Anno II - Numero 178 - Martedì 30 luglio 2013 Direttore: Francesco Storace BERLUSCONI IN CASSAZIONE MENTRE SI PUNTA ALLA NUOVA LEGGE ELETTORALE CAMBIA TUTTO, TENIAMOCI PRONTI Per la comunità della destra italiana è tempo di decidere Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 SOTTO ACCUSA LA MANCATA REVISIONE 38 I MORTI DEL PULLMAN PRECIPITATO IN IRPINIA di Francesco Storace tare a guardare non ci è mai piaciuto. Ed è per questo che frustiamo, critichiamo, ci agitiamo. Da protagonista, una comunità di destra si è scoperta improvvisamente marginale, divisa, a tratti inadeguata. No, non va bene, mentre il mondo attorno a noi scandisce una tempistica che su noi comunque influirà. Oggi si comincia col nuovo rito della Cassazione. E tutti a fare i loro pronostici, manco fosse la schedina. Vada come vada, è il passaggio da un'epoca all'altra, mi riesce difficile immaginare un altro giro con Berlusconi candidato premier. Tocca ad altri. Comunque. Nei prossimi mesi, entro l'autunno, comunque anche in questo caso, accadrà qualcosa da cui non potremo prescindere. Ci sarà - e anzi dovremo tifare perché il Parlamento ce la faccia - la nuova legge elettorale. Il Porcellum non è davvero più commestibile e comunque non conviene alla destra italiana. Con la logica del due per cento - e vale persino arrivare per primi sotto soglia - ti leghi vita natural durante ad alleanze che non discutono i contenuti perché conta, se ce la fai, la sola sopravvivenza; e, ancora peggio, la tentazione più forte è quella di mettere su bottega per raggiungere da soli il risultato. Mai più. Si parla di correttivi all'attuale legge elettorale, tra cui lo sbarramento al 5 o addirittura al 6 per cento. Dal male può nascere il bene, si dice al sud. Se varano una legge del genere, saremo tutti - a S Controlli raddoppiati Italiani spiati ad ogni movimento. Di conto corrente isco sempre più spione, italiani sempre più tartassati: secondo quanto riporta il Sole 24 ore, è cresciuto infatti addirittura del 65%, in appena due anni, il numero dei contribuenti per i quali l'Agenzia delle Entrate ha utilizzato indagini finanziarie a supporto dei ‘normali’ accertamenti. Insomma, il numero dei controlli di fatto è più che raddoppiato. E, come se non bastasse, ci si mette anche la Guardia di Finanza. Le indagini finanziarie delle Fiamme gialle sono infatti aumentate del 43% tra il 2011 e il 2012. Tutto questo mentre alle porte bussa la nuova super anagrafe dei conti correnti: per ogni operazione, gli intermediari devono inviare alle Entrate i dati dei saldi iniziali e finali e gli importi totali delle movimentazioni annue. Tutti i dati saranno poi caricati in una "black list" dove compariranno i contribuenti a rischio evasione. L'attivazione del nuovo archivio è prevista per la fine dell'anno. F Oggi il D-Day del Cav davanti ai giudici di Piazza Cavour Federico Colosimo e Micol Paglia a pag. 3 destra - costretti a guardarci negli occhi e a smetterla con atteggiamenti di superiorità. Ne abbiamo bisogno come il pane di unità. Discutere, discutere e discutere e alla fine decidere la forma, i contenuti, e poi la leadership con una grande mobilitazione nel nome della democrazia. Per fare tutto questo bisogno parlarsi e l'ho detto ieri ad Alemanno, il quale prima o poi comprenderà che cosa intendiamo noi con la voglia di creare una destra competitiva soprattutto perché unitaria e poi porsi il problema delle alleanze. Quando vorrà, lo dirò anche alla Meloni. Ad Alemanno ho chiesto di spiegare che cosa propone senza infingimenti anche in un articolo per il nostro Giornale d'Italia. I documenti promossi da esponenti politici servono a radunare truppe. Il nostro quotidiano può essere utile al confronto fra tutti. Basta volerlo. E magari dandoci appuntamento attorno a un tavolo. Ormai ce lo chiedono tutti. U n chilometro contro il guardrail, un tentativo di frenata inutile e poi un salto di trenta metri. Uno schianto che è stato fatale finora per 38 persone. Dieci invece stanno ancora lottando tra la vita e la morte. È il tragico incidente che domenica sera ha coinvolto un autobus sulla A 16 a Monteforte Irpino (Av) nei pressi del viadotto Acqualonga. A bordo anziani, adulti e bambini che da Telese Terme, in Provincia di Avellino, e La prima usa lo ‘ius soli’ per scalare Sel, l’altra per affermarsi con i media Boldrini-Kyenge, coppia mediatica. E politica di Igor Traboni C ecile Kyenge chiama, Laura Boldrini risponde. Oppure, invertite l’ordine dei fattori, tanto il prodotto non cambia. Ieri la presidente della Camera è tornata a tirare la volata alle iniziative della ministra italocongolese. Ma soprattutto, ad arrampicarsi sempre un po’ di più sugli specchi e sulle specchiere (“Chi è la più bella del reame politico?”). E sul palco dei vertici Sel: oramai non è più un mistero per alcuno che la Andrea Riccardi in gonnella miri pure lei ad un ruolo partitico. E quindi a scalare i vertici di Sel, magari con poca gratitudine verso Nichi Vendola che pure l’ha paracaduta alla presidenza di Montecitorio. Il prossimo passaggio è fissato giusto tra un paio di giorni: la signora Boldrini andrà a Bologna in rappresentanza del governo, alla commemorazione della strage della stazione. L’appuntamento che ogni anno dà la stura a contestazioni di ogni tipo. Ma stavolta, secondo il tam tam che filtra sui social network, nessuno dirà nulla perché sulla Boldrini non si può. O comunque, vigerà la regola del silenziatore. Tornando all’accoppiata tutta al femminile, la Boldrini ieri ha rincarato la dose in merito alla legge sulla cittadi- 29 luglio 1900 Roma nanza: "E’ sempre più necessaria per restare al passo con i cambiamenti già avvenuti nella societa' italiana". Sembra di sentire, a parte l’inflessione marchigiana, la signora Kyenge. A proposito della quale, la Boldrini si è profusa in salamelecchi, dicendo che “va ammirata per la compostezza, l'ironia, la misura utilizzate nel replicare alle offese ricevute anche da figure istituzionali". Ma che sia in atto una offensiva niente male, con un accerchiamento politico e mediatico sulla questione della legge di cittadinanza, è fuori discussione. Sempre ieri, ad esempio, sono arrivate anche le forti affermazioni di Filippo Bubbico, non proprio l’ultimo dei governanti, visto che nell’esecutivo Letta-Alfano ricopre il ruolo di viceministro, con delega all’Interno. E che sembra avere anche lui imparato a menadito la strofetta di madame Cecile: “Un bambino figlio di immigrati che fa le nostre scuole deve potersi sentire italiano. Dunque, avanti con lo ius soli”. E qui, gatta ci cova: Bubbico indica la linea d’azione del governo? Oppure parla per se? Nel primo caso – che pare verosimilmente il più probabile- qualcuno dovrebbe comunque ricordare al parlamentare lucano che al governo non ci sono lui, la Boldrini e la Kyenge. Val di Susa Quando Bresci uccise I Muse accusano: No-Tav accusati Re Umberto I° a Monza tangenti per il concerto di terrorismo Emma Moriconi a pag. 5 Bruno Rossi a pag. 7 Gustavo Lidis a pag. 8 Calcio-scommesse Per Mauri forse solo omessa denuncia Paolo Signorelli a pag. 11 dopo aver fatto tappa a Pietralcina nella terra di Padre Pio, erano diretti nel capoluogo campano. Ancora da accertare le cause della tragedia, sulla quale la procura di Avellino ha aperto un’inchiesta ipotizzando il reato di omicidio colposi plurimo e quello di disastro colposo. Sotto accusa anche la mancata revisione del mezzo. Il Consiglio dei ministri ha intanto proclamato per oggi una giornata di lutto nazionale. Barbara Fruch a pag. 9 STRAGE DI SANTIAGO Il macchinista folle in libertà vigilata l macchinista del treno deragliato mercoledì a Santiago di Compostela, dopo l’incriminazione per "79 casi di omicidio per imprudenza", è stato rilasciato. Francisco José Garzon, che era in stato di fermo, ieri è stato rimesso in libertà poiché il magistrato ha stabilito che "non esiste pericolo di fuga né di distruzione delle prove". Al macchinista è stato ritirato il passaporto e la licenza di conducente per sei mesi. Carola Parisi a pag. 6 I VATICANO Il Papa: lobby da combattere, dai gay allo Ior utte le lobby vanno combattute, ad iniziare da quella gay e passando per quelle finanziarie. Lo ha sottolineato Papa Francesco, conversando con i giornalisti ieri di ritorno dal Brasile. “Il problema – ha sottolineato il Pontefice argentino - è fare lobby e questo vale per questo come per le lobby gay, d'affari, le lobby politiche, le lobby massoniche”. Il Papa è poi tornato sulla necessità di riformare lo Ior ed è tornato a dire il suo ‘no’ al sacerdozio femminile. A pag. 2 T 2 Martedì 30 luglio 2013 Attualità DI RITORNO DAL BRASILE, IL PONTEFICE HA AFFRONTATO I TEMI DELLA PIÙ STRETTA ATTUALITÀ. SENZA NASCONDERSI DIETRO A UN DITO Il Papa: no alle lobby, da quella gay allo Ior L’Istituto verrà riformato, così come la Curia – Le donne sono una ricchezza per la Chiesa, “ma niente sacerdozio” di Igor Traboni D i ritorno da Rio de Janeiro, stanco ma felice per le intense giornate assieme ai giovani di tutto il mondo, Papa Bergoglio ha conversato a lungo con i giornalisti, su tanti temi e tutti di stretta attualità. Come al suo solito, ha usato un linguaggio franco e immediato, senza nascondersi dietro ad un dito. A partire dallo spinosissimo caso dello Ior: LA VICENDA IOR - “Pensavo di trattare la questione l'anno prossimo – ha detto il Papa argentino - ma l'agenda è cambiata per i problemi da affrontare a voi ben noti. Come riformarlo e sanare ciò che c'è da sanare? Ho nominato una commissione «referente». Non so come finirà lo Ior: alcuni dicono che sia meglio avere una banca, altri che servirebbe un fondo di aiuto, altri ancora dicono di chiuderlo. Mi fido del lavoro delle persone dello Ior e della commissione che stanno lavorando per questo. Non saprei dire come finirà: si prova, si cerca. Ma di certo qualsiasi cosa diventerà lo Ior, ci vuole trasparenza e onestà”, ha puntualizzato il Pontefice. LA CURIA DA RIFORMARE E IL CASO SCARANO - Il PapaChe ha parlato anche di altre vicissitudini finanziarie che stanno riguardando il Vaticano e, in particolare, la Curia romana con le sue gerarchie: “Ci sono santi in Curia, vescovi, preti e laici, gente che lavora. Tanti che vanno dai poveri di nascosto o che nel tempo libero vanno in qualche chiesa e esercitare il ministero. Poi c'è anche qualcuno che non è tanto santo e questi casi fanno rumore perché, come sapete, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. A me provoca dolore quando accadono queste cose. Abbiamo questo monsignore (il riferimento è a Nunzio Scarano, contabile dell'Apsa, arrestato nei giorni scorsi che è in galera. Non è andato in galera perché assomigliava alla beata Imelda! (uno stinco di santo, ndr) Credo che la Curia è un po' calata rispetto al livello che aveva un tempo, quando c'erano alcuni vecchi curiali fedeli che facevano il loro lavoro. Abbiamo bisogno del profilo dei vecchi curiali. Se c'è resistenza, ancora non l'ho vista. È vero che non ho fatto tante cose, ma ho trovato aiuto, gente leale. A me piace la gente che mi dice: "Io non sono d'accordo". Questi sono i collaboratori leali. Poi ci sono quelli che davanti a te dicono su tutto "che bello", e poi magari quando escono dicono il contrario. Ma di questi non ne ho ancora trovati”, ha precisato il Papa. LE ACCUSE A MONS. RICCA - Bergoglio ha parlato anche del caso di monsignor Ricca, il prelato dello Ior chiamato in causa per una presunta condotta scandalosa, con frequenze omosessuali quando era in Uruguay: “Ho fatto quello che il Diritto canonico indica di fare: una investigazione previa. Non è stato trovato nulla di ciò di cui veniva accusato. Non abbiamo trovato niente! Tante volte nella Chiesa si vanno a cercare i peccati di gioventù e poi si pubblicano. Non stiamo parlando di delitti, di reati, come gli abusi sui minori che sono tutt'altra cosa, ma di peccati. Ma se una persona laica, o prete o suora ha commesso un peccato e poi si è convertita e si è confessata, il Signore perdona, dimentica. Tante volte penso a San Pietro che ha commesso il peccato più grave, ha rinnegato Cristo. Eppure lo hanno fatto Papa. Però ripeto, su monsignor Ricca non abbiamo trovato niente”. NO AL SACERDOZIO FEMMINILE - Stimolato dai cronisti sulla possibilità, a dire il vero assai remota, che proprio lui possa aprire al sacerdozio femminile, il Papa ha detto: “Una Chiesa senza le donne è come il collegio apostolico senza Maria. Il ruolo delle donne è l'icona della Vergine, della Madonna. E la Madonna è più importante degli apostoli. La Chiesa è femminile perché è sposa e madre. Si deve andare più avanti, non si può capire una Chiesa senza le donne attive in essa. Faccio in esempio che non c'entra con la Chiesa: per me la donna del Paraguay è una donna gloriosa. Non abbiamo ancora fatto una teologia della donna. Bisogna farlo. Per quanto riguarda l'ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e ha detto no. Giovanni Paolo II si è pronunciato con una formulazione definitiva, quella porta è chiusa. Ma ricordiamo che Maria è più importante degli apostoli vescovi, e così la donna nella Chiesa è più importante dei vescovi e dei preti”. LA LOBBY GAY - Il Papa venuto da lontano non si è sottratto neppure alle domande sulla presunta lobby gay in Vaticano: “Si scrive tanto della lobby gay. Io finora non ho trovato in Vaticano chi ha scritto "gay" sulla carta d'identità. Bisogna