Atti del 2° Congresso - Roma, 20 maggio 2000
PNEI E PATOLOGIE PSICONUTRIZIONALI
IN OMOTOSSICOLOGIA
IL TRATTAMENTO DELLE SINDROMI BULIMICHE
PNEI and psychonutritional disorders in homotoxicology
the treatment of bulimic syndromes
M. Corgna
RIASSUNTO: Le recenti acquisizioni PNEI hanno messo in rilievo il ruolo dei neurotrasmettitori cerebrali
nel determinismo delle sindromi bulimiche correlate sia a stati ansioso depressivi che a disregolazione endocrina. In tal senso le sindromi bulimiche si accompagnano ad uno status neuroendocrino specifico. La medicina biologica offre la possibilità, mediante organoterapici di suino, neurotrasmettitori omeopatizzati e farmaci
omeopatici di risonanza psicoendocrina, di correggere il substrato neuroendocrino della bulimia nervosa. A
tale terapia possono essere associati i farmaci di attivazione emuntoriale e mesenchimale secondo le indicazioni dell’omotossicologia classica. Il MAP può svolgere un ruolo particolarmente importante nella regolazione
dell’aspetto nutrizionale del paziente bulimico. Vengono proposti alcuni elementi terapeutici nell’ambito di
una casistica clinica.
PAROLE CHIAVE: BULIMIA, ORGANOTERAPICI DI SUINO, OMEOPATIA, NEUROTRASMETTITORI
SUMMARY: Recent advances in Psychoimmunoendocrinology stress the role of cerebral neuropeptides and leptin in
the development of bulimia disorders related to anxiety-depression states and endocrine disregulation. Bulimia is thus
connected with a specific neuroendocrine substrate. Homotoxicology aims to modulate the neuroendocrine substrate
of bulimia through Suis organtherapy and homeophatic neurotransmitters at low dilution. This therapy is further
enhanced by homeophatic resonance remedies. The Author suggests some therapeutic guidelines to be used in the
treatment of bulimia disorders.
KEY WORDS: BULIMIA, SUIS ORGAN THERAPY, HOMEOPATHY, NEUROTRANSMITTERS
Introduzione
In Italia una donna su cento soffre di bulimia
nervosa con obesità.
Questo dato emerge da studi epidemiologici e statistici riguardanti una patologia che, almeno fino a 30
anni fa, sembrava essere assente o poco rappresentata
nel nostro tessuto sociale.
A tutti è probabilmente capitato, almeno una volta,
ed in modo più o meno consapevole, di mangiare nella
speranza di superare stress emotivi, traumi affettivi,
stati di noia o di solitudine; negli ultimi anni, però, si è
avuta una tale modificazione della condotta nutriziona-
8
le da richiedere spesso interventi terapeutici precisi.
La bulimia nervosa è stata descritta circa venti
anni fa.
Sia l’anoressia che la bulimia nervosa risentono di
fattori socioculturali ed individuali che ne modificano alcuni aspetti come la frequenza e l’epoca di insorgenza.
Sono stati portati a termine molti studi epidemiologici sulla bulimia nervosa negli ultimi quindici anni.
Questi studi, se confrontati longitudinalmente, consentono di delineare un effetto coorte, che mostra
un’aumentata incidenza negli individui nati dopo il
1960 ed una più precoce età d’insorgenza, sempre in
questo periodo.
Atti del 2° Congresso
È probabile che l’alta incidenza di bulimia nervosa
sia dovuta anche a pressioni culturali che si sono rafforzate agli inizi degli anni sessanta.
Queste pressioni includono la idealizzazione di un
corpo molto snello, la preoccupazione eccessiva per il
corpo ed il facile ricorso a diete più o meno pubblicizzate dalle riviste e dai mass media che affrontano il problema della salute. Inoltre negli ultimi anni si è assistito al cambiamento di ruolo della donna in ambito
sociale così come sono profondamente mutate le aspettative della società, della famiglia e della donna nei
confronti di se stessa. Ciò potrebbe, almeno in parte,
giustificare il disagio psicologico che spinge a cercare
maggiori gratificazioni nella ricerca del cibo.
