MENSILE DEL SINDACATO PENSIONATI ITALIANI
SPI-CGIL DELL’EMILIA-ROMAGNA
Editoriale
Attualità
La Cgil e le sfide
Gli immigrati e la casa:
per il futuro del Paese proposte di convivenza
Dal mondo
Nelle piazze d’Europa
il nostro no alla crisi
Salute
Aiuto, che caldo!
Come difendersi
Memoria
Migranti: l’esperienza
di sentirsi smarriti
Autorizzazione del tribunale n.4897 del 5 marzo 1981 - Spedizione in abbonamento postale 45%
Argentovivo giugno 2009
“Non è mai troppo
tardi”
n.6
giugno 2009
1
In breve
Argentovivo giugno 2009
Libertà per
Aung San Suu Kyi:
appello e firme
di solidarietà
2
La giornalista Ilaria Alpi e l’operatore Miran Hrovatin
“Carte false”:
un libro cerca la verità
sulla morte di Ilaria Alpi
Quindici anni senza verità e
giustizia. È l’amaro bilancio
di una tragica vicenda segnata da dubbi, bugie e verità
nascoste: l’omicidio della
giornalista del Tg 3 Ilaria Alpi
e dell’operatore Miran Hrovatin, assassinati in Somalia il
20 marzo del 1994. In occasione della quindicesima edizione del Premio giornalisticotelevisivo intitolato a Ilaria
Alpi, che si è tenuta a Riccione dal 18 al 20 giugno, è stato
presentato un libro che fa il
punto sulle indagini su questa
vicenda: “Carte false”, curato
dall’inviato del Tg3 Roberto
Scardova, con i contributi di
Francesco Cavalli, Alessandro
Rocca, Luciano Scalettari e
l’analisi di Mariangela Gritta
Grainer. Il libro, pubblicato
da edizioni Ambiente, è il testardo tentativo di continuare
a cercare la verità, per ricordare Ilaria Alpi e l’etica che
la distingueva: un’inchiesta
a più voci che ripercorre le
parole dei testimoni, gli atti
di magistratura e Parlamento,
le ammissioni e le omissioni,
partendo dalla situazione
della Somalia nel 1994 e arrivando all’attualità. Allora
come oggi, nel Paese africano
dilaniato dalla guerra tra
fazioni, agli interessi locali si
mescolano quelli del business
internazionale, dei traffici di
armi e rifiuti tossici: il libro
coordinato da Scardova cerca
di far luce sugli intrecci che
sono costati la vita a una giornalista votata alla ricerca di
verità scomode.
Dopo tredici anni di detenzione
la leader democratica birmana
Aung San Suu Kyi, premio
Nobel per la pace, è stata
incarcerata di nuovo dal
regime militare sulla base di
accuse pretestuose. Una mossa
che, come hanno osservato i
commentatori internazionali
indipendenti, mira a tenerla
detenuta fin dopo le elezioni
che si svolgeranno nel 2010.
L’organizzazione internazionale
non profit Avaaz.org,
raccogliendo le richieste degli
attivisti birmani per la pace,
i diritti e la democrazia, ha
rilanciato un grande appello
on line al Segretario generale
dell’Onu Ban Ki Moon per
chiedere il rilascio di Aung San
Suu Kyi e di tutti i prigionieri
politici incarcerati dalla
Birmania solo per avere
espresso in modo pacifico le
loro opinioni in dissenso dal
regime. Per chiedere libertà
per la leader birmana si può
firmare on line l’appello: alla
campagna partecipano oltre
160 gruppi di solidarietà ed
esiliati birmani in 24 Paesi. Per
la firma basta collegarsi al sito
web www.avaaz.org.
Aung San Suu Kyi
Il Giardino
della cortesia:
progetti
per educare
alla città civile
Abbattono muri, disegnano per
terra, dipingono sulle pareti:
non sono ragazze e ragazzi
indisciplinati, ma è la nuova
generazione di giovanissimi
educatori civici bolognesi.
Hanno creato “Il giardino della
cortesia”. Un giardino ricco di
fotografie, disegni, vignette,
pensieri gentili, installazioni,
brani letterari, t-shirt che raccontano le attività educative e
comunicative realizzate dalle
scuole nell’ambito del progetto
La città civile – progetto per
far tornare Bologna capitale
del senso civico -. Un progetto
in cui il poeta Roberto Roversi
ha percepito “l’aria, il vento
delle emozioni e delle occasioni non deluse di un tempo”.
Un tempo non lontano in cui
Bologna era capitale del senso
civico. Può tornare ad esserlo.
Oggi in tanti si sentono estranei e non dimostrano affetto
per la città. Sembrano avere
dimenticato la grammatica del
vivere in comunità. Esiste però
anche una Bologna virtuosa
che vuole bene alla città, che
In breve
Maria Carla Bertarelli
La neocentenaria “nonna Terzina”
Tanti auguri
dallo Spi
a nonna Terzina
per i suoi 100
anni!
A Montecastello di Mercato
Saraceno (Fc) si è festeggiato il centenario di nonna
Terzina. Rosina Nunziatini
(all’anagrafe) è nata il 19
maggio 1909, ed è sempre
vissuta nella piccola comunità della Valle del Savio.
Vedova da tempo, ha 5 figli, 13
nipoti e 17 pronipoti; la vita
di nonna Terzina è trascorsa
all’insegna dei lavori nei campi e in cucina. Ogni giorno
percorre circa 5 chilometri a
piedi, spostandosi fra chiesa,
cimitero e piazza. La lega
Spi-Cgil di Mercato Saraceno,
a cui è iscritta dal lontano
aprile 1970, in occasione del
centenario le ha consegnato
una targa, con tanti auguri
per i prossimi anni!
Passaparola
La memoria corta
Il ministro Sacconi ha la memoria corta e la lingua lunga.
Ha annunciato, con toni trionfalistici come fosse “farina del suo sacco”, il pagamento, dal
primo luglio della quattordicesima mensilità a 3,5 milioni di pensionati.
I pensionati e le pensionate gli ricordano che:
• Questo beneficio economico alle pensioni più basse è frutto dell’accordo del 23
luglio 2007 sottoscritto da Cgil-Cisl-Uil con il governo Prodi;
• La quattordicesima è una conquista che proviene dalla lunga mobilitazione dei
Sindacati Pensionati;
• Il governo Berlusconi finora ha eluso tutte le richieste delle organizzazioni sindacali dei pensionati per recuperare la perdita del potere d’acquisto delle pensioni ed
estendere la quattordicesima.
Se il ministro Sacconi ha la memoria corta, i pensionati e le pensionate dell’Emilia-Romagna ricordano bene, invece, che l’unico provvedimento di questo governo a sostegno dei
redditi bassi è stata la “farsa” della Carta acquisti, con tanti anziani a fare la fila e pochi
ad avere il misero beneficio.
Un’altra donna alla guida di
una “grossa” Lega del ferrarese che comprende i Comuni
di Codigoro, Mesola e Goro.
Diventano, così, sei le donne
segretarie di Lega. Nella cornice
del bel Castello di Mesola, fra
quadri che raffigurano flora e
fauna del Boscone, un tempo
tenuta di caccia degli Estensi,
signori di Ferrara, alla presenza
dei componenti del Comitato
direttivo di Lega, Massimo Bovolenta ha lasciato la direzione
della Lega stessa. “Ma non vado
via, aiuterò ancora la Lega”,
ha detto. Quattro Comuni, una
lega con oltre 4mila iscritti, che
Massimo “guidava” da ormai due
mandati. È stata eletta Maria
Carla Bertarelli, una donna che
è stata occupata nella vita “pubblica” di Codigoro, essendosi
impegnata come assessore alla
Cultura e alle pari opportunità
e poi nella attività sociale del
Comune. Si è presentata come
incline all’ascolto e al dialogo,
spera – dice – di essere all’altezza di questo nuovo compito. Non
hanno avuto dubbi i pensionati
che l’hanno eletta all’unanimità
segretaria di Lega.
Argentovivo giugno 2009
fa del rispetto degli altri, dei
beni comuni e dell’ambiente
uno stile di vita, un tesoro
da coltivare tutti i giorni. Il
progetto “La città civile” dà
voce e volto a questa Bologna,
che deve tornare ad essere
esempio di civiltà. Il progetto
è promosso da Antartide e da
diversi Istituti scolastici e Direzioni didattiche di Bologna,
con il patrocinio della Regione
Emilia-Romagna e con la
collaborazione tra gli altri di
Cgil, Cisl e Uil. Una mostra sul
progetto è aperta all’Archiginnasio fino al 30 giugno.
Bertarelli eletta
segretaria della
Lega
di Codigoro
Mesola e Goro
3
Sommario
2| In breve
• “Carte false”: un libro cerca
la verità sulla morte di
Ilaria Alpi
• Libertà per Aung San Suu
Kyi: appello e firme su
Internet
• Il Giardino della cortesia:
progetti per educare alla
città civile
• In piazza contro la crisi
con i sindacati europei
Mirna Marchini
3| In breve
16| Società
• Tanti auguri dallo Spi a
nonna Terzina per i suoi 100
anni!
• Bertarelli eletta segretaria
della Lega di Codigoro,
Mesola e Goro
• Passaparola
5| Editoriale
• Il futuro del Paese e la Cgil
Maurizio Fabbri
Argentovivo giugno 2009
14| Dal mondo
8| Attualità
• Gli immigrati e la casa:
coesione nella diversità
Enrico Rizzo
10| Società
• Educazione degli adulti:
“Non è mai troppo tardi”
Roberto Battaglia
12| Società
• Anziani e memoria nel
mondo che cambia
Mina Cilloni
15| Salute
• Sos caldo: dove trovare
servizi e consigli utili
a cura della redazione
• Incidenti in casa? Prevenirli
si può
a cura della redazione
17| Dimensione Cgil
• Immigrazione, sfidiamo il
linguaggio della paura
Mayda Guerzoni
19| Auser
• In Palestina e Israele per
ricordare Angelo
Sergio Bossoli,
Ermanno Zanotti
21| Territori e leghe
• Casalecchio, gli studenti
“disegnano” lo Spi
Bruno Pizzica
22| Territori e leghe
• Bologna, col teatro
narriamo il lavoro visto
dalle donne
Alessia Tucci
23| Territori e leghe
• Imola: “Chiedevamo pane e i
fascisti spararono”
Cleofe Ferdori
24| Territori e leghe
• Modena, idee e domande sul
testamento biologico
Franco Zavatti
25| Territori e leghe
• Copparo, la nostra storia nei
quadri di Ermanna
Valentina Vecchiattini
4
Direttore responsabile:
Mirna Marchini
Vice direttore:
Mauro Sarti
• Arrivare in luoghi sconosciuti
Dove sono? Chi sono?
Anna Maria Pedretti
• “Cosa significa per lei
sicurezza?”
don Luigi Ciotti
• L’importanza di ricordare
un nome
Eva Lindenmayer
In redazione:
Roberto Melli, Luca Baldazzi,
Anna Maria Selini, Paola Guidetti,
Valentina Vecchiattini, Franco
Digiangirolamo.
memoria
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Casalecchio,
gli studenti
“disegnano” lo
Spi
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5 25
Incidenti in casa?
Prevenirli si può
Argentovivo n. 6 - giugno 2009
Chiuso in tipografia
il 22/06/2009
la tiratura complessiva
è di 8.000 copie
26| I temi della
In piazza
contro la crisi
con i sindacati
europei
Il futuro del Paese
e la Cgil
La foto di copertina è di Paolo Righi –
Meridiana Immagini
Copparo, la nostra
storia nei quadri di
Ermanna
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a cura di FUTURA PRESS
Proprietà
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Associato
UNIONE STAMPA
PERIODICI ITALIANI
Editoriale
Il futuro del Paese e la Cgil
Argentovivo giugno 2009
Maurizio Fabbri
Segretario generale
Spi-Cgil Emilia-Romagna
Qui sopra e nelle pagine seguenti, immagini della manifestazione europea contro la crisi a Praga
Il
risultato elettorale accresce di
fatto la responsabilità della Cgil.
Un’Europa più orientata a destra,
vittima di antiche paure, ha trovato riscontro anche in Italia, dove, d’altro canto,
una risposta forte e alternativa del centrosinistra stenta a farsi strada. La Cgil è stata la prima a denunciare l’inadeguatezza
del governo rispetto alla crisi e per i valori
negativi trasmessi soprattutto attorno al
tema dei migranti.
Il voto italiano ci consegna un Presidente
del Consiglio indebolito, con un governo che
non ha la maggioranza dei voti e più subalterno alla Lega. A questo governo - senza
volerci sostituire alla politica - come Cgil,
dobbiamo lanciare una nuova sfida sui problemi del paese, già a partire da settembre.
Il voto europeo si è contraddistinto per due
caratteristiche fondamentali: la bassissima partecipazione (attorno al 40%), segno
dello scarso appeal che ormai l’Europa
esercita, e lo spostamento a destra dell’asse politico, soprattutto con l’affermarsi di
alcune forze xenofobe seriamente pericolose. In controtendenza, in almeno due
paesi, si è registrato il successo dei verdi,
lasciando intravedere un’attenzione alla
qualità del futuro modello di sviluppo.