distinguere tra l'essere gay, avere questa tendenza, e fare lobby. Le lobby, tutte le lobby, non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore con buona volontà, chi sono io per giudicarlo? Il problema non è avere questa tendenza, il problema è fare lobby e questo vale per questo come per le lobby d'affari, le lobby politiche, le lobby massoniche”. CATTOCOMUNISMO E’ morto Tonini, il cardinale rosso sodale di Biagi iumi di parole ieri sui giornali per la morte del Cardinale Ersilio Tonini, scomparso domenica mattina a 99 anni. Con gran parte della stampa tesa nella solita operazione di ‘incensare’ la Chiesa rigorosamente rossa. E di buttarla a mare ogni qualvolta parla invece di valori non negoziabili, vita, famiglia. Con Tonini sono andati sul velluto, visto che il Cardinale non ha mai risparmiato peana a favore della sinistra. Giornalista, scrittore, filosofo. "Sono un nomade in viaggio per capire il nostro tempo'', diceva di se stesso. E fu lui a spiegare in tv "I dieci comandamenti all'italiana" nella trasmissione con Enzo Biagi nel 1991. E proprio in difesa dell'amico giornalista tuonera' poi contro il cosiddetto "l'editto bulgaro" pronunciato da Berlusconi, che secondo la vulgata di sinistra segno' l'allontanamento dalla Rai di Luttazzi, Santoro e dello stesso Biagi. Intervenendo nella trasmissione "Annozero", Tonini disse: "Lo hanno ucciso. E' stato un ostracismo. Enzo Biagi dava fastidio, non era utile ed e' stato cacciato". "Biagi non e' stato solo un uomo della tv, ma anche una persona che ha combattuto per la giustizia e la liberta', un uomo di una schiettezza piena. Non si possono trattare gli uomini come pezzi da giocare". Del resto, Tonini è stato uno dei tanti uomini di Chiesa a cui è piaciuto non poco aparire in tv, per rappresentare una Chiesa marcatamente di sinistra. Al settimanale Panorama, nell'agosto del 1989, condannò - di fatto accettando questa definizione per sé - il termine 'cattocomunista', dichiarando: "Se c'è una parola che mi infastidisce è questa. Cattocomunista è una parola brutta, un'offesa priva di carità". I.T. F “I sacrifici ci porteranno alla terra promessa”. Poi annuncia altre liberalizzazioni, ma ad ottobre Letta si sente ‘messia’. E rimanda ancora Soliti tentennamenti: “Dopo l’estate faremo il punto dei rapporti con il Parlamento” Deve essere chiaro che i sacrifici non sono sacrifici fini a se stessi, non sono l'obiettivo, ma lo strumento per arrivare alla terra promessa'', ha detto il premier Enrico Letta, parlando questa mattina in una conferenza stampa assieme al greco Samaras. Letta ha poi aggiunto: "La terra promessa verso cui tendere è fatta di stabilita', crescita e occupazione'' Oltre a sentirsi il... messia, Letta ha preannunciato che ad ottobre il governo presenterà un Piano - l'ennesimo di questi anni - per le liberalizzazioni. Ma ancora una volta l’ex vicesegretario del Pd ed ex uomo di punta “ T della Democrazia Cristiana, non ha sentito la sua fama di temporeggiatore, visto che subito dopo ha aggiunto: “A proposito delle liberalizzazioni, ora non sono in grado di dire che cosa e quanto. Non voglio dare adito a speculazioni: ci lavoreremo fra agosto e settembre". Tra l’altro, Letta è sempre più convinto di essersi insediato solo ieri, al massimo l’altro ieri: “Siamo all'inizio della legislatura – ha detto con la solita sicumera il premier pisano - Finita l'estate faremo una messa a punto dei meccanismi di raccordo del rapporto tra Governo e Parlamento, raccordo che e' decisivo" Per quanto riguarda l'incontro con il premier greco Antoni Samaras, Letta ha detto che sulla Grecia l'Europa negli anni passati ha compiuto forti errori, con strumenti e tempi sbagliati e questo ha fatto si' che la crisi si avvitasse, provocando in tutta Europa maggiore crisi finanziaria e maggiore disoccupazione. Per Letta "se l'atteggiamento dell'Ue verso la Grecia all'inizio fosse stato diverso ci sarebbe stato minore disoccupazione e minore impatto della crisi finanziaria". Poi Letta l’ha buttata sullo… storico, cercando di salvare capra e cavoli per Italia e Grecia. Del genere: mal comune, mezzo gaudio: ''Proprio l'occasione delle due presidenze, greca e italiana, dell'anno prossimo in Unione Europea e' l'occasione di dimostrare che l'Europa e il futuro dell'Europa sono legati alla capacita' che due Paesi dalle tradizioni millenarie che hanno dato il loro dna alla cultura europea non sono due Paesi del passato ma due Paesi del futuro''. Dopo “Cucine Berloni”, gli asiatici si impossessano pure dell’abbigliamento sportivo renta settembre: la “Sergio Tacchini” cesserà le sue attività nel Paese. Continua senza sosta l’inesorabile smantellamento del Made in Italy. A mettere le mani definitivamente sulla storica azienda, con oltre 50 anni di esperienza alle spalle nell’abbigliamento sportivo, il colosso della “Hembly International Holdings”; mentre la “Wintex” si occuperà della valorizzazione del marchio. Una parabola discendente: già nel 2007, per via della crisi, il gruppo asiatico intervenne per salvare la società italiana, che all’epoca sfiorava i 70milioni di euro di debiti. Una manovra insufficiente che necessitò di un’ulteriore boccata d’ossigeno: la H4T - una holding cinese che fa capo al presidente del gruppo “Hembly”, Billy Ngok - siglò un accordo L’Italia saluta un’altra azienda dal passato glorioso. Nel tennis, la Tacchini mise fine all’era delle cosiddette divise “all white”. Grandi atleti furono testimonial del marchio italiano: da Jimmy Connors a Mc Enroe. Rabbia e rassegnazione tra i dipendenti. “E’ accaduto quanto avevamo temuto, la cancellazione di quello che – ha spiegato il responsabile del settore tessile della Cisl di Novara, Domenico Turri - era un tempo la linea produttiva della Sergio Tacchini”. “La cessione ad una finanziaria cinese – ha aggiunto il sindacalista - ha visto ridurre ai minimi termini la produzione in Italia, sino al totale trasferimento all’estero”. In pochi giorni, dopo le “Cucine Berloni”, l’Italia dice addio anche alla “Tacchini”. Anche la Tacchini ai cinesi Dal 30 settembre l’azienda cesserà tutta la produzione in Italia di Giuseppe Sarra di fornitura con la Tacchini. Nel 2012, però, altra battuta d’arresto. La spa è stata costretta a smettere la produzione nello storico stabilimento di Caltignaga, dove era iniziata l’avventura del tennista. Poi, la “rivoluzione” societaria. La nuova proprietà, infatti, ha già dato il via libera al trasferimento della sede di Bellinzago, dove peraltro erano rimasti solo il settore amministrativo e commerciale. 3 Martedì 30 luglio 2013 Attualità NEL POMERIGGIO LA CASSAZIONE (MA IL VERDETTO POTREBBE “SLITTARE” A DOMANI) DECIDERÀ LA SORTE DI SILVIO BERLUSCONI “Mediaset”: ultimo atto. Forse Gli “ermellini” dovranno stabilire se la condanna a 4 anni (e 5 di interdizione dai pubblici uffici) deve essere confermata, annullata o se debba essere modificato il capo d’imputazione. Sempre con un occhio all’impellente prescrizione di Micol Paglia rocesso “Mediaset”. Ultimo atto. Anzi. Processo “Mediaset”, ultimo atto? L’incognita è d’obbligo quando si parla delle beghe giudiziarie del Cav. L’unica certezza è che oggi è davvero il giorno “x” per Silvio Berlusconi. La Corte di Cassazione dovrà infatti stabilire che cosa ne sarà delle accuse (e delle sentenze di condanna) a carico dell’ex Presidente del Consiglio, al quale viene contestata una frode fiscale da 7,3 milioni di euro. Ma procediamo con ordine. Preambolo - I fatti risalgono al 2002-2003. Il Cavaliere avrebbe “truccato” i bilanci di Mediaset (senza però firmarli e senza che chi li ha firmati, cioè Fedele Confalonieri, sia imputato) in riferimento ad alcuni diritti tv negoziati all’estero, per la precisione in Egitto, con un ricarico del 50%. Grazie all’aiuto del produttore Frank Agrama che, secondo l’accusa, non sarebbe stato altro che una “testa di legno”, un prestanome che agiva in nome e per conto di Berlusconi stesso. La difesa del Cav. sostiene da sempre che Agrama sia invece a tutti gli effetti un intermediatore finanziario. La faccenda è complessa. Quindi P è bene partire dai punti fermi per capire quali possibilità ha, di fatto, difronte il Cav. La Cassazione dovrà decidere sulla base di una “doppia conforme”. Ossia, caso abbastanza raro, in cui sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno inquadrato la faccenda con le stesse coordinate: cioè svolgimento dei fatti e pena richiesta (4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, come misura afflittiva accessoria). In caso di conferma - Se gli “ermellini” dovessero confermare le sentenze precedenti, per Berlusconi arriverebbe la prima condanna definitiva della sua lunga ed oramai leggendaria epopea giudiziaria. Ovviamente, ça va sans dire, il Cav. non finirebbe in prigione. Avendo 76 anni (e dovendone compire 77 il prossimo 29 settembre) la legge prevede che gli vengano automaticamente concessi gli arresti domiciliari. Non solo, grazie all’indulto voluto da Clemente Mastella nel 2006, 3 dei 4 anni previsti dalla sentenza verrebbero condonati. La vera pena da scontare in toto (e per quella non ci sono Santi in Paradiso che tengano) è l’interdizione dai pubblici uffici che scatta in automatico per una condanna di questo tipo. Cinque anni in cui Berlusconi non potrebbe sedere su uno scranno parlamentare, decadendo –ovviamente- dalla carica di senatore. In questo caso, si potrebbe parlare di pena definitiva. Perché ad 81-82 anni davvero Berlusconi non potrebbe riproporsi come guida politica di qualsivoglia partito. Pdl o Forza Italia che sia. L’unica possibilità (e si tratterebbe di un “unicum” nella storia della Repubblica), il suo partito potrebbe ostacolare il voto sulla declaratoria di decadenza. Siccome si parla del Cav. nessuna possibilità dovrebbe sor- prendere. In caso di cassazione - Se la Suprema Corte scegliesse invece di accogliere uno dei cinquanta motivi di ricorso che hanno spinto il nuovo legale di Berlusconi, il professor Franco Coppi, ad impugnare la sentenza d’Appello, ci si troverebbe difronte a due possibili scenari. Una “cassazione” con o senza rinvio. Nel primo caso, gli “ermellini” rinvierebbero la decisione della questione nuovamente alla Corte d’Appello di Milano, per ridecidere il caso. Indicando nello specifico quale sia il punto della precedente decisione che deve essere rivisto. Il tutto (e cioè un nuovo secondo grado di giudizio ed eventuale nuova Cassazione) dovrà essere celebrato entro e non oltre settembre del 2014, quando scatterà la prescrizione per i fatti commessi nel 2003 (fra appena un mese e mezzo, invece, si prescriveranno i fatti commessi entro il 2002). In alternativa, la Cassazione potrebbe semplicemente annullare, senza rinvio. Scegliendo di scrivere la parola “fine” alle vicende del processo Mediaset. Assolvendo con formula piena l’illustre imputato. La terza via - Però, c’è sempre un però. E cioè esiste un’ulteriore possibilità. Quella della cosiddetta riqualificazione. Si tratta di un’ipotesi tutt’altro che remota e che prevedrebbe un cambio del capo di imputazione. Da frode fiscale, ad infedele dichiarazione (in sostanza, si passerebbe da un reato su base dolosa ad uno su base colposa). La Cassazione d’altro canto non potrà non tenere conto dell’assoluzione (in udienza preliminare, sic!) di Silvio Berlusconi nei due processi gemelli: “Mediatrade” e “Mediatrade Roma”. I quali poggiavano su un impianto accusatorio esattamente speculare a quello Mediaset. In caso di rinvio - Ultimissima carta che potrebbero giocare i legali del Cav. (o, in alternativa, quelli degli altri imputati) sarebbe il rinvio dell’udienza. Possibilità che potrebbe comportare il rischio della prescrizione per la parte di reato riferibile ai fatti del 2002. Staremo a vedere. Molto probabile è che si arrivi a sentenza soltanto domani, a causa della complessità e lunghezza di requisitorie e arringhe. Comunque vada, per Silvio Berlusconi, il 30 luglio è davvero il giorno del giudizio. Definitivo? Trent’anni di accanimento, ma fino ad ora i passaggi in giudicato sono pari allo zero Le vicende giudiziarie del Cavaliere dal 1983 ad oggi Dal presunto e mai accertato traffico di stupefacenti dalla Sicilia, al caso Ruby, passando per le accuse infamanti di concorso esterno in associazione mafiosa di Federico Colosimo ggi, per Silvio Berlusconi è il giorno del giudizio. Ma l’insistenza giudiziaria da parte degli inquirenti nei suoi confronti, parte da molto lontano. Il fondatore di Fininvest è stato indagato e/o processato ben 34 volte. Le condanne definitive? Zero. Per tanti motivi: per via di numerosissime assoluzioni, naturalmente, ma anche per declaratorie di prescrizione, amnistie e depenalizzazione dei reati contestati. Fatto sta che il leader del Pdl, volenti o nolenti, dai processi penali ne è uscito praticamente sempre da vincitore. Traffico di droga - Tutto ebbe inizio nel 1983, quando la Gdf, nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di droga, mise sotto controllo i telefoni di Berlusconi. Per i militari, l’imprenditore avrebbe finanziato un intenso traffico di stupefacenti - provenienti dalla Sicilia – sia in Francia che in altre regioni italiane. L’indagine non accertò nulla e 8 anni più tardi ecco arrivare l’archiviazione. Falsa testimonianza sulla P2 – Nel 1990, la prima condanna (inutile): la Corte d’Appello di Venezia lo dichiara colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici a proposito della sua iscrizione nella lista P2. Il reato, però, viene dichiarato estinto per intervenuta prescrizione (1989). Tangenti alla Gdf - Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Gdf per “ammorbidire” i controlli fiscali su quattro delle sue società (Mondadori, Mediolanum, Videotime, Telepiù). Dopo le condanne in primo e secondo grado, la Cassazione (nel 2001) assolve l’imputato Berlusconi per non aver commesso il fatto. G8 - Nel 1994, un altro avviso di garanzia (poi dimostratosi infondato) consegnato a mezzo stampa – sono passati 19 anni ma non è cambiato niente – O dal Corriere della Sera durante il G8 che si teneva a Napoli. Viganò e Verzellesi - Il 28 gennaio 1995, Berlusconi viene nuovamente iscritto nel registro degli indagati – perché accusato di falso in bilancio - nel processo “Viganò Verzellesi”. Il procedimento è stato archiviato (l’8 agosto del 2000). Tangenti a Craxi (All Iberian 1) – il 12 luglio 1996, il Cav viene rinviato a giudizio per i reati di finanziamento illecito e falso in bilancio. Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe versato illegittimamente 22 miliardi di lire al Partito Socialista Italiano guidato da Bettino Craxi (coimputato nel processo per il medesimo reato). Il denaro sarebbe partito da fondi occulti della società berlusconiana Fininvest per finire nei conti svizzeri del PSI. Il 17 giugno 1998, un mese prima della sentenza di primo grado, il processo viene diviso in due tronconi. Il processo All Iberian 1 si è concluso il 22 novembre del 2000, quando la Cassazione, confermando la sentenza d’appello (2 anni e 4 mesi di reclusione) ha dichiarato il proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione del reato (finanziamento illecito al PSI). All Iberian 2 – Berlusconi, nel banco degli imputati per falso in bilancio, viene assolto nel 2005 dal Tribunale di Milano perché il fatto non costituisce (più) reato. Processo Lentini – il Cav, accusato anche qui di falso in bilancio (nel 1995), viene prosciolto per intervenuta prescrizione. Medusa cinematografica – Incolpato di comportamenti illeciti nelle operazioni d’acquisto della società Medusa, viene assolto (nel 2000) in appello con formula dubitativa. Terreni di Macherio - L’imprenditore, nei guai per l’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio, viene assolto dalle accuse di appropriazione indebita e frode fiscale (nel 1999) e salvato dall’amnistia per uno dei due falsi in bilancio contestatigli. Lodo Mondadori – Sospettato di aver corrotto i giudici di Roma durante le operazioni della Sme, rinviato a giudizio insieme a Previti e Squillante, viene assolto dal Tribunale di Milano (nel 2007). Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest - Nella bufera per aver indotto la Rai – da Presidente del Consiglio – a concordare i tetti pubblicitari con la Fininvest, la Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza, ha chiesto e ottenuto l’archiviazione. Tangenti fiscali sulle pay-tv – Accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l’Iva dal 19 al 4% sulle pay tv per ottenere rimborsi a favore, anche qui, i giudici capitolini hanno chiesto e ottenuto l’archiviazione. Stragi del 1992 e 1993 – Le procure di Caltanissetta e Firenze indagano sui cosiddetti “mandanti a volto coperto” delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini sull’eventuale ruolo di Berlusconi e Dell’Utri si concludono con un nulla di fatto. Mafia – La Procura di Palermo indaga sul Cavaliere per mafia: concorso esterno e riciclaggio di denaro sporco. Nel 1998 l’indagine viene archiviata per scadenza dei termini massimi. Telecinco – Berlusconi, accusato in Spagna di violazione della legge antitrust, frode fiscale e reati vari (quali riciclaggio di denaro), viene assolto nel 2008 dalla Corte di Cassazione iberica. Caso Saccà – L’ex premier, incolpato dai magistrati napoletani di aver corrotto l’allora presidente di RaiFiction, Agostino Saccà, rimedia l’ennesima archiviazione (nel 2009). Corruzione avvocato Mills – accusato di corruzione in atti giudiziari per aver pagato la falsa testimonianza di David Mills nei processi sulle tangenti alla Guardia di Finanza e All Iberian, viene prosciolto dal reato ascritto per intervenuta prescrizione. Voli di Stato – Le indagini si riferivano ad un presunto abuso nell'utilizzo degli aerei del 31º stormo dell’Aeronautica militare di stanza a Ciampino. Anche qui, nel 2009, ecco l’archiviazione. Innocenzi – Annozero – Per i pm di Trani, il Cavaliere “avrebbe esercitato pressioni sull’Agcom per arrivare alla chiusura di Annozero”. Il 31 gennaio 2013, ancora un’archiviazione. Ruby – in primo grado Berlusconi è stato condannato a sette anni di reclusione per i reati di concussione e prostituzione minorile, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per gli ormai celebri festini di Arcore. Unipol – Per le intercettazioni Fassino-Consorte, il Tribunale di Milano ha condannato l’ex premier ad un anno di reclusione per un articolo pubblicato da “il Giornale” (di cui il fratello Paolo è editore e proprietario). Laurea Di Pietro – Dopo che il Cavaliere ha più volte messo in dubbio la legittimità della sua laurea, l’ex pm lo ha querelato per diffamazione aggravata. La Cassazione, dopo che il Tribunale di Viterbo ha ritenuto non punibile Berlusconi, ha ordinato un nuovo processo. Corruzione De Gregorio – Il Cav è accusato dai pm di Napoli di aver corrotto (nel 2006) il senatore De Gregorio con 3 mld di euro per favorire il suo passaggio tra le fila del Pdl. Berlusconi è tutt’ora indagato. Per il leader del Pdl, la canzone “nessuno mi può giudicare”, di Caterina Caselli, è tutt’altro che appropriata. Meglio “come te non c’è nessuno” (in senso ironico), di Rita Pavone. 4 Martedì 30 luglio 2013 Anniversari La seconda parte dello speciale sulla turbolenta gioventù del Duce nell’anniversario dei 130 anni dalla sua nascita (29 luglio 1883) Benito Mussolini: il figlio del fabbro Dal 29 settembre 2013 al 31 maggio 2014 la prima mostra storica inedita sugli anni giovanili di Emma Moriconi omincerà il 29 settembre 2013 e si protrarrà fino al 31 maggio 2014 la prima mostra storica sugli anni giovanili di Mussolini presso la casa Natale del Duce a Predappio. Duecento le opere in mostra, molti gli inediti. È il Mussolini meno noto, quello che emergerà dall’esposizione: gli anni della gioventù, il socialismo, il legame con la sua terra. E’ il Mussolini uomo, quello sconosciuto ai più. Le opere provengono da collezioni private e archivi di Stato: lettere, cartoline, foto, articoli, opuscoli, ritratti di quello che diventerà uno dei personaggi più emblematici della storia d’Italia. La mostra, sottolineano gli organizzatori, non vuole né celebrare né denigrare, ma essere uno strumento per storici e pubblico per guardare Benito Mussolini da un’angolazione nuova e, appunto, inedita. Sono pezzi di una storia finora sommersa, quasi dimenticata, o volutamente marginalizzata dall’ostracismo e dalla demagogia. Dopo questa mostra, in programma una seconda esposizione dedicata al Mussolini interventista della Grande Guerra. Le irrequietezze giovanili Per Mussolini giornalista le querele non si contavano, e l’irrequieto Benito non placò le sue invettive politiche e giornalistiche (ma neppure la passionalità e l’ardore) nel rapportarsi con il gentil sesso: il suo repertorio di conquiste cresceva sempre di più. Tra le tante storie d’amore, più o meno intense e più o meno durature, dirompente fu la vicenda amorosa con l’istitutrice Ida Delser. Più grande di lui, si atteggiava ad intellettuale. Riferì la sorella Edvige, sul triste epilogo della storia: “al figlio C avuto da lei, Benito diede il suo nome. Passò, per il mantenimento del bimbo, un mensile alla madre; provvide a farlo educare … ma ella era sempre all’erta per incontrare mio fratello o Rachele: era pronta ad inveire con parole aspre … lettere insultanti, con maledizioni per i Mussolini tutti! … Ida Desler morì tristemente in una casa per alienati. Triste ed amara fu anche la morte del figlio nato dalla sua relazione con Benito …”. Nell’estate del 1909 venne condannato, per le polemiche giornalistiche, a cento corone di multa e otto giorni di prigione. E a settembre arrivò un altro ordine di arresto e di perquisizione personale e domiciliare, “procurando di evitare qualsiasi pubblicità per iscansare eventuali disordini”. Cesare Battisti si scagliò, due giorni più tardi, dalla colonne de Il Popolo, contro questa manovra, ma i suoi interrogativi non ottennero risposta. Intanto, l’istruttoria contro l’agitatore romagnolo procedeva velocemente. Fu processato a Rovereto e assolto, ma il suo arresto venne mantenuto: in carcere gli era stato notificato il decreto di sfratto “dai Paesi e Regni dell’Impero austriaco”. Rachele, ovvero “Chiletta” In questo periodo il giovane Mussolini alternava le lotte politiche alle passioni romantiche: come il padre, era ardente ma incostante. Quando conobbe Rachele Guidi, lei aveva 16 anni, ed era molto bella. Raccontò Edvige: “fu tanto pronta, dopo essersi innamorata di mio fratello, a seguirlo, quanto egli era stato pronto ad invaghirsi dei suoi capelli, dei suoi occhi, della sua persona. I due misero su casa insieme a Forlì, al numero 2 di via Merenda, ed ivi nacque la loro primogenita, che fu chiamata Edda Rosa Edvige”. La madre della giovane le con- sigliò prudenza. Lei, naturalmente, non la ascoltò, e Benito minacciò, con la pistola alla mano, di uccidere la donna e di suicidarsi se qualcuno si fosse frapposto alla relazione. La portò quindi con sé a Villa Carpena, e poi a Forlì. Alla fine del 1909 andò a dirigere il nuovo settimanale “Lotta di Classe”, e rifiutò l’aumento dello stipendio a 200 lire: “ la nostra Federazione è troppo giovane per cacciarsi sullo stomaco un simile onere finanziario”, disse. Il primo numero di Lotta di Classe uscì il 9 gennaio 1910. A chi gli suggeriva di ritagliare, per economizzare, articoli da altri giornali socialisti, rispondeva: “il giornale io lo scrivo: lo faccio con la penna, non con le forbici!” La testata è l’occasione per una lotta senza quartiere contro i proletari borghesi : “Forlì, che fu in passato città di forti entusiasmi, rimbecillisce a perdita d’occhio fra il ballo, lo sport, la lettura ricostituente dell’Amore Illustrato e la protezione della massoneria socialoide. Io propongo che si scambi lo stemma cittadino: al posto dell’aquila si metta un grande specchio e un imberbe ben pettinato che vi si rimira grattando una chitarra.”. L’ascendente che Benito Mussolini aveva sulle masse era qualcosa di eccezionale e di immenso: portò i socialisti della sua federazione a battaglie memorabili, preoccupando non poco gli avversari, che non gli risparmiavano violente invettive. Dopo la nascita di Edda, il padre morì improvvisamente: “scrivo queste poche righe con trepida mano non per essere una biografia o un elogio, ma semplicemente per deporre l’ultimo omaggio della mia devozione sulla tomba di mio padre e per aggiungere qualche documento alla storia dell’Internazionale romagnola. Nella foto, la casa natale di Benito Mussolini a Predappio Benito Mussolini … di beni materiali non ci ha lasciato nulla. Di beni morali ci ha lasciato un tesoro: l’Idea. Ed ora, dopo la sosta funebre, riprenda la Vita i suoi diritti e il suo cammino”. “Un certo Mussolini Benito che si esprime da autentico contadino” Il Congresso Socialista del 1910 fu la prima platea nazionale del futuro Duce. “Ha la parola il compagno Musolino”, disse il presidente. La gaffe lo innervosì e parlò in modo concitato e critico: “I socialisti non hanno capito nulla del conflitto di Romagna. Ci avete dato sempre una solidarietà piagnona, avete sempre parlato di fratellanza universale. Ma queste sono storie! Là si vive in piena rivoluzione, e voi continuate a non rendervene conto”. Goffredo Bellonci, per Il Giornale d’Italia, parlò di “un certo Mussolini Benito che si esprime da autentico contadino”. Ne rise, Benito, con la sorella Edvige: “Questo signor Bellonci non sa egli stesso quanto abbia colpito giusto!” Nella stessa cella di Pietro Nenni Rientrò a Forlì con la determinazione di fare una battaglia contro i “rivoluzionari in pantofole”, che attaccava anche i capi del Partito Socialista. Si schierò contro la guerra italoturca, mettendo insieme socialisti e repubblicani di Forlì e sabotando, nella manifestazione di sciopero generale, la linea Forlì-Mendola, con mucchi di sassi rovesciati sui binari. Gli scioperanti invasero la stazione per impedire la partenza dei richiamati alle armi: “Lo sciopero generale è, a Forlì, un’impressionante dimostrazione della potenza proletaria”, scrisse l’Avanti!. Il 14 ottobre 1911 venne arrestato, come il giovane repubblicano Pietro Nenni: per entrambi i capi d’imputazione sono resistenza alla forza pubblica, violazione della libertà dei richiamati sotto le armi, le- sioni personali a pubblici ufficiali, forzata chiusura di esercizi e di stabilimenti industriali, rottura e asportazione di fili telefonici. La pena fu di un anno di reclusione, ma uscirono in anticipo, nel febbraio del 1912. La scalata al Partito e all’Avanti! Il 14 marzo l’anarchico Antonio d’Alba attentò alla vita di Vittorio Emanuele III: tre deputati socialisti si unirono alle congratulazioni per lo scampato pericolo. Gli iscritti al partito protestarono, e fu convocato in