MENSILE DEL SINDACATO PENSIONATI ITALIANI SPI-CGIL DELL’EMILIA-ROMAGNA Editoriale Attualità La Cgil e le sfide Gli immigrati e la casa: per il futuro del Paese proposte di convivenza Dal mondo Nelle piazze d’Europa il nostro no alla crisi Salute Aiuto, che caldo! Come difendersi Memoria Migranti: l’esperienza di sentirsi smarriti Autorizzazione del tribunale n.4897 del 5 marzo 1981 - Spedizione in abbonamento postale 45% Argentovivo giugno 2009 “Non è mai troppo tardi” n.6 giugno 2009 1 In breve Argentovivo giugno 2009 Libertà per Aung San Suu Kyi: appello e firme di solidarietà 2 La giornalista Ilaria Alpi e l’operatore Miran Hrovatin “Carte false”: un libro cerca la verità sulla morte di Ilaria Alpi Quindici anni senza verità e giustizia. È l’amaro bilancio di una tragica vicenda segnata da dubbi, bugie e verità nascoste: l’omicidio della giornalista del Tg 3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, assassinati in Somalia il 20 marzo del 1994. In occasione della quindicesima edizione del Premio giornalisticotelevisivo intitolato a Ilaria Alpi, che si è tenuta a Riccione dal 18 al 20 giugno, è stato presentato un libro che fa il punto sulle indagini su questa vicenda: “Carte false”, curato dall’inviato del Tg3 Roberto Scardova, con i contributi di Francesco Cavalli, Alessandro Rocca, Luciano Scalettari e l’analisi di Mariangela Gritta Grainer. Il libro, pubblicato da edizioni Ambiente, è il testardo tentativo di continuare a cercare la verità, per ricordare Ilaria Alpi e l’etica che la distingueva: un’inchiesta a più voci che ripercorre le parole dei testimoni, gli atti di magistratura e Parlamento, le ammissioni e le omissioni, partendo dalla situazione della Somalia nel 1994 e arrivando all’attualità. Allora come oggi, nel Paese africano dilaniato dalla guerra tra fazioni, agli interessi locali si mescolano quelli del business internazionale, dei traffici di armi e rifiuti tossici: il libro coordinato da Scardova cerca di far luce sugli intrecci che sono costati la vita a una giornalista votata alla ricerca di verità scomode. Dopo tredici anni di detenzione la leader democratica birmana Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, è stata incarcerata di nuovo dal regime militare sulla base di accuse pretestuose. Una mossa che, come hanno osservato i commentatori internazionali indipendenti, mira a tenerla detenuta fin dopo le elezioni che si svolgeranno nel 2010. L’organizzazione internazionale non profit Avaaz.org, raccogliendo le richieste degli attivisti birmani per la pace, i diritti e la democrazia, ha rilanciato un grande appello on line al Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon per chiedere il rilascio di Aung San Suu Kyi e di tutti i prigionieri politici incarcerati dalla Birmania solo per avere espresso in modo pacifico le loro opinioni in dissenso dal regime. Per chiedere libertà per la leader birmana si può firmare on line l’appello: alla campagna partecipano oltre 160 gruppi di solidarietà ed esiliati birmani in 24 Paesi. Per la firma basta collegarsi al sito web www.avaaz.org. Aung San Suu Kyi Il Giardino della cortesia: progetti per educare alla città civile Abbattono muri, disegnano per terra, dipingono sulle pareti: non sono ragazze e ragazzi indisciplinati, ma è la nuova generazione di giovanissimi educatori civici bolognesi. Hanno creato “Il giardino della cortesia”. Un giardino ricco di fotografie, disegni, vignette, pensieri gentili, installazioni, brani letterari, t-shirt che raccontano le attività educative e comunicative realizzate dalle scuole nell’ambito del progetto La città civile – progetto per far tornare Bologna capitale del senso civico -. Un progetto in cui il poeta Roberto Roversi ha percepito “l’aria, il vento delle emozioni e delle occasioni non deluse di un tempo”. Un tempo non lontano in cui Bologna era capitale del senso civico. Può tornare ad esserlo. Oggi in tanti si sentono estranei e non dimostrano affetto per la città. Sembrano avere dimenticato la grammatica del vivere in comunità. Esiste però anche una Bologna virtuosa che vuole bene alla città, che In breve Maria Carla Bertarelli La neocentenaria “nonna Terzina” Tanti auguri dallo Spi a nonna Terzina per i suoi 100 anni! A Montecastello di Mercato Saraceno (Fc) si è festeggiato il centenario di nonna Terzina. Rosina Nunziatini (all’anagrafe) è nata il 19 maggio 1909, ed è sempre vissuta nella piccola comunità della Valle del Savio. Vedova da tempo, ha 5 figli, 13 nipoti e 17 pronipoti; la vita di nonna Terzina è trascorsa all’insegna dei lavori nei campi e in cucina. Ogni giorno percorre circa 5 chilometri a piedi, spostandosi fra chiesa, cimitero e piazza. La lega Spi-Cgil di Mercato Saraceno, a cui è iscritta dal lontano aprile 1970, in occasione del centenario le ha consegnato una targa, con tanti auguri per i prossimi anni! Passaparola La memoria corta Il ministro Sacconi ha la memoria corta e la lingua lunga. Ha annunciato, con toni trionfalistici come fosse “farina del suo sacco”, il pagamento, dal primo luglio della quattordicesima mensilità a 3,5 milioni di pensionati. I pensionati e le pensionate gli ricordano che: • Questo beneficio economico alle pensioni più basse è frutto dell’accordo del 23 luglio 2007 sottoscritto da Cgil-Cisl-Uil con il governo Prodi; • La quattordicesima è una conquista che proviene dalla lunga mobilitazione dei Sindacati Pensionati; • Il governo Berlusconi finora ha eluso tutte le richieste delle organizzazioni sindacali dei pensionati per recuperare la perdita del potere d’acquisto delle pensioni ed estendere la quattordicesima. Se il ministro Sacconi ha la memoria corta, i pensionati e le pensionate dell’Emilia-Romagna ricordano bene, invece, che l’unico provvedimento di questo governo a sostegno dei redditi bassi è stata la “farsa” della Carta acquisti, con tanti anziani a fare la fila e pochi ad avere il misero beneficio. Un’altra donna alla guida di una “grossa” Lega del ferrarese che comprende i Comuni di Codigoro, Mesola e Goro. Diventano, così, sei le donne segretarie di Lega. Nella cornice del bel Castello di Mesola, fra quadri che raffigurano flora e fauna del Boscone, un tempo tenuta di caccia degli Estensi, signori di Ferrara, alla presenza dei componenti del Comitato direttivo di Lega, Massimo Bovolenta ha lasciato la direzione della Lega stessa. “Ma non vado via, aiuterò ancora la Lega”, ha detto. Quattro Comuni, una lega con oltre 4mila iscritti, che Massimo “guidava” da ormai due mandati. È stata eletta Maria Carla Bertarelli, una donna che è stata occupata nella vita “pubblica” di Codigoro, essendosi impegnata come assessore alla Cultura e alle pari opportunità e poi nella attività sociale del Comune. Si è presentata come incline all’ascolto e al dialogo, spera – dice – di essere all’altezza di questo nuovo compito. Non hanno avuto dubbi i pensionati che l’hanno eletta all’unanimità segretaria di Lega. Argentovivo giugno 2009 fa del rispetto degli altri, dei beni comuni e dell’ambiente uno stile di vita, un tesoro da coltivare tutti i giorni. Il progetto “La città civile” dà voce e volto a questa Bologna, che deve tornare ad essere esempio di civiltà. Il progetto è promosso da Antartide e da diversi Istituti scolastici e Direzioni didattiche di Bologna, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna e con la collaborazione tra gli altri di Cgil, Cisl e Uil. Una mostra sul progetto è aperta all’Archiginnasio fino al 30 giugno. Bertarelli eletta segretaria della Lega di Codigoro Mesola e Goro 3 Sommario 2| In breve • “Carte false”: un libro cerca la verità sulla morte di Ilaria Alpi • Libertà per Aung San Suu Kyi: appello e firme su Internet • Il Giardino della cortesia: progetti per educare alla città civile • In piazza contro la crisi con i sindacati europei Mirna Marchini 3| In breve 16| Società • Tanti auguri dallo Spi a nonna Terzina per i suoi 100 anni! • Bertarelli eletta segretaria della Lega di Codigoro, Mesola e Goro • Passaparola 5| Editoriale • Il futuro del Paese e la Cgil Maurizio Fabbri Argentovivo giugno 2009 14| Dal mondo 8| Attualità • Gli immigrati e la casa: coesione nella diversità Enrico Rizzo 10| Società • Educazione degli adulti: “Non è mai troppo tardi” Roberto Battaglia 12| Società • Anziani e memoria nel mondo che cambia Mina Cilloni 15| Salute • Sos caldo: dove trovare servizi e consigli utili a cura della redazione • Incidenti in casa? Prevenirli si può a cura della redazione 17| Dimensione Cgil • Immigrazione, sfidiamo il linguaggio della paura Mayda Guerzoni 19| Auser • In Palestina e Israele per ricordare Angelo Sergio Bossoli, Ermanno Zanotti 21| Territori e leghe • Casalecchio, gli studenti “disegnano” lo Spi Bruno Pizzica 22| Territori e leghe • Bologna, col teatro narriamo il lavoro visto dalle donne Alessia Tucci 23| Territori e leghe • Imola: “Chiedevamo pane e i fascisti spararono” Cleofe Ferdori 24| Territori e leghe • Modena, idee e domande sul testamento biologico Franco Zavatti 25| Territori e leghe • Copparo, la nostra storia nei quadri di Ermanna Valentina Vecchiattini 4 Direttore responsabile: Mirna Marchini Vice direttore: Mauro Sarti • Arrivare in luoghi sconosciuti Dove sono? Chi sono? Anna Maria Pedretti • “Cosa significa per lei sicurezza?” don Luigi Ciotti • L’importanza di ricordare un nome Eva Lindenmayer In redazione: Roberto Melli, Luca Baldazzi, Anna Maria Selini, Paola Guidetti, Valentina Vecchiattini, Franco Digiangirolamo. memoria 14 21 Casalecchio, gli studenti “disegnano” lo Spi 16 5 25 Incidenti in casa? Prevenirli si può Argentovivo n. 6 - giugno 2009 Chiuso in tipografia il 22/06/2009 la tiratura complessiva è di 8.000 copie 26| I temi della In piazza contro la crisi con i sindacati europei Il futuro del Paese e la Cgil La foto di copertina è di Paolo Righi – Meridiana Immagini Copparo, la nostra storia nei quadri di Ermanna Direzione e redazione Via Marconi, 69 - 40122 Bologna tel. 051294799 - fax 051251347 Amministrazione Via Marconi, 69 - 40122 Bologna Abbonamento annuo 22 euro Costo copia 3 euro Costo copia arretrata 5 euro Realizzazione a cura di Agenda www.agendanet.it Progettazione grafica EXPLOIT Bologna - Via Dell’Arcoveggio, 82 Stampa a cura di FUTURA PRESS Proprietà EDITRICE DELLA SICUREZZA SOCIALE srl Associato UNIONE STAMPA PERIODICI ITALIANI Editoriale Il futuro del Paese e la Cgil Argentovivo giugno 2009 Maurizio Fabbri Segretario generale Spi-Cgil Emilia-Romagna Qui sopra e nelle pagine seguenti, immagini della manifestazione europea contro la crisi a Praga Il risultato elettorale accresce di fatto la responsabilità della Cgil. Un’Europa più orientata a destra, vittima di antiche paure, ha trovato riscontro anche in Italia, dove, d’altro canto, una risposta forte e alternativa del centrosinistra stenta a farsi strada. La Cgil è stata la prima a denunciare l’inadeguatezza del governo rispetto alla crisi e per i valori negativi trasmessi soprattutto attorno al tema dei migranti. Il voto italiano ci consegna un Presidente del Consiglio indebolito, con un governo che non ha la maggioranza dei voti e più subalterno alla Lega. A questo governo - senza volerci sostituire alla politica - come Cgil, dobbiamo lanciare una nuova sfida sui problemi del paese, già a partire da settembre. Il voto europeo si è contraddistinto per due caratteristiche fondamentali: la bassissima partecipazione (attorno al 40%), segno dello scarso appeal che ormai l’Europa esercita, e lo spostamento a destra dell’asse politico, soprattutto con l’affermarsi di alcune forze xenofobe seriamente pericolose. In controtendenza, in almeno due paesi, si è registrato il successo dei verdi, lasciando intravedere un’attenzione alla qualità del futuro modello di sviluppo. In Italia, il risultato nei Comuni ha reso ancora più evidente la frammentazione del voto, quasi a volerci dire che le persone si sentono sole e che un tale stato d’animo fa prevalere paure e ricerche soggettive di identità e radici. In questo senso, il progetto della destra è certamente favorito: da sem- pre fa leva sulle paure delle persone e su risposte di conservazione. Le responsabilità e le colpe si attribuiscono all’altro, al diverso da sé e ciò conduce facilmente alla guerra fra