LA SVOLTA
Informazioni sulla depressione e sui disturbi d’ansia I Edizione 12
PAGINA 3 I SUICIDIO
PAGINA 7 I «LEAN ON ME»
PAG IN A 8 I T RAUM A & DEPRES SIO NE
È essenziale un rapporto
improntato alla fiducia
Le novità dell‘iniziativa
Non vivere più come sconfitte
i sentimenti negativi
Intervista al Prof. Konrad Michel
… e in che modo dare sostegno ai colpiti
Il commovente racconto di una paziente
Lundbeck (Schweiz) AG
Dokument letztmals geprüft:
27.12.2012
EDITORIALE
INDICE
Care lettrici,
cari lettori,
E DI TOR I ALE
2
SUICIDIO
3
Parlarne porta alla soluzione
Intervista al
Prof. Dr. Konrad Michel
3
Libro: E liberaci dal
male oscuro
4
Cifre e fatti sul suicidio
5
L’effetto Werther e l’effetto
Papageno
6
«LEAN ON ME»
7
«lean on me»: sono un amico
e ti ascolto con attenzione
Le novità dell‘iniziativa
7
TR AUM A & D E PRE S S I O NE
8
«Qui trovo comprensione
e ascolto»
Una paziente alla ricerca della
terapia giusta
Vostra opinione ci interessa
Partecipate e vincete!
8
O
gni anno in Svizzera si suicidano oltre 1000
persone. Secondo le stime, fra 15 000 e
25 000 persone tentano di togliersi la vita.
Le malattie psichiatriche, e soprattutto la depressione,
sono un rilevante fattore di rischio che può portare al
suicidio.1,2 Il professor Konrad Michel, psichiatra e ricercatore nel campo del suicidio a Berna, sente spesso dire
dai pazienti che non sapevano a chi potersi rivolgere
per avere aiuto. In simili crisi psicologiche, tuttavia, un
supporto esterno è di estrema importanza. Infatti un
colloquio con amici e familiari, o con un centro di intervento o un reparto specializzato, può indicare alternative al suicidio. A peggiorare la situazione, aggiunge il professor Konrad Michel nell’intervista alle pagine da 3 a 6, in Svizzera
c’è anche la convinzione predominante che ognuno debba affrontare e risolvere i propri
problemi da solo. Chiedere e accettare aiuto è perciò fonte di vergogna e stigmatizzazione,
visto che bisognerebbe farcela da soli.
Poiché ci sta a cuore la comprensione per le persone che si trovano in questa non comune
situazione di vita, abbiamo fatto del suicidio il fulcro di questo numero e della campagna
«lean on me». Sul nostro sito www.leanonme.ch troverete importanti informazioni sui sintomi e i fattori di rischio delle persone con tendenza al suicidio.
La depressione può svilupparsi come reazione a esperienze traumatiche, ad esempio dopo
aver subito una catastrofe naturale o incuria durante l’infanzia. Spesso la depressione si
accompagna a dolori o disturbi psicosomatici, ad esempio gastrici o cardiaci. Che dietro
di essi si celi una lesione traumatica sfugge ai medici nel 40-60% dei casi. Bernd Frank,
dirigente medico presso la clinica privata Clienia Littenheid (TG), si è specializzato nel trattamento degli psicotraumi gravi. Nel colloquio riportato alle pagine 10 e 11 ci spiega come
si arriva ad una depressione e quali sono le terapie offerte nell’unico centro svizzero certificato di psicotraumatologia.
9
«Si evita tutto ciò che ricorda
il trauma»
10
Colloquio con Bernd Frank
Visto che anche le esperienze traumatiche continuano ad essere un tema tabuizzato, del
quale non si parla, avviene spesso che il trattamento non sia adeguato. È quello che è
successo a Sandra Christen, ricoverata in vari istituti psichiatrici. Solo nella clinica privata
Clienia Littenheid (TG) ha ricevuto un trattamento mirato ed ha così ricominciato a guardare con fiducia al futuro. Vi illustriamo la sua esperienza inusuale alle pagine 8 e 9.
I N BR E V E
12
I volti della depressione sono molteplici, come le sue cause. A noi sta a cuore migliorare la
vita di chi ne soffre.
Centri di riferimento e link
12
Vi auguriamo una lettura interessante ed informativa.
Colophon
12
PD Dr. Rico Nil
Medical Director
Lundbeck (Svizzera) SA
Bibliografia:
1 Ufficio federale di statistica, statistica delle cause di morte, dati aggiornati al 27 Marzo 2012
2 Ufficio federale della sanità pubblica: Suicidio e prevenzione del suicidio in Svizzera – Rapporto redatto in adempimento al
postulato Widmer (02.3251) – 15 aprile 2005, pagina 4
2
Parlarne
soluzione
S U I C I DI O
porta alla
OGNI
SVIZZERA OLTRE MILLE PERSONE SI TOLGONO LA VITA. SE AVESSERO POTUTO
EMOTIVI, AVREBBERO FORSE TROVATO UN’ALTERNATIVA AL SUICIDIO. PERCIÒ PER IL
ANNO IN
PROBLEMI
MICHEL,
PARLARE DEI PROPRI
PROFESSOR
KONRAD
SPECIALISTA DI PSICHIATRIA E PSICOTERAPIA E RICERCATORE NEL CAMPO DEL SUICIDIO, CON CHI HA INTEN-
ZIONI SUICIDARIE È ESSENZIALE INSTAURARE UN RAPPORTO IMPRONTATO ALLA FIDUCIA.
