DISTRIBUZIONE
GRATUITA
periodico di comunicazione sociale - culturale - istituzionale
1
2
di Mondiversi
4 Inchiesta
sul gioco d’azzardo
di Loredana Meringolo
uomo in gioco
6 Un
di Luigia Rosito
politica coriglianese
9 La
abdica al suo ruolo di Antonio Gioiello
10mila ma si fa finta di nulla
11 Sono
di Emilia Pisani
via con me
14 Vieni
di Francesco Sommario
per liberare!”
16 “Occupiamo
di Alessandra Spezzano
nuovo riconoscimento
18 Un
per Luigi Promenzio
di Carmine Calabrese e Deborah Furlano
Guidi trova
19 Pasquale
il successo nella capitale
di Carmela Russo
per la chiesa del Carmine
20 S.O.S.
di Enzo Cumino
per una storia politica di Corigliano
22 dalAppunti
1943 ai giorni nostri / 5
La morte “inventata”
di Pietro Mancini di Enzo Viteritti
Rossano Ricicl’Art 2010
26 Adi Anna
Lauria
poetico
28 diViaggio
Stefania Buonofiglio
fertilità negata”, il nuovo libro
29 “La
di Luigi Petrone di Luisa Sangregorio
solidarietà
30 Federalismo,
e partecipazione
di Carmen Emiliana Fusaro
il 150° anniversario
31 Verso
dell’Unità d’Italia di Dino De Luca
L’Ora legale
33 Pedofilia:
non solo un crimine ma
anche una malattia
di Raffaella Amato
Foto in copertina: LUCA POLICASTRI
INZIA POLICASTRI
LETTERA APERTA AL SINDACO DI CORIGLIANO
Egregio Sindaco,
sono passati due anni dall’inaugurazione del Centro di Eccellenza ed è sentita da parte nostra l’esigenza di promuovere
assieme alla sua Amministrazione Comunale una occasione pubblica di discussione su questa esperienza, coinvolgendo il Consiglio Comunale e la Città. Ci sembra utile, a un anno dalla scadenza dell’attuale convenzione di gestione
con l’Associazione Mondiversi Onlus, anche al fine di predisporre con sufficiente anticipo gli atti futuri, onde evitare
inopportuni e dannosi vuoti gestionali, aprire una riflessione collettiva su questa importante struttura dei Servizi Sociali.
All’apertura del Centro di Eccellenza molte erano le perplessità ed i dubbi circa la sua funzionalità, vi era molto scetticismo riguardo la sua necessità, tanti erano i sospetti ed i timori che potesse diventare il ritrovo di chissà chi per chissà
cosa. In questi due anni, invece, il Centro ha avuto un afflusso di circa 25.000 persone. Le manifestazioni ed i convegni
sono stati molteplici: politici, sindacali, culturali, sociali. Tante sono state le mostre di artisti e le esibizioni musicali, le
recite dei bambini delle scuole. Si è dimostrato come mancasse nella nostra Città una struttura capace di ospitare una
tale varietà di servizi. Ad oggi, i dati provvisori riferiscono i seguenti numeri. La sala convegno ha avuto un utilizzo di
270 giornate, la sala progettazione è stata usata per 283 giorni, il laboratorio musicale (penalizzato per mancanza di
insonorizzazione) è stato utilizzato 140 volte. Il Calabria Internet Social Point ha avuto 180 utenti per 4.100 ore di navigazione nella rete informatica. Nei giorni e nelle ore di apertura previsti il Centro è stato sempre aperto, non si è mai
verificato che per qualsiasi motivo rimanesse chiuso, sebbene, come Lei sa, si faccia ricorso a personale volontario.
Sul piano economico, come anche di recente Le abbiamo comunicato, le entrate sono derivate solo da contribuzioni
degli utenti per alcuni servizi, e sono stati insufficienti per le esigenze della struttura. Nessun contributo infatti è stato
mai erogato né dal Comune di Corigliano, nè da altri Enti pubblici o Privati a sostegno del Centro. Pertanto, la nostra
associazione ha dovuto utilizzare proprie risorse, umane e finanziarie, al fine di garantire per intero le necessità della
struttura. Nello specifico, nei due anni di attività, le entrate sono state 18.289 euro e le uscite 18.621 euro. Quindi, il
Centro di Eccellenza risulta in perdita finanziaria, nonostante il personale sia esclusivamente volontario (eccetto per
l’ausilio tecnico esterno, necessario per il buon funzionamento degli apparecchi informatici e tecnologici), e diverse
spese siano considerate a carico di altre progettualità gestite da questa associazione. Per noi è stato (ed è) uno sforzo
impegnativo, che sarà ancora più gravoso in futuro a seguito del taglio operato dal Governo del 75% dei proventi del
5xmille, istituto sul quale la nostra associazione sinora ha fatto molto affidamento. Sterili e misere ci sono perciò parse
talune polemiche circa i contributi alle spese richiesti agli utenti. Se non si vogliono chiudere servizi e strutture bisogna,
con realismo, prevedere forme di finanziamento adeguate almeno alla copertura delle spese. E quelle da noi adottate
ci sembrano assolutamente equilibrate anche in termini di servizi resi. Dal nostro punto di vista riteniamo di avere avuto
una gestione coerente con gli obiettivi prefissati e rigorosa e rispettosa del “Bene Comune” che ci era stato affidato. Ma,
in questi due anni, tante sono state le situazioni nelle quali si sono palesate diverse e differenti opinioni sulla funzionalità
del Centro e su quali esigenze dovesse soddisfare. Alcune chiaramente strumentali e prive di qualsiasi fondamento,
altre orientate ad un effettivo miglioramento dei servizi e ad un pieno utilizzo della struttura. Noi pensiamo che alcuni
cambiamenti ed adeguamenti non solo siano possibili ma anzi auspicabili, purchè sia mantenuta inalterata la funzione
strategica del Centro di Eccellenza come punto di riferimento del Terzo Settore e della ricerca di sistemi innovativi nei
Servizi Sociali, nonché come luogo di incontro dei giovani e della società civile.
Nell’attesa di un Suo riscontro Le invio Cordiali Saluti.
Corigliano Calabro, 20 dicembre 2010
Associazione Mondiversi onlus
Il Presidente
Antonio Gioiello
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Inchiesta di Mondiversi
sul gioco d’azzardo
Il comportamento
dei giovani coriglianesi
verrà rilevato da un questionario
di Loredana Meringolo
“Oggi tutto va così, siamo in
una slot machine, dove è il
caso sempre a vincere”. Queste parole, tratte da un singolo
di Gianluca Grignani, riflettono
adeguatamente il destino dei
giocatori d’azzardo. E’ il caso
a prevalere, è il fato a dettare l’esito di una scommessa,
come ne “Il fu Mattia Pascal”,
il capolavoro di Pirandello. La
dea bendata appare dal nulla
al protagonista, procurandogli
una sostanziosa vincita e agevolando la sua complessa esistenza. L’azzardo compare e
scompare di frequente nella letteratura, facendo intravedere il
suo potenziale anche a chi non
è preda del suo agire incessante. C’è però chi prova a dare un
senso a tutto ciò. Matematici
che con i loro studi cercano una
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razionalità nascosta, biologi che
analizzano differenti strategie di
comportamento, informatici che
dedicano ore e ore a decifrare
codici invalicabili.
Il gioco d’azzardo (GA) appare
fortemente radicato nella natura umana, tanto che ricerche
archeologiche e antropologiche ne hanno documentato le
profonde radici nella storia e
nella cultura di ogni popolo, in
ogni epoca, stato sociale e cultura. Ne troviamo notizie già a
partire dal 3000 a.C. nell’antico
Egitto, ma anche in India, Cina
e Giappone i più antichi manoscritti portano testimonianze
riguardanti forti scommesse al
gioco dei dadi ed alle corse con
i carri.
Attorno al XII e XIII secolo fanno la loro comparsa le corse dei
cavalli con relative scommesse
annesse, mentre le lotterie appaiono per la prima volta nel
XVI secolo su iniziativa di Elisabetta Iª d’Inghilterra.
Nel 1576, a Genova, iniziò a
diffondersi, dapprima in un clima di clandestinità, un gioco a
sorteggio antesignano del lotto,
che assunse poi piena fisionomia nel 1643, quando venne
legalizzato.
Al filosofo Blaise Pascal si deve
invece, nel XVI secolo, l’invenzione della roulette, e nel 1895
è la volta della slot-machine, inventata dall’americano Charles
Fay.
Nel corso dei secoli gli atteggiamenti delle società nei confronti
del gioco d’azzardo sono stati
i più diversi, alternando fasi di
permissivismo con periodi di
proibizionismo (il gioco d’azzardo fu ripetutamente vietato,
già durante il medioevo, in molte città italiane). Ai nostri giorni
stiamo assistendo ad un’estesa
fase di incentivazione e legalizzazione del gioco d’azzardo. Il
gioco online attraverso internet
ha assunto dimensioni enormi,
con un effetto sui giocatori imprevedibile. L’indotto economico prodotto è colossale, con un
sensibile impatto sociale, e costituisce a tutti gli effetti una fiorente industria (una della maggiori del pianeta per volume di
denaro) soprattutto in Europa,
Asia e Stati Uniti.
Anche in Italia il gioco d’azzardo e/o lo scommettere in
generale (corse, lotterie, ecc.)
rappresentano un’attività assai
praticata.
L’introduzione selvaggia di nuovi giochi, che attirano le simpatie dei giocatori, la loro facile
accessibilità, la mancanza di
informazione sui danni che possono arrecare ai cittadini che li
praticano, hanno avuto come
risultato in questi ultimi anni,
una diffusione delle problematiche riferite al gioco d’azzardo.
Infatti, quello che era stato inventato come un piacevole passatempo, ha purtroppo prodotto
in alcune persone una grave
malattia: il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP).
Il gioco d’azzardo infatti, come
avviene per l’alcol ed il fumo,
rimane un vizio (cioè un comportamento
deliberatamente
messo in atto, pur con connotati moralistici negativi, ma che
il soggetto può interrompere a
suo piacimento) finché non insorgono le caratteristiche tipiche della dipendenza, ovvero:
- la Tolleranza (bisogno di
sempre maggior gioco per
ottenere lo stesso livello di
eccitamento);
- l’Astinenza
(nervosismo,
ansia, tremori se si tenta di
smettere);
- la Perdita di controllo (presunta capacità di poter smettere,
senza riuscirci nella realtà).
Si tratta di una malattia estremamente grave, ancora poco
conosciuta in Italia (sebbene
molto presente), che può essere definita come una vera e propria dipendenza dal gioco.
Probabilmente esiste una predisposizione alla dipendenza
generata da fattori biologici,
ambientali, psicologici. I soggetti predisposti che vengono in
contatto con il comportamento
possono facilmente sviluppare
un abuso, che in seguito si può
rapidamente trasformare in una
dipendenza.
La patologia agisce sui soggetti
colpiti impedendo loro di riuscire a controllare l’impulso al gioco: ovvero, per queste persone
è impossibile decidere quando,
quanto, come e dove giocare.
È una malattia progressiva, una
malattia cioè, che evolve nel
tempo, ed in cui è difficile identificare con precisione il momento in cui si passa dal gioco
(anche se eccessivo) per diver-
timento alla dipendenza vera e
propria.
Studi recenti hanno dimostrato
come anche tra i giovani c’è una
forte attrazione verso il gioco.
Se si tiene conto che gli adolescenti sono più portati all’attività ludica, questo dimostra come
più favorevole potrebbe essere
l’attrattiva al gioco d’azzardo.
Non va dimenticato che sono
sempre di più gli spazi attrezzati dove è possibile trovare una
vera e propria “oasi del divertimento”; ambienti confortevoli
e studiati fino all’ultimo particolare per attrarre a sé tante più
persone in cerca di divertimento, fortuna e emozioni forti, nel
tentativo di rompere la pericolosa catena della “noia”. Abbiamo
provato a chiederci perché un
adolescente dovrebbe essere
attirato dal gioco d’azzardo. La
risposta non si può esaurire con
una semplice analisi. I fattori implicati sono tanti e il denaro non
è sicuramente l’unica attrattiva,
ma un mezzo per continuare a
giocare nella ricerca di provare l’eccitazione della puntata e
fuggire alla noia, alle pressioni
familiari e forse da una società
sempre più incerta, precaria,
insicura, pressante di richieste
di “essere” attraverso “l’avere”
con la perdita di valori legati alla
stabilità della cultura tradizionale, alla mutazione della struttura
familiare sempre più frammentata e immatura nella gestione
del cambiamento.