In Italia, il risultato nei Comuni ha reso
ancora più evidente la frammentazione del
voto, quasi a volerci dire che le persone si
sentono sole e che un tale stato d’animo
fa prevalere paure e ricerche soggettive di
identità e radici. In questo senso, il progetto
della destra è certamente favorito: da sem-
pre fa leva sulle paure delle persone e su risposte di conservazione. Le responsabilità e
le colpe si attribuiscono all’altro, al diverso
da sé e ciò conduce facilmente alla guerra
fra poveri: sono questi i cavalli di battaglia
della Lega che ha rastrellato voti e consensi
non solo nelle regioni del Nord Est.
La vittoria del partito di Bossi ci riguarda
e ci interessa direttamente. Anche se non
è vero che la Lega è fisicamente penetrata
nei nostri territori, ciò non significa che
non abbiano fatto presa i suoi valori. Noi
che siamo davvero sul territorio dobbiamo
fare e farci alcune domande. Per esempio,
perchè non siamo in grado di produrre e
offrire valori che neutralizzino questo
fenomeno? È colpa dei nostri valori che
hanno perso fascino e significato o c’è
5
Argentovivo giugno 2009
Editoriale
6
qualcosa che ha a che vedere con le nostre
coerenze e le nostre abilità nel veicolarli?
Ci dobbiamo interrogare, come Spi e come
Cgil, anche con i lavoratori direttamente
nei luoghi di lavoro.
L’affermazione delle camicie verdi non si
limita, secondo me, al fatto che parlano
alla “pancia”, alla paure delle persone.
La verità è che alla sinistra manca un
progetto culturale alternativo, la capacità di fare opposizione, ed è qui che entra
in gioco la nostra rinnovata e aumentata
responsabilità.
La Cgil deve rilanciare i suoi valori di solidarietà, di giustizia sociale, rappresentando efficacemente l’importanza del suo
ruolo, quello di un sindacato generale dei
lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati
- compresi i migranti! - che vuole battersi, difendendo i valori della Costituzione,
affinché questa società diventi più giusta
e solidale.
Dobbiamo ammettere che, per quanto
riguarda l’Europa e le elezioni europee,
non abbiamo fatto molto. È chiaro che la
crisi ha avuto un peso sulle elezioni, ma è
altrettanto vero che l’Europa è sentita da
tutti come lontana. E un po’ di autocritica, per una mancata discussione in questo
senso, dobbiamo farla anche noi.
La sinistra, in Europa e in Italia, avrebbe avuto bisogno di un dibattito più di
respiro, più proiettato sul futuro comunitario, in particolare dal punto di vista
sociale. Si doveva rilanciare la Carta di
Nizza e la difesa del lavoro, proprio in
relazione alla drammatica situazione
dell’occupazione, dello sviluppo e della
coesione sociale. Serviva per il lavoro,
per i dipendenti e per i pensionati un
progetto sul welfare più forte, capace di
essere più incisivo e di arrivare al cuore
e alla testa delle persone e dei cittadini
tutti. Purtroppo non c’è stato.
E’ anche per questa ragione che è aumentata la responsabilità della Cgil. Perché noi
siamo stati i primi a denunciare il modello
conservatore del governo, la sua inadeguatezza e il suo carattere antioperaio e antipopolare. E oggi, dopo aver contrastato e
superato una fase di grande solitudine,
ma con le nostre piazze affollate, fino alla
grande manifestazione nazionale di Roma
del 4 aprile scorso, la Cgil si appresta a lanciare una sfida nuova e strategica. Si riparte e lo faremo attraverso la Conferenza di
programma, del 16 - 18 luglio a Chianciano,
dove metteremo a punto le nostre proposte
per una nuova Italia del lavoro e dei diritti
universali, che troveranno poi uno spazio e
un luogo di discussione e approfondimento
all’interno del nostro congresso, che si avvierà a partire da settembre.
Anche come Spi, sulla stessa scia, abbiamo
intrapreso questo percorso a partire dalla manifestazione regionale di novembre,
seguita da quella nazionale del 5 marzo a
Roma e, infine, con i presìdi del 28 maggio
in tutte le città. Il prossimo appuntamen-
to sarà a Perugia, il 4 luglio, dove manifesteremo contro il governo e rilanceremo i
contenuti della nostra piattaforma, quelli
elaborati con Fnp e Uilp.
Ma la vera sfida per noi inizierà con l’autunno, quando i nodi verranno al pettine e
la crisi economica, purtroppo, ci farà sentire il peggio sul piano delle conseguenze
sociali. Per questo, già da ora, dobbiamo
preparare una forte sensibilizzazione e
mobilitazione, per rafforzare le consapevolezze e indirizzare il disagio verso la giusta
direzione, consentendo risposte adeguate
alle aspettative.
I punti su cui dovremo insistere sono quelli del reddito, del lavoro e del sociale. La
necessità, cioè, di un intervento di distribuzione e redistribuzione, anche attraverso le leve fiscali e la difesa e il rilancio dell’occupazione, insieme a politiche
mirate ad uno sviluppo di qualità. Ma anche, in contemporanea, le proposte sociali
frutto di un lungo lavoro di elaborazione
dello Spi, che mettono al centro la persona
e i suoi diritti universali e di cittadinanza, gli ammortizzatori sociali come diritto
universale, per rispondere a nuovi e vecchi
bisogni di povertà, in una società che ha
chiara l’idea dell’inclusione.
Noi e tutta la Cgil saremo in campo da
settembre, e faremo di tutto perché anche Fnp e Uilp ci siano, pronti a portare
avanti ancora le nostre richieste. Il cammino è già tracciato, dobbiamo solo continuare dritti, guardare avanti, consapevoli e confortati dall’appoggio che in questi
mesi i lavoratori e i pensionati ci hanno
nuovamente confermato. Le elezioni ci
consegnano una destra meno forte di
quello che ci si poteva attendere, la strada è in salita, ma adesso che la crisi farà
sentire più stretta la sua morsa, spetta a
noi insistere, indicando, per il nostro paese, la giusta direzione.
Emilia-Romagna al voto:
il quadro del primo turno
Tre sindaci (Reggio Emilia, Modena e Cesena) confermati o eletti al primo
turno. E così quattro presidenti di Provincia (Bologna, Modena, Reggio
Emilia e Forlì Cesena). In tutti gli altri casi si è dovuto ricorrere al ballottaggio, tranne che per un’amministrazione provinciale (Piacenza) passata subito dal centrosinistra al centrodestra. In Emilia-Romagna il Partito
democratico e le coalizioni di centrosinistra “tengono” meglio rispetto ad
altre regioni, ma il primo turno delle elezioni europee e amministrative
del 6-7 giugno ha dato un responso su cui riflettere. In attesa del verdetto
definitivo dei ballottaggi, che al momento di chiudere questo numero di
Argentovivo non si sono ancora svolti.
Nei Comuni capoluogo, tra i sindaci uscenti solo Graziano Delrio a Reggio
Emilia (52,43%) e Giorgio Pighi a Modena (50,09%) hanno ottenuto subito la riconferma. Buon risultato per il centrosinistra anche a Cesena, dove
il candidato Paolo Lucchi è stato eletto con il 51,86% delle preferenze. Al
ballottaggio per una manciata di voti Flavio Delbono a Bologna, Roberto
Balzani a Forlì, Tiziano Tagliani a Ferrara.
Si è votato anche per 8 Province su 9, tutte tranne Ravenna. I risultati:
quattro conferme immediate per i presidenti alla guida di coalizioni di
centrosinistra (Draghetti a Bologna, Sabattini a Modena, Masini a Reggio
Emilia, Bulbi a Forlì-Cesena), tre ballottaggi a Ferrara, Parma e Rimini e
la Provincia di Piacenza al centrodestra.
Per quanto riguarda l’Europa, l’Emilia-Romagna che si riconosce nel centrosinistra ha mandato a Bruxelles i “suoi” candidati Salvatore Caronna e
Vittorio Prodi. Il Pd è la formazione che ha ottenuto più consensi, con quasi un milione di voti, pari al 38,86%. Dietro al Pdl (27,36%) cresce l’Italia
dei Valori (7,24%). Ma soprattutto preoccupa la forte avanzata della Lega
nord, che in regione, sempre alle europee, è arrivata all’11,08%.
Argentovivo giugno 2009
Editoriale
7
Attualità
Gli immigrati e la casa:
coesione nella diversità
Acer al servizio dell’integrazione abitativa per il buon vicinato
Enrico Rizzo*
Argentovivo giugno 2009
L’
8
attività di gestione del
patrimonio immobiliare implica un rapporto con l’utenza di immobili
pubblici non solo di tipo amministrativo-patrimoniale-tec-
nico ma anche di tipo relazionale. Su un nucleo consolidato
di attività tipiche di gestione,
manutenzione e riqualificazione del patrimonio immobiliare
pubblico si innestano infatti
progetti speciali e azioni specifiche nel campo della mediazione sociale e di comunità e
in quello della sostenibilità
sociale degli inserimenti abitativi, con la promozione di
positive relazioni di vicinato,
percorsi di accompagnamento
all’abitare e riduzione della
conflittualità. Le attività inserite nel progetto “Territori in
rete per l’accesso all’alloggio
– Laboratori di comunicazione e mediazione sociale”, che
ha ottenuto un finanziamento
ministeriale di 100mila euro,
permetteranno ad Acer (gestore del progetto) e Comune
di Bologna di affrontare il problema della coesione sociale
nel rispetto delle diversità.
Le azioni proposte all’interno
di questo progetto, già iniziato e della durata di 18 mesi,
vogliono porre in essere relazioni positive fra gli immigrati
residenti nelle aree di edilizia
popolare con il resto degli altri
residenti, e più in generale con
la cittadinanza tutta (mediazione di comunità).
Si implementeranno a tale
scopo laboratori pratici rivolti
a sviluppare contemporaneamente modalità di sapere (conoscenze), saper fare (competenze) e saper essere (capacità relazionali). All’interno di
questo contesto il fine ultimo è
quello di cercare di modificare
la stigmatizzazione negativa
che la rappresentazione sociale
comune assegna all’immigrato
e di promuovere momenti di
socializzazione e integrazione,
anche sul modello delle feste
di vicinato già sperimentate
dall’Ente gestore nel corso del
2007 in alcuni quartieri della
città di Bologna.
ll progetto rappresenta una
delle prime esperienze di integrazione abitativa e accompagnamento all’abitare di cittadini immigrati di origine non
comunitaria che già risiedono
in alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà del
Comune di Bologna. Questa
sperimentazione prevede:
1) Un percorso partecipato di
accompagnamento all’abitare
e facilitazione dei rapporti di
vicinato nel comparto di recente ristrutturazione e nuova
assegnazione denominato Corte3 (via Bolognese, via Tibaldi,
via Colonna, via dall’Arca) e in
altri comparti adiacenti.
2) Una intensa attività di mediazione interculturale-linguistica per operatori dell’Acer di
Bologna.
Le due attività sono interconnesse, in quanto il percorso
partecipato di accompagnamento all’abitare e facilitazione dei rapporti di vicinato pensato per alcuni comparti edilizi della Bolognina si intreccia
con le attività formative nel
campo della mediazione interculturale rivolte ad operatori
Acer, che lavorano potenzialmente a contatto con tutta
l’utenza immigrata che chiede
informazioni e/o servizi. Le
tendenze più recenti mostrano
in particolare la forte crescita
della popolazione straniera a
Bologna, che al 31 dicembre
2008 ha superato quota 39.400
residenti (+17,5% rispetto a dodici mesi prima). Gli stranieri
costituiscono ormai il 10,5%
della popolazione di Bologna e
tale percentuale aumenta per
quanto riguarda i comparti residenziali di edilizia pubblica
(16,6%). Mentre i nuclei familiari assegnatari sono l’8.8%.
Argentovivo giugno 2009
Attualità
* Presidente di Acer (Azienda
Casa Emilia Romagna della
Provincia di Bologna)
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Società
Educazione degli adulti:
“Non è mai troppo tardi”
Roberto Battaglia
Segretario Spi-Cgil
Emilia-Romagna
Argentovivo giugno 2009
“Fate funzionare
il macinino che avete
nel cervello”
(Alberto Manzi)
N
ei prossimi giorni, in
tutto il Paese, partirà
una grande iniziativa
della Cgil, del Sindacato scuola Flc, del sindacato pensionati Spi, dell’Auser, per la raccolta di firme a sostegno della
Proposta di legge di iniziativa
popolare per il diritto per-
Emergenza analfabeti:
36 milioni di “illetterati”
Siamo tra i primi dieci Paesi più industrializzati, ma
con trentasei milioni di “illetterati”. Secondo i dati
dell’ultimo censimento Istat, elaborati dall’Unione
nazionale lotta contro l’analfabetismo – Unla -, sei
milioni di italiani, pari all’11,1% della popolazione,
non hanno alcun titolo di studio. A questo dato, di per
sè già molto grave, si affiancano circa 14 milioni che
hanno conseguito solo la licenza di scuola elementare; mentre 16 milioni si fermano alla licenza di scuola media inferiore. Sostanzialmente il 36,52% della
popolazione del nostro Paese è priva di conoscenze
e di strumenti formativi adeguati per affrontare una
società moderna e in continua trasformazione come la
nostra. Pertanto, il ministero dell’Istruzione, a fronte
del 66% degli italiani che non vanno oltre la terza
media, definisce questa situazione con il termine di
“illetterati”.