Qual è la ragione di suicidio più frequente?
Quando qualcuno commette un suicidio,
chi resta cerca sempre una ragione. Di
solito però sono varie esperienze negative
che portano qualcuno a togliersi la vita.
Inoltre, gli studi ci hanno insegnato che
le malattie psichiatriche, e soprattutto la
depressione, sono un importante fattore
di rischio. In nove suicidi su dieci la persona in questione soffriva di una malattia
psichiatrica. È necessario perciò, cercando
le ragioni di un suicidio, tenere presenti
entrambe le cose – esperienze individuali
e compromissione della salute psichica.
aiuto
vergogna
stigmatizzazione»
«Alla ricerca di
e si ripresenta più velocemente come
tale al momento di una successiva crisi
psicologica. Le crisi suicidarie insorgono
in concomitanza con stati di stress interiore e di dolore psichico vissuto come
intollerabile. In queste condizioni le
funzioni cerebrali sono così alterate che
l’individuo non è più in grado di riflettere sul proprio comportamento, ma
desidera solo mettere fine il più presto
possibile allo stato in cui si trova – e qui
Perché il rischio di suicidio è maggiore
il suicidio si presenta molto più rapidopo il primo tentativo?
Perché in quel caso il suicidio è già ancora- damente come soluzione quando è già
to nella memoria come possibile soluzione, memorizzato. Se poi viene ad aggiun-
Prima o poi non abbiamo tutti almeno
una volta nella vita pensato al suicidio?
No. Uno studio condotto a Zurigo ha indicato che dal 20 al 25% dei trentenni ha
già preso seriamente in considerazione il
suicidio.1 Siamo ben lontani dalla totalità
delle persone. Tuttavia il rischio di suicidio
è maggiore se è già stato fatto un tentativo.
PRO FI LO
si accompagnano
e
Lo psichiatra bernese Prof. Konrad Michel, 64 anni, è attivo nel suo studio di
Thun e presso la Clinica universitaria di Berna, nel Policlinico di psichiatria. Qui
ha sviluppato una speciale iniziativa destinata a chi ha tentato il suicidio. Inoltre
si dedica al suicidio anche a livello di ricerca, ad esempio utilizzando esami di
imaging diagnostico per accertare cosa si verifica nel cervello quando la persona
ripensa al suicidio.
3
S U I C I DI O
L I BR O!
gersi una depressione le facoltà cognitive,
cioè la percezione e la reazione al mondo
che ci circonda, sono ulteriormente compromesse.
Anche problemi sociali, come la disoccupazione, possono spingere una persona a togliersi la vita?
I fattori sociali come la disoccupazione
non hanno di solito una grande influenza
sul tasso di suicidi. Più importanti si rivelano i fattori culturali: in Italia per esempio il tasso di suicidi è basso. Ciò dipende
probabilmente anche dal fatto che
l’integrazione dell’individuo nella famiglia,
nella collettività, ha più importanza che
da noi.
E liberaci dal male
oscuro
La depressione rientra nei disturbi
dell’umore e si manifesta con un
abbassamento del tono psichico e
fisico. Chi è depresso perde la gioia
di vivere, la capacità di godere e
partecipare, si attenuano e scompaiono lo slancio vitale, l’energia e
ogni entusiasmo. Oggi, grazie anche
a questo libro – che per primo ha
saputo delineare con chiarezza i
termini di un problema sino ad allora in gran parte sconosciuto –, la
depressione non è più considerata
un «male oscuro», ma se ne è pienamente riconosciuta la vera natura di
«malattia» che, come tale, può essere diagnosticata.
E liberaci dal male oscuro, Serena
Zoli, Giovanni B. Cassano, Editore
TEA pratica, brossura 527 pagine,
ISBN 978-88-502-0209-6
È per questo che così tante persone in
Svizzera si tolgono la vita?
Nella classifica europea per quanto riguarda la frequenza dei suicidi la Svizzera
si trova nella fascia medio-alta. Il tasso
di suicidi è molto più alto in Austria,
Finlandia e anche nell’Europa dell‘est.
Penso proprio che l’integrazione sociale
abbia un ruolo importante. Per di più,
in Svizzera si è soliti pensare che ognuno debba affrontare e risolvere i propri
problemi da solo. Alla ricerca di aiuto si
accompagnano perciò vergogna e stigmatizzazione, visto che bisognerebbe farcela
da soli. Spesso però semplicemente non si
sa da chi andare. Nel centro d’intervento
sentiamo spessissimo questa frase: «Non
sapevo di potermi rivolgere a voi».
Come si esprimono le intenzioni di suicidio? Nel Suo studio, ad esempio, in
quali casi drizza le orecchie?
Anche per un esperto è spesso difficilissimo riconoscere un potenziale rischio di
suicidio. Molti tengono per sé tali intenzioni perché di tratta di cose private, che
non si desidera confidare. Ma io drizzo le
orecchie quando mi accorgo che la persona si trova in una crisi psichica, e soprattutto quando sono presenti chiari segni
di depressione. Il pericolo di un suicidio
non si può però determinare con un questionario, ma solo tramite un colloquio
personale.
Nella pratica si cerca attivamente di
depistare le intenzioni suicidarie?
