LEZIONE
“LE PRATICHE DIDATTICHE”
PROF. CARMELO PIU
Indice
1.
L’unità Didattica ........................................................................................................................ 3
1.1.
2.
Tecniche e strumenti operativi. ............................................................................................ 6
Il progetto didattico ................................................................................................................... 8
2.1.
Una didattica a misura d‟allievo ........................................................................................ 11
2.2.
Da una didattica individualizzata ad una personalizzata ................................................... 14
2.3.
Personalizzazione dei percorsi ........................................................................................... 17
2.4.
Personalizzazione e talento: problemi e prospettive .......................................................... 20
2.5.
Una didattica personalizzata .............................................................................................. 24
2.5.1. Le condizioni. ................................................................................................................. 25
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente2
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1. L’unità Didattica
Le procedure didattiche del mastery learning prevedono la realizzazione di più momenti:
1) prova di valutazione diagnostica per l‟accertamento dei livelli di apprendimento
individuale, ossia la verifica del possesso dei prerequisiti di accesso ad un‟unità di informazione di
una unità didattica, con le eventuali procedure e attività di compensazione/recupero;
2) attività d‟insegnamento collettivo, relativo alla prima unità d‟informazione, ossia lo
sviluppo dei contenuti di un‟unità didattica ben determinata e circoscritta;
3) prova di valutazione formativa, intesa come controllo degli apprendimenti acquisiti o no,
con conseguenti procedure e attività di compensazione/recupero;
4) nuova unità d‟informazione, ossia nuovo segmento di conoscenza organizzato in una
unità didattica.
Abbiamo già visto che mentre, il modello d‟apprendimento di Carroll muove da presupposto
che ciascuno studente è in grado di padroneggiare una determinata unità d‟informazione se può
disporre del tempo che gli è necessario per apprendere, la strategia di Bloom, poi modificata e
perfezionata da Block (1971), mira a ridurre quanto più possibile il tempo in cui lo studente ha
bisogno per apprendere, attivando due fasi, intese ad elevare al massimo la qualità dell‟istruzione:
a) assicurare il possesso dei prerequisiti, ossia delle precondizioni;
b) sviluppare adeguate tecniche operative. Poiché i comportamenti cognitivi e socio-affettivi
d‟ingresso dello studente rappresentano una variabile determinante nel processo d‟apprendimento,
l‟insegnamento ne deve tenere conto.
I passi basilari dello svolgimento del percorso d‟istruzione individualizzata, secondo il
mastery learning, modello Bloom-Block, possono essere così sintetizzati:
1) scelta dell‟argomento, che costituisce l‟unità didattica;
2) determinazione degli obiettivi cognitivi specifici, del criterio di padronanza e messa a punto
delle prove di verifica;
3) determinazione dei prerequisiti cognitivi specifici necessari per accedere all‟unità didattica;
4) valutazione iniziale del possesso dei prerequisiti, da effettuarsi in ingresso all‟unità didattica,
per determinare se questi sono effettivamente posseduti dagli allievi;
5) attivazione di procedure di recupero precoce dei prerequisiti, qualora il loro possesso si sia
dimostrato carente, in modo tale da garantire che tutti gli allievi inizino il percorso di
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istruzione equipaggiati delle competenze indispensabili;
6) somministrazione del segmento iniziale di istruzione;
7) valutazione formativa intermedia, da far scattare in itinere all‟unità didattica, col compito di
accertare se gli allievi abbiano conseguito, tramite lo svolgimento del segmento collettivo, gli
standard di apprendimento determinati;
8) attivazione immediata delle procedure di recupero per quegli alunni che non hanno
conseguito gli standard di apprendimento desiderati, in modo da evitare che perdano terreno;
9) valutazione sommativa alla fine dell‟unità didattica, che si presenta come verifica dei
prerequisiti per il segmento successivo di istruzione.
Unità didattica
valutazione iniziale
dei prerequisiti
acquisizione
dei prerequisiti
1^ unità di
istruzione
valutazione intermedia
formativa
percorsi alternativi
correttivi - sostegno
valutazione sommativa
finale
2^ unità di
istruzione
Fig. 1. La catena del mastery learning
Rivediamo come nella strategia del mastery learning, assumono un ruolo determinante
due funzioni fondamentali dell‟attività didattica: la valutazione e la compensazione o recupero.
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Tra queste due funzioni si instaura una relazione circolare, per la quale l‟informazione derivante
dalla valutazione attiva la compensazione-recupero e ne determina il contenuto. Viene, cioè,
applicata alla didattica il principio di retroazione, in base al quale l‟allievo viene seguito
individualmente nel suo percorso di apprendimento e viene sollecitato a produrre prestazioni
dalle quali sia possibile rilevare se ha conseguito l‟obiettivo proprio di un determinato segmento
della procedura. Qualora, invece, nella verifica formativa i singoli allievi rivelino difficoltà nel
conseguire determinati obiettivi d‟apprendimento, ossia quando si constata che un allievo non è
in grado di fornire prestazioni corrette in relazione a stimoli che si riferiscono ad aspetti del
percorso, si attiva una procedura di compensazione, cioè un intervento diverso che ha lo scopo di
consentire il superamento della difficoltà incontrata. La valutazione formativa, in effetti, rinvia
alle procedure preliminarmente predisposte in alternativa a quella originaria, che si muovono non
tanto verso le correzioni dell‟errore dell‟allievo, quanto dell‟errata predisposizione delle
componenti la qualità dell‟istruzione collettiva, evidentemente non corrispondente al criterio di
adattamento che ne sancisce la sua bontà (Bloom, 1979). L‟efficacia dell‟individualizzazione
dipende in gran parte dalla analiticità della valutazione formativa, in base alla quale si pongono
in evidenza le difficoltà di ogni allievo nel conseguire determinati obiettivi d‟apprendimento
(Vertecchi, 1976), e dalla tempestività con cui viene attivato l‟intervento compensativo, che
consente di evitare all‟allievo di accumulare difficoltà o lacune che in seguito potrebbe essere
difficilmente colmabili. Molta della validità della proposta si affida, quindi, alla disponibilità di
una strumentazione valutativa capace di accompagnare il processo d‟apprendimento e rivelare
informazioni, che possono essere utilizzate, per introdurre modifiche nel piano delle attività, per
rilevare l‟adeguatezza della proposta formativa in relazione alla necessità di ciascun allievo e,
quindi, per fornire le informazioni necessarie che rendono possibile introdurre nella procedura di
istruzione le differenziazioni necessarie.
Tali proposte d‟intervento individualizzato possono produrre effetti positivi sul processo
d‟insegnamento-apprendimento, in quanto contribuiscono ad incrementare il livello di autostima
di ciascun allievo e di conseguenza la motivazione verso il compito di apprendimento proposto.
Tale strategia, pertanto, realizza un positivo compromesso tra una proposta di
apprendimento rivolta collettivamente ad un gruppo di allievi e l‟esigenza di tenere conto delle
caratteristiche personali, suggerendo procedure in grado di organizzare l‟istruzione e
l‟apprendimento di ogni studente. In tal modo, le procedure adottate, pur rimanendo nel contesto
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di una normale istruzione, basata sulla classe come gruppo, promuovono il pieno sviluppo di
ogni studente.
1.1.
Tecniche e strumenti operativi.
La possibilità per l‟insegnante di organizzare l‟attività di compensazione parte da alcune
considerazioni fondamentali. La prima riguarda la possibilità di offrire un‟ulteriore opportunità
d‟apprendimento effettuata mediante percorsi alternativi e utilizzando metodologie, strategie e
pratiche didattiche innovative e diverse rispetto alle precedenti attivate nell‟insegnamento
collettivo; la seconda mira a dare altro tempo aggiuntivo all‟allievo per acquisire gli
apprendimenti proposti. È opportuno precisare, tuttavia, che la procedura del mastery learning
non richiede dotazioni costose o raffinate, ma solo una struttura che, di volta in volta e a secondo
delle condizioni operative, può essere integrata con elementi diversi e con materiali poveri che
possono essere costruiti dai docenti e anche dagli allievi. Organizzare delle attività di
compensazione richiede solo impegno e disponibilità di tempo, collaborazione degli insegnanti e
cooperazione tra gli allievi ed eventualmente una sostanziale revisione ed organizzazione dei
modi di condurre l‟attività didattica. Alcuni soluzioni possono riguardare:
a) materiale bibliografico alternativo al libro di testo;
b) set di schede relative ai contenuti delle prove di valutazione e di verifica, con indicazioni
di brevi illustrazioni o spiegazioni , accompagnate da esempi ed esercitazioni; tale soluzione è
didatticamente molto valida, anche se richiede un notevole lavoro di preparazione da parte dei
docenti;
c) materiale di sviluppo integrativo in progress, che può essere costituito da schede con
alcune indicazioni di lavoro, lasciando all‟allievo la possibilità di proseguire nello sviluppo traendo
autonomamente le sue conclusioni;
d) sostegno guidato, esperienza e osservazione guidata, tutti termini che richiamano
l‟attuale e moderno concetto di orientamento, inteso come guida, supporto e sostegno in momenti di
difficoltà per indirizzare e orientare in modo opportuno il lavoro dello stesso allievo, fornendogli
informazioni ed elementi utili per proseguire nell‟attività d‟apprendimento;
e) aiuto reciproco, ossia sviluppare attività di tutoring da parte dei compagni.