10
manente all’apprendimento,
all’istruzione, alla formazione.
Perché la proposta di legge
Il nostro è un Paese con una
forte dispersione scolastica;
appena una persona su cinque
tra i 16 e i 65 anni di età possiede le competenze di base
per affrontare i problemi posti da una società sempre più
complessa. Solo il 3% della
spesa dell’istruzione pubblica
è destinato alla formazione
degli adulti, con una perdita di conoscenze e di saperi
che riguarda anche chi possiede un titolo di studio, un
diploma e perfino la laurea.
Siamo in presenza di una carenza di partecipazione della
popolazione adulta alle attività formative, tra le più basse in
Europa: appena il 6,2% rispet-
to alla media europea del 9%,
e distanti dall’obiettivo della
Strategia di Lisbona di raggiungere entro il 2010 il 12%
di partecipazione degli adulti
alle attività di formazione.
Per queste ragioni la Cgil, lo
Spi, la Flc e l’Auser propongono una Legge di iniziativa
popolare, per avere finalmente
una Legge quadro nazionale
che preveda per tutti i cittadini il diritto di accesso all’istruzione e alla formazione permanente fino alla certificazione
delle competenze acquisite.
I principi generali
della proposta
L’articolo 1 della proposta di
legge è particolarmente significativo, poichè prevede che
la Repubblica, in coerenza
con la Costituzione, ricono-
Attualità
Società
sicurare ad ogni persona le
capacità e le possibilità di
apprendere all’interno dei
processi formativi previsti.
Tra le finalità della proposta
di legge rientrano anche le
norme generali che riguardano il riordino delle misure a
sostegno all’apprendimento
dei lavoratori e dei pensionati.
Un obiettivo, questo, attuale a
seguito della crisi economica
e produttiva che sta attraversando il Paese, in quanto per
i lavoratori l’attività formativa
è finalizzata, nella proposta di
legge, a difendere e garantire
il posto di lavoro e facilitare
Formazione
in età adulta: le cifre
Una recente indagine Istat - anno 2006 - condotta su
un campione di circa 55mila persone evidenzia che la
maggior parte di chi frequenta attività di formazione
per gli adulti sono uomini, pari al 44,1%, mentre le
donne sono il 39,5%. Oltre alla condizione di genere,
anche l’età rappresenta una discriminante. Con l’avanzare dell’età diminuisce il livello della partecipazione,
e a farne le spese sono soprattutto coloro che hanno
più di 65 anni, che rappresentano solo il 14% di chi
frequenta attività formative o di istruzione. I principali
ostacoli per gli adulti, secondo l’indagine svolta, sono
rappresentati dai costi economici, dagli impegni familiari e lavorativi.
Il Maestro Alberto Manzi
eventuali mobilità lavorative, mentre per i pensionati la
formazione è ispirata all’aggiornamento delle competenze vitali, alla promozione
del benessere, allo sviluppo
e alla emancipazione personale, alla cittadinanza attiva.
Di questa proposta di legge di
iniziativa popolare sarebbe sicuramente contento un grande e
semplice educatore quale è stato
Alberto Manzi, forse inconsapevolmente artefice del progetto
stesso. Come non ricordarlo,
quando nei tardi pomeriggi invernali appariva alla televisione,
in quei tempi ancora in bianco
e nero, con la sua semplicità, ad
insegnare a scrivere, a leggere e
a far di conto a tanti adulti analfabeti, ma anche a tanti bambini,
perché il suo modo di insegnare
era come giocare con i numeri e
con le parole.
Argentovivo giugno 2009
sca e promuova l’esercizio
del diritto all’apprendimento
permanente come condizione
determinante per favorire la
cittadinanza attiva, la piena
occupazione, la mobilità professionale, l’invecchiamento
attivo, il benessere e la qualità
della vita delle persone, rimuovendo gli ostacoli che impediscono l’accesso alle attività
dell’istruzione e all’acquisizione di conoscenze e competenze culturali e professionali.
Si riconosce altresì l’apprendimento permanente quale
opportunità lungo tutto il
corso della vita, al fine di as-
11
Società
Anziani e memoria
nel mondo che cambia
Mina Cilloni
Segretaria Spi-Cgil
Emilia-Romagna
Argentovivo giugno 2009
D
12
ue i momenti importanti che hanno caratterizzato il settimo
Convegno TerzEtà della Cittadella di Assisi: il primo: - “La
memoria tra apprendimento e
creatività, tra fisiologia e patologia” - tenuto dalla dottoressa
Luisa Bartorelli (docente di
psicogeriatria dell’Università
Cattolica) e il secondo - “In
un mondo accelerato serve la
memoria?” - tenuto dall’antropologo Tullio Seppilli.
Lo scenario è quello che da
tanto tempo, ormai, ci diciamo: in Italia nel 1950 eravamo
47.100.000, nel 2008 siamo arrivati a 60.000.000. Nascono più
maschi ma l’invecchiamento è
al femminile. Le donne vivono
di più per motivi genetici, per
stili di vita, per fattori ambientali e le regioni in cui vivono
più centenari sono il Piemonte, la Lombardia e la Toscana.
Il filosofo Debray propose di
fare a meno dei vecchi – una
proposta indecente. Furono
fatte anche “sperimentazioni”
di luoghi-ghetti solo per gli
anziani negli Usa, che miseramente fallirono.
La vecchiaia è l’età della saggezza, del bilancio e dei raccolti. Invecchiare non è una
malattia – afferma la dotto-
ressa Bartorelli – ma ci sono
due modi di invecchiare: la
felicità degli anziani “vigorosi”
e la sofferenza degli anziani
“fragili”: sono mondi diversi.
È necessario tentare di costruire e coltivare il gusto della
vita attraverso piccole cose a
cui attenersi, ad esempio sperimentando, ogni giorno, cose
nuove per sé e per gli altri;
piccole ritualità, un’abitazione
che risponda a nuove esigenze,
viaggi, salute, ironia, edonismo intelligente, relazione con
il presente, biografia affettiva,
bisogno di autenticità, test per
“allenare” la memoria, quel
filo conduttore su cui si snoda
tutta la vita.
Abbiamo: una Memoria innata trasmessa dai genitori
(genetica), una Memoria primaria (memoria sensoriale,
visiva, uditiva ecc.), una Memoria secondaria (centro
di raccolta dei dati in nostro
possesso e smistamento degli
stessi), Memoria episodica
(riceve e archivia), Memoria
semantica legata strettamente alla Memoria secondaria
(significati delle parole e delle
categorie, es. cane/animale) e
basata sulla nostra storia culturale – famiglia, studi, odori,
volti, colori ecc. . .
Abbiamo una memoria a breve termine e a lungo termine
e una Memoria procedurale
(andare in bicicletta, in auto,
ecc…) che sono le ultime a
Oggetti d’epoca nella casa-museo della scrittrice Grazia Deledda
scomparire.
Quali fattori sono influenti per
la memoria? La genetica, il
supporto sociale, lo stress (ansia, fatica, perdita di energia,
ritiro sociale ecc..), i fattori
ambientali che sono importantissimi, le relazioni, gli esercizi ma non solo, ginnastica moderata, ma soprattutto esercizi
di destrezza, e infine la capacità di tollerare la sofferenza. E
uno dei fattori più importanti e
la resilienza (dal latino “resalio”, che significa salto), quindi
la capacità di far fronte, di resistere, di “rimanere in piedi”
dopo un evento.
L’ultimo consiglio della Bartorelli è: No al mito dell’eterna
giovinezza.
In questo mondo così veloce
serve la memoria? L’antropologo Tullio Seppilli ha lungamente spaziato su alcuni temi,
apparentemente diversi, ma
che sono strettamente legati alla memoria: tra questi lo
stato di incoscienza, e quindi
il “sogno” e di come “il sogno”
nella nostra civiltà occidentale sia stato bandito: ne è stato
abolito il ruolo sociale.
Rimangono solo due finestre
aperte: l’aspetto folkloristico
(numeri del lotto…) e la psicanalisi, che ha dato “statuto” al
sogno. Ma il “sogno”, così come
alcune pratiche quali l’ipnosi
(ricordare cose che attraverso
lo stato di veglia non si ricordano), la trasmigrazione o la
terapia di “vita passata” entrano in una sorta di collisione
con i “meccanismi certi” della
memoria citati dalla dottoressa
Bartorelli. Emerge chiaramente che la stessa materia trattata da figure diverse (in questo
caso da una psicogeriatra e
da un antropologo) ha riflessi,
pensieri, analisi, certezze profondamente diverse: una ricchezza che ci è stata offerta.
La memoria è in tutti gli organismi viventi (per la trasmissione genetica), ma perché
nell’uomo la memoria dell’esperienza è così sviluppata? Per un
antropologo è la cultura – una
cultura a tutto tondo. Già nel
Paleolitico esisteva una rete di
scambio d’esperienze: ciò che
succedeva ad un singolo era
trasmesso al gruppo, e quindi
la cultura è la somma della
memoria individuale e transgenerazionale. Negli anni ’50
le famiglie mezzadrili erano
costituite da circa 20 persone
(una famiglia transgenerazionale), oggi abbiamo famiglie
mononucleari che hanno la
necessità di risposte sociali
diverse. Cosa succederà nel
prossimo futuro? Quale memoria d’esperienze? Un tempo, i bambini imparavano da
piccoli cose che li avrebbero
accompagnati per tutta la vita:
questo soprattutto fino alla
fine dell’800. Poi una svolta, e
ciò che si imparava da bambini
diventava – e a maggiore ragione oggi – obsoleto e superato
nella stessa generazione.
Viviamo in un periodo di corsi di
formazione continua, e il gran
paradosso è che abbiamo una
“cultura ricca”, ma moltissime
delle cose che abbiamo imparato ci danno risposte sbagliate
perché è cambiata la situazione.
Il cambiamento sociale è più
rapido dell’apprendimento.
L’anziano non riesce più ad
essere autorevole, perché non
usa le nuove tecnologie e quindi non riesce – così come si faceva decenni fa - a trasmettere
esperienza.
Integrazione degli anziani nel
processo sociale e nel cambiamento: questa la vera risposta
che dobbiamo costruire, così
come iniziative che mettano insieme bambini e anziani.
Serve la memoria in una società in cambiamento? Non ci
sono dubbi, afferma Seppilli,
anche se oggi esiste, da parte
dei mass-media, una cultura
del presente, per cui diventa
urgente e necessario costruire
un “percorso in divenire”.
Per capire la nostra epoca
dobbiamo vederla dentro ad
un processo: se non lo facciamo non riusciamo a capire né
da dove veniamo né dove vogliamo andare. Due memorie:
la prima, la grande Memoria,
quella collettiva, quella degli
itinerari della nostra società;
l’altra quella degli anziani e
la loro funzione. Una sorta di
gioco delle parti: da un lato
abbiamo bisogno che ci sia
consapevolezza del processo
storico e dove siamo collocati
nel processo, e dall’altra parte
abbiamo la necessità di alimentare la memoria collettiva
attraverso la “voce del nonno”.
“Rimembrare” la nostra storia
senza avere paura di essere
diversi.
Noi, oggi, sappiamo molto di
più, ma il campo conoscitivo
che ci appartiene è filtrato da
altri, abbiamo poche esperienze dirette, fingiamo di averle.
Il potere di questo tipo d’informazione va contrastato, gli anziani – testimoni di una storia
recente – è importante siano
l’altra voce.
Argentovivo giugno 2009
Società
13
Dal mondo
In piazza contro la crisi
con i sindacati europei
Mirna Marchini
Segretaria Spi-Cgil
Emilia-Romagna
Argentovivo giugno 2009
“L
14
a crisi non la paghino pensionati,
giovani e lavoratori”: con questo slogan quattro
capitali europee sono state
teatro di grandi manifestazioni organizzate dalla Ces (la
Confederazione europea dei
sindacati). Lavoratori, giovani, donne e pensionati sono
scesi in strada a Madrid, Berlino, Bruxelles e Praga, e hanno
dato vita a cortei che hanno
percorso il cuore delle città
per “combattere la crisi, mettere prima le persone”, come
diceva lo striscione della Ces
che ha aperto i quattro cortei.
Le iniziative sono state l’ennesima tappa della campagna di
mobilitazione lanciata in tutta
Europa dai sindacati contro la
volontà di far pagare ai lavoratori, a carissimo prezzo, gli
sconsiderati eccessi del mondo
degli affari, soprattutto delle
banche, contro una disoccupazione in forte crescita, contro
la diffusione del precariato e
della povertà, la riduzione del
potere d’acquisto e l’aumento
del debito pubblico.
La Ces ha lanciato quindi una
vasta mobilitazione per conquistare un nuovo patto sociale in Europa, indicando alcune
priorità, ad iniziare dalla richiesta di interventi per posti
di lavoro e di migliore qualità,
la difesa dell’occupazione nelle industrie chiave, gli investimenti in tecnologie nuove e sostenibili e la difesa dei servizi
pubblici essenziali.
