SAPIENZA - UNIVERSITÀ DI ROMA
DIPARTIMENTO DI STUDI ORIENTALI
SCRITTI IN ONORE DI
BIANCAMARIA SCARCIA AMORETTI
A cura di
Daniela Bredi - Leonardo Capezzone
Wasim Dahmash - Lucia Rostagno
Edizioni Q
Scritti in onore di Biancamaria Scarcia Amoretti
Volume I
© 2008, Dipartimento di Studi Orientali
piazzale Aldo Moro, 5
00185 Roma
© 2008, Edizioni Q
via Nomentum, 37
00131 Roma
www.edizioniq.it
ISBN 88-900765-2-978-88-900765-7-2
ISBN
In copertina:
Tre bianchi e blu per Biancamaria
volume I:
Ceramica invetriata e dipinta in blu su bianco,
Iraq, IX secolo (Roma, Museo Nazionale di Arte
Orientale “G. Tucci”, inv. n. 201);
volume II:
Ceramica invetriata e dipinta in blu su bianco,
Iran, inizi XVI secolo (Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche, inv. n. 6304);
volume III:
Ceramica invetriata e dipinta in blu su bianco,
Anatolia, 1530 ca. (Firenze, Museo Nazionale
del Bargello, inv. n. 2006 Maioliche).
EMMANUEL BETTA
NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA
Dal 20 al 23 settembre del 1924, a Milano, si svolse il primo Congresso di Eugenetica Sociale, esordio pubblico degli eugenisti italiani: cinquecento partecipanti alle sedute plenarie, un’ottantina tra relazioni e comunicazioni, moltissimi
interventi e durante i lavori la riunione della “International Commission of Eugenics” presieduta da Leonard Darwin, con adesioni di società da tutta Europa e
dagli Stati Uniti. Erano passati più di quarant’anni da quando, nel 1883, Francis
Galton aveva coniato il termine eugenics, per definire una disciplina tesa al miglioramento della stirpe umana, e l’eugenetica aveva ormai raggiunto il centro
dell’agenda di scienziati, politici, istituzioni, passando rapidamente da questione
teorico-scientifica a esperienza concreta. Nel 1924 si potevano contare almeno
15 paesi dove la nuova disciplina era divenuta una pratica in qualche modo istituzionalizzata, dalla Gran Bretagna all’Italia, dalla Russia alla Francia e agli
Usa, passando per Canada, Argentina, Brasile, Australia, Nuova Zelanda. Nel
1907 lo stato dell’Indiana aveva inaugurato la lunghissima stagione delle leggi
eugenetiche che stabilivano la sterilizzazione coatta dei cosiddetti “inadatti”
psichici, fisici e morali, che si sarebbe conclusa sul finire degli anni ’70, e che
avrebbe avuto il suo indicibile archetipo nelle pratiche della Germania nazista1.
Le discussioni sul termine eugenetica, sulle sue origini e sulle sue caratteristiche erano – e sono tutt’ora – ampie2. In sede storiografica sono stati identifi1
2
Per un quadro generale del movimento eugenetico cfr. Adams, M. B. (ed.), The Wellborn science. Eugenics in Germany, France, Brazil and Russia, New York, 1990; Kevles, D., In the name
of eugenics: Genetics and the Uses of Human Heredity, Cambridge-London, 1995.
Vedi Gayon, J., Le mot “eugénisme” est-il encore d’actualité?, in Gayon, J. – Jacobi, D. (éds.),
L’éternel retour de l’eugénisme, Paris, 2006, pp. 119-142.
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EMMANUEL BETTA
cati due approcci all’eugenetica. Il primo, la cosiddetta eugenetica positiva, era
diffuso principalmente nei paesi di area latina e cattolica ed era definito da un
criterio quantitativo di matrice natalista, per il quale il miglioramento della stirpe avveniva in un’ottica lamarckiana di intervento sull’ambiente. Il secondo, la
cosiddetta eugenetica negativa, era prevalente nei paesi di area anglo-sassone e
protestante, marcato da un’impronta fortemente mendeliana era teso alla ricerca
del miglioramento della stirpe attraverso misure coattive per impedire ai soggetti considerati portatori di tare ereditarie di riprodursi. Questa distinzione esprimeva una duplice dicotomia, di valore – cattolicesimo vs protestantismo – e di
impianto teorico – teoria della quantità vs teoria della qualità – a sua volta segno
della contrapposizione di due approcci considerati sostanzialmente inconciliabili. Il confronto con i casi nazionali ha però complicato la nettezza di queste dicotomie e antitesi. Da questa visuale, infatti, hanno prevalso gradazioni, contraddizioni, sovrapposizioni, con le quali le chiare distinzioni tra i due modelli
eugenetici hanno finito per approssimarsi ad un’astrazione, come è stato recentemente sottolineato3.
