LA CHIESA DI S. COSIMO A NARDO'
Sulla strada piana ed assolata, che da Nardò mena a Copertino, a circa un chilometro dall'abitato, sorge sulla destra un'antica Chiesa, ora consacrata ai Santi medici Cosma e Damiano, ma
in origine detta di S. Maria del Ponte. Ed il nome, che è tutt'ora
serbato alla località, dovè essere assegnato ad essa ed alla Chiesa
proprio per la vicinanza di qualche ponticello lanciato sulle irregolari acque del torrente Asso.
Di lontano la costruzione appare come un dato bianco, fra il
lussurreggiare dei vigneti, ma, avvicinandosi, la sua facciata ci
disillude per l'aspetto rustico e banale, a cui non riescono a conferire vivacità nè la pesante edicoletta campanaria, nè i due scudi
intagliati in tufo leccese con le armi degli Acquaviva e con il toro
della città di Nardò, che, presso la cornice terminale, affiancano
l'ostia raggiata; nè tanto meno le semplici scorniciature della porta
rettangolare e del finestrone centinato, uniche note di bruno sul
biancore accecante dell'intonaco (Fig. 2).
A manca s'addossa un enorme contrafforte, che abbraccia lo
spigolo della facciata, quasi del tutto nascondendolo, e che, per la
palese inclinazione, ci suggerisce piuttosto l'idea di una massa
inerte in cerca di sostegno, che d'una struttura di rinforzo. Ma se,
compiuto il giro della fiancata settentrionale e sorpassati gli altri
due grandi ed irregolari sostegni, raggiungiamo la parte posteriore
dell'edificio, notiamo come le sue linee si regolarizzino, assumendo
la nobile compostezza d'uno slanciato parallelepipedo di fabbrica,
articolato da snelle e lievi paraste e coronato da cornice dentellata di pietra. (Fig. 3) Si tratta del rivestimento esterno del presbiterio della Chiesa, che ne è la parte meglio conservata e più
regolare. In perfetto allineamento con il suo muro perimetrale, è
addossata l'antica sacrestia, anch'essa presso che quadrata ed ugualmente intonacata all'esterno di bianco ed articolata di paraste, che
però, a circa metà altezza del presbiterio, sono tagliate da un'alta
serie di frequenti mensoloni in carparo, a profilo tortuoso, che
gira, anche sul lato meridionale. (1)
(1) Tali mensoloni avrebbero dovuto sostenere una balconata girante
intorno al vano, che non fu mai costruito sulla sacrestia, come dimostrano
anche le chiamate nel muro perimetrale del presbiterio.
Dalla Santa Visita, fatta nel 1637 da Mons. Giovanni Granafei, Vicario
190
Rinaseemkt Salentina
E' qui che ci attende la maggiore sorpresa: il muro perimetrale si interrompe con un taglio netto, dovuto alle ultime demolizioni, e quella che un tempo era la seconda navata, mostra i suoi
ruderi imbiancati di calce, fra cui s'avanza la gioiosa e prepotente
conquista dei fichi d' India e razzolano i polli, come in una corte
rustica. (Fig. 4)
Questa navata, addossata alla prima verso l'inizio del secolo
XVII, e necessariamente arrestantesi al muro frontale della Sacrestia, era assai più ricca ed organica dell'altra, essendo stata costruita con larghezza di mezzi e non sottoposta a mutamenti nel
corso degli anni, prima della sua rovina. Tutta in pietra locale,
divisa in due ampie campate rettangolari, s'adornava agli angoli
di gruppi di paraste scanalate, sui cui capitelli vagamente intagliati s'impostavano gli svelti peducci di quelle volte composte,
le cui linee bizzarre ed intricate sono un vanto dell'architettura
salentina. Ed ancora oggi se ne serbano tracce ai lati di quella che
un tempo era la prima arcata di comunicazione fra le due navate
e presso la sacrestia.
Al muro frontale di questa è poggiata una ricca cona d'altare
in pietra tenera, con mezze colonne su alti piedistalli e coronamento scolpito. L'architettura è rinascimentale e dal repertorio del
tardo cinquecento sono stati attinti i motivi della decorazione. Ma
tutto vi è trattato con un'esuberanza gaia e facilona, che mostra
la pressione del Barocco imminente — nelle province giunto con
mezzo secolo di ritardo rispetto ai centri più progrediti — e sopra
tutto tradisce l'incontinenza degli artigiani di fronte alla pietra tenera, docile ad ogni fantasia.