anticipo il Congresso, nel quale Benito chiese l’espulsione dei tre “per gravissima offesa dello spirito e della tradizione socialista”. Stravinse: gli espulsi fondarono il Partito Socialista Riformista, altri restarono fuori dalla direzione, Treves cedette la direzione dell’Avanti al rivoluzionario Bacci. Dopo il Congresso, l’attenzione fu tutta sul giovane Mussolini. Il Corriere della Sera scrisse: “magro, aspro, che parla a scatti con sincerità, piace al Congresso, il quale sente di avere in lui un interprete dei suoi sentimenti”. Il Giornale d’Italia lo definì “capo degli intransigentissimi”. Prima della fine dell’anno, la Direzione del Partito affidò a Benito Mussolini la direzione dell’Avanti!. Portò in breve l’Avanti! dalle ventottomila copie alle centomila. Vivo, spregiudicato, denso, appassionava e travolgeva i lettori. Nel 1913 gridò la sua indignazione dalle colonne dell’Avanti! per le vittime tra gli scioperanti di Roccagorga, sostenendo il diritto di vendicarsi “non metaforicamente, con la scheda soltanto”, ma “uccidendo per non essere uccisi”: rinviato a giudizio, si difese con spavalderia e conquistò la corte. L’assoluzione fu un trionfo. Alle elezioni del 1913 accettò la candidatura per il Collegio di Forlì, ma ne uscì sonoramente sconfitto: “nemo propheta in patria” commentò ridendo. La lotta non si sarebbe fermata. Il distacco dai compagni socialisti e il Popolo d’Italia Alla fine del 1914 Benito Mussolini diede un sonoro cambio di rotta alla sua politica: “L’ostilità del mio partito alla guerra non è assoluta. Essa certamente cesserà nel caso in cui l’Italia dovesse schierarsi con il blocco dei Paesi dell’Intesa”. È la frase che gli fruttò l’appellativo di “uomo di paglia” da parte dell’anarchico interventista Massimo Rocca. Il 19 ottobre il fondo del direttore dell’Avanti! titolava: “dalla neutralità assoluta alla neutralità operante”. Il Partito non gradì: il direttore dell’Avanti! Prese congedo. Il 15 novembre nelle vie e nelle piazze di Milano i venditori ambulanti di giornali urlavano: “Il Popolo d’Italia!”. Il ribelle di Predappio non si era arreso, e titolava: “Audacia”. Due mesi dopo i Fasci d’Azione Rivoluzionaria fondati da Mussolini contavano 5000 aderenti sparsi per il Paese: “io penso che qualcosa di grande e di nuovo può nascere da questi manipoli di uomini che rappresentano l’eresia ed hanno il coraggio dell’eresia. Oggi è la guerra. Domani sarà la Rivoluzione”. Il 31 agosto 1915 giunse la cartolina-precetto. Il 2 settembre era già al fronte: il Popolo d’Italia pubblicò via via il suo diario di guerra. Le sorti della Grande Guerra e l’epopea fiumana sono fatti noti. La rivoluzione fascista e l’ascesa di Mussolini, alla fine degli anni Dieci, erano ormai inarrestabili. Il 23 marzo 1919, nel circolo di Piazza San Sepolcro a Milano, si gettarono le basi del Fascismo. Il 15 aprile i Fasci di Combattimento erano già 82, i fascisti 14.000. Il 28 ottobre del 1922 le camicie nere marciarono su Roma. Il giorno successivo il capo del Fascismo riceveva dal re l’incarico di costituire il nuovo Gabinetto. Il figlio del fabbro era diventato il Duce d’Italia. 5 Martedì 30 luglio 2013 Anniversari Un'Italia divisa a metà decreta la morte del sovrano. La mano omicida di Gaetano Bresci stronca la sua vita 29 luglio 1900: l'assassinio di re Umberto Le ultime ore del "re buono", il clima avvelenato dall'anarchia e le esequie: l'inizio del nuovo secolo segnato dal sangue - Ecco un’altra pagina di storia troppo presto rimossa di Emma Moriconi l'inizio del nuovo secolo, l'età umbertina è al suo ventiduesimo anno. Re Umberto è amato e odiato: è così per tutti i capi. Si è conquistato l'appellativo di "re buono" per aver fronteggiato sciagure come l'epidemia di Napoli del 1884, quando si era prodigato personalmente nei soccorsi, e per aver abolito la pena di morte con la promulgazione del codice Zanardelli. Un pezzo d'Italia, invece, lo avversava pesantemente per il suo conservatorismo, per le repressioni dei moti popolari del 1898, e per aver insignito il generale Fiorenzo Bava Beccaris per la sanguinosa azione di soffocamento delle manifestazioni di Milano. L'Italia è divisa a metà: da una parte le forze conservatrici, dall'altra il proletariato oppresso. È questa l'Italia che condanna a morte Umberto I, per mano di un anarchico. È Quel 29 luglio È il 29 luglio, il primo del nuovo secolo: i conflitti mondiali ancora non hanno sconvolto il Paese, ma il clima è rovente e il divario tra le classi sociali comincia a rivelare la sua insofferenza. Fa caldo, in questa calda giornata d'estate, e il re in serata deve presenziare al saggio finale della società ginnica monzese "Forti e Liberi". Durante il giorno è andato a messa con la regina Margherita, la cugina che ha sposato il 22 aprile del 1868, e dopo aver pranzato ha riposato un po' e fatto una passeggiata nel parco. Dopo cena, nell'avviarsi al saggio, ha chiesto la carrozza scoperta. Fa caldo, anche di sera. Con il sovrano ci sono il generale Ponzio Vaglia, ministro della Real Casa, e il generale Avogadro di Quinto. In un'altra carrozza salgono il maggiore Marciani e due maestri di cerimonia. Sono le 22.30 quando il re scende dal palco, mentre la banda del paese intona l'ultima marcia reale per re Umberto I di Savoia. "Era molto tempo che non assistevo in mezzo al mio popolo a una dimostrazione di simpatia così cordiale" dice il re, pochi istanti prima di salire sulla carrozza. Umberto indugia qualche istante. Le tre detonazioni si mescolano con gli applausi scroscianti. C'è confusione, molti non si accorgono neppure che si è attentato alla vita del re. La prima rivoltellata colpisce il sovrano alla gola, la seconda al cuore, la terza va a vuoto. Nel precipitoso ritorno verso la Villa Reale Umberto I muore. Mentre la carrozza corre verso la reggia, in piazza l'attentatore viene circondato e preso a bastonate dalla folla che grida: "a morte! A morte!" Lo salvano le forze dell'ordine, che lo sottraggono alla furia popolare e lo traggono in arresto. Si chiama Gaetano Bresci, è un anarchico ed è nato a Prato nel 1869. Il probabile movente potrebbe essere la vendetta per la repressione dei moti di Milano. Era "un giovanotto mingherlino vestito da operaio, piuttosto tarchiato, dal viso rotondo e grassoccio, dall'aspetto intelligente, dai baffetti neri e dall'occhio vivace" secondo la descrizione del Corriere della Sera del 30 luglio 1900. La carrozza, intanto, è giunta a destinazione: Margherita è una donna forte, reagisce alla tragedia con compostezza, si occupa prima delle formalità, poi si inginocchia vicino alla salma del marito, dove resta per tutta la notte. All'alba manda a chiamare la sua rivale, l'amante del re Eugenia Litta Visconti Arese. Lei è stata già avvertita nella notte: vive subito al di là del Nella foto, i titoli dei giornali dell’epoca Nelle foto sopra, da sinistra a destra, Re Umberto di Savoia e Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia parco reale. Margherita, quando Eugenia arriva, la lascia sola con la salma di Umberto. Regale fino alla fine, finanche nel dolore. Nella notte sono stati avvertiti tutti i Savoia, anche il nuovo re Vittorio Emanuele, il futuro Imperatore d'Etiopia, che viene raggiunto dalla notizia mentre è in crociera nel Mediterraneo con la moglie Elena. Appena arrivato, il 1 agosto, il trentenne sovrano è accolto dalle braccia della madre Margherita, poi entra nella camera ardente, si inginocchia. Si alza, e bacia sulla fronte il padre defunto. Poi dispone che vengano tolti dal parco i lampioni che dalla reggia illuminano la strada fino a villa Litta: con quei lampioni si spegne, insieme, l'epoca umbertina. Margherita vuole tenere con sé la maglia di fili di seta che era stata traforata dalla pallottola assassina: e' la "sacra reliquia che accolse l'ultimo battito di quel cuore leale". Dopo l'attentato vengono arrestati tutti gli amici più stretti e i parenti di Bresci: si vuole dimostrare che l'assassinio è frutto di un complotto anarchico internazionale. Il corteo funebre e le esequie Nella serata del 1 agosto, a Roma, un immenso corteo dalle bandiere abbrunate parte da piazza del Popolo, attraversa il Corso, piazza Venezia. E giunge, silenzioso, in Campidoglio, dove viene celebrata un'onoranza funebre per il re assassinato. Nel frattempo gli anarchici festeggiano ingollando fiumi di vino. Il 3 agosto il primo ministro Saracco delibera da Milano il proclama reale: "mi aiuti Iddio e consoli l'amore del mio popolo, perché io possa consacrare ogni mia cura di re alla tutela della libertà ed alla difesa della monarchia, legate entrambe con vincolo indivisibile ai supremi interessi della patria". I funerali di re Umberto I sono preceduti da un solenne corteo: dalla stazione Termini passa per piazza dei Cinquecento, via Nazionale e via del Corso fino al Pantheon. Lungo il tragitto del carro funebre, una folla sterminata. Un rombo di cannone annuncia l'arrivo della salma, in testa al corteo c'è il generale Avogadro, "recando la spada del re che gli era morto tra le braccia", scrive Montanelli. Durante il corteo funebre, ad un certo punto, si alza un grido: "gli anarchici!". Tutti fuggono per le vie laterali, qualcuno fa da scudo al re Vittorio Emanuele. E' solo un mulo imbizzarrito, gli anarchici stavolta non c'entrano. "Ma tale era il terrore scrive ancora Montanelli - delle belve umane seminato dai giornali, che ci scapparono un morto e una quarantina di feriti". Umberto viene sepolto al Pantheon, il tempio romano consacrato a tutti gli dei, addobbato riccamente sotto la direzione dell'architetto Giuseppe Sacconi, vicino a suo padre, Vittorio Emanuele II. Il Secolo lo definisce così: "grandi drappeggia- menti di crespo nero si avvolgono alle colonne del pronao, stendendosi poi da una colonna all'altra. Il tumulo, nel mezzo, ha l'altezza di circa sette metri e poggia su una larghissima base alta da terra un metro circa e smussata agli spigoli. La parte superiore è ricoperta di una ricca coltre di velluto violaceo a larghe fasce d'argento e verdi palme ne accrescono la maestosità. Il tempio è illuminato da 100 lampade a incandescenza poste nella cupola del baldacchino, ciascuna cappella è illuminata da 12 lampade nascoste da veli tra le colonne, meno la cappella di Vittorio Emanuele, che riceve luce da 32 lampade dissimulate con arte. Sono accesi oltre 480 ceri, dei quali 48 attorno al tumulo, affissi in artistici anelli di bronzo". Il cardinale Ferrari, arcivescovo di Milano, si inginocchia davanti al feretro e lo benedice in nome di Papa Leone XIII. Processo e fine di Bresci Il 29 agosto comincia il processo contro Bresci, presso la Corte d'Assise di Milano. I maggiori giornali d'Europa sono presenti. Turati ha deciso di non assumere la difesa: non vuole compromettere il suo partito e lascia la palla a Saverio Merlino, romano, ex anarchico militante. Il processo si chiude con la condanna all'ergastolo di Bresci, inasprita dalla segregazione cellulare per i primi sette anni. Se proprio re Umberto non avesse abolito la pena capitale, il suo assassino sarebbe condannato a morte. La fine di Bresci arriva nel carcere di Santo Stefano, appeso per il collo all'inferriata della sua cella. Si pensa ad un pestaggio da parte di un gruppo di guardie carcerarie, ma viene ufficialmente archiviata come suicidio. Il corteo funebre Esteri 6 Islamisti in marcia contro l'esercito E mentre gli Stati Uniti continuano a tentennare, Europea si muove a piccoli passi: Martedì 30 luglio 2013 Continua la protesta dei Fratelli Musulmani, oggi un milione di persone in piazza TRENO DERAGLIATO A SANTIAGO Spagna: libero il macchinista responsabile della strage l'Alto Rappresentante agli Affari Esteri, Catherine Ashton, è, da ieri, in visita al Cairo C di Carola Parisi i prova l'Unione Europea a mettere ordine nel caos egiziano.Catherine Ashton, alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, è arrivata al Cairo per chiedere che cessino le violenze e che le parti in causa avviino un processo di transizione "pienamente inclusivo". Il capo della diplomazia europea incontrerà i vertici del Paese -dal presidente 'ad interim', Adly Mansour, al vicepremier e titolare della Difesa, il generale, Abdel Fattah al Sisi, oltre a uomini del partito Libertà e Giustizia, braccio politico della Fratellanza Musulmana. Intanto i sostenitori del deposto presidente, Mohamed Morsi, non mollano. Gli islamisti hanno deciso di scendere di nuovo in piazza, oggi, per la "marcia del milione di persone": sfileranno all'insegna dei "martiri del colpo di Stato", ha fatto sapere l'Alleanza anti-Golpe dei gruppi islamisti che stanno organizzando le proteste in Egitto. ‘Piovono’ volantini dagli elicotteri dell'esercito che ha chiesto, a quanti sono ancora accampati davanti alla moschea di Rabaa al-Adawiya, di rinunciare alle violenze. Un portavoce dell'esercito ha fatto sapere che le forze armate erano a conoscenza della marcia e che hanno ordinato ai manifestanti di non avvicinarsi alla base. Un ordine per ora ignorato dai sostenitori di Fratelli Musulmani e che potrebbe portare ad ulteriori violenze. Intanto, si continua a morire a Port Said: ieri gli scontri tra oppositori e sostenitori del deposto presidente islamista si sono conclusi con altro sangue. Tre morti e circa 30 feriti, secondo i dati forniti dal Ministero della Salute. Anche nella penisola del Sinai la tensione resta