poveri: sono questi i cavalli di battaglia della Lega che ha rastrellato voti e consensi non solo nelle regioni del Nord Est. La vittoria del partito di Bossi ci riguarda e ci interessa direttamente. Anche se non è vero che la Lega è fisicamente penetrata nei nostri territori, ciò non significa che non abbiano fatto presa i suoi valori. Noi che siamo davvero sul territorio dobbiamo fare e farci alcune domande. Per esempio, perchè non siamo in grado di produrre e offrire valori che neutralizzino questo fenomeno? È colpa dei nostri valori che hanno perso fascino e significato o c’è 5 Argentovivo giugno 2009 Editoriale 6 qualcosa che ha a che vedere con le nostre coerenze e le nostre abilità nel veicolarli? Ci dobbiamo interrogare, come Spi e come Cgil, anche con i lavoratori direttamente nei luoghi di lavoro. L’affermazione delle camicie verdi non si limita, secondo me, al fatto che parlano alla “pancia”, alla paure delle persone. La verità è che alla sinistra manca un progetto culturale alternativo, la capacità di fare opposizione, ed è qui che entra in gioco la nostra rinnovata e aumentata responsabilità. La Cgil deve rilanciare i suoi valori di solidarietà, di giustizia sociale, rappresentando efficacemente l’importanza del suo ruolo, quello di un sindacato generale dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati - compresi i migranti! - che vuole battersi, difendendo i valori della Costituzione, affinché questa società diventi più giusta e solidale. Dobbiamo ammettere che, per quanto riguarda l’Europa e le elezioni europee, non abbiamo fatto molto. È chiaro che la crisi ha avuto un peso sulle elezioni, ma è altrettanto vero che l’Europa è sentita da tutti come lontana. E un po’ di autocritica, per una mancata discussione in questo senso, dobbiamo farla anche noi. La sinistra, in Europa e in Italia, avrebbe avuto bisogno di un dibattito più di respiro, più proiettato sul futuro comunitario, in particolare dal punto di vista sociale. Si doveva rilanciare la Carta di Nizza e la difesa del lavoro, proprio in relazione alla drammatica situazione dell’occupazione, dello sviluppo e della coesione sociale. Serviva per il lavoro, per i dipendenti e per i pensionati un progetto sul welfare più forte, capace di essere più incisivo e di arrivare al cuore e alla testa delle persone e dei cittadini tutti. Purtroppo non c’è stato. E’ anche per questa ragione che è aumentata la responsabilità della Cgil. Perché noi siamo stati i primi a denunciare il modello conservatore del governo, la sua inadeguatezza e il suo carattere antioperaio e antipopolare. E oggi, dopo aver contrastato e superato una fase di grande solitudine, ma con le nostre piazze affollate, fino alla grande manifestazione nazionale di Roma del 4 aprile scorso, la Cgil si appresta a lanciare una sfida nuova e strategica. Si riparte e lo faremo attraverso la Conferenza di programma, del 16 - 18 luglio a Chianciano, dove metteremo a punto le nostre proposte per una nuova Italia del lavoro e dei diritti universali, che troveranno poi uno spazio e un luogo di discussione e approfondimento all’interno del nostro congresso, che si avvierà a partire da settembre. Anche come Spi, sulla stessa scia, abbiamo intrapreso questo percorso a partire dalla manifestazione regionale di novembre, seguita da quella nazionale del 5 marzo a Roma e, infine, con i presìdi del 28 maggio in tutte le città. Il prossimo appuntamen- to sarà a Perugia, il 4 luglio, dove manifesteremo contro il governo e rilanceremo i contenuti della nostra piattaforma, quelli elaborati con Fnp e Uilp. Ma la vera sfida per noi inizierà con l’autunno, quando i nodi verranno al pettine e la crisi economica, purtroppo, ci farà sentire il peggio sul piano delle conseguenze sociali. Per questo, già da ora, dobbiamo preparare una forte sensibilizzazione e mobilitazione, per rafforzare le consapevolezze e indirizzare il disagio verso la giusta direzione, consentendo risposte adeguate alle aspettative. I punti su cui dovremo insistere sono quelli del reddito, del lavoro e del sociale. La necessità, cioè, di un intervento di distribuzione e redistribuzione, anche attraverso le leve fiscali e la difesa e il rilancio dell’occupazione, insieme a politiche mirate ad uno sviluppo di qualità. Ma anche, in contemporanea, le proposte sociali frutto di un lungo lavoro di elaborazione dello Spi, che mettono al centro la persona e i suoi diritti universali e di cittadinanza, gli ammortizzatori sociali come diritto universale, per rispondere a nuovi e vecchi bisogni di povertà, in una società che ha chiara l’idea dell’inclusione. Noi e tutta la Cgil saremo in campo da settembre, e faremo di tutto perché anche Fnp e Uilp ci siano, pronti a portare avanti ancora le nostre richieste. Il cammino è già tracciato, dobbiamo solo continuare dritti, guardare avanti, consapevoli e confortati dall’appoggio che in questi mesi i lavoratori e i pensionati ci hanno nuovamente confermato. Le elezioni ci consegnano una destra meno forte di quello che ci si poteva attendere, la strada è in salita, ma adesso che la crisi farà sentire più stretta la sua morsa, spetta a noi insistere, indicando, per il nostro paese, la giusta direzione. Emilia-Romagna al voto: il quadro del primo turno Tre sindaci (Reggio Emilia, Modena e Cesena) confermati o eletti al primo turno. E così quattro presidenti di Provincia (Bologna, Modena, Reggio Emilia e Forlì Cesena). In tutti gli altri casi si è dovuto ricorrere al ballottaggio, tranne che per un’amministrazione provinciale (Piacenza) passata subito dal centrosinistra al centrodestra. In Emilia-Romagna il Partito democratico e le coalizioni di centrosinistra “tengono” meglio rispetto ad altre regioni, ma il primo turno delle elezioni europee e amministrative del 6-7 giugno ha dato un responso su cui riflettere. In attesa del verdetto definitivo dei ballottaggi, che al momento di chiudere questo numero di Argentovivo non si sono ancora svolti. Nei Comuni capoluogo, tra i sindaci uscenti solo Graziano Delrio a Reggio Emilia (52,43%) e Giorgio Pighi a Modena (50,09%) hanno ottenuto subito la riconferma. Buon risultato per il centrosinistra anche a Cesena, dove il candidato Paolo Lucchi è stato eletto con il 51,86% delle preferenze. Al ballottaggio per una manciata di voti Flavio Delbono a Bologna, Roberto Balzani a Forlì, Tiziano Tagliani a Ferrara. Si è votato anche per 8 Province su 9, tutte tranne Ravenna. I risultati: quattro conferme immediate per i presidenti alla guida di coalizioni di centrosinistra (Draghetti a Bologna, Sabattini a Modena, Masini a Reggio Emilia, Bulbi a Forlì-Cesena), tre ballottaggi a Ferrara, Parma e Rimini e la Provincia di Piacenza al centrodestra. Per quanto riguarda l’Europa, l’Emilia-Romagna che si riconosce nel centrosinistra ha mandato a Bruxelles i “suoi” candidati Salvatore Caronna e Vittorio Prodi. Il Pd è la formazione che ha ottenuto più consensi, con quasi un milione di voti, pari al 38,86%. Dietro al Pdl (27,36%) cresce l’Italia dei Valori (7,24%). Ma soprattutto preoccupa la forte avanzata della Lega nord, che in regione, sempre alle europee, è arrivata all’11,08%. Argentovivo giugno 2009 Editoriale 7 Attualità Gli immigrati e la casa: coesione nella diversità Acer al servizio dell’integrazione abitativa per il buon vicinato Enrico Rizzo* Argentovivo giugno 2009 L’ 8 attività di gestione del patrimonio immobiliare implica un rapporto con l’utenza di immobili pubblici non solo di tipo amministrativo-patrimoniale-tec- nico ma anche di tipo relazionale. Su un nucleo consolidato di attività tipiche di gestione, manutenzione e riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico si innestano infatti progetti speciali e azioni specifiche nel campo della mediazione sociale e di comunità e in quello della sostenibilità sociale degli inserimenti abitativi, con la promozione di positive relazioni di vicinato, percorsi di accompagnamento all’abitare e riduzione della conflittualità. Le attività inserite nel progetto “Territori in rete per l’accesso all’alloggio – Laboratori di comunicazione e mediazione sociale”, che ha ottenuto un finanziamento ministeriale di 100mila euro, permetteranno ad Acer (gestore del progetto) e Comune di Bologna di affrontare il problema della coesione sociale nel rispetto delle diversità. Le azioni proposte all’interno di questo progetto, già iniziato e della durata di 18 mesi, vogliono porre in essere relazioni positive fra gli immigrati residenti nelle aree di edilizia popolare con il resto degli altri residenti, e più in generale con la cittadinanza tutta (mediazione di comunità). Si implementeranno a tale scopo laboratori pratici rivolti a sviluppare contemporaneamente modalità di sapere (conoscenze), saper fare (competenze) e saper essere (capacità relazionali). All’interno di questo contesto il fine ultimo è quello di cercare di modificare la stigmatizzazione negativa che la rappresentazione sociale comune assegna all’immigrato e di promuovere momenti di socializzazione e integrazione, anche sul modello delle feste di vicinato già sperimentate dall’Ente gestore nel corso del 2007 in alcuni quartieri della città di Bologna. ll progetto rappresenta una delle prime esperienze di integrazione abitativa e accompagnamento all’abitare di cittadini immigrati di origine non comunitaria che già risiedono in alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà del Comune di Bologna. Questa sperimentazione prevede: 1) Un percorso partecipato di accompagnamento all’abitare e facilitazione dei rapporti di vicinato nel comparto di recente ristrutturazione e nuova assegnazione denominato Corte3 (via Bolognese, via Tibaldi, via Colonna, via dall’Arca) e in altri comparti adiacenti. 2) Una intensa attività di mediazione interculturale-linguistica per operatori dell’Acer di Bologna. Le due attività sono interconnesse, in quanto il percorso partecipato di accompagnamento all’abitare e facilitazione dei rapporti di vicinato pensato per alcuni comparti edilizi della Bolognina si intreccia con le attività formative nel campo della mediazione interculturale rivolte ad operatori Acer, che lavorano potenzialmente a contatto con tutta l’utenza immigrata che chiede informazioni e/o servizi. Le tendenze più recenti mostrano in particolare la forte crescita della popolazione straniera a Bologna, che al 31 dicembre 2008 ha superato quota 39.400 residenti (+17,5% rispetto a dodici mesi prima). Gli stranieri costituiscono ormai il 10,5% della popolazione di Bologna e tale percentuale aumenta per quanto riguarda i comparti residenziali di edilizia pubblica (16,6%). Mentre i nuclei familiari assegnatari sono l’8.8%. Argentovivo giugno 2009 Attualità * Presidente di Acer (Azienda Casa Emilia Romagna della Provincia di Bologna) 9 Società Educazione degli adulti: “Non è mai troppo tardi” Roberto Battaglia Segretario Spi-Cgil Emilia-Romagna Argentovivo giugno 2009 “Fate funzionare il macinino che avete nel cervello” (Alberto Manzi) N ei prossimi giorni, in tutto il Paese, partirà una grande iniziativa della Cgil, del Sindacato scuola Flc, del sindacato pensionati Spi, dell’Auser, per la raccolta di firme a sostegno della Proposta di legge di iniziativa popolare per il diritto per- Emergenza analfabeti: 36 milioni di “illetterati” Siamo tra i primi dieci Paesi più industrializzati, ma con trentasei milioni di “illetterati”. Secondo i dati dell’ultimo censimento Istat, elaborati dall’Unione nazionale lotta contro l’analfabetismo – Unla -, sei milioni di italiani, pari all’11,1% della popolazione, non hanno alcun titolo di studio. A questo dato, di per sè già molto grave, si affiancano circa 14 milioni che hanno conseguito solo la licenza di scuola elementare; mentre 16 milioni si fermano alla licenza di scuola media inferiore. Sostanzialmente il 36,52% della popolazione del nostro Paese è priva di conoscenze e di strumenti formativi adeguati per affrontare una società moderna e in continua trasformazione come la nostra. Pertanto, il ministero dell’Istruzione, a fronte del 66% degli italiani che non vanno oltre la terza media, definisce questa situazione con il termine di “illetterati”. 