POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BRESCIA - ALLEGATO OPUSCOLI
n. 1/2014 - anno XXXII
Rivista di:
RIPRODUZIONE
E BUONE PRATICHE D’ALLEVAMENTO
INSERTO
Periodico dell’Unione Operatori di Fecondazione Artificiale Animale
Figlia di AIRGON:
Airgon Milla IT034990574862
Ferraroni Luca, Pilastrello (PR)
Figlia di AIRGON: Ata IT019990917830
Groppelli Costante e Andrea, Bagnolo Cremasco (CR)
Figlia di ZEBER: Giorgia IT019990881626
Mazzolari Massimo, Castelverde (CR)
SCHEDA TECNICA
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
ATTUALITÀ
I CORSI UOFAA
U
OFAA organizza in collaborazione
con varie organizzazioni e in particolare con le Associazioni
Provinciali Allevatori corsi in fecondazione
artificiale, mascalcia, benessere animale
(D.Legge 146/01 - Direttiva 98/58 CE), trasformazioni delle carni (norcineria), infortunistica (uso dell’azoto liquido), castrazione suinetti (d.l.53/2004), addetti alla manipolazione
degli alimenti (D.Lgs,193/207 e legge R.L.
n°12-ex libretto sanitario), autotrasporto degli
animali (Regolamento CE 1/2005);
- corsi di aggiornamento rivolti ad allevatori
e/o tecnici che operano nel settore dell’allevamento bovino, suino, equino e caprino;
- corsi di antinfortunistica per imprenditori e
dipendenti D.Lgs. 81/2008. Abilitazione alla
conduzione di trattori agricoli gommati.
Corsi finanziati dalla Regione Lombardia con Decreto n. 12782 del 27/12/2013.
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
• Milano PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Pavia PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Brescia PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Sondrio PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Lodi PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Mantova PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Bergamo PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Cremona PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Como PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Lecco PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Varese PSR 111 A (ore 50) Corso di riproduzione bovina
• Corso Sicurezza RSPP - PSR 111 a Pavia
• Corso Sicurezza RSPP - PSR 111 a Lodi
• Corso Sicurezza RSPP - PSR 111 a Milano
Regione Veneto: le tariffe per gli interventi di FA
iportiamo la delibera della Commissione Tecnica per la Zootecnia in Regione Veneto che stabilisce la tariffa da applicare nelle varie province di detta Regione per gli interventi di FA effettuate da operatori per conto terzi. Le tariffe
ufficialmente adottate sono le uniche in Italia e possono, a nostro parere, essere prese da riferimento per tutti operatori. La tariffa di FA riguardante la specie bovina, per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2013 è riportata in tabella.
R
Nel 2014 le tariffe verranno solo aggiornate in base all’importo dell’inflazione
Tariffe provincia operatore certificato CIF totale (allegato A) - Tariffa di fecondazione artificiale per la specie bovina.
Periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2013.
PROVINCIA
Belluno zona A
Belluno zona B
Padova
Rovigo
Treviso
Treviso Comunità montana
Venezia
Verona
Verona Comunità montana
Vicenza
Vicenza Comunità montana
OPERATORE
18,11
22,04
14,13
15,58
14,13
14,82
14,82
14,13
14,82
14,13
14,82
CERTIFICATO CIF ELABORAZIONE DATI
1,81
1,81
1,81
1,81
1,81
1,81
1,81
1,81
1,81
1,81
1,81
TOTALE
19,92
23,85
15,94
17,39
15,94
16,63
16,63
15,94
16,63
15,94
16,63
Costo seme non inclusa - La tariffa si intende al netto di IVA
Direttore responsabile: Alfonso De Cicco
Editore
Le Point Vétérinaire Italie s.r.l.
Edizioni Veterinarie Agrozootecniche
Via Medardo Rosso, 11 - 20159 Milano
Tel. 02 60 85 231 (8 linee) - Telefax 02 668 28 66
[email protected] - www.pointvet.it
Proprietà
Unione Operatori Fecondazione Artificiale Animale
Presidente: Roberto Spelta
Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012
n. 53/CSR e in attuazione del D.Lgs.
81/2008, durata di una giornata comprensiva
delle verifiche intermedia e finale necessarie
per conseguire l’abilitazione (solo per personale con almeno due anni di attività nel settore);
- corso di gestione della vitellaia e assistenza al
parto della bovina.
Corsi per istituti scolastici
e università
a richiesta di partecipazione ai nostri corsi di FA
da parte di studenti iscritti o a corsi di laurea delle
Facoltà di Medicina Veterinaria e di Scienze Agrarie,
o da parte di studenti di Istituti Tecnico Agrari è venuta, nel corso degli ultimi anni, ad ampliarsi in modo
considerevole. Si è quindi verificata la possibilità di
prevedere convenzioni con le Facoltà e Istituti stessi
in modo da organizzare corsi che tenessero conto
delle esigenze ed al contempo della preparazione scolastica degli allievi. In questa ottica sono stati previsti
crediti formativi a quegli studenti che già abbiano
positivamente frequentato corsi inerenti gli argomenti presenti nel programma di formazione per la F.A.,
dando invece maggior spazio alle ore di formazione
pratica sugli animali, e nel contempo si è reso possibile contenere il costo di partecipazione al corso.
Esperienze positive di questa collaborazione si sono
registrate già negli anni scorsi, e altre sono in sviluppo attualmente, sia con Istituti scolastici quali l’ITAS
di Codogno (PC), di Noverasco (MI), di Treviglio (BG)
e San Michele all’Adige (TN) sia con Facoltà
Universitarie quali quelle di Medicina Veterinaria di
Milano e di Parma, o quelle di Scienze Agrarie di
Milano e di Piacenza.
L
UOFAA Informa: il numero 2
sarà inviato per e-mail
Il numero 2 della rivista UOFAA Informa sarà
inviato per e-mail in formato PDF con la tecnica
sfogliabile.
Gli associati in regola con il pagamento della
quota associativa e gli abbonati sono pregati di
comunicarci il loro indirizzo e-mail.
UOFAA informa • Anno XXXII • n. 1/2014
Reg. presso il Tribunale di Pavia con il n° 278 del 08-02-1983
Direzione, redazione tecnica e amministrazione
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3
TITOLI E FACILITÀ PARTO
cosapam
PADRE DI TORI INTERNAZIONALE
s0EDIGREEFUORILINEAn
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s3PECIALISTAINPARTIFACILI
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SCHEDA TECNICA
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
RICERCA
IL PROGETTO EULAT:
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E
BENESSERE ANIMALE IN LOMBARDIA
a cura di Silvana Mattiello1, Luciana Bava2, Milena Brasca3
1
DIVET, Università degli Studi di Milano, 2 DISAA, Università degli Studi di Milano, 3 ISPA, CNR, Milano
S
ostenibilità ambientale e benessere
animale negli allevamenti zootecnici
sono da alcuni anni due delle principali tematiche che suscitano attenzione e
preoccupazione da parte sia delle istituzioni,
che dell’opinione pubblica. Per cercare di
comprendere come realmente gli allevatori
stiano operando su questi due fronti è stato
condotto un lavoro di indagine in alcune
stalle di bovine da latte, grazie a un progetto
triennale finanziato dalla Regione
Lombardia (progetto Eulat n. 1726). Il progetto è coordinato dall’Istituto di Scienze
delle Produzioni Alimentari del CNR, con
la collaborazione dell’Università degli Studi
di Milano, della Cooperativa Santangiolina,
del Consiglio per la Ricerca e la
Sperimentazione in Agricoltura (CRA) e
del Servizio di Assistenza Tecnica agli
Allevatori (SATA) dell’ARAL.
L’obiettivo del progetto di ricerca è quello
di caratterizzare dei modelli di aziende zootecniche rappresentative della realtà lombarda per quanto attiene la sostenibilità
ambientale, il livello di benessere animale e
le caratteristiche qualitative di latte e derivati, con particolare riferimento alla produzione di Grana Padano. Si è quindi operato
in modo tale da distinguere le realtà produttive maggiormente virtuose e i prodotti con
le migliori caratteristiche qualitative. Il percorso considera tutti i processi della filiera
produttiva: la coltivazione delle essenze
foraggere, la composizione della razione, la
gestione della mandria in stalla e in sala di
mungitura, lo spandimento dei liquami, la
gestione del territorio, le modalità di stoccaggio e di vendita del latte crudo e la sua
trasformazione.
microbiologiche e chimiche. È stato inoltre
valutato l’impatto ambientale delle aziende
mediante la valutazione del Carbon
Footprint con il metodo LCA e la valutazione del bilancio dell’azoto a livello aziendale.
Le aziende sono state suddivise in tre gruppi in base alla collocazione geografica:
- aziende di pianura appartenenti alla provincie di Lodi e Milano (10 aziende);
- aziende collinari collocate nella provincia
di Mantova (9 aziende);
- aziende pedemontane delle provincie di
Lecco, Como e Monza-Brianza (9 aziende).
Risultati
Foto 1 - Esempio di bovina che presenta la malformazione detta “spalle aperte”.
Sono quindi state individuate 28 aziende di
bovini conferenti di un’unica cooperativa di
produttori. In ciascuna azienda sono state
raccolte informazioni relative alla razione
somministrata, alla composizione della mandria, al latte prodotto e alle modalità di coltivazione dei foraggi aziendali. Al fine di
verificare il livello di benessere animale, sia
durante la stagione estiva che durante quella invernale, sono stati effettuati alcuni rilievi volti alla stima delle condizioni corporee
e sanitarie delle bovine, alla valutazione del
rispetto dei fabbisogni etologici e alla misurazione della qualità del rapporto uomoanimale. Sono stati inoltre raccolti campioni
di latte, che sono stati utilizzati per le analisi
Le caratteristiche aziendali medie delle tre
zone sono mostrate nella tabella 1. La superficie aziendale è mediamente inferiore nelle
aziende situate in Provincia di Mantova
rispetto alle altre Province. La tipologia dei
sistemi foraggieri si è differenziata a seconda
della zona, la superficie a mais da insilato (I
e II raccolto) è risultata pari a 36,4±13,6 ha
a Como-Lecco, 52,7±24,4 ha a Lodi e di
25,6±23,9 ha a Mantova. La pratica dell’avvicendamento silomais-loiessa è risultata
diffusa soprattutto nel lodigiano. Differenze
importanti si sono evidenziate anche per
quanto riguarda il carico di bestiame: le
aziende situate in provincia di Lodi sono
risultate le più intensive. La tipologia stabulativa praticata nelle aziende di Lodi e di
Como-Lecco è esclusivamente la stabulazione libera, mentre nelle stalle di Mantova la
tipologia prevalente è la stabulazione fissa.
Le aziende del mantovano sono caratterizzate da una maggior presenza di foraggi nella
UOFAA informa - 1/2014
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SCHEDA TECNICA
RICERCA
razione degli animali in lattazione.
L’autosufficienza alimentare, espressa come
percentuale della sostanza secca della razione prodotta in azienda, è risultata più elevata nelle aziende del mantovano, che sono
solite acquistare pochi alimenti al di fuori
dell’azienda. Le aziende più efficienti (l’efficienza è stata valutata come quantità di
sostanza secca ingerita giornalmente dalle
bovine sulla quantità di latte prodotto) sono
risultate quelle di CO-LC e ciò è dovuto
all’elevata produzione di latte registrata in
queste aziende.
Per valutare l’impatto ambientale delle
aziende sono stati presi in considerazioni due
parametri: il surplus di azoto e il Carbon
footprint. Il surplus di azoto è stato calcolato
come differenza tra input di azoto sotto
forma di alimenti, lettiera, animali, fertilizzanti e output sotto forma di animali, alimenti, reflui e latte. Questo parametro dà
un’indicazione di come le aziende siano in
grado di gestire questo importante nutriente. Il valore più basso di input si è registrato
nella provincia di Mantova, che indica la
scarsa dipendenza dal mercato di queste
aziende dovuta soprattutto all’elevata autosufficienza alimentare; l’output più elevato si
è registrato nelle aziende di Lodi. Il surplus
di azoto più basso si è avuto nelle aziende di
Mantova, mentre il valore più elevato si è
avuto nelle aziende di Lodi, che sono anche
le aziende che acquistano di più dal mercato.
La Carbon Footprint è stata calcolata
mediante un approccio Life Cycle Assessment
(LCA). La metodologia LCA valuta e quantifica gli impatti potenziali associati a un prodotto o un processo lungo l’intero ciclo di
vita, dall’acquisizione delle materie prime
fino allo smaltimento (“from cradle to grave”).
Nel nostro caso il metodo ha considerato le
emissioni di CO2 legate sia alla produzione e
ai trasporti dei prodotti acquistati dall’azienda (alimenti, lettiera, fertilizzanti, pesticidi,
animali, ecc.), che alle emissioni prodotte dall’azienda stessa (produzione degli alimenti,
impianto di mungitura, ecc.). Il dato di CF
viene espresso per kg di latte corretto per
grasso e proteine (FPCM). In questo caso le
aziende che si rivelate più virtuose sono state
quelle di CO-LC e questo è dovuto alla loro
migliore efficienza produttiva.
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UOFAA informa - 1/2014
Per quanto riguarda il benessere animale, gia che, a sua volta, può causare un dimagrisono state osservate alcune differenze tra mento dell’animale (Fox et al., 1988;Young,
Provincie relativamente ai parametri consi- 1975).
derati; per taluni di questi parametri tali dif- Altro parametro che ha mostrato un peggioferenze si sono manifestate solo nella stagio- ramento durante il periodo invernale è la
ne invernale, viceversa per altri parametri. presenza di animali con diarrea. In inverno
Ad esempio, in estate le condizioni corporee questo sintomo si è manifestato con fredegli animali (misurate secondo uno pun- quenza maggiore in tutte le aree geografiche
teggio BCS a tre livelli: troppo magra, nor- indagate, anche se tale variazione è risultata
male, troppo grassa) sono risultate buone e statisticamente significativa (P < 0,05) solo
tendenzialmente simili nelle tre aree geogra- per le aziende di Lodi (figura 2). L’aumento
fiche; tuttavia, durante il periodo invernale dei casi di diarrea nei mesi invernali è prola percentuale di bovine troppo magre è babilmente dovuto al fatto che una bassa
risultata statisticamente maggiore
nelle aziende di CO-LC (P <
0,01; figura 1). In queste Provincie
infatti sono state rilevate le temperature invernali medie più
basse, con temperature massime
che non hanno mai superato i 13°
C, mentre nelle altre Province
hanno ampiamente superato i 20°
C. In queste zone collinari e
pedemontane il clima è più freddo e rigido ed è noto che un
periodo prolungato di freddo,
piogge, neve e vento può causare Figura 1. Percentuale di bovine troppo magre nelle tre aree geoun aumento del consumo di ener- grafiche considerate nelle due stagioni di rilievo.
Tabella 1. Descrizione del campione per zona.
