca. Coerentemente con i risultati riportati in letteratura, ci aspettiamo che nel frame positivo i manager preferiscano l’opzione 1 (avversione al rischio) mentre nel frame negativo preferiscano l’opzione 2 (ricerca del rischio). Il rovesciamento nella preferenza e la ricerca o l’evitamento di un’opzione a rischio in funzione di come le opzioni vengono presentate costituisce una violazione del principio di invarianza. Infatti, dal punto di vista delle conseguenze che derivano dalla scelta, le due opzioni non differiscono nei due frames. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 16 1.5.2. L’euristica della rappresentatività Molto spesso, gli individui fanno delle inferenze sull'appartenenza di un oggetto A alla classe B, oppure sulla probabilità che l'evento A sia causato dal fatto B valutando quanto A è rappresentativo di B, adottano cioè un processo cognitivo denominato "euristica della rappresentatività". Quando si utilizza questa euristica si valuta la probabilità di un evento incerto oppure un campione in base al grado con cui quell’evento o quel campione è simile alla popolazione dalla quale è tratto oppure riflette le caratteristiche salienti del processo che l'ha generato (Kahneman e Tversky 1972). Si consideri il seguente compito: In una città sono state sottoposte ad osservazione tutte le famiglie che hanno sei figli. In 72 famiglie l'ordine esatto delle nascite di bambini e bambine è stato FMFMMF. Qual è la stima del numero di famiglie osservate in cui l'ordine esatto delle nascite è stato MFMMMM? La stragrande maggioranza giudica la sequenza con 5 bambini e 1 bambina molto meno probabile della sequenza standard. In realtà le due sequenze delle nascite sono equiprobabili. Tuttavia la gente le considera non egualmente rappresentative della popolazione. Il risultato ottenuto, infatti, dimostra che per gli individui la prima sequenza riflette meglio della seconda la proporzione di bambini e bambine nella popolazione. In altre parole la sequenza standard presenta più caratteristiche simili a quelle della popolazione dalla quale è tratta di quanto non ne possegga la sequenza critica. Oltre ad essere simile per certe caratteristiche alla popolazione da cui è tratto, un evento incerto per essere rappresentativo di quella popolazione, dal punto di vista soggettivo, dovrebbe anche rispettare il processo che l'ha generato, dovrebbe cioè apparire casuale. Prendiamo, ad esempio, il seguente problema: Ad ogni tornata del gioco vengono distribuiti, a caso 20, gettoni tra cinque ragazzi: Alan, Ben, Carl, Dan e Ed. Considerate le seguenti distribuzioni: Tipo I Alan 4 Ben 4 Carl 5 Dan 4 Ed 3 Tipo II Alan 4 Ben 4 Carl 4 Dan 4 Ed 4 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 17 Se il gioco si svolgesse in molte tornate, ci sarebbero più risultati di Tipo I o di Tipo II? La previsione fatta dai soggetti intervistati dei 2/3 dei soggetti sottoposti alla prova da Kahneman e Tversky prevedevano che la distribuzione del Tipo I fosse quella più probabile, dal momento che la non uniformità dei valori sembrava rendere la sequenza più rappresentativa di sequenze di eventi prodotte dal caso. Nel caso specifico, la distribuzione uniforme (Tipo II) dei gettoni è, invece, obiettivamente più probabile della distribuzione non uniforme (Tipo I). Quest'ultima infatti presenta delle "perturbazioni" tali da apparire più un artefatto che il risultato dell'intervento del caso. E' vero, tuttavia, che l'euristica di rappresentatività può essere "viziata" da una distorta concezione del concetto di casualità. A molti di noi sarà successo, se abbiamo giocato alla roulette al casinò oppure in casa di amici, di aver pensato anche solo per un istante che dopo alcune uscite di un colore o di una serie di numeri sarebbe toccato all'altro colore o ad un altro numero non ancora uscito. 1.5.3. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza Dal punto di vista della razionalità economica se si deve scegliere tra due opzioni che sono ugualmente buone su alcune caratteristiche ma una è migliore dell’altra su un’altra caratteristica, il decisore dovrebbe scegliere la prima, ovvero l’opzione che domina l’altra. Ad esempio, considerando alcune abitazioni A, B...n che si differenziano in base agli attributi prezzo, numero dei vani, vetustà dell'edificio e collocazione, chi deve prendere una decisione per l'acquisto di un’abitazione può esprimere le proprie preferenze su ciascun attributo che descrive le varie opzioni in esame. In base a tale principio si afferma che se l’abitazione A è valutato migliore della B su un attributo (ad esempio, il numero di vani) e altrettanto buona di B sugli altri attributi (ad esempio, il prezzo, la vetustà, ecc.) l'abitazione A deve essere scelto in quanto dominante. Questo principio si applica ad ogni tipo di dilemma di decisione ove sia possibile discriminare le opzioni per il valore riportato su ciascun attributo. Ad esempio, si consideri il seguente problema decisionale: “Ti saranno presentate due scommesse, X e Y. Per favore, indica quale scommessa tra le due preferisci. X: .25 di guadagnare 240 € e .75 di perdere 760 € Y: .25 di guadagnare 250 € e .75 di perdere 750 €”. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 18 In base al principio di dominanza, il decisore razionale dovrebbe scegliere la lotteria Y poichè con la stessa probabilità di X offre una vincita maggiore ed una perdita minore. Questa predizione è confermata dal comportamento decisionale di molte persone che dichiarano di preferire l’opzione dominante Y. Questo risultato può non sorprendere. E’ però interessante notare come lo stesso principio di dominanza sia disatteso in altre condizioni. Si consideri, a questo proposito, il seguente dilemma di decisione. “Ti saranno presentate due scommesse. Per ciascuna scommessa dovrai scegliere un’opzione: SCOMMESSA 1°: A: un guadagno sicuro di 240 € B: .25 di probabilità di guadagnare 1.000 € e .75 di probabilità di non guadagnare nulla SCOMMESSA 2°: C: una perdita sicura di 750 € D: .75 di probabilità di perdere 1.000 € e .25 di probabilità di non perdere nulla”. In situazioni simili alla condizione di cui sopra, le persone tendono a scegliere la combinazione A e D rispetto alle altre possibili combinazioni. Ciò però equivale a preferire la lotteria X alla lotteria Y. Infatti, in termini di valore aggregato, la scelta delle lotterie A e D corrisponde alla scelta della lotteria X, mentre la scelta delle lotterie B e C corrisponde alla scelta della lotteria Y. Questo comportamento decisionale mostra come le persone tendano ad affrontare problemi decisionali consecutivi indipendentemente l’uno dall’altro, ovvero decidendo problema per problema. L’uso di bilanci mentali focalizzati sul singolo problema impedisce al decisore di ragionare sul “portafoglio” delle decisioni prese, come prescritto dalla teoria della scelta razionale. Lo scopo del Problema 3 utilizzato nel questionario è di controllare se la violazione del principio di dominanza sia rilevabile anche con i manager in situazioni in cui devono affrontare problemi di scelta consecutivi. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 19 1.5.4. Valutazione e previsione: l’effetto dell’ancoraggio La teoria delle euristiche e degli errori ha mostrato come la valutazione sia influenzata sia dal contesto in cui viene formulata sia dal modo con cui viene espressa (si veda Gilovich, Griffin & Kahneman, 2002). Naturalmente, se la valutazione è sensibile ad una molteplicità di fattori e, in particolare, a quelli irrilevanti, si pone allora il problema della affidabilità e validità del giudizio. Si consideri, a tale proposito, l'esperimento di Northcraft e Neale (1987). Ad un gruppo di agenti immobiliari e studenti universitari veniva chiesto di valutare il valore commerciale di una casa residenziale in vendita nella città di Tucson, in Arizona. Ai partecipanti all'esperimento veniva consegnato un opuscolo di circa dieci pagine dove erano contenute delle informazioni utili per la valutazione di un immobile come, ad esempio, il prospetto delle vendite immobiliari effettuate nello stesso quartiere negli ultimi sei mesi, la dimensione della casa, le caratteristiche dell'immobile, il prezzo di vendita, eccetera. Ciascun soggetto aveva inoltre la possibilità di ispezionare la casa e di visitare il quartiere in cui era situato l'immobile. Dopo aver letto l'opuscolo e terminato il sopralluogo, ai partecipanti allo studio venivano chieste alcune valutazioni: il valore commerciale dell'immobile, il prezzo di acquisto e, nel caso in cui ne fossero stati i proprietari, a quanto lo avrebbero venduto. Inoltre, veniva loro chiesto di specificare le tre principali informazioni in base alle quali avevano formulato le valutazioni. Si noti come la situazione sia del tutto familiare agli agenti immobiliari. Essi avevano a disposizione molteplici informazioni e, soprattutto, la possibilità di ricercarle attivamente nell'ambiente tramite ispezioni e sopralluoghi. Inoltre, tutti i partecipanti all'esperimento risiedevano da diversi anni nella città e, conseguentemente, potevano considerare informazioni rilevanti che non erano state loro presentate come, ad esempio, la vicinanza dell'immobile a parcheggi, centri commerciali, eccetera. L'esperimento era congegnato in maniera tale che lo stesso immobile veniva valutato in due diverse condizioni di giudizio. A parità di tutte le altre informazioni presentate nell'opuscolo, in una condizione compariva un basso prezzo di vendita dell'immobile mentre nella seconda condizione veniva presentato un alto prezzo di vendita. Sia gli agenti immobiliari che gli studenti non erano a conoscenza del prezzo effettivo con cui era posta in vendita la casa. La valutazione di mercato dell'immobile era di $74.900 mentre il prezzo di vendita presentato nelle due condizioni di giudizio era rispettivamente di $65.900 e $83.900. I risultati mostrano come le valutazioni dell'immobile differiscano in funzione della condizione di giudizio. La stima del valore commerciale dell'immobile era significativamente più alta nella Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 20 condizione in cui veniva presentato un alto piuttosto che un basso prezzo di vendita. Ad esempio, gli agenti immobiliari