Sono necessari salari e pensioni migliori, servizi assistenziali e previdenziali più solidi, sussidi maggiori per proteggere il
potere d’acquisto e i diritti di
partecipazione a scelte che difendano i diritti fondamentali
e gli accordi collettivi, confermando gli obiettivi sociali del
mercato interno e garantendo
uguaglianza di trattamento e
di retribuzione per i lavoratori
migranti.
Una delegazione con più di 200
pensionate e pensionati dello
Spi-Cgil, arrivati da tutte le regioni italiane, ha partecipato
alla manifestazione svoltasi a
Praga, nella Repubblica Ceca,
il 16 maggio scorso. È stata una
presenza importante e significativa che ha dato visibilità e identità a quegli 80 milioni di persone pensionate e anziane che
le istituzioni comunitarie e lo
stesso Sindacato europeo hanno
troppo a lungo trascurato.
“Dalla crisi che colpisce l’Europa se ne potrà uscire solo
se l’insieme delle forze sociali
e democratiche sapranno fare
fronte comune contro il liberismo selvaggio, tutelando i
soggetti più deboli e ripristinando regole di trasparenza
e democrazia. Un terreno che
vede lo Spi impegnato con la
Cgil e la Ferpa (la Federazione
europea dei pensionati e degli
anziani) per fare della Ces un
sindacato europeo autenticamente rappresentativo, in grado di far sentire la sua voce e
dare rappresentanza a decine
di milioni di giovani, lavoratori e pensionati”, ha affermato
Renata Bagatin, segretaria nazionale Spi-Cgil.
Pillole d’Europa
a cura di Livio Melgari Dipartimento internazionale Spi
L’area di Schengen
Associata all’idea della libera circolazione, l’area Schengen (dal nome della città lussemburghese in cui è stato firmato l’accordo) nasce nel 1985, quando cinque Paesi dell’Unione europea (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi) decisero di abolire tutti i controlli
sui cittadini alle frontiere comuni. Ciò portò alla creazione di un territorio senza frontiere interne, che si è gradualmente esteso fino a comprendere quasi tutti i paesi dell’Ue, oltre Islanda
e Norvegia, mentre l’accordo è diventato parte integrante dei trattati dell’Ue . Eventuali controlli alle frontiere interne possono essere effettuati solo per periodi di tempo limitati e nel
caso in cui motivi di ordine pubblico, o di sicurezza nazionale, lo rendessero necessario.
Oggi, per i cittadini di uno dei Paesi Schengen, non occorre nessun visto per viaggiare
all’interno dell’area.
Alla libera circolazione interna i Paesi di quest’area hanno fatto seguire anche una politica
comune in materia di visti e controlli alle frontiere esterne. I titolari di un visto d’ingresso per
un Paese Schengen sono automaticamente autorizzati a viaggiare liberamente all’interno di
tutta l’area, fuorché in Irlanda e nel Regno Unito, in quanto questi due Paesi hanno scelto di
non aderire agli accordi sui visti e i controlli alle frontiere.
Salute
a cura della redazione
E
state sinonimo di spensieratezza e vacanze?
Sì, ma non soltanto, e
non per tutti. L’arrivo del caldo
e delle giornate afose significa
anche disagi e rischi per la salute. Soprattutto per chi è anziano, chi vive solo e rimane in
città. Si possono prendere però
precauzioni e contromisure.
L’importante è, appunto, non
restare soli. Per l’”emergenza
estate” si può ricorrere all’aiuto dell’Auser (vedi box) e anche molti Comuni dell’EmiliaRomagna, in collaborazione
con i servizi sanitari e le associazioni di volontariato, hanno
predisposto piani di interven-
to e servizi a cui rivolgersi per
chiedere assistenza.
Anche quest’anno, per esempio, l’Ausl di Bologna ha messo
a disposizione dei cittadini un
numero verde anti-caldo: telefonando al numero 800 562 110,
attivo 24 ore su 24, sette giorni
su sette, è possibile ricevere
informazioni sui rischi per la
salute e conoscere i metodi per
prevenirli. Per gli ultra settantacinquenni e per gli anziani
più fragili è inoltre possibile
essere inseriti nel programma
di sostegno e-Care Oldes, gestito da Cup 2000: il progetto
prevede un servizio di telecompagnia, con telefonate a frequenza settimanale, attività di
socializzazione in strutture ricreative ed eventuali interventi
di assistenza a domicilio. Inol-
Filo d’Argento Auser:
un amico sempre in linea
Un sicuro punto di riferimento, durante l’estate e non
solo, è il telefono amico degli anziani al “Filo d’Argento”
dell’Auser: chiamando il numero verde nazionale gratuito 800 995988 si possono avere informazioni, consigli e
risposte ai propri bisogni dai volontari Auser di tutt’Italia. Il servizio è attivo tutti i giorni, festivi compresi, dalle
8 alle 20. Inoltre molte sedi Auser restano “aperte per
ferie”, offrendo momenti di svago e socializzazione per
combattere la solitudine. L’Auser ha anche pubblicato
una guida per vivere un’estate serena, con consigli pratici per affrontare al meglio il gran caldo e l’afa: l’opuscolo
è in distribuzione nelle sedi e si può anche scaricare dal
sito www.auser.it.
tre, per ulteriori informazioni,
è disponibile il numero verde
del Servizio sanitario regionale
800 033 033, anche questo gratuito e attivo durante i giorni
feriali dalle 8,30 alle 17,30 e il
sabato dalle 8,30 alle 13.
A Modena, invece, il numero
verde attivo dal primo giugno a
metà settembre è 800 110337:
offre accoglienza e ascolto agli
anziani in difficoltà psicologica a causa dell’isolamento in
cui possono trovarsi nel periodo estivo, e facilita il contatto
con i servizi sociali e sanitari.
C’è anche un servizio di consegna dei farmaci a casa, per
chi ha problemi di mobilità:
bisogna chiamare il centralino della Croce Blu, tel. 059
342424 oppure 059 343156. Si
intensificano anche le attività
ricreative e di socializzazione
gestite dalle associazioni di
volontariato: per saperne di
più occorre rivolgersi all’assessorato modenese alle Politiche
sociali, tel. 059 2032735.
A Ferrara, per fare un altro
esempio, la “rete di protezione” degli anziani over 75 è il
piano di intervento “Uffa che
afa”. Anche qui sono disponibili vari servizi e un numero
verde, 800 072110.
Durante le ondate di calore è
comunque importante osservare alcune precauzioni. È indispensabile bere molto e spesso,
anche quando non si ha sete:
bisogna evitare, però, le bibite
gassate, quelle contenenti alte
quantità di zuccheri e, in generale, le bevande ghiacciate
o molto fredde. È utile anche
evitare alcol e caffeina e fare
bagni o docce con acqua tiepida per abbassare la temperatura corporea. Negli ambienti
in cui si usano climatizzatori,
è opportuno regolare la temperatura dell’ambiente con una
differenza non superiore a 6-7
gradi rispetto alla temperatura esterna. Se invece si usano
i ventilatori, evitare di rivolgerli direttamente sul corpo. Il
caldo eccessivo può provocare
vari disturbi, tra i quali la diminuzione della pressione del
sangue, dando luogo a senso di
debolezza, vertigini, annebbiamento della vista e capogiri. È
utile in questi casi sdraiarsi e
sollevare i piedi.
Argentovivo giugno 2009
Sos caldo: dove trovare
servizi e consigli utili
15
Società
Incidenti in casa?
Prevenirli si può
Come difendersi da raggiri e imbrogli / 10
Argentovivo giugno 2009
Concludiamo con questa decima puntata la pubblicazione su Argentovivo dei consigli pratici contenuti nella guida “Non ci casco”, promossa dallo Spi Cgil con Federconsumatori, Sindacato lavoratori di
Polizia Cgil e Auser nel quadro del più ampio “Progetto sicurezza anziani”. Abbiamo parlato finora dei
meccanismi che stanno dietro a truffe e raggiri di vario tipo e di come difendersi. Questa volta parliamo
invece di prevenzione degli infortuni domestici: ecco di seguito qualche consiglio per evitare incidenti
spesso banali ma molto pericolosi, e vivere la casa con più sicurezza. L’opuscolo “Non ci casco” si può
anche scaricare dal sito web dell’Auser, www.auser.it.
O
gni anno, in Italia, si
verificano 30.000 inci­
denti domestici con ol­
tre 7.000 vittime. Spesso sono
denunciati solo se comportano
la morte o una lesione grave.
Per ogni infortunio grave si stimano 30 incidenti lievi e 300
senza lesioni, non rilevati dalle statistiche. Dopo i bambini,
i più esposti sono le donne e gli
anziani. La lentezza di riflessi
e la fragilità ossea creano infatti par­ticolari vulnerabilità.
CONSIGLI
16
Usate gli apparecchi di protezione che aumen­tano la sicurezza (i “sal­vavita”, le prese di
cor­rente con gli schermi sugli
alveoli, prese a spina con calze isolanti, apparecchi con
doppio isolamento per i locali
da bagno, ap­parecchi alimentati con bassissima tensione
per i giocattoli).
Rispettate le regole nella installazione degli impianti.
Acquistate apparecchi elettrici con il marchio ”Isti­tuto
marchio di qualità”.
Usate con attenzione gli elettrodomestici e verificatene lo
stato e l’efficienza.
Evitate la cera sui pavi­menti,
o usate solo quella antisdrucciolevole. Usate tappetini
zigrinati o adesivi antisdrucciolo sul fondo della vasca.
Mettete delle maniglie sulle
vasche da bagno per afferrarvi durante i movi­menti.
Fate attenzione alle ter­
mocoperte, ai termofori, agli
scaldini: non devono essere
tenuti accesi troppo a lungo
quando la perso­na dorme.
Non fumate a letto.
ASSICURAZIONI
Per le persone che curano la
propria casa tra i 18 ed i 65
anni è obbligato­r ia una copertura assicurativa Inail. In
Numeri
utili
caso di infortunio domestico
con invalidità pari o superiore al 33%, si disporrà così del
diritto alla liquidazione di
una rendita. Rivolgiti all’Inca-Cgil. Ne vale la pena.
Carabinieri 112
Polizia di Stato 113
Vigili del fuoco 115
Guardia di finanza 117
Guardia medica 118
Soccorso stradale (Aci) 803.116
Protezione civile 06.68301001
Corpo forestale
dello Stato 1515
Poste 800.160
Filo d’argento 800.995988
Federconsumatori 06.42020755
Dimensione Cgil
Immigrazione, sfidiamo
il linguaggio della paura
S
i alza l’asticella della
sfida politica e sociale
sulla questione immigrazione e la Cgil rafforza la
propria iniziativa dalla parte
della solidarietà e contro il
razzismo, mentre approfondisce la ricerca sulle ragioni del
senso di disagio e intolleranza
che vede crescere intorno e
dentro il suo stesso corpo.
In Emilia-Romagna va avanti
per tutta l’estate la campagna
“Non aver paura” (vedi Argentovivo di aprile), che già in giugno ha visto impegnate molte
camere del lavoro – insieme
a Cisl, Uil e alla ampia rete di
associazioni promotrici - nella
raccolta di firme nelle piazze
e sulle spiagge, negli attivi di
zona e nei luoghi di lavoro. Ogni
banchetto è occasione per discutere del problema anche alla
luce dei risultati elettorali. E da
discutere ce n’è parecchio.
Il voto del 6-7 giugno in Emilia Romagna ha spinto la Lega
Nord oltre l’11% alle elezioni
europee; inoltre il Carroccio
ha conquistato risultati a due
cifre tra i cittadini andati alle
urne in molte amministrazioni
grandi e piccole. La Lega Nord
dunque è riuscita a incunearsi in territori storici della sinistra. Tra le province, i suoi
consensi rispetto alle elezioni
politiche crescono in particolare a Reggio Emilia, Modena,
Forlì, Parma.
“Dati che preoccupano – sottolinea Cristina Liverani, responsabile politiche immigrazione Cgil regionale – perché
confermano che fa presa il
linguaggio della paura e del
localismo usato dalla Lega, in
contrasto con l’urgenza di creare condizioni più favorevoli
all’integrazione delle migliaia
di immigrati che vivono con
noi, lavorano e producono ricchezza. E combattono con discriminazioni e regole assurde
imposte dal governo”.
Solo pochi mesi fa, a fine febbraio, il Cnel ha consegnato
all’Emilia-Romagna il primato
nella classifica delle aree con
maggiore integrazione sociale
e lavorativa degli immigrati.
“Un riconoscimento autorevole che significa tanto per chi,
come noi - ha commentato
all’epoca il presidente della
Regione Vasco Errani - crede
che le politiche di integrazione
siano indispensabili per l’equilibrio dell’intera comunità, per
la prevenzione di fenomeni di
devianza, per l’individuazione
e isolamento di chi non rispetti le regole”.