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Nonostante, comunque, che il modello del mastery learning abbia trovato nelle strategie,
fondate sulle prove di valutazione formative, un grande fattore di propulsività, non si può
certamente negare la presenza di limiti all‟interno della stessa strategia. Gli interventi
compensativi, infatti, possono costituire importanti aggiunte rispetto allo sviluppo principale di
un piano d‟apprendimento, ma è molto improbabile che possano sostituirsi ad esso. Né va
trascurato l‟effetto depressivo nei confronti della motivazione all‟impegno allo studio, causato
dalla constatazione degli insuccessi. Si desume da ciò che le strategie di individualizzazione
possono ritenersi adeguate in condizioni in cui si rivela una diversità attenuata nelle
caratteristiche degli studenti, mentre può addirittura produrre effetti contrari, quando gli allievi
appaiono molto differenti per atteggiamenti, repertorio di competenze, stili di studio.
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2. Il progetto didattico
I recenti cambiamenti, specie in materia di autonomia delle istituzioni educative, hanno
come obiettivo primario quello di elevare la qualità dell‟istruzione, che si concretizza su criteri
legati ad una formazione cognitiva ampia e problematico-critica, nel senso che diventa necessario
padroneggiare i saperi sia come competenze che come metacompetenze, metacognizione e
riflessività. Sul piano qualitativo, le linee guida diventano la centralità della formazione del
soggetto, legato allo sviluppo del suo potenziale intellettivo, delle motivazioni (estrinseche, sociali,
personali, intrinseche)1, e alla valorizzazione dei talenti attraverso la costruzione delle competenze
e delle metacompetenze. L‟impianto sia cognitivo sia socio-affettivo sia emotivo ed emozionale del
progetto complessivo di formazione, pertanto, ha necessità di presentare una tensione verso la
ricerca dei “nuclei concettuali fondanti” le diverse discipline, in un quadro di competenze
trasversali. Le conoscenze e le competenze disciplinari diventano il substrato strutturale delle
competenze trasversali, intese come “capacità di orientarsi” e di comprendere, di costituire e
costruire le competenze trasversali, di assumere un atteggiamento critico e dare significato alle
proprie esperienze. La prospettiva prevalente vede la valorizzazione non più dei contenuti, ma dei
metodi e della metacognizione. L‟impostazione, che sembra prevalere, è quella di mirare alla
formazione integrale di una persona, intesa come sistema integrato, sintesi armoniosa di processi
cognitivi ed emozioni, al cui equilibrio dinamico concorrono la componente logico-razionale, quella
affettivo-sociale e quella percettivo-emotiva. Tra queste componenti vi deve essere una prospettiva
di continuità organica, entro cui gli obiettivi formativi, costituenti i saperi fondamentali di un
processo educativo, si giustificano in quanto momenti di inizio e di riferimento costante dell‟ottica
di progettazione, che trova nell‟autonomia delle istituzioni educative il suo approdo conclusivo.
Questo perché è indispensabile passare da una scuola e da una università che trasmettono
conoscenze a degli organismi pensanti che potenziano le capacità trasversali, come l‟imparare ad
imparare, l‟imparare a fare, l‟imparare ad essere, l‟imparare a relazionarsi2.
La nozione di competenza, come si può evincere dalle considerazioni precedenti, si presenta
molto articolata sia perché integra ed ingloba altre nozioni diverse e contigue (saperi, conoscenze,
1
Le motivazioni estrinseche sono legate ai risultati che si pensa che si conseguiranno al termine del percorso di
formazione; le sociali si riferiscono invece alle relazioni interpersonali che si sviluppano quando si è inseriti in un
gruppo di apprendimento; le personali sono associabili agli interessi, alle aspirazioni, alla forma mentis e alle
esperienze di ciascuno sia rispetto al suo inserimento relazionale che lavorativo. Le intrinseche sono invece legate al
gusto e al piacere dell‟essere impegnati in attività di formazione.
2
Delors J., Nell’educazione un tesoro, op. cit.
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capacità, riflessività e criticità) sia perché è e diventa parte integrante di un soggetto-persona. Da
qui la necessità di sottrarla ad ogni tentativo riduzionista per non perdere il suo significato più
autentico e più significativo. È importante non disperdere la ricchezza delle riflessioni, che in questi
ultimi anni hanno visto impegnati molti studiosi. Ci troviamo davanti ad una nozione che presenta
caratteri formativi e complessi e che sempre più si riferisce alla formazione di una mente plurima. Il
termine tiene conto dei processi di trasformazione delle professioni per un verso e per altro verso
degli studi sui processi formativi e dei paradigmi didattici dell‟apprendimento (razionalistainformazionista; sistemico-interazionista; costruttivismo socio-educativo), per cui sempre più
conserva e assume una natura dinamica ed integrata. Per comprenderne bene il significato e il
senso, infatti, è necessario non solo considerare il percorso che lo costruisce (conoscenze di base, di
metodo, emozioni e abilità), ma anche ciò che consente di sviluppare in itinere e successivamente
(metacognizione, riflessività, criticità), dal momento che il suo possesso caratterizza ed individua
un soggetto, che è mente e persona insieme.
La competenza, in effetti, non può essere solo il risultato di conoscenze e abilità, legato cioè
ai contenuti e al possesso di conoscenze specifiche, ma è essenzialmente costruzione e sviluppo di
una forma mentis transdisciplinare, orientata cioè in senso scientifico, problematico e critico. Non
vi può essere competenza, infatti, senza un bagaglio strutturato di conoscenze disciplinari,
multidisciplinari e interdisciplinari (dimensione monocognitiva) e senza il possesso delle
epistemologie e metodologie di ricerca proprie di ciascun dominio di conoscenza e di sapere
(dimensione metacognitiva). Allo stesso modo non vi può essere competenza se non si acquisisce
una mentalità scientifica, ossia una conoscenza sperimentale e documentata. La competenza viene,
infatti, acquisita mediante un metodo rigoroso e controllato, problematico e critico, caratterizzato
dal dubbio e dalla ricerca, per cui si connota come riflessione personale (dimensione fantacognitiva)
in direzione metacognitiva e metascientifica. Questo particolare aspetto, orientato alla criticità e alla
riflessività, rende i saperi (anche se si traducono in un saper fare, ossia si applicano e vengono usati
in situazione e per risolvere specifici problemi) altamente trasferibili, poiché i vari “problemi
risolti” consentono di allenare la mente ad acquisire strategie cognitive e a costruire ulteriori
competenze sulla base delle precedenti, ossia come sviluppo ulteriore e rielaborativo di quelle
possedute. Le strategie cognitive consentono di poter trasferire in situazioni diversificate le regole, i
principi, i criteri e le metodologie utilizzate in precedenza. Una competenza, in effetti, si ritiene
realmente posseduta non tanto quando si presenta come punto di arrivo, ma quando diviene punto di
partenza per acquisirne altre. Il suo possesso e la capacità di saperla utilizzare in contesti e
attraverso linguaggi diversi fa sì che il soggetto presenti una capacità nuova, più ricca, più matura
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ed un atteggiamento più riflessivo e più critico e, quindi, con una potenzialità maggiore per
acquisirne e costruirne delle nuove. La trasferibilità, sostiene Cambi3, è parte integrante, in quanto è
insita nel concetto stesso di competenza, poiché predispone e crea una intelligenza caratterizzata da
una notevole flessibilità cognitiva. Tale dimensione di flessibilità è propria di ogni conoscenza
scientifica, essendo giustamente considerata sia come strumento di conoscenza sia come strumento
di ricerca e di intervento sulla e nella realtà. Questa impostazione pone l‟accento non solo su una
specifica accezione del concetto di competenza, ma su un diverso significato che assume lo stesso
concetto di apprendimento. Questi non è più inteso come trasmissione e acquisizione di conoscenze,
ma come sviluppo delle potenzialità e delle capacità presenti e disponibili nel soggetto, per muovere
da quelle ed indurlo a progressi ulteriori.
3
Cambi F., Saperi e competenze, op. cit.
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2.1.
