Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Prostituzione. Lotta al traffico, riduzione del danno e autodeterminazione: dalla posizione dell’UE alla riforma della legge Merlin. Ufficio Nuovi Diritti Roma, 22 Maggio 1997 www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Maria Gigliola Toniollo CGIL Nazionale - Ufficio Nuovi Diritti Le ragioni di questa giornata di lavoro non sono una volta tanto da ricercare in una sollecitazione dovuta alla cronaca, case chiuse-case aperte, per esempio, fasi critiche che peraltro ricorrono tradizionalmente in modo endemico più volte nel corso dell’anno, i cosi’ detti “tormentoni”. Questa iniziativa è stata pensata e costruita sulla base di altre importanti motivazioni. La prima è che ci siamo resi conto -collaborando con il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, il Gruppo Abele, la LILA e altre associazioni già da diversi anni - che molte delle nostre Camere del Lavoro, per esempio Torino, Bologna, Milano e altre, già da tempo operano sul loro territorio in materia di prostituzione, Torino per esempio ci aveva addirittura preceduto già ai tempi del nostro primo incontro, mentre troppe altre sedi territoriali risultano invece totalmente assenti su questo argomento. In particolare il sud appare molto difficile da coinvolgere. Il motivo principale di questo incontro che è quindi essenzialmente quello di provocare una sorta di punto di intersezione tra “domanda” di operatività e “offerta”, un’offerta che si deve avvicinare sempre di più all’enorme potenzialità di intervento della CGIL su tutto il territorio. Una soluzione classica e’ rappresentata dalla costituzione di un gruppo di lavoro organizzato, sistematico, non formale, che possa lavorare in modo coordinato, istituzionalmente, non vincolato cioè ad arbitrarietà di nessun tipo tanto meno alle cosi’ dette sensibilità dei vari dirigenti sindacali. A rafforzare la necessita’ di “istituzionalizzare”, sistematizzare e organizzare il lavoro sindacale sul tema “prostituzione” si sono inoltre verificati due fatti, legati tra loro, di grande rilievo sul piano internazionale, vale a dire la “Conferenza Interministeriale Europea sulla Tratta e il Traffico delle Donne”, preceduta dalla “Conferenza delle Organizzazioni non Governative” alla quale abbiamo direttamente partecipato. Dopo tante premesse e’ chiaro quindi che questa non è un’iniziativa di discussione nel merito della prostituzione, anche se il sindacato non si sottrae certo a compiti di approfondimento culturale, termine forse alquanto improprio. Vorremmo questa volta una giornata “d’azione”, persone si mettono d’accordo su come lavorare meglio assieme. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Vittoria Tola Ministero Pari Opportunità Per parlare di quello che è successo all’Aia il 23 e 24 marzo, voglio partire da una considerazione: questo è un paese dove abbastanza frequentemente esplode sui giornali una discussione a proposito della riapertura delle case chiuse, da diversi fronti ma, sostanzialmente, con le medesime intenzioni e non si riesce mai a trovare né delle sedi che affrontino il doppio problema della prostituzione e delle donne prostituite perché io credo che sul traffico sessuale a scopo di lucro dovremmo cominciare anche a cambiare la definizione e, oltre a non trovare delle sedi dove questa cosa si possa discutere con un minimo di serietà, anche con una conoscenza della storia che è dietro, evidentemente, tutta la vicenda della prostituzione e della prostituzione di Stato esiste, che ha portato fino alla legge Merlin, non c'è poi neanche una informazione abbastanza seria, io devo dire che non conoscevo quest'articolo di Adele Cambria, la ringrazio perché in realtà non c'è mai neanche una informazione per quanto riguarda invece luoghi e sedi di discussione molto seri e molto approfonditi in ambito internazionale, sia di tipo istituzionale, sia di tipo delle organizzazioni non governative, come è stato quello prima di l’Aia. I giornali italiani che hanno tanto interesse sul problema delle case chiuse, ogni volta che invece si parla di cose a un altro livello e anche distinguendo alcuni fenomeni, non hanno interesse evidentemente a seguire con serietà e a riportare questi fatti. Parlo in particolare della conferenza interministeriale organizzata dalla presidenza olandese dell'Unione Europea il 23 e il 24 marzo perché, in realtà, la conferenza europea è stato un momento estremamente serio e estremamente importante, forse perfino eccessivamente ambizioso che la presidenza olandese ha tentato di organizzare e poi di governare, per far approvare da parte di tutti i governi aderenti alla Unione Europea un codice di autoregolamentazione. Codice di autoregolamentazione che nella definizione dei trattati internazionali è sicuramente un atto molto impegnativo che i governi sottoscrivono, oppure non sottoscrivono, perché poi questo codice di autoregolamentazione propone e impone ai governi che lo sottoscrivono una serie di atti e di interventi non solo di tipo amministrativo e di coordinamento internazionale, ma anche di modifica legislativa, qualora questa venga prevista. La presidenza olandese ha lavorato a questo appuntamento per molti mesi, voleva chiudere il semestre di presidenza all’UE con un atto impegnativo; e nella bozza di proposta del codice di autoregolamentazione ai paesi membri, affronta per la prima volta in modo sistematico tale problema, andando quindi oltre quelle che erano le risoluzioni del Parlamento Europeo fatte alla fine del '96 e poi all'inizio del '97. In tali risoluzioni il Parlamento Europeo si impegnava in una serie di momenti estremamente significativi di cui anche qui, non so se mai qualcuno ne ha parlato nel nostro Paese, ma insomma ci sono queste risoluzioni e queste risoluzioni affrontano tutte il problema della tratta, cioè del traffico di donne e minori, prevalentemente del traffico di donne dai paesi dell'est e del sud del mondo a scopi di sfruttamento sessuale. Lanciando da un lato un grande allarme per questa nuova forma di schiavismo e di mancanza di diritti anche minimi che questo fenomeno presuppone e dall'altro lanciando un allarme per quanto riguarda un problema di coordinamento anche delle polizie e degli stati riguardo il problema della malavita organizzata che evidentemente questo traffico presuppone. Perché oramai, credo che lo sappiamo tutti, il reddito che viene ricavato dal traffico delle donne, così come dal traffico dei bambini, in realtà rappresenta www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ la terza voce di finanziaria della criminalità organizzata insieme al traffico delle armi e della droga. Quindi, indubbiamente un problema molto serio e molto grave per il quale negli ultimi mesi si sono resi indispensabili incontri di coordinamento tra i ministeri degli interni dei vari paesi; penso a quello dell'autunno scorso a Dublino e che, pur essendo così serio e impegnativo, non riesce poi a diventare conoscenza e senso comune. Per tornare al codice proposto dalla presidenza olandese, in questo codice europeo l'impegno era di arrivare a una serie di definizioni che con molta nettezza distinguessero il problema dei responsabili della tratta dalle vittime, cioè dalle donne prostituite. Userò sempre d'ora in poi il termine donne prostituite vorrei con questo termine far notare che il problema della prostituzione coatta impone anche una modifica del linguaggio. Si proponeva dunque, con una serie di misure rivolte ai paesi membri, sia di prevenire un fenomeno di questo genere, sia di intervenire nel caso, invece, lo sfruttamento fosse già avvenuto. Misure, quindi, di tipo legislativo, misure di tipo penale, misure di tipo sociale e misure di tipo economico. Negli intenti della presidenza olandese, e poi dei paesi membri che l'hanno discusso c’è la necessità della netta separazione tra la responsabilità degli autori della tratta e le donne e le vittime. Tale necessità di separazione aveva ragioni molto serie e molto forti, sia per impedire che la questione della tratta ricadesse in qualche misura nel dibattito sul problema di quali forme legislative o penali nei vari stati si stanno discutendo riguardo la prostituzione, sia perché non effettuare tale separazione ha sempre come effetto pericolosissimo quello di indurre a considerare il problema della prostituzione come reato. La mancanza di tale separazione genera la tendenza ad introdurre, anche nelle situazioni come la nostra dove secondo la legge Merlin la prostituzione non è reato, una fattispecie che in qualche misura poi trova una forma di penalizzazione. Allora, la discussione in realtà si è sostanzialmente incentrata su questo punto e si è incentrata sul fatto se era giusto e corretto che i governi prevedessero, anche nella definizione molto netta delle responsabilità e delle differenze del fenomeno, delle forme di aiuto, la cosiddetta giustizia premiale, alle donne che riuscivano ad uscire dal traffico e addirittura aiutavano nella lotta contro il traffico e i gestori della tratta. Da parte di molti stati, in particolare da parte dei Ministeri Di Grazia e Giustizia dei vari stati, è stato osservato che in realtà introdurre una misura in qualche modo "premiale" significa quindi concedere alle donne che riescono a uscire dalla tratta delle condizioni di particolare favore, sia nel senso della protezione, sia nel senso del processo, sia nel senso di aiuti anche economici o sociali, prevedendo quindi una serie di misure che la Presidenza olandese propone in modo molto preciso e molto dettagliato quali: l'anonimato, naturalmente il permesso di soggiorno qualora questo non ci fosse per i problemi legati alla immigrazione clandestina o, addirittura, alla sottrazione di documenti e passaporti che, come sappiamo, spesso avviene nel traffico delle ragazze albanesi ma anche delle altre donne e giovani e meno giovani che vengono dai vari paesi dell'est e del sud del mondo Il problema è, appunto, assicurare l'anonimato, dare nuovi documenti, fornire una nuova identità, assicurare un permesso di soggiorno di una durata ragionevole, creare una serie di condizioni per cui queste donne godano sia di protezione, qualora questa si rendesse necessaria, ma anche di aiuti di tipo economico e abitativo. In qualche misura veniva introdotto un principio che, in misura molto più attenuata, esiste anche nella attuale legge in discussione al Parlamento Italiano, per quanto riguarda l'immigrazione italiana, che prevede una sorta di aiuto e quasi di risarcimento per le donne che sono state ingannate e costrette alla prostituzione, un risarcimento di danno morale per ripristinare condizioni minime di salute psicofisiche (riduzione del danno), e anche un minimo di risarcimento con una condizione di particolare favore nel trovare abitazione e lavoro. E’ chiaro e non va mai dimenticato che questa proposta è una proposta che viene dalla presidenza olandese, quindi all'interno di uno Stato e di una situazione sociale che www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ pensa di poter sostenere una situazione di questa natura e di poterla anche governare, cioè di non proporla in termini demagogici ma di poter concretamente operare in questo senso. A questa proposta c'è stata immediatamente una contrapposizione molto forte da parte di una serie di Ministeri di Grazia e Giustizia e di molti Ministeri degli Interni. E' stato obiettato che in realtà introdurre criteri di questo genere in un codice di autoregolamentazione per gli stati a livello europeo, significava condizionare pesantemente delle legislazioni già esistenti, come per esempio la nostra, e significava inoltre condizionare il Governo e il Parlamento ad approvare o a modificare delle leggi senza avere la garanzia che questo fosse possibile nelle condizioni culturali e politiche e anche per i rapporti di forza che nell'ambito di ogni paese esistono. Ed inoltre questa cosa avrebbe introdotto, è stato detto a chiare note, una disparità di trattamento molto ineguale e anche discutibile, per lo meno da molte parti, rispetto ad altre situazioni sociali che avrebbero avuto bisogno anch’esse di attenzione e di politiche di sostengo. Per esempio viene fatto l'esempio degli spacciatori che vogliono uscire dal traffico della droga, dei tossicodipendenti che vorrebbero sottrarsi e che però anche loro avrebbero bisogno di una serie di condizioni e di aiuti per farlo. Quindi l'idea di costruire delle misure particolari a favore delle donne prostituite che cercavano o che erano in grado di uscire dalla tratta e non operare proposte dello stesso tipo per altre figure sociali in difficoltà anche se naturalmente diverse, appariva come un problema che la legislazione attuale e anche la legislazione successiva non avrebbe potuto reggere. In realtà, queste obiezioni, in qualche misura comprensibili, si sono poi legate al fatto che questo tipo di persone non potevano essere trattate nelle forme previste dalla bozza olandese, per esempio il fatto che comunque nel corso del dibattimento dovessero essere informate di tutto e di tutte le cose che le riguardavano e dell'andamento del processo nella loro lingua madre, non in una lingua conosciuta ma nella loro lingua madre, come obiettato da molti, poneva dei problemi per certi versi insormontabili perché appunto non sempre è possibile conoscere esattamente la lingua madre con tutte le sfumature che magari in una particolare realtà comporta. Inoltre il problema del risarcimento e del finanziamento delle spese del giudizio civile o del processo penale, creava anche qui un aggravamento della situazione attualmente esistente nella legislazione e inoltre non era assolutamente pensabile, con la legislazione vigente, informare queste donne riguardo i problemi di sicurezza per esempio qualora le persone coinvolte nella tratta che sono state arrestate e messe in galera fossero per qualche ragione uscite di prigione. Quindi i problemi di merito, come vedete, sono più di uno. Da tutto questo è nata una discussione molto forte e anche molto vivace e che ha avuto anche delle ripercussioni nell'ambito della settimana dell’ONU sulla condizione femminile, perché contemporaneamente alla preparazione della conferenza dell’Aia, c'è stata la sessione dell’ONU sulla condizione femminile nel mondo e nella sessione dell’ONU sulla condizione femminile nel mondo il problema della tratta e del traffico delle donne a scopo di lucro, posto da molte realtà del nord e del sud del mondo, è riemerso in una forma molto forte. In quella occasione si sono affrontati anche alcuni dei temi che nel documento della presidenza olandese venivano posti in modo particolare per l'Europa. Nell’ONU, nonostante ci fosse tra l'altro una convinzione molto forte della necessità di combattere questo fenomeno con tutti gli strumenti sociali, culturali, politici e istituzionali a disposizione, quando però le donne filippine hanno presentato un documento in questo senso, secondo le "buone leggi della diplomazia internazionale", nessuno si sentiva di votare questo documento perché prima avrebbe dovuto essere condiviso dagli stati e dai governi di appartenenza questo perché la rappresentanza all’ONU non è una rappresentanza di ONG ma è una rappresentanza istituzionale degli stati. Lì c'è stata una discussione piuttosto vivace, e quello che ha in qualche modo rotto il meccanismo di tutti www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ gli stati europei che tentavano di defilarsi da questa discussione è stato il fatto che le rappresentanti, il Ministero delle Pari Opportunità che erano presenti alla conferenza hanno deciso, contro le regole della "buona educazione diplomatica", di votare il documento delle donne filippine, e questo ha rotto l'incantesimo perché a quel punto molte altre donne hanno deciso di votare il documento e di firmare il documento delle filippine che poi, se volete, vi fornirò. Questo documento e tutta la discussione poi è tornata all’Aia ma intanto sull’Aia si erano addensati altri problemi, al di là delle obiezioni di merito sul codice di autoregolamentazione e delle posizioni che riguardavano i problemi che vi ho detto prima, e nonostante ci fosse una condivisione molto forte della necessità di una definizione più puntuale del fenomeno della tratta, di trafficking, come viene chiamata nei documenti e della cooperazione internazionale e di una legislazione anche internazionale più puntuale e più precisa di una collaborazione tra stati, in realtà, nonostante questi fatti e nonostante l'assoluta vertenza della gravità del fenomeno e di quello che appunto comportava anche a livello di delinquenza organizzata, alla fine è emerso che almeno tre stati, non tre Ministeri ma tre stati, erano assolutamente contrari al codice di autoregolamentazione: era contraria l'Inghilterra, era contraria l'Irlanda ed era contraria la Francia. Apparentemente per motivi molto diversi, in sostanza però tutti preoccupati dal fatto che si affrontasse il problema della tratta prima di affrontare una regolamentazione interna a questi stati riguardo la prostituzione in quanto tale e quindi proponendo una confusione molto forte dei due terreni, secondo noi non occasionale, e invocando il fatto di una ridefinizione, una regolamentazione di quella che io chiamo la prostituzione di Stato, non mi viene altro termine, cioè di come lo Stato deve intervenire sulla prostituzione sia in termini di case chiuse, tipo italiano, sia in termini di eros center di altri paesi, sia in termini di quartieri a luci rosse. Tutto questo perchè tali ministri erano fortemente preoccupati delle condizioni imposte dal partito dell'ordine e della sensibilità alla sicurezza e al buon costume che evidentemente in questi paesi si stavano particolarmente agitando da diverse parti politiche e che, guarda caso, coincideva con momenti elettorali molto delicati. Si è creata, quindi, una situazione all’Aia nell'ultima riunione preparatoria e poi nel momento vero e proprio della conferenza, di grandissima conflittualità perché in realtà questi paesi poi volevano non solo che non si arrivasse a un codice di autoregolamentazione, ma che la conferenza non avesse luogo e quindi non approdasse ad alcun tipo di soluzione. La richiesta abbastanza esplicita è stata di fermare tutto e di rimandare a data successiva. Abbiamo così poche occasioni di vantarci delle cose che facciamo che credo sia giusto dire che l'intervento del governo italiano e in particolare della Ministra Finocchiaro, invece è stato determinante primo per mantenere la conferenza; secondo, per mantenere un asse estremamente fermo sul problema del traffico e quindi lavorare perché non si confondessero e si sovrapponessero il problema della regolamentazione internazionale e nazionale sulla tratta ed i problemi che ogni singolo paese ha riguardo la prostituzione, tale intervento poi è stato fondamentale affinché si riuscisse a trovare una mediazione onorevole che comunque portasse avanti il dibattito e non solo salvasse le risoluzioni precedenti del Parlamento Europeo ma comunque condizionasse i vari governi nazionali alla cooperazione, alle misure sociali, all'aiuto in tutti i casi possibili e a misure evidentemente anche di tipo penale che sono questioni assolutamente fondamentali nell’ambito della tratta. Questo ha consentito che si facesse la conferenza e alla fine la mediazione è stata non nel fatto di fare un documento che fosse un codice di autocomportamento, ma in una dichiarazione di tutti gli stati dell'Unione Europea che è uno strumento indubbiamente più leggero, cioè meno vincolante, che lascia evidentemente maggiori spazi alle legislazioni nazionali anche se rimane molto fermo il problema della cooperazione per quanto riguarda la parte della delinquenza organizzata e del www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ traffico come racket e di alcune misure premiali per le donne che vogliono uscire, che si trovano in condizione di uscire o di denunciare i loro sfruttatori, non esattamente nella misura in cui era stato previsto con molte attenuazioni: si parla per esempio riguardo il processo di un'interprete che conosca una lingua comprensibile alla donna, si parla naturalmente del fatto del permesso di soggiorno però non si parla più del fatto che la donna deve essere informata tempestivamente qualora il suo sfruttatore uscisse di galera. Ci sono dunque alcune norme che sono diventate più blande nelle misure: si parla per esempio di un permesso evidentemente rinnovabile, si parla di una serie di cose ma non è quel pacchetto così organico e così preciso e, secondo me, decisamente più efficace che era stato previsto inizialmente. Questo però ha consentito che la conferenza si facesse, che la dichiarazione fosse firmata da tutti gli stati membri e quindi ha consentito di avere uno strumento che indubbiamente oggi è a disposizione anche per le azioni di tipo politico-istituzionale che si vogliono fare nell'ambito delle varie realtà nazionali, senza considerare che anche il documento delle filippine che poi è diventato il documento della sessione dell’ONU, aiuta in questo senso. Di questo i giornali italiani non hanno parlato; c'è stato un grande riconoscimento europeo per la posizione italiana, c'è una posizione molto forte del governo olandese a aiutare in tutti i modi qualunque progetto, anche economico, che vada nella direzione di aiutare delle donne a uscire dal racket della tratta, a cominciare evidentemente dalla questione dell'Albania, le albanesi infatti in alcuni paesi rappresentano la maggioranza delle donne prostituite. Lo sono nel nostro perché, anche se i dati non sono sempre perfettamente aggiornati però sia il lavoro fatto da Parsec, sia il lavoro fatto da molti gruppi in varie parti d'Italia, prevalentemente cattolici ma non solo, penso al gruppo Abele, alle Caritas, al gruppo Migrantes, al rapporto tra Caritas e centro antiviolenza del Comune di Bologna e ad altre cose del genere, dimostrano che in realtà il fenomeno della prostituzione coatta nel nostro Paese ha come prevalenza le figure delle donne albanesi e dell'est europeo; in particolare delle donne albanesi anche con un decremento di età molto forte, man mano che si va avanti, e di donne africane che sono le Zairesi e le nigeriane, con entità ma anche con caratteristiche di organizzazione della tratta che sono diverse per i diversi paesi, gli effetti sono uguali ma il meccanismo con cui si organizza, per esempio, la tratta delle nigeriane è sicuramente cosa molto diversa dal meccanismo con cui si organizza la tratta delle albanesi. Questo fenomeno che appare di entità pazzesche, a sentire alcuni quando vogliono invocare legge e ordine, in realtà a guardare le cifre, è sempre un fatto assolutamente rilevante, non voglio essere equivocata su questo dato, è però un dato che, a fronte dell'intero campo della prostituzione, riguarda alcune migliaia di donne, con un'aggravante che dicevo prima che è quella che, per esempio, per le albanesi l'età è sempre decrescente e le forme di sfruttamento di queste donne sono sempre più violente perché non c'è solo l'inganno, l'ambiguità, il ritiro dei documenti ma le forme del rapimento, della violenza fisica, dello stupro, sono uno degli elementi di condizionamento e di uso normale per mantenere queste ragazze e queste donne sulla strada. Sono sulle 3.000, che sono comunque una cifra in assoluto terribile, ma che a fronte delle 35.000 che si considerano nell'ambito della prostituzione dovrebbero apparentemente far gridare meno molte persone, sono in realtà un fenomeno terribile se le si considera nella loro caratteristica, nella loro specificità umana, nelle forme di violenze terribili che vengono esercitate nei loro confronti. Da questo punto di vista, io dico che all’Aia è stato assolutamente importante e determinante il lavoro fatto dalle ONG e il documento finale delle ONG che si sono riunite in quella città dal nome impronunziabile, perché quel documento porta con una nettezza assolutamente solare il fatto che nell'analisi, e quindi nelle politiche e nelle misure che sulla tratta bisogna adottare, il problema non è la prostituzione in quanto tale e che la questione www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ non è quella dell'immigrazione, molti dei governi si rifiutano di pensare a misure particolari perché dicono che questo in qualche misura significherebbe agevolare o comunque incrementare o dare condizioni migliori a chi vuole fare immigrazione clandestina perché può essere una forma che può essere usata anche per ottenere il permesso di soggiorno, quando invece non se ne avrebbe diritto secondo le norme vigenti, ma il problema è quello della tratta. Il documento delle ONG, appunto, dice con assoluta chiarezza che il fenomeno della tratta e dello sfruttamento delle donne appartiene alla dimensione della violenza e non alla dimensione della sessualità e dell'immigrazione e che quindi, esattamente nei termini della violenza e della eliminazione di qualunque diritto umano primario, questo fenomeno va visto e va considerato di conseguenza. Questo documento, che inizialmente non si voleva prendere neanche in considerazione e che addirittura aveva suscitato anche l’allarme di alcuni parlamentari europei italiani che affermano che ciò aprirebbe la porta al problema dell'autodeterminazione, del self control, dell'autogestione del proprio corpo e quant'altro; in realtà sul problema della tratta è stato determinante a far ragionare e a convincere molti rappresentanti dei vari governi europei che forse il cambiamento di ottica e una dimensione critica diversa era assolutamente necessario perché altrimenti si sarebbe piombati in una situazione inaccettabile con delle proposte che non avrebbero avuto sostanzialmente nessuna efficacia per combattere il racket. L'ultima cosa che voglio dire sul racket è questa: da tutte le segnalazioni, e soprattutto da chi lavora in relazione diretta con i gruppi che si occupano delle donne prostituite, appare abbastanza evidente che i fenomeni del controllo di queste donne negli anni è cambiato: non esistono più i protettori, i "magnaccia" legati alla delinquenza organizzata ma ci sono apparentemente una serie di figure o di "balordi" che si organizzano in proprio per trarre da donne - le cosiddette proprie donne, da donne della propria famiglia, o conosciute, le ragazzine albanesi amiche o quant'altro, o conosciute attraverso le varie figure dell'intermediazione nigeriana - un profitto. Il mutamento avviene nell'87; in questo anno viene lanciato l'allarme del fatto che l’AIDS si propaga anche per via eterosessuale, non è più problema che riguarda le categorie a rischio. Il fatto che si propaghi per via eterosessuale, in realtà tradotto significa semplicemente una cosa: che di solito viene trasmesso da maschi che hanno avuto rapporti con ragazze tossicodipendenti a donne con cui hanno rapporti di matrimonio, di convivenza, sessuali e quant'altro. Questo fa scattare un allarme in chi controlla la prostituzione e cioè il fatto che evidentemente l'allarme creato negli uomini italiani, non rende più appetibile il problema delle ragazze tossicodipendenti e quindi c'è una contrazione del mercato. Questa contrazione del mercato porta alla necessità di buttare sul mercato altre figure: si organizzano prima le nigeriane a Torino, poi via via il resto d'Italia, poi si organizzano le albanesi, quindi carne sana, carne più giovane e carne più sana per restare in una dimensione di "bassa macelleria". Questo fatto oggi per le albanesi viene controllato dai "balordi" che più o meno tutti coloro che si occupano di prostituzione apparentemente conoscono e tutti denunciano il fatto che poi i soldi raccolti con lo sfruttamento di queste donne e di queste ragazze viene in parte rimandato in patria alle famose rimesse, e in parte riciclato attraverso vari canali sia sull'eroina o sulle droghe più pesanti, sia per entrare in affari con pezzi della malavita organizzata in Italia. Sta cominciando però a emergere un'altra idea e cioè che questa delinquenza apparentemente così minima e così sbandata e così fatta di "balordi" che, per altro verso, sono anche più feroci e più cattivi nel controllo di queste donne, non sia poi così spontanea come appare; che in realtà sia in qualche modo funzionale al fatto che nella modifica delle grandi organizzazioni criminali - penso a mafia e camorra, in particolare - ci sia invece un'idea che non è più solo basata sul controllo del proprio territorio tradizionale, ma che ha bisogno di uscire dai confini tradizionali e di espandersi, e che il primo www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ modo di espansione sia nel non apparire come una grande organizzazione ma apparire attraverso la capacità, intanto di raccolta di danaro e poi di controllo di piccole porzioni sparse del territorio attraverso, appunto, la prostituzione coatta. Questa è una mia ipotesi, non c'è ancora un lavoro in questo senso; viene come ipotesi dopo il primo momento di riflessione su queste cose da parte di molti gruppi e di molte associazioni che lavorano nel campo creando anche tra l'altro una grandissima preoccupazione perché se è già preoccupante il fenomeno in sé, è tanto più preoccupante se si pensa che fa parte di una strategia che ha poi funzioni e scopi multipli e assolutamente tutti pessimi. Ecco, questo è sostanzialmente il quadro che emerge dalla conferenza dell’Aia e che riconsegna poi a noi il che cosa fare evidentemente nel nostro Paese, senza abbandonare la dimensione internazionale che evidentemente è una dimensione in cui bisogna continuare fortissimamente ad agire. Non è un caso che per esempio abbiamo proposto che gli aiuti per quanto riguarda l'Albania e il lavoro delle ONG scelgano in modo prioritario e privilegiato il rapporto, il finanziamento di quei programmi che sono gestiti da donne, non che si rivolgono alle donne ma che sono gestiti dalle donne, che ridia in qualche modo potere di decisione e valorizzazione della loro capacità di gestire non l'emergenza ma di radicarsi con progetti che le fanno padrone della loro vita e, in qualche modo, determinanti nelle scelte anche delle politiche delle più giovani e del loro territorio. Questo è un primo problema ed è già un lavoro in atto; non è un caso che su questo per la prima volta si è stabilito a priori un rapporto con le donne del forum delle donne albanesi chiedendo a loro di decidere in che termini e in che modi si può lavorare a questo, non pensando che sono le donne degli altri paesi che possono risolvere il problema della tratta delle ragazze albanesi se le donne albanesi, in prima persona, non intervengono e non controllano quel tipo di situazione, quindi anche uscendo da questa idea che bastano le nostre... *** ...è come informare l'intero governo italiano e l'intero Parlamento Italiano di quello che all’Aia è scaturito e degli impegni che evidentemente questo pone. Dopo l’Aia, poiché nessuno ne aveva parlato, il Ministro Finocchiaro ha chiesto a Prodi di convocare, finalmente, quella commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio che dovrebbe trattare di questo argomento e dovrebbe definire delle proposte e delle scelte e di farlo al più presto, sta inoltre valutando, anche con i responsabili dei due rami del Parlamento, se fare una commissione, una seduta congiunta delle due commissioni, Giustizia e Affari Sociali, di Camera e Senato dove riproporre quanto dall’Aia è scaturito. Anche per informare i nostri parlamentari di quelle che sono le caratteristiche del fenomeno italiano per far sì che, prima di ogni altra discussione, si affronti esattamente il problema del racket e delle donne prostituite, affrontando quindi anche con maggior conoscenza di causa quello che è il problema della prostituzione e della modifica della Merlin da più parti invocata, a volte positivamente invece a volte assolutamente malamente. A noi sembra che solo col ragionamento sulla tratta si riesca a fare chiarezza su una serie di punti che rischiano invece di essere molto confusi e molto ambigui. Sulla prostituzione l'ultima cosa che voglio dire, perché penso che interverranno persone che hanno molto più da dire di me su questo terreno, voglio ricordare, visto che siamo in una sede della CGIL, che nella sinistra italiana nessuno, ma www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ dico nessuno, più sa che cosa è stata la battaglia per arrivare alla legge Merlin, perché si è arrivati alla legge Merlin e come la battaglia della sinistra, non solo della sinistra di classe ma della sinistra liberale, della sinistra storica, a cominciare da Morelli nel primo parlamento italiano, e quindi sto parlando del 1860, non sto parlando del 1997, di che cosa Morelli ha rappresentato nel primo Parlamento Italiano. E quindi, il fatto che nessuno sappia più che cos'è la Merlin crea un equivoco drammatico rispetto invece alla differenza sostanziale delle varie proposte. Il fatto che questa storia sia assolutamente cancellata e dimenticata, non permette neanche a molte donne di ricordare che tutto il movimento suffragista e tutto il movimento di libertà femminile che comincia alla fine del '700 fino alla conquista del diritto di voto, si intreccia fortissimamente con la battaglia per l'abolizione delle leggi sulla prostituzione di Stato, le cosiddette leggi sanitarie. E questo è un grandissimo problema perché poi sembrano fatti assolutamente nuovi e particolarmente intelligenti cose che sono delle idiozie assolute, come la proposta della regione Veneto di ristabilire le visite sanitarie obbligatorie sulle prostitute o cose dello stesso tipo perché, a parte l'assoluta impossibilità di tali visite, le leggi sanitarie nascono all'interno di un certo contesto e di un certo meccanismo di controllo delle donne da parte dello Stato prima ancora che della prostituzione e di garanzia agli uomini che ricorrono alle prostitute della loro salute invece che della salute delle donne che, per necessità o per scelta, si prostituiscono. Questo rappresenta un grandissimo problema. Noi, quando abbiamo cominciato a ragionare con Gigliola su questo incontro, avevamo pensato all'idea di fare una relazione che raccontasse questa storia perché, secondo noi, varrebbe la pena conoscere e il fatto che non ci siano luoghi di discussione seria impedisce che questa storia venga tramandata e quindi utilizzata nel modo migliore. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Vittorio Agnoletto LILA - Lega Italiana Lotta AIDS Mi pare che a me spetti il compito di illustrare alcune delle iniziative concrete che la LILA, insieme al comitato per i diritti civili delle prostituzione e alcune realtà locali, sta realizzando. Mi permetterò, prima di illustrare questo, di fare solo tre osservazioni su alcuni temi estremamente interessanti che sono stati posti. Il primo, e riparto proprio dall'ultima frase di Vittoria Tola, è la vicenda della regione Veneto che però trova un paragone in Europa ad esempio nella Grecia: uno dei problemi che noi abbiamo nei progetti europei, che poi illustrerò, è che la Grecia ha dei registri dentro cui si devono iscrivere le prostitute, queste prostitute sono sottoposte periodicamente a degli esami che le autorizzano a svolgere il lavoro più o meno in veste ufficiale. Ovviamente sono una estrema minoranza quelle che poi si iscrivono a questi registri e questo non ha risolto assolutamente il discorso della prostituzione clandestina. Io volevo fare una precisazione: non solo test obbligatori non risolvono il problema, ma in termini - lo dico come medico - di sanità pubblica, sono assolutamente controproducenti e sono una oggettiva spinta alla diffusione delle infezioni di tutte le patologie di trasmissione sessuale. Perché nel momento in cui il mostrare un tesserino di negatività spinge oggettivamente a un rapporto non protetto, non si considera tutta la questione del periodo finestra, non parlo di falsificazioni, di tesserini e via dicendo ma non si considera il fatto che quella certificazione di negatività risale al giorno x e non all'oggi, uno può avere contratto il virus il giorno dopo, la sera stessa in cui è stato sottoposto all'esame ma non solo: può anche capitare che quando già si sottoponeva all'esame era nel periodo finestra cioè aveva contratto un'infezione ma che non si manifestava. Faccio questa osservazione perché il dibattito su questo punto deve uscire da confronti ideologici ma porsi su strette basi scientifiche, per cui il test obbligatorio è contro producente e in termini medici e sociali facilita fortemente la diffusione del virus. Seconda considerazione preliminare: contrariamente a quanto viene molte volte enfatizzato dei cosiddetti comitati dei cittadini organizzati e anche dai mass media, in gran parte se il mondo della prostituzione ha un ruolo ridotto nella diffusione dello Hiv, è nel senso molte volte opposto di quello che si ritiene. Cioè tutto l'allarmismo sulla questione degli albanesi e via dicendo, l'Albania è veramente la nazione che a livello europeo ha la minore prevalenza e incidenza di infezione da Hiv, il problema è l'uomo italiano che infetta queste donne che poi eventualmente lo possono trasmettere ad altri. Ma questo non riguarda solo - poi vedremo alcuni dati - chi proviene dall'Albania: riguarda l'insieme delle donne che provengono, ad esempio, dall'Europa dell'est dove in maggioranza provengono da paesi dove l'incidenza della infezione da Hiv è assolutamente minore a quella italiana. Quindi queste sono, e questo è un dato che tra l'altro accomuna questo discorso con il discorso della salute nelle popolazioni immigrate, persone che arrivano qua sane e che qua si infettano e si ammalano, le immigrate per condizioni ambientali di tipo di vita che fanno, scarsa sicurezza sociale eccetera, chi svolge il lavoro della prostituzione si infetta tramite l'uomo italiano e questo è un altro elemento importante da porre anche qui con dei dati puramente tecnici e scientifici. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ ...Non si infettano... ...In parte non si infettano, comunque possiamo anche discuterne, nel senso che ci sono dei dati che non spiegano come la frequenza dei rapporti sessuali non coincide automaticamente con una trasmissione del virus. Su questo ci sono una serie di ricerche, alcune pubblicate proprio l'altro ieri su come si sviluppa soprattutto in alcune donne del centro Africa una resistenza a dei ceppi virali, ma questa è una situazione più clinica che non so a quanti interessa adesso. Terza questione: a me pare che dobbiamo un po' insistere su questi orientamenti delineati a livello europeo perché poi l'operatività quotidiana dei nostri interventi delle unità mobili, rendono drammatiche queste questioni. Quando lavoriamo con unità mobili sulla circonvallazione esterna di Milano contattando chi si prostituisce e in viale Abruzzo un giorno vediamo una ragazza che sta bene, il giorno dopo quella stessa ragazza vediamo che porta segni e lividi di pestaggi e proponiamo di accompagnarla dalle Forze dell'Ordine per fare la denuncia, e questa ragazza si rifiuta totalmente perché fare la denuncia equivale ad essere espulsa, da una parte, dell'Italia e, dall'altra parte, nei fatti ad essere lasciata alla mercé degli sfruttatori, queste sono condizioni assolutamente reali e documentate. Per esempio, quando per contattare, in questo caso parlo specificatamente per quello che riguarda la nostra esperienza delle ragazze albanesi, noi dobbiamo trattare con i loro sfruttatori come ci possiamo avvicinare a quel pezzo di marciapiede dove le ragazze lavorano, quanto ci possiamo fermare e dove dobbiamo nascondere il camper, cosa che non avviene per esempio per chi si autogestisce, beh, ci sono delle maglie di controllo fortissime che o passa una legislazione del tipo quella che è stata illustrata, o queste situazioni diventano impossibili da superare. Io per superare intendo restituire alla persona la libertà della autodeterminazione, non ci metto nulla di moralismo come impostazione e devo dire che se in qualche modo noi eravamo stati sentiti dalla Ministra Turco per suggerire l'elaborazione del testo di legge, io però vorrei anche suggerire che non si faccia confusione. Qui non siamo di fronte a logiche premiali per chi si pente di reati o di comportamenti perché alcune volte c'è confusione su questo, cioè queste donne non hanno da pentirsi di nessun reato: hanno da uscire da una situazione di schiavitù e quindi non devono esserci relazioni con la legge sul pentitismo e tanto meno non c'entra assolutamente nulla rispetto a chi vuole uscire da una situazione di spaccio di droga. Se qua invece parliamo di chi usa le sostanze, ma lì esistono già delle legislazioni specifiche, alcune volte attuate altre volte non attuate, possiamo discutere per ora, ma è una situazione diversa ma che non si faccia il paragone con il pentitismo o con chi spaccia perché non siamo di fronte a situazioni, a persone che commettono reati; altrimenti attribuiamo la responsabilità di reato a chi invece sostanzialmente è vittima di questo tipo di situazione. Quarto punto, e qui io vedo uno dei ruoli centrali di una possibile attività del sindacato, e mi rendo conto che sono assolutamente condizionato dalla mia città ufficiale di residenza e cioè da Milano, qui ci vuole una politica che spieghi che anche la sinistra si confronta con le tematiche della sicurezza, intesa come sicurezza sociale per tutti e non come contrapposizione di diverse fasce sociali cittadine, ma ci vuole anche una politica della trasparenza. Adesso vediamo che cosa succede a Milano ma per quattro anni nei dibattiti sulla prostituzione nella amministrazione leghista, ci siamo sentiti dire, e non sto parafrasando o abbreviando: "ma i cittadini che vanno a prostitute a Milano non sono cittadini milanesi, è un problema che riguarda chi viene da fuori" ed eravamo con Pia ad un dibattito dove ci siamo sentiti dire questo. Cosa voglio dire? Che non possiamo seguire a ruota www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ solo puntando i piedi, e quindi pensando di frenare in qualche modo le proposte sulle fotografie delle targhe e via dicendo perché non risolvono assolutamente nulla. Io credo che ci sia il problema di garantire la sicurezza a chi si prostituisce, di garantire lo spazio assoluto di autodeterminazione, e quindi anche condizioni decenti per chi decide di svolgere questo lavoro, ma deve deciderlo in assoluta e totale autonomia come scelta, e poi tale problema non lo si affronta solamente in questo modo, ma forse le amministrazioni, le istituzioni farebbero anche bene a chiedersi perché da parte degli uomini, dei maschi, questa richiesta sale vertiginosamente, perché la nostra sessualità la sviluppiamo in gran parte in modo frustrato in questo tipo si situazione. Queste sono le domande di fondo che stanno dietro se non ci confrontiamo con questo, secondo me rincorrere semplicemente il gradino inferiore, politiche tutte di ordine pubblico non serve assolutamente a nulla: liberare un quartiere per spostare le persone in un altro quartiere non serve a nulla e io rimango scioccato quando, per esempio, l'altro ieri i giornali di sinistra ad ampia tiratura inneggiano a un comitato che ha liberato due vie di Milano. Il problema è che sappiamo, noi cittadini di Milano che le due vie occupate sono quelle a 500 metri da lì, quindi è una politica diversa che deve essere realizzata. Detto questo, in Italia gli interventi sul mondo della prostituzione in termini istituzionali - e qui hai ragione - partono non per iniziativa delle istituzioni nazionali anni fa, ma partono per iniziativa della Comunità Europea i progetti attualmente attivi sono due: Europap e Tampep, che sono gestiti dal comitato per i diritti civili delle prostituzione, Europap in collaborazione con la LILA, Tampep in collaborazione con diverse municipalità tra cui quella di Venezia, che poi interverrà, e sono due progetti che si sovrappongono e in parte si diversificano: Europap è prevenzione alle patologie a trasmissione sessuale nel mondo della prostituzione in particolare rispetto allo Hiv, Tampep più specificatamente si vuole riferire alla prostituzione immigrata, quindi alla prostituzione più scoperta anche in termini di diritti e di assistenza sanitaria. Dopo il primo anno - oggi siamo al terzo - di realizzazione di questo progetto, parte finalmente un progetto finanziato dall'Istituto Superiore di Sanità, mi risulta sostanzialmente l'unico progetto nazionale italiano, gestito insieme dalle realtà citate prima, che comincia a costruire una rete di interventi in alcune città e incomincia a confrontare le diverse modalità di intervento, anche qui però parliamo purtroppo di città del centro nord. Quello che è interessante, è che questi progetti che si muovono nella logica che ho spiegato prima, si muovono sulla strada, al di fuori di una logica di moralismo ma per istituzione di dignità e di libertà di scelta, poi si incrociano con quel tipo di interventi presenti da tempo di ampia area del mondo cattolico, perché molte volte poi l'autodeterminazione porta alla ricerca di vie di uscita per l'inserimento sociale diversificato, lì trovano allora dei canali di collaborazione e su questo i terreni sono molto meno separati da quello che può parere dalla saggistica e dalla pubblicistica generale. In particolare i progetti Europap e Tampep lavorano soprattutto su Milano, Genova e Venezia, non illustro l'esperienza di Venezia; quali sono gli obiettivi? Sono la modificazione dei comportamenti a rischio - questo forse è più interessante - uno degli obiettivi è aumentare il potere di negoziazione con il cliente da parte di chi attiva e sceglie il lavoro della prostituzione. E ancora, aumentare l'accessibilità ai servizi sanitari in termini terapeutici e diagnostici, soprattutto per la prostituzione immigrata e, quarto obiettivo, ridurre come possiamo il conflitto tra la popolazione generale e il mondo della prostituzione. Come lavoriamo? Lavoriamo innanzitutto e soprattutto con delle unità mobili che si spostano nelle città di giorno e soprattutto di notte, contattando chi svolge la prostituzione e cercando sempre più di contattare anche i clienti - poi vediamo alcune cose molto tecniche, molto banali. Oltre al veicolo, che cosa serve? Serve del materiale specificatamente rivolto a chi incontriamo, e deve essere però materiale con alcune caratteristiche, scusate se banalizzo ma se a chi si prostituisce si può www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ dare anche un aggeggio di questo tipo, al cliente, che diventa fondamentale contattarlo, questo non lo si dà perché lo lascia cadere immediatamente mica se lo mette in tasca e arriva a casa e la moglie gli trova... no! Sono banalità ma gli si danno materiali estremamente piccoli, ridotti, che uno può leggere, può tenersi in tasca se vuole, non viene immediatamente individuato, ma dove gli si spiega perlomeno senza moralismi di utilizzare il profilattico. Ancora, qui il problema posto che dicevi tu prima è centrale: materiali nelle lingue delle persone a cui ci si rivolge, materiale diversificato per uomini, donne, per travestiti e transessuali, perché ci sono delle specificità e oltre a questo, ovviamente, si distribuiscono profilattici, lubrificanti a base d'acqua, siringhe e aghi puliti, acqua distillata e poi si va con caffè, tè e qualcosa da mangiare, che è anche un modo di costruire un relazione che fa sì che le persone non siano semplici distributori di materiale. Che metodologia utilizziamo? Intanto l'équipe, dove è possibile, sono sempre équipe miste di operatori, definiamoli professionali, che hanno avuto una selezione e un corso di formazione, ma anche di street operator, cioè è banale ormai per noi dirlo ma sulle unità mobili ci sono anche ragazze che il martedì e giovedì lavorano sulle nostre unità mobili e poi magari il mercoledì e venerdì invece praticano la prostituzione. Non è semplice poi questo, non solo per la donna vivere queste diverse realtà, ma anche nelle équipe miste non è un problema: noi abbiamo avuto diverse difficoltà perché il linguaggio dell'operatore e il linguaggio di chi invece viene da quella esperienza e il modo di viverlo e lo scontro forte che si ha è pesante: uno degli elementi che ci ha creato problemi équipe milanese quando la donna che si prostituisce e lavora sull'unità mobile incontra una sua collega che non si autodetermina e che quindi deve trattare con chi la sfrutta, lì il livello di "incazzatura" e di rabbia che scatta è molto forte, al di là di chi invece lo può più razionalizzare come operatore. Si costruiscono le mappe di intervento, si fa un'analisi quantitativa e qualitativa di cosa c'è sa fare e prima di tutto si fanno due cose importanti: si cerca di costruire un minimo di consenso tra la popolazione, si avvisa la popolazione residente di che cosa si fa, del perché lo si fa e che non è contro di loro e si cerca di parlare con i mezzi di comunicazione. I mediatori culturali e i mediatori linguistici sono fondamentali, esempio: se noi contattiamo la persona in strada e deve essere poi accompagnata al servizio sanitario pubblico, ma non c'è nessuno che è in grado di parlare la sua lingua, o non c'è nessuno che sa fare da mediatore tra questa donna e il medico, magari maschio, con i problemi culturali che comporta ma fa da mediatore perché la donna sente che quell'altra persona appartiene alla sua cultura, gli accompagnamenti non portano ovviamente assolutamente a nulla. Ovvio che bisogna fare anche un training, ne stiamo organizzando insieme, un incontro a maggio e uno a settembre anche per gli operatori c'è un bel meccanismo di empatia. Nel '96, io mi limito a Milano e a Genova, ci sono stati a Genova quasi 1.700 contatti, a Milano 600 contatti; per contatti parliamo di contatti avvenuti almeno tre volte continuamente nel circolo di un mese, non parliamo di contatti saltuari: tre volte almeno nell'arco di un mese. Abbiamo trovato una diversificazione anche tra le nazioni di provenienza delle donne incontrate per strada, e qua c'è da dire che le italiane che si incontrano per strada sono in maggioranza persone tossicodipendenti, le altre donne invece provengono da altre nazioni, noi abbiamo incontrato albanesi, nigeriane, latinoamericane e dell'est Europa, soprattutto, con una diversificazione. Per esempio, a Genova sono tantissime le nigeriane mentre invece, per esempio, in Milano abbiamo una prostituzione in gran parte albanese, in gran parte dell'est europeo. Siamo riusciti quasi solo a Milano a contattare la prostituzione maschile, per esempio; abbiamo individuato dei dati, leggo quelli di Milano e di Genova: a Milano abbiamo contattato 56 uomini che si prostituiscono, 348 donne, 36 travestiti, 64 transessuali e 55 tossicodipendenti. Genova cambia completamente: gli uomini contattati sono stati 1 e 1.557 donne, 15 travestiti, 15 transessuali e 90 tossicodipendenti, quindi si modifica www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ fortemente la situazione. Quali sono le richieste che avvengono? In parte sono richieste su AIDS e patologie a trasmissione sessuale. In gran parte sono domande su aspetti legali perché per le donne immigrate, questo contatto da strada è uno dei pochissimi contatti che c'è con il mondo italiano al di fuori dell'esercizio delle professione e quindi anche informazioni legali sono gli unici ambiti dove possono essere date. E ancora, informazioni sulla salute e richiesta di accompagnamento ai servizi pubblici. Quando parliamo di informazione sulla salute, di che cosa parliamo? Innanzitutto di accompagnamento a consultori e di intervento di diagnosi di gravidanza e di interruzione di gravidanza e questo è un problema enorme perché molte volte queste donne finiscono nel mercato nero e clandestino dell'interruzione di gravidanza come avveniva tempo addietro per le donne italiane. Seconda questione, che è un'altra cosa, visite ginecologiche, visite dermatologiche; c'è un problema che riguarda le epatiti, non solo l’AIDS, epatite B ed epatite C; ci sono degli aspetti complessi che riguardano la TBC, in minima parte, ma perché io dico che sono complesse? Perché con l'attuale legislazione sanitaria non si riesce a farle seguire nel tempo e per cui dove c'è una TBC silente, anche se riguarda pochissime persone, poi questa se diventa attiva, una persona non è seguita perché non ci sono le condizioni di legge ed economiche che tutelano queste donne. Vi è una richiesta, alcune volte, di trattamento di donne, queste poche, però c'è, tossicodipendenti immigrate e non è così semplice l'accesso al metadone, con la aziendalizzazione delle USL, in donne che ovviamente non hanno la residenza sul territorio; per alcune c'è anche un problema legato all'alcoolismo. Ho già detto che cosa distribuiamo, e qui si capisce anche il perché c'è un bisogno di sostegno pubblico a questi progetti, perché quando si cominciano a distribuire decine di migliaia di profilattici, di materiale informativo curato, a colori, appropriato, perché molte volte contano più le vignette che il testo scritto, ovviamente questo ha un costo. Vi do ancora qualche dato che forse ci permette anche di vedere questo mondo forse un po' capovolto da come viene rappresentato: più dell'80% delle donne che sono state contattate sulla strada in questi progetti avevano con loro il profilattico, attenzione! Non vuol dire usavano il profilattico, però allora questo ci dice che non c'è una deresponsabilizzazione di queste donne: c'è un'assunzione di responsabilità in termini della salute propria e della salute altrui, soprattutto se invece la percentuale che noi abbiamo verificato tra i clienti che avevano il profilattico, qui l'errore può essere maggiore, però ci dà la tendenza, è del 2,8%, quindi il profilattico lo porta sostanzialmente... I dati che noi abbiamo da queste città, ripeto non sono dati precisi, lavoriamo con un campione nel sommerso, quindi non una corte definita, però ci dà delle linee di tendenze, ci dice che il 43% dei clienti chiedono un rapporto non protetto e offrono fino a tre volte il prezzo che invece viene pagato normalmente. Il numero dei clienti per settimana in media è di 26,2 con un range che va da 1 a 71, anche qui sono dati indicativi e i prezzi ampiamente indicativi vanno da 20 a 40 dollari. Meno dell'1% dei contatti complessivi per strada in questi progetti riguardavano tossicodipendenti; è un dato che fa molto riflettere rispetto alla rappresentanza sociale che abbiamo del mondo della prostituzione è che, ripeto, prendete con le pinze questi numeri, quasi 2/3 dei contatti riferivano di aver terminato o comunque almeno frequentato la scuola secondaria, addirittura con un 3% che risultavano laureati; quindi, anche questo fa anche capire quali sono le motivazioni sociali più complessive che portano poi a scelte o non a scelte di questo tipo. Un ultimo dato che mi pare interessante è questo: il 55% delle donne contattate in strada, e qui parliamo di strada, non parliamo di locali, non aveva mai avuto contatti con centri USL relativamente a queste problematiche; per le straniere che esercitavano questa professione da un anno, il 90% non aveva mai avuto contatti con le strutture sanitarie italiane e questa percentuale per chi lo esercitava da più un anno calava e circa 1/4 non aveva mai avuto contatti, cioè circa il www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ 25% non aveva mai avuto contatti. Il problema principale su questi contatti, lo ripeto, è garantire la continuità e trovare anche dei servizi che siano disponibili nei tempi, oltre che nelle modalità, negli orari in cui questo tipo di lavoro viene svolto. Qual è il futuro che abbiamo di fronte? Il futuro è la continuazione dei progetti Europap e Tampep a livello italiano costruendo soprattutto un network e quindi mettendo in contatto le realtà tra di loro e mettendo in contatto gli interventi da strada con quegli interventi che possano portare a una via d'uscita per le ragazze contattate che lo desiderano; a livello europeo si cerca anche di costruire una guida, un manuale rivolto anche non solo a che pratica la prostituzione ma alle istituzioni, e l'altra attività che cerchiamo di fare in Italia e di organizzare dei training anche perché la formazione degli operatori non è una cosa che si costruisce da un giorno all'altro. Ovviamente, è inutile dirlo, chi fa l'operatore da strada, lo dico per pasticci che sono stati creati su altre legislazioni, non può minimamente svolgere ruolo di informatore della Polizia, è evidente perché altrimenti non avrà nessuno spazio di intervento, beh per noi sembra semplice per le richieste che ci vengono da alcune prefetture non è assolutamente così scontato. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Porpora Marcasciano MIT - Movimento Italiano Transessuali Io leggerò una relazione scritta. Molti dati li ha già anticipati il dottor Agnoletto. Siamo contenti che la CGIL abbia organizzato questa giornata di studio sulla prostituzione e su tutta la problematica ad essa legata. É importante che la più grande organizzazione sindacale italiana faccia sua una campagna di sensibilizzazione e di informazione, riteniamo che sia ancora più importante che questa non resti confinata all'interno di convegni e dibattiti tra esperti, ma si allarghi e raggiunga tutto il territorio e realtà locali. Queste, principalmente, possono dare risposte concrete che confermeranno realmente l'efficacia di questa campagna e ci daranno dei risultati. Oggi nel nostro Paese c'è un elevato allarme sociale nei confronti della prostituzione, dovuto al fatto che nuove figure, travestiti tossicodipendenti e soprattutto straniere, meno rassicuranti della classica prostituta, creano a volte ingorghi stradali, disturbano la quiete pubblica ma soprattutto la loro diversità inquieta i benpensanti. In Italia la prostituzione ha smesso di essere quella realtà nascosta poco visibile, confinata tra le mura di un appartamento o in certe zone delle grandi città, secondo tempi e modi dettati da una tradizione antica. Le sex workers sono presenti in gran numero a tutte le ore e in tutte le strade delle grandi come delle piccole città ed anche dei paesini della provincia italiana. La prostituzione non è più quel fenomeno popolare e folkloristico rappresentato al cinema dove le varie Cabiria, Elide e casco d'oro erano le regine di quel mondo tanto inquietante quanto affascinante, le visioni felliniane hanno lasciato spazio a meno distensivi documentari di cronaca che descrivono questa realtà con tinte fosche. Le prostitute nostrane sono state sostituite da centinaia, anzi migliaia di donne che sfuggono a situazioni di crisi e di miseria. Vorremmo qui tracciare, per quanto è possibile, i contorni del fenomeno, descriverlo con dati più o meno attendibili e valutarne le proporzioni, capirne i problemi che sono fondamentalmente umani e cercare, per quanto possibile, di risolverli. Premesso, ed è importante questo, che la prostituzione in quanto tale non è un crimine e che il solo aspetto criminale è lo sfruttamento che l'accompagna. Cosa è oggi la prostituzione? Secondo stime molto approssimative, sono circa 50.000 le persone che si prostituiscono il Italia di cui si pensa che 30.000 sono le straniere immigrate, 20.000 italiane e circa 10.000 tra transessuali, travestiti e ragazzi. I dati che qui presentiamo sono raccolti dai centri di documentazione del MIT e dal comitato dei diritti civili delle prostitute e ci sono forniti dai gruppi del volontariato che lavorano tra le sex workers. Il fenomeno, essendo in continua crescita, non può essere quantificato con esattezza, quindi le stime sono molto approssimative. Si pensa che tra le prostitute italiane, quasi la metà sono tossicodipendenti, quindi soggetti molto deboli psicologicamente e fisicamente, facilmente ricattabili da clienti rampanti e da spacciatori senza scrupoli. L'altra metà possiamo asserire, si prostituisce per libera scelta. Per quanto riguarda le 30.000 straniere, un terzo proviene dai paesi africani e in gran parte dalla Nigeria; quasi 2/3 dai paesi dell'est e per lo più dall'Albania, molte dall'ex Unione Sovietica, dalla Romania e dall'ex Yugoslavia, poche cecoslovacche ed ungheresi, quasi assenti le polacche. In minoranza sono presenti le donne del sud America, da dove invece arriva la maggioranza delle transessuali che si prostituiscono in Italia, Brasile, Bolivia, Argentina, Venezuela e Colombia. Date le qui le stime www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ approssimative, vorremmo focalizzare l'attenzione del nostro intervento non sullo sfruttamento delle mafie, sul traffico e le sue vittime poiché c'è già chi lo affronta più dettagliatamente, bensì sui problemi della persona che può aver scelto di prostituirsi anche se non libera da contingenze e problemi reali. Quando si parla di prostitute, pensiamo a persone immigrate da paesi poveri, senza permesso di soggiorno e quindi senza diritti: sanità, istruzione, lavoro; pensiamo a donne che, pur di sfuggire alla miseria e alla guerra, possono accettare contratti con trafficanti e mafia e da questi essere ricattate ma anche a donne che, togliendosi questi parassiti di dosso, trovano comunque dalla prostituzione la loro sussistenza. La prostituzione è l'unica alternativa alle difficoltà create da tutti quei cavilli, contratti, regole e ricatti che caratterizzano la ricerca di un lavoro senza il permesso di soggiorno. Se vogliamo poi considerare un altro aspetto della prostituzione che è quella transessuale, i problemi sono simili: se a una donna immigrata manca il permesso di soggiorno, ad una transessuale in quanto tale, anche se italiana, manca il diritto di cittadinanza, cioè il diritto alla dignità della persona, al suo rispetto, al suo inserimento sociale. Il centro diritti della CGIL di Bologna ci ha commissionato una ricerca dal titolo: "Transessualità e lavoro" da cui si ricavano dei dati che mettono in chiaro qual è la condizione delle transessuali in Italia. I dati sono reperibili nella banca dati della CGIL; il questionario distribuito a 75 transessuali maschi e femmine a Bologna fa trapelare esattamente quali sono i problemi legati al lavoro per la transessuale, quanto sia rispettato il diritto adesso e quanto incide questo sulla scelta di prostituirsi. Io ho dei dati, vorrei leggerli perché forse possono essere indicativi. Le interviste sono 75, di cui 60 transessuali M. T. F. cioè maschi transizionati al femminile, 10 transessuali che hanno cambiato sesso diventando donne, 4 transessuali F.T.M. 39 delle intervistate provengono dal sud, 21 dalla regione, 14 dalla provincia del nord. 10 con licenza elementare, 35 con licenza media, 27 con licenza di media superiore, 2 con laurea. 44 sono in affitto, per quasi tutte è stato difficile avere una casa, 30 sono proprietarie, tra queste una decina vivono con i genitori, quasi tutte si sottopongono a cure molto costose. 64 hanno rapporto con la propria famiglia, 10 no. 66 hanno avuto esperienze lavorative, 8 no; 46 si prostituiscono, 28 lavorano. Ad essere soddisfatte del proprio lavoro, tra chi si prostituisce 20 sono soddisfatte e 26 insoddisfatte. Tra chi lavora, 18 sono soddisfatte, 10 insoddisfatte. Se è stata una scelta o un ripiego, tra chi lavora per 18 è stata una scelta e per 10 un ripiego. Tra chi si prostituisce per 20 è stata una scelta, per 26 un ripiego. Ad avere problemi nell'ambiente di lavoro in quanto transessuali sono in 30, 38 dicono di non averne, 6 non rispondono. In quanto transessuali, quasi tutte hanno preferito lasciare il lavoro perché costrette direttamente o indirettamente, 4 sono state obbligate. Per una lettura più attenta dei dati e per una lettura incrociata, si fa una nuova relazione, oppure può essere richiesta. Considerando che la ricerca è stata svolta in una città come Bologna, particolarmente attenta al tema dei diritti, possiamo immaginare cosa succede nel resto dell'Italia. Sono dati questi da tenere in considerazione quando si affronta il problema. Bisogna altresì decriminalizzare la prostituzione, affrontare la questione con metodi nuovi, non repressivi che riconoscano la libertà di usare il proprio corpo, il diritto di autodeterminazione sessuale, il rispetto dei diritti umani e civili e il diritto alla libertà di movimento. Il problema, visto da un'angolazione culturale e politico di un certo tipo, viene rimosso, nascosto, represso e non risolto. Nascondere gli effetti più che risolvere le cause. L'altra angolazione che è quella a cui ci riferiamo e in cui confidiamo, cerca di trovare le risposte, non le soluzioni a tutto ma quantomeno cercare dialogando una possibile strada da seguire per far sì che migliaia di persone vivano meglio e abbiano diritti e dignità. Crediamo che la CGIL sappia e possa dare delle risposte giuste, essendo esso un grande sindacato al cui interno il problema dei diritti e del lavoro è stato sempre materia di dibattito politico. Pensiamo che queste risposte www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ debbano essere date, più che nelle sedi centrali, nelle Camere del Lavoro e negli Enti sparsi sul territorio: è lì che il sindacato può e deve portare avanti una battaglia sui diritti, agendo nella realtà e sulla realtà della prostituzione fornendo informazioni, assistenza e perché no? alternative di lavoro lì dove ci sono richieste. Le regole e le leggi contro lo sfruttamento vigenti in Italia colpiscono esclusivamente le vittime e non i carnefici: se una donna decide di scrollarsi di dosso i suoi sfruttatori, non ha assolutamente nessuna alternativa. Quando una donna veramente esasperata denuncia i suoi sfruttatori, secondo il vecchio articolo 5 del decreto legge ormai decaduto ed il nuovo articolo 16 proposto e non ancora emendato, essa ha diritto a uno speciale permesso di soggiorno che le consenta di partecipare ad un programma di assistenza e di integrazione sociale. Questo può essere revocato quando vengono meno le circostanze di cui al comma 8 ter. , o sono cessate le esigenze processuali e di sicurezza, ovvero la persona interessata osserva una condotta incompatibile con la sua permanenza in Italia. Questi decreti dovrebbero aiutare chi vuole uscire dalla prostituzione. Nella pratica non è rispettato poiché ad esso non corrisponde un reale diritto al lavoro. I poteri locali e i cavilli burocratici, fanno sì che il rilascio del nullaosta richiesto per il lavoro, venga palleggiato tra le questure e gli uffici provinciali del lavoro, dilatando i tempi del circolo vizioso della burocrazia. Inoltre, molto spesso, è a discrezione solamente delle questure decidere se rilasciare il permesso e per quanto tempo. Queste lungaggini fanno sì che le donne ritrovano nella prostituzione l'unico mezzo immediato e semplice di sussistenza. Ma questo, essendo considerato condotta incompatibile con la permanenza in Italia, crea problemi senza soluzioni. Noi chiediamo vivamente alla CGIL di farsi carico di questa situazione intervenendo a livello locale attraverso appositi servizi; di far pressione sulle questure e gli uffici del lavoro per quanto le compete. Ci sembra assurdo che una persona avviata ai servizi, perché richiesti da situazioni specifiche e trovata idonea per questi, si veda rifiutata dalle questure il nullaosta valido per la durata del servizio stesso; questo significa perpetuare la situazione di sfruttamento da cui si vorrebbe che la persona uscisse. In molte città italiane sono nati progetti rivolti fondamentalmente alla prevenzione, all'assistenza e all'aiuto tra i sex workers e il loro inserimento - mi riferisco al progetto prostituzione sicura, ai progetti di Europap... *** ...di cui ha parlato molto bene il dottor Agnoletto, quindi sorvolo perché sarebbe ripeterlo. Volevo solo aggiungere che a Bologna e in Emilia Romagna sono stati avviati e a Bologna funzionano circa da cinque mesi, a Rimini da quasi un anno, a Modena lo stesso, a Imola ed ora sta diventando un progetto regionale. Il lavoro è all'inizio e ancora ci mancano dei mezzi e delle strutture che sono importanti, cioè giriamo con un furgone fatiscente e ancora non abbiamo una sede nostra che è importantissima. Comunque il lavoro sta già dando molti effetti. Il lavoro svolto ha dato e continua a dare ottimi risultati nell'obiettivo della riduzione del danno, nel ridare dignità e diritti a persone che ne sono prive. Questi progetti per funzionare meglio hanno bisogno di una rete di referenti che assistono, aiutano ed affiancano nel lavoro. La nostra richiesta al sindacato è di promuovere un dibattito nazionale affinché siano attivi sul territorio uffici o persone a cui potersi rivolgere. Mettere a disposizione appositi sportelli che si interessino di immigrazione, dello www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ sfruttamento e nello specifico dei problemi legati alla prostituzione. Abbiamo bisogno, affinché i progetti funzionino bene, oltre che di consultori e centri medici, case di accoglienza, di un aggancio, di un riferimento allo specifico del lavoro. La CGIL in questo dovrebbe e potrebbe prendersi le sue responsabilità attuando al più presto i servizi necessari. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Pia Covre Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute Innanzitutto voglio ringraziare la CGIL per averci dato questa opportunità e per aver tentato almeno di coinvolgere il Paese su questo problema, su questa tematica. Mi sono preparata un intervento che forse è un po' inconsueto ma ci siamo, con il MIT, Movimento Italiano Transessuali, suddivisi i compiti e quindi, oltre tutte le rivendicazioni che facciamo, ho tentato di riflettere in questi giorni insieme al nostro direttivo, devo dire la verità leggerò quindi questo intervento perché non è tutto frutto di una mia riflessione ma di una riflessione comune, perché tenteremo, se vogliamo definire un titolo, di andare oltre il diritto, cioè noi vorremmo fare ancora un passo più avanti, non ci accontentiamo mai di dove stiamo per cui lo leggerò con una certa attenzione anche e spero che questo intervento produrrà qualcosa di più e di nuovo, non oggi sicuramente ma nel futuro e nel tempo. Quindi, per comodità di espressione e per chiarire alcuni passaggi teorici, dividerei il mio intervento in due parti. Nella prima parte mi soffermerò brevemente sul tema del diritto, se istituzionalizzare la prostituzione riconducendola come fenomeno in realtà alla forza e alla violenza della norma giuridica. Nella seconda parte, tenterò una riflessione su questo stesso fenomeno e realtà utilizzando alcune categorie tratte dalla biopolitica di Benjamin, Focault e Agamben. La seconda parte costituirà il nostro tentativo di dislocare il problema della prostituzione, oltre una politica di pura rivendicazione. Sappiamo che i settori determinati della cosiddetta opinione pubblica premono da tempo per una regolamentazione della prostituzione. E questo perché sedicenti comitati di quartiere, opinionisti vari, taluni partiti, professionisti della morale sono riusciti a imporre questa ennesima emergenza combinata con il fenomeno dell'immigrazione, della tratta, del narcotraffico e AIDS. Noi ignoriamo, per esperienza, che il potere non ha oggi altra forma di legittimazione che l'emergenza e per questo motivo che si richiama costantemente ad essa. Alle nostre antiche ragioni di rifiuto di ogni forma di istituzionalizzazione della prostituzione (voi sapete abbiamo sempre parlato di depenalizzazione), l'ha ricordato anche Porpora, aggiungiamo oggi questi altri motivi. Il peso della contrattazione individuale è cresciuto ed è segno di potere sul cliente e di potenza emancipatrice delle donne che si prostituiscono. Questa è ovviamente la situazione delle donne che hanno un'alta professionalità, una elevata capacità professionale, riguarda molto meno i nuovi soggetti deboli ma non ne sono completamente esenti, le immigrate, le clandestine e le tossicodipendenti. Una legalizzazione del fenomeno riporterebbe in vita forme contrattuali ormai desuete, senza che queste siano in grado di alleviare le condizioni dei soggetti. Ci sembra quindi fondamentale cogliere il senso della trasformazione in atto: se il passaggio è oggi dal fordismo al postfordismo, dalla società del lavoro a quella del non lavoro, con il conseguente esaurimento, tra le tantissime altre cose, di un determinato modello di contrattazione, beh, la prostituzione ha anticipato la tendenza in atto. Lavoratrici in proprio in una realtà postfordista e postlavorista, dunque. Ma ciò mette in discussione lo spazio normato del diritto e della cittadinanza, o meglio di un certo diritto e di una certa cittadinanza. Nell'ultima conferenza sulla prostituzione che si è tenuta a Los Angeles a cui il comitato e il movimento dei transessuali hanno partecipato, un ricercatore spagnolo, Ignazi Ponse, ha avanzato una tesi inquietante: che, a proposito della prostituzione femminile, non si può parlare di criminali e di vittime. Secondo lo studioso spagnolo, queste categorie sono l'invenzione del sociologo e del giureconsulto, alleati www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ nella costruzione di uno spazio di devianza e di marginalizzazione entro cui chiudere le prostitute. Alla vittimizzazione della prostituta seguono di necessità la sua condanna morale, il bisogno di ordine e l'imperativo a rimuovere il fenomeno. Questo compito è assolto dal sociologo della devianza e della marginalizzazione. Poi, a chiudere il cerchio, interviene il giureconsulto con la legislazione punitiva. Si inventa il reato di prostituzione o si legalizza la prostituzione in quanto è la legge, in questo come in mille altri casi, a creare il delitto assieme al criminale. Depenalizzare e decriminalizzare la prostituzione non significa non soltanto riconoscere la libertà di usare il proprio corpo e il diritto di autodeterminazione sessuale, ma significano più concretamente impostare diversamente i termini della questione, concentrando l'attenzione sul cliente in termini di economia politica sulla domanda. Il problema è di differenza. Da una parte le donne con il loro percorso di lotte e di determinazione di sé, fino al sedimentare un sapere del corpo; dall'altra parte l'uomo al quale manca questo viatico di conoscenza. È su questa differenza che si impone il contratto volontario tra persone libere e adulte, tra la puttana e il suo cliente. Per dirla con la Presidente della nostra associazione, la compagna Carla Corso, l'oltraggio perpetrato ai danni delle prostitute, oltraggio questo sì immedicabile, non sono tanto gli effetti di esclusione, ma il fatto che, al pari di ogni escluso, anche la prostituta entra in primo piano nella struttura dello Stato e diventa anzi il fondamento terreno della sua sovranità. Cercherò di pensare a questo paradosso perché paradossale è la condizione della prostituta: inclusa perché esclusa, fagocitata perché messa al bando. Lo ripetiamo per l'ennesima volta: legalizzarla in un qualche modo, assegnandole un qualche diritto di cittadinanza non significa liberarla, significa semmai tradire l'intima complicità che la lega al potere sovrano. Ed è per questo motivo che il potere sovrano esita a riconoscerle i diritti, il che non può essere un buon motivo per noi esigerne di nuovi. Permettetemi allora di chiamare con un altro nome la prostituta, alias puttana, alias lavoratrice sessuale, il nome a cui penso è quello di nuda vita che in verità è più di un nome, alludendo a una realtà complessa, ad una categoria filosofico-politica con valore addirittura universale. Nuda vita (Agamben riprende l'espressione da Benjamin) traduce bene "l'uomo senz'altro nome" di Marx. Rispetto al tempo di Marx, oggi la situazione è cambiata. Allora, agli albori del capitalismo, l'uomo senz'altro nome o nuda vita, rappresentavano una parte residuale a fronte delle "molteplici forme di vita astrattamente decodificate in identità giuridico-sociale", sono parole di Agamben. Essere moglie e madre, ballerina o prostituta, in pratica, significava vivere determinazioni esistenziali ineludibili, ferree identità difficilmente aggirabili. Oggi è la nuda vita a prevalere su identità divenute evanescenti, troppo fragili per raccogliersi in solide forme di vita. Per questo l'uomo senz'altro nome è la realtà che merita di essere pensata. Non più residuale, si identifica con la donna e l'uomo che noi siamo, né più né meno. Il che significa, sul lato della potenzialità, molto, ma su quello dei modi effettivi di esistenza significa deiazione ed abbandono. Lo abbiamo ricordato prima: potere e potenza sul lato delle prostitute con elevata capacità professionale; sfruttamento o servitù sul lato dei nuovi soggetti deboli. La scelta del nome non è casuale né arbitraria, mi riferisco a nuda vita. La condizione di nuda vita è nell'etimologia della parola "prostituta" che prima di significare la vendita del proprio corpo, dice l'atto di esporre il corpo che noi siamo. Il pensiero comune coglie l'atto plebeo mercantile di una siffatta esposizione fino ad intravedere nel corpo quella particolare merce disponibile ad ogni offerta. Invece in latino "pro-statuere", il porre davanti è più simile alla condizione, (lo "status") di chi è abbandonato, rimesso a se stesso. L'origine di questo abbandono è nella messa da parte o in disparte, più esattamente nella messa al bando che è a appannaggio esclusivo della legge. Una prima relazione, perciò, si intravede tra la prostituta, l'abbandonata, l'esposta nel suo abbandono e il potere sovrano. Da qui discende una doppia www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ disponibilità. Innanzitutto la cura dello Stato, la sua premura: Ciò di cui esso si occupa e si preoccupa è questa nuda vita. Come aveva ben indicato Focault, la sua politica è bio-politica In secondo luogo c'è la disponibilità di chi vive la condizione dell'abbandono. Come ha svelato il filosofo francese Jean Luc Nancy, questa disponibilità da parte dell'abbandonato significa rimettersi, consegnarsi al potere sovrano, alla sua convocazione e alla sua sentenza, più precisamente significa l'obbligo di comparire davanti ala legge come tale, spoglio di ogni diritto. La relazione diventa vincolo, rapporto di forza, complicità. Questo e non altro è la condizione della prostituta, concederle un qualche riconoscimento giuridico significa "ripetere la struttura ontologica della sovranità" come dice Agamben, pensare all'interno della forza della legge, del suo paradigma. Che fare allora? Come sciogliere questo nodo gordiano di nuda vita e sovranità? Come liberare la prostituta o almeno aprirle una qualche via al suo abbandono alla legge? A quale pensiero politico possiamo fare appello per cercare ed eventualmente trovare una risposta che sia all'altezza della situazione nella quale noi prostitute, noi nuda vita siamo immerse? La grande costellazione concettuale che da Aristotele arriva fino a Marx non è granché utile al nostro scopo perché è da sempre finalizzata a teorizzare un potere sovrano che decide del bando. Per questo motivo le teorie politiche classiche sono teorie della relazione, quindi suddito e Stato, società civile e Stato, classe e Stato e la pratica politica è la sua verifica. Noi abbiamo bisogno invece di un pensiero impolitico, non politico quindi che pensi una politica, sciolta direbbe Agamben, da ogni bando e di una pratica politica di rottura della relazione di fine del rapporto. All'abbandono alla legge che, come chiarisce il racconto di Kafka, è sempre un esporsi davanti alla legge, dovremo opporre un diverso e un più salutare contegno: il suo abbandono. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Stefano Oriano Ufficio Giuridico CGIL Nazionale Io cercherò di dare un po' una idea di quello che è il quadro legislativo della regolamentazione della prostituzione in Italia, tenendo conto che dovrò procedere per sommi capi, soprattutto sui progetti di riforma. Ho diviso questa relazione in tre parti: una molto breve che riguarda la regolamentazione della prostituzione prima della legge Merlin; una seconda che illustra brevemente la legge Merlin; una terza che illustra le proposte di modifica dell'attuale legislatura. La regolamentazione antecedente alla legge Merlin, il periodo immediatamente successivo alla unità d'Italia e fino al ventennio fascista e durante il ventennio fascista, è stata sostanzialmente improntata ai medesimi criteri. Confermando la impostazione presa dal codice napoleonico e introdotta in Italia da Cavour, la prima grossa legge di regolamentazione fu il testo unico sulle leggi sanitarie del 1907, intitolato: "Disposizioni per la profilassi delle malattie celtiche", le malattie celtiche sono quelle di origine venerea, variamente chiamate mal napoletano, ma francese o mal celtico, a seconda dei punti di partenza. Non è un caso che questo tipo di regolamentazione nasca proprio da una regolamentazione di natura sanitaria ed è quello che ha un po' improntato tutta la regolamentazione successiva. Anche allora la prostituzione non era considerata reato, mentre erano considerati reati e puniti alcuni comportamenti a latere: il favoreggiamento, l'induzione, lo sfruttamento dei minori eccetera. Il testo unico del 1926 ribadisce le medesime disposizioni, però regolamenta in modo più dettagliato quelle che poi sono state chiamate le case chiuse e introduce il concetto vero e proprio di casa chiusa stabilendo che sono quelle aree ove si esercita il meretricio subordinato alla autorizzazione della autorità di Pubblica Sicurezza. Questo è un elemento molto importante: l'autorizzazione di una autorità a esercitare la prostituzione in luoghi ad essa deputati. Questo è quello che caratterizza un po' il concetto di casa chiusa che bisogna capire per comprendere tutta l'evoluzione successiva. La medesima disciplina viene ribadita nei vari provvedimenti legislativi successivi, dal codice penale del '30 ai testi unici del '31 e del '44. In definitiva, in tutte queste disposizioni, la prostituzione era considerata sotto il profilo sanitario: si trattava di un intervento dello Stato nella sfera privata per eccellenza, quella sessuale, ed era un intervento dovuto sia ad una obiettiva ed oggettiva scarsissima educazione igienica e sessuale della gente, sia alla totale assenza di una cultura preventiva del contagio, sia alla scarsissima quasi inesistente diffusione di elementi preventivi come il preservativo, che erano un fatto completamente isolato e marginale. Era anche, questo intervento dello Stato - e questo bisogna dirlo per prendere la situazione - dovuto al fatto che lo Stato in seguito alla diffusione delle malattie veneree, ne ha un danno, lo Stato inteso come collettività e quindi diventa, e questa è la motivazione anche più forte di coloro che invocano vari interventi obbligatori di sanità, e questo danno lo Stato deve combatterlo perché è un danno alla collettività. Quindi la prostituzione non era illegale, il suo esercizio era tollerato se subordinato al rispetto di certe regole. Le regole erano quelle di operare nell'ambito di questi locali, le case chiuse, che i suddetti locali gestiti da privati e non dal pubblico, come qualcuno erroneamente ogni tanto sembra paventare, ma che i soggetti legali fossero registrati, quindi sottoposti al vaglio, all'autorizzazione pubblica e soprattutto che lo stato dei locali ,ma più che lo stato dei locali le condizioni fisiche delle prostitute, fossero sottoposte a una penetrante vigilanza da parte dell'autorità sanitaria. Era un sistema di coercizione www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ e di reclusione, reclusione nell'ambito di questi locali, che ledeva gravemente la dignità dei soggetti sottoposti. Quello che ripugnava alle coscienze laiche e progressiste e al movimento emancipatorio della donna all'epoca, e che dovrebbe ripugnare ancora adesso, era l'organizzazione in luoghi deputati allo sfruttamento della prostituzione su licenza dell'autorità pubblica e anche le condizioni miserabili in cui dovevano operare le prostitute che, molto più raramente di oggi, compivano questa scelta volontariamente. Questo intendeva abolire, a questo intendeva porre rimedio la coraggiosa senatrice socialista Merlin, dovendo però, in questo suo tentativo, fare i conti con una realtà culturale, morale, sociale e politica del Paese ci auguriamo assai più arretrata di adesso, infatti si parlava del '48. I tentativi di abolire questa regolamentazione coattiva, la senatrice Merlin li intraprese nel 1948 e durarono dieci anni. Solo dopo dieci anni la legge fu approvata, nel '58. Il risultato però fu un compromesso tra un indirizzo sostanzialmente abolizionista, non della prostituzione ma abolizionista delle regole di regolamentazione della prostituzione, e un indirizzo proibizionista. Questo compromesso fu una terza via, una via di regolamentazione, non regolamentazione come la precedente; regolamentazione molto diversa, molto più permissiva ma sempre regolamentazione. Passo in rassegna molto sinteticamente alcuni punti fondamentali della legge. Il capo primo prevedeva la chiusura di quelle case registrate; venivano sanzionate con sei anni di carcere e pene peculiari e tutta una serie di reati connessi alla prostituzione compreso la locazione dei locali, l'utilizzo di camere di albergo, per le quali viene prevista anche come misura accessoria la revoca della licenza. Venivano stabilite aggravanti presenti, peraltro, in precedenza come l'induzione di minori alla prostituzione, l'induzione con violenza, minacce eccetera; viene, perché questa legge è ancora in vigore, punito in modo piuttosto soft ma comunque punito l'adescamento e, soprattutto, si prevedono, per chi esercita la prostituzione al di fuori di queste case registrate, il divieto di registrazione e di altre forme discriminatorie. Tutto il capo secondo si occupa della cosiddetta educazione o rieducazione di tutte coloro che avevano fino ad allora esercitato l'attività nelle case chiuse e il senso di questa normativa... tra l'altro questa normativa è stata poi peggiorata, cioè i reati sono stati aggravati sia con la legge 689 del '91, sia con la legge per la tutela dell'handicap che inasprisce le pene per chi induca a prostituirsi soggetti portatori di handicap, sia per quanto riguarda i tossicodipendenti con la legge del 1990, la 162. In definitiva, la legge non considera illegale l'esercizio della prostituzione e non lo sottopone nemmeno ai controlli e ai limiti precedentemente previsti. Tuttavia, e questo è il compromesso raggiunto, l'attività è circondata da una fitta rete di proibizioni, sanzionate penalmente. La tendenza è quella di creare un cordone di sanità intorno all'attività ai fini di inibirla. Illegale lo sfruttamento ma anche l'agevolazione, l'adescamento e in definitiva quasi tutti i rapporti sociali con le prostitute, affittuari, accompagnatori, conviventi, perfino personale di pulizia, come sappiamo albergatori, gestori di servizi pubblici che anche il gestore che tollera la presenza di persone che si prostituiscono nel proprio locale è soggetto a sanzioni. Una simile impostazione che, va ribadito, era un compromesso tra gli intendimenti di riscatto dei fautori della legge e le forze cattoliche e conservatrici, portava necessariamente in sé alcune condizioni negative che non erano volute. La prima tra tutte era il costringere la prostituzione all'aperto, non era un intendimento costringere la prostituzione all'aperto: intendimento era impedire la regolamentazione e la autorizzazione in queste modalità. Un altro aspetto negativo è quello di lasciare uno spazio sicuramente eccessivo alla discrezionalità delle autorità di pubblica sicurezza giudiziarie che purtroppo consente la violazione del principio fondamentale di uguaglianza del cittadino di fronte alla legge. Reati come quelli di atti osceni in luogo pubblico, generalmente impuniti, diventano oggetto di particolare severità repressive se compiuti in relazione alla prostituzione. Si pensi agli www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ escamotage da parte della polizia per colpire la prostituzione confiscando l'automobile del cliente intesa come corpo del reato. In questo solco ci sono stati anche altri provvedimenti, qualcuno potrebbe definire folkloristici ma non lo sono stati, come quella delibera del Consiglio Comunale di Milano che prevedeva di colpire i clienti di prostitute e viados con una applicazione elastica del codice della strada, mediante fotografie da spedire a casa allegate alla contravvenzione, nella speranza che fosse intercettata dalla moglie del cliente. Al di là dei risvolti di ordine morale della vicenda, una simile proposta e una simile tendenza crea apprensioni sia perché è sintomatica e indicativa di un modo di operare delle autorità che, tra l'altro, viola la privacy e altre norme di legge che è deprecabile, sia perché sembra appunto essere tendenza in sviluppo, tendenza che. se prende piede, rischia di fare danni assai più gravi che i pochi vantaggi che possono portare e che consistono nell'impedire i fenomeni più gravi di disordine, di confusione o di reati che vengono praticati a latere, attorno all'esercizio della prostituzione. Veniamo alle proposte di modifica. Le proposte di modifica nascono, purtroppo, sotto cattivi auspici, cioè nascono sotto la pressione di una opinione pubblica disturbata dai disordini, disturbata dalla presenza in molti quartieri di grande numero di prostitute o di transessuali; nasce sotto la presenza di una opinione pubblica eccitata dalla presenza sempre più massiccia di prostitute immigrate; nasce anche certamente dagli aspetti assai negativi che sono stati ricordati della tratta delle donne e altri fenomeni, però l'auspicio è negativo: infatti i primi che hanno incominciato a maturare proposte sono stati coloro che hanno sempre rimpianto il momento e la condizione in cui la prostituzione era regolata dalle norme fasciste e dalle norme precedenti. Per fortuna, malgrado questo cattivo auspicio, sono state presentate anche proposte di segno diverso che tendano ad abolire le norme di regolamentazione o a alleggerire certe norme di regolamentazione. Però è importante ricordare che tutte queste proposte nascono sotto un auspicio che non è certamente libertario o non è certamente progressista perché questo ne ha un po' condizionato anche lo sviluppo e la presentazione. C'erano già nella precedente legislatura alcune proposte sulle quali sorvolo, alcune di queste sono state riproposte in questa attuale, la XII legislatura. A noi ne risultano cinque, quattro alla Camera e una al Senato; quella alla Camera sono del deputato Scalia del gruppo misto, del deputato Buontempo di Alleanza Nazionale, dei deputati Soda e Melandri dell'Ulivo e dei deputati Bosco e Fontanini della Lega; quella al Senato di Siquilini, Viasco eccetera del CCD. Anche in questo caso, analogamente a quanto abbiamo convenuto nel precedente incontro in cui si sono esaminate le vecchie proposte, quelle della XI legislatura, non risulta opportuno o fattibile un esame comparato dei progetti a causa della sostanziale disomogeneità della loro impostazione e della tecnica legislativa usata. Non è neppure utile una rappresentazione in riferimento al rapporto tra i progetti e la legge Merlin. Abrogano la legge del '58 e la sostituiscono completamente con una nuova regolamentazione i progetti di AN, CCD, Scalia, completamente differenti tra di loro; si limitano a modifiche, seppur sostanziali, i progetti di Lega ed Ulivo, anch'essi totalmente diversi. È quindi opportuna una descrizione sintetica, cercando di avere in mente, di avere sotto l'occhio alcuni punti fondamentali che sono: la definizione della prostituzione, il suo rapporto con le norme penali e civili, la sua regolamentazione più o meno soft (controlli sanitari, registrazione eccetera), l'inquadramento e la definizione giuridica delle attività connesse. Passiamo allora all'esame di questi progetti. Di sostanziale deregolamentazione e depenalizzazione definirei il progetto Scalia che prevede la non perseguibilità della prostituzione. Questo fatto è un atto importante non di per sé ma quanto perché, affermando un principio, libera anche tutta una serie di comportamenti connessi che sono l'adescamento, che sono il reciproco favoreggiamento, che sono adesso sanzionabili e colpiti. Viene sancito il divieto di discriminazione nei confronti di chi esercita la www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ prostituzione; viene sancito l'obbligo di maggiore età per chi esercita la prostituzione; viene prevista, è una possibilità e non un obbligo, la possibilità di esercitare la prostituzione presso la propria abitazione. È importante dire che non è un obbligo, cioè non c'è un tentativo di rinchiudere è una facoltà, qualora questa attività venga svolta in forma cooperativa anche per gli stranieri anche se non residenti, purché abbiano un regolare permesso di soggiorno. Viene sancita la possibilità di pubblicità, viene prevista la sottoposizione agli obblighi di imposta per i ricavati dell'attività. Forti inasprimenti alle sanzioni per sfruttamento vengono previsti e vengono aggravati ulteriormente in tutte quelle condizioni che abbiamo visto in precedenza: quando si tratta di minori, soggetti portatori di handicap eccetera, viene prevista l'esplicita abrogazione della legge Merlin. Di ritorno alla situazione invece ante legge Merlin, quindi di ritorno tout court alla regolamentazione prevista nel ventennio fascista, la proposta Buontempo che prevede il divieto di esercizio della prostituzione in luogo aperto e aperto al pubblico, che prevede reati per coloro che sfruttano la prostituzione al di fuori delle ipotesi previste, quindi la prostituzione può essere sfruttata se fatta in luoghi registrati eccetera, anche se vedremo c'è un tetto di percentuale di sfruttamento sul quale lo sfruttatore non può andare oltre, è un tetto del 10% però vorrei capire come viene sanzionato chi supera il tetto, se per evasione fiscale oppure per sfruttamento, questo non è chiaro. Quindi la prostituzione è consentita il luoghi privati non aperti al pubblico, senza pubblicità e questi luoghi sono i famosi luoghi registrati di una volta, cioè le famose case chiuse. Sono previste norme per favorire il reinserimento di chi abbandona l'attività, è prevista la tassazione solo per i gestori; la legge Merlin è espressamente abrogata. Veniamo al progetto Soda e Melandri, che è un progetto di regolamentazione; una regolamentazione soft ma è una regolamentazione, e oltre che sulla prostituzione interviene anche su tratta sfruttamento e dissociazione. Ora, per fare una breve parentesi, io sono molto convinto di quanto diceva la Tola all'inizio, cioè occorrerebbe fare una profonda divisione anche nelle tecniche legislative, negli interventi, in tutto, tra il fenomeno della prostituzione, chiamiamolo fenomeno, esercitato senza coercizione tra adulti consenzienti e altre cose che hanno come minimo comune denominatore con la prostituzione il fatto di attenere alla sfera sessuale, ma allora anche il matrimonio attiene alla sfera sessuale ma nessuno si sogna di inserirlo in certe cose... ... ...Si, ma non nella legge sulla prostituzione. Io non discuto sulla necessità di regolamentare qualsiasi aspetto che ha attinenza con aspetti economici, con altre cose ma il fatto che venga regolamentato nella prostituzione. Quindi, una tecnica legislativa, secondo me è opportuna è quella di trattare differentemente in altri progetti, in altri atti legislativi la prostituzione tra adulti consenzienti e forme di sfruttamento dei minori, di turismo sessuale, di tratta delle bianche, delle nere eccetera che possono sbucare, possono avere una uscita nella prostituzione ma che non sono fenomeni necessariamente legati alla prostituzione. Tutto il capo primo del progetto Soda e Melandri si propone di rimuovere le cause. È piuttosto una premessa di valore; una premessa di valore che parte da un presupposto piuttosto retrò, forse, come concetto mentale, cioè che la prostituzione è sempre e comunque una scelta non volontaria. Questa è una valutazione, legittima, ma è una valutazione che prescinde da alcuni elaborazioni più recenti che sostengono che la www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ prostituzione può essere anche una scelta volontaria. Quindi vengono previste tutta una serie di iniziative atte a rimuovere le cause; vengono previste iniziative per la riqualificazione professionale, l'avviamento al lavoro per chi ha deciso di abbandonare la prostituzione e viene affidata a una legge regionale ,in questo ambito all'Unità Sanitaria Locale, il controllo sanitario, l'assistenza sanitaria con garanzia di anonimato. Sono previsti anche trattamenti sanitari obbligatori dei quali, tuttavia, non sono chiaramente specificate le modalità. Questi ultimi sono infatti indicati in riferimento alla legge 833 del '78, però è un riferimento relativo alla previsione di una garanzia giurisdizionale per chi si vuole opporre ai trattamenti obbligatori. Quindi non è una regolamentazione che a una lettura, anche approfondita, può uscire ben definita e può uscire chiara. Il capo secondo del progetto è quello di cui si è parlato, dedicato alle misure di contrasto alla criminalità organizzata; col capo terzo si interviene molto opportunamente sulla legge Merlin, riducendo quei limiti esterni all'attività imposta rendendo quindi depenalizzati comportamenti come il favoreggiamento reciproco o la tolleranza abituale. Nulla si dice espressamente in materia di imposizione fiscale e quindi bisogna dedurre, ma si deduce molto facilmente anche perché è spiegato nella presentazione della legge, che i proventi dell'attività vengano comunque assoggettati al tributo, ma si tratta di un tributo generico previsto per tutti i fatti illeciti da una legge finanziaria, mi pare di un paio di anni fa. La proposta della Lega è di modificazione e non di sostituzione della legge Merlin; afferma il principio che la prostituzione vada intesa come un'attività di esplicazione delle proprie capacità fisiche, intellettuali e pratiche; infatti si fa un esplicito riferimento alle norme in materia di piccole imprese, artigianato eccetera ed è un'affermazione di principio che richiederebbe grandi approfondimenti, è importante ma è discutibile. Cioè, il fatto che un'attività che coinvolga così intimamente la persona sia considerata attività di lavoro artigianale, potrebbe essere una novità ma può essere anche considerata un po' una forzatura. Diviene una forzatura se si vede il resto della legge perché si capisce che questa configurazione giuridica è fatta per consentire controlli sanitari, controlli fiscali, controlli sull'attività molto penetranti, perché se una ha un'attività di lavoro è sottoposta a tutta una serie di normative che sono assai più incisive. Le modifiche alla legge Merlin riguardano il divieto di esercizio all'aperto che è sanzionato pesantemente, in questo caso la Lega tenta di rispondere a quella opinione pubblica disturbata dalla presenza dell'attività di prostituzione per strada e negli esercizi pubblici. Per contro, è prevista la possibilità di esercitare in dimore private ma senza la registrazione, cioè non è un ripristino della normativa stile Buontempo ma è un chiudere in casa l'attività ma senza tutta una serie di misure particolarmente odiose. Vengono anche qui aggravate le sanzioni contro lo sfruttamento ed è espressamente previsto il pagamento delle imposte sul reddito. Ultima proposta è quella del Senato, dei CCD, che prevede il divieto della prostituzione in luogo pubblico, anche qui per i motivi che abbiamo detto prima, sanzionato con ammenda mentre è permesso il luogo privato e in forma autogestita, anche qui senza le registrazioni dell'autorità. Sono previste sanzioni per l'attività di reclutamento, induzione e sfruttamento e non per agevolazione, quindi sono un po' alleggerite quelle misure che tendono a fare terra bruciata intorno all'attività di prostituzione. Vengono altresì previste rigide misure di controllo del territorio e una regolamentazione dell'attività nel territorio, non dell'attività nelle case da parte delle autorità di P.S. . Vengono previste iniziative di recupero, si sancisce il prelievo fiscale, si abroga espressamente la legge Merlin. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Ersilia Salvato Vice presidente del Senato Io parto dalla suggestione del ragionamento di Pia perché mi sembra che, anche per poter delineare un percorso legislativo quale quello che toccherebbe a me, abbiamo la necessità, io almeno avverto fortemente la necessità, di una riflessione a tutto campo, che da troppo tempo manca, tra una esplosione inedita di ricerca di autonomia da parte dei soggetti e il rapporto che c'è tra questa coscienza di sé, tra questo bisogno di autonomia e la costruzione sociale, da una parte, ma soprattutto la costruzione giuridica. Ho trovato suggestive le parole di Pia anche perché mentre lei le pronunciava, immediatamente con la mente sono andata ad altri luoghi nei quali sento la mancanza di una riflessione che abbia questo spessore, non sembri un paragone indebito ma anche ad esempio in uno dei luoghi nei quali più sto lavorando, la commissione Bicamerale, questo rapporto così forte che oggi c'è e che è poi al centro della crisi di sovranità, l'autonomia del singolo e della singola, la costrizione sociale, il potere dal basso e quindi realmente una ridefinizione anche del modo stesso di stare assieme, o manca del tutto, o in parte sicuramente è inadeguata, tant'è che risposte non riescono mai ad essere forti su questo terreno, tali da cogliere assieme non il bisogno ma il diritto all'autonomia e la costruzione delle relazioni tra persone, individui, società e Stato in un modo completamente diverso da quello che finora abbiamo registrato. Ho colto la suggestione anche perché da troppo tempo sento, anche su altri terreni, che non solo non c'è questa riflessione e si stenta a mettere in campo questo rapporto ma, anzi, la tendenza va in tutt'altra direzione, è antitetica rispetto non solo alla riflessione ma soprattutto a una domanda di cambiamento che io avverto molto forte e molto preponderante. Ho detto qualche altra volta e mi scuso se lo ripeto qui, soprattutto per chi ha già ascoltato questa mia inquietudine, che veramente c'è questo *** paradosso: da una parte un liberismo ultra accentuato sul terreno dell'economia, per cui veramente tutto viene demandato non ad una libertà, ma a una assenza di regole e di leggi; un liberalismo che qualcuno adesso vorrebbe anche porre anche sul terreno del federalismo che viene tradotto in questo modo: ognuno in casa propria è libero di fare quello che vuole e poi invece sul terreno dell'affermazione dei diritti delle persone una pubblicazione estrema della persona stessa, tant'è che viene negato proprio dall'origine quello che invece dovrebbe essere, a mio avviso, il terreno dal quale partire su cui costruire anche le relazioni. In qualche altro paese di democrazia occidentale si chiama abeas corpus, io credo che forse su questo dovremmo riflettere anche qui nel nostro Paese, cioè da un abeas corpus tale per cui non solo ci si sottrae ad una logica di pubblicizzazione spinta, per cui tutto viene demandato a una norma, a una legge, ad uno Stato che diventa addirittura invasivo dei rapporti e delle relazioni tra persone, ma viene cancellata proprio la possibilità di autodeterminarsi e come donne questo lo stiamo vedendo su altri terreni. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Ne parlavamo l'altro giorno rispetto ad un dibattito sulla bioetica, lo vediamo rispetto all'invasività dello statuto sugli embrioni ma potrei continuare nell'elenco che purtroppo comincia a diventare lungo e soprattutto, a mio avviso, è inquietante perché sta diventando la misura con cui anche a sinistra si costruiscono risposte e normative ma soprattutto si delinea la cultura, le culture della sinistra. Perché ho fatto questa premessa? Per arrivare immediatamente a una conclusione che mi sforzerò poi di argomentare, seppur brevemente, e la conclusione mia su cui ormai ho maturato una convinzione lunga è che dovremmo tentare in tutti i modi di opporci a qualunque legge sulla prostituzione e dovremmo decidere in modo serio di non normare, perché lo scenario è questo ed è uno scenario inquietante. Ascoltavo adesso da ultimo la disamina delle proposte che sono state presentate, quelle che abbiamo anche guardato insieme con Stefano Anastasia, ed è una disamina, appunto, che crea allarmi perché non ci sono soltanto le proposte che una volta, con termini antichi, avremmo chiamato reazionarie, di quelle che rispondono a una domanda di sicurezza sociale con una scelta molto forte che, da una parte, diventa repressione e dall'altra, nei fatti, costruisce l'impossibilità di questi soggetti di costruire le condizioni della loro cittadinanza, progetti che sono quelli del Polo, in parte anche quelli della Lega di cui adesso ho ascoltato anche le norme fondamentali. Insomma, i progetti della destra, chiamiamoli così, in realtà vanno a negare alcuni diritti fondamentali. Ad esempio l'obbligo della visita sanitaria, il fatto di esser portati in questura immediatamente, lì visitati eccetera, vanno in una direzione che è molto determinata: da una parte una sorta di risposta falsamente rassicurante rispetto a una opinione pubblica che vive disagi dei quali pure dobbiamo farci carico, su cui pure dobbiamo ragionare e, dall'altra, appunto ingabbiare, perché di questo si tratta, le gabbie che ormai tentano di costruire su tutto e dappertutto. Io però resto allarmata quando lo stesso tipo di sostrato culturale trovo anche in altre proposte perché, al di là della proposta Scalia che sul terreno dei diritti della libertà sembra quella chiaramente più vicina anche a una nostra sensibilità ma che, a mio avviso, è innocua perché priva di efficacia, così come è scritta, quindi leggi innocue lasciano il tempo che trovano e poi non ha nessuna possibilità di passare una legge siffatta, ma la stessa proposta di legge Soda-Melandri, certo, c'è una parte che è interessante (il capo terzo eccetera) ma le altre parti di quella proposta vanno esattamente nella stessa direzione, innanzitutto culturale delle proposte presentate dalla destra, esattamente la stessa direzione. Allora io resto veramente molto inquieta poiché mi trovo di fronte ad una idea dalla quale si prende le mosse, che è la regolamentazione, e mi trovo di fronte anche poi a delle indicazioni molto concrete che vanno nella direzione di un pronunciamento di disvalore. Certo, non si dice reato ma c'è un pronunciamento di disvalore e c'è poi una serie di obblighi ai quali si cerca concretamente di dar luogo che trovo lesivi della dignità e di una libertà che invece deve essere, o dovrebbe essere, garantita. Allora, di fronte a questo scenario mi viene da dire, con grande convinzione, che è meglio non normare. L'unica norma alla quale noi potremmo pensare, alla quale avevamo anche pensato in altri momenti in cui sembrava più facile anche costruire delle norme non in difensiva erano da una parte quelle che restituivano diritti di cittadinanza, che l'ambiguità della proposta delle legge Merlin, nel dir questo sono d'accordo con chi mi ha preceduto, segnava un compromesso tra abolizionisti e antiabolizionisti, l'ambiguità sull'adescamento ha consentito e consente ancora una diminuzione dei diritti di cittadinanza e quindi si poteva o si dovrebbe intervenire su questo proprio perché nel nostro Paese non possono esserci cittadini o cittadine di serie A o di serie B rispetto a scelte di vita che fanno. L'altra cosa forse era quella di pene più severe, soprattutto rispetto alla prostituzione minorile, anche se questo è un capitolo a parte, che dovrebbe essere trattato a parte, non ho ascoltato Vittoria Tola dall'inizio ma sono d'accordo con lei, dividiamo e separiamo le questioni. Però io sono convinta e resto www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ convinta che non ci sono proprio le condizioni politiche e culturali per affrontare la questione in questo modo, ma soprattutto sempre più mi vado convincendo della necessità di sottrarre al diritto e alla legge scelte che attengono a libertà fondamentali, a partire dal proprio comportamento, dal proprio sentire di sé. Lasciatemi anche qui fare una forzatura, e forse di forzatura si tratta, ma anche chi ragiona sulla prostituzione volendo assolutamente allontanare da sé l'idea che dalla cittadina che sceglie di prostituirsi questo può essere vissuto come un lavoro, anche questo mi sembra un arbitrario giudizio di disvalore e un arbitrario modello comportamentale che si vuole porre che mi trova assolutamente in disaccordo. Certo, poi ognuno di noi rispetto a se stesso, rispetto alla concezione del lavoro ha le proprie idee, la propria cultura ma non per questo può pensare di imporre agli altri e alle altre proprie idee e proprie culture. Invece io sento che prepotentemente avanza questa voglia di normare tutto e di imporre comportamenti attraverso la norma. Molti anni fa, io ebbi quello che allora fu considerato una sorta di coraggio temerario perché allora militavo in un partito che era il Partito Comunista che dentro aveva un po' di morale o di moralismo, di scrivere una relazione che accompagnava un disegno di legge nel quale ognuno è libero per se stesso di vivere la propria sessualità, ognuno è libero di poter, rispetto al proprio corpo, autodeterminarsi, anche in tema di prostituzione. Io sono perché questo oggi vada riaffermato, con grande forza, certamente non in una legge perché non ci sono le condizioni politiche e culturali per fare una legge, ma nei comportamenti che noi dobbiamo mettere in atto. E se si tratta di lavorare, un primo lavoro da fare è di impedire che vengano messi all'ordine del giorno questi disegni di legge, anche qui mi scuso con Vittoria se non ho ascoltato, questa idea della Ministra Finocchiaro di chiedere la convocazione delle due commissioni congiunte, Camera e Senato, Giustizia e Sanità per discutere il documento europeo è una richiesta che mi sembra giusta, molto suggestiva; dobbiamo tentare però di capire che rimanga questo e che non diventi quella la sede solenne perché questo rischio c'è e dobbiamo saperlo. Quindi dobbiamo tentare di capire bene che cosa facciamo e dove vogliamo andare a parare perché anche sulla procreazione, sull'inseminazione si era partiti in un modo e adesso c'è qualcuno che pensa già di andare a rileggersi la 194, quindi tentiamo di capire bene come ci muoviamo. Quindi, al di là della legge, io sono per accogliere molto positivamente le suggestioni che sono venute nell'intervento di Agnoletto e nelle altre cose che conosciamo che quella scelta molto concreta di stare insieme ai soggetti, di stare in percorsi di autodeterminazione e, soprattutto, rispetto a disagi che realmente sono in campo nelle città, nei luoghi del quotidiano, tentare quella composizione difficile che può e deve essere tentata nei luoghi del quotidiano. Ultimissima cosa che vorrei dire ma anche qui non so se si deve affrontare con leggi ma io rifuggirei da una legge, c'è l'altro problema che viene spesso avanti e su cui so che ci sono delle differenze, la costituzione di cooperative: sì, no, come, perché, il fatto che se si sta insieme due o tre in una casa, questo non può essere oggetto di repressione eccetera. Sulla scelta delle cooperative, io non ho idee certe, questo è un terreno rispetto al quale realmente c'è da ascoltare, da capire, da riflettere, e non ho un'idea già determinata. Dico soltanto, per il mio modo di guardare alle questioni, che non ho alcune remora rispetto a scelte che possono essere fatte liberamente da soggetti che decidono per sé di costituire anche queste forme di relazioni, se possono realmente nel quotidiano aiutare se stesse attraverso queste forme. Perché dobbiamo saperlo, lo dico a Pia che con onestà intellettuale ha fatto una distinzione che è vera, il peso della contrattazione individuale tra chi ha un'alta coscienza di sé, io parlerei di questo prima ancora che di professionalità e invece altri soggetti che, pur avendo nei fatti una possibilità anche di incidere, certamente hanno delle condizioni materiali complessivamente diverse che sono ad esempio le albanesi e tante altre, lo sappiamo bene. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Quindi forse tentare strade per unire insieme esperienze e scambiarsi, in questa pratica nostra molto femminile anche di donne, questa possibilità di crescita nella cultura di sé e quindi possibilità anche di autodeterminarsi anche sul terreno della contrattazione individuale anche attraverso forme che sono quelle della cooperativa, mi sembra una strada da sperimentare. Lo dico senza alcuna certezza ma con grande apertura. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Carlo Donadel Comune di Venezia Prima di esporre le scelte dell'Amministrazione Comunale rispetto al fenomeno sociale della prostituzione e, in particolar modo, della prostituzione di strada, volevo solamente dire una cosa riguardo alle sollecitazioni fatte rispetto agli interventi fatti soprattutto da Pia sul discorso di legiferare rispetto alla prostituzione. Io sono d'accordo che è meglio non legiferare per un semplice motivo anche dalla mia esperienza pratica. Cioè, noi ci troviamo di fronte ad un fenomeno che è in continua mutazione, in forte mutazione per cui una legislazione anche rigida che tenta di mettere delle regole, sarebbe praticamente scavalcata nel giro di pochissimo tempo per le fortissime mutazioni che questo fenomeno sociale comporta. Quindi, questo è un elemento da tenere presente per chi si vuole porre questo problema, per non cercare poi di essere sfasato proprio con quella che è la realtà concreta, con quello che sta veramente succedendo, non dico sotto gli occhi nostri ma voglio dire anche come conflittualità, come modificazione delle soggettività e via dicendo. Allora, tornando invece all'esperienza specifica del comune di Venezia, noi, lo ha già citato prima Pia, siamo all'interno di una collaborazione con il progetto Tampep e quindi all'interno di questa rete che si sta creando nella realtà italiana, anche se mi sembra che sia più concentrata al nord e al centro Italia e al sud resta abbastanza scoperta. Il progetto, in questo momento è diventato servizio, questo rappresenta una chiara volontà politica da parte dell'amministrazione, noi sappiamo che i progetti hanno un inizio e una fine; un servizio, in teoria, dovrebbe rappresentare e costituire maggiore stabilità per chi decide di lavorarci o tener presente che questa è una problematica sulla quale porre costantemente attenzione. Il progetto è nato nel 1995 sull'onda di una forte protesta da parte dei cittadini, quello che ormai succede episodicamente nelle varie parti d'Italia, nei confronti della prostituzione di strada e, da parte dell'amministrazione, rappresenta una assunzione di responsabilità verso il fenomeno sociale della prostituzione, quindi c'è un riconoscimento di un fenomeno sociale, non tanto prostituta, cliente ecc ma della complessità di un fenomeno sociale. Quindi, di fronte ai problemi sociali che nascono dalla contrapposizione tra l'esistenza della prostituzione di strada - perché questa è la realtà, perché esiste al di là di quello che soggetti sociali, politici, oppure di cittadini vorrebbero o non vorrebbero, cioè questa è la realtà - tra questa contrapposizione e la percezione sociale del disturbo perché c'è una realtà, non è che questo nasce da situazioni inventate, esiste, cioè c'è una parte di cittadinanza o la cittadinanza che, interagendo con la prostituzione di strada, è in conflitto con determinati interessi e bisogni che la prostituzione di strada presenta. Però di fronte a questo problema, c'è anche la percezione sociale del disturbo e soprattutto anche del possibile veicolamento di malattie che solitamente si assegna a una popolazione multietnica, questo é uno dei cavalli di battaglia, quando si affronta o, perlomeno, si vuole affrontare questa problematica, ovvero il discorso che le prostitute sono portatrici di malattie e via dicendo. Noi abbiamo sentito prima Agnoletto che ci diceva che invece è esattamente il contrario, io sono su questa posizione non mia ma voglio parlare dell'amministrazione comunale. Allora l'ente pubblico aveva due alternative: o scegliere la strada repressiva, cioè chiudere gli occhi, delegare la soluzione dei problemi alle Forze dell'Ordine, nel senso che l'amministrazione comunale risponde ai cittadini dicendo: "Questo è un problema di ordine pubblico, queste non sono competenze nostre, debbono essere risolte da parte delle forze www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ dell'ordine". E qui rientra anche il discorso che aveva accennato lo stesso Vittorio Agnoletto quando invece c'è l'esigenza che anche enti pubblici e amministrazioni si pongano il problema della sicurezza delle città che non sia solamente una questione da delegare alle forze dell'ordine ma anche una amministrazione comunale, attraverso i propri strumenti, può pensare e ragionare e porre in essere degli interventi sulla cosiddetta città sicura. La seconda strada possiamo chiamarla la strada sociale, cioè collocare i problemi all'interno di un fenomeno sociale, conoscerlo prima di tutto, perché una delle cose importanti è quello di conoscerlo, molto spesso si parla solo ed esclusivamente per stereotipi ma non si hanno degli elementi perché non ci sono né osservatori e non c'è contatto diretto per capire le modificazioni, quello che sta veramente succedendo e quindi tentare di riequilibrarlo, oppure limitarne gli eccessi rispetto alle sue problematiche. L'assunzione è questa: se il fenomeno della prostituzione di strada viene visto come un fenomeno sociale, all'interno di un sistema composto da più attori, quindi prostitute, clienti, cittadini, istituzioni eccetera, direttamente o indirettamente legati tra di loro da interessi comuni, perché questo esiste, e non viene visto invece come un cancro da sradicare perché molto spesso è questa l'accezione oppure da espellere da una società sana, allora inevitabilmente vuol dire che si cercano degli strumenti di normalizzazione e di integrazione adatti a capire e guidare il fenomeno. Questa è stata la strada percorsa dal comune di Venezia attraverso l'assessorato alle politiche sociali. Quindi, il servizio è una risposta ad un fenomeno sociale e non a chi ci vuole schierati da una parte o dall'altra, contro o a favore della prostituzione, diciamo che questo progetto, come la riduzione del danno, vuole uscire dalla contrapposizione ideologica del pro o contro qualcosa o qualcuno, sulla base della conoscenza concreta del fenomeno e non della sua percezione. Quindi possiamo dire che il servizio sviluppa i suoi interventi lungo tre direttrici: la prima direttrice è il lavoro sui diritti, la seconda è la mediazione dei conflitti, la terza riguarda le politiche di integrazione e di accoglienza; questo perché siamo, soprattutto se parliamo della prostituzione di strada, all'interno di un fenomeno sociale che è un fenomeno sociale all'interno di un fenomeno sociale che è ancora più complesso: quello dell'immigrazione. Partendo dalla nostra piccola realtà, cioè il territorio, perché questo è l'ambito di azione anche se non è ininfluente il fatto che alcuni comuni limitrofi, soprattutto del trevigiano che pur comunque a guida dell'Ulivo, che è abbastanza anomala per il territorio trevigiano che è quasi tutto guidato dalla Lega, comunque questi due comuni che sono interessati dal fenomeno della prostituzione di strada perché sono quelli che vanno da Venezia, da Mestre verso Treviso e i comuni di Mogliano Veneto e i comuni di Preganziol, hanno chiesto al comune di Venezia di estendere il nostro intervento anche nel loro territorio in quanto riconoscono la filosofia e la politica di intervento che in questo momento il comune di Venezia porta avanti. Questa è una cosa importante perché se noi pensiamo al fatto della mobilità, fortissima mobilità di queste ragazze, è difficile pensare a un intervento chiuso su un territorio ma per esempio bisognerebbe pensarlo a livello magari regionale, vedendo quali sono le direttrici nelle quali il fenomeno della prostituzione si muove per poter pensare proprio a degli interventi importanti. Nel nostro territorio, il monitoraggio che abbiamo fatto in questi due anni e mezzo di attività, praticamente ci dice questo: nel tessuto urbano si è sviluppato un mercato capace di far lavorare un centinaio di prostitute. È importante ragionare in questi termini perché con la mobilità, la flessibilità uno dei parametri di riferimento è quello che si costituisce attraverso l'offerta e la domanda che può restringersi o allargarsi, però diciamo in questi due anni e mezzo, noi abbiamo osservato questo tipo di... www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ *** ...che può contenere e dare "lavoro" o comunque riesce a creare una domanda e un'offerta per un centinaio di ragazze. Il secondo punto è che il 95% di esse sono straniere e nel nostro territorio sono, per la quasi totalità, provenienti da due paesi, l'Albania e la Nigeria e sono accomunate da alcune caratteristiche che possiamo definire percorsi: uno che è un percorso di clandestinità; queste ragazze hanno iniziato clandestinamente quasi tutte; poi sono caratterizzate dalla giovane età, dalla forte mobilità sul territorio e poi la maggior parte di loro sono assoggettate a sistemi di coercizione e di sfruttamento. Sono diverse non è che vengono portati avanti sistemi di sfruttamento uguali, cioè sono uguali sia per le nigeriane che per il target albanese, ma hanno delle caratteristiche, delle modalità diverse però comunque esiste questo elemento. Poi abbiamo la domanda, cioè i clienti, che - questo lo aveva già citato anche Agnoletto - quasi il 50% richiede prestazioni non protette e il quarto e non ultimo punto che è una cosa che dovrebbe far pensare, che tra il 15 e il 20% della popolazione delle prostitute può essere composto da minorenni. Diciamo così perché molto spesso sappiamo che, essendo clandestine, loro tendono a dichiarare un età non vera, ad alzare la loro età comunque una parte abbastanza consistente è rappresentata da ragazze minorenni. Questo è anche un indicatore di come sia strutturata e come è sempre in continua mutazione il fenomeno sociale perché questo potrebbe essere letto come il cosiddetto turismo sessuale alla rovescia: non occorre più per il cliente italiano andare a fare il giro della Tailandia o dei paesi dell'est ma può trovare la ragazza minorenne anche sotto casa con tutti gli stereotipi che ci sono perché una ragazza giovane si pensa che non sia malata, come effettivamente è, e tutta una serie di cose, però non voglio fare queste analisi. Quindi, rispetto al passato, i cambiamenti più evidenti sono che c'è stata la sostituzione delle prostitute italiane con prostitute straniere di giovane età; una forte espansione del mercato perché comunque nel mercato è aumentata la presenza delle ragazze straniere, delle prostitute straniere, è aumentato il numero delle prostitute, perlomeno nella nostra realtà, rispetto a quando c'era un mercato sulla strada quasi completamente costituito da prostitute italiane, e poi quello che si può constatare che molto spesso c'è una figura debole della prostituta nel senso che può essere poco contrattuale nei confronti del cliente. Questo deriva dalla combinazione di più elementi, però il fatto che ci sia un'offerta maggiore della domanda, il fatto che molte di loro sono soggette a sistemi di coercizione, il fatto che molte di loro si prostituiscono per la prima volta in Italia, questi sono degli elementi che indicano la professionalità, comunque sono elementi di debolezza rispetto ad una contrattazione con il cliente. Per cui, come sintesi di tutto questo si può dire che siamo di fronte a una popolazione multietnica, socialmente marginalizzata e stigmatizzata in quanto formata da prostitute immigrate e clandestine, una somma di stigmatizzazioni e di marginalizzazioni in forte conflitto con parte della cittadinanza sia per il significativo aumento delle presenze che per l'incapacità, in quanto donne provenienti da contesti culturali socialmente diversi dal nostro, di mettere in atto comportamenti "professionali" funzionali ad una sufficiente convenienza. Gli esempi sono molto semplici: i luoghi di lavoro, il fatto di lavorare in gruppi, questo magari sotto il portone di casa, cioè questi sono tutti elementi che aumentano le conflittualità con la cittadinanza, condom gettati per terra, poi dopo le cose concrete se vogliamo sono anche molto banali, però questi contengono tutta una serie di potenzialità chiamiamole scatenanti la conflittualità. Inoltre, è esposta a forti rischi per la salute in quanto poco contrattuale con i clienti. Questa è un po' la situazione che www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ noi riscontriamo nel nostro territorio attraverso l'osservatorio che è un osservatorio fatto con le unità di strada, perché noi operiamo con le unità di strada, andiamo a contattare direttamente le ragazze ormai da due anni e mezzo e quindi ci dà anche la possibilità di verificare tutta una serie di cose. Entriamo invece adesso più specificamente nel progetto che da noi purtroppo ha un brutto nome, da noi viene chiamato "Città e prostituzione", a me non piace, avrei preferito un altro nome. Noi partiamo appunto dall'assunto che ho già detto prima, che questo è un fenomeno sociale e per la prostituzione di strada va inserito all'interno di un fenomeno ancora più complesso che è quello dell'immigrazione. Quindi è evidente che bisogna intervenire in più settori e con professionalità, metodologie, strumentazioni diverse. Io credo che un fenomeno sociale non può essere affrontato solamente da un unico punto di vista perché coinvolge più settori e coinvolge più attori e anche quindi se si vuole intervenire bisogna intervenire con strumentazioni e anche metodologie diverse. L'immagine che si può dare è quella di un sistema, il nostro progetto, nel quale ci sono dei sottosistemi o aree di intervento autonome tra loro per obiettivi, ma interagenti in quanto sono parte di un unico ambiente. Le aree che noi abbiamo individuato nel progetto sono: uno, l'area della prevenzione sanitaria; due, l’area del sostegno e della promozione sociale; tre, l'area civica; ed infine quattro l'area legale. E’ fondamentale secondo noi aver sviluppato tutte le problematiche che sono annesse, o non annesse, al fenomeno. Il nostro lavoro è un lavoro per progetto ed è caratterizzato dalla flessibilità; questo perché molto spesso ci troviamo a dover modificare strategie, obiettivi specifici in itinere proprio perché questo fenomeno sociale è soggetto a modificazioni così veloci e repentine da dover sempre verificare se ciò che si sta facendo sia adeguato a ciò che ci si prefigge. Il servizio opera con una unità di strada composta da: mediatrici culturali, da educatori; le mediatrici sono una mediatrice albanese, una mediatrice nigeriana perché questo è il target che troviamo nel nostro territorio, e all'unità di strada spetta la progettazione e la realizzazione degli interventi. Poi c'è la consulenza operativa del comitato e la consulenza anche metodologica di Licia Brussa in quanto coordinatrice del progetto europeo Tampep. L'obiettivo generale del progetto è questo: determinare cambiamenti di comportamento in chi esercita la prostituzione sia in campo sanitario, al fine di ridurre il rischio per la diffusione dell’AIDS e delle malattie sessualmente trasmissibili che in campo sociale, al fine di aumentare la possibilità di scelta e di autodeterminazione delle fasce più deboli e ricattabili delle prostitute e offrire aiuto a chi cerca di uscire dallo sfruttamento ed infine in campo civico per ridurre il disturbo della quiete pubblica e i conflitti sociali con i cittadini. Questi obiettivi chiaramente possono trovare soluzioni in un'unica ipotesi: un lavoro diretto e un modo interdisciplinare con la popolazione marginalizzata e stigmatizzata delle prostitute, finalizzato a creare un ponte con il tessuto sociale, perché il compito dell'unità di strada è proprio questo: quello di creare un ponte tra la comunità delle prostitute con i servizi del territorio, quelli sociali, quelli socio-assistenziali, educativi, istituzioni con unità locale soprattutto, e con comunità locale io intendo tutte quelle espressioni che fioriscono nel territorio, che possono essere le associazioni o anche comunque singoli cittadini, per esempio il discorso delle famiglie eccetera, che direttamente o indirettamente interagiscono, può ottenere un effetto di normalizzazione e un'armonizzazione del fenomeno di contenimento e di prevenzione delle tensioni sociali. Questo per dire che, per esempio, nel nostro territorio ormai da due anni, non c'è servizio sanitario assistenziale sociale che non sia stato coinvolto, voglio dire che ha dovuto ragionare e ha dovuto pensare che esiste nel nostro territorio una comunità che prima loro non conoscevano, e perché non accedeva ai servizi, ma anche perché non era presente nella loro mente. Quindi questo vuol dire anche pensare a tutta una serie di problemi: il problema dell'accoglienza, di come è possibile accedere al servizio, il problema del cancelling, tutta una www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ serie di problemi che prima la nostra comunità, la comunità locale, non si poneva assolutamente. L'unità di strada ha rappresentato il raccordo tra queste questioni, in modo da coinvolgere tutto il tessuto sociale. Per esempio, sui progetti di integrazione che noi chiamiamo di integrazione sociale e lavorativa per chi ha deciso di uscire dalla prostituzione, noi non abbiamo fatto la scelta dell'inserimento nelle comunità perché riteniamo, dalle esperienze fatte, che l'inserimento in una comunità è tra le esperienze più negative, perché le comunità non sono preparate ad accogliere queste ragazze. Ogni comunità esprime una propria cultura, non ci sono comunità che sono state adeguate, tarate per questo tipo di soggetti, e quindi cosa accade? Molto spesso una ragazza messa in comunità o resta lì parcheggiata perché ha un atteggiamento passivo, in questo modo non c'è nessuna promozione sociale e quindi integrazione nel tessuto sociale, oppure dopo due giorni scappa perché non trova elementi comuni tra i suoi bisogni e quelli della comunità. Facciamo una sintesi: c'è un'attività dell'unità mobile di strada che ha il compito di contatto, quello che è importante, lo citava anche prima Agnoletto, è costruire un rapporto di fiducia con il target. Molto spesso noi diciamo: la distribuzione del condom non è profilassi, secondo il mio punto di vista, non si fa profilassi distribuendo il condom: tutte le ragazze o quasi tutte hanno il condom nella borsetta, non è detto che perché io le do il condom che lei lo usi, il condom è uno strumento per creare un contatto; è uno strumento e su questa cosa bisogna ragionare. Lo stesso gli opuscoli informativi, è importante costruire un rapporto di fiducia e noi il rapporto di fiducia cerchiamo di costruirlo attraverso le tutela e il diritto alla salute. Noi con l'unità di strada lavoriamo solo esclusivamente su questo. Per esempio, diceva prima Agnoletto che molto spesso può capitare che agli educatori sull'unità di strada venga chiesto di collaborare con le forze dell'ordine, noi collaboriamo con le forze dell'ordine, però quando lavoriamo con le ragazze lavoriamo esclusivamente sulla tutela e il diritto della salute, non abbiamo mai fornito nessuna informazione. Con le forze dell'ordine e la magistratura lavoriamo solamente per la gestione dei casi delle ragazze con i permessi di soggiorno per giustizia. Questo è il nostro potere contrattuale con le forze dell'ordine. Sul lavoro di strada sviluppiamo quegli interventi a bassissima soglia, bassa soglia, che sono finalizzati alla prevenzione dell’AIDS, delle malattie sessualmente trasmissibili e delle interruzioni volontarie di gravidanza effettuate con mezzi impropri: anche questo è un elemento molto preoccupante che sta emergendo dai dati e anche dalle richieste che ci vengono fatte. Con le ragazze nigeriane, noi abbiamo creato tutta una serie di percorsi, però in questo momento ai nostri servizi non stanno arrivando solamente le prostitute, questo è importante: sta arrivando tutta la comunità nigeriana. In questo momento sul problema dell'interruzione di gravidanza stiamo lavorando con tutta la comunità nigeriana. Il nostro lavoro è a bassissima soglia, stiamo solamente cercando, perché non abbiamo ancora trovato delle strumentazioni diverse per arrivare alla prevenzione, di creare dei canali alternativi agli aborti clandestini. Su questo argomento abbiamo interessato le tre USL del nostro territorio, le due di Venezia e quella di Padova dove ora le ragazze possono fare l'interruzione volontaria di gravidanza gratuitamente. Tutto ciò è stato possibile grazie ad un escamotage: tutti i costi sono a carico delle aziende sanitarie locali, ma le ragazze dichiarano di essere nullatenenti, e l'azienda ospedaliera si "rivale" sull'ambasciata di origine. Riguardo il lavoro dell'attività di strada, lavoriamo appunto sulla riduzione degli elementi di conflitto con la cittadinanza, contattando direttamente il target e essendo anche le persone che ricevono tutte le proteste da parte dei cittadini, abbiamo la possibilità di portare da... www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ *** ...lavorare per i problemi specifici delle ragazze ma, dall'altra parte, creare una cultura all'interno della nostra comunità che sia in grado di contrapporsi a chi mette in atto degli interventi o delle politiche che vogliono eliminare la prostituzione o far finta che essa non esiste. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Ziu Ana Mediatrice Culturale Parlerò del lato pratico della questione perché a Genova ho avuto un'esperienza molto diretta con delle ragazze prostitute. Prima di tutto vorrei dire che, poiché la prostituzione è un fenomeno sociale, va trattato come tale. La cosa che mi fa impressione quando una ragazzina va in una comunità, e aveva ragione l'altro collega, è il suo atteggiamento molto passivo. Quando inizi a parlare con quella ragazzina, con una prostituta, non devi avere pregiudizi nei suoi confronti: lei è una prostituta, è una diversa, ma devi essere molto sincero nel sentimento che le trasmetti. Si parlava della sicurezza che si può dare a una prostituta, a una ragazzina soprattutto, perché una prostituta è legata con molte catene. Prima di tutto la mancanza della libertà perché c'è la malavita; un'altra catena è la vergogna perché lei si chiede: "se lo sa la famiglia cosa mi succederà?"; un'altra catena è la mancanza di informazione, la mancanza di informazione riguardo i diritti che spettano a una ragazzina, a una minorenne. Mi è capitato con una prostituta di circa ventidue anni che aveva anche un bambino e non chiedeva l'analisi per Hiv perché si vergognava a chiederlo, forse pensava che era qualcosa di troppo che chiedeva lei alla società qui in Italia. Per quanto riguarda le prostitute, da una parte c'è l'organizzazione, che è illegale, e dall'altra parte siamo noi che siamo legali. Il ritratto di una ragazza albanese in Italia è questo: la ragazza albanese è una prostituta, è successo anche a me quando dico che sono albanese, tutti mi pongono la domanda: "ma hai avuto a che fare con le autorità italiane?". In Italia molti pensano che le ragazze albanesi siano nate per fare questo lavoro, forse è colpa un po' della TV che è stata eccessiva su questo argomento. Il discorso delle prostitute è un'emergenza per quanto riguarda le donne albanesi perché la violenza che subiscono è spaventosa, però non è irresolubile; è un'emergenza perché siamo molto vicino ma il problema è trattato sempre da un punto di vista lontano. Per quanto riguarda ridurre almeno un po' la prostituzione, per quanto ho constatato nei contatti con gli albanesi in generale e per quanto riguarda le donne, manca un punto di riferimento. Ho sempre ribadito che la presenza di una comunità albanese potrebbe aiutare nel ridurre questo fenomeno. Ho avuto a che fare con quattro ragazze e sono riuscita a levarle dalla prostituzione. Il modo con cui comunico con le ragazze è molto semplice e molto complicato nello stesso tempo. Perciò dico che c'è bisogno di un punto di riferimento, di una comunità albanese gestita, ed in questo aveva ragione anche l'altro collega che ha parlato, da donne albanesi. Ribadisco con molta forza, per la mia esperienza ed i contatti che ho avuto con gli albanesi che vivono a Genova e con le famiglie albanesi che conosco, che il ritratto che classifica i ragazzi albanesi come maniaci sessuali è del tutto infondato. Però quando ho ribadito, anche tra albanesi, che c'è bisogno di una comunità albanese sono rimasta sempre da sola. Voglio sottolineare che ci sono ragazze albanesi che studiano e che hanno il diritto di essere rispettate e di non dover rispondere alla domanda: hai avuto a che fare con l'autorità italiana? Quando dico che sono albanese dicono sempre: "ahi ahi". Io non voglio che questo accada, il mio impegno principale è questo, per questo motivo spero nella creazione di una comunità albanese. Però in questo la CGIL mi dovrebbe dare aiuto. Io ho parlato con degli studenti albanesi, con delle famiglie; gli albanesi tendono ad essere individualisti; è stato il sistema che ha prodotto un tale ritratto di persona ed anche quei valori che c'erano sono sepolti perché bisogna essere moderni. Però moderno non vuol dire che devi prostituirti tanto ormai si www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ vede nei film. Il linguaggio da usare con le prostitute albanesi deve essere molto semplice, però deve essere anche molto sottile, bisogna spiegarle cose molto elementari. Io cominciavo, spiegando a una prostituta che mi diceva: io lavoro qua, dicendo che non è un lavoro quello che fa in modo non obbligatorio, quando hai spiegato che non è un lavoro e hai dato la possibilità di scegliere tra una professione o no, hai fatto molto, hai realizzato qualche cosa, ciò non vuol dire che così si elimina la prostituzione, però si riduce un po. Poi anche nel modo di essere degli albanesi è presente una forte componente di onore, tante prostitute che ho contattato hanno molta vergogna che la famiglia venga a sapere qualche cosa. Questo è un punto che possiamo sfruttare perché metterle in contatto con la famiglia, fare in modo che la famiglia sappia qualche cosa, che la ragazza abbia... sono tante cose molto semplici per una comunità albanese. Per tale motivo sarebbe veramente importante avere una comunità albanese. Quando io dico a tutti gli albanesi che contatto: venite in CGIL perché per questo vi possono aiutare, vengono e io gli dico: la legge è questa, il diritto è questo, poi ti rispettano. Ho avuto a che fare anche con detenuti per droga e quando parli con loro, devi dare fiducia, devi mettere sulla bilancia i valori che hai; un detenuto mi ha chiesto: "sì, io pagherò il prezzo per lo sbaglio che ho fatto però mi prometti che mi porti i libri di giurisprudenza per studiare". Per me è stata una soddisfazione perché è una persona in più che non è più un assassino, io gli spacciatori li chiamo gli assassini a sangue freddo. Il lavoro si fa in questo modo, semplicemente. La mancanza di informazione e la mancanza di un punto di riferimento comunque si sente molto, la presenza di una comunità albanese in questo lavoro di informazione aiuterebbe molto, ma la nascita di tale comunità è difficile, gli albanesi non ce la fanno da soli, sono molto individualisti, hanno paura. Ma questa comunità si può fare. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Leopoldo Grosso Gruppo Abele Io riduco in quattro punti le questioni che volevo trattare. La prima è che, su questioni ad alta sovrapposizione nevralgica, cioè prostituzione, tossicodipendenza, AIDS e immigrazione clandestina che sono le quattro questioni con cui noi nel lavoro quotidiano abbiamo a che fare, si è costretti nel nostro lavoro a pagare una tangente non alle organizzazioni criminali ma al pregiudizio culturale: una buona parte del tempo del nostro lavoro, che potrebbe essere utilmente dedicato al tentativo di soluzione di alcuni problemi, in realtà lo dobbiamo devolvere nei confronti della cosiddetta normalità e alla creazione di condizioni di lavoro. Questo mi sembra un fatto da tenere presente e potrei fare due esempi molto chiari, mi vengono dalla tossicodipendenza che è più l'ambito a cui dedico le mie energie. Il primo è l'unità mobile: noi abbiamo un'unità mobile per contattare il sommerso della tossicodipendenza, abbiamo trovato un punto strategico in cui riusciamo sostanzialmente a contattare sia i tossicodipendenti di strada, sia quelli compatibili che vanno a lavorare, questo punto è di grande disturbo ad alcuni commercianti della zona che sono riusciti a portarci davanti al Prefetto il quale ha detto: o l'unità mobile si muove da quel punto o altrimenti ve la facciamo chiudere. Questo per dire quanto è alto il cosiddetto tributo di tempo, di lavoro e di energie nei confronti del pregiudizio culturale. L'altro esempio è rispetto invece a una questione tragicomica che riguarda l'installazione di uno scambia siringhe su una città alla periferia di Torino. Il dottor Altei che le fabbrica è riuscita a venderle al comune che aveva intenzione di fare questa politica di prevenzione dell’AIDS, lo scambia siringhe alla città, è passato un anno e mezzo e la città non aveva ancora piazzato lo scambia siringhe, nel senso che tutte le volte in cui individuava una postazione, c'era la protesta dei cittadini sennonché, invece di svolgere un ruolo educativo era sempre in coda al consenso in negativo dei cittadini. Alla fine la proposta della città è stata di mettere lo scambia siringhe dietro il muro del cimitero, al che il dottor Altei ha detto: "Non è che ci campo sulla vendita di questo scambia siringhe, ve la ricompro e non se ne fa nulla". Questo per dire che sul mercato morale esistono morali di facili costumi che sono i moralismi. Se dobbiamo tracciare una linea tra morali e moralismo è che possiamo definire il secondo come una morale senza conoscenza, cioè una morale che non vuole approfondire i dati del problema, che non vuole sapere e che fa scattare automaticamente un giudizio di valore in astratto. Il problema che sui moralismi, e quindi sulle morali senza conoscenza, si costruiscono rendite politiche e con queste noi dobbiamo fare i conti. Dove va il fenomeno? Nella nostra angolatura di città, a Torino, e guardate che ogni città rispetto a questi problemi fa caso a sé perché diverse solo le possibilità di lavoro che ogni città può offrire: se voi andate ad Arzignano, una città del vicentino, scoprite che il 90% delle persone immigrate hanno un permesso di soggiorno, hanno un lavoro, hanno una casa; se andate a Torino, purtroppo non è così perché c'è possibilità di lavoro in quei posti là, ad esempio c'è una pelletteria che offre lavoro. Ci sono comunità, prima con sfiducia mi sembrava di capire dalla testimonianza della ragazza albanese, ci sono comunità di immigrati locali che a volte aiutano e che a volte non aiutano e queste possono fare la differenza rispetto a possibilità di reintegrazione. C'è la configurazione dei flussi, ci sono le organizzazioni che chiamano alcuni in una città, altri in un'altra città. A Torino, ad esempio, rispetto alla realtà magrebina, noi abbiamo notato un evolversi del fenomeno rispetto a quattro questioni. La prima è stata l'alcol dipendenza, www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ sarà per la lontananza geografica della cultura di appartenenza dove l'alcol era una questione vietata, c'è stato un fenomeno di disgregazione; la seconda è stata la vendita dell'hascisc, la terza la vendita dell'eroina, la quarta la dipendenza da eroina. Ed è un fenomeno che è stato sia individuale, sia in espansione come gruppo sociale. Per quanto riguarda la grande presenza di ragazze nigeriane che ci sono a Torino, beh, attualmente stanno subendo la concorrenza forte delle ragazze slave e c'è un tentativo da parte loro di organizzarsi per uscire dalla strada. A me è capitato su una linea ferroviaria, che è la Milano-Torino, che nelle ore preserali è sempre piena di ragazze che vengono a Torino e scendono alle varie stazioni intermedie, che sul lavoro di strada la ragazza mi diceva: "tre sono le cose di cui io ho paura: la prima è che mi fermino perché sono clandestina, la seconda è di incontrare dei clienti molto bizzarri, la terza è il freddo", e questa sembrava la cosa più inquietante, "Io ho freddo, io ho sempre freddo, io ho freddo anche d'estate", da quello che mi diceva. L'altra cosa che mi ha colpito è che ogni tanto le squillava il telefonino dove la risposta era: "ho un amico" che le telefonavano nel tentativo di riuscire a rientrare in un circuito più protetto che non le esponga alla realtà della strada. Quindi, in un modo o nell'altro, le vie sono: o una maggiore professionalizzazione, o la possibilità dell'offerta alternativa. Mi sembra che rispetto anche alle quantità che oggi si è cercato di capire che esistono qui in Italia rispetto al fenomeno, l'Italia ce la possa fare utilizzando le due strade in entrambe le direzioni, da questo punto di vista. La terza mutazione riguarda le tossicodipendenti che praticano la prostituzione sulla strada. Beh, qui abbiamo una netta diminuzione della percezione del rischio, sia quando sono fatte o sia quando sono in carenza. Il problema anche qui è per chi si è fortemente infognata le alternative alla dipendenza ci sono, e infatti il ragionamento che veniva portato stamattina dalla Tola, il contro ragionamento non per opporsi a quelle che sono le politiche dell'Unione Europea, in realtà non tiene perché rispetto alla tossicodipendenza mi sembra che le opportunità oggi in Italia ci siano, ve lo dice un'organizzazione come il gruppo Abele che ci lavora circa da trent'anni fondamentalmente e anzi gli stessi tossicodipendenti di volta in volta vengono usati in opposizione ad altre categorie. Quindi, sicuramente non possiamo rischiare di cadere in questo trabocchetto di mettere un problema contro l'altro in questa guerra tra poveri che in qualche modo si cerca di incentivare. Un dato che è in crescita, e che un po' ottimisticamente il comune di Torino valorizzava come un dato positivo, sono i matrimoni misti che non sempre rappresentano il successo di una politica di integrazione culturale. Dalla nostra angolatura, ad esempio, sono in fortissimo aumento i matrimoni tra ragazze tossicodipendenti e spacciatori magrebini, con tutto ciò che ne consegue. Che cosa facciamo? Noi abbiamo in piedi il progetto Tampep, che non vi sto a descrivere perché bene o male nelle due descrizioni precedenti, sia quella di Agnoletto e quella di Venezia, c'è tutta una serie di analogie; un progetto Udna che in arabo vuol dire tregua, in collaborazione con il comune di Torino in cui fondamentalmente rispetto ai ragazzi in questo caso tossicodipendenti, extracomunitari e clandestini, offriamo una possibilità di disintossicazione che adesso non è data, è una possibilità di formulare in progetto ospitandoli in alloggi per due mesi. Che cosa viene dopo, questa è la grande scommessa perché ci sono alcune strozzature. La prima strozzatura è il rimpatrio, benché ci sia una legge che in qualche modo lo favorisce, anche dei fondi, il rimpatrio molto spesso non è desiderato. Non è desiderato in quanto il ritorno nel proprio paese, come si era partiti, viene vissuto come una grave sconfitta e un grave fallimento. Un ragazzo che è stato da noi in comunità rispetto al dopo dice: sì, io torno in Marocco però ci torno solo se voi mi date quattro o cinque milioni perché io non posso assolutamente tornare a mani vuote. Quindi ci sono resistenze soggettive culturali e ci sono resistenze ovviamente di tipo oggettivo. Anche se per chi ha problemi di dipendenza, questa, se vogliamo, può essere la www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ soluzione più facile, dal punto di vista dell'evitare una ricaduta successiva. Quando, a stento e a fatica, si riesce a trovare un datore di lavoro che consenta la regolarizzazione del permesso di soggiorno e quindi tramite un lavoro regolare un lavoro anche più normale sulla non ricaduta, la legge oggi prevede che se tu trovi un lavoro a un clandestino questo debba ritornare in Patria, aspettare il permesso di soggiorno e poi essere chiamato e venire qui a praticarlo. Questa è una strozzatura... ... ... c'è solo un parlarsi con le forze dell'ordine che non ti vengono in pratica a mettere il naso dentro, per cui è tutto giocato sull'ambiguità, fondamentalmente, sulla tolleranza reciproca perché sanno che comunque noi facciamo un servizio indirettamente alla città. La terza questione è continuare a lavorare come sempre sul tentativo di trovare un lavoro nero, e quindi di riuscire a lavorare su queste dimensioni. Il terzo tipo di intervento che facciamo è sulle accoglienze per quanto riguarda coloro che decidono di denunciare le proprie organizzazioni e quindi su quella che è stata definita prima la giustizia premiale. Allora, qui ci sono altre strozzature. Intanto voi sapete che la legge definisce un tetto massimo di 400 accoglienze, che sia alto o basso non lo sappiamo. A me sembra che sia basso se noi lavoriamo, se non lavoriamo rimane alto, nel senso che se ci diamo da fare con tutta una serie di progetti di unità di strada, il tetto delle 400 è sicuramente basso, 400 in tutto, cioè ogni anno la legge funziona ed ha sostanzialmente degli incentivi alle organizzazioni che si rendono disponibili alle stesse persone per un tetto di 400 persone e per un anno, sapendo che, la seconda strozzatura, un anno di tempo è molto poco, ad esempio per riuscire a trovare lavoro alle persone e renderle autonome. Quindi cosa succede? Che sono le stesse organizzazioni che in pratica assumono e allora anche la cifra devoluta, che sono 25 milioni annui diventa insufficiente perché tra assistenza, anche sanitaria, tra l'altro, creare un lavoro, i contributi eccetera diventa una cifra. Quindi qui si tratta di allargare di più il network e il sindacato potrebbe avere un ruolo in questo nell'aiutare ad allargare anche il network delle ONG, per una organizzazione che rimane in parte necessariamente semi clandestina ed è una organizzazione di aiuto, e per vedere di rilanciare le possibilità che questa legge comunque pur dà. Infine, ultima cosa le proposte. La prima è garantire i diritti di cittadinanza dove potrebbero già essere garantiti. Dove, ad esempio, c'è il permesso di soggiorno ma non c'è un'abitazione, ci troviamo di fronte a situazioni di senza fissa dimora. Essere senza fissa dimora, se tu hai il permesso di soggiorno, vuol dire non avere accesso né a una residenza, quindi non avere una residenza vuol dire né avere carta d'identità, né sostanzialmente il libretto sanitario. I comuni possono - c'è una legge del '54 molto precisa, il comune di Torino lo sta facendo - attribuire una residenza anche formale o al dormitorio o in via del Municipio numero 1 in modo da abilitare le persone ad avere comunque una residenza che è la carta di accesso per gli altri diritti. La seconda questione è migliorare alcuni aspetti legislativi: uno, l'abbiamo detto, questo della giustizia premiale; la seconda questione è ad esempio garantire il trattamento di disassuefazione per gli immigrati tossicodipendenti. Rispetto alle nigeriane, noi paventiamo un grosso rischio: che messe un po' alle strette - ad esempio a Torino dalla recrudescenza di tipo repressivo - si sparpaglino nelle altre varie zone della città, strette dalla concorrenza slava ed il grande pericolo è che vengano usate come cavallo di Troia www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ nello spaccio. E come abbiamo già visto per la comunità magrebina, il passaggio dallo spaccio del fumo allo spaccio dell'eroina crea persone dipendenti: se voi entrate in un qualsiasi carcere di una media o grande città, scoprite che il 30% delle persone extracomunitarie che ci sono dentro hanno una dipendenza, tendenzialmente all'eroina, forse a volte da alcool. C'è il decreto che prevede i trattamenti sanitari d'urgenza anche per i clandestini; quello che non è pacifico è che per trattamento sanitario d'urgenza si intenda anche la possibilità di disassuefazione, la disintossicazione non è contemplata, se non in alcune regioni dove si è creato qualche servizio, però sono una minoranza, come possibilità di trattamento sanitario d'urgenza. Terzo: non bisogna mollare nella lotta all’AIDS, quindi nei servizi che abbiamo messo in piedi perché ci sono due forti ricadute di ritorno, non solo sull'effetto salute ma sulla possibilità comunque del contatto con questa popolazione e sulla possibilità di aumentare le loro possibilità di negoziazione. Quarto: non mettere in contraddizione interventi di riduzione del danno e interventi relativi alle modificazioni delle scelte, purtroppo alcuni gruppi cattolici lo fanno, ce n'è uno particolarmente attivo che ha fondato la propria politica sulla contrapposizione tra interventi di riduzione del danno e interventi, invece, di modificazione delle scelte. Allora, questa è una cultura che purtroppo alla lunga non paga e allora qui bisognerebbe in qualche modo riuscire. Quinto punto: bisogna lavorare molto di più sulle comunità locali di stranieri, laddove ci sono, a volte sono deboli e a volte sono respingenti. Beh, noi però nelle ultime elezioni tornata amministrativa abbiamo avuto, sia a Torino che a Milano, due persone extracomunitarie elette nel consiglio comunale delle città. Ecco, sicuramente è anche da lì che bisogna partire come collegamento rispetto alle comunità locali o come possibilità comunque di costruire una terza forza intermedia tra gli operatori che si occupano di questi problemi e le persone sensibili delle comunità locali perché possano offrire un'ottima sponda non solo come mediazione culturale ma anche come veicolo di reintegrazione laddove è possibile. Ultima questione è la legge. Stamattina sono state portate avanti in maniera forte la proposta, in realtà, di non fare proposte legislative. Allora, questa può essere un'opportunità politica se vediamo che il contesto, l'aria che tira non tira bene. Io rimango dell'idea che poca legislazione fatta bene sia meglio perché laddove non c'è legislazione, in genere è la legge della giungla. Allora, la prima questione è recepire le norme delle deliberazioni della conferenza interministeriale. Sono molto chiare, come è stato detto stamattina, nel distinguere lo sfruttamento sessuale dalla questione della prostituzione, quelle vanno recepite e va comunque fatto uno sforzo grande di modificazione legislativa perché queste ci permettono di combattere meglio lo sfruttamento sessuale. Se poi si aprono spazi per arrivare ad una ulteriore decriminalizzazione e depenalizzazione della prostituzione, ben vengano e qui in alternativa sapendo, e con questo chiudo, che la vera battaglia che noi dobbiamo fare rimane comunque una battaglia culturale e sociale. Allora riprenderei quanto è stato detto in apertura da Gigliola, perché non ripartire dalla lotta per la legge Merlin, in qualche modo rivisitarne le buone ragioni di allora, coniugarle con le buone ragioni di adesso e arrivare a una pubblicazione che vada anche un pochino oltre quelle che sono le immediate proposte di legge perché abbiamo visto che questo forse non è il terreno più adeguato, ma che in qualche modo cerchi di rifare cultura anche all'interno della sinistra. Noi, per un lavoro di questo genere, ovviamente siamo disponibili. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Carolina Cardenas Coordinamento Immigrati - CGIL Nazionale Vorrei ringraziare Gigliola, lei sa che io sono una osservatrice indiretta di quella che è la prostituzione, soprattutto la prostituzione immigrata, ed ho seguito tutto questo dibattito; penso che i lavori che si fanno per un interesse personale, come donna, donna immigrata, e come cittadina che in qualche modo vuole costruire e aiutare a costruire questa società. Però in questo momento rappresento un po' la voce di quello che è il coordinamento immigrati nazionale che non c'è più perché l'ultimo direttivo nazionale cambia e modifica di struttura, per cui in verità parlo come donna immigrata più che come coordinamento immigrati nazionale CGIL. Sicuramente la prostituzione è una cosa molto conflittuale, è un luogo di conflitto, è un luogo di frontiera, è un luogo di confine tra donne e uomini, fra donne italiane, fra donne immigrate, è un luogo dove se non ci cuce bene, la società si spacca. Sicuramente aveva ragione Pia allora quando aveva detto in un seminario che è stato fatto a Venezia, luogo di frontiera come luogo di prostituzione perché è così, ed è così perché attraverso la discussione che si fa sulla prostituzione, si toccano molte sensibilità dalle diverse etnie, dalle diverse morali, perché non pretendiamo che sia unica, delle diverse esperienze che portiamo sia da lontano che qua in Italia, ai diritti, diritti che sono soggettivi di ognuna di noi che pretendono in qualche modo rappresentare i diritti comuni, diritti di donne, di uomini, immigrati e questo comunque è un luogo di conflitto che io pretendo sia conflitto propositivo che però ha bisogno di una mediazione. Ha bisogno di una mediazione specifica, di una mediazione che non è più una mediazione interculturale ma una mediazione dei conflitti. La mediazione interculturale che è un lavoro che io svolgo nell'ufficio stranieri per la comunità latinoamericana, sicuramente è uno strumento in più in questa mediazione dei conflitti, in cui è necessario uno studio multidisciplinare del fenomeno soprattutto quando parliamo di traffico e riduzione del danno, e non sto parlando della prostituzione come autodeterminazione a cui tutte le donne hanno diritto. Per affrontare questi problemi ci vuole una assoluta conoscenza del fenomeno e una formazione specifica multidisciplinaria: sanitaria, degli psicologi, mediatori culturali o interculturali, educatori di strada e tutte queste altre professionalità che hanno a che vedere con il sociale. Questa mediazione sicuramente ci vorrà del tempo perché venga fatta, soprattutto perché noi siamo in questo momento testimoni della caduta del Welfare, per cui la mediazione può passare solo attraverso i servizi nel senso che gran parte di quello che si fa come mediazione, come mediazione dei conflitti, in verità poi è un servizio che si può fare attraverso gli enti locali o una delega degli enti locali a dei gruppi di esperti. Però in questo momento, come una che appartiene al coordinamento immigrati CGIL, per cui come una della CGIL, ho paura che tutto quello che è servizio alle fasce più deboli, più svantaggiate venga eliminato e per questo bisogna tenere duro. Credo che sia uno degli impegni fondamentali che avrà il sindacato, tenere duro su questi servizi perché ognuno di noi nella prostituzione è poi un luogo diverso dall'altro. Sabato scorso in una definizione che l'Alma teatro dava sulla mediazione diceva: "ago che cuce" ed è vero, cioè la mediazione è un ago che cuce, però ha bisogno degli strumenti e purtroppo sono gli strumenti di ordine giuridico perché un ago che cuce, cuce bene con un filo duro, passa attraverso le istituzioni, non può passare attraverso la buona fede dei volontari. Per cui la prima cosa che credo come sindacato noi dovremmo fare è tentare di tener duro e anzi allargare questa sfera dei www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ servizi. Servizi che passano attraverso legge regionale, l'interesse delle province attraverso gli enti locali per un rispetto della diversità perché dobbiamo cucire queste diversità. È difficilissimo per delle donne accettare che esistano delle persone che si prostituiscono perché hanno scelto di farlo, come è difficile accettare che ci siano altre che lo neghino. Cioè, è un conflitto permanente in cui ci vuole una mediazione che davvero sia una mediazione altamente specializzata, non so se è esagerato parlare in questi termini, perché la prostituzione per me, come immigrata, non è un'altra cosa che questo iniquo rapporto nord-sud, cioè lo sfruttamento del nord al sud, Il traffico della prostituzione non è altro che la ufficializzazione di questo, la visibilità di quello che ci raccontano e che comunque, la parte visibile di tale traffico è solo l’ultimo anello della catena, i magrebini che spacciano per esempio, in questo traffico dove ci sono interessi statali, interessi pecuniari e di una grossa mafia di cui sicuramente, già ci hanno detto questa mattina. C'è una grossa discussione nell'unione europea, c'è stata una grossa discussione a Pechino, noi siamo poi alla fine quella fetta visibile, quel finale visibile, così come il turismo sessuale, così come lo sfruttamento sessuale dei bambini e sicuramente questa lotta deve essere fatta, però noi siamo troppo piccoli perché questa lotta venga fatta partire da noi. Noi possiamo condividere dei principi, però penso che ci sono altre sfere dove questa lotta dovrà essere fatta. Abbiamo delle rappresentanti che sicuramente in questa cosa dovranno lavorare tanto, però, nel frattempo, queste persone sono qua, il sud è qua e viene sfruttato. Viene sfruttato con dei pregiudizi, con degli stereotipi che lo fanno ancora più debole per cui il fatto di essere donna, il fatto di essere immigrata e il fatto di essere donna che si prostituisce, o che la prostituiscono, diventa una tripla emarginazione che questa mattina qualcuno diceva. Però questa cosa dobbiamo affrontarla, accettare che ci sono ormai queste persone che continuano ad arrivare e che noi dobbiamo in qualche modo impegnarci nella riduzione del danno, nella lotta al traffico per quanto possiamo perché purtroppo non è nelle nostre mani, però sicuramente dobbiamo in qualche modo aiutare a che questo accada. Nel frattempo parlare della prostituzione accettando che comunque tra le immigrate ci sono donne musulmane, ci sono donne cattoliche, ci sono donne atee, ci sono donne rifugiate politiche. Per cui è necessario accettare l’esistenza di questa diversità, per cui questa diversa sensibilità di fronte a un problema sono sicura che comunque è bene accettare le che pensano, le sensazioni che hanno loro perché ci vuole una mediazione. Io mi sono sentita dire quando ho difeso i diritti delle donne che si prostituiscono, che le fanno prostituire, nel coordinamento immigrate CGIL: te li mando tutti a Torino, non si vede tutto quello che c'è dietro, la loro storia e quello che è la loro prostituzione e solo si vede questo aspetto visibile che è il fatto di prostituirsi. Allora, quando qualche volta ho preteso solo nel coordinamento immigrati parlare della prostituzione attraverso lo sfruttamento e cercare di vedere se si potevano dare delle risposte, la risposta che mi è stata data dai compagni del coordinamento immigrati con cui lavoro è stata: "io te le mando tutte a Torino, se tu hai questo modo di pensare e di ragionare". Per cui credo che noi dobbiamo tenere conto di chi parliamo quando parliamo di prostitute immigrate e di tutte le sensibilità che tocchiamo quando parliamo di questa tematica. Purtroppo, a differenza di quello che è la prostituzione in generale che, sono d'accordo, non può essere regolamentata, la prostituta immigrata ha questo cosino in più che la fa essere regolamentata per forza che è il permesso di soggiorno. Da lì non ci scampa perché il permesso di soggiorno purtroppo è quello che fa accedere ai diritti di cittadinanza e a dei percorsi di diritti di cittadinanza in questo Paese. Noi abbiamo visto che adesso c'è in discussione il nuovo disegno di legge dei Ministri Turco e Napolitano, sicuramente questa legge pretende di fare un'analisi di quello che è il fenomeno dell'immigrazione e penso anche della prostituzione immigrata. Però comunque quando parla di disposizioni del carattere umanitario, è solo attraverso www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ le disposizioni del carattere umanitario che cerca di dare una risposta alla prostituzione immigrata per cui dice: chi aiuta, collabora o vuole uscire dal giro ha diritto a sei mesi di permesso di soggiorno, però si deve valutare la gravità di quello che lei denuncia, di quello a cui è sottomessa e anche il contributo offerto, la rilevanza del contributo offerto. Per cui le donne prostitute immigrate che vogliono prostituirsi perché lo vogliono fare perché per le immigrate è difficile accedere anche al lavoro delle colf perché è lì che passa il pregiudizio, lo stereotipo. La massima ambizione di una prostituta immigrata è quella di fare la collaboratrice domestica, oppure la massima offerta che viene data è quella, e penso che, con tutto il diritto, si possono rifiutare di uscire dal giro per fare le collaboratrici domestiche, comunque per loro non ci sarà una possibilità perché il permesso di soggiorno sarà per sei mesi e poi se loro non accettano quel tipo di lavoro non potranno avere neanche un permesso di soggiorno di nessun tipo. Questa mi sembra una cosa che forse è positiva perché la Ministra in qualche modo cerca di rispondere a una situazione, però non risponde a un percorso di cittadinanza come quello che le donne avevano pensato a Pechino. Cioè, l'autodeterminazione per le donne immigrate non c'è perché non c'è la possibilità di scegliere: o tu aiuti la polizia in un modo per cui ne esci... *** ...però se tu vuoi solo denunciare il tuo sfruttatore però continuare a prostituirti per cavoli tuoi, non hai la possibilità. Questo per me è un grosso problema perché io penso che il filo non è duro, non cuce, se vogliamo fare la mediazione. Siccome questo è uno strumento per mediare i conflitti soprattutto su questo tipo di fenomeno, mi sembra che non tenga perché avremo risolto una minima percentuale di tutta la problematica e di tutte le donne immigrate che sono contente di prostituirsi perché non ci sono molte famiglie che vogliono assumerle come colf anche se le donne immigrate vogliono perché basta dire: vuole una donna nigeriana a lavorare a casa sua? Per carità, non sanno fare niente o per carità mio marito, comunque, per qualunque motivo sia, non vengono assunte per cui mi sembra che sia una norma che pretenda di risolvere un problema che però sarà poco applicabile, soprattutto le disposizioni di carattere umanitario del nuovo disegno di legge. Però in questa cosa mi piace essere anche positiva. Io sono una pendolare, viaggio tutti i giorni da Torino a Novara e prendo il treno e viaggio con le ragazze nigeriane che vanno a prostituirsi per tutte le strade del lago maggiore, vanno fino a Milano, si spostano. Io ho notato una cosa sul treno, che comunque le ragazze sono persone che vogliono provocare e lo fanno veramente: fanno un baccano incredibile, utilizzano più posti di quelli dovuti e la tolleranza degli italiani è molto alta. Io mi domando: questa tolleranza nasce dal pregiudizio per la vita che fanno? per cui una morale cattolica: non le facciamo stare più male di quello che forse stanno o c'è qualche cosa in più? Non vogliono vedere che il problema loro non è il baccano, e allora per non sentirsi complici di ciò di cui sono testimoni, stanno lontano e guardano da lontano perché io che viaggio tutti i giorni vedo che mentre contro gli studenti c'è veramente una risposta subito, con le ragazze nigeriane questo non succede. Questa è una grande ipocrisia per cui io, cattolico o grande moralista, preferisco non immischiarmi per non peggiorare la loro vita. Io non vorrei che succedesse questo con le prostitute. Questa stessa morale è quella che passa attraverso una legge, cerchiamo di risolvere il problema, si denunciano le prostitute però non ammettiamo che le www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ donne hanno diritto se si autodeterminano, a prostituirsi. Io non vorrei che questa morale passi anche attraverso un disegno legge. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Margherita Gionni Camera del Lavoro di Novara Ho tentato di aiutare Gigliola, anche perché credo sia importante per la CGIL partire da documenti che comunque la CGIL ha prodotto in questo periodo, dal documento sindacato prostituzione che negli anni è stato messo tranquillamente nei cassetti tranne che in alcune realtà, ad altri documenti che poi sono stati portati al congresso. In questo mio giro in alcune Camere del Lavoro, io credo che ci siano anche delle scoperte, nel senso che mi è stato detto da molte Camere del Lavoro piccole, e questo credo sia un problema di investimenti e di scelta su quali progetti investire, che certamente molte Camere del Lavoro avevano questo problema, ne erano a conoscenza, sapevano che ci lavoravano delle associazioni di volontariato, ma che però le segreterie decidevano di non spendere i soldi per mandare una persona alla riunione nazionale. Questo è un problema, e lo dico visto che sono della Camera del Lavoro di Novara, è un problema anche per me, pur essendo una detentrice di distacco, è un problema nel senso che io credo che la CGIL in molti punti dell'Italia... Scusate volevo aggiungere riguardo le considerazioni nord, sud e centro, per esempio da parte del sud, soprattutto da regioni come Puglia, Calabria e quant'altro, sono disponibilissimi ad iniziare un lavoro se si fanno dei convegni a partire da quello e poi anche altre Camere del Lavoro, i cui nomi fornirò Gigliola, chiedono un intervento dal nazionale per iniziare a capire come intervenire, come CGIL, anche perché per molti - io parlo sempre di uomini perché sempre uomini mi hanno risposto, sarà un caso? non credo, perché forse il conflitto a cui si riferiva Carolina vale anche per tutte le altre questioni - in molti casi io parto dalle segreterie di Camere del Lavoro anche regionali, viene visto come un problema che non appartiene al sindacato, e che quindi il sindacato deve occuparsi di cose più importanti. Il mio tentativo era di spiegare che è vero che il sindacato sta facendo tante cose più importanti, siccome il sindacato CGIL, CISL e UIL, poi magari per ora soltanto CGIL, discute di stato sociale e di assistenza in nome e per conto di tutti e tentando anche di riportare al fatto, se ne parlava anche stamattina, che la CGIL comunque è il sindacato dei diritti. Devo dire che poi l'elenco ci sarà, non era per fare buoni o cattivi ma era per significare la difficoltà che c'è e visto che c'è la segretaria confederale, credo che lo sappia benissimo, però era un elenco proprio di grandi difficoltà. Credo che, visto che abbiamo sentito tante esperienze, e mi rifaccio alle cose chieste stamattina, perché il MIT e poi Pia chiedevano delle cose alla CGIL, credo che bisognerebbe darsi molto da fare. Parlo per esempio della mia realtà. Siamo riusciti ad avere, dopo ben due anni un accordo, perché io credo che il sindacato, visto che si chiama sindacato debba contrattare queste cose. Noi lavoriamo con il comitato dei diritti civili delle prostitute, col MIT, col gruppo Abele e con la LILA e quindi, quando andiamo in giro a contrattare, si contratta sul territorio, si contrattano pezzi di stato sociale, si contrattano le cose per gli anziani, le cose per i bambini e quant'altro e io credo che queste discussioni debbano essere fatte nei direttivi, negli organismi dirigenti per forza, altrimenti poi nessuno è mai tutelato né a fare degli accordi unitari prima di presentare una piattaforma, perché così si lavora. Allora, io dicevo è certo che è diverso. Pia nella sua relazione, non do giudizi perché lei lo sa già, ma noi come sindacato lo sappiamo che sono cambiati i lavori e non siamo pronti neanche ad affrontare i nuovi lavori, lo so che è difficile con tutti i nuovi lavori che ci sono. Però se noi dobbiamo e decidiamo che affrontiamo questo e contrattiamo con le varie amministrazioni www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ pubbliche: provincia, comune, regione e quant'altro, credo che dobbiamo contrattare noi visto che contrattiamo di tutto, per nome e per conto. Credo che intanto bisogna avere la conoscenza di quello che esiste, di come è il fenomeno quindi bisogna essere preparati; bisogna sapere quale arco di associazioni c'è sul territorio, quindi fare degli accordi, far fare delle convenzioni. Insomma, lavorare assieme altrimenti accade che in alcuni luoghi si interviene poco e male mentre il sindacato interviene magari tre volte su una situazione e poi magari c'è il gruppo Abele, la Caritas. Credo che su tutto questo bisogna fare delle piattaforme normali come è il nostro mestiere. Dicevo però che su questa questione, a me è capitato, prima di arrivare a un accordo con la provincia di Novara e con tutti i comuni che affacciano sui laghi dove arrivano le ragazze per esempio da Torino, quelle a cui si riferiva Carolina, e per ogni amministrazione si è dovuto fare queste famose riunioni, assemblee con i cittadini e io le ho fatte come CGIL. E non è che poi è successo così tanto di straordinario, cioè è duro, è pesante ho chiesto sempre sia a Gigliola sia a Pia come fare perché non era il mio mestiere, me lo sono inventato e devo dire che all'interno della mia CGIL, io sono molto orgogliosa che queste persone, sia queste sia altri soggetti vengano in CGIL, devo dire che all'interno della CGIL, nel corpo della CGIL, questa cosa è vista come una cosa un po' bizzosa, invece secondo me, attorno a questo, come tanti altri temi, c'è una ricchezza incredibile di persone, di compagni e compagne anche delegati che sarebbero disponibili a questo lavoro, a lavorare insieme sui diritti generali. Una delle poche e ultime cose che volevo dire, perché molte le hanno già dette sulla contrattazione dei diritti, io volevo dire questo: è vero che si fa tutta questa discussione sui diritti umani, sulla lotta al traffico, la schiavitù, tutto quello che ...volevo fare una battuta sul turismo sessuale, qualcuno ha detto: adesso siccome ci sono le ragazze giovani albanesi, poi magari non c'è più bisogno di fare turismo sessuale. Anche qua io credo che sia un problema nostro, di cultura nel senso che vogliamo sempre dimenticare. A me pare che negli anni c'è sempre stato turismo sessuale qua, in Italia, senza andare a vedere quello in Tailandia, fra pianerottoli, in casa, anche sotto casa. Fa comodo, un po' come diceva Carolina sui treni, fa comodo non vedere, però saremmo proprio... Il turismo sessuale è sempre esistito in Italia, non lo scopriamo adesso che c'è tra regioni, tra paesi e paesi, e via. Però quando volevo parlare dei diritti delle persone sfruttate, a me pare addirittura strano che come sindacato non ci si indigni quando si vedono fare per strada, visto che quello è il luogo di lavoro, delle retate delle persone sfruttate. Visto che noi abbiamo davanti, come sindacato, altri problemi di lavoro nero, io non ho mai visto fare delle retate per chi lavora nei campi in Puglia e che raccoglie pomodori, e quindi ho sempre visto che il sindacato chiedeva di andare a cercare gli sfruttatori. L'altra questione, parlando di leggi, le leggi sono sempre premiali e anche noi come sinistra tentiamo di chiedere alla ragazza se vuole andare a fare un lavoro vediamo come aiutarla. Al raccoglitore di pomodori o all'edile che è in cima ad un ponteggio senza nessuna protezione, per rivendicare un suo diritto che è quello di emergere dal lavoro nero, non gli abbiamo mai chiesto niente, né della sua vita privata, né di quello che fa, non gli abbiamo mai chiesto niente, è un suo diritto quello di emergere dal lavoro nero. Per quale motivo usiamo due pesi e due misure? Questo è anche un nostro problema, credo, nella sinistra. Se diciamo emersione dallo sfruttamento, penso che vada fatto così; io vorrei fare tanto delle belle riunioni in CGIL con le persone sfruttate, siano esse edili o donne della prostituzione, altrimenti questa nostra mentalità non la cambiamo mai. E poi sul problema del lavoro di chi poi può andare a lavorare. Visto che la mia è una cittadina piccola, io non sono quasi mai riuscita a trovare lavoro alle ragazze che non volevano più prostituirsi, se non in delle situazioni davvero incredibili nel senso che se la colf è l'unico mestiere previsto, uno dei pochi e anche altri peggiori è nelle cooperative di pulizia, questo però è accettato anche dai sindacalisti il www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ fatto che a queste persone diano ben quindicimila lire al giorno: "beh, però è una prostituta, cosa vuole di più?", è una questione di mercato. Se poi queste ragazze che dovevano magari pagarsi loro, come se le sono pagate anche gli edili, come se le sono pagate tutti perché se li sono pagati tutti i permessi di soggiorno, molti piccoli datori di lavoro non li hanno pagati, solo che per gli uomini magari che lavoravano in un piccolo cantiere edile c'erano le testimonianze, per le colf non c'era nessuna testimonianza perché come dice sempre Carolina sono invisibili, ma anche le prostitute, sono invisibili, non hanno nome. Per cui io mi scuso se insisto sempre sul fatto che noi dovremmo incominciare davvero per essere... ...qui ci sono state poste stamattina davvero delle domande serie: decentrare, tirare fuori le risorse che ci sono, investire, perché questo pare sia il problema della CGIL però, secondo me, è impossibile, investire nelle risorse, fare un serio lavoro, altrimenti io credo che in alcuni posti la CGIL fuori abbia un lustrino: si interessa di questi problemi e quant'altro. Poi, quando si va a vedere come è difficile lavorarci dentro perché mancano risorse se ci si interessa del carcere, delle prostitute, delle lavoratrici in nero, dei lavoratori in nero, dei tossici, insomma mancano sempre risorse, a me ultimamente e stato detto che il mio è un ufficio che costa troppo perché uso troppo gli uffici legali. Stamattina qualcuno lo diceva, su queste questioni gli uffici legali devono intervenire molto di più che non per altre vertenze, comunque sempre di vertenze fatte dal sindacato si tratta. L'ultima che volevo dire riguarda la questione della legge. Io non dico che bisogna stare senza legge, però a me pare che anche noi come sindacato un po' di tempo fa avevamo scritto un documento in cui ci schieravamo per la depenalizzazione della prostituzione, quindi credo che anche da questo non si torni indietro. Ho notato tramite queste mie telefonate alle Camere del Lavoro in giro per l'Italia che molte persone della CGIL, molti sindacalisti, molti compagni mi hanno sinceramente detto che sulla questione della riforma della legge Merlin, molti di loro e di persone iscritte alla CGIL sono perfettamente d'accordo; per cui neanche tra di noi della CGIL c'è la certezza che le case chiuse siano un’esperienza da non ripetere. L’argomento della lotta al traffico e dello sfruttamento non interessa molti ma sulla questione della riapertura delle case chiuse c'è molto silenzio e a volte molto assenso. Questo a me preoccupa molto e vorrei che fosse fatto un documento anche da qua, in questo convegno perché il documento che ha proposto la signora Gasparini, io voglio che le si scriva perché se lei fa questa proposta... ... ..No, nel senso io lo vedo da un altro punto di vista, non come la signora Gasparini presidentessa della Federcasalinghe perché è una sua associazione e va bene, ma siccome la signora Gasparini è stata eletta nelle liste dell'Ulivo ed è sottosegretaria al Lavoro, quindi mi riguarda perché io sono della CGIL, allora io credo che questo non possa permetterselo. E’ vero che magari ci sono doppi... uno si toglie il cappello poi va a fare la presidentessa delle Federcasalinghe, però siccome io so che quella persona è Sottosegretario al Lavoro, allora non si può permettere di chiedere la riapertura delle case chiuse in quel modo, facendole lavorare per lo Stato, cioè non è nella nostra direzione, nella direzione della CGIL, e spero anche della CGIL, CISL e UIL. L'ultima cosa, sempre per dire il livello di contrattazione che deve avere il sindacato. Stamattina sentivo la questione della legge regionale veneta che proponeva le visite obbligatorie www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ per le prostitute. Io non voglio insegnare niente a nessuno, però so che le leggi regionali, prima di farle, bisogna sentire le organizzazioni sindacali, molte regioni non lo fanno però, appunto, lì dov'è il sindacato? È un nostro compito quello lì, dov'era il sindacato? Certamente la regione poi magari può comunque emanarle con il suo consiglio regionale, però noi abbiamo diritto di essere consultati, siccome lo pretendiamo su tutto, io mi chiedo dov'era lì il sindacato, so che invece, per esempio, in Emilia Romagna dove è il sindacato è abbastanza presente, alcune leggi regionali sono state prodotte con alcuni comuni tramite una contrattazione. Riguardo l'opinione pubblica credo che, come diceva Carolina, è giusto dare ascolto quando insorgono comitati di cittadini come i funghi, però qualora ci si pone con delle soluzioni possibili, qualora si ragiona, credo che alcune cose si ottengono. So che è difficile, però io credo sia una cosa comune; oramai si creano comitati di cittadini, di balcone eccetera, le persone sono diventate intolleranti, segnano il territorio come i cani, hanno una casa non la vogliono vedere toccata né dai bambini, i bambini non possono più parlare, ci sono bambini che vengono griffati per non farli più... cioè non c'è più rispetto per la libertà altrui e si considera la propria libertà di proprietà sul marciapiede... Non so, vengono fatte delle cose su questo io ho visto un'inchiesta interessante: in Italia il 70% delle cause civili sono dedicate a liti tra balconi e piccoli territori. Per cui io credo che quando si incomincerà a fare, la CGIL ha grandi possibilità andare nei posti di lavoro e oltre che a farla per strada, a fare scemare nei posti di lavoro questa intolleranza perché anche nei posti di lavoro è così. Ho fatto qualche assemblea sulla questione della prostituzione, sulla questione dei tossici ma mi mandano... c'è un'intolleranza anche nei posti di lavoro, i nostri mitici posti di lavoro, le nostre mitiche fabbriche, se bisogna inserire con borsa lavoro una ragazza o un ragazzo tossicodipendenti bisogna trovare la persona sensibile. Se si va a dire che una persona che è magari transessuale ha diritto anche lei di rimanere in quel posto di lavoro, qui scappano anche le tessere! Cioè dice: "Ah, va bene, se fate queste cose allora noi diamo indietro le tessere". Io non lo faccio per negatività, perché poi ci sono molte altre cose positive, però secondo me il lavoro va cominciato bene e disperdendolo sul territorio, altrimenti rimangono le poche isole felici e basta. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Elvira Banotti Scrittrice Durante il dibattito ci sono stati momenti molto alti e momenti di appiattimento. L'impressione è che il tema non sia stato mai aperto a una reale discussione fuori dai luoghi delle donne, dove invece il processo analitico ha subito grandi sviluppi. Allora, le definizioni stesse, per esempio Vittoria Tola stamattina ha insistito perché si dicesse prostituite e non prostitute che è un insulto, è proprio già un aggettivo che indica un confine, allora lei ha insistito dicendo che da quel momento lei avrebbe utilizzato questo linguaggio per indicare un tema enorme, come quello del traffico delle donne, che è discusso in tutto il mondo. Noi deriviamo da una civiltà che ha fatto del corpo femminile un servizio ed è di questo che bisogna parlare per riuscire a capire che cosa significa prostituire l'altro. Io ho trovato interessante l'analisi di Pia Covre sull'abbandono, sul cosiddetto termine dell'abbandono; di fatto, nell'impero romano veniva data una licenza stupri che era una etichetta che toglieva alla persona così prostituita i diritti alla cittadinanza, alla difesa, alla tutela e all'appartenenza. Quindi, è un vecchio pensiero che viene avanti nella legislazione che veniva analizzata da Pia questa mattina. Allora, il depenalizzare deve aprire un grande confronto su che cosa significa prostituire un altro corpo, su che cosa significa vedere in fila un uomo dietro l'altro che abusa di una persona. Quando si parla dello stupro di gruppo, si dimentica che ha una lunga storia: nella casa chiusa lo stupro di gruppo era la prassi ed era quella cultura che alimentava nella mente dell'uomo l'esaltazione che noi vediamo ancora oggi conservata quando alcuni giornalisti o alcuni attori o uomini di rilievo dicono: "Ah, io ho frequentato la casa chiusa, che meraviglia" eccetera. Era il luogo dove si esaltava questa maniacalità maschile e questa negazione del corpo femminile. Non si può dire turismo sessuale perché è sessuofobico, come non si può usare la parola omofilia perché è omofobia, cioè un uomo non ama i bambini quando li tortura, ma li odia, li disprezza. Attenzione al linguaggio, è importantissimo perché ci aiuta ad elevare le nostre emozioni e la nostra sensibilità nell'orientamento del pensiero e nell'individuare il terreno. Allora vedo questo grande lavoro di persone che inciampano continuamente nella persona prostituita e nel tossicodipendente, si inciampa su quelli, non si inciampa sul cosiddetto cliente. Io metto una sottolineatura su questo mascalzone che viaggia per il mondo violentando bambini; nella conferenza di Pechino è stata posta una grande attenzione a questo problema di questa violenza che si è alimentata proprio in questa idea che nella prostituzione si giochi qualcosa di trasgressivo. Non è così, si giocano gli ultimi residui della coscienza schiavista perché nella sessualità non si può prescindere dall'altro, l'altro ha il significato di mobilitare le nostre emozioni che si mobilitano proprio in questo scambio. L'abuso che si fa di un corpo, indica che non si vuol parlare di sessualità, quindi c'è un continuo elevare il discorso e abbatterlo. Allora, vi vedo lavorare tutti come infermieri, cioè siamo tutti lì che lavorano sui campi dove ci sono i feriti, i moribondi e i morti e nessuno sta sulla lotta di confine per combattere. E quindi, mentre la linea di combattimento è scoperta, la linea della lotta del chiarimento eccetera rimane coperta con dei progetti che in fondo appiattiscono questo problema e non permettono un dibattito sulla sessualità. Come mai non c'è un progetto sul cliente? La considerazione più interessante l'ha fatta un ragazzino durante un'inchiesta delle Nazioni Unite sullo sfruttamento dei minori in Tailandia, lui ha detto: "voi ci potete aiutare soltanto colpendo le cause". Ecco, allora le cause, come mai non c'è www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ qualcuno che lavora sulla mente di questo schiavista che passa in pochi secondi sul corpo di un altro ignorando? Io ho molta stima per il lavoro che hanno fatto in questi anni, anche se ci siamo combattute con il comitato guidato da Carla Corso, ma c'è un libro di Carla Corso che è molto interessante: noi dobbiamo avere il rispetto altissimo di questo dolore che viene provocato alle persone che vengono sopraffatte su un terreno che è proprio quello della nostra identità. Guardate che la genitalità è sottovalutata nella nostra cultura perché fa parte di una cosa di cui non si parla e nel mondo della sessualità può succedere di tutto. Noi vogliamo chiarire cosa sia la sessualità e quanta importanza abbiano per noi le combinazioni emotive, i processi ormonali, i significati mentali del nostro corpo. Quindi, in questo lavoro di intensificazione nella modernità di che cosa significa per noi essere integri ed esprimerci, io vorrei inserire questo e vi prego di finanziare qualche lavoro per colpire la causa, per studiare la patologia del cliente, per studiare perché con c'è un'attenzione maschile alla fisicità femminile, perché il 70% delle donne sono anorgasmiche ed è un fatto di una gravità impressionante. Quest'uomo che usa la prostituzione ritorna a casa ed è uno stupratore perché è uno che è abituato a scavalcare il corpo dell'altro, le sue sensazioni, i suoi stati d'animo, tutto. Quindi, noi stiamo andando verso una società che si desessualizza. Vi prego di tenere presente l'importanza di questo tema, i ragazzi chiedono l'introduzione della coscienza sessuale che è una conoscenza altissima e nessuno vuole affrontarla, nessuno si sente in condizione di affrontare che cos'è la sessualità che è l'educazione ai significati emotivi di un corpo. Perché non si investe in questa direzione? Perché si continua a far sì che invece la cultura dell'abbattimento dell'altro prenda il posto delle relazioni. E su questo vi invito a riflettere. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Betty Leone CGIL Nazionale - Segreteria Confederale Noi oggi avevamo un'ambizione molto grossa perché abbiamo messo insieme, in questa riunione, tante cose che sono tra di loro intrecciate e quindi apparentemente certe volte anche lontane e non districabili: la questione della tratta, la questione della prostituzione ma che hanno una differenza; la questione dell'immigrazione distinguendola, cioè apparentemente abbiamo scelto un percorso complicato che è il percorso che normalmente non si fa perché prevale l'idea che è meglio distinguere per non fare confusione. Noi abbiamo scelto, o meglio, Gigliola ha scelto e io ho condiviso, che invece si dovesse proprio mettere i piedi nel piatto nella confusione per chiarirla e per cercare di evidenziare come tanti discorsi, in qualche modo, trovano una specie di incrocio e che alla fine bisogna trovare le parole chiave per districarsi dentro questo incrocio di cose differenti che qui sono state, appunto, dette e che io condivido. Cioè, condivido profondamente che non si può confondere il problema della prostituzione con il problema dello sfruttamento della prostituzione e della tratta, che sono un'altra cosa; che non si può parlare di prostituzione come se fosse un reato da cui in qualche modo pentirsi e che quindi va distinta questa situazione e che non possiamo, anche nel nostro inconscio, continuare a pensare alla prostituzione come a un reato e che comunque anche dentro la prostituzione va riconosciuto un diritto di autodeterminazione. Io capisco il discorso che adesso faceva Elvira perché è un po' il sentire anche più comune, però è vero che in questi anni è venuta avanti una cultura di autodeterminazione anche dentro la prostituzione. Noi non possiamo non prendere atto di questo, non possiamo continuare a interpretare con vecchie culture; del resto Pia poi faceva un'analisi, secondo me giusta, che è quella di dire: naturalmente questo strumento appartiene a chi è forte. E qui emerge l'altro punto, cioè quello che fa la differenza non è la scelta di prostituirsi, ma è la libertà che c'è in questa scelta, è gli strumenti che i soggetti hanno, è quello che ti rende possibile scegliere o no. E che allora le politiche, probabilmente, per ritornare all'idea di Gigliola che non dobbiamo fare un seminario ma dobbiamo ragionare delle politiche, appartengono a questa seconda questione, cioè al riconoscimento della debolezza e alle politiche per uscire dalla debolezza. Allora, ci sono due poli: la tratta è collegata alla debolezza, la debolezza di essere donna in certi consessi civili, in certi territori, l'essere indifese rispetto a questo ma non sempre corrispondono, come qui abbiamo visto in alcune testimonianze, a uno standard di comportamenti. Perché giustamente nelle discussioni che sono state fatte oggi per esempio si sono distinte delle storie per grandi linee per esempio quando noi dicevamo: le nigeriane prevalentemente hanno una storia, le albanesi prevalentemente hanno un'altra storia, naturalmente non sono storie assolute perché naturalmente c'è un'individualità anche dentro questi gruppi e magari ci sono persone che non stanno nella media della storia, ma ci sono storie che stanno dentro la cultura di queste donne, di questi popoli e che qualche volta appartiene anche alle donne immigrate l'idea di scelta della prostituzione, cioè di scegliere una strada per... Certo, forse non prevedono di trovarsi nella trappola, non prevedono strumenti, non prevedono il contraddittorio che si apre tra loro e le prostitute più forti, quelle che possono contrattare, quelle italiane che hanno fatto un altro percorso anche perché hanno un'altra storia, ma questo è altro. Allora, dentro questo groviglio di cose e di contraddizioni, come ci si deve muovere? Io credo che ci si debba muovere sempre usando le www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ parole chiave che noi abbiamo sempre usato quando parliamo di diritti e di solidarietà in generale, cioè che le parole chiave poi rimangono sempre le stesse che sono: dignità, libertà, autodeterminazione e cultura della tolleranza, soprattutto è questo. Cioè, è possibile intervenire su questi fenomeni tentando di riportare tutto a una regolamentazione? Oppure il lavoro che bisogna fare è proprio il lavoro della cultura della tolleranza, cioè anche dell'accettazione che alcune cose non possono essere regolate ma che vanno capite, vanno utilizzati gli strumenti per toglierle dalla marginalità, cioè per toglierle da quel tanto di sofferenza che è dovuto alla situazione sociale? Un sindacato, un partito deve avere un indirizzo morale, cioè quello di salvare chi sbaglia, o deve semplicemente creare le condizioni per non aggiungere sofferenze ai percorsi individuali? Qual è il punto, chiedeva Ersilia e a me sembra la domanda pregnante, di incontro tra l'autonomia dell'individuo e invece la costruzione sociale e la costruzione giuridica? Io condivido molto quello che lei diceva che questo è il nodo sul quale si aggroviglia la società moderna, perché la società moderna è caratterizzata da una forte presa di coscienza degli individui: un aumento della cultura, un aumento delle possibilità, un aumento della comunicazione. Questo tende, in qualche modo, a colludere con la cultura classica che era anche della sinistra che ha sempre costruito invece più un concetto ed un principio di costruzione di regole sociali, dentro le quali si potesse in qualche modo esprimere l'individuo ma la prevalenza era la regola sociale, l'ordinamento, quella sulla quale io misuravo anche il progetto. Noi oggi viviamo una certa difficoltà perché, in realtà, non riusciamo a mettere bene questo bisogno dei soggetti di autodeterminarsi con, però, il problema che comunque una società senza regole non dà libertà di autodeterminazione perché in realtà garantisce soltanto i più forti. Questo è il punto, secondo me, sul quale poi cade tutto, è il nodo della società moderna, è il nodo di tutta la discussione sullo stato sociale e su che cosa significa riformare lo stato sociale rispetto a nuovi bisogni, a nuove situazioni e anche capendoci tra di noi. Io, per esempio, nella costruzione del documento sullo stato sociale della CGIL, ho scontato una difficoltà di comprensione anche con i compagni e le compagne immigrate: ho dovuto togliere un pezzo di quel documento perché i compagni e le compagne immigrate l'avevano vissuto come offensivo perché scrivevo che questo stato sociale doveva prendere atto del fatto che esistevano nuovi soggetti che sono portatori di diritti e di bisogni come gli immigrati. Noi non possiamo non fare i conti che siamo una società multiculturale e multirazziale, che andiamo verso questo e che si creerà una... Però questo è stato vissuto e io alla fine non sono riuscita a spiegare perché i compagni e le compagne immigrate vivevano questa determinazione come se io avessi scritto che lo stato sociale italiano era messo in crisi dal fatto che c'erano più domande, e che quindi gli immigrati potevano essere vissuti di nostri come quelli che creavano la crisi dello stato sociale. Non sono riuscita a farmi capire e alla fine ho preferito toglierlo perché piuttosto che avere una non chiarezza con noi, ho tolto il pezzo. Ma questo significa che dobbiamo fare molta strada anche tra di noi in questa fatica del connettere questo rapporto, questa possibilità di rispondere in maniera certo non semplificata, ma di mettere insieme l'idea che dobbiamo difendere a tutti i costi l'autodeterminazione dei soggetti. Ma l'autodeterminazione dei soggetti non si difende senza una regola che garantisca l'accesso alle opportunità. Giustamente nei racconti di tutti si evidenziava che esiste un percorso di diritti che dà opportunità. Io sono molto d'accordo che esiste un problema anche di contrattazione individuale dentro anche il percorso della prostituzione, ma come si fa a contrattare se non si vive se stessi come una forza, come un potere e che cos'è che mi dà questo? Io credo che innanzitutto è la cultura, l'istruzione, la formazione, quindi il sapere, chiamiamolo così, forse il sapere è una parola che dice di più. Ecco, il sapere è importante, il sapere passa attraverso al comunicazione con culture diverse; passa attraverso la strumentazione www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ di mettere insieme, di capire la cultura degli altri, come diceva Carolina, ma anche di esplicitare la nostra perché l'altro capisca qual è l'impatto, qual è il punto in cui non ci comprendiamo, quali sono le storie culturali diverse. Quindi, il sapere è la prima garanzia e quindi tutte le politiche cosiddette di accoglienza, dovrebbero avere al proprio centro esattamente questo: il primo elemento dell'accoglienza è il sapere, cioè la strumentazione per stare dentro a una società che ci è estranea ma per dare a questa società la possibilità di venirti incontro, sapendo che cosa tu mi chiedi, qual è l'obiettivo. E poi sono sicuramente la salute e il lavoro, sono garanzie importanti, la possibilità di scegliere se voglio un lavoro o non lo voglio. Cioè, esistono degli elementi. Allora esiste una società che comunque si deve strutturare per e io credo che questo sia il compito del sindacato; cioè, io penso che noi, e sono d'accordo con le cose che diceva Margherita, quando pensiamo alla contrattazione territoriale dobbiamo tenere presente questo. Questo appartiene all'idea che noi contrattiamo condizioni per tutti i soggetti che sono in quel territorio e questa e la politica generale che noi dobbiamo fare ed è la politica dell'inclusione, è la politica del diritto per tutti. Naturalmente poi esistono politiche specifiche, sono quelle che fanno i nostri sportelli. Sono pochi è vero: noi dal '94 ad oggi non abbiamo camminato molto nell'estensione degli sportelli. In realtà, in tutte queste nostre riunioni che riguardano tutta la questione di questa fascia nuova per noi, per la CGIL, di discussione: dalla prostituzione ad altri problemi, come può essere quello della tossicodipendenza e altri, noi troviamo sempre le stesse strutture. Cioè, in realtà sono le grandi città che si sono attrezzate a rispondere ad una domanda che per loro diventava importante anche dentro ai posti di lavoro per cui la CGIL, alla fine, pur di dare una risposta a delle contraddizioni, si attrezza. Non siamo riusciti a fare il cammino invece che questo dovrebbe essere una delle modalità per intervenire e noi veniamo chiamati ad intervenire solo nell'emergenza. Voglio dire, al comune di Perugia c'è l'emergenza prostituzione, l'anno scorso, allora telefonano al nazionale, fanno una grande iniziativa dove dentro ci sono tutti, regionali eccetera, e ci sono io che spiego quali politiche si dovrebbero fare. Dopo di che si chiude perché c'era un problema di emergenza e tutto torna come prima. C'è questa modalità che io credo dobbiamo rompere. Ora, avendo fatto il percorso del tentare in questi anni la costruzione di sportelli per i diritti, e avendo visto che questo percorso è un percorso fecondo ma che funziona solo in alcuni luoghi, probabilmente noi oggi dobbiamo pensare ad una riorganizzazione... *** ...di questa strategia che significa continuare a sostenere, naturalmente, gli sportelli lì dove ci sono, ma che significa probabilmente qualificare diversamente i nostri sportelli INCA. L’INCA c'è dappertutto, cioè l’INCA c'è nei paesini più remoti, probabilmente il nostro problema è di, prima ancora che della formazione dei delegati di cui pure abbiamo parlato, con molta difficoltà siamo riusciti a fare pochissimi corsi di formazione che prendessero in considerazione la tutela dei lavoratori e lavoratrici che avevano problemi speciali, per esempio uno dei problemi che abbiamo discusso anche in un convegno l'anno scorso era questo del rapporto lavoro-transessualità, però sono pochi i posti dove siamo riusciti a fare anche formazione ai delegati. Allora forse bisogna un po' ripiegare, se vogliamo alla fine costruire questa rete di diritti e di tutele, sull'idea di costruire la formazione dello sportello INCA in maniera diversa, in modo che sia possibile avere un avamposto www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ ovunque, con una nuova costruzione. Io credo che questo è uno dei primi elementi, il primo impegno che ci possiamo prendere da questa riunione, cioè tentare con l’INCA un percorso l’INCA è il nostro patronato, credo lo sappiano tutti, è il patronato che tutela e difende i lavoratori in tutte le loro forme - e tentare quindi con loro un'operazione di impegno e di campagna su questa questione dei nuovi diritti e anche di formazione. Questo potrebbe essere un elemento per fare arrivare, al di là delle questione delle risorse che piccole Camere del Lavoro in parte hanno oggettivamente, in parte sono una copertura. Cioè, quando ti dicono: "noi non abbiamo i soldi per mandare uno a Roma alla riunione", siccome poi se si fa un direttivo ne vengono in dieci, quelli del direttivo e anche quelli no perché è vario e interessante, è ovvio che è una scelta politica pur dentro la ristrettezza delle risorse, cioè si sceglie quello che sembra il percorso del lavoro quotidiano e normale del nostro sindacato, le cosiddette "cose più importanti". Siccome io invece penso che non esistano cose più importanti e cose meno importanti, esistono le risposte che noi dobbiamo dare alle domande che ci vengono, e siccome sono convinta che le domande vengono non solo nei posti in cui siamo attrezzati ma molto di più vengono negli altri posti, penso a che cosa significa oggi anche il rapporto con immigrazione, prostituzione e criminalità che non sono la stessa cosa ma rischiano di essere intrecciati dentro questa questione dell'Albania e i problemi del Mezzogiorno, che sicuramente è il meno attrezzato a rispondere con una sua struttura a questa situazione. Quindi io credo che questo è uno dei primi impegni che noi dobbiamo prendere. L'altro sicuramente è un impegno più culturale e quindi più difficile sul quale io credo che un lavoro abbiamo fatto in questi anni, e penso che il fatto che abbiamo portato