E come è accaduto per la quasi totalità dei monumenti scolpiti nella penisola salentina, a tale minuzia d'intaglio corrisponde
del titolare Mons. Fabio Chigi, ed ora custodita nella Curia arcivesco,dle
di Nardò, risulta (f. 327) che il rettore dell'epoca, Abate Angelo Antonio
Nonciglia, avrebbe voluto far edificare sulla sacrestia due camere. Ma ne
aveva avuto espresso divieto dal suddetto Vicario, sotto pena del pagamento di cento ducati e della scomunica, dato che facilmente esse camere avrebbero dato asilo ai facinorosi ed a laici, con tutte le conseguenze del caso ». L'inconsueta severità della pena minacciata e la strana
motivazione ci possono dare un'eloquente idea dello spirito speculativo
dell'intraprendente rettore,
M. d'Orsi - La Chiesa di S. Cosimo a Nardò
191
altrettanta sorprendente minuzia di corrosione, dovuta alla facile
preda che quella medesima morbidezza di grana ha offerto agli
agenti naturali. Asportata la mensa dell'altare, nel mezzo della cona
è stato aperto l'ingresso alla sacrestia, a cui una volta si accedeva
da una porticina, oggi murata, all'estremità sinistra del muro
frontale.
Internamente la sacrestia è costituita da una sala quasi quadrata, coperta da volta a crociera, che ha nella serraglia il solito
disco raggiato con le cifre divine e nella cornice di imposta 'un
bel motivo a foglie, intagliato in pietra. Questa sala non riceve
luce che dalla porta d'ingresso e da un'alta finestrella nel muro
meridionale. Ma la frequenza dei vani praticati nelle muraglie, ed
oggi adibiti ad armadi, e le scorniciature in pietra che adornano
quelli più grandi, nel lato Est, mi fanno pensare che, questi per
lo meno, fossero un tempo vere e proprie finestre.
Uscendo dalla sacrestia, a sinistra, nascosti fra i cespugli dei
fichi d' India, sono ancora le basi e le zoccolature frammentarie
di un'altra cona d'altare, di un'edicola o di un portale laterale.
Ma è tempo oramai, compiuto il giro del fabbricato, di penetrare nella chiesa vera e propria. La navata superstite è disadorna
come la facciata: ha tozzi pilastri laterali, che determinano le due
campate, ed una grossolana cornice che segna la linea su cui poggiano le due volte composte. Le pareti sono dipinte di rosa. Il
pavimento è battuto. La sua unica ricchezza è costituita dai due
altari, che occupano le campate di sinistra : sono anch'essi in pietra
tenera ed anch'essi lavoro delle maestranze che eseguirono l'altare
dianzi descritto. Ma mentre la prima cona, oltre la consueta decorazione di grottesche, cartigli, targhe, dragoni e putti, ne ripete
più o meno anche le linee essenziali, la seconda cona se ne distacca per un'architettura più affastellata e pesante, chè, fra i pilastri adorni di colonne e sormontati da alto coronamento, è stato
inserito un fornice d'arco tozzo e profondo, con rosoni riquadrati
nell' imbotte e nicchie nei piedritti. In compenso qui la decorazione ad intaglio si fa più gentile e sono notevoli specialmente i
girari fioriti che rivestono le mezze colonne. (1)
(1) Entrambi gli altari della navata hanno colonne e pilastri fuori asse,
fortemente inclinati sul muro perimetrale,
192
Rinascenza Salentina
Sulla targhetta dell'architrave è la data 1603, che si ripete nel
piccolo cartiglio dei piedistalli più esterni. Nell'architrave è questa
iscrizione su di una sola riga : " HOC SACELLVM PIORVM
ORATIONIBVS ET ELEMOSINIS ERECTVM FVIT ABB. CAMILLO TOLLEMETO RECTORE „.