altissima. Nella zona, divenuto un altro focolaio di instabilità e guerriglia, un soldato è rimasto ucciso e un altro ferito nell'ennesimo attacco di miliziani armati. Al Cairo sono stati arrestati due dirigenti del partito islamista moderato al-Wasat: la polizia li ha rinchiusi nel carcere di Tora, alla periferia del Cairo, lo stesso dove si trovano l'ex rais Hosni Mubarak, e i suoi due figli. Aboul-Ela Madi, presidente di al-Wasat, e il suo vice, Essam Sultan, accusati di istigazione alla violenza, sono stati arrestati in un raid prima dell'alba nel quartiere cairota di Muqatam: i due, che avevano una notevole quantità di denaro in euro, si erano rifugiati in un edificio in costruzione. Caccia al ladro a Cannes, rapina all’Hotel Carlton: 130 milioni di dollari Il Lupin della Croisette colpisce ancora i tratta di uno dei più importanti furti al mondo. Un colpo grosso. Il danno subito per il furto dei gioielli all'Hotel Carlton di Cannes ha raggiunto la cifra record di 136 milioni di dollari, equivalenti a circa 103 milioni di euro: è quanto ha annunciato la procura di Grasse, nel sud della Francia. La rapina è avvenuta in pieno giorno nello stesso hotel dove Alfred Hitchcock ha ambientato alcune S scene di "Caccia al ladro" nel 1955, e che quest'anno celebra il centenario. L'uomo è entrato nell'albergo mentre era in corso una mostra di gioielli. Armato di pistola automatica, con indosso i guanti e una sciarpa a nascondergli il volto, ha fatto irruzione ordinando ai presenti di consegnarli alcune buste con i gioielli. Si è poi dileguato, dando inizio alla caccia sulla Croisette. M omenti di grande dolore ieri sera la cerimonia di commemorazione delle 79 vittime, tra cui un ragazzo italiano, del deragliamento del treno a pochi chilometri da Santiago de Compostela, avvenuto mercoledì scorso. La cerimonia funebre è avvenuta alle 19 nella cattedrale di Santiago, uno dei luoghi di pellegrinaggio più famosi del mondo cristiano, in Galizia. Erano presenti anche il premier spagnolo Mariano Rajoy, diversi ministri e i principi Felipe ed Elena. Ma una notizia arrivata nella mattinata di ieri ha turbato le famiglie delle vittime: è stato scarcerato dai giudici spagnoli ed è ora a piede libero, Francos Garzon, il macchinista che ha causato il terribile incidente. I magistrati, al termine di un interrogatorio durato oltre 2 ore, gli hanno confiscato il passaporto e gli ha imposto l'obbligo di firma ogni settimana, fino al processo, oltre a decretare l'interdizione dalla guida. Al momento del deragliamento il treno procedeva a 190 km/h in un punto in cui la velocità massima consentita era di 80. Erano scadute le 72 ore di detenzione preventiva ed è stato rilasciato. Arrestato giovedì dalla polizia, Garzon, 52 anni, ha ammesso davanti al giudice di Santiago di Compostela, Luis Alaez, di aver commesso un'imprudenza. Finora il macchinista si era invece avvalso del diritto di non rilasciare dichiarazioni. Il magistrato Luis Alaez ha formulato nei suoi confronti l'imputazione dell'omicidio colposo aggravato di 79 persone e del ferimento di decine di altre. Nel corso dell'interrogatorio, avvenuto a porte chiuse, secondo quanto riportano i media locali, Garzon avrebbe ammesso di aver affrontato la curva dell'incidente a velocità troppo elevata, attribuendo l'errore a un attimo di distrazione. Nessuna delle parti in causa, tra cui la compagnia ferroviaria statale Renfe, la consociata Adif e due compagnie assicurative, hanno richiesto l'arresto di Garzon in attesa di giudizio e il macchinista non è stato giudicato a rischio di fuga. 7 Martedì 30 luglio 2013 Italia Da via Labicana, affogata dai cantieri di questi giorni, sale l’urlo di dolore della piccola impresa Fori Imperiali, commercio a fondo Gli esercenti della zona: “Con la pedonalizzazione e il traffico diretto tutto su quest’area, sarà ancora peggio. Non ci resta che chiedere i danni” di Ugo Cataluddi e prime vittime della funesta pedonalizzazione dei Fori Imperiali, tanto voluta dal sindaco Ignazio Marino, sembrano essere proprio i commercianti. In attesa della chiusura definitiva al traffico privato che avverrà il 3 agosto, si può già avere un antipasto di quelli che saranno i disagi che investiranno quel quadrante del centro storico. Su via Labicana, la strada maggiormente invasa dai cantieri per ridisegnare i sensi di marcia, gli esercenti dopo appena un paio di settimane, già lamentano un calo vertiginoso della clientela. Ristoranti, bar, negozi di abbigliamento e alimentari, sono infatti letteralmente oscurati dalle transenne e penalizzati dal divieto di sosta lungo la via. A fronte quindi di “un calo dell’80% di clienti”, come lamenta il titolare del ristorante “Crema e Gusto”, sulle pagine del Messaggero, e visti gli altissimi costi dell’affitto delle mura, i commercianti chiedono un risarcimento direttamente al sindaco Marino. Sì perché seguendo questo andazzo si rischia seriamente di andare incontro ad una vera e propria catastrofe per tutti gli esercizi commerciali della zona L che continuano a svotarsi anche durante il weekend. “Con gli incassi di luglio – lamenta un altro ristoratore - non raggiungo neanche la metà della cifra che devo dare al proprietario del locale. Per non parlare dei dipendenti. Qui ci lavorano tre famiglie”. E via, il grido d’allarme dei lavoratori di via Labicana è ormai unanime, ma sembra restare inascoltato dal primo cittadino che di converso celebra l’imminente chiusura, presentando “la Notte dei Fori” che ne saluterà l’avvio. Una notte bianca circoscritta nell’area interessata dove andranno in scena “spettacoli musicali, culturali e visite gratuite”, per festeggiare un provvedimento di cui, di fatto, nessuno sentiva l’esigenza. E non sarà neanche con la fine dei cantieri che i commercianti vedranno la fine del tunnel. Il rione Esquilino è infatti uno dei più a rischio per quel che riguarda il congestionamento delle auto che si riverseranno su questo quadrante. Il traffico impazzito e l’impossibilità di parcheggiare taglieranno inevitabilmente le gambe alle attività commerciali, che in ogni caso annunciano battaglia: “faremo fronte comune – spiegano – e ci mobiliteremo per chiedere garanzie e, se necessario, per chiedere un risarcimento al comune”. Solita gazzarra per i cent’anni di Priebke Ma tra urla e aggressioni, parla la partigiana: “Basta con questo odio” di Robert Vignola L’occasione per una nuova gazzarra è stata preparata nei minimi dettagli per almeno una settimana, finché ieri non è stata puntualmente celebrata, insieme ai cento anni di Erich Priebke. A striscioni e scritte (nella foto) buoni solo per nutrire la tensione, han fatto eco centinaia di comunicati stampa redatti con la malriposta speranza di non ripetere quanto era già stato scritto o detto un minuto, un giorno, un anno o un decennio prima. Con l’ovvia, ma questo è sottinteso mobilitazione in forma di “presidio”. Alla fine la giornata per il centesimo genetliaco del capitano delle SS ha fatto registrare un tentativo di aggressione a suo nipote, non esattamente un giovanotto: siccome l’anziano signore è stato riconosciuto sotto la casa di Boccea con una bottiglia di campagne in mano, è stato accusato di essere un provocatore. Urla, contestazioni e l’agitarsi di sigle semi-sconosciute (di “entrambe” le parti politiche in gioco) hanno dato insomma una ulteriore tribuna A pubblica ad una vicenda che – in molti si ostinano a non capirlo, dimostrando solo l’estrema efficienza della propria ottusità – ha e può avere ormai esclusivamente un aspetto privato. La parola finale l’ha detta, al Corriere della Sera, Agape Nulli Quilleri. A 87 anni, l’ex staffetta partigiana (che conobbe Priebke da carceriere) sembra decisa a scrivere al Presidente della Repubblica. “Adesso sia io che quell'uomo apparteniamo a un mondo che non c'è più. Per questo dico al presidente Giorgio Napolitano: conceda la grazia a Priebke. Questo non significa né dimenticare né perdonare perché io la mano a Priebke non la stringerò mai. Quando ero giovane e combattevo, Priebke l'avrei ucciso ma adesso è giunto il momento di buttare fuori da noi ogni sentimento di odio generalizzato. Dico basta, in nome del mondo che consegneremo ai nostri nipoti”. E ancora: “Trovo assurdo che a distanza di 70 anni da quegli eventi ci sia ancora chi sta scontando pene detentive. C'è già stata abbastanza sofferenza per tutti, dobbiamo avere il coraggio di compiere un passo che chiuda un'epoca di odio”. Un messaggio, purtroppo, destinato a rimanere inascoltato, per la Seconda Guerra Mondiale come per altre pagine dolorose della storia dell’uomo. NOTE DOLENTI La tomba di Rino Gaetano saccheggiata al Verano on c’è pace per Rino Gaetano. La tomba del cantatore crotonese è stata saccheggiata da ignoti, armati di un attrezzo da carpentiere. Il colpo è stato portato a termine sabato mattina quando i malfattori sono entrati nel Cimitero Comunale Monumentale Campo Verano, nel quartiere Tiburtino, facendo razzia di ricordi lasciati dagli ammiratori ma anche degli arredi che ornano la tomba del cantante calabrese, scomparso in un terribile incidente stradale il 2 giugno del 1981, all'età di 31 anni. Nel bottino dei predatori, insieme a un quaderno su cui visitatori lasciavano il proprio messaggio e al perno con il quale era fissata alla lapide una chitarra in marmo, è finita anche la riproduzione dell'ukulele con il quale il cantante si esibì al festival di Sanremo del 1978. La chitarra, in marmo afyon, fu commissionata ad un artista dalla sorella di Rino, Anna. Sulla ri- N produzione, campeggiava una scritta: "Sognare la realtà, vivere un sogno, cantare per non vivere niente". L’avvocato Leopoldo Lombardi, che rappresenta la famiglia Gaetano, ha confermato che si procederà ad una denuncia formale dell’accaduto, contro ignoti. “Io non credo all’ipotesi dell’ammiratore feticista. Non mi meraviglierei se quell’oggetto finisse in vendita on-line o, peggio ancora, fosse usato per un’estorsione alla sorella di Rino. Si tratta di un reato grave, perché oltre al furto con destrezza scatta anche l’articolo 408 del codice penale in materia di vilipendio di tomba che prevede una pena da sei mesi a tre anni”, ha aggiunto l’avvocato Lombardi. Le indagini degli inquirenti si concentrano proprio sulla preziosa chitarra di marmo trafugata, costata all'epoca mezzo milione di lire. A commissionare il furto potrebbe essere qualche collezionista senza scrupoli. B. R. I Muse le suonano al Comune DA ROMA E DAL LAZIO AL MUNICIPIO 2 Emendamento di De Salzar, nasce lo sportello anti-usura di Valter Brogino a crisi morde, il credito è un miraggio e le famiglie sono quasi alla fame. È questo il brodo primordiale nel quale, storicamente, vivono e proliferano i “cravattari”, come vengono definiti a Roma. Ma lo strozzinaggio va combattuto, in tutti i modi, proprio per questo suo martoriare i più deboli, e anche l’amministrazione pubblica è nel dovere di farlo. Qualcosa, però, a volte si muove. “Al Municipio 2 sarà attivo uno sportello anti-usura grazie al voto unanime del Consiglio municipale sul mio emendamento alle linee programmatiche circa l'istituzione di un punto per ascoltare e risolvere un problema delicato e pericoloso quale l'usura”, annuncia in una nota Francesco De Salazar che del Municipio 2 è consigliere. “In tempi di crisi - prosegue il rappresentante locale - l'usura è in continua crescita e purtroppo molti esercenti e titolari di attività fanno ricorso a canali non convenzionati per ottenere denaro, con tutte le conseguenze pericolose che si conoscono. Ho ritenuto doveroso e responsabile presentare in consiglio un emendamento, accolto sia dalla maggioranza che dall' opposizione, in virtù del fatto che il Municipio ha competenze ampie e definite in materia di commercio e attività produttive, che rappresentano la vera economia locale. Per tal motivo - conclude De Salazar - porterò già in settimana dei documenti nella Commissione consiliare Sicurezza per attivare in tempi brevi lo sportello presso nei locali del Municipio e dar la possibilità ad imprenditori e commercianti in difficoltà di esser supportati e difesi”. L “Costretti a corrompere un funzionario per usare fuochi d’artificio” n “raggio” di The Sun illumina Roma e la scopre nuda come un verme mangiato dalla corruzione. Non è una bell’immagine e non è neanche un film. La colonna sonora, invece, non è male: ne sono autori i Muse, tra i gruppi più apprezzati nella scena pop-rock internazionale. Loro hanno fatto tappa recentemente in Italia, ma al di là del calore del pubblico hanno riportato a casa lo sgradevole ricordo di aver dovuto corrompere funzionari pubblici per uno spettacolo pirotecnico che avrebbe dovuto fare da corollario a quello musicale. Praticamente una bomba, che è stata lanciata dalle colonne di The Sun attraverso una intervista sul tour di quest’anno, passato anche da Torino. Ma è su Roma che si è concentrata la vergogna, per effetto delle parole del leader della band britannica Marc Bellamy. “Ovunque andiamo ci sono problemi organizzativi - ha detto al popolare tabloid inglese a Roma, abbiamo dovuto corrompere delle persone pagandole migliaia di euro solo perché potessimo usare i fuochi d'artificio”. E non finisce qui. Il cantante ha ammesso che andare in giro con uno show così mastodontico non è facile e ogni volta tutto il team si deve scontrare con la burocrazia. “Abbiamo commercialisti e avvocati che discutono ogni volta con amministratori locali, polizia U e promoter - ha continuato Marc - A Roma abbiamo dovuto chiamare anche l'Ambasciata Britannica per poter parlare con qualche funzionario e risolvere i problemi. Quando vuoi fare uno show simile e sei lontano da casa è una cosa grossa e molto costosa. A dirla tutta, è incredibile quanto sia costosa”. Ecco, forse Bellamy non lo sa ma è esattamente la “vitaccia” cui sono sottoposti milioni di italiani, con particolare riferimento a chi tra loro ha ancora la voglia un po’ folle di cimentarsi a fare impresa, a restaurare un immobile o semplicemente a gestire una piccola attività commerciale. Chissà, il cantante potrebbe comporre una bella canzone contro la burocrazia, laddove si annida larga parte di quella infamia che è la corruzione, peraltro non solo italiana. Sarebbe un bel modo di aiutare i ragazzi a crescere con dei valori. È ormai tempo, tantissimo tempo, che la musica non contribuisce ad insegnare al suo pubblico qualcosa di davvero positivo. Vedremo se poi, nel frattempo, al Comune di Roma (o chissà: alla Procura) qualcuno si sveglierà per regalarci la soddisfazione di sapere chi è (o chi sono) il malfattore che si nasconde nella pubblica amministrazione capitolina. Il concerto, per la cronaca, è di neanche tre settimane fa. Bruno Rossi Roma, via Giovanni Paisiello n.40 Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Direttore editoriale Guido Paglia Società editrice Amici del Giornale d’Italia Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Progetto grafico e impaginazione Raffaele Di Cintio Nicola Stefani Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità su Il Giornale d’Italia rivolgersi al Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] 8 Martedì 30 luglio 2013 Chiomonte – Attivisti per la prima volta imputati di atti eversivi No Tav accusati di terrorismo I giudici di Torino dispongono perquisizioni. Dodici le persone iscritte nel registro degli indagati ttentato per finalità terroristiche o eversione. È l’accusa mossa, per la prima volta, nei confronti di alcuni attivisti No Tav ritenuti responsabili dell’assalto al cantiere di Chiomonte, in provincia di Torino. Nella nottata tra domenica e lunedì sono scattate le perquisizioni degli agenti della Digos nelle abitazioni e nei locali di riferimento del movimento: a Torino, Bussoleno, Brusasco, Susa, San Mauro e in provincia di Grosseto, a Castiglione della Pescaia. Al termine delle perquisizioni 12 persone sono state iscritte sul registro degli indagati. Sono tutti appartenenti a centri sociali di estrazione autonoma di Torino e della Val di Susa. Nel corso delle perquisizioni, che hanno interessato anche un’osteria di Bussoleno, ritenuta punto di riferimento valligiano di alcuni esponenti dei centri sociali, sono stati sequestrati bombolette urticanti, manuali per la fabbricazione di molotov, razzi del tipo di quello utilizzati in occasioni degli scontri, apparecchiature elettroniche e telefonini. Le indagini, condotte dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, hanno se- A guito il sul blitz al cantiere Tav che aveva fatto segnare una vera e propria escalation di violenza. I fatti contestati farebbero riferimento proprio alla notte del 10 luglio scorso quando al termine di una passeggiata al cantiere della Maddalena si è verificato un attacco alle forze dell’ordine ad opera di un gruppo di attivisti che si erano avvicinati alle reti lanciando bombe carta e petardi, costringendo le forze dell’ordine a intervenire per respingerli. Un attacco “stile paramilitare”, “particolarmente violento”, lo avevano definito dalla procura. Dopo un sopralluogo sul posto in cui erano stati trovati resti di molotov, i pm titolari dell’inchiesta, avevano iniziato ad ipotizzare il reato 280, punito da sei a vent'anni di reclusione. Fino a ieri nessun No Tav era stato denunciato o arrestato per terrorismo, ma adesso, secondo la Procura, ci sono gli estremi per farlo. Secondo gli inquirenti c'è stato un cambio di rotta nelle modalità di protesta del movimento No Tav, negli ultimi mesi. Un cambio in cui la violenza si è accentuata, e in cui gli obiettivi degli antagonisti sono diventati azioni più pericolose. Non si è fatta attendere la replica dei No Tav. “Tutte le perquisizioni hanno dato esito negativo, tranne una – scrive in un comunicato il centro sociale Askatasuna riferendosi a una militante del centro sociale, alla quale sono state sequestrate delle mappe della zona. “Erano parte del materiale che deve fornire al collegio di difesa per i processi contro il movimento per i fatti del 3 luglio 2011, di cui è consulente legale – spiegano gli attivisti – Erano indicate in quella piantina i luoghi in qui il movimento subì violenze dalle forze dell’ordine. Per gli inquirenti, pericolose mappe di contro-guerriglia. Quattro petardi diventano “bombe”, atti di sabotaggio diventano azioni di guerra. Tutto l’armamentario fraseologico viene impiegato nella costruzione del nemico pubblico. L’emblema di queste esagerazioni è evidente nell’insistenza con cui si citano molotov che non ci risultano mai esser state rinvenute. Più volte alcuni organi dell’informazione mainstream hanno mostrato in prova foto di bottiglie di birra Moretti presenti all’interno del cantiere”. Gustavo Lidis Eurosky Tower . Entrare in casa e uscire dal solito. Italia DAL CENTRO E DAL NORD TRAFFICO DI DROGA SPIETATO A BOLOGNA Omicidio volontario, caccia a tre tunisini Secondo l’accusa hanno causato due morti per overdose: uno lo hanno abbandonato in agonia a lobby dei tunisini a Bologna è ben conosciuta. Sotto le Due Torri, lo spaccio, prevalentemente quello dell’eroina, è gestito dai maghrebini. Gente senza scrupoli, che ora però oltre al reato di traffico di sostanze stupefacenti dovrò rispondere anche di omicidio volontario: è questa l'accusa per gli spacciatori che hanno venduto le dosi che negli ultimi giorni hanno causato due morti per overdose a Bologna. Martedì scorso un uomo di 40 anni era stato trovato morto, mercoledì stessa tragica fine per uno studente di Giurisprudenza 25enne. Le indagini sono dei carabinieri, coordinati dal pm Augusto Borghini, ed hanno portato ad individuare i soggetti responsabili dello spaccio: si tratta di Harwen Gamzi, 19 anni, Acheret Garilesh, 20 e Karih Rahmouni, 19, accusato della cessione della droga. Nei confronti dei tre tunisini, irreperibili, la Procura di Bologna ha emesso tre fermi per omi- L cidio volontario pluriaggravato per la morte del 40enne, trovato il 23 luglio nei pressi dell'ex Manifattura Tabacchi. Agghiacciante la ricostruzione dell’accaduto. Secondo un testimone, dopo aver venduto la droga, si erano accorti che l'uomo stava male e si è accasciato. Lo hanno quindi issato su un muretto all'interno della struttura e 'scaricato' in un sentiero all'esterno. Solo qualche ora dopo è stato ritrovato da un passante, ormai senza vita. Con il loro comportamento hanno impedito che arrivassero i soccorsi e forse, secondo gli investigatori, hanno potuto continuare a svolgere indisturbati la loro attività. Con i tre, sono destinatari di fermo anche altri quattro tunisini, per spaccio. Proprio per cercare i sette, ma anche con l'intento di 'bonificare' la zona, una sessantina di militari ha fatto irruzione all'alba negli spazi dell'ex manifattura e nelle zone limitrofe. Valter Brogino A CAPALBIO Svaligiata casa Zingaretti Recuperata la refurtiva isavventura estiva per Nicola Zingaretti. Ladri si sono infatti introdotti nella casa al mare del presidente della Regione Lazio, svaligiandola. Il fatto è accaduto a Capalbio, tradizionale luogo di ritrovo balneare della “sinistra che conta”, lo scorso fine settimana. Gli intrusi si sono introdotti nel villino, che si trova in zona Scalo, da una finestra aperta mentre il governatore, la moglie e le due figlie dormi- D vano al suo interno. Senza destarli, hanno portato via tutto quello che sono riusciti a trovare, compreso l'ipad dell'esponente del Pd. Poi hanno svaligiato le abitazioni vicine e sono fuggiti a bordo di due auto rubate. All’altezza di Tarquinia sono stati intercettati: i carabinieri hanno iniziato l'inseguimento e i ladri, dopo aver abbandonato le autovetture, sono fuggiti a piedi lasciando anche la refurtiva. V. B. BOLZANO La Destra alle minoranze: “Il tricolore non si tocca” ra pretendono di fare i padroni anche in casa nostra. Proposta choc dalla comunità germanofona in Alto Adige, che vorrebbe rimuovere il tricolore da tutti i monumenti della Provincia autonoma di Bolzano. “Giudico pericoloso il continuo gioco al rialzo del partito di Eva Klotz contro i simboli dello Stato italiano”, ha tuonato il capogruppo provinciale de La Destra, Mauro Minniti. “Procedere con la rimozione del tricolore, oltre ad essere politicamente paranoico – ha aggiunto ancora - è oltraggioso, offensivo e stupido”. Non usa mezzi termini Minniti contro gli esponenti delle minoranze linguistiche: “Peraltro è proprio grazie ai valori che la bandiera italiana esprime, che gente come Roland Lang può vivere in Alto Adige da minoranza tutelata!”. O Il relax ha una nuova casa. Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere dell’EUR. Un progetto modernissimo e rivoluzionario che coniuga esclusività e tecnologia, ecosostenibilità ed eleganza. Eurosky Tower è destinato a diventare un simbolo di Roma e soprattutto un grande investimento che si rivaluterà nel tempo. Le residenze sono state progettate per offrire spazi comodi, ma al tempo stesso funzionali, perfettamente rifiniti in ogni dettaglio e con tagli che vanno dai 50 mq fino agli oltre 300 mq. La combinazione dell'esclusività del progetto, del prestigio della vista e della qualità progettuale offre un'opportunità unica per chi ricerca una residenza abitativa di primissimo livello nella Capitale. Al 19° piano, ad oltre 70 metri di altezza, sono state realizzate le prime tre residenze campione, altamente rifinite in ogni singolo dettaglio. Per prenotare la tua visita contatta i nostri consulenti al numero 800 087 087. RE AWARDS Premio Speciale Smart Green Building UFFICIO VENDITE Roma EUR Viale Oceano Pacifico (ang. viale Avignone) Numero Verde 800 087 087 www.euroskyroma.it Già in passato, la comunità germanofona ha proposto la secessione dell'Alto Adige dall'Italia e la sua annessione all'Austria. E’ un fiume in piena il consigliere provinciale de La Destra: “Ci si dovrebbe inchinare di fronte al tricolore”. E ancora: “Nessun altro paese ha avuto nei confronti delle minoranze lo stesso riguardo dell’Italia con gli altoatesini di lingua tedesca!”. Chiaro il messaggio dell’esponente del partito di Francesco Storace nei confronti di Eva Klotz e i suoi 'seguaci': “Se al partito dei parenti dei terroristi il tricolore non piace e sono stufi di essere accuditi dallo Stato italiano, soltanto a 80 km dista il confine con l’Austria, ammesso che quel Paese abbia ancora intenzione di dare asilo a questi personaggi. Cosa che, sinceramente, dubito”. Martedì 30 luglio 2013 9 Italia DAL SUD Avellino - A bordo del mezzo 48 persone: 10 i sopravvissuti, molti in gravi condizioni Strage di Monteforte Irpino: 38 morti Il mezzo era danneggiato: l’autista avrebbe disperatamente tentato di frenarlo appoggiandosi al guard-rail. Tre i bambini deceduti, due restano in fin di vita di Barbara Fruch ento metri contro il guardrail e poi il volo dal viadotto. Un salto di 30 metri e il terribile schianto. Quello che doveva essere un fine settimana di festa alle terme, con un pellegrinaggio a Pietralcina nella terra di Padre Pio, si è trasformato in una delle tragedie più drammatiche della storia delle autostrade italiane: 38 vittime e 10 feriti, molti dei quali in gravi condizioni. C L’incidente - Intorno alle 20.40 di domenica sera l’incidente. Il pullman Granturismo della Mondotravel proveniente dalle Terme di Telese è precipitato dal viadotto Acqualonga sulla A16 NapoliCanosa, all’altezza di Monteforte Irpino. Il mezzo con 48 persone le persone a bordo, di cui quattro bimbi tra i 3 e i 10 anni, ha sbandato alla fine di una curva in pendenza, in prossimità di rallentamenti dovuti al traffico. A quel punto ha travolto alcune auto incolonnate per un rallentamento e, dopo aver sfondato il guardrail, è precipitato dal viadotto nel burrone sottostante con un volo di circa 30 metri. Le vittime - Pesante il bilancio dello schianto: 38 morti di cui tre bambini (trentasei recuperati già senza vita e due deceduti in ospedale subito dopo) e 10 feriti, tra cui cinque bambini, alcuni in condizioni molto gravi. A questi vanno aggiunti 14 feriti lievi tra gli occupanti di sei auto urtate dal bus prima di finire nella scarpata. Nel corso dell’intera nottata i cadaveri ed i feriti sono stati estratti dalle lamiere di quel che resta del pullman con l’aiuto delle fiamme ossidriche grazie all’intervento dei vigili del fuoco che hanno liberato tutti i corpi, trovandone pochi ancora in vita. La maggior parte dei feriti sopravvissuti, tra i passeggeri ricoverati all’ospedale di Nola e al Santobono di Napoli, sono in prognosi riservata. Cinque i bambini feriti ricoverati in ospedale, e due di loro sono molto gravi. Le salme, di quella che è stata definita la strage di Monteforte Irpino del 28 luglio, sono state portate nella palestra di una scuola elementare di Monteforte, adibita a camera ardente, dove si sta svolgendo lo straziante riconoscimento da