Aziende
Superficie aziendale
Superficie a medica
Superficie a prato
Superficie a mais da insilato
Vacche totali
Carico di bestiame
Autosufficienza alimentare
Produzione lattea giornaliera
Produzione lattea
Efficienza produttiva
ha
% tot
% tot
% tot
UBA/ha
%
FPCM kg capo
FPCM kg/ha
SSI/kg latte
Como-Lecco
9
Media
dev.st
40.6
32.5
1.39
2.76
54.3
18.0
36.4
13.6
87.7
54.2
3.61
1.66
58.1
11.6
30.0
3.39
21928 11090
1.38
0.16
Lodi
Mantova
10
9
Media dev.st Media dev.st
53.7
27.4
22.1 9.85
0.45
1.42
19.3 16.8
30.1
19.7
46.0 35.4
52.7
24.4
25.6 23.9
131
44.4
50.6 23.9
5.12
3.95
3.43 0.85
63.1
19.7
70.3 15.3
27.2
2.91
24.0 4.57
25099 16348 17166 5391
1.28
0.12
1.23 0.19
Tabella 2. La valutazione dell’impatto ambientale delle aziende.
Aziende
Input di azoto
Output di azoto
Surplus dell’azoto
Carbon footprint
kg/ha
kg/ha
kg/ha
Kg CO2 eq./kg FPCM
Como-Lecco
9
Media
dev.st
731
295
134
74
597
228
1.163 0.149
Lodi
Mantova
10
9
Media dev.st Media dev.st
978
746
540
189
174
138
128
51
804
614
411
163
1.283 0.127 1.292 0.198
SCHEDA TECNICA
RICERCA
della Provincia di Lodi. In questo affermato di effettuare il controllo e il paregsenso, l’elevato numero di anima- giamento degli unghioni una volta all’anno,
li renderebbe più difficile per l’al- proprio durante il periodo invernale. In
levatore riuscire a diagnosticare inverno quindi, grazie alle operazioni di
tempestivamente disturbi podali, pareggiamento, i valori di Mantova si sono
che a lungo andare possono por- riallineati con quelli delle altre Provincie
tare alla comparsa di questa pro- (figura 4), dimostrando come un corretto
blematica. Queste differenze management sia in grado di tamponare gli
sono più marcate nel periodo nel effetti negativi derivanti da problemi strutperiodo estivo (P < 0,01), meno turali.
in quello invernale. Infatti, in Un altro problema legato alla tipologia staFigura 2. Percentuale di bovine con diarrea nelle tre aree geo- inverno la frequenza di zoppie bulativa a posta fissa è la presenza di bovine
nelle Provincie di Como-Lecco con spalle aperte (foto 1), che si è infatti
grafiche considerate nelle due stagioni di rilievo.
(dove sono presenti anche alcune manifestata con frequenze leggermente
temperatura esterna può indurre ipotermia stalle di notevoli dimensioni) aumenta maggiori nella Provincia di Mantova, dove
e può predisporre gli animali ad alcune rispetto al periodo estivo, seppure in modo quasi il 4% delle bovine ha presentato tale
malattie enteriche, virali o batteriche (Fox et non significativo, e raggiunge
al., 1988; Christopherson, 1985; Webster, livelli simili a quelli riscontrati
1971). Al di là dell’effetto stagionale, vale la nelle stalle di Lodi. Questo
pena di segnalare che, sia in estate che in potrebbe essere dovuto al fatto
inverno, la percentuale di bovine con diarrea che alcuni allevatori delle
è risultata più elevata nelle stalle in provin- Provincie di Como-Lecco hanno
cia di Lodi (figura 2), dove, come abbiamo affermato che, a causa del freddo
visto, la razione prevede la somministrazione rigido e intenso dei mesi invernadi importanti quote di silomais e mangimi li, il tempo trascorso per curare e
concentrati che, in assenza di una debita controllare le bovine è stato ridotintegrazione con una quota di fieno secco, to e ciò potrebbe aver reso più
può portare allo sviluppo di questa sintoma- difficile diagnosticare in tempo
alcuni disturbi podali, sfociati poi
tologia (Calamari et al., 2007).
La presenza di zoppie è risultata più elevata in zoppie.
Figura 4. Percentuale di bovine con unghioni non conformi nelle
nella Provincia di Lodi in entrambe le sta- La non corretta conformazione tre aree geografiche considerate nelle due stagioni di rilievo.
gioni (figura 3). In linea con quanto ripor- degli unghioni si è rivelata una
tato da Alban et al. (1996), questo risultato è delle problematiche più frequenti negli alle- malformazione fisica (presente solo nello
probabilmente attribuibile all’elevata vamenti visitati. In estate, questo indicatore 0,4% e 0,3% delle bovine nelle provincie di
dimensione aziendale riscontrata nelle stalle si è presentato con valori significativamente Lodi e Como-Lecco, rispettivamente).
più elevati negli allevamenti di Per contro, in Provincia di Mantova è stato
Mantova (P < 0,05), probabil- rilevato un miglior rapporto uomo-animale,
mente in relazione alla tipologia indicato da una minor distanza di evitamenstabulativa prevalente, che in que- to delle bovine in risposta all’avvicinamento
ste aziende, come abbiamo visto, è dello sperimentatore alla mangiatoia.
rappresentata dalla posta fissa. Questo risultato conferma quanto già riporInfatti, l’assenza di movimento tato in precedenti studi, che evidenziavano
caratteristica della stabulazione come il rapporto tra animale e uomo sia più
fissa è causa di un mancato consu- stretto nelle stalle a stabulazione fissa dove, a
mo degli unghioni, che può favo- causa della scarsa meccanizzazione e grazie
rire l’incidenza di lesioni podali e anche alle minori dimensioni aziendali, l’alla non conformità degli unghioni. levatore si trova più direttamente in contatIn inverno, invece, non sono state to con gli animali e riesce quindi a instaurariscontrate differenze significative re un miglior rapporto con essi.
tra Provincie, probabilmente gra- Per quanto riguarda gli altri parametri comFigura 3. Percentuale di bovine con zoppie nelle tre aree geo- zie al fatto che in Provincia di portamentali rilevati, le principali problemagrafiche considerate nelle due stagioni di rilievo.
Mantova alcuni allevatori hanno tiche riscontrate sono quelle relative alla
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UOFAA informa - 1/2014
SCHEDA TECNICA
RICERCA
che si è verificata nel 10,7% dei movimenti
di transizione osservati. Relativamente a
questi indicatori, non si sono registrate differenze significative tra aree geografiche.
La presenza di lesioni e tumefazioni è stata
riscontrata con frequenze basse e simili tra
aree geografiche, ma con manifestazioni che
in alcuni casi risultavano decisamente evidenti e piuttosto gravi (foto 2 e 3).
Foto 2 - Presenza di una lesione marcata su un arto
posteriore.
postura di decubito, che è risultato non corretto (con la parte posteriore dell’animale
sporgente dal margine dell’area di riposo o
comunque con evidenti segni di compressione o disagio a carico del treno posteriore
e della mammella) nel 13,6% degli animali
osservati, e alla collisione con le strutture
durante i movimenti di alzata/coricamento,
Foto 3 - Presenza di un’evidente tumefazione su un
arto posteriore.
Conclusioni
I risultati preliminari di questo progetto
indicano che i fattori che possono influenzare il livello di sostenibilità ambientale e di
benessere animale sono vari e vanno dalle
condizioni stabulative e di management a
quelle ambientali.
Al momento, nelle situazioni considerate,
non sembra possibile identificare una situazione “ideale”, in quanto in ogni situazione
sono stati individuati sia dei fattori limitanti, che dei punti di forza.
Tuttavia, possiamo affermare che nella zona
di Como-Lecco sono state individuate le
situazioni mediamente più virtuose, anche
se la collocazione geografica collinare/pedemontana ha portato a un peggioramento
del livello di benessere nella stagione invernale. •
BIOSICUREZZA NELL’ALLEVAMENTO DELLA BOVINA DA LATTE
STRATEGIA A DIFESA DELLA MANDRIA E DELLA SUA PRODUZIONE
AUTORE: SPELTA CHIARA, MEDICO
VETERINARIO
a biosicurezza è lo strumento più efficace e allo stesso tempo più economico per il controllo delle
malattie, soprattutto se si considera che ridurre l’ingresso di un patogeno in azienda significa
innanzitutto non compromettere la produttività, limitare il tempo impiegato a trattare gli animali,
ridurre le spese veterinarie e per i farmaci.
La biosicurezza è una valida strategia che non richiede investimento di capitali, ma solo una gestione
più consapevole da parte dell’allevatore, che è responsabile della salute dei propri animali e della
sicurezza alimentare del latte che produce in azienda.
Con quest’opuscolo si vogliono offrire, all’allevatore e ai suoi collaboratori, spunti di riflessione per
affrontare, insieme al veterinario, i punti critici gestionali dell’azienda e confermare le iniziative già
messe in atto per ridurre l’ingresso e la diffusione delle patologie nella mandria.
Gli argomenti trattati nella pubblicazione sono:
- quando e come si sviluppa e diffonde un patogeno;
- come si difende la bovina;
- l’importanza di riconoscere tempestivamente i primi segni di malattia;
- le basi della biosicurezza: aumentare la resistenza della bovina; ridurre l’esposizione degli animali
ai patogeni tramite isolamento dei soggetti malati e di quelli di nuova introduzione; controllo degli accessi in azienda; controllo d’insetti, roditori e uccelli; miglioramento delle condizioni igieniche;
- biosicurezza nella prevenzione delle mastiti;
- biosicurezza nelle pratiche di fecondazione artificiale e nella gestione della monta naturale;
- biosicurezza in sala parto e nelle prime cure al vitello;
- biosicurezza e salute del personale che lavora in allevamento.
L
L’opuscolo è stato realizzato nell’ambito di un progetto di divulgazione previsto dal Piano
di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia Misura 111B della Provincia di Cremona e sono disponibili
in formato cartaceo presso la sede UOFAA o scaricabili on line dal nuovo sito www.uofaa.it
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SCHEDA TECNICA
GENETICA
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
PRODUCTIVE LIFE (PL):
LONGEVITÀ… MA NON SOLO!
a cura di Nate Zwald
US Sales manager, collaborazione Alta
U
tilizzare l’indice PL nella scelta dei
tori non solo porta ad avere animali che durano di più in allevamento, ma anche ad avere animali più efficienti, con minori problemi metabolici e
riproduttivi. Verrà qui mostrato, con reali
dati di campo, quanto sia importante porre
attenzione anche a questo carattere quando
si definisce un piano di miglioramento
genetico di un allevamento.
In un ipotetico mondo ideale degli allevatori, la regola dovrebbe essere che tutte le
vacche producono in maniera efficiente
grandi quantità di latte per diverse lattazioni, senza problemi di transizione, né problemi metabolici o all’apparato mammario,
oppure traumi che portino a una loro anticipata riforma. In altre parole, l’ideale sarebbe avere una stalla fatta solo di “vacche dai
4 eventi”: parto, fecondazione, diagnosi di
gravidanza positiva, messa in asciutta.
Il management e l’ambiente hanno sicuramente un grande impatto sulla lunghezza
della vita produttiva di una vacca e sui
motivi per i quali le vacche lasciano l’allevamento (cause riproduttive, bassa produzione, mastiti e zoppie), ma, indipendentemente da quale sia la causa, alcune vacche
escono e altre invece restano in stalla.
Bisogna quindi porsi la domanda se sia possibile utilizzare gli indici genetici non solo
per prevedere quale vacca lascerà l’allevamento e quando questo succederà, ma
anche quale vacca sarà la più sana e la più
efficiente da un punto di
vista produttivo.
In questo interessante articolo Nate Zwald di Alta mostra con reali dati di campo quanto sia importante
porre attenzione sempre più all’indice Productive Life (PL) nella scelta dei tori, quando si definisce un piano
di miglioramento genetico di un allevamento.
vità) è disponibile in USA dal 1994. Da
allora, successivi studi e aggiustamenti
hanno aumentato l’accuratezza di questo
carattere.
Produttive life (PL):
cos’è?
L’indice Productive life (PL
– vita produttiva o longe-
10 UOFAA informa - 1/2014
Tabella. Incidenza della PL sulle diverse cause di rimonta.
L’indice attuale ci dice quanti mesi in più (o
in meno) una vacca potrà rimanere in stalla
rispetto alle sue contemporanee. Siccome
non disponiamo dell’esatto valore di longevità per ogni singola vacca
fino a quando questa non
avrà lasciato l’allevamento,
per avere una precoce e affidabile stima della PL si utilizzano altri caratteri quali:
DPR (Daughter pregancy rate
– fertilità delle figlie), DCE
SCHEDA TECNICA
GENETICA
ro, tutte le vacche sono state suddivise in
quattro gruppi in base al loro indice genetico per PL.
Il gruppo con la più alta PL aveva un indice medio di 2,2 PL, mentre il gruppo peggiore aveva un indice medio di -0,7 PL.
Come si evidenzia nella tabella 1, un numero significativamente inferiore di bovine nel
gruppo ad alto indice PL è andato incontro
a problemi del post-partum, ma anche di
aborti, zoppie e mastiti, anche se era il
gruppo più numeroso.
Conclusioni
Cosa significa nella realtà usare bassa o alta PL.
(Daughter calving ease - facilità al parto delle
figlie), SCS (indice cellule somatiche),
caratteri produttivi e UC (l’indice composto mammario).
Attualmente, il termine “Productive life”
viene associato all’idea di avere in stalla vacche più vecchie, più longeve. Molti allevatori riconoscono però che non sempre le
vacche vecchie sono quelle che danno il
maggior reddito in allevamento, specialmente quando il mercato valuta le belle
vacche da riforma non molto meno rispetto al costo di una nuova manza. Inoltre,
riformare le vacche vecchie può essere
un’opportunità per migliorare l’allevamento, poiché le vacche sopra la media difficilmente sono quelle che vengono riformate.
Infatti, selezionare per PL non significa
solamente avere più vacche vecchie; ci aiuta
anche a stimare quali sono le vacche più
facili da gestire: appunto la “vacca dei 4
eventi”.
Dati reali
Se guardiamo i dati reali degli allevamenti,
risulta evidente come la PL sia un’affidabile
indicazione della capacità di una bovina di
rimanere in produzione. Un’analisi condotta negli allevamenti USA ha fornito utili
indicazioni per capire se l’indice PL (dato
genetico) avesse un reale riscontro con la
longevità degli animali in allevamento (dati
12 UOFAA informa - 1/2014
fenotipici).
In questo studio le figlie dei primi 10 tori
per PL, che hanno una media di 6.2 PL,
sono state raggruppate e confrontate con il
gruppo delle figlie dei 10 tori peggiori a PL
(media -4,3).
Nella figura 1 viene riportato il risultato del
confronto fra i due gruppi di figlie alla metà
e alla fine delle prime 4 lattazioni. Dal grafico è evidente che gli allevatori che avevano utilizzato i tori più alti per Productive life
avevano bisogno del 18% in meno di
rimonta, rispetto a quelli che avevano invece utilizzato tori con bassa PL.
