focus
ffocus
di Gennaro Rocco*
* Presidente Collegio Ipasvi
di Roma, Direttore corso
di laurea in infermieristica
Idi-Irccs Roma
La testimonianza degli infermieri
Colleghi
di speranza
L’aver affiancato, nell’ambito del Congresso
Anmirs, ad argomenti di più stretta pertinenza
tecnico-scientifica le questioni e le problematiche
inerenti alla solidarietà umana e al dialogo
interreligioso testimonia, una volta di più, l’impegno
dell’ospedalità religiosa sul fronte di una sanità
intesa nel senso più completo del termine.
La presenza a questo con-
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fronto della professione infermieristica vuole
sottolineare come la necessità di testimoniare solidarietà indipendentemente dal credo
religioso, dalla razza e dalla cultura, sia dei medici, ma anche di tutti gli altri operatori sanitari. Degli infermieri in particolare.
Nei modelli organizzativi della sanità moderna e nella stessa realtà quotidiana dei nostri
ospedali, la gestione dei rapporti relazionali con
gli utenti è principalmente nelle mani degli infermieri. Rapporti attinenti non solo all’aspetto assistenziale in senso ristretto, ma anche e
soprattutto a quello interpersonale, di comunicazione profonda con la persona malata. Ne
discende l’impegno costante a raccogliere e
rispondere anche ai bisogni diversi da quelli
strettamente correlati alla cura, diversi ma non
per questo meno importanti e anzi determinanti per il successo della terapia. Insomma: la
cura della salute e non solo della malattia è la
mission primaria per la professione infermieristica. Lo è a maggior ragione nelle strutture
sanitarie che offrono un servizio particolare,
più completo, a chi si trova in una condizione
di sofferenza: gli ospedali religiosi, appunto. Gli
infermieri sono chiamati oggi a testimoniare
in prima persona la sensibilità verso questi
bisogni, ma anche ad agire e ad operare affinché nell’organizzazione del sistema sanitario e
dei servizi sia posta al centro la persona in quanto tale; non la patologia, ma l’uomo malato.
Su questo aspetto della professione gli infermieri italiani stanno compiendo un grande
sforzo organizzativo e prima ancora culturale.
È un percorso complesso, caratterizzato certamente da problemi e manchevolezze, ma
che, specie negli ultimi anni, fa registrare sostanziali progressi, anche in virtù di una figura
professionale profondamente mutata sul pia-
f
no normativo e su quello della formazione.
Gli infermieri italiani (lo hanno fatto da ultimo nel congresso nazionale della Federazione Ipasvi celebrato proprio a Roma nel settembre scorso) rivendicano orgogliosamente
un profilo di crescita professionale che forse,
in questi ultimi anni, non ha pari in Italia. E
non si tratta di un orgoglio vanesio, fine a se
stesso. Deriva piuttosto da
una condizione lavorativa
che si rivela nell’attività di
ogni giorno, costretta a misurarsi costantemente con
l’attualità sociale del nostro
Paese e dunque in continua evoluzione.
Si analizzano qui due aspetti salienti della domanda di
salute che arrivano oggi dalla popolazione: quella riferita alle persone anziane e
quella determinata dal processo di immigrazione.
È evidente che, su questo
doppio binario, la sanità
deve indirizzare la sua
riorganizzazione. Nei prossimi anni sarà fondamentale rispondere più adeguatamente ai bisogni di salute di
una popolazione anziana e multietnica; uno
scenario operativo complesso con cui tutti
noi presto dovremo confrontarci.
In questa chiave, il binomio rappresentato dagli
elementi tecnici e da quelli etici dell’assistenza sarà cruciale, determinante: sempre insieme, a completarsi in un’offerta di cura globale,
che non distingua l’aspetto fisiopatologico da
quello spirituale della persona.
È l’evoluzione demografica stessa che ci impone questo atteggiamento, se è vero che proprio gli anziani e gli immigrati manifestano la
necessità più stringente di solidarietà umana
e di dialogo interculturale.