un documento al congresso e che questo documento è stato votato, più o meno coscientemente, però era un documento congressuale, era un documento a parte che la gente riceveva, che abbiamo discusso di questo e abbiamo fatto discutere di questo il congresso, non è indifferente per la discussione culturale dentro l'organizzazione. Il fatto che noi non consideriamo questo appunto un impegno sporadico ma che dimostriamo nelle riunioni che facciamo periodicamente, certo non molto spesso ma periodicamente perché noi abbiamo una continuità di lavoro su questi temi al centro confederale ormai da anni, costruisce comunque una cultura. Il fatto che questa locandina sia andata in tutte le strutture, comunque è un messaggio che va alle nostre strutture, cioè il messaggio è che un centro si organizza. Poi non è tutto perché naturalmente il messaggio si può anche esorcizzare dicendo: "va beh, sono quei soliti pazzi sempre gli stessi" però comunque è un messaggio... ...Gigliola... ...Gigliola e Betty che è quella degli sfigati, ormai siamo in due, facciamo delle cose un po' strane. Io credo che quindi un percorso in ogni caso sia aperto. Qual è adesso il passo avanti che noi dovremmo fare? Io penso che il percorso era quello che ci indicava Agnoletto: bisognerebbe spingere la nostra organizzazione, che sta molto ragionando sulle questioni della sicurezza, e la sinistra anche perché questo è uno dei nodi sui quali si giocherà, tra l'altro, il confronto destra sinistra, a ragionare su che cosa significa sicurezza sociale per tutti. Questa mi sembra una chiave importante sulla quale poi può entrare la discussione, appunto, su come recepiamo il fenomeno anche della prostituzione dentro l'idea della sicurezza delle città. Noi stiamo ragionando anche sul fare un'iniziativa specifica su questo appunto per allargare l'orizzonte, però credo che questa è la www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ chiave dentro la quale si possono ricomprendere sia la cosa che dicevo prima della cultura della tolleranza contro la cultura della repressione. Cioè, quello che noi dobbiamo decidere come sinistra che oscilliamo continuamente tra una cosa e l'altra e se noi siamo convinti che la sicurezza si garantisce creando una rete di cultura tollerante ed una serie di risposte sociali, non solo la cultura, la cultura ci può portare a dare una serie di risposte sociali, cioè i servizi, cioè l'accoglienza, cioè la possibilità di, oppure se la sicurezza sociale si costruisce attraverso al repressione. Questo dibattito nella sinistra non è chiaro e io credo che il sindacato dovrebbe dare una mano a approfondire questo dibattito e questa chiave di lettura. Perché poi, attraverso questo, nasce l'accettazione o meno della cultura della riduzione del danno, perché la cultura della riduzione del danno è esattamente questo ed è in qualche modo io dico il confrontarsi tra la cultura del limite e la cultura dell'onnipotenza. Perché la cultura del limite è quella che ci fa accettare che non tutto ha soluzione, come piacerebbe a noi, ma che comunque dobbiamo lavorare per ridurre il grado di impatto di sofferenza individuale e collettiva che viene dalle situazioni. Dico individuale e collettiva perché esiste un problema di sofferenza individuale delle persone dentro, appunto, l'inserimento, e collettiva perché è chiaro che esiste anche una sofferenza di quel territorio che non riesce ad accettare un fenomeno, che non riesce a capirlo, che lo vive come minaccioso, che si difende con politiche regressive. Cioè, una società sempre più insicura come la nostra, in fondo è una società di infelicità anche per chi in qualche modo pensa di reagire facendo le ronde di quartiere, non è un segno di forza quello ma è anche quello un segno di sofferenza sociale. Quindi, una riposta alla conferenza individuale e collettiva ci spetta, come forze sociali che vivono nel mondo del lavoro ma non solo, ma ci spetta un ragionamento un po' più complicato su questo elemento. Allora, una volta fatta chiarezza su questo, le politiche di stato sociale sono politiche che servono alla coesione di una società, alla sicurezza di una società? Si può pagare qualche prezzo per la sicurezza sociale intesa in senso lato? Oppure no, e questa è la spesa da tagliare perché è la spesa improduttiva? Questa è l'altra grande questione che secondo me non c'è per niente dentro il dibattito dello stato sociale. Cioè, dentro il dibattito dello stato sociale non esiste l'idea che stato sociale non è soltanto la protezione dei più deboli: è proprio quel modello in cui si costruisce il patto tra l'individuo e la collettività, attraverso le risposte che lo stato sociale può dare. E questo è un elemento che sta molto, secondo me, deviando. Ora, a parte che noi continuiamo a fare queste discussioni sullo stato sociale sempre sulla base di emergenze economiche, questo di per sé devia, però anche quando si tenta di dargli un'altra dignità, alla fine finiamo col fare un ragionamento di contrapposizione tra soggetti: giovani e anziani, garantiti e non garantiti, donne e uomini, sicuri e insicuri e non affrontiamo mai che cos'è uno stato sociale. E non facciamo mai il conto con il fatto che lo stato sociale e i servizi che una collettività può dare, creano non solo il grado di coesione ma il grado di affezione del cittadino ai servizi. E il disagio che si crea anche in un quartiere, anche in una città, forse si può vincere con una serie di strumenti che non sono soltanto strumenti di repressione ma che sono risposte. Certo, è un percorso molto difficile, qui tutti gli esperimenti e le discussioni che si facevano oggi lo dicono, è un discorso molto difficile perché è in controtendenza rispetto alla cultura dominante, ormai in qualche modo sostenuta appunto dalla insicurezza che in questa società è data anche dal modello di produzione. Cioè noi siamo sempre meno sicuri in questa società: non c'è più il lavoro sicuro, non c'è più l'identità nazionale sicura, siamo minacciati da tanto, appunto, siamo minacciati anche dallo straniero che viene. Cioè, la nostra società ha molte più insicurezze quindi è chiaro che o noi siamo capaci di intervenire su questo nodo, oppure è molto complicato trovare delle ricette semplificatorie che diano risposte. Allora, credo che questo invece è uno degli elementi della nostra iniziativa ed è fortemente www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ collegato alla discussione che stiamo facendo sullo stato sociale, mi piacerebbe che il sindacato riuscisse a mettere all'ordine del giorno di questa discussione anche questa questione: sicurezza sociale come fonte di coesione, come fonte di opportunità e di democrazia, a base di questa politica di sicurezza sociale è la cultura della tolleranza e la cultura della tolleranza sostenuta, però, da una strutturazione sociale di servizi. Credo che questo dovrebbe essere il vero asse sul quale apriamo una discussione diversa. Detto questo rispetto alle politiche e agli impegni che può prendere il sindacato, poi non rispondo anche alle domande più circostanziate che sono state fatte, che sono: come ci impegniamo per difendere i diritti anche dei transessuali nei posti di lavoro, il percorso di lavoro perché rispetto a questo noi seguiamo il percorso classico. Voi sapete ci siamo già impegnati, c'è un impegno, tutta la nostra organizzazione sa l'impegno caso mai è, appunto, di rendere più capillare attraverso il coinvolgimento dell’INCA questo lavoro in modo che tutti possano trovare una risposta. Poi noi abbiamo tentato anche di costruire anche una rete tra i servizi, sapete il lavoro che abbiamo fatto col S. Camillo eccetera, perché poi compito nostro è anche quello di mettere in relazione risposte differenti proprio perché, essendo sempre a un punto un po' di snodo, un po' di incrocio, noi poi organizziamo i diritti, ma organizziamo anche gli operatori che lavorano nei servizi che dovrebbero dare le risposte, Questo è un luogo privilegiato per noi, in qualche modo e quindi noi non possiamo sottrarci alla responsabilità di gestire questo luogo privilegiato. Ecco perché siamo anche un luogo che può costruire relazioni, utilizzando il fatto che gli operatori dei servizi sono nostri iscritti, quindi che si crea una relazione anche di responsabilità, di responsabilità reciproche... ... ...Non è sempre un guaio, certo noi, la CGIL dove vivono donne e uomini nella cultura... anzi, dirò di più: la CGIL è un sindacato a forte cultura operaia e gli operai non sono mai stati dei tolleranti, la cultura operaia non è una cultura tollerante, anzi è una cultura fortemente moralista e intollerante, quindi caso mai dobbiamo fare un grande lavoro se pensiamo alle radici culturali della nostra organizzazione, non è semplice. Infatti lei diceva: mi dicono te li mando tutti a te a Torino, e come quando qualcuno discute del fatto che forse si possono scambiare le pensioni di anzianità con l'età pensionabile delle donne, che forse è impossibile farlo però la cultura è quella. Detto questo, e mi pare che qui ci si interrogava non soltanto su un impegno specifico ma anche su come un'organizzazione come la nostra che si spende anche sulla costruzione del senso comune e quindi sulla costruzione delle culture che vivono nella società perché, appunto, come io ricordo sempre, siamo pur sempre quelli che organizzano cinque milioni di lavoratori, quindi una responsabilità ce l'abbiamo anche nella costruzione del senso comune, in qualche modo la richiesta che veniva era: voi siete disposti a schierarvi di nuovo su questa battaglia, a farne una battaglia aperta e a rilanciare anche rispetto a questa discussione che si sta rilanciando sulla revisione della legge Merlin? Io credo che la risposta è sicuramente sì, siamo disposti; credo però che la frontiera non sia quella di una legge sulla prostituzione. Io sono molto d'accordo con Ersilia Salvato, credo che sarebbe un errore forte perché noi non riusciremmo, non solo in questo clima culturale ma io penso anche in un clima culturale meno difficile di quello che abbiamo oggi che necessita di tutti questi compromessi tra diecimila culture, a districare proprio qui il rapporto tra www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ autonomia e regolamentazione collettiva perché è il punto più difficile, è il punto dove dentro c'è questo grande elemento, questo buco nero della personalità di ciascuno di noi che è la sessualità dentro il quale precipitano troppe cose, spesso indistinte. È difficile pensare proprio su questo nodo di riuscire a trovare questo circolo virtuoso che mette insieme autonomia individuale e regolamentazione, più spesso la regolamentazione diventa controllo. Io poi colgo un'altra cosa che era anche importante nelle cose che diceva Elvira, cioè noi dobbiamo ragionare che esiste questo nodo e che alla fine questo tabù che ci portiamo da millenni è quello che costruisce poi tanti comportamenti, dobbiamo pensare che va fatta un'azione anche per rimuovere e per discutere apertamente questo groviglio che è il problema della sessualità. E della sessualità maschile condivido, non perché non sia complicata la sessualità femminile ma perché noi abbiamo avuto coraggio da più tempo di ragionare di questo e siamo molto più avanti nella discussione e nella coscienza. Io penso che ci sono una serie di nodi molto più non chiariti ma insomma molto più evidenti che non dentro, quindi è chiaro che questo è un altro dei punti sui quali bisogna agire ma sicuramente non si può agire con una legge, proprio per la complessità. Allora io qui condivido la linea che distingua fortemente traffico da prostituzione. Allora, vogliamo ragionare sullo sfruttamento, il traffico come ragioniamo e come eliminiamo, cioè la discussione che aveva introdotto Tola questa mattina? Sì, evitiamo che questo si confonda con la revisione della Merlin, io metterei questa discriminante. Cioè evitiamo che la discussione su questo sia la revisione della legge Merlin, sono due cose diverse perché questa confusione porta alla regolamentazione della prostituzione che io credo non ci aiuterebbe affatto penso che anzi cristallizzerebbe una serie di contraddizioni che qui sono stati molto evidenti e metterebbe per l'ennesima volta insieme, senza distinzione, il soggetto debole con il soggetto forte, quello che rivendica una autodeterminazione a cui io pure debbo rispetto è quello debole che subisce; una normativa le rimette di nuovo insieme non distinguiamo più né politiche né possibilità differenti. Allora io sono per distinguere. Poi sono d'accordo con lui che una legislazione invece su tutta questa questione che riguarda appunto lo sfruttamento, la tratta, che cosa significa questo in relazione anche alle possibilità di sottrarsi allo sfruttamento, vada tentata e condivido il giudizio di Carolina che l'approccio che è stato fatto nella legge sull'immigrazione è un approccio molto debole molto contraddittorio. Penso che bisognerebbe aprire un ragionamento più serio su questo punto e che forse però potremmo utilizzare quel punto come l'elemento sul quale cominciamo a fare un ragionamento più ampio per richiedere, appunto, un approfondimento e una discussione che esca fuori da questo fatto specifico dell'immigrazione e invece affronti la questione nel suo insieme. Rifiuterei l'altro terreno che mi sembra un terreno non utile in questo momento. Per cui, per riassumere, il nostro impegno è quello di in qualche modo estendere dentro l’organizzazione, più di quel che siamo riusciti a fare in questi anni, la cultura della difesa dei diritti di tutti nel lavoro, ma non solo, come facciamo per tutti gli altri; la costruzione di una cultura della sicurezza sociale che passi attraverso un'altra idea di rapporto tra autonomia e regolamentazione collettiva; l'impegno a ragionare perché l'autodeterminazione diventi una occasione per tutti, cioè che tutte possano decidere di e quindi una politica anche comunque dia degli strumenti a dei soggetti più deboli, il rifiuto di una regolamentazione della prostituzione. Mi sembra che questi sono i quattro punti sui quali possiamo prendere un impegno. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Anna Piccioni Casa delle Donne Quest'incontro, secondo me, è stato carico di stimoli e avrebbe meritato più di una giornata perché, naturalmente, anche le persone che se ne sono andate hanno dato stimoli e poi non hanno seguito. È una brutta abitudine quella di intervenire e poi di andarsene, anche perché non si raccolgono quelli che possono essere gli incontri del pensiero. Intanto l’intervento precedente è stato importante perché ha dato un quadro limitato però di quella che è la storia della prostituzione che è una storia molto lontana ma bisogna guardare l'insieme di questo panorama storico e della memoria storica, e quindi ampliarlo e mettersi in condizioni di capire che quello che sta ritornando è qualche cosa che assomiglia ai corsi e ricorsi storici. Questo modo di vedere la storia è ormai superato perché viene da ulteriori riflessioni la nostra possibilità di reinventare la storia, non viene da un ricorso così dannoso come potrebbe essere quello delle case chiuse. Da questo che dimostrazione viene? Dimostrazione di paura di che cosa? Allora qui io mi rivolgo a quell’intervento che ha fatto Elvira Banotti, la paura fondamentale è quella della perdita di una ricchezza come la sessualità perché la parola tolleranza è una parola, secondo me, molto ambigua. Tolleranza nel senso di non repressione, ma tolleranza è una parola brutta perché io tollero, come tollero? Quando l'intervenuta di poco fa ha chiamato la sessualità un buco nero, mi ha fatto venire male a tutta la persona, come deve essere questo visto come un buco nero? Noi sappiamo che cosa ci fa la chiesa; noi sappiamo che cosa ci fa una tradizione terribile, ma mica possiamo trattare questo soprattutto sulla prevenzione sanitaria! Allora ha ragione la Banotti quando ha detto: "Qui abbiamo sentito un sacco di infermieri, un'infermieristica", ma questo va affrontato nelle radici fondamentali. E non è noi che dobbiamo andare a curare il cliente, ma vedere socialmente come viviamo e come possiamo vivere, qui Elvira mi ha ricordato, e l'ho sentito fortemente anch'io, la ragazza che ha detto: "sento sempre freddo" il freddo della morte. Significa sconfessare, umiliare, mortificare la sessualità, significa metterla insieme al freddo della morte. E questo non è uscito minimamente, tutto un insieme che aveva il rimedio le malattie e le malattie sono uno scotto che si paga di qualunque cosa, si paga anche l'influenza, si paga anche la bronchite, io pago la bronchite, per esempio. Quindi, se noi mettiamo questo sul punto della massima attenzione alla malattia, questo significa vergognosamente evadere quello che è una radice fondamentale della nostra vita. È chiaro che non possiamo legiferare, è chiaro che non possiamo regolamentare, è chiaro che dobbiamo salvare qualcosa, ma mi sembra che debba diventare più chiaro quali sono le radici fondamentali del nostro vivere, tra le quali radici fondamentali c'è la sessualità. Per quanto le varie chiese abbiano lavorato contro per distruggerci, per rovinarci, per caricarci di pregiudizi, non possono essere arrivate a tanto. Allora la società non può afferrarsi e convalidare le cose di questo genere, il sesso fa paura, questo è fondamentale. E allora trattando della prostituzione, il discorso è più largo, però sfugge, anche nei riguardi di quello che Elvira diceva, e lì non sono d'accordo, la comprensione del cliente il quale cliente non si accorge di sottoporsi alla sua mortificazione umana, alla sua umiliazione umana e allora in questo ritiene di essere forte perché esercita un potere che è distruzione, ma non siamo noi che possiamo occuparci di capire il cliente. I clienti se ne accorgano, si guardino. I clienti sono diventati poi clienti di compra bambini eccetera., e qui chiudo perché il discorso è lungo. Noi abitiamo il paese delle donne, la casa delle donne al Buon www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Pastore che era la casa delle fanciulle traviate, cioè di quelle che si mettevano in mano alle suore, in mano alla capacità ecclesiastica di recupero, finendo nella loro distruzione completa, era la casa delle fanciulle traviate e con questa arrivavano, per salvarsi da una distruzione, alla loro distruzione completa, Questo è, e noi che noi viviamo là dentro siamo particolarmente impegnate a scavare in quelle che sono le radici profonde della nostra vita, una radice profonda della nostra vita è proprio la sessualità. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Claudio Giardullo Segretario Nazionale del SIULP Prima considerazione : il tema della prostituzione in Italia e` estremamente complesso ed il rischio e` quello di semplificarlo troppo.Dal dibattito culturale e dalle proposte di legge emerge che in Italia si e` ancora fermi a questo punto: tenere in piedi la legge Merlin o riaprire le case chiuse. Siamo in estremo ritardo, dobbiamo sgombrare il campo dagli atteggiamenti: ideologici o moralistici e dobbiamo considerare che, in tema di prostituzione, la situazione è molto cambiata in questi ultimi anni. Oggi infatti prostituzione vuol dire “business”, mancanza di tutela dei diritti, organizzazione criminale a livello internazionale; il tema fondamentale, comunque, che resta spesso in ombra e che non viene affrontato correttamente è quello della tutela dei diritti, diritti della persona calpestati, persone ridotte in schiavitù, persone-oggetto di affari di immani dimensioni. Certamente questo tema è molto scomodo perchè attraversa trasversalmente molti ambiti: quello dell’ordine pubblico, quello sociale, quello dell’organizzazione della città. Perciò, secondo me, andrebbe affrontato con molta chiarezza, senza mistificazioni e con la consapevolezza che: non ci sono ricette miracolose o risolutive, l’approccio non deve essere solo di ordine pubblico. Si ha bisogno di una strategia complessiva che riesca a coniugare i tre diversi aspetti del problema (sociale, di ordine pubblico, di organizzazione della città`). Certamente in questi ultimi anni alcune situazioni difficili da gestire a livello di quartieri in certe città (es. manifestazioni di intolleranza a Torino) hanno fatto rimbalzare il problema ai mass-media. Inoltre qualche volta si scopre che ci sono minori o donne ridotte in schiavitù, con situazioni inaccettabili alle soglie del 2000; di fronte a tutto questo c’è spesso la tendenza, da parte degli organi competenti, a rincorrere l’emergenza. Del resto si ha bisogno di una strategia articolata senza pensare di poter affrontare la prostituzione dal punto di vista solo del fastidio, ma d’altra parte non si può negare che in alcune realtà il problema del fastidio esiste e si lega al problema della paura. Questo è un passaggio molto importante perchè quando si ha paura, non si è sicuri, si fanno richieste allo Stato di ordine pubblico; l’insicurezza e la paura dei cittadini spingono lo Stato ad adottare misure severe e repressive : del resto l’insicurezza crea condizioni favorevoli per politiche conservatrici e di restaurazione. Per cui è molto grave non voler capire che il problema del “fastidio”, evidente in alcune città, può ingenerare insicurezza e avere dei risvolti molto negativi come, ad esempio, quello di stabilire continui legami con l’immigrazione. Per esempio, per come si è andata organizzando la prostituzione in Italia in questi ultimi anni, è molto facile pensare che il dissenso rispetto al fenomeno prostituzione diventi dissenso rispetto al fenomeno immigrazione. E allora? Che fare? Approntare strategie articolate. Innanzi tutto non si può affrontare il fenomeno in una chiave di ordine pubblico perchè sarebbe un’ottica riduttiva, insufficiente, errata; perciò non in chiave penalizzante. Invece, secondo me, la prostituzione dovrebbe essere lasciata completamente al campo del “sociale”; perciò domande e offerte di prestazioni non possono essere ingabbiate o “regolamentate”. Questo non è possibile anche considerando i tipi di rapporti che abbiamo nella nostra società. Perciò chi immagina un inasprimento di pene o anche più semplicemente una regolamentazione di tutta l’attività è fuori strada. La prostituzione appartiene al sociale, pertanto si può intervenire rispetto all’informazione, rispetto alla sessualità e al suo ruolo nella nostra società, rispetto ai giovani, rispetto ad un’analisi seria della composizione della città. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Condivido a questo proposito l’analisi di un sociologo romano -Maurizio Fiasco- che individua quattro tipi di utenti particolarmente interessati al settore prostituzione:1) gli anziani, soli, che non hanno alcun tipo di comunicazione all’interno del tumulto e della frenesia della città. 2) coloro che hanno con la città un rapporto di pendolarismo (non è un caso che la maggior parte della prostituzione si eserciti lungo le strade di grande comunicazione con la città). 3) gli utenti del mondo degli affari e del mondo finanziario (è un aspetto nuovo per l’Italia ma in continua crescita). 4) coloro che con la città hanno un rapporto predatorio; cioè usano tutto ciò che la città può loro offrire: beni, servizi, persone, (è indifferente). Perciò nessuna “regolamentazione”, ma piuttosto va affrontata la questione dello sfruttamento delle donne e dei minori; l’aspetto più allarmante è proprio la rete mondiale della pedofilia, dello sfruttamento dei minori, del turismo sessuale. Che Fare? Chi pensa di risolvere tutto con una legge sbaglia di grosso perchè la tratta delle donne e dei minori viene organizzata a livello internazionale e in modo molto sofisticato e capillare: chi fa la raccolta nei paesi di origine, chi si occupa del trasporto, chi si occupa del collocamento al lavoro etc.. Perciò un’organizzazione complessa e articolata: un problema di così vaste dimensioni non può essere affrontato a livello di intervento è quello della lotta al crimine organizzato ma sempre a livello internazionale. Il terzo livello è quello della rottura del vincolo tra la vittima e il carnefice; perciò ogni misura che possa favorire il superamento del terrore connesso allo stato di schiavitù va adottata. Ad esempio l’articolo di legge, all’interno della legislazione sull’immigrazione, che prevede la concessione del permesso di soggiorno per quelle/quei straniere/i che denunciano i loro carnefici è risultato molto proficuo per scoprire organizzazioni e bande criminali, come ultimamente è accaduto per diversi albanesi.Concludendo: si alla depenalizzazione dei comportamenti legati all’esercizio della prostituzione, si agli incentivi e alle misure di legge che permettono di spezzare il rapporto vittima-carnefice, si al rafforzamento degli strumenti investigativi in questo settore (es. intercettazioni telefoniche a livello internazionale), si alla confisca dei beni degli sfruttatori Fondamentale è il ruolo delle Associazioni per le informazioni, per l’offerta alternativa, per le campagne di prevenzione ma ancora più importante, in questo campo, è il ruolo degli Enti locali perchè loro possono diventare registi degli interventi coordinati a vari livelli. Gli Enti locali, con le loro azioni, possono fare in modo che si superi l’approccio in termini di ordine pubblico, adoperandosi invece per una reale difesa dei diritti di tutti all’interno della città . www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Carla Corso Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute Le riflessioni della Sig.ra Banotti, per alcuni versi sono anche condivisibili, quando sostiene che le pulsioni maschili passano sul corpo di bambini inermi, e di donne sopraffatte. Trovo la sua difesa dei diritti delle donne ammirevole, se lei si limitasse a questo, avrebbe la solidarietà di tutte le donne impegnate sullo stesso versante, invece lei va avanti stoicamente, e pur di dimostrare che l’uomo è l’unico nemico dell’altra metà del cielo, cancella, scelte auto determinazione e lotte di un gruppo di donne prostitute. Le quali lottano e si organizzano in tutto il mondo per attirare l’attenzione sulla loro emarginazione, ma soprattutto sul diritto innegabile di usare il loro corpo, senza che nessuno, ne stato, ne chiesa, possa decidere per loro: come, dove, e con chi praticare al loro attività. Quello che mi infastidisce nelle teorie e nelle azioni della Sig.ra Banotti è che, appiattendo tutto il dibattito aperto dalle prostitute, ci trasforma in vittime masochiste ed inconsapevoli impedendoci di esprimere le nostre rivendicazioni, perchè in quanto vittime siamo solo oggetti da tutelare, e non soggetti protagonisti in grado di autorappresentarci, magari anche insieme a lei, per analizzare, il mondo maschile, la sessualità e l’incapacità di rapportarsi in modo paritari con le donne. Delegando al sindacato gli interventi e l’analisi sulla prostituzione la Sig.ra Banotti nega alle prostitute il ruolo di soggetto politico. Continua a negare il nostro lavoro il nostro lavoro anche quando attraverso una “Molto Libera” interpretazione del libro; Ritratto a tinte forti, dove, lei riesce a trovare solo una grande sofferenza. I messaggi che io volevo dare erano ben altri; Orgoglio di essere prostituta, ironia e soprattutto emancipazione, perchè attraverso la prostituzione ho potuto viaggiare, emanciparmi, migliorarmi culturalmente, organizzare insieme a Pia Covre un comitato che difendesse i nostri diritti e quelli delle nostre compagne più sfortunate di noi. Siamo riuscite attraverso il nostro lavoro politico a farci riconoscere in tutta Europa, e non solo per protagonismo, come lo definisce la Sig.ra Banotti, ma proprio per aprire un dialogo di scambi tra noi e chi non è prostituta, consapevoli di essere portatrici di una cultura diversa e sconosciuta però interessante per poter leggere ed interpretare alcuni comportamenti maschili tuttora inspiegabili. Tutto questo nella speranza che anche i movimenti femministi più integralisti possano farne tesoro. Sono convinta che la Sig.ra Banotti abbia perso una grande opportunità rifiutando questo confronto, ma la cosa più grave è che continuano ad emarginare una parte importante anche se piccola del mondo femminile. www.cgil.it Confederazione Generale Italiana del Lavoro _______________________________________________________________________________ Coordinato e corretto da: Maria Gigliola Toniollo e Cluadio Tabacco Nota: Per motivi di tempo non abbiamo potuto consentire ai relatori di correggere i propri interventi, ce ne scusiamo con loro. Abbiamo comunque rispettato al massimo i contenuti degli interventi limitando drasticamente qualunque correzione Indice MARIA GIGLIOLA TONIOLLO 2 VITTORIA TOLA 3 VITTORIO AGNOLETTO 11 PORPORA MARCASCIANO 17 PIA COVRE 21 STEFANO ORIANO 24 ERSILIA SALVATO 29 CARLO DONADEL 33 ZIU ANA 39 LEOPOLDO GROSSO 41 CAROLINA CARDENAS 45 MARGHERITA GIONNI 49 ELVIRA BANOTTI 53 BETTY LEONE 55 ANNA PICCIONI 62 CLAUDIO GIARDULLO 64 CARLA CORSO 66 www.cgil.it