UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Scuola di Dottorato Medicina e Chirurgia
Curriculum Obesita’ e Patologie Correlate (IX ciclo)
“STUDIO MORFOLOGICO E QUANTITATIVO
DELL’ORGANO ADIPOSO DI TOPI C57BL/6J IN
DIFFERENTI CONDIZIONI SPERIMENTALI”
Relatore: Chiar.mo
Prof. Saverio Cinti
Dottorando
Dr.ssa Vitali Alessandra
Anno Accademico 2009-2010
INDICE
CAP.I
INTRODUZIONE
pag. 2 - 35
I.1 Valutazione delle condizioni di sovrappeso e obesità
I.1.1 Impatto dell’obesità sulla salute
I.2 L’organo adiposo
I.2.1 Morfologia e funzione del tessuto adiposo
I.2.2
Differenze tra adipociti Bianchi e Bruni
I.2.3 Plasticita’ dell’ organo adiposo ed il fenomeno della
Transdifferenziazione
I.2.4 Innervazione dell’ organo adiposo
I.2.4 Il tessuto adiposo nell’uomo
I.2.5
Ruolo cruciale del BAT nel prevenire lo sviluppo dell’obesita’ e del
diabete
I.3 Predisposizione genetica all’ obesita’: differenze tra i modelli animali
SV129 e C57BL (B6)
CAP.II SCOPO DELLA TESI
pag. 36 – 37
CAP.III MATERIALI E METODI
pag. 38 – 41
III.1 Animali
III.2 Immunoistochimica
III.3 Analisi istologiche e morfometriche
III.4 Analisi statistiche
CAP.IV RISULTATI
pag. 42 – 67
IV.1 Composizione organo adiposo alle diverse condizioni sperimentali
IV.2 Stato funzionale ed innervazione dell’ OA
IV.2.1 Espressione dell’ UCP1 nell’organo adiposo alle diverse condizioni
sperimentali
IV.2.1 Espressione del TH nell’organo adiposo alle diverse condizioni
sperimentali
IV.3 Descrizione del cambiamento del tessuto adiposo nei vari depositi dopo
acclimatazione a freddo. Confronto tra B6 ed SV129
IV.3.1 IBAT
IV.3.2 Inter-renale e Parametriale
IV.3.3 Inguinale
IV.3.4 Mesenterico
IV.3.5 Mediastinico
IV.3.6 Perivescicale
IV.3.7 Periovarico
IV.4 Correlazione tra TH e UCP1. Confronto tra B6 e SV129
IV.5 Presenza di adipciti Bruni Pauciloculari
CAP.V DISCUSSIONE
pag. 67– 81
CAP.VI BIBLIOGRAFIA
pag. 82 – 96
CAP.I
I NTRODUZIONE
I.I Valutazione delle condizioni di sovrappeso e obesità
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization,
WHO), l’obesità ed il sovrappeso oggi costituiscono uno dei più seri problemi di
salute pubblica. Entrambe sono definite come condizioni caratterizzate da eccessivo
peso corporeo per un
anomalo accumulo di massa adiposa che influisce
negativamente sullo stato di salute dell’individuo. Entrambe le condizioni sono il
risultato di un aumento di peso corporeo causato da un’eccessiva alimentazione e una
ridotta attività fisica quotidiana, dovute a comportamenti ed abitudini alimentari e di
vita scorrette, anche se non è esclusa l’ipotesi che possano essere il risultato di fattori
genetici di rischio. L’obesità può favorire l’insorgenza di un ampio numero di
malattie di natura muscolo – scheletrica, respiratoria e cardiovascolare. Inoltre, essa
aumenta la probabilità di comparsa della “sindrome metabolica” derivante da
condizioni di metabolismo alterato, come la diminuzione dei livelli di colesterolo nel
sangue, elevati livelli di trigliceridi, ipertensione e iperglicemia. Quest’ultima è
associata spesso con il diabete di tipo II e malattie cardiovascolari, ma anche con
l’alterazione delle funzioni riproduttive e lo sviluppo di tumori.
Il dato più allarmante riguarda il fatto che l’obesità ed il sovrappeso, un tempo
considerati una problematica delle sole nazioni con elevato livello di reddito, ora
sono in ascesa anche nei paesi con fascia di reddito medio bassa. Essere in
sovrappeso o obesi ha delle conseguenze anche a livello economico, tra cui possono
essere inclusi i costi diretti del servizio sanitario, i costi indiretti, associati alla perdita
di produttività economica, e costi individuali, come ad esempio quelli relativi
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all’acquisto dei cosiddetti “prodotti dimagranti” o quelli per vestiti su misura. Studi
condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle regioni europee indicano
che, in generale, i costi diretti rappresentano il 2 - 8 % della spesa sanitaria nazionale.
La prevenzione del sovrappeso e dell’obesità può portare a risparmi nella spesa
sanitaria e potenzialmente a risparmi ancora più elevati derivanti dal correlato
aumento di produttività economica, quanto meno a breve termine (The WHO
Regional Office for Europe, 2007, Copenhagen, Denmark. ).
Nelle nazioni europee prese in considerazione dalle statistiche del WHO, circa il 3080 % degli adulti ed il 20 % di bambini ed adolescenti sono in sovrappeso. Un terzo
di loro risulta essere obeso e si prevede che, se in Europa gli individui affetti da
obesità continueranno ad aumentare allo stesso ritmo con cui è successo negli anni
’90, circa 150 milioni di adulti e 15 milioni di bambini potranno essere definiti obesi.
I dati del WHO mostrano una chiara tendenza all’aumento degli individui obesi
persino nei paesi in cui tradizionalmente si registrava un basso tasso di obesità, come
la Francia, l’Olanda e la Norvegia. Nell’ultimo decennio, in Italia, si è registrato un
aumento drastico della popolazione in sovrappeso ed un concomitante aumento
dell’obesità del 25 %. Il fenomeno è pericolosamente in aumento anche fra i bambini,
tanto che il 4 % di questi ultimi è obeso ed il 20 % in sovrappeso. Un’indagine
condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica nel 2000 (campione utilizzato di età
compresa tra i 6 ed i 17 anni) ha potuto rilevare una prevalenza di sovrappeso e
obesità, calcolata secondo gli standard internazionali proposti dall’ International
Obesity Task Force, pari al 26,9 % nei maschi e al 21,2 % nelle femmine con un
aumento dal Nord (Valle d’Aosta 14,3%) al Sud dell’Italia (Campania 36 %). Le
patologie correlate all’obesità tendono a comparire già in età pediatrica. Per un
bambino obeso, dunque, aumenta il rischio di diventare un adulto obeso. Più del 60
% dei bambini che sono in sovrappeso prima della pubertà, continueranno ad esserlo
in seguito, con ricadute sulla loro produttività lavorativa e sulla loro vita sociale.
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Non bisogna dimenticare, infatti, che la più drammatica conseguenza non patologica
dell’obesità è la percezione della persona obesa dal punto di vista sociale, la sua
difficile integrazione nella società che lo circonda ed i frequenti episodi di esclusione
che la rendono protagonista e che minano la sua autostima.
Altezza e peso sono considerati i più utili parametri per monitorare le condizioni di
sovrappeso ed obesità. La valutazione del peso corporeo è effettuata tramite il Body
Mass Index (BMI), calcolato come peso (kg) diviso il quadrato dell’altezza (m), è un
semplice indice comunemente usato per classificare le condizioni di sottopeso,
sovrappeso ed obesità negli individui adulti. Tuttavia, il BMI fornisce solo una
misurazione della massa grassa corporea, poiché non distingue tra il peso associato
alla muscolatura e quello associato al grasso. Secondo questa formula sono
identificate 5 classi: Sottopeso < 18.50 Normopeso 18.50 – 24.99 Sovrappeso ≥
25.00 Pre-obesità 25.00 - 29.99 Obesità ≥ 30.00 Classe I 30.00 - 34-99 Classe II
35.00 - 39.99 Classe III ≥ 40.00. L’eccesso di peso corporeo è definito da un BMI ≥
25 kg/m² . La condizione di sovrappeso o pre-obesità è individuata da un BMI
compreso tra 25.0 e 29.9 kg/m², mentre una persona obesa ha un BMI ≥ 30 kg/m².
Altri indici, come ad esempio il “waist to hip ratio” (WHR), misurano differenti
aspetti della composizione corporea e della distribuzione del grasso ed hanno effetti
indipendenti sui fattori di rischio delle malattie cardiovascolari. La circonferenza
della vita (waist) può essere usata per valutare la quantità di grasso addominale,
mentre la misurazione della circonferenza dei fianchi (hip) dà informazioni circa la
massa muscolare gluteo femorale e la struttura ossea. Sussiste un rischio per la salute
se il valore supera lo 0,85 nelle donne o è maggiore di 1 nell’uomo. Numerosi studi
hanno dimostrato che il WHR è un predittore di anormalità metaboliche più
importante degli stessi livelli di sovrappeso e dunque del BMI, poiché è confermato
che non solo è importante considerare quanta massa grassa si ha, ma anche dove essa
è distribuita. Se la massa grassa si trova sui fianchi si può infatti considerare meno
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pericolosa per la salute rispetto all’accumulo della stessa a livello addominale e si
tende a valutare l’individuo come meno esposto al rischio di malattie cardiovascolari
e di diabete. La spiegazione di questo fenomeno sembra risiedere nel fatto che le
cellule del tessuto adiposo addominale scindono rapidamente i lipidi immagazzinati e
riversano nel circolo ematico gli acidi grassi prodotti, fatto che può causare un
pericoloso incremento dei livelli di trigliceridi e glucosio nel sangue. Già negli anni
’40
Jean Vague aveva evidenziato l’associazione tra grasso addominale ed
incremento del rischio di patologie cardiovascolari e diabete, tuttavia solo negli anni
’80 questa idea fu approfondita da alcuni studi statunitensi portati avanti dagli
endocrinologi del gruppo di Ahmed Kissebah. Questi ultimi mostrarono che le donne
con obesità addominale sono meno efficienti nel metabolizzare il glucosio e questo
difetto può predisporre allo sviluppo di diabete mellito di II tipo. Secondo gli stessi
studi le cellule del tessuto adiposo viscerale sarebbero più predisposte a trasformare i
lipidi in acidi grassi rispetto agli adipociti del sottocutaneo. Questo incremento degli
acidi grassi ematici potrebbe interferire con il metabolismo del glucosio. Nel corso
degli anni molti ricercatori hanno confermato ed esteso questi risultati ed hanno
dimostrato che, quando alti livelli ematici di acidi grassi arrivano alle cellule
muscolari, queste ultime hanno difficoltà a prelevare glucosio dal circolo e ciò porta
all’ aumento dei livelli di glucosio nel sangue ed il conseguente rischio di diabete di
tipo II. Inoltre, gli acidi grassi provenienti dagli adipociti addominali hanno accesso
diretto, attraverso la vena porta, al fegato, dove interferiscono con il normale
processo di metabolizzazione dell’insulina, l’ormone ipoglicemizzante che permette
alle cellule di assumere il glucosio. Di conseguenza i livelli ematici di insulina
aumentano, rendendo le cellule muscolari, gli adipociti e gli epatociti meno sensibili
all’ormone, condizione che incrementa ulteriormente i livelli di glucosio nel sangue.
Il sovraccarico di acidi grassi nel sangue incrementa dunque il rischio di diabete e di
problematiche a livello cardiovascolare.
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I.1.1 Impatto dell’obesità sulla salute
Negli ultimi anni l’obesità ha raggiunto proporzioni epidemiche e la si sta
riconoscendo come una delle maggiori problematiche nel campo della salute pubblica
poiché risulta essere associata ad un aumentato rischio di disabilità e mortalità. Di
recente, l’impatto dell’obesità sulla mortalità è stato considerato importante come
quello del fumo. L’obesità è stata associata ad una lunga lista di condizioni
patologiche, le più importanti delle quali sono elencate di seguito:
Malattie cardiovascolari: malattia coronarica, ipertensione, dislipidemia ed infarto;
Varie tipologie di cancro: endometriale, cervicale, ovarico, prostatico ecc.
Diabete di tipo II ed insulino resistenza;
Malattia renale;
Malattia epatica;
Osteoartrite e patologie muscolo scheletriche; Complicazioni in gravidanza;
Complicazioni in chirurgia; Problemi sociali e psicologici. Inoltre vi sono anche
condizioni cliniche ad alto rischio che ad essa si associano, come la sindrome
metabolica. In generale, la sindrome metabolica è costituita da una serie di fattori di
rischio metabolico correlati che sembrano promuovere in modo diretto lo sviluppo di
diabete e malattie cardiovascolari. ( Oda E., 2008; Oda E., 2009 Dec)
Il principale quadro sintomatologico può includere insulino resistenza ed elevati
livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia), obesità addominale (large waist
circumference), diminuiti livelli di colesterolo HDL, alti livelli di trigliceridi ed
elevata pressione sanguigna (ipertensione). In una recente definizione dettata dalla
International Diabetes Federation, l’obesità addominale è il tratto essenziale nella
diagnosi di sindrome metabolica, anche se deve comunque essere accompagnata da
almeno
due
delle
altre
caratteristiche
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sopra
citate.
I.2 L’ organo adiposo
I primi che approcciarono lo studio del tessuto adiposo lo descrissero come formato
da elementi simili a gocce d’olio più che a vere e proprie cellule ed in seguito come
un tessuto le cui cellule che costituivano un “magazzino” di energia da utilizzare al
momento del bisogno, infatti gli adipociti erano visti come utili unicamente in
assenza di cibo e quindi non utilizzati quotidianamente. Questa descrizione unita alla
mancanza di una precisa localizzazione anatomica che ne suggeriva la presenza in
tutti gli spazi connettivi privi di altri tessuti, sono state tra le cause principali della
scarsa attenzione per questo tessuto da parte della comunità scientifica. Lo studio
dell’anatomia funzionale di quest’organo è stato molto trascurato in passato anche
perché non ha una forma e una sede facilmente definibili, ma presenta comunque un
peso, colore, organizzazione cellulare, innervazione e vascolarizzazione come tutti gli
altri organi.
Tuttavia, negli ultimi decenni, la diffusione epidemica dell’obesità e delle sue
complicanze cliniche ha attirato l’attenzione di molti. In particolare, l’interesse per lo
studio in questo campo è derivato dalla scoperta di una funzione endocrina del
tessuto adiposo che produce l’ormone leptina, in grado di influenzare uno dei più
importanti comportamenti istintivi nell’uomo e cioè l’assunzione del cibo.
L’importanza del tessuto adiposo, dunque, è fisiologica, se pensiamo alla sua
funzione endocrina con il cervello come bersaglio, ma anche patologica, dato che un
accumulo eccessivo di tessuto adiposo porta alla secrezione di numerose adipochine,
sostanze in grado di influenzare lo stato di salute dell’organismo provocando la
sindrome metabolica.
Dal punto di vista funzionale è emerso negli ultimi anni un innovativo concetto che
consiste nel considerarlo non più come tessuto, bensì come organo.
