MASS MEDIA E POLITICA
Il rapporto tra mass media e politica, insieme allo specifico problema dell’influenza dei media
sulle opinioni politiche dei cittadini, è stato spesso oggetto della communication research.
Pur se molto diverse, le posizioni dei ricercatori possono essere riassunte in tre paradigmi
principali. Il primo considera i media come subordinati al sistema politico, che li controlla più o
meno direttamente e che li usa per mantenere il potere e influenzare i cittadini: i media sono dei
semplici canali per diffondere il messaggio politico. Molte delle prime teorie sui media,
sviluppatesi dopo l’esperienza dei totalitarismi e delle due guerre mondiali, hanno assunto
questa posizione, per esempio rifacendosi al marxismo o studiando il contenuto ideologico dei
messaggi mediali.
Il secondo paradigma, invece, considera i media come indipendenti dal potere e dotati di
notevole influenza sul sistema politico: sono quindi studiati come interlocutori attivi, addirittura
dotati del potere di opporsi alla politica, di esserne l’antagonista. Possiamo citare, a questo
proposito, molte ricerche sul lavoro giornalistico e sulla capacità dei media di “creare la realtà”.
Entrambi i paradigmi che abbiamo citato sono utili, perché sottolineano ciascuno un aspetto
saliente del rapporto tra mass media e politica: è vero infatti che il potere politico ha spesso
tentato di controllare i media e che in alcuni periodi storici essi sono stati usati come strumenti
di acquisizione del consenso. Ed è vero anche che, come direbbero i ricercatori che si
inseriscono nel secondo paradigma, i media hanno la forza di proporre una propria visione della
realtà e di opporsi al sistema politico, facendo valere la propria logica.
Per questo motivo, più recentemente, si è diffuso un terzo paradigma che sta nel mezzo tra i due
e considera il rapporto tra mass media e politica come una continua negoziazione e un tentativo
di reciproca influenza. I mass media hanno bisogno della politica e la politica deve usare i
media, ma i due sistemi hanno obiettivi ed esigenze propri, che spesso non coincidono: è dunque
necessario mediare tra le logiche dei mass media e quelle della politica, mantenendo una certa
autonomia dei due sistemi. Media e politica sono interdipendenti e in un rapporto di mutuo
scambio.
L’interazione/negoziazione tra mass media e politica dipende da alcuni fattori: prima di tutto il
grado di controllo statale sui media (in alcuni casi il controllo è totale e il condizionamento della
politica forte); in secondo luogo la partisanship dei media, cioè la loro propensione ad
appoggiare una parte politica o, addirittura, l’aperto sostegno ad essa. Infine, due elementi che
riguardano il giornalismo: il primo è il grado di integrazione dell'elite politico-mediale, cioè il
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fatto che giornalisti e politici condividano lo stesso ambiente sociale e lo status, che ci siano
delle norme implicite di collaborazione, che siano possibili carriere “miste” (politici che fanno i
giornalisti e viceversa) e un’osmosi tra i due ambienti. Il secondo è il grado di convincimento
sulla funzione sociale e politica della professione giornalistica, la consapevolezza che i
giornalisti hanno del loro ruolo e la responsabilità che ne consegue.
E’ utile, a questo punto, vedere come si declina l’interazione tra mass media e politica e quali
ricadute questa abbia sulla democrazia.
Gianpietro Mazzoleni individua quattro modelli di interazione:
- Avversario: è l’esito di un equilibrio e un reciproco controllo dei poteri (checks and balances),
in cui è evidente l’irriducibilità degli interessi delle due sfere politica e mediatica; spesso le
pressioni del sistema politico vengono denunciate dai media.
- Collaterale: è il modello caratterizzato da un parallelismo degli interessi di media e politica, o
addirittura da un fiancheggiamento della politica da parte dei media, che non sono al di sopra
degli interessi politici ed economici.
- Scambio: poiché i politici e i media hanno bisogno gli uni degli altri, al conflitto si preferisce
la negoziazione e la contrattazione.
- Competizione: i media e la politica si contendono i medesimi obiettivi, cioè la leadership
dell'opinione pubblica, il consenso, la legittimazione (soprattutto nei momenti di crisi).
