UNIVERSISMO CINESE LE RELIGIONI IN CINA In estremo Oriente, come nella Mesopotamia e in Egitto, anche se più lentamente, avvenne il passaggio della caccia all’agricoltura e sfociò nella civiltà del villaggio e poi in quella urbana e già nel 2000 a. C. la città di Ngan-ung, sul corso inferiore dell’Hoang-ho divenne centro di una civiltà raffinata, che costruiva i santuari nei centri abitati, cinti di mura. In questa zona si succedettero, dal 2000 al 700 a.C. circa, le prime tre grandi dinastie colonizzatrici: Hsia, Shang (detta poi anche Yin), Chou occidentali. In questo lungo periodo la primitiva religione naturistica basata sul culto delle forze celesti e terrestri, sulla corrispondenza tra ordine stagionale regolato dal sole e ordine agricolo pianificato dal monarca, sul culto degli avi e specialmente dei nobili, ai quali è riservata l'immortalità, andò sviluppandosi da culto cosmico a culto astrale. Infatti, il dio supremo, chiamato all'epoca Shang col nome di Shang-ti, ossia signore di lassù, riceve, con i Chou, anche l'appellativo e l'identificazione di T'ien, che significa cielo. Con la dinastia dei Chou orientali (770-221 a.C. circa), la Cina attraversò un periodo di profondi rivolgimenti politici e sociali. I Mongoli premevano sui confini, la nobiltà si decimava nelle feroci guerre, commercianti e contadini si agitavano per avere una parte maggiore nella direzione dello Stato. Questa situazione provocò una feconda riflessione sugli avvenimenti. Da questo periodo ha inizio la storia della filosofìa cinese, che è normalmente divisa in tre ere: la classica, che durò più o meno dal VI al II secolo a.C. (gli ultimi quattro secoli della dinastia Chou); la medievale, che durò fino all'XI secolo d.C. (che copre le dinastie Qin e Han, il periodo delle sei dinastie, le dinastie Sui e Tang, il periodo delle cinque dinastie e l'inizio della dinastia Song); la moderna, fino a oggi (che copre gran parte della dinastia Song, le dinastie Yuan, Ming e Manchu, e la Cina moderna, non dinastica). L'era classica fu un periodo di disordini, mentre la dinastia Chou si avviava al crollo: un crollo lungo, graduale, spesso violento. Quest'era vide Confucio, Micio, Mencio, e, a patto che sia realmente esistito, Lao-tse. I quattro grandi sistemi del pensiero cinese si generarono in questo periodo. Durante la prima fase del periodo classico, chiamata «Primavera e autunno », vissero e insegnarono i due grandi pensatori e maestri Lao-tze, o Lao-tsu (570-470 a.C. circa) e K’ung-fu-tzu, ossia Confucio (551-479 a.C. circa, e sulla base delle loro dottrine si sviluppò la teoria del Tao, che significa via, regola, inteso come corrispondenza dell'ordine celeste e dell'ordine terrestre, e l'altra teoria del doppio principio yin e yang, come spiegazione dialettica del continuo mutamento delle cose. Confucio (K'ung fu-tzu) ci ha consegnato il sistema morale e politico conosciuto sotto il nome di confucianesimo. Più o meno nello stesso periodo comparve il mistico (anche se ancora essenzialmente naturalistico) sistema del taoismo (o daoismo), attribuito alla figura, probabilmente mitica, del filosofo Lao-tze: in ogni caso, il libro che porta il suo nome, non venne scritto prima del 300 a.C. . Nella seconda fase del periodo classico, chiamata dei «Regni combattenti» comparvero due grandi maestri: Mo-ti (479-438 a.C.), conosciuto come Micio, propugnatore dell'altruismo e dell'amore universale, egli sviluppò la concezione secondo la quale l'amore universale e il bene reciproco erano l'unico modo per salvare la società; fondò una comunità su questa falsariga, che divenne autosuffìciente sul piano economico e preparata militarmente per combattere guerre giuste; e Meng-tzu, ossia Mencio (371-289 a.C. circa), teorizzatore della legge del giusto mezzo e della necessità di riforme sociali. UNIVERSISMO Nonostante la sua storia movimentata, la Cina, ha conservato costantemente un atteggiamento tipico di fronte al mondo, alla società e alla storia, atteggiamento che viene definito spesso come «universismo », perché costituisce una dottrina riguardante la struttura e l'armonia dell'universo, del cosmo. Alla complessa cultura cinese si sono costantemente adattate anche le grandi correnti di pensiero del Confucianesimo e del Taoismo. IL TAO L'universo, è ordinato dal Tao, legge eterna ed impersonale, regolata a sua volta dall'azione reciproca delle due forze primordiali yang e yin. Yang è luce, calore, movimento, produttività, virilità. Yin è ricettività, quiete, freddo, oscurità, femminilità. Sono necessarie l'una all'altra. Tutto nasce dalla loro armonia e tensione. Prima da Yang il cielo e da Yin la terra, poi, dai due assieme, gli altri esseri. Le stagioni dell'anno, ad esempio, sono un alterno prevalere di Yang (estate) o Yin (inverno). Quest'idea del mondo si colloca in un lasso di tempo di 129.600 anni, durante i quali si compie un ciclo fra l'unità primitiva e la creazione del cosmo e il successivo ritorno all'unità, per ricominciare daccapo e così proseguire all'infinito. Il Tao, forza che guida tutto, già si trova nell'unità primitiva e produce l'armonia di tutta la creazione. Questa concezione intellettualistica non fa che esprimere la regolarità del ciclo cosmico e sociale, e a livello popolare si traduce concretamente nel culto rivolto agli spiriti della natura e agli spiriti degli antenati. Andare alla ricerca del Tao significa andare alla ricerca della giusta impostazione di vita. I grandi eroi della cultura cinese antica, per esempio, sapevano vivere in armonia con il Tao. Così assicuravano l'armonia nell'universo e nella società cinese. Se si fossero allontanati dal ritmo dello yin e dello yang, avrebbero affondato il mondo nel caos. È dunque importante sapere con precisione se in un determinato momento l'universo sia sotto l'influenza dello yin o dello yang. Ne deriva la necessità di stabilire un calendario preciso, di classificare tutti gli elementi, le direzioni e i colori, per potersi accordare pienamente con il principio dell'universo. Intorno a questa idea del Tao è sviluppata tutta una scienza di interpretazione di ogni aspetto dell'universo e della vita. Essa si è intrecciata con l'antica arte della divinazione e a pratiche magiche attraverso le quali si è sempre cercato di esercitare un'influenza sul corso degli eventi. IL CIELO