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Il concetto di organo adiposo è stato introdotto nel 1940 da H. G. Wells riferendosi
unicamente al tessuto adiposo bianco (WAT).
L’anatomia definisce un organo come un insieme di tessuti, organizzati in una
struttura dissecabile, che cooperano ad un fine strategico funzionale (Cinti S., The
adipose organ. 2005). Di conseguenza, per poter parlare di organo adiposo, devono
essere presenti almeno due tessuti distinti tra loro, cooperanti per lo stesso fine. Le
attuali conoscenze ci permettono di affermare l’organo adiposo è costituito dal
tessuto adiposo bianco (white adipose tissue-WAT) ed il tessuto adiposo bruno
(brown adipose tissue-BAT), composti da due citotipi assai diversi nella loro
anatomia e nella loro funzione. I due tessuti hanno funzione unitaria nel controllo del
metabolismo energetico e questo implica l’esistenza di un certo grado di plasticità
dell’organo e di intercorversione tra loro.
Studi effettuati nel nostro laboratorio hanno dimostrato che i due tessuti sono
contenuti insieme in strutture dissecabili che costituiscono i depositi adiposi il cui
insieme può essere definito organo adiposo (Cinti S., 2001).
La microdissezione anatomica dimostra che non solo è possibile dissecare ed isolare
per intero quasi tutto il patrimonio adiposo dell’ organismo dei mammiferi, ma anche
che tutto il tessuto adiposo bruno è contenuto entro depositi adiposi che spesso sono
prevalentemente bianchi. In altre parole la dissezione dimostra che nei roditori adulti,
mantenuti in condizioni di alimentazione ed ambientali standard, non esistono
depositi adiposi unicamente bruni distinti dai depositi di tessuto adiposo bianco, ma
esiste un unico organo, organizzato in diversi depositi sottocutanei e viscerali in cui
sono contenuti entrambi i tessuti. L’organo adiposo dei mammiferi è composto da
masse cellulari diffuse in diverse aree corporee. Il compartimento che contiene
l’organo può essere diviso in due aree: l’area sopra fasciale (comprendente la zona
sottocutanea
superficiale,
profonda
ed
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intermuscolare)
e
l’area
viscerale
(comprendente i depositi presenti nella cavità toracica ed addominale) (Cinti S.,
Obesità, cap.1.1).
I Roditori hanno due principali depositi sottocutanei: uno anteriore ed uno posteriore,
localizzati alla base degli arti. Il deposito anteriore, il più complesso dal punto di
vista anatomico, occupa la regione dorsale fra le scapole (Interscapolare,
Sottoscapolare), la regione ascellare (Ascello-toracica), la zona prossimale dell’arto e
l’area cervicale. Il deposito interscapolare (IBAT) rappresenta la porzione centrale e
più cospicua che si estende lateralmente ed anteriormente intorno ai muscoli dorsali
fino alla base del collo, esso è inoltre considerato il classico deposito Bruno. Il
deposito posteriore è invece costituito anatomicamente da un singolo tessuto che si
estende dalla porzione dorso lombare a quella inguinale, fino alla regione del gluteo.
Studi condotti nei nostri laboratori hanno individuato la presenza di depositi sottofasciali negli arti dei roditori ed i due principali depositi sono localizzati alla base
dell’arto ed a livello della regione del cavo popliteo, dove è presente anche un
linfonodo. I depositi viscerali sono localizzati nella cavità toracica ed in quella
addominale. I primi si trovano principalmente fra i tratti prossimali dei fasci nervosi e
vascolari intercostali, il cuore e l’aorta. I depositi possono essere definiti
retroperitoneali od intraperitoneali. Il deposito retroperitoneale ha una tipica forma
conica allungata, si trova tra la colonna vertebrale e la parete addominale posteriore
ed è generalmente costituito da tessuto adiposo bianco. Il deposito perirenale è diviso
da quello retroperitoneale da un lembo e può essere dissecato separatamente. Il
deposito omentale è ridotto nei roditori, ma come nell’uomo esso è connesso alla
grande curvatura dello stomaco ed il deposito mesenterico è definito dai due foglietti
peritoneali che trattengono l’intestino sulla parete addominale posteriore. Il deposito
epididimale è ben circoscritto, avvolto e legato all’epididimo attraverso il peritoneo.
Nelle femmine, il perirenale, periovarico, parametriale e perivescicale sono contenuti
nello stesso deposito (addomino-pelvico). Il deposito mediastinico è composto da
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lobuli di tessuto adiposo bruno che si stendono tra i larghi vasi sanguigni
mediastinici, il cuore, la trachea, l’esofago e l’aorta discendente.
Tutti i depositi sopra descritti sono definiti misti, poiché sono costituiti sia da tessuto
adiposo bianco che da tessuto adiposo bruno. La presenza di uno piuttosto che
dell’altro tessuto è responsabile del colore del deposito: quando prevale il WAT è
preponderante l’aspetto bianco, mentre la prevalenza del BAT dà una colorazione più
scura. Nell’Organo adiposo dei roditori la maggior parte del deposito sottocutaneo
anteriore è composto soprattutto
da BAT, mentre il sottocutaneo posteriore è
principalmente bianco. Dei depositi viscerali il mediastino è principalmente bruno,
in particolare nel topo dove invece l’omentale e il mesenterico sono principalmente
bianchi. Il deposito addomino-pelvico è ugualmente composto da BAT e WAT,
mentre l’epididimale è quasi completamente bianco (Murano et al. ,2009; Murano et
al., 2005). La proporzione dei due tessuti contenuta in ogni deposito dipende
largamente dal background genetico, dall’età, dal sesso e dalle condizioni ambientali
(temperatura, tipo di dieta, esercizio fisico). Il numero di adipociti bruni ritrovati nei
differenti depositi è geneticamente determinato, dal momento che, in simili
condizioni ambientali e nutrizionali, esso è sostanzialmente correlato alla specie
presa in esame. Inoltre, da questo punto di vista anche l’età dell’animale è
importante. Da dati non pubblicati si e’ visto che nel deposito sottocutaneo anteriore
di ratti di differenti età, la componente adiposa bruna va incontro ad una progressiva
sostituzione con il WAT negli adulti . In generale, il numero di adipociti bruni tende
a diminuire con l’età in tutti i depositi.
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I.2.1 Morfologia e funzione del tessuto adiposo
Tutti i depositi adiposi sono costituiti da due citotipi: gli adipociti bianchi e quelli
bruni, i quali si organizzano a costituire rispettivamente il tessuto adiposo bianco ed il
tessuto adiposo bruno. (Girardier and Stock, 1983; Trayhurn and Nicholls, 1986)
La funzione dei due tessuti adiposi appare antitetica, poiché il bruno sembra
consumare ciò che il bianco accumula. Tuttavia entrambi i tessuti sono in stretta
correlazione tra loro: il bruno, a seguito di uno stimolo adrenergico, influenza il
bilancio energetico con la termogenesi, mentre il bianco va incontro a lipolisi,
fornendo così all’organismo acidi grassi liberi e cioè il substrato per la reazione
termogenetica. Al tessuto adiposo bruno sono poi associate caratteristiche antiobesità, poiché la sua attivazione si ottiene anche con l’assunzione di cibo altamente
calorico, infatti e’ stato dimostrato che la termogenesi indotta da cibo e’
principalmente collegata all’ attivita’ dell’UCP1 (Feldmann et al., 2009 ;Needergard
e Cannon, 2010). Animali transgenici privi di tessuto adiposo bruno, come ci si
aspettava, sviluppano un’obesità iperfagica e, sottoposti a dieta ricca di grassi, molti
degli aspetti clinici tipici della sindrome metabolica. In generale, la diversa
composizione dell’organo influenza la tendenza all’obesità dell’animale: topi
geneticamente più ricchi della componente bruna e che esprimono piu’ proteina
UCP1 (ad esempio Sv129) sono più resistenti all’obesità ed alle sue complicanze,
mentre viceversa topi geneticamente più poveri della componente bruna (ad esempio
C57BL) sono molto più proni ad esse (Herlein et al., 2007; Almind et al, 2006).
Nonostante le differenze anatomiche e funzionali, i due tessuti sono organizzati a
costituire un unico organo. In passato le due tipologie venivano classificate come
due distinti tessuti che occupano sedi anatomiche diverse: nei topi e nei ratti si
descrivono come sedi “brune” la zona interscapolare sottocutanea, l’ascellare, la
cervicale, la mediastinica, la perirenale ed alcune altre sedi minori. Sono invece
descritte come “bianchi” i seguenti depositi: parte del sottocutaneo anteriore, il
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sottocutaneo posteriore, il mesenterico, il retroperitoneale, il periepididimale (nei
maschi), il periovarico (nelle femmine), il perivescicale (nelle femmine) ed il
dermico.
Al contrario piu’ recentemente è stato dimostrato che entrambi gli adipociti sia
bianchi che bruni si trovano insieme in tutti i depositi viscerali e sottocutanei, da
questo si è potuto concludere che tutti i depositi adiposi fanno parte di un unico
organo: l’Organo adiposo (Cinti, 2000, 2001, 2002, 2005; Murano et al. 2005)
I.2.2 Differenze tra adipociti Bianchi e Bruni
Gli adipociti bianchi sono cellule uniloculari molto caratteristiche per la loro forma
sferica, di notevoli dimensioni (fino a 150-200 µm) e caratterizzate dalla presenza di
un unico grande vacuolo sferico formato da trigliceridi, separato dal resto del
citoplasma da una barriera elettron-densa contenente proteine molto importanti dal
puto di vista strutturale come la Perilipina (Greenberg et al., 1991).
Una sottile rima citoplasmatica riveste la goccia lipidica e si allarga leggermente solo
in prossimità dell’area che accoglie il nucleo ovoidale, il quale risulta schiacciato dal
vacuolo lipidico ad un’estremità della cellula. L’ultrastruttura della cellula evidenzia
come gli organuli citoplasmatici sono concentrati nella zona perinucleare in quanto è
solo in tale area che il citoplasma assume una certa consistenza. I mitocondri sono in
numero variabile,a seconda della taglia della cellula, sono allungati, sottili e con
piccole creste variamente orientate. Sono contenuti nel citoplasma, inoltre: il
complesso del Golgi, il reticolo endoplasmatico liscio e rugoso, costituito da cisterne
piccole e isolate, numerose vescicole pinocitotiche sono evidenziate in prossimità
della membrana citoplasmatica esterna. La superficie esterna della cellula è
caratterizzata dalla presenza di una distinta membrana basale (o lamina esterna)
simile a quella che si riscontra attorno ad alcuni tipi cellulari di origine mesodermica,
come ad esempio le cellule muscolari.
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Molte di queste caratteristiche sono state osservate durante lo sviluppo dei precursori
degli adipociti (pre-adipociti) (Cinti S et al.,1984; Cinti et al.,1985).
La fase di preadipocita meno differenziata sembra essere quella in cui la cellula è
integrata nella parete dei capillari del WAT. Durante lo sviluppo del tessuto adiposo
le pareti dei vasi sanguigni sono spesso circondate da cellule poco differenziate, che
si tovano in una piega della membrana basale della parete capillare (posizione
pericitica).
Queste cellule solitamente sono più grandi delle cellule endoteliali, hanno un
citoplasma “electron-lucent” , non possiedono molti organelli citoplasmatici, ma i più
numerosi sono sicuramente i mitocondri (con caratteristiche simili a quelli descritti
per gli adipociti bianchi), inoltre presentano granuli di glicogeno sparsi nel
citoplasma. Alcuni periciti si trovano di fronte all’interstizio circostante, suggerendo
una fase in cui esse si staccano dal capillare. Tutte le fasi intermedie, in cui il
citoplasma della cellula si riempie progressivamente di lipidi, possono essere
osservati in cellule in posizione perivascolare . Queste fasi sono caratterizzate da una
rapida scomparsa del glicogeno e una multilocularità transitoria di lipidi
citoplasmatici. Spesso i piccoli adipociti (5-10 micron di diametro, un decimo del
diametro degli adipociti maturi) presentano già tutte le caratteristiche degli adipociti
maturi. Sia i pre-adipociti che gli adipociti maturi sono immunoreattivi per la
proteina S-100 (Cinti S et al., 1989). Un adipocita bianco sottoposto ad un’intensa
delipidizzazione acquista una morfologia caratteristica con proiezioni citoplasmatiche
dovute alla presenza di molte strutture simili a microvilli che si possono osservare fin
dalle prime fasi di lipolisi quando il vacuolo lipidico è ancora abbastanza largo.
Cellule in uno stadio più avanzato di delipidizzazione presentano numerose
proiezioni e il vacuolo lipidico progressivamente si riduce. (Cinti S.,Kurtis 1999.)
Gli adipociti bianchi hanno numerose funzioni, tuttavia la principale è quella di
accumulare acidi grassi (FFA, free fatty acids), che richiedono il minimo spazio per
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la conservazione, data la loro idrofobicità, ed hanno la massima energia potenziale.
E’ interessante notare che la forma sferica di queste cellule è quella che
geometricamente consente il massimo volume nel minimo spazio. Il tessuto adiposo
bianco è presente solo in certe regioni del corpo e questa sua selettiva distribuzione fa
ritenere che il tessuto adiposo si depositi in sedi geneticamente determinate. La
funzione del tessuto adiposo bianco è quella di permettere un intervallo di tempo tra
un pasto e l’altro. Le cellule del nostro organismo, infatti, hanno un bisogno continuo
di energia per la normale sopravvivenza e quindi risulta necessario un sistema che
consenta un temporaneo accumulo di energia ed una lenta e continua ridistribuzione
della stessa. Quando l’intervallo di tempo tra un pasto e l’altro raggiunge l’ordine
delle settimane il tessuto adiposo bianco assume l’importanza di un organo vitale. Per
questa ragione nei secoli che hanno preceduto l’attuale abbondanza di cibo si sono
selezionati i geni che permettono una rapida capacità di sviluppo del tessuto adiposo
bianco. E’ possibile che sia questo uno dei motivi dell’attuale diffusione epidemica
dell’obesità. Una caratteristica cruciale di questi adipociti è la loro capacità di
espandersi : in situazioni che richiedono l’accumulo di trigliceridi, come nell’ obesità
genetica e obesità indotta da dieta ricca di grassi (high-fat diet), gli adipociti possono
aumentare il loro volume di circa 6-7 volte. L’Ipertrofia ha importanti conseguenze
sull’attività endocrina degli adipociti provocando una riduzione nella secrezione di
adiponectina e un incremento nella secrezione di leptina. Mentre l’ultimo
cambiamento comporta una riduzione nel comportamento istintivo della ricerca del
cibo (food-seeking behaviour) ( Friedman et al., 2009 ), il significato fisiologico della
diminuzione di secrezione di adiponectina è meno chiaro (Matsuzawa Y. 2010).