Da quanto detto emerge che i media sono attori a pieno titolo nello spazio politico. Come
ricordavamo precedentemente trattando dei paradigmi di ricerca su media e politica, se i media
sono considerati come semplici strumenti si esalta l’aspetto dell’influenza del messaggio
politico sul cittadino/elettore, mentre se si sottolinea l’autonomia dei media è messo a tema
l’aspetto della reciproca influenza tra questi ultimi e la politica. Anche trattando della
comunicazione politica queste due visioni sono presenti: se i media sono meri strumenti, è
possibile pensare alla comunicazione politica come propaganda, come flusso unidirezionale e
verticistico di messaggi politici dai partiti ai cittadini, che dipende solo dai primi. Se i media
sono interlocutori e attori che hanno i loro interessi (anche commerciali) e che fanno di tutto per
coinvolgere il cittadino-utente, è più facile pensare alla comunicazione politica come luogo di
contrattazione e di scambio, oltre che come flusso bidirezionale che tiene in considerazione le
esigenze del cittadino
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IL RUOLO DEI MEDIA NELLA SFERA POLITICA
Il motivo per cui i media sono diventati degli attori a pieno titolo nella sfera politica e
influenzano il gioco democratico riguarda le funzioni che i media svolgono nello spazio
pubblico.
1) La prima importante funzione è quella di selezionare e trattare le notizie sulla politica, che
vengono diffuse velocemente e in grande quantità. I media sono la principale fonte di
informazione sulla politica, mostrata anche in diretta, e il ruolo di filtro dei media (gatekeeping)
in questo senso sembra decisivo per la democrazia. Già Walter Lippmann (…………………)
sottolineava la grande responsabilità che ne deriva per i giornalisti: “Le notizie del giorno, così
come raggiungono gli uffici dei giornali, sono un miscuglio incredibile di fatti, propaganda,
dicerie, sospetti, indizi, speranze e paure, e il compito di selezionare e ordinare queste notizie è
uno dei compiti veramente sacri, e simile a quello dei preti, in una democrazia”.
Il processo di selezione dell’informazione avviene almeno a tre livelli: in primo luogo, la scelta
di eventi e temi politici che diventano notizia; in secondo luogo, la gerarchizzazione degli
argomenti che sono già stati selezionati, per metterne in rilievo alcuni tra essi (per esempio
inserendoli in prima pagina, o dedicando loro più spazio). Infine, il livello della tematizzazione:
quando un argomento politico viene riproposto dai media per più giorni, facendolo diventare un
tema di approfondimento su cui mobilitare l’opinione pubblica.
Il ruolo di selezionatori svolto dai media implica anche un effetto detto di agenda setting:
scegliendo e gerarchizzando i temi ritenuti importanti, i media fissano “l’agenda delle priorità”
dei cittadini, indicano loro su quali argomenti discutere; le priorità che emergono dai media
influenzano anche i criteri in base ai quali gli elettori giudicano i politici; a volte, i media
influenzano anche i politici, perché partiti e leader non possono ignorare i temi proposti
all’attenzione pubblica dai giornalisti e sono comunque sollecitati da questi ultimi a rispondere,
a prendere posizione.
2) Un’altra funzione dei media, molto importante per la democrazia, è creare nuovi spazi di
discussione e di confronto elettorale. I media fungono spesso da arene politiche, ospitano
dibattiti ed eventi che hanno risonanza sulla vita pubblica. Alcuni programmi televisivi o i
quotidiani nazionali diventano luoghi in cui comunicare decisioni importanti o creare eventi
politici. Berlusconi, per esempio, ha inviato una videocassetta ai telegiornali per annunciare la
“discesa in campo” e ha usato il programma di Vespa per firmare il “Contratto con gli italiani”.
I vecchi e i nuovi media sono poi luoghi di dibattito elettorale, in cui si confrontano candidati e
programmi politici in un momento cruciale, per chiedere il voto. La campagna elettorale nei
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media ha maggiore visibilità e impatto e i dibattiti finali tra i leader sono dei veri e propri eventi
mediali.
A proposito degli interventi mediatici in campagna elettorale, che spesso vedono i politici in
competizione con altri (un classico esempio è il dibattito elettorale, o il faccia a faccia), occorre
ricordare che i media hanno un ruolo importante sia nel giudicare le performance, sia nel creare
aspettative sulle performance stesse, prima che avvengano. Questo anche grazie ai sondaggi, che
tengono monitorata la situazione.
I media offrono ai cittadini nuove possibilità di contatto con i politici (pur se mediate dalla
tecnologia) e occasioni di partecipazione al dibattito pubblico, grazie soprattutto alle nuove
tecnologie: dalla posta elettronica alla chat, non sempre sfruttate al meglio dai politici.
I mezzi di informazione, soprattutto quelli alternativi e i new media, sono anche molto usati da
cittadini e movimenti che fanno politica “dal basso”. Tali media possono essere, in effetti, uno
strumento per rivolgersi direttamente ai cittadini, bypassando i canali tradizionali, cioè gli
apparati politici e quelli giornalistici.
