Maggio 2007, Napoli, tramonto. Casa al mare di Platone. Fervono i preparativi. Le stanze sono state tutte illuminate, i servi preparano il banchetto, la tavola è già imbandita, mentre il Filosofo mesce il vino da offrire ai suoi ospiti. Non deve mancare niente; la serata è importante. Il problema è grave. Lentamente il convivio si riempie. L’atmosfera è carica di nervosismo. Si vede un uomo in toga parlare concitatamente con il vicino in culottes, jabots e sbuffante camicia di lino, un altro in brache e farsetto annuncia la sua presenza. C’è anche chi chiede dove sia il bagno. Il trillo di una campana richiama tutti all’attenzione: è il momento di parlare seriamente: la questione è delicata. Le voci a poco a poco si spengono. Nel silenzio generale, che ormai è calato sulla sala, si alza un uomo, dal volto dimesso, evidentemente stanco. Parla per primo perché conosce la situazione, la vive, soffre con il mondo. PLATONE - Uomini di elevato intelletto, noi siamo veramente i figli del mondo, porosi a tutti i respiri del mondo, aria fraterna di tutti i respiri del modo, letto senza drenaggio di tutte le acque del mondo, favilla del fuoco sacro del mondo, carne della carne del mondo palpitante del movimento stesso del mondo… (Aimé Césaire) HUME - Dacci un taglio! Parla come bevi! PLATONE (improvvisamente arrossito e livido di rabbia per essere stato interrotto) - Dicevo… Siamo qui riuniti, cari filosofi, nella bella Napoli, per discutere della natura, per definire in primo luogo cosa sia la stessa natura, del rapporto dell’uomo con essa, della sopravvivenza stessa dell’umanità, messa in pericolo dal sistematico e preoccupante sfruttamento del mondo. CARTESIO - Io conobbi di essere una sostanza, la cui essenza tutta, o natura, consiste solo nel pensare, e che per esistere non ha bisogno di luogo alcuno, né dipende da alcuna cosa materiale. Questo io, cioè l’anima, per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, ed è, anzi, più facile a conoscersi di quello, e anche se il corpo non esistesse, essa non perciò cesserebbe di essere tutto quel che è. JONAS - Allora conoscesti sciocchezze! L’estraniamento dell’uomo rispetto alla natura di cui è parte si presenta come un carattere proprio della visione del mondo, storicamente generata proprio dal tuo dualismo, caro mio. PLATONE - Infatti, al contrario, Iddio compose il mondo di tutto il fuoco e acqua e aria e terra, non lasciando fuori niuna parte o valore di niuno di quelli. In primo, perché il mondo fosse quanto poteva, animale perfetto e di perfette parti; e oltre a ciò, perché fosse uno, non essendo lasciata materia donde generare si potesse un altro somigliante; volendolo assomigliare quanto poteva, l’anima, messola nel mezzo, distese per tutte le parti di quello, e con essa lo involse di fuori tutt’intorno: e così fatto è un solo mondo solitario, per la virtù sua contento di abitare seco medesimo, di niuno altro non bisognoso e di sé medesimo conoscitore e amatore, animale vivente, animato, che respira, di cui tutti gli esseri, anche l’uomo, sono parti, che deve essere rispettato e con il quale si deve essere in armonia. HUME - Parli come se stessi ancora nel peripathos! E poi che intendi per “mettere l’anima nel mezzo”?... FICINO - … Che l’anima dell’uomo è mediazione tra natura e Dio. Essa è il principio fondamentale che unisce e ordina il cosmo. Lo fa in base all’amore che la lega a Dio. E se l’uomo non amasse, la sua mediazione sarebbe fallimentare. Ma, ora come ora, l’uomo sta distruggendo completamente l’ordine cosmico e sta rompendo il suo legame con Dio. Così non dimostra affatto di conoscere e amare se stesso! HILLMAN - Per me, invece, l’anima nasce nella bellezza e di bellezza si nutre, ne ha bisogno per vivere. Io propongo una risposta estetica ai problemi di oggi; intendo per risposta estetica qualcosa di più vicino semmai ad un senso animale del mondo: un aver naso per la visibile intellegibilità delle cose. Il loro suono, odore, forma, che parlano con e attraverso le reazioni del nostro cuore; un rispondere alle fattezze, alla lingua, ai timori e ai gesti delle cose in mezzo alle quali ci muoviamo. “Coscienza delle cose”: con essa si potrebbe ampliare la nozione di coscienza