SAPIENZA - UNIVERSITÀ DI ROMA DIPARTIMENTO DI STUDI ORIENTALI SCRITTI IN ONORE DI BIANCAMARIA SCARCIA AMORETTI A cura di Daniela Bredi - Leonardo Capezzone Wasim Dahmash - Lucia Rostagno Edizioni Q Scritti in onore di Biancamaria Scarcia Amoretti Volume I © 2008, Dipartimento di Studi Orientali piazzale Aldo Moro, 5 00185 Roma © 2008, Edizioni Q via Nomentum, 37 00131 Roma www.edizioniq.it ISBN 88-900765-2-978-88-900765-7-2 ISBN In copertina: Tre bianchi e blu per Biancamaria volume I: Ceramica invetriata e dipinta in blu su bianco, Iraq, IX secolo (Roma, Museo Nazionale di Arte Orientale “G. Tucci”, inv. n. 201); volume II: Ceramica invetriata e dipinta in blu su bianco, Iran, inizi XVI secolo (Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche, inv. n. 6304); volume III: Ceramica invetriata e dipinta in blu su bianco, Anatolia, 1530 ca. (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, inv. n. 2006 Maioliche). EMMANUEL BETTA NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA Dal 20 al 23 settembre del 1924, a Milano, si svolse il primo Congresso di Eugenetica Sociale, esordio pubblico degli eugenisti italiani: cinquecento partecipanti alle sedute plenarie, un’ottantina tra relazioni e comunicazioni, moltissimi interventi e durante i lavori la riunione della “International Commission of Eugenics” presieduta da Leonard Darwin, con adesioni di società da tutta Europa e dagli Stati Uniti. Erano passati più di quarant’anni da quando, nel 1883, Francis Galton aveva coniato il termine eugenics, per definire una disciplina tesa al miglioramento della stirpe umana, e l’eugenetica aveva ormai raggiunto il centro dell’agenda di scienziati, politici, istituzioni, passando rapidamente da questione teorico-scientifica a esperienza concreta. Nel 1924 si potevano contare almeno 15 paesi dove la nuova disciplina era divenuta una pratica in qualche modo istituzionalizzata, dalla Gran Bretagna all’Italia, dalla Russia alla Francia e agli Usa, passando per Canada, Argentina, Brasile, Australia, Nuova Zelanda. Nel 1907 lo stato dell’Indiana aveva inaugurato la lunghissima stagione delle leggi eugenetiche che stabilivano la sterilizzazione coatta dei cosiddetti “inadatti” psichici, fisici e morali, che si sarebbe conclusa sul finire degli anni ’70, e che avrebbe avuto il suo indicibile archetipo nelle pratiche della Germania nazista1. Le discussioni sul termine eugenetica, sulle sue origini e sulle sue caratteristiche erano – e sono tutt’ora – ampie2. In sede storiografica sono stati identifi1 2 Per un quadro generale del movimento eugenetico cfr. Adams, M. B. (ed.), The Wellborn science. Eugenics in Germany, France, Brazil and Russia, New York, 1990; Kevles, D., In the name of eugenics: Genetics and the Uses of Human Heredity, Cambridge-London, 1995. Vedi Gayon, J., Le mot “eugénisme” est-il encore d’actualité?, in Gayon, J. – Jacobi, D. (éds.), L’éternel retour de l’eugénisme, Paris, 2006, pp. 119-142. 134 EMMANUEL BETTA cati due approcci all’eugenetica. Il primo, la cosiddetta eugenetica positiva, era diffuso principalmente nei paesi di area latina e cattolica ed era definito da un criterio quantitativo di matrice natalista, per il quale il miglioramento della stirpe avveniva in un’ottica lamarckiana di intervento sull’ambiente. Il secondo, la cosiddetta eugenetica negativa, era prevalente nei paesi di area anglo-sassone e protestante, marcato da un’impronta fortemente mendeliana era teso alla ricerca del miglioramento della stirpe attraverso misure coattive per impedire ai soggetti considerati portatori di tare ereditarie di riprodursi. Questa distinzione esprimeva una duplice dicotomia, di valore – cattolicesimo vs protestantismo – e di impianto teorico – teoria della quantità vs teoria della qualità – a sua volta segno della contrapposizione di due approcci considerati sostanzialmente inconciliabili. Il confronto con i casi nazionali ha però complicato la nettezza di queste dicotomie e antitesi. Da questa visuale, infatti, hanno prevalso gradazioni, contraddizioni, sovrapposizioni, con le quali le chiare distinzioni tra i due modelli eugenetici hanno finito per approssimarsi ad un’astrazione, come è stato recentemente