Working Paper Problemi organizzativi della giustizia penale Maurizio Carbognin e Maria La Placa WP3 / 2011 È consentita la copia e la distribuzione a scopo divulgativo e didattico, citando la fonte. Sono consentite, inoltre, le citazioni purché accompagnate dall'idoneo riferimento bibliografico. Per ogni ulteriore uso, se ne vieta l'utilizzo senza il permesso scritto degli Autori. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 1 PROBLEMI ORGANIZZATIVI DELLA GIUSTIZIA PENALE 1 di Maurizio Carbognin2 e Maria La Placa3 L’assunto di questo contributo è che lo stato di crisi della giustizia penale nel nostro paese possa trovare qualche spiegazione e forse qualche ipotesi di miglioramento analizzando e intervenendo sull’organizzazione della giustizia penale stessa. Sostenere questa tesi non significa confondere un tribunale con un’azienda, secondo l’obiezione che frequentemente viene fatta quando si analizzano i problemi di funzionamento delle organizzazioni pubbliche, ma essere consapevoli che, nel campo della giustizia, l’organizzazione è in primo luogo il necessario correlato delle funzioni assegnate ai soggetti del processo. Ci sembra opportuno, in proposito, premettere alla ricognizione della discussione pubblica sullo stato dell’organizzazione penale e alla successiva analisi delle principali problematiche e di alcune significative esperienze di innovazione, alcune informazioni di base, probabilmente superflue per gli addetti ai lavori, sull’articolazione della funzione giurisdizionale nel nostro ordinamento giuridico e sulla suddivisione delle funzioni di accusa e di giudizio. 4 1. Informazioni preliminari (per i non addetti) La funzione del giudicare, nel nostro come in tutti gli ordinamenti, è ripartita in una molteplicità di organi, caratterizzati da una propria competenza definita dai vari gradi di giudizio, compresa quella esecutiva della pena (la cosiddetta “competenza funzionale”), sul tipo di reati da giudicare (competenza per materia) e sulla divisione del territorio dello Stato in circoscrizioni e distretti giudiziari (competenza territoriale). La legge assegna l’attività complessa del giudicare a magistrati diversi. Si spiegano così le diverse figure di giudicanti che si incontrano nel processo: giudice per le indagini preliminari, giudice del riesame, giudice per l’udienza preliminare, giudice del dibattimento, giudice d’appello, giudice di Cassazione, giudice di sorveglianza. Sono tutte espressioni che designano funzioni non cumulabili nella stessa persona, almeno non per il medesimo procedimento. All’interno di una medesima funzione, in particolare quella deldibattimento e l’appello, vi sono poi distinzioni tra i giudici diversamente competenti per materia. Nel giudizio di primo grado la distinzione più rilevante (sostanzialmente in base alla “gravità” del reato, cioè della pena che può essere comminata) è tra giudice di pace, tribunale (a composizione 1 Questo contributo nasce da una serie di esperienze di consulenza e di formazione che gli autori hanno condotto negli ultimi tre anni. La più importante riguarda il progetto Innovagiustizia (http://www.tribunalilombardia.it/), articolazione lombarda del progetto nazionale "Diffusione di buone pratiche negli uffici giudiziari", finanziato dal Fondo Sociale Europeo. Il progetto in Lombardia è stato finanziato dalla Regione Lombardia, Ministero del Lavoro e Commissione Europea. Gli autori hanno svolto la loro attività professionale e maturato le riflessioni qui raccolte nell’ambito dei team che la Fondazione IRSO, che fa parte del RTI che si è aggiudicato la gara indetta dalla Regione, ha costituito per operare in particolare presso gli UUGG di Monza e Lecco. La Fondazione IRSO (http://www.irso.it/ ) ha una lunga tradizione di intervento nel change management nelle pubbliche amministrazioni, che rappresentano il back ground di riferimento anche delle riflessioni qui contenute. In particolare gli autori sono debitori di idee e proposte nei confronti di Federico Butera, Alessia Costa, Sebastiano Di Guardo, Laura Lucia Parolin, Corrado Squarzon. 2 Maurizio Carbognin, sociologo, consulente di direzione e organizzazione, formatore, è stato direttore generale di un grande comune del Nord, è project manager del Progetto Innovagiustizia e membro del Comitato di direzione della Fondazione Irso. E-mail [email protected]. 3 Maria La Placa, sociologa, consulente di organizzazione, ricercatrice, è dottore di Ricerca in Società dell’Informazione (Università di Milano-Bicocca). 4 Si veda R. Orlandi, L’organizzazione della giustizia penale, in AAVV., La giustizia civile e penale in Italia, Bologna, Il Mulino, 2008. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 2 monocratica – per certi versi il “vecchio” pretore – e collegiale), la corte d’assise. Rientrano nell’organizzazione del tribunale (come sezione specializzata) i giudici che svolgono la funzione giudicante nell’indagine e nell’udienza preliminare (GIP-GUP). Sempre nell’organizzazione del tribunale rientrano due organi che non sono autonomi uffici giudiziari: il tribunale “del riesame” (o della libertà) e il tribunale “dei ministri”. Attualmente esistono in Italia 848 uffici del giudice di pace, nei quali la funzione giudicante è svolta da magistrati onorari. I tribunali sono 165, uno per ogni circoscrizione circondariale, ai quali vanno aggiunte 220 sedi distaccate, che grosso modo corrispondono ai vecchi mandamenti pretorili. Ad un numero così consistente di sedi corrispondono in molti casi uffici di dimensioni ridotte, nei quali carichi di lavoro spesso limitati pesano su magistrati che non possono specializzarsi e anzi spesso rendono complicata l’osservanza delle regole di incompatibilità tra le varie funzioni del giudicare. Sul tema delle piccole sedi, che spesso torna nella discussione sull’efficienza della giustizia, torneremo più avanti. Al personale di carriera che ha la responsabilità della giurisdizione nei tribunali spesso si affianca, per talune funzioni, un numero più o meno ampio di giudici onorari. Negli uffici più ampi il tribunale penale è suddiviso in sezioni, ciascuna delle quali specializzata per tipologia di reati. Per i giudizi collegiali, ogni sezione può prevedere più collegi giudicanti. Nella gestione dei processi di lavoro e delle attività necessarie per la gestione del procedimento il personale giudicante è affiancato dal personale amministrativo e di cancelleria, diretto (spesso, ma non sempre) da un dirigente amministrativo. L’assegnazione dei procedimenti alle sezioni e ai singoli collegi/giudici avviene secondo una procedura tabellare (cioè predefinita), che mira a garantire l’effettività del principio del giudice naturale (cioè che non vi siamodo di individuare il giudice con l’obiettivo di favorire o perseguitare l’imputato). Il Presidente del Tribunale non è il capo gerarchico dei magistrati, ma una sorta di primus inter pares tra i presidenti di sezione, con alcuni poteri di rappresentanza e organizzatori generali. Le sentenze di primo grado emesse dai tribunali possono essere impugnate presso 26 Corti d’appello (più tre sezioni staccate), corrispondenti ad altrettanti distretti giudiziari; infine si può adire al giudizio di legittimità della Cassazione. La funzione dell’accusa è esercitata presso ogni tribunale circondariale dalla Procura della Repubblica (quindi 165 come i tribunali). Titolare dell’accusa è il Procuratore della Repubblica, che esercita la funzione di pubblico ministero, avvalendosi dell’opera dei sostituti, e rappresenta la Procura all’esterno. Tra procuratore e sostituti c’è un rapporto prossimo alla dipendenza gerarchica, anche se non definibile esattamente in questo modo. Il procuratore definisce l’organizzazione dell’ufficio ed ha il potere di controllare l’azione dei sostituti nella fase di indagine (è prevista la controfirma del procuratore su alcuni provvedimenti rilevanti). I sostituti godono invece di autonomia nella fase dibattimentale. L’organizzazione interna delle procure varia ovviamente in ragione delle dimensioni: quelle di maggiori dimensioni sono suddivise in sezioni/dipartimenti specializzati per tipologia di reati e talvolta tali unità sono coordinate da uno o più procuratori aggiunti, che coadiuvano il procuratore nel coordinamento dell’ufficio. Ogni Procura dispone di una propria sezione di polizia giudiziaria, di dimensioni pari al doppio dei magistrati presenti. La sezione deve essere alimentata dalla forze di polizia (carabinieri, polizia di stato, gdf, talvolta polizia locale). La PG deve collaborare alle indagini dei sostituti, che delegano formalmente una serie di atti agli ufficiali e agenti di pg. Nei fatti la dipendenza funzionale della polizia giudiziaria dalla procura si avvicina alla dipendenza gerarchica, anche se gli agenti continuano a dipendere formalmente dai corpi di appartenenza. Nell’organizzazione del lavoro “di Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 3 fatto” della procura, molti degli agenti di pg svolgono lavori molto simili o complementari alle mansioni svolte dal personale amministrativo. 2. Lo stato della discussione pubblica sull’organizzazione della giustizia penale La discussione pubblica sullo stato della giustizia penale è in Italia molto intensa e ha coinvolto gli operatori della giustizia, le cariche istituzionali, i rappresentanti politici, i portatori di interessi e i rappresentanti delle organizzazioni sociali, gli opinionsleaders e i giornalisti: le ragioni, il più delle volte polemiche, di tale discussione non sempre hanno consentito di distinguere gli aspetti strumentali e “partigiani” dalle argomentazioni fondate su evidenze empiriche o su premesse di valore ben definite. La constatazione comune dalla quale si parte riguarda la durata dei processi, compresi quelli penali, nel complesso e nelle singole fasi: quella dell’indagine di spettanza della Procura della Repubblica fino al proscioglimento o al rinvio a giudizio, e poi le fasi del giudizio nei tre gradi: Tribunale (compresi i Giudici di Pace per i reati di minor rilevanza), Corte d’Appello e Cassazione. Se prendiamo le sedi istituzionali più autorevoli, documentate e che rivestono le maggiori responsabilità la valutazione è concordante, e viene ormai ripetuta da molto tempo. Da molti anni le Relazioni per l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Procuratore generale della Cassazione prima, del Primo Presidente poi, individuano quello dei tempi eccessivi della giustizia come tema assolutamente prioritario da affrontare. Già nel 1999, si ricordava come il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa aveva stigmatizzato la lentezza eccessiva dei processi nel nostro paese, “tale da porre in discussione la stessa riconoscibilità del nostro paese di un vero e proprio Stato di diritto”5. E vengono ricordati in proposito i numeri particolarmente elevati dei procedimenti camerali per l’equa riparazione dei danni derivanti dall’irragionevole durata del processo. L’accordo è meno evidente se dalla constatazione della situazione si passa alla diagnosi delle cause: anzi, sorprende un po’ che le diagnosi risultino piuttosto superficiali e vengano riprese il più delle volte quasi come espediente retorico per giustificare le proposte di intervento, che come base effettiva delle proposte di innovazione. In particolare non esiste, a nostra conoscenza, nessuna analisi empirica sull’origine di tale situazione. Si fa riferimento alla scarsità di risorse e alle carenze di organico (giustificazione ben nota a chi opera nelle pubbliche amministrazioni), sia del personale togato che di quello di cancelleria; ai ritardi nel processo di informatizzazione; alle carenze di competenza “manageriale” dei capi degli uffici, valutati nel percorso di carriera su competenze del tutto diverse da quelle necessarie per esercitare il ruolo di capo; alla farraginosità dell’assetto normativo; alla mancata o insufficiente depenalizzazione; alla mancata revisione delle circoscrizioni giudiziarie e allo spreco di risorse che la sussistenza dei piccoli Uffici Giudiziari comporta;al numero abnorme, rispetto alla media europea, di avvocati iscritti agli ordini professionali, che avrebbero l’interesse a prolungare i tempi della causa e a ricorrere ai successivi 5 Si vedano: Relazione del Presidente della Corte di Cassazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2011, pp.17-24 in http://www.cortedicassazione.it/DocumentiPrimoPres/InaugurazioneAG/SchedaInaugurazioneAG.asp?ID=18 ; A. La Torre, Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 1999; Risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa n.336/1997: Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 4 gradi di giudizio anche indipendentemente dalla sussistenza di motivazioni giuridiche fortemente fondate. Uno sprazzo, non si capisce se convinto o strumentale, appare nell’ultimo intervento del Ministro della Giustizia al Parlamento sullo stato della giustizia6, nel quale si osserva che tempi dei processi e pendenze a fine anno hanno avuto negli ultimi anni un andamento