La tecnologia presso i Romani Lezione del corso di Storia della Tecnologia 03/03/2008 Filippo Nieddu Sesto Giulio Frontino / 1 Sesto Giulio Frontino nacque attorno al 30 d.C.; fu Governatore della Britannia (74-78) e curatore delle acque di Roma (97-104) si occupò anche di agrimensura (in un trattato andato perduto) e di tecnica militare e strategia (Strategmata in 4 libri). Il suo trattato De acquae ductu urbis Romae è opera di fondamentale importanza per la comprensione del sistema tecnico romano, non solo di quello legato alla gestione delle acque. Gli acquedotti romani / 1 Gli acquedotti romani funzionavano a "gravità“. Nello schema: il manufatto di presa (incile), il lungo canale in muratura (rivus) che trasportava le acque anche a più di 100 km di distanza, le gallerie, i ponti-canale per attraversare le valli con muri ed archi (sostruziones, arcuaziones), se del caso le condotte in piombo saldato, sino alle vasche di carico alimentanti le reti idriche cittadine (castella aquae). Esistevano anche le opere per il corretto funzionamento come le piscinae limariae (sedimentatori) e i fori di aerazione (lumina). Gli acquedotti romani / 2 I tubi di piombo per derivare l’acqua (fistulae) sono oggetto della trattazione di Frontino Gli acquedotti romani / 3 La trattazione di Frontino chiarisce che i Romani, sino al 312 a.C. non adottarono reti idriche. Le fonti erano ritenute sacre e apportatrici di salute ai corpi ammalati; le principali erano la fonte delle Camene, quella di Apollo e quella della ninfa Giuturna. Il primo acquedotto fu quello dell’Aqua Appia (312); seguirono quelli dell’Aniene Vecchio (272), dell’Aqua Marcia (144), dell’Aqua Tepula (125), Iulia (33), Virgo (19), Alsietina (2 a.C.), Claudia (52 d.C.), Anio Novus. La rete non interrata degli acquedotti romani si estendeva per 50 chilometri; essi fornivano a Roma 12.454 quinarie (circa 705.000 m3 d’acqua nelle 24 ore). Secondo i calcoli di Frontino, il 17% dell’acqua serviva a scopi “industriali”, il 39% ad usi privati e il rimanente 44% riforniva 19 caserme, 95 edifici pubblici, 39 terme e 591 fontane. Gli acquedotti romani / 4 Gli acquedotti romani / 5 Tra le tre destinazioni delle risorse idriche era prioritaria quella per uso pubblico e in origine solo l’acqua in eccesso (aqua caduca) era destinata ai bagni pubblici, mediante una concessione che comportava il pagamento di un canone. Quanto alle concessioni ai privati, dovettero essere all’inizio gratuite, date o in cambio di servizi resi allo stato o come “beneficia principis”. Vari tipi di tubazioni domestiche. Illustrazione tratta dall’edizione di Cesare Cesariano del De Architectura di Virtuvio (Como, 1521) Marco Vitruvio Pollione / 1 Marco Vitruvio Pollione (Marcus Vitruvius Pollio), (75 a.C. circa - 25 a.C.) fu architetto, ingegnere e scrittore latino. Già ufficiale sovrintendente alle macchine da guerra sotto Giulio Cesare ed architetto-ingegnere sotto Augusto, è l'unico scrittore latino di architettura di cui si possiedano le opere. Vera autorità nel campo, è spesso citato dagli autori successivi, come Frontino. La sua opera fondamentale è il De architectura in 10 libri, dedicato ad Augusto e scritto tra il 27 e il 23 a.C. In quegli anni Augusto progettava un rinnovamento generale dell'edilizia pubblica. Il trattato, riscoperto in epoca rinascimentale (1414) da Poggio Bracciolini, è stato il fondamento dell'architettura occidentale fino alla fine del XIX secolo. Marco Vitruvio Pollione / 2 L’uomo vitruviano presente nel De architectura (a sinistra) e il Modulor di Le Corbusier (1947, a destra) Marco Vitruvio Pollione / 3 Il De architectura presenta la seguente scansione: •Libro I: formazione dell'architetto e scelta del luogo •Libro II: tecniche edificatorie, origine e sviluppo •Libro III e IV: edifici sacri •Libro V: edifici pubblici •Libro VI e VII: edifici privati (luogo, tipologia, intonaci, pavimenti) •Libro VIII: Idraulica •Libro IX: orologi solari, digressione astronomica e astrologica •Libro X: Meccanica (costruzione di gru, macchine idrauliche e belliche) Si tratta in realtà di un vero trattato di ingegneria, e sarà opera di riferimento per molti secoli. Marco Vitruvio Pollione / 4 Vitruvio ci informa