CURE PALLIATIVE
UNA DEFINIZIONE
L’’OMS definisce le Cure Palliative (CP) come “la cura totale prestata alla persona affetta da una
malattia non più responsiva alle terapie aventi come scopo la guarigione.
Il controllo del dolore, degli altri sintomi e delle problematiche psicologiche, sociali e spirituali è di
prevalente importanza”.
Lo scopo delle Cure Palliative è di ottenere la migliore qualità della vita possibile per il paziente e per i suoi
familiari.
La maggior parte delle competenze è applicabile anche più precocemente nel corso della malattia, in
parallelo con le terapie attive.
Le Cure Palliative:
 affermano il valore della vita, considerando la morte un evento naturale;
 non accelerano né ritardano la morte
 provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri disturbi
 integrano gli aspetti psicologici dell’assistenza
 aiutano i pazienti a vivere in maniera attiva fino alla morte
 sostengono la famiglia durante la malattia
(definizione del National Council for Hospice and Palliative Care Services WHO-OMS 1990 modificata dalla
Commissione ministeriale per le cure palliative 1999).
Le cure palliative sono tutte le cure destinate a migliorare la qualità della vita e non orientate a controllare il
processo evolutivo della malattia.
(dal Documento di Calino, 1990, SICP).
Le cure palliative si caratterizzano per
 la globalità dell’intervento terapeutico che, avendo per obiettivo la qualità della vita residua, non si
limita al controllo dei sintomi fisici ma si estende al sostegno psicologico, relazionale, sociale e
spirituale
 la valorizzazione delle risorse del malato e della sua famiglia oltre che del tessuto sociale in cui
sono inseriti
 la molteplicità delle figure professionali e non professionali che sono coinvolte nel piano di cura
 il pieno rispetto dell’autonomia e dei valori della persona malata
 la forte integrazione e il pieno inserimento nella rete dei servizi sanitari e sociali;
 l’intensità delle cure che devono essere in grado di dare risposte pronte ed efficaci al mutare dei
bisogni del malato
 la continuità della cura fino all’ultimo istante
 la qualità delle prestazioni erogate
(Commissione ministeriale per le cure palliative, 1999)
AL CENTRO IL MALATO
Nei paesi industrializzati l'allungamento della vita media e il progressivo cronicizzarsi delle patologie acute
evolutive sta producendo una vasta fascia di pazienti affetti da malattie croniche a esito infausto. Sono i
malati terminali, pazienti diversi da tutti gli altri, per i quali la priorità è trascorrere il tempo ancora a
disposizione con dignità e, se possibile, senza sofferenze fisiche, emotive e psicologiche. La risposta
sanitaria specifica a queste priorità è data dal complesso delle cure palliative, che secondo la definizione di
uno dei padri della disciplina, Vittorio Ventafridda, sono "il trattamento del paziente affetto da patologie
evolutive e irreversibili, attraverso il controllo dei suoi sintomi e delle alterazioni psicofisiche, più della
patologia che ne è la causa". Di cure palliative si è parlato a Milano alla presentazione del primo studio
nazionale riguardante le persone che si occupano di assistenza a malati oncologici terminali, il cosiddetto
caregiver. Uno studio realizzato dall'Osservatorio Italiano Cure Palliative (OICP), il cui coordinatore, nonché
responsabile dell'Unità Operativa di Cure Palliative dell'Ospedale Buzzi di Milano, Oscar Corli era presente
all'evento.
Una realtà in crescita
Una premessa per cominciare. Cure palliative non corrispondono a terapia del dolore. "E' vero" precisa
Corl "di controllo del dolore si parla già a partire dagli anni '50 ma è solo uno degli aspetti, anche se
probabilmente il più importante, che compongono la realtà articolata delle cure palliative. Di queste però, si
inizia a parlare solo a partire dalla fine degli anni '70" E' a quell'epoca, infatti, visto il progressivo
cronicizzarsi delle patologie acute che ci si è posti il problema di affrontare in modo globale lo stato di
sofferenza, caratterizzato da dolore grave e continuo, nonché tutti i sintomi fisici e psicologici. "Lo scopo
principale" spiega Corli "è migliorare la qualità di vita". Ma come? "Attraverso una rete di assistenza che
l'OICP monitora costantemente, formata da hospice e cure domiciliari". Una realtà in crescita se si pensa
che secondo i dati raccolti dall'Osservatorio al 31 marzo 2005 si annoverano 222 centri di cure palliative e
182 organizzazioni non profit dedicate a questi pazienti. Un numero raddoppiato in dieci anni. Per non
parlare del trend di crescita degli hospice, strutture di ricovero specializzate nelle cure palliative che sono
aumentati di oltre 25 volte, da tre a 78. Un quadro "decisamente più roseo che in passato" afferma Corli
"ma vi sono ulteriori margini di miglioramento".