Si stima che la bulimia nervosa colpisca nelle società industrializzate l’1,1 % del sesso femminile e lo 0,1
% dei soggetti di sesso maschile (Fig. 1). Tali dati, tuttavia, sono forse poco rappresentativi se consideriamo
che, nella pratica clinica, moltissimi uomini e donne
presentano comportamenti nutrizionali che potrebbero
essere definiti sindromi “pre bulimiche”.
Se è vero, infatti, che la bulimia con uso di purganti, lassativi, diuretici e ricorso al vomito è relativamente rara, molto più diffusa è, invece, la percezione
del cibo come irrinunciabile gratificazione (compulsione alimentare), soprattutto nelle ore serali e notturne,
momento in cui il substrato neuroendocrino giustifica
la ricerca di cibi dolci o di carboidrati o spuntini che
affiancano, integrano o sostituiscono il pasto serale, che
per molti soggetti rappresenta l’unico pasto della giornata.
1,1% Bulimia femminile
0,1% Bulimia maschile
Fig. 1: Percentuali presunte di bulimia secondo il sesso
nelle società industrializzate.
FORME PURGING:
Disturbi dell'immagine corporea
Ansia per il cibo
Autolesionismo
Ideazione suicida
Precoce età d'insorgenza
Fig. 2: Bulimie nervose, forme purging.
Nel 1973 Bruch aveva rilevato che il 25% delle
pazienti anoressiche erano bulimiche. Nel 1980 questa
percentuale era salita al 50%, mentre dieci anni più
tardi il gruppo di Toronto rilevava la presenza di bulimia nel 75% delle donne anoressiche.
Secondo la classificazione DSM IV le bulimie nervose vengono suddivise in forme purging e non purging. Tale distinzione è di estremo interesse in quanto
le forme purging si accompagnano in genere ad un’elevata incidenza di psicopatologie (Fig. 2). I pazienti
purging presentano gravi disturbi dell’immagine corporea, elevatissimo livello di ansia per l’assunzione di
cibo, maggiore incidenza di comportamenti autolesionistici ed ideazioni suicide.
Garfinkel e Coll. hanno rilevato che le forme purging in rapporto a quelle non purging (che appartengono probabilmente al gruppo definito di “assunzione
compulsiva del cibo”), presentano una più precoce età
d’insorgenza ed una frequenza eccezionalmente alta di
comorbidità per depressione, ansia ed abuso di alcool.
La considerazione dei fattori culturali e sociali che
possono sottendere una patologia psiconutrizionale,
può offrire reali possibilità di prevenzione.
Tra i fattori di rischio ricordiamo: stati depressivi,
turbe dell’affettività, impulsività, mancanza di autostima, violenze sessuali subite, atteggiamento dei genitori
(aspettative in termini di prestazioni e di immagine),
critiche da parte dei compagni di scuola o degli amici,
influenza dei mass media.
Per la definizione psiconeuroendocrina e di caratterizzazione in chiave omeopatica del biotipo maggiormente predisposto alla comparsa di patologie psico
nutrizionali, sembrerebbe corretta la somministrazione
di farmaci prevalentemente “neurodistonici” che presentano sovente quadri clinici il cui substrato neuroendocrino riguarda principalmente la regolazione ipotalamica, pineale, limbica e diencefalica.
Tra gli altri: Natrium muriaticum, Chamomilla,
Ignatia, Actaea racemosa, Staphisagria, Pulsatilla
e Sepia.
In riferimento all’aspetto nutrizionale, sembra che
tra i pazienti destinati a diventare bulimici, già all’età di
tredici anni, più dell’80% delle ragazze e più del 10%
dei ragazzi, abbiano intrapreso una o più diete dimagranti.
