DISTRIBUZIONE GRATUITA periodico di comunicazione sociale - culturale - istituzionale 1 2 di Mondiversi 4 Inchiesta sul gioco d’azzardo di Loredana Meringolo uomo in gioco 6 Un di Luigia Rosito politica coriglianese 9 La abdica al suo ruolo di Antonio Gioiello 10mila ma si fa finta di nulla 11 Sono di Emilia Pisani via con me 14 Vieni di Francesco Sommario per liberare!” 16 “Occupiamo di Alessandra Spezzano nuovo riconoscimento 18 Un per Luigi Promenzio di Carmine Calabrese e Deborah Furlano Guidi trova 19 Pasquale il successo nella capitale di Carmela Russo per la chiesa del Carmine 20 S.O.S. di Enzo Cumino per una storia politica di Corigliano 22 dalAppunti 1943 ai giorni nostri / 5 La morte “inventata” di Pietro Mancini di Enzo Viteritti Rossano Ricicl’Art 2010 26 Adi Anna Lauria poetico 28 diViaggio Stefania Buonofiglio fertilità negata”, il nuovo libro 29 “La di Luigi Petrone di Luisa Sangregorio solidarietà 30 Federalismo, e partecipazione di Carmen Emiliana Fusaro il 150° anniversario 31 Verso dell’Unità d’Italia di Dino De Luca L’Ora legale 33 Pedofilia: non solo un crimine ma anche una malattia di Raffaella Amato Foto in copertina: LUCA POLICASTRI INZIA POLICASTRI LETTERA APERTA AL SINDACO DI CORIGLIANO Egregio Sindaco, sono passati due anni dall’inaugurazione del Centro di Eccellenza ed è sentita da parte nostra l’esigenza di promuovere assieme alla sua Amministrazione Comunale una occasione pubblica di discussione su questa esperienza, coinvolgendo il Consiglio Comunale e la Città. Ci sembra utile, a un anno dalla scadenza dell’attuale convenzione di gestione con l’Associazione Mondiversi Onlus, anche al fine di predisporre con sufficiente anticipo gli atti futuri, onde evitare inopportuni e dannosi vuoti gestionali, aprire una riflessione collettiva su questa importante struttura dei Servizi Sociali. All’apertura del Centro di Eccellenza molte erano le perplessità ed i dubbi circa la sua funzionalità, vi era molto scetticismo riguardo la sua necessità, tanti erano i sospetti ed i timori che potesse diventare il ritrovo di chissà chi per chissà cosa. In questi due anni, invece, il Centro ha avuto un afflusso di circa 25.000 persone. Le manifestazioni ed i convegni sono stati molteplici: politici, sindacali, culturali, sociali. Tante sono state le mostre di artisti e le esibizioni musicali, le recite dei bambini delle scuole. Si è dimostrato come mancasse nella nostra Città una struttura capace di ospitare una tale varietà di servizi. Ad oggi, i dati provvisori riferiscono i seguenti numeri. La sala convegno ha avuto un utilizzo di 270 giornate, la sala progettazione è stata usata per 283 giorni, il laboratorio musicale (penalizzato per mancanza di insonorizzazione) è stato utilizzato 140 volte. Il Calabria Internet Social Point ha avuto 180 utenti per 4.100 ore di navigazione nella rete informatica. Nei giorni e nelle ore di apertura previsti il Centro è stato sempre aperto, non si è mai verificato che per qualsiasi motivo rimanesse chiuso, sebbene, come Lei sa, si faccia ricorso a personale volontario. Sul piano economico, come anche di recente Le abbiamo comunicato, le entrate sono derivate solo da contribuzioni degli utenti per alcuni servizi, e sono stati insufficienti per le esigenze della struttura. Nessun contributo infatti è stato mai erogato né dal Comune di Corigliano, nè da altri Enti pubblici o Privati a sostegno del Centro. Pertanto, la nostra associazione ha dovuto utilizzare proprie risorse, umane e finanziarie, al fine di garantire per intero le necessità della struttura. Nello specifico, nei due anni di attività, le entrate sono state 18.289 euro e le uscite 18.621 euro. Quindi, il Centro di Eccellenza risulta in perdita finanziaria, nonostante il personale sia esclusivamente volontario (eccetto per l’ausilio tecnico esterno, necessario per il buon funzionamento degli apparecchi informatici e tecnologici), e diverse spese siano considerate a carico di altre progettualità gestite da questa associazione. Per noi è stato (ed è) uno sforzo impegnativo, che sarà ancora più gravoso in futuro a seguito del taglio operato dal Governo del 75% dei proventi del 5xmille, istituto sul quale la nostra associazione sinora ha fatto molto affidamento. Sterili e misere ci sono perciò parse talune polemiche circa i contributi alle spese richiesti agli utenti. Se non si vogliono chiudere servizi e strutture bisogna, con realismo, prevedere forme di finanziamento adeguate almeno alla copertura delle spese. E quelle da noi adottate ci sembrano assolutamente equilibrate anche in termini di servizi resi. Dal nostro punto di vista riteniamo di avere avuto una gestione coerente con gli obiettivi prefissati e rigorosa e rispettosa del “Bene Comune” che ci era stato affidato. Ma, in questi due anni, tante sono state le situazioni nelle quali si sono palesate diverse e differenti opinioni sulla funzionalità del Centro e su quali esigenze dovesse soddisfare. Alcune chiaramente strumentali e prive di qualsiasi fondamento, altre orientate ad un effettivo miglioramento dei servizi e ad un pieno utilizzo della struttura. Noi pensiamo che alcuni cambiamenti ed adeguamenti non solo siano possibili ma anzi auspicabili, purchè sia mantenuta inalterata la funzione strategica del Centro di Eccellenza come punto di riferimento del Terzo Settore e della ricerca di sistemi innovativi nei Servizi Sociali, nonché come luogo di incontro dei giovani e della società civile. Nell’attesa di un Suo riscontro Le invio Cordiali Saluti. Corigliano Calabro, 20 dicembre 2010 Associazione Mondiversi onlus Il Presidente Antonio Gioiello 3 Inchiesta di Mondiversi sul gioco d’azzardo Il comportamento dei giovani coriglianesi verrà rilevato da un questionario di Loredana Meringolo “Oggi tutto va così, siamo in una slot machine, dove è il caso sempre a vincere”. Queste parole, tratte da un singolo di Gianluca Grignani, riflettono adeguatamente il destino dei giocatori d’azzardo. E’ il caso a prevalere, è il fato a dettare l’esito di una scommessa, come ne “Il fu Mattia Pascal”, il capolavoro di Pirandello. La dea bendata appare dal nulla al protagonista, procurandogli una sostanziosa vincita e agevolando la sua complessa esistenza. L’azzardo compare e scompare di frequente nella letteratura, facendo intravedere il suo potenziale anche a chi non è preda del suo agire incessante. C’è però chi prova a dare un senso a tutto ciò. Matematici che con i loro studi cercano una 4 razionalità nascosta, biologi che analizzano differenti strategie di comportamento, informatici che dedicano ore e ore a decifrare codici invalicabili. Il gioco d’azzardo (GA) appare fortemente radicato nella natura umana, tanto che ricerche archeologiche e antropologiche ne hanno documentato le profonde radici nella storia e nella cultura di ogni popolo, in ogni epoca, stato sociale e cultura. Ne troviamo notizie già a partire dal 3000 a.C. nell’antico Egitto, ma anche in India, Cina e Giappone i più antichi manoscritti portano testimonianze riguardanti forti scommesse al gioco dei dadi ed alle corse con i carri. Attorno al XII e XIII secolo fanno la loro comparsa le corse dei cavalli con relative scommesse annesse, mentre le lotterie appaiono per la prima volta nel XVI secolo su iniziativa di Elisabetta Iª d’Inghilterra. Nel 1576, a Genova, iniziò a diffondersi, dapprima in un clima di clandestinità, un gioco a sorteggio antesignano del lotto, che assunse poi piena fisionomia nel 1643, quando venne legalizzato. Al filosofo Blaise Pascal si deve invece, nel XVI secolo, l’invenzione della roulette, e nel 1895 è la volta della slot-machine, inventata dall’americano Charles Fay. Nel corso dei secoli gli atteggiamenti delle società nei confronti del gioco d’azzardo sono stati i più diversi, alternando fasi di permissivismo con periodi di proibizionismo (il gioco d’azzardo fu ripetutamente vietato, già durante il medioevo, in molte città italiane). Ai nostri giorni stiamo assistendo ad un’estesa fase di incentivazione e legalizzazione del gioco d’azzardo. Il gioco online attraverso internet ha assunto dimensioni enormi, con un effetto sui giocatori imprevedibile. L’indotto economico prodotto è colossale, con un sensibile impatto sociale, e costituisce a tutti gli effetti una fiorente industria (una della maggiori del pianeta per volume di denaro) soprattutto in Europa, Asia e Stati Uniti. Anche in Italia il gioco d’azzardo e/o lo scommettere in generale (corse, lotterie, ecc.) rappresentano un’attività assai praticata. L’introduzione selvaggia di nuovi giochi, che attirano le simpatie dei giocatori, la loro facile accessibilità, la mancanza di informazione sui danni che possono arrecare ai cittadini che li praticano, hanno avuto come risultato in questi ultimi anni, una diffusione delle problematiche riferite al gioco d’azzardo. Infatti, quello che era stato inventato come un piacevole passatempo, ha purtroppo prodotto in alcune persone una grave malattia: il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP). Il gioco d’azzardo infatti, come avviene per l’alcol ed il fumo, rimane un vizio (cioè un comportamento deliberatamente messo in atto, pur con connotati moralistici negativi, ma che il soggetto può interrompere a suo piacimento) finché non insorgono le caratteristiche tipiche della dipendenza, ovvero: - la Tolleranza (bisogno di sempre maggior gioco per ottenere lo stesso livello di eccitamento); - l’Astinenza (nervosismo, ansia, tremori se si tenta di smettere); - la Perdita di controllo (presunta capacità di poter smettere, senza riuscirci nella realtà). Si tratta di una malattia estremamente grave, ancora poco conosciuta in Italia (sebbene molto presente), che può essere definita come una vera e propria dipendenza dal gioco. Probabilmente esiste una predisposizione alla dipendenza generata da fattori biologici, ambientali, psicologici. I soggetti predisposti che vengono in contatto con il comportamento possono facilmente sviluppare un abuso, che in seguito si può rapidamente trasformare in una dipendenza. La patologia agisce sui soggetti colpiti impedendo loro di riuscire a controllare l’impulso al gioco: ovvero, per queste persone è impossibile decidere quando, quanto, come e dove giocare. È una malattia progressiva, una malattia cioè, che evolve nel tempo, ed in cui è difficile identificare con precisione il momento in cui si passa dal gioco (anche se eccessivo) per diver- timento alla dipendenza vera e propria. Studi recenti hanno dimostrato come anche tra i giovani c’è una forte attrazione verso il gioco. Se si tiene conto che gli adolescenti sono più portati all’attività ludica, questo dimostra come più favorevole potrebbe essere l’attrattiva al gioco d’azzardo. Non va dimenticato che sono sempre di più gli spazi attrezzati dove è possibile trovare una vera e propria “oasi del divertimento”; ambienti confortevoli e studiati fino all’ultimo particolare per attrarre a sé tante più persone in cerca di divertimento, fortuna e emozioni forti, nel tentativo di rompere la pericolosa catena della “noia”. Abbiamo provato a chiederci perché un adolescente dovrebbe essere attirato dal gioco d’azzardo. La risposta non si può esaurire con una semplice analisi. I fattori implicati sono tanti e il denaro non è sicuramente l’unica attrattiva, ma un mezzo per continuare a giocare nella ricerca di provare l’eccitazione della puntata e fuggire alla noia, alle pressioni familiari e forse da una società sempre più incerta, precaria, insicura, pressante di richieste di “essere” attraverso “l’avere” con la perdita di valori legati alla stabilità della cultura tradizionale, alla mutazione della struttura familiare sempre più frammentata e immatura nella gestione del cambiamento. Partendo da tali premesse l’Associazione Mondiversi Onlus, nell’ambito del progetto S.I.S.T.E.M.A. (Sistema Integrato Servizi Territoriali E Modulari Articolati) – Progetto realizzato con il Comune di Corigliano e l’Asp, in attuazione della legge n. 45/99, al suo terzo anno - ha ritenuto interessante svolgere una indagine conoscitiva che mira a fornire un quadro sulla diffusione del gioco nella popolazione giovanile della città di Corigliano. A questo scopo è stato elaborato un questionario (sul modello del Sout Oaks Gambling Screen usato nell’individuazione delle persone che hanno, o possono avere, problemi con il gioco d’azzardo). Il questionario, titolato “Game Over”, sarà somministrato agli studenti delle scuole secondarie di 2° grado di Corigliano durante questo anno scolastico (un corso per scuola) . Agli studenti, inoltre, durante la fase di ricerca, verrà distribuito l’opuscolo informativo, a cura dell’Associazione Mondiversi, “Guida sui pericoli della cultura dell’eccesso e delle nuove dipendenze patologiche (Internet, Tv, Videogioco e gioco d’azzardo). I dati della ricerca saranno in seguito restituiti agli studenti in un momento di approfondimento sulla tematica oggetto di studio e successivamente pubblicati. 5 Gaia Reale ph. Un uomo in gioco Intervista a un ex-giocatore che a causa della sua dipendenza ha rischiato di perdere tutto di Luigia Rosito 6 Quanti anni ha? Ho 48 anni. Che lavoro fa o faceva? Facevo il rappresentante per una casa dolciaria, ora ho una piccola attività in proprio. Ha una compagna? Sì, sono sposato. Ha figli? Ho tre figli adulti di cui uno attualmente sposato. Lei è o è stato un giocatore dipendente, qual’era il suo gioco principale? Come gioco principale prediligevo il videopoker. Come ha cominciato a giocare? Tutto incominciò per via del mio lavoro da rappresentante che mi permetteva di accedere a diversi bar e locali all’interno dei quali erano presenti i videopoker. Entravo in questi bar/locali e, nell’attesa di parlare con i gestori, osservavo le persone che erano lì e giocavano ai videopoker; da qui la curiosità di sapere come funzionava, come si procedeva, cosa bisognava fare e chiedendo informazioni incominciai anche a provare, utilizzando inizialmente solo pochi euro (5-10 euro). Dopo un po’ di tempo però iniziai a giocare in modo assiduo. Mi recavo nei bar e nelle sale gioco non più per lavoro, ma per il bisogno che mi spingeva a giocare sempre di più. Quando ha incominciato a giocare stava attraversando un periodo particolare? No, non stavo attraversando un periodo particolare della mia vita, ma per via del lavoro che svolgevo venni attirato da queste “macchine da intrattenimento” che, invece di intrattenermi solo per pochi minuti, finirono per trattenermi per la maggior parte della giornata, nelle ore più svariate, dalla mattina presto fino alla sera tardi, per più giorni alla settimana fino a diventare una dipendenza giornaliera e patologica. Cosa si prova quando si viene presi dal gioco? Ciò che provavo quando venivo preso dal gioco era una sorta di voglia che mi portava a voler giocare spesso, soprattutto quando vincevo e a voler giocare sempre di più quando perdevo proprio per poter “rifarmi”, per recuperare la somma persa. La somma massima spesa in una giornata arrivava all’incirca sulle 200 euro che, se spesi per più volte nell’arco di un mese, come mi è capitato, diventano cifre esorbitanti, tanto che arrivavo a spendere tutto quello che avevo, sia come denaro liquido mio personale e della mia famiglia, sia come risparmi depositati in banca e accumulati negli anni. Poi sono arrivato persino a chiedere prestiti e ho finito per non avere più nulla in tasca ma solo ed esclusivamente debiti. Quando si è reso conto che il gioco si stava trasformando in dipendenza? Mi resi conto che il gioco si stava trasformando in dipendenza quando mia moglie e i miei figli incominciarono a sospettare qualcosa che non andava nei miei comportamenti e nei soldi che improvvisamente la mia famiglia si vide mancare. Soprattutto durante un investimento che volevamo effettuare ma che non abbiamo potuto fare per la mancata disponibilità dei fondi risparmio. Da quel giorno iniziarono le discussioni in casa e l’approfondimento da parte della mia famiglia sulla questione. Mia moglie cominciava a fare ipotesi e pensava che la mia improvvisa mancanza di denaro dipendesse da una relazione extraconiugale o da un altro tipo di dipendenza. Quando poi confessai il mio estremo bisogno di giocare ai videopoker e l’impossibilità di riuscire a dire basta, a quel punto mi resi conto che non era più un semplice vizio o passatempo, ma una vera dipendenza dal gioco. Mi resi conto, colloquiando con la mia famiglia e con i miei figli che quello che stavo facendo era qualcosa di sbagliato e capii la gravità di quello che stavo facendo. Quanto ha pesato nella sua vita e quali conseguenze ne sono scaturite? La dipendenza dal gioco ha pesato moltissimo sulla mia vita in quanto, in ambito familiare, ha affievolito i rapporti con mia moglie e con i miei figli, mi ha portato a perdere la fiducia di mia moglie e sentivo dentro di me il peso della mortificazione nei confronti dei miei figli che non mi permetteva quasi di guardarli in faccia. In ambito sociale tutto ciò mi ha portato alla perdita della moralità, ad una sorta di spersonalizzazione che mi rendeva diverso da quello che effettivamente ero, le persone mi additavano, mi criticavano ogni volta che mi vedevano davanti ad un videopoker, e anche quando passeggiavo per strada, ero ormai indicato come “quello che gioca” e gli occhi erano sempre fissi su di me. In ambito economico, invece, le conseguenze di questa dipendenza sono state le più disastrose perché hanno portato l’intera famiglia a doversi accontentare del minimo indispensabile, senza potersi permettere spese superflue. Quando ha cominciato a pensare di smettere di giocare? E cosa fa? Dalle conseguenze scaturite nell’ambito familiare, sociale ed economico, è partita la mia convinzione di smettere di giocare e di preferire la spesa superflua di una cena o di una uscita con tutta la famiglia piuttosto che spendere il mio denaro davanti ad un videopoker. Non ho preferito farmi aiutare da nessuno nel superare questa dipendenza, ma ho avuto da me la forza e la vo- 7 glia di smettere di giocare. Ogni tanto è capitato di avere l’impulso di giocare ma riesco comunque a controllarlo con facilità pensando a tutte le cose che potrei fare col denaro che, se cedessi alla tentazione, spenderei, oppure, nel caso in cui, ogni tanto, mi capiti di giocare, mi do un limite di spesa (per esempio massimo 5 euro). Cosa è cambiato nella sua vita da quando ha smesso di giocare? Da quando ho smesso di giocare, la mia vita è cambiata in positivo, sono molto più tranquillo. La vita in famiglia e la mia vita sociale e quindi con i miei amici è ritornata quella di un tempo, è andata sempre più migliorando. Pian piano ho riacquistato la fiducia e la stima di quanti l’avevano persa, mentre, per quanto riguarda la sfera economica siamo riusciti, anche se con difficoltà, a saldare tutti i debiti e a risollevarci, riprendendo un tenore di vita abbastanza agiato. Attualmente che rapporto ha con il gioco? 8 Attualmente il rapporto con il gioco è sporadico. La maggior parte delle volte che entro in un bar, preferisco guardare gli altri giocatori piuttosto che giocare io stesso. Ed ogni volta che osservo qualcuno perdere, rifletto sul perché perdere tanto denaro, tanto tempo. E, lo confesso, rido di loro, rifacendomi di tutte quelle volte che erano gli altri a ridere di me. L’Associazione Mondiversi Onlus ha recentemente pubblicato un opuscolo informativo dal titolo “Guida sui pericoli della cultura dell’eccesso e delle nuove dipendenze patologiche” che contiene anche informazioni sul fenomeno del gioco d’azzardo. Mondiversi, in collaborazione con la Regione Calabria, il Comune di Corigliano Calabro e l’Asp di Cosenza, ha tratteggiato il panorama delle nuove dipendenze, quali internet, tv, videogioco e, appunto, gioco d’azzardo. La Guida è rivolta innanzi tutto ai giovani, il formato e la grafica sono espliciti, così come il contenuto, che è esposto in maniera chiara e semplice. Nell’opuscolo anche un test che potrà far capire ai lettori se il rapporto che hanno con internet, tv, videogiochi e giochi d’azzardo sia sano o meno. L’intervista al giocatore, raccolta da Luigia Rosito è una testimonianza diretta delle conseguenze alle quali può portare la dipendenza patologica. Speriamo che di storie come questa ce ne siano sempre meno da raccontare. Luca Policastri ph. La politica coriglianese abdica al suo ruolo Sarà la commissione d’accesso a scrivere il finale di questo capitolo di “Santa Tecla’s Story” di Antonio Gioiello Se l’operazione Santa Tecla doveva essere, oltre che una operazione anticrimine, anche una prova per svelare il profilo della classe politica coriglianese c’è riuscita in pieno. In quattro mesi si è assistito a un susseguirsi di prese di posizioni e di cambiamenti dei propri punti di vista sulla vicenda, con continui riflessi sull’Amministrazione Comunale, che è risultato non facile leggere le motivazioni, capire le ragioni di ognuno. Tanto che è difficile comprendere quali di esse appartengano a una consapevolezza della gravità della situazione e a una conseguente assunzione di responsabilità e quali, invece, riguardino il riaffiorare di contrasti e conflitti preesistenti, o, magari, logiche di calcolo a fini di vantaggi personali. Tant’è che spesso si è avuta la sensazione che si volesse approfittare dell’indebolimento dell’Amministrazione per acquisire posizioni di maggiore privilegio, il più delle volte usando argomenti strumentali e rozzi. E anche i generosi tentativi di consiglieri comunali, di forze politiche e di singoli cittadini di sottolineare la delicatezza della questione posta, si sono dispersi e sono stati resi nulli dal sovrastare delle voci predominanti. Insomma, è sembrato che il ma- laffare, messo in luce dall’operazione Santa Tecla, e il rischio che Corigliano (indipendentemente dall’esito finale di quest’indagine) diventi un paese di ‘ndrangheta, sfuggissero completamente agli interessi della classe politica. Preoccupata più di sé stessa che di interrogarsi su quali rimedi adottare per rendere il Comune impermeabile (oggi e domani) a qualsiasi pericolo di infiltrazione mafiosa. In questo disorientamento né il sindaco né i rappresentanti dell’opposizione riescono a coagulare attorno a sé le forze politiche istituzionali necessarie per dare uno sbocco positivo alla situazioni di crisi che si sta attraversando. Il Sindaco perde la sua maggioranza, gli assessori in carica sono rimasti solo quattro. I consiglieri comunali che la sostengono si sono ridotti a 13 (almeno stando a quelli che 9 10 nell’ultimo Consiglio Comunale del 23 novembre hanno approvato il riassetto di bilancio, responsabilità specifica dei gruppi di maggioranza). Non solo, ma di fatto l’alleanza elettorale che appena un anno fa ha vinto le elezioni non esiste più. Ed i vari tentativi di mettere assieme la ex-maggioranza e di cooptare consiglieri comunali di opposizione, si sono rivelati finora vani. Nel frattempo, l’opposizione si è allargata sino a raggiungere ipoteticamente i numeri per determinare il corso della consiliatura e finanche la sua conclusione. Ma è talmente frammentata da non costituire una forza omogenea capace di mettersi d’accordo non in un progetto, ma nemmeno su un’idea, un obiettivo, un singolo provvedimento. Il risultato è una evidente perdita di autorevolezza dei diversi ruoli istituzionali e politici, sia di chi governa, sia di chi è all’opposizione: una marcata perdita di prestigio per la politica di Corigliano. In questo contesto, la città faticosamente e con disagio cerca di andare avanti. Facendo leva sulle proprie forze: quelle degli imprenditori, dei lavoratori, dei commercianti. Degli studenti, in lotta per i loro diritti e per il futuro della scuola pubblica. Delle associazioni, delle organizzazioni del Terzo Settore, spesso oggetto di gratuiti, beceri e sconsiderati attacchi anche attraverso l’uso di mezzi di comunicazione, che suppliscono con fatica alle colpevoli assenze e mancanze delle istituzioni assicurando servizi altrimenti impossibili da garantire. Sopportando il peso di un pericoloso vuoto politicoamministrativo. Reggendo si- tuazioni che, finora, solo il caso ha voluto fortunatamente che non scoppiassero in vere emergenze. Si pensi alla massiccia presenza di forza lavoro straniera, non gestita a livello locale in alcun modo, se si escludono i blitz per cacciare queste persone da ricoveri di fortuna, magari, pagati a carissimo prezzo. La politica coriglianese rimane inerme anche di fronte alla gravissima situazione dello smaltimento dei rifiuti, mentre il sindaco di Rossano Filareto sta combattendo una battaglia solitaria, senza avere al fianco gli altri sindaci che della discarica di Bucita si servono quotidianamente (come appunto il Comune di Corigliano). Sul fronte del turismo, che è l’unica voce positiva per aumento del numero degli occupati, Corigliano sta assistendo a un progressivo peggioramento dell’offerta, si veda, uno per tutti, l’andamento travagliato nella gestione del Castello Ducale. Si diceva, la situazione critica che viviamo svela il profilo della classe politica coriglianese, che mostra la sua non “capacità di capire il presente e di guardare al futuro”. Sinora, infatti, ha dimostrato di pensare ad altro. Non avendo il coraggio di assumersi la piena responsabilità di scelte chiare e sostenute fino in fondo e di adottare provvedimenti forti e netti per salvaguardare la Pubblica Amministrazione da ogni tentativo di condizionamento. Così facendo si abdica al ruolo principale della Politica e ci si rifugia nella Commissione di Accesso, delegando all’esito delle sue indagini il futuro amministrativo di Corigliano. Autorizz. Tribunale di Rossano Reg. Periodici N. 02/03 - 25 marzo 2003 Sede: Via Machiavelli (Centro Eccellenza) - Tel. 0983.885582 CORIGLIANO SCALO (Cs) www.mondiversi.it — e-mail: [email protected] Direttore Responsabile: CARMINE CALABRESE Direttore Editoriale: LUISA SANGREGORIO Redazione: RAFFAELLA AMATO, STEFANIA BUONOFIGLIO Maria Caloroso, ENZO CUMINO, DEBORAH FURLANO, ANTONIO GIOIELLO MARCO LAUDONE, ANNA LAURIA, ISACCO NUNA, EMILIA PISANI, GIOVANNI PISTOIA, FABIO PISTOIA LUCA POLICASTRI, GAIA REALE, ADALGISa Reda, Mario Reda, FRANCESCO SOMMARIO GIULIA SPANO’, ENZO VITERITTI Grafica: GIOVANNI ORLANDO Stampa: TECNOSTAMPA Largo Deledda - Tel. 0983.885307 - Corigliano Scalo Sono 10mila ma si fa finta di nulla Per 100 euro possono dormire in una specie di letto, altrimenti vanno dove capita di Emilia Pisani I numeri presentati dall’ultimo rapporto sull’immigrazione, ad opera del segretariato Migranti dell’associazione Torre del Cupo, nel territorio della Sibaritide impongono una seria riflessione sul fenomeno. E non solo, perché la maniera con la quale le istituzioni preposte affrontano, anzi non affrontano, il fenomeno immigrazione a Corigliano è assai preoccupante. Il rapporto 2010 sulla presenza di cittadini stranieri nella Sibaritide in generale e in particolare nella città di Corigliano parla di “presenze in costante crescita” con numeri da capogiro. Almeno 10 mila gli stranieri presenti in città nei mesi invernali, quelli censiti. Dove vivono? Come vivono? Chi gli da la possibilità di alloggiare? Sono controllati? Ci sono e vagano per la città, fuori dagli “orari di lavoro” (ossia dalle 5 del mattino alle 17) e sembrano “invisibili” alla società. Un interrogativo, al quale oramai a distanza di anni si riesce a dare una risposta chiara e veritiera rispetto al fenomeno riguarda sicuramente il “cosa vengono a fare?”. Sono qui a cercare fortuna, a cercare una vita migliore come facevano gli italiani all’esterno nel XIX e nel XX secolo, o come i meridionali di oggi che ancora emigrano al nord in cerca di lavoro. La maggior parte degli stranieri presenti in città nel periodo della campagna agrumaria e olivicola vengono per lavorare in agricoltura. Un mestiere che gli italiani non fanno più perché sottopagato e non controllato a dovere, ne è dimostrazione la truffa ai danni dell’Inps di Rossano di un anno fa. Facciamo ancora riferimento allo studio dell’associazione Torre del Cupo per il 2010: “il rapporto annuale sull’immigrazione per l’anno 2010 riguarda il territorio dei comuni nei quali è attivo il progetto del segretariato Migranti finanziato dall’assessorato all’immigrazione della provincia di Cosenza e si basa su dati rilevati presso le anagrafi dei comuni interessati” (il che significa che i cittadini stranieri censiti sono residenti nel territorio comunale). Interessanti, per esempio, i “dati” relativi agli stranieri non censiti. “La popolazione dei cittadini stranieri presenti sul territorio non corrisponde ai soli iscritti alle anagrafi comunali. A questi, in realtà, si devono sommare i cittadini stranieri 11 regolari non residenti e i cittadini stranieri irregolari. Entrambe queste categorie - scrive ancora Torre del Cupo - non sono facili da censire, sia per l’estrema fluidità delle presenze, dipendente da molteplici fattori, sia per la carenza di strumenti a nostra disposizione. In condizioni normali (dunque non nel periodo della raccolta di agrumi e olive per intenderci ndr) il numero degli stranieri presenti sul territorio va aumentato di circa la metà rispetto al numero dei residenti. Fra i mesi di ottobre e febbrai la forte domanda di manodopera da utilizzare in agricoltura attrae sul territorio un grande numero di stranieri provenienti da altri territori della 12 regione, da altre regioni d’Italia e dall’estero. Nel territorio nei mesi invernali affluiscono circa dodicimila lavoratori stranieri”. Il calcolo di Torre del Cupo, difficile da realizzare per i motivi prima descritti, si riferisce ad un analisi della manodopera complessivamente occorrente nel territorio per la campagna agrumicola e olivicola, paragonato alla manodopera esistente in loco. “In considerazione del fatto che il territorio di Corigliano detiene il 60% della superficie agrumicola della Sibaritide ne deduciamo che circa la metà del flusso migratorio stagionale interessa la città di Corigliano”. Dunque, dato per assodato che il territorio coriglianese è co- stantemente interessato da un fenomeno di migrazione di così ampio impatto nei mesi invernali è necessario allora attrezzarsi e non far finta di nulla. Gli alloggi fatiscenti, le baraccopoli fronte mare e le capanne all’interno degli stessi agrumeti, i casolari abbandonati e in condizioni igienico sanitarie ai limiti dell’immaginabile, la spiaggia e le barche dei pescatori come rifugio della notte non possono essere accettate. Non sono purtroppo immagini lontane o ricostruzioni della più drammatica delle regie cinematografiche: a Corigliano immagini di questo tipo risalgono a meno di un anno fa. Blitz delle forze dell’ordine, ordinanze sindacali, sgomberi coatti e arresti sono solo alcuni degli elementi di controllo del fenomeno. Condivisibili o meno, sono gli unici strumenti in mano a forze dell’ordine e enti comunali per porre rimedio ad una situazione d’emergenza e di pericolo per la pubblica incolumità. Tali dispositivi di “soppressione” del fenomeno irregolare di soggiorno nel territorio coriglianese e della Sibaritide in generale, altro non hanno fatto che determinare una nuova forma di “irregolarità nella gestione del fenomeno migratorio”. Gli stranieri, e chi per loro organizza gli arrivi in loco, hanno trovato un nuovo stratagemma per evitare insediamenti abusivi in città. Il fenomeno in questi primi mesi invernali del 2010 ha già visto alcuni episodi di occupazione abusiva di immobili, come nel centro storico. Ma a prendere piede in questi ultimi anni è il “mercato immobiliare nero”: ossia micro appartamenti, magazzini, scantinati, case abbandonate d’inverno o tutto l’anno, locali al pianterreno di 30 metri quadrati senza servizi igienici che vengono fittati in maniera completamente irregolare al prezzo di 100 euro a persona. Sembrerebbe che i proprietari di alcuni immobili a Corigliano con la connivenza dei “caporali” ossia di coloro i quali organizzano il lavoro degli stranieri nelle campagne agrumicole e olivicole, hanno dato il via a questo tipo di fenomeno che lede ancora una volta i più elementari diritti umani e della persona e sfrutta ancor di più il lavoro degli stranieri. Preso atto di un fenomeno di così vasta portata, per quello che riguarda buona parte dei settori economici del territorio e della città di Corigliano in particolare, risulta necessario intervenire al più presto e dotare la città e il territorio di strumenti in grado di regolamentare il fenomeno e in grado di garantire la convivenza tra la società coriglianese e quella “parallela straniera”. Corigliano è, infatti, da considerarsi una città multietnica composta da una considerevole forza lavoro nei vari settori dell’economia locale rappresentata da stranieri. Urgono allora politiche sociali ed educative indirizzate alla presa di coscienza del fenomeno dell’immigrazione e in grado di garantire servizi di supporto e tutela degli stranieri. Bisogna inserire l’immigrazione nel contesto sibarita, ma anche nel più complesso fenomeno italiano. Per esemplificare l’importanza che gli stranieri hanno in alcuni settori dell’economia nazionale evidenziamo un passo dell’introduzione del libro di Riccardo Staglianò (giornalista di Repubblica) dal titolo emblematico “Grazie. Ecco perché senza immigrati saremmo perduti”. “Senza gli immigrati saremmo perduti. Dai raccoglitori di mele senegalesi della Val di Non, ai conciatori di pelli nigeriani del Veneto. Dai facchini indiani di Reggio Emilia, ai sikh che allevano le bufale in Campania. Dai pescatori tunisini di Mazara del Vallo, ai camionisti albanesi e romeni. Dalle cave, alle corsie degli ospedali, alla cura dei nostri vecchi e dei nostri bambini. Gli immigrati non vengono a rubarci il lavoro ma a fare i mestieri che noi rifiutiamo.” 13 Vieni via con me Il lavoro chiama i giovani lontano dal Sud, nell’indifferenza di chi ha il dovere e il potere di dar loro un futuro di Francesco Sommario 14 I paesi della Calabria, ogni giorno, si svuotano della loro risorsa più preziosa: i nostri giovani. Chi in macchina, chi in pulman, chi in treno parte verso il Nord Italia, o addirittura per l’estero. I giovani partono alla ricerca di un lavoro dignitoso (busta paga e diritti garantiti) o per seguire gli studi universitari. Ma ciò nasconde un dramma, nemmeno tanto celato: si parte ma… non si ritorna più. Questi nuovi emigranti calabresi del terzo millennio si differenziano dai loro avi che anch’essi partivano, ma… ritornavano. Una volta si migrava per poter poi tornare al proprio paese, il prima possibile, con un gruzzoletto che permettesse di farsi casa, di sposarsi, di comprare un podere. Il migrante, in quel tempo, era una ricchezza, un valore aggiunto per il reddito familiare; era capace di fornire, in pochi anni di sacrifici, quell’input economico che permettesse di avviarsi verso un’esistenza “tranquilla”. Analizziamo ora per un attimo lo status degli studenti diplomati negli istituti scolastici statali di Corigliano nell’anno 2009/10 appena trascorso. Ci sono stati, in totale, 364 giovani diplomati così suddivisi: Istituto Tecnico per Geometri n.38; Ipsia n.64; Istituto Tecnico Commerciale n.120; Liceo Classico n. 40; Liceo Scientifico n. 102. Di questi, oltre il 60% hanno intrapreso la carriera universitaria, mentre gli altri stanno cercando di immettersi nel mondo del lavoro o hanno fatto domanda nell’Esercito. Soffermiamoci, per prima cosa, su quei giovani diplomati che cercano lavoro. Io ne ho incontrati diversi in questi ultimi mesi: pochissimi hanno trovato lavoro (non dichiarato) come barista o cassiere di supermercato o tuttofare in qualche magazzino d’agrumi; la maggior parte nemmeno quello. Ecco allora che fa capolino l’idea di… partire. Quelli, invece, che hanno deciso di frequentare l’Università, sicuramente arriveranno alla laurea, ma nel giorno in cui avranno finito gli studi cercheranno anch’essi lavoro, un lavoro da professionisti. Il neolaureato col papà commercialista/ ingegnere/avvocato… è un po’ tutelato: il papà potrebbe avviarlo al lavoro nel proprio studio. Ma la maggior parte dei neolaureati non ha genitori con queste caratteristiche. E allora dove pensate che potrebbero cercare lavoro? Forse qui a Corigliano? Nemmeno a parlarne. Forse in Calabria? Non credo sia possibile. Dovranno migrare, questo è certo, aggiungendosi in coda a quelli già partiti. I nuovi migranti coriglianesi/calabresi partono ancora con valige di cartone (similpelle); ma stavolta, oltre che del corredo personale, le loro valige sono piene di certificazioni e titoli di studio: qualifiche tecniche varie, diploma, laurea, master universitario… Va via il nostro giovane, col suo cervello, con dentro poco senso di appartenenza a questa “terra maledetta” e con molta cultura tecnica, saperi e competenze acquisiti con sacrificio, che presto svenderà in qualche fabbrica del Nord, in qualche centro di ricerca internazionale, in qualche ente pubblico con sede in Padania (un altro terrone che va ad arricchire i polentoni). Ma quanto detto non deve sembrare uno sfogo… razzista. Di questo stato di cose voglio coglierne soprattutto il dramma terribile per tutti noi, per Corigliano, per il Sud: i giovani si sentono zavorra in questa barca che galleggia appena e decidono di abbandonarla. I nostri paesi si stanno svuotando dei propri giovani, di quella parte di società che può garantire un futuro di benessere sociale, perché da noi non c’è futuro se non ci sono giovani e se non c’è lavoro! (Il lavoro è la condizione necessaria per creare sviluppo, favorire la formazione di nuove classi dirigenti, e rappresenta il primo indicatore di benessere del progresso di un popolo). Soprattutto vanno via, senza ritorno, le menti più brillanti, quelle menti che potrebbero essere capaci di ribaltare lo stallo in cui siamo precipitati; vanno via quelle menti capaci di progettare, di inventare, di coordinare, di legalizzare, di fare rete... Oggi, difficilmente, un laureato con 110 e lode troverà mai a Corigliano e dintorni un ambiente di lavoro dove poter esprimere le proprie qualità e diventare esso stesso risorsa per il proprio paese. Il giovane che emigra non ritornerà più da noi, questo è il fatto! Chi va via dalla Calabria non farà più ritorno al proprio paese perché oggi non ci sono le condizioni perché ciò avvenga. Troverà casa e formerà una famiglia la dove lavora, perché è lì il proprio futuro, per se e per figli, con la garanzia di servizi di qualità e prospettive certe. E i nostri politici che dicono, che fanno, cosa programmano per dare soluzione a questa tragedia? Io non lo so. So solo che i politici calabresi sono certamente diventati “pietosi volani di sviluppo che non rispecchiano la realtà”. 15 di Alessandra Spezzano 16 Nella seconda settimana di novembre, dal 6 al 12, gli alunni del Liceo Scintifico Fortunato Bruno hanno occupato il loro Istituto, spinti dalla rabbia suscitata dalla riforma Gelmini e contro quei tagli di cui la cultura non dovrebbe neanche sentire il lontano nidore. Luogo comune è pensare che le proteste giovanili di questi ultimi anni siano dettate dal poco interesse di noi giovani o dalla ricerca dell’otium (molto lontano dal significato latino), poiché si crede che noi ci si impegni solo per salvaguardare il nostro “dolce far nulla”. Non è stato, non è cosi! Le nostre menti, spesso criticate, hanno sentito il desiderio di poter fare qualcosa, seppur il minimo, per cambiare la situazione, per far capire come, noi giovani pensiamo al futuro e non possiamo far altro che rimanere attoniti ed arrabbiati davanti alla distruzione della Scuola Pubblica. L’occupazione può sembrare una scelta poco “produttiva”, che non ha fornito un vero e proprio risultato. Di certo, la settimana senza lezioni, portata avanti, non ha toccato in prima persona la “carissima Maria Stella” ma ha permesso a noi di capire chi siamo realmente, cosa vogliamo dal futuro e quanto davvero siamo capaci di lottare per quello che ci interessa, per difendere ciò che sembra un banale orpello della vita ma che è il pilastro di una crescita costruttiva: la scuola! Io stessa dubitavo della maturità con cui si sarebbe gestita l’occupazione ma le cose sono andate, fortunatamente, molto meglio di quanto io credessi: abbiamo organizzato assemblee per discutere liberamente di ciò che ci premeva, cose che a scuola solitamente nessuno affronta; abbiamo parlato di ideali, di politica (nel senso nobile del termine, della “polis”); sono state organizzate classi autogestite in cui ognuno era libero di poter studiare e di recuperare il tempo perso. Ex alunni del liceo sono venuti a dire la loro circa questa riforma e a spiegarci come quest’ultima stia demolendo anche l’Università; altro che eliminare privilegi per baroni e “figli di”, come dice la Gelmini! Durante le mattinate abbiamo cercato di riflettere e discutere circa l’attualità, mentre c’era chi invece alternandosi si occupava della manutenzione dell’istituto, affinché nulla venisse rotto o danneggiato; il pomeriggio si sono svolti tornei sportivi come quelli di pallavolo e calcio. Senza vergogna e ben preparati abbiamo volu- Spezzano Una giovane studentessa coriglianese racconta l’esperienza della protesta ph. Alessandra “Occupiamo per liberare!” ph. Alessandra Spezzano ph. Alessandra Spezzano to che anche le televisioni locali potessero darci uno spazio: il terzo giorno d’occupazione infatti, abbiamo chiamato un’emittente televisiva del posto per poter spiegare i motivi della nostra ribellione e non far sì che potessimo, come sempre, passare per disinformati e vagabondi. Quest’occupazione ha dato modo di mostrare quanto, noi “ragazzini svogliati e volti all’eccesso”, sappiamo gestire situazioni delicate senza perdere il controllo. Noi sappiamo affrontare temi importanti senza superficialità né senescenza di pensieri,sappiamo dormire in una scuola, organizzare attività costruttive e ludiche, sappiamo metterci alla prova e andare oltre i limiti del consueto e del banale. Abbiamo dimostrato che non siamo solo quelli che rompono porte e finestre o imbrattano muri con amori eterni che durano qualche mese! Siamo capaci di essere interessati e preoccupati per il nostro futuro,di unirci compatti e di lottare con le nostre braccia, anche se esili, affinché qualcosa possa cambiare! Penso che finalmente si sia dimostrato quanto la gioventù “bruciata” valga davvero: è arrivata l’ora di ascoltarla! 17 Un nuovo riconoscimento per Luigi Promenzio È lui il più giovane presidente nella storia della Sipal di Carmine Calabrese e Deborah Furlano 18 La Società Italiana di Patologia dell’Apparato locomotore parla calabrese. L’assemblea nazionale della Sipal, riunitasi nella serata di venerdì 8 ottobre presso il Ministero della Salute di Roma, per il rinnovo degli organismi statutari, ha eletto, al termine di una seduta partecipata, per acclamazione quale nuovo presidente Luigi Promenzio, 40 anni, nativo di Rossano Calabro ma residente a Corigliano, che resterà in carica per il biennio 2011-2013. L’ortopedico calabrese, affermato in Italia e non solo, è il più giovane presidente nella storia della Sipal, che è una delle società scientifica più antiche d’Italia. Dello stesso organismo sono entrati a far parte, con la carica di vicepresidenti, Enrico Rebuzzi e Mauro Roselli. Il nuovo consiglio direttivo scientifico, composto tra gli altri da Umberto Scapagnini, (noto all’opinione pubblica come medico di fiducia del premier Silvio Berlusconi) e da Calogero Vercillo, responsabile dell’ortopedia pediatrica dell’ospedale “Dei Bambini-Di Cristina” di Palermo, ha un altro valente portacolori della Calabria da copertina in prima pagina. La seconda eccellenza calabrese ha il volto, la preparazione, la professionalità e l’impegno di Massimariano Bisignani, quarantenne nativo di Sant’Sant’Agata d’Esaro e dirigente ortopedico presso il Cto di Roma. Ma chi è Luigi Promenzio? Ce lo dice lui stesso. “Sono nato a Rossano Calabro il primo settembre del1970 e cresciuto a Corigliano Calabro dove ho frequentato il Liceo Classico “Garopoli”. Mi sono laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato, con lode, in Ortopedia e Traumatologia all’Università di Roma – Tor Vergata”. Ha svolto parte della formazione sull’accrescimento osseo del bambino e dell’adolescente all’Havana (Cuba) e sulla patologia chirurgica del piede a Barcellona. “Ho frequentato per diversi anni i dipartimenti di Ortopedia e Traumatologia degli Ospedali San Giovanni, Sant’Eugenio, Cto e gli ambulatori del Policlinico di Tor Vergata a Roma, come allievo del professor Maurizio Monteleone”. Tra una chiacchierata e un’altra, il cellulare del professionista quarantenne non smette un attimo di squillare. Amici, parenti, semplici conoscenti fanno a gara per fargli gli auguri di buon lavoro per un incarico così prestigioso. Tra le tante telefonate ci sono quelle di tanta gente, ieri suoi pazienti, oggi amici che si sono affidati a lui per una visita, un consulto medico o un intervento chirurgico. Ha lavorato a Roma per qualche anno con lo specialista traumatologo Luigi Pisano, e seguito i corsi teorico-pratici a Santa Vittoria d’Alba. L’ortopedico, dal carattere espansivo, dalla simpatia contagiosa, dalla genuinità tipica dei calabresi, ha, inoltre, pubblicato diversi articoli su riviste scientifiche nazionali ed internazionali e varie monografie sulla tematica della fisiopatologia del piede e, con altri colleghi, effettuato la più ampia ricerca della letteratura sull’appoggio plantare nella popolazione scolastica di varie regioni italiane. Attualmente insegna “ Ortopedia e Medicina del Lavoro” presso la Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Tor Vergata di Roma, diretta dal Prof. Andrea Magrini. Nel gennaio 2007 era stato eletto vicepresidente della Società Italiana di Patologia dell’Apparato Locomotore. Pasquale Guidi trova il successo nella capitale A Piazza Navona firma “La Notte veste Roma” di Carmela Russo* Il lavoro non appartiene solo al mondo dell’economia ma soprattutto alla dimensione umana. È un fatto esistenziale, che riguarda tutti noi come individui e il cui ruolo è implicitamente legato ai vari aspetti della nostra formazione. I grandi pedagogisti del passato ne erano consapevoli. L’unico metro per misurare il successo oggi è il trionfo nella competizione, il confronto dei risultati, ma i risultati si ottengono solo quando si è capaci di liberare energie creative, sviluppare solidarietà e mutua cooperazione e non competizione. Bruner, psicologo cognitivo, diceva che l’educazione è “il potere mentale” che permette ad ognuno di creare la propria cultura. Così, mentre qualcuno insegue l’etica del non lavoro, c’è chi restituisce a questo termine dignità. Come fa Pasquale Guidi, giovane coriglianese, che a Roma sta trovando meritati riconoscimenti. Trentasei anni coriglianese, Pasquale Guidi, con la sua società, la Pasan Eventi, specializzata nella organizzazione di eventi nel campo dello spettacolo e nella promozione di aziende, associazioni ed enti, proprio grazie alla sua intelligenza creativa, si distingue da alcuni anni sulla scena della città capitolina per qualità, cura del dettaglio, amore per lo stile e incrocio di competenze, riuscendo ad emergere nel settore di rifermento. Lo scorso 13 settembre, Pasquale ha compiuto un ulteriore salto di qualità nella sua storia professionale, realizzando nella cornice suggestiva di Piazza Navona l’evento “La Notte Veste Roma”, raffinata kermesse di moda all’interno della quale si è svolta la Finale Regionale del concorso “Ragazza Cinema Ok”. La manifestazione, presentata da Marco Liorni, volto noto della televisione italiana, ha visto le finaliste di rigide selezioni esibirsi in quadri moda e sfilate. Durante l’evento sono state promosse anche iniziative sociali, quali “Il Muro del sorriso” e la campagna Avis. Sabato 25 settembre, poi, è seguita la Finale Nazionale dello stesso concorso per aspiranti attrici dove hanno partecipato le ragazze selezionate dall’agenzia di Pasquale Guidi. L’evento, andato in onda in diretta anche su Sky 919 e 888, è stato presentato dalla giornalista Clotilde Capparelli e dal giornalista Rai, Amedeo Goria. Sul palco, ad incoronare la vincitrice Alessia Lauteri, l’attore e regista Michele Placido, testimonial ufficiale e padrino della serata. I risultati, raggiunti da Pasquale con sforzo e impegno, fanno riflettere su ciò che va oltre il lato apparente e piacevole dello spettacolo. Si riscopre il ruolo e il valore pedagogico del lavoro che si afferma, così, come un umanesimo quotidiano teso alla promozione non solo del ‘saper fare’ ma anche del ‘saper essere’, cioè come valorizzazione della persona. “Il vero lavoro - dice Hessen nei Fondamenti Filosofici della Pedagogia - è sempre permeato, più o meno, di una creatività che assicura la crescita della personalità e perciò stesso la soddisfa.” *Docente supervisore Dipartimento Scienze dell’Educazione - Università della Calabria 19 S.O.S. per la chiesa del Carmine Una raccolta firme per sollecitare il recupero del nostro patrimonio di Enzo Cumino 20 I recenti crolli verificatisi nell’area archeologica di Pompei (06-11-2010: la Casa dei Gladiatori; 30-11-2010: il muro perimetrale nord del giardino della Casa del Moralista) hanno messo in risalto la negligenza e la cattiva gestione delle autorità preposte alla tutela e alla valorizzazione dei beni archeologici italiani. La gravità dell’accaduto è sotto gli occhi di tutti; il mondo intero ha gridato per stigmatizzare una vera vergogna (sicuramente tra le più gravi e vistose) dell’Italia d’oggi. Quel che è accaduto a Pompei suona come un campanello d’al- larme per tutti quei siti e monumenti ancora in fase di restauro o che hanno bisogno urgente dell’attenzione e del pronto intervento delle autorità competenti in materia. Per l’Italia, il paese più ricco al mondo di beni artistici, l’emergenza per la salvaguardia dei beni architettonici è costante, per via dell’inquinamento ambientale, per la vetustà dei manufatti, per un territorio a forte rischio tellurico. A ciò si aggiunga il pericolo più grave: la negligenza e l’incuria dell’uomo. Anche per la piccola Corigliano vale lo stesso discorso. Sarebbe opportuno soffermarsi su tutte le emergenze attuali: chiesa di S. Chiara, arco di S. Gennaro, casa De Rosis, ecc., ma lo spazio a disposizione e la pazienza del lettore non lo consentono. E allora è opportuno fermare la riflessione su un bene architettonico, carissimo ai coriglianesi, da decenni abbandonato a se stesso: la chiesa del Carmine. Nel 1989, durante i lavori di restauro e consolidamento dell’intera struttura (eseguiti dalla Sovrintendenza di Cosenza), è stato operato uno sciagurato intervento al tetto della chiesa. Al gesso e alle canne (una struttura, quindi, molto leggera) è stato sostituito il cemento armato, il che ha provocato un appesantimento dell’immobile e, poco tempo dopo, l’inagibilità della chiesa. Da quella data (1989), dunque, la chiesa è chiusa ai fedeli; la festa popolare in onore della madonna del Carmine (16 luglio), tanto cara a chi vive nella città e, ancor più, ai coriglianesi nel mondo, si tiene nella chiesa parrocchiale di S. Antonio; una bellissima festa tradizionale, che, però, sta pian piano scomparendo dalla memoria collettiva. Tutti questi elementi sono da tenere in debita considerazione. Essi, tuttavia, sono nulla (o quasi), se si considera che la chiesa, nella sua interezza, potrebbe da un giorno all’altro fare la fine della Casa dei Gladiatori di Pompei. Sarebbe un disastro per Corigliano, ma anche per l’umanità intera, perché un bene culturale non appartiene soltanto alla comunità che lo custodisce (o che dovrebbe custodirlo), ma diviene per se stesso un bene che appartiene a tutti, cioè all’intero consorzio umano. La chiesa del Carmine, poi, ha una storia ed una ricchezza artistica di valore inestimabile, a prescindere dal legame affettivo e devozionale di quanti vivono in Corigliano. Consacrata nel 1493, ai piedi del centro storico, nell’incantevole valle del Pendino (anch’essa ricca di storia e di manufatti architettonici di notevole interesse culturale), la chiesa del Carmine è stata arricchita, nel tempo, di preziosi beni artistici. Su tutto, emerge la stupenda facciata, inizialmente forse interamente affrescata (unico esempio in Calabria!). Il portale centrale è un’opera d’arte unica al mondo. Di stile gotico-partenopeo, esso è arricchito da “fantasiosi motivi catalani”, in cui emergono 10 piccoli splendidi angeli musici, che sembrano convergere tutti verso l’alto, dove troneggia la Madonna nell’atto di ricevere l’annuncio dell’Angelo del Signore (è bene precisare che la chiesa va sotto il titolo di Maria SS.ma dell’ Annunziata). L’edificio ecclesiale e l’annesso convento dei carmelitani hanno visto al loro interno personaggi di spicco della Chiesa e della cultura: fra tutti, basti ricordare il dotto carmelitano Pier Tommaso Pugliesi (1636-1715?), autore della prima riflessione storica sulla città di Corigliano. Detto ciò, sembra superfluo aggiungere altro: intelligenti pauca, dicevano i romani. Il grido di allarme che si alza da queste colonne si rivolge innanzitutto ai coriglianesi, affinché si risveglino dal torpore e dal senso di rassegnazione in cui sembra siano avvolti negli ultimi tempi. Si rivolge, poi, alle autorità preposte alla tutela dei beni architettonici e culturali (Sovrinten- dente di Cosenza, Prefetto di Cosenza, Arcivescovo di Rossano e di Cariati, Parroco di S. Antonio in Corigliano, Sindaco di Corigliano, Governatore della Regione Calabria e, infine, Ministro per i Beni Culturali). Ognuno intervenga al più presto e con senso di responsabilità, perché quanto denunciato non è cosa di poco conto. Certamente un intervento immediato e tecnicamente efficace al tetto della chiesa del Carmine di Corigliano (rimozione del cemento armato) eviterebbe il ripetersi di fenomeni disastrosi come quelli verificatisi altrove (leggasi Pompei). Attraverso Mondiversi, si vuole – concretamente – svolgere una campagna di sensibilizzazione dei cittadini di Corigliano. A tal fine, sarà operativo – presso il Centro di Eccellenza dello Scalo di Corigliano – uno sportello per la raccolta di firme. La petizione e le firme raccolte verranno inviate, al più presto, alla Sovrintendenza ai Beni Architettonici e Culturali di Cosenza, per sollecitare un pronto e costruttivo intervento. 21 Appunti per una storia politica di Corigliano dal 1943 ai giorni nostri / 5 La morte “inventata” di Pietro Mancini Nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948 lo scontro tra il centro-destra e i social-comunisti per la conquista del potere in Italia fu drammatico. A Corigliano si ebbe la rivincita delle sinistre dopo la sconfitta di due anni prima. di Enzo Viteritti 22 “Ogni sera in Piazza del Popolo parlavano da cinque a sei oratori. Quelli di destra parlavano da un palco costruito di fronte alla beccheria municipale, mentre quelli del Fronte Popolare dal balconcino dell’orologeria Maradea. I comizi dei destri si svolgevano sempre con gli immancabili applausi di uno stesso gruppetto di compiacenti, mentre la massa di contadini, distanziata dal palco, rimaneva indifferente e silenziosa. Non così quando parlavano quelli del Fronte: la piazza si affollava straordinariamente e la gente si accalcava in via S. Francesco, in via Roma, in via Corso Umberto. La partecipazione delle donne era quale non si pensava che potesse essere. L’ultima sera quando iniziò il comizio di Rizzo offrì uno spettacolo veramente imponente; la popolazione era enorme, immensa, il silenzio perfetto per cui l’avv. Rizzo potè parlare ascoltatissimo e applauditissimo... Contemporaneamente in Piazza Vittorio Emanuele parlarono l’avv. Graziani, lo scrittore Costabile Guidi, il dott. Giordano Bruno ed il seminarista Domenico Cosentino”. Così l’Avanti, Corigliano! (n. 6 del 1948), descriveva le fasi finali di una campagna elettorale destinata a passare alla storia: quella del 18 aprile 1948, quando fu eletto il primo parlamento dell’Italia repubblicana e si decisero i destini della nazione in un drammatico scontro tra social-comunisti e Democrazia Cristiana. Una cronaca un po’ acida nei riguardi della destra, ma tra Raffaele Amato, il direttore del periodico socialista, e i suoi avversari del centrodestra ormai la polemica era sempre più violenta, tanto da culminare in un episodio deplorevole che vedremo più avanti. Per riprendere il filo del nostro racconto è necessario un passo indietro. Abbiamo visto (n. 4 di Mondiversi) che nel marzo del 1946 si erano svolte le elezioni amministrative e quelle per l’Assemblea Costituente. A Corigliano aveva vinto Giovanni Battista Policastri, esponente liberale, che amministrava il comune con una maggioranza di cui faceva parte la Democrazia Cristiana. Policastri solo in parte aveva dato risposte Il ministro Gennaro Cassiani (il 1° seduto a sinistra) a Corigliano nel 1950. Accanto a lui mons. Rizzo, vescovo di Rossano. In alto: Riccardo Misasi, il prof. Francesco Antonio Arena e Giuseppe Arcidiacono. La figura di Garibaldi, “testimonial” del Fronte Democratico, fu ovviamente utilizzata a scopo contrario dagli avversari nei manifesti e nei volantini propagandistici. concrete ai gravi problemi che attanagliavano la città, aggravati anche da un forte aumento demografico. Il progetto dell’acquedotto consortile tra Corigliano e Rossano, che avrebbe dovuto risolvere il problema della mancanza di acqua potabile, risultava bloccato per insufficienza dei fondi disponibili. La svalutazione monetaria aveva poi costretto l’amministrazione comunale a consistenti aumenti delle tasse locali, creando notevole malcontento. D’altra parte il movimento contadino si organizzava in cooperative e otteneva alcuni importanti successi nell’assegnazione di terre incolte, rafforzando in tal modo l’influenza dei partiti di sinistra. Il 1° gennaio del 1948 entrava in vigore la Costituzione, approvata il 22 dicembre dell’anno prima dall’Assemblea costituente con 453 voti favorevoli e 62 contrari. Veniva così definito il contesto democratico condiviso nel quale i partiti, che fino a quel momento avevano governato insieme sotto la guida di Alcide De Gasperi, potevano finalmente regolare i conti tra loro e sfidarsi per la conquista del potere. La data per l’elezione del primo parlamento repubblicano fu il 18 aprile 1948. Si arrivò a quell’appuntamento dopo una campagna elettorale “moderna”, combattuta da partiti di massa, con gli strumenti di comunicazione allora disponibili: comizi, manifesti, rotocal- chi, processioni, fumetti, radio, cinema, giornali e, sia pur in minima parte, i primi sondaggi. A Corigliano le sinistre videro nelle elezioni l’occasione per una rivincita dopo la sconfitta subita nelle “comunali” del 1946. Già dai primi giorni di marzo la campagna elettorale entrò nel vivo, con affollati comizi in Piazza del Popolo di Fausto Gullo e Mimì Rizzo per il Fronte