All'inizio della storia cinese, però, il Tao non era soltanto una legge universale anonima e impersonale; aveva un nome, era il dio supremo chiamato soprattutto con tre appellativi: Ti (= dominatore), Shang-ti (= supremo dominatore), T'ien (= cielo), usati indifferentemente l'uno per l'altro. Il nome T'ien finì per prevalere all'epoca della dinastia Chou (dal 1050 a.C. in poi). Questo concetto di un unico essere supremo identificato nel cielo si ritrova chiaramente anche in Confucio, in Mo-ti e in Mencio: nel primo sotto forma di principio morale, nel secondo sotto forma di principio mistico, nel terzo come principio filosofico. Da sempre, la triade del cielo, della terra e dell'uomo è stata per i cinesi la base di un'ampia e profonda riflessione sull'universo. Il cielo, spesso figurato come un cerchio o una coppa, avvolge o contiene tutto, mentre la terra che ne è ricoperta è quadrata. Questo cielo dispensa l'energia o il soffio (ki) agli esseri che si trovano sulla terra. Grazie a questo soffio, tutte le creature, animate o inanimate, nascono, crescono e si trasformano. L'uomo che si trova sotto il cielo e sulla terra, è sottoposto agli stessi princìpi, riti o «ordinamenti» (li) del resto dell'universo intero e al movimento e al ritmo del Tao, il principio d'ordine che governa la totalità dell'universo e gli assicura l'unità. DOTTRINE DEI DOMINATORI Nei secoli seguenti, per opera principalmente di Tsou-yen (350-270 a.C. circa), si diffusero due altre dottrine circa l'essere supremo: quella dei « cinque dominatori » e quella dei « due dominatori ». La prima dottrina tenta di dare all'universo una spiegazione fondata sul numero cinque: cinque sono gli elementi materiali (legno, fuoco, terra, metallo, acqua), i tempi dell'anno (primavera, estate, tempo di mezzo, autunno, inverno), i punti dello spazio (oriente, meridione, centro, occidente, settentrione), i sapori (acido, amaro, dolce, agro, salato), i sensi del corpo (vista, udito, odorato, gusto, tatto), le relazioni sociali (tra principe e suddito, tra padre e figlio, tra uomo e donna, tra fratello e fratello, tra amico e amico), gli stati affettivi (ira, gioia, desiderio, tristezza, timore), le virtù (benevolenza, giustizia, cortesia, sapienza, fedeltà), i metalli (oro, argento, rame, stagno, ferro), i pianeti (Giove, Marte, Saturno, Venere, Mercurio) ecc. Si cominciò così a parlare di « cinque dominatori »: bianco, verde, giallo, rosso, nero, e a venerarli anche con sacrifici, fino alla proibizione emanata nel 1067 d.C. Più costante si mantenne, dagli inizi dell'era volgare fino al 1916, la teoria dei « due dominatori », fondata sul binomio yang-yin: Sole e Luna, luce e tenebre, attività e passività, forte e debole, maschio e femmina, marito e moglie ecc. Il principio fu applicato soprattutto al binomio cieloterra. Alla luce di questa evoluzione delle idee, vanno considerati i libri della letteratura classica cinese. Anzitutto i cinque King, redatti (eccetto il primo, che contiene documenti più antichi) da Confucio e dai suoi discepoli: « Yi-king », o libro delle mutazioni; «Shi-king », o libro delle odi; « Shuking », o libro dei documenti; «Ch'unts'iu », o Annali di primavera e autunno; « Li-ki », o libro dei riti. Esistono, inoltre, i quattro libri confuciani veri e propri, inclusa la dottrina di Mencio, e il canone dei libri taoisti. Dio in cielo; l'imperatore in terra, in quanto figlio del cielo; gli antenati nell'aldilà: questo, in fondo, è il t'ien ming, cioè il mandato celeste, il fondamento soprannaturale del mondo e della vita. La fede pratica dei Cinesi per secoli e secoli si è basata su questi criteri, anche se mescolata a pratiche magiche e alla venerazione degli innumerevoli spiriti locali. UOMO E DIO L'uomo, secondo i Cinesi, ha un'anima (shen) e una forza vitale materiale (kuei): la prima sopravvive dopo la morte, e ad essa deve essere tributata la venerazione da parte della pietà filiale (hsiao). E nella pietà filiale, infatti, intesa come ossequio a Dio, all'imperatore, agli antenati, vedono il fondamento di ogni religiosità i principali maestri di vita cinesi. E’ forse vero, tuttavia, che Confucio, Mencio e Chu-hsi, con il loro moralismo stoico, tendono a spersonalizzare sempre più l'idea di Dio; l'ideale di Confucio è lo jèn, che significa moralità e umanità; mentre Lao-tze, mistico della natura, epicureo raffinato, raccomandando di vivere senza preoccuparsi di vivere, di sapere il non sapere, di fare come non fare, di operare sempre la coincidenza dei contrasti per ascendere al sublime e far coincidere legge e virtù (tao-te), rende l'idea di Dio troppo trascendente. La Cina ha però anche un Mo-ti, che proclama « non c'è bene all'infuori dell'amore», e che si rivela monoteista e riformatore appassionato, contrario ad ogni forma di egoismo individuale e sociale. Sebbene la Cina ami accostare Confucio, Buddha e Lao-tze, vedendo in questi tre personaggi il trinomio essenziale della sua religiosità, è certo che Mo-ti resta una delle figure più originali e ammirevoli nella storia del celeste impero . IL CONFUCIANESIMO CONFUCIO Sulla vita di Confucio sono state tramandate poche notizie: sembra sia nato da una famiglia nobile in via di decadenza. Nacque nel 551 a.C. nel piccolo stato feudale di Lu nella provincia moderna di Shangtung. Il mondo che conobbe non era un mondo felice. La Cina era divisa. I vari principi feudali ricusavano l'ubbidienza al re e si contendevano l'egemonia. Confucio lavorò per la restaurazione dell'ordine del regno, si impegnò perché la famiglia imperiale, e con lei la Cina, ritrovasse la grandezza dei tempi antichi; ma le sue aspirazioni politiche non furono adempiute. Allora si recò nel regno di Lu, riprendendo il ruolo di istruttore ed ebbe grande successo quale educatore. Morì nel 479 a.C. . JU-CHIAO II Confucianesimo si dice in cinese Ju-chiao, la setta dei Ju. Esso è una delle tre forme religiose della Cina tradizionale. Le altre due forme religiose si chiamano Tao-chiao (la setta dei Taoisti) e Fu-chiao (la setta dei Buddhisti), benché quest'ultima sia di provenienza indiana. Il significato originale della parola « Ju » è dubbio. Si sa, però, che sin dal III secolo a.C. , questa parola fu usata per indicare quegli specialisti vaganti che prestavano servizio all'aristocrazia ereditaria, e che col tempo riuscirono a dominare il loro padrone per la superiorità della loro conoscenza. Più tardi, dopo l'istituzione della monarchia, quando l'aristocrazia scomparve dalla scena politica del regno unito, la medesima parola venne attribuita alla nuova classe sociale composta dai magistrati e dai candidati alla magistratura, cioè i letterati. Quindi il Confucianesimo, è la setta dei letterati (Ju-chiao). Il confucianesimo non pone l’accento sulla rivelazione o sulla fede in Dio e non si pone il problema della sopravvivenza dell’anima. Confucio ha predicato un umanesimo, che si potrebbe definire aperto alla trascendenza; senza argomentazioni speculative sulla morte e l’esistenza degli spiriti, Confucio insistette, nei suoi insegnamenti, sulla vita in generale e sul posto occupato dagli esseri nel mondo e tese a migliorare l’ordine politico, in modo che fra tutti i popoli regni l’amore universale. Alla scuola di Confucio e ai suoi scritti si formarono amministratori saggi e onesti che lo resero famoso e ammirato in tutta la Cina. Circa tre secoli dopo la morte, la figura di Confucio era elevata a oggetto di culto da parte degli imperatori e del popolo. In questa esaltazione religiosa si è distinto in particolare Meng-tzu, detto “Mencio” vissuto tra il 371 e il 289. La religione ufficiale della Cina imperiale impose il culto di Confucio a tutti i magistrati e manteneva un tempio confuciano in tutte le città, ove, due volte all'anno, venivano celebrate solenni feste in onore di Confucio, alle quali partecipavano gli ufficiali civili e militari della regione. Inoltre, due volte al mese, nella nuova luna e nella luna piena, venivano offerti sacrifici. Tuttavia, comunemente, per Confucianesimo si intende la religione tradizionale dei Cinesi, della quale Confucio è stato il più autorevole esponente. Questa religione consiste principalmente nel culto degli antenati che è una antichissima istituzione. Ma Confucio la considerò e interpretò alla luce del cosiddetto sistema Tsung che rappresentava ai suoi occhi il Tao, ossia l'ordine perfetto del mondo. Il sistema Tsung era il sistema di parentela adottato dall'aristocrazia cinese, nel tempo di Confucio. La parola « tsung », che si scrive disegnando un tetto sopra un altare, aveva un duplice significato. Significava ad un tempo gli antenati che ricevevano il sacrificio e i figli che l'offrivano loro. Per quanto si riferiva agli antenati, « tsung » si distingueva in «antenato maggiore» (ta-tsung) e « antenati minori » (hsiao-tsung). L'antenato maggiore era il figlio primogenito della prima moglie del fondatore di un lignaggio principesco indipendente. La tabella della sua anima si conservava, dopo la sua morte, nella sala principale del tempio familiare per ricevervi la perpetua venerazione dai suoi discendenti. Gli antenati minori erano gli altri antenati della medesima famiglia. Le tabelle delle loro anime si conservavano invece nelle sale laterali del tempio familiare, ove ricevevano la venerazione della loro discendenza fino alla quinta generazione. Per quanto si riferiva ai figli che offrivano il sacrifìcio, «tsung » si distingueva da « shu ». In questo caso « tsung » rappresentava il figlio primogenito della prima moglie del principe defunto, mentre « shu » indicava i suoi numerosi fratelli e fratellastri. Secondo il sistema Tsung, solo il figlio « tsung » aveva il diritto di sacrificare agli antenati; gli altri figli erano soltanto invitati a partecipare alla cerimonia. Essendo l'unico celebrante del culto degli antenati, il figlio « tsung » era anche l'erede universale del padre defunto, e come tale assumeva verso i suoi fratelli e fratellastri tutti i diritti e doveri lasciati dal loro padre. Al tempo di Confucio, la Cina era sotto la dinastia dei Chou. I Chou adoravano il Cielo come il loro Dio Supremo. Essi chiamavano il loro re il figlio del Cielo. Tale appellativo si spiegava con la famosa dottrina del mandato dal Cielo, secondo la quale il re avrebbe ricevuto la terra e il popolo dal Cielo, e governerebbe il suo regno in nome di Dio. Secondo la medesima dottrina, i principi feudali a loro volta avrebbero ricevuto le terre e i popoli dal re e governerebbero i loro stati feudali in nome del re. Quindi, in conformità del sistema Tsung, il re dei Chou, oltre ad essere il Figlio del Cielo, era anche reputato il « tsung » dei principi feudali. Gli competeva, dunque, la prerogativa di sacrificare al Cielo, al quale veniva, infatti, associato il comune «antenato maggiore » (tsung) di tutta la dinastia regnante. Il Confucianesimo, ossia la religione cinese quale Confucio la capiva, credeva dunque in una certa armonia fra l'ordine politico, morale e religioso: armonia che si chiamava il Tao, e che si spiegava come segue: «Dall'affetto verso i genitori risulta l'onore reso agli antenati, dal quale nasce il rispetto per il capo famiglia, il quale assicura l'unione e la concordia tra i parenti. A causa di ciò si venera il tempio degli antenati; in conseguenza non si trascurano neppure gli altari degli spiriti protettori dello stato. Il principe che non trascura gli altari degli spiriti protettori dello stato ama i suoi ufficiali, i quali, sentendosi amati, a loro volta amministrano la giustizia con equità, sicché il popolo ne rimane contento. Ora, il popolo contento si dà volentieri a sviluppare le risorse naturali, dalle quali dipende la soddisfazione dei desideri umani. E gli uomini, con i loro desideri soddisfatti, non mancano di osservare le leggi religiose e morali. Con la perfetta osservanza delle leggi si ha pace e felicità in tutto il mondo ». (Il Libro dei Riti) FELICITA E SALVEZZA Dalla precedente descrizione si vede che il Confucianesimo non è una religione istituzionale, come il Cristianesimo o il Buddhismo. Essa non ha né sacerdozio né dogma; non ha nessuna organizzazione propria distinta dalle varie istituzioni della società nella quale si è diffusa. Il Confucianesimo non è neppure una religione di salvezza, come lo sono il Cristianesimo e il Buddhismo. Tuttavia, la nozione di salvezza non è estranea. Conosce, infatti, la parola « fu » che una volta si trovava affissa su tutte le porte delle case cinesi nella ricorrenza del Capodanno cinese: questa parola, che significa la felicità, è un equivalente cinese della parola ebraica « shalom » pace, e di quella latina « salus». Per illustrare il contenuto della felicità (fu), la lingua cinese ricorre ai pleonasmi. Così, ad esempio, « fu-lushou » vuoi dire che la felicità consiste nell'avere « molti figli » (fu), « alta posizione e ricco emolumento » (lu), e «lunga vita » (shou). E « wu-fu », ossia «le Il rapporto tra l'osservanza delle leggi morali e il conseguimento della felicità era stato illustrato da una tabella che si trovava spesso appesa nella sala centrale di una buona famiglia cinese. Sulla tabella si leggeva l'iscrizione: « Chi-shan yù-ching », cioè « l'accumulazione di buone azioni invita la fortuna ». Tale frase deriva da un testo confuciano. Il contesto immediato diceva: «Le famiglie che tesaurizzano buone azioni abbondano in fortuna, mentre le disgrazie sono frequenti nelle famiglie che si danno ai mali». La concezione secolare, quasi materialistica, della salvezza nella religione cinese è dovuta al fatto che in questa religione non si è sviluppata nessuna vera escatologia. PRINCIPI TEOLOGIGI Tuttavia, una certa teologia si trova anche nella religione cinese. Confucio era stato uno degli iniziatori di tale teologia. Un altro eminente promotore era stato un suo contemporaneo Lao-tzu. La teologia confuciana si era avviata lungo due piste, delle quali una era metafisica e l'altra etica. La prima pista si basava sull'idea di Dio ispirata dalla contemplazione del firmamento (T'ien): il firmamento impressiona gli uomini in due modi contrastanti. Esso li colpisce sia con la regolarità del suo movimento che col terrore di alcuni dei suoi fenomeni meteorologici. Il primo fatto suggerisce l'idea di una certa necessità che sovrasterebbe gli eventi del mondo, l'altro fatto porta a credere in una volontà divina che interferisce nell'ordine della natura. Di fronte a questa doppia rivelazione, gli uomini diventano coscienti, da una parte, dell'infallibilità dei decreti divini (ming), dall'altra essi diventano pure apprensivi per le sanzioni soprannaturali fatte valere da Dio contro le aberrazioni dell'uomo. Queste, però, suppongono la responsabilità morale (i), e quindi anche la volontà libera da parte dell'uomo. Come si conciliano, dunque, queste due credenze? Ecco il problema fondamentale della teologia confuciana, considerata sotto il suo aspetto metafisico. MORALE Dal punto di vista etico, il medesimo problema si confonde praticamente con quello famoso del giusto che soffre. Infatti, Confucio e i migliori suoi discepoli si dedicavano alla pratica delle virtù; eppure le loro vite erano piene di delusioni e disgrazie; mentre altri, che si infischiavano della moralità, sembravano godere ottima fortuna. Come si spiega, in simili casi, la giustizia di Dio? Ecco l'aspetto etico del medesimo problema fondamentale. La soluzione confuciana del suddetto problema si è sviluppata secondo un principio posto dallo stesso Confucio. Questi aveva distinto « li » e « i ». « Li » significa guadagno o beneficio; « i » significa la rettitudine. Nei Detti di Confucio (Lun Yù), le due parole si riferiscono spesso ad atteggiamenti soggettivi: « Li » indica amore della ricchezza; « i » amore delle virtù. Dalla sua esperienza Confucio aveva imparato che l'uomo non ottiene sempre il guadagno cui aspira. Ma egli può sempre tener salda la sua retta intenzione. E così, benché i decreti di Dio siano infallibili, gli uomini restano responsabili per le loro aberrazioni, poiché queste non consistono in una discordanza con l'attuale corso degli eventi quale è disposto dalla Provvidenza, ma nella malizia dei loro cuori che si ribellano alla Volontà di Dio, cercando il guadagno piuttosto che la rettitudine, e seguendo l'amore della ricchezza piuttosto che quello delle virtù. Inoltre, Confucio aveva costatato che, poiché « li » riguarda le cose il cui possesso non dipende dall'uomo, ma soltanto dal Cielo, il non averlo non cambia per nulla il valore reale di una persona, né modifica minimamente il suo rapporto con Dio. Questi dipendono piuttosto da « i » che è, invece, alla portata di tutti. Quindi, Confucio aveva stabilito il seguente famoso principio, del quale si sta trattando: “Un uomo nobile si rivela in ogni cosa secondo il dovere (i); un uomo volgare secondo l'interesse che può derivargliene (li)”. (Detti di Confucio o Lun Yii) Basandosi su questo principio del suo maestro, Tzuhsia rispose a un suo compagno, che gli aveva dimostrato il suo dispiacere di non aver nessun fratello, in questi termini: “Ho udito che la vita e la morte dipendono dal destino; la ricchezza e l'onore dipendono solo dal Cielo. Se un uomo nobile agisce correttamente in ogni circostanza e se il suo comportamento è gradito a tutti e impeccabile, tutti gli uomini che abitano tra i quattro mari sono suoi fratelli. Un uomo nobile sarà forse rammaricato perché non ha fratelli?” . (Detti di Confucio o Lun Yu). In queste poche righe è abbozzata tutta la teologia confucana, che le generazioni dei Confucianisti hanno sviluppato. IL TAOISMO LAO TZU Non è chiaro chi fosse Lao-tsu ( o Lao-tze ) o se fosse mai esistito. Lao-tze è un titolo che significa “antico maestro”; potrebbe anche essere stato dato a un qualunque filosofo o potrebbe anche indicare “ chiunque scrisse il libro dal titolo “Lao-tze”. Anche il tempo in cui visse è incerto. E’ plausibile tuttavia che di lui si possa dire quanto segue. Nacque nella cittadina di Henam intorno al 570 a, C. . Fu storico imperiale presso gli archivi di stato, alla corte degli Chou. In un periodo di instabilità politica, lasciò definitivamente la Cina. La data della morte è sconosciuta. Fu un contemporaneo di Confucio A lui è attribuito il Tao-te-Ching (II libro della Via e della Virtù), testo fondatore del taoismo, che in realtà sembra che sia stato scritto intorno al III secolo a.C.. IL TAO-CHIA - TAO-CHIAO L’origine del Taoismo è posta da alcuni attorno al VII secolo prima di Cristo all’inizio della cultura filosofica cinese, ma comunemente se ne attribuisce la paternità a Lao-tze. II Taoismo si dice in cinese sia Tao-chia, sia Tao-chiao. Tao-chia indica la scuola taoista che segue gli insegnamenti di Lao-Tzu, e che risale al quarto secolo prima di Cristo. Tao-chiao, invece, è il taoismo religioso, una organizzazione para-religiosa che data soltanto dal secondo secolo dopo Cristo, in concorrenza probabilmente con il Buddhismo, allora di recente introduzione