4
«Spesso
sa
andare»
non si
da chi
Spesso no, purtroppo. Invece in presenza di depressione è necessario porre
domande esplicite su eventuali pensieri di
suicidio. Anche nelle crisi emotive, come
quelle che insorgono per la perdita del
partner, di un familiare o per la morte
di una persona cara, il personale competente deve tematizzare eventuali pensieri
suicidari. Il problema però risiede anche
nel fatto che i pazienti – e soprattutto gli
uomini – spesso si presentano al medico
apparentemente per disturbi psicosomatici, come disturbi cardiaci o nervosi o
mal di testa, oppure cercano di risolvere i
propri problemi facendo ricorso all’alcool,
senza però far parola dei loro problemi
emotivi e dei pensieri di suicidio.
Non potrebbe essere proprio il parlare
di suicidio a provocare un tentativo di
suicidio?
Affrontare il tema non porta mai a tentare il suicidio! Le persone non si suicidano perché si parla loro del tema, ma
piuttosto quando non se ne parla. Queste
persone sono prigioniere di un mondo
tutto loro, in cui non vi è altra soluzione
che il suicidio. Se si riesce ad avviare un
colloquio ci si rende conto più facilmente
che nella vita ci sono sempre alternative.
Esistono frasi, utilizzabili dagli esperti
ma anche dai non addetti ai lavori, per
affrontare il tema con una persona a
rischio di suicidio?
Si potrebbe iniziare con una frase come:
«Hai/ha mai pensato di farla finita?»
Oppure: «La vita ha ancora un senso?»
tengono
intenzioni
di suicido»
«Molti
per sé le
S U I C I DI O
Ciò basta ad invitare qualcuno a parlarne. Tuttavia il problema risiede nel
fatto che molte persone – esperti compresi – hanno difficoltà ad affrontare
apertamente questo tema. È necessario
essere pronti a calarsi nella logica di
qualcuno che vede il suicidio come unica
soluzione. Chi pensa al suicidio non si
confida se non si sente preso sul serio o
se lo si vuole dissuadere dal suo proposito.
Qual è il trattamento delle persone
con propositi suicidari?
Quando si contempla il suicidio, la sofferenza psichica appare intollerabile. È
necessario spezzare questa situazione di
emergenza. A Berna abbiamo sviluppato
un programma di prevenzione, nel quale
analizziamo con gli interessati i retroscena della crisi suicidaria, compiliamo
insieme a lui/lei una lista dei segnali
d’allarme e ne deriviamo misure comportamentali. A seconda dello stato della
persona è importante anche un trattamento medicamentoso adeguato.
Ci faccia un esempio di strategia per
una crisi psicologica.
Si può trattare di una passeggiata con
il cane o di una telefonata ad un amico.
Molto spesso il fattore decisivo è la
disponibilità della persona in difficoltà
a rivolgersi ad un centro qualificato. A
Berna la gente sa che c’è sempre qualcuno raggiungibile ad ogni ora del giorno e della notte, e vengono distribuite
schede di emergenza con il numero di
telefono di ospedali di pronto soccorso o del policlinico. I pazienti del mio
studio possono contattarmi in qualsiasi
momento se stanno attraversando una
crisi e sviluppano pensieri di suicidio. I
miei pazienti non abusano di questa possibilità, e una conversazione utile spesso
non dura più di dieci minuti. Sovente è
utile prendere un ansiolitico. Se il rischio
è molto alto può essere consigliabile un
ricovero, sebbene anche le permanenze
in ospedale non offrano una garanzia di
protezione contro il suicidio. Il rischio
maggiore si corre al termine del trattamento ospedaliero. È qui che è indispensabile istituire un trattamento ambulatoriale con stretti controlli, nel migliore
Cifre e fatti sul suicidio
Nel 2009 in Svizzera sono morte 1105 persone per suicidio, non considerando i
decessi dovuti a suicidio assistito.1 Nel 1995 erano ancora oltre 1400 persone e
verso la metà degli anni Ottanta più di 1600 persone all’anno. In particolare nella
fascia di età fra i 15 e i 29 anni si registra un calo del rischio di oltre il 60%.
Metodi
I metodi usati per suicidarsi si differenziano notevolmente a seconda del sesso.
Gli uomini ricorrono più di frequente ad armi da fuoco o impiccagione; le donne
si suicidano piuttosto per avvelenamento e annegamento oppure gettandosi nel
vuoto o sotto ad un veicolo.1
Differenze regionali
In Svizzera il tasso di suicidi va da 10/100 000 abitanti (Ticino) a 23/100 000
abitanti (Appenzello Esterno). Di solito il tasso di suicidi è superiore nei cantoni
protestanti che in quelli di religione cattolica, ed è inoltre maggiore nelle regioni
urbane.2
Differenze dovute al sesso
Se si prende in considerazione l’età e il sesso dei suicidi, si osserva che il tasso
più alto di suicidi si registra fra gli uomini di oltre 65 anni. In cifre assolute, il
maggior numero di morti per suicidio si ha però nella fascia di età dai 25 ai 60
anni, con un picco oltre i 45 anni. Gli uomini che si tolgono la vita sono molti
di più delle donne: nel 2009 gli uomini che hanno commesso suicidio sono stati
827, rispetto a 278 donne.1 I metodi più usati sono l’impiccagione e le armi da
fuoco.
Perciò
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sono legati ad un aumento del rischio.
Età e sesso nei tentativi di suicidio
Nei tentati suicidi, invece, si riscontra l’esatto opposto: nelle donne essi hanno
una frequenza una volta e mezza superiore che fra gli uomini.3 Nella maggior
parte dei casi si tratta di assunzione di medicamenti in sovradosaggio.
