Il corpo “domicilium” dell’anima
- IL corpo viene concepito come “triste e oscura
dimora” dell’animo.
-L’uomo appena ha la possibilità evade da
esso,riposandosi e contemplando la natura.
-L’anima dovrà un giorno lasciare il corpo,dunque
non dobbiamo temere questo
passaggio,attaccandosi eccessivamente alla vita.
Il suicidio è “via libertatis”
-La vita non è altro che servitù,dunque per
liberarci dalle “catene” che ci obbligano a
rimanere legati al nostro corpo,l’uomo è
libero di suicidarsi in qualsiasi momento.
-Seneca definisce il suicidio come suprema
liberazione dalla sorte e alle avversità della
“fortuna”.
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“Ma soprattutto mi sono preoccupato
che nessuno potesse trattenervi contro
voglia: la via di uscita è sempre aperta.
Se non volete battervi potete sempre
fuggire.”
Da “De providentia”.
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La semplicità del suicidio
• -Secondo Seneca non a caso è stato concesso
all’uomo solo una possibilità per entrare nella
vita,ma molti modi per uscirne.
• -Nel “De ira” troviamo un vasto elenco di modalità
per togliersi la vita,che ci fa capire come sia
semplice e giusta la soluzione del suicidio:
“Dovunque tu volga lo sguardo,puoi trovare una
fine ai tuoi mali.[…]Mi chiedi la via per la libertà?
Qualunque vena del tuo corpo può diventarlo!”
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La morte di Seneca
• -Possiamo certamente affermare che Seneca
abbia avuto una morte coerente con quella da
lui descritta e professata: egli dopo essere
stato accusato per la partecipazione,anche se
passiva,ad una congiura nei confronti di
Nerone decise di non compromettere la
propria integrità morale e suicidarsi. Inoltre la
sua morte può essere paragonata a quella di
Socrate,infatti entrambi decisero di passare gli
ultimi momenti della propria vita insieme ai
propri amici e discepoli,parlando di argomenti
filosofici.
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- La i presenta a noi non come un male, ma
come la fine di ogni sensazione e sofferenza, in
quanto l’impossimorte sbilità di avere sensazioni
comporta la fine di ogni possibilità di sofferenza
e dolore.
- La morte non diventa solo colei che libera l’uomo dalle
sofferenze, ma lo libera anche dalla sua schiavitù nei
confronti della fortuna, poiché non è più in balia di essa. La
morte é per Seneca una legge universale e necessaria e
l’accettazione di questa comporta, nell’uomo, la
consapevolezza di poter dominare il destino e di essere
padrone della propria vita. La morte, infatti, è l’unico
strumento di libertà concesso all’uomo: grazie ad essa noi
possiamo resistere alla fortuna, sottrarci ad ogni forma di
schiavitù.
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- La morte rappresenta la sola certezza che
attende ogni uomo alla fine della sua vita,: una
certezza che coincide con la fine del tempo più
incerto della vita dell’uomo, ovvero il suo futuro.
Così, essa si presenta come forza liberatrice, che
appunto libera l’uomo dalla paura dell’incerto, lo
preserva dalle sofferenze del presente e pone
fine al supplizio della vita.
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- Tutto ci è dato in prestito e in qualsiasi
momento la sorte o la natura può chiederlo
indietro
- A chiunque può capitare quello che può
capitare a qualcuno
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- Alcuni fanno di tutto per avere salva la vita, si
umiliano e si mostrano vigliacchi, destando il
disprezzo degli spettatori; altri, al contrario,
sembrano non avere a cuore la propria vita e si
presentano sprezzanti di fronte alla morte,
suscitando ammirazione nel pubblico. Mentre i
primi vengono lasciati a morire, gli altri
ottengono la salvezza.
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