POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BRESCIA - ALLEGATO OPUSCOLI n. 1/2014 - anno XXXII Rivista di: RIPRODUZIONE E BUONE PRATICHE D’ALLEVAMENTO INSERTO Periodico dell’Unione Operatori di Fecondazione Artificiale Animale Figlia di AIRGON: Airgon Milla IT034990574862 Ferraroni Luca, Pilastrello (PR) Figlia di AIRGON: Ata IT019990917830 Groppelli Costante e Andrea, Bagnolo Cremasco (CR) Figlia di ZEBER: Giorgia IT019990881626 Mazzolari Massimo, Castelverde (CR) SCHEDA TECNICA Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura ATTUALITÀ I CORSI UOFAA U OFAA organizza in collaborazione con varie organizzazioni e in particolare con le Associazioni Provinciali Allevatori corsi in fecondazione artificiale, mascalcia, benessere animale (D.Legge 146/01 - Direttiva 98/58 CE), trasformazioni delle carni (norcineria), infortunistica (uso dell’azoto liquido), castrazione suinetti (d.l.53/2004), addetti alla manipolazione degli alimenti (D.Lgs,193/207 e legge R.L. n°12-ex libretto sanitario), autotrasporto degli animali (Regolamento CE 1/2005); - corsi di aggiornamento rivolti ad allevatori e/o tecnici che operano nel settore dell’allevamento bovino, suino, equino e caprino; - corsi di antinfortunistica per imprenditori e dipendenti D.Lgs. 81/2008. Abilitazione alla conduzione di trattori agricoli gommati. Corsi finanziati dalla Regione Lombardia con Decreto n. 12782 del 27/12/2013. Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura • Milano PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Pavia PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Brescia PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Sondrio PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Lodi PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Mantova PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Bergamo PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Cremona PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Como PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Lecco PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Varese PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina • Corso Sicurezza RSPP - PSR 111 a Pavia • Corso Sicurezza RSPP - PSR 111 a Lodi • Corso Sicurezza RSPP - PSR 111 a Milano Regione Veneto: le tariffe per gli interventi di FA iportiamo la delibera della Commissione Tecnica per la Zootecnia in Regione Veneto che stabilisce la tariffa da applicare nelle varie province di detta Regione per gli interventi di FA effettuate da operatori per conto terzi. Le tariffe ufficialmente adottate sono le uniche in Italia e possono, a nostro parere, essere prese da riferimento per tutti operatori. La tariffa di FA riguardante la specie bovina, per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2013 è riportata in tabella. R Nel 2014 le tariffe verranno solo aggiornate in base all’importo dell’inflazione Tariffe provincia operatore certificato CIF totale (allegato A) - Tariffa di fecondazione artificiale per la specie bovina. Periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2013. PROVINCIA Belluno zona A Belluno zona B Padova Rovigo Treviso Treviso Comunità montana Venezia Verona Verona Comunità montana Vicenza Vicenza Comunità montana OPERATORE 18,11 22,04 14,13 15,58 14,13 14,82 14,82 14,13 14,82 14,13 14,82 CERTIFICATO CIF ELABORAZIONE DATI 1,81 1,81 1,81 1,81 1,81 1,81 1,81 1,81 1,81 1,81 1,81 TOTALE 19,92 23,85 15,94 17,39 15,94 16,63 16,63 15,94 16,63 15,94 16,63 Costo seme non inclusa - La tariffa si intende al netto di IVA Direttore responsabile: Alfonso De Cicco Editore Le Point Vétérinaire Italie s.r.l. Edizioni Veterinarie Agrozootecniche Via Medardo Rosso, 11 - 20159 Milano Tel. 02 60 85 231 (8 linee) - Telefax 02 668 28 66 [email protected] - www.pointvet.it Proprietà Unione Operatori Fecondazione Artificiale Animale Presidente: Roberto Spelta Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012 n. 53/CSR e in attuazione del D.Lgs. 81/2008, durata di una giornata comprensiva delle verifiche intermedia e finale necessarie per conseguire l’abilitazione (solo per personale con almeno due anni di attività nel settore); - corso di gestione della vitellaia e assistenza al parto della bovina. Corsi per istituti scolastici e università a richiesta di partecipazione ai nostri corsi di FA da parte di studenti iscritti o a corsi di laurea delle Facoltà di Medicina Veterinaria e di Scienze Agrarie, o da parte di studenti di Istituti Tecnico Agrari è venuta, nel corso degli ultimi anni, ad ampliarsi in modo considerevole. Si è quindi verificata la possibilità di prevedere convenzioni con le Facoltà e Istituti stessi in modo da organizzare corsi che tenessero conto delle esigenze ed al contempo della preparazione scolastica degli allievi. In questa ottica sono stati previsti crediti formativi a quegli studenti che già abbiano positivamente frequentato corsi inerenti gli argomenti presenti nel programma di formazione per la F.A., dando invece maggior spazio alle ore di formazione pratica sugli animali, e nel contempo si è reso possibile contenere il costo di partecipazione al corso. Esperienze positive di questa collaborazione si sono registrate già negli anni scorsi, e altre sono in sviluppo attualmente, sia con Istituti scolastici quali l’ITAS di Codogno (PC), di Noverasco (MI), di Treviglio (BG) e San Michele all’Adige (TN) sia con Facoltà Universitarie quali quelle di Medicina Veterinaria di Milano e di Parma, o quelle di Scienze Agrarie di Milano e di Piacenza. L UOFAA Informa: il numero 2 sarà inviato per e-mail Il numero 2 della rivista UOFAA Informa sarà inviato per e-mail in formato PDF con la tecnica sfogliabile. Gli associati in regola con il pagamento della quota associativa e gli abbonati sono pregati di comunicarci il loro indirizzo e-mail. UOFAA informa • Anno XXXII • n. 1/2014 Reg. presso il Tribunale di Pavia con il n° 278 del 08-02-1983 Direzione, redazione tecnica e amministrazione UOFAA - Strada Prov. 195 Km 0+230 - 27010 - Inverno e Monteleone (PV) Tel.: +39 0382 48.31.33 - Fax: +39 0382 48.32.47 www.uofaa.it - e-mail: [email protected] Coordinamento redazionale Luca Acerbis - Tel. 02-60 85 23 27 - [email protected] Pubblicità: Riccardo Cini (responsabile) - Tel. 02-60 85 23 20 Tipografia: PINELLI PRINTING srl E’ possibile ricevere UOFAA Informa col pagamento delle spese di spedizione di Euro 15,00 da versare sul c/c n° 10191278 int.: UOFAA - Strada Prov. 195 Km 0+230 - 27010 - Inverno e Monteleone (PV) RICORDIAMO IL PAGAMENTO DELLA QUOTA ASSOCIATIVA (valida per un anno dal momento del pagamento) QUOTA “ “ ORDINARIA SOSTENITORE BENEMERITO € 25,00 € 35,00 € 50,00 Da versare sul c/c postale n° 10191278 intestato a: UOFAA - Strada Prov. 195 Km 0+230 27010 Inverno e Monteleone (PV). UOFAA informa - 1/2014 3 TITOLI E FACILITÀ PARTO cosapam PADRE DI TORI INTERNAZIONALE s0EDIGREEFUORILINEAn -ARIONX,YNCHX-ATTIE' s3PECIALISTAINPARTIFACILI s!LTITITOLIEOTTIMITRATTIGESTIONALI s&ORZAPRODUTTIVACONOTTIME MAMMELLE /COOCH%MERALD INFO ACCELGENCOM WWWACCELERATEDGENETICSNET WORLD WIDE SIRES, LTD. ® WWWWWSIRESCOMsINFO WWSIRESCOM 4ELs&AX $ISTRIBUITOIN)TALIADA CO.S.A.P.A.M. SOC. COOP. A R.L. 6IA&RATELLI2OSSI%TTOREED%RCOLE3ANTEN3ECUGNAGOs,ODIs4ELs&AXsEMAILINFO COSAPAMITsWWWCOSAPAMIT Product of the USA !NTHONY6IERRA%MERALD SCHEDA TECNICA Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura RICERCA IL PROGETTO EULAT: SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E BENESSERE ANIMALE IN LOMBARDIA a cura di Silvana Mattiello1, Luciana Bava2, Milena Brasca3 1 DIVET, Università degli Studi di Milano, 2 DISAA, Università degli Studi di Milano, 3 ISPA, CNR, Milano S ostenibilità ambientale e benessere animale negli allevamenti zootecnici sono da alcuni anni due delle principali tematiche che suscitano attenzione e preoccupazione da parte sia delle istituzioni, che dell’opinione pubblica. Per cercare di comprendere come realmente gli allevatori stiano operando su questi due fronti è stato condotto un lavoro di indagine in alcune stalle di bovine da latte, grazie a un progetto triennale finanziato dalla Regione Lombardia (progetto Eulat n. 1726). Il progetto è coordinato dall’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Milano, della Cooperativa Santangiolina, del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA) e del Servizio di Assistenza Tecnica agli Allevatori (SATA) dell’ARAL. L’obiettivo del progetto di ricerca è quello di caratterizzare dei modelli di aziende zootecniche rappresentative della realtà lombarda per quanto attiene la sostenibilità ambientale, il livello di benessere animale e le caratteristiche qualitative di latte e derivati, con particolare riferimento alla produzione di Grana Padano. Si è quindi operato in modo tale da distinguere le realtà produttive maggiormente virtuose e i prodotti con le migliori caratteristiche qualitative. Il percorso considera tutti i processi della filiera produttiva: la coltivazione delle essenze foraggere, la composizione della razione, la gestione della mandria in stalla e in sala di mungitura, lo spandimento dei liquami, la gestione del territorio, le modalità di stoccaggio e di vendita del latte crudo e la sua trasformazione. microbiologiche e chimiche. È stato inoltre valutato l’impatto ambientale delle aziende mediante la valutazione del Carbon Footprint con il metodo LCA e la valutazione del bilancio dell’azoto a livello aziendale. Le aziende sono state suddivise in tre gruppi in base alla collocazione geografica: - aziende di pianura appartenenti alla provincie di Lodi e Milano (10 aziende); - aziende collinari collocate nella provincia di Mantova (9 aziende); - aziende pedemontane delle provincie di Lecco, Como e Monza-Brianza (9 aziende). Risultati Foto 1 - Esempio di bovina che presenta la malformazione detta “spalle aperte”. Sono quindi state individuate 28 aziende di bovini conferenti di un’unica cooperativa di produttori. In ciascuna azienda sono state raccolte informazioni relative alla razione somministrata, alla composizione della mandria, al latte prodotto e alle modalità di coltivazione dei foraggi aziendali. Al fine di verificare il livello di benessere animale, sia durante la stagione estiva che durante quella invernale, sono stati effettuati alcuni rilievi volti alla stima delle condizioni corporee e sanitarie delle bovine, alla valutazione del rispetto dei fabbisogni etologici e alla misurazione della qualità del rapporto uomoanimale. Sono stati inoltre raccolti campioni di latte, che sono stati utilizzati per le analisi Le caratteristiche aziendali medie delle tre zone sono mostrate nella tabella 1. La superficie aziendale è mediamente inferiore nelle aziende situate in Provincia di Mantova rispetto alle altre Province. La tipologia dei sistemi foraggieri si è differenziata a seconda della zona, la superficie a mais da insilato (I e II raccolto) è risultata pari a 36,4±13,6 ha a Como-Lecco, 52,7±24,4 ha a Lodi e di 25,6±23,9 ha a Mantova. La pratica dell’avvicendamento silomais-loiessa è risultata diffusa soprattutto nel lodigiano. Differenze importanti si sono evidenziate anche per quanto riguarda il carico di bestiame: le aziende situate in provincia di Lodi sono risultate le più intensive. La tipologia stabulativa praticata nelle aziende di Lodi e di Como-Lecco è esclusivamente la stabulazione libera, mentre nelle stalle di Mantova la tipologia prevalente è la stabulazione fissa. Le aziende del mantovano sono caratterizzate da una maggior presenza di foraggi nella UOFAA informa - 1/2014 5 SCHEDA TECNICA RICERCA razione degli animali in lattazione. L’autosufficienza alimentare, espressa come percentuale della sostanza secca della razione prodotta in azienda, è risultata più elevata nelle aziende del mantovano, che sono solite acquistare pochi alimenti al di fuori dell’azienda. Le aziende più efficienti (l’efficienza è stata valutata come quantità di sostanza secca ingerita giornalmente dalle bovine sulla quantità di latte prodotto) sono risultate quelle di CO-LC e ciò è dovuto all’elevata produzione di latte registrata in queste aziende. Per valutare l’impatto ambientale delle aziende sono stati presi in considerazioni due parametri: il surplus di azoto e il Carbon footprint. Il surplus di azoto è stato calcolato come differenza tra input di azoto sotto forma di alimenti, lettiera, animali, fertilizzanti e output sotto forma di animali, alimenti, reflui e latte. Questo parametro dà un’indicazione di come le aziende siano in grado di gestire questo importante nutriente. Il valore più basso di input si è registrato nella provincia di Mantova, che indica la scarsa dipendenza dal mercato di queste aziende dovuta soprattutto all’elevata autosufficienza alimentare; l’output più elevato si è registrato nelle aziende di Lodi. Il surplus di azoto più basso si è avuto nelle aziende di Mantova, mentre il valore più elevato si è avuto nelle aziende di Lodi, che sono anche le aziende che acquistano di più dal mercato. La Carbon Footprint è stata calcolata mediante un approccio Life Cycle Assessment (LCA). La metodologia LCA valuta e quantifica gli impatti potenziali associati a un prodotto o un processo lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime fino allo smaltimento (“from cradle to grave”). Nel nostro caso il metodo ha considerato le emissioni di CO2 legate sia alla produzione e ai trasporti dei prodotti acquistati dall’azienda (alimenti, lettiera, fertilizzanti, pesticidi, animali, ecc.), che alle emissioni prodotte dall’azienda stessa (produzione degli alimenti, impianto di mungitura, ecc.). Il dato di CF viene espresso per kg di latte corretto per grasso e proteine (FPCM). In questo caso le aziende che si rivelate più virtuose sono state quelle di CO-LC e questo è dovuto alla loro migliore efficienza produttiva. 