Sul primo altare è una spregevole tela ottocentesca (1). Ma
sotto l'arco della seconda cona si conserva un affresco, che costituisce l'opera pittorica più importante che possegga il Tempio
(Fig. 5). Rappresenta Nostra Donna, che con entrambe le mani
sostiene seduto sul ginocchio destro il divin Putto. Maria appare
quasi di fronte, a due terzi di figura; è vestita di tunica rossa e
di manto d'azzurro cupo, stellato ed orlato d'oro e foderato di
verde, che dal capo discende a drappeggiarsi sulle gambe. Volge
la testa di tre quarti verso sinistra, ma ha gli occhi al riguardante.
Il piccolo Gesù, che indossa una lunga tonacella bianca, stampigliata di ornati stilizzati a stelline azzurre ed anforette rosse, stringe
nella mano destra levata un sottile filo, che contempla con la testa
sollevata verso sinistra ; la mano manca, che stringe l'altro capo
del filo, è seminascosta nel grembo materno. Le figure si distaccano su fondo rossastro ed hanno nimbi circolari gialli raggiati.
La composizione non manca di sapore suggestivo per la dolcezza pensosa della Vergine e per l'atto spigliatamente infantile,
per quanto inconsueto, del Putto.
L'affresco è in cattivo stato di conservazione (2), ma, da quanto
se ne conserva, si può facilmente datare ai primi decenni del '400.
E' opera di un maestro locale, che, forse a Napoli, s'era educato
su diluiti schemi toscani, serbando ancora riminiscenze trecentesche,
come mostrano l' iconografia generale, gli occhi a mandorla, i sopraccigli arcuati, le orbite alte e le dita lunghe, affusolate e prive
di ogni segno di giunture. Alla stessa epoca, e certamente alla
medesima bottega, si possono assegnare alcuni fra i più recenti
(1) La tela è dipinta ad olio e rappresenta la Madonna del Rosario.
(2) La superficie dipinta è molto spatinata e corrosa; il volto di Niaria
ha perduto la fermezza del modellato, anche per le abbondanti ridipinture,
che si estendono su parte del fondo.
L'affresco, che è protetto da una vetrina rettangolare fissa, misura
m. 0,98 >< 1,40 di altezza. Sulle teste delle due figure sono i fori, in cui
una volta erano fissate le corone metalliche.
M. d'Orsi - La Chiesa eli S. Cosimo a 1Vard6
193'
affreschi della Cattedrale di Nardò, cosi la Vergine con il Putto,
che è sull'ultimo altare di destra e quella nel pannello centrale del
trittico, che è a sinistra, contro la zoccolatura del campanile.
Il Presbiterio — che è la parte più interessante di tutto l'edificio — sopraelevato di un gradino, ha pianta quasi quadrata (1),
su cui, mediante ampi pennacchi a tromba, si imposta la cupola
ottagonale a spicchi (2). Due finestrelle centinate si aprono nella
parete dell'altar maggiore, sotto i pennacchi; una in ciascuna parete laterale, mentre sull'arco di accesso dalla navata, si apre un
occhione circolare e, più sopra, nella stessa cupola, un'altra finestra
centinata.
Il presbiterio è dipinto con banali decorazioni moderne ad
imitazione di stoffato, su fondo giallorosa, ma è ricco d'intagli
nelle nervature e nella linea d'imposta della cupola, oltre che alla
base delle trombe (Fig. 6). Contro le nervature della cupola sono
teste di cherubini scolpite e negli spicchi medaglioni con teste
eroiche di profilo (3). Alla sommità è un disco con la Vergine ed
il Putto in una ghirlanda di cherubini. I medaglioni sono stati
dipinti ad imitazione bronzo verde ; gli altri intagli ricolorati al
naturale.
Contro le testate terminali delle muraglie della navata, verso
il presbiterio, sono tratti di un'alta cornice in pietra tenera, inta gliata a fogliami, a simiglianza di quella alla base della cupola e
dell'altra notata nell'antica sacrestia.
Anche qui il pavimento è battuto.
L'altar maggiore (Fig. 7) architettonicamente è simile agli altri
due, precedentemente descritti, ma è più grandioso nelle dimensioni e più ricco nell' intaglio, pur non raggiungendo la finezza
d'esecuzione che si nota nell'altare della seconda campata.
(1) Le sue misure 'esatte sono m. 6,80 di larghezza per 6,58 di lunghezza.
(2) La cupola è in cattivo stato di conservazione per le infiltrazioni
d'acqua piovana, causate dal deterioramento della copertura del suo estradosso, danno che fu notevolmente aggravato, anni or sono, dalla caduta
di un fulmine.
