Gennaio 2013 A cura dello Spi-Cgil dell’Emilia-Romagna La Memoria giovane sviluppo equità giustizia sociale lavoro democrazia welfare Argentovivo | pagine. In primo piano Il sindacato e la buona politica L’Italia si avvia al voto. Con un fatto positivo: la possibilità di affidarci alla saggezza e alla voglia di partecipazione del nostro popolo, quella stessa che abbiamo constatato alle primarie del centrosinistra h Maurizio Fabbri Segretario regionale Spi-Cgil Emilia-Romagna B erlusconi e il Pdl, dopo aver negato per due anni la crisi economica e aver portato il Paese sull’orlo della bancarotta, legandoci mani e piedi alle volontà dei tecnocrati della Banca europea, che ci hanno imposto sacrifici pesanti con la complicità del governo dei tecnici, oggi (per puro interesse personale e nel tentativo di cavalcare il disagio sociale e l’anti-politica) hanno deciso la crisi di governo. Un’avventura che potrebbe costarci altri sacrifici. Allora è bene che si voti subito, prima possibile, affidandoci alla saggezza e alla voglia di partecipazione del nostro popolo come abbiamo constatato alle primarie. Un evento straordinario, quello offerto dal centrosinistra: sei milioni di cittadini in due giornate si sono recati alle urne e centomila volontari hanno lavorato per la loro riuGennaio 2013 scita. Il risultato in Emilia-Romagna è stato eclatante: oltre 900mila elettori nelle due tornate. Come sempre la nostra regione si è dimostrata la più generosa su questo terreno. Un fatto quindi insieme di grande valore politico e di metodo democratico. Le primarie hanno anzitutto restituito credibilità, almeno in parte, alla politica. Da quando è iniziata la spinta dell’anti-politica noi abbiamo detto con forza che era necessario fare attenzione e distinguere bene nelle critiche, piuttosto che generalizzare, perché non tutti i partiti sono uguali. E poi sul piano del metodo è stata la vittoria del confronto sulle cose concrete, vicine alla gente. Il voto è stato il frutto di una competizione vera, che è scaturita da un dibattito sul programma e sulle possibili alleanze. Ha vinto Bersani, ha vinto il Pd, ma ha vinto l’intero centrosinistra ed è stato un evento positivo anche per noi che su questa scommessa (quella della buona politica) ci siamo stati e abbiamo svolto, pur nella distinzione dei ruoli, una funzione importante. Un programma politico con al centro il lavoro e la giustizia sociale ma anche il rinnovamento della politica. Per il centrosinistra comincia il compito più complesso anzitutto perché è solo il primo passo, ora bisogna che questo programma diventi vincente alle elezioni. E poi soprattutto che diventi nella pratica un programma di governo efficace per il Paese. È per questo che il sindacato deve ancora giocare un ruolo importante. Come Spi-Cgil e come sindacati pensionati in modo unitario abbiamo già iniziato a farlo e siamo stati lungimiranti. Voglio sottolineare il valore della proposta unitaria da noi presentata, che aiuterà in questa campagna elettorale chi dovrà tenere conto delle questioni che poniamo. Per questo sono state importanti le manifestazioni del 31 ottobre e importantissima è stata la giornata nazionale di mobilitazione del 7 dicembre con le lettere consegnate al presidente Napolitano e al presidente Monti. Con la nostra mobilitazione abbiamo posto al centro le urgenze che la questione sociale impone a questo Paese. Abbiamo tenuta aperta la speranza tra la nostra gente, l’idea che esiste una prospettiva per andare oltre la crisi al di là della politica di austerità. È per questo che siamo stati in grado di parlare direttamente al Paese e a chi, attento ai nostri problemi, si appresta ad affrontare la campagna elettorale, e speriamo a vincerla. Abbiamo così ottenuto anche i primi, seppure parziali, risultati. I trecento milioni stanziati per le politiche sociali, i duecento milioni che finalmente vedono il ripristino del fondo per la non autosufficienza che potrebbero diventare alla fine di queste iniziative anche quattrocento e quindi recuperare una parte di quel fondo creato dal governo Prodi. Sono risultati che certo non ci soddisfano ancora perché su altri temi non abbiamo ottenuto ciò che volevamo. Però sono il segnale che la mobilitazione, se è coerente e se è fatta unitariamente, può produrre risultati. Ormai sappiamo che per mobilitare la nostra gente dobbiamo essere credibili e fare proposte concrete. Siamo in campo come Spi e come sindacati unitari dei pensionati, così come siamo in campo per il rinnovo dei Ccnl in molte categorie e come Fiom, con una lotta di nuovo “solitaria” a fronte dell’ennesimo accordo separato sui contratti nazionali. La Cgil andrà a una riflessione su questi temi con una campagna di assemblee in gennaio nelle quali spiegheremo ai lavoratori perché non abbiamo firmato l’accordo sulla produttività. In questo accordo c’è un’idea della contrattazione nazionale che non condividiamo: è di nuovo eluso il tema delle