10 manente all’apprendimento, all’istruzione, alla formazione. Perché la proposta di legge Il nostro è un Paese con una forte dispersione scolastica; appena una persona su cinque tra i 16 e i 65 anni di età possiede le competenze di base per affrontare i problemi posti da una società sempre più complessa. Solo il 3% della spesa dell’istruzione pubblica è destinato alla formazione degli adulti, con una perdita di conoscenze e di saperi che riguarda anche chi possiede un titolo di studio, un diploma e perfino la laurea. Siamo in presenza di una carenza di partecipazione della popolazione adulta alle attività formative, tra le più basse in Europa: appena il 6,2% rispet- to alla media europea del 9%, e distanti dall’obiettivo della Strategia di Lisbona di raggiungere entro il 2010 il 12% di partecipazione degli adulti alle attività di formazione. Per queste ragioni la Cgil, lo Spi, la Flc e l’Auser propongono una Legge di iniziativa popolare, per avere finalmente una Legge quadro nazionale che preveda per tutti i cittadini il diritto di accesso all’istruzione e alla formazione permanente fino alla certificazione delle competenze acquisite. I principi generali della proposta L’articolo 1 della proposta di legge è particolarmente significativo, poichè prevede che la Repubblica, in coerenza con la Costituzione, ricono- Attualità Società sicurare ad ogni persona le capacità e le possibilità di apprendere all’interno dei processi formativi previsti. Tra le finalità della proposta di legge rientrano anche le norme generali che riguardano il riordino delle misure a sostegno all’apprendimento dei lavoratori e dei pensionati. Un obiettivo, questo, attuale a seguito della crisi economica e produttiva che sta attraversando il Paese, in quanto per i lavoratori l’attività formativa è finalizzata, nella proposta di legge, a difendere e garantire il posto di lavoro e facilitare Formazione in età adulta: le cifre Una recente indagine Istat - anno 2006 - condotta su un campione di circa 55mila persone evidenzia che la maggior parte di chi frequenta attività di formazione per gli adulti sono uomini, pari al 44,1%, mentre le donne sono il 39,5%. Oltre alla condizione di genere, anche l’età rappresenta una discriminante. Con l’avanzare dell’età diminuisce il livello della partecipazione, e a farne le spese sono soprattutto coloro che hanno più di 65 anni, che rappresentano solo il 14% di chi frequenta attività formative o di istruzione. I principali ostacoli per gli adulti, secondo l’indagine svolta, sono rappresentati dai costi economici, dagli impegni familiari e lavorativi. Il Maestro Alberto Manzi eventuali mobilità lavorative, mentre per i pensionati la formazione è ispirata all’aggiornamento delle competenze vitali, alla promozione del benessere, allo sviluppo e alla emancipazione personale, alla cittadinanza attiva. Di questa proposta di legge di iniziativa popolare sarebbe sicuramente contento un grande e semplice educatore quale è stato Alberto Manzi, forse inconsapevolmente artefice del progetto stesso. Come non ricordarlo, quando nei tardi pomeriggi invernali appariva alla televisione, in quei tempi ancora in bianco e nero, con la sua semplicità, ad insegnare a scrivere, a leggere e a far di conto a tanti adulti analfabeti, ma anche a tanti bambini, perché il suo modo di insegnare era come giocare con i numeri e con le parole. Argentovivo giugno 2009 sca e promuova l’esercizio del diritto all’apprendimento permanente come condizione determinante per favorire la cittadinanza attiva, la piena occupazione, la mobilità professionale, l’invecchiamento attivo, il benessere e la qualità della vita delle persone, rimuovendo gli ostacoli che impediscono l’accesso alle attività dell’istruzione e all’acquisizione di conoscenze e competenze culturali e professionali. Si riconosce altresì l’apprendimento permanente quale opportunità lungo tutto il corso della vita, al fine di as- 11 Società Anziani e memoria nel mondo che cambia Mina Cilloni Segretaria Spi-Cgil Emilia-Romagna Argentovivo giugno 2009 D 12 ue i momenti importanti che hanno caratterizzato il settimo Convegno TerzEtà della Cittadella di Assisi: il primo: - “La memoria tra apprendimento e creatività, tra fisiologia e patologia” - tenuto dalla dottoressa Luisa Bartorelli (docente di psicogeriatria dell’Università Cattolica) e il secondo - “In un mondo accelerato serve la memoria?” - tenuto dall’antropologo Tullio Seppilli. Lo scenario è quello che da tanto tempo, ormai, ci diciamo: in Italia nel 1950 eravamo 47.100.000, nel 2008 siamo arrivati a 60.000.000. Nascono più maschi ma l’invecchiamento è al femminile. Le donne vivono di più per motivi genetici, per stili di vita, per fattori ambientali e le regioni in cui vivono più centenari sono il Piemonte, la Lombardia e la Toscana. Il filosofo Debray propose di fare a meno dei vecchi – una proposta indecente. Furono fatte anche “sperimentazioni” di luoghi-ghetti solo per gli anziani negli Usa, che miseramente fallirono. La vecchiaia è l’età della saggezza, del bilancio e dei raccolti. Invecchiare non è una malattia – afferma la dotto- ressa Bartorelli – ma ci sono due modi di invecchiare: la felicità degli anziani “vigorosi” e la sofferenza degli anziani “fragili”: sono mondi diversi. È necessario tentare di costruire e coltivare il gusto della vita attraverso piccole cose a cui attenersi, ad esempio sperimentando, ogni giorno, cose nuove per sé e per gli altri; piccole ritualità, un’abitazione che risponda a nuove esigenze, viaggi, salute, ironia, edonismo intelligente, relazione con il presente, biografia affettiva, bisogno di autenticità, test per “allenare” la memoria, quel filo conduttore su cui si snoda tutta la vita. Abbiamo: una Memoria innata trasmessa dai genitori (genetica), una Memoria primaria (memoria sensoriale, visiva, uditiva ecc.), una Memoria secondaria (centro di raccolta dei dati in nostro possesso e smistamento degli stessi), Memoria episodica (riceve e archivia), Memoria semantica legata strettamente alla Memoria secondaria (significati delle parole e delle categorie, es. cane/animale) e basata sulla nostra storia culturale – famiglia, studi, odori, volti, colori ecc. . . Abbiamo una memoria a breve termine e a lungo termine e una Memoria procedurale (andare in bicicletta, in auto, ecc…) che sono le ultime a Oggetti d’epoca nella casa-museo della scrittrice Grazia Deledda scomparire. Quali fattori sono influenti per la memoria? La genetica, il supporto sociale, lo stress (ansia, fatica, perdita di energia, ritiro sociale ecc..), i fattori ambientali che sono importantissimi, le relazioni, gli esercizi ma non solo, ginnastica moderata, ma soprattutto esercizi di destrezza, e infine la capacità di tollerare la sofferenza. E uno dei fattori più importanti e la resilienza (dal latino “resalio”, che significa salto), quindi la capacità di far fronte, di resistere, di “rimanere in piedi” dopo un evento. L’ultimo consiglio della Bartorelli è: No al mito dell’eterna giovinezza. In questo mondo così veloce serve la memoria? L’antropologo Tullio Seppilli ha lungamente spaziato su alcuni temi, apparentemente diversi, ma che sono strettamente legati alla memoria: tra questi lo stato di incoscienza, e quindi il “sogno” e di come “il sogno” nella nostra civiltà occidentale sia stato bandito: ne è stato abolito il ruolo sociale. Rimangono solo due finestre aperte: l’aspetto folkloristico (numeri del lotto…) e la psicanalisi, che ha dato “statuto” al sogno. Ma il “sogno”, così come alcune pratiche quali l’ipnosi (ricordare cose che attraverso lo stato di veglia non si ricordano), la trasmigrazione o la terapia di “vita passata” entrano in una sorta di collisione con i “meccanismi certi” della memoria citati dalla dottoressa Bartorelli. Emerge chiaramente che la stessa materia trattata da figure diverse (in questo caso da una psicogeriatra e da un antropologo) ha riflessi, pensieri, analisi, certezze profondamente diverse: una ricchezza che ci è stata offerta. La memoria è in tutti gli organismi viventi (per la trasmissione genetica), ma perché nell’uomo la memoria dell’esperienza è così sviluppata? Per un antropologo è la cultura – una cultura a tutto tondo. Già nel Paleolitico esisteva una rete di scambio d’esperienze: ciò che succedeva ad un singolo era trasmesso al gruppo, e quindi la cultura è la somma della memoria individuale e transgenerazionale. Negli anni ’50 le famiglie mezzadrili erano costituite da circa 20 persone (una famiglia transgenerazionale), oggi abbiamo famiglie mononucleari che hanno la necessità di risposte sociali diverse. Cosa succederà nel prossimo futuro? Quale memoria d’esperienze? Un tempo, i bambini imparavano da piccoli cose che li avrebbero accompagnati per tutta la vita: questo soprattutto fino alla fine dell’800. Poi una svolta, e ciò che si imparava da bambini diventava – e a maggiore ragione oggi – obsoleto e superato nella stessa generazione. Viviamo in un periodo di corsi di formazione continua, e il gran paradosso è che abbiamo una “cultura ricca”, ma moltissime delle cose che abbiamo imparato ci danno risposte sbagliate perché è cambiata la situazione. Il cambiamento sociale è più rapido dell’apprendimento. L’anziano non riesce più ad essere autorevole, perché non usa le nuove tecnologie e quindi non riesce – così come si faceva decenni fa - a trasmettere esperienza. Integrazione degli anziani nel processo sociale e nel cambiamento: questa la vera risposta che dobbiamo costruire, così come iniziative che mettano insieme bambini e anziani. Serve la memoria in una società in cambiamento? Non ci sono dubbi, afferma Seppilli, anche se oggi esiste, da parte dei mass-media, una cultura del presente, per cui diventa urgente e necessario costruire un “percorso in divenire”. Per capire la nostra epoca dobbiamo vederla dentro ad un processo: se non lo facciamo non riusciamo a capire né da dove veniamo né dove vogliamo andare. Due memorie: la prima, la grande Memoria, quella collettiva, quella degli itinerari della nostra società; l’altra quella degli anziani e la loro funzione. Una sorta di gioco delle parti: da un lato abbiamo bisogno che ci sia consapevolezza del processo storico e dove siamo collocati nel processo, e dall’altra parte abbiamo la necessità di alimentare la memoria collettiva attraverso la “voce del nonno”. “Rimembrare” la nostra storia senza avere paura di essere diversi. Noi, oggi, sappiamo molto di più, ma il campo conoscitivo che ci appartiene è filtrato da altri, abbiamo poche esperienze dirette, fingiamo di averle. Il potere di questo tipo d’informazione va contrastato, gli anziani – testimoni di una storia recente – è importante siano l’altra voce. Argentovivo giugno 2009 Società 13 Dal mondo In piazza contro la crisi con i sindacati europei Mirna Marchini Segretaria Spi-Cgil Emilia-Romagna Argentovivo giugno 2009 “L 14 a crisi non la paghino pensionati, giovani e lavoratori”: con questo slogan quattro capitali europee sono state teatro di grandi manifestazioni organizzate dalla Ces (la Confederazione europea dei sindacati). Lavoratori, giovani, donne e pensionati sono scesi in strada a Madrid, Berlino, Bruxelles e Praga, e hanno dato vita a cortei che hanno percorso il cuore delle città per “combattere la crisi, mettere prima le persone”, come diceva lo striscione della Ces che ha aperto i quattro cortei. Le iniziative sono state l’ennesima tappa della campagna di mobilitazione lanciata in tutta Europa dai sindacati contro la volontà di far pagare ai lavoratori, a carissimo prezzo, gli sconsiderati eccessi del mondo degli affari, soprattutto delle banche, contro una disoccupazione in forte crescita, contro la diffusione del precariato e della povertà, la riduzione del potere d’acquisto e l’aumento del debito pubblico. La Ces ha lanciato quindi una vasta mobilitazione per conquistare un nuovo patto sociale in Europa, indicando alcune priorità, ad iniziare dalla richiesta di interventi per posti di lavoro e di migliore qualità, la difesa dell’occupazione nelle industrie chiave, gli investimenti in tecnologie nuove e sostenibili e la difesa dei servizi pubblici essenziali. Sono necessari salari e pensioni migliori, servizi assistenziali e previdenziali più solidi, sussidi maggiori per proteggere