6 UOFAA informa - 1/2014 Per quanto riguarda il benessere animale, gia che, a sua volta, può causare un dimagrisono state osservate alcune differenze tra mento dell’animale (Fox et al., 1988;Young, Provincie relativamente ai parametri consi- 1975). derati; per taluni di questi parametri tali dif- Altro parametro che ha mostrato un peggioferenze si sono manifestate solo nella stagio- ramento durante il periodo invernale è la ne invernale, viceversa per altri parametri. presenza di animali con diarrea. In inverno Ad esempio, in estate le condizioni corporee questo sintomo si è manifestato con fredegli animali (misurate secondo uno pun- quenza maggiore in tutte le aree geografiche teggio BCS a tre livelli: troppo magra, nor- indagate, anche se tale variazione è risultata male, troppo grassa) sono risultate buone e statisticamente significativa (P < 0,05) solo tendenzialmente simili nelle tre aree geogra- per le aziende di Lodi (figura 2). L’aumento fiche; tuttavia, durante il periodo invernale dei casi di diarrea nei mesi invernali è prola percentuale di bovine troppo magre è babilmente dovuto al fatto che una bassa risultata statisticamente maggiore nelle aziende di CO-LC (P < 0,01; figura 1). In queste Provincie infatti sono state rilevate le temperature invernali medie più basse, con temperature massime che non hanno mai superato i 13° C, mentre nelle altre Province hanno ampiamente superato i 20° C. In queste zone collinari e pedemontane il clima è più freddo e rigido ed è noto che un periodo prolungato di freddo, piogge, neve e vento può causare Figura 1. Percentuale di bovine troppo magre nelle tre aree geoun aumento del consumo di ener- grafiche considerate nelle due stagioni di rilievo. Tabella 1. Descrizione del campione per zona. Aziende Superficie aziendale Superficie a medica Superficie a prato Superficie a mais da insilato Vacche totali Carico di bestiame Autosufficienza alimentare Produzione lattea giornaliera Produzione lattea Efficienza produttiva ha % tot % tot % tot UBA/ha % FPCM kg capo FPCM kg/ha SSI/kg latte Como-Lecco 9 Media dev.st 40.6 32.5 1.39 2.76 54.3 18.0 36.4 13.6 87.7 54.2 3.61 1.66 58.1 11.6 30.0 3.39 21928 11090 1.38 0.16 Lodi Mantova 10 9 Media dev.st Media dev.st 53.7 27.4 22.1 9.85 0.45 1.42 19.3 16.8 30.1 19.7 46.0 35.4 52.7 24.4 25.6 23.9 131 44.4 50.6 23.9 5.12 3.95 3.43 0.85 63.1 19.7 70.3 15.3 27.2 2.91 24.0 4.57 25099 16348 17166 5391 1.28 0.12 1.23 0.19 Tabella 2. La valutazione dell’impatto ambientale delle aziende. Aziende Input di azoto Output di azoto Surplus dell’azoto Carbon footprint kg/ha kg/ha kg/ha Kg CO2 eq./kg FPCM Como-Lecco 9 Media dev.st 731 295 134 74 597 228 1.163 0.149 Lodi Mantova 10 9 Media dev.st Media dev.st 978 746 540 189 174 138 128 51 804 614 411 163 1.283 0.127 1.292 0.198 SCHEDA TECNICA RICERCA della Provincia di Lodi. In questo affermato di effettuare il controllo e il paregsenso, l’elevato numero di anima- giamento degli unghioni una volta all’anno, li renderebbe più difficile per l’al- proprio durante il periodo invernale. In levatore riuscire a diagnosticare inverno quindi, grazie alle operazioni di tempestivamente disturbi podali, pareggiamento, i valori di Mantova si sono che a lungo andare possono por- riallineati con quelli delle altre Provincie tare alla comparsa di questa pro- (figura 4), dimostrando come un corretto blematica. Queste differenze management sia in grado di tamponare gli sono più marcate nel periodo nel effetti negativi derivanti da problemi strutperiodo estivo (P < 0,01), meno turali. in quello invernale. Infatti, in Un altro problema legato alla tipologia staFigura 2. Percentuale di bovine con diarrea nelle tre aree geo- inverno la frequenza di zoppie bulativa a posta fissa è la presenza di bovine nelle Provincie di Como-Lecco con spalle aperte (foto 1), che si è infatti grafiche considerate nelle due stagioni di rilievo. (dove sono presenti anche alcune manifestata con frequenze leggermente temperatura esterna può indurre ipotermia stalle di notevoli dimensioni) aumenta maggiori nella Provincia di Mantova, dove e può predisporre gli animali ad alcune rispetto al periodo estivo, seppure in modo quasi il 4% delle bovine ha presentato tale malattie enteriche, virali o batteriche (Fox et non significativo, e raggiunge al., 1988; Christopherson, 1985; Webster, livelli simili a quelli riscontrati 1971). Al di là dell’effetto stagionale, vale la nelle stalle di Lodi. Questo pena di segnalare che, sia in estate che in potrebbe essere dovuto al fatto inverno, la percentuale di bovine con diarrea che alcuni allevatori delle è risultata più elevata nelle stalle in provin- Provincie di Como-Lecco hanno cia di Lodi (figura 2), dove, come abbiamo affermato che, a causa del freddo visto, la razione prevede la somministrazione rigido e intenso dei mesi invernadi importanti quote di silomais e mangimi li, il tempo trascorso per curare e concentrati che, in assenza di una debita controllare le bovine è stato ridotintegrazione con una quota di fieno secco, to e ciò potrebbe aver reso più può portare allo sviluppo di questa sintoma- difficile diagnosticare in tempo alcuni disturbi podali, sfociati poi tologia (Calamari et al., 2007). La presenza di zoppie è risultata più elevata in zoppie. Figura 4. Percentuale di bovine con unghioni non conformi nelle nella Provincia di Lodi in entrambe le sta- La non corretta conformazione tre aree geografiche considerate nelle due stagioni di rilievo. gioni (figura 3). In linea con quanto ripor- degli unghioni si è rivelata una tato da Alban et al. (1996), questo risultato è delle problematiche più frequenti negli alle- malformazione fisica (presente solo nello probabilmente attribuibile all’elevata vamenti visitati. In estate, questo indicatore 0,4% e 0,3% delle bovine nelle provincie di dimensione aziendale riscontrata nelle stalle si è presentato con valori significativamente Lodi e Como-Lecco, rispettivamente). più elevati negli allevamenti di Per contro, in Provincia di Mantova è stato Mantova (P < 0,05), probabil- rilevato un miglior rapporto uomo-animale, mente in relazione alla tipologia indicato da una minor distanza di evitamenstabulativa prevalente, che in que- to delle bovine in risposta all’avvicinamento ste aziende, come abbiamo visto, è dello sperimentatore alla mangiatoia. rappresentata dalla posta fissa. Questo risultato conferma quanto già riporInfatti, l’assenza di movimento tato in precedenti studi, che evidenziavano caratteristica della stabulazione come il rapporto tra animale e uomo sia più fissa è causa di un mancato consu- stretto nelle stalle a stabulazione fissa dove, a mo degli unghioni, che può favo- causa della scarsa meccanizzazione e grazie rire l’incidenza di lesioni podali e anche alle minori dimensioni aziendali, l’alla non conformità degli unghioni. levatore si trova più direttamente in contatIn inverno, invece, non sono state to con gli animali e riesce quindi a instaurariscontrate differenze significative re un miglior rapporto con essi. tra Provincie, probabilmente gra- Per quanto riguarda gli altri parametri comFigura 3. Percentuale di bovine con zoppie nelle tre aree geo- zie al fatto che in Provincia di portamentali rilevati, le principali problemagrafiche considerate nelle due stagioni di rilievo. Mantova alcuni allevatori hanno tiche riscontrate sono quelle relative alla 8 UOFAA informa - 1/2014 SCHEDA TECNICA RICERCA che si è verificata nel 10,7% dei movimenti di transizione osservati. Relativamente a questi indicatori, non si sono registrate differenze significative tra aree geografiche. La presenza di lesioni e tumefazioni è stata riscontrata con frequenze basse e simili tra aree geografiche, ma con manifestazioni che in alcuni casi risultavano decisamente evidenti e piuttosto gravi (foto 2 e 3). Foto 2 - Presenza di una lesione marcata su un arto posteriore. postura di decubito, che è risultato non corretto (con la parte posteriore dell’animale sporgente dal margine dell’area di riposo o comunque con evidenti segni di compressione o disagio a carico del treno posteriore e della mammella) nel 13,6% degli animali osservati, e alla collisione con le strutture durante i movimenti di alzata/coricamento, Foto 3 - Presenza di un’evidente tumefazione su un arto posteriore. Conclusioni I risultati preliminari di questo progetto indicano che i fattori che possono influenzare il livello di sostenibilità ambientale e di benessere animale sono vari e vanno dalle condizioni stabulative e di management a quelle ambientali. Al momento, nelle situazioni considerate, non sembra possibile identificare una situazione “ideale”, in quanto in ogni situazione sono stati individuati sia dei fattori limitanti, che dei punti di forza. Tuttavia, possiamo affermare che nella zona di Como-Lecco sono state individuate le situazioni mediamente più virtuose, anche se la collocazione geografica collinare/pedemontana ha portato a un peggioramento del livello di benessere nella stagione invernale. • BIOSICUREZZA NELL’ALLEVAMENTO DELLA BOVINA DA LATTE STRATEGIA A DIFESA DELLA MANDRIA E DELLA SUA PRODUZIONE AUTORE: SPELTA CHIARA, MEDICO VETERINARIO a biosicurezza è lo strumento più efficace e allo stesso tempo più economico per il controllo delle malattie, soprattutto se si considera che ridurre l’ingresso di un patogeno in azienda significa innanzitutto non compromettere la produttività, limitare il tempo impiegato a trattare gli animali, ridurre le spese veterinarie e per i farmaci. La biosicurezza è una valida strategia che non richiede investimento di capitali, ma solo una gestione più consapevole da parte dell’allevatore, che è responsabile della salute dei propri animali e della sicurezza alimentare del latte che produce in azienda. Con quest’opuscolo si vogliono offrire, all’allevatore e ai suoi collaboratori, spunti di riflessione per affrontare, insieme al veterinario, i punti critici gestionali dell’azienda e confermare le iniziative già messe in atto per ridurre l’ingresso e la diffusione delle patologie nella mandria. Gli argomenti trattati nella pubblicazione sono: - quando e come si sviluppa e diffonde un patogeno; - come si difende la bovina; - l’importanza di riconoscere tempestivamente i primi segni di malattia; - le basi della biosicurezza: aumentare la resistenza della bovina; ridurre l’esposizione degli animali ai patogeni tramite isolamento dei soggetti malati e di quelli di nuova introduzione; controllo degli accessi in azienda; controllo d’insetti, roditori e uccelli; miglioramento delle condizioni igieniche; - biosicurezza nella prevenzione delle mastiti; - biosicurezza nelle pratiche di fecondazione artificiale e nella gestione della monta naturale; - biosicurezza in sala parto e nelle prime cure al vitello; - biosicurezza e salute del personale che lavora in allevamento. L L’opuscolo è stato realizzato nell’ambito di un progetto di divulgazione previsto dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia Misura 111B della Provincia di Cremona e sono disponibili in formato cartaceo presso la sede UOFAA o scaricabili on line dal nuovo sito www.uofaa.it UOFAA informa - 1/2014 9 SCHEDA TECNICA GENETICA Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura PRODUCTIVE LIFE (PL): LONGEVITÀ… MA NON SOLO! a cura di Nate Zwald US Sales manager, collaborazione Alta U tilizzare l’indice PL nella scelta dei tori non solo porta ad avere animali che durano di più in allevamento, ma anche ad avere animali più efficienti, con minori problemi metabolici e riproduttivi. Verrà qui mostrato, con reali dati di campo, quanto sia importante porre attenzione anche a questo carattere quando si definisce un piano di miglioramento genetico di un allevamento. In un ipotetico mondo ideale degli allevatori, la regola dovrebbe essere che tutte le vacche producono in maniera efficiente grandi quantità di latte per diverse lattazioni, senza problemi di transizione, né problemi metabolici o all’apparato mammario, oppure traumi che portino a una loro anticipata riforma. In altre parole, l’ideale sarebbe avere una stalla fatta solo di “vacche dai 4 eventi”: parto, fecondazione, diagnosi di gravidanza positiva, messa in asciutta. Il management e l’ambiente hanno sicuramente un grande impatto sulla lunghezza della vita produttiva di una vacca e sui motivi per i quali le vacche lasciano l’allevamento (cause riproduttive, bassa produzione, mastiti e zoppie), ma, indipendentemente da quale sia la causa, alcune vacche escono e altre invece restano in stalla. Bisogna quindi porsi la domanda se sia possibile utilizzare gli indici genetici non solo per prevedere quale vacca lascerà l’allevamento e quando questo succederà, ma anche quale vacca sarà la più sana e la più efficiente da un punto di vista produttivo. In questo interessante articolo Nate Zwald di Alta mostra con reali dati di campo quanto sia importante porre attenzione sempre più all’indice Productive Life (PL) nella scelta dei tori, quando si definisce un piano di miglioramento genetico di un allevamento. vità) è disponibile in USA dal 1994. Da allora, successivi studi e aggiustamenti hanno aumentato l’accuratezza di questo carattere. Produttive life (PL): cos’è? L’indice Productive life (PL – vita produttiva o longe- 10 UOFAA informa - 1/2014 Tabella. Incidenza della PL sulle diverse cause di rimonta. L’indice attuale ci dice quanti mesi in più (o in meno) una vacca potrà rimanere in stalla rispetto alle sue contemporanee. Siccome non disponiamo dell’esatto valore di longevità per ogni singola vacca fino a quando questa non avrà lasciato l’allevamento, per avere una precoce e affidabile stima della PL si utilizzano altri caratteri quali: DPR (Daughter pregancy rate – fertilità delle figlie), DCE SCHEDA TECNICA GENETICA ro, tutte le vacche sono state suddivise in quattro gruppi in base al loro indice genetico per PL. Il gruppo con la più alta PL aveva un indice medio di 2,2 PL, mentre il gruppo peggiore aveva un indice medio di -0,7 PL. Come si evidenzia nella tabella 1, un numero significativamente inferiore di bovine nel gruppo ad alto indice PL è andato incontro a problemi del post-partum, ma anche di aborti, zoppie e mastiti, anche se era il gruppo più numeroso. Conclusioni Cosa significa nella realtà usare bassa o alta PL. (Daughter calving ease - facilità al parto delle figlie), SCS (indice cellule somatiche), caratteri produttivi e UC (l’indice composto mammario). Attualmente, il termine “Productive life” viene associato all’idea di avere in stalla vacche più vecchie, più longeve. Molti allevatori riconoscono però che non sempre le vacche vecchie sono quelle che danno il maggior reddito in allevamento, specialmente quando il mercato valuta le belle vacche da riforma non molto meno rispetto al costo di una nuova manza. Inoltre, riformare le vacche vecchie può essere un’opportunità per migliorare l’allevamento, poiché le vacche sopra la media difficilmente sono quelle che vengono riformate. Infatti, selezionare per PL non significa solamente avere più vacche vecchie; ci aiuta anche a stimare quali sono le vacche più facili da gestire: appunto la “vacca dei 4 eventi”. Dati reali Se guardiamo i dati reali degli allevamenti, risulta evidente come la PL sia un’affidabile indicazione della capacità di una bovina di rimanere in produzione. Un’analisi condotta negli allevamenti USA ha fornito utili indicazioni per capire se l’indice PL (dato genetico) avesse un reale riscontro con la longevità degli animali in allevamento (dati 12 UOFAA informa - 1/2014 fenotipici). In questo studio le figlie dei primi 10 tori per PL, che hanno una media di 6.2 PL, sono state raggruppate e confrontate con il gruppo delle figlie