di sé, liberandola dalle costrizioni del soggettivismo. Invece, il modo di percepire del cuore è contemporaneamente un percepire con i sensi e un immaginare: per percepire in modo penetrante dobbiamo immaginare e per immaginare in modo accurato dobbiamo percepire con i sensi. E poi il sorriso, ricordate il sorriso…; un proverbio africano dice: la vostra bellezza non va giudicata dal numero delle persone che vi guardano, ma di quelle che vi sorridono. BACONE - No mio buffo amico in giacca e cravatta, non la vedo proprio così. L’uomo deve ottenere il pieno potere sulla natura, e per far ciò deve conoscerla. La conoscenza necessita a volte di qualche sacrificio. “Il fine giustifica i mezzi”… diceva quello… CUSANO - Anche se i mezzi provocano solo morte e distruzione?! Il mondo è contrazione di Dio. Se l’uomo distrugge il mondo distrugge il suo creatore e anche se stesso! BACONE, zittito, incassato il colpo, torna a sedere imbronciato affogando la delusione e l’incertezza nella coppa di vino…. JONAS - La sottomissione della natura finalizzata alla felicità umana ha lanciato con il suo smisurato successo, che coinvolge ora anche la natura stessa dell’uomo la più grande sfida che sia mai venuta all’essere umano dal suo agire. Bisogna avere consapevolezza che le promesse della tecnica moderna si sono trasformate in minaccia. Propongo quindi l’applicazione di un’etica della responsabilità, che non si restringa all’ambito della coscienza morale dell’uomo e delle sue intenzioni nella vita presente, ma sappia rivolgersi sia all’idea collettiva dell’umanità (presente e futura) sia alla vita della natura in cui tale idea è teleologicamente contenuta. Ma noi dobbiamo prevedere tutte le conseguenze delle nostre azioni, nell’incertezza dobbiamo essere prudenti, moderare l’intervento dell’uomo sull’ambiente. Il discorso procedeva concitato quando un servo annunciò l’arrivo di un nuovo ospite: Edgar Morin, trafelato, giacca sulle spalle, lembo della camicia fuori dai jeans ed una ventiquattrore dalla quale fuoriuscivano fogli in quantità. EDGAR MORIN - Scusate per il ritardo…Cosa mi sono perso? CARTESIO - Stavo esponendo il mio pensiero, secondo cui la sostanza è una cosa che esiste in tal modo da non aver bisogno che di sé medesima per esistere, si distinguono due tipi di sostanza: quella pensante e quella estesa. Esse sono conosciute separatamente dall’intelletto; in questo consiste il mio dualismo metafisico. La sostanza estesa, la materia, è inerte, passiva, resistente alle trasformazioni, non certo gravida di forme come diceva quel pazzo, Giordano Bruno! Pazzo, sì, infatti è finito sul rogo!...Io, invece, non riconosco alcuna differenza tra le macchine che fanno gli artigiani e i diversi corpi che la natura sola compone. Noi, esseri superiori, conosciamo ed agiamo su una natura estesa, meccanica, in cui tutto è determinato, in cui ad una certa causa (fisica) corrisponde sempre e necessariamente un certo effetto; per questo possiamo costruire macchine a nostro vantaggio. Questa discussione mi sta annoiando al quanto, piuttosto vi narrerò le mie gesta nobili al seguito dell’esercito di Maurizio di Nassau, durante la guerra dei Trent’anni!!! Un lampo di disperazione attraversò gli occhi dei convitati. MORIN - Scellerato!! Ma non capisci che questo nel XXI secolo sarà una delle piaghe del mondo? Non capisci che il tuo stupido dualismo sarà proprio una delle cause della sofferenza degli uomini moderni? Tu separi il soggetto e l’oggetto, ciascuno con la propria sfera: da una parte, la filosofia e la ricerca riflessiva; dall’altra, la scienza e la ricerca oggettiva. Contrapponi: Soggetto/Oggetto Anima/Corpo Spirito/Materia Qualità/Quantità Finalità/Causalità Sentimento/Ragione Libertà/Determinismo Esistenza/Essenza. Così determini una doppia visione del mondo, di fatto uno sdoppiamento dello stesso mondo: da una parte, un mondo di oggetti sottoposti a osservazioni, sperimentazioni, manipolazioni; dall’altra un mondo di soggetti che si pongono problemi di esistenza, di comunicazione, di coscienza, di destino. Ma… “Conoscere una cosa equivale a essere in unione con essa, esserle dentro, affrontarla dall’interno” dice un mio amico, un filosofo senegalese:Alassane