regole per l’elezione della rappresentanza. Qualsiasi tipo di accordo deve avere il tratto della democrazia e quindi il voto dei lavoratori è indispensabile. Senza il superamento di questo vulnus non usciremo dalle pagine nere che il sindacalismo sta attraversando. E poi oggi parlare di produttività in un Paese in cui il nodo è il lavoro per noi è come nascondersi dietro un dito. Il vero tema è il lavoro. Per questo le nostre parole d’ordine nelle assemblee saranno: sviluppo, equità, giustizia sociale; cioè lavoro, democrazia e welfare. Per arrivare in febbraio a un grande appuntamento della Cgil, la conferenza di programma, che sarà il nostro modo per stare in campo durante la campagna elettorale. Le bellissime foto che illustrano questo numero sono state realizzate da Ivano Ceppelli, che con lo Spi ha partecipato al viaggio sul treno della memoria nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau Gennaio 2013 Argentovivo | pagine. In primo piano Argentovivo | pagine. In primo piano Auschwitz (andata e ritorno) Il treno della memoria organizzato dallo Spi ha messo insieme le generazioni per testimoniare un orrore che ancora lascia ferite aperte e per ritrovare quell’umanità che nei campi di concentramento si è perduta h Paolo Bertoletti Segretario provinciale Spi-Cgil Parma U n Treno della Memoria. Già dalla partenza lo sferragliare delle carrozze ricordava un momento tragico della nostra umanità. Ci parlava di sofferenze indicibili e di speranze annullate. Di famiglie separate e poi distrutte. Dopo oltre 20 ore di treno, Cracovia, ci ha accolto, pur essendo una bella città, con un cielo grigio Gennaio 2013 e triste. Anche i 150 ragazzi che condividevano il nostro viaggio erano stanchi ma, come noi, desiderosi di arrivare per poter iniziare il nostro ruolo di testimoni. Ci si può immaginare tramite le tante testimonianze quello che è successo ad Auschwitz. Altra cosa però è ripercorrere i posti e i tempi. Si, perché nei campi sembra che il tempo si sia fermato. Indignato e impotente. Già l’ingresso al campo di Auschwitz è emblematico. Ti accoglie una beffarda scritta. “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi. Di libe- Argentovivo | pagine. In primo piano ro non c’era più nulla quando entravi. Era una continua spersonalizzazione. Eri un numero, tatuato sul braccio. Eri ancora meno. La tua vita non ti apparteneva più. Chiunque dei sorveglianti disponeva della tua, a piacimento. Potevi morire in qualsiasi momento, per fame, per freddo, per banale malattia, per divertimento e infine per un progetto, studiato scientificamente per la distruzione di massa. Il Treno della Memoria dello SPI ci ha permesso, grazie ad un’ottima organizzazione, di percorrere anche in modo emozionante la visita. Dentro al campo alcuni attori hanno ampliato le nostre emozioni con letture e brevi rappresentazioni. Le abbiamo vissute in modo collettivo, ma soprattutto le abbiamo rinnovate insieme ai ragazzi. Ricordo le loro espressioni. Li vedevo “invecchiati” in pochi minuti. Si spostavano, come noi, in silenzio e molti con gli occhi lucidi. E’ il silenzio dei campi quello che più colpisce. Capisci che la nostra assunzione di testimonianza, deve passare da una riflessione immediata sul posto. Ma il silenzio rappresenta anche la reazione all’orrore e il rispetto per tutte le vittime. Hai la consapevolezza di calpestare terra e ceneri. Che parlano di morte e di sofferenza. Quando un essere umano cerca razionalmente la morte per porre fine alla sua umiliazione, l’umanità tutta viene violentata. A Birkenau la visita è finita raccogliendoci tutti davanti al monumento dedicato alle vittime. Complice un vento gelido e tagliente non ci è stato difficile ricostruire le condizioni ambientali di chi era coperto di soli pochi stracci. In quel vento abbiamo gridato, ognuno di noi, un nome. Per continuare a farne vivere il ricordo. Io da una parete piena di fotografie ho scelto Roman Gezba matricola 20087. I nostri occhi si sono incontrati. I suoi erano pieni di terrore. Di una persona che ha visto e subito cose inimmaginabili. Ho scritto il suo nome su una pezza bianca e alla sera l’ho letto, con un nodo alla gola, nel buio di un posto dove la “luce” è stata bandita da troppo tempo. Un altro giorno l’abbiamo dedicato alla visita del quartiere ebraico. Oggi gli ebrei dichiarati sono rimasti 150, allora erano circa 1800. Abbiamo immaginato una vita quotidiana normale. La scuola, il lavoro e il divertimento. Poi un giorno tutto questo finisce. Ti ritrovi deportato, strappato alla tua casa e subito dopo anche ai tuoi affetti. In preparazione di questo viaggio siamo stati a Fossoli. Un altro tassello di questo dramma. Qui nella nostra regione. Tanti di quelli passati da lì sono finiti nei forni crematori di Auschwitz. A chi mi chiede cosa mi è rimasto di questo viaggio rispondo che ha inciso su di me qualcosa che ancora non riesco ad esprimere. So, però, che qualcosa è successo. Oggi