La canna fumaria del focolare, ricavata sotto la scaletta fra il presbiterio e la sacrestia, s'apre proprio nella compagine della cupola.
(3) Nello spicchio, in cui è stata praticata la finestra, il medaglione
risulta spostato in alto rispetto agli altri.
194
iiinaseenza Salentin a
Nella piccola targa del fregio è la seguente iscrizione: " TIBI
GRATIARVM MATER HOC TEMPLVM DICATVM AT VETVSTATE FERE COLLAPSVM e nel sottostante architrave si
legge, su due righe : * ILLVSTRISSIMI D. BELLISARIVS
AQVIVVS AB ARAGONA ET D. PORSIA PEPI NERITINORVM
DVCES ET CONIVGES NON DEVOTIONE DISCORDES PIORVM PECVNIA RESTITVERE CVRARVNT ; ABB. CAMILLO
TOLLEMETO RECTORE ET CANONICO NERITINO ANN. D.
NI 1618 ,.
La pala d'altare è costituita da una tela dipinta ad olio, di
fattura assai debole e scadente (1).
(1) E' firmata con le due iniziali MeD intrecciate ed è datata al 1779.
Rappresenta la Vergine con il Putto in gloria, circondata da angeli ed
adorata dai due Santi titolari e dalle Sante Margherita e Maddalena. In
basso è il busto del committente, un prelato della famglia Massa, le cui
armi sono dipinte nello scudo che è al centro. Misura m. 1,76 >< 2,98 di
altezza.
Nella citata S. Visita sono descritti tutti gli altari che in quell'epoca
esistevano in chiesa, ma, fra i superstiti, soltanto il secondo a sinistra,
quello su cui è l'affresco, sembra oggi occupare il luogo originario. Non
so se tale confusione sia dovuta ad uno spostamento generale, a cui, nei
rifacimenti posteriori, siano stati sottoposti anche gli altari, oppure — com'è
più probabile — ad errore materiale, aggravato dalle forme improprie o
troppo generiche del latino secentesco.
L'unico altare che ritroviamo al suo posto è descritto, nel retro del
f. 325, in modo da non dar luogo ad equivoci: « Altare sub titulo Sanctae
• Mariae de Ponte repertum est situm in latere sinistro ingredientium
• dictam Ecclesiam in pariate Boream versus, in quo est antiquissima
• Deiparae Imago puerum lesum in sinu tenentis, mire pictam pietatem
excitans et devotionem ornatum la pidibus, quos vocant Eccesse (sic.
« polite sculptis cum insc,riptione his litteris notata: 1603 lloc sacellum... »
Cioè la iscrizione che ho precedentemente trascritta.
Ma per gli altri altari c'è molta incertezza. A f. 326 (retro) si legge
• Altare sub titulo Sanctorum Cosmae et Damiani repertum est intra
• eandem Ecclesiam collocatum e manu sinistra ingredientium portar
• ipsius Eaclesiae, prope dictam portam ». Parrebbe quindi trattarsi proprio dell'attuale primo altare a sinistra. E si può facilmente ammettere
che la tela, minutamente descritta nel documento, raffigurante la Vergine
can il Putto ed i SS. Cosma, Damiano, Maddalena e Margherita, venutasi
a logorare, sia stata fedelmente ricopiata nel 700 e posta sull'altar maggiore, dato che la chiesa era stata ribattezzata ai Santi medici, mentre al
suo posto originario veniva messa la notata brutta immagine del Aosario.
Ma il diligente Vicario Granate! fece anche trascrivere l'iscrizione ch'era
195
M. d'Orsi - La Chiesa di S. Cosimo a .Arardò'
!d'EVO TOPOGRAFICO DELLA CHIESA DI 5. COSIMO NAQD0'=
7
.„-
.i' 1:50
RE/CAVII bll
MOLI XIX XX
NEN • ANTICHI
se.
,
%‘"
\‘'%.\\'
Ing. 11.111(.0 (01000
•
:,2"-;.."'
•
„
(Fig. 2a)
(Fig. 3a)
(Fig. T)
,/
d'Orsi - La Chiesa di S. Cosimo a Nardò
19't
E'
strano che gli scrittori, che con molta diligenza si sono
occupati del patrimonio artistico della penisola salentina, non abbiano sentito il bisogno di dedicare, sia pure un sommario accenno,
a questa interessante costruzione. Soltanto il Tafuri (1) ne parla a
sull'architrave di quell'altare : « Divo Cosmae et Damiano MDCXXIV Abbas
Camillus Toliemetus Canonicus Neritinus et huius Ecclesiae Rector pro
Neritinorum sanitate aere suo et piorum erectum sacellum dicavit • e di
questa iscrizione non v'è più traccia.
Ancora a f. 326 si legge: « Altare sub titulo Beat.mae Virginis Mariae
repertum est situm intus praedictam Ecclesiam e regione Ponte quae est
in mano (sic) sinistra, ingredientium, cum icona in tela... in qua Beat mae
Mariae Virginis Nativitas ita pictoris arte espressa est ut nìhil inordinatum aut a veritate alienum sit... et in arcutrabe sic notata haec inscriptio
habetur: III mus Dom. Belisarius... » con la data d 1618. L'iscrizione
datata e la dedicazione non lasciano dubbi per l'identificazione di questo
altare nel già descritto altare maggiore. Ma in tal caso, anzi che pensare
ad uno spostamento o ad una ricostruzione, per le dimensioni della cona,
sensibilmente più elevata di quelle degli altari nelle navate, preferisco
credere che l'espressione « in mano sinistra » si riferisca, anzi che alla
parete laterale, a tutta la navata di sinistra nel cui fondo, infatti, ancora
si trova l'altare.
Siamo cosi informati intorno al dipinto che si venerava su di esso,
prima che vi trovasse posto la tela settecentesca.
Sempre a folio 326, troviamo notizie di uno degli altari della navata
destra, quello dedicato all' Immacolata Concezione, situato presso la porta
d' ingresso. Vi si venerava una tela « ordinario espressa artificio • ma
la cona era egregiamente intagliata in pietra tenera.
Nell'architrave vi erano le armi delle famiglie « de Massa et Falconibus » con la seguente iscrizione : « Joannes Jacobus Massa ex legato
Joannis Baptistae fratris optími pos. MDCXI ». Infine, (f. 326 e 326 retro)
è ricordato un'altro altare, senza specificarne l'ubicazione, con cona
simile alle altre e tela raffigurante l'Ascensione ' di Gesù. Vi sì leggeva la
seguente iscrizione : « Christo in coelum ascendenti Donatus Antonius
Massa dicavit MDCXX ».
(1) Cfr. G. BERNARDINO TAFURI - Dell'origine, sito ed antichità della
città di Nardò — libri II, ín Raccolta d'Opuscoli scientifici e filologici —
Tomo XI — in Venezia, appresso Cristofaro Zane 1725 ». Volume I, pagine 282-83. L'opera, il cui promesso secondo volume non vide mai la
luce, fu ristampata in « Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura, Giovan Bernardino e Tommaso Tafuri » con note ed a cura di Mi.
chele Tafuri. Due Voll. Napoli, Stamperia dell' Iride 1848.
198
Rinascenza Salentina
proposito delle opere compiute da Belisario Acquaviva d'Aragona,
XV duca di Nardò, adoperando però una forma che si presta ad
ambigue interpretazioni. Egli infatti scrive che il duca " in Santa
Maria del Ponte eresse una Cappella a sue spese, dedicata a Sant'Anna „ e riporta, con qualche inesattezza, l'iscrizione datata al
1618, che è nell'architrave dell'altare maggiore.
Ora, pur tralasciando la considerazione che l'altare è dedicato
alla Madonna delle Grazie (1), bisogna porre in chiaro che, con
la parola Cappella, il nostro autore, dando ad essa un significato
convenzionale, ancora in uso in tutto il nostro Mezzogiorno, intendeva indicare soltanto l'altare a cui ho accennato e non già un
vero e proprio vano in muratura, l'intero presbiterio, ad esempio.