Una didattica a misura d’allievo
L‟obiettivo di fondo di ogni processo di formazione è quello di garantire a tutti il diritto
all‟apprendimento e al successo formativo, sviluppando al meglio le potenzialità e i talenti di
ciascuno. Risultato questo che si può conseguire attraverso strategie e azioni che consentono di
migliorare la qualità dell‟istruzione e che, sul piano didattico, si traducono nel riuscire a costituire
delle comunità d‟apprendimento4 e nell‟organizzare, secondo un approccio e una metodologia
scientifica, delle comunità5 a misura d‟alunno6, in cui il traguardo formativo per eccellenza è
rappresentato dalla mediazione che si riesce a instaurare tra i soggetti e tra i soggetti e gli oggetti di
conoscenza. Elevare la qualità dell‟istruzione significa, infatti, organizzare ambienti cognitivoculturali e socio-affettivi in modo da mettere ogni allievo nelle condizioni di acquisire conoscenze e
4
Gli elementi caratterizzanti una comunità di apprendimento si riferiscono alla qualità delle relazioni, della
comunicazione e ad un equilibrato e sano senso di appartenenza. Essenzialmente si basa sul potenziale relazionale che
riesce ad esprimere e non ha importanza se la comunità sia reale o virtuale, ossia se si sviluppa in presenza o in
ambienti virtuali. Ciò che connota una comunità di apprendimento è la relazione educativa, comunicativa in direzione
formativa, che si instaura tra persone, ossia tra i soggetti che la costituiscono. Relazione tra docenti, tra discipline, tra
docenti e allievi, tra docenti allievi e discipline, tra allievi, e non ultima tra gli oggetti e i soggetti d‟apprendimento.
Ogni azione educativa, per essere efficace, si deve connaturare come esperienza significativa per i soggetti che vi sono
coinvolti a vario titolo, per cui ha necessità di realizzarsi attraverso una dimensione relazionale tra termini antinomici
(docente/allievo, insegnamento/apprendimento, saperi/soggetti). Termini che trovano i loro punti di riferimento e di
incontro nella mediazione formativa e nella realizzazione di un clima favorevole. La mediazione e la relazione devono
contraddistinguere il rapporto inferenziale in chiave positiva tra docenti, tra allievi e tra docenti e allievi per costituire
un‟effettiva “comunità di apprendimento”. In questa si verifica un intenso e continuo scambio di messaggi espliciti e
impliciti tra soggetti che condividono e vivono la stessa esperienza e la stessa mediazione educativa e formativa. Questi
elementi sono alla base per creare le condizioni favorevoli atte a far acquisire apprendimenti, dal momento che sempre
più viene assegnata grande valenza al contesto, agli atteggiamenti, al clima, che si respira in un determinato ambiente, e
alle aspettative al positivo per realizzare un‟azione didattica incoraggiante ed accattivante.
5
Il costituirsi di una comunità parte dalla considerazione che il fatto fondamentale è di far emergere tra i soggetti che la
compongono le disponibilità e le intenzionalità sia ad insegnare che ad apprendere in modo da riuscire ad individuare le
strategie più idonee e le occasioni e opportunità più favorevoli in modo che la comunità di apprendimento si concretizzi
e si trasformi in una comunità di pratiche, atte a far conseguire i risultati formativi per cui le stesse comunità si
costituiscono. Il primo atto che si richiede di compiere è un‟attenta analisi della situazione di partenza di ogni allievo
preso individualmente e nelle sue relazioni con il gruppo. Lo stesso problema si pone anche per i docenti. Dalla
conoscenza dei soggetti (il vissuto e l‟esperienza pregressa cognitiva e socio-affettiva), della natura dei processi di
acquisizione e costruzione delle conoscenze e competenze (come si apprende, come si assimilano i fatti e i contenuti,
come è possibile costruire, oltre che assimilare, le conoscenze) e delle condizioni più favorevoli a questi processi di
formazione (bisogni, interessi, organizzazione dell‟attività), una didattica di qualità, autonoma e scientifica, deduce ed
individua quali strategie o pratiche didattiche - individualizzate e non, personalizzate e non – sono da attivare e da
sottoporre a verifica attraverso l‟osservazione sistematica dei fatti educativi. Una simile concezione della didattica
comporta dei cambiamenti nelle dimensioni professionali e nelle funzioni dei docenti che non consistono più nel
dirigere l‟apprendimento degli allievi in vista di un preciso programma di contenuti. Si tratta, invece, di predisporre ed
allestire condizioni ottimali ed offrire molteplici opportunità per consentire agli allievi di acquisire le conoscenze e di
sviluppare e favorire una costruzione e scoperta, guidata e autonoma, delle stesse conoscenze. Tutte le attività dei
docenti devono mirare, in effetti, a favorire le attività formative di ciascun allievo. In tal modo non vi è separazione e
contraddizione tra le attività dei docenti e le attività degli allievi specie se le attività dei primi si pongono come
obiettivo la realizzazione delle seconde; se cioè le attività dei docenti non escludono, ma stimolano e favoriscono le
attività degli allievi (Laeng M., “Pedagogia, didattica, tecnologia”, in Titone R., a cura di, Questioni di Tecnologia
didattica, Brescia, La Scuola, 1974; Lawton D., Programmi di studio ed evoluzione sociale, Roma, Armando, 1976).
6
Cfr. Claparède E., La scuola su misura, Firenze, La Nuova Italia, 1952; Baldacci M., Una scuola a misura d’alunno,
cit.
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di costruirsi le competenze in maniera soddisfacente e gratificante. Questo comporta l‟adattamento
degli obiettivi formativi e delle strategie didattiche ai bisogni e alle caratteristiche dei singoli allievi,
attraverso precise e concrete modalità di organizzazione dell‟intervento, in modo da diversificare le
strategie e i percorsi d‟insegnamento. La didattica non individualizzata affida unilateralmente
all‟alunno l‟onere e l‟impegno di adattarsi alle modalità e alle caratteristiche dell‟insegnamento,
mentre la didattica individualizzata e personalizzata tende a realizzare un adattamento reciproco tra
il primo termine, l‟insegnamento, e il secondo, lo studente/allievo. Il principio didattico sul quale si
fonda ogni azione educativa è che quanto più si acquisiscono elementi di conoscenza sui livelli di
partenza e sulla disponibilità ad apprendere (emozioni, sentimenti, affettività) del soggetto e quanto
più l‟insegnamento sarà rapportato alle caratteristiche cognitive e socio-affettive degli allievi tanto
più sarà alta la percentuale e la probabilità che gli allievi apprendano con successo. Allo stesso
modo quanto più si padroneggiano le abilità precedenti tanto più si è in grado di apprendere le
abilità di ordine superiore. Su queste basi una didattica individualizzata deve mirare ad assicurare a
tutti gli allievi il conseguimento delle competenze, ritenute essenziale patrimonio comune di tutti i
soggetti attraverso la realizzazione di una diversificazione delle strategie d‟insegnamento, che
tengano conto cioè per ogni conoscenza anche dei diversi livelli di astrazione. Una volta
salvaguardato il diritto all‟apprendimento e alla costruzione delle competenze di base, si può
passare ad una didattica personalizzata. Questa si pone come obiettivo di favorire lo sviluppo dei
talenti personali, attraverso percorsi che mirano a coltivare le potenzialità cognitive e socio-affettive
di ciascuno, per cui ad una diversificazione dei percorsi corrisponde una diversificazione dei
traguardi di apprendimento. Una didattica di qualità, infatti, postula che ogni allievo acquisisca le
conoscenze e le competenze basilari e sviluppi i propri specifici e personali talenti.
Il processo d‟apprendimento-insegnamento ha come finalità di attivare, aiutare e supportare
le persone nella loro capacità di imparare ad apprendere, attraverso processi acquisitivi di
conoscenze e di abilità che mettano in grado il soggetto di costruirsi le competenze, che gli saranno
utili per tutta la vita. All‟interno di tale processo vi sono elementi e variabili che ne costituiscono i
necessari prerequisiti. Nella realizzazione e concretizzazione di ogni azione educativa, perciò,
diventa essenziale individuare quegli insiemi di eventi che possono influenzare direttamente o avere
incidenza positiva nel favorire le acquisizioni di conoscenze. In questa ottica, l‟insegnamento,
inteso come intervento mediato e modalità esterna che allestisce e crea le condizioni che consentono
ad ogni soggetto di poter realizzare il suo diritto all‟apprendimento e alla costruzione delle
competenze, necessariamente deve essere progettato in modo da far interagire dialetticamente
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l‟insieme degli eventi che lo caratterizzano. Questo, essendo un processo che si sviluppa in modo
sistematico nel tempo in senso longitudinale e orizzontale, necessita nel suo sviluppo di realizzarsi
in situazione collettiva, nelle relazioni sociali e in un determinato contesto o situazione.