sento il bisogno di parlare di quello che ho visto e che ho provato. Pur se non ero ancora nato mi sento appesantito da un senso di colpa. Certo c’è una responsabilità esplicita del nazismo e dei suoi capi. Ma non mi basta. Io credo che si sarebbe dovuto fare qualcosa di più per fermare questa lucida follia. Sei milioni di persone annientate nei campi di sterminio non permettono nessuna giustificazione. L’iniziativa dello SPI nel promuovere questo viaggio della memoria ha un grande valore per l’attualità. Condannare queste tragedie significa rafforzare il nostro impegno per la democrazia e contro ogni forma di fascismo. Per ritrovare quell’umanità che ad Auschwitz si era perduta. Gennaio 2013 Argentovivo | pagine. In primo piano Gli studenti dell’Emilia-Romagna (foto Kornecka) Il passato visto dal futuro Una giovane “passeggera” del treno della memoria racconta il suo punto di vista di cittadina europea a tutto tondo, lei italiana e polacca insieme, sull’esperienza fatta insieme allo Spi ad Auschwitz e Birkenau O tto ragazzi, alcuni giovanissimi tra i sedici e i diciassette anni, sono stati tra i “passeggeri” del Treno della Memoria partiti dall’Emilia-Romagna. Con loro Amanda, 20 anni, studentessa univer- Gennaio 2013 sitaria. Proprio con lei parliamo di questa esperienza perché Amanda ce la può raccontare con un sguardo più profondo, due volte più acuto per così dire. Italiana al cento per cento, nelle parole, nell’accento, nei modi di fare e negli argomenti ha però un cognome che suona subito “strano”. Amanda infatti è nata in Polonia, da genitori polacchi ed è cittadina polacca. È una di quelle ragazze a cui si riferisce Bersani quando dice cosa vorrebbe fare dopo la sua prima riunione da premier a Palazzo Chigi, incontrarla e dirle: “Sai cosa? Adesso sei italiana”. Così senza troppe burocrazie e senza tutta la retorica razzista del centrodestra e della Lega di questi anni sfortunati. Amanda in Polonia c’è già stata, lì ha ancora i familiari, ha sentito già raccontare le storie attorno all’Olocausto e poi le storie della Resistenza prima contro i nazisti e poi contro la dittatura comunista. Adesso ci è tornata, grazie al contributo dello Spi, insieme a un gruppo di coetanei (addirittura più giovani). Un investimento quello del sindacato pensionati che supplisce un po’ a quello che dovrebbe fare la scuola pubblica, e che però spesso non riesce a fare per motivi economici e anche di progettazione. La storia a noi più vicina, ribadisce Amanda come tanti ragazzi della sua generazione, si studia poco e male, mentre invece sarebbe quella più interessante, quella che aiuterebbe meglio a capire la situazione in cui siamo oggi, i problemi dell’integrazione europea, la questione mediorientale. Tutti problemi che affondano le proprie radici nell’orrore dell’Olocausto. Già dal primo momento il viaggio è stato emozionante, proprio perché si va in treno, si vedono da un certo punto in poi gli stessi paesaggi, le campagne sconfinate e brumose, che i deportati vedevano dalle fessure nei treni blindati, stipati come animali. “Abbiamo subito cominciato a parlare di cosa sapevamo di quella storia, delle nostre aspettative e io ho fatto anche un po’ da coordinatrice perché in quei posti c’ero già stata”. Il “colpo”, come lo chiama Amanda, lei lo aveva già vissuto. Quel groppo che ti prende alla gola nei campi di concentramento e che per quanto uno possa aver letto e studiato è inevitabile quando ti si materializza davanti ciò di cui “si fa ancora fatica a capacitarsi”. I ragazzi si sono commossi, messi a piangere, durante le visite a Auschwitz e a Birkenau, “così come ho pianto io la prima volta”, ricorda Amanda. “Mi ha colpito che i ragazzi non hanno fatto molte foto. Di solito un ragazzo quando non è tanto consapevole fa le foto, sa che poi le terrà per ricordo e ci penserà dopo. Invece erano tutti molto presenti, hanno fatto domande, cercato di sapere il più possibile”. Tanto che nel viaggio di ritorno tutti hanno riconosciuto che vedere dal vivo i luoghi, le foto di tanti volti, le montagne di scarpe, lasciano impressioni che un libro di storia non potrà mai comunicare. Così la domanda alla fine del viaggio è stata: e adesso cosa facciamo, come facciamo a far sì che altri giovani possano venire e vedere e far vivere la memoria di tutto questo? A rendere ancora più viva l’emozione è stata la presenza di un gruppo di attori che hanno inscenato alcune situazioni della deportazione e hanno letto dei testi, soprattutto quelli di Primo Levi. “Letture che - fa notare Amanda - in genere si assegnano in estate o durante le vacanze, quando i ragazzi hanno altro per la testa”. Giustamente, viene da pensare. Letture che non dovrebbero essere un peso o un optional, perché quella Memoria è troppo importante e come dimostra il viaggio può anche essere molto emozionante e avvincente. E come sono stati gli “anziani” partecipanti al viaggio secondo Amanda? Oltre agli apprezzamenti una critica viene fuori, su cui conviene riflettere. La loro visione è forse un po’ semplicistica e cioè che finito il fascismo è finito l’orrore. E invece (e questo non lo dice solo Amanda ma ce lo spiega bene Primo Levi quando racconta della continuità di quello che lui chiama “universo concentrazionario” da Hitler a Stalin) per le popolazioni dell’est si è passati dall’incubo del nazismo a quello del comunismo sovietico. “A me dispiace, dice Amanda, perché ormai si possono dare letture un po’ più ampie della storia. Non giustificherò mai nessun regime autoritario perché credo nella preziosità di ogni persona, anche nella sua diversità, che sia l’immigrato, il disabile, l’anziano, la donna quando è ancora considerata inferiore all’uomo…” Finiamo inevitabilmente a parlare dell’Europa e di come una giovane cittadina europea a tutto tondo vede la situazione oggi. “Il problema è che quella di cui si parla sempre è l’Europa delle banche. Secondo me è stato un grandissimo errore costruire prima l’Europa dell’economia e poi quella sociale. Parlare di un’Europa dei cittadini è oggi tre volte più difficile di quello che poteva essere all’inizio. Siamo disorientati da un’idea dell’Europa che è quella delle banche e sento italiani che dicono che in Europa non ci vogliono stare, perché la identificano come qualcosa che li ha danneggiati. Invece serve e molto parlare ancora di Europa dei cittadini”. Gennaio 2013 Argentovivo | pagine. In primo piano Anziani e società Argentovivo | pagine. La società solidale Una ricerca dell’Ires, appena pubblicata dalla casa editrice Socialmente, esamina e ricostruisce il valore dello Spi-Cgil dell’Emilia-Romagna: una grande forza “rivoluzionaria e conservatrice”; un sindacato a tutto tondo; una contro-tendenza, quella del protagonismo degli anziani h Bruno Pizzica Segretario Spi-Cgil Emilia-Romagna L o Spi-Cgil si interroga e prova, con due ricerche “sul campo”, da una parte a capire meglio come cambia il pianeta anziani, dall’altra come cresce il rapporto intergenerazionale anche attraverso il lavoro di cura che la maggior parte dei pensionati e delle pensionate “offre” quotidianamente alla comunità, familiare e non. Dal lavoro dei ricercatori (Fausto Anderlini, sociologo, che ha indagato umori, opinioni, origine degli iscritti alla categoria; Florinda Rinaldini e Marco Trentini dell’Istituto di ricerche sociali regionale, che hanno invece lavorato sugli aiuti informali di cura che corrono tra anziani e nuove generazioni) è nato un libro, “La società solidale”, pubblicato dalla editrice Socialmente e disponibile in libreria. Il succo delle due ricerche e, in qualche maniera, anche del saggio che completa il volume (“Un sindacato a tutto Gennaio 2013 tondo”) è proprio in quell’aggettivo, solidale. Lo spaccato nel quale si inserisce lo Spi-Cgil, i suoi iscritti e più in generale la comunità degli anziani, si fonda soprattutto su una grande e riconosciuta volontà/capacità di mettersi a disposizione della propria famiglia, ovviamente, ma degli “altri” in senso lato (basta guardare il dato di diffusione e attività dell’Auser, organizzazione di volontariato nata dallo Spi-Cgil e largamente costituita da persone anziane) e, nonostante tutto, dello stesso impegno politico. Del resto, scrive Anderlini, “lo Spi-Cgil è una possente infrastruttura democratica della società emiliano-romagnola”, a volte perfino ingombrante nelle dinamiche interne alla Cgil, ma essenziale per l’impegno costante che pone nel difendere e non disperdere i valori civili, sociali, po- litici legati al Lavoro, ai diritti, all’emancipazione dei più deboli. Una forza insieme “rivoluzionaria e conservatrice”, dice sempre Anderlini, con una definizione che credo corrisponda sostanzialmente alla realtà. In questi tempi di così forte distanza dalla politica, il nostro sindacato rappresenta una forza in controtendenza, ma non è così anche per le persone anziane attive in generale? Come sarebbe possibile diversamente, in una società così marcatamente dedicata all’affermazione individuale, all’ognuno per sé, dove tutto diventa uguale e non esistono più responsabilità chiare e si disperde il senso stesso di appartenenza ad una comunità solidale, come sarebbe possibile che siano proprio le persone anziane a rendere concreto ancora il valore della solidarietà e della cura? Certo ci sono circostanze che “obbligano” a questa funzione, ma gli uomini e le donne anziane il più delle volte sentono direttamente il “dovere” di essere utili, dare una mano, far vivere il principio stesso della solidarietà. Come sappiamo il lavoro di cura determina ricchezza e non solo di tipo sociale: una ricerca del 2010, quantificava in 2 punti di prodotto interno lordo (circa 18 miliardi di euro) il valore di quella attività, ma per chi la svolge volontariamente quel valore non esiste. Conta piuttosto la relazione, lo scambio e, perché no, “il sentirsi parte”. Lo Spi-Cgil ha in mani un patrimonio: memoria, esperienza, solidarietà, consapevolezza, voglia di esserci, saldezza demo- cratica, grande generosità. Un mix importante di valori, impreziosito dall’essere non più così popolari, ma determinanti per definire quello che è, quello che sarà la nostra società. Non saranno in molti a leggere “La società solidale”, ma chi lo farà avrà più chiaro tutto questo e sarà ancora più convinto del fatto che avere tanti anziani oggi nelle nostre città, nel Paese costituisce una opportunità e una risorsa grande, alla quale bisogna creare le condizioni per potersi esprimere, non gli ostacoli per rinchiuderla in un recinto generazionale, sprecando energìe fresche molto più delle singole età anagrafiche. Tutto ciò rimanda ancora una volta al ruolo dello Spi-Cgil che rappresenta la più grande organizzazione sociale di rappresentanza con i suoi poco meno di 3 milioni di iscritti. È fondamentale che la nostra categoria e, con essa, le persone anziane, continuino a essere un riferimento certo nel Paese, contro l’impoverimento civile e morale, prima ancora che economico, che lo ha avvolto nel ventennio berlusconiano. E dunque, in questa prospettiva, sono ancor più decisive le battaglie per una sanità universale, per la tutela dei non autosufficienti, per il contrasto alla povertà, ma anche per la legalità democratica a fianco di tanti ragazzi e ragazze nei campi di Libera, per una Scuola di valore, per i diritti di cittadinanza. Diritti universali che sta a noi rappresentare e, del resto, proprio questo è lo Spi-Cgil. Gennaio 2013 Argentovivo | pagine. Anziani e società Argentovivo | pagine. Anziani e società Le generazioni si danno una mano Le reti di aiuto informale in Emilia-Romagna sono indispensabili per la tenuta del sistema di welfare locale. Lo dimostra la ricerca dell’Ires sulla “società solidale” che spiega, tra l’altro, come gli anziani spesso restituiscano più aiuti di quelli che ricevono h Florinda Rinaldini Ricercatrice Ires ER L a ricerca “Gli aiuti informali e di cura dati e ricevuti dagli anziani e la solidarietà tra generazioni in Emilia-Romagna”, promossa dallo SPI Emilia-Romagna, è stata realizzata dall’Ires regionale e ha coinvolto, tra la popolazione regionale, un campione di persone mature e anziane (oltre 1.500 in età compresa tra 60 e 75 anni) e un campione di 1.000 giovani (25-39enni). At- Gennaio 2013 traverso un’indagine telefonica si è voluto indagare il contributo informale, non retribuito e di cura apportato dagli anziani e dai giovani di questa regione al “benessere sociale” generale. In particolare, è emerso chiaramente come gli intervistati prestino più aiuti di quanti ne ricevano rovesciando, potremmo dire, l’idea spesso consolidata – nell’opinione pubblica, nei media, nel- Argentovivo | pagine. Anziani e società le politiche pubbliche – di anziani esclusivamente bisognosi di cura e destinatari di assistenza, così come di giovani che ricevono parecchi aiuti informali da genitori, nonni e altri parenti senza però darne “in cambio” altrettanti. È significativo che quasi l’80% delle persone anziane e mature intervistate (soprattutto le donne, i “giovani anziani” e coloro che si trovano in buone condizioni di salute) abbia prestato uno o più aiuti informali e di cura, in modo particolare compagnia e accudimento di bambini, seguiti dall’aiuto domestico e da quello economico. E la compagnia è risultata essere anche l’aiuto, non solo dato ma pure quello più frequentemente ricevuto dagli anziani in regione, seguito dal sostegno per il disbrigo delle pratiche burocratiche. In ogni caso, la rete familiare e parentale si conferma il principale destinatario e fornitore di cura, assistenza e aiuti informali. Vi sono infatti tre tipi di aiuto (domestico; assistenza completa alla persona non autosufficiente; aiuto alla persona per fare il bagno, vestirsi, ecc.) che le persone anziane e mature ricevono anche da soggetti esterni alla famiglia (personale retribuito). I giovani intervistati che ricevono aiuti informali sono, nel contempo, anche dei soggetti “prestatori” di aiuto. In particolare, sono proprio la compagnia e il supporto nell’effettuazione di pratiche burocratiche i due aiuti maggiormente forniti dai giovani (quelli cioè, come si ricorderà, più frequentemente ricevuti dagli anziani), seguiti dagli aiuti domestici (spesa, pulizia della casa, ecc.). Le relazioni di aiuto avvengono soprattutto all’interno della famiglia, quindi soprattutto verso i genitori e i parenti più stretti. Come ci si poteva aspettare, diversi sono gli aiuti di cui i giovani hanno bisogno. Nel caso degli aiuti ricevuti dai giovani, chi ha una famiglia autonoma bene- ficia maggiormente dell’accudimento dei bambini e/o dei minori. Nel complesso, la ricerca ha confermato come le relazioni di aiuto e i legami di solidarietà intergenerazionale risultino, di fatto, in questa regione, ancora rilevanti, se non indispensabili per la tenuta del sistema di welfare locale. Le reti di