dei 10 tori peggiori a PL (media -4,3). Nella figura 1 viene riportato il risultato del confronto fra i due gruppi di figlie alla metà e alla fine delle prime 4 lattazioni. Dal grafico è evidente che gli allevatori che avevano utilizzato i tori più alti per Productive life avevano bisogno del 18% in meno di rimonta, rispetto a quelli che avevano invece utilizzato tori con bassa PL. Ci sono molti fattori in ogni allevamento che sono indicativi della possibilità di rimanere più o meno a lungo in stalla. Si è visto che problemi del post-partum, come la ritenzione di placenta, la chetosi, la dislocazione dell’abomaso, ma anche le mastiti e le zoppie, sono correlati alla vita produttiva. Questi eventi non hanno solo un impatto sulla longevità in generale, ma ne hanno anche uno diretto sui costi di gestione per i trattamenti farmacologici e la mancata produzione di latte. La domanda che ci si deve porre quindi non è solamente se il carattere PL serva ad avere vacche più longeve, ma anche se esso porta anche a selezionare vacche più sane e più produttive durante la loro permanenza in stalla. In uno studio condotto in un allevamento di 2.000 vacche per un anno inte- La correlazione tra la PL e la salute degli animali in allevamento è più che evidente! Anche se questi eventi non hanno un impatto diretto sull’indice PL dei tori, è chiaro che un’alta PL porta ad avere vacche più sane – la vacca dei 4 eventi – più efficienti e che richiedono meno interventi e minori costi. Anche se la PL non è certamente l’unico dei caratteri da considerare, quando in un allevamento si definisce un programma di selezione, determinando quindi quanta importanza dare a ciascun carattere, ci sono alcune cose da tenere bene a mente: • alti indici di PL portano, in maniera evidente, ad avere vacche che rimangono più a lungo in allevamento e quindi ad avere minore necessità di rimonta; • una più alta PL ha una diretta e alta correlazione con una minore incidenza di problemi nel post-partum, di zoppie e di mastiti, e quindi un grande beneficio in termini di maggiore produzione e minori costi; • anche se non possiamo prevedere in che direzione andrà il valore degli animali da riformare e quelli da rimonta fra 4/5 anni, le vacche che saranno in produzione allora dipendono dalle odierne decisioni selettive e quindi siamo nella condizione di poter decidere per una maggiore o minore riforma “volontaria” delle nostre vacche; • prendere in considerazione il carattere PL nella definizione del piano di miglioramento genetico significa avere vacche più longeve e una maggiore efficienza produttiva della mandria. • UOFAA INFORMA Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura a cura di Delia Pertici Tipica curva di lattazione. prod. latte/giorno SCELTO (E TRADOTTO) PER VOI RASSEGNA periodo di guadagno periodo in pareggio perdita periodo asciutta parto giorni in latte bordo box cieco LE CONDIZIONI DELL’AREA PARTO INFLUISCONO SUL COMPORTAMENTO, IL METABOLISMO E LA PRODUZIONE na gestione sbagliata della zona parto può essere causa di stress, può interrompere lo svolgersi del travaglio e può compromettere il benessere e la performance delle vacche. Modificare le attuali zone parto aggiungendo un’area dove la vacca può stare da sola, potrebbe dare alla vacca la possibilità di isolarsi dopo il parto ed anche impedire che il processo del parto venga interrotto, poiché le vacche non sarebbero più spostate in un luogo poco familiare. Tra gli obiettivi di una buona gestione dell’area parto dovrebbero esserci quelli di: • promuovere il comfort dell’animale e un ambiente poco stressante; • ridurre al minimo i rischi per la salute della vacca e del vitello; • offrire ai dipendenti un ambiente adatto per lavorare con la vacca e il vitello; • fornire alla vacca l’opportunità di isolarsi. I ricercatori del Miner Institute hanno di recente indagato sugli effetti che l’ambiente della zona parto ha sulle primipare prima del parto e durante i primi 21 giorni di lattazione. Lo studio aveva lo scopo di determinare l’effetto della gestione della zona parto sul comportamento della bovina, sui metaboliti del sangue e sulla produzione di latte in manze Holstein durante i primi 21 giorni in latte. Per questo, durante i 21 giorni prima del parto, 54 manze sono state alloggiate in una stalla con lettiera permanente cui era stato aggiunto un box cieco di 4,6 - 4 m (vedi figura). Dopodiché, in prossimità del parto, alcune sono state spostate in un box singolo (IND; n = 24), ed altre (GRP; n = 30) sono state lascia- U auto catturanti te sulla lettiera in abbeveratoi gruppo. Dopo il parto, le manze sono state alloggiate in box singolo box singolo cuccette, alimentate con unifeed e munte lettiera permanente tre volte al giorno. Il momento del parto, il box singolo box cieco tempo passato in piedi e il tempo passato a ruminare sono stati monitorati usando l’osservazione visiva, insieme a video-ripre- dere decisioni di gestione atte a ridurre al se e vari altri sistemi di raccolta dati. È stata minimo situazioni che possano ritardare il noranche monitorata la difficoltà di parto, cui è male progredire del travaglio e la ripresa della stato assegnato un punteggio da 1 a 5, dove 1 ruminazione dopo il parto. Questi dati sono corrispondeva ad un parto facile e 5 ad un stati riferiti durante l’incontro annuale 2013 parto difficile. Le manze IND sono state nel della American Dairy Science Association. box singolo per 89 ± 10 minuti prima del parto. Il travaglio è durato 98 e 124 minuti QUANTO COSTA rispettivamente per le manze GRP e le manze LA RIPRODUZIONE? IND. Il peso del vitello alla nascita (38,0 ± 1,1 i sono molti modi per misurare il costo kg) e il punteggio della difficoltà di parto (1.7 della riproduzione, sia dal punto di vista ± 0.2) non sono stati influenzati dal trattamento (P > 0.10). Durante le due ore prima del positivo che negativo della performance. Per parto, il trattamento non ha influenzato il esempio, per stabilire il successo economico di tempo passato in piedi o a ruminare (10 ± 2 un programma riproduttivo si fa riferimento al min), e durante le 12 ore successive al parto il valore in dollari di una gravidanza. I valori trattamento non ha influenzato il tempo in esatti variano da azienda d’azienda e da studio piedi, ma le manze in gruppo (GRP) tenden- a studio..., ma secondo il Manuale sulla zialmente hanno passato più tempo a rumina- Riproduzione della Università del Missouri re. Durante i primi 21 giorni lattazione, il trat- del 2009, il valore di una gravidanza si considetamento non ha influenzato il tempo in piedi ra attorno ai $200- $ 500 (1 , e ogni punto pero la produzione di latte (30.7 ± 1.3 kg/d). Il centuale di aumento del tasso di gravidanza è tempo di ruminazione giornaliera è risultato stimato essere attorno ai $ 35 per vacca (2, maggiore nelle manze GRP rispetto alle mentre un aumento nei giorni vuoti (cioè l’inmanze IND. L’area separata è stata usata dal dicazione di una performance negativa) si può 40% delle manze GRP al momento del parto stimare attorno a $ 0,50 e $ 4,50 al giorno,(2 il e questo può indicare un desiderio di isola- che ha un impatto notevole sulla redditività mento al parto. I ricercatori hanno concluso dell’azienda da latte. che in prossimità del parto, si dovrebbero pren- È emerso però anche un terzo e più onni- C UOFAA informa - 1/2014 13 UOFAA INFORMA RASSEGNA L’INTEGRAZIONE CON OLIGOELEMENTI FAVORISCE LA SALUTE DELL’UTERO Diversi patogeni che si trovano nell’apparato riproduttivo hanno un impatto sulla salute dell’utero e sulla performance riproduttiva, ma i normali livelli di microrganismi presenti nell’utero e la diversità di questi batteri non sono ancora ben compresi. Questo quanto ha spiegato il dottor Rodrigo Carvalho Bicalho, veterinario presso la Cornell University, durante l’incontro annuale del Dairy Cattle Reproduction Council, facendo riferimento a uno studio recente che ha confermato: • che un’integrazione sistematica con oligoelementi ha avuto un impatto sul profilo dei microrganismi in utero, diminuendo l’incidenza di alcuni patogeni; • l’importanza di diversi batteri conosciuti presenti nell’apparato riproduttivo; • che è importante ottenere ulteriori informazioni sui batteri chiave che influiscono sulla salute dell’utero e sulla performance riproduttiva. comprensivo aspetto da considerare: l’impatto della performance riproduttiva sulla produzione di latte. Dal punto di vista dell’intera lattazione Pochi potrebbero contestare il fatto che la riproduzione influisce sulla produzione di latte, ma le due discipline non sono sempre considerate in tandem, soprattutto quando si discute il costo della performance riproduttiva; eppure, uno dei principali fattori che determina la redditività dell’azienda è il quantitativo di latte venduto per vacca per giorno di vita. (3 L’età al primo parto e la percentuale di tempo che la vacca passa al picco della lattazione, o la prima parte della sua curva di lattazione, sono i due fattori che più influenzano la produzione totale di latte. Il picco di produzione si verifica da 5 a 10 settimane dopo il parto, e un alto livello di produzione viene mantenuto per diversi mesi, come si vede in Figura 1. Parlando in generale, circa metà della produzione di una vacca durante la lattazione si verifica nei primi 120 giorni di lattazione, ed è in questo caso che genera il maggior profitto. Durante lo stadio successivo della lattazione, il costo di produzione di latte è uguale al guadagno, e alla fine della lattazione i guadagni e i costi si invertono, cioè si è in perdita. Miglior riproduzione significa più latte e più soldi Considerando questa tendenza, è facile vedere che se una vacca ha un maggior numero di periodi in cui è al picco di lattazione, diventa più redditizia, quindi anche l’azienda lo sarà. E il numero di periodi al picco di lattazione è determinato dal successo riproduttivo; inversa- Obiettivi per valutare la performance riproduttiva dell’allevamento MISURA Interparto Media giorni al primo calore osservato Percentuale di vacche osservate in calore dopo 60 giorni di lattazione Media giorni vuoti alla prima fecondazione Media giorni vuoti al concepimento Interventi per concepimento Tasso concepimento alla prima fecondazione-manze Tasso concepimento vacche in lattazione Percentuale intervalli fecondativi tra 18 - 24 giorni Percentuale vacche vuote oltre 120 giorni Lunghezza periodo asciutta Età media al primo parto Età media al primo intervento Percentuale di vacche gravide )3 fecondazioni Percentuale vacche gravide alla diagnosi Tasso aborti Tasso riforma per infertilità 14 UOFAA informa - 1/2014 OBIETTIVO 365 - 380 giorni <40 giorni >90% 50 - 60 giorni 85 - 100 giorni 1.5 - 1.7 65 - 70% 55 - 60% >85% <10% 45 - 60 giorni 24 mesi 15 mesi 90% 80 - 85% <5% <10% mente, una scadente performance riproduttiva influisce negativamente sui periodi di produzione al picco, il che influisce negativamente sul successo finanziario globale dell’azienda. Cattiva riproduzione inoltre tende a significare intervalli di parto più lunghi, un altro costo riproduttivo che non viene sempre considerato, questo perché una vacca che è lenta a ingravidarsi di nuovo (sia che questo sia dovuto a un problema di salute o a problemi di gestione) passa più tempo nella fase della lattazione in parità o in perdita, e non ritorna al picco come dovrebbe. L’enfasi a ridurre gli intervalli di parto diventa maggiore man mano che le vacche diventano più vecchie. Per ogni vacca, esiste un momento ottimale per rimanere gravida, che è soprattutto influenzato dal livello di produzione, persistenza della lattazione e numero di lattazione. In generale, quando la produzione diminuisce, il numero della lattazione aumenta e la persistenza della lattazione diminuisce, le vacche dovrebbero essere fecondate prima dopo il parto e la gravidanza raggiunta prima nella lattazione. Fissatevi degli obiettivi di miglioramento Per aiutarvi a mantenere sulla giusta strada la performance riproduttiva delle vostre vacche, usate come punto di partenza i seguenti obiettivi. In generale, quasi sempre è l’attenzione ai dettagli e non necessariamente un grosso investimento di capitale che contribuisce al successo riproduttivo e assicura maggior reddito. • Fonte: Dairy Council Reproduction Council, agosto 2013. Riferimenti: 1 University of Missouri Extension. 2009 Dairy Cattle Reproduction Manual. Available at: http://dairy.missouri.edu/reproduction/. Accessed on August 2, 2013. 2 Hennip G. Improving Heat Detection Rates and Pregnancy Rates in Repeat Breeders. Penn State University Extension. Available at: http://extension.psu.edu/animals/dairy/news/2013/improvingheat-detection-rates-and-pregnancy-rates-in-repeat-breeders. Accessed - August 16, 2013. 3 Heersche Jr., G. The Importance of Good Reproductive Performance. University of Kentucky Cooperative Extension Service. 