Secondo tale impostazione, l‟insegnante, nello svolgere il ruolo di progettista della
formazione7, è chiamato ad analizzare nella sua complessità i processi di apprendimento e di
formazione del soggetto e a predisporre ed elaborare un‟ipotesi progettuale di percorso che richiede
una collaborazione sinergica tra discipline e tra docenti. Si richiede, in effetti, che il gruppo docente
e le discipline si muovano come unità funzionale che, pur nella salvaguardia della loro diversità
soggettiva e della specificità disciplinare, concorrano in modo sinergico alla formazione e alla
costruzione sociale delle competenze da parte dello studente. Questi è chiamato ad assumere
decisioni condivise con i docenti sulle finalità, sulla pianificazione degli obiettivi formativi e delle
competenze, sui sistemi e criteri di verifica e di controllo legati non solo alla qualità degli
apprendimenti ma anche dell‟insegnamento e dei processi messi in atto. L‟insegnamento, in effetti,
sviluppa un intervento in funzione di obiettivi formativi e competenze, per cui si deve realizzare una
stretta interdipendenza nel processo didattico tra insegnamento e apprendimento. Sia che
quest‟ultimo venga inteso come processo di elaborazione e costruzione delle conoscenze
(cognitivismo), sia che venga inteso come costruzione dei significati in contesti sociali
(costruttivismo sociale). Apprendimento, peraltro, che non si identifica con il solo possedere
contenuti dati e prestabiliti, ma piuttosto con il raggiungere l‟acquisizione e il padroneggiamento di
come saper utilizzare e riorganizzare le conoscenze possedute e sapersi riappropriare di nuove
conoscenze e nuovi saperi. Il problema che si pone oggi, nelle società complesse della conoscenza e
delle competenze, è di imparare ad imparare e non solo di imparare o di aver appreso. Per converso,
una comunità di apprendimento deve insegnare ad imparare, attraverso sicuramente contenuti da
trasmettere ma sviluppando capacità per saperli usare come strumenti per operare nella realtà
quotidiana, comprendendone i mutamenti, affrontando, in e con equilibrio intrapersonale e
interpersonale, situazioni nuove e critiche e prendendo ed assumendo decisioni su problematiche
nuove e complesse.
Franchi G., “Gestire l‟insegnamento”, in Riforma della scuola, 1977, 12; e i nostri, Insegnanti e società, Cassano,
Jonica editrice, 1989; e Autonomia scolastica: un’identità da ricercare, op. cit.
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2.2.
Da una didattica individualizzata ad una personalizzata
Sulla base di queste conoscenze complessive, si passa alla progettazione flessibile e fluida di
azioni didattiche in vista di percorsi appropriati e motivati in modo da contribuire alla crescita delle
potenzialità e dei talenti individuali. Traguardo che si può perseguire se la progettazione riesce a
soddisfare le esigenze sia di una didattica individualizzata sia di una personalizzata. La
individualizzata consente di assicurare ad ognuno il diritto all‟apprendimento e alla formazione
attraverso l‟acquisizione di competenze comuni di base. Diventa importante, in tale procedura
didattica, utilizzare sia le pratiche riferite alle tecniche espositive, che vanno dalla lezione frontale
al mastery learning, sia quelle riferite alle tecniche di problem solving, che vanno dalla metodologia
della ricerca al metodo per scoperta o per soluzione di problemi. Si tratta di offrire diversificate
opportunità per sviluppare, anche attraverso il cooperative learning, la collaborazione, la
discussione e la riflessione in vista di far acquisire ad ogni allievo un‟adeguata autonomia nei
processi acquisitivi e nella costruzione delle competenze disciplinari e trasversali. La seconda, la
didattica personalizzata, parte dal presupposto che l‟apprendimento è un processo aperto e
problematico, in cui ogni soggetto può sviluppare una propria forma di eccellenza cognitiva,
attraverso il perseguimento e conseguimento di obiettivi diversi per ognuno. Si tratta, in effetti, di
ipotizzare la realizzazione di differenti percorsi di insegnamento che presuppongano diversificati
traguardi di apprendimento. Le pratiche da attivare e da prediligere, in tale procedura, sono
l‟elaborazione e realizzazione di plurimi progetti didattici e l‟attivazione di una didattica legata a
diversificati laboratori opzionali, in modo che ciascun allievo possa acquisire diversificati obiettivi
e crediti formativi. L‟obiettivo è quello di riuscire a coniugare e far interagire, in senso dialettico e
sinergico, una didattica e procedura individualizzata con una didattica e procedura personalizzata.
La procedura individualizzata mira a far acquisire le competenze essenziali di base, nella
salvaguardia dei loro vissuti esistenziali e tenendo nella giusta considerazione la loro autobiografia
relazionale e formativa, dal momento che le differenti e diseguali caratteristiche cognitive e socioaffettive rappresentano il substrato conoscitivo di partenza per allestire contesti socio-culturali
idonei in modo da adattare l‟ambiente didattico alle strutture cognitive degli allievi. In tale processo
di individualizzazione, si può ragionevolmente ipotizzare che differenti percorsi riescano non solo a
garantire la padronanza delle conoscenze ma anche a far conseguire ad ogni soggetto differenti
traguardi e livelli di apprendimento. Percorsi differenziati e traguardi e livelli di apprendimento
diversificati sono alla base di una didattica personalizzata. Attraverso tale procedura, si può favorire
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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una individuata e accertata eccellenza cognitiva in modo da dare priorità ad una comparazione
intraindividuale ed interindividuale e verificare in quale capacità un soggetto mostra maggiore
attitudine e propensione.
In concreto, la personalizzazione consente ad ognuno, partendo dalle conoscenze e
competenze acquisite, di aspirare all‟eccellenza in un ambito nel quale mostra di avere talento. Una
volta acquisiti, ma anche mentre si acquisiscono gli obiettivi di base comuni a tutti, si possono dopo
ed anche contemporaneamente, conseguire e perseguire obiettivi diversificati per ognuno. In base a
questa ottica, la personalizzazione può rappresentare un traguardo che è possibile perseguire e che,
oltretutto, è sempre stato perseguito da una didattica avveduta ed accorta. Da sempre si è sostenuto
che la conoscenza in sé non ha alcun valore sufficiente se non riesce ad essere parte integrante e
stabile delle acquisizioni del soggetto fino a divenire promotrice di ulteriori conoscenze e
competenze. Gli obiettivi sono formativi, infatti, solo nella misura in cui si traducono in
competenze personali e queste possono avere anche forme di eccellenza che il soggetto ha necessità
di imparare a salvaguardare e a continuamente arricchire e favorire durante tutto l‟arco della vita.
Questo perché qualsiasi tipo e livello di cultura non è dato dai saperi cumulati, ma dalle conoscenze
integrate ed interagenti che si sono personalizzate. Solo la conoscenza che si personalizza è vera
cultura e la cultura è tale se si traduce in nuovo modo di pensare e di ragionare, di vivere e di agire.
In conclusione, la valorizzazione del talento e la promozione dell‟eccellenza sono obiettivi che si
possono conseguire, ma in un contesto di assoluta uguaglianza delle opportunità e degli esiti, in cui
ogni soggetto abbia acquisito sia gli apprendimenti sia le competenze fondamentali ed essenziali.
Queste rappresentano lo zoccolo duro, il substrato cognitivo su cui si innesta e meglio si struttura la
stessa area di eccellenza. Nella realizzazione di una comunità educativa, importante dal punto di
vista formativo è di riuscire a far acquisire conoscenze e competenze utili e valide per tutto l‟arco
della vita (lifelong learning). Da qui l‟esigenza di attivare e costituire delle comunità che siano in
grado di collegare proficuamente il senso, il significato e i fini formativi con le azioni e le strategie
didattiche. I valori, il senso e i significati dei primi sono immanenti alle azioni attivate e queste
acquistano parallelamente senso e significato in quanto sono elementi che sono intrinseci ai concreti
dispositivi didattici. Nella connessione tra senso e significato dei fini e senso e significato delle
azioni e delle strategie si giustifica e legittima l‟intervento formativo, che si presenta complesso,
diversificato ma sempre unitario.
Le azioni e le strategie hanno la finalità di dare risposte coerenti e soddisfacenti ai due
traguardi indicati: 1) la realizzazione di una didattica individualizzata e 2) l‟attuazione in situazione
di una didattica personalizzata. Strategie e azioni che, se impostate scientificamente anche dal punto
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di vista metodologico, possono richiamare sia le unità didattiche ed i progetti didattici, sia i moduli
trasversali e disciplinari, sia le unità di apprendimento8. Accanto a tali strategie, vanno realizzati
percorsi sulla base di progetti opzionali e di una didattica laboratoriale a più dimensioni e offerte,
dal momento che è importante offrire diversificate opportunità formative attraverso diversificate
strategie e diversificati percorsi. Tra questi percorsi, lasciati alla libera scelta, l‟allievo individua
quali seguire e su quali esprimere la sua opzione motivata e condivisa. Opzione che non è sinonimo
di facoltativo, ma che è vincolante, nel senso che diventa obbligatorio seguire i percorsi su cui si è
espressa la propria opzione e scelta. Effettuata la scelta, cioè, diventa obbligatorio seguire il
progetto o il laboratorio, in quanto facenti parte del percorso formativo. È anche preferibile
prevedere la possibilità di poter cambiare percorso, ossia di poter modificare, durante il percorso
prescelto, opzione e scelta. Anche la variabilità, in questo caso, diventa momento altamente
formativo, in quanto il soggetto può essere aiutato a comprendere che una scelta può essere frutto e
risultato spesso di inferenze varie, che vanno rimosse e collocate nella loro giusta dimensione.
