Comune di borgoricco Assessorato alla cultura biblioteca comunale amministrazione provinciale di padova assessorato alla cultura ministero per i beni e le attività culturali soprintendenza archeologica per il veneto MUSEO DELLA CENTURIAZIONE ROMANA testimonianze della centuriazione a nord-est di padova MUSEO DELLA CENTURIAZIONE ROMANA Curatori: Simonetta Bonomi Soprintendenza Archeologica per il Veneto Vanna Agostini Biblioteca Comunale di Borgoricco Testi: Silvia Cipriano Cristina Mengotti Allestimento Progetto: Lino Sorato Realizzazione: Studio Branco – La Palma – Palo Alto Grafica Progetto: Marco Dalla Vedova Realizzazione: Land Italia Disegni originali: Leonardo Di Simone Comune di borgoricco Assessorato alla cultura biblioteca comunale amministrazione provinciale di padova assessorato alla cultura ministero per i beni e le attività culturali soprintendenza archeologica per il veneto INDICE 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 29 30 32 Le centuriazioni nel mondo romano La centuriazione romana a Nord-Est di Padova Il territorio di Borgoricco Testimonianze delle attività economiche Ville ed insediamenti rustici La casa romana La produzione di laterizi Le attività domestiche Cucina e arredo domestico La mensa romana Culto domestico Abbigliamento, toilette e giochi Tombe e necropoli Il nuovo Centro Culturale Erma bifronte da Borgoricco PREMESSA Il Museo della Centuriazione Romana, nato dalla collaborazione tra il Comune di Borgoricco e la Soprintendenza Archeologica per il Veneto, intende essere soprattutto uno strumento didattico, destinato sia alle scuole sia al pubblico adulto, per comprendere nei suoi vari aspetti una straordinaria testimonianza del passato di questo territorio. L’area centuriata, che si estende da Camposampiero a S. Maria di Sala, oggi divisa tra le province di Padova e di Venezia, è ancora ben visibile sul terreno con il suo ordinato reticolo di strade e di fossati, il cosiddetto “Graticolato Romano”, e rappresenta uno dei rari esempi di buona conservazione di un disegno agrario risalente a circa duemila anni fa. Questo grande comprensorio, in origine più vasto rispetto alla situazione attuale, come hanno dimostrato gli studi svolti sulle foto aeree e sulle foto da satellite, dipendeva dal municipio romano di Patavium, la Padova antica. I Romani lo suddivisero secondo uno schema geometrico per bonificarne e renderne coltivabile la terra, che venne distribuita a veterani e contadini. Della loro vita sono rimaste le modeste testimonianze qui esposte, reperti archeologici affiorati dalla terra e raccolti da appassionati attenti, che costituiscono per noi moderni gli unici preziosi strumenti per ricostruire il passato di questo territorio. Luigi Malnati Soprintendente della Soprintendenza Archeologica per il Veneto MUSEO DELLA CENTURIAZIONE ROMANA Il Catalogo del Museo della Centuriazione Romana, che qui si presenta, riveste una particolare importanza. Da un lato, infatti, rappresenta un punto di arrivo, la definizione compiuta di un processo di catalogazione scientifica dei reperti esposti all’interno della struttura municipale di Borgoricco, un lavoro che è stato possibile grazie alla collaborazione e allo sforzo profuso dalla Soprintendenza Archeologica per il Veneto; al tempo stesso il catalogo costituisce la tappa di un’ulteriore, più articolata e complessa fase di progettazione di un nuovo nucleo museale che si sviluppa in connessione con il futuro Centro Civico progettato da Aldo Rossi. Si tratta di un’operazione culturale particolarmente impegnativa e di grande respiro culturale che nasce grazie ad una collaborazione organica tra il Comune di Borgoricco e la Provincia di Padova. Lo spazio espositivo rappresenterà poi un elemento di particolare rilievo anche rispetto alla didattica museale; il coinvolgimento del mondo della Scuola farà si che il Museo non venga percepito, infatti, come struttura chiusa, come un “tempio”, ma come un luogo a partire dal quale ricevere sollecitazioni e spunti per una scoperta della nostra identità storica, per una valorizzazione della nostra specificità territoriale. Il Museo, del resto, si viene ad inserire in un progetto più ampio di “riscoperta” dalle radici culturali dell’Alta: si pensi al Museo di Villa Querini di Camposampiero, al Museo della Civiltà contadina di Fontaniva, al recupero storico-culturale dell’Ostiglia, alla valorizzazione della Palude di Onara. In definitiva Borgoricco, con questa iniziativa, si viene ad inserire a pieno titolo e con autorevolezza in un circuito provinciale e regionale che lo connota come un vero e proprio “polo” culturale. Ci sembra, infine, doveroso esprimere un ringraziamento particolare a quanti hanno concorso con il loro lavoro e la loro professionalità alla realizzazione di questa Guida e un benvenuto a quanti, venendo a Borgoricco, avranno modo di apprezzare le bellezze architettoniche e paesaggistiche. Flavio Frasson Sindaco di Borgoricco Andrea Colasio Assessore provinciale alla Cultura L’esigenza di costruire un Museo che raccolga i reperti e le testimonianze della centuriazione a nord-est di Padova è stata dettata dalla particolare importanza archeologica che il territorio circostante ha riservato. L’area centuriata, caratterizzata dall’ordinato reticolo di strade e fossati, che ha regolato e scandito la vita delle popolazioni che qui si sono insediate per centinaia di anni, è ancora oggi straordinariamente ben visibile nell’area compresa tra Camposampiero