sottolineato3. All’ombra del Congresso di Eugenetica Sociale del 1924 è possibile trovare un esempio di questa articolazione. In occasione di quell’incontro gli ambienti cattolici napoletani discussero pubblicamente di questa nuova disciplina in rapida diffusione anche in Italia, per capirne i caratteri scientifici, per formare un giudizio morale solido da offrire ai cattolici, e questo dibattito vide anche il coinvolgimento della congregazione del Sant’Uffizio. Il congresso milanese cadeva in una fase rilevante per la storia dell’eugenetica in Italia4, dove il movimento eugenetico era diviso tra una minoranza portatrice dell’approccio qualitativo – che aveva uno dei suoi centri più radicali a Napoli attorno alla rivista «Il Pensiero sanitario» guidata da Pietro Capasso – e una maggioranza quantitativa, più affine alla politica natalista di Mussolini e, soprattutto, più consona ai dettami della dottrina morale della chiesa in materia di governo della sessualità, del matrimonio e della procreazione. In rappresentanza della cultura cattolica al convegno era stato invitato Agostino Gemelli, francescano e già rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuo3 4 Vedi Rosental, P. A., L’argument démographique. Population et histoire politique au 20e siècle, «Vingtième siècle», 2007-3, n. 95, pp. 3-14. L’intero numero della rivista è dedicato al tema delle politiche di popolazione. Per la storia dell’eugenetica in Italia cfr. Maiocchi, R., Scienza italiana e razzismo fascista, Firenze, 1999; Mantovani, C., Rigenerare la società. L’eugenetica in italia dalle origini ottocentesche agli anni Trenta, Soveria Mannelli, 2004; Pogliano, C., L’ossessione della razza. Antropologia e genetica nel XX secolo, Pisa, 2005; Cassata, F., Molti, sani e forti. L’eugenetica in Italia, Torino, 2006. NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA 135 re di Milano, che aveva presentato una relazione intitolata Eugenetica e religione5. Quella relazione era scaturita da una discussione svoltasi a Napoli nel maggio dello stesso anno, dove lo stesso Gemelli era intervenuto, e che era stata organizzata proprio in vista dell’incontro milanese. In occasione delle feste centenarie dell’Ateneo partenopeo, su proposta della contessa Filangeri Gaetani, il Segretariato per la moralità presso la Giunta diocesana dell’Azione cattolica di Napoli aveva organizzato un convegno, il cui proposito era stato quello di indicare ai cattolici la condotta da seguire di fronte al movimento eugenetico, che, seppur non ancora pienamente organizzato, stava guadagnando sempre più spazio e sostegno in Italia6. In vista dell’incontro, due componenti del segretariato, il gesuita Giuseppe de Giovanni, Rettore del Collegio della Conocchia e preside della facoltà di teologia S. Luigi a Posillipo e poi provinciale dei gesuiti, e Mario Mazzeo, assistente ordinario presso l’Istituto d’igiene della regia università di Napoli, erano stati incaricati di elaborare un testo sull’argomento da discutere al convegno: il primo aveva affrontato la questione dal punto di vista religioso, il secondo dal versante medico. Il Segretariato, inoltre, aveva interpellato l’Azione Cattolica perché un autorevole rappresentante del pensiero cattolico fosse al convegno di Milano e la scelta era caduta su Gemelli. L’iniziativa del Segretariato era sorta in reazione alla seconda riunione nazionale della “Società Italiana per lo studio delle questioni sessuali”, tenutasi nel maggio del ’24 a Napoli, dove su indicazione di Pietro Capasso era stata votata l’istituzione del certificato prematrimoniale a scopo informativo da presentarsi insieme agli altri documenti di rito all’impiegato di stato civile. Di questa proposta si era poi discusso anche a Milano, senza alcuna risoluzione in merito7. I testi di de Giovanni e Mazzeo erano stati pubblicati rapidamente nello stesso anno in un unico volume dall’editore Pietro Pelosi, con la prefazione di Giuseppe Moscati, docente di chimica fisiologica e clinica medica presso l’università di Napoli, nonché futuro santo. Il volumetto era organizzato in due parti: la prima – Eugenica ed etica cattolica, firmata da de Giovanni, la seconda Igie- 5 6 7 Su