di una pratica amministrativa elaborata da lui stesso, per la quale i privati dovevano pagare una tassa basata su un contratto tra lo Stato e l’utente, al fine di limitare gli allacciamenti abusivi e le concessioni individuali e gratuite. Jerôme Carcopino nella sua opera La vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’impero dichiara che, nonostante le grosse canalizzazioni di piombo portassero l’acqua degli acquedotti nelle abitazioni private, solo i pianterreni delle insulæ dove abitavano i più facoltosi vi avevano accesso. Gli abitanti dei piani alti erano costretti a procurarsi l’acqua alla più vicina fontana e questo rendeva difficile la cura della pulizia. Giovenale nelle sue Satire cita spesso i portatori d’acqua (aquarii), necessari alla vita collettiva d’ogni stabile. In effetti nessuna costruzione ci ha ancora rivelato le colonne montanti che avrebbero permesso di portare l’acqua ai diversi piani. Le strade romane / 1 Le strade romane / 2 Alla base delle strade romane erano fondazioni eseguite a mano, poi degli strati impermeabili che preservavano dall’acqua. A questi era sovrapposto un nucleus, un sostegno per il pavimento vero e proprio. Nella costruzione di strade si usavano rulli in pietra descritti anche da Virgilio. Gli ingegneri romani tentavano sempre di adoperare materiali locali, in modo da avere le cave in pietra in prossimità della strada da costruire. L’uso della malta di calce (calce o pozzolana come legante, sabbia e acqua) fu importato dall’edilizia ellenica verso il 300 a.C. Con pietrisco, cocci di terracotta e mattoni frantumati preparavano un fondo che poteva penetrare tra gli interstizi delle pietre degli strati di fondazione per dare maggiore solidità. Si usava anche il fondo di ghiaia, con il risultato di una strada in calcestruzzo (composto di cemento come legante, un inerte come la ghiaia e acqua). Le strade romane / 3 La centuriazione / 1 Il procedimento tecnico usato dai Romani per organizzare i terreni agricoli si chiama "centuriazione" ed è un metodo valido per un territorio pianeggiante e ricco di acqua come quello della valle Padana: boscaglie e paludi vengono eliminate per guadagnare fertili terreni agricoli, per assegnare ai cittadini delle colonie; l’area coltivabile viene non solo parcellata (suddivisa) ma anche attrezzata con strade, sentieri e una rete di canali, di scoli e di fossi. La centuriazione / 2 La suddivisione del territorio e l’assegnazione delle terre ai coloni si realizzavano tracciando sul terreno un reticolo ortogonale di maglie quadrate (centurie) di circa settecento metri per lato, con una superficie di circa 50 ettari. Le linee divisorie formanti la centuria, prendono il nome di "cardini" e "decumani" (i primi nella direzione sud-nord e gli altri secondo quella est-ovest), più genericamente chiamati limites. Gli assi principali tracciati per primi dagli agrimensori si chiamano Decumano e Cardine Maximum. Terminata la suddivisione del suolo, agli incroci del limites erano posti dei cippi in pietra chiamati "termini" cioè pietre di confine sulle quali erano incise le coordinate della centuriazione. I confini erano considerati sacri e le pietre di confine onorate come divinità. La groma / 1 La groma è uno strumento con una squadra a piombi che veniva piantato e, traguardato a est, costituiva un primo allineamento: il decumano. Perpendicolarmente a questo veniva tracciato il cardine (cardo). Parallelamente a questi assi e a distanze uguali venivano tracciati i limites (detti intercisivi cioè i confini tra gli appezzamenti). La groma / 2 L’idraulica e le norie La noria era, insieme alla vite di Archimede, uno strumento utilizzato dai Romani per i lavori di drenaggio. Esse, insieme con sistemi di pompaggio in bronzo, sono stati descritti già da Erone e Vitruvio, e ancora in uso nel XIX secolo. Riferimenti bibliografici essenziali Vittorio MARCHIS, Storia delle macchine, Roma-Bari : Laterza, 2005 (2a ed.) Charles SINGER et al. (ed.), Storia della tecnologia, Torino : Bollati Boringhieri, 1994 Abbott Payson USHER, A History of Mechanical Inventions, New York : Dover, 1982 Jerôme CARCOPINO, La vita quotidiana a Roma all'apogeo dell'impero, Roma-Bari : Laterza, 1991