In uno studio condotto su ragazze londinesi sottoposte a regime dietetico, il 20 % di coloro che avevano
proseguito la dieta per oltre un anno presentava successivamente una patologia psiconutrizionale.
Un gruppo particolarmente a rischio per le patologie nutrizionali e per il successivo sviluppo di obesità è
quello rappresentato da individui che scelgono carriere
che impongono la magrezza (danzatrici, modelle),
competitivi nello sport o nella professione. Le donne
sono più a rischio per bulimia ed obesità per la mag-
9
Atti del 2° Congresso
giore prevalenza di disturbi a sfondo depressivo legati
anche alla modulazione endocrina, alla preoccupazione
per il peso corporeo ed alle pressioni dei mass media in
rapporto al corpo magro “a qualunque costo” con conseguente imposizione di specifici canoni di bellezza.
Leptina
Ipotalamo
Diminuita
assunzione
di cibo
Fisiopatologia
della bulimia nervosa
Le prime osservazioni sperimentali dei fisiologi
A.W. Hetherington e S.W. Ransond effettuate alla fine
degli anni ’30, dimostravano che lesioni dell’area ventromediale dell’ipotalamo procuravano negli animali
da esperimento una smodata sensazione di fame con
conseguente obesità, mentre lesioni dell’ipotalamo
laterale si accompagnavano ad apatia, svogliatezza e
mancanza di appetito cui seguiva perdita di peso.
Il meccanismo di assunzione del cibo è in realtà
molto più complesso: risente, infatti, di influenze genetiche, socio culturali, neuroendocrine e metaboliche.
Un ruolo chiave della regolazione nutrizionale è da
attribuirsi alla leptina (dal greco leptos = magro).
La leptina, scoperta da Friedman nel 1994, è un
ormone prodotto dal tessuto adiposo in grado di fornire informazioni ad alcuni centri di regolazione presenti nel cervello.
In presenza di scarsa quantità di cibo, gli adipociti
secernono una quantità di leptina ridotta.
A livello del nucleo arcuato dell’ipotalamo il recettore per la leptina è espresso in almeno due diverse classi di neuroni (Fig. 3). Una classe esprime NPY (Neuro
Peptide Y) e AGRP (Agouti Related Protein), due neuropeptidi che aumentano l’assunzione di cibo. Un’altra
classe esprime POMC, il precursore dell’α MSH (α
Melanocite Stimulating Hormone) e CART (Cocaine
and Amphetamine Regulated Transcript). Questi ultimi due peptidi diminuiscono l’assunzione di cibo. Altri
neuroni con recettori attivi per la leptina non esprimono nessuna di queste molecole. I dati clinici disponibili indicano che la leptina sopprime l’attività dei neuroni NPY/AGRP e stimola l’attività dei neuroni
POMC/CART. Così, in assenza di leptina, i neuroni
NPY/AGRP vengono attivati e l’assunzione di cibo è
stimolata. Se aumentano i livelli di leptina, mediante
l’attivazione dei neuroni POMC/CART viene ridotta
l’assunzione di cibo. Quando un individuo raggiunge
un peso stabile l’attività di questi meccanismi è bilanciata. Le modificazioni nella concentrazione di leptina
si riflettono su molti altri organi e sistemi (sistema
immunitario e formazione ossea) e sull’attività riproduttiva. La leptina rappresenterebbe il nesso attraverso
il quale le modificazioni dello stato nutrizionale
influenzano lo stato fisiologico.
Talvolta, però, tale equilibrio viene meno, proba-
10
LepR + POMC/CART
LepR + NPY/AGRP
LepR + altri
altri
Fig. 3: Azioni della leptina a livello del nucleo arcuato dell’ipotalamo.
bilmente perché il circuito neuronale della leptina si è
evoluto allo scopo di mantenere adeguate le riserve di
grasso piuttosto che evitarne l’accumulo: i nostri antenati dovevano, infatti, preoccuparsi più delle carestie
che non dell’abbondanza di cibo.
