EDIZIONE 2015/2016
AGRICOLTURA, ALIMENTAZIONE E SOSTENIBILITA'
Manuale operativo per la discussione
informata
Alberto Chiari
Documento di livello: A Indice
Introduzione ............................................................................................................................................................................... 2
Gli strumenti per la democrazia deliberativa :........................................................................................................... 3
Citizens Jury e plannungzelle........................................................................................................................................ 3
Deliberative poll................................................................................................................................................................... 6
Consensus Conference ................................................................................................................................................... 8
Il Bilancio partecipativo.................................................................................................................................................... 9
Il Town meeting ................................................................................................................................................................... 9
Il metodo scelto per Scienza Attiva e il ruolo del facilitatore ........................................................................... 12
La metodologia................................................................................................................................................................. 12
Il ruolo del facilitatore nel progetto Scienza Attiva ............................................................................................... 12
Come è strutturata la Discussione Informata di Scienza Attiva .............................................................. 12
Cosa avviene nella discussione...................................................................................................................................... 13
Il ruolo del facilitatore di classe ..................................................................................................................................... 14
I momenti informativi con gli esperti........................................................................................................................... 14
Come si facilita la discussione ....................................................................................................................................... 14
Cosa deve fare il facilitatore ...................................................................................................................................... 15
Quale stile di conduzione deve adottare il facilitatore ................................................................................... 15
Suggerimenti pratici ........................................................................................................................................................... 17
Come partire: il discorso introduttivo .................................................................................................................... 17
Come si svolge la discussione .................................................................................................................................. 17
Come gestire la discussione...................................................................................................................................... 18
Come selezionare le domande per gli esperti ................................................................................................... 19
Domande frequenti poste dai facilitatori (Frequently Asked Questions) ................................................... 19
Per chi vuole saperne di più ............................................................................................................................................ 22
2
Introduzione
Il progetto Scienza Attiva per la realizzazione del percorso di riflessione e discussione dei
temi scientifici proposti ha deciso di adottare una metodologia innovativa utilizzando gli strumenti
della democrazia deliberativa. Spiegare cosa si intende con il termine democrazia deliberativa
richiederebbe un trattato a parte ed esula delle finalità del progetto. Però, senza approfondire i
meccanismi sociali e le dinamiche che tale teoria propone, è opportuno comprendere dal punto
di vista applicativo cosa significa “deliberare”. Per questo proponiamo nella prima parte del
presente handbook un breve viaggio tra i metodi maggiormente diffusi che mettono in pratica la
teoria. Sono le procedure per far sì che i cittadini possano decidere confrontandosi in un
dibattito, nel quale l’informazione sia ponderata e si possa far emergere l’argomentazione
migliore: citizens jury, plaunungzelle (planning cell), consensus conference, deliberative poll ,
bilancio partecipativo, town meeting. Tutti questi metodi hanno una peculiarità in comune: il ruolo
dell’informazione tecnico/scientifica.
Nella seconda parte del manuale presentiamo le regole pratiche per la conduzione della
Discussione Informata su cui si basa la metodologia di Scienza Attiva; inoltre proviamo a dare
delle semplici regole alle quali i docenti e i partecipanti devono attenersi per la buona riuscita del
percorso progettuale.
1
Spesso sotto il nome generico di citizen panel si fa riferimento ad uno dei seguenti metodi: citizens jury,
plannungzelle, consensus conference, deliberative poll,
1
2
Gli strumenti per la democrazia deliberativa2:
citizens jury, planning cell, deliberative poll, consensus conference, bilancio partecipativo, town
meeting.
Citizens Jury e plannungzelle
Le prime esperienze concrete di discussione partecipata possono essere individuate a
partire dagli anni ’70. Più o meno nello stesso periodo negli Stati Uniti e in Germania viene messo
a punto un metodo altamente strutturato molto simile. Negli USA prenderà il nome di citizens
jury in Germania quello di planungzelle (planning cell). Lo strumento “giuria dei cittadini”, come
quasi tutti i metodi per i processi deliberativi è altamente strutturato. Sia la versione americana
sviluppata dal Jefferson Centrer di Minneapolis ad opera di Ned Crosby sia quella europea
(plannungszelle) elaborata, sempre negli anni settanta, da Peter Dienel dell’Università di
Wuppertal definiscono un processo che deve rispettare tutta una serie di presupposti e di
procedure di svolgimento ben precise. La struttura e le condizioni fondamentali per la
realizzazione di una citizens jury sono riassunte nella tabella 1 e sintetizzano gli elementi fondanti
l’intero processo.
Tabella 1 - Struttura e condizioni delle giurie di cittadini e plannungzelle
Struttura
Composizione
Condizioni
Selezione casuale di cittadini comuni
Coinvolgimento di stakeholders e amministratori come testimoni
Coinvolgimento di persone competenti nella questione in campo in qualità di esperti per
veicolare conoscenza tecnica
Funzione
Esplorazione e valutazione delle differenti opzioni in base ai valori personali e preferenze;
individuazione attraverso scambi dialogici di una soluzione condivisa
Modalità
Incontri full-time per alcuni giorni, durante i quali i partecipanti ricevono informazioni e discutono
operative
sulle probabili conseguenze di ciascuna opzione
Introduzione di incertezza e dissenso attraverso la presentazione di tutti i punti di vista
Ruolo dei
Riconoscimento dei partecipanti come consulenti di “valore”; necessità di un facilitatore esterno
partecipanti
e neutrale
Organizzatori
Pagamento dei gettoni di presenza, costituzione di un comitato per gestire i rapporti con il
facilitatore, partecipanti, testimoni ed esperti
Fonte: nostra elaborazione da schema di Dienel e Renn (1995)
Il nome, fortemente evocativo, assegnato al metodo della citizens jury dal suo inventore
Ned Crosby, aiuta subito a comprendere come sia organizzata una giuria di cittadini. Pensata sul
modello della giuria del processo penale statunitense, vede al posto dell’imputato un problema
più o meno conosciuto presente nell’agenda pubblica e un gruppo di cittadini (massimo 25) selezionati tra la popolazione in modo da rispecchiare l’eterogeneità socio-demografica impegnati nel dare un “giudizio”. I partecipanti (giurati), dopo una prima fase informativa in cui
ricevono da specialisti (tecnici ed esperti del problema) e testimoni (gruppi d’interesse coinvolti
nell’argomento che portano il loro punto di vista) dati e opinioni, dibattono per il resto del tempo
cercando di individuare una soluzione al problema il più possibile condivisa. Tale soluzione verrà
poi affidata ai decisori pubblici (l’amministrazione di competenza): non si parla quindi di verdetto,
ma solo di raccomandazioni finali. Al termine del percorso (e spesso anche all’inizio) viene chiesta
ai giurati attraverso un breve questionario una valutazione dell’evento.
Sia la fase informativa che quella di discussione sono coordinate da un soggetto,
denominato facilitatore, che ha il compito di aiutare la comunicazione interpersonale tra i
partecipanti e scandire i tempi organizzativi. Prima della realizzazione della giuria occorre una
serie di fasi preparatorie svolte dal soggetto che promuove l’iniziativa insieme agli stakeholder
collegati alla tematica prescelta.
2
3
2
Il manuale del Jefferson Center prevede un arco temporale di 4/5 giorni al massimo.
3
Stakeholder: detentore di interessi collegati ad una certa questione in discussione.