A corredo del programma
triennale 2009-2011 per l’inte-
Argentovivo giugno 2009
Mayda Guerzoni
17
Dimensione Cgil
Argentovivo giugno 2009
Progetto Ilo: l’impegno
per le rimesse dei migranti
Utilizzare le rimesse dei migranti, almeno in parte, come
risorsa per lo sviluppo dei Paesi di origine: è l’obiettivo
del progetto lanciato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) all’interno dei piani di azione di una
agenda globale per i diritti dei lavoratori migranti. Le
rimesse dei migranti sono una fonte sempre più importante per i loro Paesi di provenienza, un flusso di denaro in costante crescita: stimato nel 2002 in circa 80 miliardi di dollari l’anno, nel 2005 secondo i dati della
Banca Mondiale ha superato i 230 miliardi, diventando
la seconda fonte più grande di entrate dall’estero per
i Paesi in via di sviluppo. Riguardo all’Italia, le rimesse
passate attraverso i canali ufficiali hanno toccato quota
6 miliardi di euro nel 2007, con un aumento di circa il
30 per cento sull’anno precedente.
Questi soldi servono prevalentemente per sostenere
le famiglie di origine (cibo, istruzione, sanità, casa),
producono crescita del prodotto interno lordo-pil, ma
non hanno ancora innescato meccanismi virtuosi di
sviluppo come fonte d’investimento per allargare la
base produttiva e creare occupazione. L’Ilo propone di
invertire la tendenza, cercando di canalizzare parte di
questi imponenti flussi monetari per interventi nei settori produttivi. Una sfida che si può raccogliere creando
sinergie tra vari livelli di responsabilità, per “fare sistema” nella valorizzazione delle rimesse e far fruttare al
meglio gli effetti positivi del fenomeno immigrazione.
Molte le strade da battere per avanzare verso l’obiettivo, pienamente condiviso dalla Cgil che è partner
del progetto. Serve innanzitutto il protagonismo consapevole dei migranti e delle loro associazioni. Poi un
nuovo approccio alla cooperazione per lo sviluppo da
parte delle organizzazioni non governative-Ong, dei
sindacati, il sostegno delle banche con appositi programmi e forme di accesso al credito, adeguate politiche di accompagnamento da parte delle istituzioni
pubbliche. Tutti fronti sui quali la Cgil Emilia-Romagna
ha deciso di impegnarsi a livello regionale, con una
informazione diffusa ai lavoratori immigrati, con un
contributo di elaborazione di progetti, con l’apertura
di un confronto con il sistema bancario e le poste, anche nell’intento di ampliare l’offerta di canali legali
attraverso i quali far transitare le rimesse verso i Paesi
di origine.
M. G.
18
grazione sociale dei cittadini
stranieri, approvato nel dicembre scorso, la Regione ha fornito dati importanti. L’apporto
dei lavoratori immigrati - operai, assistenti familiari, infermieri, piccoli imprenditori
- alla creazione di ricchezza in
Emilia-Romagna (Pil) è stato
nel 2006 pari all’11,3% del totale (fonte Unioncamere); nel
2005 era del 10,8%. A livello
nazionale, il gettito contributivo Inps 2007 dei lavoratori
stranieri pesa per oltre il 10%
sul totale. Si stima che in regione il lavoro dei dipendenti
immigrati produca circa un
miliardo di euro (anno 2007)
di contributi previdenziali
Inps, mentre le pensioni erogate a persone straniere non
superano l’1% della spesa pensionistica totale (anno 2006).
Riguardo al gettito fiscale,
il Dossier immigrazione della
Caritas 2008 stima un totale
di imposte generate dal lavoro
autonomo e dipendente di circa 3,7 miliardi di euro a livello
nazionale, con una ricaduta a
livello regionale superiore ai
400 milioni di euro.
Ma lo sforzo di ragionare su
cose concrete non sembra
scalfire i fattori irrazionali alimentati da paura e diffidenza.
Conta poco dimostrare, elenchi alla mano, che non è vero
che gli stranieri sono favoriti
nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi pubblici:
chi lo pensa non vuol credere
ai numeri.
“E’ difficile smascherare –
ammette Cristina Liverani - le
manipolazioni praticate da
anni sul piano politico e culturale, le campagne di mistificazione sostenute anche da
cattiva stampa e televisione,
che hanno prodotto le tensioni
di oggi. Inoltre la crisi aggiunge il suo carico di insicurezze
e problemi, innesta pericolosi
meccanismi di competizione
sociale tra i soggetti più deboli, determina nuove disuguaglianze. Tutto questo sollecita
da parte nostra un maggior
impegno di comprensione
della realtà e di azione sul
territorio. Senza allarmismi
ma anche senza rimuovere le
contraddizioni che dividono”.
Contrasto al pacchetto sicurezza che introduce nuove discriminazioni e norme anticostituzionali, applicazione del
decreto flussi, monitoraggio
delle politiche pubbliche, tutele per chi perde il lavoro, campagne di informazione verso
lavoratori e pensionati: sono
alcuni dei banchi di prova che
la Cgil ha davanti. Tanti i modi
per affrontarli, anche creando
momenti di incontro. Come fa
la camera del lavoro di Cesena,
per esempio, con due giorni di
festa multietnica sul Porto
canale di Cesenatico il 9 e 10
luglio, sotto il titolo “L’erranza
del migrare – incontro di culture sul mare di Ponente”.
Auser
In Palestina e Israele
per ricordare Angelo
Sergio Bossoli
Direttore “Progetto
sviluppo”
Ermanno Zanotti
Area solidarietà
internazionale Auser
Argentovivo giugno 2009
P
ochissimi giorni, pieni
di emozioni, di incontri
e di possibili impegni di
cooperazione per il futuro. Gerusalemme, Ramallah, Nablus
e Jenin sono state le nostre
mete. I sindacati, le scuole, le
cooperative di agricoltori, i centri giovanili, le ong israeliane
e palestinesi, i nostri interlocutori. Un tour de force che ha
visto tutta la nostra delegazione - composta da Prosvil, Cgil
Dipartimento internazionale,
Funzione pubblica nazionale
e Piemonte, Flc, Fiom Milano,
Cgil Piemonte, Auser, Comitato Modena-Jenin, Fondazione
Frammartino - impegnata ad
ascoltare e a conoscere diverse realtà ed espressioni della
società palestinese ed israeliana, i progetti in corso e le
difficoltà della vita quotidiana, da Gerusalemme a Jenin,
passando da Muro a Muro, tra
check point e gabbie metalliche, attraversando villaggi e
colonie, trasbordando da un
bus all’altro, chiedendosi i tanti perché. Perché le targhe di
Un tratto del muro che divide territori palestinesi e insediamenti israeliani
colori diversi, perché tutti questi controlli, perché il fucile in
spalla senza la divisa, perché
noi passiamo di qua e loro di là
in coda sotto il sole, perché qui
è sporco e di là è pulito, perché
questo filo spinato che divide
il villaggio, perché non si può
avere il permesso e passare,
perché tanta cattiveria, sofferenza, ingiustizia e separazione. Ad ogni passo, ad ogni angolo un perché, una domanda
che non trova più una risposta
lucida, credibile.
Ma, a fronte di tanta sofferenza
e disperazione, la nostra corsa
ci porta a conoscere persone
ed esperienze di resistenza
quotidiana, civile, ammirando
con quanta dignità e responsabilità vengono usate le risorse
donate per far funzionare la
scuola d’infanzia o il centro
giovanile, lavoratori che si organizzano, israeliani che difendono i diritti dei palestinesi a Gaza e dei lavoratori nelle
colonie. Frammenti di società
civile che resiste, che va sostenuta e difesa. Una corsa, la
nostra, tanto ragionata quanto
faticosa, che ci ha riempito di
immagini e di ricordi, intensi
e profondi, come sono stati i
momenti in ricordo di Angelo
Frammartino (il giovane volontario ucciso a Gerusalemme durante una missione di
pace nel 2006, ndr).
Il ricordo si è aperto con l’incontro nella grande scuola di
Dar El Tiffil, a due passi da
quella che fu l’Orient House
di Faisal Husseini, dove gli
alunni delle scuole, che partecipano al programma delle
borse di studio, hanno ballato
e cantato, rappresentando le
loro tradizioni e la loro cultura, un messaggio chiaro che
non ha bisogno di commento
alcuno. Cerimonia conclusasi
con la consegna, ai genitori ed
alla sorella di Angelo, della cittadinanza palestinese ad honorem, a firma del presidente
Abu Mazen. Per non dire della
profondità vissuta nell’incontro con l’associazione dei fami-
19
Argentovivo giugno 2009
Auser
20
L’incontro della delegazione italiana con le autorità palestinesi
liari delle vittime del conflitto,
dove ognuno di noi ha ascoltato il racconto di israeliani e di
palestinesi che dopo aver perso i loro cari, per strade e con
tempi diversi, hanno deciso di
dire basta alla violenza, uscendo dal ruolo della vittima di
una parte, impegnandosi nella
riconciliazione con il nemico,
perché il nemico, come dicono
loro, non è dall’altra parte, ma
tra chi continua a promuovere
guerra e violenza.
Queste persone, questa associazione, The Parent Circle, ha
accolto la famiglia Frammartino come una di loro, Angelo
come un loro figlio, e per un attimo ci siamo sentiti tutti vittime e tutti parte di una unica
famiglia, un dolore immenso
superato dall’energia e dal
messaggio di impegno civile
che ci è stato trasmesso e che
noi abbiamo raccolto impegnandoci a lavorare insieme.
Emozioni e senso di comunanza, di condivisione, di solidarietà e di gratitudine, ripetuta
in tante occasioni, da persone
amiche e da persone mai viste,
rappresentanti di istituzioni,
educatori, insegnanti, madri
che ci conoscono attraverso i progetti, per il sostegno
alle scuole, per il lavoro con i
bambini, persone che vogliono
esprimere la loro solidarietà
e riconoscenza per l’impegno
profuso e per aver continuato
con la nostra cooperazione.
Per essere ancora, insieme, a
Gerusalemme dopo quello che
è accaduto ad Angelo, mentre
sullo schermo scorrono le immagini di quel ragazzo che fa
il clown, che salta a canestro,
che si fa fotografare con Laith,
il ragazzo palestinese che chiamava “Mimmo” e che oggi ha
preparato un suo intervento,
per ricordare l’amico italiano
di quell’estate, portato via per
sempre dai loro giochi, dal loro
stare insieme. Ricordi, commozione e tanta voglia di superare insieme il dolore, senza ri-
I familiari di Angelo Frammartino
muovere e senza dimenticare,
per il nostro senso di impegno
civile e per la famiglia che è
con noi e con la quale stiamo
costruendo un percorso di cooperazione a favore dei giovani,
a Gerusalemme come in Italia,
promovendo la cultura del dialogo e della solidarietà, dei diritti e del rispetto dell’altro.
Territori e leghe
Bruno Pizzica
Segretario generale
Spi-Cgil Bologna
“S
ogni Pensieri Idee”
è una delle tracce
che hanno guidato
il lavoro dei ragazzi e delle ragazze della seconda B del liceo
scientifico “Leonardo da Vinci”
di Casalecchio di Reno, impegnati ad “inventare” bozzetti
grafici utili ad una campagna
di proselitismo dello Spi. L’iniziativa, nata dalla Lega della
cittadina alle porte di Bologna
e curata da un’ex insegnante
della scuola ora attivista Spi,
Paola Quarenghi, ha riscosso
un gran successo: 166 i bozzetti realizzati ed esposti in una
bella e visitatissima mostra
allestita nei locali della Casa
della conoscenza. Non è stata
solo una esperienza di elaborazione e abilità grafica, ovvero
di capacità di proporre idee
originali; il lavoro, svolto durante tutto l’anno, ha portato
gli studenti ad avvicinarsi al
mondo dei pensionati, superando barriere e diffidenze e
cogliendo il valore dell’esperienza e della memoria. È stata
una vera e propria scoperta: gli
studenti hanno profuso un impegno al di là delle aspettative, segno di una iniziativa che
li ha conquistati, al di là del
dovere scolastico. Alle classi
impegnate lo Spi ha destinato
due borse di studio per l’acquisto di materiale didattico e
supporti tecnici per rendere lo
studio proficuo e interessante,
mentre il pubblico che ha visitato la mostra ha potuto votare
il lavoro ritenuto migliore.
Tante le idee messe nero su
bianco, alcune ispirate ad una
rappresentazione tradizionale dell’età anziana, altre più
trasgressive, qualcuna perfino
dissacratoria. Così abbiamo
un’immagine che mostra tre
anziani di schiena, fermati
mentre passeggiano lungo un
viale alberato con la scritta
Sviluppiamo Progetti Insieme (altra decodificazione
dell’acronimo Spi, che ha avuto
un gran successo); anziani con
i nipotini cui prestano tenerezza e attenzione; pensionati
e pensionate che procedono
nel proprio percorso solidalmente, mano nella mano. A
fianco di questi temi, bozzetti
che riprendono donne anziane
che producono ombre in movimento, un volto di donna tutto
compresso che sfodera un sorriso canzonatorio, un signore
anziano con tanto di sigarone
fumante e sguardo soddisfatto. La fantasia dei ragazzi ha
prodotto anche un cruciverba
all’interno del quale si può leggere, risolvendo correttamente i quesiti, di nuovo la scritta
Sviluppare Progetti Insieme:
una bella idea che riprenderemo nel prossimo numero del
mensile dello Spi di Bologna
“La SPInta”, sul quale pubblicheremo comunque alcuni dei
bozzetti.