in Cina. Sia la scuola taoista che l’organizzazione taoista si ispirano alla tradizione religiosa della Cina antica, differenziandosi tuttavia nel modo di utilizzarla. La scuola taoista ha demitizzato la tradizione antica, mentre il Taoismo religioso ne ha conservato le credenze mitologiche e le pratiche magiche. SCUOLA TAOISTA La scuola taoista ha origine con Lao-Tzu. Egli diede una spiegazione razionale alla tradizione religiosa della Cina antica. Ma, mentre la spiegazione confuciana si basò sulla tradizione della società aristocratica del suo tempo, la sua si riferisce a quella del popolo la quale, però, aveva su quella aristocratica il vantaggio dell'antichità. Lao-Tzu fu particolarmente impressionato dal modo nel quale gli antichi concepivano il mistero della vita. Questo era illustrato da un particolare nell'iconografia che ornava i vasi sacri usati nel culto degli antenati: la ben nota maschera animale, detta t'ao-t'ieh. Il t'ao-t'ieh simboleggiava sia la luna che la terra. Rappresentava, inoltre, il demone degl'inferi che rassomigliava a un animale carnivoro, dotato di due teste, una a ciascuna estremità del suo corpo: con la bocca di una mangiava, con quella dell'altra sputava fuori. Sulla fronte di questo demone si trovava spesso una ruota magica che, con una casa dei morti girata ora verso l'alto e ora verso il basso, significava il moto ciclico dell'eterno ritorno. Lao-Tzu alluse a questo animale mitico quando disse: « Lo spirito della valle non muore mai »: questo si riferisce all'animale segreto di sesso femminile, si riferisce all'origine del cielo e della terra. Ed essendo (l'animale) segreto, la sua attività non cessa mai.” Ma più spesso egli lo demitizzò e gli diede il nome « Tao ». Come il demone degl'inferi ha due maschere, una con la quale mangia, l'altra con la quale sputa fuori, cosi pure il Tao ha due aspetti chiamati il Non-essere (wu) e l'Essere (yu): ( “Non-essere indica l'inizio del cielo e della terra; Essere designa la Madre delle diecimila cose”). Il Non-essere rappresenta gl'inferi e corrisponde alla faccia oscura della luna. Esso è la sorgente di tutti gli esseri. (“poiché anche se tutte le creature sotto il cielo sono prodotte dall’Esser.. L’Essere stesso è prodotto dal Non-Essere” ) Inoltre, come il demone degl'inferi, così pure il Tao rappresenta l'eterno ritorno: “Nel Tao l'unico movimento è il ritorno”. Ma non si capirà mai in modo giusto la detta identità tra il Tao e il demone degl'inferi, finché ci si limiti alla sola considerazione dell'aspetto cosmologico del Taoismo. Questo è soltanto la scorza. Se Lao-Tzu se ne occupò, era perché voleva ricavarci l'interno nocciolo che è un messaggio religioso. Disse, infatti: “Tenendo in mano il Tao che fu, si possono cavalcare le cose che sono oggi; poiché conoscere quello che fu al principio, ecco ciò che è l'essenza del Tao”. Così, traducendo una tradizione mitica in un linguaggio razionale del suo tempo, Lao-Tzu dichiarò il suo messaggio religioso in questi termini: “Difatti, le cose fioriscono lussureggianti, E ciascuna torna di nuovo alla radice (da cui è nata). Tornare alla radice si chiama tranquillità; E può essere descritto come restituire il bene affidato. Restituire il bene affidato si chiama la (legge) costante. Chi non conosce questa (legge) costante, è follemente attivo e va verso i guai. Chi conosce questa (legge) costante si rassegna. Chi si rassegna, è senza prevenzioni; Chi è senza prevenzioni, è onnicomprensivo. Chi è onnicomprensivo, è grande. Se è grande, egli (conosce) il Tao. (Se conosce) il Tao, egli permane. E non sarà in pericolo fino alla fine della sua vita. Lao-Tzu conosceva il Tao: fu un taoista « illuminato ». Ecco un auto-ritratto che ci ha lasciato nei suoi scritti. “ Ma, quando tutti gli uomini fanno una riunione gioiosa, come per la celebrazione di un grande sacrificio, come per l'ascensione di una terrazza in primavera, allora io solo, in quiete, non do alcun segno, come un lattante che non sa ancora sorridere, abbandonato, come qualcuno che non sa da quale parte girarsi! Quando tutti gli uomini hanno in eccesso, solo io sono come qualcuno che ha perso tutto! Ciò avviene perché ho il cuore di uno stupido, altrettanto sciocco! Siano pure illuminate le persone comuni, solo io sono nell'oscurità! Siano pure chiaroveggenti le persone comuni, solo io sono miope! Do fioco chiarore come la luna nell'ultima fase! Mi aggiro come se non avessi dove stare! Mentre tutti gli uomini hanno qualcosa (che sanno fare), solo io sono ignorante come un contadino! Solo io mi distinguo dagli altri uomini perché apprezzo nutrirmi della Madre!” TAO-TE-CHING Il Tao-te-Ching (II libro della Via e della Virtù), è il testo fondatore del taoismo ed è attribuito a Lao-tze, ma in realtà sembra che sia stato scritto intorno al III secolo a.C.. Il libro è diviso in due parti: il Te Ching (il libro della Virtù), seguito dal Thao Ching (il libro» della Via). Nel 1973, la scoperta dell'ultima copia rimasta, nota come il Manoscritto di seta, ci ha dato quest'ordine. Il primo libro tratta di questioni sociali, politiche e morali, il secondo di metafìsica. Al cuore del taoismo c'è la fede nella naturale unità di uomo e mondo. Quando questa unità è effettiva, la gente vive con semplicità e armonia; quando è infranta, ne risultano il desiderio, l'egoismo e la competizione. La moralità e la politica vengono chiamate in causa in assenza di unità, ma possono solo peggiorare le cose. L'ambizione del taoista è di tornare all'unità rifiutando le convenzioni sociali, la moralità diffusa e i desideri terreni. Finché non si ottiene l'unità, si continuerà a formare governi. I governi dovrebbero consentire alle persone di vivere in maniera naturale, senza imporre codici di condotta. Idealmente, il filosofo, o saggio, è cosi intriso del te (virtù, o potere) del tao che i popoli lo riconosceranno e reagiranno facendone il loro capo. Il concetto taoista del tao non è quello confuciano; è eterno, immutabile, al contempo trascendente e immanente, l'origine di tutto, eppure vuoto e non creatore. Questa unione di opposti è parte integrante del taoismo. Non sorprende che si sia prestato al misticismo e sia stato associato all'alchimia e alla ricerca dell'immortalità. LA RELIGIONE TAOISTA La scuola taoista , che era un sistema filosofico, verso il 440 