stimavano il valore commerciale dell'immobile nelle due condizioni di giudizio pari a $75.190 e $67.811. Gli studenti universitari nelle due stesse condizioni di giudizio lo stimavano pari a $72.196 e $63.571. Northcraft e Neale ritengono che gli esperti e gli studenti abbiano utilizzato l'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento nel formulare le loro valutazioni. In base a questa euristica, l'individuo, innanzitutto, formula una prima valutazione sulla base di un'informazione (denominata informazione-àncora). Successivamente, in base alla considerazione di altre informazioni, apporta delle modifiche o aggiustamenti alla valutazione iniziale. Dato che tali aggiustamenti sono di solito insufficienti, la valutazione finale è fortemente influenzata dal valore dell'àncora. Dunque, nell'esperimento di Northcraft e Neale i soggetti avrebbero utilizzato l'informazione "prezzo di vendita" come àncora e, successivamente, avrebbero modificato l'iniziale valutazione in considerazione di altre informazioni. La modificazione della valutazione iniziale sarebbe stata però insufficiente e, conseguentemente, la stima del valore commerciale dell'immobile sarebbe stata eccessivamente influenzata dal prezzo di vendita. Un'obiezione a questo esperimento concerne il tipo di informazione-àncora manipolata. Per quanto concerne gli studenti universitari, il prezzo di vendita dell'immobile è un'informazione rilevante ai fini del giudizio. Se la modificazione dell'informazione-àncora si riferisse ad una informazione irrilevante, questi effetti sarebbero ancora rilevabili? La riposta è affermativa. In alcuni studi si è rilevato come la valutazione di un evento sia influenzata anche dalla manipolazione di àncore irrilevanti o addirittura del tutto casuali come, ad esempio, le ultime tre cifre del proprio numero di telefono (Russo e Schoemaker, 1989; Tversky e Kahneman, 1974). Il vantaggio principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la sua facilità di impiego in compiti di valutazione probabilistica. Un manager che cercasse di prevedere il livello delle vendite di un prodotto tra un anno, potrebbe utilizzare come informazione-àncora l'ammontare delle vendite del prodotto nell'anno precedente e, successivamente, aggiustare tale previsione in considerazione di altre informazioni, come, ad esempio, le variazioni che si sono avute negli ultimi due anni riguardo al numero di aziende concorrenti operanti sul mercato, l'ammontare della forza di vendita dell'azienda nello stesso periodo, eccetera. La letteratura sperimentale sul ragionamento probabilistico mostra come l'euristica dell'ancoraggio ed aggiustamento sia utilizzata dagli studenti universitari, che costituiscono il campione privilegiato negli esperimenti di psicologia (Slovic e Lichtenstein 1971; Tversky e Kahneman 1974) e dagli esperti, tra cui quelli economici (si veda Smith e Kida (1991) per una rassegna sulle valutazioni probabilistiche dei certificatori di bilancio). Il limite principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la facilità con cui la Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 21 previsione può essere modificata. Ad esempio, individui a conoscenza dell'uso di tale euristica potrebbero controllare il tipo di àncora presentando inizialmente certe informazioni piuttosto di altre. Oppure, potrebbero presentare informazioni-àncora irrilevanti o poco diagnostiche al fine di indirizzare la previsione su certi valori. A tale proposito, Russo e Schoemaker (1989) riportano l'aneddoto di un funzionario dell'ufficio prestiti di una banca che, quando doveva negoziare con i clienti il tasso di interesse sui prestiti, utilizzava una strategia simile a quella dell'ancoraggio e dell'aggiustamento. Il funzionario, se voleva concedere un tasso di interesse pari allo 0,5% sopra il tasso di sconto avviava la negoziazione con una richiesta maggiore (ad esempio, il 2% sopra il tasso di sconto) sapendo che sarebbe stato costretto, nel corso della negoziazione, ad abbassare la richiesta iniziale. Dato che la trattativa era stata ancorata su un elevato valore, il tasso di interesse accordato alla fine della negoziazione sarebbe stato prossimo a quello desiderato. Il Problema 4 utilizzato nel Questionario è una versione originale ed adattata allo scopo del progetto di ricerca del problema della stima del valore immobiliare di un’immobile di Northcraft & Neale (1987). 1.5.5. I manager i bias e le euristiche Gli individui nei compiti di giudizio e di decisione spesso utilizzano procedure che si basano su meccanismi del normale repertorio cognitivo dell'uomo, procedure che il più delle volte inducono all'errore assumendo come parametro di valutazione della prestazione quella che si otterrebbe se fossero applicate le regole normative della statistica o dell'economia. Un manager, ad esempio, dovendo fare un’assunzione riterrà che vi siano alcuni tratti di personalità e certe caratteristiche attitudinali con una diversa capacità predittiva. Data la necessità di procedere speditamente all'assunzione potrebbe non poter ricorrere a procedure matematiche o a sofisticate misure in grado di "pesare" le informazioni relative a questi aspetti. Cercherà di far ricorso alla sua esperienza e riterrà plausibile che quanto più gli verranno in mente circostanze in cui l'assunzione ha avuto successo tanto più sarà probabile che alcuni tratti abbiano un peso determinante nel favorire il successo. Ma la decisione finale potrebbe essere viziata da una distorsione imputabile al fatto che non sempre tanto più viene alla mente un evento tanto più è più quell’evento è obiettivamente frequente. Infatti è noto che la frequenza di "disponibilità" al recupero mentale degli eventi può essere fortemente condizionata dalla "salienza" di quegli eventi, cioè da elementi "superficiali" che connotano gli eventi e che nulla hanno a che vedere con la loro occorrenza obiettiva (Kahneman e Tversky, 1982). Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 22 Le procedure normative derivabili dall’impianto della teoria standard della decisione sono per lo più disattese non già per mancanza di esperienza, poichè esperti come i manager sono stati esposti anche se in misura differenziata a corsi di base o avanzati in cui venivano insegnati modelli statistici e i principi della teoria della probabilità. Più plausibilmente le procedure normative appaiono di difficile applicazione nella vita di tutti i giorni proprio a causa dei limiti della "ragione umana" illustrati da Simon (1977). Esaminando il comportamento dei manager e degli impiegati in situazioni reali di lavoro, Simon ha osservato che le decisioni e i giudizi piuttosto che rispondere a principi razionali di ottimizzazione si conformavano a criteri tutt'al più di plausibilità o tendevano al raggiungimento di livelli accettabili di soddisfazione. Nelle organizzazioni private ma anche nelle pubbliche risorse come il tempo, quantità di informazioni, disponibilità di risorse umane ecc. non sono illimitate. Così le risorse cognitive dell'essere umano quali l'attenzione, la memoria di lavoro non sono tali da consentire di manipolare a piacimento le informazioni nell'unità di tempo. In considerazione di questi vincoli appare quasi inevitabile che il decisore si esponga ad errori sistematici di giudizio o a scelte distorte a seguito dell'applicazione delle euristiche di giudizio o di procedure decisionali intuitive (si veda Kahneman, Slovic e Tversky 1982). Ad esempio, è stato osservato che informazioni spesso irrilevanti per la formulazione del giudizio, per il solo fatto di essere state presentate, possono assumere il ruolo di informazioneàncora per la costruzione del giudizio medesimo e condizionare la valutazione finale anche se informazioni acquisite successivamente vengono utilizzate per “aggiustare” la valutazione iniziale. L’esito dell’applicazione di questa procedura denominata di “ancoraggio e aggiustamento” è che il giudizio finale è comunque meno distante dalla prima valutazione di quanto ci si potrebbe aspettare dall’utilizzo di ulteriori informazioni. Il vantaggio principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la sua facilità di impiego in compiti di valutazione probabilistica. Un dirigente d’azienda che cercasse di prevedere il livello delle vendite di un prodotto tra un anno, potrebbe utilizzare come informazione-àncora l'ammontare delle vendite del prodotto nell'anno precedente e, successivamente, aggiustare tale previsione in considerazione di altre informazioni, come, ad esempio, le variazioni che si sono avute negli ultimi due anni riguardo al numero di aziende concorrenti operanti sul mercato, l'ammontare della forza di vendita dell'azienda nello stesso periodo, eccetera. Anche il manager pubblico potrebbe utilizzare questa euristica se gli venisse rischiato di stimare il budget che potrà avere a disposizione per il prossimo anno. Il limite principale dell'euristica dell'ancoraggio e dell'aggiustamento è la facilità con cui la Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 23 previsione può essere modificata. Ad esempio, individui a conoscenza dell'uso di tale euristica potrebbero controllare il tipo di àncora presentando inizialmente certe informazioni piuttosto di altre. Oppure, potrebbero presentare informazioni-àncora irrilevanti o poco diagnostiche al fine di indirizzare la previsione su certi valori. Ad esempio un funzionario dell'ufficio prestiti di una banca dovendo negoziare con i clienti il tasso di interesse sui prestito potrebbe utilizzare una strategia simile a quella appena citata. Se, ad esempio, volesse concedere un tasso di interesse pari allo 0,5% sopra il tasso di sconto potrebbe avviare la negoziazione con una richiesta maggiore (ad esempio, il 2% sopra il tasso di sconto) sapendo che sarebbe stato costretto, nel corso della negoziazione, ad abbassare la richiesta iniziale. In tal modo essendo la trattativa stata ancorata su un elevato valore, il tasso di interesse accordato alla fine della negoziazione potrebbe essere prossimo a quello desiderato. Le decisioni dipendono non soltanto dal modo con sui le informazioni vengono acquisite, da come le valutazioni o le stime vengono effettuate ma anche dal modo con cui i dilemmi vengono formulati. E molte