aiuto informale rappresentano infatti un sostegno fondamentale per la protezione dei soggetti più vulnerabili, soprattutto in un momento come quello attuale di crisi globale o, per meglio dire, di grande trasformazione del sistema economico produttivo, così come del sistema di protezione sociale ai tempi della globalizzazione. Ma fino a quando le famiglie, sempre più sotto pressione, riusciranno a svolgere un ruolo importante nel promuovere la solidarietà intergenerazionale e le relazioni di aiuto informale, sopperendo alla carenza o assenza di servizi sociali e sociosanitari essenziali? Gennaio 2013 Argentovivo | pagine. Nome Speciale Rubrica 2012 Donne sull’orlo della solitudine Aiutare le anziane sole a combattere una fase particolarmente fragile della propria vita. È questo l’obiettivo di una ricerca (che è insieme un’opera di auto-informazione) messa insieme a Piacenza dai sindacati pensionati Cgil Cisl Uil e dall’assessorato alle politiche sociali N elle politiche sociali Piacenza, fino a qualche anno fa, era un po’ indietro rispetto al resto dell’EmiliaRomagna. Un gap che per fortuna è stato recuperato e anzi la città ha addirittura visto progetti di avanguardia e di eccellenza. Uno di questi si chiama “Le donne e il tempo” e ce lo racconta Clelia Raboni, infaticabile protagonista del volontariato piacentino. L’idea è quella di aiutare le donne che si trovano in uno staGennaio 2013 to di potenziale fragilità molto elevato (e del quale ci siamo occupati più volte su Argentovivo): ultra 75enni e sole. Una condizione (l’avanzare dell’età anagrafica e la solitudine) che le rende particolarmente a rischio di perdere la propria autonomia. Persone spesso ancora perfettamente autosufficienti ma che da un momento all’altro (magari per un evento esterno e casuale, come si è dimostrato nelle zone terremotate di Ferrara, Modena, Reggio e Bologna) potreb- bero cadere proprio nel limbo della non-autosufficienza. Persone che tra l’altro, proprio per questa invisibilità, sono spesso sconosciute agli stessi servizi sociali. Per questo è importantissimo il sostegno che il comune, nella persona di Giovanna Palladini, assessore alle politiche sociali e abitative, ha fornito allo sviluppo e alla realizzazione pratica del progetto, a cui hanno aderito anche i sindacati pensionati di Cisl e Uil (“Le cose fatte unitariamente, dice Clelia, sono quelle che riescono meglio”). Cercare e contattare le donne della quarta circoscrizione di Piacenza (come punto di partenza), stendere un questionario efficace, effettuare le interviste, elaborarle in uno studio che metta in luce i problemi e soprattutto gli interventi possibili. Un compito ambizioso per le forze del sindacato ma sicuramente una sfida molto appassionante. Fatta da donne per le donne, in un momento in cui la crisi è particolarmente avvertita nel complesso dell’altra “metà del cielo”. Il comune ha compiuto anzitutto la ricerca dei soggetti della ricerca (essendo anche l’unica istituzione con gli strumenti per farlo) e ne ha identificati 139. Con i propri tecnici e con i suggerimenti del sindacato ha approntato il questionario che poi in questi mesi verrà proposto dalle “intervistatrici”, cioè dalle volontarie dei sindacati pensionati di Piacenza. A metà ottobre era tutto pronto e si è presa la decisione di limitare il campione (per renderlo significativo) a circa la metà delle donne sole e con rete parentale ridotta che saranno quindi una settantina. In dicembre, una volta approntati gli strumenti, avvisate le persone da intervistare in modo da assicurare a loro e alle volontarie la totale sicurezza degli incontri, e con il coinvolgimento della stessa Usl, sono cominciati gli incontri. La prima tranche sarà composta di dodici interviste, anche per verificare che la modalità pensata per effettuarle sia efficace. La seconda parte sarà poi completata tra marzo e aprile, passata la stagione invernale, che per queste donne è particolarmente delicata (con il freddo, le giornate brevi e tutte le difficoltà della “brutta stagione”). A quel punto sarà sempre il comune a elaborare i questionari e insieme si valuteranno i dati, che diventeranno “patrimonio” del distretto socio-sanitario di Piacenza. Una ricerca che mette al centro il territorio e i bisogni reali delle persone, che sono tra i temi da sempre più cari al sindacato pensionati e che sono anche i valori su cui si fonda il suo radicamento. Alla fine la speranza è di riuscire a identificare con più chiarezza le criticità e quindi a utilizzare meglio gli strumenti. “Uno di questi potrebbe essere l’estensione del tele-soccorso, che sin da quando ho lavorato al pronto soccorso – dice Clelia – ha evitato situazioni spesso molto pericolose in cui anziani soli cadono in casa e rimangono ore senza essere aiutati. Oppure è ipotizzabile che emergano richieste maggiori di compagnia, soprattutto in alcuni periodi temporali”. È un tentativo, aggiunge Clelia, soprattutto di combattere