Ndaw JONAS - …Ve l’avevo detto, io!!! Sono d’accordo!!! Io dico: Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni non distruggano la possibilità futura di tale vita Non mettere in pericolo le condizioni di sopravvivenza dell’umanità. E tra i due ci fu una calorosa stretta di mano seguita da convenevoli riguardanti amici, zii e parenti vari. CUSANO - Interessante questo concetto! Mi sembra che sia simile alle nostre idee rinascimentali di microcosmo e macrocosmo, di contrazione ed esplicazione. Puoi spiegarti meglio? Timidamente si fa avanti una serva anziana, africana. Bisbiglia con Platone. PLATONE - Amici, colleghi, permettetemi di far parlare Malaika. E’ con me da quando ero bambino, è portatrice di antica sapienza, è sodale di Teuth e Diotima. Ha qualcosa da dirci. MALAIKA (la serva) - Io vivevo a San’a, nel deserto. Lì, nel sistema delle oasi tutto è sacro, “,il rapporto microcosmo/macrocosmo non è una concezione metafisica, ma un principio etico, basato su precise condizioni materiali”. Si sa che anche i gesti più banali, il modo di sfruttare le acque per esempio, concorrono al mantenimento dell’equilibrio naturale: perché ci sia armonia e per lasciare alle generazioni future un mondo integro si devono rispettare alcuni vincoli; si deve osservare la natura, intuirne le leggi, prestare ad esse attenzione, non modificare avventatamente e con orgoglio precipitoso le regole. MORIN - Si tratta di riunire ciò che abbiamo separato e reso diverso/altro, assimilando/integrando l’oscuro e l’incerto. Per comprendere la complessità della natura e rispettarla dobbiamo servirci di concetti apparentemente contrastanti. La complessità è relatività, , diversità, duplicità, ambiguità, incertezza, e anche antagonismo. E’parte, è Tutto, è nell’unione di queste nozioni che sono complementari, concorrenti e antagonistiche Bisogna pensare all’uomo come parte integrante del mondo. E’ inutile separare astrattamente le scienze, tutte quante sono finalizzate allo studio del mondo e della sua complessità che va rispettato come organismo. Dopo questa affermazione l’atmosfera cominciò a surriscaldarsi (come la Terra oggi!); Cartesio era furente, il colorito del suo viso era di un rosso acceso, e con uno sguardo torvo osservava quei “maledetti naturalisti”. Tra i due schieramenti iniziarono a volare insulti… e coppe di vino! Ad un certo punto un ragazzo magrolino ma dall’aria sveglia, che in disparte aveva origliato tutto il tempo, si alzò e timidamente chiese la parola. Platone con gentilezza ma anche con una certa riluttanza concesse al giovane liberto di parlare. RAGAZZO - Dai vostri discorsi la questione sembra irrisolvibile. Vorrei però, poter esporre anche io quello che penso. Non credo che questo sia un argomento da prendere sotto gamba come alcuni sostengono. Madre Natura ci dà cibo, acqua e tutto il necessario per vivere, e questo andrebbe rispettato ma soprattutto mantenuto, perché senza di essa non possiamo esistere. E poi…., Anche l’ ONU si è impegnato su questo principio, con una sua dichiarazione. Bisogna sviluppare un’etica della comprensione, superando egoismi individuali, etnocentrismi e sociocentrismi, rispettare gli ecosistemi. Il segreto del vivente è modificare le parti, rinnovarsi, senza perdere l’identità, dobbiamo costruire il nostro futuro senza perdere il nostro passato: questa è la sfida del domani. Platone baciò sulla fronte il suo liberto e si levò un plauso unanime a questo giovane che, pur non essendo colto, aveva afferrato il vero senso della questione. Lode a te, gigante disteso, altissimo signore della sabbia, padrone della terra, mummia dal lungo membro virile. Quando ti muovi la terra trema, il Nilo sgorga dal sudore delle tue mani, tu soffi il fiato della tua gola nelle narici della gente. E’ divino quanto ci fa vivere. Tutto quel che esiste dipende dal tuo respiro: alberi, piante, giunchi, erba, grano, orzo e ogni frutto. Inno a Osiride (cit. in P. Laureano, La piramide rovesciata) P.S.: tutte le battute che abbiamo attribuito ai nostri personaggi sono citazioni fedeli o parafrasi di loro opere. Molto di ciò che dice Malaika (nome preso in prestito dalla protagonista de “Gli Stati Uniti d’Africa) è di Pietro Laureano.