Il tessuto adiposo bianco ha anche una significativa attività secretoria con importanti
funzioni a livello endocrino. La leptina è un ormone proteico prodotto e secreto
principalmente dagli adipociti bianchi (Zhang et al.,1995 ) la cui azione fisiologica si
esplica a livello sia periferico (Cinti et al.,1997; De Matteis et al 1998) che centrale
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(ipotalamo e centri extraipotalamici), informando il cervello dello stato nutrizionale
dell’individuo e controllando in questo modo l’omeostasi energetica (De Matteis et
al.,1998). Verosimilmente l’assenza di questo ormone stimola l’assunzione di cibo e
per questo motivo la leptina è anche nota come “ormone della sazietà”. La mutazione
del gene murino o umano che impedisce la sua completa sintesi o la sintesi del suo
recettore induce una grave obesità, caratterizzata principalmente da un’irrefrenabile
necessità di assumere cibo e da sterilità. Il meccanismo di controllo della secrezione
leptinica appare principalmente legato alla quantità di tessuto adiposo bianco presente
nell’organismo, così che nei soggetti obesi la leptinemia è generalmente assai elevata
e si ipotizza che in essi si instauri una sorta di leptinoresistenza. La sterilità derivante
dalla condizione di grave obesità è la conseguenza dell’azione “permissiva” sulle
gonadi da parte della leptina ed appare finalisticamente atta a dare energie sufficienti
alla madre per garantire la sopravvivenza della prole.
La leptina è prodotta anche dalle ghiandole salivari, dallo stomaco, dalla placenta,
dalla cartilagine e dalla ghiandola mammaria, ma il ruolo dell’ormone prodotto in
queste sedi è ancora prevalentemente sconosciuto.
Gli adipociti bruni normalmente utilizzano i trigliceridi come substrato essenziale
per la loro fondamentale funzione: produrre calore (Ricquier et al.,1989; Cannon et
al.,2004). Per quanto riguarda la morfologia, si differenziano dai bianchi
principalmente per la presenza nel loro citoplasma di numerosi vacuoli lipidici
piccoli e mitocondri dall’aspetto caratteristico . Hanno una morfologia poliedrica e
dimensioni di circa un terzo inferiori rispetto alle cellule adipose bianche.
La presenza dei vacuoli lipidici è il motivo per cui sono anche definiti cellule
multiloculari.
L’ultrastruttura mostra un nucleo centrale rotondeggiante ed un
citoplasma ricco di mitocondri di grandi dimensioni con creste molto sviluppate che
si estendono anche da un’estremità all’altra .
15
Nella membrana mitocondriale interna delle creste è presente una proteina peculiare
di questo citotipo chiamata UCP-1 (uncoupling protein 1), che consente al tessuto
adiposo bruno di svolgere un’attività termogenetica (Cannon et al., 1982; Klaus et
al., 1991; Cinti et al., 1989; Rial et al., 2001).
La presenza dei numerosi mitocondri e la ricca vascolarizzazione del tessuto sono le
principali ragioni per cui il tessuto adiposo bruno (BAT) presenta il suo caratteristico
colore scuro che , a livello di osservazione macroscopica, lo distingue dal bianco
(WAT). La funzione principale degli adipociti bruni, cioè quella di dissipare l’energia
degli acidi grassi contenuti nei vacuoli lipidici per produrre calore, è strettamente
correlata alla presenza dell’UCP1, espressa unicamente in queste cellule e
considerata il marker molecolare del BAT (Cannon, B. , Nedergaard, J. 2004).
Nelle cellule eucariotiche, infatti, l’ossidazione degli acidi grassi liberi nei
mitocondri genera un gradiente protonico fra la membrana mitocondriale esterna ed
interna che trasforma ADP in ATP attraverso l’enzima ATP sintetasi. Negli adipociti
bruni, tuttavia, la presenza della proteina UCP-1 permette la perdita del gradiente
elettrochimico a favore della produzione di calore con il risultato finale del consumo
degli acidi grassi Quindi l’unico prodotto finale della combutione degli acidi grassi è
la dissipazione di calore. (Ricquier D. et al., 1991; Klaus S., Adipose tissue. 2001).
Data una grande quantità di substrato,i numerosi mitocondri ricchi di creste sono in
grado di utilizzare una considerevole quantità di grasso producendo un’intensa
termogenesi. L’esistenza dell’UCP-1 è stata dimostrata nel 1976 (Ricquier & Kader,
1976), e da allora sono state scoperte altre due proteine omologhe all’UCP1: l’UCP2
e l’UCP3 che benché si trovino nel tessuto adiposo bruno non possono essere
considerate proteine termogenetiche come era stato postulato inizialmente
(Nedergaard et al.,2001 Review). L’UCP2 si pensa che reprimi la generazione delle
specie reattive dell’ossigeno (Arsenijevic et al., 2000). L’UCP3 è altamente espressa
nel muscolo dove la su espressione è regolata dall’esercizio fisico e dal digiuno
16
(Russell et al., 2003). L’elevata attività metabolica di queste cellule e la grande
quantità di calore prodotto richiedono un grado di vascolarizzazione del tessuto, assai
elevato ed infatti il letto capillare è così ricco che una singola cellula riceve due o tre
capillari che spesso sono addirittura avvolti dal citoplasma di queste cellule (Afzelius,
1970). L’attivazione del metabolismo lipidico dovuto alle alte concentrazioni di
catecolamine si accompagna ad una regolazione a livello vascolare in cui
l’attivazione ß-adrenergica induce vasodilatazione (Crandal et al., 1997). Gli altri
organelli degli adipociti bruni hanno caratteristiche simili a quelle degli adipociti
bianchi, compresa la presenza di una menmbrana basale all’esterno della membrana
plasmatica.
Il loro nucleo sferico e la loro taglia denota un basso grado di elasticità ed
espandibilità rispetto agli adipociti bianchi. Comunque entrambi i citotipi presentano
una discreta variabilità morfologica che dipende dal loro stato funzionale. (Cinti S.
The Adipose Organ. Kurtis; 1999.; Casteilla et al.,1994 ). L’esposizione a
temperature al di sotto della termoneutralità attiva direttamente il BAT, attraverso le
giunzioni neuro-adipose delle fibre adrenergiche che stimolano la termogenesi. La
perdita di protoni (proton leak) dovuta all’UCP-1 è controllata dalla noradrenalina
rilasciata dal sistema nervoso simpatico. Il segnale di attivazione funzionale arriva
alle cellule multiloculari per via nervosa: dall’ipotalamo tramite il sistema
ortosimpatico giungono fibre nervose amieliniche noradrenergiche. Le terminazioni
dei nervi simpatici rilasciano noradrenalina in prossimità degli adipociti bruni. A
questo livello la noradrenalina attiva i recettori ß-adrenergici accoppiati alle Gprotein, dando luogo così
ad una cascata di eventi metabolici che portano
all’attivazione dell’UCP1 e all’attivazione dell’Hormone sensitive lipasi (HSL) che
libera gli acidi grassi liberi (FFA). Gli FFA vengono trasformati in acyl-coA e
trasportati nei mitocondri. La ß-ossidazione dell’acyl-coA nei mitocondri genera il
17
gradiente protonico a livello della membrana mitocondriale interna (Collins et al.,
2001).
Anche i ß3 agonisti hanno effetti farmacologici simili all’esposizione al freddo (Cinti
et al., 2002). Le cellule attive termogeneticamente sono caratterizzate da numerosi
vacuoli lipidici molto piccoli e abbondanti mitocondri sferici ricchi di creste laminari
che esprimono abbondantemente l’UCP-1. Quanto più ci si avvicina alla temperatura
di termoneutralità, più larghi e meno numerosi diventano i vacuoli lipidici; allo stesso
tempo si riduce sia il numero di mitocondri che il numero di creste con conseguente
diminuzione di immunoreattività per l’UCP-1. (Cinti S. The Adipose Organ. Kurtis;
1999). In assenza di stimolo adrenergico la morfologia dell’adipocita bruno è molto
più simile alla morfologia dell’adipocita bianco e soltanto in questa condizione
strutturale la cellula bruna è immunoreattiva per la proteina S-100 (Barbatelli et
al.,1993). E’ stato mostrato che il BAT produce il fibroblast growt factor-21 (FGF21) un regolatore metabolico coinvolto nel controllo dell’omeostasi del glucosio
(Hondares et al.,2010). Lo sviluppo degli adipociti bruni è abbastanza simile a quello
dei bianchi, infatti i precursori bruni nel loro stadio meno differenziatosi trovano
nello stesso sito dei precursori bianchi: la parete dei capillari del tessuto adiposo in
via di sviluppo.
Di recente è stato ipotizzato che gli adipociti bruni derivano da precursori della
cellula muscolare (Seale et al., 2008 ; Laharrague et al.,. 2010). I preadipociti bruni
hanno un marker strutturale, non presente nei preadipociti bianchi: grandi mitocondri
, la cui morfologia prefigura quelli che saranno i mitocondri della cellula matura
(pretipycal mitochondria) (Cinti S, Morroni M..,1995). La presenza di granuli di
glicogeno e della membrana basale sono altre caratteristiche di questi precursori.
Pertanto sono cellule chiaramente distinguibili dagli altri citotipi presenti nel tessuto
adiposo, ma anche dai precursori bianchi per la presenza dei loro caratteristici
mitocondri (pretypical).
18
I.2.3 Plasticita’ dell’ organo adiposo ed il fenomeno della Transdifferenziazione
Una notevole caratteristica dell’Organo Adiposo è la sua Plasticità,
incontro a
cambiamenti anatomici che riguardano la
poichè va
composizione cellulare e
l’apporto vascolare e nervoso a seguito di differenti stimoli, come ad esempio le
modificazioni della temperatura ambientale e le richieste nutrizionali. Quindi , il
numero di adipociti bruni e bianchi nell’Organo Adiposo non è fisso, ma varia in
funzione di condizioni fisiologiche e patologiche come ad esempio e’ conosciuto il
suo cambiamento con l’acclimatazione al freddo.
Questa caratteristica fondamentale dell’organo pone le basi per il futuro della terapia
dell’obesità e delle sue complicanze cliniche. Essa aiuta, inoltre, a spiegare la
funzione strategica unitaria dell’organo, cioè la ripartizione dell’energia derivante dai
lipidi fra due necessità fondamentali: termogenesi e metabolismo.
La presenza sia del BAT che del WAT nei vari depositi dell’organo adiposo
suggeriscono che i due tessuti hanno la capacità di trasformarsi l’uno nell’altro, ad
esempio in condizioni di esposizione cronica al freddo la quantità di tessuto adiposo
bruno nell’organo potrebbe aumentare attraverso una transdifferenziazione del WAT
in BAT e viceversa che il BAT potrebbe ritrasformarsi in
WAT in caso di
esposizione a dieta obesogena per permettere un maggiore accumulo di energia.
Infatti è ben documentato che la quantità relativa di BAT aumenta negli animali
esposti al freddo ed in quelli trattati con i beta3 agonisti, e che il WAT aumenta negli
animali obesi. Questi cambiamenti coinvolgono una riduzione nel WAT e nel BAT
rispettivamente (Cinti S., 2001;Cinti S., 2002 ).
Studi quantitativi hanno dimostrato che l’incremento di BAT osservato in animali
esposti al freddo corrisponde ad una riduzione del WAT che non è correlata ad
apoptosi (Murano et al., 2005). Inoltre negli animali trattati con beta3 agonisti l’8019
95% dei nuovi adipociti bruni comparsi nel tessuto adiposo non presentano nessun
tipo di marker della proliferazione cellulare, ma presentano tutti gli stadi caratteristici
della transizione bianco-bruna (Granneman et al., 2005; Himms-Hagen et al., 2000).
Questa conversione diretta tra BAT e WAT è molto interessante, perche’ sulla base di
essa si potrebbe affrontare il problema della terapia farmacologica dell’obesità e
diabete di tipo (Cypess et al.,2010; Enerback et al., 2010); inoltre sarebbe una nuova
proprietà fisiologica di base della cellula che aprirebbe le porte ad un ampio campo
di applicazioni biomediche.
L’organo adiposo offre anche un altro esempio di transdifferenziazione fisiologica e
reversibile. La ghiandola mammaria femminile è costituita da tessuto adiposo che
contiene adipociti bianchi e bruni ed è attraversata da dotti ramificati che hanno
origine nel capezzolo. Circa il 90% della ghiandola è costituita da tessuto diposo, ma
durante l’allattamento il numero di adipociti diminuisce principalmente a causa dello
sviluppo della componente lobulo-alveolare (la parte della ghiandola che si occupa
della sintesi e secrezione del latte ). Durante l’allattamento quindi la maggior parte
degli adipociti scompare e questa parte dell’organo viene occupata da una ben
siluppata componente lobulo alveolare che produce latte. Dopo l’allattamento
l’organo gradualmente recupera la sua anatomia iniziale: riappaiono gli adipociti e
scompare la componente lobulo alveolare. I nostri dati, basati principalmente su studi
di linee cellulari e di espianti di tessuto adiposo marcato, supportano la nozione che
durante la gravidanza e l’allattamento gli adipociti si trasformano direttamente in
cellule epiteliali della ghiandola mammaria e nel periodo post-allattamento queste
cellule ritornino ad essere adipociti. Questo suggerisce un novo esempio della
proprietà che possiedono gli adipociti di attuare una transdifferenziazione fisiologica
e reversibile ( Morroni et al.,2004; De Matteis et al., 2009 ).
Il meccanismo che è alla base della trasformazione del WAT in BAT indotta da
freddo è strettamente correlato all’attività del sistema nervoso simpatico, infatti come
20
detto prima, l’attività degli adipociti bruni è regolata dall’attivià delle fibre
parenchimali noradrenergiche che sono a stretto contatto con loro.
Il numero di queste fibre nel tessuto adiposo è direttamente proporzionale al numero
complessivo di adipociti bruni trovati nei vari depositi. Negli animali esposti al
freddo la densità delle fibre parenchimali incrementa con il numero di adipociti bruni
nei differenti depositi (Murano et al., 2009).
Negli ultimi anni è stata apportata una novità alla già accettata definizione di
adipociti Bruni come cellule ricche di mitocondri che esprimono UCP-1 (Cannon et
al. 1982; Riquier et al 1983); infatti è stata descritta una vasta popolazione di cellule
multiloculari negative per l’ UCP-1, ma che mostrano al TEM i tipici organelli degli
adipociti bruni.
Questi potrebbero rappresentare adipociti bianchi che stanno
transdifferenziando in bruni (Cinti, 2000, 2001, 2002, 2005; Murano et al. 2005).
Secondo l’opinione di molti ricercatori le cellule multiloculari che esprimono UCP1,
derivanti da depositi tradizionalmente descritti come “WHITE”, non possono essere
descritte come veri adipociti bruni; di conseguenza per loro sono stati coniati termini
come BRITE (Petrovic et al.,2009 Mar 5;285(10):7153-64. Nedergaard J, Cannon B.
2010 Review) e beige (il colore intermedio tra white e brown) (Seale et al., 2004)
essenzialmente per sottolineare le loro differenti caratteristiche embriologiche e
molecolari che caratterizzano la loro linea cellulare rispetto alle cellule trovate nel
deposito interscapolare , che è considerato un tipico deposito bruno. Dai risultati del
nostro gruppo quello che si puo’ affermare è che queste differenze riflettono
semplicemente stadi intermedi di transdifferenziazione e che questi elementi possono
essere responsabili delle differenze molecolari descritte ( Barbatelli et al., 2010).
Come tutti gli altri depositi, il sottocutaneo anteriore (che comprende anche
l’interscapolare -IBAT) è misto: costituito in parte da BAT ed in parte da WAT. In
questo deposito l’esposizione al freddo induce la comparsa di adipociti multilculari
UCP1 positivi che hanno le stesse caratteristiche morfologiche di quelli derivanti
21
dagli altri depositi sottocutanei o viscerali, inclusi tutti gli stadi intermedi di
trasformazione WHITE-to-BROWN. Questi nuovi adipociti bruni derivano
anatomicamente dal deposito interscapolare classico, quindi dovrebbero essere
considerati classici adipociti bruni, invece hanno tutte e caratteristiche morfologiche
ed immunoistochimiche dei nuovi adipociti bruni (brite o beige) che compaiono negli
altri depositi . Si pensa quindi che tutti gli adipociti multilculari UCP1 positivi che,
pertanto sono potenzialmente dotati
di attività termogenica, dovrebbero essere
considerati come “Brown adipocytes”. Nella maggior parte dell’organo adiposo lo
sviluppo di nuovi adipociti bruni dai preadipociti appare essere un fenomeno piu’
raro (Barbatelli et al.2010 Jun ), ma no può essere escluso che in qualche deposito
abbia un ruolo più importante.
Dati provenienti dal nostro laboratorio supportano abbondantemente la teoria che la
transdifferenziazione
reversibile è il fenomeno più importante che sottolinea la
plasticità dell’organo adiposo : molti adipociti bianchi nel WAT vengono persi dopo
l’acclimatazione al freddo ed il loro numero corrisponde al numero dei nuovi
adipociti bruni. Il numero totale di adipociti nell’organo adiposo di femmine adulte di
topi SV129dopo 10 giorni di acclimatazione al freddo non è signficativamente
diverso dal numero totale di adipociti che si trovano nell’organo adiposo degli stessi
topi acclimatati però a 28°C per 10 giorni (controlli) ( Murano et al.,2009 ; Murano et
al., 2005 ).
Comunque il numero di adipociti bruni nei topi a 6°C era significativamente
aumentato in corrispondenza del numero approssimativo di adipociti bianchi persi, in
più non sono state osservate evidenze istologiche di apoptosi o altre forme di
degenerazione di questi ultimi. E’ stato dimostrato anche che la maggior parte dei
nuovi adipociti bruni che si trovano nel WAT dopo un trattamento con i beta3
agonisti sono BrdU negativi, evidenziando in queste cellule l’assenza di un processo
mitotico (Himms-Hagen et al.,. 2000; Granneman et al., 2005). Inoltre i precursori
22
degli adipociti non incrementano nel WAT nonostante l’impressionante incremento
di numero degli adipociti bruni dopo esposizione al freddo (Barbatelli et al.,2010;
Himms-Hagen et al., 2000).
Come descritto in precedenza, è stato osservato un nuovo tipo di adipocita bruno
(Pauciloculare) con caratteristiche intermedie tra gli adipociti bianchi e bruni che
appare nel WAT dopo l’acclimatazione al freddo ed il trattamento con i β3 agonisti.
Le due principali caratteristiche di questa cellula, ben evidenti al microscopio
elettronico sono: un vacuolo lipidico predominante nel citoplasma e una popolazione
mitocondriale che presenta diverse caratteristiche intermedie tra mitocondri bianchi e
bruni. La cellula pauciloculare al microscopio ottico e’ caratterizzata dalla grande
goccia lipidica caratteristica circondata da numerose altre goccioline di piccole
dimensioni. Con l’ immunoistochimica, essa è spesso immunoreattiva per l’UCP1
(Barbatelli et al. 2010 ).
La morfologia degli adipociti bruni e la loro espressione proteica variano in
relazione a livelli di noradrenalina nei tessuti. Questi nel BAT interscapolare sono
più bassi nei topi acclimatati a caldo che in quelli a freddo. In queste condizioni,
la morfologia degli adipociti bruni cambia come segue. Negli animali a freddo è
presente la morfologia classica con gocce lipidiche multiloculari e grandi mitocondri
ricchi di creste; queste cellule esprimono UCP1 ma non leptina, ed S-100B (una
proteina espressa negli adipociti bianchi e ache nei preadipociti che potrebbe essere
implicata nella riorganizzazione del citoscheletro) (Donato R., 2001). Gli animali a
caldo mostrano adipociti bruni con una goccia lipidica uniloculare e mitocondri che
hanno caratteristiche intermedie tra quelli degli adipociti bianchi e bruni; esprimono
leptina e S-100B, ma non UCP1 (Barbatelli et al.,1993; Cancello et al.,1998).
In sintesi per esemplificare le peculiarità plastiche dell’organo adiposo si possono
prendere in considerazione le condizioni di esposizione al CALDO ed esposizione al
FREDDO.
23
L’esposizione al caldo implica una riduzione dell’innervazione simpatica, con
riduzione della produzione di calore da parte degli adipociti bruni (Kuroshima &
Yahata, 1979; Cancello et al., 1998). L’energia richiesta per le attività metaboliche di
base si riducono in animali mantenuti in condizioni di termoneutralità, infatti il
tessuto adiposo bianco (WAT) di topi adulti tenuti a digiuno per 24 ore a 28°C resta
invariato a differenza di quello dimagrito di topi adulti tenuti a digiuno per 24 ore a
6°C (Cinti , 1999).
La condizione di esposizione al freddo comporta l’immediata attivazione del sistema
nervoso simpatico con il conseguente ed istantaneo rilascio di noradrenalina da parte
degli adipociti bruni. Inoltre il sistema nervoso simpatico controlla anche il DIT
(termogenesi indotta da cibo), e proprio da questa DIT che dipende la capacità degli
organismi di trasformare cibo in calore (Bachman et al., 2002). Durante le prime ore
di esposizione al freddo , la sovrastimolazione degli adipociti bruni fa in modo di
adattare la loro capacità termogenica all’aumentata richiesta di calore attraverso la
sintesi di nuovi mitocondri e di più proteina UCP1. In pochi giorni si sviluppano
nuove cellule che danno origine ad una nuova organizzazione tissutale caratterizzata
da un maggior numero di vasi e di nervi. Nell’ottica del concetto di organo adiposo è
facile comprendere che la presenza di nuove cellule brune non coinvolge solo alcune
aree, considerate puro tessuto adiposo bruno, ma l’intero organo. Ciò che ne
consegue è che l’aspetto macroscopico e di conseguenza quello microscopico dei
diversi depositi diventa “più bruno”. E’ interessante notare il fatto che questo
processo non implica necessariamente lo sviluppo di adipociti bruni nei depositi
bianchi, poiché, come si è già detto in precedenza, esse sono normalmente presenti in
questi ultimi depositi con un ammontare variabile a seconda del sesso, dell’età e del
ceppo dell’animale. Tuttavia, in caso di esposizione al freddo, c’è un aumento nel
loro numero. Studi di microscopia elettronica hanno dimostrato che l’organo adiposo
di topi e di ratti adulti, tenuti in condizioni di termoneutralità ed alimentati con una
24
dieta normale, non contengono cellule totalmente o scarsamente differenziate. Al
contrario, negli animali esposti al freddo i periciti indifferenziati ed i preadipociti
bruni (cellule con minime caratteristiche di differenziazione che permettono la loro
identificazione morfologica come cellule destinate a differenziarsi in adipociti bruni)
si sviluppano sia nel BAT che nel WAT, suggerendo chiaramente che il loro sviluppo
in differenti depositi di animali adulti dipende chiaramente dalle condizioni del
microambiente tissutale. L’esposizione al freddo, infatti, induce una nuova
riorganizzazione tissutale
tramite lo sviluppo di nuove cellule e l’aumento del
numero di vasi e nervi (Cannon et al. 2004; Lowell et al. 1997), inoltre si osserva un
aumento nell’attività delle fibre parenchimali noradrenergiche con simultanea
ramificazione delle fibre nervose sia nel BAT (De Matteis et al. 1998) che nel WAT
(Giordano et al., 1996). Questo meccanismo porta ad un generalizzato aumento nella
concentrazione della noradrenalina tissutale seguita dallo sviluppo delle cellule del
tessuto adiposo bruno nei vari depositi dell’organo.
I.2.4 Innervazione dell’ organo adiposo
Il sistema nervoso simpatico (SNS) e la midollare del surrene sono tra i principali
regolatori fisiologici implicati nel mantenimento dell’omeostasi corporea. Il SNS è il
regolatore più importante del sistema cardiovascolare in quanto controlla sia l’output
cardiaco che le resistenze periferiche consentendo così il mantenimento della
pressione arteriosa e la regolazione della temperatura corporea. Mentre sono
numerosi gli studi che riguardano l’ innervazione delle sedi di tessuto adiposo bruno
(in particolare quello interscapolare) ben poco si sa della innervazione del tessuto
adiposo bianco. Nel tessuto adiposo bruno interscapolare del ratto sono ben visibili
nel cinque nervi che raggiungono bilateralmente la parte ventrale dell’organo
provenendo dagli spazi intercostali (oltre ai nervi dei peduncoli nervovascolari). Sia
nei peduncoli nervo-vascolari che nei nervi di origine intercostale si possono
25
distinguere due tipi di nervi: grandi (diametro circa 120 µm) e piccoli (diametro circa
35 µm). I primi sono prevalentemente formati da fibre immunoreattive per la proteina
correlata al gene della calcitonina (CGRP) e la sostanza P (SP), due neuromediatori,
mentre i secondi sono prevalentemente costituiti da fibre noradrenergiche. Le fibre
sono anche presenti nel parenchima del tessuto sia a livello della parete delle arterie
(fino al livello del capillare o precapillare ) che diffuse tra gli adipociti bruni a stretto
contatto con essi. Il motivo per il quale esistono numerosi studi sulla innervazione del
tessuto adiposo bruno è dovuto al fatto che gli adipociti sono attivati funzionalmente
dalla noradrenalina che, agendo sui recettori ß e soprattutto sui recettori ß3, stimola la
termogenesi. La noradrenalina promuove anche la neosintesi e l’ipertrofia
mitocondriale e la proliferazione dei precursori. Infatti quando l’ortosimpatico attiva
il tessuto adiposo bruno, ad esempio in risposta al freddo o all’assunzione di cibo o
alle catecolamine circolanti, gli adipociti si riempiono di grossi mitocondri fitti di
creste e le gap junctions che li uniscono si ipertrofizzano (Morroni et al., 1995;
Barbatelli et al. 1994). La proteina disaccoppiante UCP1 in tali mitocondri è
abbondante e il suo immunostaining è particolarmente intenso. L’intensa lipolisi
stimolata dalla noradrenalina per formare il substrato termogenetico, provoca una
notevole riduzione del diametro dei vacuoli lipidici fino alla loro apparente
scomparsa. Al contrario la riduzione dell’attività ortosimpatica, come ad esempio
durante l’esposizione al caldo (termoneutralità) provoca la scomparsa della gran parte
dei mitocondri e quelli che permangono sono di ridotte dimensioni con poche creste
povere di UCP.
Le fibre noradrenergiche vascolari sono anche immunoreattive per il neuropeptide Y
(NPY) che è un neuromodulatore peptidergico co-localizzato con la noradrenalina
(Cannon et al., 1986). A caldo e a freddo aumenta la immunoreattività tissutale per il
CGRP che può essere identificato anche in sede parenchimale sia in sede
periarteriolare e sia in sede pericapillare. Durante lo sviluppo del tessuto adiposo
26
bruno interscapolare che inizia ben prima della nascita (attorno al 15° giorno di vita
fetale nel ratto che ha 22 giorni di crescita prenatale), si assiste ad una asincronia
maturativa tra le fibre nervose e la capacità termogenetica del tessuto. Quest’ultima
infatti è più precoce in quanto già al 19° giorno gli adipociti bruni sono provvisti
dell’UCP1 e hanno il corredo morfologico ultrastrutturale del tessuto in grado di
funzionare mentre le fibre noradrenergiche compaiono solo dopo la nascita e
raggiungono il livello parenchimale solo attorno al 7°-10° giorno di vita postnatale.
E’ possibile che l’induzione morfofunzionale dell’adipocita bruno fetale sia dovuta
all’istamina mastocitica. Infatti i mastociti sono presenti nel tessuto sin dal 15° giorno
di vita e possono essere trovati in stretta associazione con i precursori degli adipociti
bruni. Nei mammiferi il tessuto adiposo viscerale è innervato da fibre
noradrenergiche (Diculesco and Stoica,1970; Ballard and Rossel, 1971; Youngstrom
and Bartness, 1995 ). L’innervazione simpatica si presenta come un plesso
periavventiziale, più evidente a livello arterioso e meno a livello venoso e capillare.
Tra gli adipociti le fibre noradrenergiche sono molto rare. La microscopia elettronica
mostra che le cellule adipose vengono raggiunte per contatto indiretto dagli assoni: la
distanza tra viscosità assonali e cellula effettrice è in genere notevole, potendo variare
da 40nm fino a 200-300 nm, le vescicole non sono raggruppate nella sede presunta di
rilascio del neurotrasmettitore e mancano specializzazioni di membrana a livello pre
e post-sinaptico (Pannese, 1994). La modalità di innervazione del tessuto adiposo
viscerale è simile a quella vegetativa simpatica del tessuto muscolare liscio, del
tessuto muscolare miocardio e del tessuto ghiandolare.
La densità di innervazione noradrenergica non sembra essere uguale in tutti i depositi
di tessuto adiposo viscerale. Essa è superiore, ad esempio, nel tessuto adiposo
mesenterico e periepididimale rispetto al tessuto adiposo omentale e sottocutaneo
(Slavin and Ballare, 1978). Questa osservazione può essere in parte spiegata con il
fatto che il grado di vascolarizzazione è differente nei diversi tipi di tessuto adiposo,
27
essendo ad esempio il tessuto adiposo mesenterico quello maggiormente
vascolarizzato (Crandal et al., 1984). A tale proposito, un aspetto ancora poco
considerato è quello delle possibili differenze anatomo-funzionali che intercorrono
tra i vari depositi adiposi (Cousin et al., 1993; Di Girolamo et al. 1998 ), differenze
che possono essere alla base di ruoli diversi nel metabolismo energetico e possono
suggerire funzioni locali ancora ignote. Tornando all’ultrastruttura dei nervi del
tessuto adiposo viscerale, va sottolineato che si tratta di nervi privi di guaina
mielinica aventi quindi un diametro di 1-2 µm (Slavin and Ballard, 1978; Giordano et
al.,1996). Il pool di vescicole sinaptiche è inoltre eterogeneo, potendosi osservare
accanto a vescicole chiare e piccole, delle dimensioni di 40-60 nm, vescicole chiare o
a core-denso centrale, grandi, aventi dimensioni fino a 120-150 nm.
L’eterogeneità ultrastrutturale delle vescicole sinaptiche depone a favore della
molteplicità dei neurotrasmettitori (Pannese, 1994). Dal punto di vista funzionale,
l’osservazione che in condizioni di digiuno il contenuto di noradrenalina tende ad
aumentare nel tessuto adiposo viscerale (Migliorini et al., 1997) ha avvalorato
l’ipotesi che la stimolazione noradrenergica nei tessuti adiposi viscerali sia correlata
prevalentemente con l’induzione della lipolisi a livello degli adipociti bianchi.
Mediante l’utilizzo di traccianti retrogradi fluorescenti, si è dimostrato che il tessuto
adiposo sottocutaneo è provvisto di innervazione sensitiva che parte dai gangli
sensitivi della radice posteriore degli ultimi nervi toracici (Fishman and Dark, 1987).
I tessuti adiposi viscerali contengono in vario grado nervi positivi per l’SP e per il
CGRP, neuropeptidi in genere contenuti nei nervi sensitivi nel sistema nervoso
periferico (Maggi, 1995). Nel tessuto adiposo periovarico sono descritti tutti i tipi di
fibre sopradescritte per il tessuto adiposo bruno interscapolare ma le fibre CGRP
sono piu riscontrabili a livello parenchimale, associate agli adipociti, soprattutto nella
condizione di acclimatazione a freddo (Giordano et al.,1996). Le scoperte di Kreier et
al. dimostrano anche un ruolo del sistema nervoso autonomo parasimpatico nelle
28
funzioni metaboliche del tessuto adiposo bianco; in particolare, i risultati
suggeriscono che l’innervazione parasimpatica possa avere una funzione anabolica,
cioè di accumulo lipidico (Kreier et al., 2002). Il tessuto adiposo è considerato anche
un importante organo endocrino che sintetizza e rilascia a livello vascolare importanti
molecole che regolano il bilancio energetico; la leptina, un ormone prodotto dagli
adipociti bianchi (Zang et al., 1994; Frederich et al., 1995) che agisce sia a livello
periferico (Cinti et al., 1997, De Matteis et al., 1998) che centrale (ipotalamo e centri
extraipotalamici) (De Matteis et al., 1998), informa il cervello dello stato nutrizionale
dell’individuo, controllando così l’omeostasi energetica (Flier et al., 1995).
I.2.4 Il Tessuto adiposo nell’uomo
Nell’uomo troviamo distribuzione del tessuto adiposo simile ai roditori nei depositi
sottocutanei e del tronco, nonostante la taglia e la composizione siano
considerevolmente differenti. Entrambi presentano inoltre una identica composizione
cellulare dell’organo adiposo ed anche una diversa densità di vasi e nervi tra WAT e
BAT (Zingaretti et al., 2009). Nell’ uomo il sottocutaneo è sostanzialmente continuo
con accumuli nella donna nelle aree mammaria e gluteo femorale. L’organo adiposo
umano contiene BAT come quello murino. In un uomo adulto il BAT sembra essere
presente
nel tronco, nella regione del collo e sopraclavicolare, in linea con le
differenti esigenze termogeniche dell’organismo umano. (Nedergaard et al., 2007;
Virtanen et al. 2009; Zingaretti et al. 2009).
La termogenesi costituisce il principale meccanismo non muscolare di controllo della
temperatura corporea al di sotto della temperatura di termoneutralità, al di sotto della
quale i mammiferi omeotermi devono innescare meccanismi di anticaduta termica.
Naturalmente la temperatura di termoneutralità varia da specie a specie e dipende
essenzialmente dalle variazioni del rapporto superficie/volume corporeo. Nei piccoli
mammiferi, il minimo volume rispetto alla superficie induce una grande dispersione
29
di calore, mentre nei mammiferi più grandi il rapporto S/V si riduce e la
termodispersione è minore (Cinti S. 2006, Review).
Dunque risulta naturale che l’organo adiposo dei piccoli mammiferi sia più ricco di
adipociti bruni rispetto a quello dei mammiferi più grandi. Non bisogna dimenticare
che anche i grandi mammiferi come l’uomo hanno considerevoli quantità di tessuto
adiposo bruno in epoca neonatale e che, in condizioni particolari, quali l’esposizione
al freddo, si ripristinano notevoli quantità di tessuto bruno anche nell’uomo adulto.
Gli adipociti bruni sono capaci di incorporare alti livelli di glucosio; il
fluoridesossiglucosio è utilizzato in radiologia (positron emission tomography PET)
per identificare tessuti con un alto tasso di incorporazione di glucosio, come le
metastasi tumorali. Con l’ utilizzo di questa tecnica recentemente è stata scoperta una
grande quantità di tessuto adiposo bruno attivo nell’uomo. E’ stato inoltre osservato
che soggetti esposti ad una temperatura di 19°C per due ore mostrano un sostanziale
assorbimento di FDG nel tessuto adiposo sopraclavicolare e paraspinale mentre non
appare un’uptake significativo quando vengono sottoposti al caldo (27°C). Questi
risultati sono supportati anche da analisi istologiche. L’assorbimento di FDG attivato
dal freddo incrementava in inverno ed era inversamente correlato sia con il BMI dei
pazienti, che con l’area totale e viscerale stimata dalla risonanza magnetica (Saito et
al., 2009 ). La presenza di BAT metabolicamente attivo nell’uomo e’ stata dimostrata
anche in un nostro recente lavoro nel quale abbiamo analizzato il tessuto adiposo
peritiroideo di pazienti sottoposti ad operazione chirurgica alla tiroide. In un terzo di
queste biopsie sono state trovate isole di BAT all’interno del WAT, costituite da
cellule positive per l’UCP1. I preadipociti bianchi e bruni presentano anche una
identica struttura e posizione ( Manieri et al., 2009; Boiani et al.,2010).
Come nei roditori, anche nell’uomo il background genetico, l’età, il sesso e le
condizioni ambientali giocano un ruolo importante nel determinare la proporzione
relativa dei due tessuti trovata nei differenti depositi. Una correlazione inversa,
30
invece è stata trovata tra BAT e body mass index (Cypess et al., 2009 ; Van Marken
Lichtenbelt et al.,2009; Zingaretti et al.,2009). Nell’uomo inoltre il BAT ha una
maggiore attività negli individui con feocromocitoma (Kuji et al., 2008; Ricquier et
al.,1983) ed in quelli con esposizione al freddo acuta e cronica. (Saito et al., 2009)
Queste scoperte indicano la presenza di tessuto adiposo bruno metabolicamente attivo
nell’uomo adulto suggerendo un suo ruolo nel controllo dell’ adiposita’ e della
temperatura corporea.
I.2.5
Ruolo cruciale del BAT nel prevenire lo sviluppo dell’obesita’ e del
diabete
Nel 1979 Mike Stock dimostrò che il consumo di cibo è uno stimolo funzionale per il
BAT suggerendo che esso potrebbe avere una funzione anti obesità (Rothwell et
al.,1979).
Nel 1993 Lowell dimostrò che topi privi di tessuto adiposo bruno diventavano obesi
(Lowell et al.,1993) e successivamente che topi privati dei recettori beta adrenergici,
sviluppavano molto rapidamente l’obesità nonostante avessero a disposizione la
stessa quantità di cibo dei controlli e facessero più esercizio fisico ( Bachman et al.,
2002).
Inoltre la mancanza di UCP-1 è sufficiente in se stessa per sviluppare una condizione
favorevole all’obesità in animali tenuti in condizioni di termoneutralità (Feldmann et
al., 2009). E’ stato anche mostrato che in topi knock-out per il recettore dell’insulina
nel WAT si sviluppa il diabete e che i topi più resistenti all’obesità ed al diabete sono
quelli che hanno una maggiore quantità di adipociti bruni (Guerra et al.,1998; Almind
et al., 2007 ) o UCP1 (Kopecky J. et al., 1995) nel loro organo adiposo.
Molti studi genetici e farmacologici hanno mostrato una correlazione tra l’
incremento di UCP1 nei depositi bianchi e la riduzione di obesita’.
31
Quindi il fenotipo bruno nell’organo adiposo dei roditori e’ importante per la
prevenzione dell’obesita’ e del diabete. Quest’ ultimo puo’ inoltre essere manipolato
ed il fenotipo bruno essere indotto artificialmente, cosi da incrementare la quantita’ di
BAT nei soggetti gia’ a rischio di obesita’, in modo tale che il loro eccesso di energia
immagazzinata venga bruciato per via endogena . Le nuove scoperte riguardanti la
presenza del tessuto adiposo bruno attivo nell’ uomo adulto giovane e la sua
diminuzione con l’ eta’ apre ad un maggior interesse per il futuro trattamento
dell’obesita’ e le relative malattie associate. Questo potrebbe essere rivolto a
mantenere il BAT che si forma in giovane eta’ ed evitare la sua involuzione. Sarebbe
interessante una migliore comprensione dei processi che mantengono i precursori
degli adipociti bruni in uno stato proliferativo capace di differenziazione e di quelli
che inibiscono la morte cellulare o l’ apoptosi responsabile dell’ involuzione del
BAT. (Cannon and Nedergaard., 2010). La transdifferenziazione Bianco-Bruna apre
inoltre le porte ad altre strategie terapeutiche che potrebbero basarsi sul
mantenimento degli adipociti bruni e sull’ induzione della transdifferenziazione
bianco-bruna agendo sui target principali come i recettori β-adrenergici e PPARγ
oppure sui nuovi regolatori molecolari come il PRDM16 o BMP7 (Frontini and Cinti,
2010).
32
I.3 Predisposizione genetica all’ obesita’: differenze tra i modelli animali SV129
e C57BL
La linea C57BL/6J e’ uno dei principali modelli animali che negli ultimi anni ha
guadagnato parecchia attenzione per quanto riguarda lo studio della sindrome
metabolica. Esso e’ un buon modello poiche’ sviluppa la sindrome dell’ obesita’ ,
iperinsulinemia, iperglicemia ed ipertensione se sottoposti ad un’ HFD. Lo sviluppo
di insulino- resistenza iperglicemia e obesita’ nei B6 e’ strettamente legato a quello
che avviene nell’ uomo. Inoltre il diabete e l’ obesita’ indotta da dieta nei B6 sono
caratterizzate da una selettiva deposizione di grasso a livello mesenterico, questa e’
un’ osservazione ben correlata con il concetto che l’ obesita’ addominale e’ un fattore
di rischio per lo sviluppo del diabete nell’ uomo.
L’ obesita’ nei B6 sottoposti ad HFF non e’ semplicemente il risultato di iperfagia o
bassi livelli di attivita’ fisica., i B6 mostrano un incremento di efficacia alimentare
(peso guadagnato su calorie consumate). Se alimentati con HFD i B6 mangiano
qualcosa in piu’ rispetto agli A/J (altra razza resistente all’ obesita’) ma cio’ non
spiega l’elevato aumento di peso indotto da dieta che avviene in questa linea. Inoltre
i B6 diventano obesi malgrado l’ incremento di attivita’ fisica. Brownlow et al .
(1996) riportano che i B6 obesi hanno un’ attivita’ fisica simile a quella dei loro
controlli e addirittura quasi 3 volte attivi rispetto gli A/J. Contrariamente invece Yen
e Acton osservarono che i modelli Lept ob/ ob e Lept R db/ db sono ipoattivi.
L’ adiposita’ centrale che si riscontra nei B6 e’ accompagnata da anormalita’
metaboliche . L’ iperglicemia si sviluppa in 1 mese dall’ introduzione di una dieta
ricca di grassi. Il diabete e la sindrome metabolica peggiorano con il tempo e con l’
incremento di obesita’. A 16 settimane i B6 in HFD sviluppano un’ elevata ipertrofia
ed iperplasia degli adipociti, il risultato e’
che negli animali la massa grassa
incrementa del 93% (maggior accumulo nel mesenterico= uomo obeso e diabetico).
33
Come nell’ uomo nei B6 la sindrome metabolica e’ accompagnata da ipertensione e
incremento dell’ attivita’ del SN simpatico. Infine, similmente ai giovani ed
euglicemici Pima Indians (19) i B6 manifestano risposte glicemiche allo stress o alle
catecolamine , cosa che non avviene nelle linee resistenti all’ obesita’. (Collins et
al.,2004). E’ descritto come sia il background genetico a determinare il fatto che i
topi C57BL(B6) siano maggiormente portati a sviluppare un fenotipo obeso,
insulinoresistenza e intolleranza al glucosio rispetto agli SV129 che invece sono piu’
resistenti all’ obesita’ ed al diabete. La maggiore differenza tra queste due linee
genetiche riguarda il tasso metabolico che e’ molto piu’ alto negli Sv129, questo
sembra essere dovuto almeno in parte alla maggior quantita’ di grasso bruno
metabolicamente attivo, osservato anche in zone inaspettate come tra le fibre
muscolari della gamba. E’ anche notevole la differente risposta ad una dieta ricca di
grassi da parte delle due linee, infatti i topi SV129 guadagnano il 32% in meno di
peso rispetto ai C57BL . Gli 129SV sottoposti ad una dieta con pochi grassi hanno
comunque un alto introito calorico, ma il peso guadagnato per grammo di cibo
ingerito e’ il 62% inferiore rispetto ai B6. Inoltre il consumo di ossigeno da parte
degli SV129 e’ molto piu’ alto in entrambe le condizioni (HFD/LFD) (Almind et al.,
2004 – 2006, Kozak et al., 2008 ). Uno studio morfologico dell’ organo adiposo di
topi Sv129, condotto nel nostro laboratorio, ha messo in evidenza come la maggior
parte di esso sia composto, da adipociti bruni multiloculari per lo piu’ immunoreattivi
per
l’ UCP1: dopo essere stati messi
a 28°C
per 10 giorni il 60% e dopo
esposizione a 6°C l’80% degli adipociti erano ML (Murano et al., 2005).
In altri lavori si e’ visto che la spiegazione alla resistenza degli SV129 a guadagnare
peso potrebbe essere attribuita anche ad una piu’ alta espressione di UCP1 sia nell’
IBAT che nei depositi adiposi classicamente descritti come bianchi (Almind et al.
2006, Brian D. Fink et al., 2007, Murano et al 2005). Il disaccoppiamento protonico
mediato dall’ UCP1 rappresenta un fenomeno adattativo che in realta’ si manifesta
34
maggiormente nell’ IBAT di topi “obesity sensitive” sottoposti ad HFF, ma soltanto
dopo che hanno raggiunto elevate masse corporee. E’ stato osservato infatti che
sottoponendo i topi ad un’ HFD, si rileva un maggior incremento di espressione di
UCP1 nell’ IBAT dei B6 piuttosto che in quello degli SV129. Naturalmente in
assenza di HFF nei topi Sv129 l’espressione di UCP1 e’ molto elevata e l’attivita’ di
perdita di protoni e’ molto piu’ accentuata (Brian D. Fink et al., 2007).