non strettamente correlato con le risorse messe a disposizione: paradossalmente al calo di risorse disponibili nell’ultimo biennio, cui hanno corrisposto secondo il Ministro misure di riorganizzazione e razionalizzazione, ha fatto seguito un miglioramento delle performances complessivamente rilevate. Ciascuna di queste motivazioni appare, anche ai non addetti ai lavori, probabilmente fondata. Esse tuttavia non spiegano come i numerosi interventi normativi e organizzativi abbiano avuto, fino a questo momento, così scarso successo. Soprattutto non fa capire le ragioni delle difformità di “rendimento” istituzionale dei diversi Uffici Giudiziari, nelle varie regioni italiane. La tabella che segue riporta la sintesi dei dati disponibili sulla durata dei procedimenti penali presso la Direzione di statistica del Dipartimento per l’organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia, riferiti alla media di ciascun Distretto di Corte d’Appello. Durata media effettiva in giorni dei procedimenti penali (2008) Tribunale ordinario – Tribunale ordinario – Tribunale ordinario – Indagini e udienza Rito monocratico Rito collegiale preliminare Media nazionale 242 396 531 Distretto min. con valore 82 140 174 Distretto max con valore 487 870 1089 Fonte: http://www.cortedicassazione.it/DocumentiPrimoPres/InaugurazioneAG/SchedaInaugurazioneAG.a sp?ID=25 Come ben sa chi ha qualche frequentazione professionale con gli Uffici Giudiziari, le statistiche disponibili sui procedimenti hanno un grado di attendibilità piuttosto limitato e debbono essere utilizzate con molta cautela. Nè esistono studi ad hoc, come sulla giustizia civile 7, che analizzino in modo approfondito attività e carichi di lavoro. Tuttavia il trend (potremmo riportare i dati per i diversi anni), la distribuzione dei vari Distretti e il divario sono talmente elevati, che appare difficile pensare che si tratti di errori di rilevazione o di imputazione dei dati. Non bastano, di per sé, le carenze di organico (di personale togato e/o amministrativo): anche ad una semplice occhiata veloce appareche uffici con dotazioni di personale più adeguate non sempre hanno i migliori 6 Relazione del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, in Senato della Repubblica, 317a seduta pubblica, Resoconto sommario e stenografico, mercoledì 20 gennaio 2010. 7 Si veda D. Coviello, A.Ichino, N.Persico, Giudici in affanno, http://www2.dse.unibo.it/ichino/mito13.pdf Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 5 risultati.Né il diverso numero delle sopravvenienze e quindi dei carichi di lavoro sembra essere sufficiente per spiegare un range di variazione così elevato. Per altri settori delle pubbliche amministrazioni spessosi collega la diversità delle performances al diverso ambiente di riferimento, caratterizzato da un diverso “rendimento istituzionale” 8: tipicamente le aree del Nord e quelle del Mezzogiorno. E’ vero che gli uffici con i risultati peggiori sono più numerosi nelle regioni del Sud e Isole, ma anche lì sono presenti significative eccezioni, a riprova che l’ambiente non determina in modo meccanico il risultato finale. La situazione si conferma “a macchia di leopardo”, come abbiamo avuto modo di constatare nel lavoro di affiancamento ormai di dodici uffici giudiziari e nel materiale di benchmarking raccolto nel lavoro di analisi e progettazione presso questi uffici.Medesime tipologie di procedimenti sono “trattate” da diversi uffici, spesso da diverse sezioni dello stesso ufficio o da diversi magistrati e cancellieri, con modalità operative significativamente diverse (ovviamente sempre nel rispetto delle leggi vigenti), che hanno anche effetti non marginali sui tempi del procedimento. Non possiamo non pensare quindi che i dati sulla durata dei procedimenti siano correlati anche al diverso modo di lavorare dei giudici e del personale amministrativo e di cancelleria. E’ quindi anche alla organizzazione degli uffici e alla gestione concreta dei processi di lavoro degli operatori della giustizia che bisogna guardare per capire meglio le ragioni dei tempi riscontrati e soprattutto per progettare interventi per il futuro. In caso contrario ogni riforma normativa finisce per “impiantarsi” nella fase di implementazione, di messa in opera. E’ un processo ben noto nei processi di innovazione delle pubbliche amministrazioni9, ma fino ad ora poco analizzato, dal punto di vista organizzativo, nella giustizia penale. Su questi aspetti ci concentreremo nel corso di questo contributo. 3. Organizzazione dell’ufficio? del lavoro individuale o organizzazione Chi non ha consuetudine con l’ottica di approccio dell’analisi e della progettazione organizzativa tende a ridurre il problema dei diversi “rendimenti” ad una questione di tipo individuale: i tempi dipenderebbero soprattutto da quanto e come organizzano il proprio lavoro i singoli magistrati. Certamente, come hanno messo in evidenza analisi approfondite sul settore civile, questo è un aspetto rilevante, ma che non esaurisce la questione. Partiamo dai dati di tipo quantitativo disponibili (dimensioni del bacino di utenza, procedimenti esauriti e sopravvenuti, carichi di lavoro individuali dei magistrati) e quindi dagli indicatori “grezzi” di tipo strutturale, per affrontare nel paragrafo successivo le questioni relative alle specificità organizzative. In primo luogo la questione della dimensione degli uffici. Si sostiene da tempo che gli uffici di piccole dimensioni sono inefficienti e rappresentano uno spreco. In effetti i dati sulle dimensioni del bacino di utenza sono sconcertanti. Anche senza arrivare al limite del Tribunale di Mistretta, che serve un bacino di 22.000 cittadini, su 166 Tribunali 26 hanno un bacino inferiore ai 100.000 utenti potenziali e altri 49 tra 100 e 200.000. 8 Il concetto di rendimento isituzionale è diventato popolare soprattutto a partire dal lungo ciclo di ricerche di Robert Putnam sulle regioni italiane fin dalla loro nascita: si veda da ultimo R. Putnam, La tradizione civica nelle regioni italiane, Milano, Mondadori, 1997. 9 Si veda F.Butera, B,Dente, Change management nelle Pubbliche amministrazioni: una proposta, Milano, Angeli, 2010. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 6 Tuttavia, se si analizza la relazione tra dimensioni del bacino di utenza dei Tribunali (una proxy verosimile, in assenza di dati pubblicati sui magistrati presenti nei singoli uffici) e numero dei procedimenti esauriti per magistrato presente (togato e onorario), risulta un coefficiente di correlazione di nessuna significatività (R2= 0,0223). Figura 1. Rapporto Procedimenti esauriti per Magistrato presente e Bacino d'utenza Parrebbe, ad una analisi anche a prima vista, che nella graduatoria degli uffici che hanno un carico di lavoro esaurito per magistrato, desunta dalle tabelle allegate alla Relazione annuale del Presidente della Suprema Corte di Cassazione,siano meglio piazzati (con qualche significativa eccezione) gli uffici medio-grandi (esclusi quelli grandissimi), e la constatazione non sarebbe sorprendente, dal momento che gli uffici medio-grandi possono assicurare un buon equilibrio tra specializzazione e flessibilità. Ma in realtà, si obietta, occorre fare poi i conti con le differenze nel numero dei procedimenti sopravvenuti, che sono molto differenti da territorio a territorio: anche in questo caso risulta difficile riscontrare evidenze empiriche che mostrino una relazione significativa tra i fenomeni. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 7 Figura 2: Rapporto Bacino di Utenza e Esauriti/Sopravvenuti per Magistrato presente In altre parole non è detto che ad un maggior numero di procedimenti sopravvenuti corrisponda una maggiore o minore “produttività individuale. In sostanza, sembra plausibile ipotizzare che gli uffici si attrezzino, in un modo o nell’altro, a smaltire i molti o pochi procedimenti che sopravvengono, facendo in modo, finché è possibile, di non far crescere l’arretrato: raggiunto questo obiettivo, sembrano quasi assestarsi su quel punto di equilibrio. In ogni caso la dimensione non è una variabile predittiva dei risultati, e ciò conferma ulteriormente il peso che hanno i caratteri di contesto e di organizzazione del lavoro. Certamente, se dalla produttività del singolo ufficio e dei singoli magistrati, passiamo a considerare il costo per l’intero sistema, le valutazioni cambiano e il costo degli uffici di piccola dimensione appare probabilmente sproporzionato. In ogni caso, questa mancata evidenza di relazioni tra dimensioni ed efficienza degli uffici conferma come sia da sottoporre ad analisi attenta l’organizzazione del lavoro degli uffici. 4. Specificità organizzative degli uffici giudiziari in termini generali Proveremo quindi ad avanzare alcune ipotesi sia di diagnosi, ma soprattutto di criteri di riorganizzazione, a partire dalle evidenze empiriche rilevate nel lavoro sul campo. In primo luogo metteremo in evidenza alcune specificità organizzative comuni a tutti gli Uffici Giudiziari, che già suggeriscono punti di attenzione nella diagnosi e nell’intervento organizzativo. Anzitutto occorre ricordare che gli Uffici Giudiziari sono organizzazioni in un certo senso “duali”, vale a dire nelle quali convivono due linee istituzionali, professionali, due culture organizzative, due sistemi di selezione e di gestione del personale. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 8 Il personale che ha la responsabilità della giurisdizione (i magistrati) fa riferimento in ultima istanza al CSM, è caratterizzato da una autonomia costituzionalmente garantita, ha un’organizzazione del lavoro basata (nei Tribunali) sul procedimento tabellare; il personale direttivo o semidirettivo non è gerarchicamente sovraordinato (neiTribunali) rispetto al restante personale10. Il personale amministrativo e di cancelleria e i suoi dirigenti sono dipendenti pubblici come gli altri (comparto Ministeri), come orario, inquadramento professionale, modalità di selezione e di carriera, sistema di relazioni sindacali, e dipendono dal Ministero della Giustizia. La legge prevede un raccordo tra le due linee di dipendenza in ultima istanza in capo al Presidente del Tribunale o al Procuratore Capo, ma i due mondi rimangono due sottosistemi diversi, spesso separati, talvolta anche poco comunicanti. Le criticità derivano dal fatto che la gestione concreta di un procedimento prevede l’intervento, nelle diverse fasi, di volta in volta di magistrati, cancellieri, personale amministrativo e i risultati dei processi di lavoro ed in particolare i tempi di attraversamento dei vari uffici dipendono fortemente dalla effettiva cooperazione che si realizza tra i diversi ruoli organizzativi. Ma la cooperazione nelle organizzazioni quasi mai è il punto di partenza, bensì un difficile punto di arrivo di processi sociali complessi. Nella nostra esperienza risultati insoddisfacenti nelle performances degli UUGG, sia in termini di tempi di attraversamento, sia di mancata conclusione del processo (fino alla sua fase esecutiva), derivano fortemente anche da questa mancata cooperazione: da ciò abbiamo desunto un criterio di intervento generale mirato a verificare se le innovazioni di volta in volta proposte sono atte a sviluppare e consolidare tale cooperazione: lo vedremo meglio nel paragrafo successivo. Non ci stiamo riferendo solo a questioni, pur essenziali, inerenti atteggiamenti e comportamenti organizzativi, orientati o meno alla cooperazione. La lettura organizzativa degli UUGG in chiave socio-tecnicaa partire dai processi di lavoro11 consente di: mettere a fuoco l’intero andamento di un procedimento penale dal punto di partenza (la notizia di reato) a quello finale (il proscioglimento o l’esecuzione della sentenza definitiva), e non le singole attività o fasi: il risultato (ad esempio i tempi) dipende dal processo nel suo complesso, non semplicemente dalle singole fasi o microattività; è frequente invece la tendenza a concentrarsi su una fase specifica, come insieme autoconchiuso di attività, sia in sede diagnostica che nell’elaborazione di proposte di miglioramento, perdendo di vista l’insieme del processo; sottolineare che una gestione efficace del processo richiede l’apporto, per le specifiche fasi e attività, di ruoli organizzativi diversi (magistrati responsabili delle diverse fasi, cancellieri, personale amministrativo), i cui obiettivi, responsabilità e compiti possono/debbono essere definiti ed esplicitati, pena la confusione dei ruoli e l’irresponsabilità organizzativa di fatto; progettare le applicazioni informatiche con una architettura che supporti adeguatamente l’intero processo di lavoro, e non semplicemente una fase o, in certi casi, una singola operazione (per quanto rilevante e time consuming) 10 Ricordiamo, per i non addetti ai lavori, che nelle Procure l’assegnazione dei procedimenti non segue il procedimento tabellare e il Procuratore Capo svolge una vera funzione di coordinamento, indirizzo e controllo dell’operato dei Sostituti. 11 Si veda F. Butera, Il cambiamento organizzativo. Analisi e progettazione, Bari, Laterza, 2009. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 9 essere consapevoli che nel processo di lavoro si svolgono contestualmente diversi tipi di flussi (ai quali corrispondono specifici compiti, responsabilità, ruoli): o un flusso di “operazioni”, di attività (es. la predisposizione dell’atto, la notifica, la predisposizione e la indicizzazione del fascicolo, ecc.), spesso con una componente molto “materiale” (di stampa, fotocopiatura, spostamento fisico di carte ecc.) o un flusso di informazioni (es. le informazioni sull’imputato contenute nei database, utilizzate per compilare certi atti/documenti, le informazioni contenute nei registri cartacei, ecc.) o un flusso di transazioni/relazioni (es. la fissazione dell’udienza compatibile con le tabelle e con il calendario del PM che ha seguito le indagini; il reperimento del personale per assistere all’udienza, se quest’ultima si prolunga e non è previsto il rientro pomeridiano ecc.) o un flusso di decisioni (tipicamente il decreto o la sentenza, cioè le “decisioni” per eccellenza dei magistrati, ma anche le decisioni assunte dai cancellieri nella fase esecutiva, ecc.) Ciascun ruolo organizzativo dedicato al processo, a seconda delle responsabilità professionali che lo caratterizzano, ha un “peso” diverso nei vari flussi. Certamente nei flussi decisionali il ruolo del magistrato è, se non esclusivo (ci sono micro-decisioni nelle varie fasi del procedimento assunte da cancellieri o PG che spesso incidono sulla performance finale), certamente nettamente prevalente. E sembra che l’output rilevante del processo a volte sia appunto solo la “decisione”. Ma i tempi di attraversamento finali e quindi “i tempi della giustizia” dipendono dal risultato finale. Nei flussi operativi, comunicativi e relazionali diventa rilevante il ruolo degli altri attori coinvolti. Ma come in molte organizzazioni (e forse un po’ di più), negli Uffici Giudiziari il governo complessivo del processo di lavoro, dei tempi di ciascuna fase e dei flussi non è esplicitamente previsto, con l’idea che sia la norma lo strumento che garantisce tale coordinamento. Il peso, fattuale e simbolico, che ha la decisione tende a far trascurare nell’analisi, ma anche nell’intervento gli altri flussi e talvolta le proposte di riorganizzazione si concentrano sul miglioramento e sul supporto al processo decisionale, rischiando di trascurare altri aspetti, meno densi dal punto di vista professionale, ma altrettanto e talvolta più rilevanti dal punto di vista del risultato concreto. Ad esempio la proposta dell’Ufficio per il processo12, che costituisce certamente l’innovazione organizzativa più significativa proposta per il settore penale nell’ultimo decennio, appare particolarmente appropriata per supportare il magistrato nelle sue decisioni, ma non affronta i problemi di gestione operativa e di gestione del fascicolo a monte e a valle del dibattimento. In altri termini, oltre a soluzioni “strutturali”, che modificano l’articolazione degli uffici, occorre pensare a innovazioni organizzative che rendano più adeguato il governo del processo di lavoro nel suo insieme. 12 Si veda Camera dei Deputati, Ddl n.2873, Istituzione dell’ufficio per il processo, riorganizzazione funzionale dei dipendenti dell’Amministrazione giudiziaria e delega al Governo in materia di notificazione ed esecuzione di atti, giudiziari, nonche´ registrazione di provvedimenti giudiziari in materia civile, presentato il 5 luglio 2007. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 10 Gli Uffici Giudiziari sono poi un’organizzazione di “professionisti”, un caso di “expertdependentorganization” e l’assetto organizzativo e i sistemi di gestione debbono tener conto di questo. Gli Uffici Giudiziari, come gli ospedali, le università o i centri di ricerca, sono fatti di “solisti” che debbono essere pazientemente ricondotti a suonare in un’orchestra; hanno obiettivi di carriera e di sviluppo professionale specifici (e quindi necessità di un sistema di gestione e valorizzazione particolare, non riducibile al contratto di lavoro); i sistemi di condivisione della conoscenza diventano uno dei cardini del funzionamento organizzativo; la gerarchia formale non sempre corrisponde alla scala di valore nella competenza professionale, che in queste organizzazione ha una legittimazione più elevata che altrove. Questa seconda caratteristica entra in conflitto con limiti e vincoli che caratterizzano gli uffici di piccole dimensioni, contraddistinti dalla presenza di sezioni promiscue. Al di là dell’impossibilità di gestire in modo razionale i carichi di lavoro (talvolta bassi, ma altre volte consistenti), al personale togato tali uffici impediscono lo sviluppo di una competenza specifica in una o più materie, e ciò provoca o obsolescenza professionale e demotivazione, o mobilità elevata alla ricerca di una sede più idonea. In assenza di analisi organizzative su vasta scala, condotte con modalità e criteri omogenei, abbiamo provato ad utilizzare il lavoro consulenziale svolto sul campo13, sia di analisi-diagnosi, sia di progettazione e intervento, sia di formazione dei dirigenti e del personale amministrativo e di cancelleria, per “estrarre” alcune considerazioni generali, che proponiamo sia come ipotesi plausibili, sia come criteri di organizzazione validi per più di un ufficio. I risultati positivi ottenuti nell’intervento organizzativo ci inducono a ritenere che le ipotesi proposte siano appunto quanto meno plausibili: certamente le soluzioni organizzative non sono generalizzabili, legate come sono anche ai contesti organizzativi specifici (dimensioni, numerosità e professionalità del personale, numerosità dei procedimenti ecc.) e anche per questo non ci sembra utile, in questa sede, entrare nel dettaglio delle soluzioni organizzative. 5. Che cosa ci dice l’analisi e la riprogettazione dei processi di lavoro 14 negli Uffici Giudiziari Come abbiamo detto, lo schema analitico-progettuale utilizzato si basa sull’analisi e riorganizzazione dei processi di lavoro. Tale schema può essere applicato a “confini” del processo diversi: i processi di lavoro che rimangono in larga misura all’interno delle cancellerie, quelli che coinvolgono contemporaneamente cancellieri e magistrati, e quelli che richiederebbero una collaborazione tra diversi uffici giudiziari e in particolare, nellagiustizia penale, tra Procura della Repubblica e Tribunale. 5.1. Due criteri di riorganizzazione rilevanti per le cancellerie 5.1.1. Superamento della frammentazione e controllo più ampio dei processi di lavoro Dalle esperienze di consulenza realizzate è emerso che l’unificazione di alcuni uffici di cancelleria e la loro organizzazione secondo macrofasi del processo di lavorazione del fascicolo penale, 13 Ci riferiamo ai casi e al materiale raccolto nel corso di una serie di incontri di studio sulle tematiche organizzative promossi dal CSM per i capi degli UUGG dal 2009 al 2011 e soprattutto al lavoro consulenziale svolto nel progetto Innovagiustizia (http://www.tribunali-lombardia.it/Pages/Home.aspx). 14 Sezione a cura di Maria La Placa Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 11 hanno portato al superamento della frammentazione delle attività e al miglioramento della capacità di controllo della quantità e qualità degli adempimenti e dei servizi svolti dalle cancellerie stesse. Nel Tribunale di Monza, il settore penale riportava la classica suddivisione tra Gip e Dibattimento. Ognuna delle due sezioni era supportata da due cancellerie e da un ufficio esecuzioni penali dedicati.Se è vero che le cancellerie Gip e Dibattimento sono funzionali all’attività del Giudice per le Indagini Preliminari e dei Giudici del Dibattimento, gli uffici delle esecuzioni penali non sono di per se caratterizzati da una specificità di procedimento, anzi hanno il medesimo obiettivo: quello del passaggio in giudicato della sentenza depositata dal Giudice, sia egli un Gip o un Giudice di Dibattimento. Nel Tribunale di Monza dunque, la struttura organizzativa riportava la duplicazione di un ufficio, quello delle esecuzioni, creando una ridondanza organizzativa dalla quale il Tribunale non traeva benefici, ma semmai una frammentazione della fase esecutiva del fascicolo penale. La riprogettazione ha portato alla creazione di una Cancelleria Unica per le Esecuzioni Penali, dove è stato possibile ridefinire: un ufficio esecuzioni penali unico un ufficio incidenti di esecuzione e gestione dei fascicoli della corte d’appello unico un ufficio SIC e FUG unico. Una gestione omogenea e comune nella lavorazione dei fascicoli che arrivano alla fase esecutiva ha consentito: contaminazione positiva tra i due uffici (Gip e Dibattimento) con la conseguente individuazione di buone pratiche da diffondere maggiore rapidità della lavorazione e della realizzazione degli adempimenti esecutivi a seguito della trasmissione del visto alla Polizia Giudiziaria. Tale miglioramento è dipeso dall’individuazione di buone pratiche riprogettate, implementate e monitorate per verificarne l’efficacia. maggiore rapidità nella gestione delle richieste da parte del pubblico, in quanto fascicoli e sentenze sono facilmente reperibili, poiché stanziati in un unico ufficio, dove risiedono i cancellieri che si occupano della fase esecutiva e grazie alla definizione di nuove modalità di archiviazione corrente e gestione delle copie. definizione di un interlocutore unico col quale interfacciarsi per la gestione di questioni relative alla fase esecutiva provenienti da Procura, Avvocatura, Ufficio Recupero Crediti, Giudici, Corte d’Appello, Tribunale di Sorveglianza, Pubblico, Ufficio Spese, Cancelleria GIP e Cancelleria Dibattimento, Ufficio Decreti Penali, Archivio. Quest’ultimo punto è particolarmente rilevante ai fini della riprogettazione. L’Ufficio Esecuzioni Penali presentavainfattialcuni punti critici nella prestazione del servizio. Lato Procura, la gestione dell’esecuzione penale da parte di un unico Sostituto Procuratore risultata difficoltosa dal doversi interfacciare con Giudici e uffici diversi, aventi differenti modalità di gestione della fase esecutiva e in particolar modo, degli Incidenti di Esecuzione. Il Tribunale infatti, a differenza della Procura non aveva un Giudice Unico delle Esecuzioni, ma l’assegnazione delle stesse avveniva secondo l’ordine tabellare generico, utilizzato per l’assegnazione di tutte le tipologie di attività. Ad aggravare tale difficoltà vi era dunque anche la lentezza dell’interazione con il Giudice dell’Esecuzione assegnatario. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 12 La proposta iniziale era stata quella di individuare a turnazione biennale un giudice unico delle esecuzioni penali. La proposta non è stata accolta dai magistrati che hanno visto il ruolo del giudice unico delle esecuzioni penali come marginale rispetto al ventaglio dei procedimenti da assegnare. In alternativa, la Cancelleria Unica delle Esecuzioni, certa dei benefici derivanti da una assegnazione governata degli incidenti di esecuzione, ha proposto una maggior determinazione delle assegnazioni tabellari degli Incidenti di Esecuzioni,elaborando un ordine tabellare basato sull’assegnazione per lettera alfabetica del cognome degli imputati, ottenendocosì un indubbio vantaggio sia per la struttura amministrativa (che evita la dispersione e i tempi morti della ricerca del fascicolo), sia per il Pubblico Ministero, con positive ricadute sull’efficienza complessiva del servizio che, come noto, mira a garantire l’effettività della pena in relazione alla quale è essenziale la tempestività nell’esecuzione. Inoltre, prima dell’intervento di riorganizzazione, la gestione di un elevato numero di incidenti di esecuzione sollevati d’ufficio o dal Pubblico Ministero era molto aggravata dalla correzione degli errori materiale. L’unificazione della cancelleria delle esecuzioni ha consentito la gestione omogenea di errori materiali considerandoli, come da codice penale, differenti dagli Incidenti di esecuzione (per esempio, condanne a vario titolo non eseguibili perché le pene sono state sospese, condonate o convertite). Questo ha eliminato le disfunzioni che comportavano un aggravio e un rallentamento dell’attività di lavoro, con spreco di tempo e risorse. Il caso testimonia indubbiamente i benefici conseguenti ad una riorganizzazione basata sulla riduzione della frammentazione delle attività e sull’ampliamento della prospettiva di visibilità e controllo di una macro – fase del processo di lavorazione del fascicolo penale. Nella maggior parte degli Uffici Giudiziari sui quali si è concentrata l’analisi è emersa l’assenza di una visione sistemica e completa del processo di lavorazione. La logica sottostante alla divisione dei servizi e delle attività non rispondead una cultura organizzativa orientata alla realizzazione degli obiettivi, ovvero l’esecuzione della pena, quanto piuttosto a una cultura burocratica e normativa, secondo cui, fatto salvo quanto regolamentato dal codice penale, attività e servizi sono