Gemelli e l’eugenetica cfr. Maiocchi, R., Agostino Gemelli, critico dell’eugenica tedesca, «Vita e Pensiero», 2/2000, pp. 150-177; per un profilo bio-bibliografico Betta, E., Ad nomen, in Prosperi, A. (dir.), Dizionario storico dell’Inquisizione, Pisa, 2009, in corso di pubblicazione. Su questo caso vedi i cenni in Maiocchi, Scienza italiana e razzismo fascista, cit., pp. 26-27; Mantovani, Rigenerare la società, cit., p. 253; Cassata, Molti sani e forti, cit., p. 150. Su Capasso e l’ambiente eugenetico napoletano vedi Mantovani, Rigenerare la società, cit., pp. 241 e sgg.; Cassata, Molti sani e forti, cit., pp. 102 e sgg. Sull’origine ottocentesca del certificato prematrimoniale vedi Carol, A., Histoire de l'eugénisme en France. Les médecins et la procréation XIX-XX siècle, Paris, 1995. 136 EMMANUEL BETTA ne ed eugenica, da Mazzeo; in appendice erano pubblicati i voti e le proposte sull’eugenica del Segretariato. Nella prefazione, Moscati dava atto all’eugenica di una “concezione altissima, quella di proteggere la razza umana dalla decadenza”, ma ne contestava i metodi in parte “lesivi della libertà umana, o dell’etica ed economia della vita o antifisiologici”, a partire dal certificato prematrimoniale. Contro l’ereditarietà delle patologie restava solo la continenza, valida per “esseri tarati” e per “tutti i giovani” onde tenersi lontani dalla “massima malattia trasmissibile, che è il simbolo del peccato originale, la sifilide”, dunque il matrimonio doveva essere incentivato soprattutto in giovanissima età in quanto “profilassi fisica e morale”8. De Giovanni esordiva nella sua analisi, riconoscendo all’eugenica “vivo interesse”, posto che nessuno poteva assistere “senza angoscia all’infiacchimento, alla decadenza e alla degenerazione” della propria stirpe9. E subito affrontava il nodo dell’opportunità di parlarne: sul corpo il cristianesimo doveva parlare, perché il fisico influiva sullo spirito, e con l’eugenica doveva confrontarsi, avendo con essa molti obiettivi in comune – la lotta contro l’alcolismo, il malcostume e la tubercolosi, il miglioramento delle condizioni economiche dell’operaio, la divulgazione e pratica dei precetti d’igiene. Esisteva tuttavia il problema morale del controllo delle nascite e più in generale delle politiche della popolazione. Qui de Giovanni riprendeva i perni classici della polemica cattolica antimalthusiana, per la quale la limitazione delle nascite era prodotto di egoismo, avarizia e “poca fiducia nella Divina provvidenza”. Riprendendo una visione radicata nella cultura cattolica, diversificava le accuse secondo il genere. L’opposizione femminile alla procreazione era tutta iscritta in una dimensione sociale: per la donna “vanitosa e frivola” i figli erano un ingombro: Essa teme che le portino via e le rubino la sua freschezza, mantenuta su con tanti artifici anche quando la patina degli anni è passata, scolorendola, su di una giovinezza che indarno cerca di sopravvivere con le tinte e i colori. Poi i figli le si mettono tra i piedi e non le permettono di andare al teatro, al cinematografo, ai passeggi ed ai concerti. Inoltre, l’educazione dei figli pesa sul bilancio di famiglia, che ella vorrebbe destinare alle vesti, ai cappelli, ai capricci così dispendiosi e così inverecondi della moda.10 L’opposizione maschile alla procreazione era invece marcata dal solo segno economico: 8 Moscati, G., “Prefazione”, in de Giovanni, G. S. J. – Mazzeo, M., L’eugenica, Napoli, 1924, senza numerazione. 9 de Giovanni – Mazzeo, L’eugenica, cit., p. 1. 10 Ibid., p. 4. NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA 137 L’uomo egoista trova che le spese necessarie per i figli sono denaro sottratto al resto. Vivendo in un secolo dove si fa mercato di tutto, dove tutto si compra e tutto si vende, egli non ha altro punto di vista che l’economico, l’industriale. Non vede di là dal biglietto da 100 o da 1000. Per costui un figlio rappresenta un’enorme passività, una spesa di cui non comprende il rendimento, insomma un cattivo affare.11 L’uso “artificialmente sterile” del matrimonio, riassunto nel termine onanismo12, era da respingere in toto, quale “vera epidemia, che tende a devastare più che a migliorare la razza”, poiché la separazione del piacere dal fine procreativo era causa di disordine morale e di successivo spopolamento. Dunque la propaganda eugenica, anche quando “immune da errori e da deviazioni” non poteva che essere strutturata da fattori morali, dal momento che nell’anima semplicista e superficiale delle masse il movimento puramente eugenico troverebbe il suo facile e comodo sbocco nella pratica del neomalthusianismo […] alla portata di tutti, che salva capra e cavoli, soddisfa cioè l’istinto, e, almeno apparentemente, non danneggia la specie13. La continenza restava il “mezzo migliore per l’Eugenica” che fondava una gerarchia sociale definita dalla capacità di autocontrollo delle passioni in funzione di un’ideale superiore: Rinunziare a tutte le gioie della carne per assaporare quelle tanto più nobili dello spirito, privarsi della consolazione di rivivere in creature, che siano carne della propria carne e sangue del proprio sangue, per fare degli infelici, dei poveri, degli umili la propria famiglia, per insegnare le vie della verità e della vita a coloro che l’ignorano, votarsi a un’alta missione di bene, come il sacerdozio, l’apostolato, la vita religiosa […] ecco la manifestazione luminosa di un carattere forte, ecco una tempra virile, dinanzi cui il vizioso il gaudente è un debole, un abulico un vigliacco14. All’utilità eugenica della continenza, che proteggeva da “tante avarie”, si aggiungeva la funzione eugenica attribuita allo stesso sacerdozio, dato che “in una sana popolazione cattolica la prole numerosa è compensata, almen in parte, anche dal numero di coloro che si consacrano al celibato virtuoso”15. Il quadro contemporaneo che tracciava era fosco, dominato da un’atmosfera “satura di germi patogeni che attentano alla purezza” e che provenivano da varie direzioni: “dalle vesti scollacciate delle donne, dallo schermo del cinematografo, dai lenocini dell’arte, da una letteratura procace e invereconda, dal giornalismo senza 11 Ibid. Sul tema cfr. Langlois, C., Le crime d’Onan. Le discours catholique sur la limitation des naissances, (1816-1930), Paris, 2005. 13 de Giovanni – Mazzeo, L’eugenica, cit., p. 7. 14 Ibid., p.11. 15 Ibid. 12 138 EMMANUEL BETTA scrupoli, dal turpiloquio sfrenato, dal teatro immorale”16. Eugenica e morale dovevano dunque incontrarsi in una comune lotta per la “disinfezione morale”, contro “gli industriali del vizio e dello scandalo”, per garantire la “sanità morale e fisica del popolo”17. Per de Giovanni la religione era quindi “la Grande alleata” del movimento eugenico, per l’efficacia eugenica del suo discorso morale sulla sessualità e per la presenza di misure ascrivibili in qualche misura a una prospettiva eugenica: le “limitazioni imposte appunto dal pericolo di danni che si possono procurare all’altro coniuge o alla prole”, vale a dire le regole che non permettevano il matrimonio al sifilitico “se almeno da due o da quattro anni non siano scomparse tutte le manifestazioni del suo male”, ai congiunti sino al terzo grado inclusi, o vietava l’allattamento di un bambino sifilitico a una nutrice18. In quest’ottica, la precondizione per la tutela della società e della famiglia oberata da spese ed esigenze economiche era rappresentata dal rispetto di un ordine morale, che solo era in grado di rendere un popolo “degno di marciare all’avanguardia degli altri popoli sul cammino della civiltà”19. Nella seconda parte del volumetto, Mazzeo affrontava l’eugenica quale profilassi sociale. Richiamata la distinzione tra eugenica positiva e eugenica negativa e identificatane l’origine – “dall’America si diffuse anche in Europa, prima al Nord (Inghilterra, Germania) e dopo al Sud (Francia, Italia ecc)” con il relativo carattere di “predominio di alcune razze (nordiche) sulle altre (del Sud) – Mazzeo isolava il nucleo dell’eugenica nell’ereditarietà morbosa, cioè i danni che possono riflettersi nei discendenti “da genitori fortemente tarati fisicamente, come i rachitici, i sifilitici, i tubercolotici, gli alcoolisti”20. Nel dibattito scientifico la questione era intesa nei termini dell’eredità della predisposizione, da cui la distinzione di due tipologie di malattie ereditarie: quelle da alterazione del ricambio (artritismo, gotta, arteriosclerosi, diabete, polisarcia, calcolosi renale ed epatica), e quelle da deformità o arresti nello sviluppo o distrofie (malformazioni ossee, cardiache, polidoctilia, ictiosi). A questi si aggiungeva un terzo gruppo, il più grave: le infezioni, dominato da sifilide e tubercolosi, e le degenerazioni psichiche, etiologicamente iscritte in tali malattie, nel matrimonio tra consanguinei e in intossicazioni esogene ed endogene. La più pesante delle intossicazioni esogene era l’alcolismo, “vera calamità sociale”, problema morale 16 Ibid., p.12. Ibid. 18 Ibid., p. 13. 19 Ibid., p. 16. 20 Ibid., p. 8. 17 NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA 139 con assoluta rilevanza economica e sociale essendo “ le classi povere, le classi operaie che danno il maggior contributo a questo vizio”. Anche nel testo di Mazzeo il nucleo centrale era la critica del neomalthusianismo. Guerra, infezioni e malattie “elevando la mortalità, eliminano una buona parte degli individui”21 e inficiavano pertanto i calcoli e le previsioni di Malthus. Così come la circolazione di merci e persone, l’aumento della produzione e “l’utilizzazione dei rifiuti a scopo alimentare” erano già in grado di alleggerire la “spesa quotidiana dei meno abbienti, adottando una alimentazione più economica ma con valore colorico (sic) equivalente a quella normale”22. Il nodo problematico restava il neomalthusianismo pratico. Ancorché circoscritto, era da vietarsi perché l’interruzione dell’atto sessuale – e tutte le pratiche contraccettive comprese dal termine onanismo – erano considerate causa di nevrastenie, esaurimenti nervosi, turbamenti psico-fisici più o meno irreversibili. Per la stessa motivazione erano da respingersi aborto, infanticidio, sterilizzazioni o ablazioni degli organi riproduttivi. Dal punto di vista fisiologico come da quello morale, il problema ruotava sempre attorno al matrimonio. Pur ammettendo in linea generale l’utilità di un intervento statale controllato e non lesivo dei diritti individuali Mazzeo respingeva l’ipotesi del certificato prematrimoniale, presente nelle discussioni mediche fin dai primi decenni dell’Ottocento e che solo qualche settimana prima era stata al centro della riunione napoletana della “Società italiana per lo studio delle questioni sessuali”. I necessari esami di microbiologia, venereologia e sierologia presentavano difficoltà diagnostiche tali da rendere complessa l’identificazione certa di sintomi patologici. L’unico rimedio affidabile restava solo e sempre la continenza. Di eugenica secondo Mazzeo si doveva parlare soprattutto dopo il concepimento e dopo il parto, poiché trascurare la puericultura prenatale determinava danni qualitativi e quantitativi alla stessa natalità. Era necessario preoccuparsi che l’embrione trovi le migliori condizioni di sviluppo nel grembo materno (protezione e cura della gravidanza, puericultura prenatale) e che il bambino, nei primi tempi della vita sia sottratto alle cause morbose che l’insidiano nell’ambiente in cui è nato e vive, e curato energicamente se già ammalato (assistenza della prima infanzia)23. 21 Ibid., p. 20. Ibid., p. 19. 23 Ibid., p. 27. 22 140 EMMANUEL BETTA Questa visione, propria della matrice natalista dell’eugenica positiva, vincolava la sessualità al principio della natura feconda e del controllo del corpo femminile, facendone l’elemento ordinante e il significante morale. Questo delineava una schiera di nemici comuni alle diverse interpretazioni eugeniche che affiancava le malattie veneree all’impiego della donna in lavori faticosi, le pratiche contraccettive alla diffusione dell’aborto. L’insieme eterogeneo di cause era riassunto nella categoria di “industrialismo moderno” che: introducendo ed applicando largamente le macchine, volendo sostenere una elevata concorrenza mediante intensa produzione e limitato costo della mano d’opera, ha richiamato la donna dal focolare domestico e dalla casa negli uffici, nei laboratori, nelle officine. Questo richiamo ha trovato validi alleati nel tono elevato della vita delle famiglie operaie e della borghesia minuta da una parte, e in un malinteso femminismo che distrae la donna dalla sua missione naturale e sociale, e la spinge ad imitare il maschio, in tutte le abitudini di vita, senza pensare che se la donna, diventando la seconda operaia della società, migliora economicamente, snatura la sua essenza di prima operaia della specie […] danneggiandosi lei fisicamente e peggiorando le condizioni della stirpe24. Era quindi necessario, concludeva Mazzeo, chiamare medici, maestri, sacerdoti a collaborare con associazioni ed enti dello stato per istruire ed educare i cittadini ai fini eugenici, volgarizzando le conoscenze sull’ereditarietà morbosa, sui pericoli di alcune malattie e diffondendo nozioni di profilassi igienica e una “salda coscienza morale”25. In appendice al volumetto comparivano i voti e le proposte sull’eugenica votate dal Segretariato per la moralità presso la giunta diocesana di Napoli, che sintetizzavano i punti fin qui esposti da de Giovanni e Mazzeo, riconoscendo un valore morale all’eugenica, ma allertando i cattolici sulla possibile presenza di mezzi contrari alla morale – in primis le misure di limitazione delle nascite – e insistendo sull’educazione morale come antidoto a tali deviazioni. Nel febbraio L’eugenica giunse all’attenzione della Congregazione del Sant’Uffizio, all’interno di un esame della cosiddetta educatio puritatis, soluzione terminologica adottata dalla pubblicistica pastorale francese sul finire del XIX secolo per identificare un’educazione sessuale fondata sulla morale cattolica26. Fu 24 Ibid., p. 28. Ibid., p. 28. 26 La copia conservata nel fascicolo reca data di registrazione del 27 febbraio 1925. Cfr. Archivio della Congregazione per la dottrina della fede (d’ora in poi ACDF), Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1. Il tema della educatio puritatis fu affrontato per la prima volta dall’abate Joseph Fonssagrives, cappellano del “Cercle catholique des étudiants de Paris” e professore al “Petit séminaire” di Parigi nel suo volume Conseils aux parents et aux maîtres sur l'éducation de la pure25 NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA 141 esaminato insieme a un’altra pubblicazione relativa all’educazione sessuale dei giovani: A coloro che hanno vent’anni: per la tattica di un combattimento, pubblicata dal gesuita Georges Hoornaert nel 192327. Dell’esame fu incaricato Henri Le Floch, consultore del Sant’Uffizio dal 1918, membro della congregazione degli spiritani, direttore del seminario francese di Roma e antimodernista su posizioni tradizionaliste vicine all’“Action française” di Maurras. Con lui collaborò Jean Baptiste Frey, anch’egli consultore e membro della congregazione degli spiritani e direttore dello stesso seminario francese romano28. Oltre a questi voti, il fascicolo inquisitoriale contiene anche testi non firmati e privi di data, ma risalenti a un periodo tra la fine del 1924 e l’inizio del 192529. In un primo breve appunto si può leggere: “nulla ho trovato contro la fede e i costumi”, e che l’eugenica, “quando è contenuta nei dovuti confini, e trattata con prudenza, è da lodarsi”30. Un secondo articola più ampiamente la critica, a partire dalla opportunità di discutere pubblicamente tale materia – “è veramente strano che un sacerdote tratti le materie di sesto sotto la forma eugenica il miglioramento della razza umana!”31 – per giungere a una contestazione del linguaggio usato: Per ben 2000 anni la Chiesa à (sic) risposto ben diversamente alle obiezioni igieniche che si fanno contro il sesto comandamento. Ella à (sic) altamente proclamato che ogni violazione della legge divina ed ecclesiastica di tal materia nuoce non solo all’anima ma anche al fisico dell’uomo. È questo il linguaggio che deve tenere il sacerdote, anzi il cattolico su tal materia, rimandando poi alle riviste mediche, fatte da pii medici per pruove fisiologiche di tale verità, e per i consigli scientifici che si possono aggiungere bene, in conformità della legge divina, al miglioramento del fisico della razza umana32. Due anni più tardi, nella seconda parte del voto “De sic dicta educatio puritatis”, Le Floch si occupava espressamente “de eugenica”. Ricorrendo al latino, tradité, Paris, 1902. Su Fonssagrives e la education de la purété, cfr. Rifelli, G. – Ziglio, C., Per una storia dell’educazione sessuale, 1870-1920, Firenze, 1991. 27 La prima edizione contava sulla prefazione di Arthur Vermeersch, uno degli estensori dell’enciclica Casti connubii. Era comparsa a Parigi e Bruxelles (Le combat de la purété à ceux qui ont vingt ans, preface par le R.P. Veermersch, Bruxelles-Paris, 1923) e subito tradotta in italiano: A coloro che hanno vent’anni: per la tattica di un combattimento, Roma, 1923. 28 Della collaborazione con Frey dava notizia lo stesso Le Floch in una lettera datata 28 febbraio 1927, indirizzata al segretario del Sant’Uffizio, cfr. Le Floch, H., Lettera, 28 febbraio 1927, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1. 29 Entrambi i testi sono stati registrati il 27 febbraio 1925. 30 Apprezzamenti sull’opuscolo del p. de Giovanni, manoscritto non firmato, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 5. 31 Osservazioni sullo scritto del p. de Giovanni, dattiloscritto non firmato, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 6. 32 Ibid. 142 EMMANUEL BETTA zionale filtro linguistico usato per i temi della morale sessuale, Le Floch sottolineava le implicazioni morali della diffusione dell’eugenica che applicava misure della veterinaria agli esseri umani. E citava ad esempio alcune regioni della Germania post bellica, dove multo plures mulieres exsistiterint ac viri, propositum est ut mulieres «supernumerarie », unione libera, viris coniugerentur corpore fortioribus ac sanioribus, sicque ex una parte diminutioni numericae incolarum provideatur et ex alia parte optimus stirpis typus enascatur33. L’eugenica era legittima nei suoi fini, ma non sempre nei suoi mezzi. A riprova Le Floch richiamava le proposte di Harry Laughlin – pioniere dell’eugenica americana e direttore dell’Eugenics Record Office, che negli anni ’20 aveva suggerito misure di sterilizzazione sistematica contro la degenerazione della razza –, nonché la diffusione negli Stati Uniti di leggi di sterilizzazione degli “inadatti”, a partire da quella varata dall’Indiana nel 1907. I cattolici, e soprattutto i sacerdoti, secondo Le Floch non potevano in alcun modo aver parte attiva nella promozione dell’eugenica, “propter gravissimum periculum deviationis ad falsas theorias et perniciosissimas applicationes”34. In secondo luogo dovevano promuovere l’idea che vera fautrix “Eugenicae” est ecclesiae catholica, cuius doctrina moralis ex una parte inviolabilitatem personae humanae servat, et ex alia parte providet optimis mediis sanitati physicae ac morali hominum, inculcando virtutes, castitatem, sobrietatem, mortificationem, indissolubilitatem matrimonii35. Dovevano ribadire che l’obiettivo di un’eugenica definita dalla morale cattolica non era solo la forza e salute fisica, quanto la “coniunctione animae cum deo” e la creazione di “cives sanctorum atque domestici dei”. Negli stessi termini dovevano rimarcare che il matrimonio non poteva esser impedito per il solo motivo di infermità, o di qualche difformità, in quanto ciò “pertineat ad ius naturae”, benché “quomodo contra caritatem possent peccare epileptici, alcoolici, syphilitici, tuberculosi, etc, qui matrimonium contrahunt”. Infine, Le Floch chiudeva il suo voto avvertendo che i libri concernenti l’eugenica non potevano essere scritti in lingua vernacola, ma dovevano proteggersi dietro lo schermo del latino e per non rischiare una divulgazione, dovevano esser pubblicati in periodici scien- 33 Le Floch, H., De sic dicta “Educatione puritatis”. Votum, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 11, p. 70. 34 Ibid, f. 74. 35 Ibid. NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA 143 tifici e per persone esperte nell’arte medica. Per questo motivo, concludeva, il volumetto di de Giovanni e Mazzeo “approbari non potest”36. Anche sulla stampa periodica cattolica questo testo aveva suscitato polemiche. Nel numero del 17-18 dicembre 1924 «La libertà. Giornale politico cattolico del Mezzogiorno» di Napoli aveva dato conto del giudizio espresso dal gesuita Antonio M. Stella nell’assise plenaria della Giunta diocesana, tenutasi al palazzo arcivescovile il 14 dicembre. In quell’occasione, sottolineando la necessità che di eugenetica si occupassero solo le riviste mediche, per il rischio che ne venissero a conoscenza “giovinetti e giovinette con enorme loro danno”37, Stella aveva contestato l’educatio puritatis e più in generale tutta l’educazione sessuale: questi signori debbono dire quali termini dovrà usare il padre o la madre, o anche il professore a spiegare tali cose a coloro che le ignorano. Si pretende con modernismo pratico cambiare in modo diametralmente opposto la condotta della Chiesa di ben 2000 anni. Lo so son molti, anche dotti e pii, che propugnano siffatte novità; alcuni in buona fede, altri forse per vanità; ma questo non toglie la verità oggettiva della cosa38. E prima della giunta diocesana, in privato, lo stesso Stella aveva espresso critiche più nette che avevano raccolto l’assenso del cardinale Ascalesi nonché del presidente della commissione diocesana, Gennaro de Simone: i cattolici invece di far eco a siffatte dannosissime novità, debbono combattere ad oltranza ciò che dolorosamente si sta praticando intorno a queste cose nelle scuole dello Stato. Che dire poi della reclame che sta facendo il Corriere d’Italia all’opuscolo comparso ora in Napoli sull’Eugenica (che è il ramo più sudicio dell’Educazione della Purezza) stuzzicando la curiosità e spingendo tutti indistintamente ad acquistarlo? sono follie che si possono spiegare solo coll’incoscienza di chi detta questi articoli, con danno immenso ed irreparabile della gioventù. Ecco tutto il vantaggio di questo catastrofico modernismo: immergere nel fango anime innocenti, comprate col Sangue di Gesù Cristo. Il resto non è che disastrosa fantasia39! Nel gennaio del 1925 sullo stesso giornale de Giovanni aveva replicato in un’intervista, che partiva dal quesito sulla possibilità di diffondere l’eugenica, per la quale, scriveva il giornale, “la maggioranza è favorevole – altri sono contrari”40. Tra questi ultimi era ricordato l’intervento di Stella, ripreso dalla stampa, ad e36 Ibid., f. 75. Giudizio del p. Stella sulla eugenica nel numero del 17/18 dicembre 1924 de “La libertà” di Napoli, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 7. 38 Ibid.. 39 Affermazioni del p. Stella in un gruppo di amici prima della riunione della Giunta diocesana, appunto dattiloscritto non firmato, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 8. 40 Intervista del p. de Giovanni a “La libertà”, ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 9. 37 144 EMMANUEL BETTA sempio da «La Liguria del popolo» di Genova, che in un articolo di fondo aveva scritto che dai labirinti inesplorati della scienza, balza fuori ogni tanto qualche nuovo ricavato, che, talvolta à (sic), e talvolta si vuole gabellare per una grande conquista del genio umano. Attualmente è la volta dell’Eugenica, che ha il suo quarto d’ora di celebrità41. Al giornale, de Giovanni aveva ribadito i punti cardine della sua argomentazione, sottolineando che il libro non era “per giovinetti e giovinette”, ma per adulti e soprattutto per chi doveva vigilare sull’avvenire della gioventù. L’eugenica doveva essere discussa perché era “di palpitante interesse per tutti. Nessuno deve meravigliarsi se moralisti, cattolici ed anche ecclesiastici se ne interessano”42. Il cristianesimo aveva i mezzi pratici “ed efficacissimi per moralizzare e risanare l’ambiente”, dunque doveva parlarne apertis verbis, tacere sarebbe stato un errore. Questo caso mostra come il dibattito sull’eugenica all’interno del mondo cattolico fosse articolato e complesso. Chiusa verso le ipotesi più radicali derivate dall’eugenica mendeliana e qualitativa, la riflessione, dentro e fuori il Sant’Uffizio si apriva a condividerne non pochi obiettivi e non pochi metodi. I soggetti “tarati” erano riconosciuti come un problema sul quale era necessario intervenire, l’identificazione delle cause che avevano determinato tale situazione era ampiamente comune alla morale e all’eugenica. Vista da questo caso, ciò che variava, al fondo, era il conflitto, forse la competizione, per il controllo del dispositivo culturale e pratico che definiva l’azione di intervento e miglioramento della “razza” e della stirpe. 41 42 Citato in Ibid. Ibid.