L‟importante per l‟allievo è che la scelta sia ragionata, motivata e sia frutto di un dialogo e di una
riflessione convinta e condivisa con i docenti e che, solo in casi eccezionali, può essere modificata
quando il soggetto stesso si rende conto che non corrisponde alle sue esigenze formative.
Il sapere e le competenze rappresentano, nelle società complesse, il migliore investimento
produttivo, dal momento che la conoscenza ha assunto un carattere pervasivo rispetto alla
quotidianità della vita. Il possesso del sapere rappresenta sempre più un‟esigenza inderogabile, una
condizione irrinunciabile per le opportunità di vita, sia professionale sia esistenziale di ogni
soggetto-persona, perché gli consente di imparare ad imparare. Tale obiettivo (imparare ad
imparare) è caratterizzato dalla flessibilità cognitiva, giacché la società attuale richiede una
formazione continua9, che si sviluppa per tutta la vita, per cui il soggetto deve acquisire
necessariamente un‟attitudine ed un‟autonomia a saper successivamente apprendere e rapportarsi al
nuovo. In tale impostazione due sono gli elementi da prendere in attenta considerazione e da porre
al centro del processo di formazione: il soggetto in formazione e il come si consegue la formazione.
Se, pertanto, centrale diventa la persona, questa deve essere garantita nel raggiungere una sua
specifica autonomia e nell‟incrementare al massimo le sue potenzialità attraverso lo sviluppo delle
L‟unità di apprendimento, secondo il nostro punto di vista, se ben impostata, dovrebbe racchiudere sia gli elementi
positivi, relativi al progetto didattico, inteso come sviluppo complessivo e ologrammatico di una situazione vista nella
sua unitarietà e complessità, sia gli elementi che caratterizzano le unità didattiche, ossia l‟acquisizione delle unità di
informazioni essenziali, che spesso richiedono l‟atomizzazione e l‟operazionalità della conoscenza.
9
Dai vari rapporti della Comunità Europea, a partire da quella condotta da Faure nel 1974, si evince come un individuo
sia chiamato più volte nell‟arco della sua vita, si pensa per ben cinque volte, a modificare il suo modo di lavorare, di
pensare e di agire, per cui essenziale diventa per ognuno sapersi rapportare in modo autonomo ai nuovi saperi, per
acquisirli, e alle nuove tecnologie (cfr. Delors J., Nell’educazione un tesoro, cit.)
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sue specifiche forme di intelligenze10 o di formae mentis, che connotano la pluralità e la
multiformità dell‟ingegno umano11 e che individuano la pluralità dei talenti. Si tratta di dare nel
concreto ad ogni persona la possibilità di raggiungere in qualche specifico campo un livello di
eccellenza intrapersonale, rispetto ai propri campi di attività, e interpersonale, rispetto alla maggior
parte delle altre persone. Accanto, perciò, a percorsi che mirino a far apprendere a tutti le
conoscenze necessarie e far acquisire le competenze indispensabili, per un loro adeguato
inserimento sociale e professionale, necessita privilegiare percorsi differenziati che mirino a
sviluppare le specifiche individualità cognitive. Da qui la necessità di attivare curricoli formativi
individualizzati e in contemporanea curricoli formativi personalizzati. Questi ultimi attraverso una
diversificazione dei percorsi e dei traguardi formativi mirano a promuovere in ogni persona lo
sviluppo di una forma di eccellenza cognitiva che risponda adeguatamente alle sue peculiarità
individuali.
2.3.
Personalizzazione dei percorsi
La parola chiave, coniugabile con il concetto di competenza, è quella di personalizzazione,
che richiama due concetti tra loro strettamente interconnessi: persona e personalizzare.
Il richiamo al concetto di persona, intesa quale identità relazionale dell‟essere proprio
dell‟uomo, con la sua singolarità e il suo ruolo nel mondo, arricchisce il dibattito non solo politico,
ma anche culturale e pedagogico, in quanto elemento centrale nel processo d‟apprendimentoinsegnamento. La persona si presenta nella sua interezza e integrità ma anche nella sua articolata
complessità. È un‟identità in continuo divenire, che si costruisce sulla relazione, e, pur essendo
costituita di singolarità, ossia di unicità, si presenta caratterizzata di pluralità, ossia di una pluralità
composita: di presenza consapevole e attiva, di responsabilità interattiva nei rapporti e confronti con
gli altri, con le conoscenze e i saperi e con l‟ambiente12. L‟Io è un concetto nello stesso tempo
unitario e plurimo, che nasce e si sviluppa nella reciprocità, in una libertà di rapporti, di confronti ed
essenzialmente attraverso rapporti ed incontri significativi. In questa dimensione dell‟incontro, la
persona da unicità, articolarmente complessa, cessa di essere e rimanere isolata ma si collega agli
altri e al mondo, attraverso la condivisione di valori e il possesso delle conoscenze e la costruzione
10
Cfr. Gardner H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità delle intelligenze, op. cit.; Morin E., I sette saperi per
l’educazione del futuro, Milano, Mondadori, 2001; Olson D.R., Linguaggi, media e processi educativi, op.cit.
11
Bruner J., La cultura dell’educazione, op. cit.; Cambi F., Saperi e competenze, op.cit.
12
Lewin K., Teoria dinamica della personalità, Firenze, Giunti & Barbera, 1965.
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sociale, insieme e con gli altri e in plurimi contesti, delle competenze. Questi obiettivi formativi
sono assicurati dalla continua relazione che il soggetto instaura tra il sé e l‟altro di sé, nella misura
in cui la persona è realmente tale se riconosciuta dagli altri. L‟identificazione del significato, senso
e valore della persona porta a prediligere sul piano squisitamente didattico da un lato un
insegnamento attivo, operativo ed orientativo, in cui le conoscenze e le competenze assumano una
significativa connotazione formativa, e dall‟altro una collaborazione e cooperazione tra docenti e
docenti, tra allievi e docenti, tra allievi e allievi, in modo da far assumere al concetto di formazione
la sua dimensione intrinseca sociale ed interattiva. La persona umana, pertanto, è posta al centro
dell‟azione del processo formativo ovunque questi si realizzi, ma specie in ambito scolastico e
universitario. Questi ambiti hanno la grande responsabilità di offrire contesti relazionali gratificanti,
stimolanti, significativi sul piano cognitivo, socio-affettivo e valoriale, in direzione della cocostruzione di significati di vita con il più ampio contesto relazionale e formativo.
Il termine personalizzare, invece, può essere analizzato in base a due diverse direttive: l‟una
interna al soggetto e l‟altra esterna, relativa, cioè, all‟attività prodotta da altri al fine di favorire in
modo adeguato in ogni allievo una propria forma di eccellenza cognitiva. Nel primo caso il
riferimento riguarda l‟apprendimento che ogni persona consegue soggettivamente e in modo
personale, a prescindere dal significato specifico che si vuole attribuire al concetto di
apprendimento. Sia che esso venga considerato come “modificazione stabile e acquisita del
comportamento”, attraverso processi individuali di acculturazione, inculturazione ed essere (teorie
comportamentiste); o che venga inteso quale “processo di elaborazione e costruzione personale
delle conoscenze”, secondo l‟interpretazione elaborata all‟interno del cognitivismo; o ancora come
“costruzione di significati”, in base alle precisazioni provenienti dal costruttivismo. Sia, pertanto,
che l‟apprendimento venga considerato come prodotto osservabile; sia che si dia maggiore rilevanza
ai processi cognitivi, ossia alle attività mentali che il singolo soggetto è in grado di svolgere in
quanto attivo elaboratore di informazioni e quindi protagonista del suo percorso formativo; sia che
si faccia riferimento all‟itinerario seguito dall‟allievo per acquisire nuove conoscenze e abilità,
attraverso la costruzione e la scoperta delle stesse; sia che venga considerato quale risultato
dell‟interiorizzazione delle interazioni che il soggetto ha con gli altri e l‟ambiente sociale che lo
circonda, è sempre il soggetto, nella sua interezza e nella sua individualità, che mette in atto una
sua individuale caratterizzazione cognitiva e di personalizzazione. La conoscenza è in ogni caso un
prodotto o acquisito o elaborato o costruito socialmente ma sempre voluto, accettato, condiviso
dalla singola persona. Ancor più se ha a che fare con la consapevolezza e il controllo e con il
processo di metacognizione che ogni soggetto riesce ad acquisire circa i propri processi cognitivi.
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Nel secondo caso, che vede il concetto di personalizzazione legato alle attività esterne, si fa
riferimento all‟insieme di quelle strategie didattiche che si pongono l„obiettivo di garantire ad ogni
soggetto la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità ed eccellenze intellettuali e cognitive.
