© e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org Alcuni spunti sullo sviluppo urbanistico europeo tra la fine del XVIII e la prima metà del XX secolo prof. Roberto SCANZO a.s. 2003-2004 1.0. Victoria di James Buckingham - 2.0. Icaria di Étienne Cabet - 3.0. Charles Fourier - 4.0. Il familisterio di Jean Baptiste Godin - 5.0. La cité industrielle di Tony Garnier 6.0. Robert Owen - 7.0. Claude-Henri de Saint-Simon 8.0. Piano di riqualificazione urbanistica: Haussmann 9.0. Ebenezer Howard e la garden city - 10.0. La ciudad lineal di Arturo Soria - 11.0. La città futurista - 12. 0. Bibliografia - 12.1. Links - 12.2. Testi fondamentali. 1.0. Victoria di James Buckingham. James Silk Buckingham (1786-1855) in National Evils and Pratical Remedies, with a Plan of a Model Town, pubblicato a Londra nel 1849, propone un nuovo modello di città da ripetere in serie per combattere la disoccupazione. Victoria, la prima di queste nuove città, chiamata così in onore della regina d'Inghilterra, è un quadrato di un miglio di lato ed è destinata ad ospitare 10.000 persone. Nella città è prevista un'esplicita divisione di classi sociali e di ruoli, che si rispecchia anche nel modello urbanistico. Le abitazioni sono infatti disposte in sette schiere concentriche: nel centro della città ci saranno le spaziose abitazioni delle classi ricche, mentre gli operai di rango inferiore vivranno nel cerchio più esterno, in prossimità delle fabbriche (situate in spazi esterni alla città). Anche le scelte stilistiche per gli edifici ricalcheranno la differenza tra classi. Nella città è previsto ogni genere di servizio sociale, e per la sua realizzazione si utilizzeranno le tecniche più avanzate: una torre di trecento piedi illuminerà tutta la città dalla piazza centrale. Buckingham dà grande importanza agli aspetti igienici della città. Victoria infatti, come le città ideali del Rinascimento, nasce dal desiderio di ordine, che si contrappone al disordine circostante, al caos della città industriale: I principali obiettivi sono stati di unire il massimo grado di ordine, spaziosità e igiene, nella massima abbondanza di aria e luce e nel più perfetto sistema di fognature, col comfort e la convenienza di tutte le classi. (da: J. S. Buckingham, National Evils and Pratical Remedies, in L. Benevolo, Le origini dell'urbanistica moderna, p. 171). Questo fatto è esemplificativo di come, dopo il 1848, nella elaborazione di nuovi modelli ideali di città si ponga l'attenzione principalmente agli aspetti urbanistici, a discapito di quelli politico-sociali che infatti nella Victoria di Buckingham e nella Hygeia di Richardson (che era medico e studioso di problemi sociali della medicina) quasi non compaiono. 2.0. Icaria di Étienne Cabet. Étienne Cabet (1788-1856), agitatore carbonaro, prende parte attivamente alla rivoluzione del 1830; fonda un giornale diretto ai lavoratori, Le Populaire, in cui sferra violenti attacchi contro il governo di Luigi Filippo, tanto da essere costretto all'esilio in Inghilterra. Qui entra in contatto con Robert Owen; la sua opera sarà notevolmente influenzata da Owen, così come dagli altri socialisti utopisti. Alcuni episodi della Rivoluzione Francese tornano di attualità durante i moti del 1830 e del 1848: tra questi la congiura degli Eguali del 1798-96, guidata da François Noël, detto Gracchus, Babeuf. Il ricordo di questa viene rinfrescato da Filippo Buonarroti, che pubblica nel 1828 la Conspiration pour l'égalité, dite de Babeuf; in quest'opera viene evidenziato anche l'aspetto urbanistico, emerso parallelamente a quello sociale durante la congiura.Dacché l'ineguaglianza delle fortune ha condannato gli uni a un lavoro schiacciante, gli altri a un'inerzia corruttrice, le campagne hanno serbato solo pochi abitanti, spesso insufficienti ai bisogni della coltivazione, ma sempre schiacciati dall'eccesso di fatica. L'eccesso di C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 1 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org popolazione s'è stipato nelle città, o per dissiparvi nella mollezza le ricchezze prodotte dai campagnoli, o per procurarsi facili mezzi di sussistenza, al servizio delle voluttà dei ricchi o della complicazione della pubblica amministrazione. [...] Non più una capitale, non più grandi città; a poco a poco il paese si sarebbe coperto di villaggi, costruiti nei luoghi più sani e più comodi, e disposti in modo da comunicare facilmente tra loro per mezzo di strade e di numerosi canali, che nell'interesse generali si sarebbero aperti in tutte le direzioni [...] Dovendo tutti sottomettersi alla legge suprema dell'eguaglianza, la sontuosità dei castelli avrebbe lasciato il posto alla salubrità, alla comodità e alla proprietà di tutte le abitazioni disposte con elegante simmetria, per il piacere dell'occhio e per il mantenimento dell'ordine pubblico. Quando non ci saranno più palazzi, non ci saranno più catapecchie; le case saranno semplici e la magnificenza dell'architettura e delle arti che ne mettono in risalto la bellezza sarà riservata ai magazzini pubblici, agli anfiteatri, agli stadi, agli acquedotti, ai ponti, ai canali, alle piazze, agli archivi, alle biblioteche e soprattutto ai luoghi consacrati alle deliberazioni dei magistrati ed all'esercizio della sovranità popolare. (da: F. Buonarroti, Congiura per l'uguaglianza di Babeuf (1828), trad. it., Torino, 1946, in L. Benevolo, Le origini dell'urbanistica moderna, pp. 105-106). Buonarroti è, insieme a Saint-Simon e Fourier, la terza fonte importante del pensiero utopista francese, e fu uno dei principali ispiratori di Cabet. Il Voyage en Icarie è socialistico-comunistico, dove è chiara l'influenza del comunismo egualitario di Babeuf e Buonarroti e della tradizione illuministica del Settecento francese sul pensiero di Cabet. Ciascuno ha il dovere di lavorare lo stesso numero di ore al giorno, secondo i propri mezzi, e il diritto di ricevere una parte eguale di tutti i prodotti, secondo i propri bisogni. (da: E. Cabet, Voyage en Icarie, Paris, 1840, in G.M. Bravo, Le origini del socialismo contemporaneo 1789/1848, p. 48) La dottrina si sarebbe dovuta diffondere pacificamente, per via dell'evoluzione: pur essendo classista, Cabet rifiutava infatti l'idea di una rivoluzione per attuare il movimento che proprio con lui, cominciò a chiamarsi comunista (pubblicò nel 1845 un opuscolo intitolato Perché io sono comunista, e il mio credo comunista). Accanto al piano di riforma sociale è ampiamente descritta, coma accade in Fourier, la città in cui questa dovrebbe trovare attuazione. Al paese, questa volta immaginario, viene dato il nome di Icaria, ed alla sua capitale quello di Icara. Essa è di forma circolare, attraversata nel mezzo da un fiume rettilineo, che sdoppiandosi dà vita a sua volta ad un isola rotonda; le strade a scacchiera sono attraversate da due anelli circolari di boulevards. I negozi sono sotituiti dai magazzini e dagli ateliers statali, previsti nella nuova società; i cimiteri, gli ospedali e le officine sono fuori dalla città, immersi nel verde. Nella circolazione si presta particolare attenzione all'incolumità dei pedoni: essi potranno percorrere appositi passaggi coperti, mentre le vetture dovranno circolare all'interno di apposite rotaie, da cui non potranno uscire. Le abitazioni sono standard, ai vari piani corrispondono precise funzioni. La rappresentanza popolare adottò il progetto premiato e ordinò che tutte le case della comunità fossero costruite su quel progetto. E ognuno comprese che ne derivava l'inestimabile vantaggio che, essendo assolutamente uguali tutte le porte, le finestre, ecc. era possibile predisporre, in quantità enormi, tutti gli elemento costitutivi di una casa, di una fattoria, di un villaggio o di una città. Si realizzarono anche progetti-modello di una fattoria, di scuole, ecc.; la stessa cosa fu fatta per l'arredamento e per ogni tipo di mobile. (da: E. Cabet, Voyage en Icarie, Paris, 1840, in P. Sica, Storia dell'urbanistica. II,2. L'Ottocento, p. 1095) La città comprende sessanta quartieri, ciascuno dei quali prenderà il nome da una delle principali sessanta nazioni e ne riprodurrà i caratteri architettonici. Cabet illustra il suo programma politico nel periodico Le Populaire, e raccoglie un dicreto numero di seguaci; inoltre il successo del suo libro tra gli intellettuali, e fra una parte dei lavoratori francesi lo spinge, su proposta di Owen, a tentare personalmente la fondazione di una colonia in America. Nel maggio del 1847, incoraggiato dal successo, Cabet pubblica un manifesto dal titolo Allons en Icarie per raccogliere proseliti, e fa uscire contemporaneamente un opuscolo Réalization de la communauté C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 2 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org d'Icarie, dove annuncia di poter contare su 10.000 o 20.000 uomini per attuare il suo progetto. Nel dicembre dello stesso anno Cabet comunica che il luogo prescelto si trova in Texas, e così 69 tra le cinquecento persone che hanno aderito all'iniziativa, impazienti di partire, il 3 febbraio 1848 si imbarcano a Le Havre contro il parere dello stesso Cabet, che resta in Francia. In Francia però scoppia la rivoluzione del '48, e molti degli icariani rimasti in Francia (ed in un primo tempo lo stesso ad una serie di difficoltà a cui non possono far fronte: costatano che i terreni sono incolti ed i lotti, di 320 ettari l'uno, sono staccati tra loro, e per nulla vicini al Red River, come promesso da Cabet. Pertanto si ritirano a New Orleans, dove sono raggiunti nel '48 da altri 400 seguaci e dallo stesso Cabet.). Cabet li rianima e ottiene un nuovo terreno nell'Illinois, acquistando dai Mormoni il podere di Nauvoo, sulle rive del Mississippi. Gli icariani giungono qui nel marzo del 1849 ridotti in 260 da malattie e defezioni. Recuperano le rovine lasciate dai Mormoni e allestiscono un refettorio, una scuola, una biblioteca ed un teatro. Alle famiglie è concessa la vita individuale. Il gruppo di Nauvoo decide nel 1860 di vendere i beni comuni e di trasferirsi a Corning, nello Iowa, dove trova finalmente una sistmazione adeguata in un podere di 3.000 acri. I 35 superstiti fondano qui la loro città ideale e riescono a raggiungere anche un certo benessere, tanto che gli icariani nel 1875 sono saliti a 75; la disposizione delle case è molto simile al quadrilatero di Owen. Nel 1879 si assiste però ad una nuova scissione: a Corning restano 20 seguaci, di tendenza socialista, che però si trasferiscono poco dopo in California dove fondano Icaria-Speranza che resta attiva fino al 1887. La seconda frazione si insedia invece poco distante da Corning dove fonda New Icaria, cercando di edificare il villaggio ideale sognato fin dall'inizio. Questa seconda esperienza durò fino al 1895, quando la comunità si sciolse e il patrimonio diviso fra i 21 aventi a diritto. «Così avvenne una specie di reductio ad absurdum dell'ambizioso programma di Cabet, e l'idea della grande metropoli condusse alla formazione di villaggi rurali sempre più esigui, fino a raggiungere le dimensioni di normali imprese private» (L. Benevolo, Le origini dell'urbanistica moderna, p. 112). 