Partendo da tali premesse
l’Associazione
Mondiversi
Onlus, nell’ambito del progetto
S.I.S.T.E.M.A. (Sistema Integrato Servizi Territoriali E Modulari
Articolati) – Progetto realizzato
con il Comune di Corigliano e
l’Asp, in attuazione della legge
n. 45/99, al suo terzo anno - ha
ritenuto interessante svolgere
una indagine conoscitiva che
mira a fornire un quadro sulla
diffusione del gioco nella popolazione giovanile della città
di Corigliano. A questo scopo
è stato elaborato un questionario (sul modello del Sout Oaks
Gambling Screen usato nell’individuazione delle persone che
hanno, o possono avere, problemi con il gioco d’azzardo).
Il questionario, titolato “Game
Over”, sarà somministrato agli
studenti delle scuole secondarie di 2° grado di Corigliano
durante questo anno scolastico
(un corso per scuola) .
Agli studenti, inoltre, durante la
fase di ricerca, verrà distribuito
l’opuscolo informativo, a cura
dell’Associazione Mondiversi,
“Guida sui pericoli della cultura dell’eccesso e delle nuove
dipendenze patologiche (Internet, Tv, Videogioco e gioco
d’azzardo).
I dati della ricerca saranno in
seguito restituiti agli studenti
in un momento di approfondimento sulla tematica oggetto di
studio e successivamente pubblicati.
5
Gaia Reale
ph.
Un uomo in gioco
Intervista a un ex-giocatore
che a causa della sua
dipendenza ha rischiato
di perdere tutto
di Luigia Rosito
6
Quanti anni ha?
Ho 48 anni.
Che lavoro fa o faceva?
Facevo il rappresentante per una casa dolciaria,
ora ho una piccola attività in proprio.
Ha una compagna?
Sì, sono sposato.
Ha figli?
Ho tre figli adulti di cui uno attualmente sposato.
Lei è o è stato un giocatore dipendente,
qual’era il suo gioco principale?
Come gioco principale prediligevo il videopoker.
Come ha cominciato a giocare?
Tutto incominciò per via del mio lavoro da rappresentante che mi permetteva di accedere a
diversi bar e locali all’interno dei quali erano presenti i videopoker. Entravo in questi bar/locali e,
nell’attesa di parlare con i gestori, osservavo le
persone che erano lì e giocavano ai videopoker;
da qui la curiosità di sapere come funzionava,
come si procedeva, cosa bisognava fare e chiedendo informazioni incominciai anche a provare,
utilizzando inizialmente solo pochi euro (5-10
euro). Dopo un po’ di tempo però iniziai a giocare
in modo assiduo. Mi recavo nei bar e nelle sale
gioco non più per lavoro, ma per il bisogno che
mi spingeva a giocare sempre di più.
Quando ha incominciato a giocare stava attraversando un periodo particolare?
No, non stavo attraversando un periodo particolare della mia vita, ma per via del lavoro che
svolgevo venni attirato da queste “macchine da
intrattenimento” che, invece di intrattenermi solo
per pochi minuti, finirono per trattenermi per la
maggior parte della giornata, nelle ore più svariate, dalla mattina presto fino alla sera tardi, per
più giorni alla settimana fino a diventare una dipendenza giornaliera e patologica.
Cosa si prova quando si viene presi dal gioco?
Ciò che provavo quando venivo preso dal gioco
era una sorta di voglia che mi portava a voler
giocare spesso, soprattutto quando vincevo e a
voler giocare sempre di più quando perdevo proprio per poter “rifarmi”, per recuperare la somma
persa. La somma massima spesa in una giornata arrivava all’incirca sulle 200 euro che, se
spesi per più volte nell’arco di un mese, come mi
è capitato, diventano cifre esorbitanti, tanto che
arrivavo a spendere tutto quello che avevo, sia
come denaro liquido mio personale e della mia
famiglia, sia come risparmi depositati in banca e
accumulati negli anni. Poi sono arrivato persino
a chiedere prestiti e ho finito per non avere più
nulla in tasca ma solo ed esclusivamente debiti.
Quando si è reso conto che il gioco si stava
trasformando in dipendenza?
Mi resi conto che il gioco si stava trasformando
in dipendenza quando mia moglie e i miei figli
incominciarono a sospettare qualcosa che non
andava nei miei comportamenti e nei soldi che
improvvisamente la mia famiglia si vide mancare. Soprattutto durante un investimento che volevamo effettuare ma che non abbiamo potuto fare
per la mancata disponibilità dei fondi risparmio.
Da quel giorno iniziarono le discussioni in casa e
l’approfondimento da parte della mia famiglia sulla questione. Mia moglie cominciava a fare ipotesi e pensava che la mia improvvisa mancanza
di denaro dipendesse da una relazione extraconiugale o da un altro tipo di dipendenza. Quando
poi confessai il mio estremo bisogno di giocare
ai videopoker e l’impossibilità di riuscire a dire
basta, a quel punto mi resi conto che non era più
un semplice vizio o passatempo, ma una vera dipendenza dal gioco. Mi resi conto, colloquiando
con la mia famiglia e con i miei figli che quello
che stavo facendo era qualcosa di sbagliato e
capii la gravità di quello che stavo facendo.
Quanto ha pesato nella sua vita e quali conseguenze ne sono scaturite?
La dipendenza dal gioco ha pesato moltissimo
sulla mia vita in quanto, in ambito familiare, ha
affievolito i rapporti con mia moglie e con i miei
figli, mi ha portato a perdere la fiducia di mia moglie e sentivo dentro di me il peso della mortificazione nei confronti dei miei figli che non mi
permetteva quasi di guardarli in faccia. In ambito
sociale tutto ciò mi ha portato alla perdita della
moralità, ad una sorta di spersonalizzazione che
mi rendeva diverso da quello che effettivamente ero, le persone mi additavano, mi criticavano
ogni volta che mi vedevano davanti ad un videopoker, e anche quando passeggiavo per strada,
ero ormai indicato come “quello che gioca” e
gli occhi erano sempre fissi su di me. In ambito economico, invece, le conseguenze di questa
dipendenza sono state le più disastrose perché
hanno portato l’intera famiglia a doversi accontentare del minimo indispensabile, senza potersi
permettere spese superflue.
Quando ha cominciato a pensare di smettere
di giocare? E cosa fa?
Dalle conseguenze scaturite nell’ambito familiare, sociale ed economico, è partita la mia convinzione di smettere di giocare e di preferire la
spesa superflua di una cena o di una uscita con
tutta la famiglia piuttosto che spendere il mio denaro davanti ad un videopoker. Non ho preferito
farmi aiutare da nessuno nel superare questa
dipendenza, ma ho avuto da me la forza e la vo-
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glia di smettere di giocare.
Ogni tanto è capitato di avere l’impulso di giocare ma
riesco comunque a controllarlo con facilità pensando a
tutte le cose che potrei fare
col denaro che, se cedessi
alla tentazione, spenderei,
oppure, nel caso in cui, ogni
tanto, mi capiti di giocare,
mi do un limite di spesa (per
esempio massimo 5 euro).
Cosa è cambiato nella sua
vita da quando ha smesso
di giocare?
Da quando ho smesso di
giocare, la mia vita è cambiata in positivo, sono molto
più tranquillo. La vita in famiglia e la mia vita sociale e
quindi con i miei amici è ritornata quella di un tempo, è
andata sempre più migliorando. Pian piano ho riacquistato la fiducia e la stima di quanti l’avevano persa, mentre, per quanto
riguarda la sfera economica siamo riusciti, anche
se con difficoltà, a saldare tutti i debiti e a risollevarci, riprendendo un tenore di vita abbastanza
agiato.
Attualmente che rapporto ha con il gioco?
8
Attualmente il rapporto con il gioco è sporadico.
La maggior parte delle volte che entro in un bar,
preferisco guardare gli altri giocatori piuttosto
che giocare io stesso. Ed ogni volta che osservo qualcuno perdere, rifletto sul perché perdere
tanto denaro, tanto tempo. E, lo confesso, rido di
loro, rifacendomi di tutte quelle volte che erano
gli altri a ridere di me.
L’Associazione Mondiversi Onlus ha recentemente pubblicato un opuscolo informativo dal
titolo “Guida sui pericoli della cultura dell’eccesso e delle nuove dipendenze patologiche”
che contiene anche informazioni sul fenomeno
del gioco d’azzardo.
Mondiversi, in collaborazione con la Regione
Calabria, il Comune di Corigliano Calabro e
l’Asp di Cosenza, ha tratteggiato il panorama
delle nuove dipendenze, quali internet, tv, videogioco e, appunto, gioco d’azzardo. La Guida è rivolta innanzi tutto ai giovani, il formato e
la grafica sono espliciti, così come il contenuto,
che è esposto in maniera chiara e semplice.
Nell’opuscolo anche un test che potrà far capire ai lettori se il rapporto che hanno con internet, tv, videogiochi e giochi d’azzardo sia sano
o meno.
L’intervista al giocatore, raccolta da Luigia Rosito è una testimonianza diretta delle conseguenze alle quali può portare la dipendenza
patologica. Speriamo che di storie come questa ce ne siano sempre meno da raccontare.
Luca Policastri
ph.
La politica coriglianese
abdica al suo ruolo
Sarà la commissione
d’accesso a scrivere
il finale di questo capitolo
di “Santa Tecla’s Story”
di Antonio Gioiello
Se l’operazione Santa Tecla doveva essere, oltre che una operazione anticrimine, anche una
prova per svelare il profilo della
classe politica coriglianese c’è
riuscita in pieno.
In quattro mesi si è assistito a
un susseguirsi di prese di posizioni e di cambiamenti dei propri
punti di vista sulla vicenda, con
continui riflessi sull’Amministrazione Comunale, che è risultato
non facile leggere le motivazioni, capire le ragioni di ognuno.
Tanto che è difficile comprendere quali di esse appartengano a una consapevolezza della
gravità della situazione e a una
conseguente assunzione di
responsabilità e quali, invece,
riguardino il riaffiorare di contrasti e conflitti preesistenti, o,
magari, logiche di calcolo a fini
di vantaggi personali. Tant’è che
spesso si è avuta la sensazione che si volesse approfittare
dell’indebolimento dell’Amministrazione per acquisire posizioni di maggiore privilegio, il più
delle volte usando argomenti
strumentali e rozzi.
E anche i generosi tentativi di
consiglieri comunali, di forze
politiche e di singoli cittadini di
sottolineare la delicatezza della questione posta, si sono dispersi e sono stati resi nulli dal
sovrastare delle voci predominanti.
Insomma, è sembrato che il ma-
laffare, messo in luce dall’operazione Santa Tecla, e il rischio
che Corigliano (indipendentemente dall’esito finale di quest’indagine) diventi un paese di
‘ndrangheta, sfuggissero completamente agli interessi della
classe politica. Preoccupata più
di sé stessa che di interrogarsi
su quali rimedi adottare per rendere il Comune impermeabile
(oggi e domani) a qualsiasi pericolo di infiltrazione mafiosa.
In questo disorientamento né
il sindaco né i rappresentanti dell’opposizione riescono a
coagulare attorno a sé le forze
politiche istituzionali necessarie
per dare uno sbocco positivo
alla situazioni di crisi che si sta
attraversando.
Il Sindaco perde la sua maggioranza, gli assessori in carica sono rimasti solo quattro. I
consiglieri comunali che la sostengono si sono ridotti a 13
(almeno stando a quelli che
9
10
nell’ultimo Consiglio Comunale del 23 novembre hanno approvato il riassetto di bilancio,
responsabilità specifica dei
gruppi di maggioranza). Non
solo, ma di fatto l’alleanza elettorale che appena un anno fa
ha vinto le elezioni non esiste
più. Ed i vari tentativi di mettere
assieme la ex-maggioranza e
di cooptare consiglieri comunali
di opposizione, si sono rivelati
finora vani. Nel frattempo, l’opposizione si è allargata sino a
raggiungere ipoteticamente i
numeri per determinare il corso
della consiliatura e finanche la
sua conclusione. Ma è talmente
frammentata da non costituire
una forza omogenea capace
di mettersi d’accordo non in
un progetto, ma nemmeno su
un’idea, un obiettivo, un singolo
provvedimento.
Il risultato è una evidente perdita di autorevolezza dei diversi
ruoli istituzionali e politici, sia di
chi governa, sia di chi è all’opposizione: una marcata perdita
di prestigio per la politica di Corigliano.