Personalizzare, comunque, non significa annullare il concetto di individualizzazione, ma
solo precisare che bisogna andare oltre, attivando percorsi personalizzati. L‟individualizzazione si
riferisce a percorsi che si servono di modalità e strategie diverse per giungere ad un comune
obiettivo. La personalizzazione, invece, si riferisce a percorsi che, utilizzando una vasta gamma di
opportunità opzionali, sono finalizzati al raggiungimento di traguardi diversi. Entrambi i percorsi
sono vitali perché sono da considerarsi complementari e tendono a spostare l‟ottica dai processi di
insegnamento a quelli di apprendimento. L‟individualizzazione è più legata all‟insegnamento in
quanto lo adatta alle caratteristiche cognitive e affettive dei singoli allievi, ai loro ritmi di
apprendimento e alla loro sensibilità. La personalizzazione si riferisce, invece, alla messa a punto di
opportunità didattiche che teoricamente dovrebbero consentire ad ogni allievo di sviluppare le
proprie potenzialità, attraverso la possibilità di accrescere i propri punti di forza, ossia le proprie
aree di eccellenza. Essa, nell‟ottica di favorire lo sviluppo dei talenti personali, mira al
raggiungimento di traguardi diversi e quindi propone obiettivi diversi per ciascuno allievo. I due
percorsi non sono, pertanto, incompatibili. Anzi una formazione valida richiede sia che l‟allievo
raggiunga le competenze fondamentali e basilari sia che possa sviluppare proprie specifiche
potenzialità, ossia lo sviluppo di propri specifici talenti. Sono altresì compatibili anche per il fatto
che i due percorsi possono essere sviluppati tutti e due in modo reticolare e non necessariamente
lineare.
La personalizzazione degli apprendimenti fonda le sue ragioni scientifiche su alcuni
principi, che sono il risultato di alcune ricerche. Si parte dal principio che una maggiore
differenziazione delle strategie e delle pratiche didattiche, moltiplicando cioè le opportunità, i
percorsi e gli itinerari formativi, aumenti le possibilità di scelta da parte di ciascun allievo e possa in
tal modo favorire l‟individuazione e lo sviluppo del proprio talento, che fa riferimento alla diversità
delle formae mentis, intese come valori da potenziare e cautelare. Il percorso formativo deve sapere,
cioè, valorizzare le forme cognitive di ciascuno, segnate in senso espressivo, logico, musicale,
corporeo, sociale. Si tratta di riconoscere dignità pedagogica e didattica cioè alle varie forme di
intelligenza, e non solo a quella verbale, sviluppando attività e pratiche in direzione dell‟intera
trama delle poliedriche forme dei talenti umani. Altro principio riguarda la mediazione formativa e
didattica e la pluralità delle metodiche e delle procedure in grado di favorire i processi
metacognitivi. Attraverso questi si impara ad imparare e si favorisce l‟acquisizione di un‟adeguata
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flessibilità cognitiva. Si parte, in effetti, dalla convinzione che gli apprendimenti vengono facilitati e
resi più intensi e significativi quando il soggetto è in grado di orientare e governare anche
successivamente il processo di acquisizione e costruzione delle competenze.
2.4.
Personalizzazione e talento: problemi e prospettive
Nel quadro, pertanto, della tematica dei talenti, diventa prioritariamente necessario chiarire
alcune questioni di ordine semantico e concettuale e dirimere anche alcune contraddizioni in modo
da evitare e limitare alcuni rischi. Per poter affrontare tale complessa tematica, è necessario, cioè,
chiarire alcune questioni sia sul piano semantico e concettuale, sia su quello culturale e politico, sia
ed ancora di più sul piano pedagogico e didattico. L‟idea di fondo su cui poggia il concetto di
talento è di permettere a ciascun studente di sviluppare le proprie specifiche potenzialità, ossia le
forme di intelligenza per le quali, sostiene Baldacci, si sente maggiormente versato o per le quali
nutre una spiccata preferenza.
Per prima cosa si tratta di capire se il termine talento presenta una sua definizione
semanticamente forte e chiara o se invece fa riferimento a concetti e termini ambivalenti e poco
solidi sul piano dei significati. Una volta risolta tale prima questione, vi sono da dirimerne altre
quali: la difficoltà di individuare e determinare con chiarezza quale sia il talento di ognuno e se sia
sufficiente una diagnosi precoce, quanto più possibile coerente e congrua, o se, invece, si richiede
una costante e continua verifica e valutazione protratta nel tempo per individuare e determinare
quale talento il soggetto realmente e concretamente possiede. Altro problema è come viene inteso,
se cioè sia una potenzialità innata o sia, invece, il risultato del vissuto e dell‟esperienza acquisita in
un determinato contesto. Se è modificabile e, quindi, da considerare una variabile dipendente o se,
invece, sia da ritenersi immodificabile e, quindi, una variabile indipendente. Accanto a tali problemi
di natura teorica, ve ne sono altri, più di natura squisitamente metodologica e didattica: la
determinazione dei soggetti che devono e sono in grado di effettuare la diagnosi, per cui si
assumono la responsabilità di determinare la prevalenza o eccellenza cognitiva di un soggetto; il
ruolo che riveste il soggetto, se da protagonista e attore delle proprie determinazioni o se, invece, da
attore passivo che è vincolato ad accettare scelte e decisioni che effettuano altri per lui; gli strumenti
scientifici, possibilmente oggettivi, che possono aiutare ad individuare il talento, anche da parte
dello stesso soggetto; gli eventuali percorsi e strategie che possano aiutare ad individuarlo con una
certa approssimazione in modo da evitare che tale individuazione possa portare a degli errori o a
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delle distorsioni. Se, infine, una volta individuato, sia da tenere o meno sotto continua osservazione,
per verificarlo sia longitudinalmente, durante l‟arco della vita, sia orizzontalmente, in più contesti e
momenti significativi della quotidianità della vita.
Queste sono solo alcune questioni che vanno chiarite, per evitare non solo che non si
favorisca lo sviluppo di eccellenze cognitive ma, addirittura, di apportare dei guasti e dei danni dal
punto di vista formativo, tanto da segnare negativamente e predisporre, con incidenza negativa, la
formazione complessiva dello stesso soggetto. Relativamente alla correttezza semantica, si tratta di
specificare cosa sia da intendere per talento. Se, cioè, è da intendersi come la capacità e potenzialità
prevalente del modo di pensare, di ragionare e di agire di un soggetto. In questo caso il termine
risulta semanticamente ben definito e non lascia spazio a tentennamenti o a concetti facilmente
variabili e legati a dei particolari momenti della vita e della quotidianità di ciascuno. Si tratta,
oltretutto, di evitare di confondere il termine eccellenza con quello di padronanza. Quest‟ultimo si
riferisce al possesso intelligente e compiuto delle conoscenze e delle competenze ed implica, da
parte del soggetto, di sapersi muovere con padronanza attraverso gli alfabeti che padroneggia. Non
chiama, però, in causa una benché minima comparazione intraindividuale e interindividuale. Il
termine eccellenza indica essenzialmente il prevalere di un grado di sviluppo alto di una capacità
comparata e rispetto alle altre capacità possedute. Grado di sviluppo o abilità più sviluppata delle
altre tanto da essere identificata come la sua area di eccellenza, che lo diversifica e lo distingue
nella comparazione rispetto ad altri soggetti o ad una maggior parte di essi. “Il concetto di
padronanza non chiama in causa in alcun modo la dimensione della comparazione” né nei rapporti
interni al soggetto né nei confronti degli altri. “Il concetto di eccellenza chiama in causa una
dimensione interindividuale, nell‟ambito della quale denota una condizione di superiorità e di
primato”13.
Chiarito l‟aspetto semantico del termine, relativo al concetto di talento, restano aperti due
problemi: quando è opportuno fare la diagnosi per scoprire ed individuare l‟eccellenza; e se tale
determinazione sia da ritenersi valida per tutto il corso della vita. Sul primo punto la convinzione è
che quanto più precocemente si riesca ad individuare l‟area di eccellenza tanto più agevolmente ed
in maniera proficua si può riuscire da un lato ad intervenire per coltivare e favorire lo sviluppo di
tale area e dall‟altro per utilizzarla nel migliore dei modi, ossia come forza trainante e propulsiva,
per agevolare la crescita formativa complessiva del soggetto stesso. Prima si interviene prima si
incide significativamente, dal momento che il talento viene considerato un capitale iniziale che si
può accrescere ed incrementare attraverso la formazione, sulla base degli investimenti di tempo che
Baldacci M., Una scuola a misura d’alunno, op. cit.