affidati a cancellieri e assistenti giudiziari attraverso ordini di servizio calati dall’alto, secondo una logica di segmentazione del procedimento penale e di presunta gestione dei carichi di lavoro. La conseguenza di questa assegnazione ha generato la frammentazione dei processi di lavoro e quindi una perdita della capacità di governo degli stessi. Non solo, come si è detto, uno dei problemi più riconosciuti dall’esterno e dall’interno degli Uffici Giudiziari, è quello dei tempi. L’iter di un procedimento, e i suoi tempi di lavorazione (accesso, registrazione, istruttoria, formulazione decisione, formalizzazione/comunicazione decisione (decreto, sentenza, ordinanza, ecc.), esecuzione, aggiornamento archivi) dipendono dall’insieme delle fasi da affrontare, dalla complessità del procedimento stesso, dalle interazioni formalizzate fra tutti i soggetti coinvolti. La complessità, e soprattutto la necessità e spesso l’obbligatorietà di interagire con tutte le parti in causa (informandole, consultandole, convocandole, ecc.), produce una catena dei tempi entro cui la volontà di efficienza del singolo giudice e/o del funzionario di giustizia rimane sovente impigliata. I tempi di giustizia sono sempre una catena di tempi di giustizia: i tempi dei codici, i tempi delle procedure, i tempi delle relazioni con e fra gli avvocati, i tempi dell’assistenza delle cancellerie, i tempi dei giudici, i tempi del supporto amministrativo, i tempi delle amministrazioni non giudiziarie coinvolte, ecc. Questi tempi sono nella natura stessa dei procedimenti che vengono affrontati negli Uffici Giudiziari. Il punto è che l’attraversamento di un procedimento lungo questa catena dei tempinon ha nessun sistema unitario di governo e per questo favorisce il sopraggiungere di ricircoli e dilatazioni temporali. Lo spezzettamento nei passaggi attraverso una funzione e l’altra (altro fattore che consuma tempo) e le frequenti e Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 13 molteplici interazioni con i portatori di interesse rende il procedimento in balia degli eventi. In definitiva, o è presente un governo sistemico dei tempi, oppure questi non si raccordano. La riorganizzazione degli Uffici Giudiziari per macro – fasi del processo, come quella esecutiva di cui il caso riportato ci testimonia – supportata da sistemi informativi integrati tra le cancellerie e dalla formalizzazione di modalità di coordinamento e di congiunzione delle esigenze sono gli elementi che consentono il governo della catena dei tempi.La logica organizzativa della riprogettazionedeve dunque favorire l’opportunità di semplificazione, eliminazione di ricircoli nel processo di lavoro, gestione più efficace dei flussi dei fascicoli penali, standardizzazione di procedure e moduli, individuazione di best practices e miglioramento delle dimensioni quantitative e qualitative del processo di lavoro del fascicolo penale. 5.1.2. Separazione delle attività di front-office da quelle di back-office L’analisi dell’organizzazione e delle pratiche di lavoro degli Uffici Giudiziari ha messo in evidenza la necessità di migliorare la produttività delle risorse di cancelleria e contemporaneamente di migliorare il servizio agli utenti del servizio. Oltre alla standardizzazione e ottimizzazione delle pratiche di lavoro per superare la forte disomogeneità nelle modalità di organizzazione e di svolgimento delle attività di cancelleria nell’analisi e nell’ottimizzazione dei flussi del fascicolo, del valore associato alle attività, dei metodi di programmazione e divisione del lavoro, ecc., si è constatato come le logiche organizzative e di comportamento degli operatori siano necessariamente diversificate nelle attività di front‐office e in quelle di back‐office. Una delle cause principali di perdita di produttività riguardainfattila continua interruzione del lavoro a seguito della presenza di pubblico in cancelleria che richiede informazioni e servizi. Questo spesso induce ad erogare un servizio agli utenti non ottimale. La separazione sia fisica che di ruoli tra le attività di front office e quelle di back office permetterebbe di migliorare la produttività di entrambe e l’efficacia di quest’ultima. A suggerire questa opportunità è fra alcune altre l’esperienza di alcuni Tribunali e Procure coinvolti nel Progetto Innovagiustizia, che ha dato dimostrazione del fatto che la riorganizzazione delle cancellerie attraverso la separazione delle attività di front‐office da quelle di back office è destinata a favorire un miglioramento quantitativo e qualitativo del servizio di Giustizia. In particolare, alcuni Tribunali hanno distinto le attività di front office in due categorie: 1. attività di carattere informativo non strettamente legate ad attività di back office centralizzate in punti informativi di facile accessibilità nel Palazzo di Giustizia 2. attività più strettamente legate al back office, in relazione alla necessità di accedere fisicamente al fascicolo che risiedono in prossimità della cancelleria stessa. Le criticità dalle quali è scaturita l’esigenza dell’intervento riguardavano: dal punto di vista delle attività di back-office: o l’interruzione dell’attività ordinaria di cancelleria a causa dellagrande affluenza da parte del pubblico o l’inadeguatezza degli spazi per l’archiviazione di fascicoli e per ilricevimento pubblico Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 14 o l’attività di self-service da parte del pubblico con l’alto rischio di rischio di smarrimento, deterioramento, disordine dei fascicoli dal punto di vista delle attività di front-office in termini di utenza quale parti e avvocati: o i lunghi tempi di attesa per il reperimento delle informazioni, laconsultazione degli atti e l’effettuazione delle copie o la disomogeneità del servizio offerto tra le diverse cancellerie e infine, dal punto di vista delle attività di front-office in termini di utenza quale testimoni, periti, avvocati d’ufficio etc., il doppio riferimento alle cancellerie penali e a quello incaricato del recupero spese o ufficio spese di giustizia. Gli obiettivi della riprogettazione si possono sintetizzare come segue: riduzione dei volumi di attività di front office attraverso migliori servizi informativi multicanale (filtri informativi, sito web, modulistica ecc.) disaccoppiamento delle attività di front-office e back-office individuazione di ruoli specializzati nella gestione dell’attività di front-office accorpamento delle attività di front-office di più cancellerie laddove possibile. L’intervento, che ha ridotto per quanto possibile, la necessità dei servizi di front office da parte dell’utenza, e specialmente gli accessi fisici, ha consentito di conseguenza l’ottimizzazione delle attività di back office, individuando modalità ottimali, standardizzate e condivise per lo svolgimento delle attività di cancelleria. I miglioramenti attesi e ottenuti dalla riprogettazione hanno riguardato: la maggiore tempestività e precisione nello svolgimento dell’attività ordinaria la riduzione dell’affluenza del pubblico in cancelleria la riduzione dei tempi di attesa per l’utenza nelle richieste di frontoffice la maggiore soddisfazione dell’utenza. Non solo, l’ottimizzazione delle attività di back office, ha permesso la valutazione dell’opportunità di ridistribuire alcune attività tra le cancellerie di sezione e quelle centralizzate, promuovendo una rivalutazione delle scelte di centralizzazione o decentralizzazione di attività o fasi di supporto o secondarie, favorendo logiche di scala e specializzazione ‐ o, viceversa – una logica di integrazione dei processi di lavoro. L’intervento di cui si riporta l’evidenza è solo all’inizio, tuttavia tutto ci porta a pensare che i suoi benefici si esprimeranno in una logica di lungo periodo favorendo probabilmente il miglioramento della logistica del fascicolo con l’obiettivo di ottimizzare i percorsi e gli spostamenti dei fascicoli tra uffici e cancellerie diverse e di consentire la tracciabilità e la reperibilità del fascicolo; incoraggiando l’individuazione e il trasferimento di best practice istituzionalizzando pratiche di benchmarking interno volte ad evidenziare le migliori pratiche presenti nei diversi settori da poter Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 15 estendere ad altre cancellerie; configurando meccanismi di apprendimento organizzativo e miglioramento continuo.Il caso quindi testimonia un alto potenziale e la concreta possibilità di migliorare la produttività delle risorse. L’opportunità organizzativa di separare le attività di front office da quelle di back office porterebbe dunque indubbi vantaggi, in primis quello di rendere un servizio al Pubblico di maggiore qualità ed efficienza, allentando la pressione sulle cancellerie. Tuttavia, questioni di natura logistica, la scarsità di risorse, e la poca differenziazione dei livelli contrattuali, sono fattori che rendono la gestione del pubblico un servizio assai problematico e rendono l’opportunità di apertura del Front Office una scelta impegnativa. Mediamente le cancellerie del Tribunale e le segreterie della Procura ricevono il Pubblico ogni mattina, dalle ore 9.00 alle ore 13.00. Nella maggior parte dei casi l’affluenza del pubblico non avviene in uffici e spazi dedicati ma direttamente negli uffici delle diverse cancellerie. In pochi casi gli uffici hanno personale da dedicare interamente al pubblico, e comunque anche in questi casi l’attività di gestione, valutazione e certificazione del Cancelliere è disturbata dall’andirivieni di persone che transitano per l’ufficio. Sono la maggioranza gli uffici che non hanno una capacità di personale in linea con la possibilità di affidare il servizio di gestione del pubblico a personale dedicato, e che non possono contare sul supporto di commessi o assistenti giudiziari per seguire le richieste del pubblico, lasciando al cancelliere la possibilità di portare avanti con costanza la lavorazione dei fascicoli penali. Sicuramente non si tratta di un operazione facile. Come evidenziato dal caso descritto, un intervento organizzativo di questa portata richiede: la definizione di nuovi spazi la disponibilità di risorse a cui affidare il servizio e la loro formazione la definizione di modalità di raccolta delle richieste e di gestione di copie e fascicoli, in accordo con le diverse cancellerie e l’archivio. 5.2. La crescita della cooperazione magistrati-cancellieri Come si è detto nel paragrafo 2, il lavoro fatto con gli uffici giudiziari ha messo in evidenza un’organizzazione duale: da una parte la magistratura, dall’altra le cancellerie. La diffusa visione di sèdel magistrato come unico attore del sistema giustizia è uno degli elementi che hanno ostacolato la capacità degli uffici di introdurre interventi organizzativi in ottica di miglioramento dei processi di lavoroe quindi del servizio. La presenza di questo modello “duale”produce effetti tangibili sull’operatività, sul coordinamento e sulla cooperazione. La presenza di due linee di governo distinte non favorisce lo svilupparsi di spirito cooperativo fra due diverse comunità professionali, la cui posizione relativa di rango determina comportamenti e atteggiamenti che si riversano sulle pratiche operative. In realtà è dalla ottimale integrazione delle attività giudiziarie e di quelleamministrative che scaturiscono performance elevate degli uffici giudiziari nel loro complesso e rispetto ai portatori di legittimi interessi. Talvolta è diffusa l’idea che il “bisogno di essere organizzati”, sia una “incombenza” che riguarda e interessa tutt’al più le cancellerie e gli uffici amministrativi, come se ne fosse esente la figura autonoma del magistrato. E’ sufficiente una breve navigazione sui siti web degli Uffici Giudiziari per vedere che le auto-rappresentazioni più diffuse dell’organizzazione interna di Tribunali e Procure si limitano a riportare in organigramma ruoli e funzioni delle cancelleria e degli uffici amministrativi. Al lato pratico si ha dunque una blanda integrazione, che produce una precario e scarso controllo del sistema tutto sulle proprie prestazione e sulle pratiche operative, da cui dipende in ultima analisi l’obiettivo di una buona e ed Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 16 efficiente giustizia. La cooperazione è lasciata, spesso, alla buona volontà e agli atteggiamenti individuali di magistrati e cancellieri. Tuttavia, laddove la cooperazione tra magistrati e cancellieri è avvenuta, i benefici sono stati subito evidenti, in particolare ci pare di dover sottolineare due aspetti: 1. la gestione diversificata dei provvedimenti “bagatellari” 2. la visione sistemica e completa del flusso del fascicolo penale Vediamoli. 