In questo contesto, la città faticosamente e con disagio cerca
di andare avanti. Facendo leva
sulle proprie forze: quelle degli
imprenditori, dei lavoratori, dei
commercianti. Degli studenti, in
lotta per i loro diritti e per il futuro
della scuola pubblica. Delle associazioni, delle organizzazioni
del Terzo Settore, spesso oggetto di gratuiti, beceri e sconsiderati attacchi anche attraverso
l’uso di mezzi di comunicazione,
che suppliscono con fatica alle
colpevoli assenze e mancanze delle istituzioni assicurando
servizi altrimenti impossibili da
garantire. Sopportando il peso
di un pericoloso vuoto politicoamministrativo. Reggendo si-
tuazioni che, finora, solo il caso
ha voluto fortunatamente che
non scoppiassero in vere emergenze. Si pensi alla massiccia
presenza di forza lavoro straniera, non gestita a livello locale in alcun modo, se si escludono i blitz per cacciare queste
persone da ricoveri di fortuna,
magari, pagati a carissimo
prezzo. La politica coriglianese
rimane inerme anche di fronte
alla gravissima situazione dello
smaltimento dei rifiuti, mentre il
sindaco di Rossano Filareto sta
combattendo una battaglia solitaria, senza avere al fianco gli
altri sindaci che della discarica
di Bucita si servono quotidianamente (come appunto il Comune di Corigliano). Sul fronte
del turismo, che è l’unica voce
positiva per aumento del numero degli occupati, Corigliano
sta assistendo a un progressivo
peggioramento dell’offerta, si
veda, uno per tutti, l’andamento travagliato nella gestione del
Castello Ducale.
Si diceva, la situazione critica
che viviamo svela il profilo della
classe politica coriglianese, che
mostra la sua non “capacità di
capire il presente e di guardare al futuro”. Sinora, infatti, ha
dimostrato di pensare ad altro.
Non avendo il coraggio di assumersi la piena responsabilità di
scelte chiare e sostenute fino
in fondo e di adottare provvedimenti forti e netti per salvaguardare la Pubblica Amministrazione da ogni tentativo di
condizionamento.
Così facendo si abdica al ruolo principale della Politica e ci
si rifugia nella Commissione di
Accesso, delegando all’esito
delle sue indagini il futuro amministrativo di Corigliano.
Autorizz. Tribunale di Rossano
Reg. Periodici N. 02/03 - 25 marzo 2003
Sede: Via Machiavelli (Centro Eccellenza) - Tel. 0983.885582
CORIGLIANO SCALO (Cs)
www.mondiversi.it — e-mail: [email protected]
Direttore Responsabile: CARMINE CALABRESE
Direttore Editoriale: LUISA SANGREGORIO
Redazione:
RAFFAELLA AMATO,
STEFANIA BUONOFIGLIO
Maria Caloroso, ENZO CUMINO,
DEBORAH FURLANO, ANTONIO GIOIELLO
MARCO LAUDONE, ANNA LAURIA,
ISACCO NUNA, EMILIA PISANI,
GIOVANNI PISTOIA, FABIO PISTOIA
LUCA POLICASTRI, GAIA REALE,
ADALGISa Reda, Mario Reda,
FRANCESCO SOMMARIO
GIULIA SPANO’, ENZO VITERITTI
Grafica: GIOVANNI ORLANDO
Stampa: TECNOSTAMPA
Largo Deledda - Tel. 0983.885307 - Corigliano Scalo
Sono 10mila ma
si fa finta di nulla
Per 100 euro possono dormire
in una specie di letto, altrimenti
vanno dove capita
di Emilia Pisani
I numeri presentati dall’ultimo
rapporto sull’immigrazione, ad
opera del segretariato Migranti dell’associazione Torre del
Cupo, nel territorio della Sibaritide impongono una seria riflessione sul fenomeno. E non
solo, perché la maniera con la
quale le istituzioni preposte affrontano, anzi non affrontano, il
fenomeno immigrazione a Corigliano è assai preoccupante.
Il rapporto 2010 sulla presenza
di cittadini stranieri nella Sibaritide in generale e in particolare
nella città di Corigliano parla di
“presenze in costante crescita”
con numeri da capogiro. Almeno 10 mila gli stranieri presenti
in città nei mesi invernali, quelli
censiti. Dove vivono? Come vivono? Chi gli da la possibilità di
alloggiare? Sono controllati?
Ci sono e vagano per la città,
fuori dagli “orari di lavoro” (ossia dalle 5 del mattino alle 17)
e sembrano “invisibili” alla società. Un interrogativo, al quale
oramai a distanza di anni si riesce a dare una risposta chiara
e veritiera rispetto al fenomeno
riguarda sicuramente il “cosa
vengono a fare?”.
Sono qui a cercare fortuna, a
cercare una vita migliore come
facevano gli italiani all’esterno nel XIX e nel XX secolo, o
come i meridionali di oggi che
ancora emigrano al nord in cerca di lavoro. La maggior parte
degli stranieri presenti in città
nel periodo della campagna
agrumaria e olivicola vengono per lavorare in agricoltura.
Un mestiere che gli italiani non
fanno più perché sottopagato e
non controllato a dovere, ne è
dimostrazione la truffa ai danni
dell’Inps di Rossano di un anno
fa. Facciamo ancora riferimento allo studio dell’associazione
Torre del Cupo per il 2010: “il
rapporto annuale sull’immigrazione per l’anno 2010 riguarda
il territorio dei comuni nei quali
è attivo il progetto del segretariato Migranti finanziato dall’assessorato all’immigrazione della
provincia di Cosenza e si basa
su dati rilevati presso le anagrafi dei comuni interessati” (il che
significa che i cittadini stranieri
censiti sono residenti nel territorio comunale). Interessanti, per
esempio, i “dati” relativi agli stranieri non censiti. “La popolazione dei cittadini stranieri presenti
sul territorio non corrisponde ai
soli iscritti alle anagrafi comunali. A questi, in realtà, si devono sommare i cittadini stranieri
11
regolari non residenti e i cittadini stranieri irregolari. Entrambe
queste categorie - scrive ancora Torre del Cupo - non sono
facili da censire, sia per l’estrema fluidità delle presenze, dipendente da molteplici fattori,
sia per la carenza di strumenti
a nostra disposizione. In condizioni normali (dunque non nel
periodo della raccolta di agrumi e olive per intenderci ndr) il
numero degli stranieri presenti
sul territorio va aumentato di
circa la metà rispetto al numero
dei residenti. Fra i mesi di ottobre e febbrai la forte domanda
di manodopera da utilizzare in
agricoltura attrae sul territorio
un grande numero di stranieri
provenienti da altri territori della
12
regione, da altre regioni d’Italia
e dall’estero. Nel territorio nei
mesi invernali affluiscono circa
dodicimila lavoratori stranieri”.
Il calcolo di Torre del Cupo, difficile da realizzare per i motivi
prima descritti, si riferisce ad un
analisi della manodopera complessivamente occorrente nel
territorio per la campagna agrumicola e olivicola, paragonato
alla manodopera esistente in
loco. “In considerazione del fatto che il territorio di Corigliano
detiene il 60% della superficie
agrumicola della Sibaritide ne
deduciamo che circa la metà
del flusso migratorio stagionale
interessa la città di Corigliano”.
Dunque, dato per assodato che
il territorio coriglianese è co-
stantemente interessato da un
fenomeno di migrazione di così
ampio impatto nei mesi invernali è necessario allora attrezzarsi e non far finta di nulla. Gli
alloggi fatiscenti, le baraccopoli
fronte mare e le capanne all’interno degli stessi agrumeti, i
casolari abbandonati e in condizioni igienico sanitarie ai limiti
dell’immaginabile, la spiaggia
e le barche dei pescatori come
rifugio della notte non possono
essere accettate. Non sono
purtroppo immagini lontane o
ricostruzioni della più drammatica delle regie cinematografiche: a Corigliano immagini di
questo tipo risalgono a meno
di un anno fa. Blitz delle forze
dell’ordine, ordinanze sindacali, sgomberi coatti e arresti
sono solo alcuni degli elementi di controllo del fenomeno.
Condivisibili o meno, sono gli
unici strumenti in mano a forze
dell’ordine e enti comunali per
porre rimedio ad una situazione
d’emergenza e di pericolo per la
pubblica incolumità. Tali dispositivi di “soppressione” del fenomeno irregolare di soggiorno
nel territorio coriglianese e della
Sibaritide in generale, altro non
hanno fatto che determinare
una nuova forma di “irregolarità
nella gestione del fenomeno migratorio”. Gli stranieri, e chi per
loro organizza gli arrivi in loco,
hanno trovato un nuovo stratagemma per evitare insediamenti abusivi in città. Il fenomeno in
questi primi mesi invernali del
2010 ha già visto alcuni episodi
di occupazione abusiva di immobili, come nel centro storico.
Ma a prendere piede in questi
ultimi anni è il “mercato immobiliare nero”: ossia micro appartamenti, magazzini, scantinati,
case abbandonate d’inverno o
tutto l’anno, locali al pianterreno di 30 metri quadrati senza
servizi igienici che vengono fittati in maniera completamente
irregolare al prezzo di 100 euro
a persona. Sembrerebbe che i
proprietari di alcuni immobili a
Corigliano con la connivenza
dei “caporali” ossia di coloro i
quali organizzano il lavoro degli
stranieri nelle campagne agrumicole e olivicole, hanno dato
il via a questo tipo di fenomeno che lede ancora una volta
i più elementari diritti umani e
della persona e sfrutta ancor di
più il lavoro degli stranieri. Preso atto di un fenomeno di così
vasta portata, per quello che riguarda buona parte dei settori
economici del territorio e della
città di Corigliano in particolare,
risulta necessario intervenire al
più presto e dotare la città e il
territorio di strumenti in grado di
regolamentare il fenomeno e in
grado di garantire la convivenza tra la società coriglianese e
quella “parallela straniera”.
Corigliano è, infatti, da considerarsi una città multietnica composta da una considerevole
forza lavoro nei vari settori dell’economia locale rappresentata da stranieri. Urgono allora
politiche sociali ed educative indirizzate alla presa di coscienza
del fenomeno dell’immigrazione
e in grado di garantire servizi di
supporto e tutela degli stranieri.
Bisogna inserire l’immigrazione
nel contesto sibarita, ma anche
nel più complesso fenomeno
italiano. Per esemplificare l’importanza che gli stranieri hanno
in alcuni settori dell’economia
nazionale evidenziamo un passo dell’introduzione del libro di
Riccardo Staglianò (giornalista
di Repubblica) dal titolo emblematico “Grazie.
Ecco perché senza immigrati
saremmo perduti”. “Senza gli
immigrati saremmo perduti. Dai
raccoglitori di mele senegalesi
della Val di Non, ai conciatori di pelli nigeriani del Veneto.
Dai facchini indiani di Reggio
Emilia, ai sikh che allevano le
bufale in Campania. Dai pescatori tunisini di Mazara del Vallo,
ai camionisti albanesi e romeni. Dalle cave, alle corsie degli
ospedali, alla cura dei nostri
vecchi e dei nostri bambini. Gli
immigrati non vengono a rubarci il lavoro ma a fare i mestieri
che noi rifiutiamo.”
13
Vieni via con me
Il lavoro chiama
i giovani lontano dal
Sud, nell’indifferenza
di chi ha il dovere
e il potere di dar loro
un futuro
di Francesco Sommario
14
I paesi della Calabria, ogni giorno, si svuotano
della loro risorsa più preziosa: i nostri giovani.
Chi in macchina, chi in pulman, chi in treno parte verso il Nord Italia, o addirittura per l’estero. I
giovani partono alla ricerca di un lavoro dignitoso
(busta paga e diritti garantiti) o per seguire gli
studi universitari. Ma ciò nasconde un dramma,
nemmeno tanto celato: si parte ma… non si ritorna più.
Questi nuovi emigranti calabresi del terzo millennio si differenziano dai loro avi che anch’essi partivano, ma… ritornavano. Una volta si migrava
per poter poi tornare al proprio paese, il prima
possibile, con un gruzzoletto che permettesse di
farsi casa, di sposarsi, di comprare un podere. Il
migrante, in quel tempo, era una ricchezza, un
valore aggiunto per il reddito familiare; era capace di fornire, in pochi anni di sacrifici, quell’input
economico che permettesse di avviarsi verso
un’esistenza “tranquilla”.
Analizziamo ora per un attimo lo status degli
studenti diplomati negli istituti scolastici statali
di Corigliano nell’anno 2009/10 appena trascorso. Ci sono stati, in totale, 364 giovani diplomati
così suddivisi: Istituto Tecnico per Geometri n.38;
Ipsia n.64; Istituto Tecnico Commerciale n.120;
Liceo Classico n. 40; Liceo Scientifico n. 102. Di
questi, oltre il 60% hanno intrapreso la carriera
universitaria, mentre gli altri stanno cercando di
immettersi nel mondo del lavoro o hanno fatto
domanda nell’Esercito. Soffermiamoci, per prima
cosa, su quei giovani diplomati che cercano lavoro. Io ne ho incontrati diversi in questi ultimi
mesi: pochissimi hanno trovato lavoro (non dichiarato) come barista o cassiere di supermercato o tuttofare in qualche magazzino d’agrumi; la
maggior parte nemmeno quello. Ecco allora che
fa capolino l’idea di… partire.
Quelli, invece, che hanno deciso di frequentare
l’Università, sicuramente arriveranno alla laurea,
ma nel giorno in cui avranno finito gli studi cercheranno anch’essi lavoro, un lavoro da professionisti. Il neolaureato col papà commercialista/
ingegnere/avvocato… è un po’ tutelato: il papà
potrebbe avviarlo al lavoro nel proprio studio. Ma
la maggior parte dei neolaureati non ha genitori
con queste caratteristiche. E allora dove pensate che potrebbero cercare lavoro? Forse qui a
Corigliano? Nemmeno a parlarne. Forse in Calabria? Non credo sia possibile. Dovranno migrare,
questo è certo, aggiungendosi in coda a quelli
già partiti. I nuovi migranti coriglianesi/calabresi
partono ancora con valige di cartone (similpelle);
ma stavolta, oltre che del corredo personale, le
loro valige sono piene di certificazioni e titoli di
studio: qualifiche tecniche varie, diploma, laurea,
master universitario…
Va via il nostro giovane, col suo cervello, con
dentro poco senso di appartenenza a questa
“terra maledetta” e con molta cultura tecnica,
saperi e competenze acquisiti con sacrificio, che
presto svenderà in qualche fabbrica del Nord, in
qualche centro di ricerca internazionale, in qualche ente pubblico con sede in Padania (un altro
terrone che va ad arricchire i polentoni).
Ma quanto detto non deve sembrare uno sfogo… razzista. Di questo stato di cose voglio coglierne soprattutto il dramma terribile per tutti noi,
per Corigliano, per il Sud: i giovani si sentono
zavorra in questa barca che galleggia appena e
decidono di abbandonarla. I nostri paesi si stanno svuotando dei propri giovani, di quella parte
di società che può garantire un futuro di benessere sociale, perché da noi non c’è futuro se non
ci sono giovani e se non c’è lavoro! (Il lavoro è
la condizione necessaria per creare sviluppo, favorire la formazione di nuove classi dirigenti, e
rappresenta il primo indicatore di benessere del
progresso di un popolo). Soprattutto vanno via,
senza ritorno, le menti più brillanti, quelle menti
che potrebbero essere capaci di ribaltare lo stallo in cui siamo precipitati; vanno via quelle menti
capaci di progettare, di inventare, di coordinare,
di legalizzare, di fare rete... Oggi, difficilmente,
un laureato con 110 e lode troverà mai a Corigliano e dintorni un ambiente di lavoro dove poter esprimere le proprie qualità e diventare esso
stesso risorsa per il proprio paese.
Il giovane che emigra non ritornerà più da noi,
questo è il fatto! Chi va via dalla Calabria non
farà più ritorno al proprio paese perché oggi non
ci sono le condizioni perché ciò avvenga. Troverà
casa e formerà una famiglia la dove lavora, perché è lì il proprio futuro, per se e per figli, con la
garanzia di servizi di qualità e prospettive certe.
E i nostri politici che dicono, che fanno, cosa programmano per dare soluzione a questa tragedia?
Io non lo so. So solo che i politici calabresi sono
certamente diventati “pietosi volani di sviluppo
che non rispecchiano la realtà”.
15
di Alessandra Spezzano
16
Nella seconda settimana di novembre, dal 6 al
12, gli alunni del Liceo Scintifico Fortunato Bruno hanno occupato il loro Istituto, spinti dalla rabbia suscitata dalla riforma Gelmini e contro quei
tagli di cui la cultura non dovrebbe neanche sentire il lontano nidore.
Luogo comune è pensare che le proteste giovanili di questi ultimi anni siano dettate dal poco
interesse di noi giovani o dalla ricerca dell’otium
(molto lontano dal significato latino), poiché si
crede che noi ci si impegni solo per salvaguardare il nostro “dolce far nulla”. Non è stato, non
è cosi! Le nostre menti, spesso criticate, hanno
sentito il desiderio di poter fare qualcosa, seppur il minimo, per cambiare la situazione, per far
capire come, noi giovani pensiamo al futuro e
non possiamo far altro che rimanere attoniti ed
arrabbiati davanti alla distruzione della Scuola
Pubblica. L’occupazione può sembrare una scelta poco “produttiva”, che non ha fornito un vero e
proprio risultato. Di certo, la settimana senza lezioni, portata avanti, non ha toccato in prima persona la “carissima Maria Stella” ma ha permesso
a noi di capire chi siamo realmente, cosa vogliamo dal futuro e quanto davvero siamo capaci di
lottare per quello che ci interessa, per difendere ciò che sembra un banale orpello della vita
ma che è il pilastro di una crescita costruttiva:
la scuola! Io stessa dubitavo della maturità con
cui si sarebbe gestita l’occupazione ma le cose
sono andate, fortunatamente, molto meglio di
quanto io credessi: abbiamo organizzato assemblee per discutere liberamente di ciò che ci premeva, cose che a scuola solitamente nessuno
affronta; abbiamo parlato di ideali, di politica (nel
senso nobile del termine, della “polis”); sono state organizzate classi autogestite in cui ognuno
era libero di poter studiare e di recuperare il tempo perso. Ex alunni del liceo sono venuti a dire
la loro circa questa riforma e a spiegarci come
quest’ultima stia demolendo anche l’Università;
altro che eliminare privilegi per baroni e “figli di”,
come dice la Gelmini!
Durante le mattinate abbiamo cercato di riflettere e discutere circa l’attualità, mentre c’era chi
invece alternandosi si occupava della manutenzione dell’istituto, affinché nulla venisse rotto o
danneggiato; il pomeriggio si sono svolti tornei
sportivi come quelli di pallavolo e calcio.
Senza vergogna e ben preparati abbiamo volu-
Spezzano
Una giovane studentessa coriglianese
racconta l’esperienza della protesta
ph. Alessandra
“Occupiamo
per liberare!”
ph. Alessandra
Spezzano
ph. Alessandra
Spezzano
to che anche le televisioni locali potessero darci
uno spazio: il terzo giorno d’occupazione infatti,
abbiamo chiamato un’emittente televisiva del posto per poter spiegare i motivi della nostra ribellione e non far sì che potessimo, come sempre,
passare per disinformati e vagabondi.
Quest’occupazione ha dato modo di mostrare
quanto, noi “ragazzini svogliati e volti all’eccesso”, sappiamo gestire situazioni delicate senza
perdere il controllo. Noi sappiamo affrontare temi
importanti senza superficialità né senescenza
di pensieri,sappiamo dormire in una scuola, organizzare attività costruttive e ludiche, sappiamo metterci alla prova e andare oltre i limiti del
consueto e del banale. Abbiamo dimostrato che
non siamo solo quelli che rompono porte e finestre o imbrattano muri con amori eterni che durano qualche mese! Siamo capaci di essere interessati e preoccupati per il nostro futuro,di unirci
compatti e di lottare con le nostre braccia, anche
se esili, affinché qualcosa possa cambiare! Penso che finalmente si sia dimostrato quanto la gioventù “bruciata” valga davvero: è arrivata l’ora di
ascoltarla!
17
Un nuovo riconoscimento
per Luigi Promenzio
È lui il più giovane
presidente nella storia
della Sipal
di Carmine Calabrese e Deborah Furlano
18
La Società Italiana di Patologia dell’Apparato locomotore parla calabrese. L’assemblea nazionale della Sipal, riunitasi nella serata di venerdì 8
ottobre presso il Ministero della Salute di Roma,
per il rinnovo degli organismi statutari, ha eletto,
al termine di una seduta partecipata, per acclamazione quale nuovo presidente Luigi Promenzio, 40 anni, nativo di Rossano Calabro ma residente a Corigliano, che resterà in carica per il
biennio 2011-2013.
L’ortopedico calabrese, affermato in Italia e non
solo, è il più giovane presidente nella storia della
Sipal, che è una delle società scientifica più antiche d’Italia. Dello stesso organismo sono entrati
a far parte, con la carica di vicepresidenti, Enrico
Rebuzzi e Mauro Roselli. Il nuovo consiglio direttivo scientifico, composto tra gli altri da Umberto Scapagnini, (noto all’opinione pubblica come
medico di fiducia del premier Silvio Berlusconi)
e da Calogero Vercillo, responsabile dell’ortopedia pediatrica dell’ospedale “Dei Bambini-Di
Cristina” di Palermo, ha un altro valente portacolori della Calabria da copertina in prima pagina.
La seconda eccellenza calabrese ha il volto, la
preparazione, la professionalità e l’impegno di
Massimariano Bisignani, quarantenne nativo di
Sant’Sant’Agata d’Esaro e dirigente ortopedico
presso il Cto di Roma.
Ma chi è Luigi Promenzio? Ce lo dice lui stesso.
“Sono nato a Rossano Calabro il primo settembre
del1970 e cresciuto a Corigliano Calabro dove ho
frequentato il Liceo Classico “Garopoli”. Mi sono
laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato,
con lode, in Ortopedia e Traumatologia all’Università di Roma – Tor Vergata”. Ha svolto parte
della formazione sull’accrescimento osseo del
bambino e dell’adolescente all’Havana (Cuba) e
sulla patologia chirurgica del piede a Barcellona.
“Ho frequentato per diversi anni i dipartimenti di
Ortopedia e Traumatologia degli Ospedali San
Giovanni, Sant’Eugenio, Cto e gli ambulatori del
Policlinico di Tor Vergata  a Roma,  come allievo
del professor Maurizio Monteleone”.
Tra una chiacchierata e un’altra, il cellulare del
professionista quarantenne non smette un attimo
di squillare. Amici, parenti, semplici conoscenti
fanno a gara per fargli gli auguri di buon lavoro
per un incarico così prestigioso. Tra le tante telefonate ci sono quelle di tanta gente, ieri suoi pazienti, oggi amici che si sono affidati a lui per una
visita, un consulto medico o un intervento chirurgico. Ha lavorato a Roma per qualche anno con
lo specialista traumatologo Luigi Pisano, e seguito i corsi teorico-pratici a Santa Vittoria d’Alba.
L’ortopedico, dal carattere espansivo, dalla simpatia contagiosa, dalla genuinità tipica dei calabresi, ha, inoltre, pubblicato diversi articoli su
riviste scientifiche nazionali ed internazionali e
varie monografie sulla tematica della fisiopatologia del piede e, con altri colleghi, effettuato la
più ampia ricerca della letteratura sull’appoggio
plantare nella popolazione scolastica di varie regioni italiane.
Attualmente insegna “ Ortopedia e Medicina del
Lavoro” presso la Scuola di Specializzazione in
Medicina del Lavoro della Facoltà di Medicina e
Chirurgia dell’Università  Tor Vergata di Roma, diretta dal Prof. Andrea Magrini. Nel gennaio 2007
era stato eletto vicepresidente della Società Italiana di Patologia dell’Apparato Locomotore.
Pasquale Guidi trova
il successo nella capitale
A Piazza Navona firma
“La Notte veste Roma”
di Carmela Russo*
Il lavoro non appartiene solo al mondo dell’economia ma soprattutto alla dimensione umana. È
un fatto esistenziale, che riguarda tutti noi come
individui e il cui ruolo è implicitamente legato ai
vari aspetti della nostra formazione. I grandi pedagogisti del passato ne erano consapevoli.
L’unico metro per misurare il successo oggi è il
trionfo nella competizione, il confronto dei risultati, ma i risultati si ottengono solo quando si è
capaci di liberare energie creative, sviluppare
solidarietà e mutua cooperazione e non competizione. Bruner, psicologo cognitivo, diceva che
l’educazione è “il potere mentale” che permette
ad ognuno di creare la propria cultura.
Così, mentre qualcuno insegue l’etica del non lavoro, c’è chi restituisce a questo termine dignità.
Come fa Pasquale Guidi, giovane coriglianese,
che a Roma sta trovando meritati riconoscimenti.
Trentasei anni coriglianese, Pasquale Guidi, con
la sua società, la Pasan Eventi, specializzata
nella organizzazione di eventi nel campo dello
spettacolo e nella promozione di aziende, associazioni ed enti, proprio grazie alla sua intelligenza creativa, si distingue da alcuni anni sulla
scena della città capitolina per qualità, cura del
dettaglio, amore per lo stile e incrocio di competenze, riuscendo ad emergere nel settore di
rifermento.