Democratico Popolare, il raggruppamento nel quale erano confluiti i comunisti e i socialisti. Per la Democrazia Cristiana ebbe un gran successo l’on. Gennaro Cassiani, esponente di primo piano della Democrazia Cristiana, mentre ad aprire la campagna per il Blocco Nazionale, nel quale erano confluiti il Partito Liberale Italiano ed il fronte per l’Uomo Qualunque, tenne un comizio l’avv. Gustavo Valente. Ovviamente grande attenzione era riservata ai candidati di origine coriglianese. “E’ con immenso piacere - annotava il cronista del Cor Bonum (n. 5/1948) – che apprendemmo la candidatura al Parlamento di parecchi nostri concittadini. Nella lista del Partito Repubblicano Storico della Circoscrizione di Napoli leggiamo il nome del prof. Luigi Gallina, figlio del nostro comm. Vincenzo. La sua personalità è nota per essere il Gallina appassionato ed instancabile organizzatore sindacale, Direttore di “Critica sin- 23 Piazza del Popolo 24 dacale” e Segretario della Confederazione artigiana di Napoli. Nella lista La Destra si presenta il comm. Vincenzo Tieri, notissimo giornalista, scrittore e commediografo, che ha sempre tenuto alto il nome di Corigliano per le apprezzate opere letterarie e la sua feconda attività politica. Nella stessa lista figura pure il prof. Arturo Manna, chirurgo di gran fama e docente nell’Università di Roma. Nella lista del M.N.S.I. leggiamo il nome di Vincenzo Scavelli, tipografo editore, direttore del Corriere Cosentino, mutilato della Grande Guerra e combattente dell’ultima guerra. Della lista della Democrazia Cristiana fa parte il prof. avv. Costantino Mortati, giurista di gran valore ed autore di pregevoli pubblicazioni giuridiche, onore della nostra Corigliano, che gli ha dato i natali. Indipendente e col simbolo della foglia dell’edera del Partito Repubblicano Storico ha infine posto la sua candidatura al Senato il dott. Costabile Guidi”. Ai comizi, ai manifesti, ai volantini e alle scritte sui muri si affiancava una vivace “battaglia” giornalistica che vedeva schierati il Cor Bonum ed il Popolano per il centrodestra, mentre l’Avanti, Corigliano! di Raffaele Amato esponeva le ragioni della sinistra. Il confronto era impari. I primi due periodici non davano tregua sugli argomenti più insidiosi per il fronte delle sinistre: la sudditanza a Mosca e la natura dittatoriale del comunismo come si era realizzato in Russia, la sovversione delle democrazie orientali con colpi di stato ispirati da Stalin, l’abolizione della proprietà privata. Era difficile replicare a questi argomenti, che poi la storia dei decenni successivi avrebbe individuato come responsabili della mancata vittoria della sinistra in Italia. Ed anche a livello locale si vide quanto fu negativa la decisione di socialisti e comunisti di presentarsi in un unico “Fronte”, mentre differenziandosi avrebbero sicuramente ottenuto risultati più lusinghieri. I due giornali di centrodestra non andavano per il sottile nell’alimentare una strategia della paura che alla fine risultò vincente. “Ricordatevi – ammoniva il Cor Bonum – che ogni anticomunista ha il suo lampione pronto ad ospitarne il corpo penzoloni; ogni nemico personale di questa belva umana che è il comunismo ha la sua sorte segnata da una revolverata alla nuca”. Il periodico socialista invece era molto più cauto nei toni e interveniva con articoli che prendevano di mira soprattutto il sindaco Policastri e i suoi metodi “dittatoriali”. Raffaele Amato, un socialista riformista colto ed informato su quello che avveniva ad est dell’Europa, non aveva molta voglia di schierarsi con un Partito Comunista che, pur alleato, operava per “assorbire” i socialisti e ridurne il peso elettorale e politico. Mentre si avvicinava il giorno del voto ci fu un episodio che dimostra il livello dello scontro e la determinazione dei contendenti a volgerlo a proprio favore. Nella lista del Fronte Popolare si presentava per la prima volta il giovane Giacomo Mancini (era nato il 21 aprile 1916). Il padre Pietro, uno degli esponenti di maggior prestigio della sinistra calabrese, pur non essendo candidato in quanto senatore di diritto, si impegnò a fondo nella campagna elettorale. Il 15 aprile, a tre giorni del voto, tre giornali legati al clero, uno di Cosenza, uno di Catanzaro e uno di Reggio Calabria, uscirono con una notizia clamorosa in prima pagina: “Pietro Mancini ha insultato Cristo in croce ed è stato colpito da paralisi”. Nella stessa giornata il vescovo di Crotone durante una predica in chiesa commemorò Pietro Mancini come se fosse morto. La voce della punizione divina dilagò per tutta la Calabria, abilmente alimentata dai parroci nelle chiese e dai manifesti murali affissi dalle organizzazioni cattoliche. Ovviamente la notizia era falsa. Ma come contrastarla con efficacia? I giornali calabresi il 16 aprile non pubblicarono le smentite. Il 17 aprile, giorno precedente il voto, la campagna elettorale era sospesa. Che fare? Pietro Mancini fu convinto a partire in macchina. Raggiunse Reggio dopo un viaggio di quattro ore tra le strade impervie della Calabria e tenne un comizio davanti ad una folla straripante. Però non c’era più tempo per tornare a Cosenza, dove l’ex ministro aveva previsto di chiudere la campagna elettorale. Parlò comunque Fausto Gullo e cercò di spiegare le ragioni di quell’assenza che destava preoccupazione. Dalla folla si levarono alcune voci: “Non è vero, è paralizzato!”. Sicchè l’indomani, non essendo ormai più possibile ai socialisti portare “in processione” Pietro Mancini per la regione, perché i “comizi” erano ormai chiusi, si fece ricorso alla “mostra”. Il “punito da Dio” fu costretto ad andare su e giù lungo i marciapiedi delle principali vie di Cosenza, per farsi notare, salutare, stringere mani e così... dimostrare di essere vivo! (La vicenda è narrata da Orazio Barrese nella sua biografia di Giacomo Mancini, pubblicata da Feltrinelli nel 1976). L’esito del voto, a livello nazionale, segnò la netta vittoria della Democrazia Cristiana. A Corigliano invece socialisti e comunisti conseguirono un buon risultato, battendo la Democrazia Cristiana e il Blocco Nazionale, formato dal Partito Liberale e dal Fronte dell’Uomo Qualunque, fortemente sostenuto dal sindaco Policastri. Ognuno quindi poteva cantare vittoria, facendo riferimento al voto nazionale o a quello coriglianese. Ad urne chiuse avvenne un altro episodio, questa volta a livello locale, che accentuò ancora di più la frattura tra destra e sinistra. Ecco come lo racconta Raffaele Amato, in un articolo intitolato “Come tra i beduini” (Avanti, Corigliano!, n. 6/1948): “La sera del 22 aprile, e cioè quando si seppero i risultati delle elezioni politiche in Italia il sindaco Policastri, coadiuvato da suo nipote, il dottor Francesco, medico condotto per meriti razziali, e da una accolita di ostriche aggrappate più o meno saldamente alla barchetta comunale, han creduto di avere diritto a festeggiare la vittoria ottenuta da un partito da essi stessi combattuto Il voto del 18 aprile 1948 I RISULTATI DI CORIGLIANO PER LA CAMERA DEI DEPUTATI Elettori iscritti nelle liste: n. 9985 Elettrici: n. 5364 Elettori. n. 4621 Votanti n. 9094 Fronte Democratico: n. 4145 Democrazia Cristiana: n. 2514 Blocco Nazionale: n. 1615 Movimento Sociale: n. 293 Unità Socialista: n. 165 Partito Repubblicano n. 65 Altre liste: n. 68 Schede bianche e nulle: n. 229 Si votò in 13 “sezioni” elettorali. Le prime undici collocate nel centro storico, in vari edifici, dal Palazzo Municipale al “Garopoli”. La dodicesima era allo Scalo, in un’aula del locale edificio scolastico. La tredicesima a Schiavonea, presso l’Uffico Imposte Consumo. con modi e sistemi subdoli (il riferimento è alla D.C., ndr). Durante l’intera giornata si era fatta pervenire in Piazza Vittorio Emanuele, a mezzo di autocarri, una gran quantità di frasche allo scopo di fare un grande falò. Alle ore 20 cominciò il fuoco, che continuò fino alle ore 24 distruggendo così in quattro ore quella enorme quantità di frasche quasi a voler offendere coloro a cui tutto manca: pane, lavoro, fuoco. Il bello, il colmo dei policastriani festeggiamenti fu quando furono presi due conigli vivi legati a dei lunghi bastoni e furono lasciati morire tra le fiamme. Il raccapriccio delle donne e dei ragazzi fu grande: alcuni si coprirono gli occhi per non vedere. Intanto da alcuni gruppetti si gridava a più non posso: Morte a tutti i conigli! Non vogliamo vedere più conigli! E tale grido abbiamo sentito ripetere allorchè noi ci facemmo tra la folla per raggiungere il portone di casa nostra. Più tardi, quando il fuoco del falò stava per avere termine, il sindaco, l’adorato fino alla follia, seduto in mezzo alla piazza come un vero paparascianno, ricevette gli omaggi canori del simpatico Pettinato, mentre la piazza si andava sfollando tra poco benevoli commenti”. Con l’appellativo di “conigli” venivano additati i fratelli Amato che con la loro tenace azione di denuncia erano diventati i più implacabili oppositori della giunta Policastri. 25 A Rossano Ricicl’Art 2010 Creatività e giovani: il rifiuto diventa sostenibile di Anna Lauria Ricicl’Art annoV, ovvero la quinta edizione della mostra del riuso creativo, svoltasi presso il Palazzetto dello Sport a Rossano Scalo, e patrocinato dal Ministero dell’Ambiente, dall’Assessorato Regionale all’Ambiente e dai Comuni di Rossano, Corigliano e Cassano allo Ionio si è tenuto dal 12 al 14 novembre scorsi. Invasione di bambini delle scuole medie ed elementari della Sibaritide e della Provincia di Cosenza. Da Cetraro a Cassano allo Jonio, fino a Cariati. Un esercito di alunni a difesa dell’ambiente. Accompagnati da maestre ed insegnanti, ben 26 1500 futuri cittadini di domani, armati di fantasia, creatività e voglia di costruire un mondo sostenibile, più di quanto non sia oggi. Sono stati loro i veri protagonisti dell’apertura di Ricicl’art, inaugurando di fatto e di diritto quella che, nella crisi generale in cui versano l’Italia ed il Sud in tema di rifiuti, assume i contorni di una vera e propria oasi del pensiero positivo. I piccoli e curiosi osservatori hanno riempito di vivacità, domande ed attenzione gli spazi espositivi della mostra con lo scambio di domande e risposte con rappresentanti delle istituzioni, attraverso un “Question Time”. All’evento, che ha ricevuto il patrocinio e l’apprezzamento per- sonale del Ministero dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, hanno partecipato anche gli assessori regionali all’Ambiente e alla Cultura, Francesco Pugliano e Mario Caligiuri. Incredibile l’allestimento della struttura, ricoperta completamente di quotidiani e rotoli di plastica nera a cura dallo staff di volontari, artisti e professionisti a partire dal presidente, Walter Pulignano, dell’associazione Ricicl’art fino a Lucia Passavanti, i quali, insieme a tutti gli altri, hanno messo passione ed entusiasmo nella manifestazione. Fra le tante opere, due installazioni hanno attratto i tanti visitatori, forse per il loro maieutico potere interpretativo. Quella di Mario Brigante, un’installazione simbolo di speranza. E l’altra di Silvia Singani, con le donne violate e crocifisse nella loro inno- cenza, donne fatte di giornali. Giornali che spesso e purtroppo si limitano a scrivere e a non cambiare niente. La presenza massiccia delle scuole del territorio e dell’intera provincia alla tre giorni è stata coerente con l’impresa pedagogica di Ricicl’art che guarda ormai alla sesta edizione, a valenza regionale, del 2011. La Regione Calabria ha l’intenzione di farne un evento calabrese a tutti gli effetti, che coinvolga tutte le scuole della regione. Sui tavoli del Question Time, esposti i cestini fatti con manifesti riusati, come aggancio simbolico all’identità da difendere con l’ambiente, insieme a clementine e taralli