5.2.1. Modalità di gestione diversificate dei provvedimenti «seriali» e «bagatellari» rispetto ai procedimenti di «rilievo» Il primo dei due aspetti che ci preme sottolineare come evidente beneficio della cooperazione tra magistrati e cancellerie è l’opportunità da questa consentita di gestire in maniera standardizzata i provvedimenti di tipo seriale. La gestione standardizzata di provvedimenti che potremmo dire routinari, che si presentano con frequenza e che hanno iter processuali molto simili tra loro, consente di velocizzare i tempi di processo, risparmiare risorse, recuperare tempo per i magistrati da dedicare a casi più complessi, professionalizzare la cancelleria penale. Questa proposizione nasce da quanto testimoniato dall’intervento di ridefinizione di un processo di lavorazione standardizzato, quello dei Decreti Penali di Condanna (art.459 c.p.p. e seguenti) avvenuto negli Uffici Giudiziari del Tribunale e della Procura A. La ridefinizione è avvenuta a più mani: Procuratore, Procuratore Aggiunto, Sostituti Procuratori, Personale della PG, Gip, personale della Cancelleria Gip e dell’Ufficio Decreti Penali, personale dell’Ufficio Recupero Crediti. Il gruppo di Lavoro misto ha ridefinito i meccanismi di coordinamento tra gli uffici, ha sistematizzato e standardizzato la procedura di richiesta ed emissione del DPC definendo anche una modulistica standard, ha migliorato e sviluppato nuove sezioni del sistema modulario utilizzato negli uffici, ha monitorato e migliorato quanto realizzato. I volumi del Tribunale di Monza registrano 668 richieste nel primo trimestre 2010 (+37% rispetto al primo trimestre 2009). Confermando questo andamento, la stima sarà di avere circa 3200 richieste di Decreti emesse dai PM nel corso del 2010 (+69% rispetto al 2009). Il modulo standard per la compilazione dei Decreti Penali di Condanna e l’utilizzo del “Modulario” non sono di per sé una soluzione organizzativa, ma uno strumento che offre opportunità di miglioramento del sistema organizzativo.La fase di monitoraggio, realizzata tramite la metodologiadell’Incident Reporting15, si è rivelata una fase essenziale che ha permesso l’implementazione dell’iniziativa e il suo continuo miglioramento. I risultati che si sono ottenuti riguardano: lo smaltimento dell’arretrato (oltre 3000 fascicoli) 15 L’incident reporting è la modalità di raccolta delle segnalazioni in modo strutturato su eventi indesiderati. Esso fornisce una base di analisi per la predisposizione di strategie e azioni di miglioramento per prevenire il riaccadimento di tali episodi in futuro. Questo sistema, nato nel settore aereonautico per lasegnalazione volontaria e confidenziale di eventi da parte di piloti e controllori di volo per migliorare la sicurezza aerea, è stato importato da alcuni anni dai sistemi sanitari anglosassoni (Australia, Gran Bretagna, Stati Uniti) adattandolo alle organizzazioni sanitarie, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza del paziente. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 17 la raccolta di oltre 40 schede di segnalazione in 2 mesi che hanno permesso di sintetizzare le principali criticità riscontrate nella redazione ed elaborazione dei DPC da parte sia della Procura che del Tribunale lo sviluppo di una cultura organizzativa delle responsabilità e dell’apprendimento per garantire il miglioramento continuo la definizione e miglioramento del modello standard di DPC da utilizzare tramite Modulario l’upgrading del Modulario (tecnologia in uso per la redazione dei decreti penali) l’individuazione di alcune linee guida generali per il buon esito della soluzione proposta e il raggiungimento degli obiettivi ad essa connessi l’individuazione di alcune linee guida generali per l’utilizzo del Modulario (manuale d’uso per gli utenti) la minore esposizione ai ricorsi, come conseguenza del minor numero di errori materiali che potevano dare seguito ad incidenti di esecuzione lo snellimento e la fluidità del processo di lavoro, sia lato Procura che Tribunale, nell’ottica di processo di lavoro integrato l’ulteriore diffusione della procedura e delle buona pratiche ad essa connesse in tutti gli uffici La cooperazione tra le diverse comunità professionali, che ha visto l’integrazione dei processi giudiziari e dei processi amministrativi ha permesso performance elevate degli uffici giudiziari nel loro complesso e rispetto ai portatori di legittimi interessi. L’integrazione ha prodotto un ampio controllo del sistema, sulle proprie prestazioni e sulle pratiche operative. Seduti allo stesso tavolo, cancellieri, personale della PG, Gip e PM hanno analizzato gli errori commessi nella compilazione delle richieste di decreto e nei provvedimenti stessi, errori che impedivano la lavorazione e l’eseguibilità del decreto stesso. Insieme, hanno compreso le esigenze legate alla lavorazione del decreto e hanno appreso iniziative risolutive per il miglioramento continuo del processo. 5.2.2. Controllo di tutto il processo di lavoro fino al risultato finale Il caso riportato testimonia anche i benefici derivanti dalla visione del fascicolo penale all’interno di un processo di lavoro che ha un input, la notizia di reato, e il cui output è, in caso di condanna, l’esecuzione della pena e il recupero delle spese di giustizia. Il processo si chiude con l’esecuzione della pena o l’assoluzione definitiva, non con il deposito della sentenza o l’emissione di un decreto o di un provvedimento. La cultura normativa e prescrittiva vigente negli Uffici Giudiziari ha favorito una visione circoscritta del flusso del fascicolo penale. Come si è detto, una caratteristica che accomuna gli Uffici Giudiziari è la stretta “osservanza funzionale” delle unità operative e dei singoli uffici. Per osservanza funzionale si intende la capacità di rispondere ai comportamenti attesi dall’unità di appartenenza, con riguardo a quanto richiesto dalle procedure formali, senza fare uno sforzo di “allinearsi“ con altre unità precedenti e/o successive, e senza ritenere di dover rispondere dell’esito finale complessivo dell’intervento (che rimane senza governo). Ci sono processi operativi che, per dimensioni e complessità, si snodano su aree e unità organizzative diverse, con una molteplicità di responsabili/referenti (ad esempio responsabilità della giurisdizione e responsabilità delle cancellerie). E’ noto che quando tanti sono responsabili, tutti sono responsabili della procedura ma nessuno è responsabile del processo complessivo e del Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 18 risultato finale. Questa tipologia di processi operativi vengono detti interfunzionali, appunto perché coinvolgono e attraversano più funzioni organizzative. Normalmente la maggior parte dei processi operativi degli Uffici Giudiziari presenta queste caratteristiche (i Decreti Penali di Condanna, le citazioni Dirette, etc.). La loro natura interfunzionale ne rende la gestione più complessa, presentando sovente problemi organizzativi ben maggiori di quelli tecnici. In questo caso l’integrazione organizzativa e la responsabilità unitaria per la qualità, i costi e i tempi divengono fondamentali. Quando il processo è inter-funzionale si creano inevitabilmente, in misura maggiore o minore, barriere alla comunicazione e alla collaborazione. Più l’organizzazione è burocratica – nel senso che la struttura è marcatamente gerarchico-piramidale e con ruoli e mansioni rigorosamente definiti – più saranno elevate le barriere organizzative fra le varie funzioni. Ma il risultato finale, i tempi di esecuzione, i costi globali e la soddisfazione delle attese dei cittadini,risulteranno tutti aspetti negativamente influenzati dalle barriere organizzative. Solo l’integrazione organizzativa può abbattere tali barriere: cooperazione spontanea, scambio di conoscenza, comunicazione intensa e senso di una comunità. Oltre a quanto già evidenziato dal caso di ridefinizione del processo di lavorazione dei Decreti Penali di Condanna, a dimostrazione di quanto sostenuto, si riporta ilprogetto di riorganizzazione della cancelleria di Dibattimento del Tribunale di Monza, realizzato individuando nella cooperazione una condizione necessaria per il buon funzionamento organizzativo del sistema. Le criticità che hanno alimentato l’esigenza della riorganizzazione della Cancelleria di Dibattimento riguardavano: o la gestione delle udienze, criticità intrinseca alla cancelleria e ancora più aggravata da una scarsità di risorse, sulla quale si sono aperte diverse questioni e necessità di intervento come: o lasemplificazione del processo di assegnazione udienze per citazione diretta, migliorando anche il meccanismo di coordinamento con la Procura o la definizione di un sistema forte di gestione delle assenze dei cancellieri e degli assistenti giudiziari e della loro sostituzione evitando che venissero trascurate le attività poste loro in capo (adempimenti, scarico, deposito, passaggio in esecuzione delle sentenze). o la “gestione delle urgenze”, adempimenti urgenti che spesso vengono passati dai Giudici alle Cancellerie al limite dell’orario di lavoro creando diverse difficoltà nella loro gestione, nonché l’alimentarsi di un malumore condiviso per ore di lavoro “straordinario” che però non viene in alcun modo riconosciuto. o La gestione del flusso del fascicolo in fase dibattimentale: scarico, deposito e passaggio in esecuzione delle sentenze e della redazione della distinta delle spese anticipate dall’erario dovevaessere reso più fluido; le relative attività richiedono di essere eseguite con regolarità. Ad oggi questo è difficile poiché gli assistenti giudiziari che dovrebbero occuparsene sono in udienza per sostituire eventuali cancellieri assenti o comunque già impegnati in udienza. Questo comporta un flusso di lavoro irregolare, un’accumulazione dei fascicoli e un rallentamento dell’attività e trasmissione dei fascicoli alla Cancelleria Unica esecuzioni. I due casi ci dicono che, se ogni ufficio avesse continuato a guardare unicamente al proprio pezzo di lavoro, ragionando per compartimenti stagni e non considerando i propri output come input per il lavoro di chi viene dopo, la qualità del servizio di giustizia ne avrebbe continuato a risentire molto, basti considerare che in molti casi i fascicoli riportano errori materiali o imprecisioni che vengano al pettine solo nell’ultima fase del processo di lavoro, ovvero quello dell’esecuzione della sentenza e del recupero crediti, e questo comporta allungamento dei tempi e ricircoli nel processo di lavorazione del fascicolo. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 19 La visione sistemica del flusso del fascicolo consente sicuramente una migliore gestione dello stesso dovuta all’opportunità di organizzare il processo di lavorazione in modo tale da assecondare le esigenze specifiche diognuna delle fasi di lavorazione. Questa visione deve diffondersi all’interno del tribunale, ma non solo. Gli attori del processo di lavorazione di un fascicolo penale sono anche la Procura e la Corte d’Appello. Una gestione integrata del fascicolo penale, la condivisione di pratiche di gestione dei flussi dei fascicoli, predisposizione, realizzazione degli adempimenti connessi e dei meccanismi di coordinamento, consentirebbe la riduzione dei tempi di lavorazione e il miglioramento della qualità dei fascicoli penali. 5.3. Miglioramento della cooperazione procure-tribunali Il progetto di ridefinizione della procedura di lavorazione dei Decreti penali di Condanna, così come quello di riorganizzazione della cancelleria di Dibattimento del Tribunale di Monza, esplicitano il potenziale e le opportunità di miglioramento che scaturiscono dalla cooperazione tra Procure e Tribunali. Infatti, tra le esigenze e gli obiettivi della riorganizzazione della cancelleria di dibattimento quello del miglioramento deimeccanismi di integrazione e coordinamento con la Procura è stato assolutamente prioritario. Per rendere più fluido l’intero processo di lavorazione dei fascicoli penali è stato necessario individuare e definire nuove e più funzionali modalità di integrazione e coordinamento. La riprogettazione ha toccato alcuni ambiti specifici come: il governo sul flusso di operazioni, ovvero gli adempimenti che la Procura dovrebbe poter realizzare prima di passare il fascicolo al dibattimento, per esempio: notifiche dovute, predisposizione del fascicolo e indicizzazione, definizione dei servizi al pubblico di competenza della Procura, etc.; il governo del flusso di informazioni, ovvero le registrazione che la Procura dovrebbe poter realizzare prima di passare il fascicolo al dibattimento, per esempio: aggiornamento del casellario; registrazione completa al Re.Ge; notizia di reato; nome del difensore nominato qualora presente,etc…); il coinvolgimento dei Vice Procuratori Onorari nella trasmissione di ciò che è avvenuto in udienza alla Procura (compilazione puntuale dell’apposito statino); Il governo del flusso di transazioni e relazioni, come la ridefinizione del calendario udienze attraverso l’agenda elettronica. Nella riorganizzazione della cancelleria di dibattimento del Tribunale di Monza, i sistemi di coordinamento e integrazione tra uffici del Tribunale ma anche tra Tribunale e Procura hanno avuto lo scopo di presidiare le performance dell’insieme di ruoli e uffici della giurisdizione e delle cancellerie alla luce delle finalità istituzionali. Al di là delle discussione sulla separazione delle carriere, si vuole porre attenzione al valore organizzativo che il servizio di Giustizia ai cittadini trarrebbe dalla definizione di modalità di coordinamento e cooperazione tra Tribunale e Procura, come testimoniato dal caso citato. Nel caso A, il lavoro si riprogettazione dei processi di lavoro condotto sui Decreti Penali di Condanna, come sulle esecuzioni penali, con la partecipazione dei responsabili dei vari uffici, ha consentito, tra l’altro, in primo luogo di tematizzare e in secondo luogo di ridefinire le modalità di coordinamento sia interne al singolo ufficio, sia tra Procura e Tribunale. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 20 5.4. Dalla teoria alla pratica: la traduzione organizzativa delle norme La Procura e il Tribunale di Monza, in accordo con gli Enti, le Associazioni e le Cooperative sul territorio hanno stipulato una convenzione per lo svolgimento dei Lavori di Pubblica Utilità che prevede: la definizione delle attività da svolgere in modalità non retribuita ai fine della collettività (ART. 1 della Convenzione); la definizione delle modalità di svolgimento in accordo con quanto disposto nella sentenza o nel decreto penale di condanna (ART. 2); la definizione dei soggetti incaricati di coordinare le prestazioni (ART. 3); la definizione delle modalità di trattamento (ART. 4); la specificazione del divieto di retribuzione (ART. 5); l’obbligatorietà dell’assicurazione (ART.6); la definizione delle modalità di verifica del lavoro svolto (ART. 7); la definizione della modalità di realizzazione della “Relazione sul lavoro svolto” (ART. 8); la definizione delle modalità di risoluzione della convenzione (ART. 9); la definizione della durata della convenzione (5 anni) e degli adempimenti successivi (ART. 10). Quella sopra sinteticamente descritta è la norma, l’accordo tra le parti, che regola l’utilizzo della convenzione con gli Enti, le Associazioni e le Cooperative sul territorio per lo svolgimento del lavoro di Pubblica Utilità ai sensi degli artt. 186 Comma 9 Bis CDS, art. 187 comma 8 Bis CDS e art. 2 del Decreto Ministeriale del 26 marzo 2001. Tale norma definisce la procedura giuridica e prescrive i passaggi necessari alla conversione della pena in Lavoro di Pubblica Utilità. Tuttavia, la convenzione non definisce le modalità organizzative con cui realizzare fattivamente i contenuti dell’accordo. Cosa si deve fare per realizzare la conversione della pena? Chi deve fare cosa? Come interagiscono tra loro le diverse parti interessate, la Procura, l’avvocatura, la cancelleria Gip, gli uffici esecuzioni, la Provincia, gli enti e le associazioni? Quali sono i vincoli temporali legati ai benefici del condannato che opta per la conversione della pena? L’iter del fascicolo penale è guidato in primis dal codice di procedure penale,dalle circolari ministeriali o dalle convenzioni come quella cui si è accennato. Tuttavia, per quanto il codice sia prescrittivo e delinei in maniera chiara la norma, sono diversi i modi in cui gli Uffici Giudiziari si attrezzano per la sua applicazione. Esiste dunque un margine di discrezionalità nell’applicazione della norma e soprattutto nel passaggio dalla norma alla applicazione della stessa richiede la costruzione di un ponte che è fatto di processi lavorativi, fasi, attività, ruoli e tempi. Il codice penale, così come le circolari ministeriali, o le convezioni con il territorio per essere applicati devono essere tradotti in pratiche di lavoro e modalità organizzative. Tornando al caso accennato in apertura di paragrafo, il Tribunale di Monza, consapevole della necessità di questa traduzione, ha definito un protocollo di intesa - da affiancare alla convezione con la Procura e la Camera Penale, con l’obiettivo di rendere maggiormente efficace la procedura per l’emissione e la gestione delle pene da scontare tramite Lavoro di Pubblica Utilità. La procedura organizzativa concordata ha in sé gli elementi per portare ad un recupero di efficacia e ad un risparmio di energie lavorative lungo l’intero iter procedurale, dalla richiesta, all’esecuzione del provvedimento, fino all’estinzione del reato. La realizzazione di tali benefici passa attraverso una gestione consapevole del transitorio che segue l’introduzione della procedura e– in tutte le fasi – è legata all’impegno da parte di tutti i sottoscrittori nella concreta osservazione dei protocolli concordati. La definizione delle nuova prassi lavorativa è stata dunque spinta dall’esigenza di creare le condizioni organizzative e procedurali idonee all’implementazione della convezione. Tali condizioni organizzative e procedurali garantiscono: Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 21 Una forte riduzione dei tempi di lavorazione, in particolare di quelli relativi alla fase esecutiva del passaggio in giudicato della sentenza o del Decreto penale di Condanna. il rispetto delle linee guida introdotte dal protocollo da parte di tutti gli attori coinvolti. Infatti, il Protocollo di Intesa richiede che tutti i PM e i loro collaboratori, una volta letta e condivisa la nuova prassi, si allineino con stabilità e costanza alla nuova procedura. Allo stesso modo, Gip e Giudici di Dibattimento dovranno impegnarsi nella gestione prioritaria di questi fascicoli. Le cancellerie dovranno collaborare rispettando i tempi e assumendo il medesimo comportamento per la gestione delle richieste degli Avvocati e la realizzazione degli adempimenti. Tutti gli Avvocati dovranno aderire al Protocollo e assumere il medesimo comportamento di gestione dei LPU. A titolo di esempio, si presenta in breve la prassi organizzativa definita dal Protocollo: Fase 0 – Richiesta di procedere con Decreto Penale di Condanna tramite conversione della pena in Lavoro di Pubblica Utilità. In Procura arriva la notizia di reato. Questa viene registrata e assegnata a un PM. Il PM accoglie l’assegnazione e inizia le sue valutazioni di merito. In questa fase l’Avvocato difensore, a seguito di accordi presi con il suo assistito, verifica attraverso il sito della Provincia A la disponibilità di un posto per LPU. Una volta verificata la disponibilità, l’Avvocato, come da Convenzione con l’Ente, l’Associazione o la Cooperativa, predispone la richiesta da presentare al PM di giudizio con DPC con LPU presso l’ente individuato e segnalato nella richiesta stessa. La richiesta sarà accompagnata della specifica dell’elezione di domicilio presso l’Avvocato difensore da parte del suo assistito. Fase 1 – Elaborazione della richiesta e invio al Tribunale.Il PM, valuta la richiesta dell’Avvocato e qualora ritenga di poterla accogliere, predispone la richiesta di DPC come da Protocollo. Prepara quindi il fascicolo da passare al Tribunale, segnalando in copertina, in maniera evidente, che si tratta di un DPC con LPU, sottolineando quindi la necessità di gestire il fascicolo in modalità prioritaria. Fase 2 – Emissione del Decreto. Il fascicolo con la richiesta di DPC con LPU arriva alla segreteria centrale del tribunale che, ravvisando la segnalazione di gestione prioritaria, provvede alla registrazione del fascicolo e alla sua assegnazione. Il Gip assegnatario valuta il fascicolo e, in caso di accettazione della richiesta del PM, procede con l’emissione del Decreto. Anche il Gip dunque si impegna a trattare in modalità prioritaria il fascicolo con richiesta di espiazione della pena tramite LPU. Una volta emesso il decreto, questo viene trasmesso all’ufficio decreti penali. Fase 3 – Il passaggio in giudicato. L’ufficio DPC accoglie il Decreto emesso e segnalato come prioritario e procede in tempi rapidi, vista la massima priorità caratterizzante il decreto, alla notifica dello stesso presso l’Avvocato difensore cui il Condannato ha eletto il domicilio. Per comprimere ulteriormente i tempi la notifica verrà fatta utilizzando il fax. L’Avvocato difensore che riceve la notifica spedisce via fax la conferma dell’avvenuta notifica e deposita in cancelleria la rinuncia all’opposizione. L’Avvocato, entro sette giorni dal deposito della rinuncia all’opposizione, potrà tornare in cancelleria per ritirare il passaggio in giudicato del Decreto e attivare così il periodo di LPU del suo assistito presso l’Ente, l’Associazione, o la Cooperativa individuata. Fase 4 – L’estinzione della pena.Sarà compito del difensore informare l’ufficio DPC dell’avvenuto adempimento dell’attività lavorativa del proprio assistito, depositando la relazione favorevole dell’Ente, Associazione o Cooperativa presso la quale è avvenuto il LPU, e rinunciando contestualmente ad eventuali avvisi e notifiche in ordine alla successiva fase di estinzione della pena. Quest’ultima potrà avvenire in forma semplificata e standardizzata tramite apposizione di un Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 22 timbro che verrà appositamente predisposto. Sarà sempre compito dell’Avvocato difensore acquisire in cancelleria il provvedimento necessario per le comunicazioni alla Provincia dell’avvenuta esecuzione della pena e del conseguente provvedimento del giudice. L’Avvocato difensore dovrà inoltre comunicare al Prefetto i provvedimenti in questione con riferimento ai profili di sequestro amministrativo del veicolo. Il protocollo oltre a tradurre in pratica la convenzione, chiarisce anche l’impatto di questa procedura sul cittadino e sul territorio, evidenziandone il necessario alto livello di affidabilità. Infatti, il processo di gestione dei Lavori di Pubblica Utilità accorcia i tempi e gli spazi che separano l’attività giuridica dai suoi effetti sul territorio e dal servizio di giustizia offerto al cittadino. La Provincia, gli Enti, le Associazioni, le Cooperative e i cittadini sono i soggetti che aderiscono al protocollo e che si aspettano le modalità giuridiche, gestionali e relazionali definite nelle Convenzioni (vedi allegati) e tradotti praticamente nel Protocollo. Infine, il Protocollodi intesa introduce la necessaria fase di rodaggio e avvio di una nuova procedura, fase che presuppone un monitoraggio delle criticità per l’apprendimento reciproco e dagli errori. Ad ogni livello dell’iter dunque, in caso di errore che implicasse l’impossibilità di portare avanti il fascicolo, il Protocollo propone di attivare un processo transitorio di descrizione e presa di conoscenza dell’errore stesso, se non addirittura di rimando del fascicolo allo step precedente, in modo che tutti i soggetti coinvolti operativamente possano visualizzare le criticità che rallentano il flusso di lavoro e che tutto il sistema sviluppi apprendimento in relazione alla concreta realizzazione del miglioramento del processo in questione. Ci siamo soffermati sul caso dei LPU per evidenziare, ancora una volta, come l’innovazione normativa (anche quella negoziata, frutto di accordi, protocolli ecc.), richiede poi un’attenzione alla “operazionalizzazione” organizzativa, che il più delle volte è lasciata alla libera iniziativa degli operatori coinvolti, ma proprio per questo non sempre è gestita in modo adeguato. Poi i risultati attesi dall’innovazione magari non arrivano e si attribuisce immancabilmente la responsabilità alla norma (o alla sua mancata osservanza). 