3.0. Charles Fourier. François-Marie-Charles Fourier (17721837), piccolo impiegato francese di Besançon, espone per la prima volta il suo pensiero in un trattato, Théorie des quatre mouvements, pubblicato anonimo nel 1808. Considerando assurdo e dannoso per l'uomo un sistema sociale basato sulla competizione tra individui (la società liberistica), Fourier propone come alternativa una società armonica, dove non si scontrino gli interessi individuali. Nel pensiero di Fourier sono presenti alcuni concetti progressisti (talora quasi rivoluzionari) che affondano le loro radici nell'illuminismo e nella filosofia materialistica francese del Settecento, ed in particolare in Rousseau, quali la parità dell'uomo e della donna e il nuovo metodo pedagogico che avrebbe dovuto favorire nei singoli bambini lo sviluppo degli istinti individuali nel modo più libero possibile. Fourier ritocca e modifica comunque più volte il suo sistema nelle opere successive: L'association domestique agricole (1822), Le nouveau monde industriel et sociétaire (1829), La fausse industrie (1833). Polemizza anche con le altre correnti socialiste contemporanee (Pièges et charlatanisme de deux sectes, St. Simon et Owen, 1831), e dopo il 1830 diffonde il suo pensiero attraverso un settimanale da lui fondato, Le Phalanstère ou la Réforme industrielle di cui vengono cessate le pubblicazioni nel 1834; ricomparso nel 1836 col titolo La Phalange, il settimanale diviene quotidiano nel 1843 col titolo La Démocratie Pacifique per essere infine soppresso definitivamente nel '50. L'aspetto utopistico del suo pensiero è principalmente nella descrizione di come si debba giungere a quest'armonia universale, ovvero mediante la propaganda e la convinzione anziché mediante la lotta. Secondo Fourier per raggiungere l'armonia bisogna eliminare tutte le limitazioni alla piena soddisfazione delle passioni, elemento motore dell'agire umano, riformando la società in modo da garantire la realizzazione degli interessi individuali, pur nel rispetto dei diritti e delle prerogative degli altri. Solo qualora si realizzi ciò, l'universo raggiungerà il massimo punto della sua evoluzione: Fourier crede C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 3 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org infatti nel progresso razionale dell'umanità. In questo modo l'uomo, mediante la "liberazione passionale" riuscirà a vivere in pace con i suoi simili, dopo aver recuperato l'intero bagaglio della sua personalità individuale. Nella sua teoria la realizzazione dell'armonia deve avvenire gradualmente, attraverso sette stadi storici: attualmente l'umanità si trova tra il quarto periodo (barbarie) e il quinto (civiltà); seguiranno il sesto (garantismo) e il settimo (armonia). Fourier immagina un modello urbanistico appropriato sia per il periodo del garantismo, sia per lo stadio finale dell'armonia: nel primo caso esso corrisponde ad una città concentrica; nel secondo immagina e descrive minuziosamente il falansterio, il modello edilizio che rappresenta forse l'aspetto più noto e interessante del suo pensiero. È innegabile che molti elementi di connotazione spaziale ed organizzativa del falansterio si ritrovino nella unité d'habitation di Le Corbusier. La città del garantismo è costituita da tre corone concentriche. La densità delle costruzioni è decrescente dall'interno verso l'esterno: lo spazio non edificato è infatti doppio nella seconda, triplo nella terza. La prima cerchia contiene la città centrale, la seconda i sobborghi e le grandi fabbriche, la terza i viali e la periferia; tutta la città è regolata da un preciso codice edilizio che Fourier descrive nel Traité de l'association domestique-agricole. Fourier considera la città del garantismo come un semplice passaggio verso il settimo stato (armonia), quando gli uomini, abbandonando le città, si dovranno riunire in phalanges di 1620 abitanti, e alloggeranno in appositi edifici chiamati phalanstères. Il numero degli abitanti è calcolato in base alla teoria, che «fissa a 810 il numero dei caratteri distinti e componenti la scala completa o clavier général dei caratteri per formare la Grande Armonia domestica»; bisogna poi aggiungere 192 vecchi e bambini, 450 persone fuori cause per malattia, viaggio, noviziato o insufficienza di carattere, 168 complémentaires doublants in rinforzo alle classi attive. Ci dovranno essere 21 maschi ogni 20 femmine e il reddito personale dovrà essere incluso tra 20.000 e 50.000.000 di franchi. Noi supporremmo che l'esperimento sia fatto da un sovrano o da un ricco privato [...], o da una potente compagnia, che voglia evitare di procedere a tastoni, e organizzare senz'altro la Grande Armonia, l'ottavo periodo nella sua pienezza. Indicherò il procedimento da seguire in questo caso. Per un'associazione di 1500 - 1600 persone occorre un terreno di una lega quadra [...], il luogo dovrà essere provvisto di un bel corso d'acqua, percorso da colline e adatto a colture variate, addossato ad una foresta e poco lontano da una grande città, ma abbastanza per evitare gli importuni. (da: C. Fourier, Traité de l'association domestique-agricole, in Ouvres complètes, Paris, 1841, in L. Benevolo, Le origini dell'urbanistica moderna, pp. 85-86). Il falansterio è una struttura unica, razionalmente organizzata, che si oppone al caos delle città. Al suo interno si vivrà come in un grande albergo, e ai suoi abitanti, a differenza di quanto era permesso nel quadrilatero abitativo di Owen, non saranno concessi alloggi separati: i vecchi saranno alloggiati al piano terra, i ragazzi al mezzanino e gli adulti nei piani superiori. Al centro del falansterio, nella Place de Parade si troveranno i "servizi" pubblici: la Tour de Ordre con l'orologio e i mezzi per comunicare ovvero il telegrafo ed i piccioni viaggiatori. Dalla torre dell'ordine si diramano due ali che contengono tutte le funzioni residenziali e produttive, pubbliche e private. Le ali sono servite in tutta la loro lunghezza da una strada-galleria situata al primo piano. Il falansterio è quindi un complesso organismo, dove si cerca di mantenere l'equilibrio alternando spazi pubblici a spazi privati, in modo da far convivere vita individuale e comunitaria. Ogni falansterio è un'unità produttiva autonoma, che integra campagna e città. La reggenza della falange anticipa ad ogni membro povero il vitto, l'alloggio ed il vestiario di terza classe. Fourier immagina il falansterio con le forma auliche dell'architettura francese: esso sarà simmetrico, con tre corti e varie entrate; per certi aspetti esso ricorda la reggia comunitaria del Louvre. Egli lo descrive minuziosamente, come nel caso della città del garantismo, nel Traité de l'association domestique-agricole Fourier si dichiarò sempre fiducioso di tradurre il suo progetto in realtà ma, a differenza di Owen, non si impegnò mai direttamente nella sua realizzazione. Tuttavia vari furono i tentativi compiuti dai suoi seguaci: C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 4 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org in Francia, in Algeria, in Spagna, in Russia e persino in Nuova Caledonia, tutti però senza successo. I tentativi più interessanti furono invece compiuti in Francia da Jean Baptiste Godin ed in America da Albert Brisbane (1809-1890) e da Victor Considérant (1808-1893). Brisbane propaganda le idee di Fourier nel libro Social Destiny of Man, pubblicato nel 1840. Nel decennio successivo, fino al 1850, il movimento fourierista riscuote un notevole successo in America, dove si assiste alla nascita di ben 41 comunità sperimentali; tra queste le più interessanti sono senza dubbio la North American Phalanx, una comunità di 125 membri fondata nel 1843 nel New Jersey dallo stesso Brisbane e Brook Farm fondata da George Ripley presso Boston. Ripley acquista nel 1841 a West Roxbury, nel Massachusetts, una proprietà di 200 acri. I partecipanti sono studenti, intellettuali, ma anche un discreto numero di artigiani; la comunità funziona come una società per azioni: i profitti vengono divisi in base alle giornate di lavoro (intellettuale o manuale) svolto. Dopo il 1844 i Brook Farmers sono influenzati dalla propaganda fourierista, ed in particolare dall'attività di Brisbane, e decidono di operare una svolta dando inizio alla costruzione di un edificio centrale, il falansterio, per il quale vengono impiegate la maggior parte delle risorse finanziarie. Ma l'edificio, appena ultimato, viene distrutto completamente da un incendio, nella notte del 2 marzo 1846. La comunità non riesce più a riprendersi da questo colpo, e si scioglie nel 1849. Uno degli allievi più attivi di Fourier è Victor Considérant, che alla morte del maestro gli succede alla direzione del giornale La Phalange. Egli scrive numerose opere per propagandare le teorie fourieriste: La destinée sociale nel 1834, Manifeste de l'école sociétaire nel 1841, Le socialisme devant le vieux monde nel 1848. Nella Description du Phalanstère (1848) evidenzia i vantaggi della vita comunitaria del falansterio. Eletto nello stesso anno deputato, Considérant propone un progetto di legge per la realizzazione di un comune-falansterio nei pressi di Parigi. Dopo il colpo di stato di Luigi Bonaparte, nel 1851 si reca in America e visita con Albert Brisbane la North America Phalanx nel Nuovo Messico. Decide di tentare egli stesso un esperimento, grazie ad una donazione dell'industriale Godin, e si reca nel Texas dove fonda presso Dallas una colonia nel podere di La Réunion; tornato in Francia, dopo aver pubblicato un appello (Au Texas, 1854) raccoglie circa 250 seguaci, ma l'iniziativa fallisce per mancanza di capitali. 