“Abbiamo pensato di stabilire
un contatto con i ragazzi del
liceo che fosse un po’ diverso
dal solito: non siamo andati in
qualche classe a raccontare la
nostra storia o a proporre la
nostra vita come ‘lezione’, ma
abbiamo cercato di stimolare gli studenti a riflettere sul
tema dell’essere anziano e a riprodurre il senso delle proprie
riflessioni in forma grafica”:
così spiega il senso dell’iniziativa Loris Morotti, segretario
della Lega di Casalecchio, “e il
risultato mi sembra notevole e,
per certi versi, inaspettato”. A
questo punto i bozzetti restano
a disposizione della categoria,
che li utilizzerà per manifesti,
calendari, iniziative promozionali, valorizzando così il lavoro
dei ragazzi e delle ragazze.
Un incontro originale di anziani e giovani all’insegna non
solo della memoria, ma anche
e soprattutto della riflessione
e della creatività: un bel binomio che ha mostrato di poter
funzionare.
Argentovivo giugno 2009
Casalecchio, gli studenti
“disegnano” lo Spi
21
Territori e leghe
Bologna, col teatro narriamo
il lavoro visto dalle donne
Alessia Tucci
Regista
Argentovivo giugno 2009
Il
22
Teatro “Socjale” di Piangipane (Ravenna) nacque agli inizi del secolo
scorso, dopo che nel settembre
1911 la Cooperativa agricola
braccianti acquistò un pezzo di
terreno per costruirci un teatro.
Furono i braccianti stessi che lo
costruirono mattone dopo mattone nei ritagli di tempo. Nel
1921 venne fatta l’inaugurazione con un grosso comizio. È alquanto inusuale che braccianti
in gran parte analfabeti, agli
albori del Novecento, pensino
di costruire un teatro. Mostra la
necessità di espressione, socializzazione e condivisione che un
teatro a quei tempi possedeva,
l’importanza della cultura, del
comunicare le emozioni e perché no, del divertimento, che un
luogo come quello teatrale aveva
fra la gente.
Siamo andate a Piangipane,
chiamate dallo Spi Cgil Coordinamento donne e da Cgil
donne Ravenna, con la contentezza di fare una narrazione
sociale e politica su di un palcoscenico costruito con questo
obiettivo. Il racconto teatrale
che abbiamo portato è una
narrazione senza dubbio politica. Lo è nell’accezione più
ampia e nobile del termine, di
partecipazione attiva alla vita
pubblica, di condivisione di
Un momento dello spettacolo “Allegro ma non troppo”
parole e storie private con gli
altri e con le altre, di racconto
di vita vera che viene regalato
alla polis, dal termine greco
che vuol dire città.
Ho cominciato a sentire l’esigenza di riflettere sulla storia
delle donne dell’Emilia-Romagna qualche tempo fa, quando
ho capito che pochissimo si
trovava sulla storia del lavoro
negli anni ’60, quando le donne sono entrate in massa nei
luoghi di lavoro delle città.
Quando si sono trovate a dover
conciliare i tempi del mondo
esterno: gli orari di apertura dei negozi, gli ingressi in
azienda, in ufficio, con la cura
della famiglia, con i bambini,
con la coppia, con l’esigenza di
divertimento, di felicità.
Quando ci siamo incontrate la
prima volta alla Camera del
lavoro di Bologna per raccontarci queste esperienze, grazie
a un’idea di Silvana Riccardi,
abbiamo pensato a uno spettacolo teatrale che servisse
a trasmettere ai più giovani
cosa era il lavoro in quegli
anni, quali diritti mancavano,
per cosa si è lottato. È stata
un’esperienza bella. Abbiamo
portato sulla scena una bellezza e una verità femminili non
conformi ai canoni vigenti della tv attuale in Italia. Lontana
dall’immaginario simbolico
del nostro Paese che vuole le
donne solo giovanissime, solo
sexy, più spogliate possibile.
Ci siamo espresse su una discriminazione comunicativa
che avviene nel nostro Paese
e che non ha eguali in Europa,
mettendo orgogliosamente in
scena donne dai 53 ai 74 anni
d’età. Abbiamo voluto realizzare “Allegro ma non troppo”
anche per raccontare ai giovani il senso profondo di alcune
conquiste: l’articolo 18 che
Silvana Riccardi spiega dal
palcoscenico, la legge 53/2000
sui congedi di paternità e maternità che descrive Eleonora
Cappelli, la legge 194 posta
oggi sotto attacco, raccontata
da Novella Romagnoli, l’importanza delle pari opportunità
sottolineata da Anna Chiari.
Io, che appartengo a una generazione diversa da quella delle
attrici e che si trova ad affrontare problemi enormi, quali
un precariato diffuso e senza
soluzione e un’impossibilità di
progettare il futuro, ho avuto il
privilegio di essere testimone
di tale storia e memoria. Per
questo le ringrazio. Mi sorprendo ancora ad assistere
alla manifestazione delle tante
qualità femminili: la forza, la
passione, la tenacia, il coraggio. Accanto a queste noto il
desiderio di felicità che muove
le azioni delle donne, la voglia
di farcela, di far contenti gli
altri, di unire al lavoro il battito del cuore e la possibilità di
spiegare le ali. Di divertirsi, di
creare una rete d’affetti e una
comunità.
In poche parole di essere e
fare polis, politica, città.
Territori e leghe
Imola: “Chiedevamo pane
e i fascisti spararono”
V
entinove aprile 1944:
sono passati 65 anni da
quella data e... sono tanti
nella vita di una persona ottantenne. I ricordi e le memorie di
quel giorno, di quelli precedenti e di quelli che seguirono durante la guerra prima, e l’occupazione nazi-fascista poi, sono
tanto lontani. Il tempo li ha un
po’ sfocati, confusi, annebbiati,
ma ciò che resta scolpito e indelebile nel profondo del cuore
sono le emozioni, i turbamenti,
le sensazioni di rabbia e di ribellione per l’orrore di quegli
avvenimenti e la consapevolezza di non essere in grado di
contrastarli.
Quella mattina ero insieme alla
mia amica Serena per fare un
giretto in centro, una “porticata”, che per noi significava
una passeggiata sotto i portici
adiacenti la piazza grande per
ammirare i negozi, per vedere
che c’era e per farsi vedere.
Notammo che in mezzo alla
piazza un folto gruppo di donne
attorniavano una camionetta:
sopra c’erano alcuni militi della
Brigata Nera che cercavano di
allontanarle in malo modo, insultandole anche, dicendo che
dovevano stare in casa al posto
loro e non in piazza a urlare.
Ma le donne non si calmavano.
“Vogliamo più pane e cibo per i
nostri figli”, dicevano, “le razioni della tessera annonaria non
sono sufficienti, non abbiamo
soldi per il mercato nero, abbiamo fame, basta con la guerra...”.
Anzi, la loro presenza aumentava di numero e le proteste erano sempre più rumorose.
La mia amica ed io eravamo un
po’ preoccupate, ma restammo
ferme sotto il portico a guardare. Timorose sì, ma ammirate da
quelle donne tanto decise e coraggiose. Ci ricordammo dell’8
settembre del 1943 (l’anno
prima): donne simili a quelle si
prodigarono, con enorme slancio e solidarietà, nell’aiutare i
soldati in fuga, con cibo e abiti
civili. Infatti dopo la fuga del re
e la disgregazione dell’esercito
italiano, molti soldati di stanza
nei nostri territori erano rimasti senza guida e senza ordini,
disorientati e terrorizzati per
la presenza massiccia di truppe
tedesche, imbestialite dal tradimento del re e di Badoglio;
quanti giovani soldati cercarono di fuggire e raggiungere le
loro famiglie!
Intanto cominciarono a confluire in piazza altri militi della
Brigata Nera e soldati tedeschi,
tutti armati e minacciosi. Allora la nostra preoccupazione si
trasformo in paura e pensammo di allontanarci proprio nel
momento in cui arrivò un’autocisterna: non ricordo se furono
lanciati getti d’acqua sulle manifestanti, perché ci stavamo
In primo piano Cleofe Ferdori, testimone dei fatti in piazza a Imola il 29 aprile 1944
già dirigendo in fretta verso
casa. Ma sentimmo alcuni spari provenienti dalla piazza, e
tornammo lentamente verso il
centro. Davanti all’ex casa del
fascio ci trovammo un mezzo a
una grande confusione di persone che, come impazzite, correvano in ogni direzione.
Ad un tratto calò un gran silenzio. Ai nostri occhi apparve la
scena più tragica e straziante
che abbia mai visto: un uomo
spingeva un carretto mentre
urlava a gran voce maledizioni contro chi aveva sparato.
Una donna giaceva colpita a
morte, sanguinante e inerte,
le gambe penzolanti giù dalle
sponde del carretto. Era Maria
Zanotti, una delle due donne
uccise: l’altra, Livia Venturini,
morì dopo una settimana di
agonia. Indimenticabili eroine che avevano perso la vita
solo per aver voluto affermare
il loro diritto di vivere in un
mondo di pace, di giustizia e di
libertà con la propria famiglia,
basando su questi principi la
propria esistenza e il futuro
del proprio Paese.
Donne e
memoria
Tre eventi, con le donne
sempre protagoniste,
sono stati promossi di
recente dal Coordinamento donne Cgil e Spi
di Imola. Oltre alla staffetta contro la violenza
e alla mostra fotografica
“Donne al lavoro” (partita da Palazzo d’Accursio a Bologna e poi allestita fino al 16 maggio
nella Camera del Lavoro
imolese), c’è stata la
cerimonia commemorativa per Livia Venturini e
Maria (Rosa) Zanotti, uccise il 29 aprile 1944 dai
militi fascisti della Guardia nazionale repubblicana. Questi fatti hanno
ancora qualche testimone. Fra questi Cleofe
Ferdori, che ha inviato
allo Spi la testimonianza che pubblichiamo in
questa pagina.
Argentovivo giugno 2009
Cleofe Ferdori
23
Territori e leghe
Modena, idee e domande
sul testamento biologico
Franco Zavatti
Segretario generale
Spi-Cgil Modena
Argentovivo giugno 2009
A
24
forza di sentirci dire
che il tema era delicato
e scabroso, crescevano
i timori man mano che si avvicinava la data. Poi, nel pomeriggio del 29 maggio, la sala
del Circolo anziani “22 aprile”
di Modena si è riempita, tanti
gli iscritti Spi e tante “facce
nuove”, donne e uomini interessati a quelle problematiche.
La voglia, la necessità di capire, è diffusa e perciò la proposta di dibattito ha centrato un
bisogno reale, che coinvolge
l’esperienza di ciascuno. Ognuno sente di “voler dire la sua
quando sarà il momento”: si
tratta della non autosufficienza e oltre, di come ogni cittadino dovrà e vorrà affrontare la
fase ultima della propria vita.
Ne abbiamo discusso con un
dirigente medico dell’Asl,
il dottor Paolo Trande; con
l’avvocato Maria Grazia Scacchetti, che ha - prima in Italia
- patrocinato ed ottenuto dal
giudice tutelare il riconoscimento della nomina dell’”amministratore di sostegno”.
Dopo le loro introduzioni al
tema, tanti gli interventi più
che le domande specifiche.
La drammatica vicenda della
famiglia Englaro, con la campagna violenta e aggressiva
sostenuta dalla destra e da
tanta parte della gerarchia
ecclesiastica, ha lasciato una
ferita e tantissime preoccupazioni per la reale affermazione
del diritto individuale alla autodeterminazione nelle scelte
più personali che riguardano
il destino della propria vita.
La Costituzione democratica garantisce questo diritto
inalienabile alla cura ed alla
scelta consapevole ed informata del cittadino. Una destra
rissosa ed una Chiesa distante
I relatori all’incontro sul testamento biologico: da sinistra Paolo Trande, Riccardo
Terzi, Maria Grazia Scacchetti, Franco Zavatti
dalle sofferenze pretendono di
impedire questa libera scelta,
di imporre una scelta di Stato
confessionale che affossa il
dettato costituzionale.
Tante donne e uomini prendono la parola; ognuno ha un
esempio, il caso di un parente o di un conoscente da cui
partire per dire che, in uno
Stato civile e libero, nessuno
deve poter “decidere al mio
posto”. E poi - chiede Rosanna - perché nessun ministro
del governo o della Chiesa si
scandalizza o organizza tifoserie scalmanate in Parlamento
o davanti alle cliniche ove, da
sempre, tanti cittadini che si
dichiarano Testimoni di Geova
si vedono riconosciuto il loro
legittimo (criticabile) rifiuto
per certi interventi sanitari?
Anche questo è un argomento
che fa breccia e fa riflettere
sulla strumentalità e la portata devastante dell’attacco
che la destra sta portando. Un
pomeriggio denso e lungo di
appassionata partecipazione,
concluso dalle considerazioni
lucide e puntuali di Riccardo
Terzi, segretario nazionale
dello Spi, che indica una linea
di forte e rigoroso impegno sui
diritti: dalla assistenza alla
cura, alla tutela delle non autosufficienze, alla libera determinazione delle persone.
La giornata si chiude con un
puntuale “colpo di teatro”: la
notizia che a Pavullo (Comune capo distretto della montagna) il Consiglio comunale
ha approvato - uno dei primi
in Italia - l’istituzione di un
“Registro per le dichiarazioni anticipate di volontà sui
trattamenti sanitari nel fine
vita, o testamento biologico”.