volte i manager come del resto, gli individui in genere, spesso si affrettano ad analizzare i dettagli di uno specifico problema decisionale senza prima averlo valutato in termini più globali. Ad esempio, Russo e Schoemaker (2002) hanno analizzato una vicenda che ha visto coinvolti gli esperti di marketing della Pepsi Cola alle prese con l'elaborazione di una strategia competitiva. Per molti anni i manager della società ritenevano che il formato tipico "a forma di clessidra" della bottiglia di Coca Cola fosse il maggior vantaggio competitivo che la Coca potesse vantare nei confronti dei concorrenti. I manager della Pepsi Cola per molto tempo rimasero invischiati in una molteplicità di tentativi volti a ideare un contenitore per la Pepsi in grado competere con la confezione della Coca Cola e ciò non portò ad alcun risultato apprezzabile. Tali tentativi, in realtà, rispecchiavano una debole strategia imitativa, cioè erano effettuati entro il "frame del concorrente", quindi il problema era stato affrontato in maniera erronea. Un modo corretto di affrontare il problema consisteva nell'approntare una riflessione meta-decisionale. Ad esempio, valutare come problemi analoghi erano stati affrontati in passato. Il vice presidente marketing di allora, Sculley, constatò che la Pepsi non era in possesso di dati relativi alle aspettative o alle abitudini dei consumatori di Coca e perciò la direzione marketing non poteva sviluppare il processo decisionale in maniera corretta. Perciò, prima di occuparsi del problema "confezione" bisognava capire le modalità e le abitudini di consumo domestico di Pepsi Cola e di altre bevande analcoliche da parte delle famiglie. Una prova, ad esempio, consistette nel permettere ad un campione di 350 famiglie di acquistare il prodotto in una certa quantità a prezzo scontato. Dai risultati ottenuti emerse che la gente consumava sempre la quantità di Pepsi ordinata. La soluzione del dilemma era, quindi, che le confezioni dovevano essere ridisegnate in maniera tale da facilitare Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 24 l'acquisto e lo stoccaggio di una quantità maggiore di bibita. Una ricerca pionieristica, in ambito amministrativo, sugli effetti che la diversa "percezione" del problema può avere sulle decisioni è stata condotta da Dearborn e Simon (1958). Gli autori hanno rilevato come lo stesso problema amministrativo fosse strutturato e valutato diversamente a seconda della funzione aziendale ricoperta dall'individuo a cui veniva proposto. Ad esempio, l'addetto al marketing valutava il problema come principalmente un problema di marketing, l'addetto al personale lo riteneva un problema di gestione e di formazione del personale mentre l'addetto alla contabilità tendeva ad inquadrarlo come un problema di gestione di bilancio. I risultati di questo studio hanno mostrato, dunque, come i decisori non affrontino lo stesso problema bensì uno diverso in base alle loro aspettative e formazione professionale. Vi sono però situazioni in cui lo "stesso" problema viene diversamente valutato non a causa delle diverse conoscenze dei decisori, ma per il modo con cui le conseguenze delle opzioni di scelta sono presentate. Anche quando le conseguenze diversamente presentate sono oggettivamente le stesse e perciò in base alla teoria standard della decisione dovrebbero produrre la stessa scelta. Un’ampia letteratura, invece, su questo tema ha messo in luce quanto i deciso anche esperti siano sensibili al modo con cui le conseguenze sono state incorniciate (Russo e Schoemaker, 2002). 1.6. Riassunto degli obiettivi della ricerca L'obiettivo generale della ricerca è quello di approfondire le conoscenze sulle modalità con cui i manager pubblici affrontano e risolvono i problemi decisionali e quali possono essere le peculiarità della loro condotta decisionale rispetto alle caratteristiche della condotta decisionale dei manager privati. La ricerca condotta ha quindi un duplice obiettivo: a) descrivere e classificare i profili di rischio caratteristici delle differenti figure manageriali assumendo che manager che ricoprono ruoli differenti presentino modalità caratteristiche di affrontare le situazioni decisionali in condizioni di incertezza; b) comprendere in che misura le decisioni manageriali siano esposte ad alcuni fra i bias più significativi descritti nella letteratura di settore decisionale. L’indagine empirica ha focalizzato l’attenzione sul confronto fra manager che svolgono la loro attività nel pubblico impiego e manager che operano nel settore privato, assumendo che la cultura organizzativa nella quale i due tipi di decisori operano, i vincoli legislativi cui le loro decisioni devono sottostare, il grado di responsabilità derivante dal loro ruolo e il tipi di controllo al Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 25 quale devono rispondere possano caratterizzare la modalità decisionale e la propensione al rischio associato alla presa di decisone. 2. Metodo 2.1. Lo strumento Lo strumento utilizzato è stato un questionario (si veda Appendice) composto da 5 sezioni: (a) Rappresentazione del rischio: 16 domande intendono misurare la rappresentazione del rischio. In particolare, si è voluto studiare quali dimensioni differenziano un’operazione rischiosa da un’operazione non rischiosa. Le 16 domande infatti sono domande del tipo: “ ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando mi mancano informazioni che invece altre persone hanno”, oppure “Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando ho la sensazione che lo sia”. I manager potevano rispondere scegliendo una tra 5 alternative che misuravano il grado di accordo con l’affermazione (1 = per niente d’accordo; 5 = estremamente d’accordo). Con questo strumento si intende evidenziare le differenze tra i manager pubblici ed i manager privati relativamente alla loro rappresentazione mentale del concetto di “operazione rischiosa”. (b) Bias ottimistico: sette domande misurano il grado con il quel si ritiene di essere “di più” o “di meno” rispetto alla media dei manager del proprio settore. Le domande facevano riferimento a diversi aspetti legati alla presa di decisone come ad esempio “rispetto alla media dei manager del mio settore (con la stessa età, nazionalità e sesso, le idee che propongo sono più o meno innovative”. La risposta poteva essere data su di una scala a 7 punti ( 1= da molto di meno; 4 = nella media; 7 = molto di più). (c) tre domande misurano rispettivamente il grado con il quale il manager deve giustificare le proprie decisioni ad altri, il grado in cui è sotto pressione temporale, ed il grado con cui sente il parere di altre persone. (d) stile decisionale: 19 domande misurano lo stile decisionale analitico-impulsivo. Le domande erano del tipo “ quando decido agisco senza rifletter sui problemi”, la risposta era su di una scala a 5 punti (1 = mai, 5 = sempre). (e) bias ed euristiche: quattro problemi misurano il grado con cui i manager utilizzano le euristiche e queste li inducono a commettere degli errori (bias) di giudizio. Il primo fa riferimento all’incorniciamento della decisione (frame), il secondo problema fa riferimento all’euristica della rappresentatività, il terzo all’invarianza, il quarto all’euristica dell’ancoraggio e aggiustamento. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 26 (f) caratteristiche personali: in questa sezione al manager vengono chieste diverse caratteristiche individuali quali l’età, l’anzianità di professione, il grado di istruzione, il livello di inquadramento, il numero di dipendenti dell’organizzazione etc. 2.2. La procedura di raccolta dati I questionari sono stati compilati direttamente dai manager. I manager sono stati contattati nella loro sede di lavoro ed è stata chiesta la loro volontaria adesione ad una ricerca sulla presa di decisone. Ai manager è stato assicurato l’anonimato. 2.3. Il campione Il questionario è stato compilato da 159 manager operanti nel settore privato e da 169 manager operanti nel settore pubblico. Sono stati considerate nell’indagine diverse tipologie di manager e diverse grandezze e tipologie di azienda. Il manager poteva essere sia il proprietario di una azienda privata di piccole dimensioni come il direttore di una importante azienda nel settore pubblico (es. azienda sanitaria) o poteva essere un impiegato a capo di un servizio (es. manager marketing) di una azienda pubblica o privata. Le aziende presso cui i manager sono stati contattati risiedono in diverse province italiane del Nord (Alessandria, Lecco, Milano, Padova, Trento, Trieste, Venezia, Verona, Vicenza) e del Centro-Sud (Bologna, Latina, Modena, Parma, Pesaro, Reggio Emilia, Roma). La maggioranza delle aziende studiate sono residenti al Nord (N = 207) mentre un numero inferiore è residente al Centro-Sud (N = 114). Delle aziende residenti al nord, circa metà (N = 97) erano impegnate nel settore pubblico e l’altra metà nel settore privato (N = 110); così come le aziende residenti al Centro-Sud (N = 67 vs. N = 47). Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 27 Luogo di residenza delle aziende pubbliche e private che hanno partecipato alla ricerca Categoria Residenza Settore Pubblico Settore Privato Totale Non risposte 5 2 7 Alessandria 0 1 1 Ancona 0 6 6 Bologna 0 2 2 Latina 1 0 1 Lecco 0 6 6 Milano 1 6 7 Modena 0 14 14 Padova 44 43 87 Parma 0 1 1 Pesaro 0 1 1 Reggio Emilia 0 1 1 Roma 67 22 89 Trento 51 37 88 Trieste 0 7 7 Venezia 0 8 8 Verona 0 1 1 Vicenza 0 1 1 169 159 328 Totale Residenza dell’azienda raggruppata in funzione del Nord e del Centro-Sud Categoria Settore Settore Pubblico Privato Totale Nord 97 110 207 Centro-Sud 67 47 114 164 157 321 Residenza Totale La maggioranza dei manager che hanno partecipato alla ricerca sono sposati (N = 135 per il settore pubblico; N = 114 per il settore privato), mentre un numero inferiore è nubile/celibe (N = 14; N = 29), separato o divorziato (N = 5; N = 13) oppure vedovo (N = 2; N = 1). Il numero di componenti il nucleo familiare escluso il rispondente varia da nessuno a 7 per il settore pubblico, con una media di 2.38, e da nessuno a 6 per il settore privato, con una media di 2.35. Quindi i manager avevano, i media, una famiglia composta da una moglie e da 1 a 2 figli. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 28 Per quanto riguarda l’età, i manager impiegati presso aziende pubbliche hanno un’età media di 50 anni (con un minimo di 32 anni e un massimo di 72 anni), mentre i manager impiegati presso aziende private hanno un’età media di 44 anni (con un minimo di 26 anni e un massimo di 74 anni). I manager del settore privato sono quindi mediamente un po’ più giovani di quelli del settore pubblico e la differenza è significativa [t (311) = -7,081; p = ,0001]. Nella tabella seguente è possibile notare che, per quanto riguarda la scolarità, la maggior parte dei manager impiegati nel settore pubblico possiede una laurea (N = 100), o una laurea con specializzazione (N = 40), pochi coloro che hanno solo un diploma o un attestato (N = 14), pochi anche coloro che hanno una laurea ed un dottorato (N = 10); mentre molti dei manager impiegati nel settore privato possiede solo un diploma o un attestato (N = 70), o una laurea (N = 64), pochi coloro che hanno una laurea con specializzazione (N = 24) e nessuno possedeva una laurea ed un dottorato. Scolarità dei manager che hanno partecipato alla ricerca Categoria Scolarità Settore Pubblico Settore Privato Totale Diploma o attestato 14 70 84 Laurea 100 64 164 Laurea e specializzazione 40 24 64 Laurea e dottorato 10 0 10 164 158 322 Totale Diverso è anche l’ambito di studi tra i due gruppi. La maggioranza dei manager impiegati nel settore pubblico ha svolto gli studi in ambito socio – economico (N = 49) ed una parte piuttosto consistente in ambito giuridico (N = 42) e scientifico (N = 35). Il maggior numero di manager impiegati nel settore privato, invece, ha svolto gli studi in ambito tecnologico (N = 56), seguito dall’ambito socio – economico (N = 49) e scientifico (N =23). Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 29 Ambito di studi dei manager che hanno partecipato alla ricerca Categoria Ambito di studi Settore Pubblico Settore Privato Totale Scientifico 35 23 58 Tecnologico 13 56 69 Socio - economico 49 49 98 Giuridico 42 10 52 Umanistico 11 7 18 Tecnologico - scientifico 3 4 7 Scientifico – umanistico 1 0 1 Tecnologico – socio – economico 0 1 1 Tecnologico – giuridico 3 0 3 Tecnologico – umanistico 0 1 1 Socio – economico – giuridico 5 2 7 Giuridico – umanistico 1 0 1 163 153 316 Totale Nella tabella seguente si presentano le medie, con i valori minimi e massimi, delle variabili che indicano il numero rispettivamente di, dipendenti dell’azienda presso la quale lavora il manager, persone alle sue dipendenze, dipendenti manager, anni lavorativi totali, anni lavorati ricoprendo il ruolo di manager; anni lavorati nella posizione attuale e anni lavorati presso l’azienda o ente in cui era impiegato. Infine, il numero di gradi gerarchici (livelli) che separano il manager dall’amministratore delegato/direttore generale. Numero di dipendenti, e anzianità professionale dei manager che hanno partecipato all’indagine Categoria Settore Pubblico Settore Privato Totale Media Min Max Media Min Max Media Min Max 5751,37 11 300000 2186,58 2 85000 3896,72 2 300000 84,41 0 7000 56,72 0 1300 70,92 0 7000 2,7 0 4,0 2,4 0 3,0 2,15 0 4,0 Anni lavorativi del manager 25,43 3 53 19,90 1 55 22,70 1 55 Anni ruolo di manager 11,13 0 34 9,73 0 40 10,44 0 40 Anni professione attuale 12,78 1 42 10,21 1 40 11,51 1 42 18,37 1 45 10,19 1 40 14,40 1 45 1,31 0 5 1,43 0 8 1,36 0 8 Numero di dipendenti dell’azienda Persone alle dipendenze del manager Dipendenti manager alle sue dipendenze Anni lavorativi nell’azienda o ente in cui è impiegato Livelli o gradi gerarchici che lo separano dall’amm. delegato/dir. generale Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 30 Per quanto riguarda l’area professionale, la maggioranza dei manager impiegati nel settore pubblico ha svolto la sua carriera soprattutto nell’area della contabilità e dell’amministrazione (N = 38), area professionale in cui la gran parte del campione era impiegata anche al momento della ricerca (N = 43). Molti hanno svolto la propria carriera anche nell’area della progettazione e programmazione (N = 34) e la svolgevano anche al momento della ricerca (N = 39). I manager impiegati nel settore privato, invece, hanno svolto la maggior parte della loro carriera soprattutto nell’area del marketing e della comunicazione (N = 41), area professionale in cui molti erano ancora impiegati al momento della ricerca (N = 44). Area professionale in cui il manager ha svolto la maggior parte della carriera Settore Pubblico 38 Settore Privaro 12 Marketing / comunicazione 0 41 41 Finanza / bilancio 22 6 28 Produzione 15 26 41 Progettazione / programmazione 34 21 55 Risorse umane 20 8 28 Area tecnica (ricerca e assistenza tecnica) 1 1 2 Contabilità / amministrazione / marketing / comunicazione 1 1 2 Contabilità / amministrazione / finanza / bilancio 9 4 13 Contabilità / amministrazione / produzione 0 5 5 Contabilità / amministrazione / progettazione / programmazione 4 0 4 Contabilità / amministrazione / risorse umane 4 0 4 Marketing /comunicazione / finanza / bilancio 1 0 1 Marketing / comunicazione / produzione 0 2 2 Marketing / comunicazione / progettazione / programmazione 0 2 2 Marketing / comunicazione / risorse umane 0 1 1 Finanza / bilancio / produzione 0 5 5 Produzione / progettazione / programmazione 3 11 14 Produzione / risorse umane 0 3 3 Progettazione / programmazione / risorse umane 1 1 2 Contabilità / amministrazione /finanza / bilancio / progettazione / programmazione 1 1 2 Contabilità / amministrazione /finanza / bilancio / risorse umane 2 1 3 Marketing / comunicazione /finanza / bilancio / risorse umane 0 2 2 Marketing /comunicazione / progettazione / programmazione / risorse umane 0 1 1 0 1 1 156 156 312 Contabilità / amministrazione Marketing / comunicazione / produzione / progettazione / programmazione / risorse umane Totali Totatli 50 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 31 Area professionale in cui il manager era impiegato al momento della ricerca Settore Settore Pubblico Privato 43 11 54 Marketing / comunicazione 4 44 48 Finanza / bilancio 20 9 29 Produzione 15 32 47 Progettazione / programmazione 39 23 62 Risorse umane 18 9 27 Area tecnica (ricerca e assistenza tecnica) 1 0 1 Contabilità / amministrazione / finanza / bilancio 5 6 11 Contabilità / amministrazione / produzione 0 4 4 Contabilità / amministrazione / progettazione / programmazione 1 0 1 Contabilità / amministrazione / risorse umane 1 0 1 Marketing / comunicazione / produzione 1 2 3 Marketing (comunicazione / progettazione / programmazione 0 2 2 Finanza / bilancio / produzione 0 2 2 Finanza / bilancio / progettazione / programmazione 1 0 1 Finanza / bilancio / risorse umane 0 1 1 Produzione / progettazione / programmazione 3 3 6 Produzione / risorse umane 0 1 1 Progettazione / programmazione / risorse umane 1 1 2 1 0 1 Contabilità / amministrazione / finanza / bilancio / risorse umane 0 1 1 Contabilità / amministrazione / progettazione / programmazione / risorse umane 1 0 1 Marketing / comunicazione / produzione / progettazione / programmazione 0 1 1 Finanza / bilancio / produzione / progettazione / programmazione 0 1 1 0 1 1 155 154 309 Contabilità / amministrazione Contabilità / amministrazione / marketing / comunicazione / progettazione / programmazione Marketing / comunicazione / produzione / progettazione / programmazione / risorse umane Totale Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 32 La maggior parte dei manager coinvolti nell’indagine hanno un inquadramento di dirigente (N = 125 settore pubblico e N = 75 settore privato), quindi medio-alto, come si osserva nella tabella seguente. Inquadramento lavorativo dei manager che hanno partecipato alla ricerca Categoria Inquadramento Settore Pubblico Settore Privato Totale Funzionario / Dirigente responsabile 1° livello 20 22 42 Quadro / Funzionario direttivo 11 32 43 Dirigente 125 75 200 8 23 31 164 152 316 Amministratore delegato / Direttore generale Totale 3. Risultati 3.1. Il potere gestionale dei manager nel settore pubblico e nel settore privato Il potere che i manager hanno sulla carriera dei sottoposti, in termini di licenziamento, assunzione o spostamento di ruolo, è rappresentato nella tabella seguente. Non stupisce notare che i manager impiegati nel settore privato avevano più potere nell’influenzare la carriera dei sottoposti (Molto: N = 51; Abbastanza: N = 50) rispetto ai manager impiegati nel settore pubblico (Poco: N = 64; Per nulla: N = 60). Potere dei manager sulla carriera dei sottoposti Categoria Potere Settore Pubblico Settore Privato (frequenze) (frequenze) Totale 1 = Per nulla 60 13 73 2 = Poco 64 20 84 3 = Abbastanza 28 50 78 4 = Molto 8 51 59 5 = Moltissimo 2 19 21 162 153 315 Totale Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 33 Se facciamo una media delle risposte si ottiene la tabella seguente in cui si osserva appunto che i manager del settore privato dichiarano di avere in media più (abbastanza-molto) potere di licenziare, assumere o spostare di ruolo i dipendenti rispetto i manager nel settore pubblico (per nulla-poco) [t-test(313) = -11,70; p = ,0001; Test U Mann-Whitney = 4641,0; Z = -9,86; p = 0,0001]. Potere di licenziare, assumere o spostare di ruolo Categoria Media Minimo Massimo Settore Pubblico 1,94 1 5 Settore Privato 3,28 1 5 Totale 2,59 1 5 Così come non stupisce il fatto che la spesa più grande per beni capitali che i manager hanno dichiarato di poter fare senza chiedere l’autorizzazione di altri è in media superiore per i manager impiegati nel settore privato che per quelli impiegati nel settore pubblico, anche se il valore massimo (100.000.000 = nessun limite di spesa) ed il valore minimo sono uguali. Queste risposte andrebbero comunque inquadrate in un’ottica di più ampio respiro che vede la libertà di spesa del manager pubblico come fortemente dipendente dal cotesto e dalla situazione. Esistono infatti diverse tipologie di impresa pubblica (es. completamente pubbliche vs. parzialmente pubbliche) che corrispondono anche a diversi gradi di libertà di spesa dei manager ed esistono diverse tipologie di decisioni di spesa che vanno da decisioni più di carattere politico a decisioni più di carattere tecnico. La libertà di spesa (sempre tenuto conto dell’obbligo di indire una gara pubblica) sono maggiori per le seconde piuttosto che le prime. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati Frequenza della spesa più grande che il manager può fare senza chiedere l’autorizzazione di altri Categoria Spesa (in Euro) Totale Settore Pubblico Settore Privato (numero di manager) (numero di manager) 0 78 36 114 200 0 1 1 500 1 1 2 1000 0 1 1 1500 0 3 3 2000 0 1 1 2500 1 1 2 5000 1 3 4 8000 1 0 1 10000 3 7 10 13000 0 1 1 15000 1 3 4 16000 0 1 1 20000 1 9 10 25000 1 5 6 30000 0 1 1 40000 0 1 1 50000 3 7 10 70000 0 1 1 100000 6 1 7 109000 1 0 1 130000 1 0 1 150000 0 3 3 154000 3 0 3 200000 1 1 2 250000 0 1 1 300000 1 1 2 412000 1 0 1 500000 1 4 5 1000000 1 1 2 1200000 1 0 1 1400000 1 0 1 2000000 2 0 2 40000000 0 1 1 Nessun limite 6 10 16 Totale 117 106 223 Mancanti 52 53 105 34 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 35 Media della spesa più grande che il manager può fare senza chiedere l’autorizzazione di altri (escluso il valore “nessun limite”) Categoria Media Settore Pubblico 95216,22 Settore Privato 471507,29 Totale 269728,02 Correlato con il potere gestionale è il grado in cui ciascun manager deve giustificare ad altri le proprie decisioni. In media, i manager del settore pubblico devono giustificare le proprie decisioni con maggiore frequenza rispetto ai manager del settore privato (media = 3,49 vs. 3,23) e questa differenza è statisticamente significativa sia usando un t-test [t-test(324) = 2,423; p = 0,016] che usando un test non parametrico [Mann-Whitney test per ranghi = 11403,000, Z = -2,311, sign. =,021]. Quanto i manager devono giustificare le loro decisioni ad altri Percentuale Percentuale Frequenza Percentuale valida cumulata 1 = mai 2 1,2 1,2 1,2 Quanto deve giustificare le decisioni ad Categoria Settore altri? Risposte Pubblico Settore Privato Risposte 2 = raramente 21 12,4 12,6 13,8 3 = qualche volta 64 37,9 38,3 52,1 4 = spesso 54 32,0 32,3 84,4 5 = sempre 26 15,4 15,6 100,0 Totale 167 98,8 100,0 Mancanti 2 1,2 Totale 169 100,0 1 =mai 2 1,3 1,3 1,3 2 = raramente 36 22,6 22,6 23,9 3 = qualche volta 57 35,8 35,8 59,7 4 = spesso 51 32,1 32,1 91,8 5 = sempre 13 8,2 8,2 100,0 Totale 159 100,0 100,0 In definitiva, i manager del settore pubblico hanno più potere di licenziare, assumere o spostare di ruolo propri dipendenti, hanno più denaro da utilizzare in modo autonomo e devono giustificare meno ad altri le proprie decisioni. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 36 3.2. La dinamicità dei manager nel settore pubblico e privato Ai manager del campione è stato chiesto quante volte avevano dato volontariamente le dimissioni da un’azienda o amministrazione, nei quindici anni precedenti la ricerca. Le variabili, in questo caso, erano due: una che indicava le dimissioni volontarie avendo già una proposta di passaggio da un’altra azienda o amministrazione; l’altra le dimissioni volontarie non avendo nessuna proposta di passaggio da un’altra azienda o amministrazione. Sia per manager che lavorano nel settore pubblico che per manager che lavorano nel settore privato le dimissioni sono state date volontariamente soprattutto nel caso in cui era presente una proposta da parte di un’altra azienda o amministrazione. Questo è dimostrato anche dalle risposte che indicano ”nessuna volta” (cioè lo zero), che sono superiori nel caso dell’assenza di un’altra proposta (N = 250) rispetto a quando, invece, la proposta è presente (N = 155). Dimissioni negli ultimi 15 anni avendo un’altra una proposta Dimissioni con altra proposta Numero Categoria Settore Pubblico Settore Privato 101 54 155 1 37 37 74 2 16 22 38 3 1 19 20 4 1 6 7 5 0 2 2 156 140 296 0 di volte Totale Totale Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 37 Dimissioni negli ultimi 15 anni non avendo un’altra proposta Dimissioni Categoria senza altra proposta Settore Pubblico Settore Privato Totale Numero 0 142 108 250 di volte 1 11 21 32 2 2 3 5 3 1 1 2 4 0 1 1 156 134 290 Totale Media del numero di volte in cui sono state date le dimissioni Categoria Settore Pubblico Dimissioni con altra proposta Dimissioni senza altra proposta 0,49 0,12 156 156 1,23 0,25 140 134 0,84 0,18 296 290 Media N Settore Privato Media N Totale Media N Il settore pubblico e quello privato tuttavia differiscono nel numero di volte che ciascun manager ha cambiato o ha “rischiato”. Nel settore privato infatti, mediamente un manager si è licenziato il doppio delle volte rispetto ad un manager pubblico quando aveva un’altra offerta, e questa differenza è significativa [t-test(294) = -6,10; p = ,0001]. Lo stesso vale per il numero di volte che un manager si è licenziato nel settore privato non avendo un’altra proposta [t-test(288) = 2,29; p = ,022]. 3.3. La rappresentazione del rischio I manager del settore pubblico ritengono che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando espone l’organizzazione a rischi futuri, quando si ha poca informazione circa l’operazione, quando le conseguenze non sono prevedibili, quando ci sono molte persone coinvolte, quando è immorale, quando io non ho le informazioni ma gli altri le hanno (asimmetria) e quando procura dei danni Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 38 all’ambiente. Si veda il grafico per un’esatta collocazione di tutte le descrizioni. Anche per i manager privati il fattore che conta di più nel definire un’operazione come rischiosa è in ordine, il rischio futuro che può comportare all’azienda, la scarsa informazione, le conseguenze poco prevedibili, i danni ambientali, il numero di persone coinvolte, il fatto che sia immorale, l’asimmetria di informazioni, la mancanza di controllo degli effetti. I fattori meno rilevanti sono quelli relativi agli effetti differiti nel tempo, al fatto che non sia un’operazione annunciata ma sia piuttosto capitata tra “capo e collo”, all’opinione esterna all’azienda che la giudica rischiosa, e all’opinione interna per la stessa questione. Tra i manager dei due settori, tuttavia esistono delle differenze che riguardano soprattutto il sentire “emozionale” ed intuitivo circa il fatto che un’operazione sia rischiosa: sono i manager del settore privato che fanno più affidamento a questi segnali intuitivi ed emozionali nel giudicare il rischio associato ad un’operazione. I due tipi di manager differiscono anche per il peso che attribuiscono al fatto che l’operazione sia capitata “tra capo e collo”, che essa riveli i suoi effetti in un tempo molto lontano, che la posta in gioco sia alta, e che l’opinione pubblica (sia interna che esterna) all’azienda giudichi l’operazione rischiosa. Tutti questi elementi di giudizio sono considerati più rilevanti dai manager privati che dai manager pubblici (significatività minori di p = 0,05). Rappresentazione di una operazione rischiosa (Settore Pubblico) Settore Pubblico Ritengo che un’operazione sia rischiosa quando..... Grado di accordo percentuale 1 2 3 4 5 Per niente Poco Mediamente Molto Estremamente 1 …non riesco a prevedere tutte le possibili conseguenze 4,2 12,7 28,3 36,7 18,1 2 …mi mancano informazioni che invece altre persone hanno 7,2 18,1 29,5 34,3 10,8 3 …ho poca informazione (e nemmeno gli altri ne hanno) 1,8 15,0 27,5 34,1 21,6 4 …non sono io che l’ho promossa ma mi è piuttosto “capitata tra capo e collo” 39,2 34,9 15,1 7,8 3,0 5 …passerà molto tempo prima che se ne vedano gli effetti 36,1 35,5 21,1 6,0 1,2 6 …so che non potrò controllare, grazie alla mia abilità gli effetti negativi 10,2 26,3 27,5 25,1 10,8 7 …“ho la sensazione” che lo sia 31,5 28,5 23,6 10,3 6,1 8 …la posta in gioco è alta 19,8 22,2 29,0 23,5 5,6 9 …le ricadute negative coinvolgeranno molte persone tutte insieme 6,1 18,2 25,5 33,9 16,4 10 …espone l’azienda o l’organizzazione a rischi futuri (es. equilibrio finanziario). 1,8 4,2 14,5 43,0 36,4 11 …comporta qualcosa generalmente considerato immorale, non etico 15,8 16,4 17,0 20,6 30,3 12 36,1 28,3 23,5 9,0 3,0 13 …comporta dei danni all’ambiente (o si scontra con i valori ambientalisti) 9,8 14,6 31,7 30,5 13,4 14 …l’opinione pubblica interna all’azienda pensa che lo sia 28,9 41,6 21,1 7,2 1,2 15 25,7 47,9 21,0 4,2 1,2 29,3 28,1 25,7 13,2 3,6 …si scontra con i valori religiosi dominanti …l’opinione pubblica esterna all’azienda pensa che lo sia 16 …comporta situazioni nuove, mai affrontate prima Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 39 Rappresentazione di un’operazione rischiosa (Settore Privato) Settore Privato Grado di accordo percentuale Ritengo che un’operazione sia rischiosa quando… 1 2 3 4 5 Per niente Poco Mediamente Molto Estremamente 1 …non riesco a prevedere tutte le possibili conseguenze 0,6 12,1 29,9 36,9 20,4 2 …mi mancano informazioni che invece altre persone hanno 2,5 22,2 28,5 29,7 17,1 3 …ho poca informazione (e nemmeno gli altri ne hanno) 1,9 12,1 21,7 31,8 32,5 4 …non sono io che l’ho promossa ma mi è piuttosto “capitata tra capo e collo” 26,1 37,6 23,6 6,4 6,4 5 …passerà molto tempo prima che se ne vedano gli effetti 17,8 47,8 24,2 7,0 3,2 6 …so che non potrò controllare, grazie alla mia abilità gli effetti negativi 4,5 25,6 30,1 26,3 13,5 7 …“ho la sensazione” che lo sia 9,0 29,7 27,7 25,2 8,4 8 …la posta in gioco è alta 10,9 23,1 31,4 23,7 10,9 9 …le ricadute negative coinvolgeranno molte persone tutte insieme 4,4 17,0 24,5 36,5 17,6 2,5 15,2 40,5 41,8 14,7 22,4 22,4 28,2 10 …espone l’azienda o l’organizzazione a rischi futuri (es. equilibrio finanziario). 