3) Una terza funzione dei media, decisiva per la democrazia, è quella di critica alla politica, per
alcuni addirittura di “controllo”, che implica un vigilare sull’operato dei politici in nome del
cittadino, di cui si difendono gli interessi. (il cosiddetto giornalismo watchdog, cioè con una
funzione di “cane da guardia” del giardino del cittadino). Questa sorveglianza sull’operato dei
politici, che è cruciale nei paesi in cui i media godono di una certa indipendenza dal potere, può
sfociare nell’adversarial journalism, il giornalismo che critica apertamente i politici e svolge
indagini per scoprirne gli errori. E’ caratteristico degli Stati Uniti, dove dopo la guerra del
Vietnam e il Watergate i giornalisti si sono opposti frequentemente ai politici, mettendone in
questione l’operato. Negli Usa si parla addirittura di giornalismo “negativo”, di un
atteggiamento cinico dei giornalisti nei confronti della politica, che pone l’accento sul distacco
di quest’ultima dai cittadini. Anche in altri Paesi i giornalisti sono critici e combattivi: un
esempio illuminante è l’Inghilterra (vd Blair-BBC).
Anche senza assumere un atteggiamento avversario, più frequentemente il giornalismo critico è
“interpretativo”, cioè i giornalisti introducono una mediazione rispetto ai discorsi e all’attività di
comunicazione e PR dei politici. Un esempio di giornalismo che “prende parte” è l’advocacy
journalism, che fornisce un’interpretazione della notizia per aiutare il lettore meno informato a
capire, o che sostiene cause moralmente giuste.
Infine, non bisogna dimenticare che i mass media possono intervenire nella sfera politica con un
ruolo attivo, scendendo in campo direttamente e sostenendo un’idea o una parte politica. La loro
influenza
viene
ritenuta
significativa
e
si
esprime
con
prese
di
posizione
dei
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giornalisti/opinionisti di una testata, dichiarazioni di appoggio a un candidato, promozione di
campagne di sensibilizzazione.
4) Un’ultima funzione dei media è offrire visibilità alla politica e fornire un’immagine dei suoi
protagonisti. I mezzi audiovisivi permettono di rendere visibile una buona parte della vita
politica che un tempo restava nel “segreto” e mostrano il leader nel suo aspetto fisico, ne
illustrano i comportamenti, valorizzano la sua immagine esteriore, che è sempre più importante.
Questa visibilità non è ovviamente solo positiva per i politici: si pensi all’effetto dirompente che
hanno avuto le immagini in diretta dei politici interrogati da Di Pietro durante il processo
Cusani. O alle foto dei leader in momenti di stanchezza e di malattia.
La visibilità implica anche un interesse dei media per il retroscena della politica e per la vita
privata dei leader: in questo slittamento dei confini tra pubblico e privato, possono emergere
pettegolezzi, gaffe, eccessi, scandali, fughe di notizie che coinvolgono i politici. I leader peraltro
offrono volentieri ai media particolari sulla loro vita privata e familiare, per “fare notizia” e
migliorare la loro immagine.
La letteratura statunitense parla dei media come “categorizzatori”, perché essi creano immagini
semplificate dei soggetti politici, spesso sotto forma di soprannome o di caricatura. A volte,
inoltre, il soggetto politico si vede attribuire definizioni ed “etichette” che influenzano la
percezione del pubblico. Secondo alcuni studiosi, queste immagini semplificate si fissano nella
mente degli elettori più delle discussioni politiche e dei programmi dei partiti, dunque
influenzano la percezione della politica e perfino le opinioni: esse possono, infatti, fornire delle
“scorciatoie informative” per interpretare la realtà politica e prendere decisioni. Per questo i
soggetti politici tentano di controllare e modificare le immagini proposte dai media, grazie a
esperti che a fianco dei leader si occupano di questo (cfr. per esempio i presidenti USA, ma
anche il nostro Presidente del consiglio).
Sempre per quanto riguarda la visibilità e l’effetto di semplificazione, i mass media usano
ridurre la competizione tra candidati o partiti a una corsa tra i pochi favoriti, dando loro più
importanza: grazie ai sondaggi, identificano i soggetti che hanno più possibilità di vincere e si
concentrano su questi. E’ il cosiddetto effetto “setaccio” (winnower), molto importante nelle
primarie USA e in quei paesi in cui si eleggono direttamente le alte cariche politiche.
NUOVI MEDIA E DEMOCRAZIA
La politica trova molti vantaggi nell’uso dei new media:
prima di tutto, la comunicazione politica telematica ha costi inferiori rispetto alle altre forme di
propaganda con i vecchi media (per la costruzione e gestione del sito, per l’invio di e-mail e la
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diffusione di materiali…). Le nuove tecnologie permettono di diffondere molte più informazioni
e con linguaggi multimediali; anche la velocità di diffusione e di aggiornamento delle
informazioni è un elemento cruciale per la comunicazione politica, soprattutto in campagna
elettorale. Tali informazioni, tra l’altro, possono essere diffuse senza il filtro della mediazione
giornalistica e il vincolo di notiziabilità dei messaggi massmediali.