Una buona notizia; ora però
serve una buona legge, e non
il pasticcio regressivo di cui
discute il Senato.
Territori e leghe
Valentina Vecchiattini
Spi Ferrara
E
rmanna Chiozzi Finessi
è una contadina-mondina-pittrice, con il suo
vestito nero a pois bianchi, il vestito che “presenta” la sua vita,
simbolo della sua arte, che dà
vita ai suoi dipinti. L’8 maggio
per Ermanna è stato un giorno
importante: a lei il Sindacato
pensionati della Cgil, con l’Istituto di storia contemporanea di
Ferrara e il Comune di Copparo, hanno dedicato una mostra
dei suoi quadri, un Dvd sulla
sua vita e le hanno consegnato
una targa “per la sua emozionante pittura”.
Ermanna racconta: “Il mio
primo giorno di lavoro nella
risaia, avevo appena 13 anni, a
raccontarlo sembra una favola,
quell’impatto dell’alba con il
bellissimo colore giallo dorato
si rispecchiava nei bacini della risaia, le piantine del riso
verde dentro l’acqua, venivano
cullate da un venticello venuto
dal mare”.
Ma come tutte le belle favole
…
“Dentro l’acqua noi mondine
a piedi nudi dobbiamo stare
/ per sentire le piantine del
riso da curare, / in questo
giorno maledico il venticello
/ che portò via dalla testa il
mio cappello. / Io sono corsa
tutta in fretta a prenderlo su /
Ermanna Chiozzi con una delle sue opere
e dall’argine una voce bruscamente mi chiamò / e a casa mi
mandò. / Io sono la mondina.
La mondina licenziata”.
Ingiustizie che capitavano
ogni giorno, ma che si impressero in quella ragazzina di 13
anni come un marchio e che,
forse, la spinsero a imprimere
nella tela il lavoro, la fatica, il
modo di vivere, gli scioperi, le
lotte del dopoguerra.
Non è la prima volta che la
lega Spi di Copparo collabora
con Ermanna Chiozzi. L’anno
scorso Ermanna aveva portato
i suoi quadri sul ciclo della lavorazione della canapa al Centro anziani per far conoscere
ai bambini come, e con quanta
fatica, si lavorava la terra, solo
“qualche” anno fa, nella nostra
provincia. Questo incontro-collaborazione fra Sindacato dei
pensionati e mondo della scuola, quindi incontro-scontro fra
generazioni, ha prodotto una
grande soddisfazione da parte
dei bambini e delle insegnanti, dello Spi e di Ermanna che
aveva raccontato episodi del
suo lavoro nei campi e aneddoti della sua vita. In collaborazione con l’Istituto di storia
contemporanea di Ferrara
abbiamo quindi deciso di commissionare un Dvd sulla storia
di Ermanna Chiozzi, una storia
che mettesse in luce il lavoro,
le fatiche, le preoccupazioni
per i due figli, anche la solitudine che ha dovuto sopportare.
C’era la guerra, suo marito era
stato fatto prigioniero e, appe-
na tornato a casa, dopo pochi
giorni l’aveva lasciata di nuovo
sola e questa volta per sempre.
E la sua “arte” l’ha sostenuta,
l’ha aiutata. Sono invecchiate
insieme. La sua arte ci trasmette la memoria, piena di
vita, colorata, ma che fa pensare, fa riflettere … “la memoria
ci insegna a diventare custodi
della memoria”.
Quella che Ermanna ci trasmette è una memoria “vera”,
di una donna “vera”, non
quella dei talk show che la tv
ci propina tutti i giorni. Una
società che perde la memoria
di se stessa, perde la memoria collettiva, rischia di rifare
gli errori che ha fatto già nel
passato. Sapere da dove veniamo e conoscere i cambiamenti, spesso velocissimi, che
la nostra società ha avuto nel
corso del Novecento, passando da una società agricola ad
una post-industriale, significa
recuperare il meglio di quella
memoria per non sentirsi disarmati e scoordinati rispetto
alle proprie radici.
C’è poi nelle opere di Ermanna
la memoria della nostra organizzazione, della Cgil, degli
scioperi, delle battaglie, delle
angherie dei padroni, delle feste. Un mondo scomparso che
rivive nei quadri di Ermanna,
che rivivrà certamente nella
memoria di quei bambini che
ci hanno dato lo spunto per
fare il Dvd.
Argentovivo giugno 2009
Copparo, la nostra storia
nei quadri di Ermanna
25
I temi della memoria
Arrivare in luoghi sconosciuti:
Dove sono? Chi sono?
Vivere l’altrove: storie di migranti nella globalizzazione
Anna Maria Pedretti
Argentovivo giugno 2009
“Sono le 7 del mattino: mi trovo in un aeroporto, quello di Fiumicino. Non avrei mai immaginato che potessero
esserci aeroporti così grandi, mi sento spaesata, confusa, incapace di orientarmi tra le tante lingue e comincio a
sentire freddo, un freddo sottile che mi penetra nelle ossa, non mi dà tregua, un freddo che non mi abbandonerà
mai e che continuo a sentire sempre, anche dopo tre anni che vivo in Italia, anche quando gli altri si lamentano
per il caldo”.
26
Q
ueste sono le parole di una ragazza di diciassette anni proveniente
dalla Costa d’Avorio, la cui testimonianza si può leggere nel libro dello
storico della migrazione Emilio Franzina:
Racconti dal mondo: narrazioni, saggi e
memorie delle migrazioni, Cierre edizioni, 2004. E mi sembra siano estremamente
efficaci per dire il senso di spaesamento,
di smarrimento, di incertezza di chi arriva
per la prima volta in un luogo sconosciuto.
Quel senso che possiamo aver provato tutti
noi in qualcuna delle nostre esperienze di
vita, tutte le volte che, per qualunque motivo, abbiamo dovuto cambiare ambiente e
abbandonare un paesaggio familiare, dei
volti noti e amichevoli, un pezzo di strada che si sapeva a memoria. Ad esempio,
quando siamo entrati per la prima volta a
scuola con i banchi, la cattedra, tanti bambini diversi dai nostri compagni di gioco,
una persona adulta con la quale dovevamo
rimanere ore ed ore che non apparteneva
alla nostra cerchia degli affetti familiari.
Oppure quando ci siamo trasferiti dalla
campagna o dalla montagna nel centro
cittadino dove la parlata, i modi di fare,
gli abiti, l’atteggiamento delle persone
era diverso da quello cui eravamo abituati nella nostra piccola realtà di paese. O
Il dipinto “La montagna azzurra” di Kandinsky
I temi della memoria
lasciato il suo Paese, la famiglia, per
venire in Italia, come dice lei stessa
“non per lavorare o per avere una
vita più agiata, ma per amore”. Oggi
è sposata con Roberto e vive e lavora
a Mirandola.
Quando sono partita la seconda volta da
Cuba, sapevo che venivo per sposarmi con
Roberto e che la mia vita sarebbe cambiata radicalmente. Per prima cosa mi preoccupava la nostra diversità, nel senso che io
sono di colore e lui bianco, e avevo paura
che la gente pensasse male di un uomo
bianco sposato con una nera e per di più
cubana e ballerina.
Io quando sono venuta qui la prima volta
sempre dicevo a Roberto: “Non mi adatterò mai al vostro clima perché non mi piace
per niente”. (…) La vita a Cuba è più bella,
prima di tutto perché là c’è la mia famiglia, il clima è bellissimo, conosco tante
persone, ho tanti amici, c’è tanta allegria,
però mancano i soldi e dunque non puoi
fare nulla.
Il viaggio in aereo è stato… triste, molto
triste… ho pianto per tutto il viaggio, che
è durato dieci ore e avevo tanta paura per
la nuova vita che mi attendeva e pensavo
anche a tutto quello che lasciavo. Durante
il viaggio non ho conosciuto nessuno, anche perché non volevo parlare con nessuno; ero troppo triste e volevo stare sola con
i miei pensieri.
Sono arrivata in gennaio, il tempo era
bruttissimo, c’era freddo, buio… La prima
cosa che mi ha colpito è stato il tempo e
ho provato questa grande tristezza… però
c’era Roberto.
Testimonianza raccolta da
Paola Luppi Spi Mirandola (Mo)
Argentovivo giugno 2009
quando, in massa, ci siamo trasferiti dal
sud d’Italia nelle città industriali del nord
dove trovavamo facilmente lavoro, ma
dove spesso c’era un cartello davanti alle
case dove avremmo voluto abitare: “Non
si affitta ai meridionali”. Nelle città civili
dello sviluppo economico abbiamo perso
la nostra identità, nessuno degli abitanti
autoctoni ci ha chiamati col nostro nome,
ma siamo stati interpellati genericamente
come terun, maruchein.
Chi eravamo noi per tutti gli altri? E gli altri chi erano per noi?
Sappiamo bene che il pre-giudizio è quello
che impedisce alle persone di incontrarsi
davvero, di conoscersi, di costruire relazioni importanti. Così come lo impediscono i
luoghi comuni e le generalizzazioni. Eppure il pregiudizio è la prima difesa che viene
portata in campo rispetto allo sconosciuto
che arriva e che, chissà perché, viene vissuto subito come una minaccia. E allora,
ecco che Marisa Cavaciuti, nella sua testimonianza riportata nel numero di febbraio
di questo giornale, ci dice: “quando siamo
arrivati in Francia ci chiamavano “macheronì” o “mafiosi”. E Anna Guerzoni a
sua volta: “Mio padre mi diceva sempre
che loro erano considerati come quelli
che toglievano il lavoro ai venezuelani
e venivano chiamati “i monsiu” e lui di
questo ha sofferto moltissimo”.
E gli altri? Quelli che oggi arrivano nel nostro Paese da luoghi lontani di cui spesso
non abbiamo che idee vaghe e confuse?
Chi sono? Chi è ciascuno di loro? Quali
sono i loro sentimenti, le loro emozioni?
Cosa pensano?
L’unica possibilità di aprire dei canali di
comunicazione è dar loro la parola e cominciare ad ascoltarli.
“C’era freddo, buio”
Vilma
Vilma è un giovane donna nata a Cuba
dove, dopo gli studi superiori, ha frequentato una scuola di danza e ha lavorato in una compagnia di ballo. Ha
27
I temi della memoria
“Come
se non mi vedessero”
Hassan Alì
Argentovivo giugno 2009
Di Hassan abbiamo già pubblicato uno
stralcio della sua testimonianza sulle
ragioni che lo hanno spinto a fuggire
dal suo paese in guerra, il Darfur, la
regione meridionale del Sudan dove
è in corso da 6 anni uno scontro armato tra forze dello stato presieduto
da Bashir (che il tribunale internazionale dell’Aia ha accusato di crimini
di guerra e contro l’umanità) e organizzazioni di insorti secessionisti. Qui
ci racconta il suo primo impatto con
l’Italia e lo stratagemma che ha messo
in atto per fare in modo che i suoi vicini si accorgessero di lui.
28
A Lampedusa siamo rimasti due mesi,
chiusi in un centro di accoglienza, non
si poteva uscire, dormivamo anche per
terra, tanta gente c’era, mi sembrava di
soffocare.
Ad Agrigento ci hanno preso le impronte
digitali, ci hanno portato alla stazione.
“Andate via” ci hanno detto. Via, dove? Non
conoscevamo nulla, solo un nome, “Roma”.
Ho comprato un biglietto per Roma e da
lì sono partito subito per la Francia, ma
la meta era l’Inghilterra. Speravo che là
fosse meglio, avevo già capito che in Ita-
lia non c’era vita buona per noi. Uscendo
dall’Italia senza documenti e permesso di
soggiorno ero diventato un clandestino.
In Francia sono arrivato a Calais, per imbarcarmi per l’Inghilterra. Ho pagato 500
euro ad un camionista per viaggiare nascosto in un angolo del suo camion insieme
ad altri due amici, che sofferenza! A Hull
City sono rimasto sette mesi, lavoravo in
una fabbrica di fiori. In Inghilterra si può
lavorare anche senza documenti, invece in
Italia non ci assumono se non abbiamo i
documenti in regola. Questa è la grande
differenza.
Poi la polizia inglese mi ha rispedito in
Italia perché noi richiedenti asilo politico
dobbiamo rimanere nel Paese dove abbiamo lasciato le nostre impronte digitali. Mi
sono detto: “Forse questa è la mia opportunità per vivere in Italia!”. Ci hanno messo
su un aereo e spediti a Fiumicino, aeroporto di Roma. Dopo dodici ore di attesa, senza bere né mangiare, ci hanno portato alla
stazione Termini che tutti gli immigrati a
Roma conoscono.
(…) I primi tempi vivevo in un centro di
accoglienza fuori Roma.
Tutti i giorni, andando a prendere il pullman, incontravo le stesse persone, ma
nessuno mi salutava, mi guardava in faccia,
niente! Come se non mi vedessero. Non mi
piaceva. Allora mi è venuta un’idea, farmi
tingere capelli e barba di biondo. Il mattino dopo tutti mi guardavano, sorridevano,
“Ciao amico” mi salutavano. Finalmente ci
scambiavamo un saluto, qualche parola,
alcuni mi chiamavano “Hassan il biondo”.