6. Il ruolo e i limiti delle tecnologie La “lavorazione” del procedimento penale e gran parte delle attività relative sono ben lungi dall’essere informatizzate. All’interno di un ritardo generalizzato che riguarda tutte le attività degli UUGG, il Ministero della Giustizia ha dato la priorità al settore civile, puntando ad una diffusione del cosiddetto Processo Civile Telematico. Per il penale sono abbastanza generalizzati e presenti in quasi molte sedi i software del SICIP (Sistema Informativo della Cognizione Penale) ed è in corso di diffusione il SIAMM, per la gestione dei flussi amministrativi relativi alle spese di giustizia. La maggior parte dei magistrati penali e delle cancellerie lavora su elaborazioni locali dei software di office automation, con maschere, moduli, cartelle condivise messe a punto localmente. Sono predisposti e implementati in via sperimentale in alcune sedi software per la gestione informatizzata e telematica di macrofasi del processo penale, ma i piani e i tempi della loro diffusione generalizzata non sono noti. Come intervengono e come deve essere gestito il processo diinformatizzazione sulla base delle considerazioni precedentemente esposte sulle problematiche organizzative del processo penale? Anzituttooccorre ribadire ancora una volta che anche l’esperienza del “sistema giustizia” conferma che il “messianismo tecnologico” provoca cocenti delusioni: apparentemente sulla necessità di coniugare innovazione tecnologica con innovazione organizzativa e sviluppo delle competenze delle persone sembra esservi accordo in tutte le sedi, ma poi alla prova dei fatti l’illusione che Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 23 l’informatica possa “costringere” magistrati e cancellieri a cambiare il loro modo di lavorare rimerge di continuo. L’esperienza sul campo conferma che, nel settore civile, la diffusione del processo civile telematico trova ostacoli talvoltaanche negli aspetti tecnologici (inadeguatezza delle dotazioni, dei software ecc.,), ma altrettantofrequentemente nell’inadeguatezzadelle competenze delle persone (cancellieri, ma anche magistrati e avvocati!), nel mancato presidio del processo di innovazione, nella mancata riorganizzazione dei processi di lavoro e dell’organizzazione degli uffici: anche se il PCT incomincia ad avere ormai una diffusione abbastanza ampia, il passaggio effettivo ai decreti ingiuntivi telematici o la diffusione effettiva nel lavoro giudiziario rimane ancora molto bassa. Anche le sperimentazioni in corso nel penale indicano che l’innovazione si avvia con successo quando tutte le dimensioni del sistema giustizia vengono adeguatamente riprogettate. La logica di analisi e riprogettazione dei processi di lavoro suggerirebbe di progettare l’innovazione avendo chiaro il disegno del processo penale nel suo insieme, dalla notizia di reato all’esecuzione della pena. I software disponibili e autorizzati fino a poco tempo fa (ma oggi per fortuna sono disponibili anche altre tecnologie) spezzettavano il processo in fasi parziali non autosufficienti, e in molti casi costringevano ad una duplicazione delle attività e dei fascicoli (in digitale e su cartaceo): erano stati pensati per gestire solo alcune attività (ad esempio la produzione di copie e la ricerca documentale), ma di fatto finivano per aumentare il lavoro, generando così una comprensibile diffidenza se non contrarietà alla loro diffusione. Occorrerebbe invece partire dall’inizio, dal lavoro della procura, producendo già in digitale una serie di atti e documenti. Se non è possibile, occorre almeno garantire che sia completamente informatizzata una macrofase del processo penale: indagini e predibattimento, dibattimento, postdibattimento. L’informatizzazione di singole microfasi (ad esempio dal 415 bis, tramite scansione dei documenti cartacei) si è dimostrata in alcuni casi addirittura controproducente. Per il dibattimento occorre investire nel progetto d’informatizzazione integrale dei fascicoli processuali penali. La positiva esperienza di Modena dimostra come i documenti dinamici, potendo essere facilmente consultati in contemporanea da più utenti, determinano una forte riduzione – se non l’azzeramento – dei tempi morti come l’attesa del fascicolo in lavorazione presso gli assistenti di udienza prima del passaggio alla CUE, poi all’ufficio Impugnazione, e quindi all’ufficio Schede e Recupero crediti con diversi viaggi inversi per le annotazioni sui fogli complementari non ancora gestibili con SIAMM. Si consideri che detti molteplici adempimenti sono inoltre inevitabilmente ritardati anche dal possesso del fascicolo da parte del magistrato per il tempo della motivazione. Inoltre, poiché i documenti digitali possono essere trasferiti agevolmente, modificati, integrati, sostituiti e più facilmente archiviati, dal fascicolo digitale possono contemporaneamente essere estrapolate informazioni o copie necessarie per altre attività e altri documenti; si facilita l’attività di notificazione, di comunicazione, di annotazione e trasmissione di atti con un conseguente recupero di risorse su altri fronti, ma soprattutto con maggiore qualità e soddisfazione di tutti. L’implementazione di una nuova tecnologia modifica in modo molto consistente il lavoro dei magistrati e dei cancellieri. Per una lunga fase iniziale tale cambiamento deve essere accompagnato da una riprogettazione dei processi di lavoro effettivamente operanti nella singola sede (diversi non solo da sede a sede, ma spesso da sezione a sezione nella stessa sede); da iniziative di formazione e poi da un’assistenza che aiuti a risolvere i mille problemi che sorgono nella sperimentazione quotidiana concreta. Come per il civile, la collaborazione dell’avvocatura è un punto cruciale (tra l’altro spesso sono gli avvocati che hanno messo a disposizione risorse per rendere possibile l’innovazione!). Nel Tribunale F questa collaborazione ha consentito la predisposizione di una sala riservata agli avvocati, con un numero congruo di computer, sui quali i difensori possono consultare i fascicoli di loro pertinenza e richiedere copie degli atti. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 24 7. Considerazioni conclusive I casi riportati non hanno certamente una numerosità statisticamente rappresentativa e quindi le considerazioni proposte confermano la loro natura semplicemente plausibile, rinforzata dalle esperienze e dai casi proposti e riscontrati in numerose occasioni di formazione del personale e dei dirigenti degli uffici. Riteniamo di proporli alla discussione perchè il sistema giustizia sta cambiando dal punto di vista organizzativo con una certa rapidità. Progetti di digitalizzazione dei processi stanno investendo massicciamente gli uffici16(anche se, come detto, con risultati alterni); il Piano nazionale di diffusione delle best-practice investe con processi di riorganizzazione un centinaio di uffici, in tutte le regioni italiane; il data-base del CSM sulle best-practice ha raccolto in tre mesi dalla sua costituzione oltre 500 schede. Partito in ritardo rispetto ad altri settori delle pubbliche amministrazioni, il “pianeta giustizia” sembra essersi messo in movimento, con azioni che il più delle volte hanno come fulcro il singolo ufficio, che si muove in modo autonomo, in rapporto con il territorio di riferimento. Potremmo definirlo per certi aspetti un processo di cambiamento bottom-up, e per altro l’esperienza dimostra che piani di cambiamento generali che non coinvolgano gli uffici di base, politiche trasversali gestite a livello nazionale, cascate normative che affidano il cambiamento a norme generali, norme attuative, regolamenti ecc. servono a poco17. L’impressione nel lavoro sul campo è che il sistema sia partito, ma forse necessiti di orientamenti, di linee-guida, che servano più da bussola che da vincolo normativo. Altrimenti ogni ufficio, nelle sua specificità e autonomia, rischia di impiegare, non sempre in modo efficace, una quantità notevole di risorse e di energia per affrontare problemi che sono stati affrontati positivamente da altri. O che le direzioni di soluzione ipotizzate si rivelino poco utili, con sperimentazioni che già in altri casi si sono dimostrate poco controproducenti. I processi di direzione e coordinamento, che dovrebbero garantire la coerenza e il grado di integrazione interna degli Uffici Giudiziari e il coordinamento esterno, spesso sono presidiati debolmente dalle posizioni e dai ruoli di comando, cioè dalle posizioni di più elevato rango negli organigrammi delle strutture giudiziarie. Ma questa debolezza non avviene per lo scarso rilievo formale di quei ruoli e di quelle posizioni di comando. Tantomeno per le qualità professionali di chi occupa quelle posizioni, quasi sempre eccellenti. Esiste invece una carente strutturazione di processi di coordinamento e controllo organizzativo e una insufficienza delle leve (organizzative, economiche, tecnologiche, di gestione delle persone) utilizzabili da parte dei ruoli apicali. Inoltre è fondato ritenere che su questa insufficiente strutturazioni dei processi e delle leve di coordinamento, influisca un “fattore culturale”, per il quale si ritiene coerente e sufficiente, ai fini di un buon funzionamento operativo, quanto prescritto dai codici e dalle norme e procedure in essi previsti e definiti e dagli ordini di servizio. Purtroppo i codici non bastano ad assicurare, di per sé e in via autonoma, tutte quelle più complesse risorse di coordinamento, direzione e integrazione che sono necessarie per fare funzionare una “expertdependentorganization“ (una di quelle organizzazioni disegnate per contenere e supportare attività di esperti e professionisti, come gli ospedali, le Università, etc) per “generare cooperazione fra tutte le componenti dell’organizzazione e assicurare il coordinamento fra i processi, al fine di conseguire i risultati complessivi”18 I buoni e bravi giudici, così come i bravi cancellieri o uditori, sono un presupposto imprescindibile del buon funzionamento degli Uffici giudiziari, tuttavia da solo non basta per avere prestazioni efficaci degli uffici Giudiziari. Forse alla fase creativa dello “stato nascente”, che si basa sullo scambio e il contagio delle esperienze positive, occorre affiancare una fase di razionalizzazione non basata su regolamenti o simili (che farebbero solo danni e comunque scatenerebbero reazioni negative), ma sulla 16 Si veda http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_7_9.wp Si veda F.Butera, B. Dente, cit. 18 Butera, in Arel febbraio 2010. 17 Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 25 condivisione di criteri di organizzazione, in particolare tra i capi degli uffici, da applicare poi con autonomia e creatività nei singoli contesti. Con questo contributo abbiamo cercato di proporne alcuni per il settore penale. Lo sviluppo di una riflessione e di una discussione è già da tempo sviluppata sulla giustizia civile, legata in particolare alladiffusione del processo civile telematico e ai lavori di Stefano Zan19. Per il penale è probabilmente presto per proporre sintesi, modelli generalizzabili, architetture organizzative. Intanto cominciamo ad avviare la discussione con qualche “semilavorato”. Gli approfondimenti e il dibattito successivo potranno portare a qualche orientamento più definito e condiviso. Le organizzazioni operano non solo in base a norme, e la cultura organizzativa è nei fatti uno strumento di governo fondamentale. Occorre che la dimensione dell’”organizzare” entri in modo sistematico nella cultura organizzativa degli operatori della giustizia. Queste considerazioni sostengano l’idea che data la pressoché omogeneità della dimensione tecnica delle organizzazioni giudiziarie e la specificità ambientale e della dimensione sociale dei singoli uffici giudiziari, non è possibile definire criteri univoci di realizzazione delle pratiche giudiziarie, ma è invece auspicabile individuare e condividere criteri dell’organizzare che possano essere plasmati dai singoli uffici a partire dalle loro specifiche caratteristiche. Tali criteri dell’organizzazione sono quelli che i socio tecnici hanno chiamato principles of organization e minimalcriticalspecifications20. Un concetto chiave in proposito è quello di "whole task", per il quale si configura un compito nella sua interezza, riconoscendo il vantaggio di collocare la responsabilità della sua realizzazione sulle spalle di un unico, piccolo, gruppo che interfacciandosi quotidianamente sperimenta l'intero ciclo delle operazioni di realizzazione. Questa idea di cooperazione e condivisione delle competenze e delle esperienze dei singoli per la realizzazione ottimale delle attività si rafforza con il concetto del “minimalcriticalspecification”. In sostanza,mentre può essere necessario essere molto precisi su ciò che deve essere fatto, raramente è necessario essere precisi su come deve essere fatto. È dunque responsabilità di uno specifico gruppo di lavoro (e quindi Ufficio Giudiziario), sulla base delle condizioni organizzative e di contesto nel quale si situa, definire le modalità lavorative con cui realizzare ciò che deve essere realizzato. Affinché questa modalità di lavoro abbia successo, è necessario che vengano costituiti singoli gruppi di lavoro all’interno degli Uffici Giudiziari e che questi condividano una cultura del fare, orientata ai risultati e godano di autonomia responsabile per programmare e regolare tutta o parte delle loro attività; siano messi in condizione di sviluppare la professione per imparare ad adattarsi al cambiamento e trovare modi nuovi di fare le cose; possano farsi forti di una varietà di esperienze per avere un contesto di lavoro stimolante; e possano partecipare alle decisioni inerenti al proprio lavoro. Si tratta dunque di condividere tali criteri dell’organizzare, affinché ogni Ufficio Giudiziario arrivi a definire la propria best practice. Condividere questi criteri è differente dal condividere soluzioni procedurali. La condivisione delle best practices è utile a rendere il terreno delle idee e delle soluzioni fertile, ma non dovrebbe prescindere dal raccontare il percorso organizzativo con cui si è arrivati ad implementarle. Le best practices del Tribunale di Monza, potrebbero non esserlo presso il Tribunale di Lecco, o viceversa. L’impostazione proposta, toglierebbe gli Uffici Giudiziari 19 20 S. Zan, Fascicoli e Tribunali, Bologna, Il Mulino, 2003. P.G. Herbst, Socio-technical Design: Strategies in Multidisciplinary - Research. London: Tavistock Publications, 1974. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 26 dall’imbarazzo di realizzare una “ricetta” che potrebbe non venir bene, e invece li abiliterebbe a comprendere il percorso necessario per trovare la best practice più idonea all’Ufficio Stesso. Con questo contributo abbiamo cercato di declinare alcuni di questi criteri dell’organizzare per il settore penale. Lo sviluppo di una riflessione e di una discussione è già da tempo sviluppata sulla giustizia civile, legata in particolare alla diffusione del processo civile telematico e ai lavori di Stefano Zan21. Per il penale è probabilmente presto per proporre sintesi, modelli generalizzabili, architetture organizzative. Intanto cominciamo ad avviare la discussione con qualche “semilavorato”. Gli approfondimenti e il dibattito successivo potranno portare a qualche orientamento più definito e condiviso. In questo senso, occorre ribadire che la cultura organizzativa è nei fatti uno strumento di governo fondamentale. Le funzioni della cultura sono quella di creare senso di identità, di facilitare l’impegno collettivo, di promuovere stabilità del sistema sociale, di definire schemi interpretativi e di fungere da meccanismo di controllo. La cultura organizzativa guida il comportamento delle persone e dei gruppi di lavoro e ne influenza la performance. Riflette la storia e il percorso specifico di un’organizzazione. E’ difficile da descrivere poiché si basa su assunti che vengono in larga parte dati per scontati e anche quando è possibile descriverla, è molto difficile cambiarla in maniera consapevole. La costruzione di senso per il raggiungimento di uno scopo, qualunque esso sia, è un processo sociale e dinamico (Weick, 199522) fondato sulla relazione umana. Quanto più esistono vie di comunicazione, condivisione di frame, esperienze e informazioni, apertura all’altro, confronto, tanto più la costruzione di senso che deriva dalla lettura delle informazioni disponibili e dai frame interpretativi che fanno da lente alla loro lettura avviene con successo. L’appartenenza a una comunità e in primis la costituzione della stessa richiede un considerevole sforzo alle organizzazioni burocratiche, implica processi di lavoro non eterodiretti e processi sociali non compressi e marginalizzati, ma l’interazione positiva tra processi di lavoro e processi sociali: i processi di conoscenza e i processi sociali hanno obiettivicondivisi e sono posti in un framework organizzativo, composto daprocedure, regole, sistemi anche ad alto livello di formalizzazione.Nei casi di cui si è riportata l’esperienza, gli Uffici Giudiziari hanno cercato di costituire una achieving community, ovvero una “struttura sociale” che implicasse un comune sentimento di partecipazione, la condivisione di interessi condivisi, o positivamente mediati, di obiettivi significativi, di valori condivisi, lealtà multiple ai processi, alla professione, all’organizzazione di appartenenza. L’esistenza di queste forme di collaborazione e la realizzazione di rapporti strategici che favorissero l’interdipendenza e lo scambio costante di conoscenza ha permesso agli Uffici di trarre dei vantaggi, ma ha implicato lo sviluppo, nelle persone, di una sensibilità che li rendesse consapevoli che la coesistenza di molte diversità può far nascere un’unica identità di gruppo più vasta e condivisa, che permette il raggiungimento degli obiettivi. 21 S. Zan, Fascicoli e Tribunali, Bologna, Il Mulino, 2003. 22 Weick, K. E., Sensemaking in organizations, Thousand Oaks, CA: Sage, 1995. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 27 Inoltre, le esperienze raccolte ci suggeriscono che il motivo per cui è stato costituito un gruppo di lavoro è il raggiungimento di determinati obiettivi, ritenuti strategici per Gli Uffici stessi. Gli obiettivi, dunque, sono stati motivo di costituzione, ma anche di sostentamento, il faro cui il gruppo come comunità, e quindi i suoi singoli membri, hanno guardato per regolare la rotta. Tuttavia, come spesso accade, ci sono diversi vie per raggiungere una meta, e il concentrasi unicamente sull’arrivo, avrebbe potuto impedire, in qualche caso lo ha fatto, a un gruppo di mantenere la capacità di autocritica sul proprio operato al fine del miglioramento organizzativo e della riduzione di errori. L’antidoto a queste due trappole è quello che Weick ha definito come sensemaking(Weick e Roberts, 199323), ovvero la modalità attraverso la quale assegniamo un senso a tutto ciò che viviamo. Altra dimensione rilevante dell’organizzare che emerge, anche nei casi citati, è la comunicazione. La comunicazione, intesa non come elaborazione e trasmissione delle informazioni ma come agire umano orientato a trasferire informazioni, segni, simboli e significati lungo canali e con mezzi di varia natura da un emittente a un ricevente (Butera, 199024). La comunicazione estesa (Butera, 199925),è un agire comunicativo che ha luogo fra vari soggetti, operanti o nella stessa o in differenti organizzazioni, sia che si trovino faccia a faccia, sia che siano collocati in posizione remota, che comunicano in tempo reale o in differita, che utilizzano ICT. Tale comunicazione attiene a una conoscenza accessibile da tutti i membri della comunità ed è di proprietà di persone e gruppi sociali che hanno sviluppato competenze, orientamento e meccanismi sociali atti a mantenere aperta e significativa la comunicazione. I gruppi di lavoro rispetto ai quali stiamo proponendo queste prime riflessioni sulle questioni organizzative della giustizia penale, sono stati tesi all’obiettivo e affidabili nel raggiungimento dei risultati; hanno agito coordinandosi reciprocamente, attraverso il semplice processo della comunicazione informale, dove il controllo del lavoro è restato nelle mani di coloro che lo eseguono. Le esperienze degli Uffici Giudiziari che abbiamo riportato nel presente contributo suggeriscono un ulteriore principio dell’organizzare: quello della flessibilità, ovvero della capacità di adattarsi ai cambiamenti e ridefinire i propri obiettivi. Tale abilità, a sua volta, non è questione di relazioni sindacali o di mera disponibilità personale, ma è una “competenza”, fortemente determinata dalla capacità di utilizzare le conoscenze a disposizione e di condividerle. Fare conoscenza nell’organizzazione «significa identificare, gestire e valorizzare cosa l’organizzazione conosce o potrebbe conoscere: skill ed esperienze delle persone, archivi, documenti, relazioni e materiali conservati in database elettronici» (Davenport e Prusak, 199826). Da questo punto di vista gli Uffici Giudiziari possono essere descritti come dei field of knowledgepoiché la conoscenza è un elemento chiave. È importante che all’interno vi sia uno 23 Weick, K.E. and Roberts, K. H., “Collective mind in organizations: Heedful interrelating on flight decks”, Administrative Science Quarterly, n. 38, pp. 357–381, 1993. 24 Butera F., “Le comunicazioni interne come fattore strutturante nelle organizzazioni di servizi”, Studi Organizzativi, n.4, 1990. 25 Butera F., “L'organizzazione a rete attivata da Cooperazione, Conoscenza, Comunicazione, Comunità: il modello 4C nella Ricerca e Sviluppo”, Studi Organizzativi, n. 2, 1999. 26 Davenport, T., Prusak, L., Working knowledge: how organizations manage what they know, Boston, MA: Harvard Business School Press, 1998. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 28 scambio costante e continuativo di conoscenze in modo tale che ciascun individuo abbia la possibilità di incrementare il proprio background e di acquisire know-how innovativo, indispensabile per agire ed operare. La trasmissione costante delle informazioni garantisce non solo la possibilità di soddisfare gli obiettivi prefissati, ma anche quella di gestire situazioni inaspettate, incerte, oppure ambigue. In questo senso gli Uffici Giudiziari diverrebbero sempre più consapevoli dei propri meccanismi di funzionamento, e quindi maggiormente in grado di governali nell’ottica del cambiamento per il miglioramento delle loro prestazioni. Svilupperebbero quella che le scienze organizzative chiamano consapevolezza (mindfulness)che si realizza attraverso l’attenzione a cinque principi che sono stati individuati come le linee guida che governo le organizzazioni ad alta affidabilità (Weick e Sutcliffe, 201027): la preoccupazione per gli eventi critici, ovvero l’attenzione ai segnali deboli, che possono essere all’origine di problemi all’interno del sistema, ai sintomi di malfunzionamento, che possono essere collegati a errori strategici, in modo da mettere in atto pratiche che permettono di cogliere tali discrepanze. Questa attività richiede la presenza, all’interno dell’organizzazione, di una cultura orientata alla raccolta di informazioni e alla segnalazione degli errori. Solo un clima di apertura può permettere la segnalazione di eventuali anomalie e di lavorare per correggerle (Edmondson, 199928). La riluttanza alla semplificazione. Questo secondo presupposto è relativo alla capacità di acquisire piena consapevolezza della complessità dei processi di lavoro, dell’assenza di regole scritte sempre valide. Per resistere alla semplificazione è necessario evitare di ricondurre eventi inaspettati a categorie generiche e ridefinire costantemente i gruppi di lavoro in modo che siano composti da individui che dispongono di conoscenze differenti, con un bagaglio di esperienze e competenze eterogenee che sono in grado di cogliere meglio i cambiamenti che si verificano nell’ambiente e di vedere cose diverse pur osservando lo stesso evento. L’organizzazione deve evitare che le somiglianze tra il presente e il passato mascherino delle differenze più profonde che possono poi tradursi in un evento inaspettato (Woods e Hollnagel, 200629). L’errata interpretazione impedisce di trarre nuovi apprendimenti dagli eventi mancati. L’attenzione alle attività operative e quotidiane. Mostrare attenzione e sensibilità per le operazioni e le pratiche quotidiane. Chi opera all’interno dell’organizzazione deve prestare attenzione a tutte le operazioni, temere i piccoli problemi e cercare di anticipare eventuali errori che possono sorgere a causa della complessità e imprevedibilità delle tecnologie. Gli Uffici Giudiziari dunque dovrebbero interessarsi allo stato di salute dell’organizzazione e della sua capacità di far fronte a situazioni che esulano dalla routine. 27 WeickK.E. , Sutcliffe K.M., Governare l’inatteso, Raffaello Cortina Editore, 2010. 28 Edomonson A., “Psychological safety and learning behavoiur in work teams”, Administrative Science Quarterly , 44(2), 350 – 83, 1999. 29 Woods, D. D., Hollnagel, E., Joint cognitive systems: Patterns in cognitive systems engineering, Boca Raton, FL: CRC Press, 2006. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 29 L’impegno alla resilienza. L’essenza della resilienza è l’abilità intrinseca di un’organizzazione o di un sistema di mantenere o riguadagnare uno stato dinamicamente stabile, che consente di continuare le proprie attività dopo un grave incidente e/o in presenza di uno stress continuo. (Hollnagel, 2006, p. 1630). La resilienza implica tre abilità: ripresa a seguito di eventi imprevisti attraverso la capacità di gestione dell’evento stesso; capacità di apprendere da precedenti episodi in cui l’organizzazione ha mostrato la sua abilità nel mettere in atto azioni resilienti; capacità di convogliare i propri sforzi per garantire il funzionamento dell’organizzazione nonostante le avversità (cambiamenti interni o esterni all’organizzazione). Il rispetto per la competenza. La competenza diventi un elemento di primaria importanza; pertanto, il processo decisionale è decentrato: l’autorità viene trasferita a coloro che detengono maggiore competenza e sono in grado di risolvere un determinato problema indipendentemente dal ruolo che occupano a livello gerarchico. Le competenze non sono identificate con un unico singolo esperto, poiché si parte dalla consapevolezza che la gerarchia nell’autorità non corrisponde esattamente alla gerarchia nella conoscenza. Inoltre, la competenza risiede non solo negli individui, ma anche nelle relazioni, nelle interazioni, nelle conversazioni e nelle reti. Il commitment, la struttura, le procedure, gli artefatti culturali, le regole formali e informali devono tutti tendere a questi cinque principi che consentono all’organizzazione, di attrezzarsi per governare il cambiamento in favore del miglioramento. Per quanto detto fino ad ora, riteniamo dunque che occorra che la dimensione dell’”organizzare” entri in modo sistematico nella cultura organizzativa degli operatori della giustizia. Weick(197931) definisce così la capacità dell’“organizzare”: «..non c'è una "realtà" nascosta che aspetta di essere scoperta. Piuttosto, le organizzazioni sono viste come le invenzioni della gente, invenzioni sovrapposte sopraflussi di esperienza, imposte secondo un ordine momentaneo dei flussi stessi». L’organizzare è più importante dell’organizzazione, dove per “organizing” si intende il dare senso ai flussi di esperienza dell’organizzazione stessa, ovvero l’ azione intenzionale che denota le relazioni fra le persone, fra loro e le procedure, le tecnologie, i cittadini, nonché il governo del cambiamento, ovvero la creazione di un nuovo senso. 30 Hollnagel, E. (2006), Resilience: the challenge of the unstable, In E. Hollnagel, D. D. Woods & N. G. 31 Weick, K.E.,The social psychology of organizing, Addison-Wesley, Reading, MA, 1979. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected]