La tecnologia presso i Romani Lezione del corso di Storia della Tecnologia 13/03/2006 Filippo Nieddu Sesto Giulio Frontino / 1 Sesto Giulio Frontino, Governatore della Britannia (74-78) e curatore delle acque di Roma (97-104) si occupò anche di agrimensura e di tecnica militare e strategia (Strategmata in 4 libri). Il suo trattato De acquae ductu urbis Romae è opera di fondamentale importanza per la comprensione del sistema tecnico romano, non solo di quello legato alla gestione delle acque. Gli acquedotti romani / 1 Gli acquedotti romani funzionavano a "gravità“. Nello schema: il manufatto di presa (incile), il lungo canale in muratura (rivus) che trasportava le acque anche a più di 100 km di distanza, le gallerie, i ponti-canale per attraversare le valli con muri ed archi (sostruziones, arcuaziones), se del caso le condotte in piombo saldato, sino alle vasche di carico alimentanti le reti idriche cittadine (castella aquae). Esistevano anche le opere per il corretto funzionamento come le piscinae limariae (sedimentatori) e i fori di aerazione (lumina). Gli acquedotti romani / 2 Le strade romane / 1 Le strade romane / 2 Alla base delle strade romane erano fondazioni eseguite a mano, poi degli strati impermeabili che preservavano dall’acqua. A questi era sovrapposto un nucleus, un sostegno per il pavimento vero e proprio. Nella costruzione di strade si usavano rulli in pietra descritti anche da Virgilio. Gli ingegneri romani tentavano sempre di adoperare materiali locali, in modo da avere le cave in pietra in prossimità della strada da costruire. L’uso della malta di calce (calce o pozzolana come legante, sabbia e acqua) fu importato dall’edilizia ellenica verso il 300 a.C. Con pietrisco, cocci di terracotta e mattoni frantumati preparavano un fondo che poteva penetrare tra gli interstizi delle pietre degli strati di fondazione per dare maggiore solidità. Si usava anche il fondo di ghiaia, con il risultato di una strada in calcestruzzo (composto di cemento come legante, un inerte come la ghiaia e acqua). Le strade romane / 3 La centuriazione / 1 Il procedimento tecnico usato dai Romani per organizzare i terreni agricoli si chiama "centuriazione" ed è un metodo valido per un territorio pianeggiante e ricco di acqua come quello della valle Padana: boscaglie e paludi vengono eliminate per guadagnare fertili terreni agricoli, per assegnare ai cittadini delle colonie; l’area coltivabile viene non solo parcellata (suddivisa) ma anche attrezzata con strade, sentieri e una rete di canali, di scoli e di fossi. La centuriazione / 2 La suddivisione del territorio e l’assegnazione delle terre ai coloni si realizzavano tracciando sul terreno un reticolo ortogonale di maglie quadrate (centurie) di circa settecento metri per lato, con una superficie di circa 50 ettari. Le linee divisorie formanti la centuria, prendono il nome di "cardini" e "decumani" (cardine direzione sudnord e decumano est-ovest) più genericamente chiamati "limites". Gli assi principali tracciati per primi dagli agrimensori si chiamano Decumano e Cardine Maximum. Terminata la suddivisione del suolo, agli incroci del limites erano posti dei cippi in pietra chiamati "termini" cioè pietre di confine sulle quali erano incise le coordinate della centuriazione. I confini erano considerati sacri e le pietre di confine onorate come divinità. La groma / 1 La groma è uno strumento con una squadra a piombi che veniva piantato e, traguardato a est, costituiva un primo allineamento: il decumano. Perpendicolarmente a questo veniva tracciato il cardine (cardo). Parallelamente a questi assi e a distanze uguali venivano tracciati i limites (detti intercisivi cioè i confini tra gli appezzamenti). La groma / 2 L’idraulica e le norie La noria era, insieme alla vite di Archimede, uno strumento utilizzato dai Romani per i lavori di drenaggio. Esse, insieme con sistemi di pompaggio in bronzo, sono stati descritti già da Erone e Vitruvio, e ancora in uso nel XIX secolo. Riferimenti bibliografici essenziali Vittorio MARCHIS, Storia delle macchine, Roma-Bari : Laterza, 2005 (2a ed.) Charles SINGER et al. (ed.), Storia della tecnologia, Torino : Bollati Boringhieri, 1994 Abbott Payson USHER, A History of Mechanical Inventions, New York : Dover, 1982