Lo scorso 13 settembre, Pasquale ha compiuto
un ulteriore salto di qualità nella sua storia professionale, realizzando nella cornice suggestiva di
Piazza Navona l’evento “La Notte Veste Roma”,
raffinata kermesse di moda all’interno della quale
si è svolta la Finale Regionale del concorso “Ragazza Cinema Ok”. La manifestazione, presentata da Marco Liorni, volto noto della televisione
italiana, ha visto le finaliste di rigide selezioni
esibirsi in quadri moda e sfilate. Durante l’evento sono state promosse anche iniziative sociali,
quali “Il Muro del sorriso” e la campagna Avis.
Sabato 25 settembre, poi, è seguita la Finale Nazionale dello stesso concorso per aspiranti attrici
dove hanno partecipato le ragazze selezionate
dall’agenzia di Pasquale Guidi. L’evento, andato
in onda in diretta anche su Sky 919 e 888, è stato presentato dalla giornalista Clotilde Capparelli
e dal giornalista Rai, Amedeo Goria. Sul palco,
ad incoronare la vincitrice Alessia Lauteri, l’attore
e regista Michele Placido, testimonial ufficiale e
padrino della serata.
I risultati, raggiunti da Pasquale con sforzo e impegno, fanno riflettere su ciò che va oltre il lato
apparente e piacevole dello spettacolo. Si riscopre il ruolo e il valore pedagogico del lavoro che
si afferma, così, come un umanesimo quotidiano
teso alla promozione non solo del ‘saper fare’ ma
anche del ‘saper essere’, cioè come valorizzazione della persona.
“Il vero lavoro - dice Hessen nei Fondamenti Filosofici della Pedagogia - è sempre permeato, più
o meno, di una creatività che assicura la crescita
della personalità e perciò stesso la soddisfa.”
*Docente supervisore Dipartimento Scienze
dell’Educazione - Università della Calabria
19
S.O.S.
per la chiesa
del Carmine
Una raccolta firme per
sollecitare il recupero
del nostro patrimonio
di Enzo Cumino
20
I recenti crolli verificatisi nell’area archeologica
di Pompei (06-11-2010: la Casa dei Gladiatori;
30-11-2010: il muro perimetrale nord del giardino della Casa del Moralista) hanno messo in
risalto la negligenza e la cattiva gestione delle
autorità preposte alla tutela e alla valorizzazione dei beni archeologici italiani.
La gravità dell’accaduto è sotto gli occhi di tutti; il mondo intero ha gridato per stigmatizzare una vera vergogna
(sicuramente tra le più gravi e vistose) dell’Italia d’oggi.
Quel che è accaduto a Pompei suona come un campanello d’al-
larme per tutti quei siti e monumenti ancora in fase di restauro
o che hanno bisogno urgente
dell’attenzione e del pronto intervento delle autorità competenti in materia.
Per l’Italia, il paese più ricco al
mondo di beni artistici, l’emergenza per la salvaguardia dei
beni architettonici è costante,
per via dell’inquinamento ambientale, per la vetustà dei manufatti, per un territorio a forte
rischio tellurico.
A ciò si aggiunga il pericolo più
grave: la negligenza e l’incuria
dell’uomo.
Anche per la piccola Corigliano vale lo stesso discorso. Sarebbe opportuno soffermarsi
su tutte le emergenze attuali:
chiesa di S. Chiara, arco di S.
Gennaro, casa De Rosis, ecc.,
ma lo spazio a disposizione e la
pazienza del lettore non lo consentono.
E allora è opportuno fermare la
riflessione su un bene architettonico, carissimo ai coriglianesi,
da decenni abbandonato a se
stesso: la chiesa del Carmine.
Nel 1989, durante i lavori di restauro e consolidamento dell’intera struttura (eseguiti dalla
Sovrintendenza di Cosenza),
è stato operato uno sciagurato
intervento al tetto della chiesa. Al gesso e alle canne (una
struttura, quindi, molto leggera) è stato sostituito il cemento
armato, il che ha provocato un
appesantimento dell’immobile
e, poco tempo dopo, l’inagibilità
della chiesa.
Da quella data (1989), dunque,
la chiesa è chiusa ai fedeli; la
festa popolare in onore della
madonna del Carmine (16 luglio), tanto cara a chi vive nella
città e, ancor più, ai coriglianesi
nel mondo, si tiene nella chiesa
parrocchiale di S. Antonio; una
bellissima festa tradizionale,
che, però, sta pian piano scomparendo dalla memoria collettiva.
Tutti questi elementi sono da
tenere in debita considerazione. Essi, tuttavia, sono nulla (o
quasi), se si considera che la
chiesa, nella sua interezza, potrebbe da un giorno all’altro fare
la fine della Casa dei Gladiatori
di Pompei.
Sarebbe un disastro per Corigliano, ma anche per l’umanità
intera, perché un bene culturale
non appartiene soltanto alla comunità che lo custodisce (o che
dovrebbe custodirlo), ma diviene per se stesso un bene che
appartiene a tutti, cioè all’intero
consorzio umano.
La chiesa del Carmine, poi, ha
una storia ed una ricchezza artistica di valore inestimabile, a
prescindere dal legame affettivo e devozionale di quanti vivono in Corigliano.
Consacrata nel 1493, ai piedi
del centro storico, nell’incantevole valle del Pendino (anch’essa ricca di storia e di manufatti
architettonici di notevole interesse culturale), la chiesa del
Carmine è stata arricchita, nel
tempo, di preziosi beni artistici. Su tutto, emerge la stupenda facciata, inizialmente forse
interamente affrescata (unico
esempio in Calabria!).
Il portale centrale è un’opera
d’arte unica al mondo. Di stile gotico-partenopeo, esso è
arricchito da “fantasiosi motivi
catalani”, in cui emergono 10
piccoli splendidi angeli musici,
che sembrano convergere tutti
verso l’alto, dove troneggia la
Madonna nell’atto di ricevere
l’annuncio dell’Angelo del Signore (è bene precisare che la
chiesa va sotto il titolo di Maria
SS.ma dell’ Annunziata).
L’edificio ecclesiale e l’annesso
convento dei carmelitani hanno
visto al loro interno personaggi
di spicco della Chiesa e della
cultura: fra tutti, basti ricordare
il dotto carmelitano Pier Tommaso Pugliesi (1636-1715?),
autore della prima riflessione
storica sulla città di Corigliano.
Detto ciò, sembra superfluo aggiungere altro: intelligenti pauca, dicevano i romani. Il grido
di allarme che si alza da queste
colonne si rivolge innanzitutto
ai coriglianesi, affinché si risveglino dal torpore e dal senso di
rassegnazione in cui sembra
siano avvolti negli ultimi tempi.
Si rivolge, poi, alle autorità preposte alla tutela dei beni architettonici e culturali (Sovrinten-
dente di Cosenza, Prefetto di
Cosenza, Arcivescovo di Rossano e di Cariati, Parroco di S.
Antonio in Corigliano, Sindaco
di Corigliano, Governatore della
Regione Calabria e, infine, Ministro per i Beni Culturali).
Ognuno intervenga al più presto
e con senso di responsabilità,
perché quanto denunciato non
è cosa di poco conto. Certamente un intervento immediato
e tecnicamente efficace al tetto
della chiesa del Carmine di Corigliano (rimozione del cemento
armato) eviterebbe il ripetersi di
fenomeni disastrosi come quelli
verificatisi altrove (leggasi Pompei).
Attraverso Mondiversi, si vuole
– concretamente – svolgere una
campagna di sensibilizzazione
dei cittadini di Corigliano. A tal
fine, sarà operativo – presso il
Centro di Eccellenza dello Scalo di Corigliano – uno sportello
per la raccolta di firme.
La petizione e le firme raccolte
verranno inviate, al più presto,
alla Sovrintendenza ai Beni Architettonici e Culturali di Cosenza, per sollecitare un pronto e
costruttivo intervento.
21
Appunti per una storia politica di Corigliano dal 1943 ai giorni nostri / 5
La morte “inventata”
di Pietro Mancini
Nelle elezioni politiche
del 18 aprile 1948 lo scontro
tra il centro-destra
e i social-comunisti per
la conquista del potere
in Italia fu drammatico.
A Corigliano si ebbe
la rivincita delle sinistre
dopo la sconfitta
di due anni prima.
di Enzo Viteritti
22
“Ogni sera in Piazza del Popolo
parlavano da cinque a sei oratori. Quelli di destra parlavano da
un palco costruito di fronte alla
beccheria municipale, mentre
quelli del Fronte Popolare dal balconcino dell’orologeria Maradea. I comizi dei destri si svolgevano sempre con gli immancabili applausi di
uno stesso gruppetto di compiacenti, mentre la
massa di contadini, distanziata dal palco, rimaneva indifferente e silenziosa. Non così quando
parlavano quelli del Fronte: la piazza si affollava straordinariamente e la gente si accalcava in
via S. Francesco, in via Roma, in via Corso Umberto. La partecipazione delle donne era quale
non si pensava che potesse essere. L’ultima
sera quando iniziò il comizio di Rizzo offrì uno
spettacolo veramente imponente; la popolazione era enorme, immensa, il silenzio perfetto per
cui l’avv. Rizzo potè parlare ascoltatissimo e applauditissimo... Contemporaneamente in Piazza
Vittorio Emanuele parlarono l’avv. Graziani, lo
scrittore Costabile Guidi, il dott. Giordano Bruno
ed il seminarista Domenico Cosentino”.
Così l’Avanti, Corigliano! (n. 6 del 1948), descriveva le fasi finali di una campagna elettorale destinata a passare alla storia: quella del 18 aprile
1948, quando fu eletto il primo parlamento dell’Italia repubblicana e si decisero i destini della
nazione in un drammatico scontro tra social-comunisti e Democrazia Cristiana. Una cronaca un
po’ acida nei riguardi della destra, ma tra Raffaele Amato, il direttore del periodico socialista, e i
suoi avversari del centrodestra ormai la polemica
era sempre più violenta, tanto da culminare in un
episodio deplorevole che vedremo più avanti.
Per riprendere il filo del nostro racconto è necessario un passo indietro. Abbiamo visto (n. 4
di Mondiversi) che nel marzo del 1946 si erano
svolte le elezioni amministrative e quelle per l’Assemblea Costituente. A Corigliano aveva vinto
Giovanni Battista Policastri, esponente liberale,
che amministrava il comune con una maggioranza di cui faceva parte la Democrazia Cristiana. Policastri solo in parte aveva dato risposte
Il ministro Gennaro Cassiani (il 1° seduto
a sinistra) a Corigliano nel 1950. Accanto
a lui mons. Rizzo, vescovo di Rossano. In
alto: Riccardo Misasi, il prof. Francesco Antonio Arena e Giuseppe Arcidiacono.
La figura di Garibaldi, “testimonial” del Fronte Democratico, fu ovviamente utilizzata a scopo
contrario dagli avversari nei manifesti e nei volantini propagandistici.
concrete ai gravi problemi che attanagliavano la
città, aggravati anche da un forte aumento demografico. Il progetto dell’acquedotto consortile
tra Corigliano e Rossano, che avrebbe dovuto
risolvere il problema della mancanza di acqua
potabile, risultava bloccato per insufficienza dei
fondi disponibili. La svalutazione monetaria aveva poi costretto l’amministrazione comunale a
consistenti aumenti delle tasse locali, creando
notevole malcontento. D’altra parte il movimento
contadino si organizzava in cooperative e otteneva alcuni importanti successi nell’assegnazione
di terre incolte, rafforzando in tal modo l’influenza
dei partiti di sinistra.
Il 1° gennaio del 1948 entrava in vigore la Costituzione, approvata il 22 dicembre dell’anno prima
dall’Assemblea costituente con 453 voti favorevoli e 62 contrari. Veniva così definito il contesto democratico condiviso nel quale i partiti, che
fino a quel momento avevano governato insieme
sotto la guida di Alcide De Gasperi, potevano finalmente regolare i conti tra loro e sfidarsi per
la conquista del potere. La data per l’elezione
del primo parlamento repubblicano fu il 18 aprile
1948. Si arrivò a quell’appuntamento dopo una
campagna elettorale “moderna”, combattuta da
partiti di massa, con gli strumenti di comunicazione allora disponibili: comizi, manifesti, rotocal-
chi, processioni, fumetti, radio, cinema, giornali
e, sia pur in minima parte, i primi sondaggi.