4.0. Il familisterio di Jean Baptiste Godin. Jean Baptiste André Godin (1817-1889) è un industriale che ha poco in comune con i riformatori sociali e gli urbanisti dell’Ottocento il suo nome è però rimasto indissolubilmente legato ad un tentativo di applicazione delle teoriefourieriste, messo in pratica mediante la realizzazione di un modello fisico molto simile al falansterio di Fourier. Questo esperimento venne realizzato dopo il 1848, quando ormai l'idea di abitazione collettiva era stata abbandonata sia dai teorici che dagli industriali, ed era ancora attivo, con le caratteristiche originarie, nel 1939 ovvero cinquant'anni dopo la morte del suo fondatore. Godin, figlio di un fabbro, sperimenta e brevetta l'uso della ghisa per gli apparecchi da riscaldamento domestico; nel 1837 fonda a Guise, nel dipartimento francese di Aisne, un'industria per la produzione di stufe. Appassionato di teorie sociali, entra in contatto nel 1842 con Victor Considérant finanziando nel 1854 il suo esperimento di comunità fourierista in Texas e pensando in un primo momento di impegnarsi personalmente nella riuscita di questo. In seguito però egli si dedica totalmente alla progettazione e alla realizzazione di una comunità sperimentale basata sull'integrazione tra capitale e lavoro. Dopo aver scartato i progetti dell'architetto fourierista Victor Calland, Godin si impegna lui stesso a stendere i piani per il suo palais social, chiamato poi familisterio in analogia col falansterio di Fourier. Il familisterio di Godin è un rimpicciolimento del falansterio: l'edificio è sempre costituito da tre blocchi di abitazioni comunicanti, ma i cortili sono di dimensioni molto più ridotta, e svolgono la funzione delle rues intérieures del falansterio. I tre blocchi delimitano la piazza d'ingresso che è a sua volta chiusa a distanza sul quarto lato dal teatro e dalle scuole. Le abitazioni si affacciano tutte sui cortili-ballatoio coperti da vetrate, destinati a spettacoli e riunioni collettive. Godin riserva una particolare attenzione ai servizi collettivi, tecnici e sociali: nel C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 5 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org familisterio i servizi igenici sono disposti in comune in due gruppi per piano sono in comune il sistema di ventilazione, utilizzabile anche come riscaldamento, e l'illuminazione a gas, servita da una centrale dell'azienda. All'esterno del familisterio sono presenti una cucina, una mensa, una lavanderia da 60 posti e le scuole. Il primo blocco fu costruito nel 1859, quello centrale nel 1862, ed il terzo nel 1877; nel 1862 furono realizzati l'asilo nido e l'asilo infantile, nel 1869 il teatro e le scuole, nel 1870 i bagni e la lavanderia. Il familisterio si differenzia dal falansterio per due caratteri fondamentali: l'impresa produttiva è di carattere strettamente industriale, e non più agricolo-industriale come in Owen e Fourier, e ad ogni famiglia residente è concesso un alloggio autonomo. Si rinuncia così alla vita comunitaria prevista nel falansterio foureriano, pur mantenendo i vantaggi assicurati dai servizi in comune; lo stesso concetto che è tra l'altro alla base della unité d'habitation di Le Corbusier. Del fourierismo restano alcuni aspetti come l'assistenza sociale molto avanzata (cassa pensioni, cassa malattia lavoratori, cassa medicinali, assicurazione lavoratrici) e il sistema pedagogico, che trasferisce dalla famiglia alla comunità l'educazione dei figli: Nel familisterio l'educazione è organizzata in sette divisioni, ognuna col suo corpo di dirigenti e istruttori, i suoi locali e i suoi uffici Queste divisioni corrispondono all'età dei ragazzi: il "nido", per i bambini dalla nascita a 26 o 28 mesi; il "pouponnat", per i bambini dell'età in cui camminano a 4 anni; il "bambinat", per i bambini da 4 a 6 anni; la "terza classe", per gli allievi da 6 a 8 anni; la "seconda classe", per i ragazzi da 8 a 10 anni; la "prima classe", per i ragazzi da 10 a 13 anni; il "corso superiore", per coloro che proseguono gli studi, avendo dimostrato speciali talenti; l'"apprendistato"; l'ingresso del ragazzo alla vita produttiva avviene gratuitamente nella fabbrica; egli può scegliere fra le varie occupazioni che gli si offrono nel familisterio, e l'apprendista riceve subito il prezzo del suo lavoro. (da: Jean Baptiste Godin, Social Solutions, in «Social Solutions», n. 10, 8 settembre 1886, in L. Benevolo, Le origini dell'urbanistica moderna, pp. 94, 103) Per quanto riguarda l'associazione tra capitale e lavoro, i lavoratori del familisterio prendono parte alla gestione dell'impresa. Dopo il 1882 Godin cede l'industria ed il familisterio (nel quale alloggerà sino alla sua morte) ad una cooperativa di gestione crata da lui stesso, e organizzata secondo diversi livelli di gestione: "associati", abitanti del familisterio, con partecipazione al capitale e agli utili; "societari", con partecipazioni agli utili; "azionari", non lavoratori, ma partecipanti al capitale con utile fisso; "salariati" dell'azienda con diritto alle prestazioni sociali. Nonostante questa gestione associata non riesca mai a svolgersi secondo gli indirizzi di Godin, il familisterio e l'industria associata continuarono a funzionare in modo soddisfacente. La comunità che nel 1886 comprendeva circa quattrocento famiglie, secondo Leonardo Benevolo (L. Benevolo, Le origini dell'urbanistica moderna, p. 104) «dev'esser considerata l'esperimento più felice, fra quanti furono tentati nel secolo XIX dai teorici del socialismo». 5.0. La cité industrielle di Tony Garnier. Tony Garnier (18691948), figlio di un disegnatore tessile, studia presso l'Accademia di Francia a Roma; qui inizia a stendere i suoi primi progetti per una cité industrielle, che verranno presentati per il concorso Gran Prix de Rome del 1901. La sua città-industriale e la garden city di Howard sono quindi contemporanee, benché la pubblicazione definitiva del progetto Une cité industrielle, étude pour la construction des villes avvenga solamente nel 1917. Con Garnier l'utopia urbanistica si separa definitivamente nelle sue due componenti: progettazione e politica. Da ora in avanti la progettazione sarà neutra, consentendo così uno slancio progettuale che avrà il suo apice nell'attività di Le Corbusier. Spesso la cité industrielle è stata contrapposta alla garden city, ma in realtà essa ha numerosi punti in comune con il piano di Howard, così come con tutta la tradizione utopistica ottocentesca. Garnier attribuisce autonomia economica e culturale alla sua città; ne riserva metà del suolo a verde pubblico e la pensa per una popolazione di 35.000 persone, lo stesso numero preventivato per C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 6 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org Letchworth; la articola in zone diverse, come auspicato dai primi socialisti; immagina una pianta a scacchiera, elemento caratteristico della tradizione utopistica; pone come ossatura della cité industrielle (che sarà larga solo 600 metri) il tram elettrico, analogamente a quanto fatto da Soria y Mata per la sua ciudad lineal. Ma allo stesso tempo non cerca di diluire la città in campagna né si basa sull'industria pesante di piccola dimensione, come aveva fatto Howard. Egli progetta la sua città industriale dal primo all'ultimo edifico, concentrandosi quindi principalmente sugli aspetti tecnici. Presenta due considerevoli innovazioni: adotta per tutti gli edifici il cemento armato, e li adorna con uno stile spoglio «rinunciando ad ogni stravaganza che non sia dettata da precise esigenze di carattere rappresentativo» (M. Tafuri; F. Dal Co, Architettura contemporanea, p. 94). Nel 1904 Garnier completa i suoi elaborati e li presenta in una mostra a Parigi; l'opera verrà pubblicata nel 1917. Gli studi di architettura che presentiamo qui, in una serie di tavole, riguardano l'organizzazione di una città nuova, la Città industriale, poiché la maggior parte delle città nuove, che saranno fondate d'ora in poi, saranno dovute a motivi di ordine industriale, onde abbiamo considerato il caso più generale. D'altra parte in una città di questo genere tutte le applicazioni dell'architettura possono trovar posto a buon diritto, e vi è la possibilità di esaminarle tutte. Assegnando alla nostra città un'importanza media (supponendo che abbia circa 35.000 abitanti) abbiamo mirato sempre al medesimo scopo, di condurre ricerche di ordine generale, che non sarebbero state giustificate dallo studio di un villaggio o di una città molto grande. Ancora in questo spirito abbiamo supposto che il terreno ove sorge l'insieme degli edifici comprenda parti montuose e una pianura, traversata da un fiume. (da: T. Garnier, Une cité industrielle, étude pour la construction des villes, in L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, p. 464). In pianura è situata l'officina principale, alla confluenza tra un torrente ed il fiume. Al di sopra di essa, su un altipiano si sviluppa la città che è a sua volta sotto agli edifici sanitari: sia la città che gli edifici sanitari sono protetti dai venti ed esposti a sud. Ognuno di questi settori è costruito in modo da essere comunque ampliabile in futuro. Al centro della città si trovano un grande stadio, il campus scolastico ed il centro comunale. Il centro per lo svago si trova invece a sud. Tutte le funzioni sono rigidamente separate. Il tram assicura i trasporti pubblici in città, collegando il centro alla periferia, dove sono collocate le aziende agricole modello. Una strada ferrata scorre anche tra la fabbrica a valle e la città, assicurando i collegamenti con l'esterno; essa termina in una stazione centrale sotterranea. Garnier predispone anche dei regolamenti, uno per ogni specifico settore (edilizia, sanità...); essi danno già per scontato che siano avvenuti determinati mutamenti di ordine sociale senza i quali non sarebbero applicabili: l'amministrazione ha la libera disponibilità del suolo e provvede all'approvvigionamento del pane, dell'acqua, della carne, del latte e dei medicinali. Non sono previste né caserme, né chiese, né un tribunale, né una prigione e nemmeno una stazione di polizia: secondo Garnier tutto ciò non aveva ragione di esistere in una società socialista. I quartieri residenziali sono costituiti da villette allineate in un reticolo uniforme di strade. Il terreno è diviso in isolati di 150 metri nel senso est-ovest, e di 30 metri nel senso nord-sud. Questi isolati sono a loro volta suddivisi in lotti quadrati di 15 metri di lato, che si affacciano quindi sempre con una parte sulla strada. Un edificio può occupare anche più di un lotto, ma la superficie costruita deve essere inferiore alla metà della superficie totale: il resto è destinato a giardino pubblico, transitabile ai pedoni. Questa disposizione permette di traversare la città in qualsiasi senso, indipendentemente dalle strade che non occorre più seguire, e il suolo della città, preso nel suo insieme, è come un grande parco, senza recinzioni per limitare i terreni. (da: T. Garnier, Une cité industrielle, étude pour la construction des villes, in L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, p. 469). Lo spazio tra le abitazioni nel senso nord-sud è al minimo uguale all'altezza della costruzione situata al sud. Gli edifici residenziali devono rispettare determinati requisiti: ogni camera da letto deve avere almeno una finestra di adeguate dimensioni aperta verso il sud ed ogni locale deve essere illuminato dall'esterno; non sono ammesse C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 7 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org corti e chiostrini. Garnier non cercò mai di realizzare la sua cité industrielle, che rimase solo un piano sulla carta; ebbe però l'occasione di applicarne i principi ad una grande città, Lione, dove egli andò a vivere nel 1904. Questo fu reso possibile dall'incontro di Garnier con Édouard Herriot, sindaco della città ed importante uomo politico della terza repubblica. Tra il 1906 e il 1914 progetta e realizza il macello e il mercato bestiame della Mouche, «una tranche della Cité, capolavoro di organizzazione funzionale» (M. Tafuri; F. Dal Co, Architettura contemporanea, p. 94); la hall centrale è costituita da una sala di acciaio di 210,8 metri intorno a cui si sviluppa il resto del complesso. Nel 1909 dovendo progettare l'ospedale municipale, visita le più moderne strutture sanitarie in Germania e Danimarca; al suo ritorno «concepisce una specie di città-giardino per malati, con padiglioni sparsi nel verde e collegati fra loro da un sistema di comunicazione sotterranea» (M. Ragon, Storia dell'architettura e dell'urbanistica moderne, vol. II, p. 51). Infine, sempre a Lione, Garnier progetta e costruisce lo stadio olimpico (1914) ed il quartiere États Unis (1924-35). Garnier avrà una notevole influenza sul pensiero architettonico e urbanistico del Novecento. Scrive Michel Ragon: Con vent'anni di anticipo Tony Garnier definì quello che sarebbe stato lo "stile internazionale" e con quarant'anni di anticipo stabilì quei princìpi di urbanistica che contraddistingueranno la Carta di Atene (1943). (da: M. Ragon, Storia dell'architettura e dell'urbanistica moderne, vol. II, p. 51). Anche Le Corbusier, che nel 1908 era stato a Lione proprio per incontrarsi con Garnier, resterà profondamente influenza dalle sue teorie, che sono alla base della ville radieuse. 6.0. Robert Owen. Robert Owen (1771-1858) è il primo e il più significativo tra i socialisti utopisti. Comincia a lavorare a dieci anni come commesso di negozio a Londra; nel 1789 apre una piccola industria tessile. Il successo di questa gli permette di acquistare dieci anni dopo, nel 1799, le filande di New Lanark in Scozia. La sua mentalità è strettamente legata alla sua esperienza di dipendente prima, e di capitano d'industria poi; si rende conto che il modello di self-made man teorizzato dagli economisti è un'astrazione, in quanto le condizioni ambientali non possono non influenzare gli individui: l'ambiente quindi deve essere costruito a servizio dell'uomo, prima di pensare a qualsiasi vantaggio economico, individuale e collettivo. Owen sperimenta questa sua idea nella gestione delle filande di New Lanark, iniziata simbolicamente il 1° gennaio del 1800. Queste diventano una fabbrica modello grazie all'introduzione di nuovi macchinari, buoni salari, abitazioni salubri e alla costruzione presso la fabbrica un asilo infantile, il primo in tutta l'Inghilterra; una parte dei profitti industriali viene destinata al miglioramento delle condizioni di vita degli operai. Egli istituisce inoltre nel 1816 un singolare centro di servizio, chiamato Istituzione per la Formazione del Carattere Ciò non impedisce comunque a Owen di realizzare forti guadagni, consentendogli di affrontare con successo le proteste dei soci, che nel 1813 vengono sostituiti da persone di maggiore apertura mentale, tra cui il filosofo Jeremy Bentham. Nella prima metà dell'Ottocento l'officina di New Lanark diviene famosa, tanto da attirare visitatori da tutto il mondo. Il successo economico della sua impresa, negli stessi anni in cui l'Inghilterra è attraversata da una grave crisi economica e la disoccupazione raggiunge livelli preoccupanti, convince Owen a proporre una generalizzazione della sua proposta. Elabora quindi nel secondo decennio del secolo un modello di convivenza ideale: un villaggio per una comunità ristretta, che lavori collettivamente in campagna ed in officina, e sia autosufficiente, avendo al suo interno tutti i servizi necessari. Owen espone per la prima volta questo piano nel 1817 in un rapporto ad una Commissione d'inchiesta sulla legge dei poveri (R. Owen, Report to the Committee for the Relief of the Manufacturing Poor, 1817); in seguito difende la sua proposta su vari giornali e la sviluppa con maggiore ampiezza in un rapporto alle autorità della contea di Lanark del 1820 (R. Owen, Report to the County of Lanark, 1820). L'analisi della società capitalistica da parte di Owen è incentrata sul tentativo di cogliere le ragioni della disoccupazione: queste vengono individuate nel mancato assorbimento della produzione da parte del mercato. La mancanza di domanda è dovuta, secondo Owen, all'impossibilità per i lavoratori di C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 8 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org entrare nell'area dei consumatori. Il capitale cerca di porre rimedio a questa crisi abbassando i costi, e quindi ricorrendo al lavoro delle macchine o abbassando i salari, ma ciò non fa che peggiorare la situazione. Per sanare la situazione deve dunque succedere una di queste tre cose: l'uso dell'energia meccanica deve essere fortemente diminuito; milioni di esseri umani devono morire di fame, per permettere l'attuale livello produttivo; bisogna trovare un'occupazione vantaggiosa per i poveri e i disoccupati, a cui il lavoro meccanico deve essere subordinato, invece di essere indirizzato, come ora accade, a sostituirlo. Owen dimostra che la terza alternativa è la sola possibile; per combattere la disoccupazione bisogna dunque promuovere profondi cambiamenti nella società esistente, che portino a pianificare sia la produzione che la distribuzione; è preferibile inoltre passare dalla concorrenza e dall'iniziativa individuale all'organizzazione comunitaria della produzione. A tutti vanno concesse condizioni ambientali favorevoli ed equilibrate, inclusa tra queste la possibilità di un'istruzione scolastica di base; accanto al nuovo assetto sociale viene anche elaborato un nuovo tipo di insediamento finalizzato a favorire la vita associata ed a regolare la produzione. Il modello fisico proposto da Owen nel 1817 (R. Owen, Report to the Committee for the Relief of the Manufacturing Poor, 1817) consiste in un insediamento di circa 1.200 persone, circondato da 1.000-1.500 acri di terreno. La pianta del villaggio è costituita da una grande unità edilizia quadrilatera, diviso al suo interno in settori dagli edifici pubblici (cucina pubblica, depositi, scuola e biblioteca). Tre lati del quadrilatero perimetrale sono destinati alle case, il quarto ai dormitori per tutti i bambini che eccedano i due per famiglia, o che abbiano più di tre anni. All'esterno del quadrilatero orti e giardini, circondati da strade e «al di là di questi, abbastanza distanti per essere schermati da una zona alberata, sorgeranno i laboratori e le industrie». Il piano viene ulteriormente illustrato nel 1820 (R. Owen, Report to the County of Lanark, 1820). Questa proposta di Owen è il primo piano urbanistico moderno sviluppato in ogni sua parte, dalle premesse politicoeconomiche al programma edilizio e al preventivo finanziario. Quanto alla realizzazione effettiva di queste proposte, Owen sostiene che esse possano interessare i singoli imprenditori, le società industriali, ma anche le stesse autorità pubbliche. Egli quindi si impegna in un'assidua opera di propaganda, presentando le sue proposte a tutto i grandi personaggi del suo tempo: al futuro zar Nicola I in visita a New Lanark, a Napoleone I confinato all'isola d'Elba, all'imperatore di Russia Alessandro I durante il congresso di Aquisgrana, oltre che ai governanti del suo paese. Ma il mancato successo dei suoi tentativi lo convince a tentare di persona. Al corrente delle esperienze già condotte negli Stati Uniti, decide di fondare una comunità cooperativa in America. Nel 1825 acquista da una setta protestante un terreno di 30.000 acri nell'Indiana, per 190.000 dollari. Il villaggio viene ribattezzato New Harmony. Owen vi attira molti uomini di cultura americani ed un gruppo di scienziati e di educatori, fra cui William Maclure. Tuttavia ben presto si aprono dissidi e contrasti nella gestione, dovuti in parte all'intransigenza di Owen, che sfociano nella secessione di individui e gruppi dissidenti tra cui Maclure, che fonda una sua comunità autonoma chiamata Macluria. Owen abbandona quindi la colonia nel 1828, lasciandone la direzione ai figli. Contemporaneamente vedono il fallimento anche le iniziative prese da seguaci di Owen a Orbiston in Scozia (nel 1826), ed a Ralahine in Irlanda (nel 1831). Tornato in patria impoverito, Owen si avvicina al vero pubblico delle sue teorie, la classe operaia e le nascenti organizzazioni sindacali. In seguito a ciò le sue idee vengono definitivamente messe al bando. Anche per questi motivi Owen si dedica principalmente all'organizzazione del movimento cooperativista (Grand National Consolidated Trades Union), ed in questa prospettiva tornerà in seguito a proporre associazioni comunitarie modello: una comunità owenita funziona dal 1939 al 1946 a Queenswood nell'Hampshire, ma si dissolve per i contrasti sorti tra operai e finanziatori del progetto. Secondo Leonardo Benevolo: Owen è per vari aspetti il più importante degli utopisti dell'800, anche se non è il C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 9 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org più fortunato; le sue qualità personali, l'amore per il prossimo, la confidenza con le macchine e il mondo industriale gli permettono di veder chiaro in molti problemi sociali ed urbanistica, là dove gli occhi dei contemporanei sono velati da teorie convenzionali. La sua illimitata fiducia nell'educazione e nella persuasione, rende difficili i suoi contatti con il resto del mondo, e provoca il fallimento di tutte le sue iniziative concrete, dopo New Lanark. (in: L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, p. 233). 