3
Foto 1: un momento della giuria di cittadini svoltasi a Torino nell’anno 2006 per affrontare il problema
dell’inquinamento da traffico urbano
Le fasi preparatorie sono di vitale importanza per la legittimazione e l’imparzialità del
processo deliberativo. Infatti, il gruppo degli stakeholder deve prendere decisioni molto delicate,
come i criteri per la selezione dei cittadini, quanti e quali esperti e testimoni proporre ai giurati,
individuare la persone per la facilitazione. L’intero processo, dalla sua progettazione fino alla sua
realizzazione e conclusione, richiede un arco temporale di circa un anno e una spesa variabile
compresa tra i cinquemila e quindicimila euro, a seconda del numero delle persone coinvolte, del
numero di giornate di discussione e se viene realizzato in modo residenziale o meno. Tra le
dimensioni sopra descritte ve ne sono alcune maggiormente caratterizzanti lo strumento giuria,
soprattutto in termini di qualità. Alcuni elementi influiscono in modo più diretto e significativo sulla
qualità del processo e del suo prodotto. Particolare rilievo assume il ruolo del facilitatore, il
campionamento dei cittadini.
Tornando alla panoramica degli strumenti, ricordiamo che le giurie dei cittadini si sono
diffuse rapidamente oltre i confini degli Usa: ad oggi si contano diverse esperienze in molti Paesi
(Regno Unito, Canada, Australia, India, Irlanda, Olanda, Austria). I temi trattati dalle giurie sono
eterogenei sia per argomenti trattati sia per magnitudo delle problematiche coinvolte. Sono state
organizzate giurie su tematiche ambientali, elettorali, genetiche, sulle nanotecnologie ecc. (vedi
tab. 2).
Tabella 2 – Principali tematiche trattate da giurie di cittadini
Tematica
Ambiente
Traffico/ mobilità
Nanotecnologie
Fisco e bilancio
Scuola e Sanità
Urbanistica
Scelte elettorali
Luogo di svolgimento
USA, UK, Australia, India, Italia,
Austria
UK
USA
USA, UK
Usa, UK
USA, Canada
Fonte: nostra elaborazione
4
N° di giurie svolte
14
1
4
10
4
6
Le plannungzelle, come abbiamo già detto, sono uno strumento simile alla citizens jury sia per
numero di partecipanti sia per struttura organizzativa. Viene proposto come metodo di
democrazia deliberativa negli anni ’70 dall’Istituto per la partecipazione civica dell’Università di
Wuppertal. Inizialmente sono pensate come nuovo metodo specifico per la risoluzione dei
problemi di pianificazione territoriale e urbanistica. Il metodo si è diffuso oltre i confini tedeschi:
ad oggi si contano esperienze di planning cell in Spagna, Olanda, Francia. Gli elementi portanti del
processo sono il campione di cittadini estratti dalla popolazione (anche qui circa 25 persone), il
facilitatore, il gruppo di esperti. Anche il periodo di tempo per la deliberazione è simile a quello
della giuria di cittadini come è analogo l’output del processo: raccomandazioni per
l’amministrazione giuridicamente competente ad intervenire sul problema discusso. A differenza
della giuria di cittadini il metodo è stato applicato finora principalmente in questioni di
pianificazione.
Tabella 3: Gli scenari su cui hanno discusso le giurie di cittadini Piemontesi (2006/2007)
Torino
Alessandria
Vercelli
Scenario attuale
(Targhe alterne per 2 giorni
infrasettimanali)
Isole pulite
Pago solo quando inquino
Cosa posso fare io come
cittadino
Pagamento pedaggio
Targhe alterne tutta la
settimana
Basso Impatto
(Trasformazione dei veicoli a
benzina in gpl)
Rinuncio al mezzo inquinante
Motori puliti
Investo per non inquinare
Condivisione del mezzo privato
Incremento parco circolante
autobus
Zone 30
Installazione dei filtri
antiparticolato su autobus
obsoleti
Dove può investire
l’amministrazione
Sistemi telematici di trasporto
– trasporto pubblico collettivo
a chiamata
Autobus a chiamata e taxi
collettivo
Ripartizione
(Suddivisione del piano
stradale in zone riservate a:
pedoni, auto, mezzi pubblici)
Percorsi protetti
Pedaggio
Parcheggi interscambio
Condivisione del mezzo privato
Altre eventuali
Logistica urbana
Fonte: Podestà Chiari (2008)
Molte delle applicazioni concrete di giurie di cittadini o plannungzelle hanno comportato un
uso eterodosso del metodo base, al quale sono state apportate modifiche anche sostanziali. Per
esempio, in Spagna le giurie hanno assunto anche denominazioni differenti come Nucleos de
Intervencion Partecipativa o Consejos Ciudadanos. La differenza più vistosa rispetto al metodo
originario è costituita dalla formazione di più gruppi di lavoro che affrontano lo stesso problema
arrivando così a coinvolgere fino a trecento partecipanti. La versione spagnola della giuria,
attraverso un numero maggiore di partecipanti e la scelta di problematiche locali, tende ad
ovviare a una delle critiche spesso rivolta alle giurie: la non rappresentatività del campione
selezionato per il processo deliberativo. In Italia finora si contano solo 4 casi di giurie di cittadini,
tutte organizzate da gruppi di ricerca universitari in modo sperimentale.
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Deliberative poll
Il metodo del deliberative poll è stato messo a punto e brevettato da James Fishkin
dell’Università del Texas negli anni ’90. Sostanzialmente si tratta di un metodo di rilevazione
dell’opinione pubblica “informata”. Proprio nella componente dell’informazione si trova la
differenza principale con il sondaggio tradizionale. Il deliberative poll, che in Italia ha assunto nomi
differenti (sondaggio deliberativo o consultazione dei cittadini), vuole essere un sondaggio
informato.
Nel sondaggio tradizionale può capitare spesso che le persone contattate circa un
argomento diano anche un’opinione su temi che conoscono in maniera superficiale o che
addirittura ignorano (Fishkin, 1995). Ciò avviene perché, per alcune persone, può essere
socialmente meno costoso dare una risposta a caso piuttosto che rispondere “non so”, come
sanno bene i ricercatori sociali. Quindi sovente l’opinione raccolta con il sondaggio rischia di
essere inquinata “dell’emotività del momento, non c’è riflessione, non c’è informazione e,
soprattutto, manca il momento deliberativo” (Bonanni, Penco, 2006) attraverso il quale
l’individuo riesce a elaborare un’opinione più profonda e collegata ai suoi principi e valori
interiorizzati.
Foto 2: la discussione ai tavoli del Dp che affrontava due temi in successione: voto agli immigrati e linea Torino Lione
(foto da sito di Avventura Urbana)
L’obiettivo del deliberative poll è quello di ottenere da un gruppo di cittadini
rappresentativo una opinione ragionata. L’output, a differenza delle giurie, non è una
raccomandazione finale benché il metodo possa prevedere che i partecipanti durante la
deliberazione debbano effettuare delle scelte. Qui il risultato finale è costituito dalle opinioni
espresse dai partecipanti attraverso un questionario somministrato al termine dell’evento.
In sintesi, il processo della consultazione dei cittadini prevede un numero elevato di
partecipanti (anche fino a 400 persone) che in piccoli gruppi, coordinati ciascuno da un
facilitatore, discutono tra loro su un determinato argomento ricevendo solo in un secondo
momento informazioni specialistiche sulla tematica trattata da parte di esperti e politici. In
questo modo si cerca di dare maggior spazio alla discussione dei partecipanti. Il processo è
organizzato solitamente sull’arco temporale di un paio di giorni.