locali. Il Question Time era stato anticipato dalla performance artistica del maestro Pietro Arnoni che, con tuta e motosega in mano, aveva realizzato, dal vivo, la sagoma di una donna su una tavola. La città, dunque, rivitalizzata e invasa, pacificamente, da bambini ed artisti provenienti da tutt’Italia con le loro opere d’arte, metamorfosi d’un rifiuto mai nato. Da Milano a Caserta, fin qui nella Sibaritide, 47 artisti, tra scultori, design, pittori e installatori, hanno esposto le loro originalissime opere, realizzate con materiali riciclati. Oltre 140 creazioni hanno catturato l’attenzione e la curiosità dei visitatori, opere diverse per dimensioni, materiali e concetti hanno suscitato dubbi e domande, in chi le ha lette. Piccoli artisti in fiore, invece, sono stati selezionati dalle rispettive scuole per la realizzazione dei tasselli che hanno composto il mega puzzle. Fra i fedelissimi di Ricicl’art, uno per tutti, Andrea Biffi, artista famoso per le sue installazioni di pregio e di valore. Ma le presenze artistiche erano tante: Pietro Arnoldi, Achiropita Bau- Anna Lauria con Walter Pulignano presidente dell’Associazione Ricicl’art leo, Carlo Boccolato, Mario Brigante, Erika Calesini, Antonello Caligiuri, Pierluigi Colletti, Giovanni Daluiso, Tiziana De Martino, Isidoro Esposito, Francesco Ferrise, Giuseppe Gorga, Piero Graziano, Davide Lazzarini, Niko Mainieri, Valentina Majer, Olga Marciano, Fernanda Marzullo, Giuseppe Otranto, Gennaro Pulignano, Pierluigi Rizzo, Maria Romeo, Roberto Rugna, Natale Saccoliti, Mariagrazia Sangregorio, Rosa Scalise, Giovanni Schiano, Silvia Singali, Lujo Skifter, Rosaria Spina, Cinzia Traiano, Vito Vincenzo, Fernando Zaccaro. Senza dimenticare gli espositori che si sono cimentati nel trasporre le proprie realizzazioni su tavole e su materiali antichi risalenti anche a 500 anni fa, dando vita ad opere originali soprattutto per il supporto utilizzato. Fra questi spiccano i nomi di Bettina Verrina, Lina Barci, Achiropita Bauleo, Anna Maria Cavallo, Federica Noce, Francesca Madeo, Elvira Marincolo, Fiorella Marinelli, M. Sole, Emanue- la Romano, Donata Romano, Giovanna Romano, Serafina Rugna, Franca Russo, Federica Ruffo e Rosaria Spina. L’utilizzo di materiali antichi e di indubbio pregio, oltre a garantire una maggiore durata nel tempo, amplifica l’impatto con l’osservatore. Le tavole assai datate hanno la capacità di esaltare i colori ed il soggetto trattato. Gli artisti che hanno adoperato tale supporto, hanno inteso rendere omaggio al tempo passato creando un ponte ideale con il nuovo, rappresentato da materiali moderni. Ripensare l’ambiente attraverso la creatività e l’uso saggio dei materiali di recupero, rimane senza dubbio una delle strade auspicabili per coscientizzare i cittadini sul consumo eccessivo di beni e materiali, che poi fanno fatica ad essere smaltiti. Mai come in questo momento urge l’unione di tutte le forze, per trovare forme e soluzioni adatte ad attutire l’impatto ambientale del nostro passaggio su questo mondo. 27 Viaggio poetico di Stefania Buonofiglio E in più queste parole che non possono solo significare ma avere un suono uguale a quello di agnelli (devono pure e tutte quante belle) ingenui che belano il non conoscere il massacro come lemma, suono, significato, caratteristica di mio fratello agguantato la carne ancora giovane, il corpo snello ancora sotto stringhe di ideologie. Per essere esteso come un poema di Stevens Calliope fece irruzione in Dante, ma bisogna possederla in scala un milione all’infinito la vertebra del cosmo millimetrico e tu devi emanare praticamente una gioia dai pilastri dinamitati, un terremoto posseduto da bambina e ancora più vicino di un osso smunto dalla preda: tutto deve risuonare a perfezione e tu puoi soltanto rimanere a contare le galassie cadenti, esprimere la reprimenda perché così ti hanno ordinato di osare. In questo numero di Mondiversi vogliamo proporre ai lettori l’ultimo lavoro poetico di Stefania Buonofiglio, curatrice di questa rubrica dedicata alla poesia. Parla ancora con me acqua rocciosa cosa che parli di un ruscello corvino della Sila o di pietra sì armoniosa dove un angelo riposava nelle more e io potevo essere la fauce di un castagno di una belva e del dio del mio stesso terrore. 28 Da un sarcofago si apre un’esistenza. Monotonia è tutto l’universo al primo dolore vagito resistenza verso l’essere se stessi soltanto, non scartare l’individuo in dribbling su nuove postazioni attenzioni e questo e quello da evitare, per non cadere in tentazione di fallimento o follia una frana una slavina il naufragio di un documento e per tutti sei caduto per sempre. Lingua biforcuta che non cambia mai il discorso in linguaggio, «miserere di me e del dolce affanno» non posso avere più lingua democratica e pulita neanche l’acquisto della perla dell’inazione perché lo stormo non viene mantenuto in migrazione se non dallo starnazzo di altre ali e qui ci vuole roccia ciglio alpinismo spuntone corda tesa, testa che si staglia in libertà per consultare un tuono aperto di avverare costruire paradigmi multipli e stellari e non schiodare la vita, questo ammanto di paura dalla cui hai trattenuto sillaba da sillaba per dire che esistevi oltre il vento ghiacciante della Sila e della ebbrezza di quella Schiavonea. E poi per non saper parlare né dire raccontare inutilmente tutto guarda cosa è creato per te solo, un tugurio con dentro un letto caldo di flanella trovagli un posto bianco e impenetrato accanto e dentro il dizionario in formalina. “La fertilità negata”, il nuovo libro di Luigi Petrone di Luisa Sangregorio Luigi Petrone, medico psichiatra del presidio ospedaliero di Corigliano Calabro ha pubblicato il suo quarto lavoro. “La fertilità negata”, questo il titolo del testo, vuole fornire le modalità pratiche per affrontare e risolvere il complesso di Edipo e per aumentare il livello di consapevolezza del sé. “E’ questo – afferma Petrone il mio piccolo contributo al tentativo di svelare ulteriormente ed in forma accessibile a tutti il mistero uomo. Non si arroga di essere un testo scientifico, ma con un intento divulgativo si propone di fornire al lettore le giuste informazioni per meglio comprendere alcune fasi della propria vita per migliorarne la qualità.” Quello del complesso edipico è un concetto largamente noto, sviluppato da Sigmund Freud sulla base del celebre mito greco dell’eroe Edipo. La storia del giovane tebano che uccide il proprio padre e sposa la madre è stata ed è tuttora alla base di una cospicua quantità di studi condotti nel mondo della psicanalisi. Tra le pagine di “La fertilità negata” Luigi Petrone, più che approfondire il fenomeno in sé o portarne alla luce le cause remote, illustra alcuni casi presi dalla realtà del suo lavoro di psichiatra. Ne risulta uno studio chiaro e comprensibile a tutti. Rispetto alla vasta letteratura esistente intorno al mito edipico, Petrone fa un passo avanti, “dilatando- scrive Giulio Iudicissa nella prefazione al testo - i confini dell’Edipo e relazionandoli a tutte le forme di vita soggette a divenire. Risolvere il complesso edipico – continua Iudicissa – significa, allora, non solo uscire dalla puerizia ed avviarsi a una maturità consapevole, quanto e soprattutto il trovare una norma, che chiama tutti gli esseri a ritrovarsi su di un piano di universale armonia. “La Fertilità Negata” è stato pubblicato dalla casa editrice Albatros ed è in vendita in tutta Italia presso le librerie fornite da Ugo Mursia; a Corigliano presso la libreria edicolè di Benvenuto; può essere ordinato direttamente all’indirizzo mail [email protected]. L’Ada di Corigliano ha avviato il “Libro parlato” per gli ospiti della “Casa Protetta S.Pio e Madonna dell’Immacolata” L’8 novembre 2010 l’Associazione per i Diritti degli Anziani di Corigliano, ha dato il via alla realizzazione del progetto “Libro parlato”. L’iniziativa, finanziata con i contributi del 5 per mille dall’Ada Calabria, si propone di vivacizzare il soggiorno degli anziani ospiti della struttura sanitaria “Casa Protetta S.Pio e Madonna dell’Immacolata” di Corigliano Calabro, grazie alla lettura di alcuni testi da parte dei volontari dell’Associazione Ada Corigliano . Ogni lunedì, alle 16,30, storie, racconti e romanzi diventano così protagonisti della Casa allietando il periodo di degenza degli anziani che per vari motivi non riescono ad avere la possibilità di leggere. Si offre, a chi lo vuole, l’opportunità di condividere quella meravigliosa emozione che l’ascolto di un buon libro riesce a dare. Il progetto durerà almeno sei mesi, ma nell’eventualità che venga richiesto può essere prorogato per altri sei mesi. Per un approfondimento è possibile leggere l’intervista al Presidente dell’Ada Corigliano sul blog dell’Associazione www.adacorigliano. com. Per maggiori informazioni è, inoltre, possibile contattare l’Ada Corigliano allo 0983.81620 o inviare una email ad adanotizie@gmail. com (L.S.) 29 Federalismo, solidarietà e partecipazione L’autonomia lancia una sfida ai singoli, oltre che alle Amministrazioni di Carmen Emiliana Fusaro 30 Il federalismo è l’autonomia ai poteri locali in materia tributaria e nella gestione delle attività. L’intenzione del federalismo è fare in modo di responsabilizzare le realtà locali, riuscire a imporre concretezza ai cittadini amministrati e capacità di autonomia agli enti. Ma accanto all’autonomia degli enti territoriali, lo Stato è e rimane sempre onnipresente, tutelando e coordinando le autonomie fiscali, salvaguardando la perequazione tra nord e sud, ma soprattutto assicurare equilibrio e solidarietà tra nord e sud, sanzionando chi non rispetta le regole. Questa riflessione porta a considerare due concezioni di federalismo: federalismo solidale o federalismo competitivo. Quest’ultimo ha come base un modello concorrenziale, un tipo di federalismo che accentuerebbe la concorrenza e il separatismo territoriale nazionale, in cui i mercati prevarrebbero, creando disuguaglianze. Tutto ciò, oltre che anticostituzionale, questo tipo di federalismo porterebbe ulteriori svantaggi soprattutto per il sud che parte da un ritardo di sviluppo, mai recuperato. Un ritardo “antico” accumulato dall’unità d’Italia ad oggi. Più giusto ed equo, secondo me, il federalismo nella sua forma solidaristica - cooperativa, basata su un modello di compartecipazione e perequazione. Questo tipo di federalismo è basato su una programmazione concertata, tale da consentire una gestione responsabilizza dei criteri di spesa. È questo a mio parere il tipo di federalismo adatto anche per il Mezzogiorno. Per il sud diventerebbe una sfida...Una sfida che metterà in gioco la nostra capacità di gestire le risorse. Il controllo sulla loro gestione richiederà la partecipazione dei cittadini, attraverso un metodo cooperativo democratico. Solo così si riuscirà ad avere una corrispondenza tra ciò che si raccoglie e ciò che si spende. Da qui parte un’ulteriore riflessione. Ovvero definire la solidarietà proprio come un risultato dell’economia, e in quanto tale definibile come un modello di organizzazione utile, necessaria, un modello non imposto, ma necessariamente condiviso. La solidarietà va considerata al di là del puro e semplice dare, ma come condivisione, il dare ad altri, i quali se occorrerà daranno a te, in un processo di mutuo sostegno. Su questo“significato” di solidarietà in senso economico è possibile attuare il federalismo. L’aiuto avviene attraverso la compartecipazione a trovare risorse per integrare il deficit e a ottenere una attenuazione dell’evasione fiscale. Quindi, è la realtà che vincola alla realizzazione di un federalismo solidale con l’intento di evitare sprechi e parassitismi. Bisogna introdurre concetti di efficienza ed efficacia e riuscire a trovare un punto di incontro