7.0. Claude-Henri de Saint-Simon. Si narra che Claude-Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825) ancora ragazzo vide venire una carrozza incontro a un bambino che giocava su una strada; qualunque filantropo di antico stampo sarebbe corso a salvare il bambino, togliendolo dalla strada, ma il futuro predicatore del socialismo si piantò di fronte alla carrozza e non volle più muoversi perché il bambino giocasse tranquillo. Saint-Simon è considerato il fondatore del socialismo utopistico; di origine aristocratica, con alle spalle una giovinezza avventurosa, ebbe interessi scientifici solo dopo i quarant'anni. Marx gli ascrive come merito maggiore l'aver riconosciuto l'inscindibilità del legame tra problematiche politiche e problematiche economiche, ovvero l'aver compreso l'impossibilità di riformare l'una senza agire sull'altra. La sua formazione, come quella di Owen e Fourier, è anteriore alla Rivoluzione del 1789, ma egli giunge a formulare nei primi anni del secolo il suo pensiero, che verrà ripreso in una serie di significativi scritti a cavallo degli anni venti (L'industrie, 1817; Du système industriel, 1821; Cathéchisme des industriels, 1823; Le nouveau Christianisme, 1825). Il dibattito politico infatti non lasciava molto spazio alle questioni sociali, e alle loro implicazioni di ordine urbanistico. In tutta la sua opera, Saint-Simon è critico in due direzioni: da un lato verso l'arretratezza economica e sociale della società precapitalistica e aristocratica, dall'altro verso l'anarchia del sistema capitalistico facile oggetto dell'azione di speculatori e ignoranti. Pertanto Saint-Simon avvalendosi di coloro che sono più dotati intellettualmente, propone una riorganizzazione del capitalismo, in modo da sostituire ogni governo politico con uno Stato degli scienziati, organizzato gerarchicamente in vista di una più funzionale "amministrazione delle cose". Scienziati sono tutti coloro che contribuiscono allo sviluppo delle matematiche, delle ricerche in ogni campo, gli artisti, gli intellettuali in genere e gli "scienziati politici". Nell'opera di Saint-Simon anche il mondo del lavoro ha un'importanza primaria: sono i lavoratori a produrre la ricchezza della società, e pertanto sono loro a doverla governare, insieme agli scienziati. Niente va riconosciuto agli individui ed ai gruppi se non come conseguenza del loro lavoro. Da questo deriva la divisione in classi della società: da una parte industriali e lavoratori (gli industriels), dall'altra borghesia, nobili, preti, monarchi (gli oisifs) che non avevano significato nell'età del capitalismo; della società del suo tempo Saint-Simon vede infatti più di ogni cosa la divisione tra chi produce e non consuma, e chi consuma e non produce. La Rivoluzione francese funge da spartiacque definitivo tra la vecchia società feudale e la nuova società industriale. Gli industriels devono detronizzare le vecchie classi dirigenti, prendendo i posti di comando; a loro è affidato il compito di trasformare il mondo esistente, di superare l'egoismo provatistico in vista del godimento di un bene futuro. Ai vecchi miti religiosi si doveva contrapporre un nuovo cristianesimo, fondato sulla religione della scienza e del lavoro. Nella fase più evoluta il suo pensiero coincide con un rigetto del liberismo: il sistema industriale infatti per sua natura deve produrre un insieme sociale perfettamente coerente, dal momento in cui si è allentato il rapporto di dipendenza dell'individuo esistente nella società feudale. Ora l'individuo dipende dal sistema industriale, e ciò porta inevitabilmente alla pianificazione della produzione, alla razionalità economica e alla valorizzazione di ogni capacità umana. Sta ai tecnici ed ai capitani di industria guidare lo sviluppo della società civile. Il pensiero di Saint-Simon è dunque inizialmente interclassistico; la classe operaia ed i datori di lavoro sono tutti allo stesso tempo industriels, e se una lotta di classe si verifica, questa è tra strati produttivi e strati improduttivi della popolazione. Al termine della sua vita egli cambiò però radicalmente opinione, come appare ne Le nouvau Christianisme (1825). In C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 10 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org quest'opera veniva presentato un cristianesimo rinnovato, ma soprattutto si esponeva il principio della conflittualità di classe nella storia, ed in particolare nella società dominata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione; si sentiva la necessità di liberare l'uomooperaio dall'oppressione materiale. Così come in passato Saint-Simon aveva cercato di riorganizzare il capitalismo per un migliore funzionameno dell'economia, ora si prefiggeva di organizzare nella società la classe operaia, servendosi della religione che «deve dirigere la società verso il grande scopo del miglioramento più rapido possibile della classe povera». Nella dottrina di Saint-Simon, a parte questa ultima fase, sono presenti attrattive soltanto per i capitalisti e per qualche socialista radicale, ed infatti il suo autore non ottiene alcun seguito popolare. Secondo Paolo Sica (P. Sica, Storia dell'urbanistica. II,2. L'Ottocento, p. 1094) «la dottrina sansimoniana diviene la veste filosofica e culturale della tecnocrazia (sia di marca autoritaria che connaturata al liberismo) e questo sarà anche il destino personale di gran parte dei seguaci del maestro». Saint-Simon non dimostra in un primo momento molto interesse all'architettura e all'arte; solo nel 1825, quando scrive Le nouveau Christianisme riserva agli architetti, agli ingegneri ed ai capitani di industria un ruolo importante tra le persone che possono influire sul corso della società; sebbene egli non abbia lasciato proposte concrete, questo compito sarà in parte svolto dai suoi discepoli, guidati da Barthélemy Enfantin (1796-1864). Dopo la morte di Saint-Simon, nel 1825, il suo insegnamento viene sviluppato da un gruppo di seguaci - Rodrigues, Enfantin e Chevalier - che danno alla scuola sansimoniana i caratteri di una setta esoterica. Essi fondano dapprima, nel 1826, il giornale Le Producteur; nel 1830 passano all'azione diretta, acquistando il giornale Le Globe e riunendosi in una comunità semi-monastica (inizialmente in Rue Monsigny a Parigi) in cui è stabilito anche l'uso di una speciale divisa. I leaders di questo gruppo furono in un primo momento Barthélemy Enfantin (1769-1864) e Saint-Amand Bazard (1791-1832) col titolo di "pères suprêmes"; ma quando Enfantin enunciò la teoria del "libero amore" in sostituzione della "tirannia del matrimonio", Bazard si ritirò ed Enfantin accentuò il carattere politico del gruppo, finché la polizia disperse il movimento nel 1832; in seguito egli cercò più volte di convertire il re Luigi Filippo alle sue idee. Nella rivista Le Globe, oltre alla propaganda dottrinaria e alle fantasiose proposte urbanistiche, si cominciarono a trattare programmi di grandi opere pubbliche a scala urbana, regionale, nazionale ed internazionale; i sansimoniani insistettero più volte nella loro idea di unificazione del mondo attraverso la pianificazione territoriale. Nel 1832 Michel Chevalier espose un piano per Parigi, in cui la città avrebbe dovuto avere la forma di un uomo nell'atto di camminare. Basandosi sulle teorie di Saint-Simon - che quando era in America aveva immaginato un canale che unisse Pacifico e Atlantico, ed in Spagna uno che collegasse Madrid al mare - Chevalier propose anche di unire Occidente e Oriente attraverso la pianificazione delle vie di scambio: nel Système de la Mediterranée illustrò uno schema generale delle grandi vie di comunicazione di terra e di acqua, e la costruzione, in fondo a ogni golfo naturale del Mediterraneo, di portistazioni, che avrebbero dovuto costituire nodi integrati dai quali si sarebbero irradiate traffici e linee. Nel 1834 i seguaci di Saint-Simon si recarono in Egitto per edificare un insediamento per i costruttori del canale di Suez. La planimetria della nuova città avrebbe dovuto configurarsi anche qui sull'immagine del corpo, e gli edifici avrebbero dovuto corrispondere alle diverse funzioni del corpo: quelli amministrativi e gli istituti scientifici alla testa, le accademie e i templi al cuore, ecc. Ma i promotori dell'iniziativa vennero decimati dal colera ed il progetto rimase sulla carta. Gli stessi scopi di Chevalier vennero perseguiti da Enfantin, che venne nominato nel 1841 membro della Commissione scientifica di studio per l'Algeria, e nel 1845 segretario della Compagnia per la linea ferroviaria Parigi-Lione. In particolare egli prese anche parte alla costituzione della Société d'études pour le canal de Suez, dopo aver tentato personalmente nel 1837 di convincere del progetto il viceré Mehemet Alì. Il canale che avrebbe dovuto collegare il Mediterraneo al Mar Rosso, nelle fantasticherie che inevitabilmente fecero da contorno alle proposte concrete, avrebbe C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 11 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org rappresentato l'unione fra Roma e La Mecca, fra Cristo e Maometto. Secondo Leonardo Benevolo (L. Benevolo, Le origini dell'urbanistica moderna, p. 82) «né Saint-Simon né i discepoli scesero sul terreno urbanistico con un minimo di precisione tecnica [...], ma trasmisero alla cultura francese un'aspirazione a operare in grande scala e un'enfasi moralistica sul valore delle opere pubbliche - i grand travaux - che ebbero in seguito grande importanza. 