La caratteristica principale delle nuove tecnologie, l’interattività, offre al messaggio politico la
possibilità di un dialogo on-line, di una discussione “da molti a molti” e anche di una
segmentazione del pubblico, con messaggi mirati e su tematiche specifiche.
Un ulteriore vantaggio delle nuove tecnologie è l’assenza di costrizioni spazio-temporali nella
fruizione (grazie ad apparecchiature sempre più miniaturizzate e mobili, l’utente è raggiungibile
quasi ovunque)
Per la politica, internet è prima di tutto uno strumento di informazione,
diffusione di materiale di propaganda
marketing
mobilitazione
networking
dialogo
Cittadinanza e internet
Entusiasmo di chi studia l’impatto dei new media sulla sfera politica.
Previsioni ottimistiche sul loro uso in senso democratico: “democrazia digitale”,
“teledemocrazia”, “cyberdemocracy”, “democrazia referendaria on line”.
Tre aspetti della democrazia elettronica: la partecipazione alle decisioni, l’espressione
dell’opinione o del voto, la dimensione comunitaria.
Accresciuta possibilità di informarsi e di partecipare al dibattito democratico: l’accesso alle
informazioni sulla politica e sull’amministrazione è più diretto e trasparente; gli strumenti di
dialogo on-line permettono di confrontarsi con altri cittadini su temi di interesse pubblico.
La rete, accorciando distanze e tempi di interazione, costruirebbe uno spazio virtuale di dialogo
e di confronto tra cittadini accessibile a tutti: nuova sfera pubblica, agorà.
Grazie alla rete si può consultare una grande quantità di cittadini in tempi brevi e con bassi costi:
nuove forme di sondaggio telematico (panel).
Partecipazione dei cittadini al processo decisionale: voto on-line, elezioni più frequenti
attraverso il computer e una carta magnetica.
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Secondo i fautori della teledemocrazia nel futuro si sostituirà la democrazia rappresentativa con
forme di democrazia diretta, in cui tutti i cittadini decidono senza intermediari sulle questioni
che li riguardano e non sono più necessarie assemblee di rappresentanti (un potere esercitato
direttamente dal popolo).
Quando si parla di “democrazia elettronica” si intende dunque una sorta di realizzazione
dell’ideale greco della polis. Si fa però anche riferimento a una sorta di città-comunità in cui si
tende al raggiungimento dell’uguaglianza politica e sociale tra i cittadini – concetto ripreso dalla
tradizione comunitarista americana (De Rosa). La rete consente infatti di rinsaldare i legami
comunitari, nell’attuale situazione di frammentazione e di dispersione.
Le migliori applicazioni delle nuove tecnologie alla politica sembrano essere quelle realizzate in
ambito locale.
Le principali finalità dei governi locali che promuovono le nuove tecnologie sono (Rodotà):
- la partecipazione più diretta dei cittadini a processi di consultazione e di decisione;
- il recupero dell’interesse dei cittadini in situazioni di declinante partecipazione politica;
- la trasparenza nell’azione amministrativa;
- l’accesso diretto a informazioni e servizi;
- la gestione diretta da parte di cittadini di attività o servizi;
l- a riduzione della discrezionalità amministrativa con accresciuta parità di trattamento dei
cittadini.
Le reti civiche
Mettono in relazione persone appartenenti alla stessa area geografica o città.
All’estero hanno avuto fin dall’inizio una duplice funzione: incrementare l’alfabetizzazione
informatica della popolazione e favorire la crescita di uno spirito democratico.
Anche in Italia le aspettative per questo genere di esperienza sono state molto alte: sviluppare
l’interattività tra cittadini e pubblica amministrazione e dare maggiore trasparenza a
quest’ultima, accrescere la partecipazione.
Una delle prime reti civiche in Italia, Iperbole della città di Bologna, ha come obiettivi: lo
sviluppo della teledemocrazia, la trasparenza amministrativa, il diritto all’informazione, la
distribuzione di servizi digitali, l’interattività con i cittadini per promuoverne la partecipazione
ai processi decisionali.
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Il progetto di “Democrazia Elettronica” di Iperbole “è nato dall'esigenza di rinnovare il rapporto
tra l'amministrazione e cittadini, facendo sì che questi ultimi partecipino attivamente alle
decisioni riguardanti la vita della città, in un clima di trasparenza amministrativa e di diffusione
dell'informazione”.
In Italia le città digitali sono promosse generalmente da: autorità locali (Comuni, Province,
Regioni), altre istituzioni (Università, Camere di Commercio), i privati (aziende o associazioni
di cittadini). I destinatari sono principalmente i cittadini e gli attori locali (realtà organizzate che
operano localmente), ma anche i turisti e altro pubblico internazionale.