parte dei congiunti. Urla, pianti, disperazione sui volti. “Erano amici che andavano in gita spesso, si conoscevano quasi tutti - racconta uno di loro - Avevano deciso di trascorrere un fine settimana a Telese Terme e poi un giorno a Pietralcina. Ad organizzare era sempre la stessa persona, Luciano Caiazzo, salumiere di Pozzuoli”. Dopo l’autopsia disposta dal magistrato di turno, ieri le vittime sono state trasferite al Palasport Monterusciello, frazione di Pozzuoli (città di provenienza di gran parte delle vittime) in attesa dei funerali di oggi. Il sindaco, Vincenzo Figliolia, intanto ha già proclamato tre giorni di lutto cittadino. Cinque i bambini in ospedale - Nessuno dei genitori dei cinque piccoli coinvolti nel tragico incidente è purtroppo al capezzale dei propri figli. A confermarlo è il direttore medico di presidio dell’ospedale pediatrico Santobono Carlo Maranelli. Potrebbero essere ricoverati in qualche ospedale oppure figurano tra le vittime. Nell’ospedale Santobono ci sono due bimbi in rianimazione: Francesca, 3 anni, molto grave, operata per una frattura al cranio che, molto probabilmente, sarà nuovamente sottoposta a intervento chirurgico per un’altra frattura. Nello stesso reparto anche un bambino, Cristoforo, anche lui ha tre anni, ed è molto grave. In neurochirurgia, non in pericolo di vita, c’è un bimbo di 10 anni con una frattura alla mandibola, fratello di Francesca. Nello stesso reparto c’è anche una femminuccia, di 4 anni, Maria, con una frattura alla tibia e al perone. L’ultimo bimba, si chiama Marianna, ha 10 anni, ed è ricoverata in chirurgia d’urgenza per una frattura alla mandibola. I bambini sono giunti nella notte nell’ospedale pediatrico napoletano dai nosocomi di Nola e Avellino. L’inchiesta – La procura di Avellino ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo. Il procuratore Rosario Cantelmo, che ha trascorso gran parte della notte sul luogo dove è precipitato il pullman, attende un rapporto dettagliato dalla Polstrada di Avellino sulla dinamica e sulle possibili cause. Una delle ipotesi è che lo sbandamento del pullman sia stato dettato da una manovra in extremis per evitare una colonna di auto bloccata da un altro incidente. Un’altra ipotesi è che si siano rotti i freni. Molti aspetti restano comunque da chiarire. Gli accertamenti giudiziari dovranno far luce infatti non solo su eventuali responsabilità dell’autista, che è morto nell’incidente, ma anche sulle condizioni tecniche dell’autocorriera. Inoltre, sarà verificato il corretto segnalamento dei cantieri autostradali presenti nella zona. L’inchiesta potrà poi riguardare anche la qualità tecnica della barriera di protezione che è stata abbattuta. Nessun segno di frenata – Per alcuni testimoni il bus avrebbe sterzato per evitare auto incolonnate nei pressi di un cantiere, per altri sarebbe scoppiata una gomma. Quello che sembra certo è che prima di abbattere il guardrail e finire nella scarpata l’autobus andava ad una velocità elevata. La circostanza è stata riferita da diversi testimoni agli investigatori e confermata dai primi rilievi. Gli uomini della Polstrada, che dovranno ora accertare se la velocità elevata sia dipesa dall’autista o da un problema al mezzo, intanto precisano che sul luogo dello schianto non ci sono segni di frenata: il mezzo secondo una prima ricostruzione si è trascinato lungo una barriera di cemento ed ha poi sfondato il guardrail finendo nella scarpata. Sulla base di questi elementi, si ipotizza, che il pullman per problemi di controllo del mezzo abbia tentato di limitare la propria velocità appoggiando il veicolo sul margine destro, senza tuttavia riuscirci, dal momento che la velocità segnalata e i danni provocati sul viadotto alle auto tamponate e all’infrastruttura indicano un impatto a forte velocità contro la barriera. Il bus perdeva pezzi – L’autista dell’autobus avrebbe quindi tentato di limitarne la velocità, non avendo più il controllo del mezzo, appoggiando il veicolo sulla barriera laterale destra già centinaia di metri prima del luogo da dove è precipitato. Secondo quanto emerso dalla ricognizione notturna infatti, parti del sistema di trasmissione del pullman erano a terra, oltre un chilometro prima dell’incidente. Ciò indica l’alta probabilità che il pullman fosse già danneggiato, mentre percorreva un tratto in forte discesa. Ci sono inoltre abrasioni sulla barriera laterale a tratti tra 600 e 800 metri prima. E ancora ci sono abrasioni anche sul muro di margine destro e le barriere metalliche di margine destro risultano spostate, così come il New Jersey in calcestruzzo di inizio viadotto. Siamo ciò che… fotografiamo 10 Martedì 30 luglio 2013 Tecnologia Sembra che a nessuno interessi quello che sta accadendo intorno a noi. Invece tutto è filtrato attraverso immagini, scatti e nuove tecnologie Il successo di Instagram, l’applicazione utilizzata da 100 milioni di utenti che consente di condividere istantanee personali, svela una contraddizione: mostrare tutto di sé pur chiedendo che la privacy venga sempre garantita di Carola Parisi iamo tutti arruolati nella società delle immagini. Un esercito che apprende guardando, compra guardando e ricorda fotografando. Una generazione immersa ed impantanata in un fiume in piena fatto di scatti, condivisione totale della sfera privata e corsa incessante all’attimo perfetto da fissare in un’ immagine. Un semplificazione della vita che avviene attraverso situazioni e momenti fissati in una fotografia, in mille fotografie, in centomila fotografie. Non serve più possedere una preziosa macchina fotografica, basta il telefonino che abbiamo in tasca per inchiodare l’attimo fuggente. Poi si "rovescia" tutto nel computer, paginate infinite di ricordi che si soffocano uno con l’altro in quel marasma di sorrisi, saluti, paesaggi, abbracci, addii. Sembra che a nessuno interessi quello che sta accaden- S do in quel preciso istante, quel miracolo della vita che sta lì, davanti ai nostri occhi. Tutto ci arriva filtrato da un’immagine. Ormai tutta la vita è una gita a Pompei o a Venezia, scendiamo continuamente da un pullman e inquadriamo, fotografiamo, con la stessa rapidità con cui dimentichiamo. E’ la ‘giapponesizzazione’ dello sguardo: il mondo e il tempo che si mettono in posa per essere riprodotti da una macchina fotografica o da un telefonino. Sembra che ogni possibilità di partecipazione esistenziale all’evento sia negata. Mettere ordine sul proprio computer senza capire, senza assorbire nulla. Ma le fotografie non riescono a restituirci l’autenticità del momento: come in ‘Blow up’, il celebre film di Antonioni, la verità si sottrae all’obiettivo, sta dietro, è un punto nascosto, quasi indecifrabile. Più fotografiamo, più ci distanziamo dalla vita. Gli anziani ricordano, le nuove generazioni catalogano gli attimi in musei privati, forse per cancellarli prima e controllarli meglio. Il boom dei social network. Continua il grande successo di Instagram, l'applicazione di condivisione di foto, acquistata lo scorso anno da Facebook, ha raggiunto i 100 milioni di utenti attivi. Il suo segreto? Unisce la macchina fotografica e la camera oscura, illudendo ogni utente di essere il nuovo re della fotografia d’autore, il nuovo Henry Cartier-Bresson. Permette di condividere con amici e sconosciuti momenti intimi, viaggi, feste e la vita quotidiana e ha un utilizzo pratico e molto semplice. Il successo? Come detto sopra sta nel fatto che le applicazioni che si fondano sull’immagine trovano terreno fertile in una società affamata di scatti e di voyeurismo. Il social network ha annunciato, trionfalmente, il risultato pubblicando una foto del suo team, con la didascalia: "Oggi, siamo entusiasti di annunciare che ci sono al momento 100 milioni di utenti attivi su Instagram. Avete letto il numero giusto: cento milioni di persone usano Instagram ogni mese!". Anche se il successo di Instagram non è comparabile con quello di Facebook, che ha all'attivo più di un miliardo di utenti, il social network ha ora la metà degli users di Twitter, che a dicembre ha annunciato di aver raggiunto la soglia di 200 milioni di utenti. Tra i due è in corso da mesi una battaglia, nel tentativo di fidelizzare gli utenti: da dicembre, le foto scattate con Instagram non sono più visualizzabili direttamente su Twitter, ma è necessario collegarsi a Instagram per vederle e commentarle. Ma Twitter non si è fatta sorprendere, visto che era prevedibile un cambio di strategia con l'acquisto di Instagram da parte di Facebook, e ha lanciato una nuova versione che permette agli utenti di scattare, tagliare e ritoccare le foto con otto filtri, e di condividerle. La privacy. Il risultato di Instagram impressiona perché è stato raggiunto in poco più di due anni, visto che la app è stata lanciata nell'ottobre 2010, e che per iscriversi serve un iPhone o un dispositivo Android. L'applicazione di condivisione fotografica, però, non lascia nulla all’immaginazione. Tutto il mondo può vedere le nostre nuove scarpe, il luogo delle nostre vacanze, la casa, l’auto e qualsiasi cosa si voglia condividere attraverso un’immagine. La app, infatti, è stata recentemente accusata, con le nuo- ve normative, di violare la privacy degli utenti, permettendo l'uso delle foto a scopi promozionali. Dopo il dietrofront di Kevin Systrom, cofondatore di Instagram, causato dalla rivolta scatenatasi sul web, è stata comunque accusata di non fare nulla per evitare l'uso a scopo commerciale delle foto, all'insaputa degli autori. Ma questo è il rischio che si corre in una sharing community. La degenerazione delle sovraesposizione delle immagini non è più gestibile. Ed il paradosso risiede qui: voler mostrare tutto di sé, dare in pasto a chiunque la propria memoria fotografica e poi chiedere la massima tutela della privacy. Ma quale privacy? La regina delle agenzie fotografiche ha ufficializzato la nomina di Michael Christopher Brown, ‘l’uomo con l’iPhone’, a far parte dell’esclusivo club che riunisce il gotha del fotogiornalismo mondiale Magnum Photo apre al reporter con lo smarthphone ichael Christopher Brown è un ra- mentazione sociale, la fotografia naturaligazzone americano della Skagit stica e la fotografia di guerra (in questo Valley, una tranquilla zona agicola post alcuni esempi dell’evoluzione del suo dello stato di Washington. Laureato in lavoro nel corso degli anni), distinguendosi psicologia, ha conseguito un master in nel lungo periodo per la sua serietà profotografia documentaria all’Università del- fessionale, la brillantezza della sua visione l’Ohio nel 2003 e da allora ha lentamente fotografica, il suo stile compositivo molto ma costantemente scalato l’impervia mon- grafico ed efficace e per una predispositagna della celebrità nel fotogiornalismo, zione e un’apertura innate verso stili e passando attraverso riviste universitarie tecnologie alternative nel fotogiornalismo. e sportive fino ad arrivare E dopo anni di duro laai magazine più importanti voro, la svolta sembra al mondo, da Fortune a essere arrivata dato che Newsweek, da Time a il 1 giugno la Magnum National Geographic. Photos, la regina delle Fotografo decisamente agenzie fotografiche ha eclettico, Michael Brown ufficializzato la sua noè passato attraverso il mina a far parte delbianco e nero, la street l’esclusivo club che riuMichael Christopher Brown photography, la docunisce il gotha del foto- M giornalismo mondiale. Se tutto andrà bene, nel 2015 verrà approvata definitivamente la sua candidatura e nel 2017 Brown potrà diventare membro effettivo della Magnum Photo. Una notizia che non è passata inosservata tra gli addetti ai lavori e che farà discutere il mondo dei fotoreporter. Tecnologie alternative. Da qualche anno a questa parte, Michael Christopher Brown lavora quasi esclusivamente con il suo iPhone e con le sue app, in particolare Hipstamatic. E non usa questo strumento per fare foto di piacere o per mostrare il dietro le quinte del suo lavoro. Quest’uomo fa reportage veri e propri. Interi servizi fotogiornalistici di grande qualità e attualità, anche su temi forti come la guerra, con l’uso del suo smarthphone. E li pubblica sulle maggiori Uno scatto realizzato con l’I-Phone testate del mondo. La domanda che sorge spontanea è: ma si può fare? È legittimo nel fotogiornalismo l’uso di uno strumento come Hipstamatic che altera da solo, automaticamente, il colore e la tonalità delle fotografie? Una polemica che si è già innescata tempo fa quando il premio World Press Photo è andato a Paul Hansen e la sua foto- probabilmente- ritoccata con Photoshop. Ma in molti sono dalla parte di Brown, che è convinto della qualità del suo lavoro anche attraverso l’utilizzo di un telefonino. E forse lo è anche la Magnum, che nominando “l’uomo dell’iPhone” potrebbe aver sdoganato definitivamente la controversa tecnologia nel campo del fotogiornalismo profesC.P. sionale. 11 Martedì 30 luglio 2013 CALCIO SCOMMESSE: LA LAZIO POTREBBE NON ESSERE PENALIZZATA Svolta nel processo Mauri: solo omessa denuncia? Decisiva una documentazione, fornita dagli avvocati del giocatore che dimostrerebbe l’assenza di puntate anomale nell’agenzia di Aureli Sport PALLANUOTO - QUARTI DI FINALE DEI MONDIALI DI BARCELLONA 2013 Italia - Spagna: la rivincita Gli azzurri partono favoriti, ma dovranno fare i conti con una piscina che si preannuncia tutta esautita ed un arbitraggio finora poco convincente di Federico Colosimo di Paolo Signorelli a richiesta di Stefano Palazzi ormai è nota. Quattro anni e mezzo per Stefano Mauri e 6 punti di penalizzazione per la Lazio, più un ammenda di 20 mila euro alla compagine capitolina. Un fulmine a ciel sereno quello che si è abbattuto sul capitano biancazzurro e sulla società romana. Ma, dalle prime indiscrezioni, sembrerebbe che tutta l’accusa del procuratore federale possa cadere. Si parla, ed ormai è più di una voce, “soltanto” di violazione dell’articolo 1 (principi di lealtà e correttezza) e di omessa denuncia. Dunque, non più di illecito sportivo. In questo caso la pena per il centrocampista brianzolo scenderebbe a 18 mesi (forse anche meno) e la Lazio non prenderebbe nemmeno un punto di penalità. Ma solamente una multa, poiché la responsabilità oggettiva sarebbe attenuata. Stessa sorte che toccò ad Antonio Conte lo scorso anno, quando venne condannato per omessa denuncia, in riferimento alle partite Novara-Siena e Albinoleffe-Siena del campionato di serie B 2010-2011 (quando sedeva sulla panchina della squadra toscana). La sentenza della Commissione disciplinare sul caso è prevista per oggi, massimo mercoledì pomeriggio. A giocarsi la carta, che potrebbe rivelarsi vincente, sono stati i legali di Mauri, Amilacare Buceti e Matteo Melandri. Un’azione in contropiede, è proprio il caso di dirlo, nei minuti finali del processo per sorprendere Palazzi e far crollare il castello accusatorio. Gli avvocati hanno infatti presentato alla Discipli- uesta sera, alle 21:45, a Barcellona, nella splendida arena della piscina Picornell, i quarti di finale di pallanuoto. Di fronte, il Settebello campione del mondo in carica e i padroni di casa della Spagna. Una sfida nella sfida, che non può far altro che rievocare i ricordi alle Olimpiadi del 1992: quando, in una finale-maratona estenuante, dopo tre tempi supplementari conditi da sviste arbitrali, fughe, rimonte e risse a bordo vasca, Ferdinando Gandolfi mise la parola fine ad un incontro che sembrava interminabile. Davanti al tifo e agli occhi di re Juan Carlos, la squadra guidata da Ratko Rudic si aggiudicò una medaglia d’oro indimenticabile. Sono passati 21 anni, ma è cambiato poco. Almeno per l’Italia. Gli azzurri sono ancora lì, a incantare le platee e a impartire lezioni sonore agli avversari. Questa volta, in panchina, c’è il delfinoallievo di Rudic, Sandro Campagna che, quella finale (Barcellona ’92), l’ha vissuta da protagonista in acqua. Giocatore incredibile, allenatore fantastico. L’Italia è favorita. Non toccate ferro, non incrociate le dita: è così, lo dicono le prestazioni ed i risultati, ma soprattutto gli uomini in vasca. Q L nare una documentazione che dimostrerebbe l’assenza di scommesse anomale nell’agenzia di Luca Aureli, amico del capitano biancoceleste che gli aveva fornito una scheda coperta. Una mossa che ha spiazzato totalmente la Procura federale, e che ha segnato un punto a favore di Mauri e della Lazio, i cui destini sono strettamente legati. Ovviamente nulla è ancora deciso. Si tratta solo di indiscrezioni che trapelano e che tengono la società romana e il suo capitano comunque con il fiato sospeso. Dopo la sentenza della Commissione disciplinare ci sarà quella della Caf (commissione appello federale). Ad emettere il verdetto definitivo sarà poi il Tnas. Ma, se il buongiorno si vede dal mattino, quella messa a segno dagli avvocati di Mauri è stata un rete importante. Pesantissima. Uno scenario utopico 12 mesi fa, ma ora possibile. E i tifosi laziali sperano. A guidare gli azzurri, dalla porta, il portiere più forte al mondo: Tempesti. In regia, a centrovasca, un fuoriclasse assoluto, Maurizio Felugo. La Spagna, però, davanti ad una piscina che si preannuncia tutta esaurita (sono attese circa 15mila persone), sogna lo sgambetto e, perché no, l’impresa. Molina, Espanol e Perrone, campioni assoluti, le anime degli iberici. L’eccezionale e asfissiante pressing degli azzurri potrebbe fare ancora una volta la differenza. Con una vittoria, il Settebello potrebbe poi trovare in semifinale la potenza della Serbia. In quella che potrebbe considerarsi a tutti gli effetti una finale anticipata. Questo perché la Croazia campione olimpica, quest’anno, ha dovuto rinunciare a un giocatore eccezionale come Boskovic (che si è preso un anno sabatico). E soprattutto perché a bordo vasca non c’è più il tecnico-mago più vincente (nella pallanuoto) al mondo, Rudic, ma un allenatore “normale”, Tucak. L’Italia è forte e non teme nessuno. Contro, come sempre, avrà tutto e tutti. Dai tifosi, ai due arbitri. Che, ogni volta che si viene a creare una situazione dubbia, indirizzano le loro decisioni a favore dei padroni di casa. La partita del girone di qualificazione contro la Grecia ne è stata la dimostrazione più lampante. I valori in acqua, tuttavia, sono evidenti. E come ama ripetere il “grande” Eraldo Pizzo, “non si è mai visto un arbitro far perdere la squadra più forte”. Destra Il Manifesto degli intellettuali È 12 Ecco l’Appello per l’unità della destra, con alcuni principi irrinunciabili Martedì 30 luglio 2013 tempo di tornare alla Politica. Quella grande, viva e vera, che accompagna il destino dei popoli. La politica ha due compiti essenziali: uno è governare e decidere, amministrare gli interessi generali, cambiare le cose e incidere sulla realtà. L'altro è far sentire un individuo dentro una comunità, mutare la massa in popolo, dare simboli, inserire la vita del presente dentro una storia: è la politica come anima civile e passione ideale. E' necessario che sorga un movimento che non offra solo promesse contabili o esprima rancori e invettive. Ma che incarni principi ideali e chiami a raccolta tutti coloro che vogliono scrivere insieme una storia. I nostri punti fermi non sono negoziabili: saranno il volto e l'anima della destra che nasce. - Il nostro punto di partenza e la nostra priorità è l'Italia e resta l'Italia. Nell'Europa e fuori d'Europa, nel locale come nel globale. L'Italia come civiltà prima che come nazione. Amor patrio. Di conseguenza la nostra prima battaglia sarà la tutela della sovranità italiana. Sovranità nazionale e popolare, politica e monetaria. Sovranità degli interessi generali degli italiani su ogni altro interesse privato o internazionale per arginare lo strapotere della finanza e dei tecnocrati. Piena integrazione all'immigrazione in regola. Intransigenza con l'immigrazione clandestina. 1 - La sovranità politica esige l'avvento di uno Stato autorevole, che promuova la Repubblica presidenziale, la rivoluzione meritocratica, l'ordine e la riforma delle istituzioni. Elezione diretta del Capo del governo, così come alla guida di ogni ente locale, in modo che chi governa sia nelle condizioni piene di decidere e di rispondere al popolo in un rap- 2 porto fiduciario d'investitura diretta. Grande riforma meritocratica ad ogni livello e uno Stato più autorevole dimezzato nei suoi organismi, nelle sue strutture e nel personale politico. - L'Europa per noi è civiltà prima che mercato comune, è integrazione delle Patrie e non disintegrazione degli Stati nazionali. E' l'Europa dei popoli. Vorremmo un'Europa più unita e coesa verso l'esterno, in politica estera, nelle difesa o per fronteggiare l'immigrazione e la concorrenza globale, e più duttile al suo interno, che riconosca le differenze tra aree, popoli e Nazioni, a cominciare dall'Europa mediterranea rispetto all'Europa del nord. E che faccia valere un criterio: quando c'è da scegliere tra l'assetto contabile della finanza e la vita reale dei popoli, la priorità è la seconda, non la prima. Nessun debito può sopprimere una Nazione o far fallire uno Stato sovrano. Rinegoziare l'euro. Rinegoziare il fisco con l’obiettivo di dar vita ad una politica fiscale dialogante con le famiglie e con le imprese. 3 - Dopo le esperienze tramontate dello statalismo parassitario e invadente e poi del liberismo basato sul primato assoluto del mercato e del privato, è tempo di aprire una terza fase incentrata sull'economia sociale di mercato, fondata sull'economia reale e sul primato del lavoro, sul valore sociale dell'iniziativa privata e della proprietà privata, sulla protezione del marchio italiano, con la mediazione di uno Stato autorevole che non gestisce ma guida i processi. E' necessario che si realizzi in Italia, come già avviene in Germania, la società partecipativa, attraverso nuove forme cooperative, comunitarie e di cogestione sociali in nome dell’azienda-comunità. L’orizzonte 4 sociale di questa destra nuova deve assumere la lotta alle nuove povertà, alla decrescita demografica, allo “sviluppismo” come alibi delle oligarchie economico-finanziarie per l’impossessamento delle risorse elementari delle Nazioni. - Davanti al diffuso desiderio di farsi e disfarsi la vita a proprio piacere, noi siamo dalla parte della vita, della nascita e della famiglia, nel loro inscindibile intreccio di diritti e di doveri. Non tuteliamo la vita ad ogni costo ma la sua dignità. E non confondiamo il matrimonio che è un bene comune, con altre unioni che attengono alla sfera privata. La nostra proposta Bioetica è scommettere su ciò che nasce, che costruisce, che liberamente si lega e si assume responsabilità, e non sul suo rovescio. Saremo dunque al fianco di tutte le battaglie per la tutela e l'affermazione della vita, della famiglia come struttura naturale e culturale su cui si basa ogni civiltà e sul sacro rispetto 5 I PROMOTORI DI QUESTO APPELLO SONO: Marcello Veneziani, Gennaro Malgieri, Massimo Magliaro, Renato Besana, Primo Siena, Luca Gallesi, Marco Cimmino, Gianfranco de Turris, Luciano Garibaldi, Pierfranco Bruni, Nino Benvenuti. Hanno già aderito: “La Destra” di Francesco Storace, la "Fondazione Nuova Italia" dell'on. Gianni Alemanno, "Io sud" della sen. Adriana Poli Bortone, "Azione popolare" dell'on. Silvano Moffa, "Mezzogiorno Nazionale" del sen. Pasquale Viespoli, il sen. Giovanni Collino, il centro di politica e cultura "Controcorrente" del sen. Domenico Benedetti Valentini, "Pronti per l'Italia!" dell'on. Mario Landolfi, "Iniziativa Meridionale" di Bruno Esposito, "Italia 2 punto zero" di Pierangiola Cattaneo, "Nuova Alleanza' del sen. Domenico Nania, Guido Paglia, Direttore editoriale de “Il Giornale d’Italia”, sen. Nando Signorelli, prof. Vincenzo Pacifici, Ordinario di Storia contemporanea, Mauro Minniti, consigliere regionale del Trentino Alto Adige. della morte, che non è smaltimento delle vite di scarto. - L'Italia ha bisogno di riscoprire l'abc della civiltà, la grammatica elementare dei rapporti umani. Da qui dunque la necessità di riportare al centro della vita pubblica il tema dell'Educazione. Vogliamo una società educata, che recuperi stile, decoro e rispetto, e riteniamo che il compito principale di una famiglia, ottemperate le necessità primarie, sia quello di educare e formare i figli. Occorre un grande progetto che passi dai nuovi media, dalla scuola e dalla tv, per la crescita civile e culturale del nostro Paese, che salvaguardi la ricchezza della nostra cultura anche con la tutela delle differenze contro il pensiero unico che mira ad omologare i principii, i comportamenti, i linguaggi, le scelte. La difesa della cultura nazionale ed europea anche per aprirsi e dialogare con le altre identità, sopratutto nel Mediterraneo. 6 - Come vogliamo un’Italia sovrana e dignitosa nei rapporti internazionali (politici, economici, culturali), così siamo per la tutela dei diritti dei popoli a forgiarsi il loro destino, in piena libertà, secondi i principii riconosciuti di indipendenza e autodeterminazione. 7 - Noi siamo eredi della Tradizione. Ci sentiamo figli di una civiltà che viene da lontano e vogliamo tutelare, affermare e rinnovare la tradizione di cui siamo continuatori. L'Italia ha radici antiche, romane e cattoliche, rinascimentali e risorgimentali. Il nostro amor patrio si lega al paesaggio e al linguaggio, alla vita e alla Storia, alle città e all'anima italiana. E' difesa della natura, dell'agricoltura e dei beni artistici, memoria storica e tutela dell'eccellenza italiana. La Tradizione è il senso della continuità e delle cose che durano, amore del passato e voglia del futuro, rispetto delle origini e fedeltà innovativa, patto tra le generazioni, l'ono- 8 re dei padri e l'impegno dei figli, comune sentire, patrimonio di esperienze e valori trasmessi in politica come in famiglia, nello Stato come nella società. La Tradizione è connessione, durata e primato della comunità sugli egoismi. Tradizione nella Modernità, Modernità con la Tradizione: questa è la sfida del futuro. Una forza politica e civile così oggi manca in Italia; è tempo di colmare il vuoto. La politica miserabile dei nostri giorni che promette solo vantaggi pratici e rimuove principi ideali, non parla al cuore degli italiani, non mantiene nemmeno le promesse concrete e accompagna il degrado che stiamo vivendo. Quanto più cresce il peso della tecnica e dell'economia, tanto più urge il contrappeso di una visione spirituale della politica e della comunità. Quanto più viviamo nell'era globale, tanto più sentiamo il bisogno di un luogo eletto che sentiamo come la nostra casa. ADERITE ALL’ APPELLO Per aderire scrivete a: “Il Giornale d’Italia” via Giovanni Paisiello, 40 00198 Roma, oppure mandate una mail a: [email protected] indicando il vostro nome, cognome, indirizzo, un numero di telefono fisso o un numero di cellulare.