A Corigliano le sinistre videro nelle elezioni l’occasione per una rivincita dopo la sconfitta subita
nelle “comunali” del 1946. Già dai primi giorni di
marzo la campagna elettorale entrò nel vivo, con
affollati comizi in Piazza del Popolo di Fausto
Gullo e Mimì Rizzo per il Fronte Democratico Popolare, il raggruppamento nel quale erano confluiti i comunisti e i socialisti. Per la Democrazia
Cristiana ebbe un gran successo l’on. Gennaro
Cassiani, esponente di primo piano della Democrazia Cristiana, mentre ad aprire la campagna
per il Blocco Nazionale, nel quale erano confluiti
il Partito Liberale Italiano ed il fronte per l’Uomo
Qualunque, tenne un comizio l’avv. Gustavo Valente.
Ovviamente grande attenzione era riservata ai
candidati di origine coriglianese.
“E’ con immenso piacere - annotava il cronista
del Cor Bonum (n. 5/1948) – che apprendemmo
la candidatura al Parlamento di parecchi nostri
concittadini. Nella lista del Partito Repubblicano
Storico della Circoscrizione di Napoli leggiamo
il nome del prof. Luigi Gallina, figlio del nostro
comm. Vincenzo. La sua personalità è nota per
essere il Gallina appassionato ed instancabile
organizzatore sindacale, Direttore di “Critica sin-
23
Piazza del Popolo
24
dacale” e Segretario della Confederazione artigiana di Napoli. Nella lista La Destra si presenta
il comm. Vincenzo Tieri, notissimo giornalista,
scrittore e commediografo, che ha sempre tenuto alto il nome di Corigliano per le apprezzate
opere letterarie e la sua feconda attività politica.
Nella stessa lista figura pure il prof. Arturo Manna, chirurgo di gran fama e docente nell’Università di Roma. Nella lista del M.N.S.I. leggiamo
il nome di Vincenzo Scavelli, tipografo editore,
direttore del Corriere Cosentino, mutilato della
Grande Guerra e combattente dell’ultima guerra. Della lista della Democrazia Cristiana fa parte
il prof. avv. Costantino Mortati, giurista di gran
valore ed autore di pregevoli pubblicazioni giuridiche, onore della nostra Corigliano, che gli ha
dato i natali.
Indipendente e col simbolo della foglia dell’edera
del Partito Repubblicano Storico ha infine posto
la sua candidatura al Senato il dott. Costabile
Guidi”.
Ai comizi, ai manifesti, ai volantini e alle scritte
sui muri si affiancava una vivace “battaglia” giornalistica che vedeva schierati il Cor Bonum ed
il Popolano per il centrodestra, mentre l’Avanti,
Corigliano! di Raffaele Amato esponeva le ragioni della sinistra. Il confronto era impari. I primi due
periodici non davano tregua sugli argomenti più
insidiosi per il fronte delle sinistre: la sudditanza
a Mosca e la natura dittatoriale del comunismo
come si era realizzato in Russia, la sovversione
delle democrazie orientali con colpi di stato ispirati da Stalin, l’abolizione della proprietà privata.
Era difficile replicare a questi argomenti, che poi
la storia dei decenni successivi avrebbe individuato come responsabili della mancata vittoria
della sinistra in Italia. Ed anche a livello locale si
vide quanto fu negativa la decisione di socialisti
e comunisti di presentarsi in un unico “Fronte”,
mentre differenziandosi avrebbero sicuramente
ottenuto risultati più lusinghieri.
I due giornali di centrodestra non andavano per
il sottile nell’alimentare una strategia della paura
che alla fine risultò vincente. “Ricordatevi – ammoniva il Cor Bonum – che ogni anticomunista
ha il suo lampione pronto ad ospitarne il corpo
penzoloni; ogni nemico personale di questa belva umana che è il comunismo ha la sua sorte
segnata da una revolverata alla nuca”.
Il periodico socialista invece era molto più cauto
nei toni e interveniva con articoli che prendevano
di mira soprattutto il sindaco Policastri e i suoi
metodi “dittatoriali”. Raffaele Amato, un socialista
riformista colto ed informato su quello che avveniva ad est dell’Europa, non aveva molta voglia
di schierarsi con un Partito Comunista che, pur
alleato, operava per “assorbire” i socialisti e ridurne il peso elettorale e politico.
Mentre si avvicinava il giorno del voto ci fu un
episodio che dimostra il livello dello scontro e la
determinazione dei contendenti a volgerlo a proprio favore.
Nella lista del Fronte Popolare si presentava per
la prima volta il giovane Giacomo Mancini (era
nato il 21 aprile 1916). Il padre Pietro, uno degli esponenti di maggior prestigio della sinistra
calabrese, pur non essendo candidato in quanto
senatore di diritto, si impegnò a fondo nella campagna elettorale. Il 15 aprile, a tre giorni del voto,
tre giornali legati al clero, uno di Cosenza, uno
di Catanzaro e uno di Reggio Calabria, uscirono con una notizia clamorosa in prima pagina:
“Pietro Mancini ha insultato Cristo in croce ed è
stato colpito da paralisi”. Nella stessa giornata il
vescovo di Crotone durante una predica in chiesa commemorò Pietro Mancini come se fosse
morto. La voce della punizione divina dilagò per
tutta la Calabria, abilmente alimentata dai parroci nelle chiese e dai manifesti murali affissi dalle
organizzazioni cattoliche.
Ovviamente la notizia era falsa. Ma come contrastarla con efficacia? I giornali calabresi il 16
aprile non pubblicarono le smentite. Il 17 aprile,
giorno precedente il voto, la campagna elettorale
era sospesa.
Che fare? Pietro Mancini fu convinto a partire in
macchina. Raggiunse Reggio dopo un viaggio di
quattro ore tra le strade impervie della Calabria
e tenne un comizio davanti ad una folla straripante. Però non c’era più tempo per tornare a
Cosenza, dove l’ex ministro aveva previsto di
chiudere la campagna elettorale. Parlò comunque Fausto Gullo e cercò di spiegare le ragioni
di quell’assenza che destava preoccupazione.
Dalla folla si levarono alcune voci: “Non è vero,
è paralizzato!”. Sicchè l’indomani, non essendo
ormai più possibile ai socialisti portare “in processione” Pietro Mancini per la regione, perché
i “comizi” erano ormai chiusi, si fece ricorso alla
“mostra”. Il “punito da Dio” fu costretto ad andare
su e giù lungo i marciapiedi delle principali vie
di Cosenza, per farsi notare, salutare, stringere mani e così... dimostrare di essere vivo! (La
vicenda è narrata da Orazio Barrese nella sua
biografia di Giacomo Mancini, pubblicata da Feltrinelli nel 1976).
L’esito del voto, a livello nazionale, segnò la netta vittoria della Democrazia Cristiana. A Corigliano invece socialisti e comunisti conseguirono un
buon risultato, battendo la Democrazia Cristiana
e il Blocco Nazionale, formato dal Partito Liberale e dal Fronte dell’Uomo Qualunque, fortemente
sostenuto dal sindaco Policastri. Ognuno quindi poteva cantare vittoria, facendo riferimento al
voto nazionale o a quello coriglianese. Ad urne
chiuse avvenne un altro episodio, questa volta a
livello locale, che accentuò ancora di più la frattura tra destra e sinistra. Ecco come lo racconta
Raffaele Amato, in un articolo intitolato “Come
tra i beduini” (Avanti, Corigliano!, n. 6/1948):
“La sera del 22 aprile, e cioè quando si seppero
i risultati delle elezioni politiche in Italia il sindaco Policastri, coadiuvato da suo nipote, il dottor
Francesco, medico condotto per meriti razziali,
e da una accolita di ostriche aggrappate più o
meno saldamente alla barchetta comunale, han
creduto di avere diritto a festeggiare la vittoria
ottenuta da un partito da essi stessi combattuto
Il voto del 18 aprile 1948
I RISULTATI DI CORIGLIANO
PER LA CAMERA DEI DEPUTATI
Elettori iscritti nelle liste: n. 9985
Elettrici: n. 5364
Elettori. n. 4621
Votanti n. 9094
Fronte Democratico: n. 4145
Democrazia Cristiana: n. 2514
Blocco Nazionale: n. 1615
Movimento Sociale: n. 293
Unità Socialista: n. 165
Partito Repubblicano n. 65
Altre liste: n. 68
Schede bianche e nulle: n. 229
Si votò in 13 “sezioni” elettorali. Le prime undici collocate nel centro storico, in vari edifici,
dal Palazzo Municipale al “Garopoli”. La dodicesima era allo Scalo, in un’aula del locale
edificio scolastico. La tredicesima a Schiavonea, presso l’Uffico Imposte Consumo.
con modi e sistemi subdoli (il riferimento è alla
D.C., ndr).
Durante l’intera giornata si era fatta pervenire in
Piazza Vittorio Emanuele, a mezzo di autocarri,
una gran quantità di frasche allo scopo di fare
un grande falò. Alle ore 20 cominciò il fuoco,
che continuò fino alle ore 24 distruggendo così
in quattro ore quella enorme quantità di frasche
quasi a voler offendere coloro a cui tutto manca:
pane, lavoro, fuoco. Il bello, il colmo dei policastriani festeggiamenti fu quando furono presi due
conigli vivi legati a dei lunghi bastoni e furono
lasciati morire tra le fiamme. Il raccapriccio delle
donne e dei ragazzi fu grande: alcuni si coprirono gli occhi per non vedere. Intanto da alcuni
gruppetti si gridava a più non posso: Morte a tutti
i conigli! Non vogliamo vedere più conigli! E tale
grido abbiamo sentito ripetere allorchè noi ci facemmo tra la folla per raggiungere il portone di
casa nostra. Più tardi, quando il fuoco del falò
stava per avere termine, il sindaco, l’adorato fino
alla follia, seduto in mezzo alla piazza come un
vero paparascianno, ricevette gli omaggi canori
del simpatico Pettinato, mentre la piazza si andava sfollando tra poco benevoli commenti”.
Con l’appellativo di “conigli” venivano additati i
fratelli Amato che con la loro tenace azione di denuncia erano diventati i più implacabili oppositori
della giunta Policastri.
25
A Rossano Ricicl’Art 2010
Creatività e giovani:
il rifiuto diventa sostenibile
di Anna Lauria
Ricicl’Art annoV, ovvero la quinta edizione della mostra del riuso creativo, svoltasi presso il
Palazzetto dello Sport a Rossano Scalo, e patrocinato dal Ministero dell’Ambiente, dall’Assessorato Regionale all’Ambiente
e dai Comuni di Rossano, Corigliano e Cassano allo Ionio si
è tenuto dal 12 al 14 novembre
scorsi.
Invasione di bambini delle scuole medie ed elementari della
Sibaritide e della Provincia di
Cosenza. Da Cetraro a Cassano allo Jonio, fino a Cariati.
Un esercito di alunni a difesa
dell’ambiente. Accompagnati
da maestre ed insegnanti, ben
26
1500 futuri cittadini di domani,
armati di fantasia, creatività e
voglia di costruire un mondo
sostenibile, più di quanto non
sia oggi. Sono stati loro i veri
protagonisti dell’apertura di Ricicl’art, inaugurando di fatto e di
diritto quella che, nella crisi generale in cui versano l’Italia ed
il Sud in tema di rifiuti, assume
i contorni di una vera e propria
oasi del pensiero positivo. I piccoli e curiosi osservatori hanno
riempito di vivacità, domande
ed attenzione gli spazi espositivi della mostra con lo scambio di domande e risposte con
rappresentanti delle istituzioni,
attraverso un “Question Time”.
All’evento, che ha ricevuto il patrocinio e l’apprezzamento per-
sonale del Ministero dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo,
hanno partecipato anche gli assessori regionali all’Ambiente e
alla Cultura, Francesco Pugliano e Mario Caligiuri.
Incredibile l’allestimento della
struttura, ricoperta completamente di quotidiani e rotoli di
plastica nera a cura dallo staff
di volontari, artisti e professionisti a partire dal presidente, Walter Pulignano, dell’associazione
Ricicl’art fino a Lucia Passavanti, i quali, insieme a tutti gli altri,
hanno messo passione ed entusiasmo nella manifestazione.
Fra le tante opere, due installazioni hanno attratto i tanti visitatori, forse per il loro maieutico
potere interpretativo. Quella di
Mario Brigante, un’installazione
simbolo di speranza. E l’altra di
Silvia Singani, con le donne violate e crocifisse nella loro inno-
cenza, donne fatte di giornali.
Giornali che spesso e purtroppo si limitano a scrivere e a non
cambiare niente.
La presenza massiccia delle
scuole del territorio e dell’intera
provincia alla tre giorni è stata
coerente con l’impresa pedagogica di Ricicl’art che guarda
ormai alla sesta edizione, a valenza regionale, del 2011.
La Regione Calabria ha l’intenzione di farne un evento
calabrese a tutti gli effetti, che
coinvolga tutte le scuole della
regione.