11 …comporta qualcosa generalmente considerato immorale, non etico 12,2 12 29,1 32,9 21,5 15,2 1,3 13 …comporta dei danni all’ambiente (o si scontra con i valori ambientalisti) …si scontra con i valori religiosi dominanti 6,4 13,5 24,4 37,2 18,6 14 …l’opinione pubblica interna all’azienda pensa che lo sia 17,1 38,0 28,5 14,6 1,9 15 18,4 41,8 31,0 6,3 2,5 22,8 29,1 30,4 13,3 4,4 …l’opinione pubblica esterna all’azienda pensa che lo sia 16 …comporta situazioni nuove, mai affrontate prima Accordo medio per ciascuna dimensione (Settore Pubblico e Privato) 4,5 4 3,5 Settore pubblico 3 Settore privato 2,5 2 1,5 1 0,5 iff er iti ne lt em po ef fe tti d ov a al or ir el ig io si nu iv co nt ro po co ns ris ch i fu tu ri x c eg a ai ue n zie nz for nd a en m m ol on azio te n p pe rs reve e on im e c dibi m li o r oin io no ale vol , t n ho non e et in i fo rm co az io no ni n co nt ro llo ef fe tti 0 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 40 Un’analisi fattoriale condotta sulle risposte alle domande dalla 1 alla 16 ha messo in luce la presenza di 5 fattori (si veda tabella). Il primo fattore descrive i fattori di rischio associati agli aspetti morali ed etici, il secondo fa riferimento alla componente emozionale, il terzo alla mancanza di informazione, il quarto all’opinione pubblica e l’ultimo è quello che si potrebbe definire il rischio oggettivo economico, ovvero la posta in gioco, il numero di persone coinvolte ed i rischi futuri. Risultato dell’analisi fattoriale sulle dimensioni del rischio: matrice ruotata delle componenti (Settore pubblico e privato) Componenti 1 Operazione rischiosa quando: 2 3 4 5 Morale Emozionale Informazioni Opinione pubblica Rischio economico 15% 12% 12% 11% 11% Risk 11 Immorale, non etica 0,82 0,15 0,06 -0,03 -0,03 Risk 13 Danni all’ambiente 0,75 -0,05 0,15 0,08 0,22 Risk 12 Contro i valori religiosi 0,75 0,05 0,01 0,21 0,08 Risk 4 Mi è “capitata tra capo e collo” 0,07 0,69 0,38 0,01 -0,24 Risk 7 “Ho la sensazione” che sia rischiosa 0,00 0,66 -0,12 0,17 0,24 Risk 6 Non controllo effetti 0,02 0,58 0,13 0,00 0,28 Risk 5 Effetti differiti nel tempo 0,19 0,54 0,30 0,20 0,08 Risk 3 Poca informazione 0,00 0,01 0,74 -0,07 0,18 Risk 1 Conseguenze non prevedibili 0,03 0,10 0,72 0,07 0,08 Risk 2 Io non ho informazioni 0,16 0,23 0,68 0,07 -0,09 Risk 14 Lo pensa l’opinione pubblica interna 0,31 0,27 0,03 0,73 0,06 Risk 15 0,39 0,23 -0,03 0,72 0,03 Lo pensa l’opinione pubblica esterna Risk 16 Comporta una situazione nuova -0,31 -0,07 0,17 0,60 0,36 Risk 9 Molte persone coinvolte 0,29 0,04 0,12 0,07 0,75 Risk 8 La posta in gioco è alta -0,08 0,30 0,02 0,25 0,69 0,30 0,27 0,08 -0,41 0,50 Risk 10 Rischi futuri per l'azienda 3.4. L’ottimismo ingiustificato (o bias ottimistico) Come già riscontrato in altri ambiti, il fenomeno dell’ottimismo ingiustificato è molto persistente, infatti troviamo che sia i manager pubblici che quelli privati si considerano più propensi all’innovazione rispetto alla media, meno propensi ad essere conservatori rispetto alla media, più propensi ad assumere rischi rispetto alla media, più abili rispetto agli altri manager, ritengono di usare più informazioni, di decidere più velocemente, e di avere idee più innovative (tutte le differenze sono significative rispetto al punto medio “4” per p < 0,05). Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 41 Quando si va ad osservare se sussistono delle differenze tra i manager pubblici ed i manager privati in relazione all’intensità del bias ottimistico si riscontra una tendenza sistematica da parte dei manager pubblici a manifestare il bias in maniera più marcata. Questa differenza nella presenza del bias diventa significativamente differente nel caso in cui si chieda di valutare, “paradossalmente”, la propria propensione ad assumere rischi: i manager del settore pubblico ritengono di assumere non solo più rischi della media degli altri manager pubblici ma addirittura dei manager privati. La presenza del bias in misura significativamente più marcata nei manager del settore pubblico si riscontra anche quando valutano la propria abilità, il numero d’informazioni utilizzate, la velocità con cui decidono e l’innovazione delle idee proposte (si veda il grafico). Risposte in percentuale alle domande che misurano l’ottimismo ingiustificato (Settore pubblico) 1 Ott 1 Propensione all’innovazione rispetto alle altre aziende Ott 2 Conservatori rispetto alle altre aziende Ott 3 Propenso ad assumere rischi rispetto alla media dei manager Ott 4 Abile rispetto alla media dei manager Ott 5 Fa uso di più o di meno informazioni rilevanti rispetto alla media dei manager Ott 6 2 3 4 5 6 7 Molto di Di meno meno Un po’ di Nella Un po’ Di più Molto di meno media di più 1,8% 5,4% 3,0% 28,1% 24,6% 25,7% 11,4% 6,0% 19,8% 21,6% 33,5% 9,6% 7,8% 1,8% 2,4% 18,6% 30,5% 38,3% 9,6% ,6% 34,3% 34,3% 23,5% 7,2% 3,6% 39,5% 30,5% 19,8% 6,0% 4,8% 24,1% 33,1% 29,5% 8,4% 24,4% 34,5% 29,8% 10,1% 0,6% 0,6% Decidere più o meno velocemente rispetto alla media dei manager Ott 7 Le idee che lei propone sono più o meno innovative rispetto alla media dei manager 1,2% più Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 42 Risposte in percentuale alle domande che misurano l’ottimismo ingiustificato (Settore privato) Ott 1 Propensione all’innovazione rispetto alle altre aziende Ott 2 Conservatori rispetto alle altre aziende Ott 3 Propenso ad assumere rischi rispetto alla 1 2 3 4 5 6 7 Molto di Di Un po’ di Nella Un po’ Di più Molto di meno meno meno media di più ,6% 6,3% 7,5% 31,4% 25,2% 20,1% 8,8% 3,8% 17,6% 18,2% 41,5% 13,2% 5,0% ,6% 3,8% 6,3% 26,4% 33,3% 23,9% 6,3% 1,3% 3,1% 42,1% 27,7% 23,3% 2,5% ,6% 8,9% 41,8% 27,8% 19,0% 1,9% 3,1% 6,9% 25,2% 37,7% 20,8% 6,3% 2,5% 1,9% 37,1% 31,4% 23,3% 3,8% media dei manager Ott 4 Abile rispetto alla media dei manager Ott 5 Fa uso di più o di meno informazioni rilevanti rispetto alla media dei manager Ott 6 Decidere più o meno velocemente rispetto alla media dei manager Ott 7 più Le idee che lei propone sono più o meno innovative rispetto alla media dei manager T test per rilevare le differenze significative rispetto al punto medio “4” ( Settore Pubblico) Intervallo di confidenza della differenza: 95% t gdl Sig. (2 code) Differenza media Minimo Massimo Ott 1 8,557 166 ,000 ,910 ,70 1,12 Ott 2 -4,559 166 ,000 -,485 -,70 -,28 Ott 3 16,620 166 ,000 1,317 1,16 1,47 Ott 4 13,936 165 ,000 1,024 ,88 1,17 Ott 5 10,431 166 ,000 ,826 ,67 ,98 Ott 6 14,120 165 ,000 1,127 ,97 1,28 Ott 7 15,729 167 ,000 1,220 1,07 1,37 T test per rilevare le differenze significative rispetto al punto medio “4” (Settore Privato) Intervallo di confidenza della differenza: 95% t gdl Sig. (2 code) Differenza media Minimo Massimo Ott 1 6,642 158 ,000 ,698 ,49 ,91 Ott 2 -4,123 158 ,000 -,396 -,59 -,21 Ott 3 9,403 158 ,000 ,862 ,68 1,04 Ott 4 9,884 158 ,000 ,761 ,61 ,91 Ott 5 7,909 157 ,000 ,614 ,46 ,77 Ott 6 9,555 158 ,000 ,849 ,67 1,02 Ott 7 10,226 158 ,000 ,824 ,66 ,98 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 43 Differenza rispetto al punto medio "4" per i manager dei due settori 1,6 1,4 1,2 1 0,8 0,6 Privati Pubblici 0,4 0,2 0 de in no va tiv e id en te io ni er ev el oc em fo rm in us o de ci d az ab ile isc hi o er on as su nz i ns er va to ri in no va zi on e -0,6 co -0,4 az ie nd a -0,2 3.5. Stile decisionale Lo stile decisionale è stato calcolato facendo una media degli item che compongono la scala che misura appunto lo stile decisionale, previa inversione degli item formulati in termini negativi (item 1,2,7,11,14,15,16). La media indica il grado in cui lo stile decisionale adottato è uno stile sistematico-ragionato piuttosto che uno stile impulsivo-intuitivo. Più elevato il punteggio ottenuto sulla scala più lo stile decisionale è sistematico-ragionato. Il punteggio medio ottenuto dai due gruppi di manager è rappresentato in tabella. Come si può osservare, i manager provenienti dal settore pubblico hanno uno stile decisionale più sistematico e ragionato ( per lo meno così dichiarano), mentre i manager provenienti dal settore privato hanno uno stile più impulsivo ed intuitivo. La differenza tra i punteggi medi dei due gruppi è statisticamente significativa [t-test (324) = 3,144; p = ,002]. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 44 Media dello stile decisionale (valutato su scala a cinque punti). Un punteggio elevato indica uno stile decisionale sistematico, un punteggio basso indica uno stile decisionale impulsivo-intuitivo. Categoria N Media Settore Pubblico 167 4,0148 Settore Privato 159 3,8976 3.6. Suscettibilità all’effetto “framing” (incorniciamento) Non a tutti manager è stata data la stessa versione del problema n. 1. A circa la metà dei manager (63 pubblici e 90 privati) è stata data una versione in cui il problema era presentato con un frame positivo, mentre ad un altro gruppo di manager è stata data una versione in cui il problema era presentato con un frame negativo (105 pubblici e 69 privati). Lo scopo era quello di osservare la suscettibilità all’effetto framing nei manager del settore pubblico ed in quelli del settore privato. I risultati delle scelte mostrano che in entrambi i gruppi di manager (sia pubblici che privati) si osserva un robusto effetto framing. Più precisamente, quando le informazioni sono presentate in termini di guadagno (frame positivo) la maggioranza dei manager pubblici (72,1%) e la maggioranza dei manager privati (71,6%) sceglie l’opzione 1, ovvero, l’opzione certa (senza rischio). Le scelte cambiano però se il problema viene presentato in termini di perdite (frame negativo). In quest’ultimo caso, l’opzione 1, ovvero la scelta certa, viene preferita solo dal 50,5% dei manager del settore pubblico e dal 55,9% dei manager del settore privato. Questo spostamento di preferenze verso l’opzione 2, ovvero l’opzione rischiosa, è il segnale che la formulazione linguistica della frase in termini positivi o negativi ha avuto l’effetto previsto (l’effetto è significativo per entrambi i gruppi: χ2 (1) = 7,39; p = 0,007 e χ2 (1) = 4,14; p = 0,042). Le analisi successive sono volte ad individuare se esista una differenza nel grado di suscettibilità all’effetto framing nei due gruppi. Per verificare quest’ipotesi abbiamo utilizzato un modello Log lineare ed osservato se fosse significativa l’interazione a tre vie frame (pos vs. neg) x settore (pubblico vs. privato) x opzione (1 vs. 2). I risultati, come si può facilmente osservare nel grafico qui di seguito riportato, mostrano che i due settori non si comportano in maniera significativa, ovvero, che sono suscettibili al rischio in eguale misura, tenuto conto del framing indotto dalla formulazione del problema. In altri termini quello che si osserva è un forte effetto della formulazione, ma questo effetto sembra essere di eguale intensità nei due settori pubblico e privato [χ2 (3) = 0,25; n.s.] Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 45 Scelte delle opzioni 1 (certa) e opzione 2 (rischiosa) per i due tipi di Frame nelle due diverse categorie di manager 80,00% 72,10% 71,60% 70,00% 55,90% 60,00% 50,50% 49,50% 50,00% 44,10% 40,00% 27,90% 30,00% Opzione certa (1) Opzione rischiosa (2) 28,40% 20,00% 10,00% 0,00% Frame positivo Settore pubblico Frame positivo Settore privato Frame negativo Settore pubblico Frame negativo Settore privato 3.7. La fallacia del giocatore (o euristica della rappresentatività) Il problema n. 2 misura il grado in cui le persone possiedono delle credenze non statisticamente valide circa l’uscita dei numeri in una estrazione casuale. Come è stato già detto, il fatto che alla roulette sia uscito per 4 volte il colore “rosso” non implica nulla circa la probabilità di uscita del colore “rosso” o “nero” al prossimo giro della roulette, infatti il risultato proviene da una estrazione casuale con reinserimento (ovvero, al momento di girare la ruota tutte le caselle possono ospitare la pallina, sia quelle nere che quelle rosse, indipendentemente dalle caselle che l’hanno ospitata in precedenza). In termini più colloquiali si dice che la roulette “non ha memoria”. Le tre risposte fornite ai manager erano le seguenti: È più probabile che esca il colore “nero”; È più probabile che esca il colore “rosso”; Ci sono uguali probabilità che esca il colore “rosso” o il colore “nero”. L’unica risposta corretta è l’ultima, ovvero, che il colore rosso ha uguali probabilità di uscire rispetto al colore nero. Osservando la percentuale di risposte corrette nei due gruppi di manager Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 46 osserviamo che l’82% dei manager del settore pubblico ha risposto correttamente contro il 70% dei manager del settore privato (differenza statisticamente significativa: [χ2 (2) = 9,58; p = .008]. Percentuale media delle risposte dei manager al problema n.2 Settore Pubblico Settore Privato E’ più probabile che esca il colore “nero” 16,77% 24,20% E’ più probabile che esca il colore “rosso” 0,60% 5,10% Ci sono uguali probabilità che esca il colore “rosso” o il colore “nero” 82,63% 70,70% TOTALE 100,00% 100,00% Si potrebbe supporre che questo risultato sia legato al maggior grado medio di istruzione dei manager del settore pubblico rispetto ai manager del settore privato. E’ stata, quindi, condotta un’analisi per verificare questa ipotesi. Come esemplificato nei grafici la percentuale di risposte errate e corrette non è significativamente diversa tra coloro che hanno un diploma o attestato e coloro che hanno conseguito una laurea o più, né per i manager del settore pubblico [χ2 (1) = 1,217; p = ,27] né per quelli del settore privato [χ2 (1) = 0,015; p = ,90]. Percentuali di risposte errate e corrette al Problema n.2 in funzione del grado di istruzione (Settore Pubblico) 90% 83,2% 80% 70% 71,4% 60% 50% 40% 30% 20% 10% Diploma o Attestato Laurea o più 28,6% 16,8% 0% Risposta Errata Risposta Corretta Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 47 Percentuali di risposte errate e corrette al Problema n.2 in funzione del grado di istruzione (Settore Privato) 80% 71,0% 70,1% 70% 60% 50% 40% 30% Diploma o Attestato 29,0% 29,9% Laurea o più 20% 10% 0% Risposta Errata Risposta Corretta Ulteriori analisi sono state compiute per verificare se gli errori al problema n.2 potessero essere riconducibili ad uno stile decisionale meno sistematico e ragionato. L’analisi della regressione logistica, tuttavia, ha mostrato che lo stile decisionale non determina la capacità di rispondere correttamente al problema [Test di Bontà del modello “Hosmer e Lemeshow” χ2 (8) = 13,32; p = ,10, β = ,477; p = ,214]. 3.8. Bilanci mentali focalizzati ed il principio di dominanza Le risposte al problema numero 3 sono state ricodificate a seconda che fossero “razionali” o “irrazionali”. In specifico, se un manager rispondeva “A & C” oppure “A & D” la risposta è stata considerata “sbagliata”, mentre se un manager rispondeva “B & C” oppure “B & D” la risposta è stata considerata “corretta”. Questo perché il valore atteso delle prime due è inferiore al valore atteso delle seconde. Nella tabella seguente sono riportate le frequenze con cui i manager del settore pubblico e i manager del settore privato hanno risposto al problema numero 3. La differenza tra le risposte corrette e le risposte sbagliate dei manager dei due settori non è significativa [χ2 (1) = 0,757; p = ,384]. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 48 Frequenza di risposte sbagliate e corrette al problema n. 3 Settore Pubblico Risposta Sbagliata Corretta (A&C, A&D) (B&C, B&D ) 71 63 N Percentuale Categoria Settore Privato 53,0% 47,0% Totale 134 100,0% N 58 64 122 Percentuale 47,5% 52,5% 100,0% Totale N 129 127 256 Percentuale 50,4% 49,6% 100,0% 3.9. Effetto ancoraggio Di seguito sono espresse le frequenze di persone che in ciascun gruppo hanno ricevuto le due ancore: Numero di casi nelle condizioni “ancora bassa “ ed “ancora alta” nei due gruppi di manager Categoria Ancora Settore Pubblico Settore Privato Totale Alta (2500) 38 58 96 Bassa (1500) 130 101 231 168 159 327 Totale Facendo un’ANOVA 2 (categoria) x 2 (ancora bassa vs. alta) sul valore medio espresso da ciascun manager si ottiene un effetto del fattore ancora [F (1,259) = 29,04; p = ,000] ma nessuna interazione con il settore di provenienza. L’effetto ancoraggio viene confermato, ovvero, il prezzo che si è disposti a corrispondere per l’appartamento è di 1430 euro mensili nel caso di ancora bassa (1500), mentre è di 1890 mensili nel caso di ancora alta (2500). Effetto dell’ancora (alta vs. bassa) sulle risposte al problema n. 4 Categoria Ancora Media N Settore Pubblico Alta (2500) 1936,21 29 Bassa (1500) 1452,38 105 Totale 1557,09 134 Alta (2500) 1862,77 47 Bassa (1500) 1402,20 82 Totale 1570,00 129 Alta (2500) 1890,79 76 Bassa (1500) 1430,37 187 Totale 1563,42 263 Settore Privato Totale Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 49 4. Conclusioni dell’indagine I risultati più significativi emersi dall’indagine sono riassunti qui di seguito: • I manager pubblici hanno un livello di istruzione superiore rispetto ai manager privati. • I manager del settore pubblico sono mediamente un po’ più anziani di quelli del settore privato. • La maggioranza dei manager impiegati nel settore pubblico ha svolto studi in ambito socio – economico, giuridico e scientifico. I manager impiegati nel settore privato, invece, hanno svolto studi in ambito tecnologico, socio – economico e scientifico. • I manager del settore privato hanno più potere di licenziare, assumere o spostare, hanno un budget maggiore di cui disporre liberamente e deve giustificare di meno agli altri le proprie scelte. • I manager pubblici sono meno dinamici (cambiano meno frequentemente lavoro) rispetto ai manager del settore privato. • I manager privati valutano il rischio associato ad un’operazione in forza della loro risposta emotiva ed intuitiva alla situazione, in misura maggiore di quanto non facciano i manager pubblici. • I manager del settore pubblico mostrano un bias ottimistico più accentuato riguardo alle proprie qualità. In particolare, ritengono di assumere non solo più rischi della media degli altri manager pubblici ma addirittura rispetto ai manager privati. Il bias è maggiore nei manager pubblici anche quando valutano la propria abilità, il numero d’informazioni utilizzate, la velocità con cui decidono, e l’innovazione delle idee proposte. • I manager provenienti dal settore pubblico hanno uno stile decisionale più sistematico e ragionato (per lo meno così dichiarano), mentre i manager provenienti dal settore privato hanno uno stile più impulsivo ed intuitivo. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati • 50 In entrambi i gruppi di manager (sia pubblici che privati) si osserva un robusto effetto framing. • L’82% dei manager del settore pubblico ha risposto correttamente al problema della roulette contro il 70% dei manager del settore privato. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 51 Bibliografia Barazza, T., Legrenzi, P. e Warglien, M. (1994), I contesti economici come ragioni per la scelta: competizione, responsabilità e violazioni dell’utilità attesa, Sistemi Intelligenti, 1, 77-93. Bohm, P. e Lind, H. 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Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 53 Smith, J.F. e Kida, T. (1991), Heuristics and biases: Expertise and task realism in auditing, Psychological Bulletin, 109, 472-489. Tversky, A. (1969), Intransitivity of preference, Psychological Review, 76, 31-48. Tversky, A. e Kahneman, D. (1973), Availability: A Heuristic for Judging Frequency and Probability, Cognitive Psychology, 5, 207-232. Tversky, A. e Kahneman, D. (1974), Judgment under uncertainty: heuristics and biases, Science, 185, 1124-1131 Vlek, C. e Hendrix, L. (1988), Statistical risk versus personal control as conceptual bases for evaluating (traffic) safety. In Rothengatter, J.A. e DeBruin, R.A. (a cura di), Road User Behavior: Theory and Research, Van Grocum, Assem. Vlek, C. e Stallen, P. (1980), Rational and personal aspects of risk, Acta Psichologica, 45, 273-300. Weinstein, N.D. (1980), Unrealistic optimism about future life events, Journal of Personality and Social Psychology, 39, 806-820. Weinstein, N.D. 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Il suo nome o il suo indirizzo di posta elettronica non compariranno in alcuno dei resoconti, né privati né pubblici, così come il nome della azienda per cui lei lavora. Potrà riconsegnare in busta chiusa il questionario che le consegniamo, garantendo così l’assoluto anonimato. I dati, comunque, saranno utilizzati al solo scopo di ricerca e non verranno ceduti a terzi. Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 55 Nella sua attività professionale, le decisioni che lei è chiamato a prendere possono comportare un certo grado di rischio. Che cosa intende quando reputa che una certa operazione professionale sia “rischiosa”? Per rispondere, indichi quanto è d’accordo con ciascuna delle seguenti affermazioni mettendo una crocetta sulla casella corrispondente. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando non riesco a prevedere tutte le possibili conseguenze Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando mi mancano informazioni che invece altre persone hanno Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando ho poca informazione (e nemmeno gli altri ne hanno) Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando non sono io che l’ho promossa ma mi è piuttosto “capitata tra capo e collo” Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando passerà molto tempo prima che se ne vedano gli effetti Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando so che non potrò controllare, grazie alla mia abilità gli effetti negativi, nel caso andasse male Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando “ho la sensazione” che lo sia Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando la posta in gioco è alta Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando le ricadute negative coinvolgeranno molte persone tutte insieme Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando espone l’azienda o l’organizzazione a rischi futuri (es. equilibrio finanziario). Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando comporta qualcosa generalmente considerato immorale, non etico Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando si scontra con i valori religiosi dominanti Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando comporta dei danni all’ambiente (o si scontra con i valori ambientalisti) Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando l’opinione pubblica interna all’azienda pensa che lo sia Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando l’opinione pubblica esterna all’azienda pensa che lo sia Ritengo che un’operazione sia rischiosa soprattutto quando comporta situazioni nuove, mai affrontate prima Per niente d’accordo poco mediamente molto estremamente d’accordo Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 56 Come descriverebbe la propensione all’innovazione della sua organizzazione rispetto alle altre aziende o organizzazioni del settore? Molto di meno di meno un po’ di meno nella media un po’ di più di più molto di più Come descriverebbe la tendenza ad essere conservatori nella sua organizzazione rispetto alle altre aziende o organizzazioni del settore? Molto di meno di meno un po’ di meno nella media un po’ di più di più molto di più Secondo la sua opinione, lei si considera più o meno propenso ad assumere rischi per l’organizzazione al fine di realizzarne gli obiettivi, rispetto alla media dei manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso)? Molto di meno di meno un po’ di meno nella media un po’ di più di più molto di più Secondo la sua opinione, lei si considera un manager più o meno abile rispetto alla media dei manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso)? Molto di meno di meno un po’ di meno nella media un po’ di più di più molto di più Secondo la sua opinione, quando prende una decisione fa uso di più o di meno informazioni rilevanti rispetto alla media dei manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso)? Molto di meno di meno un po’ di meno nella media un po’ di più di più molto di più Secondo la sua opinione, ritiene di decidere più o meno velocemente rispetto alla media dei manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso)? Molto di meno di meno un po’ di meno nella media un po’ di più di più molto di più Rispetto alla media dei manager del suo settore (con la stessa età, nazionalità e sesso), le idee che lei propone sono più o meno innovative? Molto di meno di meno un po’ di meno nella media un po’ di più di più molto di più Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 57 Pensi alle decisioni che normalmente prende nel corso della sua attività professionale Quanto deve giustificare le decisioni ad altri? mai raramente qualche volta spesso sempre Quante volte è obbligato a prendere una decisione nonostante avrebbe bisogno di più tempo per valutare gli aspetti del problema? mai raramente qualche volta spesso sempre Quando decide su questioni per le quali ha la piena autonomia, sente il parere di altre persone? mai raramente qualche volta spesso sempre Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 58 Di seguito le verranno elencate una serie di affermazioni che la descrivono. Esprima il suo giudizio per ognuna delle affermazioni indicando quanto spesso compie ciascuno dei comportamenti descritti mettendo una crocetta sulla casella corrispondente. mai Agisco senza riflettere sui problemi Non chiedo a nessuno di aiutarmi a definire i problemi che mi si presentano Discuto le scelte con i miei amici o colleghi Cerco di trovare gli aspetti positivi delle possibili scelte Prendo le decisioni in base a quello che mi dicono i miei superiori Faccio una graduatoria delle scelte prima di prendere una decisione Quando prendo una decisione non penso alle scelte prese in passato Riesco a definire i problemi che mi si presentano con facilità Cerco informazioni che mi aiutino a comprendere i problemi Penso ai diversi modi di affrontare i problemi Non sono solito discutere le scelte con i membri della mia famiglia Considero i rischi di una scelta prima di prendere una decisione Quando sono di fronte ad una decisione, mi rendo conto che alcune scelte sono meglio di altre Quando prendo una decisione non considero tutta l’informazione che ho sulle diverse scelte Prima di prendere una nuova decisione non penso a come è andata quella precedente Faccio una scelta senza pensarci sopra Cerco di trovare gli aspetti negativi delle possibili scelte Considero i benefici di una scelta prima di prendere una decisione Se le conseguenze di una decisone sono state negative, la volta successiva cambio decisione raramente qualche volta spesso sempre Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 59 PROBLEMA N 1 Immagini di essere il responsabile del personale di una grande società che si avvale della collaborazione di professionisti esterni, le cui prestazioni vengono retribuite attraverso finanziamenti provenienti dalla comunità europea. A causa di alcuni tagli a tali finanziamenti, 600 contratti Co.Co.Co sono a rischio. Il management ha individuato due opzioni per affrontare tale situazione di crisi. Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 400 contratti di lavoro verranno persi [Se l'opzione 1 sarà scelta, esattamente 200 contratti di lavoro verranno preservati] Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che nessun contratto sarà perso e due terzi di probabilità che tutti i 600 contratti di lavoro saranno persi. [Se l'opzione 2 sarà scelta, vi è un terzo di probabilità che tutti i 600 contratti verranno preservati e due terzi di probabilità che nessun contratto verrà preservato] Quale opzione sceglierebbe? _______ PROBLEMA N 2 Immagini che un suo amico sia andato al casinò. Al tavolo della roulette esce per quattro volte di seguito il colore “rosso”. Fra i seguenti pensieri che il suo amico potrebbe formulare riguardo alla quinta estrazione, qual è a suo parere quello corretto? È più probabile che esca il colore “nero”; È più probabile che esca il colore “rosso”; Ci sono uguali probabilità che esca il colore “rosso” o il colore “nero”. PROBLEMA N 3 Le saranno presentate due scommesse. Per ciascuna scommessa dovrà scegliere un’opzione: SCOMMESSA 1: A: un guadagno sicuro di 240 € B: 25% di probabilità di guadagnare 1.000 € e 75% di probabilità di non guadagnare nulla SCOMMESSA 2: Strategie decisionali manager pubblici vs. privati 60 C: una perdita sicura di 750 € D: 75% di probabilità di perdere 1.000 € e 25% di probabilità di non perdere nulla Scelgo le seguenti due opzioni: ________ e _______ PROBLEMA N 4 Immagini di essere stato incaricato dal suo superiore di trovare un locale da prendere in affitto. Sta valutando la seguente offerta: un locale di 200 metri quadri (sufficiente per le mansioni cui dovrà essere adibito), molto luminoso, provvisto di condizionamento dell’aria, a 3 km dalla sede amministrativa. Il canone di affitto chiesto dal proprietario è pari a 1.500 euro mensili [2500 euro mensili]. Il suo superiore vuole sapere quale, a suo avviso, è il canone massimo che potrebbe essere corrisposto mensilmente. A mio avviso, si dovrebbe corrispondere mensilmente non più di €___________ Strategie decisionali manager pubblici vs. privati DATI ANAGRAFICI a. Anno di nascita: _________ b. Stato civile: sposato non sposato separato/divorziato vedovo c. Numero di componenti il nucleo familiare escluso lei: _____ d. Provincia di residenza: ______________________________ e. Scolarità: diploma di maturità laurea laurea e specializzazione laurea e dottorato f. Ambito di studi: scientifico tecnologico socio-economico giuridico umanistico DATI PROFESSIONALI a. Provincia in cui risiede l’azienda: ______________________________ b. Numero di dipendenti dell’azienda: ______________________________ c. Numero di persone alle sue dipendenze: ____________________________ d. Da quanti anni lavora? ____ e. Da quanti anni ricopre il ruolo di manager? ____ f. Da quanti anni svolge la sua professione attuale? ____ g. Da quanti anni è impiegato presso l’azienda/ente in cui attualmente lavora? ____ h. Quanti gradi gerarchici (livelli) la separano dall’ amministratore delegato/direttore generale? ____ i. In quale area professionale ha svolto la maggior parte della sua carriera? contabilità / amministrazione marketing / comunicazione finanza / bilancio produzione progettazione / programmazione risorse umane 61 Strategie decisionali manager pubblici vs. privati j. In quale area professionale attualmente è impiegato? contabilità / amministrazione marketing / comunicazione finanza / bilancio produzione progettazione / programmazione risorse umane k. Qual è il suo inquadramento? funzionario / dirigente responsabile 1° livello quadro / funzionario direttivo dirigente amministratore delegato/direttore generale l. Qual è la più grande spesa per beni capitali che lei può fare senza chiedere l’autorizzazione di altri? €_______________________ m. Qual è il numero di dipendenti manager alle sue dipendenze? ______ n. In che misura lei ha il potere di influire sulla carriera dei sottoposti (es. assumere, spostare di ruolo e licenziare)? Per nulla poco abbastanza molto moltissimo o. Quante volte, negli ultimi 15 anni, lei ha dato volontariamente le dimissioni da una azienda o amministrazione: 1. avendo già una proposta di passaggio da un’altra azienda o amministrazione: ____ 2. non avendo nessuna proposta di passaggio da un’altra azienda o amministrazione: ____ 62