il potere d’acquisto e i diritti di partecipazione a scelte che difendano i diritti fondamentali e gli accordi collettivi, confermando gli obiettivi sociali del mercato interno e garantendo uguaglianza di trattamento e di retribuzione per i lavoratori migranti. Una delegazione con più di 200 pensionate e pensionati dello Spi-Cgil, arrivati da tutte le regioni italiane, ha partecipato alla manifestazione svoltasi a Praga, nella Repubblica Ceca, il 16 maggio scorso. È stata una presenza importante e significativa che ha dato visibilità e identità a quegli 80 milioni di persone pensionate e anziane che le istituzioni comunitarie e lo stesso Sindacato europeo hanno troppo a lungo trascurato. “Dalla crisi che colpisce l’Europa se ne potrà uscire solo se l’insieme delle forze sociali e democratiche sapranno fare fronte comune contro il liberismo selvaggio, tutelando i soggetti più deboli e ripristinando regole di trasparenza e democrazia. Un terreno che vede lo Spi impegnato con la Cgil e la Ferpa (la Federazione europea dei pensionati e degli anziani) per fare della Ces un sindacato europeo autenticamente rappresentativo, in grado di far sentire la sua voce e dare rappresentanza a decine di milioni di giovani, lavoratori e pensionati”, ha affermato Renata Bagatin, segretaria nazionale Spi-Cgil. Pillole d’Europa a cura di Livio Melgari Dipartimento internazionale Spi L’area di Schengen Associata all’idea della libera circolazione, l’area Schengen (dal nome della città lussemburghese in cui è stato firmato l’accordo) nasce nel 1985, quando cinque Paesi dell’Unione europea (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi) decisero di abolire tutti i controlli sui cittadini alle frontiere comuni. Ciò portò alla creazione di un territorio senza frontiere interne, che si è gradualmente esteso fino a comprendere quasi tutti i paesi dell’Ue, oltre Islanda e Norvegia, mentre l’accordo è diventato parte integrante dei trattati dell’Ue . Eventuali controlli alle frontiere interne possono essere effettuati solo per periodi di tempo limitati e nel caso in cui motivi di ordine pubblico, o di sicurezza nazionale, lo rendessero necessario. Oggi, per i cittadini di uno dei Paesi Schengen, non occorre nessun visto per viaggiare all’interno dell’area. Alla libera circolazione interna i Paesi di quest’area hanno fatto seguire anche una politica comune in materia di visti e controlli alle frontiere esterne. I titolari di un visto d’ingresso per un Paese Schengen sono automaticamente autorizzati a viaggiare liberamente all’interno di tutta l’area, fuorché in Irlanda e nel Regno Unito, in quanto questi due Paesi hanno scelto di non aderire agli accordi sui visti e i controlli alle frontiere. Salute a cura della redazione E state sinonimo di spensieratezza e vacanze? Sì, ma non soltanto, e non per tutti. L’arrivo del caldo e delle giornate afose significa anche disagi e rischi per la salute. Soprattutto per chi è anziano, chi vive solo e rimane in città. Si possono prendere però precauzioni e contromisure. L’importante è, appunto, non restare soli. Per l’”emergenza estate” si può ricorrere all’aiuto dell’Auser (vedi box) e anche molti Comuni dell’EmiliaRomagna, in collaborazione con i servizi sanitari e le associazioni di volontariato, hanno predisposto piani di interven- to e servizi a cui rivolgersi per chiedere assistenza. Anche quest’anno, per esempio, l’Ausl di Bologna ha messo a disposizione dei cittadini un numero verde anti-caldo: telefonando al numero 800 562 110, attivo 24 ore su 24, sette giorni su sette, è possibile ricevere informazioni sui rischi per la salute e conoscere i metodi per prevenirli. Per gli ultra settantacinquenni e per gli anziani più fragili è inoltre possibile essere inseriti nel programma di sostegno e-Care Oldes, gestito da Cup 2000: il progetto prevede un servizio di telecompagnia, con telefonate a frequenza settimanale, attività di socializzazione in strutture ricreative ed eventuali interventi di assistenza a domicilio. Inol- Filo d’Argento Auser: un amico sempre in linea Un sicuro punto di riferimento, durante l’estate e non solo, è il telefono amico degli anziani al “Filo d’Argento” dell’Auser: chiamando il numero verde nazionale gratuito 800 995988 si possono avere informazioni, consigli e risposte ai propri bisogni dai volontari Auser di tutt’Italia. Il servizio è attivo tutti i giorni, festivi compresi, dalle 8 alle 20. Inoltre molte sedi Auser restano “aperte per ferie”, offrendo momenti di svago e socializzazione per combattere la solitudine. L’Auser ha anche pubblicato una guida per vivere un’estate serena, con consigli pratici per affrontare al meglio il gran caldo e l’afa: l’opuscolo è in distribuzione nelle sedi e si può anche scaricare dal sito www.auser.it. tre, per ulteriori informazioni, è disponibile il numero verde del Servizio sanitario regionale 800 033 033, anche questo gratuito e attivo durante i giorni feriali dalle 8,30 alle 17,30 e il sabato dalle 8,30 alle 13. A Modena, invece, il numero verde attivo dal primo giugno a metà settembre è 800 110337: offre accoglienza e ascolto agli anziani in difficoltà psicologica a causa dell’isolamento in cui possono trovarsi nel periodo estivo, e facilita il contatto con i servizi sociali e sanitari. C’è anche un servizio di consegna dei farmaci a casa, per chi ha problemi di mobilità: bisogna chiamare il centralino della Croce Blu, tel. 059 342424 oppure 059 343156. Si intensificano anche le attività ricreative e di socializzazione gestite dalle associazioni di volontariato: per saperne di più occorre rivolgersi all’assessorato modenese alle Politiche sociali, tel. 059 2032735. A Ferrara, per fare un altro esempio, la “rete di protezione” degli anziani over 75 è il piano di intervento “Uffa che afa”. Anche qui sono disponibili vari servizi e un numero verde, 800 072110. Durante le ondate di calore è comunque importante osservare alcune precauzioni. È indispensabile bere molto e spesso, anche quando non si ha sete: bisogna evitare, però, le bibite gassate, quelle contenenti alte quantità di zuccheri e, in generale, le bevande ghiacciate o molto fredde. È utile anche evitare alcol e caffeina e fare bagni o docce con acqua tiepida per abbassare la temperatura corporea. Negli ambienti in cui si usano climatizzatori, è opportuno regolare la temperatura dell’ambiente con una differenza non superiore a 6-7 gradi rispetto alla temperatura esterna. Se invece si usano i ventilatori, evitare di rivolgerli direttamente sul corpo. Il caldo eccessivo può provocare vari disturbi, tra i quali la diminuzione della pressione del sangue, dando luogo a senso di debolezza, vertigini, annebbiamento della vista e capogiri. È utile in questi casi sdraiarsi e sollevare i piedi. Argentovivo giugno 2009 Sos caldo: dove trovare servizi e consigli utili 15 Società Incidenti in casa? Prevenirli si può Come difendersi da raggiri e imbrogli / 10 Argentovivo giugno 2009 Concludiamo con questa decima puntata la pubblicazione su Argentovivo dei consigli pratici contenuti nella guida “Non ci casco”, promossa dallo Spi Cgil con Federconsumatori, Sindacato lavoratori di Polizia Cgil e Auser nel quadro del più ampio “Progetto sicurezza anziani”. Abbiamo parlato finora dei meccanismi che stanno dietro a truffe e raggiri di vario tipo e di come difendersi. Questa volta parliamo invece di prevenzione degli infortuni domestici: ecco di seguito qualche consiglio per evitare incidenti spesso banali ma molto pericolosi, e vivere la casa con più sicurezza. L’opuscolo “Non ci casco” si può anche scaricare dal sito web dell’Auser, www.auser.it. O gni anno, in Italia, si verificano 30.000 inci denti domestici con ol tre 7.000 vittime. Spesso sono denunciati solo se comportano la morte o una lesione grave. Per ogni infortunio grave si stimano 30 incidenti lievi e 300 senza lesioni, non rilevati dalle statistiche. Dopo i bambini, i più esposti sono le donne e gli anziani. La lentezza di riflessi e la fragilità ossea creano infatti particolari vulnerabilità. CONSIGLI 16 Usate gli apparecchi di protezione che aumentano la sicurezza (i “salvavita”, le prese di corrente con gli schermi sugli alveoli, prese a spina con calze isolanti, apparecchi con doppio isolamento per i locali da bagno, apparecchi alimentati con bassissima tensione per i giocattoli). Rispettate le regole nella installazione degli impianti. Acquistate apparecchi elettrici con il marchio ”Istituto marchio di qualità”. Usate con attenzione gli elettrodomestici e verificatene lo stato e l’efficienza. Evitate la cera sui pavimenti, o usate solo quella antisdrucciolevole. Usate tappetini zigrinati o adesivi antisdrucciolo sul fondo della vasca. Mettete delle maniglie sulle vasche da bagno per afferrarvi durante i movimenti. Fate attenzione alle ter mocoperte, ai termofori, agli scaldini: non devono essere tenuti accesi troppo a lungo quando la persona dorme. Non fumate a letto. ASSICURAZIONI Per le persone che curano la propria casa tra i 18 ed i 65 anni è obbligator ia una copertura assicurativa Inail. In Numeri utili caso di infortunio domestico con invalidità pari o superiore al 33%, si disporrà così del diritto alla liquidazione di una rendita. Rivolgiti all’Inca-Cgil. Ne vale la pena. Carabinieri 112 Polizia di Stato 113 Vigili del fuoco 115 Guardia di finanza 117 Guardia medica 118 Soccorso stradale (Aci) 803.116 Protezione civile 06.68301001 Corpo forestale dello Stato 1515 Poste 800.160 Filo d’argento 800.995988 Federconsumatori 06.42020755 Dimensione Cgil Immigrazione, sfidiamo il linguaggio della paura S i alza l’asticella della sfida politica e sociale sulla questione immigrazione e la Cgil rafforza la propria iniziativa dalla parte della solidarietà e contro il razzismo, mentre approfondisce la ricerca sulle ragioni del senso di disagio e intolleranza che vede crescere intorno e dentro il suo stesso corpo. In Emilia-Romagna va avanti per tutta l’estate la campagna “Non aver paura” (vedi Argentovivo di aprile), che già in giugno ha visto impegnate molte camere del lavoro – insieme a Cisl, Uil e alla ampia rete di associazioni promotrici - nella raccolta di firme nelle piazze e sulle spiagge, negli attivi di zona e nei luoghi di lavoro. Ogni banchetto è occasione per discutere del problema anche alla luce dei risultati elettorali. E da discutere ce n’è parecchio. Il voto del 6-7 giugno in Emilia Romagna ha spinto la Lega Nord oltre l’11% alle elezioni europee; inoltre il Carroccio ha conquistato risultati a due cifre tra i cittadini andati alle urne in molte amministrazioni grandi e piccole. La Lega Nord dunque è riuscita a incunearsi in territori storici della sinistra. Tra le province, i suoi consensi rispetto alle elezioni politiche crescono in particolare a Reggio Emilia, Modena, Forlì, Parma. “Dati che preoccupano – sottolinea Cristina Liverani, responsabile politiche immigrazione Cgil regionale – perché confermano che fa presa il linguaggio della paura e del localismo usato dalla Lega, in contrasto con l’urgenza di creare condizioni più favorevoli all’integrazione delle migliaia di immigrati che vivono con noi, lavorano e producono ricchezza. E combattono con discriminazioni e regole assurde imposte dal governo”. Solo pochi mesi fa, a fine febbraio, il Cnel ha consegnato all’Emilia-Romagna il primato nella classifica delle aree con maggiore integrazione sociale e lavorativa degli immigrati. “Un riconoscimento autorevole che significa tanto per chi, come noi - ha commentato all’epoca il presidente della Regione Vasco Errani - crede che le politiche di integrazione siano indispensabili per l’equilibrio dell’intera comunità, per la prevenzione di fenomeni di devianza, per l’individuazione e isolamento di chi non rispetti le regole”. A corredo del programma triennale 2009-2011 per l’inte- Argentovivo giugno 2009 Mayda Guerzoni 17 Dimensione Cgil Argentovivo giugno 2009 Progetto Ilo: l’impegno per le rimesse dei migranti Utilizzare le rimesse dei migranti, almeno in parte, come risorsa per lo sviluppo dei Paesi di origine: è l’obiettivo del progetto lanciato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) all’interno dei piani di azione di una agenda globale per i diritti dei