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Negli allevamenti in cui la mastite contagiosa è stata praticamente eliminata e che presentano bassi conteggi cellulari nel serbatoio, il 20-40% degli episodi di mastite clinica è provocato da coliformi. Escherichia coli, Klebsiella spp. e, in misura minore, Enterobacter spp. sono gli agenti più comuni che vengono isolati in caso di episodi clinici di questo tipo. La presentazione dei sintomi clinici e i costi da essi derivanti (latte scartato, costi dei trattamenti, sostituzione dovuta alla morte o alla soppressione dell’animale ecc.) sono molto variabili e dipendono principalmente da fattori correlati all’animale, piuttosto che dalla patogenicità del ceppo coinvolto. Nel presente articolo discuteremo dei fattori predisponenti e delle misure preventive per combattere tale patologia. Patogenesi Escherichia coli e la maggior parte dei batteri Gram-negativi possiedono, nella membrana cellulare esterna, una molecola caratteristica e fondamentale denominata lipopolisaccaride (LPS). L’LPS è il principale fattore di patogenicità del batterio, in quanto provoca i sintomi tipici della mastite da coliformi iperacuta. L’iniezione intramammaria sperimentale di LPS in animali sani induce gli stessi sintomi, è dipendente dalla dose e, se quest’ultima è elevata, provoca la morte dell’animale. Il batterio entra solamente attraverso il canale del capezzolo, si moltiplica rapidamente nella cisterna mammaria e, durante il processo di moltiplicazione e lisi, la tossicità dell’LPS combinata ad una potente induzione delle citochine infiammatorie provoca nelle vacche s intom i generalm ente acuti che, una volta seguito il pro- prio decorso, causano una quasi totale p erdita di produzione lattea, nonché un’acuta infiammazione del quarto interessato e, spesso, perdita di appetito, febbre, apatia, shock e talvolta m orte. A seconda dello stato immunitario della bovina, la presentazione può essere meno acuta. Meno frequentem ente può verificarsi anche un’infezione cronica con episodi recidivanti. La condizione del sistema immunitario della bovina è fondamentale per limitare la rapida diffusione di E. coli nella mammella e ridurre l’azione tossica dell’LPS. I neutrofili svolgono un ruolo essenziale nel combattere le infezioni intramammarie, in quanto responsabili del sequestro, della soppressione e dell’eliminazione dell’agente patogeno. Alla loro azione contribuiscono anche gli anticorpi opsonizzanti, in particolare le IgG2 e le citochine pro-infiammatorie, che provocano l’afflusso massiccio dei neutrofili dai capillari della mammella alla cisterna. La rapida mobilitazione dei neutrofili nella mammella è fondamentale ai fini della riduzione degli effetti dei sintomi clinici. Fattori Predisponenti La maggior parte delle infezioni intramammarie da coliformi si verifica nelle prime due settimane del periodo di asciutta e, soprattutto, nel periparto. Inoltre, quasi la metà dei casi clinici di mastite che si verificano entro i primi 100 giorni nel latte ha origine proprio in questi due periodi. Pur non essendo limitata esclusivamente al periodo postparto, in un’alta percentuale di casi la presentazione della mastite colibacillare iperacuta o acuta avviene proprio in questa fase. Le infezioni intramammarie da coliformi in fase di lattazione avanzata provocano casi di entità da lieve a moderata, che il sistema immunitario dell’animale è in grado di risolvere, passando spesso inosservati. L’inizio del periodo di asciutta è una fase a rischio a causa di: - a um ento della pressione all’interno della m am m ella che, a volte, provoca perdita di latte; le siringhe per i trattamenti antibiotici utilizzate durante l’asciutta lasciano aperto lo sfintere, consentendo l’ingresso dei batteri; - proliferazione batterica sulla cute del capezzolo, conseguente alla sospensione della mungitura e alle pratiche di disinfezione pre- e post-mungitura (pre- e post-dipping); ritardo nella form azione del tappo di cheratina. In alcuni casi sono necessari giorni o settimane affinché il canale del capezzolo si chiuda; - scarse misure igieniche durante l’applicazione di cannule intramammarie, con possibilità di provocare infezioni intramammarie. Anche il periparto è una fase a rischio, dato che il sistema immunitario risulta compromesso per l’azione di diversi fattori: • Il parto è un evento s tressante per le vacche. I livelli plasmatici di cortisolo subiscono un elevato aumento fisiologico, necessario a indurre il parto e la colostrogenesi. Il cortisolo inibisce la risposta infiammatoria e compromette l’azione dei neutrofili. • B ilancio energetico negativo (BEN). Esistono diversi studi che pongono il BEN in correlazione con le patologie postparto. La maggiore energia necessaria nel postparto, combinata a una ridotta capacità di assumerne, determina la mobilizzazione delle riserve di grasso che, dopo la metabolizzazione nel fegato, possono provocare chetosi. I corpi chetonici compromettono la capacità di migrazione e reclutamento dei neutrofili nella mammella, nonché la fagocitosi, l’ossidazione e la distruzione ad opera di tali cellule. • S tress. I fattori di stress come il calore, lo stress metabolico, la competizione, il trasporto, UOFAA informa - 1/2014 15 SCHEDA TECNICA SANITÀ ecc. inducono la secrezione di cortisolo e provocano immunosoppressione. Lo stress è un circolo vizioso nel post-parto. Se in condizioni di stress, le vacche mangiano di meno, prolungando o accentuando il BEN e facendo aumentare l’immunosoppressione. Altri fattori La perdita di latte è il risultato dell’aumento della pressione intramammaria alla fine del periodo di asciutta. Lo sfintere è aperto e consente l’ingresso di agenti patogeni. La maggior parte degli a ntibiotici somministrati mediante cannule alla messa in asciutta non garantiscono una copertura per l’intero periodo, soprattutto se è della durata standard di 60 giorni. La maggior parte dei prodotti sul mercato, inoltre, esercita un’azione limitata contro i batteri Gram-negativi. La mungitura post-parto è spesso difficile a causa di edemi della mammella e f acilita l’ingresso di aria, e quindi di patogeni, all’interno della cisterna m am m aria Trattamento Il trattamento deve essere incentrato sull’animale e non sul batterio. E. coli si moltiplica rapidamente all’interno della mammella, raggiungendo le concentrazioni massime in meno di 12 ore (Erksine et al., 1989). Il riconoscimento dei segni clinici della mastite colibacillare avviene in genere dopo il raggiungimento della concentrazione batterica massima nella mammella, il che mette in discussione l’adeguatezza del trattamento della mastite colibacillare con antibiotici. Esistono inoltre numerosi studi che dimostrano la scarsa efficacia della terapia antibiotica contro la mastite da Gram-negativi. Ci concentrerem o pertanto sul trattam ento sintom atico. 1. Soluzione salina ipertonica ev. Le vacche devono avere libero accesso ad acqua dolce pulita. 2. FANS per il controllo della febbre e dell’infiammazione. 3. Calcio, ferro e vitamine A, D ed E per migliorare la funzionalità dei neutrofili. 4. Mungitura e ossitocina frequenti. Il dolore e l’infiammazione inibiscono la fuoriuscita del latte. L’ossitocina aiuta a svuotare la mammella, consentendo l’eliminazione di un maggior 16 UOFAA informa - 1/2014 numero di batteri. 5. Somministrazione per via parenterale di antibiotici attivi contro i batteri Gram-negativi (misura preventiva contro la sepsi e non per il trattamento dell’infezione). Prevenzione Vista la scarsa efficacia delle terapie contro la mastite colibacillare iperacuta, la prevenzione è il miglior trattamento possibile. Conoscendo i periodi maggiormente a rischio e i fattori predisponenti, le strategie di prevenzione sono essenzialmente basate su due approcci: 1. Riduzione dell’esposizione della punta del capezzolo ai batteri presenti nell’ambiente. • Massim a igiene nelle aree di riposo delle vacche, soprattutto nei recinti per l’asciutta nel pre- e post-parto in quanto si tratta dei periodi di massimo rischio per le infezioni mammarie da parte di coliformi. La pulizia dei box e delle lettiere sono fondamentali per evitare la proliferazione di E. coli nelle aree di riposo. Materiali inerti, quali sabbia e polvere di marmo, sono più adatti rispetto a paglia, segatura o strame, in quanto riducono la proliferazione batterica. • Alla mungitura i capezzoli devono essere asciutti e puliti. 2. Aumento della resistenza dell’animale alle infezioni. • Riduzione degli stress di qualsiasi tipo. • Razioni e strategie di alimentazione che consentono di diminuire il BEN e la relativa durata. L’obiettivo è aumentare al massimo l’apporto di sostanza secca. • Garantire l’apporto necessario di vitamina E e selenio nella razione di cibo. Tali elementi sono importanti per il sistema immunitario e per potenziare l’attività fagocitaria dei neutrofili. Una loro carenza aumenta le probabilità di sviluppare mastite, nonché la gravità e la durata dell’infezione. • Vaccinazione. La vaccinazione contro la mastite colibacillare è una strategia comunemente utilizzata nelle aziende zootecniche per la produzione di latte statunitensi (il 40-65% delle aziende ricorre alla vaccinazione). I vaccini più utilizzati si basano sul ceppo J5 di E. coli, un mutante privo della catena polisaccaridica O dell’LPS, che lascia esposto il core di quest’ultimo al sistema immunitario. A differenza della catena polisaccaridica O, nei diversi batteri Gram-negativi la composizione e la struttura del core è altamente conservata e, pertanto, risultano efficaci i vaccini con J5 che inducono l’opsonizzazione di anticorpi “anticore” con immunità crociata contro ceppi diversi di E. coli e altri batteri Gram-negativi. L’efficacia della vaccinazione ai fini della protezione dalla mastite colibacillare acuta è stata dimostrata nell’ambito di diversi studi sul campo. Da molti lavori, risulta chiaro che l’immunizzazione con J5 non impedisce lo sviluppo di infezioni intramammarie da coliformi, ma ne riduce la gravità, l’insorgenza di casi clinici e le perdite economiche collegate ai decessi o alla macellazione. Secondo studi economici condotti negli Stati Unti, un vaccino contro questo tipo di mastite risulta vantaggioso quando più dell’1% delle lattazioni è colpito da mastite colibacillare. In base alla letteratura, la vaccinazione può costituire uno strumento importante per la prevenzione della mastite provocata da batteri Gram-negativi nelle aziende che non presentano questo problema. S e si considera che il periodo post-parto è il più critico e quello in cui si verifica la m aggior parte dei casi per le ragioni indicate in precedenza, l’obiettivo deve essere il rafforzam ento dell’im munità attraverso la vaccinazione degli animali nel periodo di asciutta e la rivaccinazione prima del parto. Un richiamo nei primi mesi di lattazione potrebbe essere opportuno per prolungare la durata dell’immunità. Anche in zone a clima caldo e umido, in cui l’incidenza può essere elevata durante i mesi estivi, sottoporre tutti gli animali a un richiamo potrebbe essere utile ai fini della protezione dell’intera mandria. Conclusioni La mastite colibacillare è una condizione patologica importante in molte aziende zootecniche per via delle conseguenze economiche che essa comporta. La prevenzione è il migliore strumento per il controllo di questo problema. La gestione del periodo di asciutta e della fase periparto è fondamentale. Le vacche allevate in box e recinti puliti, asciutti e confortevoli presentano una minore incidenza di infezioni intramammarie da coliformi. Inoltre, l’impiego di strate- seguici anche su FACEBOOK cliccando “MI PIACE” sulla pagina Geno Italy – Gli Specialisti del Crossbreeding SCHEDA TECNICA SANITÀ gie di alimentazione mirate a ridurre il BEN nel periodo post-parto e la riduzione degli stress per l’animale contribuiscono a combattere la mastite iperacuta. Occorre infine sottolineare che l’adozione di un protocollo di vaccinazione durante il periodo di asciutta può aiutare a prevenire i casi clinici provocati da coliformi nelle aziende in cui è presente il problema. • Riferimenti bibliografici 1. Bradley et al. 2001 Adaptation of E. coli to the bovine mammary gland, J Clin Microbiol Mai 2001; 39(5):1845-9). 2. Passey S, Bradley A, Mellor H. Escherichia coli isolated from bovine mastitis invade mammary cells by a modified endocytic pathway. V et Microbiol. 27 Juillet 2008;130(1-2):151-64. 3. Wilson DJ et al., 2007. 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UOFAA INFORMA Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura RASSEGNA INTERNAZIONALE RASSEGNA INTERNAZIONALE Sintesi tratte dalla letteratura tecnico-scientifica a cura di Riccardo Compiani - [email protected] MALATTIE INFETTIVE La prevalenza di febbre Q negli operatori del comparto latte a febbre Q è una malattia infettiva sostenuta da Coxiella burnetii che trova nel bestiame il suo principale serbatoio ed è trasmissibile all’uomo. Pecore, bovini e capre sono infatti i principali serbatoi che alimentano l’infezione umana anche se è presente in natura un ciclo animale-zecca e diversi artropodi, roditori, altri mammiferi e uccelli possono giocare un ruolo nell’infezione umana. L’agente patogeno persiste in feci, urine, latte e tessuti, tra cui in particolar modo nella placenta e l’uomo si infetta inalando aerosol infetti ma anche per ingestione di latte infetto non trattato. La malattia nel bovino è generalmente associata ad aborto e a volte comporta la comparsa di sintomi generici ed aspecifici come febbre, abbattimento, ipogalassia e forme respiratorie. Nell’uomo provoca invece febbre, grave cefalea, brividi, grave malessere generale, mialgia, dolori al torace, forme respiratorie anche molto gravi, endocarditi o epatiti. La febbre Q è quindi una riconosciuta infezione occupazionale nelle persone che hanno contatti regolari con i ruminanti e per tali ragioni è stato effettuato uno studio per valutare la sieroprevalenza di C. burnetii in persone che vivono o lavorano in allevamenti di bovini da latte. Da tale indagine è emerso come la sieroprevalenza sia complessivamente del 72,1% in questa categoria di persone. Nello specifico, è risultata pari all’87,2 tra gli allevatori, del 54,5% tra le loro mogli e del 44,2% tra i loro figli. Analizzando i fattori di rischio è emerso L come la prevalenza sia maggiore in allevamenti di grandi dimensione, e nei quali vi sia un’importante presenza di uccelli, roditori o possibilità di contatto con suini. Bassa prevalenza è stata riscontrata in quegli allevamenti dotati di sistema di mungitura automatico e in cui venivano utilizzati di routine guanti monouso in particolare durante l’assistenza al parto. Al fine di limitare la diffusione della malattia tra gli animali e nell’uomo occorre quindi prestare particolare attenzione alle procedure di biosicurezza. Coxiella burnetii seroprevalence and risk for humans on dairy cattle farms, the Netherlands, 2010–2011. Schimmer B, Schotten N, van Engelen E, Hautvast JLA, Schneeberger PM, van Duijnhoven YTHP (2014) Emerg Infect Dis 20(3):417-425 BIOSICUREZZA Possibili fonti di infezione da Campylobacter jenuni ampylobacter jenuni appartiene ad una famiglia di batteri responsabili di differenti patologie negli animali, e a livello europeo campylobacter rimane il più frequente agente zoonotico che causa malattia nell’uomo. L’infezione determina prevalentemente problemi gastroenterici di entità variabile dalla semplice diarrea a gravi forme di colite. In alcuni casi possono verificarsi problematiche più gravi come pancreatite, colecistite, emorragie enteriche, meningite, neuropatie, polmonite, endocardite e osteomielite e sepsi neonatali. Nel caso in cui si verifichi la trasmissione materno-fetale campylobacter può essere causa di aborto o parto prematuro. Il C principale serbatoio dell’infezione è rappresentato dalle specie aviari e la trasmissione all’uomo avviene principalmente attraverso il consumo di alimenti contaminati, mentre sono meno frequenti alte forme di contagio come l’acqua, il contatto diretto con animali infetti, la trasmissione interumana e la trasmissione materno-fetale. Gli alimenti che veicolano più frequentemente il patogeno sono le carni avicole poco cotte, il latte non adeguatamente pastorizzato e i molluschi consumati crudi. Considerando le principali fonti di infezione per l’uomo, uno studio ha determinato la prevalenza e i genotipi di Campylobacter in 282 allevamenti bovini da latte del Nord Italia al fine di indagare le possibili fonti di contaminazione del latte di massa. Campylobacter jejuni è stato