la solitudine e l’emarginazione, che pure continuano ad esistere nella nostra civiltà evoluta e complessa. Attraverso le domande per esempio sui servizi utilizzati diventa poi una sorta di campagna di informazione nei confronti di queste donne che a volte non hanno percezione dei loro bisogni o delle possibilità che la rete dei servizi offre già. Le prime due interviste Clelia le ha appena fatte. In un caso ha “trovato” una donna vivacissima che va a ballare, gioca a burraco, esce la sera a cena, va in gita… L’altra invece è una signora che ha una buona rete parentale ed è ancora perfettamente lucida, però rimane spessissimo da sola in casa; quello che chiede è qualche “chiacchiera”, un po’ di socialità che sente di aver perduto. La buona vecchia Emilia-Romagna, insomma, che si cerca e trova se stessa anche nelle situazioni difficili. Gennaio 2013 Argentovivo | pagine. Anziani e società Argentovivo | pagine. Riforme e territorio Uniti ma non troppo Un referendum in Valsamoggia per unificare i cinque comuni restituisce luci e ombre delle riforme istituzionali così attuali in tutta Italia. E soprattutto può insegnare molto su come arrivare alla futura città metropolitana bolognese A novembre i cinque comuni della Valsamoggia hanno votato due referendum: per decidere l’unificazione in un comune unico e, in caso positivo, per decidere il nome da assegnare al nuovo comune. Un risultato che vede luci e ombre oltre quello che ci si aspettava perché due comuni hanno detto no all’unificazione e al voto ha partecipato un numero modesto di elettori. I referendum sono validi, ma certo non certificano in modo indiscutibile che la maggioranza dei cittadini sia d’accordo. In un momento in cui molto si parla di riforme istituzionali (non solo meno province ma anche accentramento e ottimizzazione dei servizi attraverso unioni dei comuni) abbiamo chiesto al segretario provinciale dello Spi-Cgil bolognese, Valentino Minarelli di spiegarci i punti essenziali della questione. Gennaio 2013 “Come Spi-Cgil e come sindacati unitari dei pensionati abbiamo espresso una valutazione positiva sul progetto di fusione dei cinque comuni della Valsamoggia. Per due ragioni: prima di tutto sono comuni con pochi abitanti, due addirittura al di sotto dei 5000 abitanti, e quindi ci muoviamo all’interno di norme che regolano la materia sia dell’Unione europea sia italiane in un processo di semplificazione e di qualificazione della pubblica amministrazione; in secondo luogo ci sono ragioni storiche che favoriscono un processo di unificazione dei comuni di quella vallata”. In tempi di “spending review” poi è difficile che comuni così piccoli abbiano bilanci adeguati alle esigenze della cittadinanza. Soprattutto in caso di emergenze. Un esempio su tutti: durante la grande nevicata dello scorso anno Riforme e territorio Provincia Romagna Se e quando si riuscirà finalmente a ridurre il numero delle province, una spiccherà su tutte le altre, la provincia Romagna. Perché più di altre, pur mettendo insieme, territori e storie diverse, ha una sua unità storica e culturale. Al segretario dello Spi di Ravenna, Giancarlo Bertozzi, abbiamo chiesto come lo Spi vede questa prospettiva di un’unica provincia romagnola. “Sul percorso avviato credo che non si possa che essere d’accordo. Purtroppo si è partiti in po’ male nel decreto del governo Monti. Perché si è partiti dal contenitore e non dai contenuti: si è parlato pochissimo dei ruoli e delle funzioni che dovranno avere le province, a chi verranno assegnate le competenze che non avranno più le province. Una discussione completamente aperta, è questo il vero problema. Soprattutto bisogna evitare il rischio che l’unificazione significhi meno servizi sul territorio. Un conto è la sede di governo e un conto sono i servizi”. Per quanto riguarda lo Spi non ci saranno conseguenze, dice Bertozzi: “Non abbiamo ragionato su un’organizzazione territoriale diversa da quella attuale. Oggi lo Spi ha una presenza molto capillare; per noi vale il discorso, sia per lo Spi che per le strutture pubbliche, che i servizi siano vicini al cittadino. Quindi tutti i ragionamenti dovranno valorizzare l’insediamento territoriale. Nella provincia di Ravenna abbiamo 18 leghe e 32 sedi e se si avvieranno processi di aggregazione non potranno prescindere da questa organizzazione capillare”. Gennaio 2013 Argentovivo | pagine. dopo 24 ore il comune di Savigno aveva già esaurito tutte le risorse a propria disposizione. “Non sarebbe stato in grado di affrontare un intero anno con un bilancio di questo genere”, dice Minarelli. Anche nella contrattazione in passato lo Spi ha posto l’esigenza della fusione tra comuni per garantire ai cittadini dell’intero territorio il mantenimento sia della quantità che della qualità dei servizi. Quindi in ottobre i sindacati dei pensionati hanno fatto una serie di iniziative sul territorio per spiegare le ragioni dell’unificazione. Cosa ci consegna quindi