lavoratori migranti. Le rimesse dei migranti sono una fonte sempre più importante per i loro Paesi di provenienza, un flusso di denaro in costante crescita: stimato nel 2002 in circa 80 miliardi di dollari l’anno, nel 2005 secondo i dati della Banca Mondiale ha superato i 230 miliardi, diventando la seconda fonte più grande di entrate dall’estero per i Paesi in via di sviluppo. Riguardo all’Italia, le rimesse passate attraverso i canali ufficiali hanno toccato quota 6 miliardi di euro nel 2007, con un aumento di circa il 30 per cento sull’anno precedente. Questi soldi servono prevalentemente per sostenere le famiglie di origine (cibo, istruzione, sanità, casa), producono crescita del prodotto interno lordo-pil, ma non hanno ancora innescato meccanismi virtuosi di sviluppo come fonte d’investimento per allargare la base produttiva e creare occupazione. L’Ilo propone di invertire la tendenza, cercando di canalizzare parte di questi imponenti flussi monetari per interventi nei settori produttivi. Una sfida che si può raccogliere creando sinergie tra vari livelli di responsabilità, per “fare sistema” nella valorizzazione delle rimesse e far fruttare al meglio gli effetti positivi del fenomeno immigrazione. Molte le strade da battere per avanzare verso l’obiettivo, pienamente condiviso dalla Cgil che è partner del progetto. Serve innanzitutto il protagonismo consapevole dei migranti e delle loro associazioni. Poi un nuovo approccio alla cooperazione per lo sviluppo da parte delle organizzazioni non governative-Ong, dei sindacati, il sostegno delle banche con appositi programmi e forme di accesso al credito, adeguate politiche di accompagnamento da parte delle istituzioni pubbliche. Tutti fronti sui quali la Cgil Emilia-Romagna ha deciso di impegnarsi a livello regionale, con una informazione diffusa ai lavoratori immigrati, con un contributo di elaborazione di progetti, con l’apertura di un confronto con il sistema bancario e le poste, anche nell’intento di ampliare l’offerta di canali legali attraverso i quali far transitare le rimesse verso i Paesi di origine. M. G. 18 grazione sociale dei cittadini stranieri, approvato nel dicembre scorso, la Regione ha fornito dati importanti. L’apporto dei lavoratori immigrati - operai, assistenti familiari, infermieri, piccoli imprenditori - alla creazione di ricchezza in Emilia-Romagna (Pil) è stato nel 2006 pari all’11,3% del totale (fonte Unioncamere); nel 2005 era del 10,8%. A livello nazionale, il gettito contributivo Inps 2007 dei lavoratori stranieri pesa per oltre il 10% sul totale. Si stima che in regione il lavoro dei dipendenti immigrati produca circa un miliardo di euro (anno 2007) di contributi previdenziali Inps, mentre le pensioni erogate a persone straniere non superano l’1% della spesa pensionistica totale (anno 2006). Riguardo al gettito fiscale, il Dossier immigrazione della Caritas 2008 stima un totale di imposte generate dal lavoro autonomo e dipendente di circa 3,7 miliardi di euro a livello nazionale, con una ricaduta a livello regionale superiore ai 400 milioni di euro. Ma lo sforzo di ragionare su cose concrete non sembra scalfire i fattori irrazionali alimentati da paura e diffidenza. Conta poco dimostrare, elenchi alla mano, che non è vero che gli stranieri sono favoriti nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi pubblici: chi lo pensa non vuol credere ai numeri. “E’ difficile smascherare – ammette Cristina Liverani - le manipolazioni praticate da anni sul piano politico e culturale, le campagne di mistificazione sostenute anche da cattiva stampa e televisione, che hanno prodotto le tensioni di oggi. Inoltre la crisi aggiunge il suo carico di insicurezze e problemi, innesta pericolosi meccanismi di competizione sociale tra i soggetti più deboli, determina nuove disuguaglianze. Tutto questo sollecita da parte nostra un maggior impegno di comprensione della realtà e di azione sul territorio. Senza allarmismi ma anche senza rimuovere le contraddizioni che dividono”. Contrasto al pacchetto sicurezza che introduce nuove discriminazioni e norme anticostituzionali, applicazione del decreto flussi, monitoraggio delle politiche pubbliche, tutele per chi perde il lavoro, campagne di informazione verso lavoratori e pensionati: sono alcuni dei banchi di prova che la Cgil ha davanti. Tanti i modi per affrontarli, anche creando momenti di incontro. Come fa la camera del lavoro di Cesena, per esempio, con due giorni di festa multietnica sul Porto canale di Cesenatico il 9 e 10 luglio, sotto il titolo “L’erranza del migrare – incontro di culture sul mare di Ponente”. Auser In Palestina e Israele per ricordare Angelo Sergio Bossoli Direttore “Progetto sviluppo” Ermanno Zanotti Area solidarietà internazionale Auser Argentovivo giugno 2009 P ochissimi giorni, pieni di emozioni, di incontri e di possibili impegni di cooperazione per il futuro. Gerusalemme, Ramallah, Nablus e Jenin sono state le nostre mete. I sindacati, le scuole, le cooperative di agricoltori, i centri giovanili, le ong israeliane e palestinesi, i nostri interlocutori. Un tour de force che ha visto tutta la nostra delegazione - composta da Prosvil, Cgil Dipartimento internazionale, Funzione pubblica nazionale e Piemonte, Flc, Fiom Milano, Cgil Piemonte, Auser, Comitato Modena-Jenin, Fondazione Frammartino - impegnata ad ascoltare e a conoscere diverse realtà ed espressioni della società palestinese ed israeliana, i progetti in corso e le difficoltà della vita quotidiana, da Gerusalemme a Jenin, passando da Muro a Muro, tra check point e gabbie metalliche, attraversando villaggi e colonie, trasbordando da un bus all’altro, chiedendosi i tanti perché. Perché le targhe di Un tratto del muro che divide territori palestinesi e insediamenti israeliani colori diversi, perché tutti questi controlli, perché il fucile in spalla senza la divisa, perché noi passiamo di qua e loro di là in coda sotto il sole, perché qui è sporco e di là è pulito, perché questo filo spinato che divide il villaggio, perché non si può avere il permesso e passare, perché tanta cattiveria, sofferenza, ingiustizia e separazione. Ad ogni passo, ad ogni angolo un perché, una domanda che non trova più una risposta lucida, credibile. Ma, a fronte di tanta sofferenza e disperazione, la nostra corsa ci porta a conoscere persone ed esperienze di resistenza quotidiana, civile, ammirando con quanta dignità e responsabilità vengono usate le risorse donate per far funzionare la scuola d’infanzia o il centro giovanile, lavoratori che si organizzano, israeliani che difendono i diritti dei palestinesi a Gaza e dei lavoratori nelle colonie. Frammenti di società civile che resiste, che va sostenuta e difesa. Una corsa, la nostra, tanto ragionata quanto faticosa, che ci ha riempito di immagini e di ricordi, intensi e profondi, come sono stati i momenti in ricordo di Angelo Frammartino (il giovane volontario ucciso a Gerusalemme durante una missione di pace nel 2006, ndr). Il ricordo si è aperto con l’incontro nella grande scuola di Dar El Tiffil, a due passi da quella che fu l’Orient House di Faisal Husseini, dove gli alunni delle scuole, che partecipano al programma delle borse di studio, hanno ballato e cantato, rappresentando le loro tradizioni e la loro cultura, un messaggio chiaro che non ha bisogno di commento alcuno. Cerimonia conclusasi con la consegna, ai genitori ed alla sorella di Angelo, della cittadinanza palestinese ad honorem, a firma del presidente Abu Mazen. Per non dire della profondità vissuta nell’incontro con l’associazione dei fami- 19 Argentovivo giugno 2009 Auser 20 L’incontro della delegazione italiana con le autorità palestinesi liari delle vittime del conflitto, dove ognuno di noi ha ascoltato il racconto di israeliani e di palestinesi che dopo aver perso i loro cari, per strade e con tempi diversi, hanno deciso di dire basta alla violenza, uscendo dal ruolo della vittima di una parte, impegnandosi nella riconciliazione con il nemico, perché il nemico, come dicono loro, non è dall’altra parte, ma tra chi continua a promuovere guerra e violenza. Queste persone, questa associazione, The Parent Circle, ha accolto la famiglia Frammartino come una di loro, Angelo come un loro figlio, e per un attimo ci siamo sentiti tutti vittime e tutti parte di una unica famiglia, un dolore immenso superato dall’energia e dal messaggio di impegno civile che ci è stato trasmesso e che noi abbiamo raccolto impegnandoci a lavorare insieme. Emozioni e senso di comunanza, di condivisione, di solidarietà e di gratitudine, ripetuta in tante occasioni, da persone amiche e da persone mai viste, rappresentanti di istituzioni, educatori, insegnanti, madri che ci conoscono attraverso i progetti, per il sostegno alle scuole, per il lavoro con i bambini, persone che vogliono esprimere la loro solidarietà e riconoscenza per l’impegno profuso e per aver continuato con la nostra cooperazione. Per essere ancora, insieme, a Gerusalemme dopo quello che è accaduto ad Angelo, mentre sullo schermo scorrono le immagini di quel ragazzo che fa il clown, che salta a canestro, che si fa fotografare con Laith, il ragazzo palestinese che chiamava “Mimmo” e che oggi ha preparato un suo intervento, per ricordare l’amico italiano di quell’estate, portato via per sempre dai loro giochi, dal loro stare insieme. Ricordi, commozione e tanta voglia di superare insieme il dolore, senza ri- I familiari di Angelo Frammartino muovere e senza dimenticare, per il nostro senso di impegno civile e per la famiglia che è con noi e con la quale stiamo costruendo un percorso di cooperazione a favore dei giovani, a Gerusalemme come in Italia, promovendo la cultura del dialogo e della solidarietà, dei diritti e del rispetto dell’altro. Territori e leghe Bruno Pizzica Segretario generale Spi-Cgil Bologna “S ogni Pensieri Idee” è una delle tracce che hanno guidato il lavoro dei ragazzi e delle ragazze della seconda B del liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Casalecchio di Reno, impegnati ad “inventare” bozzetti grafici utili ad una campagna di proselitismo dello Spi. L’iniziativa, nata dalla Lega della cittadina alle porte di Bologna e curata da un’ex insegnante della scuola ora attivista Spi, Paola Quarenghi, ha riscosso un gran successo: 166 i bozzetti realizzati ed esposti in una bella e visitatissima mostra allestita nei locali della Casa della conoscenza. Non è stata solo una esperienza di elaborazione e abilità grafica, ovvero di capacità di proporre idee originali; il lavoro, svolto durante tutto l’anno, ha portato gli studenti ad avvicinarsi al mondo dei pensionati, superando barriere e diffidenze e cogliendo il valore dell’esperienza e della memoria. È stata una vera e propria scoperta: gli studenti hanno profuso un impegno al di là delle aspettative, segno di una iniziativa che li ha conquistati, al di là del dovere scolastico. Alle classi impegnate lo Spi ha destinato due borse di studio per l’acquisto di materiale didattico e supporti tecnici per rendere lo studio proficuo e interessante, mentre il pubblico che ha visitato la mostra ha potuto votare il lavoro ritenuto migliore. Tante le idee messe nero su bianco, alcune ispirate ad una rappresentazione tradizionale dell’età anziana, altre più trasgressive, qualcuna perfino dissacratoria. Così abbiamo un’immagine che mostra tre anziani di schiena, fermati mentre passeggiano lungo un viale alberato con la scritta Sviluppiamo Progetti Insieme (altra decodificazione dell’acronimo Spi, che ha avuto un gran successo); anziani con i nipotini cui prestano tenerezza e attenzione; pensionati e pensionate che procedono nel proprio percorso solidalmente, mano nella mano. A fianco di questi temi, bozzetti che riprendono donne anziane che producono ombre in movimento, un volto di donna tutto compresso che sfodera un sorriso canzonatorio, un signore anziano con tanto di sigarone fumante e sguardo soddisfatto. La fantasia dei ragazzi ha prodotto anche un cruciverba all’interno del quale si può leggere, risolvendo correttamente i quesiti, di nuovo la scritta Sviluppare Progetti Insieme: una bella idea che riprenderemo nel prossimo numero del mensile dello Spi di Bologna “La SPInta”, sul quale