8.0. Piano di riqualificazione urbanistica: George Eugène Haussmann 1847 – 1855: Sono redatte le prime idee sul tema della riqualificazione di Parigi. Vengono approvati prestiti e concessioni ad alcuni imprenditori. 1852: E’ promulgato il primo importante decreto in tema di esproprio. 1854 - 1858: Viene realizzata la prima rete che coincide con i lavori della grande-croisèe e delle aree limitrofe. 1858: E’ approvato il “Trattato dei 180 milioni” per alimentare la Cassa dei Lavoratori della Città di Parigi. A questo seguono i “Certificati di cessione” e i prestiti al Crèdit Fonciaire. 1858 – 1868: Viene realizzata la seconda rete, che comprende i grandi sistemi di strade radiali, quali l’Etoile de l’Arc de Triomphe, la Place du Château d’Eau (de la Rèpublique) e la Place du Trocadero. 1858 – 1869: E’ realizzata la terza rete, che prevede gli assi di collegamento con i comuni suburbani annessi nel 1860 al Grand Paris, oltre che alcune strade di completamento della seconda rete. Quando Haussmann pensa al suo progetto, Parigi vive, come altre città - capitali, l’accentuazione della problematica urbana determinata da vari fattori di squilibrio causati da un improvviso incremento demografico, dall’abbattimento delle mura per le mutate tecniche belliche, dall’estendersi del modo di produzione industriale, con il conseguente richiamo sociale esercitato dalla vita metropolitana su fasce sempre più larghe di popolazione. Uno dei nodi più problematici, in quel momento, diviene la questione delle abitazioni. Il problema specifico di Parigi tra il 1840 e il 1850 è il congestionamento del centro e la necessità di un’estensione della città verso nord - est attraverso nuovi quartieri che attraggono la borghesia. Nel momento di discutere un possibile progetto di spostamento del mercato di Halles, viene presa coscienza del fatto che, ad essere posto in gioco, è lo “spostamento di Parigi”, attraverso il trasferimento del suo centro. Da qui nasce l’idea che la città possa essere modificata su se stessa. Il centro storico viene esaltato attraverso la realizzazione della grande croisèe generata dall’incrocio tra rue de Rivolie St. Antoine e i boulevards Sebastopol e St. Michel. E’ attuata la ristrutturazione dell’Ile de la Citè, nucleo baricentrico per vocazione topografica e per ragioni storiche, attraverso l’apertura del gran parvis antistante la cattedrale di Notre Dame, l’ampliamento del Palazzo di Giustizia, l’edificazione della nuova Prefettura e l’attraversamento di tre nuove strade in asse con tre nuovi ponti. Si realizza un calcolato assetto simmetrico: l’est operaio con l’annessione di alcuni nuclei periferici tra cui Belleville e La Villette, e l’ovest borghese, con la periferia residenziale di alto livello (Les Batignolles, Anteuil). Le zone sono ben distinte ma strutturate in modo analogo e integrate rispettivamente dai grandi polmoni di verde del Bois de Vincennes e del Bois de Boulogne. Il tutto è circondato da una fascia “grigia” compresa tra il vecchio tracciato dei Fermiers Generaux e la nuova cinta di fortificazione di Thiers. Le facciate degli edifici vengono omogeneizzate attraverso nuovi standard in modo da programmare la qualità dell’effetto architettonico. Non mancano, tuttavia, innovazioni dal punto di vista compositivo. Su tutte, il superamento del classico disegno per ordini verticali, con il prevalere di linee di continuità orizzontali. Questo è dovuto alla mutata destinazione sociale degli alloggi che conduce ad una nuova definizione tipologica dell’isolato. Si affermano infatti i primi modelli di maison à loyèr (piano nobile destinato ai proprietari e piani superiori per l’affitto) e gli immeuble de rapport. L’immeuble de rapport prevede una parte basamentale, costituito da C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 12 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org piano terra e mezzanino, destinata a negozi o ad altre attività terziarie, l’elevazione (da otto a sei piani) destinata ad appartamenti d’affitto, coronata da un tetto a mansarda con alloggi generalmente destinati alla servitù. Il dimensionamento interno (delle corti e degli alloggi), l’ubicazione e i materiali impiegati sono sinonimo di diversificazione delle categorie sociali. Altre variabili distintive dell’isolato derivano dalla forma del lotto, più che dalla parcellizzazione della proprietà fondiaria. Nel suo impianto tipologico l’immeuble de rapport è ripetuto con reiterata analogia lungo il filo stradale e imprime un carattere unitario e riconoscibile al quartiere. Piano realizzato per sventramenti di matrice stellare, a croce e a tridente. I materiali usati per la realizzazione dell’immeuble de rapport, a seconda della categoria sociale a cui sono destinati, varia dall’autentica pietra da taglio alle imitazioni in intonaco trattato. Riqualificazione della forma urbana attraverso la percèe, l’apertura di una nuova strada attraverso il tessuto urbano esistente (rimodellamento del quartiere e non distruzione di esso). Da tale programma derivano le tre funzioni principali del piano: 1) politica urbana: evitare la crescita caotica della città; 2) politica economica: potenziamento della rendita fondiaria 3) politica militare: boulevard e nuovi standard per l’edificazione impediscono la realizzazione di barricate; i piazzali al culmine dei boulevard consentono la facile manovrabilità delle armi da fuoco a 360 gradiGiuseppe Dato (a cura di), L’Urbanistica di Haussmann: un modello impossibile?, Officina Edizioni, Roma, 1995 Benedetto Gravagnuolo, La Progettazione Urbana in Europa. 1750 1960, Editori Laterza, Roma – Bari, 1991“Nel bene e nel male, la trasformazione haussmanniana di Parigi resta un passaggio obbligato per comprendere il senso delle innovazioni introdotte nella seconda metà dell’Ottocento tanto nelle grandi strategie, quanto nelle piccole tattiche del disegno delle città. (…) Da più parti sono state evidenziate le ascendenze storiche dei patterns morfologici adottati da Haussmann nei tracciati viari – a “stella”, a “tridente” o a “croce”- ispirati alla Roma di Sisto V, alla Versailles di Le Nòtre e, in senso più lato, al culte de l’axe barocco. Da altri è stato sottolineato il carattere di continuità tra gli interventi del Prefetto della Senna e i processi di modificazione già in atto nella città-capitale, adducendo a riprova il prolungamento dell’asse di Rue de Rivoli (programmato fin dai primi anni delXIX secolo) e la rete di collegamento con le stazioni ferroviarie, le nuove “porte di Parigi”, opera di Rambuteau. (…) Alla logica degli embellissements, protesa verso interventi puntuali di riqualificazione dei tessuti urbani, e alla strategia della città - servizio, fondata sull’equilibrata diffusione delle pubbliche istituzioni, subentra la moderna idea di metropoli, intesa come macchina urbana in cui la rete infrastrutturale (delle strade e degli impianti) assume un’inedita preminenza gerarchica. L’architettura viene ferreamente subordinata al dominio del tracciato viario; gli stessi monumenti del passato, eletti a punti focali delle fughe prospettiche, sono ridotti in fin dei conti a isolati objets trouvès, riciclati come segnali visivi in un paesaggio metropolitano radicalmente rinnovato. L’ostilità di gran parte dei contemporanei verso il gran dèmolisseur, quale appare in prima fase Haussmann agli occhi della gente comune e talvolta anche alle intelligenze critiche più sensibili, è pertanto comprensibile come malinconia per lo sradicamento dei valori della città preindustriale e attaccamento alle immagini e alle cose di un tempo irrimediabilmente perduto. Ben presto tuttavia la diffidenza si rovescia nell’entusiasmo per le nouveau Paris. Al di là delle contrastanti reazioni emotive, resta un dato significativo da rilevare, il tracciato della metropoli haussmanniana è tutt’altro che indifferente alla preesistente struttura urbana, alla quale si sovrappone. Anzi, per molti versi il nucleo storico viene notevolmente potenziato come centro (politico, commerciale e sociale) del nuovo assetto urbano. (…) C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 13 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org Ma nei fatti l’obiettivo pienamente raggiunto dal piano haussmanniano è il potenziamento della rendita fondiaria come meccanismo trainante dell’espansione urbana e ciclo generatore di ricchezza autoindotta. (…) Nonostante che Haussmann non ponga la qualità estetica tra gli obiettivi primi del suo piano – e anzi lamenti l’assenza di grandi architetti all’interno dell’apparato burocratico – il manufatto urbano prodotto mostra caratteri di innegabile piacevolezza visiva. Protagonista del nuovo paesaggio metropolitano non è tanto il monumento, condensatore di valori estetici e simbolici, quanto piuttosto la “qualità diffusa”, si direbbe anzi la “monumentalità diffusa. La fisionomia stessa del quartiere haussmanniano è infatti indissolubilmente legata alla commistione delle funzioni residenziali e commerciali, non meno che alle piazze stellari e ai boulevards alberati. Tutto concorre alla messa in scena di un’ininterrotta e aulica narrazione urbanistica, animata dal flusso brulicante della folla e dal variopinto luccicare delle merci. (…) (…) questa esperienza si mostra come momento di transizione alla città liberistica contemporanea, dove tenderà sempre più a prevalere, talvolta sotto mentite spoglie ideologiche o culturali, il rifiuto alla sottomissione dell’edilizia privata ai piani predisposti dall’autorità pubblica.” [Gravagnuolo, 1991, pp. 23-25] 9.0. Ebenezer Howard e la garden city. Durante la seconda metà del XIX secolo vengono pubblicati in Inghilterra numerosi piani di città ideali. Inoltre alcuni industriali si impegnano nella costruzione di città-modello per gli operai delle loro industrie: tra queste Bourneville, fondata dal fabbricante di cioccolato G. Cadbury presso Birmingham, e Port Sunlight fondata da