Stato civile e professione
Anche lo stato civile ha una grande influenza sul rischio di suicidio:
persone single, divorziate o vedove hanno un rischio da 1,5 a 2 volte maggiore di
commettere suicidio, sebbene l’influenza dello stato civile risulti più pronunciata
per gli uomini. Inabilità al lavoro, pensionamento o disoccupazione aumentano il
rischio di suicidio.4
Bibliografia:
1 Ufficio federale di statistica, statistica delle cause di morte, dati aggiornati al 27 Marzo 2012
2 Suizid nach Kanton, 1998–2007, gesamt standardisierte Suizidraten (suicidio per cantone, 1998-2007,
tassi di suicidi complessivi standardizzati) http://www.ipsilon.ch/index.php?id=32
3 K. Michel: Der Arzt und der suizidale Patient, Teil 1: Grundsätzliche Aspekte, Schweiz Med Forum, Nr. 29/30, 2002
4 Suicidio e prevenzione del suicidio in Svizzera. Rapporto in esecuzione del postulato Widmer (02.3251)
5
S U I C I DI O
dei casi da parte di uno psichiatra che
collabori con il medico di famiglia.
Come assiste le persone che hanno
perso un amico, un partner o un familiare?
In questo campo l’assistenza sanitaria
svizzera è deficitaria. I familiari cercano spesso aiuto presso i professionisti, ma molti specialisti possiedono
un’esperienza insufficiente in questo
campo. Sono utili i gruppi di autoaiuto
come Refugium.
Ai fini della prevenzione occorrerebbe
intensificare il lavoro di informazione
del pubblico?
In Svizzera le misure preventive sono di
bassissimo livello. Nella politica sanitaria il tema del suicidio ha purtroppo
un’importanza molto secondaria, e nella
formazione medica viene affrontato in
modo insufficiente. Altri paesi hanno
istituzioni e programmi di prevenzione
a livello nazionale. In Svizzera non si dispone di mezzi sufficienti a questo scopo.
Ora per lo meno esistono in alcuni can-
L’effetto Werther e l’effetto Papageno
Gli articoli che riportano un suicidio possono contribuire a liberare il tema dal
tabù che lo circonda. Alle volte, però, i resoconti sono tali da ottenere esattamente l’effetto opposto. Da studi condotti negli ultimi decenni è emerso che
alcuni modi di dare notizia circa i suicidi portano a gesti di emulazione e possono
influenzare persone fragili e già a rischio. Nelle pubblicazioni scientifiche questo
fenomeno è chiamato «effetto Werther». Infatti nell’ottocento, dopo la pubblicazione del Werther di Goethe, sembra che un’epidemia di suicidi si sia diffusa
fra i giovani uomini.1
Un esempio di cronaca negativa è la documentazione televisiva «Morte di uno
studente» mandata in onda nel 1981 in Germania, cui ha fatto seguito un
aumento del 175% dei suicidi ferroviari. In Gran Bretagna, un giornale ha illustrato in dettaglio un suicidio per avvelenamento. Nel mese seguente sono stati
registrati vari tentativi di avvelenarsi con il metodo descritto.
L’effetto Papageno
Ma ci sono anche esempi positivi: in Austria la stampa si è impegnata spontaneamente al rispetto delle linee guida per i giornalisti, astenendosi dal sensazionalismo nei resoconti dei casi di suicidio. Alla fine degli anni ottanta il numero di
suicidi nella metropolitana era calato, come pure quello dei tentativi di suicidio.
Nell’informare sui suicidi si deve dunque usare la massima cautela. Uno studio
pubblicato nella rinomata rivista medica «British Journal of Psychiatry»2 corrobora questa tesi. Articoli riguardanti persone che sono riuscite ad affrontare situazioni di crisi in modo costruttivo e senza pensieri di suicidio sono stati seguiti da un calo del tasso di suicidi nella settimana successiva alla pubblicazione.
Questo fenomeno è noto anche come effetto Papageno. Nell’opera di Mozart «Il
flauto magico» il giovane uccellatore Papageno, che attraversa una crisi esistenziale quando teme di aver perso per sempre l’amata Papagena, è tutto preso da
pensieri e preparazioni di suicidio. Ma all’ultimo momento, grazie a tre fanciulli,
si convince di avere ancora una possibilità di conquistare Papagena e decide di
continuare a vivere.
Bibliografia:
1 Medien und Suizid. Ein Leitfaden für Medienschaffende, Ipsilon 2007
2 Niederkrotenthaler Thomas et al.: Role of media reports in completed and prevented suicide: Werther v.
Papageno effects; The British Journal of Psychiatry (2010) 197: 234-243
6
«Le
persone
suicidano
parla
non si
perché si
loro del tema»
toni le «Alleanze contro la depressione»,
che si impegnano nell’educazione del
pubblico in tema di depressione e suicidio.
Che cosa sarebbe importante?
Sarebbe ora di fare qualcosa contro la
stigmatizzazione delle malattie psichiche,
e specialmente della depressione. In particolare per gli uomini ciò sarebbe assolutamente necessario. Ancora oggi infatti
gli uomini che attraversano una crisi
psicologica non cercano aiuto, perché è
considerato poco virile. Per gli adolescenti
sono state fatte all’estero buone esperienze con i cosiddetti peer-group, cioè
gruppi di coetanei che si accorgono dei
segnali di pericolo negli altri. Nelle scuole
sarebbe importante che ci fossero anche
interlocutori a cui gli adolescenti potessero rivolgersi.
Se potesse riassumere ancora una volta:
quali sono per Lei i punti più importanti
della prevenzione del suicidio?
È importante tematizzare attivamente i
pensieri suicidari, in ogni caso in presenza
di una depressione o di una crisi psicologica. Anche nel corso di una terapia successiva a una crisi suicidaria è necessario continuare ad affrontare il tema. Le persone
però parlano apertamente dei loro pensieri
di suicidio solo se sussiste un rapporto di
fiducia con uno specialista. L’ideale sarebbe che il paziente rimanesse in contatto a
lungo termine, vale a dire per anni, con un
esperto del campo, come uno psichiatra,
uno psicologo o anche il medico di famiglia, e sapesse perciò di potersi rivolgere a
lui in caso di necessità.
Bibliografia:
1 Angst J, Degonda M, Ernst C.: The Zurich Study: XV. Suicide
attempts in a cohort from age 20 to 30; Eur Arch Psychiatry
Clin Neurosci. 1992; 242(2-3): 135-41
«lean on me»:
sono un amico e ti ascolto con attenzione
La campagna «lean on me» offre preziosi suggerimenti ed informazioni sul
modo di aiutare e stare a fianco di chi
soffre di depressione. Dall’inizio della
campagna hanno avuto luogo numerose iniziative. Una novità: ora grazie
a un‘app potete accedere all’aiuto e
al supporto offerto da «lean on me»
anche tramite il vostro cellulare.
Spesso chi soffre di depressione si sente
dire di «non farla tanto lunga». La conseguenza: gli interessati si isolano, evitano di
parlare dei propri problemi con gli amici o
la famiglia. In particolare i giovani uomini
non cercano aiuto nei momenti di crisi
psicologica, perché ciò non è considerato
virile. «lean on me» intende richiamare
l’attenzione su questa difficile situazione,
giacché per chi soffre di depressione il sostegno della famiglia, degli amici o anche
di professionisti della sanità è di particolare importanza.
L‘app «Friendly Reminder»
«Friendly Reminder» offre la possibilità
di dimostrare ai propri amici l’importanza
che ha per noi la loro amicizia, e la nostra
disponibilità ad aiutarli. Dopo aver scaricato l’app, sul cellulare appare la richiesta di
autorizzazione all’accesso ai dati personali
su Facebook. Poi viene attivato un suggerimento giornaliero. Sullo schermo appaiono inoltre domande e risposte sul tema
depressione e suicidio. In caso di emergenza, il tasto Help mette in comunicazione
diretta con il numero di emergenza di un
centro di assistenza.
Nuovo: www.leanonme.ch con
informazioni sul suicidio
Ogni anno in Svizzera più di mille persone
commettono suicidio. La depressione
è un importante fattore di rischio che
porta le persone a togliersi la vita. Spesso
gli interessati si vergognano di parlare
dei propri problemi con gli amici, con la
famiglia o persino con i professionisti della
sanità. Le malattie psichiatriche continuano infatti ad essere gravate da uno stigma,
e rimangono fonte di vergogna. Spesso
però manca semplicemente l’informazione
sulle possibilità di ricevere aiuto. Perciò
quest’anno il suicidio è l’argomento principale di «lean on me». Il sito web riporta
nuove informazioni importanti sui sintomi
ed i fattori di rischio delle persone con
tendenze suicide. Un capitolo è dedicato interamente a spiegare in che modo
affrontare l’argomento con la persona a
rischio. Parlarne, infatti, non provoca mai
un tentativo di suicidio, al contrario del
passare il tema sotto silenzio.
Si può seguire la campagna anche su Twitter e YouTube grazie ai simboli interattivi
sulla homepage www.leanonme.ch.
CH E CO S’ È «LE A N O N M E» ?
Lundbeck International ha lanciato
insieme alla European Depression
Association (EDA) la campagna «lean on
me». L‘obiettivo: promuovere la comprensione per le malattie psichiche come
la depressione e l’appoggio per chi ne
soffre, nonché lottare contro lo stigma
di cui sono oggetto. La campagna gode
del supporto internazionale della World
Federation for Mental Health (WFMH) e
del WONCA (World Organization of National Colleges, Academies and Academic
Associations of General Practitioners/Family Physicians). In Svizzera Lundbeck SA
è supportata da Equilibrium, associazione per far fronte alla depressione, dalla
Fondazione Werner Alfred Selo (WASS),
dalla Società Svizzera di Psichiatria e
Psicoterapia (SSPP), dalla Società Svizzera di Medicina Generale (SSMG), dalla
Associazione dei familiari e amici delle
persone con disagio psichico (VASK) e
Ipsilon, Iniziativa per la prevenzione del
suicidio in Svizzera.
OR D IN AT E O R A L’ O P U SCO L O
IN F O R M AT I VO
Nell’ambito della campagna «lean on
me» è stato pubblicato l’opuscolo informativo «Come dire nel migliore dei modi:
APPOGGIATI A ME! Consigli per il dialogo
con amici o familiari colpiti da depressione». L’opuscolo può essere scaricato dal
sito www.leanonme.ch oppure ordinato
gratuitamente a Lundbeck (Svizzera) SA,
tel. 044 874 34 34,
e-mail: [email protected].
7
«Qui
comprensione
ascolto»
T RAU MA & D EPR ES S I O N E
trovo
e
S ANDRA C HRISTEN HA SOFFERTO PER ANNI DI UNA GRAVE DEPRESSIONE E DI DISTURBI ALIMENTARI , E HA CERCATO DI
PLACARE L ’ IRREQUIETEZZA INTERIORE RICORRENDO ALL ’ ALCOOL . D OPO VARI SOGGIORNI NELLA CLINICA PRIVATA C LIENIA
L ITTENHEID (TG) , HA RICEVUTO PER LA PRIMA VOLTA L ’ ASSISTENZA NECESSARIA NEL CENTRO DI PSICOTRAUMATOLOGIA .
A
nnidata fra prati verdi e dolci
colline, la clinica privata Clienia
Littenheid sembra un piccolo
villaggio. I pazienti possono acquistare
piccoli snack al negozietto di alimentari
o pagare i conti alla posta. Chi desidera
pranzare tranquillamente con i propri
visitatori può recarsi al ristorante del
villaggio-clinica.
Che si tratta di una struttura ospedaliera diventa manifesto solo entrando negli edifici: «Accesso vietato alle persone
non autorizzate» dice il cartello sulla
porta del reparto speciale Waldegg A.
Questo perché i pazienti ricoverati qui
hanno bisogno di protezione. La clinica
privata Clienia Littenheid è l’unico
centro svizzero di psicotraumatologia
specializzato e riconosciuto. Chi si trova
qui ha avuto terribili esperienze di vita,
e perciò i pazienti non devono essere
importunati e innervositi da visitatori
indesiderati. Il cartello però chiarisce
anche che questa restrizione è voluta
8
dai pazienti stessi, che altrimenti lo
toglierebbero.
Sandra Christen, 36 anni, si trova per
la quarta volta nel centro di psicotraumatologia della clinica privata Clienia
Littenheid. L‘alta giovane donna sembra sottile e fragile, ma i capelli corti
le danno anche un aspetto scattante
e sportivo. Nell’intervista non parlerà
delle sue esperienze traumatiche –
vuole proteggersi da quei terribili ricordi. Non parlare del trauma significa per
lei però anche tenerlo a bada in limiti
ben precisi, riguadagnando così il controllo della propria vita. Un importante
passo verso la normalità.
Problemi psichici e disturbi alimentari l’accompagnano da decenni.
Nel 1997 pesa appena 43 kg. «Dopo
l’apprendistato commerciale ho lavorato nell’agricoltura. La natura mi ha
aiutato sempre a non sentirmi rinchiusa», racconta. Già allora conduceva una
vita molto ritirata ed isolata. «Anche
andare a far la spesa era per me una sfida, perché mi sarei trovata fra la gente»,
racconta durante il colloquio. In questo
periodo la sua vita interiore è costantemente in tensione, Sandra Christen non
riesce a dormire malgrado una grande
stanchezza. E quando infine si addormenta, è tormentata dagli incubi.
Nel 2004 Sandra Christen viene ricoverata per la prima volta nella stazione per
casi acuti, dove viene emessa la diagnosi
di depressione. Grazie ai medicamenti,
i cosiddetti antidepressivi, i sintomi in
parte regrediscono. Sandra Christen
vuole lasciare il più presto possibile la
clinica psichiatrica e tornare al lavoro,
«altrimenti mi sarei sentita inutile e
senza valore», ricorda. Ma questa condizione stabile è di breve durata.
Dopo essere stata dimessa, Sandra
Christen soffoca i sentimenti con il
lavoro, sgobbando fino a quattordici
TRAUM A & DEP RE S S I O N E
Qui incontra Bernd Frank, specialista di
psicotraumatologia. Nel colloquio con
lui viene pronunciata per la prima volta
la parola trauma, che esplode con la
forza di una bomba e cambia la sua vita.
«Ho sentito subito di essere capita, e
che qui avrei avuto finalmente l’aiuto di
cui ho bisogno», dice. Il fatto di ricevere comprensione le ridà anche un po‘
dell’autostima perduta: «Mi sono resa
conto che senza quelle esperienze traumatiche sarei una persona sana, e che
non do i numeri né soffro di malattie
psichiche».
Sandra Christen con un peluche e una bambola fatta da
lei. Questi simboli, parte della terapia psicotraumatologica,
vengono impiegati nei giochi terapeutici di ruolo, di gruppo
e singoli, e servono a rivivere il trauma subito. I partecipanti
decidono autonomamente quando continuare a raccontare e
quando interrompere la terapia.
ore al giorno – ancora una volta fino al
completo esaurimento. Ancora una volta
si ritrova nel reparto psichiatrico. In
seguito lavora nella viticoltura e partecipa alla vendemmia. La natura esercita
di nuovo il suo effetto calmante, «ero
felice per ogni fiore», osserva. Tuttavia si
profilano nuove sventure. Il suo consumo di alcool aumenta. Prima di una
visita alla famiglia deve bere un paio di
grappini, per facilitare la conversazione.
«Volevo essere la loro brava bambina, e
l’alcool mi aiutava a riuscirci», confessa.
Dentro di sé tuttavia sente la necessità
di interrompere i contatti con la famiglia. Infatti queste visite la esauriscono
sempre più, le provocano incubi, e il suo
stato peggiora. Inoltre questi contatti con la famiglia innescano un fatale
circolo vizioso: Sandra Christen beve
per rilassarsi, e così la sua dipendenza si
aggrava. Si fa ricoverare di nuovo nella
clinica psichiatrica.
Questa consapevolezza l’aiuta anche ad
accettare se stessa e la sintomatologia
che la affligge. «La depressione è una
parte dei miei problemi, ma non il più
importante né la loro origine», riconosce ormai Sandra Christen. Grazie alla
terapia di psicotraumatologia ritrova
passo dopo passo la via verso la vita,
impara a riconoscere le proprie esigenze e a badare a se stessa. Durante
l’elaborazione dei traumi subiti, tuttavia,
continua a soffrire di tensione interiore, che provoca ricadute. In questi casi
l’assistenza terapeutica fornisce ancora
una volta l’appoggio necessario: «Oggi
so che i sentimenti possono esistere,
anche quelli considerati ‹negativi›. Non
li vivo più come sconfitte, e ne vengo
sopraffatta sempre meno».
Se tutto va bene, Sandra Christen verrà
presto dimessa. Per la prima volta la giovane donna sente il bisogno di ottenere
di più dalla vita, e sa già in che direzione
andare: aiutare le persone che si trovano
nella sua stessa situazione. Forse inizierà
un corso di formazione a Berna – e così
forse anche una nuova vita.
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tutto
ricorda
trauma»
T RAU MA & D EPR ES S I O N E
«Si evita
ciò che
il
LA
DEPRESSIONE PUÒ CELARE I SINTOMI DI UN ’ ESPERIENZA TRAUMATICA , SPESSO PROLUNGANDO COSÌ DI MOLTI ANNI LA
SOFFERENZA DEI COLPITI .
B ERND F RANK ,
DIRIGENTE MEDICO DEL REPARTO DI PSICOTRAUMATOLOGIA NONCHÉ PSICOTERA -
PEUTA SPECIALIZZATO IN TRAUMATOLOGIA
(DIPT/SIPT)
PRESSO LA CLINICA PRIVATA
C LIENIA L ITTENHEID ,
SI È SPECIALIZZA -
TO NEL TRATTAMENTO DI GRAVI TRAUMI PSICOLOGICI .
Cosa si intende per trauma?
Un trauma è un evento che agisce sulla
persona dell’esterno, e l’esperienza può
risultare così intensa e minacciosa da
non riuscire ad essere elaborata da chi la
subisce. Un trauma può essere provocato
da eventi naturali o da azioni di terzi, che
fanno sentire chi le subisce inerme e annientato e lo spogliano di tutte le sicurezze
acquisite, dando origine a sentimenti di
impotenza, inadeguatezza e incapacità di
difesa.
Quali forme di traumatizzazione
esistono?
Noi distinguiamo i traumi da shock,
comprendenti incidenti, catastrofi naturali
come uno tsunami oppure azioni belliche. Quindi ci sono i traumi di relazione,
come l’abuso sessuale, psichico o emozionale e/o l’abbandono. L’ultimo gruppo
è costituito dalla mancanza di sicurezza
nelle relazioni. Per un bambino perdere
all’improvviso un genitore per un incidente è traumatico (trauma da deprivazione).
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Anche i figli di tossicodipendenti sono
spesso traumatizzati se non hanno potuto
stabilire un rapporto sicuro con i genitori.
Il trattamento si complica se il paziente
è stato traumatizzato costantemente,
oppure solo una o alcune volte?
Gli effetti sono tanto più gravi quanto più
il trauma è stato precoce – in termini di
età – e duraturo, e quanto più stretta era la
relazione con l’autore. Se i traumi sono stati inflitti dalle figure di riferimento primarie,
cioè i genitori, le conseguenze sono spesso
catastrofiche. Spesso si arriva alla dissociazione, un meccanismo innato di protezione:
il bambino, o anche l’adulto, «fugge» dalla
situazione traumatizzante per non doverne
subire la sofferenza; il ricordo del trauma
viene scisso in piccoli frammenti perché
altrimenti risulterebbe insopportabile.
Da dove viene la forza di elaborare
l‘accaduto?
È essenziale la natura della persona ed
il tipo di risorse che è stata in grado di
sviluppare durante l’infanzia. Chi ha trovato
nei genitori fiducia, consolazione, sensibilità e un rapporto stabile avrà meno difficoltà ad elaborare un trauma. Oltre a ciò vi
sono anche fattori ambientali. La persona
è integrata in una rete sociale o vive da
sola? Chi ha subito un trauma, ma per il
resto è inserito in un ambiente sociale che
dà sostegno, ha maggiori chance di poterlo
elaborare.
Donne e uomini sono colpiti con la
stessa frequenza o esistono differenze
fra i sessi?
L’80% dei traumi sessuali si riscontra nelle
donne e il 20% negli uomini. I traumi
bellici riguardano quasi esclusivamente
gli uomini (95%), la violenza domestica
invece colpisce indifferentemente sia
uomini che donne.
Sempre più spesso, all’effetto del
trauma si accompagna una depressione
o un disturbo d‘ansia. Questo rende
difficile l’ulteriore trattamento?
TRAUM
D EPR ESSI
A&
ON
DEP
& RE
DISASBIEOTNE SE
Sì, perché più i sintomi della depressione
o del disturbo d’ansia sono pronunciati,
più le conseguenze del trauma sono gravi
e durature. Un semplice disturbo posttraumatico può essere trattato ambulatorialmente in poche ore, in caso di traumi
complessi, con sintomi di depressione e/o
disturbo d’ansia, il trattamento può durare
da tre a sei mesi. Spesso osserviamo una
sintomatologia concomitante, con disturbi
alimentari o abuso di sostanze come
alcool o altre droghe. Questa forma viene
denominata automedicazione, perché
i colpiti prendono queste sostanze per
rendere sopportabili i sintomi del disturbo
post-traumatico.
Perché si sviluppano anche depressione
e/o disturbo d’ansia, quali sono le dinamiche alla base di questo processo?
Depressione e/o disturbo d’ansia insorgono spesso in seguito all’elevata pressione
psichica esercitata dai sintomi del disturbo post-traumatico. Spesso si manifestano
in concomitanza con dolori o disturbi
psicosomatici, per esempio a livello gastrico o cardiaco. Che dietro di essi si celi
una lesione traumatica sfugge ai medici
nel 40-60% dei casi. Va aggiunto inoltre
che i traumi psichici continuano a essere
un tema tabù del quale non si parla, fedeli
ad una specie di congiura del silenzio per
negarne l’esistenza. In realtà la valutazione
diagnostica del medico di famiglia deve
sempre comprendere anche l’anamnesi
biografica, perché essa dà ragguagli sul
vissuto della persona. A partire dalla
biografia è praticamente possibile intuire
eventuali patologie o peggioramenti.
I NFO RM A ZI O N I S U LLA C LI N IC A
L’ambulatorio per pazienti traumatizzati della clinica privata Clienia Littenheid è
destinato a fornire valutazione diagnostica e consulenza qualificate e per quanto possibile tempestive. Il reparto speciale Waldegg A offre 18 posti di terapia
stazionaria per pazienti con disturbi post-traumatici, mentre il reparto speciale
Waldegg B offre 16 posti di terapia stazionaria per pazienti con disturbi posttraumatici acuti e complessi.
determinati odori fanno ricordare l’evento
traumatico. Questi ricordi irrompono, nel
vero senso della parola, nell’individuo
senza che egli sia in grado di controllarli.
Si parla allora di intrusioni, che possono
manifestarsi anche sotto forma di incubi.
Fanno parte di queste manifestazioni
anche i cosiddetti flashback intrusivi, che
fanno rivivere il trauma. A questo si
aggiunge la sintomatologia della depressione. I colpiti sono perciò anche esauriti,
sfiniti, apatici, assonnati e disattenti.
Qual è il trattamento più indicato per
un trauma quando è accompagnato da
disturbi concomitanti?
Il trattamento medicamentoso con un
antidepressivo e la psicoterapia traumatologica vanno a braccetto, si completano
a vicenda. Non succede mai che una delle
due sia impiegata come unica terapia.
È possibile il rientro nella vita quotidiana o sul posto di lavoro?
I pazienti traumatizzati sono in realtà
persone sane, che senza l’esperienza
traumatizzante potrebbero condurre
una vita normale. Una volta elaborato il
trauma, un ritorno alla vita quotidiana è
perciò più che possibile. Diverso è il caso
delle persone che soffrono di una malattia
psichiatrica, ad esempio la schizofrenia.
Questi sono pazienti che richiedono un
trattamento per tutta la vita e incontrano
maggiori difficoltà a integrarsi nella vita
quotidiana.
Perché è necessario un ambulatorio
per traumatizzati? Quali sono le sue
caratteristiche?
Nel nostro ambulatorio i pazienti vengono
esaminati tempestivamente e in modo
professionale. Possiamo così trattare
in modo mirato soprattutto i disturbi
post-traumatici più complessi. Ogni anno
trattiamo circa 200 pazienti, dall’inizio di
quest‘anno provenienti da tutta la Svizzera. L’anno scorso abbiamo ottenuto la
certificazione di primo centro svizzero di
psicotraumatologia. Raggiungiamo quindi
gli importanti standard internazionali che
un’istituzione di questo tipo richiede per
offrire ai pazienti affidatile un trattamento
qualitativamente adeguato.
Quanto dura il trattamento di un
trauma?
Questo dipende dalla complessità degli
eventi traumatici e dai sintomi psichiatrici. Più le patologie concomitanti, ad
esempio la depressione, sono gravi, più il
trattamento richiede tempo. Solitamente
la terapia stazionaria di un trauma dura
tre mesi. In casi di difficile terapia il tratCome si differenzia un trauma dalla
tamento ha luogo a intervalli, cioè in tre
depressione o dal disturbo d‘ansia?
Nel caso della depressione è riconoscibile segmenti di tre mesi ciascuno. Durante il
trattamento si mira a stabilizzare la perun ben preciso quadro sintomatico: il depresso per esempio è costantemente stan- sona, che impara a prendere le distanze
dal trauma subito e a rafforzare le proprie
co, soffre di sonno disturbato, non prova
gioia, è apatico e inattivo, si sente oppres- risorse interiori.
so e colpevole. Nel trauma sono presenti
sia i corrispondenti sintomi che disturbi
concomitanti, come la depressione, anche
PRO FI LO
se il quadro sintomatico del trauma resta
in primo piano. Tutto ciò che riporta alla
Bernd Frank, 60 anni, è dirigente medico del reparto di psicotraumatologia e
mente il trauma viene evitato. I ricordi si
psicoterapeuta specializzato in traumatologia presso la clinica privata Clienia
presentano spesso sotto forma di immaLittenheid. Ha seguito una formazione sulla psicoterapia traumatologica presso i
gini o sensazioni violente. Alle volte anche
miglior esperti in Germania, Austria e Paesi Bassi.
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I N BREV E
CENTRI DI RIFERIMENTO E LINK
Colophon
La Svolta
Informazioni sulla depressione e sui disturbi d‘ansia
Editore
Lundbeck (Svizzera) SA
Cherstrasse 4, Casella postale, 8152 Glattbrugg
[email protected], www.lundbeck.ch,
www.leanonme.ch, www.depression.ch
CIP577 La Svolta 12 / I
Concetto e redazione: Giger Com GmbH
Autrice: Annegret Czernotta
Realizzazione grafica: Logo 108 GmbH
Stampa: dfmedia
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È essenziale un rapporto improntato alla fiducia