I siti delle città digitali contengono: a) informazioni amministrative o procedurali per i cittadini,
organizzazioni, aziende (orari degli uffici, reperimento di documenti, certificati...); b) spazi di
comunicazione interattiva per il dialogo all'interno della comunità locale tra cittadini, istituzioni,
realtà organizzate: forum, chat, newsgrup; c) informazioni finalizzate alla promozione turistica
della città.
Prevale la dimensione informativa/istituzionale su quella relazionale. La comunicazione è
spesso unidirezionale. La sola possibilità di comunicazione a due vie non garantisce quindi che
vi sia un effettivo dialogo.
E’ l’amministrazione a dover per prima cambiare mentalità e disporsi al cambiamento: là dove
vengono attivati servizi che permettono un rapporto interattivo con i cittadini, dovrebbe esserci
anche uno sforzo per superare i ritmi lenti dell’amministrazione e per garantire un
aggiornamento delle informazioni fornite ai cittadini in tempo reale.
Le questioni aperte
La maggiore disponibilità di informazioni sulla politica non comporta automaticamente
un’aumentata capacità o una volontà di informarsi realmente e di gestire il cospicuo flusso
informativo. Avere molte più informazioni comporta una maggiore perdita di tempo, nonché il
rischio di non saper selezionare e trattare tanti dati.
Pericolo che le nuove tecnologie della comunicazione ripropongano il problema della
disuguaglianza.
L’accesso generalizzato alle informazioni politicamente rilevanti e la possibilità di esprimersi
attraverso i new media non sono sufficienti a semplificare e a rendere trasparenti i processi
decisionali, fatti di negoziazione e ricerca di equilibri.
La possibilità di una comunicazione interattiva tra cittadini e politici non viene sfruttata appieno
e la partecipazione dei cittadini è ancora limitata. Le istituzioni non hanno del tutto adeguato le
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proprie strutture all’interazione con i cittadini e legato le possibilità di comunicazione a processi
decisionali.
La possibilità di consultare direttamente i cittadini e di farli partecipare alle decisioni che li
riguardano presenta risvolti problematici. Come osserva Marletti, l’idea di “democrazia
referendaria” contrasta con le caratteristiche del processo decisionale: la democrazia richiede
tempo, ragionamento e negoziazione (non certo rese possibili dall’istantaneità, dalla riduzione
dei problemi a un sì o un no, dall’assenza di confronto che sono tipici del sondaggio on line). I
cittadini che prendono decisioni non sono poi sempre informati e competenti per potersi
esprimere sulle politiche pubbliche con continuità.
Gli strumenti di partecipazione e di dialogo, anche là dove vengono sfruttati e consentono una
reale interazione, non risolvono automaticamente il problema della scarsa motivazione e della
disaffezione dei cittadini per la politica: è questa, infatti, la motivazione più forte
all’introduzione delle nuove tecnologie nel campo della comunicazione politica, ma anche, per
ora, il principale nodo problematico non ancora sciolto.
Gli effetti dei media sulla sfera politica
Studio effetti della comunicazione politica segna la nascita della ricerca sugli effetti della
comunicazione di massa. Propaganda pro-bellica negli USA (I Guerra Mondiale) + tecniche di
persuasione naziste e fasciste = studi su manipolazione e persuasione attraverso i media (teoria
ipodermica).
Da allora il dibattito sul potere dei media e sull’efficacia della comunicazione politica nel
modificare le opinioni politiche e i comportamenti di voto non si è mai interrotto.
Acquisizioni delle varie teorie:
I media (e la comunicazione politica) sembrano più potenti nella prima fase della loro
introduzione.
I media hanno un’influenza maggiore nei periodi di crisi (mancanza punti di riferimento e
ricerca di informazioni, vd. Tangentopoli).
Il potere dei media varia in funzione delle altre istituzioni e agenzie di socializzazione di
massa. Oggi i cambiamenti nella struttura e nelle funzioni dei partiti (non solo per effetto della
comunicazione di massa, ma per le più vaste trasformazioni sociali) hanno trasferito sui media
parte della vita politica e dell’esperienza politica dei cittadini.
Si tende spesso a sovrastimare l’efficacia della comunicazione di massa per il bisogno
individuale di autostima: “effetto di terza persona” (vd élite politiche e mediatiche verso gli
elettori).
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•Fattori
di mediazione degli effetti della comunicazione politica
•Selettività
Gli individui devono selezionare i messaggi e i canali di comunicazione.
L’elettore è “pigro” e tende a risparmiare energie cognitive quando riflette sulla politica. Non
recepisce passivamente tutti i contenuti della comunicazione politica, ma li combina in modo
dinamico tra di loro e con informazioni e convinzioni che già possiede.
Le preferenze politiche orientano il consumo di comunicazione politica: gli individui
preferiscono cercare conferme alle proprie opinioni (riduzione della dissonanza cognitiva).
I messaggi che meglio superano le barriere dell’attenzione, della percezione e del ricordo
selettivo sono caratterizzati da una componente di novità e di sorpresa rispetto al resto della
comunicazione politica (es. Prodi 1996 e Berlusconi 2000).
•Livello
di elaborazione
Il modo in cui riceviamo e interpretiamo un messaggio persuasivo dipende dalla nostra
motivazione e dalle nostre capacità cognitive.
•Fonte
e scopo del messaggio
Gli individui tendono a resistere ai tentativi espliciti di manipolazione: reagiscono in modo
diverso se avvertono che la fonte della comunicazione sta cercando di modificare le loro
opinioni o che il messaggio non proviene da un emittente imparziale.
La comunicazione prodotta in prima persona dai politici (spot, manifesti, opuscoli,
dichiarazioni) ha un’efficacia minore di quella che viene prodotta dai giornalisti, e su cui i
politici possono esercitare un controllo molto meno stretto.
=> Buona parte degli sforzi di comunicazione dei politici è rivolta non verso gli elettori, ma
verso i media, attraverso le tecniche che con termine anglosassone sono dette di spin control.
Ricorso a testimonial..
•Interazione
con l’esperienza quotidiana
I cittadini sono in grado di utilizzare per le decisioni politiche informazioni che sono già state
acquisite, o perché frutto di esperienze passate, o perché tratte dalla vita quotidiana. S. Popkin:
l’informazione politica è un sottoprodotto di informazioni già acquisite, una forma di riutilizzo
intelligente. I cittadini sono più ricettivi a quelle informazioni che collegano la politica a
elementi rilevanti della loro vita quotidiana.
•Interazione
con la comunicazione interpersonale
Nella vita quotidiana la politica è presente soprattutto sotto forma di discussioni che avvengono
con le persone che ci circondano (vd studi della Columbia University).
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I rapporti interpersonali sono fondamentali nella socializzazione politica.
La comunicazione interpersonale integra e spesso filtra i messaggi veicolati dai mass media e
dai partiti.
•Importanza
delle attitudini pregresse e delle caratteristiche individuali
P. Converse (1964): la persuasione politica generata dalle comunicazioni di massa dipende da
un processo a due fasi: 1) esposizione al messaggio e 2) accettazione del messaggio da parte del
pubblico. W. McGuire (1968):
La probabilità di ricezione aumenterà all’aumentare dell’interesse per la politica (o per il
particolare argomento di cui tratta il messaggio in questione) e al crescere della capacità di
comprendere il messaggio politico. La probabilità di accettazione del messaggio varia invece in
modo opposto. Coloro che hanno maggiore competenza politica avranno con ogni probabilità
anche attitudini molto più solide e difficili da modificare, dunque difficilmente, in linea
generale, lasceranno che le loro opinioni vengano alterate da qualsiasi messaggio.
= Paradosso nell’opinione pubblica: coloro che sono più facilmente influenzabili sono anche
quelli che è più difficile raggiungere, mentre coloro che si raggiungono più facilmente quasi
sicuramente resisteranno al tentativo di persuasione. L’area dell’elettorato su cui la CP può
avere un impatto maggiore è dunque il centro dell’elettorato, inteso non come centro politico o
ideologico ma come insieme di elettori che hanno un interesse e una competenza politica medi,
né troppo alti né troppo bassi, che sono moderatamente semplici da raggiungere e da convincere.
•Principali
ricerche ed evidenze empiriche
Apprendimento
Dibattito piuttosto vivace: l’elettorato è in grado di acquisire informazioni politiche sufficienti
per effettuare scelte razionali? Dubbi: a) la qualità dei contenuti forniti dai media e dai
comunicatori politici; b) le capacità cognitive e la motivazione degli elettori
Le ricerche sull’apprendimento di informazioni politiche si sono focalizzate su tre aspetti:
1) la notorietà dei candidati (name recognition): la comunicazione politica ha un’efficacia
notevole nel far conoscere i candidati a una fetta significativa dell’elettorato.
2) la conoscenza dei principali problemi politici e dei programmi: difficilmente gli elettori
acquisiscono e analizzano tutte le informazioni teoricamente necessarie per formulare un
giudizio (ad esempio leggendo i programmi elettorali dei partiti in competizione), ma piuttosto
seguono delle scorciatoie informative che servono a farsi un’idea del problema utilizzando
informazioni e orientamenti che già possiedono e integrandole con i pochi dati acquisiti per
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l’occasione. I partiti e le ideologie hanno la funzione di scorciatoie informative in quanto gli
elettori li impiegano come schemi generali grazie ai quali formulare previsioni (meccanismo di
proiezione in quanto gli elettori proiettano automaticamente sui candidati e sui diversi partiti le
idee che si sono fatti in passato su di essi: le proposte e le posizioni politiche che si discostano
da queste immagini stereotipate dei partiti e delle ideologie incontrano una barriera cognitiva
nella tendenza degli elettori a ricondurle alle posizioni “standard”).
3) La personalità dei candidati: le informazioni su esse sono recepite e memorizzate più
facilmente delle informazioni che riguardano i programmi e i problemi politici.
Altro aspetto dibattuto: la capacità dei diversi media di informare efficientemente gli elettori.
Nel confronto tra tv e giornali la prima risulta più efficace nell’informare gli elettori su
argomenti nuovi e che non costituiscono oggetto di interesse preesistente, mentre i secondi
favoriscono un apprendimento maggiore in persone che sono già a conoscenza dell’argomento
trattato e provano per esso un certo interesse.
Le conoscenze politiche non sono distribuite uniformemente nell’elettorato.
Immagine del rombo: ad un vertice si trovano pochi elettori che dispongono di molte
informazioni, al centro una maggioranza di elettori che gode di un’informazione di livello
medio, nel vertice più basso una minoranza di elettori che sono quasi privi di informazioni.
Due grandi divari di conoscenza (knowledge gap): uno tra un’élite molto informata,
caratterizzata per la maggior parte da alto reddito, alta istruzione, elevato status sociale, e il resto
della popolazione; l’altro tra una sottoclasse, di dimensioni non trascurabili, di persone escluse
dal circolo delle informazioni politiche e la popolazione politicamente attiva e informata.
Speranze sono state riposte nella capacità delle NTCI di ridurre queste distanze: diversi studi
hanno dimostrato che in realtà tali divari tendono ad ampliarsi.
Il tema dell’informazione politica si collega al più vasto problema della cittadinanza
democratica: riflessione più ampia sui concetti di “buon cittadino” e “cittadino bene informato”.
Se l’ideale è quello del membro della polis che si mantiene aggiornato sui problemi e sui
programmi politici in modo da compiere scelte razionali, solo una ristretta élite corrisponde oggi
a quel modello.
Inoltre, il contributo dei media appare fortemente inadeguato: la copertura delle notizie è
secondo i critici insufficiente, troppo episodica, superficiale e parziale.
M. Schudson e J. Zaller: modello diverso di cittadinanza che dovrebbe consentire di adeguare le
aspettative alla realtà.
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Schudson: il buon cittadino non è colui che si informa su tutti i problemi, ma colui che
“monitora” la situazione (monitoral citizen) e si attiva solo nel caso in cui emergano problemi e
sia necessario un intervento.
Zaller: il ruolo dell’informazione per il cittadino medio dovrebbe essere paragonato a quello di
un antifurto (burglar alarm), che suona quando si presentano problemi importanti ma non
impegna il cittadino quando tutto è sotto controllo, lasciandolo comunque tranquillo sul fatto
che la situazione è tenuta sotto osservazione.
Aumenta la responsabilità dei media, che devono garantire che i “sensori” per questi allarmi
vengano collocati nei punti giusti.
Agenda setting
Sono più esposti all’effetto di agenda setting gli individui che possiedono meno conoscenze
politiche e i soggetti caratterizzati da quello che è stato definito “bisogno di orientamento”, che
sono cioè interessati alla politica ma non hanno opinioni ben definite su una questione.
La capacità dei media di influire sulle priorità dei cittadini è massima quando le notizie
presentate trovano riscontro nell’esperienza personale dei fruitori.
Fenomeno di issue ownership, di vantaggio di partenza di un partito o un candidato su un certo
tema. La issue ownership è un es. di come gli elettori utilizzano informazioni politiche che già
possiedono per compiere scelte alla luce delle nuove informazioni.
•Framing
Shanto Iyengar: framing episodico e framing tematico
•Priming
e persuasione indiretta
•Partecipazione
politica e fiducia nella democrazia
Trasformazione dei partiti e della tendenza generale al calo della partecipazione politica, specie
in termini di affluenza elettorale. Responsabilità dei media.
Es. “videomalessere” (media malaise) (P. Norris)
CONTROLLO
Tra i tanti temi possibili, scegliamo di trattare quello del controllo della comunicazione politica,
in quanto ci sembra cruciale e di grande attualità, viste le recenti polemiche.
In Italia la prima legge che disciplina le campagne elettorali è stata approvata nel 1956 e per 37
anni è stata l’unica. Nel 1993, la prima legge sulla comunicazione politica (n. 515) ha limitato
l’accesso dei politici ai media pubblici e privati (e le spese elettorali) e ha istituito il Garante
per la radiodiffusione e l’editoria. Nel 1994 il Garante ha vietato “le trasmissioni contenenti
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esclusivamente elementi di spettacolarizzazione, scene artificiosamente accattivanti anche per
la non genuinità di eventuali prospettazioni informative, slogan, inviti al voto non
accompagnati da un’adeguata presentazione politica di candidati e/o di linee”.
Nel febbraio del 1995 il disegno di legge del Ministro delle poste Gambino, trasformato in
decreto dal governo tecnico Dini, ha vietato la pubblicità nei 30 giorni prima del voto e ha
consentito la propaganda (con una sottile distinzione non sempre chiara tra pubblicità e
propaganda). Il decreto, reiterato 7 volte, ma non convertito in legge, è decaduto nel 1996.
La legge del febbraio del 2000, detta “sulla par condicio”, regolamenta gli spazi di dibattito e di
confronto politico offerti dai media anche al di fuori dell’elezione, seguendo il criterio generale
di assicurare a tutti i soggetti politici l'accesso all'informazione e alla comunicazione con
imparzialità ed equità; questa legge cerca anche di sistematizzare le forme del discorso politico
radiotelevisivo, attraverso l’individuazione di tre fattispecie valide in ogni momento, che
vengono disciplinate in modo diverso secondo il periodo preso in considerazione (elettorale o
non).
Le fattispecie di discorso politico valide anche in periodo non elettorale sono: l’informazione
politica, la comunicazione politica, i messaggi autogestiti.
- L’informazione politica comprende telegiornali e programmi d’approfondimento giornalistico
dipendenti dalle testate, quali inchieste, rubriche, ecc.: le regole sono “parità di trattamento,
obiettività, completezza e imparzialità”.
- La comunicazione politica è costituita da “tribune politiche, dibattiti, tavole rotonde,
presentazioni in contraddittorio di programmi politici, confronti, interviste e ogni altra
trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e di valutazioni
politiche”. La Rai e le emittenti private nazionali hanno l’obbligo di offrire gratuitamente
programmi di comunicazione politica, garantendo la parità di condizioni nell’esposizione delle
opinioni.
- I messaggi politici autogestiti sono spazi che “presentano la motivata esposizione di un
programma o di un'opinione politica” e che durano da 1 a 3 minuti in televisione e da 30 a 90
secondi alla radio.
I messaggi si differenziano dagli spot perché sono più lunghi e meno spettacolari, ma anche
perché non possono interrompere altri programmi: vengono trasmessi in appositi contenitori
automi.
Come si vede, gli spot sono vietati: la pubblicità televisiva è da sempre uno degli aspetti più
problematici quando si parla di comunicazione politica, ed è stata anche uno degli argomenti di
scontro in Parlamento al momento della discussione della legge. Il messaggio pubblicitario è
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ritenuto più persuasivo e quindi più “pericoloso” (per la sua spettacolarità e incisività), ma ci
sono anche altre obiezioni possibili: ... In effetti, in diversi paesi europei gli spot sono vietati: in
Francia, per esempio, dove la regolamentazione è molto rigida (ed è stata presa come modello
dalla legge italiana).
Recentemente l’Autorità garante ha deciso che per le emittenti private locali è possibile
trasmettere messaggi autogestiti brevi, che sono dei veri e propri spot: un’eccezione dovuta al
fatto che le piccole emittenti sono le più penalizzate dalla legge che vieta l’offerta di spazi
politici a pagamento.
La legge 28/2000 disciplina anche i messaggi politici elettorali su quotidiani e periodici: sono
ammessi solo annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze, discorsi e pubblicazioni destinate
alla presentazione dei programmi di liste o candidati. Infine, per la pubblicazione dei sondaggi
politici ed elettorali c’è l’obbligo, come si è detto, di indicare le modalità di realizzazione delle
ricerche.
La legge 28/2000 rappresenta la disciplina più completa nel campo della comunicazione
politica finora emanata in Italia, che riesce a regolamentare anche il periodo non elettorale.
Restano comunque ancora alcune criticità: per esempio, la difficoltà nel distinguere in modo
univoco i programmi di comunicazione politica e quelli di informazione, che pone problemi dal
punto di vista del controllo (perché solo i primi hanno regole precise e seguono la par
condicio). O, ancora, la carenza di strumenti offerti all’Autorità per imporre il riequilibrio delle
situazioni di disparità createsi in campagna elettorale, anche se la situazione è molto migliorata
rispetto al passato. Infine, costituisce un problema non facilmente risolvibile, per un Paese in
cui operano molte piccole radio e tv difficilmente controllabili una per una, il fatto che le
emittenti radiotelevisive locali abbiano regole differenti, che di fatto non impediscono la
diffusione di pubblicità politica
I problemi della regolamentazione.
Il recente dibattito.
Caratteristiche del dibattito televisivo.
Un vero e proprio evento mediale.
Perché da noi è particolare: la scelta dei contendenti; non c’è elezione diretta del premier;
La formula scelta.
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