W. G. Lever presso Liverpool nel 1886 per un'industria di sapone. Queste esperienze e la tradizione utopistica della prima metà del secolo (in particolare Owen) sono le principali fonti di ispirazione del pensiero di Ebenezer Howard (1850-1928). Militante socialista dal 1879, emigra negli Stati Uniti a ventun anni, dove trova lavoro come stenografo a Chicago; una volta tornato in Inghilterra nel 1876 diviene impiegato del Tribunale di Londra. Egli resta particolarmente colpito dall'idea di cooperazione presente nel libro Looking backward: 2000-1887 di E. Bellamy. Nel 1898 egli illustra le sue teorie in Tomorrow, a paceful path to real reform, ripubblicato nel 1902 col titolo di Garden cities of tomorrow. Il termine "città-giardino" è antecedente alla formulazione del pensiero di Howard: con esso venivano indicati solitamente alcuni quartieri per le classi agiate (come Bedford Park costruito da Norman Shaw presso Londra, o il Vésinet vicino a Parigi) oppure per le classi operaie (le paternalistiche città-giardino operaie), ma queste periferie giardino non hanno nulla in comune con la città-giardino, pensata da Howard proprio in antitesi alle periferie ed ai sobborghi. Alla base del suo piano c'è l'idea che bisogna salvare la città dal congestionamento e la campagna dall'abbandono: la città-giardino da lui immaginata avrebbe unito i vantaggi della vita urbana ai piaceri della campagna. Howard non ha fiducia nelle grandi città, e pensa che queste debbano essere divise in piccole unità autonome ed autosufficienti. Scrive Lewis Mumford (che fu un entusiasta sostenitore delle teorie di Howard): Egli comprese che, una volta raggiunto l'optimum, una città non deve più aumentare ulteriormente in superficie e popolazione, ma inserirsi in un contesto più ampio che abbia i vantaggi del gran numero di persone e delle attrezzature su vasta scala. (da: L. Mumford, La città nella storia, p. 640) Howard non sottovaluta i vantaggi concessi dal progresso tecnologico: le industrie, ad esclusione di quelle chimiche o comunque inquinanti, trovano posto anche nella città-giardino. In questo modo il suo piano si differenzia dai precedenti (come il quadrilatero di Owen) in quanto, anche nei tentativi di realizzazione, la garden city non si ridurrà ad un semplice villaggio agricolo in cui una maggiore vivibilità è ottenuta grazie all'esclusione delle fabbriche. Inquinamento e sovraffollamento sono i principali problemi delle città inglesi nella seconda metà dell'Ottocento, e la città-giardino si propone di risolvere entrambi: secondo Howard la principale causa del congestionamento delle città è la speculazione privata che dà vita allo sfruttamento intensivo dei terreni. Inoltre la concentrazione degli interessi fa sì che la città cresca in modo illimitato. Senza la speculazione si potrebbero C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 14 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org interporre tra gli edifici vaste aree verdi, sparirebbe l'incentivo alla crescita smisurata delle città e si potrebbero porre dei limiti alle dimensioni dei centri urbani, in modo che la campagna sia sempre raggiungibile dalla città con una semplice passeggiata. Il piano di Howard prevede la costruzione di città nuove, autogovernate dagli stessi cittadini e non dipendenti da un singolo individuo o da un'industria. Le dimensioni di queste città devono essere limitate: 30.000 abitanti su una superficie di 1.000 acri destinati a nucleo urbano, e 2.000 abitanti nei 5.000 acri di terreno agricolo che circondano la città, formando la "cintura agricola". Superato questo numero di abitanti si dovranno costruire altre città in modo da formare una rete di garden cities tutte collegate tra loro con mezzi di comunicazione rapida. Città e campagna non devono essere in contrasto ma armonicamente collegate. «All'agglomerazione sostituiva una dispersione pianificata, alla concentrazione monopolistica il decentramento, alla disorganizzazione un'unità di tipo superiore» (L. Mumford, La città nella storia, p. 640) La fascia agricola è sufficientemente larga da rifornire la città di derrate fresche e prodotti caseari. Howard vuole che gli spostamenti siano ridotti il più possibile, in modo da evitare perdite di tempo nel tragitto dalla città alla campagna, dalla città alle industrie. Per poter realizzare il suo piano egli ritiene che non debba esserci alcuna forma di speculazione sul suolo: gli abitanti avrebbero pagato quindi una quota annuale per l'uso della terra e questo denaro sarebbe stato destinato alla comunità. Nel libro Howard non traccia disegni o illustrazioni fantasiose di come sarebbero state queste città, così come non si sofferma sui particolari architettonici; si limita all'essenziale, tracciando solo alcuni schemi e diagrammi. Nel libro sono presenti comunque anche alcuni riferimenti alla forma ideale che potrebbe assumere la garden city: a pianta radiocentrica, nel suo centro uno spazio circolare di circa 2,2 ettari è occupato da un giardino ben irrigato. Dal centro partono sei boulevards, ciascuno di 36 metri di larghezza, che dividono la città in sei quartieri. Intorno al giardino centrale è collocato il quartiere amministrativo con i grandi edifici pubblici: il municipio, i teatri, la biblioteca, i musei e le gallerie d'arte, l'ospedale. Il giardino centrale è circondato da una grande galleria chiamata "Palazzo di vetro", aperta sul parco; questo palazzo ha la funzione di punto d'incontro per gli abitanti della città-giardino: in esso si svolgono inoltre la maggior parte dei commerci Le abitazioni sono ripartite secondo cinque anelli, che avvolgono il quartiere residenziale. Le case sono per lo più costruite lungo cerchi concentrici e si affacciano sulle diverse avenues, o al bordo dei boulevards e delle strade che convergono verso la città. (da: E. Howard, Garden cities of tomorrow in M. Ragon, Storia dell'architettura e dell'urbanistica moderne, p. 23) Una ferrovia anulare circonda la città; l'uso dell'elettricità come forza motrice riduce al minimo l'inquinamento. Tutti questi aspetti non sono comunque fondamentali nell'economia della garden city: essa potrà svilupparsi anche in una forma diversa. I caratteri specifici di ogni città saranno determinati dalla regione, dal clima, dalla tecnologia disponibile. «Come scrittore e sognatore di nuove comunità, Howard è l'ultimo della lunga schiera di utopisti del XIX secolo; come statista e realizzatore, è, più che un profeta, il primo campione dell'urbanistica moderna» (B. Zevi, Storia dell'architettura moderna, p. 70). Howard, con un'intensa propaganda, riesce a diffondere le sue idee presso la popolazione. Nel 1902 viene fondata la Garden City Co.Ltd. per realizzare il suo piano; l'anno seguente comincia la costruzione della prima città-giardino, Letchworth, a circa cinquanta chilometri da Londra. Il piano viene tracciato da Raymond Unwin e Barry Parker, la rete stradale ed i servizi sono costruiti dalla società ed i terreni vengono ceduti in affitto per novantanove anni. La vita nella città è regolata minuziosamente: non solo è prescritto il rapporto tra case e giardini, ma la Società vieta di aprire negozi in locali di abitazione, obbliga a cambiare zona gli artigiani che volessero diventare piccoli industriali, limita il numero di professionisti in ogni quartiere in modo che ognuno abbia abbastanza clientela, vieta di aprire industrie fumose e puzzolenti. La città, prevista per 35.000 abitanti si popola molto lentamente: nel 1936 essa ha raggiunto solo 16.000 abitanti. Ciò non significa affatto che quest'esperienza si risolva in un C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 15 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org fallimento, in quanto nel 1917 Letchworth viene dichiarata città con un proprio consiglio comunale. Nel 1919, dopo la guerra mondiale, inizia invece la costruzione della seconda città-giardino, Welwyn situata tra Letchworth e Londra. La progettazione è affidata a Louis de Soissons, ma questa volta viene scelto un terreno più piccolo e viene ulteriormente ridotta la cintura agricola che già in Letchworth era stata dimezzata rispetto ai primi progetti. La città cresce più rapidamente rispetto a quanto non era avvenuto a Letchworth: Welwyn raggiunge 35.000 abitanti (ne erano previsti 50.000) prima della seconda guerra mondiale. Contrastanti sono le opinioni sulla validità delle iniziatie di Howard. Secondo L. Benevolo il successo di Welwyn si deve principalmente alla vicinanza con Londra, ed alla possibilità di soggiornarvi pur lavorando nella metropoli: L'autosufficienza prevista da Howard si dimostra non solo irrealizzabile, ma dannosa al successo della città-giardino. [...] Così la città-giardino si dimostra vitale, a differenza delle precedenti utopie, ma si riduce infine ad una città come le altre, soggetta all'attrazione della metropoli, di grandezza non stabile e con un ordinamento fondiario non dissimile da quello normale. Lo stesso può dirsi per gli abitanti. [...] Con l'andar del tempo e con l'aumento della popolazione le due comunità finiscono per somigliare sempre più a quelle dei soliti sobborghi di Londra, tanto che oggi sono formate prevalentemente da operai delle industrie che nel frattempo si sono stanziate nei dintorni. (da: L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, p. 496) Diversa invece è l'opinione di S. E. Rasmussen e di B. Zevi: Per la prima volta nell'era moderna, sono state costruite in luoghi senza insediamenti preesistenti, come era avvenuto nel Medioevo, due nuove città indipendenti e autonome. Queste città-giardino non sono tuttavia una sorta di mostra permanente all'aperto di città-modello, ma reali comunità urbane con industrie grandi e piccole e il giusto grado di vita sociale per gli abitanti. (da: S. E. Rasmussen, Architetture e città, p. 196) Letchworth e Welwyn sono fiorenti e sane cittadine agricole e industriali, hanno raggiunto il punto di incontro tra le due opposte teorie "la campagna alla città" e "la città alla campagna" [...]