35
CAP.II
SCOPO DELLA TESI
L’obiettivo principale del presente progetto è quello di studiare a livello
morfologico l’ intero organo adiposo di topi C57BL/6J femmina a differenti
condizioni sperimentali. Questo ceppo per definizione e’ geneticamente prono a
sviluppare obesita’ e malattie correlate come iperglicemia ed insulino-resistenza se
sottoposto ad una dieta ricca di grassi (HFD). Principalmente si vorra’ quantificare
il numero di adipociti di cui esso e’ composto e si andra’ a determinare la
percentuale di adipociti bianchi e bruni nei diversi depositi. Si vuole inoltre
verificare lo stato termogenico delle cellule ML quantificando quante di esse
esprimono UCP1 (uncoupling protein 1), infine si studiera’ l’innervazione tramite
l’ osservazione delle fibre parenchimali immunoreattive per la proteina TH. L’
interesse sara’ focalizzato soprattutto ad evidenziare le modificazioni che
avvengono a livello morfologico-cellulare nell’ organo adiposo passando da una
temperatura di controllo (28°C) ad una di esposizione al freddo (6°C) per 10
giorni. Da questi cambiamenti ci aspettiamo di poter confermare l’ esistenza del
gia’ ipotizzato processo di transdifferenziazione degli adipociti bianchi in bruni
dovuto ad esposizione a freddo. Infatti da risultati gia’ ottenuti dal nostro gruppo
studiando l’ organo adiposo del ceppo SV129, considerati resistenti all’ obesita’ e
alla glucosio intolleranza, e’ stato visto che successivamente all’esposizione
cronica al freddo il numero totale di adipociti nel loro organo adiposo resta
invariato, il numero di multiloculari aumenta e il numero di uniloculari diminuisce
approssimativamente della stessa quantità. Nella linea SV129 tutti i depositi a
28°C hanno una maggiore componente cellulare bruna e nella maggior parte di
loro questa aumenta significativamente con l’esposizione a freddo.
Di conseguenza un altro importante obiettivo e’ quello di mettere a confronto
l’organo adiposo dei topi B6 con quello degli Sv129 per evidenziarne le eventuali
36
differenze o similitudini, sia per quanto riguarda la composizione e la plasticita’
cellulare, sia l’espressione delle proteine UCP1 e TH che riflettono l’attivazione
della termogenesi a freddo. Essendo gia’ consolidato il concetto che il BAT nei
roditori ha un fondamentale ruolo sia nella prevenzione che nella terapia
del’obesita’ e del diabete, i nostri dati potrebbero supportare ulteriormente lo
sviluppo di nuove vie per interventi terapeutici.
37
CAP.III
MATERIALI E METODI
III.1 Animali
Sono stati utilizzati due gruppi di cinque topi C57/BL (Charles River, Italia),
femmine di 12 settimane di età. Un gruppo è stato tenuto a 28°C (controlli) per 10
giorni e l’altro a 6°C per 10 giorni. Per ridurre a minimo lo stimolo adrenergico
dell’organo adiposo, si è scelto di tenere i controlli alla temperatura di 28°C. I topi
sono stati sacrificati con un’overdose di anestetico (xilazina - ketamina) e
immediatamente perfusi con paraformaldeide diluita al 4% in tampone fosfato
0.1M, pH 7.4 per 2-5 minuti. Dopo la perfusione, i principali depositi dell’organo
adiposo sono stati anatomicamente dissecati sotto microscopio chirurgico Zeiss
OPI1 (Carl Zeiss, Germania): sottocutaneo anteriore (successivamente diviso in
interscapolare, sottoscapolare, cervicale superficiale, cervicale profondo e ascellotoracico), mediastinico, mesenterico, retroperitoneale ed addomino-pelvico
(successivamente diviso in perirenale, periovarico, parametriale e perivescicale),
sottocutaneo posteriore (diviso in dorso-lombare, inguinale e gluteale). Ogni
deposito (o parte di esso) è stato pesato, immerso in una soluzione salina, e il suo
volume è stato misurato tramite il metodo dello spostamento del fluido,
successivamente è stato fissato over-night a 4°C ed infine incluso in paraffina
orientato in modo che il piano di sezione corrispondesse alla superficie più ampia
del deposito. Per ogni deposito sono state tagliate sezioni seriate di 3µm di
spessore a tre livelli di profondità: superficiale, intermedio e profondo, in modo
da ottenere campioni rappresentativi dell’intero spessore ed estensione del
campione. Per le analisi istologiche e morfometriche le sezioni sono state colorate
con ematossilina ed eosina.
38
III.2 Immunoistochimica
Le sezioni in paraffina successive a quelle usate per la morfometria sono state
utilizzate per la localizzazione della proteina UCP1 e le altre per la localizzazione
della proteina TH. L’ UCP1 è stato rilevato con l’ utilizzo di un anticorpo sheep
anti-rat (gentilmente fornito da D. Ricquier, Parigi, Francia) alla diluizione fianle
1: 3800. Per la proteina TH è stato usato un anticorpo polyclonal sheep anti TH
(Millipore) alla diluizione finale 1:700. La localizzazione di queste proteine è stata
effettuata con il metodo che utilizza il complesso avidina-biotina-perossidasi
(Vectastain ABC kit, Vector Labs., Burlingame, CA) e ha permesso di
determinare la proporzione di adipociti UCP1 positivi e il numero di fibre
parenchimali TH positive. Per la conta delle fibre parenchimali TH positive, nelle
sezioni di ogni deposito sono state individuate aree brune composte
esclusivamente da ML, aree bianche composte esclusivamente da UL e aree miste
composte sia da ML e sia da UL (Fig.1).
III.3 Analisi istologiche e morfometriche
Assumendo che l’adipocita abbia una forma sferica, tramite un sistema analitico di
immagini digitali, è stata calcolata l’area di 500 adipociti random per deposito, in
modo da ottenere poi, diametro e volume di ciascun adipocita UL e ML. Le stesse
sezioni sono state usate per calcolare il volume percentuale occupato dalle UL e
ML. Tale volume percentuale è stato calcolato utilizzando il principio di Deless
secondo il quale l’area percentuale delle ML corrisponde al volume percentuale
delle stesse (Weibel, 1980). Uno studio condotto sui topi magri C57BL e sui topi
obesi ob/ob, ha dato, usando la stessa tecnica, valori numerici di adipociti che
corrispondono a quelli ottenuti con un metodo differente (Johnson and Hirsch,
1972). Per cercare eventuali segni di apoptosi (Kerr et al., 1994), sulle stesse
39
sezioni usate per la morfometria sono stati esaminati con obiettivo 100X, 10
campi random per deposito per ciascuno dei 10 animali.
Fig. 1 Aree bianche (A-B), miste (C-D) e brune (E-F) nella porzione parametriale del deposito adiposo
di topi adulti femmina C57BL di controllo (28°C) (A-C-E) ed acclimatati a freddo (B-D-F). L’immagine
è rappresentativa della morfologia e dell’immunoreattività per l’anticorpo TH Scale bar: 200 µm.
40
Usando un microscopio ottico con obiettivo 100X, per ogni tipo di area sono state
contate le fibre parenchimali TH positive viste in 20 campi random, quindi in
media su ogni sezione sono state contate le fibre di 60 campi. Per evitare di
contare un numero maggiore di fibre dovuto alla diminuzione di volume degli
adipociti durante l’esposizione al freddo, le densità nei diversi depositi alle diverse
condizioni sperimentali sono state presentate come numero fibre TH positive /100
adipociti. Nell’ ansalisi quantitativa naturalmente non sono state contate le fibre
perivascolari, cioe’ quelle che circondano arteriole e venule.
III.4 Analisi statistiche
I risultati sono stati dati come medie ± errore standard (SEM). Le differenze tra i
gruppi sono state analizzate utilizzando un unpaired t-test (InStat, GraphPad, San
Diego, CA) e considerate significative quando p≤ 0.05. Le correlazioni lineari
sono state calcolate con un test non parametrico (Spearman) using GraphPad
Prism, version 4.01, for Windows.
41
CAP. IV
RISULTATI
IV.1 Composizione organo adiposo alle diverse condizioni sperimentali
La dissezione anatomica ha mostrato che l’organo adiposo dei topi femmina
C57BL (Fig.2) ha la stessa identica forma in tutti gli animali studiati.
6°C
28°C
Fig. 2 Organo adiposo di topi femmina adulti C57BL tenuti a 28°C (controlli) o 6°C per 10 giorni.
L’organo adiposo è stato sezionato utilizzando un microscopio chirurgico e ogni deposito è stato posto su
un modellino di topo in modo da indicare l’originale posizione anatomica. I reni e le ovaie sono stati
dissecati insieme ai depositi adiposi. L’organo adiposo è costituito da due depositi sottocutanei: A=
Anteriore (cervicale profondo, cervicale superficiale, interscapolare, sottoscapolare e acsello-toracico) e
F= posteriore (dorso-lombare, inguinale, gluteale) e di depositi viscerali : B= mediastinico, C=
mesenterico, D= retroperitoneale ed E= addomino-pelvico (perirenale, periovarico, parametriale,
perivescicale).
Insieme, il deposito sottocutaneo anteriore e posteriore rappresentano il 58% del
peso dell'intero organo adiposo. Nonostante abbiano identiche caratteristiche a
livello anatomico, i depositi dei controlli (28°C) e degli animali tenuti a freddo
42
sono differenti per taglia e per colore. I valori dei loro volumi sono riportati nella
Tabella1, che mostra una significativa riduzione di volume per tutti i depositi,
tranne per il mediastinico e il retroperitoneale, negli animali tenuti a freddo. Il
peso dell’intero organo adiposo passando dai 28°C ai 6°C si è ridotto del 20%:
Negli animali di controllo le uniche aree brune osservate sono: parte
dell’interscapolare, del sottoscapolare, dell’ascellare e il cervicale profondo
(deposito sottocutaneo anteriore); il mediastinico; parte della porzione perirenale,
e parte della porzione parametriale (deposito addomino-pelvico). Negli animali
tenuti a freddo quasi l’intero organo adiposo macroscopicamente appare piu’ scuro
, tranne la porzione periovarica dell’ addomino- pelvico, la porzione gluteale del
deposito sottocutaneo inferiore ed il retroperitoneale (Fig.2).
Table 1. Volume dei depositi adiposi dei topi femmina adulti C57BL tenuti a 28°C (controlli) e 6°C per
10 giorni.
Subcutaneous
28°C
Mesenteric
Retroperitoneal
Abdomino-pelvic
Total
1
1605
100
250
50
580
2585
2
1290
120
300
24
570
2304
3
1160
120
300
160
520
2165
4
1240
120
200
43
550
2153
5
1043
80
190
30
445
1798
1268 ±93
108 ± 8
228 ± 21
61 ± 25
Mean ± SEM
6°C
Mediastinal
535 ± 22
2201 ± 127
1
920
60
100
40
425
1545
2
955
60
120
50
410
1595
3
1017
110
150
60
410
1747
4
860
100
100
40
378
1478
5
1040
100
180
40
460
1820
Mean ± SEM
958 ± 70
86 ± 11
130 ± 24
46 ± 4
416 ± 26
1637 ± 129
p=0.05
p=0.18
p=0.023
p=0.6
p=0.03
p=0.05
Tutti i depositi, ad eccezione del mediastinico e del retroperitoneale, hanno un volume significativamente
ridotto negli animali tenuti a 6°C.
43
L’analisi morfometrica ha mostrato che l’ organo adiposo negli animali di
controllo e’ composto principalmente da cellule UL che rappresentano il 77% di
tutti gli adipociti, mentre negli animali acclimatati a freddo il 60% delle cellule
sono multiloculari e di queste il 79% e’ immunoreattivo per la proteina
disaccoppiante UCP1 (Fig. 3). Con il passaggio da caldo a freddo si assiste ad un
significativo aumento del numero degli adipociti ML (34.17 x 106 vs 92.48 x 106,
p=0.011) e ad un equivalente riduzione del numero degli adipociti UL (115.97 x
106 vs 68.91x 106, p=0.05), ma non ad un aumento significativo del numero totale
di adipociti (150.14 x 106 vs 161.39 x 106 , p=0.14). Tra le ML quelle che
aumentano piu’ significativamente sono UCP1+ ( 18.18 x 106 vs 73.6 x 106,
p=0.02) (Fig.3).
Total adipocytes number (x106)
250
200
150
UL
ML UCP1-
100
ML UCP1 +
50
0
6°C
28°C
Fig. 3 Numero totale di adipociti (n x 106) contenuti nell’organo adiposo di topi femmina adulti C57BL
mantenuti a 28°C (controlli) e 6°C. Il numero totale di adipociti nell’organo adiposo resta invariato in
entrambe le condizioni (p=0,14). La maggior parte degli adipociti negli animali di controllo ha aspetto
uniloculare (UL-adipociti bianchi) ma negli animali acclimatati a freddo il numero degli adipociti ML
UCP1+ aumenta significativamente (p=0,01) mentre il numero degli adipociti UL (adipociti bianchi)
diminuisce significativamente in modo equivalente all’incremento delle ML . MEDIA ± SEM.
44
La microscopia ottica è capace di riconoscere i segni di apoptosi, usando un alto
ingrandimento (Kerr et al., 1994). Nessun segno di apoptosi o infiltrazione
macrofagica è stata osservata nei depositi degli animali tenuti a freddo.
Quasi tutti i depositi contengono entrambi gli adipociti, tranne il retroperitoneale
negli animali a caldo, ma in generale nei controlli gli adipociti ML sono molto
scarsi in quasi tutti i depositi, tranne nel mediastinico. Dopo l’acclimatazione a
freddo gli adipociti ML aumentano significativamente nel sottocutaneo anteriore (
p=0,0075), inferiore ( p=0,015) e nell’ addomino pelvico ( p=0,004; p=0,03 e
p=0,0079), nel RP compaiono alcune cellule ML, ma il loro numero e’
insignificante rispetto al totale di cellule. In tutti questi depositi il numero totale di
adipociti non è cambiato (ASC p=0,053; PSC p=0,15; AP p=0,99 e RP p=0.15 )
(Fig.4).
100
Adipocytes number X 106
90
UL
80
ML
70
60
50
40
30
20
10
0
ASC PSC MED MES RP
AP
ASC PSC MED MES RP
28°C
AP
6°C
Fig. 4 Numero degli adipociti UL (bianchi) e ML (bruni) nei differenti depositi dell’organo adiposo di
topi femmina adulti C57BL tenuti a 28°C (controlli) e a 6°C per 10 giorni. ASC: sottocutaneo anteriore,
PSC: sottocutaneo posteriore, MED: mediastinico, MES: mesenterico, RP: retroperitoneale, AP:
addomino-pelvico. Media ± SEM.