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Tabella 4 – Casi di deliberative poll
Misure per fronteggiare la criminalità
Ingresso del Regno Unito nella UE
Ruolo della monarchia nel Regno Unito
Tematiche di tassazione, istruzione, welfare
Elezioni politiche nazionali del 1997
Riforma della Costituzione australiana in senso
repubblicano
Ingresso della Danimarca nella moneta unica
europea
Riconciliazione con le popolazioni aborigene in
Australia
Cooperazione economica regionale: spartizione
degli introiti da attività produttive
Nuova linea ferroviaria Torino Lione /diritto al voto
agli immigrati
UK
UK
UK
Usa
UK
Australia
1994
1995
1996
1996
1997
1999
Danimarca
2000
Australia
2001
Usa
2002
Italia
2007
Fonte: nostra elaborazione da dati Bonanni Penco (2006)
Dalla tabella 4 si può osservare come le problematiche affrontate con il metodo
Deliberative poll non sono locali ma di magnitudo nazionale; una ragione di ciò va ricercata
innanzitutto nei costi dello strumento (tra i cinquantamila e i centomila euro a seconda del
numero dei partecipanti e del numero di giornate) che rendono difficile per una piccola
amministrazione locale realizzare il processo. Inoltre, il campionamento dei partecipanti in una
piccola comunità risulterebbe difficoltoso date le cadute di adesione che normalmente si
riscontrano in tutti i metodi visti finora (anche del 90%), nonostante venga consegnato un
gettone di presenza a chi accetta di aderire all’iniziativa. Gli elementi portanti del metodo sono il
gruppo di cittadini, selezionato secondo criteri di rappresentatività, gli specialisti/testimoni, i
facilitatori e il comitato promotore. Come si può notare sono le stesse componenti viste per la
giuria dei cittadini; quello che cambia, oltre al numero dei partecipanti, è l’organizzazione degli
eventi.
Prima ancora del giorno d’inizio del processo viene chiesto ai partecipanti di compilare un
questionario iniziale allo scopo di rilevare la loro opinione sull’argomento poi dibattuto. Solo
successivamente viene recapitato loro un breve opuscolo (denominato materiale informativo)
contenente una breve descrizione del problema. Il processo poi ha inizio con la discussione in
piccoli gruppi (circa 15 persone per tavolo). Il dibattito è guidato da un facilitatore che similmente
a quanto avviene nelle giurie ha il compito di coordinare lo scambio d’opinioni facendo sì che i
partecipanti si ascoltino l’un l’altro e mantenere la discussione entro le regole di una
conversazione civile. L’obiettivo della discussione di ciascun tavolo, a differenza delle giurie, è
quello di formulare una o due domande da sottoporre agli specialisti e ai testimoni nella fase
d’informazione che è svolta unicamente attraverso le domande sorte dalla discussione dei
cittadini. Dopo questo momento plenario in cui gli specialisti e i testimoni rispondono alle
domande si ritorna a discutere a piccoli gruppi sull’argomento. Al termine del processo viene
chiesto ai partecipanti di rispondere ad un nuovo questionario che in parte ripropone le stesse
domande iniziali in modo da rilevare non solo l’opinione informata ma anche un eventuale
cambiamento di opinione a seguito della deliberazione. In Italia, per ora, si conta un’unica
esperienza di Deliberative poll, organizzata dall’Università di Siena in collaborazione con
l’Università di Torino, allo scopo di raccogliere simultaneamente l’opinione dei cittadini circa due
spinose tematiche: la realizzazione di una nuova linea ferroviaria Torino Lione e la possibilità di
dare il diritto di voto agli immigrati.
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Consensus Conference
La procedura è applicata per la prima volta nel 1987 in Danimarca dal Danish Board of
Technology per discutere su problemi di gestione tecnologica. Il metodo prende ispirazione dai
meeting, in uso negli Usa, tra esperti di differenti discipline per lo scambio d’informazioni. Ad oggi
si contano diverse applicazioni del metodo anche in molti altri Paesi europei: Olanda, Svizzera,
Norvegia, Francia. Anche oltre oceano le consensus conference (CC) sono state utilizzate in
diversi Paesi: Canada, Australia, Giappone, Korea, Israele.
Nel processo delle consensus conference, oltre ai cittadini partecipanti, anche gli esperti
hanno un ruolo di particolare rilevanza. La procedura prevede i seguenti soggetti: il soggetto
organizzatore dell’evento; un comitato consultivo che comprende i facilitatori, i politici, gli esperti, i
testimoni (gruppi di interesse), e altri stakeholder; il gruppo di cittadini (circa 15 persone estratte
dalla popolazione in modo da essere socio-demograficamente eterogenee); il gruppo degli esperti
che informeranno i partecipanti circa i pro e i contro delle possibili soluzioni al problema; una
platea di cittadini che può assistere nei giorni conclusivi del processo. Anche qui, come per le
giurie e i deliberative poll, assume un ruolo cruciale il facilitatore, cioè la persona incaricata di
mettere a proprio agio i partecipanti alla conferenza. Deve, inoltre, evitare che alcuni membri
prendano il sopravvento nella discussione senza però diventare protagonista dell’evento.
Il processo delle CC ha inizio con la selezione dei partecipanti che può avvenire con il
metodo della porta aperta: mediante annunci sui mass-media si invita a partecipare, poi con una
seconda selezione si individuano i soggetti con le caratteristiche socio-demografiche richieste.
Oppure, la selezione può avvenire con il metodo usato per i campionamenti statistici: tramite inviti
(telefonici e via e-mail) si contattano dei cittadini; dall’insieme di cittadini disponibili si estrarranno
quelli che hanno le caratteristiche tali da rispecchiare l’eterogeneità della popolazione di
riferimento (età, genere, livello d’istruzione, posizione occupazionale, quartiere d’abitazione, ecc.).
I nominativi dei cittadini selezionati vengono tenuti segreti fino all’inizio del processo deliberativo in
modo da evitare intromissioni da parte di gruppi d’interesse o altri che potrebbero perturbare
l’opinione dei prescelti.
Rispetto ai procedimenti già descritti, questo metodo prevede che la scelta degli esperti
che esporranno i pro e i contro venga fatta dal gruppo di cittadini chiamati a decidere. I
partecipanti, non in modo diretto, ma attraverso l’individuazione di una serie di quesiti da
sottoporre agli specialisti, delineano i profili degli esperti da chiamare. Sarà poi compito del
soggetto organizzatore contattare specialisti con tali competenze.
Il metodo della consensus conference si articola in diverse fasi. La prima vede la
costituzione del comitato consultivo formato dagli stakeholder collegati alla tematica prescelta.
Come per la giuria dei cittadini, la presenza di tutti gli stakeholder nel comitato, che ricordiamo
sovrintende a diverse e delicate scelte organizzative, è ciò che garantisce la legittimità del
procedimento agli occhi dell’opinione pubblica e degli stessi policy maker. Successivamente, nella
seconda fase, i partecipanti sono chiamati a riunirsi e acquisire le informazioni necessarie per
dibattere il problema (solitamente per la durata di un fine settimana): il primo incontro è utilizzato
anche per armonizzare le competenze all’interno del gruppo, che come abbiamo detto è
volutamente eterogeneo, cercando di ridurre le disparità di conoscenza non solo sulle questioni
tecniche ma anche sul metodo deliberativo utilizzato. Sempre durante il primo weekend-meeting
il gruppo è chiamato a formulare delle domande a cui poi gli esperti prescelti risponderanno. I
partecipanti sono invitati a predisporre domande non solo tecniche fattuali, ma anche richieste di
opinioni personali da parte dei vari specialisti. A un mese circa dalla conferenza finale, si svolge il
secondo weekend-meeting preparatorio, durante il quale il gruppo di cittadini riceve ulteriori
informazioni, più specifiche e collegate alla formazione della propria opinione. Inoltre, i
partecipanti, senza proporne il nominativo, delineano le caratteristiche che dovranno avere gli
esperti che saranno chiamati alla conferenza finale. Così, dopo circa trenta giorni dal secondo
weekend-meeting formativo, si arriva alla fase finale che può durare tra i due e i quattro giorni.
Alla conferenza finale è ammessa ad assistere una platea pubblica.