Queste conoscenze sulla leptina differiscono dalla
sua iniziale caratterizzazione come ormone “antiobesità”, giustificata dal fatto che sin dagli anni ’50 i ricercatori avevano osservato che il bizzarro fenomeno del
topo ob/ob era dovuto ad una anomalia genetica.
Questo ceppo inbred portatore di una mutazione
autosomica recessiva per il gene codificante la leptina,
si alimenta continuamente, pesa più del triplo della
norma ed è affetto da diabete. Nel 1994 J. Friedman
identificò la sequenza del gene ob identificandone il
corrispettivo negli esseri umani e definì la molecola
“leptina”. La somministrazione di leptina nei topi ob/ob
li trasformò in animali sani di peso normale. Venne
ridotta la massa grassa risparmiando altri tessuti.
Evidenze sperimentali dimostrano che la iponutrizione del feto durante lo sviluppo intrauterino determina l’insorgenza tardiva di obesità, ipertensione e diabete di tipo 2.
Lo studio di alcune coorti nate all’epoca della carestia olandese nell’inverno ’94-’95, fornisce prove convincenti del fatto che sia la prima che l’ultima fase della
gestazione sono momenti critici per il successivo sviluppo dell’obesità.
Rispetto ad un gruppo di controllo non esposto a
carestia durante la gravidanza, la prevalenza di obesità
era molto superiore in quegli adulti la cui esposizione
fetale alla carestia coincideva con i primi due trimestri
di gestazione. Al contrario, la prevalenza di obesità era
significativamente diminuita in coloro la cui esposizione alla carestia si verificava nel terzo trimestre o subito dopo la nascita.
L’insulina è stato il primo segnale ormonale ad essere implicato nel controllo del peso da parte del SNC.
Atti del 2° Congresso
Anabolico +
CNS
Catabolico –
+
+
–
Segni
dell'adiposità
insulina/leptina
+
–
Assunzione
di cibo
Dispendio
energetico
+
Metabolismo
Attività fisica
–
Bilancio energetico
+
Depositi
di grasso
Fig. 4: Sinergia leptina/insulina.
SOSTANZE ORESSIGENE
NPY
AGRP
MCH
IPOCRETINA 1 e 2
GALANINA
NORADRENALINA
Fig. 5: Sostanze oressigene.
SOSTANZE ANORESSIGENE
α-MSH
CRH
TRH
CART
IL-1β
UROCORTIN
PEPTIDE 1 - GLUCAGONSIMILE
OSSITOCINA
NEUROTENSINA
SEROTONINA
Fig. 6: Sostanze anoressigene.
Differenti meccanismi sottendono l’associazione di
insulina e leptina con il contenuto di grasso corporeo
(Fig. 4).
Una modificazione dell’adiposità corporea si associa a modificazioni compensatorie dell’assunzione di
cibo. I due ormoni circolano nel sangue in concentrazioni proporzionali al contenuto di grasso dell’organismo ed al bilancio energetico. La leptina e l’insulina
agiscono su meccanismi effettori ipotalamici, sopprimendo i circuiti neuronali cerebrali anabolici (che stimolano l’assunzione di cibo e bloccano la spesa energetica) ed attivando i circuiti catabolici (che inibiscono
l’assunzione di cibo ed aumentano la spesa energetica).
L’ingestione di cibo invia segnali ormonali e neuronali
di sazietà al romboencefalo. I circuiti effettori centrali
leptino ed insulino sensibili vengono modulati dai
segnali di sazietà e regolano l’assunzione di cibo ed il
bilancio energetico.
L’ipotesi che la resistenza alla leptina possa verificarsi in soggetti bulimici obesi è stata suggerita dalla
presenza di elevati livelli di leptina in soggetti obesi.
Molti meccanismi possono contribuire alla leptinoresistenza. In particolare un potenziale meccanismo è
rappresentato dal deficitario trasporto di leptina attraverso le cellule della barriera emato-encefalica. Ciò
viene avvalorato dal fatto che esseri umani obesi presentano livelli cerebrospinali di leptina più bassi rispetto a quelli plasmatici.
La leptino resistenza è chiaramente documentata
nei topi (db/db) e nei ratti (fa/fa).
I neuropeptidi implicati nel controllo dell’omeostasi energetica sono numerosi e ad essi viene devoluta
la funzione di modulare globalmente l’azione dell’insulina e della leptina.
Le sostanze oressigene sarebbero quindi: NPY,
AGRP, MCH, IPOCRETINA 1 e 2, OREXINA A e
B, NORADRENALINA e GALANINA (Fig. 5).
Le sostanze anoressigene includono: α-MSH,
CRH, TRH, CART, IL-1β, OSSITOCINA, NEUROTENSINA e SEROTONINA (Fig. 6).
Il circuito effettore anabolico contenente il neuropeptide Y (NPY) riveste particolare importanza.
L’iniezione di NPY nei ventricoli cerebrali o direttamente nell’ipotalamo stimola potentemente l’assunzione di cibo e diminuisce la spesa energetica, mentre
induce contemporaneamente l’attività di enzimi lipogenici nel fegato e nel tessuto adiposo bianco. La leptina, inoltre, inibisce a livello del nucleo arcuato, l’espressione del gene NPY: la mancanza genetica di NPY
riduce l’iperfagia e l’obesità nel topo ob/ob, indicando
che la risposta al deficit di leptina passa attraverso la
segnalazione NPY.
La risposta iperfagica nel diabete insulinoprivo è
accompagnata da un aumento della sintesi ipotalamica
di NPY e questa risposta è bloccata dalla somministrazione di insulina o sistemicamente o direttamente nel
11
Atti del 2° Congresso
12
I recettori alla leptina sono stati trovati nel PVN e
nel LHA sottolineando il loro ruolo target di regolazione da parte dei segnali circolanti di adiposità.
In contrasto col suo ruolo di mediazione ai segnali
di adiposità, l’ipotalamo non è probabilmente il centro
di elaborazione dei segnali di sazietà. L’informazione
relativa alla sazietà viene veicolata dalle fibre afferenti
del nervo vago e da fibre afferenti che passano nel
midollo spinale dal tratto gastrointestinale superiore.
Queste informazioni convergono nel nucleo del tratto
solitario (NTS) (Fig. 7), un’agglomerato colonnare di
cellule che, a livello del midollo allungato, circonda il
tratto solitario. Tra i segnali induttori di sazietà sono da
annoverare la stimolazione chimica dello stomaco e
dell’intestino durante l’ingestione di cibo ed alcuni
segnali umorali come la colecistochinina (CCK) che
raggiungono il romboencefalo interagendo con i circuiti effettori ipotalamici.
Nelle femmine bulimiche è ridotta la secrezione di
colecistochinina indotta dal pasto.
Come il NPY, la noradrenalina iniettata nel PVN
aumenta l’assunzione di cibo; questo meccanismo è
particolarmente accentuato nei casi di deficit di leptina. La dopamina induce iperfagia, mentre la serotonina potrebbe essere il mediatore degli effetti della leptina sulla riduzione del peso. Il sistema serotoninergico è
il target principale di alcuni farmaci ad azione centrale
utilizzati nel trattamento dell’obesità (per es. destrofenfluramina e sibutramina).
La serotonina sembra influenzare la selezione di
cibo: bassi livelli di serotonina si accompagnano ad una
spiccata predilezione per i carboidrati.
Un ruolo a parte viene svolto dai peptidi oppioidi
e dagli ormoni essendo ben nota, ad esempio, la rela-
PFA
PVN
Catabolic pat
LHA
POMC A
NPY
n a b o li
hw
a
+
ys
cervello. La proteina Agouti (AGRP), l’orexina (nota
anche come ipocretina) e l’ormone che concentra la
melanina (MCH) si sono aggiunti alla lista delle molecole anaboliche effettrici.
Le molecole a funzione catabolica possiedono
caratteristiche diverse. Le melanocortine come l’ormone stimolante i melanociti (αMSH), l’ormone che libera la corticotropina (CRH), l’ormone tireotropo
(TRH), il trascritto regolato da cocaina e amfetamina
(CART), nonché l’interleuchina-1β, negativizzano il
bilancio energetico.
La sintesi neuronale di tali peptidi aumenta in
risposta alla segnalazione cerebrale della aumentata
obesità.
Sebbene il neuropeptide Y venga indicato come la
più potente molecola oressigena, quando la risposta di
assunzione di cibo venga misurata in ore, i suoi effetti
sono di breve durata rispetto a quelli indotti dall’AGRP.
L’AGRP deve, dunque, essere considerato la più
importante molecola oressigena.
Lesioni cerebrali e studi di stimolazioni eseguiti
circa 60 anni fa definivano l’ipotalamo come il centro
principale di controllo dell’assunzione del cibo e del
peso corporeo. Questi studi identificavano il nucleo
ventromediale dell’ipotalamo (VMN) come centro
della sazietà, mentre la zona ipotalamica laterale veniva indicata come il centro della fame. Tali dati riflettevano la capacità di sopprimere l’assunzione di cibo in
risposta ad una stimolazione elettrica del VMN.
In progressione con la conoscenza sulle sottopopolazioni neuronali specifiche implicate nell’omeostasi
energetica, la nozione di “centri” specifici del cervello che controllerebbero l’assunzione di cibo ed il
peso corporeo è stata sostituita da quella di “vie
neuronali differenziate” generanti risposte integrate agli input afferenti collegati alle diverse disponibilità di cibo.
La maggior parte dei neuroni NPY/AGRP e
POMC/CART coesprimono recettori alla leptina cui
rispondono in modo opposto. L’insulina sembrerebbe
attivare questi neuroni allo stesso modo (i recettori
all’insulina sono molto concentrati a livello del nucleo
arcuato).
Le zone dell’ipotalamo che includono il nucleo
paraventricolare (PVN), la zona incerta, l’area perifornicale (PFA) ed LHA (Lateral Hypothalamic Area)
sono riccamente fornite di assoni provenienti dai neuroni del nucleo arcuato NPY/AGRP e POMC/CART.
La stimolazione del PVN inibisce l’assunzione di
cibo mentre quella della PFA la stimola. Queste
osservazioni indicano che le molecole anoressigene
ed oressigene possano essere sintetizzate nel PVN ed
LHA.
Questi dati sono indicativi dell’esistenza di neuroni di secondo grado coinvolti nelle segnalazioni di tipo
anabolico.
Response to
satiety signals
–
c pathways
NTS
ARC
Segnali
del tessuto
adiposo
Leptina
Insulina
Gl tract
Segnali
di sazietà
Fegato
Energia
metabolica
chimica
Vagus nerve
Superior
cervical
ganglion
Meccanica
CCK release
Cervical
spine
SNS
afferents
Fig. 7: Circuiti neuronali integrati regolano le sensazioni di
fame e sazietà.
Atti del 2° Congresso
NEUROMODULAZIONE
DELL'ASSUNZIONE DI CIBO (1):
SEROTONINA D6-D30
TRIPTOFANO D6-D30
ACTH D6-D30
PROLATTINA D6-D30
INTERLEUCHINA-1 4CH-15CH
Fig. 8: Neuromodulanti centrali.
NEUROMODULAZIONE
DELL'ASSUNZIONE DI CIBO (2):
MEDULLA OBLONGATA SUIS
CEREBRUM SUIS
HYPOTHALAMUS SUIS
zione tra aumentata assunzione di cibo e periodo premestruale.
I precursori delle endorfine (POMC), la proencefalina e la prodinorfina, le tre principali famiglie di
oppioidi, sono ubiquitari; ogni componente fondamentale di risposta allo stress contiene, infatti, endorfine: ippocampo, ipotalamo, ipofisi anteriore, midollare
e corticale del surrene. Il tono endorfinico modula l’appetito, il comportamento alimentare e la motilità del
tratto gastrointestinale.
Un ruolo specifico nella regolazione del comportamento alimentare spetta alla ghiandola pineale ed al
principale ormone da essa prodotto, la melatonina. La
trasmissione melatoninergica è in rapporto a quella
serotoninergica. Una disregolazione dell’attività della
ghiandola pineale, la cui innervazione è beta adrenergica, è stata postulata in alcune forme di bulimia stagionale in rapporto alla minore esposizione alla luce diurna, negli stati depressivi, nelle deficienze immunitarie e
nelle disfunzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonade.
Una dieta ad alto contenuto di carboidrati favorirebbe
la trasmissione serotoninergica mediante un meccanismo di passaggio selettivo del triptofano attraverso la
barriera emato encefalica (meccanismo di competizione per le proteine vettrici degli aminoacidi).
La bulimia nervosa si accompagna in una alta percentuale di casi ad obesità. L’obesità del soggetto bulimico è sottesa da un’ipertrofia del tessuto adiposo legata allo stato di cronico iperinsulinismo con insulino
resistenza.
CORPUS PINEALE SUIS
PANCREAS SUIS
Spunti terapeutici
ADEPS SUILLUS
La terapia biologica della bulimia nervosa nel suo
aspetto compulsivo, accompagnata o meno da sovrappeso, si prefiggere di modulare i complessi meccanismi
neuroendocrini che la sottendono.
A tale scopo, particolare attenzione è stata rivolta
all’utilizzazione di alcuni neuromodulanti in diverse
diluizioni tra cui serotonina D6-D30, triptofano D6D30, melatonina 4-15 CH, prolattina D6–D30 come
possibile modulatore del tono dopaminergico, ACTH
D6–D30 per il potenziale effetto di stabilizzazione del
tono endorfinico e l’interleuchina1 4-15CH ad effetto
anoressizzante centrale (Fig.8).
L’effetto neuromodulante sembrerebbe essere presente anche in alcuni organoterapici (Fig. 9) tra cui:
Hypothalamus suis, Corpus pineale suis, Pancreas suis,
Cerebrum suis, Adeps suillus (Fig. 9).
L’aspetto nutrizionale ha un ruolo importante nel
programma terapeutico del paziente bulimico in
sovrappeso (Fig. 10).
I soggetti affetti da compulsione alimentare preferiscono in genere alimentarsi durante le ore serali.
Fig. 9: Organoterapici neuromodulanti.
TERAPIA NUTRIZIONALE
Sostituzione di un pasto
• MAP = 1g/8kg di peso corporeo
Dieta tendenzialmente ipoglicidica
Alimenti ricchi di fibre
Valutazione delle intolleranze
alimentari (EAV)
Fig. 10: Schema nutrizionale nei disordini compulsivi con
sovrappeso.
13
Atti del 2° Congresso
L’apporto calorico globale può essere limitato
mediante un integratore a base di aminoacidi essenziali e ramificati che garantisca un apporto di azoto ottimale per la sintesi delle proteine strutturali, degli enzimi e delle immunoglobuline. In tal senso il MAP
(SON FormulaTM) si è rivelato particolarmente interessante (1g /8 kg di peso corporeo).
Rimando alla Letteratura specifica per gli approfondimenti sulla composizione e l’utilizzazione del
MAP in ambito nutrizionale. (vedi pag. 2)
È indicata una dieta ipoglicidica che includa cibi
ricchi di fibre.
L’effetto delle fibre sul metabolismo glicidico sembra esplicarsi principalmente mediante l’azione sull’assorbimento intestinale dei carboidrati ed è caratteristico delle fibre solubili. Queste, infatti, ritardano lo
svuotamento gastrico ed aumentano la viscosità del
contenuto intestinale formando soluzioni vischiose che
inglobano i vari nutrienti, in particolare i carboidrati, il
cui assorbimento viene rallentato.
Il test organometrico funzionale secondo Voll
(EAV) può essere utilizzato per la identificazione di
eventuali intolleranze alimentari.
La riduzione ponderale così ottenuta si accompagna a benefici a medio e lungo termine, tra cui minore
insulino resistenza, significativa riduzione della secrezione insulinica dopo carico di glucosio ed effetto anoressizzante centrale.
Sulla base di quanto premesso, la terapia biologica
suggerita in pazienti bulimiche o prebulimiche in sovrappeso, ove non siano presenti disfunzioni endocrinometaboliche, potrebbe essere così impostata (Fig. 11):
•
Farmaci omeopatici di risonanza psiconeuroendocrina (Staphisagria, Ignatia, Chamomilla,
Argentum nitricum, Kali phosphoricum, etc) ad
altissima diluizione.
Neurotrasmettitori ad azione modulante centrale: ACTH, PRL, IL1, Melatonina, Serotonina,
Triptofano, Prolattina.
Organoterapici ad azione neuromodulante :
Hypothalamus suis, Corpus pineale suis,
Pancreas suis, Cerebrum suis, Adeps suillus,
Medulla oblongata suis.
Dieta tendenzialmente ipoglicidica con SON
FormulaTM.
•
•
pulsiva per i carboidrati. Normali i parametri ematochimici ed endocrini.
La terapia proposta è stata la seguente:
• Farmaco omeopatico di risonanza PNEI ad altissima diluizione
• Hypothalamus suis - Injeel fiale
• Corpus pineale suis - Injeel fiale
• Medulla oblongata suis - Injeel fiale
• Melatonina 4CH/15CH
• Triptofano D6/D30
• Serotonina D6/D30
• ACTH D6/D30
• IL-1 4CH/15CH
• Prolattina D6/D30
• Dieta tendenzialmente ipoglicidica con SON
FormulaTM.
La scelta dei neuromodulatori, degli organoterapici, delle rispettive diluizioni nonché della posologia è
stata stabilita mediante organometria funzionale secondo Voll controllata ogni due settimane (circa) per un
periodo di sei mesi.
A distanza di sei mesi, due pazienti avevano interrotto la terapia, mentre le altre mostravano diminuzione media di 4-6 unità del BMI, miglioramento del
tono dell’umore e del comportamento alimentare.
왘 In conclusione la Medicina Biologica consente di
mettere a punto strategie terapeutiche utili, efficaci e
prive di effetti collaterali nelle sindromi bulimiche
caratterizzate da assunzione compulsiva di cibo con o
쏆
senza sovrappeso.
TERAPIA BIOLOGICA
DELLA BULIMIA NERVOSA:
Farmaci omeopatici di
risonanza PNEI
Neuromodulanti centrali
•
Questa impostazione terapeutica si prefigge lo
scopo di modulare il substrato neuroendocrino della
bulimia nervosa.
– Riferisco i dati relativi ad una casistica personale di
20 pazienti di sesso femminile di età compresa tra i 20
ed i 45 anni affette da sindrome compulsiva per i carboidrati in sovrappeso, trattate per sei mesi secondo i
criteri di neuromodulazione sopra indicati.
In tutte le pazienti era presente uno stato depressivo cronico, sovrappeso (BMI tra 28 e 38), fame com-
14
Organoterapici
di neuromodulazione
Dieta tendenzialmente ipoglicidica
con SON FormulaTM
Fig. 11: Schema terapeutico della bulimia nervosa.
Atti del 2° Congresso
■ Letteratura
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■ Indirizzo dell’Autore
Prof. Maria Corgna
– Specialista in Endocrinologia. Docente AIOT.
– Docente al Corso di Perfezionamento in Medicina Naturale, Clinica e
Terapia delle Università Riunite Calabre.
– Tutor in Omeopatia accreditato dall’Ordine dei Medici di Roma.
European Hospital-via Portuense 700
I-00149 Roma
■
Maggio 2000
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