identificato nel 12% dei campioni di latte di massa testati. In tre delle 34 aziende il cui latte di massa è risultato positivo sono stati anche testati campioni di feci di bovino e di intestino di piccione. Non sono stati riscontrati genotipi comuni tra i campioni di latte di massa e i piccioni indicando che tali animali sono verosimilmente irrilevanti per la trasmissione di Campylobacter jejuni ai bovini e per la contaminazione del latte. L’elevata prevalenza di Campylobacter jejuni riscontrata nel latte di massa e da una vacca con mastite suggerisce che, oltre al materiale fecale, anche l’escrezione mammaria può essere una via di contaminazione del latte di massa. La principali strategie di controllo del campylobacter devono essere mirate a ridurre la prevalenza in allevamento. Considerando la scarsa correlazione tra ceppi batterici del piccione e del bovino riscontrata nel presente studio, non devono essere comunque sottovalutate le misure di biosicurezza. UOFAA informa - 1/2014 19 UOFAA INFORMA RASSEGNA INTERNAZIONALE Prevalence in bulk tank milk and epidemiology of Campylobacter jejuni in dairy herds in Northern Italy. Bianchini V, Borella L, Benedetti V, Parisi A, Miccolupo A, Santoro E, Recordati C, Luini M (2014) Appl Environ Microbiol. In press BENESSERE Castrazione tradizionale o immunologica del suinetto l rispetto del benessere animale è un aspetto che inevitabilmente si sta radicando della moderna zootecnia in quanto le richieste di un consumatore sempre più attento a problematiche etiche ed ambientali stanno sensibilizzando le istituzione all’emanazione di normative a riguardo. Sebbene alcuni degli aspetti normativi possano sembrare talvolta eccessivi, le scelte del legislatore si basano sempre su riscontri scientifici che si traducono non solo nel lungo periodo, ma talvolta anche nell’immediato, in un miglioramento della produttività degli animali allevati, ad una riduzione dei costi connessi alle spese sanitarie e in alcuni casi nel miglioramento della qualità del prodotto finale. Un delicato aspetto da affrontare in materia di benessere animale è se e come effettuare procedure di mutilazione o castrazione. La castrazione è una pratica comune negli allevamenti di suini al fine di limitare l’odore di verro nelle carni e del comportamento aggressivo degli animale di sesso maschile. Anche se effettuata da personale competente ed addestrato al fine di limitare al massimo l’esperienza dolorifica all’animale, la castrazione risulta inevitabilmente una procedura invasiva e stressante per il giovane suinetto. Un’alternativa alla castrazione fisica è l’immunocastrazione mediante somministrazione di sostanze bloccanti il fattore di rilascio delle gonadotropine e conseguente riduzione dei livelli degli ormoni, tra cui il testosterone, responsabili del caratteristico odore sgradito al consumatore. Sulla base di tali presupposti, è stato improntato uno studio volto a valutare gli effetti della tipologia di castrazione sul comportamento dei suini, sul grado di interazione uomo-animale e sulle loro reazioni alla I 20 UOFAA informa - 1/2014 manipolazione durante e dopo il trasporto. Sono stati confrontati i comportamenti durante la fase di ingrasso di due gruppi di suini, uno castrato fisicamente come di consuetudine e uno castrato immunologicamente mediante due trattamenti durante la fase d’ingrasso. Come ovvio, gli animali prima dell’immunocastrazione mostravano un maggior comportamento aggressivo rispetto agli animali castrati nei primi giorni di vita, i quali passavano più tempo dediti ad alimentarsi. Al termine del ciclo d’ingrasso, sebbene gli animali castrati immunologicamente mostrassero ancora una maggiore aggressività anche nei confronti dell’uomo e durante le manipolazioni in stalla vocalizzassero maggiormente, interagivano con gli operatori per un tempo non differente rispetto a quelli castrati fisicamente e al termine del ciclo la mortalità osservata è risultata maggiore tra gli animali castrati come di consuetudine. Sotto alcuni aspetti, l’immunocastrazione può comportare un benessere animale simile o migliore rispetto allo stress indotto dalla castrazione fisica tradizionale effettuata senza controllo del dolore. Certamente tale livello di benessere può essere migliorato implementando la qualità dell’ambiente di allevamento associando ad una procedura meno invasive per la castrazione un ambiente più confortevole in grado di mitigare l’aggressività del suino maschio. Behavior and handling of physically and immunologically castrated market pigs on farm and going to market. Guay K., Salgado G, Thompson G, Backus G, Sapkota A, Chaya W, McGlone JJ (2013) J Anim Sci 91(11):5410-5417 MALATTIE INFETTIVE Paratubercolosi: non solo un problema di sanità pubblica a paratubercolosi è una malattia infettiva del bovino sostenuta da Mycobacterium avium subspecies paratuberculosis (MAP) e a causa del suo lungo decorso provoca diarrea più o meno intermittente, dimagrimento fino alla cachessia e morte. Gli animali si infettano già nelle prime settimane di vita ma la malat- L tia si manifesta solo in caso di decisi abbassamenti delle difese immunitarie come ad esempio a seguito dello stress indotto dal parto. Oltre alle problematiche che può causare sugli animali adulti, numerosi studi sono in corso per verificare l’ipotesi che lo stesso microrganismo sia responsabile del morbo di Crohn nell’uomo. Al fine di limitare le ripercussioni negative di tale eventualità sulla sanità pubblica, è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale Regione Lombardia del 24 luglio 2013 il “Piano regionale di controllo e certificazione nei confronti della Paratubercolosi bovina” (D.d.g.s 6845/2013). Il piano è rivolto a fornire indicazioni circa le modalità di certificazione del latte i cui prodotti derivati sono destinati all’esportazione verso paesi terzi ed è stato redatto secondo le indicazioni comprese nelle Linee guida proposte dal Centro di Referenza Nazionale per la Paratubercolosi. Attraverso l’applicazione di tale piano si vogliono raggiungere i seguenti obiettivi: raccogliere dati sull’insorgenza di casi clinici di paratubercolosi nel patrimonio bovino nazionale; sensibilizzare gli allevatori alle problematiche connesse alla paratubercolosi, stimolando l’attuazione di piani di controllo volontari negli allevamenti infetti e di protocolli di certificazione negli allevamenti negativi; ridurre la diffusione della paratubercolosi attraverso il commercio consapevole degli animali e dei loro prodotti, grazie a una classificazione degli allevamenti basata sul rischio. Le istituzioni si stanno dunque movendo al fine di contenere ed eventualmente di eradicare la problematiche dalle stalle italiane considerando il potenziale rischio per la salute pubblica. La gestione di questa problematica in stalla deve anche venire vista però come un capo saldo per limitare le ripercussioni negative sulla salute degli animali e sulle loro performance produttive. Da uno studio americano effettuato su oltre 4000 animali è infatti emerso che il peso allo svezzamento di vitelli nati da madri sierologicamente positive al MAP risultava di 21,48 kg inferiore rispetto a quello dei vitelli nati da animali sieronegativi con picchi di addirittura 40,81 e 58,51 kg in caso di madri fortemente eliminatrici del microrganismo. Da un punto di vista economico, tale ritardo di crescita è stato quantificato in una perdita da 40 a 110 per capo. UOFAA INFORMA RASSEGNA INTERNAZIONALE Comparison of calf weaning weight and associated economic variables between beef cows with and without serum antibodies against or isolation from feces of Mycobacterium avium subsp paratuberculosis. Bhattarai B, Fosgate GT, Osterstock JB, Fossler CP, Park SC, Roussel AJ (2013) Journal of the American Veterinary Medical Association 243(11):1609-1615 FARMACI L’impiego degli antinfiammatori nel post-partum ’impiego degli antinfiammatori in associazione agli antibiotici nella terapia delle infezioni risulta una strategia estremamente valida e forse spesso sottovalutata. I farmaci antinfiammatori però, oltre all’attività di ridurre l’infiammazione sono dotati di altre due caratteristiche, sono infatti caratterizzati da proprietà antidolorifiche ed antipiretiche cioè in grado di ridurre la febbre. Per tali ragioni possono essere impiegati nel trattamento di problematiche non infettive senza l’associazione con un antibiotico. Il dolore conseguente ad esempio ad un trauma o la febbre che insorge in momenti di stress possono efficacemente venire gestiti con un antinfiammatorio con l’obiettivo di mantenere l’appetito dell’animale. La capacità e la volontà di assumente alimento e acqua è infatti molto depressa in caso di febbre o di dolore riducendo non solo la produttività degli animali, ma anche la possibilità di sostenere naturalmente il loro sistema immunitario andando in alcuni casi ad aggravare una circostanza primaria non necessariamente preoccupante. Il parto è sicuramente un momento stressante per la bovina, e per tale ragione è stato improntato uno studio volto a valutare gli effetti della somministrazione di un antinfiammatorio sei ore dopo il parto. La somministrazione di tale prodotto non ha comportato differenze nel tempo di espulsione della placenta o nella riduzione delle problematiche sanitarie nei primi tre giorni dopo il parto, ma le vacche che hanno ricevuto l’antinfiammatorio, grazie ad una minore temperatura corporea rilevata a livello rettale, hanno incominciato ad alimentarsi già un’ora dopo il parto. Tra le vacche monitorate, le primipare trattate, il cui parto è decisamente un evento più stressante rispetto alle multipare, hanno prodotto una maggiore quantità di latte durante la prima lattazione. Contenere il dolore e la febbre nel primissimo post parto risulta quindi essere una valida strategia al fine di promuovere l’assunzione di alimento delle bovine con positive ripercussioni sulla produzione di latte. Effects of analgesic use postcalving on cow welfare and production. Stilwelle G, Schubert H, Broom DM (2014) Journal of Dairy Science 97(2):888891 L BILANCIO Il costo delle principali tecnopatie ’elevata pressione produttiva a cui sono sottoposte le bovine da latte negli allevamenti intensive espone inevitabilmente gli animali ad incorrere con maggiore probabilità in problematiche sanitarie.Tali circostanze, anche in realtà zootecniche caratterizzate da un livello gestionale e strutturale elevato e in cui viene prestata particolare attenzione alla salute degli animali e alla prevenzione, risultano spesso inevitabili comportando non solo problemi legati al benessere animale ma anche alla redditività dell’impresa. Infatti, oltre ai così detti costi diretti associati ad ogni malattia cioè relativamente ai trattamenti farmacologici, alle spese veterinarie e alla riduzione della produttività, occorre anche considerare delle voci di costo “nascoste” e meno facilmente quantificabili come il costo relativo alla riduzione della qualità del latte, alla riduzione della fertilità e all’aumento della probabilità di riforma anticipata o morte dell’animale malato. La conoscenza di tali voci di costo risulta necessaria al fine di stilare un corretto bilancio aziendale soprattutto in un momento economico particolare come l’attuale in cui la marginalità è molto ridotta ed occorre prestare estrema attenzione ad ogni possibi- L le inefficienza. Sulla base ti tali presupposti è stato effettuato uno studio per monitorare l’incidenza e i costi relativi alle principali problematiche sanitarie dell’allevamento della bovina da latte ad alta produzione nel nord Italia. Per tale scopo sono stati raccolti dati sanitari, produttivi e riproduttivi di 108 bovine da latte di un azienda caratterizzata da un livello di gestione medio. Oltre all’analisi dei parametri zootecnici è stata effettuata una valutazione del costo di ogni singola patologia tenendo in considerazione il costo dei trattamenti, il valore del latte scartato per rispettare i tempi di sospensione, il quantitativo e il valore del latte non prodotto a causa della malattia in confronto agli animali sani della stessa azienda, il costo degli interventi fecondativi, il costo relativo all’incremento dei giorni vuoti, e quello relativo alla probabilità di riforma anticipata e rimpiazzo con un animale giovane di pari valore genetico. Le principali problematiche sanitarie riscontrate sono state la zoppia (29.6%) e la ritenzione placentare (29.6%) con incidenza al di sopra della soglia di allarme proposta dalla letteratura scientifica. Al contrario, è stata riscontrata una bassa incidenza di dislocazione abomasale (1.9%), mastiti cliniche gravi (5.6%) e chetosi clinica (7.4%). Rispetto ad altri studi simili, è stato riscontrato un costo molto elevato per quanto riguarda i casi di zoppia (921.53 €/caso) e per i casi di ritenzione placentare (718.42 €/caso) che in oltre il 70% dei casi sono poi evoluti in forme di metrite/endometrite. Queste due malattie hanno provocato una riduzione della produttività media degli animali colpiti, l’incremento della conta delle cellule somatiche con conseguente perdita dei premi relativi alla qualità. Inoltre hanno comportato l’incremento dell’intervallo parto concepimento. La valutazione economica comprensiva di tutte le possibili voci di costo è uno strumento estremamente utile per identificare i principali punti critici della gestione della mandria aiutando l’allevatore e il veterinario nello stabilire la priorità degli interventi procedurali o strutturali da effettuare. Impact of the main dairy cattle technopathies. Compiani R, Baldi G, Sgoifo Rossi CA (2013) Italian Journal of Animal Science 12(s1):56 UOFAA informa - 1/2014 21 SCHEDA TECNICA RIPRODUZIONE Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura PREDI’BOV®, IL PRIMO TEST DI OVULAZIONE PER BOVINI UTILIZZABILE IN STALLA a cura della redazione N ell’allevamento, la riproduzione è molto importante, poiché non si ha produzione senza riproduzione. Per rispondere alle esigenze del mercato e ottimizzare il rendimento degli animali, è indispensabile perciò che l’allevatore sappia controllare al meglio la riproduzione. te, perché da ciò dipende molto l’esito di un’inseminazione artificiale. È stato infatti provato che le IA effettuate nelle 12 ore che precedono l’ovulazione sono quelle con il più alto tasso di successo (Baril et al., 1998). L’unico indicatore fisiologico che permette di prevedere l’ovulazione è il picco pre-ovulatorio dell’ormone luteinizzante (LH – Problemi di fertilità nei bovini Luteinizing Hormone), poiché l’intervallo tra picco di LH e ovulazione è costante in una Da diversi anni negli allevamenti si osserva un data specie animale. Nella specie bovina quenotevole calo della fertilità dopo