Sui tavoli del Question Time,
esposti i cestini fatti con manifesti riusati, come aggancio
simbolico all’identità da difendere con l’ambiente, insieme a
clementine e taralli locali.
Il Question Time era stato anticipato dalla performance artistica
del maestro Pietro Arnoni che,
con tuta e motosega in mano,
aveva realizzato, dal vivo, la
sagoma di una donna su una
tavola. La città, dunque, rivitalizzata e invasa, pacificamente,
da bambini ed artisti provenienti da tutt’Italia con le loro opere
d’arte, metamorfosi d’un rifiuto
mai nato. Da Milano a Caserta,
fin qui nella Sibaritide, 47 artisti,
tra scultori, design, pittori e installatori, hanno esposto le loro
originalissime opere, realizzate
con materiali riciclati. Oltre 140
creazioni hanno catturato l’attenzione e la curiosità dei visitatori, opere diverse per dimensioni, materiali e concetti hanno
suscitato dubbi e domande, in
chi le ha lette. Piccoli artisti in
fiore, invece, sono stati selezionati dalle rispettive scuole per
la realizzazione dei tasselli che
hanno composto il mega puzzle. Fra i fedelissimi di Ricicl’art,
uno per tutti, Andrea Biffi, artista famoso per le sue installazioni di pregio e di valore. Ma le
presenze artistiche erano tante:
Pietro Arnoldi, Achiropita Bau-
Anna Lauria con Walter Pulignano presidente dell’Associazione Ricicl’art
leo, Carlo Boccolato, Mario Brigante, Erika Calesini, Antonello
Caligiuri, Pierluigi Colletti, Giovanni Daluiso, Tiziana De Martino, Isidoro Esposito, Francesco
Ferrise, Giuseppe Gorga, Piero Graziano, Davide Lazzarini,
Niko Mainieri, Valentina Majer,
Olga Marciano, Fernanda Marzullo, Giuseppe Otranto, Gennaro Pulignano, Pierluigi Rizzo,
Maria Romeo, Roberto Rugna,
Natale Saccoliti, Mariagrazia
Sangregorio, Rosa Scalise,
Giovanni Schiano, Silvia Singali, Lujo Skifter, Rosaria Spina,
Cinzia Traiano, Vito Vincenzo,
Fernando Zaccaro. Senza dimenticare gli espositori che si
sono cimentati nel trasporre le
proprie realizzazioni su tavole
e su materiali antichi risalenti
anche a 500 anni fa, dando vita
ad opere originali soprattutto
per il supporto utilizzato. Fra
questi spiccano i nomi di Bettina Verrina, Lina Barci, Achiropita Bauleo, Anna Maria Cavallo,
Federica Noce, Francesca Madeo, Elvira Marincolo, Fiorella
Marinelli, M. Sole, Emanue-
la Romano, Donata Romano,
Giovanna Romano, Serafina
Rugna, Franca Russo, Federica Ruffo e Rosaria Spina. L’utilizzo di materiali antichi e di indubbio pregio, oltre a garantire
una maggiore durata nel tempo,
amplifica l’impatto con l’osservatore. Le tavole assai datate
hanno la capacità di esaltare i
colori ed il soggetto trattato. Gli
artisti che hanno adoperato tale
supporto, hanno inteso rendere omaggio al tempo passato
creando un ponte ideale con il
nuovo, rappresentato da materiali moderni.
Ripensare l’ambiente attraverso
la creatività e l’uso saggio dei
materiali di recupero, rimane
senza dubbio una delle strade
auspicabili per coscientizzare i
cittadini sul consumo eccessivo
di beni e materiali, che poi fanno fatica ad essere smaltiti. Mai
come in questo momento urge
l’unione di tutte le forze, per trovare forme e soluzioni adatte
ad attutire l’impatto ambientale
del nostro passaggio su questo
mondo.
27
Viaggio poetico
di Stefania Buonofiglio
E in più queste parole che non possono
solo significare
ma avere un suono uguale a quello di agnelli
(devono pure e tutte quante belle)
ingenui che belano il non conoscere
il massacro
come lemma, suono, significato,
caratteristica di mio fratello agguantato
la carne ancora giovane,
il corpo snello ancora sotto stringhe
di ideologie.
Per essere esteso come un poema di Stevens
Calliope fece irruzione in Dante,
ma bisogna possederla in scala
un milione all’infinito
la vertebra del cosmo millimetrico
e tu devi emanare praticamente una gioia
dai pilastri dinamitati, un terremoto
posseduto da bambina e ancora più vicino
di un osso smunto dalla preda:
tutto deve risuonare a perfezione
e tu puoi soltanto rimanere a contare
le galassie cadenti, esprimere la reprimenda
perché così ti hanno ordinato di osare.
In questo numero di Mondiversi vogliamo proporre ai lettori l’ultimo lavoro poetico di Stefania
Buonofiglio, curatrice di questa rubrica dedicata
alla poesia.
Parla ancora con me acqua rocciosa
cosa che parli di un ruscello corvino
della Sila o di pietra sì armoniosa
dove un angelo riposava nelle more
e io potevo essere la fauce di un castagno
di una belva e del dio del mio stesso terrore.
28
Da un sarcofago si apre un’esistenza.
Monotonia è tutto l’universo
al primo dolore vagito resistenza
verso l’essere se stessi soltanto,
non scartare l’individuo
in dribbling su nuove postazioni
attenzioni e questo e quello da evitare,
per non cadere in tentazione
di fallimento o follia
una frana una slavina il naufragio
di un documento
e per tutti sei caduto per sempre.
Lingua biforcuta che non cambia
mai il discorso
in linguaggio,
«miserere di me e del dolce affanno»
non posso avere più lingua democratica e pulita
neanche l’acquisto della perla dell’inazione
perché lo stormo non viene mantenuto
in migrazione se non dallo starnazzo di altre ali
e qui ci vuole roccia ciglio alpinismo spuntone
corda tesa, testa che si staglia in libertà
per consultare un tuono aperto di avverare
costruire paradigmi multipli e stellari
e non schiodare la vita,
questo ammanto di paura
dalla cui hai trattenuto sillaba da sillaba
per dire che esistevi oltre il vento ghiacciante
della Sila e della ebbrezza
di quella Schiavonea.
E poi per non saper parlare
né dire raccontare inutilmente tutto
guarda cosa è creato per te solo,
un tugurio con dentro un letto caldo di flanella
trovagli un posto bianco e impenetrato
accanto e dentro il dizionario in formalina.
“La fertilità negata”,
il nuovo libro
di Luigi Petrone
di Luisa Sangregorio
Luigi Petrone, medico psichiatra del presidio ospedaliero di
Corigliano Calabro ha pubblicato il suo quarto lavoro. “La
fertilità negata”, questo il titolo
del testo, vuole fornire le modalità pratiche per affrontare e
risolvere il complesso di Edipo
e per aumentare il livello di consapevolezza del sé.
“E’ questo – afferma Petrone il mio piccolo contributo al tentativo di svelare ulteriormente
ed in forma accessibile a tutti
il mistero uomo. Non si arroga
di essere un testo scientifico,
ma con un intento divulgativo
si propone di fornire al lettore le
giuste informazioni per meglio
comprendere alcune fasi della
propria vita per migliorarne la
qualità.”
Quello del complesso edipico
è un concetto largamente noto,
sviluppato da Sigmund Freud
sulla base del celebre mito greco dell’eroe Edipo. La storia del
giovane tebano che uccide il
proprio padre e sposa la madre
è stata ed è tuttora alla base di
una cospicua quantità di studi
condotti nel mondo della psicanalisi.
Tra le pagine di “La fertilità negata” Luigi Petrone, più che
approfondire il fenomeno in sé
o portarne alla luce le cause
remote, illustra alcuni casi presi dalla realtà del suo lavoro di
psichiatra. Ne risulta uno studio
chiaro e comprensibile a
tutti.
Rispetto alla vasta letteratura esistente intorno
al mito edipico, Petrone
fa un passo avanti, “dilatando- scrive Giulio Iudicissa nella prefazione al
testo - i confini dell’Edipo
e relazionandoli a tutte
le forme di vita soggette
a divenire. Risolvere il
complesso edipico – continua Iudicissa – significa, allora, non solo uscire
dalla puerizia ed avviarsi
a una maturità consapevole, quanto e soprattutto
il trovare una norma, che
chiama tutti gli esseri a ritrovarsi su di un piano di
universale armonia.
“La Fertilità Negata” è stato
pubblicato dalla casa editrice
Albatros ed è in vendita in tutta
Italia presso le librerie fornite da
Ugo Mursia; a Corigliano presso la libreria edicolè di Benvenuto; può essere ordinato
direttamente all’indirizzo mail
[email protected].
L’Ada
di Corigliano
ha avviato il
“Libro parlato”
per gli ospiti
della “Casa
Protetta S.Pio e
Madonna
dell’Immacolata”
L’8 novembre 2010 l’Associazione per i Diritti degli Anziani di Corigliano, ha dato
il via alla realizzazione del
progetto “Libro parlato”. L’iniziativa, finanziata con i contributi del 5 per mille dall’Ada
Calabria, si propone di vivacizzare il soggiorno degli anziani ospiti della struttura sanitaria “Casa Protetta S.Pio
e Madonna dell’Immacolata”
di Corigliano Calabro, grazie
alla lettura di alcuni testi da
parte dei volontari dell’Associazione Ada Corigliano .
Ogni lunedì, alle 16,30, storie, racconti e romanzi diventano così protagonisti della
Casa allietando il periodo di
degenza degli anziani che
per vari motivi non riescono
ad avere la possibilità di leggere. Si offre, a chi lo vuole,
l’opportunità di condividere
quella meravigliosa emozione che l’ascolto di un buon
libro riesce a dare.
Il progetto durerà almeno sei
mesi, ma nell’eventualità che
venga richiesto può essere
prorogato per altri sei mesi.
Per un approfondimento è
possibile leggere l’intervista
al Presidente dell’Ada Corigliano sul blog dell’Associazione
www.adacorigliano.
com. Per maggiori informazioni è, inoltre, possibile contattare l’Ada Corigliano allo
0983.81620 o inviare una
email ad adanotizie@gmail.
com
(L.S.)
29
Federalismo, solidarietà
e partecipazione
L’autonomia lancia una
sfida ai singoli, oltre che
alle Amministrazioni
di Carmen Emiliana Fusaro
30
Il federalismo è l’autonomia ai poteri locali in
materia tributaria e nella gestione delle attività.
L’intenzione del federalismo è fare in modo di responsabilizzare le realtà locali, riuscire a imporre
concretezza ai cittadini amministrati e capacità di
autonomia agli enti.
Ma accanto all’autonomia degli enti territoriali,
lo Stato è e rimane sempre onnipresente, tutelando e coordinando le autonomie fiscali, salvaguardando la perequazione tra nord e sud, ma
soprattutto assicurare equilibrio e solidarietà tra
nord e sud, sanzionando chi non rispetta le regole.
Questa riflessione porta a considerare due concezioni di federalismo: federalismo solidale o
federalismo competitivo. Quest’ultimo ha come
base un modello concorrenziale, un tipo di federalismo che accentuerebbe la concorrenza e il
separatismo territoriale nazionale, in cui i mercati prevarrebbero, creando disuguaglianze. Tutto
ciò, oltre che anticostituzionale, questo tipo di federalismo porterebbe ulteriori svantaggi soprattutto per il sud che parte da un ritardo di sviluppo,
mai recuperato. Un ritardo “antico” accumulato
dall’unità d’Italia ad oggi.
Più giusto ed equo, secondo me, il federalismo
nella sua forma solidaristica - cooperativa, basata su un modello di compartecipazione e perequazione.
Questo tipo di federalismo è basato su una programmazione concertata, tale da consentire una
gestione responsabilizza dei criteri di spesa. È
questo a mio parere il tipo di federalismo adatto
anche per il Mezzogiorno. Per il sud diventerebbe una sfida...Una sfida che metterà in gioco la
nostra capacità di gestire le risorse. Il controllo
sulla loro gestione richiederà la partecipazione
dei cittadini, attraverso un metodo cooperativo democratico. Solo così si riuscirà ad avere una
corrispondenza tra ciò che si raccoglie e ciò che
si spende.
Da qui parte un’ulteriore riflessione. Ovvero definire la solidarietà proprio come un risultato dell’economia, e in quanto tale definibile come un
modello di organizzazione utile, necessaria, un
modello non imposto, ma necessariamente condiviso.
La solidarietà va considerata al di là del puro e
semplice dare, ma come condivisione, il dare ad
altri, i quali se occorrerà daranno a te, in un processo di mutuo sostegno. Su questo“significato”
di solidarietà in senso economico è possibile attuare il federalismo.