pubblicheremo comunque alcuni dei bozzetti. “Abbiamo pensato di stabilire un contatto con i ragazzi del liceo che fosse un po’ diverso dal solito: non siamo andati in qualche classe a raccontare la nostra storia o a proporre la nostra vita come ‘lezione’, ma abbiamo cercato di stimolare gli studenti a riflettere sul tema dell’essere anziano e a riprodurre il senso delle proprie riflessioni in forma grafica”: così spiega il senso dell’iniziativa Loris Morotti, segretario della Lega di Casalecchio, “e il risultato mi sembra notevole e, per certi versi, inaspettato”. A questo punto i bozzetti restano a disposizione della categoria, che li utilizzerà per manifesti, calendari, iniziative promozionali, valorizzando così il lavoro dei ragazzi e delle ragazze. Un incontro originale di anziani e giovani all’insegna non solo della memoria, ma anche e soprattutto della riflessione e della creatività: un bel binomio che ha mostrato di poter funzionare. Argentovivo giugno 2009 Casalecchio, gli studenti “disegnano” lo Spi 21 Territori e leghe Bologna, col teatro narriamo il lavoro visto dalle donne Alessia Tucci Regista Argentovivo giugno 2009 Il 22 Teatro “Socjale” di Piangipane (Ravenna) nacque agli inizi del secolo scorso, dopo che nel settembre 1911 la Cooperativa agricola braccianti acquistò un pezzo di terreno per costruirci un teatro. Furono i braccianti stessi che lo costruirono mattone dopo mattone nei ritagli di tempo. Nel 1921 venne fatta l’inaugurazione con un grosso comizio. È alquanto inusuale che braccianti in gran parte analfabeti, agli albori del Novecento, pensino di costruire un teatro. Mostra la necessità di espressione, socializzazione e condivisione che un teatro a quei tempi possedeva, l’importanza della cultura, del comunicare le emozioni e perché no, del divertimento, che un luogo come quello teatrale aveva fra la gente. Siamo andate a Piangipane, chiamate dallo Spi Cgil Coordinamento donne e da Cgil donne Ravenna, con la contentezza di fare una narrazione sociale e politica su di un palcoscenico costruito con questo obiettivo. Il racconto teatrale che abbiamo portato è una narrazione senza dubbio politica. Lo è nell’accezione più ampia e nobile del termine, di partecipazione attiva alla vita pubblica, di condivisione di Un momento dello spettacolo “Allegro ma non troppo” parole e storie private con gli altri e con le altre, di racconto di vita vera che viene regalato alla polis, dal termine greco che vuol dire città. Ho cominciato a sentire l’esigenza di riflettere sulla storia delle donne dell’Emilia-Romagna qualche tempo fa, quando ho capito che pochissimo si trovava sulla storia del lavoro negli anni ’60, quando le donne sono entrate in massa nei luoghi di lavoro delle città. Quando si sono trovate a dover conciliare i tempi del mondo esterno: gli orari di apertura dei negozi, gli ingressi in azienda, in ufficio, con la cura della famiglia, con i bambini, con la coppia, con l’esigenza di divertimento, di felicità. Quando ci siamo incontrate la prima volta alla Camera del lavoro di Bologna per raccontarci queste esperienze, grazie a un’idea di Silvana Riccardi, abbiamo pensato a uno spettacolo teatrale che servisse a trasmettere ai più giovani cosa era il lavoro in quegli anni, quali diritti mancavano, per cosa si è lottato. È stata un’esperienza bella. Abbiamo portato sulla scena una bellezza e una verità femminili non conformi ai canoni vigenti della tv attuale in Italia. Lontana dall’immaginario simbolico del nostro Paese che vuole le donne solo giovanissime, solo sexy, più spogliate possibile. Ci siamo espresse su una discriminazione comunicativa che avviene nel nostro Paese e che non ha eguali in Europa, mettendo orgogliosamente in scena donne dai 53 ai 74 anni d’età. Abbiamo voluto realizzare “Allegro ma non troppo” anche per raccontare ai giovani il senso profondo di alcune conquiste: l’articolo 18 che Silvana Riccardi spiega dal palcoscenico, la legge 53/2000 sui congedi di paternità e maternità che descrive Eleonora Cappelli, la legge 194 posta oggi sotto attacco, raccontata da Novella Romagnoli, l’importanza delle pari opportunità sottolineata da Anna Chiari. Io, che appartengo a una generazione diversa da quella delle attrici e che si trova ad affrontare problemi enormi, quali un precariato diffuso e senza soluzione e un’impossibilità di progettare il futuro, ho avuto il privilegio di essere testimone di tale storia e memoria. Per questo le ringrazio. Mi sorprendo ancora ad assistere alla manifestazione delle tante qualità femminili: la forza, la passione, la tenacia, il coraggio. Accanto a queste noto il desiderio di felicità che muove le azioni delle donne, la voglia di farcela, di far contenti gli altri, di unire al lavoro il battito del cuore e la possibilità di spiegare le ali. Di divertirsi, di creare una rete d’affetti e una comunità. In poche parole di essere e fare polis, politica, città. Territori e leghe Imola: “Chiedevamo pane e i fascisti spararono” V entinove aprile 1944: sono passati 65 anni da quella data e... sono tanti nella vita di una persona ottantenne. I ricordi e le memorie di quel giorno, di quelli precedenti e di quelli che seguirono durante la guerra prima, e l’occupazione nazi-fascista poi, sono tanto lontani. Il tempo li ha un po’ sfocati, confusi, annebbiati, ma ciò che resta scolpito e indelebile nel profondo del cuore sono le emozioni, i turbamenti, le sensazioni di rabbia e di ribellione per l’orrore di quegli avvenimenti e la consapevolezza di non essere in grado di contrastarli. Quella mattina ero insieme alla mia amica Serena per fare un giretto in centro, una “porticata”, che per noi significava una passeggiata sotto i portici adiacenti la piazza grande per ammirare i negozi, per vedere che c’era e per farsi vedere. Notammo che in mezzo alla piazza un folto gruppo di donne attorniavano una camionetta: sopra c’erano alcuni militi della Brigata Nera che cercavano di allontanarle in malo modo, insultandole anche, dicendo che dovevano stare in casa al posto loro e non in piazza a urlare. Ma le donne non si calmavano. “Vogliamo più pane e cibo per i nostri figli”, dicevano, “le razioni della tessera annonaria non sono sufficienti, non abbiamo soldi per il mercato nero, abbiamo fame, basta con la guerra...”. Anzi, la loro presenza aumentava di numero e le proteste erano sempre più rumorose. La mia amica ed io eravamo un po’ preoccupate, ma restammo ferme sotto il portico a guardare. Timorose sì, ma ammirate da quelle donne tanto decise e coraggiose. Ci ricordammo dell’8 settembre del 1943 (l’anno prima): donne simili a quelle si prodigarono, con enorme slancio e solidarietà, nell’aiutare i soldati in fuga, con cibo e abiti civili. Infatti dopo la fuga del re e la disgregazione dell’esercito italiano, molti soldati di stanza nei nostri territori erano rimasti senza guida e senza ordini, disorientati e terrorizzati per la presenza massiccia di truppe tedesche, imbestialite dal tradimento del re e di Badoglio; quanti giovani soldati cercarono di fuggire e raggiungere le loro famiglie! Intanto cominciarono a confluire in piazza altri militi della Brigata Nera e soldati tedeschi, tutti armati e minacciosi. Allora la nostra preoccupazione si trasformo in paura e pensammo di allontanarci proprio nel momento in cui arrivò un’autocisterna: non ricordo se furono lanciati getti d’acqua sulle manifestanti, perché ci stavamo In primo piano Cleofe Ferdori, testimone dei fatti in piazza a Imola il 29 aprile 1944 già dirigendo in fretta verso casa. Ma sentimmo alcuni spari provenienti dalla piazza, e tornammo lentamente verso il centro. Davanti all’ex casa del fascio ci trovammo un mezzo a una grande confusione di persone che, come impazzite, correvano in ogni direzione. Ad un tratto calò un gran silenzio. Ai nostri occhi apparve la scena più tragica e straziante che abbia mai visto: un uomo spingeva un carretto mentre urlava a gran voce maledizioni contro chi aveva sparato. Una donna giaceva colpita a morte, sanguinante e inerte, le gambe penzolanti giù dalle sponde del carretto. Era Maria Zanotti, una delle due donne uccise: l’altra, Livia Venturini, morì dopo una settimana di agonia. Indimenticabili eroine che avevano perso la vita solo per aver voluto affermare il loro diritto di vivere in un mondo di pace, di giustizia e di libertà con la propria famiglia, basando su questi principi la propria esistenza e il futuro del proprio Paese. Donne e memoria Tre eventi, con le donne sempre protagoniste, sono stati promossi di recente dal Coordinamento donne Cgil e Spi di Imola. Oltre alla staffetta contro la violenza e alla mostra fotografica “Donne al lavoro” (partita da Palazzo d’Accursio a Bologna e poi allestita fino al 16 maggio nella Camera del Lavoro imolese), c’è stata la cerimonia commemorativa per Livia Venturini e Maria (Rosa) Zanotti, uccise il 29 aprile 1944 dai militi fascisti della Guardia nazionale repubblicana. Questi fatti hanno ancora qualche testimone. Fra questi Cleofe Ferdori, che ha inviato allo Spi la testimonianza che pubblichiamo in questa pagina. Argentovivo giugno 2009 Cleofe Ferdori 23 Territori e leghe Modena, idee e domande sul testamento biologico Franco Zavatti Segretario generale Spi-Cgil Modena Argentovivo giugno 2009 A 24 forza di sentirci dire che il tema era delicato e scabroso, crescevano i timori man mano che si avvicinava la data. Poi, nel pomeriggio del 29 maggio, la sala del Circolo anziani “22 aprile” di Modena si è riempita, tanti gli iscritti Spi e tante “facce nuove”, donne e uomini interessati a quelle problematiche. La voglia, la necessità di capire, è diffusa e perciò la proposta di dibattito ha centrato un bisogno reale, che coinvolge l’esperienza di ciascuno. Ognuno sente di “voler dire la sua quando sarà il momento”: si tratta della non autosufficienza e oltre, di come ogni cittadino dovrà e vorrà affrontare la fase ultima della propria vita. Ne abbiamo discusso con un dirigente medico dell’Asl, il dottor Paolo Trande; con l’avvocato Maria Grazia Scacchetti, che ha - prima in Italia - patrocinato ed ottenuto dal giudice tutelare il riconoscimento della nomina dell’”amministratore di sostegno”. Dopo le loro introduzioni al tema, tanti gli interventi più che le domande specifiche. La drammatica vicenda della famiglia Englaro, con la campagna violenta e aggressiva sostenuta dalla destra e da tanta parte della gerarchia ecclesiastica, ha lasciato una ferita e tantissime preoccupazioni per la reale affermazione del diritto individuale alla autodeterminazione nelle scelte più personali che riguardano il destino della propria vita. La Costituzione democratica garantisce questo diritto inalienabile alla cura ed alla scelta consapevole ed informata del cittadino. Una destra rissosa ed una Chiesa distante I relatori all’incontro sul testamento biologico: da sinistra Paolo Trande, Riccardo Terzi, Maria Grazia Scacchetti, Franco Zavatti dalle sofferenze pretendono di impedire questa libera scelta, di imporre una scelta di Stato confessionale che affossa il dettato costituzionale. Tante donne e uomini prendono la parola; ognuno ha un esempio, il caso di un parente o di un conoscente da cui partire per dire che, in uno Stato civile e libero, nessuno deve poter “decidere al mio posto”. E poi - chiede Rosanna - perché nessun ministro del governo o della Chiesa si scandalizza o organizza tifoserie scalmanate in Parlamento o davanti alle cliniche ove, da sempre, tanti cittadini che si dichiarano Testimoni di Geova si vedono riconosciuto il loro legittimo (criticabile) rifiuto per certi interventi sanitari? Anche questo è un argomento che fa breccia e fa riflettere sulla strumentalità e la portata devastante dell’attacco che la destra sta portando. Un pomeriggio denso e lungo di appassionata partecipazione, concluso dalle considerazioni lucide e puntuali di Riccardo Terzi, segretario nazionale dello Spi, che indica una linea di forte e rigoroso impegno sui diritti: dalla assistenza alla cura, alla tutela delle non autosufficienze, alla libera determinazione delle persone. La giornata si chiude con un puntuale “colpo di teatro”: la notizia che a Pavullo (Comune capo distretto della montagna) il Consiglio comunale ha approvato - uno dei primi in Italia - l’istituzione di un “Registro per le dichiarazioni anticipate di volontà sui trattamenti sanitari nel fine vita, o testamento biologico”. Una buona notizia; ora però serve una buona legge, e non il pasticcio regressivo di cui discute il Senato. Territori e leghe Valentina Vecchiattini Spi Ferrara E rmanna Chiozzi Finessi è una contadina-mondina-pittrice, con il suo vestito nero a pois bianchi, il vestito che “presenta” la sua vita, simbolo della sua arte, che dà vita ai suoi dipinti. L’8 maggio per Ermanna è stato un giorno importante: a lei il Sindacato pensionati della Cgil, con l’Istituto di storia contemporanea di Ferrara e il Comune di Copparo, hanno dedicato una mostra dei suoi quadri, un Dvd sulla sua vita e le hanno consegnato una targa “per la sua emozionante pittura”. Ermanna racconta: “Il mio primo giorno di lavoro nella risaia, avevo appena 13 anni, a raccontarlo sembra una favola, quell’impatto dell’alba con il bellissimo colore giallo dorato si rispecchiava nei bacini della risaia, le piantine del riso verde dentro l’acqua, venivano cullate da un venticello venuto dal mare”. Ma come tutte le belle favole … “Dentro l’acqua noi mondine a piedi nudi dobbiamo stare / per sentire le piantine del riso da curare, / in questo giorno maledico il venticello / che portò via dalla testa il mio cappello. / Io sono corsa tutta in fretta a prenderlo su / Ermanna Chiozzi con una delle sue opere e dall’argine una voce bruscamente mi chiamò / e a casa mi mandò. / Io sono la mondina. La mondina licenziata”. Ingiustizie che capitavano ogni giorno, ma che si impressero in quella ragazzina di 13 anni come un marchio e che, forse, la spinsero a imprimere nella tela il lavoro, la fatica, il modo di vivere, gli scioperi, le lotte del dopoguerra. Non è la prima volta che la lega Spi di Copparo collabora con Ermanna Chiozzi. L’anno scorso Ermanna aveva portato i suoi quadri sul ciclo della lavorazione della canapa al Centro anziani per far conoscere ai bambini come, e con quanta fatica, si lavorava la terra, solo “qualche” anno fa, nella nostra provincia. Questo incontro-collaborazione fra Sindacato dei pensionati e mondo della scuola, quindi incontro-scontro fra generazioni, ha prodotto una grande soddisfazione da parte dei bambini e delle insegnanti, dello Spi e di Ermanna che aveva raccontato episodi del suo lavoro nei campi e aneddoti della sua vita. In collaborazione con l’Istituto di storia contemporanea di Ferrara abbiamo quindi deciso di commissionare un Dvd sulla storia di Ermanna Chiozzi, una storia che mettesse in luce il lavoro, le fatiche, le preoccupazioni per i due figli, anche la solitudine che ha dovuto sopportare. C’era la guerra, suo marito era stato fatto prigioniero e, appe- na tornato a casa, dopo pochi giorni l’aveva lasciata di nuovo sola e questa volta per sempre. E la sua “arte” l’ha sostenuta, l’ha aiutata. Sono invecchiate insieme. La sua arte ci trasmette la memoria, piena di vita, colorata, ma che fa pensare, fa riflettere … “la memoria ci insegna a diventare custodi della memoria”. Quella che Ermanna ci trasmette è una memoria “vera”, di una donna “vera”, non quella dei talk show che la tv ci propina tutti i giorni. Una società che perde la memoria di se stessa, perde la memoria collettiva, rischia di rifare gli errori che ha fatto già nel passato. Sapere da dove veniamo e conoscere i cambiamenti, spesso velocissimi, che la nostra società ha avuto nel corso del Novecento, passando da una società agricola ad una post-industriale, significa recuperare il meglio di quella memoria per non sentirsi disarmati e scoordinati rispetto alle proprie radici. C’è poi nelle opere di Ermanna la memoria della nostra organizzazione, della Cgil, degli scioperi, delle battaglie, delle angherie dei padroni, delle feste. Un mondo scomparso che rivive nei quadri di Ermanna, che rivivrà certamente nella memoria di quei bambini che ci hanno dato lo spunto per fare il Dvd. Argentovivo giugno 2009 Copparo, la nostra storia nei quadri di Ermanna 25 I temi della memoria Arrivare in luoghi sconosciuti: Dove sono? Chi sono? Vivere l’altrove: storie di migranti nella globalizzazione Anna Maria Pedretti Argentovivo giugno 2009 “Sono le 7 del mattino: mi trovo in un aeroporto, quello di Fiumicino. Non avrei mai immaginato che potessero esserci aeroporti così grandi, mi sento spaesata, confusa, incapace di orientarmi tra le tante lingue e comincio a sentire freddo, un freddo sottile che mi penetra nelle ossa, non mi dà tregua, un freddo che non mi abbandonerà mai e che continuo a sentire sempre, anche dopo tre anni che vivo in Italia, anche quando gli altri si lamentano per il caldo”. 26 Q ueste sono le parole di una ragazza di diciassette anni proveniente dalla Costa d’Avorio, la cui testimonianza si può leggere nel libro dello storico della migrazione Emilio Franzina: Racconti dal mondo: narrazioni, saggi e memorie delle migrazioni, Cierre edizioni, 2004. E mi sembra siano estremamente efficaci per dire il senso di spaesamento, di smarrimento, di incertezza di chi arriva per la prima volta in un luogo sconosciuto. Quel senso che possiamo aver provato tutti noi in qualcuna delle nostre esperienze di vita, tutte le volte che, per qualunque motivo, abbiamo dovuto cambiare ambiente e abbandonare un paesaggio familiare, dei volti noti e amichevoli, un pezzo di strada che si sapeva a memoria. Ad esempio, quando siamo entrati per la prima volta a scuola con i banchi, la cattedra, tanti bambini diversi dai nostri compagni di gioco, una persona adulta con la quale dovevamo rimanere ore ed ore che non apparteneva alla nostra cerchia degli affetti familiari. Oppure quando ci siamo trasferiti dalla campagna o dalla montagna nel centro cittadino dove la parlata, i modi di fare, gli abiti, l’atteggiamento delle persone era diverso da quello cui eravamo abituati nella nostra piccola realtà di paese. O Il dipinto “La montagna azzurra” di Kandinsky I temi della memoria lasciato il suo Paese, la famiglia, per venire in Italia, come dice lei stessa “non per lavorare o per avere una vita più agiata, ma per amore”. Oggi è sposata con Roberto e vive e lavora a Mirandola. Quando sono partita la seconda volta da Cuba, sapevo che venivo per sposarmi con Roberto e che la mia vita sarebbe cambiata radicalmente. Per prima cosa mi preoccupava la nostra diversità, nel senso che io sono di colore e lui bianco, e avevo paura che la gente pensasse male di un uomo bianco sposato con una nera e per di più cubana e ballerina. Io quando sono venuta qui la prima volta sempre dicevo a Roberto: “Non mi adatterò mai al vostro clima perché non mi piace per niente”. (…) La vita a Cuba è più bella, prima di tutto perché là c’è la mia famiglia, il clima è bellissimo, conosco tante persone, ho tanti amici, c’è tanta allegria, però mancano i soldi e dunque non puoi fare nulla. Il viaggio in aereo è stato… triste, molto triste… ho pianto per tutto il viaggio, che è durato dieci ore e avevo tanta paura per la nuova vita che mi attendeva e pensavo anche a tutto quello che lasciavo. Durante il viaggio non ho conosciuto nessuno, anche perché non volevo parlare con nessuno; ero troppo triste e volevo stare sola con i miei pensieri. Sono arrivata in gennaio, il tempo era bruttissimo, c’era freddo, buio… La prima cosa che mi ha colpito è stato il tempo e ho provato questa grande tristezza… però c’era Roberto. Testimonianza raccolta da Paola Luppi Spi Mirandola (Mo) Argentovivo giugno 2009 quando, in massa, ci siamo trasferiti dal sud d’Italia nelle città industriali del nord dove trovavamo facilmente lavoro, ma dove spesso c’era un cartello davanti alle case dove avremmo voluto abitare: “Non si affitta ai meridionali”. Nelle città civili dello sviluppo economico abbiamo perso la nostra identità, nessuno degli abitanti autoctoni ci ha chiamati col nostro nome, ma siamo stati interpellati genericamente come terun, maruchein. Chi eravamo noi per tutti gli altri? E gli altri chi erano per noi? Sappiamo bene che il pre-giudizio è quello che impedisce alle persone di incontrarsi davvero, di conoscersi, di costruire relazioni importanti. Così come lo impediscono i luoghi comuni e le generalizzazioni. Eppure il pregiudizio è la prima difesa che viene portata in campo rispetto allo sconosciuto che arriva e che, chissà perché, viene vissuto subito come una minaccia. E allora, ecco che Marisa Cavaciuti, nella sua testimonianza riportata nel numero di febbraio di questo giornale, ci dice: “quando siamo arrivati in Francia ci chiamavano “macheronì” o “mafiosi”. E Anna Guerzoni a sua volta: “Mio padre mi diceva sempre che loro erano considerati come quelli che toglievano il lavoro ai venezuelani e venivano chiamati “i monsiu” e lui di questo ha sofferto moltissimo”. E gli altri? Quelli che oggi arrivano nel nostro Paese da luoghi lontani di cui spesso non abbiamo che idee vaghe e confuse? Chi sono? Chi è ciascuno di loro? Quali sono i loro sentimenti, le loro emozioni? Cosa pensano? L’unica possibilità di aprire dei canali di comunicazione è dar loro la parola e cominciare ad ascoltarli. “C’era freddo, buio” Vilma Vilma è un giovane donna nata a Cuba dove, dopo gli studi superiori, ha frequentato una scuola di danza e ha lavorato in una compagnia di ballo. Ha 27 I temi della memoria “Come se non mi vedessero” Hassan Alì Argentovivo giugno 2009 Di Hassan abbiamo già pubblicato uno stralcio della sua testimonianza sulle ragioni che lo hanno spinto a fuggire dal suo paese in guerra, il Darfur, la regione meridionale del Sudan dove è in corso da 6 anni uno scontro armato tra forze dello stato presieduto da Bashir (che il tribunale internazionale dell’Aia ha accusato di crimini di guerra e contro l’umanità) e organizzazioni di insorti secessionisti. Qui ci racconta il suo primo impatto con l’Italia e lo stratagemma che ha messo in atto per fare in modo che i suoi vicini si accorgessero di lui. 28 A Lampedusa siamo rimasti due mesi, chiusi in un centro di accoglienza, non si poteva uscire, dormivamo anche per terra, tanta gente c’era, mi sembrava di soffocare. Ad Agrigento ci hanno preso le impronte digitali, ci hanno portato alla stazione. “Andate via” ci hanno detto. Via, dove? Non conoscevamo nulla, solo un nome, “Roma”. Ho comprato un biglietto per Roma e da lì sono partito subito per la Francia, ma la meta era l’Inghilterra. Speravo che là fosse meglio, avevo già capito che in Ita- lia non c’era vita buona per noi. Uscendo dall’Italia senza documenti e permesso di soggiorno ero diventato un clandestino. In Francia sono arrivato a Calais, per imbarcarmi per l’Inghilterra. Ho pagato 500 euro ad un camionista per viaggiare nascosto in un angolo del suo camion insieme ad altri due amici, che sofferenza! A Hull City sono rimasto sette mesi, lavoravo in una fabbrica di fiori. In Inghilterra si può lavorare anche senza documenti, invece in Italia non ci assumono se non abbiamo i documenti in regola. Questa è la grande differenza. Poi la polizia inglese mi ha rispedito in Italia perché noi richiedenti asilo politico dobbiamo rimanere nel Paese dove abbiamo lasciato le nostre impronte digitali. Mi sono detto: “Forse questa è la mia opportunità per vivere in Italia!”