Ci sono molti fattori in ogni allevamento
che sono indicativi della possibilità di rimanere più o meno a lungo in stalla. Si è visto
che problemi del post-partum, come la
ritenzione di placenta, la chetosi, la dislocazione dell’abomaso, ma anche le mastiti e le
zoppie, sono correlati alla vita produttiva.
Questi eventi non hanno solo un impatto
sulla longevità in generale, ma ne hanno
anche uno diretto sui costi di gestione per i
trattamenti farmacologici e la mancata produzione di latte.
La domanda che ci si deve porre quindi
non è solamente se il carattere PL serva ad
avere vacche più longeve, ma anche se esso
porta anche a selezionare vacche più sane e
più produttive durante la loro permanenza
in stalla. In uno studio condotto in un allevamento di 2.000 vacche per un anno inte-
La correlazione tra la PL e la salute degli
animali in allevamento è più che evidente!
Anche se questi eventi non hanno un
impatto diretto sull’indice PL dei tori, è
chiaro che un’alta PL porta ad avere vacche
più sane – la vacca dei 4 eventi – più efficienti e che richiedono meno interventi e
minori costi. Anche se la PL non è certamente l’unico dei caratteri da considerare,
quando in un allevamento si definisce un
programma di selezione, determinando
quindi quanta importanza dare a ciascun
carattere, ci sono alcune cose da tenere bene
a mente:
• alti indici di PL portano, in maniera evidente, ad avere vacche che rimangono più a
lungo in allevamento e quindi ad avere
minore necessità di rimonta;
• una più alta PL ha una diretta e alta correlazione con una minore incidenza di
problemi nel post-partum, di zoppie e di
mastiti, e quindi un grande beneficio in
termini di maggiore produzione e minori
costi;
• anche se non possiamo prevedere in che
direzione andrà il valore degli animali da
riformare e quelli da rimonta fra 4/5 anni,
le vacche che saranno in produzione allora
dipendono dalle odierne decisioni selettive
e quindi siamo nella condizione di poter
decidere per una maggiore o minore riforma “volontaria” delle nostre vacche;
• prendere in considerazione il carattere PL
nella definizione del piano di miglioramento genetico significa avere vacche più longeve e una maggiore efficienza produttiva
della mandria. •
UOFAA INFORMA
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
a cura di Delia Pertici
Tipica curva di lattazione.
prod. latte/giorno
SCELTO
(E TRADOTTO)
PER VOI
RASSEGNA
periodo di guadagno
periodo
in pareggio
perdita
periodo
asciutta
parto
giorni in latte
bordo box cieco
LE CONDIZIONI DELL’AREA
PARTO INFLUISCONO SUL COMPORTAMENTO, IL METABOLISMO
E LA PRODUZIONE
na gestione sbagliata della zona parto può
essere causa di stress, può interrompere lo
svolgersi del travaglio e può compromettere il
benessere e la performance delle vacche.
Modificare le attuali zone parto aggiungendo
un’area dove la vacca può stare da sola, potrebbe dare alla vacca la possibilità di isolarsi dopo
il parto ed anche impedire che il processo del
parto venga interrotto, poiché le vacche non
sarebbero più spostate in un luogo poco familiare.
Tra gli obiettivi di una buona gestione dell’area parto dovrebbero esserci quelli di:
• promuovere il comfort dell’animale e un
ambiente poco stressante;
• ridurre al minimo i rischi per la salute della
vacca e del vitello;
• offrire ai dipendenti un ambiente adatto per
lavorare con la vacca e il vitello;
• fornire alla vacca l’opportunità di isolarsi.
I ricercatori del Miner Institute hanno di
recente indagato sugli effetti che l’ambiente
della zona parto ha sulle primipare prima del
parto e durante i primi 21 giorni di lattazione.
Lo studio aveva lo scopo di determinare l’effetto della gestione della zona parto sul comportamento della bovina, sui metaboliti del
sangue e sulla produzione di latte in manze
Holstein durante i primi 21 giorni in latte. Per
questo, durante i 21 giorni prima del parto, 54
manze sono state alloggiate in una stalla con
lettiera permanente cui era stato aggiunto un
box cieco di 4,6 - 4 m (vedi figura).
Dopodiché, in prossimità del parto, alcune
sono state spostate in un box singolo (IND; n
= 24), ed altre (GRP; n = 30) sono state lascia-
U
auto catturanti
te sulla lettiera in
abbeveratoi
gruppo. Dopo il
parto, le manze sono
state alloggiate in
box singolo
box singolo
cuccette, alimentate
con unifeed e munte
lettiera permanente
tre volte al giorno. Il
momento del parto, il
box singolo
box cieco
tempo passato in
piedi e il tempo passato a ruminare sono
stati monitorati usando l’osservazione visiva, insieme a video-ripre- dere decisioni di gestione atte a ridurre al
se e vari altri sistemi di raccolta dati. È stata minimo situazioni che possano ritardare il noranche monitorata la difficoltà di parto, cui è male progredire del travaglio e la ripresa della
stato assegnato un punteggio da 1 a 5, dove 1 ruminazione dopo il parto. Questi dati sono
corrispondeva ad un parto facile e 5 ad un stati riferiti durante l’incontro annuale 2013
parto difficile. Le manze IND sono state nel della American Dairy Science Association.
box singolo per 89 ± 10 minuti prima del
parto. Il travaglio è durato 98 e 124 minuti QUANTO COSTA
rispettivamente per le manze GRP e le manze LA RIPRODUZIONE?
IND. Il peso del vitello alla nascita (38,0 ± 1,1
i sono molti modi per misurare il costo
kg) e il punteggio della difficoltà di parto (1.7
della riproduzione, sia dal punto di vista
± 0.2) non sono stati influenzati dal trattamento (P > 0.10). Durante le due ore prima del positivo che negativo della performance. Per
parto, il trattamento non ha influenzato il esempio, per stabilire il successo economico di
tempo passato in piedi o a ruminare (10 ± 2 un programma riproduttivo si fa riferimento al
min), e durante le 12 ore successive al parto il valore in dollari di una gravidanza. I valori
trattamento non ha influenzato il tempo in esatti variano da azienda d’azienda e da studio
piedi, ma le manze in gruppo (GRP) tenden- a studio..., ma secondo il Manuale sulla
zialmente hanno passato più tempo a rumina- Riproduzione della Università del Missouri
re. Durante i primi 21 giorni lattazione, il trat- del 2009, il valore di una gravidanza si considetamento non ha influenzato il tempo in piedi ra attorno ai $200- $ 500 (1 , e ogni punto pero la produzione di latte (30.7 ± 1.3 kg/d). Il centuale di aumento del tasso di gravidanza è
tempo di ruminazione giornaliera è risultato stimato essere attorno ai $ 35 per vacca (2,
maggiore nelle manze GRP rispetto alle mentre un aumento nei giorni vuoti (cioè l’inmanze IND. L’area separata è stata usata dal dicazione di una performance negativa) si può
40% delle manze GRP al momento del parto stimare attorno a $ 0,50 e $ 4,50 al giorno,(2 il
e questo può indicare un desiderio di isola- che ha un impatto notevole sulla redditività
mento al parto. I ricercatori hanno concluso dell’azienda da latte.
che in prossimità del parto, si dovrebbero pren- È emerso però anche un terzo e più onni-
C
UOFAA informa - 1/2014
13
UOFAA INFORMA
RASSEGNA
L’INTEGRAZIONE CON OLIGOELEMENTI
FAVORISCE LA SALUTE DELL’UTERO
Diversi patogeni che si trovano nell’apparato riproduttivo hanno un impatto sulla salute dell’utero e sulla
performance riproduttiva, ma i normali livelli di microrganismi presenti nell’utero e la diversità di questi
batteri non sono ancora ben compresi. Questo quanto ha spiegato il dottor Rodrigo Carvalho Bicalho,
veterinario presso la Cornell University, durante l’incontro annuale del Dairy Cattle Reproduction Council,
facendo riferimento a uno studio recente che ha confermato:
• che un’integrazione sistematica con oligoelementi ha avuto un impatto sul profilo dei microrganismi in
utero, diminuendo l’incidenza di alcuni patogeni;
• l’importanza di diversi batteri conosciuti presenti nell’apparato riproduttivo;
• che è importante ottenere ulteriori informazioni sui batteri chiave che influiscono sulla salute dell’utero e sulla performance riproduttiva.
comprensivo aspetto da considerare: l’impatto
della performance riproduttiva sulla produzione di latte.
Dal punto di vista dell’intera lattazione
Pochi potrebbero contestare il fatto che la
riproduzione influisce sulla produzione di latte,
ma le due discipline non sono sempre considerate in tandem, soprattutto quando si discute il
costo della performance riproduttiva; eppure,
uno dei principali fattori che determina la redditività dell’azienda è il quantitativo di latte
venduto per vacca per giorno di vita. (3
L’età al primo parto e la percentuale di tempo
che la vacca passa al picco della lattazione, o la
prima parte della sua curva di lattazione, sono i
due fattori che più influenzano la produzione
totale di latte. Il picco di produzione si verifica
da 5 a 10 settimane dopo il parto, e un alto
livello di produzione viene mantenuto per
diversi mesi, come si vede in Figura 1.
Parlando in generale, circa metà della produzione di una vacca durante la lattazione si verifica nei primi 120 giorni di lattazione, ed è in
questo caso che genera il maggior profitto.
Durante lo stadio successivo della lattazione, il
costo di produzione di latte è uguale al guadagno, e alla fine della lattazione i guadagni e i
costi si invertono, cioè si è in perdita.
Miglior riproduzione significa
più latte e più soldi
Considerando questa tendenza, è facile vedere
che se una vacca ha un maggior numero di
periodi in cui è al picco di lattazione, diventa
più redditizia, quindi anche l’azienda lo sarà. E
il numero di periodi al picco di lattazione è
determinato dal successo riproduttivo; inversa-
Obiettivi per valutare la performance riproduttiva dell’allevamento
MISURA
Interparto
Media giorni al primo calore osservato
Percentuale di vacche osservate in calore dopo 60 giorni di lattazione
Media giorni vuoti alla prima fecondazione
Media giorni vuoti al concepimento
Interventi per concepimento
Tasso concepimento alla prima fecondazione-manze
Tasso concepimento vacche in lattazione
Percentuale intervalli fecondativi tra 18 - 24 giorni
Percentuale vacche vuote oltre 120 giorni
Lunghezza periodo asciutta
Età media al primo parto
Età media al primo intervento
Percentuale di vacche gravide )3 fecondazioni
Percentuale vacche gravide alla diagnosi
Tasso aborti
Tasso riforma per infertilità
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OBIETTIVO
365 - 380 giorni
<40 giorni
>90%
50 - 60 giorni
85 - 100 giorni
1.5 - 1.7
65 - 70%
55 - 60%
>85%
<10%
45 - 60 giorni
24 mesi
15 mesi
90%
80 - 85%
<5%
<10%
mente, una scadente performance riproduttiva
influisce negativamente sui periodi di produzione al picco, il che influisce negativamente
sul successo finanziario globale dell’azienda.
Cattiva riproduzione inoltre tende a significare
intervalli di parto più lunghi, un altro costo
riproduttivo che non viene sempre considerato, questo perché una vacca che è lenta a ingravidarsi di nuovo (sia che questo sia dovuto a un
problema di salute o a problemi di gestione)
passa più tempo nella fase della lattazione in
parità o in perdita, e non ritorna al picco come
dovrebbe. L’enfasi a ridurre gli intervalli di
parto diventa maggiore man mano che le vacche diventano più vecchie.
Per ogni vacca, esiste un momento ottimale
per rimanere gravida, che è soprattutto
influenzato dal livello di produzione, persistenza della lattazione e numero di lattazione. In
generale, quando la produzione diminuisce, il
numero della lattazione aumenta e la persistenza della lattazione diminuisce, le vacche
dovrebbero essere fecondate prima dopo il
parto e la gravidanza raggiunta prima nella lattazione.
Fissatevi degli obiettivi
di miglioramento
Per aiutarvi a mantenere sulla giusta strada la
performance riproduttiva delle vostre vacche,
usate come punto di partenza i seguenti obiettivi. In generale, quasi sempre è l’attenzione ai
dettagli e non necessariamente un grosso investimento di capitale che contribuisce al successo riproduttivo e assicura maggior reddito. •
Fonte:
Dairy Council Reproduction Council, agosto 2013. Riferimenti:
1 University of Missouri Extension. 2009 Dairy Cattle
Reproduction
Manual.
Available
at:
http://dairy.missouri.edu/reproduction/. Accessed on August 2,
2013.
2 Hennip G. Improving Heat Detection Rates and Pregnancy Rates
in Repeat Breeders. Penn State University Extension. Available at:
http://extension.psu.edu/animals/dairy/news/2013/improvingheat-detection-rates-and-pregnancy-rates-in-repeat-breeders. Accessed
- August 16, 2013.
3 Heersche Jr., G. The Importance of Good Reproductive
Performance. University of Kentucky Cooperative Extension Service.
Available at: http://afsdairy.ca.uky.edu/files/extension/reproduction/The_Importance_of_Good_Reproductive_Performance.pdf.
Accessed August 5, 2013.
4 Ribeiro ES, Galvao KN, Thatcher WW, Santos JEP. Economic
Aspects of applying reproductive technologies to dairy herds. J of Anim
Reprod 2012;9(3):370-387.
5 Keown JF, Kononoff PJ. “How to Estimate a Dairy Herd’s
Reproductive Losses.” NebGuide G1652, Nov. 2006.
SCHEDA TECNICA
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
SANITÀ
UN APPROFONDIMENTO
SULLA MASTITE COLIBACILLARE
a cura di Demetrio Herrera
HIPRA - [email protected]
N
onostante gli sforzi di allevatori e tecnici di migliorare lo stato di salute
delle mammelle, la mastite colibacillare continua a rappresentare un problema per
molte aziende zootecniche. Negli allevamenti
in cui la mastite contagiosa è stata praticamente
eliminata e che presentano bassi conteggi cellulari nel serbatoio, il 20-40% degli episodi di
mastite clinica è provocato da coliformi.
Escherichia coli, Klebsiella spp. e, in misura minore,
Enterobacter spp. sono gli agenti più comuni che
vengono isolati in caso di episodi clinici di questo tipo. La presentazione dei sintomi clinici e i
costi da essi derivanti (latte scartato, costi dei
trattamenti, sostituzione dovuta alla morte o alla
soppressione dell’animale ecc.) sono molto
variabili e dipendono principalmente da fattori
correlati all’animale, piuttosto che dalla patogenicità del ceppo coinvolto. Nel presente articolo discuteremo dei fattori predisponenti e delle
misure preventive per combattere tale patologia.
Patogenesi
Escherichia coli e la maggior parte dei batteri
Gram-negativi possiedono, nella membrana
cellulare esterna, una molecola caratteristica e
fondamentale denominata lipopolisaccaride
(LPS). L’LPS è il principale fattore di patogenicità del batterio, in quanto provoca i sintomi
tipici della mastite da coliformi iperacuta.