La prima giornata è solitamente dedicata ad una breve introduzione degli esperti e allo
spazio per le risposte alle domande formulate nella fase precedente. Si chiude con una riunione
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del gruppo di cittadini che valuta quali sono state le risposte esaurienti e se rimangono questioni
insolute. I giorni successivi, dopo l’eventuale spazio per le domande aggiuntive, si apre il dibattito
a cui può partecipare il pubblico, sempre coordinato dal facilitatore. Conclusa la fase di
discussione, il gruppo si riunisce a porte chiuse per elaborare un rapporto finale; anche in questo
momento i partecipanti sono coadiuvati dal facilitatore. Il processo deliberativo si conclude con la
lettura del rapporto finale alla presenza del pubblico e dei mass media. Come per le giurie,
anche in questo caso al termine dell’evento si chiede una valutazione del percorso ai partecipanti
tramite interviste o questionari. Il metodo della CC, sia dal punto di vista dell’impegno di tempo sia
dal punto di vista economico, è del tutto simile a quanto detto per la citizens jury: circa un anno di
tempo dall’inizio con la ricerca degli stakeholder da invitare a far parte del comitato consultivo e
una spesa che varia dai settemila ai ventimila euro a seconda del numero di specialisti chiamati e
delle giornate complessive (ai partecipanti viene riconosciuto un gettone di presenza giornaliero).
Il Bilancio partecipativo
A differenza dei metodi visti finora il bilancio partecipativo (Bp) è un processo che non
prevede la selezione di un campione di cittadini, ma utilizza il metodo della porta aperta: ai
dibattiti in cui si articola il processo possono partecipare tutti. L’output del Bp è la definizione del
piano annuale di spesa di un’unità amministrativa locale. In pratica viene discusso verso quali
servizi e strutture destinare i fondi a disposizione. Solitamente solo una parte del bilancio
comunale viene messo in discussione. Il metodo nasce dall’esperienza brasiliana di Porto Alegre,
che adotta questo strumento dall’anno 1989. Molti altri Paesi hanno poi utilizzato il
procedimento; ad oggi si contano numerose esperienze oltre che in America latina anche in
Europa e in America del nord: Germania, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Italia, Canada sono
solo alcuni esempi.
Essendo un metodo molto sperimentato, il Bp ha già dato vita a diverse varianti di
procedura: in generale, possiamo dire che si basa su degli incontri, spesso suddivisi a livello di
quartiere, in cui i cittadini che partecipano sono invitati ad esprimere i propri bisogni e stabilire
priorità nella spesa pubblica. Queste assemblee a volte vengono affiancate da altre riunioni per
tema, alle quali sono invitati a partecipare alcune categorie di cittadini (professionisti, sindacati,
studenti): in questo modo si cerca di far emergere meglio le aspettative della popolazione.
L’amministrazione locale è presente a tutte le riunioni con dei propri rappresentanti che
forniscono informazioni tecniche e legali. Al termine del procedimento ciascun gruppo territoriale
e tematico consegna all’amministrazione un elenco di priorità di spesa. Sarà poi l’ufficio di
pianificazione a redigere, sulle indicazioni emerse, un progetto di bilancio di spesa che dovrà poi
essere approvato dagli organi competenti. Infine, il bilancio approvato sarà poi ripresentato alle
assemblee per conoscenza.
In Italia, il Bp ha avuto una discreta diffusione e ad oggi si contano più di 30 comuni che
hanno applicato il metodo.
Il Town meeting
Lo strumento del town meeting (Tm) nasce su ispirazione degli antichi town meeting che,
a partire dal 1600 negli Stati Uniti all’interno delle prime comunità di coloni del New England,
venivano usati come forma di democrazia diretta. Consistevano in riunioni periodiche a cui
potevano partecipare tutti i cittadini, si discutevano i problemi della città e si prendevano
decisioni. Ispirandosi a quelle esperienze, è stata elaborata una forma di Tm innovativa che si
avvale anche delle tecnologie informatiche. L’organizzazione del Tm si compone di una assemblea
di cittadini il cui numero può essere variabile (da 250 fino a 800 partecipanti), un comitato
organizzatore, un gruppo di facilitatori, un theme team. La partecipazione dei cittadini può
avvenire sia con il metodo della porta aperta sia mediante costruzione di un campione a seconda
degli obiettivi dell’amministrazione che organizza l’evento. Solitamente l’arco temporale su cui si
svolge il Tm è di un giorno. Prima di giungere nella sede della riunione ai partecipanti viene fornito
9
un breve opuscolo informativo che illustra a grandi linee le problematiche che verranno
affrontate.
Foto 3: i tavoli di discussione del Town meeting in Toscana (2006) per la redazione della legge regionale
sulla partecipazione (foto da sito Avventura Urbana)
La discussione è organizzata in piccoli gruppi (10 – 15 persone) con l’ausilio di un
facilitatore per ciascun gruppo,
Le argomentazioni emerse durante la discussione di ciascun gruppo vengono inviate
tramite un Pc in rete al theme team che le raccoglie e le sistematizza.
Un altro team di operatori riproporrà ai partecipanti le argomentazioni sistematizzate dal
theme team, in un momento successivo, sotto forma di domande a risposta multipla. In questa
fase, a tutti i partecipanti, in un momento plenario, viene chiesto di rispondere, solitamente con
un voto elettronico, a ciascuna domanda scegliendo tra le possibili risposte proposte.
Al termine del Tm l’amministrazione, che spesso è anche l’organizzatore dell’evento,
raccoglie le questioni emerse e i voti registrati utilizzandoli per produrre policy che tengano conto
delle opinioni dei partecipanti.
Foto 4: i dispositivi per votare durante un Town meeting (foto da sito di Avventura Urbana)
La struttura del Tm può sembrare pressoché simile a quella del Deliberative poll, ma
osservando con attenzione si può notare come nel Tm la fase informativa sia ridotta al solo
10
materiale informativo: non è prevista la presenza di esperti o testimoni. Inoltre, è nell’output finale
che i due metodi si differenziano significativamente. L’output del Tm non è costituito dalla
raccolta di opinioni informate, bensì da una serie di risposte (i voti dati dai partecipanti) ad una
serie di questioni elaborate e poste proprio dai partecipanti stessi. Come per il Deliberative poll i
costi di un Tm sono abbastanza elevati; ciò è dovuto all’elevato numero di partecipanti (che
spesso ricevono un gettone di presenza) e quindi di facilitatori oltre alla struttura informatica
necessaria. Si può partire da una spesa di quarantamila euro fino a cifre che possono superare i
centomila euro. In Italia si contano diverse esperienze, in particolare nella regione Toscana e in
Lazio. La regione Toscana nell’anno 2006 ha addirittura deciso di utilizzare lo strumento del
town meeting per redigere la nuova legge regionale sulla partecipazione. Utilizzando la selezione
dei partecipanti attraverso il metodo della porta aperta circa cinquecento cittadini si sono riuniti
per discutere quali fossero i principi e le modalità su cui declinare la futura legge regionale. Altri
due town meeting (uno sempre in Toscana, altro in Lazio) hanno avuto come argomento di
dibattito i criteri per la spesa sanitaria.
Di seguito riportiamo una tabella comparativa trai vari metodi appena descritti
includendovi il modello scelto per Scienza Attiva, descritto nelle prossime pagine.
Tabella 5 – I modelli deliberativi a confronto
Metodo di
selezione
partecipanti
Max
Numero
partecipanti
Output
Presenza
esperti
Materiale
informativo
Costi medi
in euro
Citizens jury
Planning cell
Deliberative
poll
Consensus
conference
Bilancio
partecipativo
Campione casuale
Campione
casuale
Campione casuale
Metodo “porta
aperta”
25 – 30
300
15
Non definito a
priori
Raccomandazioni
per
l’amministrazione
Opinione
informata dei
partecipanti
Raccomandazioni
per
l’amministrazione
++
+
+++
+
++
+
10.000
50.000
30.000
11
Decisioni su
priorità
bilancio
Town
meeting
Metodo
“porta
aperta”
800
Proposte
di
soluzione
Scienza Attiva
Mirato
800 - 1200
Apprendimento e
sviluppo
competenze di
criticità e
riflessione;
raccomandazioni
per ammin.
+++
5.000
+
+++
100.000
40.000
Il metodo scelto per Scienza Attiva e il ruolo del facilitatore
La metodologia
Il formato scientifico prescelto per il progetto Scienza Attiva non è un modello “puro” di
quelli appena visti ma si colloca a metà strada tra una consensus conference e una giuria di
cittadini. Inoltre, gran parte del processo si svolge on line con l’ausilio del sito dedicato
www.scienzattiva.eu . L’arena di discussione non è quindi solo l’aula scolastica, ma anche il sito,
sul quale esistono sezioni apposite per il dibattito con gli esperti e tra le classi.
Durante l’intero processo è prevista, infatti, la partecipazione di un panel di esperti,
costituito da professori universitari e ricercatori di autorevoli centri di ricerca, che hanno
fondamentalmente due compiti: fornire il materiale informativo relativo al tema, redatto in forma
idonea al target del Progetto (studenti delle scuole superiori), e rispondere alle domande che i
partecipanti hanno la facoltà di porre nel corso della fase di dialogo.
Tra le sezioni dedicate al dibattito vi è una “Lavagna di classe” dove gli studenti di ciascuna
classe possono pubblicare le loro considerazioni, le opinioni emerse dal dibattito con gli esperti e
quelle espresse all’interno del gruppo di lavoro; essa costituisce lo spazio “privato” della classe.
La “Lavagna comune” è invece lo spazio dove tutte le classi partecipanti possono
confrontarsi tra loro.
La sezione del sito “dialogo con gli esperti” rappresenta il momento informativo-dialogico
tra i partecipanti e gli esperti. Attraverso la formulazione di domande vi è la possibilità di risolvere
dubbi emersi durante il dibattito in classe; le domande possono essere poste anche per
comprendere meglio alcuni aspetti conflittuali del tema in oggetto e verificare proprie credenze
sull’argomento.
La fase finale del percorso deliberativo prevede un incontro finale face to face organizzato
sull’arco temporale di una giornata in un luogo predefinito e ciascuna classe aderente al
progetto sarà rappresentata dal docente, dal redattore e da alcuni suoi compagni. L’incontro
inizia con una breve presentazione di ciascun redattore che, in pochi minuti, illustra le
considerazioni emerse dalla discussione dei mesi precedenti. Il tempo rimanente viene
interamente dedicato alla discussione, alle argomentazioni e alla formulazione di
raccomandazioni sui temi dibattuti. A conclusione della giornata gli amministratori pubblici che si
occupano delle politiche inerenti al tema trattato ricevono dalle mani degli studenti partecipanti
un breve documento (elaborato durante la discussione) che illustra sinteticamente le conclusioni
a cui è giunto il gruppo dei redattori. Gli studenti che accompagnano i redattori assistono alla
discussione e possono intervenire, nei momenti prestabiliti, con domande e osservazioni che poi
il gruppo dei redattori potrà tenere in considerazione per le decisioni finali.
Il ruolo del facilitatore nel progetto Scienza Attiva
Come è strutturata la Discussione Informata di Scienza Attiva
Il progetto Scienza Attiva è un processo di discussione informata attraverso il quale si
vuole ottenere una serie di risultati:
- un apprendimento profondo e ragionato degli aspetti scientifici in riferimento a problematiche
particolarmente stringenti e attuali presenti nella società civile;
- far giungere i partecipanti a una maggiore consapevolezza degli aspetti controversi di una
questione e sviluppare il senso critico e la riflessività nel ragionare;
- rilevare gli eventuali cambiamenti di opinione dei partecipanti al progetto rispetto al problema di
carattere pubblico discusso, dopo che essi si sono confrontati con una serie di informazioni
relative a quello stesso tema. Tali cambiamenti d’opinione sono importanti in quanto ritenuti
parziali indicatori del processo di apprendimento effettuato durante tutto il progetto.
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Scienza Attiva si svolge nella forma di un evento di democrazia deliberativa che alterna
vari momenti e modi di informazione e dibattito; l’intero processo ha una durata di circa sette
mesi. Non è aperto al pubblico poiché la partecipazione è limitata agli studenti e ai docenti che
scelgono di aderire al progetto.
Grazie a un percorso di informazione e discussione che si svolge sia in classe sia on-line
sul sito di Scienza Attiva (www.scienzattiva.eu), i partecipanti hanno modo di confrontarsi con i
loro coetanei, i docenti e gli esperti circa la tematica in discussione. Al termine del percorso
arriveranno a proporre delle misure, raccomandazioni circa il modo di affrontare la problematica
discussa.
Sul sito vengono preparati una serie di materiali relativi agli argomenti trattati dal
progetto. L’attività informativa è preceduta dalla produzione di ciascuna classe di un breve
documento che illustra le conoscenze tacite già in possesso dei partecipanti.
All’atto dell’iscrizione al progetto a ciascun partecipante viene richiesto di compilare un
breve questionario; verrà richiesto di compilare un questionario simile il giorno dell’incontro finale
con lo scopo di rilevare eventuali cambiamenti d’opinione prodotti dal percorso di apprendimento.
Cosa avviene nella discussione
La fase di discussione in piccoli gruppi (come nel caso della singola classe o del gruppo di
partecipazione all’incontro finale) rappresenta un momento molto importante dell’intero
processo ed ha lo scopo di permettere ai partecipanti di confrontarsi con altri punti di vista sullo
stesso argomento. Analizzando quello che è successo nella maggior parte dei processi
deliberativi condotti finora, si è visto come la fase di discussione in piccoli gruppi è il momento
durante il quale si ottiene una maggiore spinta motivazionale all’apprendimento e al
cambiamento sostanziale delle opinioni.
Tuttavia, è importante sottolineare che la finalità principale di Scienza Attiva non è quella
di far cambiare opinione, bensì quella di proporre un nuovo modo di apprendere, che ponga al
centro della didattica non solo un’adeguata informazione, ma anche la possibilità di riflettere
insieme agli altri su differenti argomenti di carattere scientifico-tecnologico.
Il secondo risultato fondamentale delle discussioni è permettere ad ogni classe di
riflettere su quali sono le domande più rilevanti da formulare agli esperti.
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Il ruolo del facilitatore di classe
Gli studenti sono accompagnati in tutte le attività da un facilitatore che li supporta nello
svolgimento delle discussioni, talvolta introducendo l’attività stessa con un breve discorso iniziale.
I facilitatori devono conoscere molto bene il materiale documentativo proposto ai
partecipanti e devono avere alcune informazioni generali sul programma e sulle finalità
dell’iniziativa. Nel progetto Scienza Attiva il ruolo del facilitatore è svolto dal docente di riferimento
durante tutte le fasi che precedono l’incontro finale. Mentre durante l’incontro finale sarà un
facilitatore professionista a condurre la discussione.
Nell’introduzione i facilitatori potrebbero dover presentare l’agenda del progetto e gli
esperti che vi partecipano, spiegare il senso delle attività e richiamare l’attenzione su alcune
regole generali da seguire.
I facilitatori moderano i momenti di discussione e al termine di questi, a seconda della fase in cui
si trova il progetto, conducono i partecipanti ad esprimere collettivamente delle domande oppure
a preparare un breve documento il più possibile condiviso.
I momenti informativi con gli esperti
Durante il percorso del progetto vi sarà un periodo (fase di dialogo di circa due settimane)
dedicato a porre le domande agli esperti. Gli esperti sono scelti dal Team di Agorà Scienza in
base ai temi trattati e ai diversi punti di vista sugli argomenti in discussione.
Le sessioni di discussione in questa fase sono condotte sempre dal facilitatore coadiuvato
da una figura neutrale che seleziona le domande da porre: il redattore di classe. Il redattore
dovrebbe essere uno studente scelto dall’insegnante per le sue qualità di mediazione e di leader
espressivo. Il facilitatore/redattore anche in questa fase deve cercare di condurre i partecipanti
verso una condivisione delle domande ritenute importanti da porre agli esperti.
Una volta determinate quante e quali domande porre agli esperti, il redattore di classe o il
docente di riferimento hanno la facoltà di inserirle sul sito, scegliendo opportunamente
l’argomento relativo.
Le domande vengono inviate dal sistema agli esperti, i quali rispondono nel più breve
tempo possibile, in genere entro uno o due giorni. Domanda e risposte sono raccolte in
un’apposita sezione del sito facilmente accessibile dalla homepage o dalle pagine dei temi.
Come si facilita la discussione
La strutturazione del processo in varie fasi di discussione, come abbiamo già accennato,
richiama altri strumenti di indagine empirica molto usati nelle scienze sociali, come per esempio
le consensus conference o le giurie di cittadini. Però è importante sottolineare che la discussione
informata di Scienza Attiva si differenzia da entrambi questi strumenti. Infatti in Scienza Attiva le
fasi di discussione hanno due principali obiettivi:
• permettere ai partecipanti non solo di confrontarsi con opinioni differenti dalla propria in
merito al tema oggetto della discussione, ma anche di apprendere attraverso una nuova
modalità;
• avvicinarsi alla scienza in modo critico e riflessivo comprendendo come le conoscenze
teoriche si trasformano in decisioni pratiche, con effetti sulla vita di tutti i giorni dei
cittadini.
I due obiettivi appena evidenziati possono permettere poi di costruire un nuovo sistema di
conoscenze circa la tematica trattata e quindi di modificare eventualmente l’opinione iniziale.
In diversi momenti del processo partecipato si richiede ai partecipanti di raggiungere una
decisione condivisa.
In Scienza Attiva la raccolta delle opinioni personali viene demandata solo alla fase di
compilazione individuale del questionario. L’unico obiettivo dei momenti di discussione è
rappresentato dall’incentivo alla riflessione e al confronto per far emergere l’argomento
migliore intorno al quale raccogliere i consensi di condivisione.
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Cosa deve fare il facilitatore
La discussione nei gruppi è l’elemento più importante dell’intero processo, poiché è
l’elemento che incide maggiormente sul cambiamento di atteggiamento (e quindi
dell’apprendimento): la buona riuscita del confronto dipende in larga misura dal lavoro del
facilitatore.
Il facilitatore è chiamato a creare un ambiente protetto, tutelato, all’interno del quale i
partecipanti possano scambiarsi i propri punti di vista e quindi formare la propria opinione:
all’interno dei piccoli gruppi tutte le voci devono essere espresse in modo che si generi una
sostanziale differenza di informazione rispetto all’opinione convenzionale.
Se i partecipanti si sentono ascoltati e pensano che la propria voce abbia un peso si
genera un clima di discussione rilassato e molto piacevole e tutti i partecipanti saranno
maggiormente orientati a decidere di entrare in questo processo di apprendimento, di apertura
e di costruzione di un’opinione consapevole.
Al termine della fase informativa le persone dovrebbero mostrare un’attenzione maggiore: il
miracolo consiste nel risvegliare lo spirito di riflessione e portarlo a nuova vita.
Quale stile di conduzione deve adottare il facilitatore
La discussione deve procedere in modo naturale: il facilitatore deve cercare di “esserci
senza esserci”.
Per fare ciò il facilitatore deve conoscere bene il materiale informativo e le argomentazioni
relative alle posizioni contrapposte: il materiale è il retroterra della discussione, anche se non ne
è l’argomento. Naturalmente i partecipanti potrebbero avere ulteriori opinioni a favore o contro
le opzioni presentate nel materiale informativo: il facilitatore deve raccogliere questi nuovi punti di
vista e verificare (chiedendolo ai partecipanti) se possono costituire la base per i quesiti da
sottoporre agli esperti (se siamo nella fase di dialogo) o elementi da inserire nel documento di
raccomandazioni da proporre all’incontro finale (se siamo nella fase elaborativa).
Lo stile di conduzione deve avere un tipo di approccio minimalista: possibilmente il facilitatore
deve parlare al di sotto del 5% del tempo totale, meglio se è l’1% del totale. Si può condurre bene
una discussione anche senza dire nulla apertamente, utilizzando sia l’espressione del volto, sia lo
sguardo, sia facendo delle pause, sia esprimendo inviti diretti con l’uso di particolari locuzioni
verbali.
Tutti dovrebbero “non parlare troppo” o “troppo poco”: nel caso in cui qualcuno domini la
discussione, il facilitatore deve fermarlo in modo gentile ma deciso. È importante cercare di
incoraggiare le persone che parlano poco: non si possono obbligare, ma vanno incoraggiate
cercando di metterle a proprio agio anche con l’espressione del volto (sorriso, ecc…).
Il facilitatore deve assicurarsi che tutte le controparti di un tema si affaccino alla discussione.
Per raggiungere questo obiettivo si possono usare delle domande indirette come per esempio:
“c’è qualcuno che è in disaccordo?”, e nel caso in cui nessuno si esprima chiedere “cosa direste
se qualcuno fosse in disaccordo?”. Nel caso in cui nessuna di queste due domande funzioni, è
possibile fare riferimento al materiale informativo: “che cosa dicono i materiali rispetto a ciò?”.
Se il facilitatore adotta un approccio minimalista è più probabile che la discussione si sviluppi
maggiormente tra i partecipanti; è necessario infatti evitare di incoraggiare una relazione
diretta tra facilitatore e singoli partecipanti (tipica delle dinamiche tradizionali docentestudenti).
Qui di seguito vediamo riportati alcuni accorgimenti specifici del ruolo che il facilitatore è
chiamato ad assumere nel corso della discussione in gruppi:
• Il facilitatore nel corso della discussione non deve mai manifestare la sua opinione o
dimostrare di essere esperto dell’argomento;
• non ci devono essere momenti di voto, mani alzate, momenti espressamente dedicati ad
individuare la maggioranza (eccetto che nella fase estrema di una mancanza di accordo
nella scelta della domanda);
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•
•
•
•
•
•
•
non spingere i partecipanti ad esprimere un consenso o dichiarare la propria opinione.
L’obiettivo è che i partecipanti si confrontino con gli altri e che ciò favorisca la formazione
di un’opinione più consapevole, anche se non dichiarata esplicitamente;
non richiamare l’opinione ricorrente su quel dato argomento o qualsiasi altra opinione
espressa in precedenza da altri (partecipanti e non);
rivolgersi al gruppo usando sempre la seconda persona plurale e non la prima (“voi” e
non “noi”);
non dare informazioni direttamente, non correggere i partecipanti neanche nel caso in cui
vengano dette cose sbagliate. È il processo stesso che crea informazione attraverso il
materiale informativo, la discussione in piccoli gruppi, le risposte degli esperti;
(nel caso in cui si renda necessario) i facilitatori possono veicolare le correzioni in modo
indiretto: se vengono dette cose in contrasto con ciò che c’è scritto nei documenti si può
prima di tutto chiedere agli altri partecipanti: cosa ne pensano loro di quella
affermazione? Se nessuno corregge l’informazione errata e se la corretta informazione è
nel materiale informativo si può chiedere se non c’è qualcosa di scritto nel materiale a
quel proposito (usare in questo caso una domanda di tipo evocativo);
assicurarsi che eventuali osservatori esterni non intervengano o assumano espressioni
facciali che commentino le cose dette nel gruppo.
assicurarsi che i partecipanti non compilino il questionario iniziale consultando il materiale
informativo.