. Ci hanno messo su un aereo e spediti a Fiumicino, aeroporto di Roma. Dopo dodici ore di attesa, senza bere né mangiare, ci hanno portato alla stazione Termini che tutti gli immigrati a Roma conoscono. (…) I primi tempi vivevo in un centro di accoglienza fuori Roma. Tutti i giorni, andando a prendere il pullman, incontravo le stesse persone, ma nessuno mi salutava, mi guardava in faccia, niente! Come se non mi vedessero. Non mi piaceva. Allora mi è venuta un’idea, farmi tingere capelli e barba di biondo. Il mattino dopo tutti mi guardavano, sorridevano, “Ciao amico” mi salutavano. Finalmente ci scambiavamo un saluto, qualche parola, alcuni mi chiamavano “Hassan il biondo”. Testimonianza raccolta da Franca Borghi Spi Modena “Non marocchina, arjentina” Cristina Cristina è oggi una donna matura, madre di due figli, realizzata nel lavoro, che non ha mai smesso di studiare, tanto che sta frequentando la facoltà di Scienze della Formazione all’università di Bologna Ha vissuto sulla propria pelle lo sradicamento, all’età di 14 anni, dalla terra in cui è nata e che sempre ha considerato la sua patria, l’Argentina. Ma la sua esperienza nasceva da un altro strappo, da un altro sradicamento: quello dei genitori che erano emigrati dalla Sicilia negli anni ’50 nel Paese latinoamericano. È così che, al suo arrivo in Italia, ha subito una doppia etichettatura. Siamo partiti, la mia famiglia ed io, nel giugno del 1970 da Buenos Aires con la nave, l’Eugenio C. Lasciavamo là mia so- I temi della memoria “Cosa significa per lei sicurezza?” don Luigi Ciotti* La parola sicurezza è da tempo oggetto di un abuso. Si parla di sicurezza senza la dovuta profondità, senza la necessaria pacatezza e razionalità. Nel nome della sicurezza si costruiscono allarmi, si additano “nemici”, si annunciano misure per raccogliere consenso. La sicurezza è diventata la scorciatoia più battuta da certa politica per esercitare potere, giustificare abusi, distrarre lo sguardo da disuguaglianze e ingiustizie. È importante allora sottolineare alcuni passaggi. Il primo è che la sicurezza è sì un diritto, ma un diritto di tutti. La sicurezza la si costruisce insieme, è l’effetto di politiche sociali coraggiose, frutto di comunità solidali e accoglienti. Sicuri sono quei contesti che consentono a tutti di partecipare alla vita comunitaria, sicura è quella società che promuove la cittadinanza. Il secondo è che le leggi sono strumento fondamentale di sicurezza solo se tutelano il bene comune, cercando il giusto punto di equilibrio tra il rigore della norma e l’attenzione alla persona. Leggi calate dall’alto, che invece d’includere discriminano, alimentano l’insicurezza anziché combatterla. La vita delle persone – tanto più se indifese e vulnerabili – deve essere il fondamento delle leggi, e se vogliamo che le persone rispettino una norma dobbiamo, prima, metterle in condizione di vivere i diritti e i doveri del cittadino. Il terzo è che le leggi, da sole, non possono garantire sicurezza. Le leggi producono giustizia solo se radicate nella corresponsabilità, che è poi capacità di mettersi nei panni degli altri, comportandosi nei loro riguardi con la stessa umanità che auspichiamo per noi. Per essere stato un migrante e aver vissuto sulla pelle certi pregiudizi ed etichette, penso sia questa la grande opportunità che ci stanno offrendo le tante persone che arrivano nelle nostre città in cerca di pane, lavoro e dignità. L’opportunità di costruire una società dove la diversità sia custodita come un valore e non respinta come una minaccia. Una società capace di garantire a ciascuno una vita libera e dignitosa, facendo in modo che, sapendoci tutti “diversi”, nessuno debba più sentirsi “straniero” in mezzo ad altri esseri umani. Argentovivo giugno 2009 rella, mio cognato e i miei nipoti ancora piccoli. (…) Per me quei 15 giorni di viaggio verso l’Italia sono stati un calvario perché la mamma stava male, il papà anche.... Siamo arrivati a Genova, abbiamo preso un treno per la Sicilia. I parenti, tutti parenti di mia madre, ci aspettavano là perché questa era la nostra meta, mentre qua a Modena c’era l’unico fratello di mio padre che non era andato molto lontano, ma era venuto qui, si era integrato, si era sposato, aveva fatto il partigiano, la sua vita era a Modena. Siamo stati in Sicilia due mesi, ma era un posto molto chiuso, molto arretrato culturalmente, molto bigotto rispetto alla nostra mentalità; io giravo con delle minigonne spaziali e fumavo, i miei fratelli pure; lì invece era tutto un guardarci, criticarci. Ci hanno cominciato a parlare della mafia che non ti permetteva di fare niente... io vestivo con delle magliette con l’immagine di Che Guevara e mi dicevano: “Guarda che qua... il comunismo non va molto di moda... ti fanno fuori”; insomma tutto un mondo... Abbiamo provato anche a cercare da lavorare, ma ci davano due soldi… Siamo stati lì due mesi poi abbiamo capito che, soprattutto per noi ragazzi, non c’era futuro, non ci piaceva quella mentalità chiusa e ottusa. E poi il tema, ancora una volta, era il lavoro, la sopravvivenza. Mio padre era un elettricista, un artigiano, ma * fondatore del Gruppo Abele e presidente di Libera lì aveva poche prospettive. E quando mio zio ci chiamò a Modena, appunto perché lui era ben inserito, a ottobre dello stesso anno siamo venuti ad abitare a San Donnino, in una villettina in affitto che ci aveva trovato lo zio, il quale trovò pure un posto di lavoro per me vicinissimo a casa (…), instradò mio padre per impiantare la sua piccola ditta di artigiano elettricista e tro- vò due lavori per i miei fratelli. (…) Comunque il salto qui, in Italia, in Sicilia, a Modena, è stato terribile. Soprattutto per i rapporti con i colleghi di lavoro. Tra noi lavoranti c’era competizione, sentivo che c’era molta diffidenza nei miei riguardi, perché straniera, non piaceva il mio abbigliamento, non piaceva il mio modo di essere, aperta, assolutamente naturale. 29 I temi della memoria La gabbia del sarchiapone Argentovivo giugno 2009 L’importanza di ricordare un nome Le più popolari battute che circolano tra gli anziani sono quelle sulla perdita della memoria. Eppure non ricordare i nomi delle persone non è affatto un problema legato all’età. Tutti siamo carenti su questo lato, eccezion fatta per gli imbonitori dei call center (“Parlo con il signor Paolo? Avremmo da sottoporle un’offerta veramente vantaggiosa….”). I venditori di qualunque merce sanno bene quanto siamo affezionati al nostro nome - perfino quando non ci piace. Per rendersi conto quanto forte sia il legame tra il nostro nome e noi stessi basta ricordare l’irritazione che ci ha preso l’ultima volta che ci è arrivata una lettera con il nome storpiato sulla busta. È mai possibile che un errore ortografico rappresenti una punzecchiatura così fastidiosa per il nostro amor proprio? Quanta pazienza ci vuole quando qualcuno insiste, anche in buona fede, a chiamarci con il nome sbagliato. Viceversa quanta ambizione investiamo - soprattutto noi donne - per essere notate e chiamate per nome da un bambino e come siamo contente se ci riusciamo. Che sottile piacere per il nostro ego se siamo in fila dal medico o presso un ufficio e chi legge il nostro nome per annunciare il nostro turno mette nella voce un po’ di rispetto se non di gentilezza. Una volta i genitori insegnavano ai figli che le persone del vicinato andavano salutate e possibilmente usando il loro nome. Oggi nella sfera pubblica l’usanza del saluto sembra un po’ demodé e poche volte ci sentiamo obbligati a memorizzare i nomi dei nostri interlocutori. Anzi civettiamo con il nostro scarso talento in merito. Figuriamoci poi se si tratta di nomi stranieri. Chi porta un nome straniero ha poche speranze di sentirlo usare da persone esterne alla cerchia familiare. È vero che si tratta di nomi spesso lunghi e difficili da pronunciare, ma il più delle volte non ci proviamo nemmeno. Optiamo per la semplificazione. Diciamo “la mia ucraina, la mia romena….”, parole che sono diventate sinonimi di domestica. Ma le serve di altri tempi avevano un nome che veniva cambiato loro solo se era uguale a quello della padrona. Diciamo “Vado a fare la spesa dal pachistano”, anche se basterebbe uno sguardo sullo scontrino per sapere come effettivamente si chiama il nostro verduraio. In caso di difficoltà ci sarebbe sempre la possibilità di mettersi d’accordo su un nome alternativo scelto dalla persona interessata. Chiamare qualcuno per nome richiede uno sforzo, attenzione e interessamento. Ma si tratta di fatica ben piccola rispetto all’effetto che produce. Significa riconoscere che siamo individui, unici e irripetibili. Significa offrire ad una persona qualcosa di non poco conto, e cioè la sua identità - risorsa preziosa per sopravvivere nel clima sempre più anonimo delle nostre città. Eva Lindenmayer Io andavo verso le altre persone... ma trovavo dei muri. (…) Mi avevano dato il nome “doppia marocchina”. E io dicevo: “Non marocchina, arjentina”; ma loro ribattevano: “Sud dell’Italia, sud dell’America = doppia marocchina”, e io: “Dite quello che volete, ma io sono arjentina”. Testimonianza raccolta da Franca Borghi Spi Modena “Albanesi… brutti, schifosi e mafiosi” Rozina 30 Ha 44 anni, proviene da una città dell’Albania che si chiama Bheratu, “una bella città antica di 1400 anni fa e forse più”. Lì è nata e cresciuta Una veduta di Tirana, Albania I temi della memoria con la sua famiglia: mamma, papà e fratelli. Là ha ancora tutti i parenti. Ha frequentato le scuole superiori e, dopo la caduta del regime comunista, ha deciso di venire in Italia nella speranza di una vita migliore, ma ben presto ha scoperto che la situazione non era “quella che si vedeva in televisione”. Dopo un periodo in cui si è arrangiata a fare mille lavori, ha incontrato un ragazzo che poi è diventato suo marito ottenendo così la cittadinanza italiana. paese, come dite voi. Anche per gli albanesi non si può giudicare senza conoscere. Di me dicevano che non sembravo come quelli che si vedevano in televisione, che non sembravo una di loro. Ma in televisione andavano sempre a prendere gente della campagna o che aveva sofferto molto. Io sono nata in città ed è per questo, credo, che ho un altro aspetto. Anche noi in città abbiamo sofferto, non è che erano rose e fiori. Non dovrebbero mostrare solo le cose brutte degli albanesi o dell’Albania; possono far vedere anche le cose belle. Cercavo lavoro, ma quando dicevo che ero albanese facevano tante promesse, ma poi nessuno si faceva più sentire. Testimonianza raccolta da Rosella Masi Spi Piacenza La campanella Prima dei consumi vengono le persone Mi sono a lungo interrogata per capire i meccanismi in atto per distruggere progressivamente quei valori di solidarietà che soltanto trent’anni fa – ad esempio dopo la strage della stazione – permeavano la nostra società - e la nostra città di Bologna ne era un baluardo. Non si trattava soltanto di sottoscrizioni – dare denaro a chi era incorso in una tragedia che poteva riguardare ognuno di noi – ma di offrire una parte di noi per “arginare”, lenire, sentirsi padri e madri di quei nuovi orfani, condividere accogliendo. Allo stesso modo, rispetto allo straniero, avremmo dovuto costruire nel territorio una vera accoglienza, non delegare ai servizi – di Stato, di quartiere, di parrocchia - le risposte, gli aiuti, mettendo “i nuovi poveri” in competizione tra loro e con noi. Argentovivo giugno 2009 Quando sono venuta qua già ho provato una grande amarezza: quando dicevi che eri albanese, tutti ti guardavano male perché in quegli anni, era il ’95, dicevano che tutti gli albanesi erano brutti, schifosi e mafiosi e che le donne erano donne di strada. Anche in Italia c’è gente buona e cattiva: tutto il mondo è Gli immigrati “vanno bene” se badano – senza troppe storie – i nostri vecchi, i nostri bambini o se fanno lavori che noi non vogliamo fare: in una parola se ci fanno da servi - del resto paghiamo! I bambini e i ragazzi hanno bisogno di esempi di vita, non di prediche e di punizioni che alimentano solo invidie, gelosie, rancori e sensi di colpa. Di solidarietà intesa più o meno come elemosina sono capaci tutti, in questo delirio di onnipotenza che caratterizza questa società di consumi sfrenati: basta guardare quanti giocattoli inutili hanno i nostri bambini! L’imperativo è “fare e farsi” da soli con l’aiuto di una tecnologia che risolve velocemente ogni cosa: ma l’uomo è “fatto” e si nutre di relazioni da rinnovare costantemente, altrimenti si troverà chiuso in gabbia, anche se dorata. Questo fare da soli è il contrario di quella autostima – ognuno a potenziare ciò che è in positivo e a controllare le sue pulsioni negative – che è la base di ogni educazione permanente. Senza autostima ogni forma di depressione e di disprezzo della vita è sempre in agguato. Rispetto ai consumi conta l’esempio: penso che ciò che più ha corrotto sia stata l’invenzione del “rimborso spese” (scambiato spesso per modo di fare volontariato), e non solo perché l’occasione può consentire di approfittarne, quanto perché non si aiutano la sobrietà e la prudenza, due virtù indispensabili perché i consumi non prendano il sopravvento sulle persone. Miriam Ridolfi 31