e Mirano, divisa fra le provincie di Padova e Venezia, di cui Borgoricco rappresenta il centro geografico ideale. Negli ultimi anni, a seguito di lavori edilizi ed agricoli e per alcune campagne di scavo eseguite dalla Soprintendenza si sono recuperate significative testimonianze che documentano la presenza nel territorio di Borgoricco, ma anche in tutta l’area circostante, di numerosi insediamenti antichi. Il primo nucleo del museo è sorto per la volontà di alcuni appassionati fra i quali ricordo il dottor Filippo De Angeli e Gerardo Boschello, che hanno cominciato a raccogliere reperti affiorati dalla terra, sempre con maggiore frequenza, e conservarli con cura presso la Biblioteca Comunale. Meritevole l’opera di studio e ricerca condotta dal nostro concittadino Fratel Aldo Benetti che ha notevolmente contribuito all’approfondimento delle conoscenze storiche locali. Oggi finalmente, dopo un paziente lavoro, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per il Veneto che ha curato la catalogazione e la scelta dei reperti da esporre, siamo arrivati alla conclusione di un percorso con l’apertura di questo spazio museale (ancora provvisorio in attesa del trasferimento presso il Centro Civico) che intende rivolgersi a tutti i cittadini, ma soprattutto ai più giovani, che qui troveranno un efficace aiuto per approfondire la conoscenza sulle origini della nostra civiltà, e potranno quasi toccare con mano queste straordinarie testimonianze di un’epoca che ha così profondamente segnato il territorio dove viviamo. Mi auguro che questa pubblicazione possa fornire un valido supporto ai visitatori, ma diventi anche un facile strumento di diffusione della cultura, e perché no, anche per lo sviluppo del turismo locale. Vorrei ringraziare, per il prezioso contributo, tutte le persone che hanno collaborato alla realizzazione del Museo e alla stesura di questa pubblicazione, in particolare la dottoressa Simonetta Bonomi della Soprintendenza Archeologica per il Veneto, la dottoressa Silvia Cipriano, la dottoressa Cristina Mengotti, e Vanna Agostini che dirige la Biblioteca Comunale di Borgoricco alle quali va il mio vivo riconoscimento. Lino Sorato Assessore alla Cultura di Borgoricco le centuriazioni Romani nella loro fase di conquista procedettero a veri e propri piani regolatori mediante un particolare tipo di divisione dei terreni (limitatio), in funzione tanto di una loro assegnazione ai cittadini di una colonia, quanto anche di una distribuzione viritana, cioè a singoli assegnatari. Tale sistemazione agraria veniva chiamata centuriazione, nome che deriva, secondo la tradizione, dalla procedura, risalente ai tempi di Romolo, di distribuire l’equivalente di una centuria (pari a poco più di 50 ettari) a 100 proprietari. Tecnicamente erano gli agrimensori (gromatici), esperti sia militari sia civili, che procedevano alla misurazione e divisione dei terreni. Il loro nome deriva dallo strumento usato, la groma, che permetteva di tracciare un preciso reticolato. Essi sceglievano l’orientamento da dare alla centuriazione ed, in base a questo, tracciavano i due assi principali: kardo maximus da nord a sud e decumanus maximus da est ad ovest. Parallele a questi venivano segnate altre linee a distanze regolari (limites), creando così un reticolo formato da appezzamenti di terra di uguali dimensioni (centuriae). Le tecniche e le norme che riguardano queste complesse operazioni sono raccolte nei testi degli antichi scrittori di agrimensura, che ci sono stati trasmessi in codici medievali riccamente illustrati. La più frequente unità agrimensoria era la centuria quadrata di 20 actus di lato (corrispondenti a m 710 circa) che formavano una superficie di 200 jugera (100 heredia). La misura della centuria si collegava quindi alle unità di misura Il paesaggio centuriato. romane che, nel caso di superfici agrarie, erano legate al lavoro dei buoi nei campi: la base era lo jugerum, cioè la quantità di terreno che poteva essere arato in un giorno da una coppia di buoi aggiogati (circa mq 2500); due jugeri costituivano un Agrimensori che stanno heredium, cioè la quantità traguardando. di terreno, assegnato da I 8 neL MONDO romano Miniatura da manoscritto medievale con centuriazione di una colonia. Schema della numerazione delle centurie e dei limites. Schema di una centuria e i suoi sottomultipli. JUGERUM ACTUS QUADRATUS HEREDIUM CENTURIA Romolo, secondo la tradizione, a ciascuna famiglia in proprietà ereditaria. Oltre ai limites principali che coincidevano per lo più con strade, per cui il terreno centuriato veniva dotato di una vasta rete di comunicazioni, venivano tracciate anche delle linee secondarie (limites intercisivi), all’interno delle centurie. Questi dividevano il terreno in parti uguali che venivano distribuite generalmente per sorteggio ai singoli proprietari (sortes od acceptae). I limites intercisivi, costituiti da muretti, fossati, filari di alberi e sentieri, avevano funzione confinaria, di drenaggio, di organizzazione dello spazio agricolo: proprio per questa natura raramente si sono conservati. La centuriazione, oltre che sistemazione viaria, era anche ristrutturazione di una contesto agrario, permettendo il miglior sfruttamento agricolo del suolo. Ciò comportò spesso lavori idraulici, disboscamenti, messa a coltura di vaste aree incolte, anche se non tutti i lotti erano coltivati, perché ampi tratti potevano rimanere coperti da pascoli, da boschi o da paludi per l’uso comunitario (ager compascuus). La centuriazione ha lasciato tracce non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo che gravitò nell’orbita romana, dall’Africa alla Spagna, dalla ex-Jugoslavia alla Francia. Questo sistema, infatti, con la realizzazione di una pianta del territorio di competenza di ciascuna città (forma), costituiva la base catastale per le assegnazioni di terre da parte dello Stato romano, che in tal modo aveva il controllo sulla proprietà privata dei cittadini. (C.M.) 9 la centuriazione romana ra le centuriazioni del Veneto si distingue, per l’ottimo stato di conservazione, quella che si estende a nord-est di Padova, nel territorio percorso da nord a sud dalla Statale 307 “Strada del Santo”: fu proprio tale disegno viario, nonostante la mancanza di fonti storicoletterarie ed epigrafiche, uno dei primi ad essere identificato, nello scorso secolo, come un’antica centuriazione romana. In questo agro, appartenente ai tempi romani alla città di Padova, furono tracciate centurie quadrate di 20 actus di lato (corrispondenti a m 710 circa) formanti una superficie di 200 jugera, corrispondenti a poco più di 50 ettari. La notevole persistenza di tracce romane permette la lettura anche dei limites intercisivi, cioè delle suddivisioni interne di ciascuna centuria. Se ne individuano infatti tre, in senso estovest e parallele cioè ai decumani, distanti tra di loro 600 piedi romani (pari a m 177 circa) e suddividenti la centuria in quattro scamna, strisce rettangolari di 50 jugeri l’una, corrispondenti a circa 12 ettari e mezzo. I limites intercisivi, di cui il più conservato è quello mediano, rimangono non solo in tracce modeste (delimitazioni fondiarie, sentieri campestri, fossati, tratti di confine provinciale o comunale), ma anche in tracce più rilevanti, come strade carrozzabili. Il decumanus maximus si può individuare nel limes est-ovest, situato pressoché a metà del reticolo, di cui rimane quel lungo spezzone che corre dal paese di Veternigo, all’estremità orientale dell’agro, fino a quello più occidentale di S. Michele delle Badesse, il cui significativo nome “Desmàn” deriva probabilmente proprio da decumanus. Il kardo maximus si può individuare grosso modo nella Statale 307 “Strada del Santo”, identificata con l’antica via Aurelia diretta da Padova ad Asolo, che incontra infatti con perfetta ortogonalità l’allineamento del decumano massimo rilevato. È difficile definire con precisione l’originaria estensione dell’agro centuriato. Il Musòn Vecchio costituisce fra Camposampiero e le vici- F Sezione di una strada romana lastricata, con i diversi strati che la costituivano. TERRAPIENO STRADALE CREPIDINI CREPIDINI FOSSATI LATERALI FOSSATI LATERALI 10 a nord-est di padova nanze di Stigliano l’unico confine sicuro, quello nord-orientale: infatti lungo questo tratto, dalle opposte rive del torrente, sono evidenti i due diversi orientamenti di questa centuriazione e di quella più settentrionale, appartenente all’antico municipium di Altinum. Altre proposte di estensione, per quel che riguarda la parte orientale dell’agro, vengono fornite da foto da satellite: esse mostrano infatti che i limites di tale centuriazione continuavano fino quasi al margine lagunare, facendo presupporre quindi che ne fosse interessata anche la zona di Mestre. L’impronta più valida e duratura del piano razionale impostato dai romani rimane nel settore centrale dell’agro, chiamato per questa ragione il “Graticolato Romano”, nel quale la maggior parte dei limites, perfettamente rettilinei e a distanze regolari, ha conservato l’originaria funzione viaria, condizionando l’attuale assetto demografico. Infatti in questo tratto di centuriazione l’edificazione è prevalente agli incroci e, in maggior misura, lungo le strade romane. Inoltre, le vie della religione cristiana percorsero quelle della cultura romana, facendo così sorgere capitelli, oratori e pievi lungo gli antichi tracciati o al convergere di essi. Rimane aperto il problema della datazione di tale disegno agrario, la cui esecuzione si può collocare, comunque, in base ai rinvenimenti archeologici, a non oltre gli inizi del I secolo d.C., secolo che coincide con la maggior frequentazione dell’agro. Quello che si offre a chi percorre la zona è pertanto un esempio di paesaggio archeologico che merita di essere rispettato e conservato come forma di patrimonio storico. (C.M.) Il «Desman» e la divisione centuriale in località S. Eufemia di Borgoricco. Incrocio fra un kardo ed il Decumanus Maximus, in località Olmo di S. Michele delle Badesse. 11 TESTIMONIANZE ARCHELOGICHE il territorio l territorio del comune di Borgoricco e dei comuni limitrofi specialmente negli ultimi anni ha rivelato un notevole addensamento di testimonianze archeologiche. Si tratta per lo più di materiali affiorati nei campi durante le arature, recuperati e conservati grazie alla sensibilità di amministratori e di cittadini e al controllo della Soprintendenza Archeologica. In base allo studio dei reperti si può dedurre che si tratta, per la maggior parte, di abitazioni rurali, alcune delle quali sono riconducibili al tipo della villa rustica. Purtroppo, se si eccettua il caso di Straelle, di esse non è possibile capire né la forma, né l’estensione. I 12 DAL GRATICOLATO ROMANO di borgoricco I siti sono distribuiti per lo più lungo la fascia del decumanus maximus e a nord di esso, senza una localizzazione costante all’interno delle centurie: ciò fa pensare, più che alla presenza di un nucleo rurale di una certa consistenza, alla presenza di un popolamento sparso, condizionato dal tracciato del Desmàn. Non si esclude inoltre l’antica presenza di modeste case coloniche realizzate con canne, paglia, argilla o altro materiale deperibile e quindi oggi non più conservato. Il materiale, come si è detto a proposito dei rinvenimenti dell’agro, attesta un’occupazione diffusa soprattutto a partire dal I sec. d. C., ma non mancano testimonianze dei secoli successivi, fino al IV secolo: si tratta per lo più di ceramica di uso domestico, destinata per la maggior parte alla mensa. Alcune lucerne, numerosi pesi fittili da telaio e frammenti di anfore rappresentano alcuni degli oggetti di uso quotidiano. I frammenti di macine, del tipo manuale da cereali, chiariscono il tipo di coltivazione praticata. Quest’area ha restituito anche numeroso materiale laterizio che porta con maggiore frequenza marchi dell’officina di C. Satrius Up(ilio?), di quella dei Laeponi, forse localizzabile nello stesso agro di Borgoricco, e di P. Attius Lab (---). Oltre ai reperti che riconducono per la maggioranza ad un modesto mondo rurale ne sono presenti altri, di buona fattura, indici di una certa ricercatezza, quali ad esempio una coppa di vetro baccellata, un’erma bifronte in marmo, una mano votiva in bronzo, da mettere in relazione con quei proprietari terrieri legati anche ad attività artigianali o commerciali, che avevano maggiori possibilità economiche. (C.M.) Pianta dei ritrovamenti di Borgoricco. 13 TESTIMONIANZE delle ATTIVITÀ ra le diverse classi di materiale archeologico, le anfore rappresentano una fonte molto importante per la ricostruzione della storia economica dell’antichità. Infatti sono i contenitori in cui venivano trasportate merci come il vino, l’olio, il garum (salsa di pesce) e conserve di frutta. Sono caratterizzate da una forma generale che è comune (orlo, collo, due anse, corpo e puntale), ma da particolari che sono diversi a seconda delle zone di produzione, della cronologia e del contenuto. Proprio le caratteristiche peculiari di ogni tipo di anfora ci permettono, nella maggior parte dei casi, di trarre delle informazioni sul luogo da cui provengono, sulla datazione e sulla merce che trasportavano. Indicazioni sul contenuto vengono fornite anche dal tipo di trattamento della superficie interna dell’anfora: se è ricoperta di pece essa doveva contenere vino o garum, prodotti soggetti ad invecchiamento. Spesso le anfore sono bollate con il nome del vasaio che le aveva fabbricate o del proprietario dell’officina in cui erano state prodotte o, infine, possono portare anche il nome del proprietario della merce trasportata. Una delle caratteristiche più singolari delle anfore è data dal loro fondo, il puntale, che non consente ai contenitori di rimanere in posizione verticale. Questa particolarità permetteva però ad una sola persona di maneggiare un’anfora, benché una volta piena fosse molto pesante ed arrivasse ad un’altezza anche di 1 metro. Questa forma era inoltre studiata per lo stivaggio delle anfore nelle navi, per mezzo delle quali avveniva gran parte dei traffici commerciali: i contenitori venivano infatti disposti su più livelli, al fine di sfruttare completamente lo spazio disponibile nelle stive. Alla base veniva stesa della sabbia su cui era infisso il primo livello di anfore, mentre i livelli successivi venivano progressivamente T Anfora romana dall’area centuriata. 14 ECONOMICHE inseriti ad incastro su questo. La presenza di monete nel territorio di Borgoricco sta a significare l’esistenza in età romana di attività economiche che comportavano la vendita e l’acquisto di beni di consumo tramite il pagamento in denaro spicciolo. Uno strumento caratteristico del piccolo commercio quotidiano è rappresentato dalla stadera, che serviva a pesare modeste quantità di merce, soprattutto alimenti. Nell’ambito delle attività economiche rientra naturalmente anche l’agricoltura che era la principale occupazione degli abitanti dell’agro centuriato. Di essa, che certo doveva essere fiorente, resta solo la testimonianza materiale di attrezzi agricoli in ferro. È verosimile supporre che le colture cerealicole avessero la preminenza rispetto ad altre più pregiate, come quella della vite e degli alberi da frutto. (S.C.) Stadera di bronzo. Zappe. Aratro con vomere asimmetrico: ipotesi riscostruttiva. Zappetta. Foto di Ferruccio Sabbion Aratro virgiliano: ipotesi ricostruttiva. Monete romane di bronzo di età imperiale dall’area centuriata. 15 VILLE IL CASO DI ED STRAELLE DI on il termine di villa urbano-rustica si intende, secondo la distinzione degli agronomi romani Catone e Varrone, un complesso edilizio diviso in due settori: pars urbana e pars rustica. Nella pars urbana abitava il dominus: era perciò adibita a funzioni residenziali o di rappresentanza. Tale settore, che ripeteva nella disposizione di taluni ambienti (sala da pranzo, sala da soggiorno, giardino porticato) forme comuni alle residenze cittadine, poteva essere costruito con materiali pregiati, abbellito da mosaici, intonaci parietali e decorazioni architettoniche. Per contrapposizione erano detti pars rustica l’alloggio dei servi e l’insieme degli ambienti utilitari, edificati con materiali e tecniche modeste: la cucina, il granaio, il forno, il frantoio, i torchi, le stalle, i mulini, pozzi e cisterne. Nella villa erano spesso presenti anche ambienti adibiti ad attività artigianali, legate alla lavorazione di materie prime. Esse dovevano soddisfare il bisogno domestico o quello di ambito locale, ma in una certa misura anche un mercato più vasto. Resti di ville urbano-rustiche si sono rinvenuti in ogni territorio abitato dai romani ed in tutto l’arco della loro epoca. La loro estensione ed articolazione variava in rapporto al fundus e alla capacità produttiva di esso: si sono perciò rinvenute ville complesse e sontuose insieme ad altre più semplici e modeste. È proprio uno di questi edifici rustici che è venuto alla luce nel 1986 in località Straelle di Camposampiero, grazie allo C Foto dello scavo. 16 INSEDIAMENTI RUSTICI CAMPOSAMPIERO scavo condotto dalla Soprintendenza Archeologica per il Veneto nonchè alla disponibilità dei comuni di Camposampiero e di Borgoricco. Si tratta di un fabbricato in tecnica laterizia, esteso per circa mq. 1000, rinvenuto purtroppo solo nelle sottofondazioni e in stato di conservazione tanto precario da impedire una completa individuazione degli ambienti. I resti rinvenuti si distribuiscono in tre settori: il settore occidentale, dagli ambienti più piccoli, doveva corrispondere alla pars urbana; il settore orientale, più articolato ed esteso, doveva corrispondere alla pars rustica; il settore centrale, parzialmente porticato, avrebbe avuto la funzione di collegamento (aia, cortile), in qualche modo corrispondente alla pars fructuaria, riservata alla conservazione e alla lavorazione dei prodotti agricoli. Si è rinvenuto per lo più modesto vasellame da cucina, assieme a frammenti di anfore che servivano come contenitori e per il trasporto di derrate alimentari, quali olio e vino, di macine per la triturazione manuale dei cereali, di pesi da telaio per la tessitura. È interessante notare che questa abitazione rustica, che risale alla prima metà del I sec. d.C., era situata proprio nel mezzo di una centuria ed aveva lo stesso orientamento della divisione agraria a cui apparteneva. È per questo motivo che tale centuriazione, alla quale la villa di Straelle era ancorata, si può datare ad un’epoca precedente alla prima metà del I sec. d.C. L’abitazione rinvenuta perciò, per quanto modesta, si inserisce nella storia dell’intervento romano nella zona, costituendo un importante riferimento cronologico. (C.M.) SETTORE OCCIDENTALE SETTORE CENTRALE SETTORE ORIENTALE N W OCCIDENTE E ORIENTE S Pianta della villa di Straelle. 17 la casa a struttura muraria della casa romana nel Veneto antico era composta da mattoni legati da malta, di solito intonacati; il tetto era costituito da tegole, laterizi piatti con margini rialzati lungo i due lati maggiori; sul colmo del tetto e sopra le giunture tra le tegole erano disposti i coppi, che impedivano all’acqua piovana di penetrare sotto il tetto. Lungo i lati del tetto c’erano spesso delle decorazioni architettoniche fittili, con motivi floreali, volti umani o maschere teatrali a rilievo che abbellivano l’esterno della casa. In corrisponSchema ricostruttivo di Tetto un tetto romano con denza della canna coppi, tegole e antefisse fumaria c’era il a palmetta. comignolo, alla base del quale erano posti speciali laterizi che formavano l’apertura circolare per Tegola Colonna la fuoriuscita del fumo. Tegola con Schema di Lo scolo delle acque piovane apertura per colonna di il comignolo. laterizi. e di uso domestico avveniva mediante canalette costituite da più elementi in terracotta o in pietra. Le colonne dei porticati erano formate da rocchi in pietra lavorata o da speciali laterizi di forma semicircolare o a quarto di cerchio ed erano talvolta rivestite da decorazioni fittili simili a quelle del tetto o più spesso da intonaco. L Le pavimentazioni potevano essere di tipo diverso, a seconda dell’ambiente in cui erano poste e del grado di ricchezza del proprietario della casa; spesso erano coordinate alle decorazioni delle pareti. I cubetti di laterizio di forma quadrangolare o esagonale venivano utilizzati soprattutto per ambien- Verona, la casa romana sul lato est di Piazza Nogara. Ipotesi di ricostruzione assonometrica. 18 romana ti di servizio. Il pavimento a mosaico era costituito da piccole tessere in pietra prevalentemente nere, grigie e bianche, ma anche colorate, disposte su un letto di malta, a comporre disegni geometrici o scene figurate, con repertori tratti soprattutto dalla mitologia. Le pavimentazioni potevano essere costituite anche da sottili lastre di marmo, di grandezza e colore variabili, che formavano disegni semplici o complessi, ma prevalentemente geometrici. Le pareti venivano intonacate e poi dipinte ad affresco o decorate con stucchi a rilievo, mosaici e tarsie di marmo. La decorazione pittorica era organizzata secondo schemi diversi: potevano essere rappresentate delle finte strutture murarie con uno zoccolo in basso, delle colonne nella fascia centrale e cornici in quella più alta; oppure strutture complesse e fantastiche, arricchite da figure, statue, maschere, piccoli quadri. Allora, come oggi, erano in uso chiodi in ferro da carpenteria e le cosiddette grappe, che univano tra loro conci di pietra oppure grosse travi di legno. (S.C.) Pavimentazione di cubetti di cotto (Belluno). Pavimentazione a mosaico (Oderzo). Esempio di pavimento a mosaico (Verona). Pareti affrescate (Verona) 19 la produzione l processo di produzione delle tegole e dei mattoni iniziava con l’estrazione della materia prima, l’argilla, che veniva poi lasciata decantare in vasche colme d’acqua per qualche tempo. La materia così ottenuta, arricchita dall’aggiunta di sgrassanti, come ad esempio sabbia, veniva poi lavorata e inserita in stampi di legno, di dimensioni diverse a seconda del prodotto che si voleva ottenere. Di solito le tegole erano larghe cm 44,4 (un piede e mezzo) x cm 57 di lunghezza, mentre i mattoni avevano misure diverse: i più frequenti sono i cosiddetti sesquipedales (lati della misura di un piede e mezzo per un piede: cm 44,4 x 29,6); poi ci sono i bipedales (lati di due piedi ciascuno: cm 59,2) e i bessales (lati di due terzi di piede: cm 19,7). I laterizi venivano dunque fatti essiccare per qualche giorno, facendo attenzione a non esporli al sole diretto, che poteva produrre delle fratture irrimediabili; una percentuale variabile veniva timbrata con il nome del proprietario o con quello dell’officina, la figlina, o, ancora, con il nome del responsabile della produzione, l’officinator. Infine venivano cotti I Lavorazione dell’argilla. Formatura dei mattoni. Spaccato di una fornace per mattoni. 20 di laterizi nella fornace ad una temperatura che poteva arrivare fino a 1000°. È quasi certo che nel territorio di Borgoricco venissero prodotti mattoni e tegole in età romana: rafforzano questa ipotesi l’argillosità del terreno, l’abbondanza di questa classe di materiale (soprattutto tegole) e la presenza di alcuni siti che possono essere identificati come fornaci. È probabile che vi fossero piccole e medie officine che smerciavano il loro prodotto localmente, anche per evitare le spese connesse al trasporto, ma non è da escludere l’attività di officine più grandi, che commercializzavano i loro prodotti in tutta la regione. (S.C.) Assonometria di due fornaci: A - per vasi; B - per laterizi. A Tegole romane con bolle dei fabbricanti, dall’area centuriata. B 21 LE ATTIVITÀ a giornata delle donne era scandita da occupazioni prettamente domestiche, tra le quali fondamentale era la tessitura. Il territorio di Borgoricco ha restituito in grande abbondanza pesi da telaio, di forma troncopiramidale o discoidale, caratterizzati dalla presenza di un foro passante, in cui veniva fatto scorrere il filo. Si tratta infatti di contrappesi che, fissati al telaio verticale, avevano la funzione di tenere ben tesi i fili dell’ordito. Spesso i pesi sono decorati da stampiglie e piccoli fori impressi o da linee incise sull’argilla prima della cottura nella fornace. L Ricostruzione di un telaio di tipo verticale. Pesi da telaio dall’area centuriata. 22 DOMESTICHE Questi pesi sono solitamente datati proprio sulla base della cronologia del telaio verticale, che fu in uso fino all’inizio del II secolo d.C., quando venne soppiantato da quello orizzontale. Rientra nell’ambito della tessitura anche il ritrovamento di rocchetti d’argilla, attorno ai quali veniva avvolto il filo. Fa parte del mondo delle attività domestiche anche la macinatura manuale dei cereali, per la quale si utilizzavano macine in trachite euganea, molto frequenti nel territorio di Borgoricco. Esse dovevano essere presenti in ogni unità insediativa romana della centuriazione, poiché provvedevano a fornire la farina necessaria per il sostentamento di ciascuna famiglia. (S.C.) Parti di macina dall’area centuriata. Sezione ricostruttiva di una macina a mano. 23 CUCINA e ARREDO a cucina delle case romane era il luogo dove si preparava e si cuoceva il cibo. Qui si trovava dunque il vasellame utilizzato per la cottura, rappresentato soprattutto da pentole e olle, ma anche da tegami, che potevano essere di rozza terracotta o di bronzo. Molto importanti sono poi i mortai, fittili o in pietra, che venivano usati per pestare e impastare i diversi ingredienti (cereali, verdure, formaggi ecc.). La cucina aveva di solito un bancone e a volte un lavello, entrambi in muratura. L’acqua vi poteva arrivare direttamente attraverso le tubature oppure essere portata in cucina in anfore o brocche; molto spesso scorreva dal lavandino direttaLucerna mente sul pavimento di bronzo dove c’era un tombida Pompei. no che raccoglieva tutti gli scarichi. A L La cucina di una casa di Pompei. Ricostruzione grafica di un letto. 24 DOMESTICO volte nella cucina trovava posto anche la latrina, spesso proprio a fianco del bancone. L’illuminazione della casa era affidata comunemente alle lucerne e, nelle dimore più ricche, ai candelabri e ai bracieri. Le lucerne potevano essere in terracotta o in bronzo; dentro al serbatoio veniva messo l’olio, mentre nel beccuccio si inseriva lo stoppino, che, una volta imbevuto d’olio, veniva acceso. L’arredamento era prevalentemente in legno, ma anche in muratura ed era ridotto all’essenziale; nei mobili in legno i chiodi metallici e le borchie in bronzo fissavano le diverse parti tra loro. Spesso si rinvengono anche appliques in metallo, soprattutto in bronzo, che abbellivano i mobili. Ciò che ci resta della mobilia si riduce proprio alle sue componenti metalliche, poiché il legno è un materiale deperibile, che si conserva nei secoli solo in condizioni eccezionali (ad esempio in ambienti molto umidi o molto secchi). (S.C.) Olla di rozza terracotta dall’area centuriata. Pentola di bronzo da Pompei. Calderone di bronzo da Pompei. Lucerna di ceramica da Borgoricco. 25 LA MENSA a ceramica romana comprende vasellame di uso quotidiano, corrispondente alle odierne stoviglie, definito con nomi diversi, a seconda delle caratteristiche tipiche di ogni classe. C’è dunque la ceramica grigia, che era già in uso nell’età preromana in Veneto, ma che si ritrova ancora fino al I secolo d.C. e che comprende soprattutto scodelle e mortai, ma anche olle e coperchi. Si tratta di vasellame modesto, usato per le mense più povere. Anche la ceramica a vernice nera rappresenta l’esito di una lunga tradizione artigianale preromana. È caratterizzata da un rivestimento di argilla ricca di ossidi di ferro, che con la cottura diviene di colore nero lucente; le forme più frequenti sono coppe e piatti dal profilo molto semplice, a volte decorati all’interno da motivi impressi. La terra sigillata prende il suo nome dalle figure a rilievo (sigilla), che spesso decorano le pareti esterne dei vasi ed è caratterizzata da un rivestimento di colore rosso lucente. Venne prodotta dalla fine del I secolo a.C. fino a tutto il II secolo d.C., dapprima ad Arezzo, in Toscana e poi in officine ceramiche della Valle Padana; in seguito, grazie al notevole successo raggiunto, fu fabbricata anche in Gallia ed Africa. È il tipico vasellame da mensa del mondo romano. La ceramica a pareti sottili, come dice il nome stesso, è caratterizzata dallo spessore molto ridotto delle pareti (da un minimo di 1/2 mm ad un massimo di 5 mm). Comprende L Brocca di bronzo da Borgoricco. Vasellame in terra sigillata da Borgoricco 26 ROMANA prevalentemente vasi per bere: bicchieri, tazze o piccole coppe. Venne prodotta in tutto il mondo romano occidentale tra il II sec. a.C. e il IV sec. d.C., anche se gli esemplari migliori non si trovano oltre la metà del I sec. d.C. La ceramica comune depurata si distingue per l’impasto ben depurato, privo di rivestimento; prodotta localmente in tutto il periodo romano, comprende soprattutto brocche, olle, piatti e bottiglie ed è talvolta ornata da semplici motivi decorativi. Sulla tavola dei romani non compariva solo la ceramica, ma era presente anche il vasellame in bronzo (brocche, tazze, bacili ecc.) e quello in vetro (coppe, piatti, bicchieri ecc.), di cui soprattutto il primo, che richiedeva un abile e paziente lavoro artigianale, era indice di agiatezza. I dolii erano invece grandi contenitori in argilla, utilizzati per conservare le derrate nei magazzini delle villae. (S.C.) Coppa costolata di vetro da Adria. Coppetta carenata a pareti sottili, del colore grigio tipico della Valle Padana. Affresco rappresentante un tavolino su cui sono disposte argenteria da tavola e uova, da Pompei. Anfore e dolii nel cortile di una casa di Pompei. 27 CULTO DOMESTICO a casa era il luogo di culto destinato principalmente agli dei che proteggevano la famiglia, ognuno con caratteristiche diverse: i Lari, i Penati e Vesta. In loro onore venivano allestiti dei piccoli altari all’interno della casa: i Lari, corrispondenti alle anime degli avi defunti, venivano adorati all’interno di piccoli sacelli, detti “larari”, che spesso imitavano in miniatura la forma dei templi, con colonnine e frontoni. Essi potevano essere dipinti sulla parete oppure collocati in una nicchia all’interno del muro. Nel primo caso anche i Lari venivano dipinti, mentre nel secondo caso l’immagine dei Statuetta bronzea della Lari era rappresentata da statuette raffigudea Venere ranti giovani vestiti di tunica e mantello con con base. il capo coronato di fiori. Il larario era solitamente collocato nell’atrio della casa, ma poteva essere anche nella cucina o nel peristilio. I Penati erano le divinità protettrici della famiglia e della casa; il loro santuario era il focolare domestico, vicino al quale venivano conservate le loro immagini. Ai Penati era spesso associata Vesta, conservatrice di pace e concordia nella famiglia; a lei era affidato proprio il focolare domestico, in cui doveva sempre ardere il fuoco. Il compito di tenere accesa la fiamma faceva parte Erma bifronte dei doveri delle donne di casa, che da Borgoricco. sacrificavano a Vesta cibi e fiori, bruciandoli nel fuoco. All’interno della casa venivano adorate anche altre divinità, che non erano strettamente legate all’ambito familiare, come erano invece quelle appena descritte. Da Borgoricco provengono una mano in bronzo, riconducibile al culto di divinità di origine orientale, come ad esempio Giove Sabazio o Mitra, e la base di una piccola statua di bronzo. L’erma bifronte in marmo, che rappresenta con tutta probabilità Dioniso, dio del vino e della natura, forse non appartiene in senso stretto alla sfera religiosa e va interpretata come elemento decorativo del giardino di una ricca villa rustica. (S.C.) Mano votiva di bronzo da Borgoricco. Esempi di larari domestici da Pompei. 28 Foto di Ferruccio Sabbion L ABBIGLIAMENTO, TOILETTE e giochi piuttosto frequente il ritrovamento di fibule, oggetti del tutto simili nella struttura e nella funzione alle nostre spille, utilizzati quotidianamente in età romana per fissare sulle spalle o sul petto le vesti indossate: la toga e il pallium per l’uomo, la stola e la pallia per la donna. Le fibule facevano parte anche dell’abbigliamento militare ed avevano la funzione di chiudere i lembi del mantello che copriva l’armatura. La toga era l’abito ufficiale del cittadino romano; essa veniva indossata sopra alla tunica, semplice veste lunga fino alle ginocchia e fermata sui fianchi da una cintura. Il pallium, un ampio mantello di Matrona con origine greca, sostituì un po’ alla volta la lo specchio da Aquileia. toga, che era divenuta troppo ingombrante e costosa. La donna romana vestiva con la tunica sulla quale indossava la stola, un abito lungo e ampio cucito sui fianchi, fissato intorno alla vita da una cintura, che creava ricche pieghe. La palla, un’ampia sopravveste, veniva messa sopra alla stola e fissata alle spalle con fibule. I balsamari vitrei, soffiati a mano libera o in stampi, venivano utilizzati per contenere belletti, profumi e unguenti, ma anche medicinali. Essi attestano quanto fosse ritenuta importante la cura del corpo anche nell’antichità. Alcuni giochi occupavano parte del tempo libero dei romani: tra questi è ben attestato un gioco da tavolo simile alla nostra dama, per il quale si utilizzavano delle pedine a forma di bottone, prevalentemente in pasta vitrea (i latrunculi), che venivano mosse su una tavola suddivisa in linee ortogonali (la tabula latruncularia). (S.C.) e’ Ricostruzione grafica di un cittadino romano con tunica e toga e di una matrona romana con stola e palla. Fibula a tenaglia di bronzo da Borgoricco. 29 TOMBE e a tipologia delle tombe presso i Romani varia a seconda delle tradizioni locali, familiari, delle idee, dell’estrazione sociale e delle possibilità economiche dei singoli: dai più semplici tipi di sepoltura a cremazione (il defunto veniva bruciato e i suoi resti deposti in un vaso ossuario di terracotta che veniva sepolto) o ad inumazione (il corpo veniva sepolto nella terra) con presenza di corredi molto poveri, ai monumenti funerari caratterizzati da una ricca decorazione e imponenti dal punto di vista architettonico, con corredi più ricchi e preziosi. Si ricorda che il rito funerario dell’inumazione sostituisce progressivamente quello dell’incinerazione a partire dalla metà del Il secolo d.C., dando forte impulso all’uso dei sarcofagi. Le tombe erano deposte all’interno di un’area sepolcrale delimitata talvolta da recinti, costituiti da elementi mobili, muretti o chiusure monumentali. Tali spazi potevano essere anche indicati da cippi, posti sulla fronte e sugli angoli dell’area funeraria, che indicavano la larghezza dell’area sulla fronte (in fronte) e la sua profondità (in agro, in retro). Tale area poteva essere utilizzata per il culto funerario o anche per il rito stesso dell’incinerazione (ustrinum, cioè il rogo in posto). Riguardo all’organizzazione topografica delle necropoli, un’antichissima legge vietava la sepoltura entro le città, per cui le aree funerarie venivano collocate lungo le vie extraurbane. Tale tradizione si estendeva anche alle aree rurali, dove le strade venivano a costituire dei naturali assi di L La stele funeraria di Mirano. 30 NECROPOLI aggregazione per le necropoli, perpetuando il dialogo fra defunti e viandanti. Nei territori centuriati è frequente il ritrovamento di piccoli sepolcreti prediali isolati, ad incinerazione od inumazione, in prossimità di strutture abitative, all’ interno delle centurie, ai bordi dei limites o agli incroci di essi. A questo fine potevano essere scelte anche alture o aree inadatte a scopi produttivi. Rimane comunque stretta l’interdipendenza tra centuriazione e necropoli, tanto che in alcuni territori centuriati si è riscontrato lo stesso orientamento tra limites e sepolcri. Nella nostra centuriazione purtroppo non è possibile verificare questo legame per la scarsità dei resti di sepolture finora rinvenuti. Fra le sepolture ad inumazione si ricordano quelle del tipo “alla cappuccina”, cioè con l’utilizzo di tegole di copertura, venute alla luce in Via Straelle, durante la guerra 1915-1918. Ne fu trovata intatta solo una, purtroppo andata dispersa, di età tardo imperiale (III-IV sec. d.C.), che conteneva un ricco corredo funerario in vetro colorato che testimonia una lunga frequentazione del sito. Fra il materiale che riporta a contesti tombali si ricordano, oltre ad alcune iscrizioni funerarie, un frammento di cippo di recinto rinvenuto a S. Maria di Sala, nel quale erano segnate le misure dell’area funeraria, della fine del I a C. ed una stele, rinvenuta a Mirano, del liberto Phryxus, di professione orefice (aurifex) con i ritratti di quattro defunti, di cui solo tre ora visibili, della prima metà del I sec. d. C. (C.M.) Schemi di sepoltura ad INCINERAZIONE A: in semplice fossa B: sotto mezza anfora C: in cassetta di tegole A B C 31 Il Museo della NEL NUOVO C n vero e proprio Polo Culturale per l’Alta Padovana nascerà entro il 1999 nei pressi del Municipio di Borgoricco. Come quest’ultimo anche la nuova opera architettonica nasce da un progetto del grande architetto Aldo Rossi. L’edificio sarà un contenitore di spettacoli, mostre e convegni. Ma, prima di tutto, ospiterà il Museo della Centuriazione Romana. La parte museale a sua volta comprenderà due aree: una espositiva, che mostrerà tutti i reperti provenienti dal U Borgoricco, nuovo Centro Civico, l’ultimo progetto del grande Aldo Rossi. 32 Centuriazione ENTRO CIVICO Graticolato Romano, e una didattica che prevede l’impiego di tecnologia all’avanguardia. Si dovrebbero recuperare anche tutte le pubblicazioni, studi, monografie che riguardano il Graticolato Romano in modo tale da farlo diventare un vero e proprio “Polo specializzato”. Il progetto prevede anche sale per incontri e riunioni, spazi espositivi per mostre e una grande sala polifunzionale, con 300 posti a sedere per incontri, concerti, cinema, teatro, mostre. 33 MUSEO DELLA CENTURIAZIONE ROMANA Municipio di Borgoricco Viale Europa, 10 35010 Borgoricco - Pd tel. 049.933.54.42 - 049.933.51.53 fax 049.933.57.26 e-mail: [email protected] Orario di apertura Da lunedì a sabato 9.00-12.00 Lunedì, mercoledì e venerdì 15.00 - 18.00 Attività didattica e visite guidate su prenotazione