Tipi di discussione
Libera:
il
facilitatore
avvia
la
discussione
senza
dare
la
parola
a
qualcuno
in
particolare
e
senza
procedere
con
una
turnazione
degli
interventi
Semi‐libera:
viene
posta
una
domanda
ben
precisa
e
si
lascia
spazio
agli
interventi
in
ordine
spontaneo
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Guidata:
il
facilitatore
chiede
ai
partecipanti
un’opinione
specifica
ed
effettua
una
turnazione
controllata
degli
interventi
Suggerimenti pratici
Come partire: il discorso introduttivo
La maggior parte delle volte la discussione informata si avvia con una discussione dell’intera
classe durante la quale il facilitatore spiega gli aspetti generali del progetto. Al momento
dell’apertura della prima sessione di discussione dovranno essere spiegati ai partecipanti i
seguenti aspetti:
• il senso dell’iniziativa
 i promotori e le risorse per organizzare l’evento
 cosa ne verrà fatto dei risultati
 come sono stati scelti i temi
• come si svolge l’evento
 i principali argomenti che verranno affrontati nel corso di Scienza Attiva
 il programma del progetto e la giornata finale, inoltre le finalità di ciascuna fase
 le modalità di selezione delle domande da sottoporre agli esperti
 l’elenco degli esperti
• istruzioni pratiche sullo svolgimento di Scienza Attiva
 modalità di compilazione dei questionari
 ruolo del docente /facilitatore
 ruolo dello studente/redattore
In questa fase iniziale è importante che i facilitatori evidenzino ai partecipanti che la voce
di tutti conta, che non è richiesto a nessuno di essere esperti, tutti i partecipanti devono anche
ascoltare il punto di vista degli altri.
Gli studenti inoltre devono essere informati che alla fine del processo dovranno
rispondere in modo anonimo a un questionario simile a quello al quale hanno risposto quando si
sono iscritti al sito on-line: i dati del secondo questionario rappresenteranno quello che loro
pensano dopo aver avuto la possibilità di informarsi e discutere in gruppo.
Dopo aver descritto in modo molto semplice tutti gli aspetti appena richiamati, il
facilitatore dovrà evidenziare l’importanza che la discussione si svolga nel rispetto reciproco,
anche nel caso in cui vi siano delle posizioni discordanti all’interno del gruppo.
Questa fase introduttiva può terminare con un giro di tavolo, nel corso del quale i
partecipanti esprimano una loro prima riflessione sul tema del progetto.
Nota: durante le fasi di discussione sarebbe opportuno disporre i partecipanti in cerchio
evitando prime e seconde file.
Come si svolge la discussione
La discussione, a seconda della fase in cui ci troviamo, avrà le seguenti finalità:
a) costruire il documento che riassume le conoscenze tacite sul tema;
b) costruire il documento da produrre alla fine della fase puramente informativa;
c) selezionare le domande da porre agli esperti;
d) individuare le raccomandazioni da proporre nell’incontro finale face to face.
Punto a) Far emergere delle conoscenze tacite
In questa fase il dibattito è limitato: si potrà invitare i partecipanti a riflettere (lasciando
10-15 minuti di tempo) su ciò che già conoscono circa l’argomento, sottolineando che non
importa in quale contesto hanno appreso tali informazioni (scuola, tv, giornali, amici, famiglia,
esperienze personali ecc). A questo punto può essere utile proporre ai partecipanti di fissare su
un foglio le loro conoscenze tacite. Poi attraverso un giro di tavolo si chiederà a ciascuno dei
partecipanti di esporre le proprie conoscenze. Lo studente individuato come redattore avrà il
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compito di raccogliere i documenti e sintetizzare poi in un unico elaborato l’insieme di
conoscenze tacite che emerge dalla classe (eliminando ridondanze e osservazioni fuori luogo).
In ogni caso il progetto Scienza Attiva propone una modalità da adottare per realizzare
questa fase; docenti e redattori posso ritrovare questo metodo nei documenti ricevuti
all’attivazione del Progetto.
Punto b) Elaborare e redigere il documento a fine fase informativa
In questa fase si chiede ai partecipanti di far emergere quali siano state le modalità di
presa visione o di studio del materiale proposto dal sito e quali altri documenti siano stati
utilizzati: libri di testo, pubblicazioni, articoli di giornale, pagine web e tutto quanto altro reperito in
fase di studio. Inoltre, si chiede di indicare sul documento se e come sia avvenuto lo studio del
materiale: se è stato oggetto di compiti, verifiche, interrogazioni. Questo è molto utile al team
Scienza Attiva per valutare l’impatto delle attività.
Punto c) Selezionare le domande per gli esperti
Questa fase di discussione può iniziare solo dopo che i partecipanti avranno visionato e
studiato il materiale informativo predisposto per loro. Dopo il primo giro di esposizione delle
opinioni sul tema, inizia la vera e propria fase di discussione che dovrebbe condurre alla
formulazione dei quesiti che il gruppo ritiene importanti da sottoporre agli esperti. Sarà compito
del redattore fare una selezione delle domande e presentarle agli esperti pubblicandole sul sito
internet.
Per aprire la discussione si può chiedere ai partecipanti cosa ne pensano delle possibili
alternative su ogni problema in discussione.
Punto d) Elaborare e redigere le raccomandazioni per l’incontro finale
In questa fase si chiede ai partecipanti di riflettere sulle conseguenze che ogni decisione
può comportare. In pratica si chiede loro di pensare cosa succederebbe se il governo – o
qualunque altro organo deputato a tale funzione- adottasse o non adottasse una determinata
decisione circa la soluzione del tema in discussione.
Un ulteriore passaggio cognitivo comporta la riflessione su cosa ognuno di loro pensa di
ognuna di queste conseguenze. Due persone possono essere d’accordo che una decisone
comporti una certa conseguenza, però magari non sono d’accordo sul fatto che quella data
conseguenza sia una cosa positiva o negativa. È molto importante che il facilitatore si astenga dal
richiamare opinioni su questi e altri aspetti che siano sorte al di fuori di quella sede.
Di tanto in tanto il facilitatore può fare una sorta di sommario di quello che è stato detto;
questo è un modo per andare avanti con la discussione e per avvicinarsi alla formulazione delle
raccomandazioni finali da proporre all’incontro finale.
Come gestire la discussione
Quando le persone discutono tendenzialmente lo fanno in modo diverso rispetto agli
esperti. Loro parlano delle loro esperienze, raccontano storie, ricordano qualcosa raccontato da
amici, ma in qualche modo così facendo mettono in luce delle ragioni e quindi delle
argomentazioni. (Fishkin Luskin, 2007)
Il facilitatore, mentre la discussione procede, deve annotarsi le principali questioni che
potrebbero diventare quesiti o proposte di raccomandazione (a seconda della fase in cui ci
troviamo), ponendo maggiore attenzione alle questioni che suscitano più discussione e più
interesse. Questo procedimento può essere utile per richiamare le questioni che sono state
sollevate e nello stesso tempo trovare un terreno di condivisione per la formulazione della
domanda/raccomandazione.
Il facilitatore deve assicurarsi che non venga dedicato troppo tempo ad un argomento e
nel caso in cui ciò accadesse deve esplicitamente dire che bisogna proseguire con la discussione
e che si potrà tornare su quell’argomento quando sarà il momento di scegliere la domanda.
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I partecipanti non devono raggiungere accordo su nulla tranne che sulle domande da porre e
sulle raccomandazioni finali. Circa l’accordo sulle domande, ciò è facilitato dal fatto che spesso,
anche se le persone non trovano un accordo sulla soluzione ad un problema, possono
concordare sul fatto che l’oggetto dei quesiti possa rappresentare comunque un aspetto del
problema da chiarire.
Come selezionare le domande per gli esperti
L’obiettivo è di selezionare una domanda per ogni aspetto su cui i partecipanti hanno rilevato
delle ambiguità conoscitive; nel caso che emergessero molte domande il facilitatore può
raccoglierle spiegando che però le domande saranno selezionate secondo i criteri presentati
all’inizio e che quindi è possibile che non tutti i quesiti siano presentati agli esperti.
Il redattore prende nota delle domande che emergono durante la discussione e al termine di
questa fase dovrà pubblicarle sul sito per la risposta degli esperti.
I criteri con cui saranno selezionate le domande da parte del facilitatore sono:
1. eliminare le sovrapposizioni
2. rispettare la maggiore eterogeneità possibile di temi trattati
3. fare in modo che ogni gruppo abbia una domanda a cui verrà data risposta
(empowerment dei partecipanti).
Domande frequenti poste dai facilitatori (Frequently Asked
Questions)
Il facilitatore deve sapere affrontare tutte le situazioni?