L’aiuto avviene attraverso la compartecipazione
a trovare risorse per integrare il deficit e a ottenere una attenuazione dell’evasione fiscale. Quindi, è la realtà che vincola alla realizzazione di un
federalismo solidale con l’intento di evitare sprechi e parassitismi. Bisogna introdurre concetti di
efficienza ed efficacia e riuscire a trovare un punto di incontro tra l’autonomia fiscale territoriale,
da una parte, e la solidarietà dall’altra. Il punto di
incontro tra questi due concetti, secondo me, sta
nella diversità.
E la diversità si disciplina solo con la concretezza e la razionalità, con la regolazione attraverso
le norme, con il rispetto reciproco dell’altro, con
la consapevolezza e l’umiltà di riconoscere nel
federalismo fiscale delle indicazioni valide su cui
discutere e concordare.
Quindi unire il paese riconoscendo le diversità:
questo è il federalismo, che nasce appunto per
federare. Ma se alla base non c’è una grande
capacità di farne un obiettivo solidale e condiviso
il tutto si riduce ad un mero fatto economico.
Artefici di questo progetto sono gli amministratori,
con il compito principale di unire il paese rispettando le potenzialità e le diversità con proposte
chiare e puntuali. Solo cosi avremo un cambiamento vero, una società più flessibile e capace di
accogliere sinergie nuove.
Ma questo processo non può prescindere dai singoli cittadini. Insomma, dipende da noi: dovremo
avere la capacità di coordinarci e di non essere
troppo egoisti, di riconoscere i nostri limiti e farci
portavoce di comportamenti migliori. E tutto ciò
si realizza creando un dialogo, dimostrando di
essere capaci di effettuare operazioni di audit sociale per ricostruire certezze e per non rischiare
di distruggere tutto.
Noi cittadini dovremo essere capaci di dare valore e peso alle nostre opinioni, di liberare le nostre
idee avendo profonda fiducia in esse, di alzare
il tono, di creare interazione, di parlare a mondi
diversi. Solo così raggiungeremo l’obiettivo di un
federalismo giusto.
Verso il 150° anniversario
dell’Unità d’Italia
Corigliano “italiana”:
luci ed ombre
di Dino De Luca
Il 17 marzo 1861 a Torino, dopo il lungo e travagliato processo che aveva portato all’unificazione degli Stati pre-unitari, nasceva il primo governo della “nuova” Italia. Nell’occasione del 150°
anniversario di quello storico evento fioriscono
dappertutto iniziative di studio, manifestazioni, convegni che, oltre a ricordare l’avvenimento, sollecitano ricerche, indagini storiche, nuovi
spunti interpretativi.
A Corigliano l’iniziativa per un ciclo di conferenze
sul tema è stata promossa dal dirigente del Liceo
Classico e Scientifico, prof. Pietro Antonio Maradei, in collaborazione con l’associazione culturale “Il Serratore”. Gli incontri in programma hanno
per oggetto eventi e personaggi che hanno caratterizzato la storia della città dal 1861 ad oggi,
esaminati nel contesto generale del nuovo stato
italiano. Un’impostazione originale che ha suscitato interesse e discussioni: la microstoria di una
comunità meridionale vista attraverso il “prisma”
delle vicende storiche nazionali ottocentesche.
Il primo appuntamento, incentrato sul tema“La
Il convitto-ginnasio “Garopoli”.
nobiltà meridionale dopo l’Unità d’Italia: la famiglia Compagna”, ha avuto luogo presso la sala
della biblioteca del Liceo Scientifico in contrada
Torrelunga lo scorso 17 novembre. Dopo gli interventi introduttivi del dirigente Maradei e dell’Ispettore scolastico MIUR Franco Fusca, il relatore (di questo come degli altri incontri) Enzo
Viteritti, ha illustrato i rapporti tra una delle più
potenti famiglie dell’ex Regno delle Due Sicilie e
il nuovo stato unitario nato sotto il segno di casa
Savoia. Un rapporto che, nei tempi lunghi, ha determinato prima la crisi economica dei Compagna e poi il loro definitivo allontanamento da Corigliano e dalla Calabria. Come sarebbe la realtà
economica e sociale della Sibaritide odierna e
della stessa Corigliano, si è chiesto il relatore, se
i Compagna, che nell’Ottocento avevano creato
una grande azienda latifondistica ed imprenditrice, fossero riusciti a reggere alla concorrenza delle imprese settentrionali? Il “Quadrato” a Schiavonea, il castello nel centro storico, il castello di
San Mauro a Cantinella: su questi tre simboli del
potere dei Compagna, Viteritti ha sviluppato un
ragionamento sul filo del paradosso, che ha illuminato di nuova luce problemi ed aspetti della
situazione attuale della comunità coriglianese.
Protagonista della seconda conferenza, che ha
31
Liceo Scientifico, 1° dicembre 2010: foto ricordo dopo la seconda conferenza. Da sinistra:
Francolino Garasto, Enzo Viteritti, Tommaso Mingrone, Pietro Antonio Maradei, Franco Cirò,
Giuseppe Geraci, Adriano Natale Viteritti.
32
visto il prof. Tommaso Mingrone affiancato ad
Enzo Viteritti, è stato il “Garopoli”, il ginnasioconvitto istituito subito dopo l ‘Unità d’Italia. Dopo
una puntuale ricostruzione delle difficoltà incontrate dagli amministratori del tempo per superare
le prevedibili difficoltà burocratiche ed organizzative, i relatori hanno evidenziato l’assoluto valore positivo della creazione della nuova scuola,
salutata con entusiasmo da Vincenzo Padula nel
suo “Bruzio”. Una piccola fiaccola di luce, è stato detto, che ha spezzato l’isolamento culturale
della città, promuovendo la nascita delle prime tipografie cittadine, lo sviluppo della stampa periodica locale e una crescita sociale della comunità
grazie all’arrivo a Corigliano di docenti e convittori spesso di buon livello intellettuale.
Questi primi due appuntamenti sono stati accolti
positivamente dal numeroso pubblico intervenuto, grazie ad una esposizione dei relatori piacevole e brillante e ad un ricco corredo fotografico
che illustrava i momenti salienti delle argomentazioni sostenute.
L’incontro succesivo, fissato per il 15 dicembre,
“Luigi Patari e Giovanni Andrea Vinacci: un’idea
romantica dell’Italia”, che avrebbe visto accanto
ad Enzo Viteritti la presenza dello storico Domenico Antonio Cassiano è stato rinviato a data da
definire a causa della neve caduta abbondante
in quello stesso pomeriggio
Quello che segue è il calendario delle altre conferenze in programma, che si svolgeranno anch’esse presso la biblioteca del Liceo Scientifico
di Corigliano e che, ricordiamolo, sono aperte al
pubblico:
Mercoledi 19 gennaio 2011, ore 17,00
Il brigantaggio tra rivolta sociale e delinquenza
comune. Domenico Straface Palma e il rapimento De Rosis
Mercoledi 2 febbraio 2011, ore 17,00
Personaggi della “nuova” Italia. Francesco Dragosei tra realtà e mito
Mercoledi 23 febbraio 2011, ore 17,00
Il risanamento del territorio, dalla malaria alla bonifica
l’oraLegale
Pedofilia: non solo un crimine
ma anche una malattia
Oltre alla difesa sociale
dal pedofilo occorre
anche curare l’autore
del reato
di Raffaella Amato*
Un padre coriglianese querela un uomo di 72 anni
anch’egli di Corigliano per
aver abusato sessualmente della propria figlioletta di
appena 9 anni. Nel mese di
ottobre scorso l’anziano in
questione viene tratto in arresto e gli viene applicata dall’autorità giudiziaria la misura cautelare
degli arresti domiciliari.
A fine novembre un coriglianese di 40 anni viene
condannato dal Tribunale Collegiale di Rossano
a 3 anni e 6 mesi di reclusione per tentata violenza sessuale nei confronti della propria figlia
sedicenne. A quanto pare la ragazzina avrebbe
evitato lo stupro solo grazie all’intervento della
madre che ha poi sporto querela presso i Carabinieri.
Tanti i casi di abusi sessuali su minori di tutte le
età, molti dei quali consumati nel segreto delle
mura domestiche e su propri congiunti, troppi
quelli che non vengono alla ribalta. Coinvolti tutti
i ceti sociali, senza distinzione: pedofilo può essere il professionista stimato da tutti, così come
la persona in una situazione di degrado sociale.
Una piaga con conseguente devastanti sulle vittime che il legislatore tenta di combattere sempre
più aspramente. La legge 269/’98, ha cercato di
mantenere l’impegno preso dall’Italia con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del
1989, prefiggendosi diverse finalità, una su tutte
il rafforzamento della repressione penale della
pedofilia attraverso la creazione di nuove fattispecie delittuose quali ad esempio: pornografia
minorile, iniziative turistiche volte a sfruttare la
prostituzione minorile; con riferimento a quest’ultimo caso, con la legge è stata inserita la deroga al principio di territorialità della legge penale
concedendo al giudice italiano di perseguire e
punire anche i reati di prostituzione e pornogra-
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fia minorile commessi all’estero. Tra le altre cose
sono stati rafforzati gli strumenti a disposizione
della polizia giudiziaria che, ad esempio, ha la
possibilità di acquistare simulatamente materiale pornografico o aprire siti internet di copertura
per scovare chi è coinvolto nella distribuzione
di materiale pornografico di minori per via telematica. Un’altra possibilità prevista dalla legge è
quella di ritardare l’esecuzione di provvedimenti
quali l’arresto o il sequestro, qualora tale ritardo
possa contribuire ad identificare ulteriori autori
di reato o organizzazioni più vaste o l’infiltrazione di agenti all’interno di viaggi che tendono allo
sfruttamento della prostituzione minorile.
Tuttavia non bisogna dimenticare che il pedofilo
non è solo un criminale ma anche un malato su
cui occorre intervenire, tanto è vero che il Dsm IV
Tr (manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali, punto di riferimento per gli psichiatri
di tutto il mondo) annovera la pedofilia nella categoria delle parafilie, comunemente conosciute
come perversioni sessuali. Da questo punto di
vista, vari studi hanno sottolineato come il pedofilo presenti tratti psichici tipici, quali immaturità
affettiva e l’incapacità di instaurare relazioni personali adeguate; e l’impostazione psicoanalitica
classica spiega la pedofilia secondo il modello
della cosiddetta identificazione con l’aggressore,
trattandosi spesso di un soggetto che a sua volta
è stato vittima di abusi nell’infanzia.
Sono di diverso tipo i trattamenti che sono stati
sperimentati a partire dagli anni ’30 fino a questa
parte: organici (elettroshock, uso di antidepres-
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sivi serotoninergici, castrazione chimica) e psicologici (psicoterapia psicoanalitica individuale
e di gruppo e psicoterapia cognitivo-comportamentale).
Il trattamento in ambito penitenziario di questi
soggetti pone diversi problemi. Innanzitutto non
è facile scegliere tra l’optare per una strategia
di esclusione, che proteggerebbe il pedofilo dalla probabile aggressione di altri detenuti ma lo
escluderebbe di fatto dalle attività trattamentali
intramurarie, e una strategia di inclusione che
preveda l’inserimento completo degli autori di
reati sessuali in tutte le attività rieducative. A
parte il problema di come allestire un setting terapeutico in un luogo come il carcere, si è poi riscontrato come le diverse categorie di operatori
penitenziari interni alla struttura (direttore, educatori e agenti di polizia penitenziaria) abbiano
una comprensibile difficoltà di approccio e di interazione con questi detenuti che sfocia in atteggiamenti di rifiuto, disgusto, chiusura all’ascolto.
Ecco perché risulta necessario rafforzare gli
spazi di supervisione e formazione degli operatori penitenziari, che andrebbero monitorati allo
stesso modo degli stessi detenuti magari proprio
dagli esperti psicologi e criminologi di osservazione scientifica della personalità e trattamento
penitenziario provenienti dall’esterno. Tutto ciò
allo scopo di non pregiudicare l’opera di prevenzione della recidiva nei pedofili in un ottica di difesa sociale.
*Avvocato, ex giudice onorario criminologo,
specialista in criminologia clinica
Occupa i piani
di servizio di un
antico palazzo
gentilizio, nel
cuore del centro
storico, della
storico
della città
città
di Corigliano
Calabro,
in un contesto storico
culturale ricco e di
storico-culturale
pregio,e di
ricco
attorniato
pregio, da
opere architettoniche
attorniato
da
di notevole
opere
architettoniche
interesse...
di notevole interesse...
Corigliano Calabro
Via Garetti
Tel. 339.1700415
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periodico di comunicazione sociale - culturale