tra l’autonomia fiscale territoriale, da una parte, e la solidarietà dall’altra. Il punto di incontro tra questi due concetti, secondo me, sta nella diversità. E la diversità si disciplina solo con la concretezza e la razionalità, con la regolazione attraverso le norme, con il rispetto reciproco dell’altro, con la consapevolezza e l’umiltà di riconoscere nel federalismo fiscale delle indicazioni valide su cui discutere e concordare. Quindi unire il paese riconoscendo le diversità: questo è il federalismo, che nasce appunto per federare. Ma se alla base non c’è una grande capacità di farne un obiettivo solidale e condiviso il tutto si riduce ad un mero fatto economico. Artefici di questo progetto sono gli amministratori, con il compito principale di unire il paese rispettando le potenzialità e le diversità con proposte chiare e puntuali. Solo cosi avremo un cambiamento vero, una società più flessibile e capace di accogliere sinergie nuove. Ma questo processo non può prescindere dai singoli cittadini. Insomma, dipende da noi: dovremo avere la capacità di coordinarci e di non essere troppo egoisti, di riconoscere i nostri limiti e farci portavoce di comportamenti migliori. E tutto ciò si realizza creando un dialogo, dimostrando di essere capaci di effettuare operazioni di audit sociale per ricostruire certezze e per non rischiare di distruggere tutto. Noi cittadini dovremo essere capaci di dare valore e peso alle nostre opinioni, di liberare le nostre idee avendo profonda fiducia in esse, di alzare il tono, di creare interazione, di parlare a mondi diversi. Solo così raggiungeremo l’obiettivo di un federalismo giusto. Verso il 150° anniversario dell’Unità d’Italia Corigliano “italiana”: luci ed ombre di Dino De Luca Il 17 marzo 1861 a Torino, dopo il lungo e travagliato processo che aveva portato all’unificazione degli Stati pre-unitari, nasceva il primo governo della “nuova” Italia. Nell’occasione del 150° anniversario di quello storico evento fioriscono dappertutto iniziative di studio, manifestazioni, convegni che, oltre a ricordare l’avvenimento, sollecitano ricerche, indagini storiche, nuovi spunti interpretativi. A Corigliano l’iniziativa per un ciclo di conferenze sul tema è stata promossa dal dirigente del Liceo Classico e Scientifico, prof. Pietro Antonio Maradei, in collaborazione con l’associazione culturale “Il Serratore”. Gli incontri in programma hanno per oggetto eventi e personaggi che hanno caratterizzato la storia della città dal 1861 ad oggi, esaminati nel contesto generale del nuovo stato italiano. Un’impostazione originale che ha suscitato interesse e discussioni: la microstoria di una comunità meridionale vista attraverso il “prisma” delle vicende storiche nazionali ottocentesche. Il primo appuntamento, incentrato sul tema“La Il convitto-ginnasio “Garopoli”. nobiltà meridionale dopo l’Unità d’Italia: la famiglia Compagna”, ha avuto luogo presso la sala della biblioteca del Liceo Scientifico in contrada Torrelunga lo scorso 17 novembre. Dopo gli interventi introduttivi del dirigente Maradei e dell’Ispettore scolastico MIUR Franco Fusca, il relatore (di questo come degli altri incontri) Enzo Viteritti, ha illustrato i rapporti tra una delle più potenti famiglie dell’ex Regno delle Due Sicilie e il nuovo stato unitario nato sotto il segno di casa Savoia. Un rapporto che, nei tempi lunghi, ha determinato prima la crisi economica dei Compagna e poi il loro definitivo allontanamento da Corigliano e dalla Calabria. Come sarebbe la realtà economica e sociale della Sibaritide odierna e della stessa Corigliano, si è chiesto il relatore, se i Compagna, che nell’Ottocento avevano creato una grande azienda latifondistica ed imprenditrice, fossero riusciti a reggere alla concorrenza delle imprese settentrionali? Il “Quadrato” a Schiavonea, il castello nel centro storico, il castello di San Mauro a Cantinella: su questi tre simboli del potere dei Compagna, Viteritti ha sviluppato un ragionamento sul filo del paradosso, che ha illuminato di nuova luce problemi ed aspetti della situazione attuale della comunità coriglianese. Protagonista della seconda conferenza, che ha 31 Liceo Scientifico, 1° dicembre 2010: foto ricordo dopo la seconda conferenza. Da sinistra: Francolino Garasto, Enzo Viteritti, Tommaso Mingrone, Pietro Antonio Maradei, Franco Cirò, Giuseppe Geraci, Adriano Natale Viteritti. 32 visto il prof. Tommaso Mingrone affiancato ad Enzo Viteritti, è stato il “Garopoli”, il ginnasioconvitto istituito subito dopo l ‘Unità d’Italia. Dopo una puntuale ricostruzione delle difficoltà incontrate dagli amministratori del tempo per superare le prevedibili difficoltà burocratiche ed organizzative, i relatori hanno evidenziato l’assoluto valore positivo della creazione della nuova scuola, salutata con entusiasmo da Vincenzo Padula nel suo “Bruzio”. Una piccola fiaccola di luce, è stato detto, che ha spezzato l’isolamento culturale della città, promuovendo la nascita delle prime tipografie cittadine, lo sviluppo della stampa periodica locale e una crescita sociale della comunità grazie all’arrivo a Corigliano di docenti e convittori spesso di buon livello intellettuale. Questi primi due appuntamenti sono stati accolti positivamente dal numeroso pubblico intervenuto, grazie ad una esposizione dei relatori piacevole e brillante e ad un ricco corredo fotografico che illustrava i momenti salienti delle argomentazioni sostenute. L’incontro succesivo, fissato per il 15 dicembre, “Luigi Patari e Giovanni Andrea Vinacci: un’idea romantica dell’Italia”, che avrebbe visto accanto ad Enzo Viteritti la presenza dello storico Domenico Antonio Cassiano è stato rinviato a data da definire a causa della neve caduta abbondante in quello stesso pomeriggio Quello che segue è il calendario delle altre conferenze in programma, che si svolgeranno anch’esse presso la biblioteca del Liceo Scientifico di Corigliano e che, ricordiamolo, sono aperte al pubblico: Mercoledi 19 gennaio 2011, ore 17,00 Il brigantaggio tra rivolta sociale e delinquenza comune. Domenico Straface Palma e il rapimento De Rosis Mercoledi 2 febbraio 2011, ore 17,00 Personaggi della “nuova” Italia. Francesco Dragosei tra realtà e mito Mercoledi 23 febbraio 2011, ore 17,00 Il risanamento del territorio, dalla malaria alla bonifica l’oraLegale Pedofilia: non solo un crimine ma anche una malattia Oltre alla difesa sociale dal pedofilo occorre anche curare l’autore del reato di Raffaella Amato* Un padre coriglianese querela un uomo di 72 anni anch’egli di Corigliano per aver abusato sessualmente della propria figlioletta di appena 9 anni. Nel mese di ottobre scorso l’anziano in questione viene tratto in arresto e gli viene applicata dall’autorità giudiziaria la misura cautelare degli arresti domiciliari. A fine novembre un coriglianese di 40 anni viene condannato dal Tribunale Collegiale di Rossano a 3 anni e 6 mesi di reclusione per tentata violenza sessuale nei confronti della propria figlia sedicenne. A quanto pare la ragazzina avrebbe evitato lo stupro solo grazie all’intervento della madre che ha poi sporto querela presso i Carabinieri. Tanti i casi di abusi sessuali su minori di tutte le età, molti dei quali consumati nel segreto delle mura domestiche e su propri congiunti, troppi quelli che non vengono alla ribalta. Coinvolti tutti i ceti sociali, senza distinzione: pedofilo può essere il professionista stimato da tutti, così come la persona in una situazione di degrado sociale. Una piaga con conseguente devastanti sulle vittime che il legislatore tenta di combattere sempre più aspramente. La legge 269/’98, ha cercato di mantenere l’impegno preso dall’Italia con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, prefiggendosi diverse finalità, una su tutte il rafforzamento della repressione penale della pedofilia attraverso la creazione di nuove fattispecie delittuose quali ad esempio: pornografia minorile, iniziative turistiche volte a sfruttare la prostituzione minorile; con riferimento a quest’ultimo caso, con la legge è stata inserita la deroga al principio di territorialità della legge penale concedendo al giudice italiano di perseguire e punire anche i reati di prostituzione e pornogra- 33 fia minorile commessi all’estero. Tra le altre cose sono stati rafforzati gli strumenti a disposizione della polizia giudiziaria che, ad esempio, ha la possibilità di acquistare simulatamente materiale pornografico o aprire siti internet di copertura per scovare chi è coinvolto nella distribuzione di materiale pornografico di minori per via telematica. Un’altra possibilità prevista dalla legge è quella di ritardare l’esecuzione di provvedimenti quali l’arresto o il sequestro, qualora tale ritardo possa contribuire ad identificare ulteriori autori di reato o organizzazioni più vaste o l’infiltrazione di agenti all’interno di viaggi che tendono allo sfruttamento della prostituzione minorile. Tuttavia non bisogna dimenticare che il pedofilo non è solo un criminale ma anche un malato su cui occorre intervenire, tanto è vero che il Dsm IV Tr (manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali, punto di riferimento per gli psichiatri di tutto il mondo) annovera la pedofilia nella categoria delle parafilie, comunemente conosciute come perversioni sessuali. Da questo punto di vista, vari studi hanno sottolineato come il pedofilo presenti tratti psichici tipici, quali immaturità affettiva e l’incapacità di instaurare relazioni personali adeguate; e l’impostazione psicoanalitica classica spiega la pedofilia secondo il modello della cosiddetta identificazione con l’aggressore, trattandosi spesso di un soggetto che a sua volta è stato vittima di abusi nell’infanzia. Sono di diverso tipo i trattamenti che sono stati sperimentati a partire dagli anni ’30 fino a questa parte: organici (elettroshock, uso di antidepres- 34 sivi serotoninergici, castrazione chimica) e psicologici (psicoterapia psicoanalitica individuale e di gruppo e psicoterapia cognitivo-comportamentale). Il trattamento in ambito penitenziario di questi soggetti pone diversi problemi. Innanzitutto non è facile scegliere tra l’optare per una strategia di esclusione, che proteggerebbe il pedofilo dalla probabile aggressione di altri detenuti ma lo escluderebbe di fatto dalle attività trattamentali intramurarie, e una strategia di inclusione che preveda l’inserimento completo degli autori di reati sessuali in tutte le attività rieducative. A parte il problema di come allestire un setting terapeutico in un luogo come il carcere, si è poi riscontrato come le diverse categorie di operatori penitenziari interni alla struttura (direttore, educatori e agenti di polizia penitenziaria) abbiano una comprensibile difficoltà di approccio e di interazione con questi detenuti che sfocia in atteggiamenti di rifiuto, disgusto, chiusura all’ascolto. Ecco perché risulta necessario rafforzare gli spazi di supervisione e formazione degli operatori penitenziari, che andrebbero monitorati allo stesso modo degli stessi detenuti magari proprio dagli esperti psicologi e criminologi di osservazione scientifica della personalità e trattamento penitenziario provenienti dall’esterno. Tutto ciò allo scopo di non pregiudicare l’opera di prevenzione della recidiva nei pedofili in un ottica di difesa sociale. *Avvocato, ex giudice onorario criminologo, specialista in criminologia clinica Occupa i piani di servizio di un antico palazzo gentilizio, nel cuore del centro storico, della storico della città città di Corigliano Calabro, in un contesto storico culturale ricco e di storico-culturale pregio,e di ricco attorniato pregio, da opere architettoniche attorniato da di notevole opere architettoniche interesse... di notevole interesse... Corigliano Calabro Via Garetti Tel. 339.1700415 35 36