All’ombra del Congresso di Eugenetica Sociale del 1924 è possibile trovare
un esempio di questa articolazione. In occasione di quell’incontro gli ambienti
cattolici napoletani discussero pubblicamente di questa nuova disciplina in rapida diffusione anche in Italia, per capirne i caratteri scientifici, per formare un
giudizio morale solido da offrire ai cattolici, e questo dibattito vide anche il
coinvolgimento della congregazione del Sant’Uffizio.
Il congresso milanese cadeva in una fase rilevante per la storia dell’eugenetica in Italia4, dove il movimento eugenetico era diviso tra una minoranza portatrice dell’approccio qualitativo – che aveva uno dei suoi centri più radicali a
Napoli attorno alla rivista «Il Pensiero sanitario» guidata da Pietro Capasso – e
una maggioranza quantitativa, più affine alla politica natalista di Mussolini e,
soprattutto, più consona ai dettami della dottrina morale della chiesa in materia
di governo della sessualità, del matrimonio e della procreazione.
In rappresentanza della cultura cattolica al convegno era stato invitato Agostino Gemelli, francescano e già rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuo3
4
Vedi Rosental, P. A., L’argument démographique. Population et histoire politique au 20e siècle,
«Vingtième siècle», 2007-3, n. 95, pp. 3-14. L’intero numero della rivista è dedicato al tema
delle politiche di popolazione.
Per la storia dell’eugenetica in Italia cfr. Maiocchi, R., Scienza italiana e razzismo fascista, Firenze, 1999; Mantovani, C., Rigenerare la società. L’eugenetica in italia dalle origini ottocentesche agli anni Trenta, Soveria Mannelli, 2004; Pogliano, C., L’ossessione della razza. Antropologia e genetica nel XX secolo, Pisa, 2005; Cassata, F., Molti, sani e forti. L’eugenetica in Italia, Torino, 2006.
NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA
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re di Milano, che aveva presentato una relazione intitolata Eugenetica e religione5. Quella relazione era scaturita da una discussione svoltasi a Napoli nel maggio dello stesso anno, dove lo stesso Gemelli era intervenuto, e che era stata organizzata proprio in vista dell’incontro milanese. In occasione delle feste centenarie dell’Ateneo partenopeo, su proposta della contessa Filangeri Gaetani, il
Segretariato per la moralità presso la Giunta diocesana dell’Azione cattolica di
Napoli aveva organizzato un convegno, il cui proposito era stato quello di indicare ai cattolici la condotta da seguire di fronte al movimento eugenetico, che,
seppur non ancora pienamente organizzato, stava guadagnando sempre più spazio e sostegno in Italia6. In vista dell’incontro, due componenti del segretariato,
il gesuita Giuseppe de Giovanni, Rettore del Collegio della Conocchia e preside
della facoltà di teologia S. Luigi a Posillipo e poi provinciale dei gesuiti, e Mario Mazzeo, assistente ordinario presso l’Istituto d’igiene della regia università
di Napoli, erano stati incaricati di elaborare un testo sull’argomento da discutere
al convegno: il primo aveva affrontato la questione dal punto di vista religioso,
il secondo dal versante medico. Il Segretariato, inoltre, aveva interpellato l’Azione Cattolica perché un autorevole rappresentante del pensiero cattolico fosse
al convegno di Milano e la scelta era caduta su Gemelli.
L’iniziativa del Segretariato era sorta in reazione alla seconda riunione nazionale della “Società Italiana per lo studio delle questioni sessuali”, tenutasi nel
maggio del ’24 a Napoli, dove su indicazione di Pietro Capasso era stata votata
l’istituzione del certificato prematrimoniale a scopo informativo da presentarsi
insieme agli altri documenti di rito all’impiegato di stato civile. Di questa proposta si era poi discusso anche a Milano, senza alcuna risoluzione in merito7.