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vengono dedicati al suo sviluppo. Si richiede, quindi, una diagnosi precoce che riesca ad
individuarlo e a riconoscerlo. La perplessità riguarda il secondo punto. Se la diagnosi, ritenuta
valida e attendibile per la sua individuazione, possa portare o meno ad una forma di
predeterminazione della vita sociale, affettiva, occupazionale e lavorativa del soggetto. Ossia ad una
forma previsionale che già scrive la vita futura del soggetto, per cui egli già conosce a priori dove
andare e dove dirigersi per non perdere “la retta via”. Il talento, in tal modo, individuata come
capacità eccellente e quindi di connotazione positiva, corre il rischio di trasformarsi in una gabbia
vincolante, nel bene e nel male, per la vita futura. Tutto ciò che avviene dopo viene segnato da
questa diagnosi premonitrice. È come se ognuno di noi conoscesse in anteprima la rotta da seguire
ed il cammino da percorrere, che può organizzare nel migliore dei modi ma attraverso un segmento
lineare in cui l‟imprevisto, la novità, l‟avventura, il cambiamento e tutto quanto di innovativo
verrebbe a perdere il suo fascino di mistero, di avventura, di possibile modifica degli interessi e
della stessa eccellenza.
Legato al problema precedente ve n‟è un altro di notevole spessore: se ritenere il talento
innato o invece il risultato di un complesso di fattori interagenti. Tra i fattori significativi sono
senz‟altro da annoverare alcune predisposizioni, il livello di interazione che si verifica tra queste e
gli ambienti socio-culturali con cui il soggetto è stato e viene a contatto, l‟impegno profuso per
coltivare una certa abilità, il livello e le modalità degli aiuti esterni di cui ha fruito e fruisce, le
attese sue e delle persone che gli sono vicine. Si tratta di evitare di ritornare alla diatriba e alle
accese dispute che, per quasi un secolo, hanno coinvolto in campi opposti i genetisti e gli
ambientalisti. È di notevole importanza conoscere cosa realmente si pensa al riguardo. Nel primo
caso il talento non è modificabile, in quanto procede nella sua evoluzione naturalmente, per cui non
resta altro da fare che assecondare con percorsi adeguati tale evoluzione. Nel secondo invece lo si
ritiene modificabile, per cui si può intervenire attraverso la modifica delle condizioni esterne14,
ossia attraverso un‟opera di possibile condizionamento positivo per decondizionare15. In questo
caso l‟educazione, intesa come modificazione, trasformazione, cambiamento che si realizza nel
soggetto, riveste un ruolo centrale e altamente significativo sia dal punto di vista cognitivo, sia da
quello politico e sociale, sia di quello legato alla formazione integrale della persona.
Altro ulteriore problema è riferito a come didatticamente può essere valorizzata l‟eccellenza
cognitiva. Questa può servire come punto di forza, per incrementare e sviluppare tutte le altre
Kurt Lewin sostiene che il comportamento è funzione dell‟interazione tra la persona e il suo ambiente psicologico
(Teoria dinamica della personalità, op. cit.). D‟altronde l‟individuo fa esperienza all‟interno di un contesto storico e
sociale, caratterizzato da relazioni che instaura con le persone e con gli oggetti tecnologici. Tale contesto si presenta in
continua trasformazione perché il soggetto agisce per modificarlo e ne viene altresì condizionato e modificato.
15
Petracchi G., Decondizionamento, Brescia, La Scuola, 1980.
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dimensioni “deboli” del soggetto per una sua crescita complessiva e integrale. Ma può, invece,
essere utilizzata per incrementarla a dismisura a discapito delle altre potenzialità e delle altre
capacità. Sono, come è possibile arguire, delle decisioni non facili, ma sicuramente interessanti dal
punto di vista didattico sia sul piano epistemologico sia su quello prasseologico.
Un successivo dilemma è rappresentato da chi deve effettuare la diagnosi e quali gli
strumenti scientifici da opportunamente utilizzare. Nel caso di allievi della scuola dell‟infanzia e
della scuola primaria, il compito resta assegnato ai genitori e ai docenti individualmente e in
sintonia e collaborazione tra loro. Ma i genitori e i familiari tendono spesso a sopravvalutare o a
sottovalutare i propri cari e il più delle volte tendono a giustificarne i comportamenti. Oppure
effettuano inconsciamente delle operazioni di transfer, ossia di veder realizzato nei loro figli proprie
aspettative, propensioni e realizzazioni frustrate. Nella diagnosi del talento effettuata dai docenti,
invece, può incidere negativamente il conoscere la provenienza familiare e sociale degli allievi o le
proprie attese, per cui determinanti possono essere i cosiddetti effetti aloni o pigmaleonici. Non si
può, in effetti, lasciare alla soggettività dei singoli e alla discrezionalità degli stessi l‟indicazione e
l‟individuazione dei talenti. Si richiede, pertanto, l‟utilizzo di strumenti scientificamente validi, che
possano fornire delle informazioni attendibili, valide e sicure. Basti pensare a possibili errori iniziali
e alle possibili conseguenze, a meno che non vi sia da parte della scuola e dei docenti un
atteggiamento, legato al problematicismo critico, che mira a non considerare certo e immutabile
qualsiasi soluzione individuata e adottata. Questa, invece, è necessario che venga tenuta sotto
continua osservazione critica, in modo da poter immediatamente intervenire per modificare e
cambiare, se ritenuto opportuno, la stessa individuazione del talento fatta precedentemente.
Nella storia della scuola esempi di impostazioni e decisioni errate ve ne sono molte, così
come nella molteplicità dei casi non si è mai verificato un cambiamento di rotta, e, spesso per
pigrizia mentale, si fa riferimento a stereotipie quali “non è farina del suo sacco” o l‟altra “ciò
conferma il giudizio espresso in precedenza”, per cui ogni elemento viene aprioristicamanete
canalizzato verso l‟impostazione data, senza far sorgere alcun dubbio in direzione di una diversa
valutazione.
Da queste brevi e incomplete considerazioni a caldo, si evince l‟importanza che rivestono gli
strumenti utilizzati per avere una maggiore percentuale di probabilità, non la certezza di riuscita.
Sarebbe la prima volta che accadrebbe in campo educativo. Solo ricercando informazioni che
possono essere lette, attraverso giudizio motivato e documentato, come plausibili, si può giungere
all‟individuazione delle eccellenze di ognuno. Dopo l‟individuazione rimane sempre aperta la
necessità di tenere sotto costante osservazione il quanto ritenuto valido per vedere se con il passar
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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del tempo altre indagini ed altre documentazioni confermino validando o modificano falsificando la
diagnosi iniziale. La metodologia dell‟osservazione sistematica, protratta nel tempo e nello spazio,
diventa il segmento conduttore iniziale ed in itinere, in quanto deve essere protratta nel tempo;
essere cioè riproposta a scadenza temporanea continua e sviluppata in situazioni e contesti
diversificati, nei quali si richiede la soluzione di compiti nei diversi campi di attività.
2.5.
Una didattica personalizzata
Chiarite le problematiche che sottostanno all‟identificazione precoce dei talenti, si passa a
progettare le opportunità didattiche nell‟intento di consentire ad ogni allievo di sviluppare le proprie
potenzialità, ossia le aree di eccellenza, attraverso un‟integrazione e impostazione dialettica tra una
didattica individualizzata e una personalizzata. Si tratta in ambedue i casi di garantire ai singoli
percorsi di essere strutturati in direzione diversificata nei contenuti, nelle metodologie, nelle
strategie e negli obiettivi. Diversificando le procedure e offrendo molteplici e diversificate
opportunità, la formazione si correla e diventa funzionale alle diversificate caratteristiche degli
allievi.
Il talento, per essere coltivato ed essere ritenuto valido punto di partenza e punto d‟arrivo di
ogni attività didattica, ha necessità di essere individuato e riconosciuto all‟interno delle diversificate
capacità individuate. Deve cioè essere riconosciuto come caratterizzante l‟allievo e deve altresì
essere condiviso essenzialmente dallo stesso soggetto. In questo senso, l‟identificazione della forma
di talento diventa la premessa per una personalizzazione dei percorsi formativi. All‟interno di questi
si può realizzare anche una parziale diversificazione degli obiettivi che ogni soggetto-persona può
perseguire rispetto ad altri obiettivi e agli altri soggetti. Questo perché l‟individuazione e la diagnosi
del talento rappresentano delle situazioni non scevre di problematicità e per la sua intrinseca
delicatezza e per le difficoltà metodologiche che presentano.
I piani di studio personalizzati devono essere “capaci di rispondere all‟esigenza di percorsi
di apprendimento e crescita degli allievi che rispettino le differenze individuali in rapporto a
interessi, capacità, ritmi e stili cognitivi, attitudini, carattere, inclinazioni, esperienze precedenti di
vita e di apprendimento. Si tratta, detto in altre parole, di accomodare (e accordare e rapportare –
aggiungiamo noi) la pratica didattica alle peculiari esigenze di ciascun allievo”16. Sembra, dalle
Chiosso G., “Personalizzazione”, in Cerini G., Spinosi M. (a cura di), Voci della scuola 2004, Napoli, Tecnodid,
2003.
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parole di Chiosso, che sia un modo e un tentativo di reinterpretare il principio
dell‟individualizzazione, per come lo hanno posto Claparède, Kilpatrick, Parkhurst, Decroly,
Montessori, Dottrens, Freinet e attualmente Baldacci.
2.5.1.
Le condizioni.