Questo, con l'annessa sacrestia, doveva preesistere da moti anni,
a simiglianza della seconda campata della nave superstite, in cui
è l'affresco, databile con sicurezza al secolo XV. Basterebbero a
dimostrarlo sia le dimensioni eccessive dell'altare stesso, che, con
le estremità del coronamento maschera in parte le finestre della
parete di fondo, sia, in special modo, il carattere rinascimentale
degli intagli che adornano la cupola, i pennacchi del presbiterio
e la volta della sacrestia: l'artigiano locale dette ad essi l'aspetto
un pò grossolano e pletorico, a cui lo costringevano la sua educazione provinciale e la grana della pietra, ma attinse certamente
a moduli quattrocenteschi.
Ed ora osserviamo la parte posteriore del tempio : le paraste e
la cornice del presbiterio, sebbene di linee assai composte, possono
anche farsi risalire all'epoca delle rifazioni secentesche: è ancora
una prova che il Barocco in queste province, già affermatosi nel
suo spirito, sia giunto in ritardo nelle sue forme concrete. Ma la
finestrella del lato settentrionale del presbiterio si apre inesplicabilmente nel bel mezzo della parasta centrale, come avviene anche
alla finestrella della scaletta interna, rispetto alla parasta che divide
il presbiterio dalla sacrestia, e le paraste all'esterno di questa si
sovrappongono alle ultime dentature dei mensoloni in carparo
(Fig. 3). Inoltre le finestre del presbiterio hanno una sezione com-
(1) Ricordiamo infatti che, all'epoca della citata S. Visita, ancora si
vedeva sull'altare la tela con la. Natività della Vergine, quindi con la
rappresentazione dell'episodio più importante della vita di S. Anna.
M. d'Orsi - La Chiesa di S. Cosimo a Nardò 199
plessa, più angusta all'esterno, più ampia all'interno e con una
strozzatura centrale, di cui non ci sapremmo dar ragione. Come
cì appare incredibile che, dovendosi costruire ex novo un'ampia
ed ornata sacrestia, la si progettasse quasi del tutto buia, quale
doveva essere questa, illuminata dalla sola finestrella nel lato meridionale, allorchè l'ingresso era limitato alle anguste porticine,
oggi murate, che davano per di più nell'interno della chiesa. Che
cosa si opponeva a dar piena luce a questa sala, sfinestrandone
la parete orientale, dove oggi sono ancora i vani degli armadi? (1)
Ecco che tutto concorre a farmi ritenere che quanto vediamo
all'esterno sia soltanto un rivestimento con cui, se si potettero
chiudere senz'altro le due grandi aperture della sacrestia, trattandosi di una parte accessoria, non si giudicò però opportuno ostruire
la finestrella del presbiterio, per non privare la parte più importante del tempio della necessaria luce.
Lo zelo dell'abate Camillo Tollemeto, ricordato nelle iscrizioni,
dovette adoperarsi per dare alla Chiesa una veste ch'egli giudicava
più decorosa. Fu così costruito nel 1603 il sontuoso altare alla.
antica immagine della Vergine e, pochi anni dopo, valendosi oltre
che delle elemosine dei fedeli, anche della proverbiale pietà del
feudatario, si provvide agli altri altari e si operò quella trasformazione radicale, che, con l'aggiunta della nave di destra, dette
all'edificio l'aspetto inconsueto di tempio a due navate e lo rivestì
esternamente di nuove forme. (2)
Nel corso del secolo XVIII, il logorio, che le acque straripanti
del torrente Asso producevano alle fondamenta, allagando la cripta,
oggi prudentemente colmata, resero necessari altri lavori di consolidamento : furono allora ricostruite, e forse a più riprese, le due
volte della navata esistente, di certo più basse delle originarie,
(1) Infatti, dalla citata S. Visita, a f. 327, nella descrizione della sacrestia, risulta che : « fenestrae pro lustro oratis ferreis munitae tela ceralinita sunt occlusae E, fatta eccezione per l'angusta apertura sul lato
meridionale, attualmente non v' è più traccia di tali finestre con grate di
ferro.
(2) Sempre nella S. Visita del 1637, a f. 325 (retro): « Quod vero attinet ad corpus praedictae Ecclesiae reperta est concamerata et in ampliorem et decentiorem formam, quam antiquitus erat redatta, piorum
elemosinis per quaendam abatem Camillum Tolemetum praedecessorem
cappellanum ab anno 1602 »,
200
Rinascenza Salentina
perchè schiacciano e sono in parte incise dai fastigi degli altari
secenteschi; fu allora rinforzata alla meglio la muraglia esterna
settentrionale, che presenta ancor'oggi impressionanti inclinazioni
e strane discontinuità, e vi furono addossati i tre massicci contrafforti ed allora, forse, dovette distruggersi quella ricca cornice
intagliata, di cui si conservano tracce nel presbiterio, sostituendola,
nella navata, con la banale membratura delle volte attuali, che si
ripete anche nel grossolano rifacimento settecentesco della facciata,
in cui si collocarono gli stemmi del prospetto originario (Fig. 2).