I testi di de Giovanni e Mazzeo erano stati pubblicati rapidamente nello
stesso anno in un unico volume dall’editore Pietro Pelosi, con la prefazione di
Giuseppe Moscati, docente di chimica fisiologica e clinica medica presso l’università di Napoli, nonché futuro santo. Il volumetto era organizzato in due parti:
la prima – Eugenica ed etica cattolica, firmata da de Giovanni, la seconda Igie-
5
6
7
Su Gemelli e l’eugenetica cfr. Maiocchi, R., Agostino Gemelli, critico dell’eugenica tedesca, «Vita e Pensiero», 2/2000, pp. 150-177; per un profilo bio-bibliografico Betta, E., Ad nomen, in
Prosperi, A. (dir.), Dizionario storico dell’Inquisizione, Pisa, 2009, in corso di pubblicazione.
Su questo caso vedi i cenni in Maiocchi, Scienza italiana e razzismo fascista, cit., pp. 26-27;
Mantovani, Rigenerare la società, cit., p. 253; Cassata, Molti sani e forti, cit., p. 150.
Su Capasso e l’ambiente eugenetico napoletano vedi Mantovani, Rigenerare la società, cit., pp.
241 e sgg.; Cassata, Molti sani e forti, cit., pp. 102 e sgg. Sull’origine ottocentesca del certificato prematrimoniale vedi Carol, A., Histoire de l'eugénisme en France. Les médecins et la procréation XIX-XX siècle, Paris, 1995.
136
EMMANUEL BETTA
ne ed eugenica, da Mazzeo; in appendice erano pubblicati i voti e le proposte
sull’eugenica del Segretariato.
Nella prefazione, Moscati dava atto all’eugenica di una “concezione altissima, quella di proteggere la razza umana dalla decadenza”, ma ne contestava i
metodi in parte “lesivi della libertà umana, o dell’etica ed economia della vita o
antifisiologici”, a partire dal certificato prematrimoniale. Contro l’ereditarietà
delle patologie restava solo la continenza, valida per “esseri tarati” e per “tutti i
giovani” onde tenersi lontani dalla “massima malattia trasmissibile, che è il
simbolo del peccato originale, la sifilide”, dunque il matrimonio doveva essere
incentivato soprattutto in giovanissima età in quanto “profilassi fisica e morale”8.
De Giovanni esordiva nella sua analisi, riconoscendo all’eugenica “vivo
interesse”, posto che nessuno poteva assistere “senza angoscia all’infiacchimento, alla decadenza e alla degenerazione” della propria stirpe9. E subito affrontava il nodo dell’opportunità di parlarne: sul corpo il cristianesimo doveva parlare, perché il fisico influiva sullo spirito, e con l’eugenica doveva confrontarsi,
avendo con essa molti obiettivi in comune – la lotta contro l’alcolismo, il malcostume e la tubercolosi, il miglioramento delle condizioni economiche dell’operaio, la divulgazione e pratica dei precetti d’igiene. Esisteva tuttavia il problema morale del controllo delle nascite e più in generale delle politiche della
popolazione. Qui de Giovanni riprendeva i perni classici della polemica cattolica antimalthusiana, per la quale la limitazione delle nascite era prodotto di egoismo, avarizia e “poca fiducia nella Divina provvidenza”. Riprendendo una visione radicata nella cultura cattolica, diversificava le accuse secondo il genere.
L’opposizione femminile alla procreazione era tutta iscritta in una dimensione
sociale: per la donna “vanitosa e frivola” i figli erano un ingombro:
Essa teme che le portino via e le rubino la sua freschezza, mantenuta su
con tanti artifici anche quando la patina degli anni è passata, scolorendola,
su di una giovinezza che indarno cerca di sopravvivere con le tinte e i colori. Poi i figli le si mettono tra i piedi e non le permettono di andare al teatro, al cinematografo, ai passeggi ed ai concerti. Inoltre, l’educazione dei
figli pesa sul bilancio di famiglia, che ella vorrebbe destinare alle vesti, ai
cappelli, ai capricci così dispendiosi e così inverecondi della moda.10
L’opposizione maschile alla procreazione era invece marcata dal solo segno economico:
8
Moscati, G., “Prefazione”, in de Giovanni, G. S. J. – Mazzeo, M., L’eugenica, Napoli, 1924,
senza numerazione.
9
de Giovanni – Mazzeo, L’eugenica, cit., p. 1.
10
Ibid., p. 4.
NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA
137
L’uomo egoista trova che le spese necessarie per i figli sono denaro sottratto al resto. Vivendo in un secolo dove si fa mercato di tutto, dove tutto
si compra e tutto si vende, egli non ha altro punto di vista che l’economico, l’industriale. Non vede di là dal biglietto da 100 o da 1000. Per costui
un figlio rappresenta un’enorme passività, una spesa di cui non comprende
il rendimento, insomma un cattivo affare.11
L’uso “artificialmente sterile” del matrimonio, riassunto nel termine onanismo12, era da respingere in toto, quale “vera epidemia, che tende a devastare più
che a migliorare la razza”, poiché la separazione del piacere dal fine procreativo
era causa di disordine morale e di successivo spopolamento. Dunque la propaganda eugenica, anche quando “immune da errori e da deviazioni” non poteva
che essere strutturata da fattori morali, dal momento che
nell’anima semplicista e superficiale delle masse il movimento puramente
eugenico troverebbe il suo facile e comodo sbocco nella pratica del neomalthusianismo […] alla portata di tutti, che salva capra e cavoli, soddisfa
cioè l’istinto, e, almeno apparentemente, non danneggia la specie13.
La continenza restava il “mezzo migliore per l’Eugenica” che fondava una gerarchia sociale definita dalla capacità di autocontrollo delle passioni in funzione
di un’ideale superiore:
Rinunziare a tutte le gioie della carne per assaporare quelle tanto più nobili
dello spirito, privarsi della consolazione di rivivere in creature, che siano
carne della propria carne e sangue del proprio sangue, per fare degli infelici, dei poveri, degli umili la propria famiglia, per insegnare le vie della verità e della vita a coloro che l’ignorano, votarsi a un’alta missione di bene,
come il sacerdozio, l’apostolato, la vita religiosa […] ecco la manifestazione luminosa di un carattere forte, ecco una tempra virile, dinanzi cui il
vizioso il gaudente è un debole, un abulico un vigliacco14.
All’utilità eugenica della continenza, che proteggeva da “tante avarie”, si aggiungeva la funzione eugenica attribuita allo stesso sacerdozio, dato che “in una
sana popolazione cattolica la prole numerosa è compensata, almen in parte, anche dal numero di coloro che si consacrano al celibato virtuoso”15. Il quadro
contemporaneo che tracciava era fosco, dominato da un’atmosfera “satura di
germi patogeni che attentano alla purezza” e che provenivano da varie direzioni:
“dalle vesti scollacciate delle donne, dallo schermo del cinematografo, dai lenocini dell’arte, da una letteratura procace e invereconda, dal giornalismo senza
11
Ibid.
Sul tema cfr. Langlois, C., Le crime d’Onan. Le discours catholique sur la limitation des naissances, (1816-1930), Paris, 2005.
13
de Giovanni – Mazzeo, L’eugenica, cit., p. 7.
14
Ibid., p.11.
15
Ibid.
12
138
EMMANUEL BETTA
scrupoli, dal turpiloquio sfrenato, dal teatro immorale”16. Eugenica e morale dovevano dunque incontrarsi in una comune lotta per la “disinfezione morale”,
contro “gli industriali del vizio e dello scandalo”, per garantire la “sanità morale
e fisica del popolo”17. Per de Giovanni la religione era quindi “la Grande alleata” del movimento eugenico, per l’efficacia eugenica del suo discorso morale
sulla sessualità e per la presenza di misure ascrivibili in qualche misura a una
prospettiva eugenica: le “limitazioni imposte appunto dal pericolo di danni che
si possono procurare all’altro coniuge o alla prole”, vale a dire le regole che non
permettevano il matrimonio al sifilitico “se almeno da due o da quattro anni non
siano scomparse tutte le manifestazioni del suo male”, ai congiunti sino al terzo
grado inclusi, o vietava l’allattamento di un bambino sifilitico a una nutrice18. In
quest’ottica, la precondizione per la tutela della società e della famiglia oberata
da spese ed esigenze economiche era rappresentata dal rispetto di un ordine morale, che solo era in grado di rendere un popolo “degno di marciare all’avanguardia degli altri popoli sul cammino della civiltà”19.
Nella seconda parte del volumetto, Mazzeo affrontava l’eugenica quale profilassi sociale. Richiamata la distinzione tra eugenica positiva e eugenica negativa e identificatane l’origine – “dall’America si diffuse anche in Europa, prima
al Nord (Inghilterra, Germania) e dopo al Sud (Francia, Italia ecc)” con il relativo carattere di “predominio di alcune razze (nordiche) sulle altre (del Sud) –
Mazzeo isolava il nucleo dell’eugenica nell’ereditarietà morbosa, cioè i danni
che possono riflettersi nei discendenti “da genitori fortemente tarati fisicamente,
come i rachitici, i sifilitici, i tubercolotici, gli alcoolisti”20. Nel dibattito scientifico la questione era intesa nei termini dell’eredità della predisposizione, da cui
la distinzione di due tipologie di malattie ereditarie: quelle da alterazione del
ricambio (artritismo, gotta, arteriosclerosi, diabete, polisarcia, calcolosi renale
ed epatica), e quelle da deformità o arresti nello sviluppo o distrofie (malformazioni ossee, cardiache, polidoctilia, ictiosi). A questi si aggiungeva un terzo
gruppo, il più grave: le infezioni, dominato da sifilide e tubercolosi, e le degenerazioni psichiche, etiologicamente iscritte in tali malattie, nel matrimonio tra
consanguinei e in intossicazioni esogene ed endogene. La più pesante delle intossicazioni esogene era l’alcolismo, “vera calamità sociale”, problema morale
16
Ibid., p.12.
Ibid.
18
Ibid., p. 13.
19
Ibid., p. 16.
20
Ibid., p. 8.
17
NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA
139
con assoluta rilevanza economica e sociale essendo “ le classi povere, le classi
operaie che danno il maggior contributo a questo vizio”.
Anche nel testo di Mazzeo il nucleo centrale era la critica del neomalthusianismo. Guerra, infezioni e malattie “elevando la mortalità, eliminano una buona
parte degli individui”21 e inficiavano pertanto i calcoli e le previsioni di Malthus. Così come la circolazione di merci e persone, l’aumento della produzione
e “l’utilizzazione dei rifiuti a scopo alimentare” erano già in grado di alleggerire
la “spesa quotidiana dei meno abbienti, adottando una alimentazione più economica ma con valore colorico (sic) equivalente a quella normale”22. Il nodo
problematico restava il neomalthusianismo pratico. Ancorché circoscritto, era
da vietarsi perché l’interruzione dell’atto sessuale – e tutte le pratiche contraccettive comprese dal termine onanismo – erano considerate causa di nevrastenie, esaurimenti nervosi, turbamenti psico-fisici più o meno irreversibili. Per la
stessa motivazione erano da respingersi aborto, infanticidio, sterilizzazioni o ablazioni degli organi riproduttivi.
Dal punto di vista fisiologico come da quello morale, il problema ruotava
sempre attorno al matrimonio. Pur ammettendo in linea generale l’utilità di un
intervento statale controllato e non lesivo dei diritti individuali Mazzeo respingeva l’ipotesi del certificato prematrimoniale, presente nelle discussioni mediche fin dai primi decenni dell’Ottocento e che solo qualche settimana prima era
stata al centro della riunione napoletana della “Società italiana per lo studio delle questioni sessuali”. I necessari esami di microbiologia, venereologia e sierologia presentavano difficoltà diagnostiche tali da rendere complessa l’identificazione certa di sintomi patologici. L’unico rimedio affidabile restava solo e sempre la continenza.
Di eugenica secondo Mazzeo si doveva parlare soprattutto dopo il concepimento e dopo il parto, poiché trascurare la puericultura prenatale determinava
danni qualitativi e quantitativi alla stessa natalità. Era necessario preoccuparsi
che
l’embrione trovi le migliori condizioni di sviluppo nel grembo materno
(protezione e cura della gravidanza, puericultura prenatale) e che il bambino, nei primi tempi della vita sia sottratto alle cause morbose che
l’insidiano nell’ambiente in cui è nato e vive, e curato energicamente se
già ammalato (assistenza della prima infanzia)23.
21
Ibid., p. 20.
Ibid., p. 19.
23
Ibid., p. 27.
22
140
EMMANUEL BETTA
Questa visione, propria della matrice natalista dell’eugenica positiva, vincolava
la sessualità al principio della natura feconda e del controllo del corpo femminile, facendone l’elemento ordinante e il significante morale. Questo delineava
una schiera di nemici comuni alle diverse interpretazioni eugeniche che affiancava le malattie veneree all’impiego della donna in lavori faticosi, le pratiche
contraccettive alla diffusione dell’aborto. L’insieme eterogeneo di cause era
riassunto nella categoria di “industrialismo moderno” che:
introducendo ed applicando largamente le macchine, volendo sostenere
una elevata concorrenza mediante intensa produzione e limitato costo della
mano d’opera, ha richiamato la donna dal focolare domestico e dalla casa
negli uffici, nei laboratori, nelle officine. Questo richiamo ha trovato validi
alleati nel tono elevato della vita delle famiglie operaie e della borghesia
minuta da una parte, e in un malinteso femminismo che distrae la donna
dalla sua missione naturale e sociale, e la spinge ad imitare il maschio, in
tutte le abitudini di vita, senza pensare che se la donna, diventando la seconda operaia della società, migliora economicamente, snatura la sua essenza di prima operaia della specie […] danneggiandosi lei fisicamente e
peggiorando le condizioni della stirpe24.
Era quindi necessario, concludeva Mazzeo, chiamare medici, maestri, sacerdoti
a collaborare con associazioni ed enti dello stato per istruire ed educare i cittadini ai fini eugenici, volgarizzando le conoscenze sull’ereditarietà morbosa, sui
pericoli di alcune malattie e diffondendo nozioni di profilassi igienica e una
“salda coscienza morale”25.
In appendice al volumetto comparivano i voti e le proposte sull’eugenica
votate dal Segretariato per la moralità presso la giunta diocesana di Napoli, che
sintetizzavano i punti fin qui esposti da de Giovanni e Mazzeo, riconoscendo un
valore morale all’eugenica, ma allertando i cattolici sulla possibile presenza di
mezzi contrari alla morale – in primis le misure di limitazione delle nascite – e
insistendo sull’educazione morale come antidoto a tali deviazioni.
Nel febbraio L’eugenica giunse all’attenzione della Congregazione del Sant’Uffizio, all’interno di un esame della cosiddetta educatio puritatis, soluzione terminologica adottata dalla pubblicistica pastorale francese sul finire del XIX secolo per identificare un’educazione sessuale fondata sulla morale cattolica26. Fu
24
Ibid., p. 28.
Ibid., p. 28.
26
La copia conservata nel fascicolo reca data di registrazione del 27 febbraio 1925. Cfr. Archivio
della Congregazione per la dottrina della fede (d’ora in poi ACDF), Rerum variarum, 1931, 24,
vol. 1. Il tema della educatio puritatis fu affrontato per la prima volta dall’abate Joseph Fonssagrives, cappellano del “Cercle catholique des étudiants de Paris” e professore al “Petit séminaire” di Parigi nel suo volume Conseils aux parents et aux maîtres sur l'éducation de la pure25
NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA
141
esaminato insieme a un’altra pubblicazione relativa all’educazione sessuale dei
giovani: A coloro che hanno vent’anni: per la tattica di un combattimento, pubblicata dal gesuita Georges Hoornaert nel 192327. Dell’esame fu incaricato Henri Le Floch, consultore del Sant’Uffizio dal 1918, membro della congregazione
degli spiritani, direttore del seminario francese di Roma e antimodernista su posizioni tradizionaliste vicine all’“Action française” di Maurras. Con lui collaborò Jean Baptiste Frey, anch’egli consultore e membro della congregazione degli
spiritani e direttore dello stesso seminario francese romano28.
Oltre a questi voti, il fascicolo inquisitoriale contiene anche testi non firmati
e privi di data, ma risalenti a un periodo tra la fine del 1924 e l’inizio del 192529.
In un primo breve appunto si può leggere: “nulla ho trovato contro la fede e i
costumi”, e che l’eugenica, “quando è contenuta nei dovuti confini, e trattata
con prudenza, è da lodarsi”30. Un secondo articola più ampiamente la critica, a
partire dalla opportunità di discutere pubblicamente tale materia – “è veramente
strano che un sacerdote tratti le materie di sesto sotto la forma eugenica il miglioramento della razza umana!”31 – per giungere a una contestazione del linguaggio usato:
Per ben 2000 anni la Chiesa à (sic) risposto ben diversamente alle obiezioni igieniche che si fanno contro il sesto comandamento. Ella à (sic) altamente proclamato che ogni violazione della legge divina ed ecclesiastica
di tal materia nuoce non solo all’anima ma anche al fisico dell’uomo. È
questo il linguaggio che deve tenere il sacerdote, anzi il cattolico su tal
materia, rimandando poi alle riviste mediche, fatte da pii medici per pruove fisiologiche di tale verità, e per i consigli scientifici che si possono aggiungere bene, in conformità della legge divina, al miglioramento del fisico della razza umana32.
Due anni più tardi, nella seconda parte del voto “De sic dicta educatio puritatis”,
Le Floch si occupava espressamente “de eugenica”. Ricorrendo al latino, tradité, Paris, 1902. Su Fonssagrives e la education de la purété, cfr. Rifelli, G. – Ziglio, C., Per una
storia dell’educazione sessuale, 1870-1920, Firenze, 1991.
27
La prima edizione contava sulla prefazione di Arthur Vermeersch, uno degli estensori
dell’enciclica Casti connubii. Era comparsa a Parigi e Bruxelles (Le combat de la purété à ceux
qui ont vingt ans, preface par le R.P. Veermersch, Bruxelles-Paris, 1923) e subito tradotta in italiano: A coloro che hanno vent’anni: per la tattica di un combattimento, Roma, 1923.
28
Della collaborazione con Frey dava notizia lo stesso Le Floch in una lettera datata 28 febbraio
1927, indirizzata al segretario del Sant’Uffizio, cfr. Le Floch, H., Lettera, 28 febbraio 1927, in
ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1.
29
Entrambi i testi sono stati registrati il 27 febbraio 1925.
30
Apprezzamenti sull’opuscolo del p. de Giovanni, manoscritto non firmato, in ACDF, Rerum
variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 5.
31
Osservazioni sullo scritto del p. de Giovanni, dattiloscritto non firmato, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 6.
32
Ibid.
142
EMMANUEL BETTA
zionale filtro linguistico usato per i temi della morale sessuale, Le Floch sottolineava le implicazioni morali della diffusione dell’eugenica che applicava misure della veterinaria agli esseri umani. E citava ad esempio alcune regioni della
Germania post bellica, dove
multo plures mulieres exsistiterint ac viri, propositum est ut mulieres «supernumerarie », unione libera, viris coniugerentur corpore fortioribus ac
sanioribus, sicque ex una parte diminutioni numericae incolarum provideatur et ex alia parte optimus stirpis typus enascatur33.
L’eugenica era legittima nei suoi fini, ma non sempre nei suoi mezzi. A riprova
Le Floch richiamava le proposte di Harry Laughlin – pioniere dell’eugenica americana e direttore dell’Eugenics Record Office, che negli anni ’20 aveva suggerito
misure di sterilizzazione sistematica contro la degenerazione della razza –, nonché
la diffusione negli Stati Uniti di leggi di sterilizzazione degli “inadatti”, a partire
da quella varata dall’Indiana nel 1907.
I cattolici, e soprattutto i sacerdoti, secondo Le Floch non potevano in alcun
modo aver parte attiva nella promozione dell’eugenica, “propter gravissimum
periculum deviationis ad falsas theorias et perniciosissimas applicationes”34. In
secondo luogo dovevano promuovere l’idea che
vera fautrix “Eugenicae” est ecclesiae catholica, cuius doctrina moralis ex
una parte inviolabilitatem personae humanae servat, et ex alia parte providet optimis mediis sanitati physicae ac morali hominum, inculcando virtutes, castitatem, sobrietatem, mortificationem, indissolubilitatem matrimonii35.
Dovevano ribadire che l’obiettivo di un’eugenica definita dalla morale cattolica
non era solo la forza e salute fisica, quanto la “coniunctione animae cum deo” e
la creazione di “cives sanctorum atque domestici dei”. Negli stessi termini dovevano rimarcare che il matrimonio non poteva esser impedito per il solo motivo di infermità, o di qualche difformità, in quanto ciò “pertineat ad ius naturae”,
benché “quomodo contra caritatem possent peccare epileptici, alcoolici, syphilitici, tuberculosi, etc, qui matrimonium contrahunt”. Infine, Le Floch chiudeva il
suo voto avvertendo che i libri concernenti l’eugenica non potevano essere scritti in lingua vernacola, ma dovevano proteggersi dietro lo schermo del latino e
per non rischiare una divulgazione, dovevano esser pubblicati in periodici scien-
33
Le Floch, H., De sic dicta “Educatione puritatis”. Votum, in ACDF, Rerum variarum, 1931,
24, vol. 1, f. 11, p. 70.
34
Ibid, f. 74.
35
Ibid.
NOTE SULL’EUGENICA CATTOLICA
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tifici e per persone esperte nell’arte medica. Per questo motivo, concludeva, il
volumetto di de Giovanni e Mazzeo “approbari non potest”36.
Anche sulla stampa periodica cattolica questo testo aveva suscitato polemiche. Nel numero del 17-18 dicembre 1924 «La libertà. Giornale politico cattolico del Mezzogiorno» di Napoli aveva dato conto del giudizio espresso dal gesuita Antonio M. Stella nell’assise plenaria della Giunta diocesana, tenutasi al
palazzo arcivescovile il 14 dicembre. In quell’occasione, sottolineando la necessità che di eugenetica si occupassero solo le riviste mediche, per il rischio che
ne venissero a conoscenza “giovinetti e giovinette con enorme loro danno”37,
Stella aveva contestato l’educatio puritatis e più in generale tutta l’educazione
sessuale:
questi signori debbono dire quali termini dovrà usare il padre o la madre, o
anche il professore a spiegare tali cose a coloro che le ignorano. Si pretende con modernismo pratico cambiare in modo diametralmente opposto la
condotta della Chiesa di ben 2000 anni. Lo so son molti, anche dotti e pii,
che propugnano siffatte novità; alcuni in buona fede, altri forse per vanità;
ma questo non toglie la verità oggettiva della cosa38.
E prima della giunta diocesana, in privato, lo stesso Stella aveva espresso critiche più nette che avevano raccolto l’assenso del cardinale Ascalesi nonché del
presidente della commissione diocesana, Gennaro de Simone:
i cattolici invece di far eco a siffatte dannosissime novità, debbono combattere ad oltranza ciò che dolorosamente si sta praticando intorno a queste
cose nelle scuole dello Stato. Che dire poi della reclame che sta facendo il
Corriere d’Italia all’opuscolo comparso ora in Napoli sull’Eugenica (che è
il ramo più sudicio dell’Educazione della Purezza) stuzzicando la curiosità
e spingendo tutti indistintamente ad acquistarlo? sono follie che si possono
spiegare solo coll’incoscienza di chi detta questi articoli, con danno immenso ed irreparabile della gioventù. Ecco tutto il vantaggio di questo catastrofico modernismo: immergere nel fango anime innocenti, comprate
col Sangue di Gesù Cristo. Il resto non è che disastrosa fantasia39!
Nel gennaio del 1925 sullo stesso giornale de Giovanni aveva replicato in un’intervista, che partiva dal quesito sulla possibilità di diffondere l’eugenica, per la
quale, scriveva il giornale, “la maggioranza è favorevole – altri sono contrari”40.
Tra questi ultimi era ricordato l’intervento di Stella, ripreso dalla stampa, ad e36
Ibid., f. 75.
Giudizio del p. Stella sulla eugenica nel numero del 17/18 dicembre 1924 de “La libertà” di
Napoli, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 7.
38
Ibid..
39
Affermazioni del p. Stella in un gruppo di amici prima della riunione della Giunta diocesana,
appunto dattiloscritto non firmato, in ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 8.
40
Intervista del p. de Giovanni a “La libertà”, ACDF, Rerum variarum, 1931, 24, vol. 1, f. 9.
37
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EMMANUEL BETTA
sempio da «La Liguria del popolo» di Genova, che in un articolo di fondo aveva
scritto che
dai labirinti inesplorati della scienza, balza fuori ogni tanto qualche nuovo
ricavato, che, talvolta à (sic), e talvolta si vuole gabellare per una grande
conquista del genio umano. Attualmente è la volta dell’Eugenica, che ha il
suo quarto d’ora di celebrità41.
Al giornale, de Giovanni aveva ribadito i punti cardine della sua argomentazione, sottolineando che il libro non era “per giovinetti e giovinette”, ma per adulti
e soprattutto per chi doveva vigilare sull’avvenire della gioventù. L’eugenica
doveva essere discussa perché era “di palpitante interesse per tutti. Nessuno deve meravigliarsi se moralisti, cattolici ed anche ecclesiastici se ne interessano”42. Il cristianesimo aveva i mezzi pratici “ed efficacissimi per moralizzare e
risanare l’ambiente”, dunque doveva parlarne apertis verbis, tacere sarebbe stato un errore.
Questo caso mostra come il dibattito sull’eugenica all’interno del mondo cattolico fosse articolato e complesso. Chiusa verso le ipotesi più radicali derivate
dall’eugenica mendeliana e qualitativa, la riflessione, dentro e fuori il Sant’Uffizio si apriva a condividerne non pochi obiettivi e non pochi metodi. I soggetti
“tarati” erano riconosciuti come un problema sul quale era necessario intervenire, l’identificazione delle cause che avevano determinato tale situazione era ampiamente comune alla morale e all’eugenica. Vista da questo caso, ciò che variava, al fondo, era il conflitto, forse la competizione, per il controllo del dispositivo culturale e pratico che definiva l’azione di intervento e miglioramento
della “razza” e della stirpe.
41
42
Citato in Ibid.
Ibid.
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