45
Negli animali acclimatati al freddo, il volume degli adipociti ML e UL si è ridotto
del 3% e del 27% (Fig.5A); il valore di questa riduzione moltiplicata per il numero
di adipociti che compongono l’organo adiposo corrisponde alla riduzione di
volume dell’organo adiposo acclimatato al freddo (Fig.5B)
P=0.027*
Adipocyte Volume (µm³)
45000
UL
40000
ML
35000
30000
P=0.54
25000
20000
15000
10000
5000
0
A
28°C
6°C
Adipose Organ Volume (µm³x109)
5000
4500
P=0.014 *
4000
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
B
28°C
6°C
Fig. 5 Riduzione del volume dopo acclimatazione a freddo degli adipociti (A) e dell’organo adiposo
(B). Media ± SEM
46
IV.2 Stato funzionale ed innervazione dell’ OA
IV.2.1 Espressione dell’ UCP1 nell’organo adiposo alle diverse condizioni
sperimentali
Negli animali di controllo solo il 23 ± 3,1% e’ UCP1 positivo, mentre negli
animali acclimatati al freddo 43 ± 1,08% DEGLI ADIPOCITI è immunoreattivo
per l’UCP1 (p=0,0004). Gli adipociti ML dei controlli (28°C) hanno vacuoli
lipidici più grossi e la loro immunoreattività all’UCP1 è più debole rispetto agli
adipociti ML degli animali acclimatati al freddo (Fig.6).
Fig. 6
A
B
C
D
Porzione parametriale del deposito addomino-pelvico nei topi femmina adulti C57BL di
controllo (A-C) ed esposti al freddo (B-D). Questa immagine è rappresentativa della morfologia ed
immunoreattività degli adipociti ML di tutti i depositi dell’organo adiposo. IHC con anticorpo UCP1. In
ogni gruppo la maggior parte delle ML sono UCP1-positive ma la loro proporzione e l’immunoreattività
per l’UCP1 e’ maggiore negli animali esposti a freddo. I vacuoli lipidici sono più piccoli negli animali a
47
6°C . C and D: allargamento dell’area contrassegnata in A and B. Scale bar: 50 (A and B), 10 (C and D)
µm.
Negli animali a freddo si osserva un significativo aumento di adipociti bruni
immunoreattivi per l’UCP1 nel sottocutaneo anteriore
(P=0.0075) e nell’
addomino pelvico (P=0.031), nel mediastinico si osserva un loro aumento, ma non
significativo (P=0.69) in quanto e’ un deposito che anche a caldo e’ costituito per
la maggior parte da multiloculari UCP1 positive (Fig. 7).
100
white
brown ucp1 brown ucp1 +
*
90
Adipocytes number X 106
80
70
60
50
*
40
30
20
10
0
ASC PSC MED MES RP
ASC PSC MED MES
AP
28°C
RP
AP
6°C
Fig. 7 Numero degli adipociti UL, ML-UCP1+ e ML-UCP1- nei differenti depositi dell’organo adiposo
di topi femmina adulti C57BL tenuti a 28°C (controlli) e a 6°C per 10 giorni. I depositi nei quali gli
adipociti multiloculari immunoreattivi per l’ UCP1 sono: ASC e AP. ASC: sottocutaneo anteriore, PSC:
sottocutaneo posteriore, MED: mediastinico, MES: mesenterico, RP: retroperitoneale, AP: addominopelvico. Media ± SEM.
48
Nel sottocutaneo anteriore la porzione che maggiormente esprime la proteina
UCP1 negli animali a 6°C, quindi che mostra un aumento piu` significativo di ML
UCP1+ sono l’ IBAT (P=0,02) e l’ Ascello-toracico (P= 0.0079), per quanto
riguarda l’ addomino-pelvico, invece e’ la porzione Inter-renale P= 0.0015 (Fig.8),
mentre nel Periovarico non sono presenti cellule multiloculari UCP1+.
ML UCP1+ number X 106
25
*
20
**
*
15
28°C
6°C
*
10
5
ca
po
la
tto
s
So
As
To cello
rac
ico
IBA
T
Ce
Pro rvica
fon le
do
Ce
rvi
ca
le
A
re
0
ML UCP1+ number X 106
20
15
*
**
10
6°C
5
*
PM
PV
B
IR
0
Fig. 8
28°C
Numero degli adipociti UL, ML-UCP1+ e ML-UCP1- nelle differenti porzioni dei depositi
ASC (A) e AP (B) dell’organo adiposo di topi femmina adulti C57BL a 28°C e 6°C .. Media ± SEM.
49
IV.2.1 Espressione del TH nell’organo adiposo alle diverse condizioni
sperimentali
Fibre TH positive sono state osservate in entrambe le condizioni sperimentali a
livello delle arterie (nell’avventizia), a livello della parete delle vene, associate ai
capillari e a stretto contatto con gli adipociti (fibre parenchimali). Nell’intero
organo adiposo con l’acclimatazione a freddo c’è un aumento significativo del
numero di fibre parenchimali TH positive (8.26 x 106 vs 71.56 x 106, p=0.004)
(Fig.9).
**
80
70
60
50
40
30
20
10
0
6°C
28°C
TH(ML)*106
71.95 ± 7.33 vs 7.96 ± 2.7
p=0,008
TH(UL)*106
0,10 ± 0.10 vs 0,30± 0.13
p=0,12
71.56 ± 7.37 vs 8.26 ± 2.72
p=0,004
TH(ML +
UL)*106
Fig. 9 Numero totale di fibre parenchimali TH positive contenute nell’organo adiposo dei topi femmina
adulti C57BL mantenuti a 6°C e 28°C (controlli) per 10 giorni. Il numero totale di fibre aumenta
cambiando le condizioni sperimentali (p=0.004). Mean ± SEM.
50
IV.3 Descrizione del cambiamento del tessuto adiposo nei vari depositi dopo
acclimatazione a freddo. Confronto tra B6 ed SV129.
Prendendo in esame i principali depositi adiposi divisi in Aree Bianche (zone che
presentano unicamente adipociti uniloculari), Brune (zone che presentano
unicamente adipociti multiloculari) e Miste (zone che presentano tutte le tipologie
di adipociti: uniloculari, multiloculari e pauciloculari), qui di sotto sono descritte
le principali modificazioni che avvengono per ciascuno a livello di espressione di
TH, UCP1 e numero di cellule.
IV.3.1 IBAT
L’IBAT e’ composto sia a 28°C e sia a 6°C da aree brune, miste e bianche. Dopo
l’acclimatazione a freddo aumenta la densità di fibre nelle aree miste e brune (41.6
± 7,07 vs 20.32 ± 9, p= 0,09; 86.2 ± 3 vs 15.17 ± 18 p= 0,007), con un aumento
molto significativo soprattutto nelle aree brune. Passando dal caldo al freddo si
nota anche un’ aumento di espressione della proteina UCP1, e’ evidente infatti una
maggiore intensita’ di colorazione immunoistochimica nelle cellule multiloculari
dell’ IBAT a 6°C . Infatti come descritto sopra il numero di multiloculari UCP1+
subisce un incremento significativo (7,45±2,2 vs 18,59±3,3 p=0,03). Negli SV129
l’IBAT è uno dei pochi depositi ad essere composto sia a 28°C e sia a 6°C da aree
brune, miste e bianche, anche qui si osservava ugualmente un aumento della
densita’ di fibre immunoreattive per la proteina TH con l’esposizione al freddo
nelle aree miste e brune (0.69 ± 0.31 vs 5.6 ± 1.27, p=0.007; 14.96 ± 8.69 vs 48.58
± 8.42/ 100 adipociti, p= 0.03), ma con un aumento piu’ significativo nelle aree
miste.
51
A
B
C
D
E
F
Fig. 10 IBAT di topi femmina adulti C57BL. A-D. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi mantenuti a
28°C (A e B) e 6°C (C e D) per 10 giorni. E-F. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti a 28°C (E) e
6°C (F) per 10 giorni. Magnification A-D= 20X; E-F= 100X
52
IV.3.2 Inter-renale e Parametriale
Nel deposito addomino-pelvico dei topi C57BL a freddo aumentano in modo
significativoo il numero di multiloculari positive per l’UCP1. Questo, come
descritto precedentemente, avviene principalmente nella porzione IR e PM. Le
aree bianche in questi due depositi permangono anche dopo 10 giorni di
esposizione ad una temperatura di 6°C. A supporto di questa osservazione viene il
dato numerico che mostra una diminuzione non molto significativa del numero di
adipociti bianchi dai 28°C ai 6°C (9,07±1,7 vs 4,05±1,2 ; p=0,05). Nelle zone
bianche, sia a caldo che a freddo, le fibre nervose parenchimali immunoreattive
per la proteina TH sono assenti.
Nelle aree miste si nota un leggero incremento di quest’ ultime, ma non
significativo (IR: p=0,4; PM: p=0,4). Nelle aree brune le fibre TH aumentano
significativamente dal caldo al freddo nel PM (46,2± 8,1 vs 13,6± 2,02 ; p= 0,01),
nell’ IR le fibre TH compaiono solo nei tessuti degli animali sottoposti a 6°C,
infatti le aree composte unicamente da multiloculari sono assenti negli animali di
controllo. Nei topi Sv129 a differenza dell’IBAT, in questi due depositi a 6°C
scompaiono le aree bianche, infatti il numero degli adipociti UL diminuisce
significativamente (5.96 x 106 vs 2.42 x 106, p=0.03). Nell’inter-renale e nel
parametriale le aree bianche presenti a 28°C hanno una densità di fibre pari a 2.14
± 0.75/100 adipociti. Nelle aree miste, sia per l’inter-renale e sia per il
parametriale, non c’è cambiamento di densità (p=0.3; p=0.54) mentre nelle aree
brune c’è una certa tendenza all’aumento (38.17 ± 8.77 vs 62.41 ± 15.74/100
adipociti, p=0.3; 33.65 ± 8.65 vs 52.38 ± 9.30/100 adipociti, p=0.09).
53
A
B
C
D
E
F
Fig. 10 IR di topi femmina adulti C57BL. A-D. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi mantenuti a 28°C
(A e B) e 6°C (C e D) per 10 giorni. E-F. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti a 28°C (E) e 6°C
(F) per 10 giorni. Scale BAR : A-D= 50 ; E-F= 10 µm
54
B
A
C
E
D
F
Fig. 11 PM di topi femmina adulti C57BL. A-D. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi mantenuti a 28°C
(A e B) e 6°C (C e D) per 10 giorni. E-F. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti a 28°C (E) e 6°C
(F) per 10 giorni. Scale BAR : A-D= 50 µm; E-F= 10 µm
55
IV.3.3 Inguinale
Nei C57BL il deposito inguinale a 28°C e’ composto sia da aree bianche che miste
le quali presentano unicamente multiloculari UCP1- . Negli animali esposti ad una
temperatura di 6°C permangono le aree bianche con la comparsa di poche fibre
parenchimali TH + (0 vs 0,66 p= 0,37), sono ancora presenti le aree miste dove si
osserva un leggero aumento di fibre ( 14,5 ± 5,03 vs 8,9 ± 3,43/100 adipociti) e
compaiono le aree brune con un numero di fibre TH parenchimali leggermente
maggiore rispetto a quello nelle zone miste (22,5± 6,0 /100 adipociti).
Nella linea SV129 l’Inguinale è un deposito adiposo composto a 28°C da aree
bianche e miste. A 6°C le aree bianche scompaiono quasi completamente, infatti
questo deposito risulta quasi completamente formato da aree miste dove si ha un
aumento delle fibre parenchimali TH positive (1.30 ± 0.38 vs 4.23 ± 0.92/campo
100X, p=0.03).
A
B
C
D
56
E
F
Fig. 12 Inguinale di topi femmina adulti C57BL. A-D. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi mantenuti a
28°C (A e B) e 6°C (C e D) per 10 giorni. E-F. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti a 28°C (E) e
6°C (F) per 10 giorni. Scale BAR : A-D= 50 µm; E-F= 10 µm
IV.3.4 Mesenterico
Il tessuto adiposo mesenterico dei B6 e` costituito a caldo da aree bianche e
qualche area mista con poche multiloculari negative per l’ UCP1. Dopo 10 giorni
di esposizione a freddo, aumenta il numero di adipociti multiloculari nelle zone
miste, ma questi sono ancora UCP1 - .
Sia nelle aree bianche che in quelle miste si nota un aumento non significativo di
fibre (0 vs 0,93± 0,4 /100 adipociti; P= 0,55; 8,7±4,3 vs 10,8±2,5 /100 adipociti;
P=0,4). Questo dato potrebbe giustificare l’ adiposita’ viscerale che aumenta in
questa linea che sviluppa facilmente obesita’ e diabete indotto da dieta se
alimentata con cibo ad alto contenuto di grassi(HFD).
57
A
B
C
D
E
F
Fig. 13 Mesenterico di topi femmina adulti C57BL. A-D. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi mantenuti
a 28°C (A e B) e 6°C (C e D) per 10 giorni. E-F. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti a 28°C (E)
e 6°C (F) per 10 giorni. Scale BAR : A-D= 50 µm; E-F= 10 µm
58
Nel mesenterico degli SV129 a freddo, troviamo invece un significativo aumento
di multiloculari sia negative che positive per l’UCP1 (0,1 x106 vs 10,6 x106
p=0,01; 0 vs 0,18 x106 p= 0,009) . Esso a 28°C è formato da aree bianche e
miste. Le aree bianche che hanno una densità di fibre pari a 0.77 ± 0.36/100
adipociti, a 6°C scompaiono, infatti gli adipociti UL si trovano soltanto a livello
delle aree miste (Fig.8). Il loro numero nel deposito mesenterico dai 28°C ai 6°C
diminuisce (9.48 x 106 vs 2.76 x 106, p=0.03). Nelle aree miste c’è aumento di
fibre (p=0.008).
Fig. 14 Immunoreattività per il TH nel deposito adiposo mesenterico di topi adulti femmina SV129 di
controllo (28°C) (A) e acclimatati a freddo (B) per dieci giorni. A 6°C le aree bianche (A) scompaiono
infatti gli adipociti UL li troviamo solo nelle aree miste (B) tra gli adipociti ML. Si può vedere come
aumentano le fìbre parenchimali TH positive con l’esposizione al freddo. Scale bar:210 µm.
IV.3.5 Mediastinico
Anche il tessuto mediastinico presenta delle differenze tra le 2 linee. Negli SV129
sia a caldo (solo 2.97% di UL) che a freddo (100% di ML) e’ composto quasi
completamente da adipociti bruni ML e non subisce variazioni per quanto riguarda
la densità delle fibre parenchimali TH positive (p=0.69). Nei B6 si osserva una
situazione differente: a caldo sono presenti il 40% di adipociti UL ed il 60% di
multiloculari sono tutte UCP+, osservando il gruppo di animali a freddo si nota un
aumento significativo di ML , quindi scompaiono quasi completamente le UL
(5,4%). Gli adipociti che compaiono dopo l’ acclimatazione a freddo sono tutti
59
UCP1-. Anche nei B6, tuttavia non si osserva un aumento significativo delle fibre
TH passando da 28°C a 6°C (aree brune :47,3± 1,3 vs 63,4 ± 14.8 / 100 adipociti
P=0.62; aree miste: 21,8± 3,7 vs 43,6 ± 12,05 / 100 adipociti P=0.3)
A
B
C
D
E
F
Fig. 15 Mediastinico di topi femmina adulti C57BL. A-D. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi
mantenuti a 28°C (A e B) e 6°C (C e D) per 10 giorni. E-F. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti
a 28°C (E) e 6°C (F) per 10 giorni. Scale BAR : A-D= 50 µm; E-F= 10 µm.