Gli infermieri stanno lavorando in questa direzione con numerose iniziative di sensibilizzazione e informazione della categoria. Forti
anche di un’esperienza internazionale consolidata che vede gli infermieri italiani in prima
fila nel campo dell’assistenza alle genti colpite
da calamità, epidemie, guerre, nei Paesi del Terzo e Quarto mondo, nelle missioni religiose,
nelle organizzazioni di volontariato, stanno ad
esempio elaborando un opuscolo informativo da distribuire a tutti gli infermieri, che fo-
calizza la necessità di erogare l’assistenza rispettando gli usi, i costumi, i principi alimentari e le esigenze spirituali degli immigrati.
Aspetti, questi, a cui occorre dedicare la massima attenzione, a cominciare dalla ritualità
dei diversi credo religiosi: dagli orari delle preghiere alla percezione del concetto di privacy, molto variegata in relazione alla cultura
di provenienza.
Tutti verifichiamo con i nostri occhi che tanti
ospedali sono in realtà organizzati più sulla base
delle esigenze della stessa struttura che non
sulle necessità dell’utente. Il tempo che viviamo ci impone di cambiare, di rovesciare la
prospettiva. Ci vuole dunque uno sforzo ulteriore anche sulla revisione dei modelli organizzativi delle nostre strutture sanitarie, di
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della figura
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nel novero
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quelle religiose in particolare. L’ospedalità religiosa può e deve sfruttare in questa direzione il vantaggio che le deriva dalla sua stessa
storia, dai principi di solidarietà e di spiritualità che la ispirano e che ne compongono l’essenza. Può rappresentare, perciò, una forza
trainante nei confronti di altre strutture sanitarie, laiche, pubbliche e private, e costituire
per queste un riferimento preciso, un modello
virtuoso da imitare.
Ecco che, per la sanità religiosa il peso della
responsabilità sociale raddoppia. Ma non per
questo spaventa i suoi operatori, per i quali
l’obiettivo della cura globale della persona è
alla base di una scelta professionale che è di
per sé una scelta di vita.
La nuova figura dell’infermiere tracciata dall’attuale quadro normativo è centrale in un
sistema come quello fin qui accennato.A questa è affidata una grande potestà autoorganizzativa e la prerogativa di stabilire processi di
assistenza in completa autonomia. Processi
che devono ispirarsi ai valori fondanti dell’etica
e della deontologia professionale.
Il punto è: come farlo?
La proposta che gli infermieri si sentono
avanzare è necessariamente diversificata e
multidisciplinare. Coinvolge tutta la professione infermieristica, dai suoi organi istitu-
zionali rappresentativi alle unità operative, ai
colleghi impegnati nella formazione e nell’attività di ricerca.
Gli strumenti su cui stiamo lavorando sono
dunque diversi, con l’intento di aprire un dibattito fruttuoso nella nostra professione. Siamo agevolati in questo dallo spirito con cui i
giovani si avvicinano alla scienza infermieristica, con aspettative certamente nuove e assai
diverse rispetto al passato. Fondamentale diviene allora la testimonianza diretta e personale nei luoghi di lavoro. E poi l’investimento
nella formazione di base, specialistica e nell’aggiornamento continuo. In questo campo
abbiamo già capitalizzato una buona esperienza. I centri di formazione convenzionati con
le università dei nostri ospedali religiosi puntano proprio a trasmettere quei valori universali non nuovi per la nostra professione,
ma certamente rinnovati nella forza: quelli della
solidarietà e della fratellanza.
Il successo ottenuto dai master e dai corsi
post laurea fin qui attivati in materie come
l’etica del management in sanità testimonia
che la direzione intrapresa è quella giusta per
veicolare i valori in questione ai colleghi già in
servizio.
Un ruolo chiave in questo processo di trasmissione dei valori è recitato dalle associazioni di operatori sanitari, e in particolare di
infermieri, in primo luogo di quelle cattoliche.
Infine, gli enti istituzionali con cui occorre avviare una nuova stagione di rapporti e di collaborazione. La presenza della figura infermieristica nel novero degli ordini professionali e
un suo maggiore coinvolgimento nelle scelte
di politica sanitaria possono agevolare fortemente questo interscambio, nel segno comune dei valori universali della cristianità.
La legge attribuisce oggi nuove responsabilità
agli infermieri, con una libertà di agire ben più
ampia che in passato. D’altronde, è quanto gli
infermieri italiani hanno rivendicato per molti
anni, nel nome di una crescita professionale
completa e adeguata ai tempi. Ora che questa
è a portata di mano, non abbiamo più alibi per
tirarci indietro.
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