L’iniezione intramammaria sperimentale di
LPS in animali sani induce gli stessi sintomi, è
dipendente dalla dose e, se quest’ultima è elevata, provoca la morte dell’animale. Il batterio
entra solamente attraverso il canale del capezzolo, si moltiplica rapidamente nella cisterna
mammaria e, durante il processo di moltiplicazione e lisi, la tossicità dell’LPS combinata ad
una potente induzione delle citochine infiammatorie provoca nelle vacche s intom i generalm ente acuti che, una volta seguito il pro-
prio decorso, causano una quasi totale p erdita
di produzione lattea, nonché un’acuta
infiammazione del quarto interessato e, spesso,
perdita di appetito, febbre, apatia, shock e
talvolta m orte. A seconda dello stato immunitario della bovina, la presentazione può essere meno acuta. Meno frequentem ente può
verificarsi anche un’infezione cronica
con episodi recidivanti. La condizione del
sistema immunitario della bovina è fondamentale per limitare la rapida diffusione di E. coli
nella mammella e ridurre l’azione tossica
dell’LPS. I neutrofili svolgono un ruolo essenziale nel combattere le infezioni intramammarie, in quanto responsabili del sequestro, della
soppressione e dell’eliminazione dell’agente
patogeno. Alla loro azione contribuiscono
anche gli anticorpi opsonizzanti, in particolare
le IgG2 e le citochine pro-infiammatorie, che
provocano l’afflusso massiccio dei neutrofili dai
capillari della mammella alla cisterna. La rapida
mobilitazione dei neutrofili nella mammella è
fondamentale ai fini della riduzione degli effetti dei sintomi clinici.
Fattori Predisponenti
La maggior parte delle infezioni intramammarie da coliformi si verifica nelle prime due settimane del periodo di asciutta e, soprattutto, nel
periparto. Inoltre, quasi la metà dei casi clinici
di mastite che si verificano entro i primi 100
giorni nel latte ha origine proprio in questi
due periodi. Pur non essendo limitata esclusivamente al periodo postparto, in un’alta percentuale di casi la presentazione della mastite
colibacillare iperacuta o acuta avviene proprio
in questa fase. Le infezioni intramammarie da
coliformi in fase di lattazione avanzata provocano casi di entità da lieve a moderata, che il
sistema immunitario dell’animale è in grado di
risolvere, passando spesso inosservati.
L’inizio del periodo di asciutta è una fase a
rischio a causa di:
- a um ento della pressione all’interno
della m am m ella che, a volte, provoca
perdita di latte; le siringhe per i trattamenti
antibiotici utilizzate durante l’asciutta lasciano
aperto lo sfintere, consentendo l’ingresso dei
batteri;
- proliferazione batterica sulla cute del
capezzolo, conseguente alla sospensione della
mungitura e alle pratiche di disinfezione pre- e
post-mungitura (pre- e post-dipping);
ritardo nella form azione del tappo di
cheratina. In alcuni casi sono necessari giorni
o settimane affinché il canale del capezzolo si
chiuda;
- scarse misure igieniche durante l’applicazione di cannule intramammarie, con possibilità
di provocare infezioni intramammarie.
Anche il periparto è una fase a rischio, dato che
il sistema immunitario risulta compromesso
per l’azione di diversi fattori:
• Il parto è un evento s tressante per le vacche. I livelli plasmatici di cortisolo subiscono
un elevato aumento fisiologico, necessario a
indurre il parto e la colostrogenesi. Il cortisolo
inibisce la risposta infiammatoria e compromette l’azione dei neutrofili.
• B ilancio energetico negativo (BEN).
Esistono diversi studi che pongono il BEN in
correlazione con le patologie postparto. La
maggiore energia necessaria nel postparto,
combinata a una ridotta capacità di assumerne,
determina la mobilizzazione delle riserve di
grasso che, dopo la metabolizzazione nel fegato, possono provocare chetosi. I corpi chetonici compromettono la capacità di migrazione e
reclutamento dei neutrofili nella mammella,
nonché la fagocitosi, l’ossidazione e la distruzione ad opera di tali cellule.
• S tress. I fattori di stress come il calore, lo
stress metabolico, la competizione, il trasporto,
UOFAA informa - 1/2014
15
SCHEDA TECNICA
SANITÀ
ecc. inducono la secrezione di cortisolo e provocano immunosoppressione. Lo stress è un
circolo vizioso nel post-parto. Se in condizioni
di stress, le vacche mangiano di meno, prolungando o accentuando il BEN e facendo
aumentare l’immunosoppressione.
Altri fattori
La perdita di latte è il risultato dell’aumento della pressione intramammaria alla fine del
periodo di asciutta. Lo sfintere è aperto e consente l’ingresso di agenti patogeni.
La maggior parte degli a ntibiotici somministrati mediante cannule alla messa in asciutta
non garantiscono una copertura per l’intero periodo, soprattutto se è della durata
standard di 60 giorni. La maggior parte dei
prodotti sul mercato, inoltre, esercita un’azione
limitata contro i batteri Gram-negativi.
La mungitura post-parto è spesso difficile a
causa di edemi della mammella e f acilita l’ingresso di aria, e quindi di patogeni,
all’interno della cisterna m am m aria
Trattamento
Il trattamento deve essere incentrato sull’animale e non sul batterio. E. coli si moltiplica
rapidamente all’interno della mammella, raggiungendo le concentrazioni massime in
meno di 12 ore (Erksine et al., 1989). Il riconoscimento dei segni clinici della mastite colibacillare avviene in genere dopo il raggiungimento della concentrazione batterica massima
nella mammella, il che mette in discussione l’adeguatezza del trattamento della mastite colibacillare con antibiotici. Esistono inoltre
numerosi studi che dimostrano la scarsa efficacia della terapia antibiotica contro la mastite da
Gram-negativi. Ci concentrerem o pertanto sul trattam ento sintom atico.
1. Soluzione salina ipertonica ev. Le vacche
devono avere libero accesso ad acqua dolce
pulita.
2. FANS per il controllo della febbre e dell’infiammazione.
3. Calcio, ferro e vitamine A, D ed E per
migliorare la funzionalità dei neutrofili.
4. Mungitura e ossitocina frequenti. Il dolore e
l’infiammazione inibiscono la fuoriuscita del
latte. L’ossitocina aiuta a svuotare la mammella,
consentendo l’eliminazione di un maggior
16 UOFAA informa - 1/2014
numero di batteri.
5. Somministrazione per via parenterale di
antibiotici attivi contro i batteri Gram-negativi (misura preventiva contro la sepsi e non per
il trattamento dell’infezione).
Prevenzione
Vista la scarsa efficacia delle terapie contro la
mastite colibacillare iperacuta, la prevenzione è
il miglior trattamento possibile. Conoscendo i
periodi maggiormente a rischio e i fattori predisponenti, le strategie di prevenzione sono
essenzialmente basate su due approcci:
1. Riduzione dell’esposizione della punta del
capezzolo ai batteri presenti nell’ambiente.
• Massim a igiene nelle aree di riposo delle
vacche, soprattutto nei recinti per l’asciutta nel
pre- e post-parto in quanto si tratta dei periodi di massimo rischio per le infezioni mammarie da parte di coliformi. La pulizia dei box e
delle lettiere sono fondamentali per evitare la
proliferazione di E. coli nelle aree di riposo.
Materiali inerti, quali sabbia e polvere di
marmo, sono più adatti rispetto a paglia, segatura o strame, in quanto riducono la proliferazione batterica.
• Alla mungitura i capezzoli devono essere
asciutti e puliti.
2. Aumento della resistenza dell’animale alle
infezioni.
• Riduzione degli stress di qualsiasi tipo.
• Razioni e strategie di alimentazione che consentono di diminuire il BEN e la relativa durata. L’obiettivo è aumentare al massimo l’apporto di sostanza secca.
• Garantire l’apporto necessario di vitamina E
e selenio nella razione di cibo. Tali elementi
sono importanti per il sistema immunitario e
per potenziare l’attività fagocitaria dei neutrofili. Una loro carenza aumenta le probabilità di
sviluppare mastite, nonché la gravità e la durata dell’infezione.
• Vaccinazione. La vaccinazione contro la
mastite colibacillare è una strategia comunemente utilizzata nelle aziende zootecniche per
la produzione di latte statunitensi (il 40-65%
delle aziende ricorre alla vaccinazione). I vaccini più utilizzati si basano sul ceppo J5 di E.
coli, un mutante privo della catena polisaccaridica O dell’LPS, che lascia esposto il core di
quest’ultimo al sistema immunitario. A differenza della catena polisaccaridica O, nei diversi
batteri Gram-negativi la composizione e la
struttura del core è altamente conservata e, pertanto, risultano efficaci i vaccini con J5 che
inducono l’opsonizzazione di anticorpi “anticore” con immunità crociata contro ceppi
diversi di E. coli e altri batteri Gram-negativi.
L’efficacia della vaccinazione ai fini della protezione dalla mastite colibacillare acuta è stata
dimostrata nell’ambito di diversi studi sul
campo. Da molti lavori, risulta chiaro che
l’immunizzazione con J5 non impedisce lo sviluppo di infezioni intramammarie da coliformi, ma ne riduce la gravità, l’insorgenza di casi
clinici e le perdite economiche collegate ai
decessi o alla macellazione.
Secondo studi economici condotti negli Stati
Unti, un vaccino contro questo tipo di mastite
risulta vantaggioso quando più dell’1% delle
lattazioni è colpito da mastite colibacillare.
In base alla letteratura, la vaccinazione può
costituire uno strumento importante per la
prevenzione della mastite provocata da batteri
Gram-negativi nelle aziende che non presentano questo problema. S e si considera che il
periodo post-parto è il più critico e
quello in cui si verifica la m aggior parte
dei casi per le ragioni indicate in precedenza, l’obiettivo deve essere il rafforzam ento dell’im munità attraverso la vaccinazione degli animali nel periodo di asciutta e la
rivaccinazione prima del parto. Un richiamo
nei primi mesi di lattazione potrebbe essere
opportuno per prolungare la durata dell’immunità. Anche in zone a clima caldo e umido,
in cui l’incidenza può essere elevata durante i
mesi estivi, sottoporre tutti gli animali a un
richiamo potrebbe essere utile ai fini della protezione dell’intera mandria.
Conclusioni
La mastite colibacillare è una condizione
patologica importante in molte aziende
zootecniche per via delle conseguenze economiche che essa comporta. La prevenzione è il migliore strumento per il controllo
di questo problema. La gestione del periodo di asciutta e della fase periparto è fondamentale. Le vacche allevate in box e recinti
puliti, asciutti e confortevoli presentano una
minore incidenza di infezioni intramammarie da coliformi. Inoltre, l’impiego di strate-
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SCHEDA TECNICA
SANITÀ
gie di alimentazione mirate a ridurre il
BEN nel periodo post-parto e la riduzione
degli stress per l’animale contribuiscono a
combattere la mastite iperacuta. Occorre
infine sottolineare che l’adozione di un
protocollo di vaccinazione durante il periodo di asciutta può aiutare a prevenire i casi
clinici provocati da coliformi nelle aziende
in cui è presente il problema. •
Riferimenti bibliografici
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UOFAA INFORMA
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
RASSEGNA INTERNAZIONALE
RASSEGNA
INTERNAZIONALE
Sintesi tratte dalla letteratura tecnico-scientifica
a cura di Riccardo Compiani - [email protected]
MALATTIE INFETTIVE
La prevalenza di febbre Q negli
operatori del comparto latte
a febbre Q è una malattia infettiva sostenuta da Coxiella burnetii che trova nel
bestiame il suo principale serbatoio ed è trasmissibile all’uomo. Pecore, bovini e capre
sono infatti i principali serbatoi che alimentano l’infezione umana anche se è presente in
natura un ciclo animale-zecca e diversi artropodi, roditori, altri mammiferi e uccelli possono giocare un ruolo nell’infezione umana.
L’agente patogeno persiste in feci, urine, latte e
tessuti, tra cui in particolar modo nella placenta e l’uomo si infetta inalando aerosol infetti
ma anche per ingestione di latte infetto non
trattato. La malattia nel bovino è generalmente associata ad aborto e a volte comporta la
comparsa di sintomi generici ed aspecifici
come febbre, abbattimento, ipogalassia e forme
respiratorie. Nell’uomo provoca invece febbre,
grave cefalea, brividi, grave malessere generale,
mialgia, dolori al torace, forme respiratorie
anche molto gravi, endocarditi o epatiti. La
febbre Q è quindi una riconosciuta infezione
occupazionale nelle persone che hanno contatti regolari con i ruminanti e per tali ragioni
è stato effettuato uno studio per valutare la sieroprevalenza di C. burnetii in persone che
vivono o lavorano in allevamenti di bovini da
latte. Da tale indagine è emerso come la sieroprevalenza sia complessivamente del 72,1% in
questa categoria di persone. Nello specifico, è
risultata pari all’87,2 tra gli allevatori, del
54,5% tra le loro mogli e del 44,2% tra i loro
figli. Analizzando i fattori di rischio è emerso
L
come la prevalenza sia maggiore in allevamenti di grandi dimensione, e nei quali vi sia
un’importante presenza di uccelli, roditori o
possibilità di contatto con suini. Bassa prevalenza è stata riscontrata in quegli allevamenti
dotati di sistema di mungitura automatico e in
cui venivano utilizzati di routine guanti
monouso in particolare durante l’assistenza al
parto. Al fine di limitare la diffusione della
malattia tra gli animali e nell’uomo occorre
quindi prestare particolare attenzione alle procedure di biosicurezza.
Coxiella burnetii seroprevalence and risk for humans
on dairy cattle farms, the Netherlands, 2010–2011.
Schimmer B, Schotten N, van Engelen E, Hautvast
JLA, Schneeberger PM, van Duijnhoven YTHP
(2014) Emerg Infect Dis 20(3):417-425
BIOSICUREZZA
Possibili fonti di infezione
da Campylobacter jenuni
ampylobacter jenuni appartiene ad una
famiglia di batteri responsabili di differenti patologie negli animali, e a livello europeo campylobacter rimane il più frequente
agente zoonotico che causa malattia nell’uomo. L’infezione determina prevalentemente
problemi gastroenterici di entità variabile
dalla semplice diarrea a gravi forme di colite.
In alcuni casi possono verificarsi problematiche più gravi come pancreatite, colecistite,
emorragie enteriche, meningite, neuropatie,
polmonite, endocardite e osteomielite e sepsi
neonatali. Nel caso in cui si verifichi la trasmissione materno-fetale campylobacter può
essere causa di aborto o parto prematuro. Il
C
principale serbatoio dell’infezione è rappresentato dalle specie aviari e la trasmissione
all’uomo avviene principalmente attraverso il
consumo di alimenti contaminati, mentre
sono meno frequenti alte forme di contagio
come l’acqua, il contatto diretto con animali
infetti, la trasmissione interumana e la trasmissione materno-fetale. Gli alimenti che
veicolano più frequentemente il patogeno
sono le carni avicole poco cotte, il latte non
adeguatamente pastorizzato e i molluschi
consumati crudi. Considerando le principali
fonti di infezione per l’uomo, uno studio ha
determinato la prevalenza e i genotipi di
Campylobacter in 282 allevamenti bovini da
latte del Nord Italia al fine di indagare le possibili fonti di contaminazione del latte di
massa. Campylobacter jejuni è stato identificato nel 12% dei campioni di latte di massa
testati. In tre delle 34 aziende il cui latte di
massa è risultato positivo sono stati anche
testati campioni di feci di bovino e di intestino di piccione. Non sono stati riscontrati
genotipi comuni tra i campioni di latte di
massa e i piccioni indicando che tali animali
sono verosimilmente irrilevanti per la trasmissione di Campylobacter jejuni ai bovini e
per la contaminazione del latte. L’elevata prevalenza di Campylobacter jejuni riscontrata
nel latte di massa e da una vacca con mastite
suggerisce che, oltre al materiale fecale, anche
l’escrezione mammaria può essere una via di
contaminazione del latte di massa.
La principali strategie di controllo
del campylobacter devono essere mirate a
ridurre la prevalenza in allevamento.
Considerando la scarsa correlazione tra
ceppi batterici del piccione e del bovino
riscontrata nel presente studio, non devono
essere comunque sottovalutate le misure di
biosicurezza.
UOFAA informa - 1/2014
19
UOFAA INFORMA
RASSEGNA INTERNAZIONALE
Prevalence in bulk tank milk and epidemiology of
Campylobacter jejuni in dairy herds in Northern
Italy. Bianchini V, Borella L, Benedetti V, Parisi A,
Miccolupo A, Santoro E, Recordati C, Luini M
(2014) Appl Environ Microbiol. In press
BENESSERE
Castrazione tradizionale
o immunologica del suinetto
l rispetto del benessere animale è un aspetto che inevitabilmente si sta radicando della
moderna zootecnia in quanto le richieste di
un consumatore sempre più attento a problematiche etiche ed ambientali stanno sensibilizzando le istituzione all’emanazione di normative a riguardo. Sebbene alcuni degli aspetti
normativi possano sembrare talvolta eccessivi,
le scelte del legislatore si basano sempre su
riscontri scientifici che si traducono non solo
nel lungo periodo, ma talvolta anche nell’immediato, in un miglioramento della produttività degli animali allevati, ad una riduzione dei
costi connessi alle spese sanitarie e in alcuni
casi nel miglioramento della qualità del prodotto finale. Un delicato aspetto da affrontare
in materia di benessere animale è se e come
effettuare procedure di mutilazione o castrazione. La castrazione è una pratica comune
negli allevamenti di suini al fine di limitare l’odore di verro nelle carni e del comportamento aggressivo degli animale di sesso maschile.
Anche se effettuata da personale competente
ed addestrato al fine di limitare al massimo l’esperienza dolorifica all’animale, la castrazione
risulta inevitabilmente una procedura invasiva
e stressante per il giovane suinetto.
Un’alternativa alla castrazione fisica è l’immunocastrazione mediante somministrazione di
sostanze bloccanti il fattore di rilascio delle
gonadotropine e conseguente riduzione dei
livelli degli ormoni, tra cui il testosterone,
responsabili del caratteristico odore sgradito al
consumatore. Sulla base di tali presupposti, è
stato improntato uno studio volto a valutare
gli effetti della tipologia di castrazione sul
comportamento dei suini, sul grado di interazione uomo-animale e sulle loro reazioni alla
I
20 UOFAA informa - 1/2014
manipolazione durante e dopo il
trasporto. Sono stati confrontati i comportamenti durante la fase di ingrasso di due gruppi di suini, uno castrato fisicamente come di
consuetudine e uno castrato immunologicamente mediante due trattamenti durante la
fase d’ingrasso. Come ovvio, gli animali prima
dell’immunocastrazione mostravano un maggior comportamento aggressivo rispetto agli
animali castrati nei primi giorni di vita, i quali
passavano più tempo dediti ad alimentarsi. Al
termine del ciclo d’ingrasso, sebbene gli animali castrati immunologicamente mostrassero
ancora una maggiore aggressività anche nei
confronti dell’uomo e durante le manipolazioni in stalla vocalizzassero maggiormente,
interagivano con gli operatori per un tempo
non differente rispetto a quelli castrati fisicamente e al termine del ciclo la mortalità osservata è risultata maggiore tra gli animali castrati come di consuetudine. Sotto alcuni aspetti,
l’immunocastrazione può comportare un
benessere animale simile o migliore rispetto
allo stress indotto dalla castrazione fisica tradizionale effettuata senza controllo del dolore.
Certamente tale livello di benessere può essere migliorato implementando la qualità dell’ambiente di allevamento associando ad una
procedura meno invasive per la castrazione un
ambiente più confortevole in grado di mitigare l’aggressività del suino maschio.
Behavior and handling of physically and immunologically castrated market pigs on farm and going to
market. Guay K., Salgado G, Thompson G,
Backus G, Sapkota A, Chaya W, McGlone JJ
(2013) J Anim Sci 91(11):5410-5417
MALATTIE INFETTIVE
Paratubercolosi: non solo
un problema di sanità pubblica
a paratubercolosi è una malattia infettiva
del bovino sostenuta da Mycobacterium
avium subspecies paratuberculosis (MAP) e a
causa del suo lungo decorso provoca diarrea
più o meno intermittente, dimagrimento fino
alla cachessia e morte. Gli animali si infettano
già nelle prime settimane di vita ma la malat-
L
tia si manifesta solo in caso di decisi abbassamenti delle difese immunitarie come ad
esempio a seguito dello stress indotto dal
parto. Oltre alle problematiche che può causare sugli animali adulti, numerosi studi sono in
corso per verificare l’ipotesi che lo stesso
microrganismo sia responsabile del morbo di
Crohn nell’uomo. Al fine di limitare le ripercussioni negative di tale eventualità sulla sanità pubblica, è stato pubblicato sul Bollettino
Ufficiale Regione Lombardia del 24 luglio
2013 il “Piano regionale di controllo e certificazione nei confronti della Paratubercolosi
bovina” (D.d.g.s 6845/2013). Il piano è rivolto a fornire indicazioni circa le modalità di
certificazione del latte i cui prodotti derivati
sono destinati all’esportazione verso paesi terzi
ed è stato redatto secondo le indicazioni comprese nelle Linee guida proposte dal Centro di
Referenza Nazionale per la Paratubercolosi.
Attraverso l’applicazione di tale piano si
vogliono raggiungere i seguenti obiettivi: raccogliere dati sull’insorgenza di casi clinici di
paratubercolosi nel patrimonio bovino nazionale; sensibilizzare gli allevatori alle problematiche connesse alla paratubercolosi, stimolando
l’attuazione di piani di controllo volontari
negli allevamenti infetti e di protocolli di certificazione negli allevamenti negativi; ridurre
la diffusione della paratubercolosi attraverso il
commercio consapevole degli animali e dei
loro prodotti, grazie a una classificazione degli
allevamenti basata sul rischio. Le istituzioni si
stanno dunque movendo al fine di contenere
ed eventualmente di eradicare la problematiche dalle stalle italiane considerando il potenziale rischio per la salute pubblica. La gestione
di questa problematica in stalla deve anche
venire vista però come un capo saldo per limitare le ripercussioni negative sulla salute degli
animali e sulle loro performance produttive.
Da uno studio americano effettuato su oltre
4000 animali è infatti emerso che il peso allo
svezzamento di vitelli nati da madri sierologicamente positive al MAP risultava di 21,48 kg
inferiore rispetto a quello dei vitelli nati da
animali sieronegativi con picchi di addirittura
40,81 e 58,51 kg in caso di madri fortemente
eliminatrici del microrganismo. Da un punto
di vista economico, tale ritardo di crescita è
stato quantificato in una perdita da 40 a 110 ‹
per capo.
UOFAA INFORMA
RASSEGNA INTERNAZIONALE
Comparison of calf weaning weight and associated
economic variables between beef cows with and
without serum antibodies against or isolation from
feces of Mycobacterium avium subsp paratuberculosis. Bhattarai B, Fosgate GT, Osterstock JB, Fossler
CP, Park SC, Roussel AJ (2013)
Journal of the American Veterinary Medical
Association 243(11):1609-1615
FARMACI
L’impiego degli antinfiammatori
nel post-partum
’impiego degli antinfiammatori in associazione agli antibiotici nella terapia delle
infezioni risulta una strategia estremamente
valida e forse spesso sottovalutata. I farmaci
antinfiammatori però, oltre all’attività di ridurre l’infiammazione sono dotati di altre due
caratteristiche, sono infatti caratterizzati da
proprietà antidolorifiche ed antipiretiche cioè
in grado di ridurre la febbre. Per tali ragioni
possono essere impiegati nel trattamento di
problematiche non infettive senza l’associazione con un antibiotico. Il dolore conseguente
ad esempio ad un trauma o la febbre che
insorge in momenti di stress possono efficacemente venire gestiti con un antinfiammatorio
con l’obiettivo di mantenere l’appetito dell’animale. La capacità e la volontà di assumente
alimento e acqua è infatti molto depressa in
caso di febbre o di dolore riducendo non solo
la produttività degli animali, ma anche la possibilità di sostenere naturalmente il loro sistema immunitario andando in alcuni casi ad
aggravare una circostanza primaria non necessariamente preoccupante. Il parto è sicuramente un momento stressante per la bovina, e
per tale ragione è stato improntato uno studio
volto a valutare gli effetti della somministrazione di un antinfiammatorio sei ore dopo il
parto. La somministrazione di tale prodotto
non ha comportato differenze nel tempo di
espulsione della placenta o nella riduzione
delle problematiche sanitarie nei primi tre
giorni dopo il parto, ma le vacche che hanno
ricevuto l’antinfiammatorio, grazie ad una
minore temperatura corporea rilevata a livello
rettale, hanno incominciato ad alimentarsi già
un’ora dopo il parto. Tra le vacche monitorate, le primipare trattate, il cui parto è decisamente un evento più stressante rispetto alle
multipare, hanno prodotto una maggiore
quantità di latte durante la prima lattazione.
Contenere il dolore e la febbre nel primissimo
post parto risulta quindi essere una valida strategia al fine di promuovere l’assunzione di alimento delle bovine con positive ripercussioni
sulla produzione di latte.
Effects of analgesic use postcalving on cow welfare
and production. Stilwelle G, Schubert H, Broom
DM (2014) Journal of Dairy Science 97(2):888891
L
BILANCIO
Il costo delle principali
tecnopatie
’elevata pressione produttiva a cui sono
sottoposte le bovine da latte negli allevamenti intensive espone inevitabilmente gli
animali ad incorrere con maggiore probabilità in problematiche sanitarie.Tali circostanze, anche in realtà zootecniche caratterizzate da un livello gestionale e strutturale elevato e in cui viene prestata particolare attenzione alla salute degli animali e alla prevenzione, risultano spesso inevitabili comportando non solo problemi legati al benessere
animale ma anche alla redditività dell’impresa. Infatti, oltre ai così detti costi diretti associati ad ogni malattia cioè relativamente ai
trattamenti farmacologici, alle spese veterinarie e alla riduzione della produttività,
occorre anche considerare delle voci di
costo “nascoste” e meno facilmente quantificabili come il costo relativo alla riduzione
della qualità del latte, alla riduzione della fertilità e all’aumento della probabilità di riforma anticipata o morte dell’animale malato.
La conoscenza di tali voci di costo risulta
necessaria al fine di stilare un corretto bilancio aziendale soprattutto in un momento
economico particolare come l’attuale in cui
la marginalità è molto ridotta ed occorre
prestare estrema attenzione ad ogni possibi-
L
le inefficienza. Sulla base ti tali presupposti è
stato effettuato uno studio per monitorare
l’incidenza e i costi relativi alle principali
problematiche sanitarie dell’allevamento
della bovina da latte ad alta produzione nel
nord Italia. Per tale scopo sono stati raccolti
dati sanitari, produttivi e riproduttivi di 108
bovine da latte di un azienda caratterizzata
da un livello di gestione medio. Oltre all’analisi dei parametri zootecnici è stata effettuata una valutazione del costo di ogni singola patologia tenendo in considerazione il
costo dei trattamenti, il valore del latte scartato per rispettare i tempi di sospensione, il
quantitativo e il valore del latte non prodotto a causa della malattia in confronto agli
animali sani della stessa azienda, il costo degli
interventi fecondativi, il costo relativo all’incremento dei giorni vuoti, e quello relativo
alla probabilità di riforma anticipata e rimpiazzo con un animale giovane di pari valore genetico. Le principali problematiche
sanitarie riscontrate sono state la zoppia
(29.6%) e la ritenzione placentare (29.6%)
con incidenza al di sopra della soglia di allarme proposta dalla letteratura scientifica. Al
contrario, è stata riscontrata una bassa incidenza di dislocazione abomasale (1.9%),
mastiti cliniche gravi (5.6%) e chetosi clinica (7.4%). Rispetto ad altri studi simili, è
stato riscontrato un costo molto elevato per
quanto riguarda i casi di zoppia (921.53
€/caso) e per i casi di ritenzione placentare
(718.42 €/caso) che in oltre il 70% dei casi
sono poi evoluti in forme di metrite/endometrite. Queste due malattie hanno provocato una riduzione della produttività media
degli animali colpiti, l’incremento della
conta delle cellule somatiche con conseguente perdita dei premi relativi alla qualità.
Inoltre hanno comportato l’incremento dell’intervallo parto concepimento. La valutazione economica comprensiva di tutte le
possibili voci di costo è uno strumento
estremamente utile per identificare i principali punti critici della gestione della mandria
aiutando l’allevatore e il veterinario nello
stabilire la priorità degli interventi procedurali o strutturali da effettuare.
Impact of the main dairy cattle technopathies.
Compiani R, Baldi G, Sgoifo Rossi CA (2013)
Italian Journal of Animal Science 12(s1):56
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21
SCHEDA TECNICA
RIPRODUZIONE
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
PREDI’BOV®, IL PRIMO TEST
DI OVULAZIONE PER BOVINI
UTILIZZABILE IN STALLA
a cura della redazione
N
ell’allevamento, la riproduzione è
molto importante, poiché non si ha
produzione senza riproduzione. Per
rispondere alle esigenze del mercato e ottimizzare il rendimento degli animali, è indispensabile perciò che l’allevatore sappia controllare al meglio la riproduzione.
te, perché da ciò dipende molto l’esito di
un’inseminazione artificiale. È stato infatti
provato che le IA effettuate nelle 12 ore che
precedono l’ovulazione sono quelle con il più
alto tasso di successo (Baril et al., 1998).
L’unico indicatore fisiologico che permette di
prevedere l’ovulazione è il picco pre-ovulatorio dell’ormone luteinizzante (LH –
Problemi di fertilità nei bovini
Luteinizing Hormone), poiché l’intervallo tra
picco di LH e ovulazione è costante in una
Da diversi anni negli allevamenti si osserva un
data specie animale. Nella specie bovina quenotevole calo della fertilità dopo un’insemisto intervallo è di 24 ore. Conseguentemente,
nazione artificiale (IA), in particolar modo
il momento ottimale per eseguire l’inseminanelle vacche da latte ad alta produzione. In
zione artificiale è 12 ore dopo il picco di LH
queste ultime il tasso di successo di un’insemi(con tolleranza di ±2 ore).
nazione artificiale è passato dal 60% al 40% in
Tramite osservazioni negli allevamenti è stata
20 anni (Barbat et al., 2005), mentre il tasso di
riscontrata una grande variabilità tra arrivo del
successo della prima IA si attesta attorno al
calore e picco di LH: questo infatti può avve35% (Yaniz et al., 2003; Lopez-Gatius et al.,
nire prima (fino a 24 ore), durante o dopo il
2004). Parallelamente, nel periodo 1970-2000,
calore (Maurel et al, 1994a). Facendo l’IA in
la produzione media di latte è raddoppiata,
base ai segni visibili del calore, capita dunque
passando da 3500Kg a 7000Kg l’anno; nel
che l’animale sia inseminato o troppo tardi, o
2010 in Francia era addirittura
troppo presto. Per questo motivo
intorno agli 8500Kg l’anno
ReproPharm, società basata nel
(fonte: France Contrôle Laitier).
centro INRA di Tours, in
Al momento, per contrastare
Francia,
ha
sviluppato
questo calo di fertilità esistono
Predi’Bov®, un test di ovulaziopochi metodi di diagnosi e di
ne per bovini. Il test è rapido
controllo: si tratta generalmente
(durata: 40 minuti) che si realizdi esami ginecologici e di ecoza a partire da tre o quattro
grafie. Gli allevatori, ad esempio,
gocce
di
sangue.
cercano di individuare l’inizio del
Fondamentalmente il test segnacalore per determinare il
la il picco pre-ovulatorio di LH,
momento, 12 ore più tardi, in cui
che provoca l’ovulazione 24 ore,
fare l’inseminazione artificiale
è un metodo innovativo che
(Maatje et al., 1997). Il rilevapermette di prevedere il periodo
mento del calore può essere fatto Fig. 1: Il rilevamento del picco pre-ovulatorio di LH indica che l’ovulazione avverrà di ovulazione di un animale
con semplice osservazione o con 24 ore dopo. Considerando che, per un risultato ottimale, l’inseminazione deve indicandone i livelli ormonali.
strumenti automatici del tipo essere eseguita 10-12 ore prima dell’ovulazione, l’IA va perciò fatta 12 ore dopo Il test, dunque, offre numerosi
HeatBox, HeatTime, HeatPhone, il picco pre-ovulatorio di LH.
vantaggi: evita la ripetizione di
22 UOFAA informa - 1/2014
ecc. Rilevare il calore è ancora l’unico metodo a disposizione dell’allevatore per stabilire il
momento in cui compiere l’inseminazione
artificiale.
È importante notare che però il calore non è
necessariamente un indicatore preciso dell’ovulazione. L’intervallo di tempo tra le prime
manifestazioni del calore (l’inizio del ciclo
estrale) e il momento dell’ovulazione è infatti
molto variabile e può spaziare dalle 22 alle 61
ore a seconda della bovina (Saumande et
Humblot, 2005 ; Bloch et al., 2006). Inoltre,
circa il 25% delle vacche hanno un calore
“silenzioso”, che non può essere individuato
coi metodi appena descritti (Rorie et al.,
2002).Ad esempio, il 42% degli allevatori francesi dichiara di avere difficoltà nell’individuazione del calore (Freret et al., 2006).
Come appena descritto, il rilevamento del
calore non è dunque un indicatore preciso del
momento dell’ovulazione. Avere un’idea di
quando avverrà l’ovulazione è però importan-
SCHEDA TECNICA
RIPRODUZIONE
inseminazioni inutili e rispetta il benessere
animale, perché permette di inseminare la
vacca nel momento in cui è fisiologicamente
adatta a essere fecondata. Così facendo, offre
all’allevatore un metodo semplice che permette un beneficio economico già dalla prima
inseminazione, soprattutto in termini di produzione di latte.
Caratteristiche tecniche
del test
Le caratteristiche del test di ovulazione sono
la sua facilità di conservazione, la sua semplicità d’uso, la sua robustezza e la sua facilità di lettura. Consentendo un utilizzo “sul campo”,
semplice, realizzabile direttamente nella stalla o
in qualsiasi altro luogo senza alcun bisogno di
attrezzature particolari.
Predi’Bov si conserva in frigo, a 4°C
Predi’Bov individua il picco pre-ovulatorio di
LH partendo da qualche goccia di sangue.
Non è necessaria alcuna centrifugazione. Il
sangue può essere raccolto in diversi modi: da
una piccola incisione all’orecchio, dalla quale
poi si fa colare qualche goccia di sangue direttamente nella provetta per il test;
oppure da un prelievo di sangue dalla coda o
dalla giugulare, tramite Vacutainer con Eparina
(tappo verde).
Il test Predi’Bov è composto di 4 provette in
plastica su un supporto in gommapiuma, ideale da tenere in mano o nella tasca di una tuta
da lavoro. Ciascuna provetta è chiusa con un
tappo a filettatura interna che evita ogni
rischio di spargimento o perdita del contenuto. La realizzazione del test richiede due passaggi d’incubazione da 15 minuti, prima nel
sangue e poi in un reagente specifico, seguiti
dall’ultimo passaggio di 10 minuti in un agente rivelatore. Perché la reazione avvenga, questi sono gli intervalli di tempo minimi di ogni
passaggio, che possono però essere prolungati
senza alcun rischio di alterare il risultato finale del test; ad esempio: un passaggio molto
lungo nella provetta dell’agente rivelatore non
causare dei “falsi positivi”. Questa flessibilità è
un grande vantaggio per l’utilizzatore perché
gli permette di dedicarsi ad altre attività nel
frattempo, senza il rischio di invalidare il test
per esserselo “dimenticato” in tasca. Se non
fosse possibile eseguire il test immediatamente
dopo il prelievo del sangue, questo potrà essere conservato qualche ora a 4°C per poi essere utilizzato per il test.
La lettura del test è basata semplicemente sull’apparizione o meno di una reazione colorata su un tampone.
Un tampone di colore blu indica che l’animale è nel suo picco pre-ovulatorio di LH
L’assenza di colorazione (tampone bianco)
indica che l’animale non è nel suo periodo di
picco pre-ovulatorio LH. In tal caso si consiglia di ripetere il test 6-8 ore più tardi.
Per le vacche, il momento ideale per l’inseminazione è 12 ore dopo il picco pre-ovulatorio
di LH. Un test positivo (colore blu), permette
di prevedere con sicurezza il momento ideale
per l’IA e di pianificarlo per 12 ore più tardi
(tolleranza ±2 ore)
Il test è destinato ai veterinari, agli operatori
della fecondazione artificiale, ai tecnici e agli
allevatori. L’allevatore infatti può eseguire in
autonomia il test e decidere di eseguire l’inseminazione 12 ore dopo un test positivo.
Vantaggi del test
Migliorare la produzione di embrioni in laboratorio o in allevamento a partire da donatrici
ad alto valore genetico. La possibilità di poter
eseguire l’IA in base al picco di LH durante un
trattamento di superovulazione permette di
aumentare il numero di embrioni trasferibili
(Maurel et al., AETE 1994b; Lafri et al., 2002).
Sono state effettuate delle prove utilizzando
Predi’Bov in collaborazione con i consorzi
Evolution XY, Géniatest, Midatest. Esse hanno
dimostrato che il 32% delle manze e il 20%
delle vacche superovulate hanno un picco
pre-ovulatorio di LH dalle 24 alle 12 ore
prima dei primi segni visibili di calore. Una
fecondazione artificiale mirata, tramite
Predi’Bov, in allevamento, permette non solo
di ottenere un numero maggiore di embrioni
trasferibili, ma migliora la qualità degli
embrioni stessi (Dupuy et al., AETE 2012 ;
Dupuy et al., IETS 2013). Il protocollo consigliato per la superovulazione è di eseguire un
test appena prima della settima iniezione di
FSH e, in caso di risultato negativo, di ripetere eventualmente il test 6-8 ore dopo.
Decidere con certezza il momento dell’inseminazione artificiale. In caso di inseminazione
artificiale classica, si raccomanda di eseguire un
test ai primi segnali di calore e di ripeterlo 68 ore dopo in caso di risultato negativo. In
questo momento sono in corso delle sperimentazioni sul campo, in una cinquantina di
allevamenti francesi, per mettere a punto un
protocollo di impiego di Predi’Bov adatto ai
vari contesti di fecondazione artificiale (individuazione visiva o strumentale del calore,
trattamenti ormonali di sincronizzazione e/o
induzione all’ovulazione, ecc.)
Per far fruttare l’utilizzo di seme ad alto valore genetico e di seme sessato, estremamente
costosi per l’allevatore, e per gestire il miglioramento genetico del bestiame dell’allevamento. Per evitare la ripetizione di inseminazioni artificiali inutili e le relative perdite economiche
Rappresenta un’autentica novità in un contesto in cui le performance riproduttive degli
animali da reddito diminuiscono sempre più.
Il suo impiego in stalla offre all’allevatore il
modo di pianificare con sicurezza il momento
dell’inseminazione artificiale e di aumentare la
fertilità (tasso di fertilità alla prima IA, riduzione del periodo di tempo tra un parto e l’altro,
diminuzione del numero di dosi di seme utilizzate, aumento del numero di embrioni. •
Bibliografia disponibile a richiesta
UOFAA informa - 1/2014
23
SCHEDA TECNICA
SUINI
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
CLASSIFICAZIONE DELLE CARCASSE
SUINE CON UN METODO INNOVATIVO
a cura di CSB-System S.r.l. - Bussolengo (VR)
L
a CSB-System offre un innovativo
metodo il Image-Meater® per un’obiettiva e trasparente classificazione
commerciale delle carcasse suine con un’automatizzazione completa del processo di classificazione. A differenza delle tradizionali soluzioni per la classificazione (ad esempio strumenti
di misurazione invasiva ad aghi o ad ultrasuoni) il Image-Meater® si basa su un’analisi per
immagini senza contatto diretto. La tecnologia
consiste in un potente programma software
che rileva le immagini, identifica le strutture ed
interpreta i risultati delle misurazioni. La classificazione avviene tramite l’analisi delle immagini riprese nell’area lombare della mezzena del
suino. Questo garantisce la determinazione
esatta e facilmente ricostruibile della classe e
del valore commerciale con una modalità
senza contatto diretto e quindi impeccabile
sotto il profilo igienico. Con una procedura
convalidata, il brevetto determina con ulteriori superfici di misurazione, identificate nell’area
lombare e costale, il valore commerciale per la
resa ottimale della carcassa suina (coscia, spalla,
pancetta e carré).
Procedura di classificazione
Nella determinazione della classe e del valore
commerciale, la classificazione delle carcasse
suine con il nuovo metodo è esatta, obiettiva e
razionale.
Com e si svolge la classificazione:
- mezzene appese
- rilevamento delle immagini
- assegnazione del codice progressivo di macellazione
- analisi delle immagini
- protocollo delle misurazioni
- archiviazione dei dati e delle immagini
Determ inazione della classe
com m erciale
I tratti di misurazione chiaramente identificati
24 UOFAA informa - 1/2014
nell`area lombare e sulla coscia al di sotto del
Musculus gluteus medius (M. g. m) nonché lo
strato di grasso che si trova al di sopra servono
alla determinazione della classe commerciale.
Determ inazione del valore
com m erciale
Con un procedimento matematico verificato
vengono calcolate dal CSB-Image-Meater® le
quote percentuali dei tagli nobili coscia, spalla,
pancetta e carré.Vengono calcolati e visualizzati anche i relativi pesi dei tagli. Tutti gli indici
relativi ai tagli sono convalidabili.
Tutte le fasi importanti del processo di classificazione vengono documentate: classe commerciale, valore commerciale, quota carne
magra, data, sigla del classificatore, codice di
classificazione progressivo, giorno di macellazione, etc.
I dati di qualità dei tagli nobili vengono calcolati in assoluto in kg e relativamente in %.
Ulteriori criteri di qualità possono essere indicati in maniera specifica (ad es. caratteristiche
della coscia).
Le unità di m isurazione sono:
S:
Massa grassa
F:
Massa magra
MS: massa grassa media del Musculus
gluteus medius
MF: massa magra media del Musculus
gluteus medius
WxS: massa grassa media della vertebra
WxF: massa magra media della vertebra
ES:
massa grassa media dello strato
di grasso esterno al di sopra
della vertebra
IS:
massa grassa media dello strato
di grasso interno al di sopra
della vertebra
ML: lunghezza del Musculus
gluteus medius
WL: lunghezza media delle singole
vertebre incluso il disco invertebrale
Docum entazione archiviata
e rintracciabilità
Con l’archiviazione di tutte le immagini e i
valori di misurazione relativi alla classificazione
viene garantito il riferimento certo al codice
dell’animale e quindi all’azienda di allevamento.
In questo modo in ogni azienda di macellazione è assicurata una rintracciabilità totale di tutte
le carcasse fino al produttore.
Vantaggi in sintesi
- Precisa classificazione commerciale secondo
EUROP
- Esatta determinazione valore commerciale
dei tagli
- Creazione di valore aggiunto nella commercializzazione dei suini (ottimizzazione delle
rese)
- Classificazione e determinazione del valore
sulla linea di macellazione, in entrata merci e in
entrata sezionamento
- Rilevamento igienico dei valori di misurazione senza necessità di contatto con le carcasse
- Notevole razionalizzazione grazie al processo
di classificazione automatizzato
- Nessuna necessità di modifiche o variazioni
alla linea di macellazione
- Oggettivi risultati di classificazione grazie
all’analisi per immagini automatizzata
- Rappresentazione d’insieme dei valori
con visualizzazione di tutte le singole misurazioni
- Controllo di qualità dei risultati di classificazione con tools di analisi integrati
- Facile manutenzione grazie ad una struttura
modulare con componenti standardizzati
- Integrazione perfetta grazie ad una tecnologia compatta
- Investimento limitato con veloce ROI (entro
un anno)
- Massima velocità nella procedura di classificazione: 1.500 carcasse di suini all’ora.
SCHEDA TECNICA
SUINI
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
In collaborazione con
www.333.com
IL CONSUMO DI LATTE
AD LIBITUM NON GARANTISCE IL
SUCCESSO DOPO LO SVEZZAMENTO
a cura di David Solà-Oriol
P
recedenti studi hanno osservato
che nelle scrofe iperprolifiche con
lattazioni superiori a 28 giorni, i
suinetti con maggior peso vivo (PV) allo
svezzamento sono quelli che più trovano
difficoltà ad adattarsi al mangime secco
dopo lo svezzamento. In effetti, questi
suinetti sono quelli che poppano da
mammelle più produttive, considerando
inoltre un pareggiamento fatto bene. I
suinetti associati alle mammelle meno
produttive, con minor peso allo svezzamento, normalmente hanno un indice di
accrescimento superiore in fase di svezzamento, raggiungendo spesso quelli di PV
inizialmente maggiori. Questa crescita
superiore è associata ad un miglior adattamento ed efficienza nell’utilizzo del
mangime sottoscrofa o pre-starter dovuto
al contatto precoce durante la lattazione
(Solà-Oriol, 2011). Questa crescita maggiore in fase di svezzamento può avere un
ruolo importante durante tutta la vita
produttiva dell’animale, ma senza dubbio
l’accrescimento durante lo svezzamento è
segnato da vari fattori che condizionano
l’animale dalla nascita e durante la lattazione.
In questo articolo si espone una prova di
campo dell’accrescimento dei suini dalla
nascita fino a 100 giorni di vita (fine
magronaggio) in risposta alla posizione
della mammella poppata dal suinetto ed
al consumo di mangime durante la lattazione, fattori che possono influenzare la
produttività del suino in fase d’ingrasso.
Pertanto, sono stati impiegati un totale di
37 scrofe e i loro 377 suinetti, pareggiando le figliate a 10-11 suinetti adottando
un programma pre-stabilito (pareggiamento per numero e dimensione). Dopo
il pareggiamento, sono state registrate le
posizioni di ogni suinetto (1°, 2º o 3°
tronco della fila mammaria ai giorni 5 e
10 post-svezzamento) così come l’inizio
del consumo di mangime (sottoscrofa)
durante la lattazione (misurato attraverso
la comparsa del marcatore Cr2O3 nelle
feci ai giorni 18, 21 e 25 di vita). Durante
la lattazione, il mangime sottoscrofa fu
marcato con Cr2O3 e offerto ad libitum
a tutte le figliate a partire dal 10° giorno
di vita. Lo stesso mangime fu offerto ai
suinetti selezionati durante il primo giorno post-svezzamento seguito da mangi-
me pre-starter fino a 14 giorni post-svezzamento e mangime starter fino alla fine
dello svezzamento (35 gg post-svezzamento; 60 giorni di vita) e mangime per
magroni (da 60 giorni fino a 100 giorni
di vita). E’ stato registrato il PV individuale allo svezzamento, alla fine della fase
di svezzamento, e alla fine del magronaggio (ai giorni 28, 60 e 100 gg di vita).
Si è potuto osservare che dopo il pareggiamento, i suinetti di maggior PV alla
nascita occuparono i capezzoli del primo
terzo (PVnascita=1,72kg) e secondo
terzo (PVnascita=1,65kg), rimanendo
relegati all’ultimo terzo dell’apparato
mammario i suinetti di PV inferiore
Figura 1. Evoluzione del PV dalla nascita fino alla fine della fase di magronaggio (a 100 gg di vita) in funzione della posizione alla mammella durante la lattazione.
Tabella 1. Percentuale di suinetti consumatori di “sottoscrofa” (offerto a partire dal 10° giorno di vita)
ai giorni 18, 21 e 25 di vita in funzione della posizione occupata durante la lattazione.
Giorni di vita
8
21
25
Anteriore
7%
17 %
41 %
Posizioneoccupata nella mammella
Intermedia
5%
13 %
35 %
Posteriore
12 %
21 %
42 %
UOFAA informa - 1/2014
25
SCHEDA TECNICA
SUINI
(PVnascita=1,48kg). Questa differenza di
PV si è mantenuta fino alla fine dello
svezzamento a 28 giorni di età, tra i suinetti più pesanti (parti anteriore e ultimo
terzo delle mammelle;P<0,05). In tutti i
modi, di nuovo si è potuto verificare che
queste differenze si dispersero alla fine
della fase di svezzamento e inizio magronaggio (P>0,10, figura 1).
Allo stesso tempo si osservò che l’inizio del
consumo di mangime sottoscrofa avveniva
precocemente ed in modo graduale per i
suinetti che occupavano la posizione posteriore dell’apparato mammario, i quali presentavano una maggior percentuale di animali “mangiatori” di mangimi a 18, 21 e 25
giorni di vita (Tabella 1). Nonostante queste percentuali furono paragonabili al
momento dello svezzamento con gli altri
suinetti che avevano poppato da altre posi-
zioni, i suinetti di minor peso hanno avuto
maggior necessità di ingerire mangime
prima , proprio perchè avevano mammelle
meno produttive, passando ad essere “consumatori” misti di latte e mangime, come
osservato da altri autori in precedenza.
Senza dubbio il potenziale positivo che rappresenta avere un PV maggiore alla nascita,
sia dal punto di vista della gerarchia nella
figliata, sia dopo il pareggiamento, nel poter
scegliere una buona posizione alla mammella, si perde con il tempo, dato che le differenze si mantengono solamente fino alla
fine della fase di svezzamento.
Questi risultati supportano la strategia di
management attuale degli allevamenti di
suini che permettono un pareggiamento
“naturale” lungo la fase di accrescimento
una volta superate le fasi critiche della
vita produttiva del suino. Senza dubbio
Effetti delle variazioni del peso alla nascita all’interno
della figliata e le successive performance dei suinetti
’obiettivo del presente studio fu determinare la correlazione tra il
coefficiente di variazione del peso alla nascita all’interno della figliata (CVB) e le performance dei suinetti a 3 settimane di vita allo svezzamento in un allevamento di scrofe Large White x Landrace. Si utilizzarono un totale di 1.836 registrazioni di figliate raccolte tra gennaio
1998 e settembre 2010. Il CVB ebbe una relazione lineare con la
sopravvivenza a 3 settimane (SURV3) (b = -0,20, p < 0,05) e con il
coefficiente di variazione del peso all’interno della figliata a 3 settimane
di vita (CV) (b = 0.50, p < 0.05). Le figliate con un elevato CVB presentarono una maggior mortalità a 3 settimane (P < 0,05). L’aumento
del CV3 in funzione del CVB variò con il N°di parti (P < 0,05). La %
d’aumento del CV3 in funzione del CVB fu maggiore per le scrofe di 1°
parto (b = 0,41), seguito da 2°parto (b = 0.36 ) ed infine N° di parti
tra 3 a 5 (b = 0,32). Non ci fu una relazione significativa tra il CVB ed
il peso della figliata a 3 settimane (LWt3) né il peso medio della figliata a 3 settimane (MWt3) (P> 0,05). La variazione del peso allo svezzamento fu positivamente assimetrico (valore di asimmetria di 0,81).
La sopravvivenza a 3 settimane (SURV3) variò dal 13,3% al 100%, con
una media dell’ 87,6%. Il CVB mostrò una correlazione lineare tanto con
il coefficiente di variazione del peso allo svezzamento (CVW) (b = 0,50,
p < 0,05) come con la percentuale di sopravvivenza fino allo svezzamento (SURVW) (b = -0,04, p < 0,05). I risultati mostrano la presenza di
una correlazione positiva sfavorevole tra il CVB ed il CVW e SURVW. Si
può concludere che le performance dei suini allo svezzamento sono correlate con il CVB.
L
Titus J. Zindove, Edgar F. Dzomba, Arnold T. Kanengoni, Michael
Chimonyo. Effects of within-litter birth weight variation of piglets on
26 UOFAA informa - 1/2014
non è meno certo che si assiste ad una
perdita potenziale di accrescimento postsvezzamento nel caso dei suinetti più
pesanti (oltre il 60% degli animali con PV
>1,6 kg) visto che sopratutto in grandi
allevamenti industriali, la partenza dei
suinetti potrebbe ridurre l’età alla macellazione, ottenendo così una occupazione
più breve degli spazi di ingrasso.
Un’altra volta si conferma la necessità di
iniziare il consumo di mangime secco
prima dello svezzamento quando la lattazione avviene a 28 giorni, indipendentemente dalla categoria di PV del suinetto.
La gestione delle figliate con l’obiettivo
di garantire il contatto di tutti i suinetti
con il mangime secco durante la lattazione potrebbe essere una pratica utile per
evitare perdite del potenziale produttivo
dei suinetti maggiori, contribuendo ad
un minor dispendio della scrofa. •
performance at 3 weeks of age and at weaning in a Large
White×Landrace sow herd. Livestock Science. Volume 155, Issues
2–3, August 2013, Pages 348–354. http://dx.doi.org/10.1016/j.livsci.2013.04.013
Fattori di rischio per la contaminazione batterica
durante il prelievo di seme di verro
’obiettivo di questo studio era di valutare l’influenza di molteplici fattori sulla contaminazione batterica di 213 prelievi di seme di 4 verri
realizzati nei centri verri. La contaminazione da microbi aerobici mesofili negli eiaculati aumenta quando: il liquido prepuziale entra in contatto con il contenitore di raccolta, quando i guanti non erano puliti, quando i peli prepuziali erano lunghi (>1.0 cm), quando la raccolta impiegava oltre 7 minuti e quando i verri avevano l’età di oltre 18 mesi. Un
aumento dei coliformi è avvenuto quando: il liquido prepuziale ha sgocciolato nel contenitore di raccolta, il prelievo è durato oltre 7 minuti o
quando il pene è scivolato durante il prelievo. La contaminazione aumenta quando due o più fattori correlati all’igiene ( scarsa igiene del verro,
prepuzio non pulito, ostio prepuziale non pulito, diverticolo prepuziale di
grandi dimensioni, peli prepuziali lunghi, guanti sporchi, liquido prepuziale che gocciola attraverso la mano di raccolta verso il contenitore e
quando il pene scivola. È necessario applicare un protocollo di raccolta
che minimizzi la contaminazione batterica, specialmente evitando la presenza di liquido prepuziale nel contenitore di raccolta del seme.
L
Risk factors for bacterial contamination during boar semen collection.
Ana Maria G. Goldberga, Laura E. Argentia,Jamil E. Faccina,Lídia
Lincka,Mônica Santia, Mari Lourdes Bernardib,Marisa R.I. Cardosoc,
Ivo entza, Fernando P. Bortolozzo.Research in Veterinary
Science:95,(2):362–367,2013.
SCHEDA TECNICA
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nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
EQUINI
COME STIMOLARE L’INIZIO
DELLA STAGIONE DI MONTA
I
l cavallo è un riproduttore stagionale, ciò
significa che, allo stato naturale, gli accoppiamenti si verificano in un determinato
periodo dell’anno per favorire il fatto che la
nascita dei puledri avvenga quando esistono
le migliori condizioni in termini di temperatura ambientale e disponibilità di cibo ed
acqua. I riproduttori stagionali vengono controllati dal numero giornaliero di ore luce (il
fotoperiodo) e si dividono in riproduttori
che ciclano quando le giornate sono lunghe
(come ad esempio il cavallo che comincia a
ciclare in primavera) o che vanno in calore in
autunno, quando le giornate sono più corte.
Nella cavalla, il fotoperiodo può essere manipolato per stimolare l’inizio della stagione di
monta, impiegando una tecnica usata da anni
nell’allevamento del Purosangue Inglese per
fare in modo i puledri possano nascere il più
vicino possibile al primo di gennaio. Questa
tecnica viene comunemente usata anche
nelle razze da morfologia per avere puledri
completamente mature all’età in cui son
pronti per le competizioni.
Mettere le cavalle sotto luce
Nell’emisfero Nord la stagione di monta inizia tipicamente a tarda primavera (aprile) e
dura fino ad inizio autunno (settembre) e
durante questo periodo la cavalla va in calore ripetutamente. Durante i mesi invernali (da
metà novembre a metà febbraio) le cavalle
sono considerate in anestro, non mostrano
alcun segno di calore e le loro ovaie non sviluppano follicoli ovulatori. Il 75-85% delle
cavalle hanno periodi di vero anestro, mentre
l’altro 20-25% può mostrare alcuni segni di
calore senza però sviluppare follicoli ovulatori. Alla fine ed all’inizio dell’anestro, le cavalle
si trovano in una fase di transizione caratterizzata da calori irregolari ed ovulazioni sporadiche. Al contrario, le cavalle che vivono nelle
zone vicino all’equatore possono mostrare
calori regolari durante tutto l’anno.
Le femmine solitamente sono più “stagionali” dei maschi appartenenti alla stessa specie:
ciò significa che mentre le cavalle mostrano
periodi di anestro, gli stalloni rimangono fertili per tutto l’anno, anche se mostrano un
comportamento sessuale meno marcato ed
un calo della produzione spermatica. Per
questo motivo l’uso della manipolazione del
fotoperiodo è indirizzato alle cavalle e viene
eseguito semplicemente “mettendo le fattrici
sotto luce”, in modo da farle iniziare a ciclare 50-60 giorni dopo l’inizio del programma
luce. Iniziare un programma luce il primo
dicembre, permette di ottenere una normale
attività ciclica durante il mese di febbraio e dà
la possibilità di ottenere la nascita di un puledro nel mese di gennaio.
e messa sotto luce poco prima del tramonto.
Il programma luce può essere iniziato “brutalmente” il primo di dicembre, oppure si
possono aumentare gradualmente le ore di
luce durante il periodo dei 60 giorni. Se si
usa un regime costante di luce, le lampade
devono essere accese alle 16.30 e spente fra le
22 e le 23 per tutti i giorni delle 10 settimane precedenti la data di inseminazione programmata. Nel caso invece di un programma
di luce graduale, si aggiungono 3 ore di luce
la prima settimana e ½ ogni settimana
aggiuntiva fino al raggiungimento delle 1516 ore giornaliere. In tutti i modi, qualsiasi sia
il programma luce che venga utilizzato; l’impiego di un timer automatico permette di
risparmiare sia tempo che denaro.
Quanta luce è necessaria?
Program m i luce
Esistono molti programmi luce, che però
permettono di ottenere risultati simili fra
loro. Il programma più utilizzato è quello che
prevede di fornire da 14 ½ a 16 ore di luce
continua ogni giorno. Nel caso in cui cavalla
stia al pascolo, deve essere portata in scuderia
Uno dei fattori più critici è la quantità di luce
che deve essere “somministrata” per fare in
modo di simulare la luce del giorno. Si possono usare sia luce incandescente che fluoroscente e una regola piuttosto empirica che
può essere utilizzata dall’allevatore è quella di
verificare che ci sia abbastanza luce da per-
UOFAA informa - 1/2014
27
SCHEDA TECNICA
EQUINI
mettere di leggere senza problemi i caratteri
più piccoli di un quotidiano, stando seduto in
qualsiasi angolo del box. Una lampada incandescente da 200 watt light o due neon da 40
watt producono abbastanza luce per illuminare un box di medie dimensioni.
la perdita precoce del pelo invernale; nelle
aree a clima freddo è quindi necessario
ricordarsi di mettere una coperta alle fattrici che passano la maggior parte del loro
tempo all’esterno.
Cavalle che hanno partorito
Ulteriori considerazioni
Il programma di luce artificiale viene terminato dopo che la fattrice inizia a ciclare
ed ovula con regolarità. Alcune ricerche
hanno evidenziato che prima di iniziare la
fotostimolazione è necessario un periodo
durante il quale le giornate sono “corte”, e
quindi non esiste alcun vantaggio nell’iniziare il programma luce prima del mese di
Novembre, mentre l’applicazione di una
fotostimolazione che dura tutto l’anno può
addirittura risultare svantaggiosa. Studi
recenti hanno inoltre dimostrato che la
temperatura ambientale può giocare un
ruolo secondario nella stagionalità delle
cavalle, visto che quelle che vivono in climi
rigidi e che vengono esposte a luce artificiale iniziano la loro attività ciclica più tardi
rispetto a quelle sottoposte allo stesso regime di luce ma che vivono in climi più
caldi. E’ importante rammentare che nella
cavalla la fotostimolazione provoca non
solo l’inizio della ciclicità ovarica ma anche
I programmi di luce artificiale hanno anche
un effetto nei confronti delle fattrici che
hanno partorito. Alcuni studi hanno dimostrato che le cavalle gravide che vengono
esposte a 16 ore di luce durante l’ultima parte
della loro gestazione, partoriscono in media
7-10 giorni prima di quelle che non lo sono
state. Cosa ancora più interessante è che, se
pianificate di fecondare nuovamente la vostra
fattrice dopo il parto, il programma luce le
evita di eventualmente entrare in anestro,
come succede abbastanza spesso a quelle
cavalle che partoriscono nella prima parte
dell’anno.
Com e funziona
L’ipotalamo cerebrale è considerato il centro endocrino che controlla ormonalmente
l’attività riproduttiva e quindi tutti i fattori
che condizionano l’attività ciclica di un
riproduttore stagionale interferiscono sull’attività di questa parte cerebrale. Nella
specie umana ed in altri mammiferi, i
segnali luminosi necessari a settare i ritmi
circadiani sono inviati dall’occhio alla
ghiandola pineale. La ghiandola pineale
produce melatonina, un ormone che
modula i ritmi veglia/sonno e la stagionalità. La produzione di melatonina, anche
conosciuta come “l’ormone del buio”, da
parte della ghiandola pineale viene stimolata dal buio ed inibita dalla luce. Nei riproduttori che ciclano quando le giornate
sono lunghe, la melatonina ha un effetto
inibitorio nei confronti della produzione
del gonadotropin releasing hormone
(GnRH) da parte dell’ipotalamo. Il calo di
produzione di melatonina che si osserva
nelle giornate più lunghe provoca una soppressione minima dell’attività ipotalamica e
quindi un aumento della produzione pulsatile di GnRH. Di conseguenza, il GnRH
determina un aumento della produzione di
luteinizing hormone (LH) e di follicle stimulating hormone (FSH) da parte dell’ipofisi anteriore. Il luteinizing hormone (LH) e
il follicle-stimulating hormone (FSH) vengono denominati gonadotropine perchè stimolano l’attività delle gonadi maschili
(testicoli) e femminili (ovaie). Nelle cavalle,
questi due ormoni (LH e FSH), controllano
la natura ciclica dei calori stimolando lo sviluppo dei follicoli e l’ovulazione. •
GUIDA PRATICA DI RIPRODUZIONE EQUINA
AUTORE: CESARE ROGNONI
uesta guida è stata redatta senza alcuna pretesa scientifica o didattica e si rivolge agli appassionati e
agli addetti all’allevamento del cavallo. L’intento è stato quello di trattare in parallelo cenni salienti di anatomia e fisiologia della riproduzione, correlandoli alle manifestazioni esterne dell’animale, in modo che il neofita guadagni in termini di tempo l’esperienza che la pratica e il tirocino prevedono. Si è cercato di confrontare e spiegare il funzionamento e l’utilità di varie tecniche riproduttive sviluppate nel tempo e in particolare:
la fecondazione artificiale, l’ecografia e l’alimentazione.
Essendo questa disciplina molto articolata, che abbisogna di consulenze specifiche e specializzate, pone il
conduttore dell’azienda o semplicemente il proprietario di una fattrice a dover recepire, elaborare ed eseguire pratiche e concetti che, se carente di nozioni almeno sufficienti della materia da affrontare, non potrebbero essere recepiti, elaborati ed eseguiti con cognizione di causa. In tutta questa nostra illustrazione si è cercato di dare un’infarinatura teorica da riversare nella
pratica. L’esperienza di campo sarà il riscontro certo se questa lettura sarà stata utile.
Q
L’opuscolo è stato realizzato nell’ambito di un progetto di divulgazione previsto dal Piano
di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia Misura 111B della Provincia di Lodi e sono disponibili
in formato cartaceo presso la sede UOFAA o scaricabili on line dal nuovo sito www.uofaa.it
28 UOFAA informa - 1/2014
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nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
EQUINI
L’ONICOMICOSI DEL CAVALLO
a cura di UNOM
Foto 2
© Dott. Biacca
© Dott. Biacca
Bianca sono altri due termini che indicano la
stessa patologia. Tra gli agenti responsabili del
“Tarlo”, quello che più frequentemente viene
isolato in Italia ed in Europa è lo
Scopulariopsis Brevicaulis , un fungo cheratinofilico che è in grado di nutrirsi di materiale derivante dalla distruzione della cheratina.
Tra i principali fattori predisponenti annoveriamo: carenze nutrizionali, fattori ambientali
(ambiente troppo secco o troppo umido) e
fattori meccanici (sbilanciamento lateromediale dello zoccolo, eccessiva lunghezza da
© Dott. Biacca
L
’Onicomicosi è un’infezione dello zoccolo e/o della linea bianca che avviene
ad opera di batteri e funghi saprofiti ed
ubiquitari.
Si manifesta come un processo cheratinolitico
che partendo dal margine soleare della linea
bianca si estende prossimalmente coinvolgendo, nella maggior parte dei casi, lo strato più
profondo della parete, la zona non pigmentata, che essendo meno ricca di cellule lipidiche
risulta più facilmente aggredibile (fig. 1).
“Tarlo dello zoccolo” e Malattia della Linea
mancato pareggio e stress laminari).
Il trattamento dell’ onicomicosi è meccanico e
medico.
Il primo consiste nel pareggio e bilanciamento dello zoccolo, nell’asportazione delle porzioni lesionate ; se il distacco è in punta e
supera 1/6 della sua superficie (fig.2), occorre
applicare un ferro con supporto palmare(fig.3
e fig. 3-a) per prevenire l’insorgenza di una
laminite di tipo meccanico (fig 4).
L’asportazione delle parti deve essere completa fino a raggiungere la giunzione integra tra
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Come ben noto, dalla data della sua costituzione, Uofaa si occupa di tenere un Registro
dei fecondatori laici, di formare e tutelare gli stessi. Questa attività prevede l’intervento del fecondatore laico (quindi non medico veterinario) sull’animale vivo, previa abilitazione conseguita ai sensi della L.74 del 1974. Nell’ambito della mascalcia il concetto
è simile: si interviene su una parte anatomica differente rispetto all’apparato riproduttore, ma il piede dell’equino è comunque una parte viva dell’animale. L’azione, seppure
limitata dalla corona del piede in giù, è comunque “para-veterinaria”. Perché quindi non
sfruttare l’esperienza di un ente che dal 1974 si occupa di questo genere di attività?
Proprio per i motivi sopra descritti, a partire da questo numero di Uofaa Informa, sarà
dedicato uno spazio ad UNOM dove verranno pubblicate news sui progressi dei lavori
portati avanti dell’associazione, aggiornamenti e articoli tecnici riguardanti la podologia
e la mascalcia.
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SCHEDA TECNICA
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EQUINI
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strato intermedio e profondo della parete sana
(fig.5) ed i bordi vanno assottigliati rendendo
l’unione alle lamine cornee sottile ed elastica
(fig.6). Se per applicare il ferro, fosse necessario ricorrere ad una ricostruzione parziale è
bene che venga fatta lasciando libera la giunzione parete-lamine cornee per consentirne la
disinfezione (fig.7).
La terapia medica dell’onicomicosi prevede
l’utilizzo di disinfettanti ad ampio spettro con
azione battericida e fungicida che verranno
applicati quotidianamente allo zoccolo nei
punti in cui è stata rimossa la parete ; è bene
evitare sostanze caustiche ed è sconsigliabile
l’utilizzo di soluzioni alcoliche od a base di
etere che favorirebbero la disidratazione dell’unghia rendendola più fragile. I prodotti
consigliati per la terapia dell’onicomicosi
sono: soluzione acquosa di iodio
(Betadine),antimicotici diluiti al 30 % in
Dimetilsulfossido e prodotti specifici
(es.Keratex) in vendita presso ditte specializzate in articoli per mascalcia. Quando l’infezione è molto estesa si può ricorrere a pediluvi
con Biossido di Cloro (fig.8). Ogni qualvolta
durante il pareggio ci accorgiamo della presenza di piccole separazioni della linea bianca,
queste andranno pulite (fig.9), disinfettate e
riempite di sostanze medicamentose (es.
Keratex cera) al fine di bloccare sul nascere
l’infezione (fig.11 - fig.12). Una appropriata
integrazione della dieta, un corretto bilanciamento dello zoccolo, un rispetto degli intervalli di ferratura e l’esecuzione a caldo della
stessa sono fondamentali per la prevenzione
del “tarlo” (fig.10). •
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Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe
nelle zone rurali PRS 2007/2013 Direzione Generale Agricoltura
SCHEDA TECNICA
PROFESSIONI
AGRONOMO-ZOONOMO:
UN PO’ DI CHIAREZZA!
Quadro informativo circa il titolo professionale spettante ai laureati in Scienze delle produzioni animali
e successivi ordinamenti didattici.
a cura di Roberto Napolano - presidente Direttivo nazionale Fidspa - [email protected]
S
pesso i neolaureati (e non solo) confondono il titolo di studio conseguito, con il
titolo professionale. Se è pur vero che la
laurea ha un valore legale, questa in quanto tale
non dà la possibilità di esercitare la libera professione. Infatti, la normativa prevede che l’accesso alla professione avvenga previo supermento di esame di Stato (abilitazione) e iscrizione al relativo albo professionale. Nella fattispecie dei laureati in “Scienze delle produzioni
animali” (SPA) e successivi ordinamenti didattici, in virtù della legge sull’equipollenza con la
laurea in “Scienze agrarie”, il titolo professionale conseguibile con l’iscrizione all’albo è quello di d ottore agronom o. Il testo unico della
Legge n. 971 del 28 dicembre 1977 recita: “La
laurea in scienze della produzione animale,
conferita dalle università statali e da quelle non
statali riconosciute per rilasciare titoli aventi
valore legale, è dichiarata equipollente alla laurea in scienze agrarie ai fini dell’ammissione ai
pubblici impieghi ed all’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore agronomo e per l’iscrizione, in apposita
sezione, nel relativo albo professionale”. Il titolo di dottore agronomo definisce una precisa
figura professionale, le cui competenze sono
circoscritte da una specifica legislazione. In particolare, la Legge 10 febbraio 1992 n. 152 che
modifica la legge 7 gennaio 1976 n. 3, disciplina ed elenca le ampie attività professionali esercitabili dal dottore agronomo e dottore forestale.Tra queste, alla lettera i dell’articolo 2, si evidenziano le attività zootecniche, quali: “l’alimentazione e l’allevamento degli animali, nonché la conservazione, il commercio, l’utilizzazione e la trasformazione dei relativi prodotti”.
Questa legislazione regola i titoli di professionali spettanti a coloro che hanno conseguito
lauree a ciclo unico. Con la riforma universitaria (DM 509/1999) che ha previsto l’istituzione di lauree di primo livello (triennali) e secon-
do livello (magistrali), anche gli albi professionali sono stati riformati (DPR 328/2001) con
l’istituzione di sezioni A per i laureati a ciclo
unico e di secondo livello e una sezione B per
i laureati di primo livello, detti anche junior. A
seguito della riforma l’Ordine degli agronomi
agli iscritti alla sezione A spetta il titolo professionale di dottore agronomo, mentre, nell’ambito della sezione B sono stati individuati tre
distinti settori: agronomo e forestale, zoonomo,
biotecnologico agrario, con l’attribuzione dei
relativi specifici titoli professionali. Per il settore
zoonomo è stata prevista la possibilità di iscrizione all’albo per i laureati nella classe 40
(Produzioni animali) di cui al DM n. 509 del
1999 e nella classe L38 di cui al DM n. 270 del
2004.Tuttavia, l’istituzione di tale settore è stata
oggetto di un ricorso al TAR del Lazio da parte
della Federazione nazionale degli ordini dei
veterinari italiani (FNOVI), che contestava l’attribuzione di alcune competenze ritenute di
appartenenza alla propria categoria e sosteneva
inoltre, che con la definizione dello zoonomo
si istituisse una nuova figura professionale, cosa
che andava contro i vincoli posti allo stesso
DPR 328/2001, il quale aveva come obbiettivo il solo riordino dei titoli già esistenti. Tale
ricorso è stato in primo grado rigettato dal
TAR Lazio. Tuttavia, il Consiglio di Stato, in
secondo grado, recependo le contestazioni
della FNOVI, con la sentenza n. 1233 del 22
marzo 2005 ha annullato le disposizioni del
DPR 328 del 2001 relative alle attività professionali attribuite allo zoonomo, con soppressione della stessa figura professionale di zoonomo.
Come conseguenza di tale sentenza l’allora
Ministro dell’Istruzione, dell’università e della
ricerca, con ordinanza dell’8 giugno 2005, ha
soppresso l’esame di stato per l’abilitazione alla
professione di zoonomo. Per la risoluzione di
tale problematica si disponeva un tavolo tecnico tra il Consiglio dell’Ordine nazionale dei
dottori agronomi e dei dottori forestali
(CONAF), la FNOVI e la Conferenza dei presidi delle Facoltà di agraria e di medicina veterinaria.Il 15 dicembre 2006 il tavolo tecnico
raggiungeva un’intesa che prevedeva la reintegrazione della figura dello zoonomo con l’attribuzione di specifiche competenze, concordate tra le parti, in particolare sono riformulate
le competenze in materia riproduzione animale e controllo dei prodotti di origine animale:
- la consulenza nei settori delle produzioni animali, sia primarie che trasformate – con esclusione degli aspetti sanitari – della loro commercializzazione e marketing;
- le attività di difesa dell’ambiente e del benessere animale limitatamente alla valutazione dei
requisiti ambientali, strutturali e tecnologici
delle tipologie di allevamento del settore delle
produzioni animali, nonché la valutazione dell’impatto ambientale degli allevamenti zootecnici;
- l’inseminazione artificiale nelle specie animali in produzione zootecnica, esclusa quella
equina.
Gli uffici del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sollecitati più volte
dalle parti interessate, come il CONAF e la
FIDSPA (Federazione italiana dei dottori in
scienze della produzione animale), hanno
condiviso l’opportunità di reintegrare la figura dello zoonomo, sulla base dell’intesa del 15
dicembre 2006, specificando, tuttavia, che ciò
può essere ottenuto solo modificando la normativa vigente, quindi con un intervento
diretto del Legislatore. Concludendo, ad oggi,
la figura dello zoonomo non è stata ancora
ripristinata. Ai dottori in SPA/STPA (vecchi
ordinamenti) e ai dottori specialistici/magistrali in classe “Produzioni animali” al pari dei
laureati in scienze agrarie - previa iscrizione
alla sezione A dell’Ordine - spetta il titolo di
dottore agronomo. •
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