Testimonianza raccolta da
Franca Borghi Spi Modena
“Non marocchina,
arjentina”
Cristina
Cristina è oggi una donna matura,
madre di due figli, realizzata nel
lavoro, che non ha mai smesso di
studiare, tanto che sta frequentando la facoltà di Scienze della Formazione all’università di Bologna
Ha vissuto sulla propria pelle lo
sradicamento, all’età di 14 anni,
dalla terra in cui è nata e che sempre ha considerato la sua patria,
l’Argentina. Ma la sua esperienza
nasceva da un altro strappo, da
un altro sradicamento: quello dei
genitori che erano emigrati dalla
Sicilia negli anni ’50 nel Paese latinoamericano. È così che, al suo arrivo in Italia, ha subito una doppia
etichettatura.
Siamo partiti, la mia famiglia ed io, nel
giugno del 1970 da Buenos Aires con la
nave, l’Eugenio C. Lasciavamo là mia so-
I temi della memoria
“Cosa significa per lei sicurezza?”
don Luigi Ciotti*
La parola sicurezza è da tempo oggetto di un abuso. Si parla di sicurezza
senza la dovuta profondità, senza la necessaria pacatezza e razionalità. Nel
nome della sicurezza si costruiscono allarmi, si additano “nemici”, si annunciano misure per raccogliere consenso. La sicurezza è diventata la scorciatoia
più battuta da certa politica per esercitare potere, giustificare abusi, distrarre
lo sguardo da disuguaglianze e ingiustizie.
È importante allora sottolineare alcuni passaggi.
Il primo è che la sicurezza è sì un diritto, ma un diritto di tutti. La sicurezza la
si costruisce insieme, è l’effetto di politiche sociali coraggiose, frutto di comunità solidali e accoglienti. Sicuri sono quei contesti che consentono a tutti
di partecipare alla vita comunitaria, sicura è quella società che promuove la
cittadinanza.
Il secondo è che le leggi sono strumento fondamentale di sicurezza solo se
tutelano il bene comune, cercando il giusto punto di equilibrio tra il rigore
della norma e l’attenzione alla persona. Leggi calate dall’alto, che invece
d’includere discriminano, alimentano l’insicurezza anziché combatterla. La
vita delle persone – tanto più se indifese e vulnerabili – deve essere il fondamento delle leggi, e se vogliamo che le persone rispettino una norma
dobbiamo, prima, metterle in condizione di vivere i diritti e i doveri del
cittadino.
Il terzo è che le leggi, da sole, non possono garantire sicurezza. Le leggi producono giustizia solo se radicate nella corresponsabilità, che è poi capacità
di mettersi nei panni degli altri, comportandosi nei loro riguardi con la stessa
umanità che auspichiamo per noi.
Per essere stato un migrante e aver vissuto sulla pelle certi pregiudizi ed
etichette, penso sia questa la grande opportunità che ci stanno offrendo le
tante persone che arrivano nelle
nostre città in cerca di pane, lavoro e dignità.
L’opportunità di costruire una società dove la diversità sia custodita come un valore e non respinta
come una minaccia. Una società
capace di garantire a ciascuno
una vita libera e dignitosa, facendo in modo che, sapendoci tutti
“diversi”, nessuno debba più
sentirsi “straniero” in mezzo ad
altri esseri umani.
Argentovivo giugno 2009
rella, mio cognato e i miei nipoti ancora
piccoli. (…)
Per me quei 15 giorni di viaggio verso l’Italia sono stati un calvario perché la mamma
stava male, il papà anche.... Siamo arrivati
a Genova, abbiamo preso un treno per la
Sicilia.
I parenti, tutti parenti di mia madre, ci
aspettavano là perché questa era la nostra
meta, mentre qua a Modena c’era l’unico
fratello di mio padre che non era andato molto lontano, ma era venuto qui, si era
integrato, si era sposato, aveva fatto il partigiano, la sua vita era a Modena.
Siamo stati in Sicilia due mesi, ma era un
posto molto chiuso, molto arretrato culturalmente, molto bigotto rispetto alla nostra
mentalità; io giravo con delle minigonne
spaziali e fumavo, i miei fratelli pure; lì
invece era tutto un guardarci, criticarci.
Ci hanno cominciato a parlare della mafia
che non ti permetteva di fare niente... io
vestivo con delle magliette con l’immagine di Che Guevara e mi dicevano: “Guarda
che qua... il comunismo non va molto di
moda... ti fanno fuori”; insomma tutto un
mondo... Abbiamo provato anche a cercare
da lavorare, ma ci davano due soldi…
Siamo stati lì due mesi poi abbiamo capito
che, soprattutto per noi ragazzi, non c’era
futuro, non ci piaceva quella mentalità
chiusa e ottusa. E poi il tema, ancora una
volta, era il lavoro, la sopravvivenza. Mio
padre era un elettricista, un artigiano, ma
* fondatore del Gruppo Abele e
presidente di Libera
lì aveva poche prospettive. E quando mio
zio ci chiamò a Modena, appunto perché
lui era ben inserito, a ottobre dello stesso
anno siamo venuti ad abitare a San Donnino, in una villettina in affitto che ci aveva
trovato lo zio, il quale trovò pure un posto
di lavoro per me vicinissimo a casa (…),
instradò mio padre per impiantare la sua
piccola ditta di artigiano elettricista e tro-
vò due lavori per i miei fratelli. (…)
Comunque il salto qui, in Italia, in Sicilia,
a Modena, è stato terribile.
Soprattutto per i rapporti con i colleghi di
lavoro. Tra noi lavoranti c’era competizione,
sentivo che c’era molta diffidenza nei miei
riguardi, perché straniera, non piaceva il
mio abbigliamento, non piaceva il mio modo
di essere, aperta, assolutamente naturale.
29
I temi della memoria
La gabbia del sarchiapone
Argentovivo giugno 2009
L’importanza di ricordare un nome
Le più popolari battute che circolano tra gli anziani sono quelle sulla perdita della memoria. Eppure non ricordare i
nomi delle persone non è affatto un problema legato all’età. Tutti siamo carenti su questo lato, eccezion fatta per gli
imbonitori dei call center (“Parlo con il signor Paolo? Avremmo da sottoporle un’offerta veramente vantaggiosa….”).
I venditori di qualunque merce sanno bene quanto siamo affezionati al nostro nome - perfino quando non ci piace.
Per rendersi conto quanto forte sia il legame tra il nostro nome e noi stessi basta ricordare l’irritazione che ci ha preso
l’ultima volta che ci è arrivata una lettera con il nome storpiato sulla busta. È mai possibile che un errore ortografico
rappresenti una punzecchiatura così fastidiosa per il nostro amor proprio? Quanta pazienza ci vuole quando qualcuno
insiste, anche in buona fede, a chiamarci con il nome sbagliato. Viceversa quanta ambizione investiamo - soprattutto
noi donne - per essere notate e chiamate per nome da un bambino e come siamo contente se ci riusciamo. Che sottile
piacere per il nostro ego se siamo in fila dal medico o presso un ufficio e chi legge il nostro nome per annunciare il
nostro turno mette nella voce un po’ di rispetto se non di gentilezza.
Una volta i genitori insegnavano ai figli che le persone del vicinato andavano salutate e possibilmente usando il loro
nome. Oggi nella sfera pubblica l’usanza del saluto sembra un po’ demodé e poche volte ci sentiamo obbligati a memorizzare i nomi dei nostri interlocutori. Anzi civettiamo con il nostro scarso talento in merito.
Figuriamoci poi se si tratta di nomi stranieri. Chi porta un nome straniero ha poche speranze di sentirlo usare da persone esterne alla cerchia familiare. È vero che si tratta di nomi spesso lunghi e difficili da pronunciare, ma il più delle
volte non ci proviamo nemmeno. Optiamo per la semplificazione. Diciamo “la mia ucraina, la mia romena….”, parole
che sono diventate sinonimi di domestica. Ma le serve di altri tempi avevano un nome che veniva cambiato loro solo
se era uguale a quello della padrona. Diciamo “Vado a fare la spesa dal pachistano”, anche se basterebbe uno sguardo
sullo scontrino per sapere come effettivamente si chiama il nostro verduraio. In caso di difficoltà ci sarebbe sempre la
possibilità di mettersi d’accordo su un nome alternativo scelto dalla persona interessata.
Chiamare qualcuno per nome richiede uno sforzo, attenzione e interessamento. Ma si tratta di fatica ben piccola rispetto all’effetto che produce. Significa riconoscere che siamo individui, unici e irripetibili. Significa offrire ad una persona
qualcosa di non poco conto, e cioè la sua identità - risorsa preziosa per sopravvivere nel clima sempre più anonimo
delle nostre città.
Eva Lindenmayer
Io andavo verso le altre persone... ma
trovavo dei muri. (…) Mi avevano dato il
nome “doppia marocchina”. E io dicevo:
“Non marocchina, arjentina”; ma loro ribattevano: “Sud dell’Italia, sud dell’America = doppia marocchina”, e io: “Dite quello
che volete, ma io sono arjentina”.
Testimonianza raccolta da
Franca Borghi Spi Modena
“Albanesi… brutti,
schifosi e mafiosi”
Rozina
30
Ha 44 anni, proviene da una città
dell’Albania che si chiama Bheratu,
“una bella città antica di 1400 anni
fa e forse più”. Lì è nata e cresciuta
Una veduta di Tirana, Albania
I temi della memoria
con la sua famiglia: mamma, papà e
fratelli. Là ha ancora tutti i parenti.
Ha frequentato le scuole superiori e,
dopo la caduta del regime comunista, ha deciso di venire in Italia nella
speranza di una vita migliore, ma ben
presto ha scoperto che la situazione
non era “quella che si vedeva in televisione”. Dopo un periodo in cui si
è arrangiata a fare mille lavori, ha
incontrato un ragazzo che poi è diventato suo marito ottenendo così la
cittadinanza italiana.
paese, come dite voi. Anche per gli albanesi
non si può giudicare senza conoscere. Di me
dicevano che non sembravo come quelli che
si vedevano in televisione, che non sembravo una di loro. Ma in televisione andavano
sempre a prendere gente della campagna
o che aveva sofferto molto. Io sono nata in
città ed è per questo, credo, che ho un altro
aspetto. Anche noi in città abbiamo sofferto,
non è che erano rose e fiori. Non dovrebbero
mostrare solo le cose brutte degli albanesi
o dell’Albania; possono far vedere anche le
cose belle. Cercavo lavoro, ma quando dicevo
che ero albanese facevano tante promesse,
ma poi nessuno si faceva più sentire.
Testimonianza raccolta da
Rosella Masi Spi Piacenza
La campanella
Prima dei consumi vengono le persone
Mi sono a lungo interrogata per capire i meccanismi in atto per distruggere progressivamente quei valori di solidarietà
che soltanto trent’anni fa – ad esempio dopo la strage della stazione – permeavano la nostra società - e la nostra città
di Bologna ne era un baluardo. Non si trattava soltanto di sottoscrizioni – dare denaro a chi era incorso in una tragedia
che poteva riguardare ognuno di noi – ma di offrire una parte di noi per “arginare”, lenire, sentirsi padri e madri di quei
nuovi orfani, condividere accogliendo. Allo stesso modo, rispetto allo straniero, avremmo dovuto costruire nel territorio
una vera accoglienza, non delegare ai servizi – di Stato, di quartiere, di parrocchia - le risposte, gli aiuti, mettendo “i
nuovi poveri” in competizione tra loro e con noi.
Argentovivo giugno 2009
Quando sono venuta qua già ho provato una
grande amarezza: quando dicevi che eri albanese, tutti ti guardavano male perché in
quegli anni, era il ’95, dicevano che tutti gli
albanesi erano brutti, schifosi e mafiosi e che
le donne erano donne di strada. Anche in Italia c’è gente buona e cattiva: tutto il mondo è
Gli immigrati “vanno bene” se badano – senza troppe storie – i nostri vecchi, i nostri bambini o se fanno lavori che noi
non vogliamo fare: in una parola se ci fanno da servi - del resto paghiamo!
I bambini e i ragazzi hanno bisogno di esempi di vita, non di prediche e di punizioni che alimentano solo invidie,
gelosie, rancori e sensi di colpa. Di solidarietà intesa più o meno come elemosina sono capaci tutti, in questo delirio di
onnipotenza che caratterizza questa società di consumi sfrenati: basta guardare quanti giocattoli inutili hanno i nostri
bambini!
L’imperativo è “fare e farsi” da soli con l’aiuto di una tecnologia che risolve velocemente ogni cosa: ma l’uomo è
“fatto” e si nutre di relazioni da rinnovare costantemente, altrimenti si troverà chiuso in gabbia, anche se dorata.
Questo fare da soli è il contrario di quella autostima – ognuno a potenziare ciò che è in positivo e a controllare le sue
pulsioni negative – che è la base di ogni educazione permanente. Senza autostima ogni forma di depressione e di disprezzo della vita è sempre in agguato. Rispetto ai consumi conta l’esempio: penso che ciò che più ha corrotto sia stata
l’invenzione del “rimborso spese” (scambiato spesso per modo di fare volontariato), e non solo perché l’occasione può
consentire di approfittarne, quanto perché non si aiutano la sobrietà e la prudenza, due virtù indispensabili perché i
consumi non prendano il sopravvento sulle persone.
Miriam Ridolfi
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