divenne una religione e Lao-tzu venne trattato come una divinità. L’organizzazione religiosa fu iniziata da Chang Ling ed organizzata in una religione per opera del suo figlio Chang Heng e del figlio di questo Chang Lu. I tre Chang si chiamavano T'ien-shih, ossia il Maestro del Cielo. Gli addetti dell’organizzazione taoista si dividevano, secondo la saldezza della loro fede, in due classi: i chi-chiu, che erano capi, e i kuei-tsu, che erano semplici seguaci. I primi erano investiti anche di incarichi amministrativi. Infatti, al principio, il taoismo costituiva quasi uno stato teocratico. I tre Chang si distinguevano per le guarigioni che operavano per mezzo di chang-chiao (esorcismo) e fula (amuleti). Esigevano, però dagli ammalati il pentimento dei propri peccati perché dicevano che ne dipendeva la guarigione. Per significare la loro buona disposizione, questi dovevano, dunque, sottoscrivere le cosiddette « san-t'ung », cioè «tre lettere ». Queste lettere, nelle quali gli ammalati confessavano i propri peccati e ne giuravano la seria emendazione, erano indirizzate ai Sankuan, ossia i tre ministri che governavano le tre regioni cosmiche che sono il cielo, la terra e il mare. Esse venivano spedite ai loro destinatari, una affiggendosi sul monte, un'altra seppellendosi nella terra e la terza sommergendosi nell'acqua. La religione istituita dai tre Chang fu chiamata dapprima sia T'ienshih Tao, la Religione del Maestro del Cielo, sia Wu-tou-mi Tao, la Religione di Cinque Misure di Riso. Le cinque misure di riso costituivano presumibilmente la tassa d'ingresso alla religione. Il titolo Taoismo, o Tao-chiao, le venne attribuito solo più tardi nel quinto secolo. Nello stesso periodo vennero introdotte nel taoismo le varie pratiche che miravano ad ottenere la giovinezza perenne e l'immortalità. Nel dodicesimo secolo il taoismo del nord subì una riforma importante. Il taoismo riformato, pur basandosi sempre sulla tradizione taoista, si rifece al Confucianesimo e al Buddhismo. Così i suoi sacerdoti non si sposavano più e, invece di occuparsi dell'esorcismo e della ricerca dell'elisir di lunga vita, si davano alla coltivazione della perfezione personale. Osservavano in modo particolare il digiuno del quale dicevano: « Se si mangia molto, si dorme anche molto. Se si dorme molto, si inclina alla sensualità. Questo lo sanno tutti, ma non tutti sono capaci di regolarsi secondo questo consiglio. Ma chi riesce a seguirlo e a diminuire il sonno e la sensualità per un considerevole periodo di tempo, si riempirà di spirito limpido e lo spirito tenebroso non lo infastidirà più». Il clero del taoismo riformato si esercitava pure nella meditazione. La nuova organizzazione si chiamava Ch'ùan-chen Tao, o la Religione della Verità Integrale. In contrasto con questa, quella tradizionale si chiamava Cheng-i Tao, o la Religione dell'unità Ortodossa. Il Taoismo, che oggi prevale in Taiwan e nelle comunità cinesi disperse nel mondo, segue piuttosto la Chiesa tradizionale. IL CULTO Una volta, il culto taoista si svolgeva all'aperto. Oggi, però, si tiene per lo più in un tempio. Il tempio taoista non è dedicato a nessun dio in particolare; è piuttosto un luogo di ritrovo di tutti gli spiriti. Perciò l'oggetto più importante in un tempio taoista non è il suo dio principale, bensì il grosso tripode di pietra che serve da incensiere, e simboleggia la comunità religiosa. Infatti bruciare l'incenso, come pure piegare a terra le ginocchia e battere la testa contro il pavimento, costituisce la solita riverenza taoista. Oltre ai comuni mezzi di divinazione, che si trovano in tutti i templi taoisti, alcuni di questi sono provveduti anche di un medium, un ragazzo detto t'ung-chi, per mezzo del quale i fedeli comunicano con la divinità e le significano con maggiore efficacia i loro desideri. Ogni volta, quando la divinità viene portata in processione attraverso il suo territorio, il suo medium la segue vestito da bambino. Il pantheon taoista è assai eterogeneo. La maggior parte degli dèi taoisti sono uomini deificati. Si chiamano Shen, o spiriti, e vengono considerati come ministri del Dio Supremo. Alcuni di questi, quali T'u-ti (gli dèi della terra) e Cheng-huang (gli dèi di baluardi e fossati), sono investiti di uffici amministrativi. Altri sono patroni di vari ceti sociali. Così, per esempio, Lu-pan è il dio dei falegnami; Hua-t'u, il dio dei medici; T'ien hou, la dea dei marinai; e il famoso Kuan-yu, tra tante altre cose, anche il dio dei commercianti. Nel pantheon taoista si trovano pure demoni, quali Wu-t'ung che sono i portatori della peste. Ci sono poi divinità d'origine buddhista, quale Ti-tsang (Ksitìgarbd), il dio degli inferi. Il Dio Supremo della religione taoista si chiama Yuhuang, ossia Imperatore-Giada. Questi si confonde con Yuan-shih T'ien-tzuen, ossia il Sovrano del Cielo nel Primo Inizio, che è la personificazione del Tao. Sotto l'influsso della dottrina buddhista, quest'ultimo s'immedesima inoltre con San-ch'ing, la Triade taoista, che rappresenta il triplice aspetto dell'unico Tao. Alla luce di tale teologia, Lao-Tzu, l'autore dell'opuscolo Taote Ching, diventa il Tao incarnato e viene venerato quale Dio Supremo sotto il nome di T'ai-shang, Lao-chun, o il Vecchio Signore del Cielo Supremo. Nell'iconografia taoista egli figura come un vecchio dalla barba bianca. LA MORALE La morale taoista si riassume in cinque proibizioni e dieci consigli. Le cinque proibizioni riguardano: uccisione degli esseri viventi, alcoolismo, ipocrisia, furto e dissolutezza. I dieci consigli sono: 1 ubbidire ai genitori; 2 servire l'imperatore e il proprio maestro; 3 essere buono verso tutte le creature; 4 sopportare con magnanimità il male ricevuto; 5 risolvere le vertenze e togliere l'odio; 6 sacrificare i propri interessi per aiutare i poveri; 7 liberare gli animali catturati e nutrire gli esseri viventi; 8 scavare pozzi, piantare alberi e costruire ponti; 9 rendersi utile ai propri simili curandosi dei loro interessi e illuminando la loro ignoranza, 10 e infine: recitare i libri taoisti e bruciare l'incenso per onorarli. Come si vede, il sistema morale taoista non è comparabile a quello confuciano. Tuttavia, ispirandosi al Buddhismo, il Taoismo ha prospettato un'antropologia che guarda al di là della vita presente. Quindi, nel Taoismo, il valore salvifico della moralità è messo in maggiore rilievo che nel confucianismo. IL TAO, MISTERO DEI MISTERI II Tao è uno di quei concetti orientali difficilmente traducibili per un occidentale che pretende idee «chiare e distinte». È via, sentiero, cammino; è il modo per vivere in armonia con l'universo; è la Realtà ultima, il Principio cosmico che controlla il mondo. È l'immateriale, il senza principio e senza fine, il non-pensabile, il senza-suono, il non-palpabile, il non-luminoso e il non-oscuro, insomma il Mistero che non si può definire ma che bisogna vivere, non conoscere razionalmente ma sperimentare. Siamo nella concezione orientale del Divino tipica di tutta l'area indiana. Mistero dei Misteri, «Porta attraverso cui sono venute sulla scena dell'universo tutte le meraviglie» (Tao-te-ching,I, 1). Nel taoismo due sono i grandi principi: lo Yang e lo Yin, le due forze vitali che reggono l'universo, le due fondamentali energie cosmiche. Yang è il principio creatore, attivo, maschile. Yin è il principio femminile, generatore, passivo. Dalla loro interazione si originano cielo e terra in un amplesso che prefigura l'amplesso sessuale delle creature terrene. Contrariamente a ciò che dice Confucio, l'uomo deve sottrarsi agli inganni della vita politica e sociale, reintegrarsi nell'ordine cosmico, nella natura. Per raggiungere il Tao, perfezione suprema, occorre rinunziare alla contaminazione della politica. L'ideale del Tao è fare di un uomo un Uomo Realizzato, un Immortale, un Santo. L'estasi è il tentativo di annullarsi nel Tao per un gioioso morire e rinascere in esso. Mettendo a tacere se stesso e i propri sensi, può raggiungere l'intima percezione del Tao, l'unità con l'Eterno, l'armonia col Principio che sorregge e pervade il mondo. In fondo il taoismo rifugge dalla società per immergersi e contemplare la natura in una fusione cosmico-mistica. I ritmi umani, compresi quelli sessuali, devono sintonizzarsi a quelli del ciclo e della terra per essere fecondi. I primi taoisti sono probabilmente monaci che fuggono dalla vita della collettività a causa della sua decadenza morale e corruzione politica. I monasteri taoisti, maschili e femminili, sono centri di misticismo, meditazione e preghiera. Nella solitudine austera i monaci affrontano rituali e tecniche fisiologiche che fanno emergere le loro capacità supernormali e li abilitano al contatto con il Tao (regolamentazione del Soffio Interno, Respirazione embrionaria, ecc.). Ma all'occorrenza il monaco è anche esorcista, sciamano, medico, botanico, mago, astrologo, fabbricante di amuleti e talismani, ecc.. II mondo dei Santi Immortali, cui essi approderanno se saranno stati fedeli alla mistica del Tao, è descritto come Isole felici fluttuanti sopra un abisso, a oriente del mare della Cina. «Gli edifici che coprono queste isole - scrive il libro sacro di Lieh-tzu (V, b) - sono tutti in oro e giada; gli animali sono mansueti; la vegetazione è meravigliosa; i fiori mandano profumi di balsamo; i frutti che vi si mangiano preservano dalla vecchiaia e dalla morte...». Sembra di scorrere le pagine dell'Apocalisse di Giovanni o di qualche profeta dell'Antico Testamento. E probabilmente erano accolte dai «saggi» taoisti in senso profetico, non letterale. Tuttavia, il sogno delle Isole Felici, del Palazzo degli Uomini Trascendenti resta come motivo di fondo lungo tutta la storia del taoismo posteriore, accende la fantasia popolare al punto da spingere gli imperatori cinesi a finanziare spedizioni alla ricerca di queste terre meravigliose. Lao-tzu intendeva ricuperare non l'equilibrio politico che Confucio vedeva nelle età degli antichi imperatori cinesi, ma un equilibrio cosmico che è prima di tutti gli imperatori, al remoto principio dell'universo, in una età dell'oro proiettata in un passato fuori del tempo e in un futuro pure atemporale, eterno. L'afflato cosmico-mistico del pensiero taoista, come di quello buddhista e induista, viene ricuperato nella «religiosità del postmoderno» nella visione nuova della Natura, del cosmo, dell'universo che fanno tutt'uno con l'uomo e la storia umana sul pianeta. È uno dei punti fondamentali, ad esempio, della New Age. AMORE UNIVERSALE MO-TI Mo-ti ( 479-438 a. C ) detto Micio, nacque nel regno di Lu, anche se passò la vita viaggiando. Pare che abbia cominciato come confuciano, e che abbia sicuramente condiviso l'amore di Confucio per l'apprendimento e la storia; si ribellò tuttavia all'accettazione confuciana del cerimoniale e dell'ostentazione e sviluppò teorie proprie. LA FILOSOFIA DI MICIO Laddove il confucianesimo metteva in risalto i legami familiari e le gerarchie sociali, Micio ampliò l'orizzonte, sostenendo che l'amore universale doveva essere il fondamento della vita individuale e politica. L'amore che discrimina conduce al disastro: coloro che amano solo la propria casa diventeranno ladri senza batter ciglio, e i governanti che amano solo il loro paese saranno lieti di andare in guerra. Se amiamo gli altri come noi stessi non saremo disposti a far loro del male. Nonostante abbia passato la vita in viaggio da uno stato all'altro cercando di influenzare i governanti, Micio ebbe scarso successo. L'amore universale interessa poco ai politici, che preferiscono emozioni più soggette ad essere manipolate. Mentre Confucio pensava al paradiso (tian) come a qualcosa di impersonale, Micio lo personalizzò, visto che il desiderio di andarci fornisce una sorta di misura morale in base alla quale calibrare le azioni umane. Prestò grande attenzione all'esistenza degli spiriti che, diceva, vedono tutto ciò che fanno gli esseri umani, per quanto segretamente cerchino di agire. Rifiutò il fatalismo perché pernicioso, dal momento in cui indeboliva la fede nel paradiso e negli spiriti e metteva in pericolo l'impero. Nonostante questo aspetto del suo pensiero, l'approccio di Micio era molto più razionalista di quello di Confucio o di Lao-tze. Si rifiutava di seguire supinamente i dettami del passato, ma offriva anche argomenti logici per le sue idee. I tardi moisti, nel III secolo a.C., svilupparono la logica informale al massimo livello mai raggiunto dalla filosofìa cinese. Il loro interesse era sempre pratico, in linea con gli obiettivi di Micio: determinare ciò che è vero, ciò che è moralmente giusto, ciò che è meglio per i cittadini. Non è forse