No, i facilitatori possono in qualche caso anche rispondere: “non so” specialmente nel caso in cui
gli vengano poste domande che esulano dal loro compito.
Il fatto che si tratti di un evento scientifico protratto nel tempo, può in qualche modo
demotivare i partecipanti?
I facilitatori per evitare un calo della motivazione possono spiegare ai partecipanti che si sta
compiendo un esercizio per favorire una discussione accurata, informata ed equilibrata su questi
temi e che il loro contributo a questa discussione potrà avere un effetto sul dibattito politico,
anche se non è una cosa che siamo in grado di prevedere ma che osserveremo
successivamente all’evento stesso. Di per sé l’evento non ci assicura che gli amministratori
terranno in considerazione le opinioni. Le opinioni che rileveremo in questa sede sono opinioni più
mature rispetto a quelle che rileveremmo in un normale sondaggio di opinione ma comunque
non possiamo garantire che gli Amministratori pubblici le terranno in considerazione. Ma se un
sondaggio normale solitamente ha un effetto sulle decisioni politiche, perché dunque un
sondaggio informato non dovrebbe averlo?
Se i partecipanti esprimono stupore perché si trovano a compilare lo stesso questionario più
volte e si chiedono perché vengano loro sottoposte sempre le stesse domande, come deve
comportarsi il facilitatore?
Se chiedono chiarimenti in merito non far trapelare in alcun modo una sorta di “attesa” per il
cambiamento delle loro opinioni, e rispondere che il questionario viene somministrato per
registrare la loro opinione in quel momento. Il facilitatore può usare queste parole: “registriamo
qual è la vostra opinione adesso”.
Se qualche partecipante chiede perché il questionario non è anonimo come si deve
comportare il facilitatore?
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Spiegare che sul questionario si chiede di compilare nome e cognome per potere identificare la
persona nella seconda compilazione: serve solo a capire se la loro opinione sta o non sta
cambiando nel corso dell’evento. Assicurare che il loro nome non sarà mai associato ai risultati.
Se alcuni partecipanti mostrano di avere più informazioni (o informazioni diverse) di quelle in
possesso degli altri cosa devono fare i facilitatori?
Se da parte del gruppo vengono poste con insistenza delle questioni che non sono contenute nel
materiale, i facilitatori devono segnalarlo agli organizzatori così eventualmente si possono
stabilire delle risposte standard tramite il sito on-line.
Se durante gli incontri di discussione ci sono degli applausi?
Invitare i partecipanti a non applaudire nel corso della discussione, perché costituiscono una
pressione emotiva verso le persone che la pensano in modo diverso.
Tutte le argomentazioni a favore e contro al problema oggetto della discussione devono
essere trattate o presentate? Se ciò non avviene naturalmente come fare?
Tutti i pro e i contro devono essere toccati nel corso della discussione in gruppi, se ciò non
accade naturalmente si può provare a suggerire con la formula: “mi ricordo che nel documento
c’era questo argomento a favore di questa posizione, c’è qualcuno di voi che la pensa così?”
I partecipanti possono portare altra documentazione, oltre al materiale informativo, e
mostrarlo o leggerlo agli altri componenti del gruppo durante la discussione?
Sì, è permesso che i partecipanti mostrino o leggano altra documentazione nel corso della
discussione.
Nel caso in cui due persone instaurino una discussione tra loro come si deve comportare il
facilitatore?
Se due persone parlano troppo occorre dire che bisogna dare una chances anche agli altri; se
due persone parlano solo tra di loro (polarizzando la discussione) occorre invitarli direttamente a
parlare anche con gli altri.
Nel caso in cui un partecipante veicoli al gruppo informazioni palesemente errate a proposito
delle quali non viene detto nulla nel materiale informativo come si deve comportare il
facilitatore?
Richiamare le opinioni diverse che possono avere agli altri componenti del gruppo
All’inizio di un momento di dibattito, si può fare un giro di tavolo su come è andata il
precedente incontro di discussione per loro?
Sì. Fare un giro di tavolo su come è andata la discussione precedente costituisce, da un lato, una
buona occasione per i partecipanti per riprendere alcuni elementi emersi nel precedente
incontro e utilizzarli per avviare la discussione successiva.
Quando i partecipanti appaiono molto convinti delle loro posizioni e fanno fatica ad
individuare un quesito da porre, come può intervenire il facilitatore?
A un certo punto il facilitatore, dopo averli lasciati discutere liberamente, deve insistere sul fatto
che è il momento di trovare un quesito condiviso da porre agli esperti. Bisogna guidare i
partecipanti nel passaggio da un’ottica di espressione delle opinioni ad un’ottica di formulazione
delle domande. Una volta che viene fatta questa transizione il processo diventa più facile.
Un’altra strada possibile per il facilitatore è quella di sottolineare al gruppo che hanno
un’occasione e che se non trovano un accordo sulla domanda potrebbero perdere l’opportunità
di avere il parere di un esperto.
Un’altra tecnica per la formulazione delle domande è focalizzarsi sui punti di disaccordo, magari
evidenziando i due punti di vista, e vedere se possono rappresentare dei possibili quesiti da porre
agli esperti.
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Se qualche partecipante deve assentarsi per alcune parti del processo come deve
comportarsi il facilitatore?
Ovviamente le assenze avvengono, però spiegare loro che per mantenere un livello di
informazione omogeneo tra i partecipanti è fondamentale essere presenti il più possibile. Il
facilitatore deve tenere traccia delle assenze e in quali momenti si assentano per poter valutare
e ponderare gli eventuali cambiamenti di opinioni.
21
Per chi vuole saperne di più
Bobbio, L. (a cura di) (2004), A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi
decisionali inclusivi, Napoli, ESI. Scaricabile all’indirizzo: http://www.magellanopa.it/kms/files/A_piu'_voci.pdf
Bobbio, L. (2007), "Dilemmi della democrazia partecipativa", in Democrazia e diritto, vol. 44, n. 4, pp. 11-26.
Chiari A. Podestà N. (2007), Deliberare nella pratica: un modello per l’analisi della formazione del consenso, in
Rivista italiana di politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna, vol. 2/07, pp. 75-99
Giannetti D. Lewanski R. (2007), Inclusione, efficacia e qualità della deliberazione: uno studio di caso, in Rivista
italiana di politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna, vol. 2/07, pp. 15-48
Pellizzoni L. (a cura di) (2005), La deliberazione pubblica, Meltemi Roma
Ravazzi S. Podestà N. Chiari A. (2006), Una giuria di cittadini, Università di Torino, Dipartimento di Studi Politici,
Working paper n. 7/2006 Scaricabile all’indirizzo:
http://www.unito.it/unitoWAR/ShowBinary/FSRepo/D015/Allegati/working_papers/wpn7.pdf
Sintomer Y., (2009) Il potere al popolo, giurie di cittadini sorteggio e democrazia partecipativa, Dedalo, Bari
Podestà N., Chiari A., (2009), Esperimenti di democrazia deliberativa: Informazioni, preferenze e stili di conduzione in
tre giurie di cittadini, Dipartimento Politiche Pubbliche e Scelte Collettive, Università del Piemonte Orientale, POLIS
Working paper n.136. Scaricabile all’indirizzo: http://polis.unipmn.it/index.php?cosa=ricerca,polis&paper=2375&collana=13
Podestà N., Chiari A., (2011), La qualità dei processi deliberativi, Dipartimento Politiche Pubbliche e Scelte Collettive,
Università del Piemonte Orientale, POLIS Working paper n.179. Scaricabile all’indirizzo:
http://polis.unipmn.it/pubbl/RePEc/uca/ucapdv/podesta179.pdf
Inoltre si segnala:
il sito http://www.dsp.unito.it/it/giuria_cittadini_v2.asp dove è possibile consultare materiali e spezzoni di filmato
dei primi esperimenti deliberativi svolti in Italia a partire dall’anno 2006.
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