il voto? “È evidente che noi dobbiamo rispettare l’opinione espressa dalla maggioranza dei votanti. Però ci consegna anche dei problemi a partire dal fatto che a Savigno e a Bazzano è passato il no al referendum, per motivi di cui già avevamo avuto sentore durante gli incontri pubblici”. Non è un caso che a esprimere un giudizio negativo sia stato il comune più piccolo, Savigno, che teme di essere per così dire messo in minoranza nel nuovo assetto. E dall’altra parte invece il comune che dal punto di vista socio-economico è meglio strutturato e cioè Bazzano. A Bazzano c’è l’ospedale, un’attività commerciale intensa: è un comune che si sente più “nobile”, più auto-sufficiente rispetto agli altri. Due punti di vista apparentemente opposti, ma uniti dal timore di perdere la propria identità. “Due distinguo di cui tenere sicuramente conto quando si andrà a realizzare il progetto di unificazione”, dice ancora Minarelli. Tanto più, continua il segretario dello Spi bolognese, che incrociando i dati dei due referendum (quello sull’unione e quello sul nome) si capisce che c’è ancora un margine di possibile consenso. “Quindi bisogna riaprire con i cittadini una discussione su come andare avanti sull’unificazione della Valsamoggia. Ma il tema va anche oltre questi comuni e coinvolge la discussione sulla città metropolitana. Perché i problemi che ci sono stati rispetto alla Valsamoggia li troviamo in tutte le unioni dei comuni che riguardano la città metropolitana”. Il tema è quindi di far sì che i servizi al cittadino rimangano sul territorio, semplificando senza però impoverire il territorio, anzi rendendo le risposte dell’amministrazione pubblica più efficaci. “La decisione che la Regione è chiamata a prendere sull’unificazione dei comuni in Valsamoggia, riguarda in prospettiva la stessa città metropolitana bolognese che arriverà comunque nel 2014”, conclude Minarelli. LO strumento più utile per conoscere i tuoi diritti itti | dir iritti i vivviovoo| |ddirditirtitti o t n ArAgregregnentototvoivvivo | A Argen bre ottobre 2012 ttem / /9 se ettembre e/ottobre 2012 8 . n gna | | n.8/9 s settembr re/otatboobrarteo a m o : agnana | n.8/9 setteamnnbo coll umboerraoto ia-R ’Emil -Rom H ni ag 8/9 toconlla eneozrraoo:to il dedllell’Emilia -Rommagna | n. qaunenso acoLnolluram g b C ia a H il i m p -Cgil dell’E o:ni o rstoto glrim S z R ro e n e n e o b n u ra e ia a ll o o q RaH u ou bnizoton: i ’Emil a de Spi Cgil oaL cLnorllgcoalihriem neroa ueneranstto A cucrura dedlleollo Spi-pi-Cgil dell NRaoHqrbam a L u tsaLtou nathtin aarM agilizoni AA cura dello S M NRoiaorrnbqmeuretaM oLaBurgLcolirenigliia A cura obornebmaerta Dacitohtnaingi oir NR ietloM RM r li igliia ar alaaLBuDgaio gi bornerm ttnain GRMaoNir tlloaBarch glii a aobbirreniera llMa BDaiottnaig GRM i ie to GRaobbrer lla Dionig Gabrie nnnttiti:i::i: vveddimimeenentnittii e e m e m i meentot ssuuiipprprorooevm AAArrgrgrgogooom vvvvoveotedtodoi iment o t A nam o mmeennnttoor siulsuitteierprrrreoem m to r a oeepneteor iill ;terrremo nmo ppaegrnr aial;te aagaggggigoiiooiorornvnrenaeram tate g G g GoovverernRnronoom l o paaeggnnnaa; ; aaddootttttaattee l e l r u m ldddeaedleleElGlm s g o iGlioillaiviaa RRom a mi suurregenaaaddottate iniinn EEm mi ilia Rom sulllee moiism isauaarggrenengaiaioonnee;;; m in Em ameennttotoo ssuuiulllillaealeRm m o R o m iinnargeenggionee; s i n n r am eneentEEomiilliaoRtRoom oonnee Eem oom m iim t a aaaggggggiioiooiorrRnrnenagagm i in r gion e l o r i r m t m e E glllglaaa RReeeoggiodioeenllettteerrrremmooto in re l a a l d a l l e t d l dddasalelelgaguuuRiiittoo ddeell terr o aaa ssegguito overrnno a se ddeeelll GGG;ooovvveeerrnnoo à; o t e nnssiilliitttàà;; e ddeeecccrrrreeetteotoosododddeaaltttiGii;; m eensiliità; d egcli es oda ti; l simaaa m il m l m l sdssusuuugggllilii eessodauattttoorrdddiiiccceeessiiim mens a m s r q e a / o c i t i u biti/q at rd iinnndddeeebbbiiitttii//qquuattove. iinde l reve. l l nottiizziieee iiinnn bbbbrrreeevvee.. i n l nnnooottiizzie i l l ) ) oreit) ore)itore delliteiortereedlliteirteedlli ed ellneierte(B ep(B li op line (B lipnoeeprt(B n li o p p o ng, ripng,ring, ng, p h haitrih hah ha hari e: keite: kee: keit keith volumvolumolum me: etrdaattle daattle dalevdal volu tt a tr i zion zioni ioni tr i tratt Illustra IllustIlralustrazstrazion Illu to men to Argrgoommeennto AArgo ento m 012 Argo bre 2 012 2 /otto Scaricalo gratuitamente dal sito dello Spi-Cgil Emilia-Romagna www.spier.it 2 17.3 0/12 23/1 0/12 23/1 0/12 23/1 Le Pagine di Argentovivo sono realizzate da Socialmente Coordinamento redazionale: Marco Sotgiu 0/12 23/1 d 2.ind 1 201 dd bre_ 2.in 1 otto _201 d 2.ind bre_ttobre _201 dd 1 ttebmre_ob e re s g .in o m ti_sette re_ott 12 dir_itg b e_20 ntod_iritgtise ttem ottobr aergnetoir_itt i_ tembre_ et _d arg entodiritti_gs argnt o_ arge 1 Lo Spi-Cgil Emilia-Romagna è in via Marconi 69, 40122 – Bologna. 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