esagerato vedere nel moismo un'anticipazione dell'utilitarismo di J. S. Mill. IL GIUSTO MEZZO MENG-TZU La vita di Meng-tzu, o Mencio ( 371-289 a. C ) è scarsamente documentata, nonostante sia il secondo grande filosofo confuciano. Studiò il confucianesimo con un discepolo del nipote di Confucio. Dopo aver sviluppato idee proprie, e visto il periodo di crisi e frammentazione politica, viaggiò per i vari stati della Cina nel tentativo di influenzarne i governanti, con pochi risultati. Si ritirò quindi dalla vita pubblica e trascorse il resto della sua esistenza lavorando con i discepoli alla descrizione dettagliata dei suoi viaggi e dei suoi insegnamenti, che essi raccolsero nel Libro di Mencio. LA FILOSOFIA DI MENCIO Mencio sosteneva che gli esseri umani sono buoni per natura, e si comportano spontaneamente in modo morale. Provano compassione e distinguono il bene dal male, perciò il male deriva da influenze esterne. L'obiettivo dell'insegnamento dovrebbe essere riacquistare lo stato di natura, che è latente in noi. Ciò, tuttavia, non è facile, ed è importante lavorare sulla saggezza: la vera saggezza riguarda il nostro modo di vivere e di trattare gli altri. Non possiamo certo diventare tutti come Confucio, ma abbiamo la capacità di diventare saggi se ci lavoriamo e se siamo aiutati dal giusto insegnamento. È altrettanto importante non tentare di diventare saggi, perché falliremmo di sicuro. Dobbiamo comportarci bene senza secondi fini, coltivare la nostra mente e il nostro cuore, e la "forza spirituale suprema" crescerà inevitabilmente in noi. Mencio era contro il governo coercitivo e la tirannia, ma appoggiava il governo del sovrano. La sua posizione era una variante del concetto europeo del governo per diritto divino; il Cielo (tian] era all'origine della sovrana legittimità, e avrebbe fatto qualcosa se il sovrano avesse tiranneggiato i suoi sudditi. Se il governante avesse abbandonato i sudditi, la loro fedeltà nei suoi confronti si sarebbe indebolita e in casi estremi avrebbero avuto il diritto di ribellarsi. In una gerarchia di importanza, il popolo era al primo posto e il sovrano all'ultimo, perché il potere del sovrano era giustificato solo al fine di assicurare al popolo una vita pacifica e serena. Questa felicità materiale è importante non solo in sé, ma perché senza di essa non possiamo diventare saggi. Mencio arriva molto vicino agli insegnamenti di Micio, ma non è d'accordo con la sua dottrina dell'amore universale. Secondo Mencio ci deve essere una gerarchia di gradi d'amore, che dipenda da relazioni di amicizia e dall'ordine sociale. Si devono amare le cose, ma non quanto le persone; si devono amare le persone, ma non quanto la propria famiglia. UNIVERSISMO CINESE (Sintesi) La Cina è chiamata il paese delle “tre vie” perché tre sono le religioni più importanti che hanno plasmato la vita e il costume di questo immenso popolo: il Fu-chiao (setta dei Buddisti), che proviene dall’India, e le due dottrine religiose (chiao) della Cina: Ju-chiao (setta degli Ju), Tao-chiao (setta dei Taoisti). Taoismo e Confucianesimo vanno sotto il nome “universismo cinese”, perché in essi sono in rilievo dottrine riguardanti l’armonia e la struttura dell’universo. Le tre dottrine nel cammino storico si sono intrecciate, fino talvolta a fondersi. Nel mondo cinese da sempre la triade cielo, terra e uomo sono stati la base della riflessione dei cinesi. Il cielo dispensa l’energia o il soffio (ki) agli esseri che si trovano sulla terra. L’uomo che si trova sotto il cielo e sulla terra è soggetto agli ordinamenti che regolano l’universo e al ritmo del tao, il principio d’ordine che governa la totalità dell’universo e gli assicura l’unità. Il Tao è unico, ma ha due aspetti che agendo l’uno sull’altro si manifestano nel mondo: yin e yang. Lo yin, simbolo del femminile, rappresenta il lato negativo, passivo, scuro e freddo della realtà; lo yang , simbolo del maschile, rappresenta il lato positivo, luminoso, attivo, caldo. Per il buon ordinamento dell’universo tutto si deve integrare nel movimento ritmico del Yin e dello Yang. I grandi eroi sapevano vivere in armonia con il Tao. Nel tempo è sorta una specie di scienza di interpretazione dei vari aspetti dell’universo, che si è intrecciata con l’antica arte della divinazione e alle pratiche magiche. CONFUCIANESIMO La Ju-chiao (setta degli Ju) è una delle due forme dell’universismo cinese. Il termine Ju indicava prima alcuni specialisti vaganti, e in seguito indicò la classe dei letterati. Ju-chiao è dunque la setta dei letterati. Fa riferimento a Kung-fu-tzu (Confucio ), nato nel 551 a. C , e fu chiamata “confucianesimo” dai Gesuiti nel 16° secolo. Confucio ha predicato un umanesimo aperto alla trascendenza. Senza addentrarsi in speculazioni sulla morte o sull’esistenza di spiriti egli insiste sulla vita in generale. Al centro della sua etica stanno i rapporti umani e per aiutare a ben viverli egli cerca di far rivivere riti, usi e costumi che manifestano la vera posizione dell’uomo nel mondo; conformandosi ad essi l’uomo diventa “uomo di qualità “ (junzi) e impersona le virtù del ren: generosità o umanità perfetta. TAOISMO Il Taoismo risale, secondo la tradizione a Lao Tsu. A lui si attribuisce il Tao the-ching. Per i Taoisti il Tao è primordiale ed è la natura stessa, una ed eterna, principio di ogni cosa. Vivendo in accordo con la natura l’uomo è d’accordo col Tao. Il taoismo è più contemplativo del Confucianesimo e mira alla quiete ed a un lasciarsi sommergere senza desideri dal principio originario delle cose. SITUAZIONE ATTUALE L’universismo cinese, che nel secolo scorso ha dovuto affrontare la prova del fuoco del marxismo, non ha mai avuto un’espansione fuori della Cina, e non può essere annoverato tra le impostazioni di vita dell’umanità attuale. Il Confucianesimo più che una religione è una morale, un codice di comportamento civile, uno stile di vita, garantisce l’equilibrio e la saggezza, il rispetto dell’autorità nella famiglia e nella società. Gli insegnamenti di Confucio sono diretti prevalentemente a definire i rapporti all’interno dello stato e della famiglia. Non si presta ad essere accolto in altre culture. Il Taoismo non conta più nemmeno in Cina e i pochi aderenti sono persone della condizione più bassa della società. Fuori della Cina poi non ha rilevanza.