un’insemisto intervallo è di 24 ore. Conseguentemente, nazione artificiale (IA), in particolar modo il momento ottimale per eseguire l’inseminanelle vacche da latte ad alta produzione. In zione artificiale è 12 ore dopo il picco di LH queste ultime il tasso di successo di un’insemi(con tolleranza di ±2 ore). nazione artificiale è passato dal 60% al 40% in Tramite osservazioni negli allevamenti è stata 20 anni (Barbat et al., 2005), mentre il tasso di riscontrata una grande variabilità tra arrivo del successo della prima IA si attesta attorno al calore e picco di LH: questo infatti può avve35% (Yaniz et al., 2003; Lopez-Gatius et al., nire prima (fino a 24 ore), durante o dopo il 2004). Parallelamente, nel periodo 1970-2000, calore (Maurel et al, 1994a). Facendo l’IA in la produzione media di latte è raddoppiata, base ai segni visibili del calore, capita dunque passando da 3500Kg a 7000Kg l’anno; nel che l’animale sia inseminato o troppo tardi, o 2010 in Francia era addirittura troppo presto. Per questo motivo intorno agli 8500Kg l’anno ReproPharm, società basata nel (fonte: France Contrôle Laitier). centro INRA di Tours, in Al momento, per contrastare Francia, ha sviluppato questo calo di fertilità esistono Predi’Bov®, un test di ovulaziopochi metodi di diagnosi e di ne per bovini. Il test è rapido controllo: si tratta generalmente (durata: 40 minuti) che si realizdi esami ginecologici e di ecoza a partire da tre o quattro grafie. Gli allevatori, ad esempio, gocce di sangue. cercano di individuare l’inizio del Fondamentalmente il test segnacalore per determinare il la il picco pre-ovulatorio di LH, momento, 12 ore più tardi, in cui che provoca l’ovulazione 24 ore, fare l’inseminazione artificiale è un metodo innovativo che (Maatje et al., 1997). Il rilevapermette di prevedere il periodo mento del calore può essere fatto Fig. 1: Il rilevamento del picco pre-ovulatorio di LH indica che l’ovulazione avverrà di ovulazione di un animale con semplice osservazione o con 24 ore dopo. Considerando che, per un risultato ottimale, l’inseminazione deve indicandone i livelli ormonali. strumenti automatici del tipo essere eseguita 10-12 ore prima dell’ovulazione, l’IA va perciò fatta 12 ore dopo Il test, dunque, offre numerosi HeatBox, HeatTime, HeatPhone, il picco pre-ovulatorio di LH. vantaggi: evita la ripetizione di 22 UOFAA informa - 1/2014 ecc. Rilevare il calore è ancora l’unico metodo a disposizione dell’allevatore per stabilire il momento in cui compiere l’inseminazione artificiale. È importante notare che però il calore non è necessariamente un indicatore preciso dell’ovulazione. L’intervallo di tempo tra le prime manifestazioni del calore (l’inizio del ciclo estrale) e il momento dell’ovulazione è infatti molto variabile e può spaziare dalle 22 alle 61 ore a seconda della bovina (Saumande et Humblot, 2005 ; Bloch et al., 2006). Inoltre, circa il 25% delle vacche hanno un calore “silenzioso”, che non può essere individuato coi metodi appena descritti (Rorie et al., 2002).Ad esempio, il 42% degli allevatori francesi dichiara di avere difficoltà nell’individuazione del calore (Freret et al., 2006). Come appena descritto, il rilevamento del calore non è dunque un indicatore preciso del momento dell’ovulazione. Avere un’idea di quando avverrà l’ovulazione è però importan- SCHEDA TECNICA RIPRODUZIONE inseminazioni inutili e rispetta il benessere animale, perché permette di inseminare la vacca nel momento in cui è fisiologicamente adatta a essere fecondata. Così facendo, offre all’allevatore un metodo semplice che permette un beneficio economico già dalla prima inseminazione, soprattutto in termini di produzione di latte. Caratteristiche tecniche del test Le caratteristiche del test di ovulazione sono la sua facilità di conservazione, la sua semplicità d’uso, la sua robustezza e la sua facilità di lettura. Consentendo un utilizzo “sul campo”, semplice, realizzabile direttamente nella stalla o in qualsiasi altro luogo senza alcun bisogno di attrezzature particolari. Predi’Bov si conserva in frigo, a 4°C Predi’Bov individua il picco pre-ovulatorio di LH partendo da qualche goccia di sangue. Non è necessaria alcuna centrifugazione. Il sangue può essere raccolto in diversi modi: da una piccola incisione all’orecchio, dalla quale poi si fa colare qualche goccia di sangue direttamente nella provetta per il test; oppure da un prelievo di sangue dalla coda o dalla giugulare, tramite Vacutainer con Eparina (tappo verde). Il test Predi’Bov è composto di 4 provette in plastica su un supporto in gommapiuma, ideale da tenere in mano o nella tasca di una tuta da lavoro. Ciascuna provetta è chiusa con un tappo a filettatura interna che evita ogni rischio di spargimento o perdita del contenuto. La realizzazione del test richiede due passaggi d’incubazione da 15 minuti, prima nel sangue e poi in un reagente specifico, seguiti dall’ultimo passaggio di 10 minuti in un agente rivelatore. Perché la reazione avvenga, questi sono gli intervalli di tempo minimi di ogni passaggio, che possono però essere prolungati senza alcun rischio di alterare il risultato finale del test; ad esempio: un passaggio molto lungo nella provetta dell’agente rivelatore non causare dei “falsi positivi”. Questa flessibilità è un grande vantaggio per l’utilizzatore perché gli permette di dedicarsi ad altre attività nel frattempo, senza il rischio di invalidare il test per esserselo “dimenticato” in tasca. Se non fosse possibile eseguire il test immediatamente dopo il prelievo del sangue, questo potrà essere conservato qualche ora a 4°C per poi essere utilizzato per il test. La lettura del test è basata semplicemente sull’apparizione o meno di una reazione colorata su un tampone. Un tampone di colore blu indica che l’animale è nel suo picco pre-ovulatorio di LH L’assenza di colorazione (tampone bianco) indica che l’animale non è nel suo periodo di picco pre-ovulatorio LH. In tal caso si consiglia di ripetere il test 6-8 ore più tardi. Per le vacche, il momento ideale per l’inseminazione è 12 ore dopo il picco pre-ovulatorio di LH. Un test positivo (colore blu), permette di prevedere con sicurezza il momento ideale per l’IA e di pianificarlo per 12 ore più tardi (tolleranza ±2 ore) Il test è destinato ai veterinari, agli operatori della fecondazione artificiale, ai tecnici e agli allevatori. L’allevatore infatti può eseguire in autonomia il test e decidere di eseguire l’inseminazione 12 ore dopo un test positivo. Vantaggi del test Migliorare la produzione di embrioni in laboratorio o in allevamento a partire da donatrici ad alto valore genetico. La possibilità di poter eseguire l’IA in base al picco di LH durante un trattamento di superovulazione permette di aumentare il numero di embrioni trasferibili (Maurel et al., AETE 1994b; Lafri et al., 2002). Sono state effettuate delle prove utilizzando Predi’Bov in collaborazione con i consorzi Evolution XY, Géniatest, Midatest. Esse hanno dimostrato che il 32% delle manze e il 20% delle vacche superovulate hanno un picco pre-ovulatorio di LH dalle 24 alle 12 ore prima dei primi segni visibili di calore. Una fecondazione artificiale mirata, tramite Predi’Bov, in allevamento, permette non solo di ottenere un numero maggiore di embrioni trasferibili, ma migliora la qualità degli embrioni stessi (Dupuy et al., AETE 2012 ; Dupuy et al., IETS 2013). Il protocollo consigliato per la superovulazione è di eseguire un test appena prima della settima iniezione di FSH e, in caso di risultato negativo, di ripetere eventualmente il test 6-8 ore dopo. Decidere con certezza il momento dell’inseminazione artificiale. In caso di inseminazione artificiale classica, si raccomanda di eseguire un test ai primi segnali di calore e di ripeterlo 68 ore dopo in caso di risultato negativo. In questo momento sono in corso delle sperimentazioni sul campo, in una cinquantina di allevamenti francesi, per mettere a punto un protocollo di impiego di Predi’Bov adatto ai vari contesti di fecondazione artificiale (individuazione visiva o strumentale del calore, trattamenti ormonali di sincronizzazione e/o induzione all’ovulazione, ecc.) Per far fruttare l’utilizzo di seme ad alto valore genetico e di seme sessato, estremamente costosi per l’allevatore, e per gestire il miglioramento genetico del bestiame dell’allevamento. Per evitare la ripetizione di inseminazioni artificiali inutili e le relative perdite economiche Rappresenta un’autentica novità in un contesto in cui le performance riproduttive degli animali da reddito diminuiscono sempre più. Il suo impiego in stalla offre all’allevatore il modo di pianificare con sicurezza il momento dell’inseminazione artificiale e di aumentare la fertilità (tasso di fertilità alla prima IA, riduzione del periodo di tempo tra un parto e l’altro, diminuzione del numero di dosi di seme utilizzate, aumento del numero di embrioni. • Bibliografia disponibile a richiesta UOFAA informa - 1/2014 23 SCHEDA TECNICA SUINI Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura CLASSIFICAZIONE DELLE CARCASSE SUINE CON UN METODO INNOVATIVO a cura di CSB-System S.r.l. - Bussolengo (VR) L a CSB-System offre un innovativo metodo il Image-Meater® per un’obiettiva e trasparente classificazione commerciale delle carcasse suine con un’automatizzazione completa del processo di classificazione. A differenza delle tradizionali soluzioni per la classificazione (ad esempio strumenti di misurazione invasiva ad aghi o ad ultrasuoni) il Image-Meater® si basa su un’analisi per immagini senza contatto diretto. La tecnologia consiste in un potente programma software che rileva le immagini, identifica le strutture ed interpreta i risultati delle misurazioni. La classificazione avviene tramite l’analisi delle immagini riprese nell’area lombare della mezzena del suino. Questo garantisce la determinazione esatta e facilmente ricostruibile della classe e del valore commerciale con una modalità senza contatto diretto e quindi impeccabile sotto il profilo igienico. Con una procedura convalidata, il brevetto determina con ulteriori superfici di misurazione, identificate nell’area lombare e costale, il valore commerciale per la resa ottimale della carcassa suina (coscia, spalla, pancetta e carré). Procedura di classificazione Nella determinazione della classe e del valore commerciale, la classificazione delle carcasse suine con il nuovo metodo è esatta, obiettiva e razionale. Com e si svolge la classificazione: - mezzene appese - rilevamento delle immagini - assegnazione del codice progressivo di macellazione - analisi delle immagini - protocollo delle misurazioni - archiviazione dei dati e delle immagini Determ inazione della classe com m erciale I tratti di misurazione chiaramente identificati 24 UOFAA informa - 1/2014 nell`area lombare e sulla coscia al di sotto del Musculus gluteus medius (M. g. m) nonché lo strato di grasso che si trova al di sopra servono alla determinazione della classe commerciale. Determ inazione del valore com m erciale Con un procedimento matematico verificato vengono calcolate dal CSB-Image-Meater® le quote percentuali dei tagli nobili coscia, spalla, pancetta e carré.Vengono calcolati e visualizzati anche i relativi pesi dei tagli. Tutti gli indici relativi ai tagli sono convalidabili. Tutte le fasi importanti del processo di classificazione vengono documentate: classe commerciale, valore commerciale, quota carne magra, data, sigla del classificatore, codice di classificazione progressivo, giorno di macellazione, etc. I dati di qualità dei tagli nobili vengono calcolati in assoluto in kg e relativamente in %. Ulteriori criteri di qualità possono essere indicati in maniera specifica (ad es. caratteristiche della coscia). Le unità di m isurazione sono: S: Massa grassa F: Massa magra MS: massa grassa media del Musculus gluteus medius MF: massa magra media del Musculus gluteus medius WxS: massa grassa media della vertebra WxF: massa magra media della vertebra ES: massa grassa media dello strato di grasso esterno al di sopra della vertebra IS: massa grassa media dello strato di grasso interno al di sopra della vertebra ML: lunghezza del Musculus gluteus medius WL: lunghezza media delle singole vertebre incluso il disco invertebrale Docum entazione archiviata e rintracciabilità Con l’archiviazione di tutte le immagini e i valori di misurazione relativi alla classificazione viene garantito il riferimento certo al codice dell’animale e quindi all’azienda di allevamento. In questo modo in ogni azienda di macellazione è assicurata una rintracciabilità totale di tutte le carcasse fino al produttore. Vantaggi in sintesi - Precisa classificazione commerciale secondo EUROP - Esatta determinazione valore commerciale dei tagli - Creazione di valore aggiunto nella commercializzazione dei suini (ottimizzazione delle rese) - Classificazione e determinazione del valore sulla linea di macellazione, in entrata merci e in entrata sezionamento - Rilevamento igienico dei valori di misurazione senza necessità di contatto con le carcasse - Notevole razionalizzazione grazie al processo di classificazione automatizzato - Nessuna necessità di modifiche o variazioni alla linea di macellazione - Oggettivi risultati di classificazione grazie all’analisi per immagini automatizzata - Rappresentazione d’insieme dei valori con visualizzazione di tutte le singole misurazioni - Controllo di qualità dei risultati di classificazione con tools di analisi integrati - Facile manutenzione grazie ad una struttura modulare con componenti standardizzati - Integrazione perfetta grazie ad una tecnologia compatta - Investimento limitato con veloce ROI (entro un anno) - Massima velocità nella procedura di classificazione: 1.500 carcasse di suini all’ora. SCHEDA TECNICA SUINI Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura In collaborazione con www.333.com IL CONSUMO DI LATTE AD LIBITUM NON GARANTISCE IL SUCCESSO DOPO LO SVEZZAMENTO a cura di David Solà-Oriol P recedenti studi hanno osservato che nelle scrofe iperprolifiche con lattazioni superiori a 28 giorni, i suinetti con maggior peso vivo (PV) allo svezzamento sono quelli che più trovano difficoltà ad adattarsi al mangime secco dopo lo svezzamento. In effetti, questi suinetti sono quelli che poppano da mammelle più produttive, considerando inoltre un pareggiamento fatto bene. I suinetti associati alle mammelle meno produttive, con minor peso allo svezzamento, normalmente hanno un indice di accrescimento superiore in fase di svezzamento, raggiungendo spesso quelli di PV inizialmente maggiori. Questa crescita superiore è associata ad un miglior adattamento ed efficienza nell’utilizzo del mangime sottoscrofa o pre-starter dovuto al contatto precoce durante la lattazione (Solà-Oriol, 2011). Questa crescita maggiore in fase di svezzamento può avere un ruolo importante durante tutta la vita produttiva dell’animale, ma senza dubbio l’accrescimento durante lo svezzamento è segnato da vari fattori che condizionano l’animale dalla nascita e durante la lattazione. In questo articolo si espone una prova di campo dell’accrescimento dei suini dalla nascita fino a 100 giorni di vita (fine magronaggio) in risposta alla posizione della mammella poppata dal suinetto ed al consumo di mangime durante la lattazione, fattori che possono influenzare la produttività del suino in fase d’ingrasso. Pertanto, sono stati impiegati un totale di 37 scrofe e i loro 377 suinetti, pareggiando le figliate a 10-11 suinetti adottando un programma pre-stabilito (pareggiamento per numero e dimensione). Dopo il pareggiamento, sono state registrate le posizioni di ogni suinetto (1°, 2º o 3° tronco della fila mammaria ai giorni 5 e 10 post-svezzamento) così come l’inizio del consumo di mangime (sottoscrofa) durante la lattazione (misurato attraverso la comparsa del marcatore Cr2O3 nelle feci ai giorni 18, 21 e 25 di vita). Durante la lattazione, il mangime sottoscrofa fu marcato con Cr2O3 e offerto ad libitum a tutte le figliate a partire dal 10° giorno di vita. Lo stesso mangime fu offerto ai suinetti selezionati durante il primo giorno post-svezzamento seguito da mangi- me pre-starter fino a 14 giorni post-svezzamento e mangime starter fino alla fine dello svezzamento (35 gg post-svezzamento; 60 giorni di vita) e mangime per magroni (da 60 giorni fino a 100 giorni di vita). E’ stato registrato il PV individuale allo svezzamento, alla fine della fase di svezzamento, e alla fine del magronaggio (ai giorni 28, 60 e 100 gg di vita). Si è potuto osservare che dopo il pareggiamento, i suinetti di maggior PV alla nascita occuparono i capezzoli del primo terzo (PVnascita=1,72kg) e secondo terzo (PVnascita=1,65kg), rimanendo relegati all’ultimo terzo dell’apparato mammario i suinetti di PV inferiore Figura 1. Evoluzione del PV dalla nascita fino alla fine della fase di magronaggio (a 100 gg di vita) in funzione della posizione alla mammella durante la lattazione. Tabella 1. Percentuale di suinetti consumatori di “sottoscrofa” (offerto a partire dal 10° giorno di vita) ai giorni 18, 21 e 25 di vita in funzione della posizione occupata durante la lattazione. Giorni di vita 8 21 25 Anteriore 7% 17 % 41 % Posizioneoccupata nella mammella Intermedia 5% 13 % 35 % Posteriore 12 % 21 % 42 % UOFAA informa - 1/2014 25 SCHEDA TECNICA SUINI (PVnascita=1,48kg). Questa differenza di PV si è mantenuta fino alla fine dello svezzamento a 28 giorni di età, tra i suinetti più pesanti (parti anteriore e ultimo terzo delle mammelle;P<0,05). In tutti i modi, di nuovo si è potuto verificare che queste differenze si dispersero alla fine della fase di svezzamento e inizio magronaggio (P>0,10, figura 1). Allo stesso tempo si osservò che l’inizio del consumo di mangime sottoscrofa avveniva precocemente ed in modo graduale per i suinetti che occupavano la posizione posteriore dell’apparato mammario, i quali presentavano una maggior percentuale di animali “mangiatori” di mangimi a 18, 21 e 25 giorni di vita (Tabella 1). Nonostante queste percentuali furono paragonabili al momento dello svezzamento con gli altri suinetti che avevano poppato da altre posi- zioni, i suinetti di minor peso hanno avuto maggior necessità di ingerire mangime prima , proprio perchè avevano mammelle meno produttive, passando ad essere “consumatori” misti di latte e mangime, come osservato da altri autori in precedenza. Senza dubbio il potenziale positivo che rappresenta avere un PV maggiore alla nascita, sia dal punto di vista della gerarchia nella figliata, sia dopo il pareggiamento, nel poter scegliere una buona posizione alla mammella, si perde con il tempo, dato che le differenze si mantengono solamente fino alla fine della fase di svezzamento. Questi risultati supportano la strategia di management attuale degli allevamenti di suini che permettono un pareggiamento “naturale” lungo la fase di accrescimento una volta superate le fasi critiche della vita produttiva del suino. Senza dubbio Effetti delle variazioni del peso alla nascita all’interno della figliata e le successive performance dei suinetti ’obiettivo del presente studio fu determinare la correlazione tra il coefficiente di variazione del peso alla nascita all’interno della figliata (CVB) e le performance dei suinetti a 3 settimane di vita allo svezzamento in un allevamento di scrofe Large White x Landrace. Si utilizzarono un totale di 1.836 registrazioni di figliate raccolte tra gennaio 1998 e settembre 2010. Il CVB ebbe una relazione lineare con la sopravvivenza a 3 settimane (SURV3) (b = -0,20, p < 0,05) e con il coefficiente di variazione del peso all’interno della figliata a 3 settimane di vita (CV) (b = 0.50, p < 0.05). Le figliate con un elevato CVB presentarono una maggior mortalità a 3 settimane (P < 0,05). L’aumento del CV3 in funzione del CVB variò con il N°di parti (P < 0,05). La % d’aumento del CV3 in funzione del CVB fu maggiore per le scrofe di 1° parto (b = 0,41), seguito da 2°parto (b = 0.36 ) ed infine N° di parti tra 3 a 5 (b = 0,32). Non ci fu una relazione significativa tra il CVB ed il peso della figliata a 3 settimane (LWt3) né il peso medio della figliata a 3 settimane (MWt3) (P> 0,05). La variazione del peso allo svezzamento fu positivamente assimetrico (valore di asimmetria di 0,81). La sopravvivenza a 3 settimane (SURV3) variò dal 13,3% al 100%, con una media dell’ 87,6%. Il CVB mostrò una correlazione lineare tanto con il coefficiente di variazione del peso allo svezzamento (CVW) (b = 0,50, p < 0,05) come con la percentuale di sopravvivenza fino allo svezzamento (SURVW) (b = -0,04, p < 0,05). I risultati mostrano la presenza di una correlazione positiva sfavorevole tra il CVB ed il CVW e SURVW. Si può concludere che le performance dei suini allo svezzamento sono correlate con il CVB. L Titus J. Zindove, Edgar F. Dzomba, Arnold T. Kanengoni, Michael Chimonyo. Effects of within-litter birth weight variation of piglets on 26 UOFAA informa - 1/2014 non è meno certo che si assiste ad una perdita potenziale di accrescimento postsvezzamento nel caso dei suinetti più pesanti (oltre il 60% degli animali con PV >1,6 kg) visto che sopratutto in grandi allevamenti industriali, la partenza dei suinetti potrebbe ridurre l’età alla macellazione, ottenendo così una occupazione più breve degli spazi di ingrasso. Un’altra volta si conferma la necessità di iniziare il consumo di mangime secco prima dello svezzamento quando la lattazione avviene a 28 giorni, indipendentemente dalla categoria di PV del suinetto. La gestione delle figliate con l’obiettivo di garantire il contatto di tutti i suinetti con il mangime secco durante la lattazione potrebbe essere una pratica utile per evitare perdite del potenziale produttivo dei suinetti maggiori, contribuendo ad un minor dispendio della scrofa. • performance at 3 weeks of age and at weaning in a Large White×Landrace sow herd. Livestock Science. Volume 155, Issues 2–3, August 2013, Pages 348–354. http://dx.doi.org/10.1016/j.livsci.2013.04.013 Fattori di rischio per la contaminazione batterica durante il prelievo di seme di verro ’obiettivo di questo studio era di valutare l’influenza di molteplici fattori sulla contaminazione batterica di 213 prelievi di seme di 4 verri realizzati nei centri verri. La contaminazione da microbi aerobici mesofili negli eiaculati aumenta quando: il liquido prepuziale entra in contatto con il contenitore di raccolta, quando i guanti non erano puliti, quando i peli prepuziali erano lunghi (>1.0 cm), quando la raccolta impiegava oltre 7 minuti e quando i verri avevano l’età di oltre 18 mesi. Un aumento dei coliformi è avvenuto quando: il liquido prepuziale ha sgocciolato nel contenitore di raccolta, il prelievo è durato oltre 7 minuti o quando il pene è scivolato durante il prelievo. La contaminazione aumenta quando due o più fattori correlati all’igiene ( scarsa igiene del verro, prepuzio non pulito, ostio prepuziale non pulito, diverticolo prepuziale di grandi dimensioni, peli prepuziali lunghi, guanti sporchi, liquido prepuziale che gocciola attraverso la mano di raccolta verso il contenitore e quando il pene scivola. È necessario applicare un protocollo di raccolta che minimizzi la contaminazione batterica, specialmente evitando la presenza di liquido prepuziale nel contenitore di raccolta del seme. L Risk factors for bacterial contamination during boar semen collection. Ana Maria G. Goldberga, Laura E. Argentia,Jamil E. Faccina,Lídia Lincka,Mônica Santia, Mari Lourdes Bernardib,Marisa R.I. Cardosoc, Ivo entza, Fernando P. Bortolozzo.Research in Veterinary Science:95,(2):362–367,2013. SCHEDA TECNICA Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura EQUINI COME STIMOLARE L’INIZIO DELLA STAGIONE DI MONTA I l cavallo è un riproduttore stagionale, ciò significa che, allo stato naturale, gli accoppiamenti si verificano in un determinato periodo dell’anno per favorire il fatto che la nascita dei puledri avvenga quando esistono le migliori condizioni in termini di temperatura ambientale e disponibilità di cibo ed acqua. I riproduttori stagionali vengono controllati dal numero giornaliero di ore luce (il fotoperiodo) e si dividono in riproduttori che ciclano quando le giornate sono lunghe (come ad esempio il cavallo che comincia a ciclare in primavera) o che vanno in calore in autunno, quando le giornate sono più corte. Nella cavalla, il fotoperiodo può essere manipolato per stimolare l’inizio della stagione di monta, impiegando una tecnica usata da anni nell’allevamento del Purosangue Inglese per fare in modo i puledri possano nascere il più vicino possibile al primo di gennaio. Questa tecnica viene comunemente usata anche nelle razze da morfologia per avere puledri completamente mature all’età in cui son pronti per le competizioni. Mettere le cavalle sotto luce Nell’emisfero Nord la stagione di monta inizia tipicamente a tarda primavera (aprile) e dura fino ad inizio autunno (settembre) e durante questo periodo la cavalla va in calore ripetutamente. Durante i mesi invernali (da metà novembre a metà febbraio) le cavalle sono considerate in anestro, non mostrano alcun segno di calore e le loro ovaie non sviluppano follicoli ovulatori. Il 75-85% delle cavalle hanno periodi di vero anestro, mentre l’altro 20-25% può mostrare alcuni segni di calore senza però sviluppare follicoli ovulatori. Alla fine ed all’inizio dell’anestro, le cavalle si trovano in una fase di transizione caratterizzata da calori irregolari ed ovulazioni sporadiche. Al contrario, le cavalle che vivono nelle zone vicino all’equatore possono mostrare calori regolari durante tutto l’anno. Le femmine solitamente sono più “stagionali” dei maschi appartenenti alla stessa specie: ciò significa che mentre le cavalle mostrano periodi di anestro, gli stalloni rimangono fertili per tutto l’anno, anche se mostrano un comportamento sessuale meno marcato ed un calo della produzione spermatica. Per questo motivo l’uso della manipolazione del fotoperiodo è indirizzato alle cavalle e viene eseguito semplicemente “mettendo le fattrici sotto luce”, in modo da farle iniziare a ciclare 50-60 giorni dopo l’inizio del programma luce. Iniziare un programma luce il primo dicembre, permette di ottenere una normale attività ciclica durante il mese di febbraio e dà la possibilità di ottenere la nascita di un puledro nel mese di gennaio. e messa sotto luce poco prima del tramonto. Il programma luce può essere iniziato “brutalmente” il primo di dicembre, oppure si possono aumentare gradualmente le ore di luce durante il periodo dei 60 giorni. Se si usa un regime costante di luce, le lampade devono essere accese alle 16.30 e spente fra le 22 e le 23 per tutti i giorni delle 10 settimane precedenti la data di inseminazione programmata. Nel caso invece di un programma di luce graduale, si aggiungono 3 ore di luce la prima settimana e ½ ogni settimana aggiuntiva fino al raggiungimento delle 1516 ore giornaliere. In tutti i modi, qualsiasi sia il programma luce che venga utilizzato; l’impiego di un timer automatico permette di risparmiare sia tempo che denaro. Quanta luce è necessaria? Program m i luce Esistono molti programmi luce, che però permettono di ottenere risultati simili fra loro. Il programma più utilizzato è quello che prevede di fornire da 14 ½ a 16 ore di luce continua ogni giorno. Nel caso in cui cavalla stia al pascolo, deve essere portata in scuderia Uno dei fattori più critici è la quantità di luce che deve essere “somministrata” per fare in modo di simulare la luce del giorno. Si possono usare sia luce incandescente che fluoroscente e una regola piuttosto empirica che può essere utilizzata dall’allevatore è quella di verificare che ci sia abbastanza luce da per- UOFAA informa - 1/2014 27 SCHEDA TECNICA EQUINI mettere di leggere senza problemi i caratteri più piccoli di un quotidiano, stando seduto in qualsiasi angolo del box. Una lampada incandescente da 200 watt light o due neon da 40 watt producono abbastanza luce per illuminare un box di medie dimensioni. la perdita precoce del pelo invernale; nelle aree a clima freddo è quindi necessario ricordarsi di mettere una coperta alle fattrici che passano la maggior parte del loro tempo all’esterno. Cavalle che hanno partorito Ulteriori considerazioni Il programma di luce artificiale viene terminato dopo che la fattrice inizia a ciclare ed ovula con regolarità. Alcune ricerche hanno evidenziato che prima di iniziare la fotostimolazione è necessario un periodo durante il quale le giornate sono “corte”, e quindi non esiste alcun vantaggio nell’iniziare il programma luce prima del mese di Novembre, mentre l’applicazione di una fotostimolazione che dura tutto l’anno può addirittura risultare svantaggiosa. Studi recenti hanno inoltre dimostrato che la temperatura ambientale può giocare un ruolo secondario nella stagionalità delle cavalle, visto che quelle che vivono in climi rigidi e che vengono esposte a luce artificiale iniziano la loro attività ciclica più tardi rispetto a quelle sottoposte allo stesso regime di luce ma che vivono in climi più caldi. E’ importante rammentare che nella cavalla la fotostimolazione provoca non solo l’inizio della ciclicità ovarica ma anche I programmi di luce artificiale hanno anche un effetto nei confronti delle fattrici che hanno partorito. Alcuni studi hanno dimostrato che le cavalle gravide che vengono esposte a 16 ore di luce durante l’ultima parte della loro gestazione, partoriscono in media 7-10 giorni prima di quelle che non lo sono state. Cosa ancora più interessante