La famiglia e il malato terminale
Ma da dove nasce l'idea di effettuare un sondaggio sulla qualità di vita dei caregiver, ossia le persone che
si prendono cura di un familiare malato terminale? "Le cure palliative si fondano su una triade
rappresentata da malato, famiglia ed equipe medico-sanitaria. Ci siamo già occupati di malati, mentre
esiste meno letteratura sulla figura dei caregiver. La prossima indagine in preparazione tra l'altro verterà
sulle figure degli operatori sanitari. In modo da disporre, poi, di un quadro completo". Che dimensioni ha
avuto l'indagine? "La fotografia scattata riguarda 77 centri di cure palliative, per un totale di 454 questionari
compilati in modo anonimo". Un dato colpisce su tutti. L'85% degli italiani che accudiscono un malato
terminale rischia la salute. Otto volte su dieci si tratta di donne, figlie o mogli di pazienti. In media hanno 55
anni e nella maggior parte dei casi tagliano i ponti con l'esterno perché non possono permettersi una
badante. Un "inferno", così definito dagli stessi caregiver, che nel 75% dei casi incide pesantemente sul
bilancio familiare: una spesa che tra costi diretti e indiretti può superare i 4 mila euro al mese. "Una
situazione dalle dimensioni allarmanti" commenta il medico milanese. Per averne un quadro completo sono
disponibili i risultati integrali ciccando su www.oicp.org o nel libro "La famiglia e il malato terminale" che è
possibile ricevere gratis chiamando il numero verde 800-260660 attivato dal gruppo farmaceutico
Grunenthal-Formenti, partner dell'iniziativa.
Morire a casa
L'ambito domiciliare è, comunque, la sede preferita dalla maggior parte dei pazienti e delle famiglie, almeno
l'80%. E' vero? " Si, in particolare laddove esistono equipe che hanno 25 anni di storia, con grande
esperienza e una lunga formazione ospedaliera o di volontariato" risponde il coordinatore dell'OICP. Ed è
una rete che funziona? Difficile dirlo. E' una realtà piuttosto frastagliata. In centri di "antica data" come il
Buzzi di Milano, sicuramente sì. La stessa indagine ha rappresentato una conferma, visto che l'81% degli
intervistati ha giudicato ottime le cure offerte dalle unità di cure palliative. Un chiaro indice di soddisfazione
da parte dei familiari". E la formazione del personale specializzato? "Veniamo da un decennio di
empirismo, sull'onda delle iniziative del professor Ventafridda. Da cinque o sei anni a questa parte però, le
cose stanno cambiando e pur mancando sempre una scuola di specialità, esistono in diversi centri italiani
master e corsi di perfezionamento post-laurea. L'auspicio è di una cattedra" conclude Corli "e qualcosa
sembra muoversi in questo senso, ma, si sa, i tempi sono sempre lunghi...".Marco Malagutti
Da: Conferenza stampa, "La famiglia e il malato terminale". Milano 12 aprile 2005
Giornata di confronto –
La voce ai bambini che
non guariranno
9 novembre 2007 - ore 9.00, 17.00 - Sede: Casa del Giovane - Via
Gavazzeni, 13- Bergamo Promossa da: USC Cure Palliative Terapia
del Dolore - Hospice In collaborazione e con il sostegno di:
Associazione Cure Palliative – onlus
E’ faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: perché
bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Non è questo che più stanca. E’ piuttosto il fatto di essere obbligati a
innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulle
punte dei piedi. Per non ferirli.. (Segre. Imparare a dirsi addio. Proedi
editore, 2006)
L’OMS definisce le cure palliative come l’attiva presa in carico globale del
corpo, della mente e dello spirito del bambino e che comprende il supporto
attivo alla famiglia. (Cancer pain Relief and Palliative Care in Children,
WHOIASP. 1998)
Il minore con patologia cronica severa senza possibilità di guarigione e/o
con disabilità rilevante e/o terminale è un paziente elettivo per le cure
palliative: l’adeguato controllo dei sintomi, il ritorno a casa ed il
reinserimento nella sua famiglia e nella sua socialità, rappresentano per il
minore e per la famiglia un traguardo particolarmente positivo e
costantemente richiesto… (documento tecnico Ministero della Salute)
Dovrebbe essere sempre possibile per un
bambino con tumore in fase terminale di malattia
morire senza provare inutili dolori fisici, paura, o
ansietà. Qualunque sia lo stato del bambino che
entra nella fase terminale della malattia, è
essenziale che possa ricevere adeguata
assistenza medica e spirituale, sostegno
psicologico, e che non si senta mai abbandonato
né dal centro di cura né dalla sua famiglia.
(Medical and Pediatrical Oncology 1999;32:4448).
L’assistenza domiciliare deve essere considerata
come un sistema integrato di interventi domiciliari
di assistenza sanitaria e sociale continuativa ai
bambini affetti da patologia cronica-degenerativa.
L’obiettivo
quindi
è
pianificare
percorsi
preferenziali, e codificati, per migliorare la
qualità di vita che resta sia al bambino che alla
sua famiglia.
Per non dimenticarsi di questi piccoli malati si è voluto dare “La voce ai
bambini che non guariranno” con una giornata di confronto a Bergamo il
09 novembre 2007.
Da: http://www.abmed.it/Ospedale%20senza%20dolore/convegno.html
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Giambattista Cossolini