Infine, crollata in una notte sullo scorcio dell'800, gran parte
della nuova navata, questa fu per sicurezza completamente abbattuta. Si rese quindi necessario chiudere le arcate a pieno sesto di
comunicazione e si costruì nella seconda di esse un'angusta sacrestia, contro cui, nell'interno della chiesa, si poggia un piccolo
palco per i cantori. Da qui è ancora possibile osservare, nelle pareti laterali del sottarco, i capitelli intagliati del rifacimento secentesco. La vecchia sacrestia era già stata precedentemente adibita
ad abitazione del custode, chiudendo anche la porticina laterale
di comunicazione con il presbiterio.
Nel 1903, l'Abate Francesco Antico, rettore della chiesa, provvedeva a proprie spese, come si legge nell'iscrizione sul paliotto
dell'altare maggiore, alla completa rinnovazione dell'interno: furono
allora dipinte le pareti, come attualmente si vedono, ed allora
l'altar maggiore fu malauguratamente verniciato in bianco ed azzurro.
L'altare della prima campata, che fu dipinto a colla, si va lentamente scrostando, in guisa da far riapparire la pietra viva. L'altare
della seconda campata, per fortuna, fu salvato da siffatto restauro.
L'indisponibilità di mano d'opera e la mancanza di scale, alte
tanto da consentire l'accesso alle finestre ed alla cupola, non mi
hanno permesso di procedere a quei saggi, che soli potrebbero
dire la parola definitiva sull'età di questa chiesa, tante volte manomessa (1). Ma io non mi stupirei se tali Sistematiche ricerche
(1) Rendo qui pubblicamente grazie al N. H. Ing. Marco Colosso, R.
Ispettore Onorario dei monumenti e scavi per il mandamento di Nardò,
a cui debbo il rilievo planimetrico, pubblicato alla fig. 1 e varie notizie,
che mi sono state di notevole giovamento nella compilazione di questo
piccolo studio. Ma debbo avvertire che, per le suaccennate materiali difficoltà, non fu possibile al mio cortese collaboratore rilevare da per tutto
Io spessore delle mura oon assoluta precisione.
M. d'Orsi - La Chiesa di S. Cosimo a Nardò 201
giungessero a conclusioni inattese, per cui l'origine del tempio
dovesse spostarsi ad epoca anche più remota.
Malgrado nelle Puglie le più antiche forme costruttive si siano
mantenute sempre vivaci nel corso dei secoli, non si hanno altri
esempi di costruzioni quattrocentesche a sistema centrale, con cupola su pennacchi sferici. Ed inoltre, edifici siffatti, creati per sorgere isolati, in quel mirabile equilibrio di spinte e resistenze, di
cui l'arte orientale rinnovò la scienza in Occidente, non sono facilinante concepibili nella parte terminale di una chiesa a navate.
Il presbiterio attuale potrebbe forse anche essere nient'altro che la
ricostruzione parziale di un antico sacello, che sorgeva nella campagna, espressione armoniosa di quanto la civiltà bizantina aveva
saputo insegnare all'architettura normanna ed a quella sveva. Ed
a tale azzardata ipotesi potrebbero anche far pensare le dimensioni
e la semplicità dell'arco trionfale, che, non raggiungendo nè l'altezza della navata, nè quella della linea d'imposta della cupola,
appare piuttosto come un'apertura d'accesso, praticata in una compagine muraria preesistente (1).
MARIO D'ORSI
(1) La volta composta settecentesca della seconda campata, finisce nel
vano del presbiterio in una testa di volta a botte, che può considerarsi
il residuo della volta preesistente ; questa, a sua volta, però, nella sua
piccola estensione, presenta palesi discontinuità, dovute a riprese di costruzione, per l' innesto sulla struttura più antica del presbiterio.
Scarica

la chiesa di s. cosimo a nardo