La prima condizione riguarda il contesto di vita e di relazione in cui si sviluppa il processo
d‟insegnamento-apprendimento. La classe, o meglio il gruppo o i gruppi, sono i primi mediatori
culturali, ossia il luogo in cui si realizza e si costruisce la “comunità d‟apprendimento”. In tale
comunità le pratiche mediano l‟accesso alle conoscenze, salvaguardando e garantendo l‟omogeneità
e la diversificazione, l‟unicità e la pluralità, la continuità e la discontinuità. È di notevole
importanza, nell‟allestimento del contesto educativo, la natura della rete comunicativa che viene
attivata nel/i gruppo/i sulla base dei comportamenti e degli atteggiamenti tenuti dai docenti, in
quanto questi influenzano, in senso positivo o negativo, i processi di costruzione delle conoscenze.
Da più anni, infatti, è maturata la consapevolezza che la natura dei comportamenti comunicativi e
relazionali verso i singoli allievi e verso il gruppo ha sempre più un peso rilevante nel favorire un
clima educativo dialogico e dialettico oppure frustante e conflittuale con le conseguenti ricadute per
lo sviluppo delle capacità cognitive, emotive e relazionali dei singoli allievi. In campo educativo
non bisogna sottovalutare il rilevante valore che assumono l‟atmosfera e il clima. Questi,
caratterizzandosi come espressione della cultura organizzativa di una istituzione sociale,
costituiscono un sistema di valori condivisi e si determinano come il risultato di una costruzione
condivisa di significati. Si ritiene, infatti, che il miglioramento del clima affettivo, relazionale e
dialettico di una classe o di un gruppo risulta correlato positivamente ad un miglioramento delle
prestazioni scolastiche. La seconda condizione è la realizzazione di un effettivo pluralismo di
percorsi formativi. Gli itinerari fanno riferimento ad itinerari differenziati strutturati attraverso varie
e diverse forme di organizzazione didattica, per far sì che da un lato tutti gli allievi possano
raggiungere gli stessi obiettivi attraverso strategie diverse e che dall‟altro ogni allievo, attraverso la
diversificazione didattica dei percorsi, possa effettuare delle opzioni ed esercitare una sua motivata
scelta, finalizzata a sviluppare le proprie eccellenze. Nel primo caso si tratta di strategie alternative
che portano a conseguire i medesimi obiettivi e risultati (la padronanza), mentre nel secondo si
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tratta di itinerari diversificati, che perseguono traguardi formativi differenti, finalizzati cioè a
formare persone con profili cognitivi diversi in quanto chiamano in causa intelligenze diverse.
La pluralità dei percorsi, come si può notare, è fondamentale sia per una didattica
individualizzata che per una didattica personalizzata. Entrambe mirano a dar vita a percorsi di
apprendimento differenziati anche se con alcune significative differenze. Il concetto di
individualizzazione implica l‟esistenza di un apparato didattico e curricolare predisposto, che
prevede un tragitto con obiettivi, fasi, materiali, metodi di intervento prestabiliti e consiste
nell‟adattare e relazionare i diversi fattori modificabili alle capacità linguistiche, ai ritmi, alle
modalità di apprendimento e ai prerequisiti cognitivi generali e specifici dei diversi allievi. Il
concetto di personalizzazione porta invece in primo piano, con una rilevanza più forte, il soggetto
con le sue inclinazioni profonde e che struttura la conoscenza in modo autonomo. In un percorso di
apprendimento personalizzato, gli obiettivi stessi vengono, almeno in parte, scelti e/o posti in essere
dal soggetto stesso nel suo percorso, se pur nelle necessarie negoziazioni che egli instaura via via
con i suoi interlocutori.
Dalle ultime considerazioni, compare la terza. La pluralità dei percorsi è fondamentale per la
personalizzazione a patto che l‟allievo abbia una reale e concreta possibilità di scelta del percorso.
Essenziale diventa il principio della scelta e della opzione, non da intendere come facoltativa ma
sempre costituente il percorso formativo del soggetto, per cui la scelta e l‟opzione, una volta
effettuata, diventa obbligatoria. In tal modo, lo studente diviene protagonista attivo e consapevole
della sua scelta, cioè della decisione che assume rispetto alla sua area di eccellenza e alla forma di
talento. Ha la possibilità concreta di individuare prima e valorizzare consapevolmente poi, mediante
una sua autodeterminazione, le proprie potenzialità intellettive. E questa opzionalità lo studente la
può esercitare mediante una scelta ponderata rispetto a diversificati progetti didattici proposti o a
laboratori, presentati con modalità flessibili, in quanto attivano percorsi differenziati in direzione di
mete e traguardi formativi differenti. A questo riguardo è opportuno prendere in considerazione i
rischi di una scelta che può non essere consapevole e motivata. Lasciare che l‟allievo scelga in base
a ciò che sente ed avverte come propri bisogni o interessi, può forse nascondere il pericolo di restare
nei condizionamenti precedenti, di tipo familiare e sociale, e legati al proprio vissuto fatto spesso di
deprivazione, oltre che economica, culturale. In base a quali elementi (di autostima o di disistima),
infatti, un allievo può ritenersi autonomo e consapevole nella scelta? Il problema allora riguarda il
come riuscire ad aiutare e supportare l‟allievo per un scelta ponderata e motivata. Anzi, il momento
della scelta può essere considerata una valida occasione e un‟opportuna strategia didattica per
avviare un costruttivo dialogo con ciascun allievo in modo da esaminare tutti i dati in possesso sulla
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conoscenza non solo cognitiva del soggetto e farne prendere atto all‟allievo stesso in modo da
insieme riflettere sui vari punti di criticità in rapporto ai progetti presentati sui quali l‟allievo è
chiamato ad effettuare la scelta. Non è il caso di ricordare che la scelta e la decisione rappresentano
degli obiettivi formativi superiori che vanno conseguiti e perseguiti e che le armi didattiche, in
possesso dei docenti, sono la dialogicità, la riflessività e la criticità, che rappresentano le categorie
pedagogiche e didattiche di riferimento. L‟autonomia nei soggetti va co-costruita in situazione e su
casi specifici e la scelta e la decisionalità sono momenti imprescindibili per consentire allo stesso
soggetto di conoscere meglio se stesso, le proprie propensioni, le proprie aspirazioni e i propri
bisogni formativi. Su questa impostazione si può modificare e cambiare in positivo un modello di
scuola che rischia altrimenti di essere un‟organizzazione degli apprendimenti orientata verso un
servizio formativo tendenzialmente a domanda individuale, per cui l‟opzionalità piuttosto che
condurre ad un‟eguaglianza delle opportunità rischia di nascondere, per come sostiene Vertecchi17,
ogni sorta di diseguaglianza. Anche se si tratta di percorsi di apprendimento tendenti a valorizzare
le potenzialità di ciascun allievo, la conseguenza dell‟insegnamento-apprendimento potrebbe essere
quello di riprodurre e consolidare e favorire il mantenimento delle caratteristiche precedenti. Per
Vertecchi, in effetti, la personalizzazione si muove a vantaggio di coloro che già si trovano in
condizioni favorevoli, ma penalizza gli altri. Viene capovolto il principio sostenuto da Don Milani
che fosse opportuno “dare di più a chi ha di meno” per far prevalere invece di “dare di più a chi ha
già di più”. Da qui l‟esigenza delle categorie sopraindicate quali la dialogicità, la riflessività e la
criticità, per evitare i rischi citati e per consentire al processo formativo di conseguire risultati
altamente significativi, legati alla conoscenza del sé, alla costruzione dell‟autonomia del soggetto,
all‟abitudine al dialogo e alla riflessione, all‟individuazione degli elementi di criticità di una
determinata situazione, ad abituare e allenare il soggetto a riflettere e a ragionare e pensare sulla
base degli elementi in suo possesso.
Nessuna epoca come la nostra, d‟altronde, ha dovuto fare i conti con cambiamenti così
profondi ed ha dovuto confrontarsi con la consapevolezza della pluralità delle intelligenze e degli
stili cognitivi. In questo quadro di riferimento non si tratta di far acquisire un numero sempre
maggiore ed incontrollate ed incontrollabili di informazioni quanto piuttosto di impadronirsi del
modo e del come organizzarle e integrarle e di come completarle e sistemarle. E‟ necessario
sviluppare nelle nuove generazioni la capacità di controllare criticamente i flussi informativi cui
sono esposti per imparare ad utilizzarli, a discriminarli, a sceglierli, trattarli e volgerli in modo
consapevole, responsabile e critico verso un loro specifico progetto di vita. Tenere, quindi, conto
17
Vertecchi B., Manuale della valutazione: Analisi degli apprendimenti e dei contesti, Milano, Franco Angeli, 2003.
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delle molteplici variabili e dei molteplici usi cui possono essere destinati e di cui la società e loro
stesse hanno bisogno per vivere, produrre e relazionarsi con gli altri.
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le pratiche didattiche prof . carmelo piu