è che, se pianificate di fecondare nuovamente la vostra fattrice dopo il parto, il programma luce le evita di eventualmente entrare in anestro, come succede abbastanza spesso a quelle cavalle che partoriscono nella prima parte dell’anno. Com e funziona L’ipotalamo cerebrale è considerato il centro endocrino che controlla ormonalmente l’attività riproduttiva e quindi tutti i fattori che condizionano l’attività ciclica di un riproduttore stagionale interferiscono sull’attività di questa parte cerebrale. Nella specie umana ed in altri mammiferi, i segnali luminosi necessari a settare i ritmi circadiani sono inviati dall’occhio alla ghiandola pineale. La ghiandola pineale produce melatonina, un ormone che modula i ritmi veglia/sonno e la stagionalità. La produzione di melatonina, anche conosciuta come “l’ormone del buio”, da parte della ghiandola pineale viene stimolata dal buio ed inibita dalla luce. Nei riproduttori che ciclano quando le giornate sono lunghe, la melatonina ha un effetto inibitorio nei confronti della produzione del gonadotropin releasing hormone (GnRH) da parte dell’ipotalamo. Il calo di produzione di melatonina che si osserva nelle giornate più lunghe provoca una soppressione minima dell’attività ipotalamica e quindi un aumento della produzione pulsatile di GnRH. Di conseguenza, il GnRH determina un aumento della produzione di luteinizing hormone (LH) e di follicle stimulating hormone (FSH) da parte dell’ipofisi anteriore. Il luteinizing hormone (LH) e il follicle-stimulating hormone (FSH) vengono denominati gonadotropine perchè stimolano l’attività delle gonadi maschili (testicoli) e femminili (ovaie). Nelle cavalle, questi due ormoni (LH e FSH), controllano la natura ciclica dei calori stimolando lo sviluppo dei follicoli e l’ovulazione. • GUIDA PRATICA DI RIPRODUZIONE EQUINA AUTORE: CESARE ROGNONI uesta guida è stata redatta senza alcuna pretesa scientifica o didattica e si rivolge agli appassionati e agli addetti all’allevamento del cavallo. L’intento è stato quello di trattare in parallelo cenni salienti di anatomia e fisiologia della riproduzione, correlandoli alle manifestazioni esterne dell’animale, in modo che il neofita guadagni in termini di tempo l’esperienza che la pratica e il tirocino prevedono. Si è cercato di confrontare e spiegare il funzionamento e l’utilità di varie tecniche riproduttive sviluppate nel tempo e in particolare: la fecondazione artificiale, l’ecografia e l’alimentazione. Essendo questa disciplina molto articolata, che abbisogna di consulenze specifiche e specializzate, pone il conduttore dell’azienda o semplicemente il proprietario di una fattrice a dover recepire, elaborare ed eseguire pratiche e concetti che, se carente di nozioni almeno sufficienti della materia da affrontare, non potrebbero essere recepiti, elaborati ed eseguiti con cognizione di causa. In tutta questa nostra illustrazione si è cercato di dare un’infarinatura teorica da riversare nella pratica. L’esperienza di campo sarà il riscontro certo se questa lettura sarà stata utile. Q L’opuscolo è stato realizzato nell’ambito di un progetto di divulgazione previsto dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia Misura 111B della Provincia di Lodi e sono disponibili in formato cartaceo presso la sede UOFAA o scaricabili on line dal nuovo sito www.uofaa.it 28 UOFAA informa - 1/2014 SCHEDA TECNICA Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura EQUINI L’ONICOMICOSI DEL CAVALLO a cura di UNOM Foto 2 © Dott. Biacca © Dott. Biacca Bianca sono altri due termini che indicano la stessa patologia. Tra gli agenti responsabili del “Tarlo”, quello che più frequentemente viene isolato in Italia ed in Europa è lo Scopulariopsis Brevicaulis , un fungo cheratinofilico che è in grado di nutrirsi di materiale derivante dalla distruzione della cheratina. Tra i principali fattori predisponenti annoveriamo: carenze nutrizionali, fattori ambientali (ambiente troppo secco o troppo umido) e fattori meccanici (sbilanciamento lateromediale dello zoccolo, eccessiva lunghezza da © Dott. Biacca L ’Onicomicosi è un’infezione dello zoccolo e/o della linea bianca che avviene ad opera di batteri e funghi saprofiti ed ubiquitari. Si manifesta come un processo cheratinolitico che partendo dal margine soleare della linea bianca si estende prossimalmente coinvolgendo, nella maggior parte dei casi, lo strato più profondo della parete, la zona non pigmentata, che essendo meno ricca di cellule lipidiche risulta più facilmente aggredibile (fig. 1). “Tarlo dello zoccolo” e Malattia della Linea mancato pareggio e stress laminari). Il trattamento dell’ onicomicosi è meccanico e medico. Il primo consiste nel pareggio e bilanciamento dello zoccolo, nell’asportazione delle porzioni lesionate ; se il distacco è in punta e supera 1/6 della sua superficie (fig.2), occorre applicare un ferro con supporto palmare(fig.3 e fig. 3-a) per prevenire l’insorgenza di una laminite di tipo meccanico (fig 4). L’asportazione delle parti deve essere completa fino a raggiungere la giunzione integra tra © Dott. Biacca Come ben noto, dalla data della sua costituzione, Uofaa si occupa di tenere un Registro dei fecondatori laici, di formare e tutelare gli stessi. Questa attività prevede l’intervento del fecondatore laico (quindi non medico veterinario) sull’animale vivo, previa abilitazione conseguita ai sensi della L.74 del 1974. Nell’ambito della mascalcia il concetto è simile: si interviene su una parte anatomica differente rispetto all’apparato riproduttore, ma il piede dell’equino è comunque una parte viva dell’animale. L’azione, seppure limitata dalla corona del piede in giù, è comunque “para-veterinaria”. Perché quindi non sfruttare l’esperienza di un ente che dal 1974 si occupa di questo genere di attività? Proprio per i motivi sopra descritti, a partire da questo numero di Uofaa Informa, sarà dedicato uno spazio ad UNOM dove verranno pubblicate news sui progressi dei lavori portati avanti dell’associazione, aggiornamenti e articoli tecnici riguardanti la podologia e la mascalcia. Foto 1 Foto 3 UOFAA informa - 1/2014 29 SCHEDA TECNICA © Dott. Biacca Foto 7 © Dott. Biacca Foto 10 © Dott. Biacca © Dott. Biacca © Dott. Biacca EQUINI © Dott. Biacca Foto 4 © Dott. Biacca © Dott. Biacca Foto 5 Foto 11 © Dott. Biacca Foto 8 Foto 6 Foto 9 Foto 12 strato intermedio e profondo della parete sana (fig.5) ed i bordi vanno assottigliati rendendo l’unione alle lamine cornee sottile ed elastica (fig.6). Se per applicare il ferro, fosse necessario ricorrere ad una ricostruzione parziale è bene che venga fatta lasciando libera la giunzione parete-lamine cornee per consentirne la disinfezione (fig.7). La terapia medica dell’onicomicosi prevede l’utilizzo di disinfettanti ad ampio spettro con azione battericida e fungicida che verranno applicati quotidianamente allo zoccolo nei punti in cui è stata rimossa la parete ; è bene evitare sostanze caustiche ed è sconsigliabile l’utilizzo di soluzioni alcoliche od a base di etere che favorirebbero la disidratazione dell’unghia rendendola più fragile. I prodotti consigliati per la terapia dell’onicomicosi sono: soluzione acquosa di iodio (Betadine),antimicotici diluiti al 30 % in Dimetilsulfossido e prodotti specifici (es.Keratex) in vendita presso ditte specializzate in articoli per mascalcia. Quando l’infezione è molto estesa si può ricorrere a pediluvi con Biossido di Cloro (fig.8). Ogni qualvolta durante il pareggio ci accorgiamo della presenza di piccole separazioni della linea bianca, queste andranno pulite (fig.9), disinfettate e riempite di sostanze medicamentose (es. Keratex cera) al fine di bloccare sul nascere l’infezione (fig.11 - fig.12). Una appropriata integrazione della dieta, un corretto bilanciamento dello zoccolo, un rispetto degli intervalli di ferratura e l’esecuzione a caldo della stessa sono fondamentali per la prevenzione del “tarlo” (fig.10). • 30 UOFAA informa - 1/2014 Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura SCHEDA TECNICA PROFESSIONI AGRONOMO-ZOONOMO: UN PO’ DI CHIAREZZA! Quadro informativo circa il titolo professionale spettante ai laureati in Scienze delle produzioni animali e successivi ordinamenti didattici. a cura di Roberto Napolano - presidente Direttivo nazionale Fidspa - [email protected] S pesso i neolaureati (e non solo) confondono il titolo di studio conseguito, con il titolo professionale. Se è pur vero che la laurea ha un valore legale, questa in quanto tale non dà la possibilità di esercitare la libera professione. Infatti, la normativa prevede che l’accesso alla professione avvenga previo supermento di esame di Stato (abilitazione) e iscrizione al relativo albo professionale. Nella fattispecie dei laureati in “Scienze delle produzioni animali” (SPA) e successivi ordinamenti didattici, in virtù della legge sull’equipollenza con la laurea in “Scienze agrarie”, il titolo professionale conseguibile con l’iscrizione all’albo è quello di d ottore agronom o. Il testo unico della Legge n. 971 del 28 dicembre 1977 recita: “La laurea in scienze della produzione animale, conferita dalle università statali e da quelle non statali riconosciute per rilasciare titoli aventi valore legale, è dichiarata equipollente alla laurea in scienze agrarie ai fini dell’ammissione ai pubblici impieghi ed all’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore agronomo e per l’iscrizione, in apposita sezione, nel relativo albo professionale”. Il titolo di dottore agronomo definisce una precisa figura professionale, le cui competenze sono circoscritte da una specifica legislazione. In particolare, la Legge 10 febbraio 1992 n. 152 che modifica la legge 7 gennaio 1976 n. 3, disciplina ed elenca le ampie attività professionali esercitabili dal dottore agronomo e dottore forestale.Tra queste, alla lettera i dell’articolo 2, si evidenziano le attività zootecniche, quali: “l’alimentazione e l’allevamento degli animali, nonché la conservazione, il commercio, l’utilizzazione e la trasformazione dei relativi prodotti”. Questa legislazione regola i titoli di professionali spettanti a coloro che hanno conseguito lauree a ciclo unico. Con la riforma universitaria (DM 509/1999) che ha previsto l’istituzione di lauree di primo livello (triennali) e secon- do livello (magistrali), anche gli albi professionali sono stati riformati (DPR 328/2001) con l’istituzione di sezioni A per i laureati a ciclo unico e di secondo livello e una sezione B per i laureati di primo livello, detti anche junior. A seguito della riforma l’Ordine degli agronomi agli iscritti alla sezione A spetta il titolo professionale di dottore agronomo, mentre, nell’ambito della sezione B sono stati individuati tre distinti settori: agronomo e forestale, zoonomo, biotecnologico agrario, con l’attribuzione dei relativi specifici titoli professionali. Per il settore zoonomo è stata prevista la possibilità di iscrizione all’albo per i laureati nella classe 40 (Produzioni animali) di cui al DM n. 509 del 1999 e nella classe L38 di cui al DM n. 270 del 2004.Tuttavia, l’istituzione di tale settore è stata oggetto di un ricorso al TAR del Lazio da parte della Federazione nazionale degli ordini dei veterinari italiani (FNOVI), che contestava l’attribuzione di alcune competenze ritenute di appartenenza alla propria categoria e sosteneva inoltre, che con la definizione dello zoonomo si istituisse una nuova figura professionale, cosa che andava contro i vincoli posti allo stesso DPR 328/2001, il quale aveva come obbiettivo il solo riordino dei titoli già esistenti. Tale ricorso è stato in primo grado rigettato dal TAR Lazio. Tuttavia, il Consiglio di Stato, in secondo grado, recependo le contestazioni della FNOVI, con la sentenza n. 1233 del 22 marzo 2005 ha annullato le disposizioni del DPR 328 del 2001 relative alle attività professionali attribuite allo zoonomo, con soppressione della stessa figura professionale di zoonomo. Come conseguenza di tale sentenza l’allora Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, con ordinanza dell’8 giugno 2005, ha soppresso l’esame di stato per l’abilitazione alla professione di zoonomo. Per la risoluzione di tale problematica si disponeva un tavolo tecnico tra il Consiglio dell’Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF), la FNOVI e la Conferenza dei presidi delle Facoltà di agraria e di medicina veterinaria.Il 15 dicembre 2006 il tavolo tecnico raggiungeva un’intesa che prevedeva la reintegrazione della figura dello zoonomo con l’attribuzione di specifiche competenze, concordate tra le parti, in particolare sono riformulate le competenze in materia riproduzione animale e controllo dei prodotti di origine animale: - la consulenza nei settori delle produzioni animali, sia primarie che trasformate – con esclusione degli aspetti sanitari – della loro commercializzazione e marketing; - le attività di difesa dell’ambiente e del benessere animale limitatamente alla valutazione dei requisiti ambientali, strutturali e tecnologici delle tipologie di allevamento del settore delle produzioni animali, nonché la valutazione dell’impatto ambientale degli allevamenti zootecnici; - l’inseminazione artificiale nelle specie animali in produzione zootecnica, esclusa quella equina. Gli uffici del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sollecitati più volte dalle parti interessate, come il CONAF e la FIDSPA (Federazione italiana dei dottori in scienze della produzione animale), hanno condiviso l’opportunità di reintegrare la figura dello zoonomo, sulla base dell’intesa del 15 dicembre 2006, specificando, tuttavia, che ciò può essere ottenuto solo modificando la normativa vigente, quindi con un intervento diretto del Legislatore. Concludendo, ad oggi, la figura dello zoonomo non è stata ancora ripristinata. Ai dottori in SPA/STPA (vecchi ordinamenti) e ai dottori specialistici/magistrali in classe “Produzioni animali” al pari dei laureati in scienze agrarie - previa iscrizione alla sezione A dell’Ordine - spetta il titolo di dottore agronomo. • UOFAA informa - 1/2014 31 KOEPON UNO ROURKE NL000592179575 Maxigen Top 5 BRILL WAIGOO SHERRY MADRE di SUGAR GPFT +2797 IT001990684548 ATT. % 94 RK. % 99 LATTE KG 1065 GRASSO KG 60 PROTEINE KG 41 TIPO ICM IAP 0.18 % 0.05 % 2.55 3.21 2.34 CELL. SOMATICHE 110 LONGEVITÀ 117 FERTILITÀ 103 ALL VEN PLANET SHAKIRA MADRE di INTENSITY IT0020990783737 GIESSE INSEME CLAPTON TV TL + + + + + + + + + + + + + + + - NL000765126720 2.12 1.22 1.10 1.81 0.57 1.96 0.81 2.36 2.51 2.73 3.95 2.91 2.31 3.17 3.24 2.67 0.22 GDWLDQD¿DSULOH BEEZE OPEC TV TL TY NL000544817153 Your Best Breeding Solution ! Inseme Spa Via Cadiane, 181 - Saliceta San Giuliano 41126 - Modena Italy Tel. 0571 41541 - Fax 0571 460259 - [email protected] www.ciz.it