. (da: B. Zevi, Storia dell'architettura moderna, p. 72) Il movimento delle città-giardino ha larga influenza in Europa: nei primi anni del XX secolo un gran numero di sobborghi delle principali città europee prende la forma di città-giardino. Tra questi Hampstead presso Londra (1907), Floreal e Logis nella periferia di Bruxelles (1921), Monte Sacro a Roma (1920), Radburn presso New York (1928). In questi casi però, scrive L. Benevolo, «il termine di città-giardino si deve intendere con le limitazioni che si sono viste: non città ma quartiere satellite di una città, dotato di un favorevole rapporto tra edifici ed aree verdi» (L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, p. 496). Indubbiamente queste realizzazioni sono molto lontane dall'idea originaria di Howard; della città-giardino viene considerato solo il "giardino", ma vengono tralasciati tutti gli altri componenti che conferivano validità al pensiero del suo ideatore. Tra questi in particolare l'autosufficienza che faceva della garden city una città autonoma, un'antiperiferia, e non un sobborgo gravitante intorno ad una congestionata città industriale. I princìpi che sono alla base della città-giardino avranno una grande influenza nel Novecento: con questi venne a contatto Le Corbusier ma, soprattutto, essi furono alla base dell'esperienza delle New Towns inglesi nel secondo dopoguerra, che affonda le sue radici proprio nel pensiero di Howard. 10.0. La ciudad lineal di Arturo Soria. Arturo Soria y Mata (1844-1920) è un ingegnere spagnolo di poco più anziano di Howard. Inizialmente impegnato in politica, in un secondo momento si concentra sugli studi tecnici e su numerose iniziative industriali. Profondamente interessato ai problemi della circolazione urbana, nel 1875 crea a Madrid la prima linea di tram a cavalli Fra le proposte teoriche assume particolare interesse quella sulla ciudad lineal (città lineare), pubblicata nel 1882 nel giornale madrileno El Progreso. Fortemente critico verso la congestionata città tradizionale, sviluppata concentricamente intorno ad un centro, Soria y Mata propone come alternativa un nastro di limitata larghezza ma di lunghezza indefinita, percorso da una o più ferrovie lungo l'asse. La strada centrale dovrà essere larga 40 metri, alberata e percorsa nel centro da una ferrovia C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 16 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org elettrica (ferrocarril); le traverse saranno lunghe circa 200 metri e larghe 20. Gli edifici potranno coprire solo un quinto del terreno. Soria y Mata immagina una città estensiva di villini isolati: nel lotto minimo di 400 metri quadri, solo 80 saranno per l'alloggio, il rimanente per il giardino. In questo modo pensa di risolvere tutti i problemi dell'urbanistica che, come dice lui stesso, «derivano dal problema della circolazione». Egli arriva alla conclusione, così come Howard, che la forma più logica per una città è quella dove si spreca meno tempo possibile negli spostamenti: questo scopo è raggiunto grazie alla larga strada centrale, che consente un traffico fluido e scorrevole, e dalla ferrovia elettrica. Inoltre la città-lineare ha il vantaggio di non essere limitata come la garden city, ma di potersi sviluppare dinamicamente. Pur tuttavia la città lineare presentava lo svantaggio di non avere alcun vero centro e di essere caratterizzata da una grande monotonia, derivante dallo sviluppo meccanico e non organico. (da: M. Ragon, Storia dell'architettura e dell'urbanistica moderne, p.35) Nell'ultimo decennio dell'Ottocento, Soria y Mata tenta di tradurre in pratica il suo modello, progettando una città lineare a ferro di cavallo a sud-est di Madrid, lunga 58 chilometri. La costruzione della linea ferroviaria su cui si doveva basare la città inizia nel 1890. Soria y Mata ritiene che l'iniziativa debba restare in mano privata e che non ci debba essere nessun controllo pubblico; questo aumeta però le difficoltà di realizzazione, impedendo il ricorso all'esproprio dei terreni. Alla fine Soria y Mata riesce a realizzare circa un quarto del ferro di cavallo, ma l'aver lasciato ai privati libertà d'iniziativa fa perdere alla ciudad lineal i caratteri di regolarità previsti in linea teorica In seguito, la città viene inglobata nella periferia di Madrid, perdendo quasi del tutto i suoi caratteri originali. L'idea di Soria y Mata viene ripresa intorno al 1930 in URSS, dove il suolo era stato nazionalizzato: il suo piano per la città-lineare, che in verità è piuttosto semplicistico, è alla base del piano urbanistico per Stalingrado. La città, che si estende per 65 chilometri lungo il Volga è costituita da sei fasce parallele: fiume, parchi, residenze, circolazione, zona verde, ferrovia. Anche Le Corbusier, nel piano per Saint-Dié, riprese l'idea della città lineare, sviluppata però lungo un'arteria autostradale. 11.0. La città futurista. Una visione della "città futurista", città utopica, città di desiderio, appare già nella prima pagina del manifesto di Marinetti, pubblicato su Le Figaro a Parigi il 20 febbraio 1909: Avevamo vegliato tutta la notte (...) discutendo davanti ai confini estremi della logica e annerendo molta carta di frenetiche scritture. (...) Soli coi fuochisti che s'agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nella pance arroventate delle locomotive lanciate a pazza corsa, soli cogli ubriachi annaspanti, con un incerto batter d'ali, lungo i muri della città. Sussultammo a un tratto, all'udire il rumore formidabile degli enormi tramvai a due piani, che passano sobbalzando, risplendenti di luci multicolori, come i villaggi in festa che il Po straripato squassa e sradica d'improvviso, per trascinarli fino al mare, sulle cascate e attraverso gorghi di un diluvio. Poi il silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l'estenuato borbottio di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell'ossa dei palazzi moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire sotto le finestre gli automobili famelici. Il tema della città viene sviluppato molto presto dai futuristi: essa è infatti il luogo privilegiato della modernità che, con la sua forza travolgente, sembra ormai a portata di mano; è il luogo in cui si incarna il futuro, la velocità il movimento. Il paesaggio urbano appare sconquassato dalle luci, dai tramvai, dai rumori, che ne moltiplicano i punti di visione. La Città Nuova deve nascere e crescere contemporaneamente alla nuova ideologia del movimento e della macchina, non avendo più nulla della staticità del paesaggio urbano tradizionale. La visione della città appare violenta in due opere di Umberto Boccioni (autore anche di un Manifesto dell'Architettura Futurista) del 1911, La città che sale e La strada entra nella casa: angoli che si intersecano, forme concentriche, piani tagliati, sono l'immagine del vortice della metropoli moderna. Il senso del movimento e della velocità, contro quello del monumentale e del pesante, viene ripreso nel manifesto di Sant'Elia C:\Documents and Settings\admin\Desktop\sito_scanzo\testi\IV_arte\urbanistica_XVIII_XX.doc 17 © e ® 2004, http://www.scanzo.altervista.org (firmato 11 luglio 1914, pubblicato in Lacerba, 1 agosto 1914): Noi dobbiamo inventare e rifabbricare la città futurista simile a un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile a una macchina gigantesca. La nuova metropoli sorge solo sulle carte lasciate da Sant'Elia: città dalle gigantesche interconnessioni tra un edificio e l'altro, spinti verso l'alto da un ascensionale verticalismo. A partire dal 1914 fioriscono le proposte progettuali che si sostituiscono alla visione percettiva e sensitiva dell'inizio. Il carattere visionario delle proposte futuriste, non deve far passare in secondo piano il loro forte radicamento al presente; lo stimolo alla produzione architettonica arriva indubbiamente dai modelli d'oltreoceano: New York che viene illustrata dai giornali come un trionfo del futuribile. Allo stesso tempo la città futurista si presenta come il primo modello in assoluto di città delle macchine. I futuristi comprendono il ruolo e l'importanza che il movimento, i trasporti, la velocità stanno per assumere nel contesto cittadino. Lo prevedono e ne ipotizzano gli sviluppi. Oggi non ci sorprendiamo a vedere i progetti futuristi, che potrebbero facilmente essere considerati come a noi contemporanei; proposti negli anni Dieci del Novecento essi furono tanto rivoluzionari da essere considerati dal pubblico solo per il loro aspetto utopico e visionario. Eppure hanno dimostrato di essere, di lì a qualche anno, incredibilmente realistici. Tony Garnier, che pubblicò il progetto della sua cité industrielle nel 1917, quando ormai lo slancio rivoluzionario del movimento futurista era stato duramente messo alla prova dalla tragedia della Grande Guerra, aveva pensato di accorciare le distanza all'interno della città con l'uso del tram; l'avvento e la diffusione dell'automobile, immaginati dai futuristi, non erano ancora stati concepiti. Oltre che nella pittura uno splendido scorcio di città reale ci viene dato da Aldo Palazzeschi. Il nuovo paesaggio così poco naturale e tanto modificato dall'intervento umano e dalla presenza ingombrante delle sue orme viene descritto nella poesia La passeggiata. Dovunque il poeta guardi solo insegne, cartelloni pubblicitari, numeri civici, cioè solo palazzi, edifici, mura e che impediscono un contatto con l'ambiente naturale. La poesia ci dà una città di giornali, negozi, pubblicità. Compaiono qui i principali caratteri della poesia di Palazzeschi: contro un mondo poetico divenuto ormai convenzionale egli afferma il suo rifiuto ponendosi come tema il nulla, il divertimento, l'ironia: la sua poesia appare quasi un gioco senza senso, ed è basata sull'invenzione e su atmosfere fiabesche. Palazzeschi rifiuta di assumere il ruolo di poeta-vate, e si oppone ai falsi miti della poesia impegnata nella difesa dei miti tradizionali e del perbenismo borghese (Lasciatemi divertire). La poesia viene svuotata e ridotta a cantilena, ridicolizzando tutti i canoni tradizionali della produzione poetica del tempo fissi. L'adesione alla poetica futurista si ha con le "parole in libertà", cioè associate senza una costruzione sintattica definita, e con l'utilizzo dell'analogia. 12. 0. Bibliografia. . Enciclopedia universale dell'Arte, vol. XIV, Istituto per la collaborazione culturale, Venezia-Roma, 1967. Leonardo Benevolo, Storia dell'architettura moderna, Laterza, Bari, 1966. 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