60
IV.3.6 Perivescicale
Nei topi C57BL la porzione perivescicale del deposito addomino pelvico appare a
28°C composto di aree bianche e miste con poche ML completamente negative
per l’ anticorpo anti UCP1. A freddo troviamo aree miste sia con poche che con
molte ML, anche UCP1 positive, in media comunque il numero di UL non
diminuisce significativamente (P= 0,13). A freddo compaiono le cellule
multiloculari UCP1 positive (0 vs 0,5 x106 ; P= 0,06), ma non si notano aree
completamente brune.
Il perivescicale degli SV129 a 28°C è formato da aree bianche e qualche area
mista. A 6°C diminuiscono le aree bianche (diminuzione degli adipociti UL,
p=0.03) e scompaiono le fibre parenchimali TH positive (0.068 ± 0.04/100
adipociti vs 0). Nelle aree miste non c’è variazione della densità di fibre (p=0.15),
ma a 6°C compaiono aree brune riccamente innervate (43.53 ± 8.02/100 adipociti)
.
A
B
C
D
D
61
E
Fig. 16 PV di topi femmina adulti C57BL. A-D. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi mantenuti a 28°C
(A e B) e °C (C e D) per 10 giorni. E-F. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti a 28°C (E) e 6°C
(F) per 10 giorni. Scale BAR : A-D= 50 µm; E-F= 10 µm.
IV.3.7 Periovarico
Il tessuto adiposo periovarico è un deposito completamente bianco a 28°C. Negli
SV129 a 6°C diminuiscono le aree bianche e compaiono aree miste con densità di
fibre TH positive pari a 1.2 ± 0.4/campo 100X . Nei B6 si osservano delle piccole
aree miste anche a 28°C, le cellule mostrano multilocularita’, ma non esprimono la
proteina UCP1. In queste aree non si osserva un aumento di fibre TH+ (8,5 ± 2,9
vs 11,43 ± 4,2; p = 0,9)
62
F
A
B
C
D
Fig. 17 PO di topi femmina adulti C57BL. A-B. IHC con anticorpo anti-UCP1 in topi mantenuti a 28°C
(A) e 6°C (B) per 10 giorni. C-D. IHC con anticorpo anti TH in topi mantenuti a 28°C (C) e 6°C (D) per
10 giorni. Scale BAR : A-B= 50 µm; C-D= 10 µm.
63
IV.4 Correlazione tra TH e UCP1. Confronto tra B6 e SV129
Analizzando i differenti depositi di entrambi i ceppi si e’ osservata una
correlazione positiva tra la percentuale di adipociti ML UCP1+ e la densità delle
fibre TH positive, la correlazione e’ maggiore negli animali esposti a freddo. In
particolare nei B6 a caldo la correlazione non e’ molto significativa.
TH Fiber density
(no. fibers/100adipociytes)
B6
r=0.81
70
P=0.03
60
50
40
28°C
6°C
30
20
10
0
0
20
TH Fiber density
(no. fibers/100adipociytes)
A
60
80
100
% Brown adipocytes UCP1+
70
r=0.81
60
P=0.0007
50
40
30
20
10
0
0
B
40
20
40
60
80
% Brown adipocytes UCP1+
64
100
r=0.73
P=0.05
TH Fiber density
(no. fibers/100adipociytes)
SV129
70
r=0.85
r=0.89
P=0.02
P=0.012
28°C
60
6°C
50
40
30
20
10
0
0
20
40
C
60
80
100
% Brown adipocytes UCP1+
r=0.8
P=0.0005
TH Fiber density
(no. fibers/100adipociytes)
70
60
50
40
30
20
10
0
0
D
20
40
60
80
100
% Brown adipocytes UCP1+
Fig. 18 Correlazione tra percentuale di ML UCP+ e densità di fibre parenchimali TH positive (numero
fibre/100 adipociti) presente nei diversi depositi adiposi dei due gruppi di animali
alle diverse
temperature ( A e C) e unione dei dati presentati in A e B di tutti i topi e i depositi (C e D).. linear
correlations were calculated using Spearman’s nonparametric test; r, spearman coefficent; p, probability.
Complessivamente negli Sv129 con l’esposizione a freddo si osserva che nelle
aree brune c’è stato un aumento significativo della densità di fibre TH positive
unicamente nell’IBAT, per quanto riguarda le aree miste nell’IBAT, nell’inguinale
e nel mesenterico. Nei B6 si ha una situazione differente, infatti l’aumento di fibre
TH nelle zone brune e’ significativo nell’ IBAT e nel PM, inoltre compaiono in
numero abbondante le fibre parenchimali nelle zone brune dei depositi Ascello-
65
Toracico, PM, PV e IR. Queste osservazioni riflettono l’ aumento di multiluculari
UCP1 positive in questi depositi.
IV.5 Presenza di adipciti Bruni Pauciloculari
La maggior parte degli adipociti osservati nei diversi depositi dell’ organo adiposo
dei topi C57BL negli animali a 28°C a parte nel mediastinico e nel cervicale
profondo, hanno la classica caratteristica degli adipociti bianchi UL non
immunoreattivi per la proteina UCP1.
In quasi tutti i depositi degli animali esposti al freddo sono state osservate sia le
classiche cellule brune multiloculari che il nuovo tipo di adipocita bruno descritto
gia’ da Barbatelli et al. (2010) come marker della Transdifferenziazione: la cellula
Pauciloculare. Quest’ ultima presenta caratteristiche intermedie tra la cellula UL e
quella ML sia per quanto riguarda la morfologia cellulare che quella dei
mitocondri. In questo lavoro le PL osservate sono per la maggior parte
immunoreattive per la proteina UCP1, ma se ne osservano anche di UCP1- a
sostegno del fatto che esistono differenti stadi che caratterizzano la
Transdifferenziazione bianco- bruna.
66
Fig. 19 Adipociti Pauciloculari presenti nel deposito parametriale di topi C57BL femmina a 6° C. IHC
per l’ anticorpo UCP1. Scale bar: 10µm
67
CAP.V
DISCUSSIONE
E’ ormai riconosciuto che l’ esposizione al freddo induce la comparsa di adipociti
Bruni nel WAT e questo fenomeno e’ stato descritto in vari studi, molti dei quali
hanno attribuito un ruolo fondamentale al background genetico (Cousin et al.,
1996; Guerra et al., 1998). In questo lavoro sono stati studiati i cambiamenti
cellulari dell’ intero organo adiposo del ceppo di topi C57BL dopo esposizione
cronica al freddo ed i risultati confrontati con quelli osservati in passato da
Murano et al., (2005) negli SV129, nei quali si era osservato che l’ acclimatazione
al freddo induce un incremento della componente bruna, senza pero’ influenzare il
numero totale di adipociti. Inoltre e’ stato verificato che il freddo attiva la via del
sistema nervoso verso l’ organo adiposo (Murano et al., 2008).
La prima
considerazione emersa dai risultati di questo lavoro e’ che l’organo adiposo
macroscopicamente è conformato in maniera identica in tutti gli animali esaminati.
Successivamente e’ stato osservato che similmente agli SV129, in questo ceppo
non esistono depositi completamente puri, cioe’ totalmente composti da adipociti
bianchi o bruni, ma in ogni deposito si trovano entrambi i citotipi, confermando il
concetto di Organo adiposo (Cinti, 2001; Cinti, 2002) e la sua presenza anche
nella razza C57BL/ 6J. A differenza del ceppo SV129 ed in linea con la tendenza
di questa specie a sviluppare obesità e le malattie ad essa correlate (Almind et
al.,2003, 2004; Fink et al., 2007), nella maggior parte dei depositi a caldo gli
adipociti più numerosi sono quelli UL. Sorprendentemente rispetto a quanto ci si
poteva aspettare, successivamente all’ esposizione ad una temperatura di 6°C nei
principali depositi ( sottocutaneo anteriore e addomino – pelvico) diventano molto
piu’ abbondanti le cellule multiloculari. Una cellula che appare ML al microscopio
ottico, quando viene osservata al microscopio elettronico mostra mitocondri che
68
sono quelli caratteristici dell’adipocita bruno. Questo è indipendente dall’
espressione della proteina UCP1 (Cousin et al., 1992; Cinti 2001; Cinti 2002).
Tutt’ oggi e’ aperto un dibattito su questo argomento: a differenza di coloro che
identificano gli adipociti bruni unicamente come cellule che esprimono l’UCP1
(Himms-Hagen, 1986; Nedergaard et al., 1986; Ricquier and Bouillard, 1986) il
nostro gruppo guidato dal prof. Saverio Cinti crede che l’espressione dell’UCP1
rifletta semplicemente l’attività termogenetica, e che l’adipocita bruno sia una
cellula con una sua particolare morfologia: un contenuto lipidico multiloculare e
mitocondri caratteristici come descritto in un recente lavoro di Barbatelli et al.,
(2010). Gli adipociti bruni dei topi UCP1 Knock-out sono multiloculari, mentre la
morfologia dei loro mitocondri è indistinguibile da quella degli adipociti bianchi
(dato non pubblicato Cannon and Nergaard). Inoltre, gli adipociti bianchi degli
aP2-UCP1, topi transgenici che esprimono l’UCP1 anche a livello degli adipociti
bianchi, sono uniloculari e i loro mitocondri sono simili a quelli degli adipociti
bruni (Rossmeisl et al., 2002). I preadipociti bianchi sono multiloculari solo nella
prima settimana di vita post-natale, cioè quando l’organo e’ in via di sviluppo e
comunque sono piccoli e facilmente distinguibili dagli adipociti maturi
(Napolitano, 1963; Hausman et al., 1981; Cinti et al., 1984; Cinti 2001; Cinti
2002). Gli adipociti ML che compaiono nel WAT dopo esposizione a freddo
esprimono UCP1 solo dopo 10 giorni in questa condizione, con un periodo di
transizione in cui e’ espresso solo l’ mRNA e non la proteina (Jimenez et al.,
2003; Cinti, 2005; 2006). Per queste ragioni noi crediamo che gli adipociti ML
dell’organo adiposo che abbiamo descritto in questo lavoro siano adipociti bruni,
termogeneticamente
ipofunzionanti
quando
sono
UCP1-negativi,
e
termogeneticamente attivi quando sono UCP1-positivi. Questo è in accordo con il
significativo incremento nel numero degli adipociti UCP1-positivi che si ha negli
animali esposti al freddo, ma occorre notare che in questo gruppo di animali non
tutti gli adipociti bruni sono UCP1-positivi proprio per il il fenomeno Arlecchino
(distribuzione non omogenea della positività dell’UCP1 dopo l’esposizione acuta
69
o cronica al freddo degli animali) (Cinti et al., 2001). Studi precedenti dimostrano
che negli animali esposti al freddo il tessuto adiposo bruno può dissipare calore ad
un potenza di 300-400 W/Kg di tessuto, e contribuire così per il 60-70% alla
termogenesi non- shivering (NST) (Foster & Frydman, 1979; Heldmaier &
Buchberger, 1985; Puchalski et al., 1987). Questo sottolinea l’importanza del
tessuto adiposo bruno nell’NST (non shivering thermogenesis) ma suggerisce
anche la presenza di altri meccanismi sconosciuti e siti di NST nell’organismo.
Inoltre non c’e’ da sottovalutare la funzione non termogenetica dell’adipocita
bruno dato che diversamente dalle specie transgeniche che non esprimono l’UCP1
(Enerback et al., 1997), quelle che non hanno il BAT e quelle che non esprimono i
recettori adrenergici diventano massivamente obese (Lowell et al., 1993; Bachman
et al., 2002, Kozak., 2008; Feldmann et al., 2009).
L’organo adiposo dei topi C57BL mostra una plasticità che si evidenzia anche nel
cambiamento della taglia e del colore dopo l’acclimatazione a freddo. Questo
cambiamento è correlato ad una modificazione nella composizione cellulare,
infatti il numero di adipociti ML aumenta significativamente, quello degli UL
diminuise significativamente della stessa proporzione, mentre il numero totale
degli adipociti resta invariato. Naturalmente il colore bruno che si osserva nei B6
non e’ cosi’ intenso come quello degli SV129 a freddo.
Il ridotto numero di adipociti UL non può essere stato causato da apoptosi o
necrosi visto che non sono presenti segni istologici (nuclei apoptotici, infiltrazione
macrofagica) (Kerr et al., 1994); inoltre il freddo provoca uno stimolo adrenergico
che ha azione protettiva sugli adipociti bruni (Nisoli et al., 2001) che sono molto
più sensibili all’apoptosi rispetto agli adipociti bianchi (Nisoli et al., 2000). E’
stato riportato in letteratura che compare apoptosi negli adipociti bianchi dopo
iniezione con leptina intra-cerebro-ventricolare (Gullicksen et al., 2003), e
l’apoptosi indotta da leptina può essere esclusa nel nostro caso visto che a freddo
si riduce la sua espressione (Trayhurn et al., 2001). In studi precedenti su ratti
esposti al freddo (Cousin et al., 1992; Morroni et al., 1995) e su ratti trattati con ß3
70
agonisti (CL 316.423) (Himms-Hagen et al., 2000), non sono stati rilevati segni di
apoptosi. Abbiamo osservato che le aree brune composte esclusivamente da
adipociti ML, dove presenti, hanno la tendenza a disporsi nelle zone centrali del
deposito adiposo, le aree bianche composte esclusivamente da adipociti UL si
dispongono alla periferia, mentre le aree miste composte sia da ML e sia da UL
hanno la tendenza a disporsi tra le aree brune e bianche. Le aree periferiche sono
composte da adipociti UL in modo che il calore prodotto dalle ML non venga
disperso ma vada nei vasi (Morroni et al., 1995). I B6 a caldo tendono a possedere
aree UL, miste, e in alcuni depositi anche brune, ma a questa condizione le ML
possiedono vacuoli lipidici molto piu’ grandi rispetto a quelle che osservate dopo
esposizione al freddo. Alla temperaura di 6°C iniziano a comparire le aree
completamente brune con ML costituite da vacuoli lipidici piccolissimi, segno che
l’ animale sta bruciando energia per produrre calore.
71
72
Fig. 20 Immunoreattivita’ per la proteina TH: IBAT di topi C57BL . A caldo : Zona Bianca (A)
, Mista (C) e Bruna (E) . A freddo : Zona Bianca (B) , Mista (D) e Bruna (F) . Barra =10 µm
Noi siamo a favore dell’ipotesi che la riduzione del numero degli adipociti bianchi
in presenza di un equivalente e simultaneo incremento degli adipociti bruni sia
dovuto ad una diretta trasformazione dell’adipocita bianco in adipocita bruno,
tramite transdifferenziazione, come dimostrato nei ratti trattati con CL 316.423
(Himms-Hagen et al., 2000). Cosi’ la zona mista si espande a discapito di quella
bianca. Certamente e’ presente un numero di adipociti bruni derivanti da
precursori e/o cellule staminali. Recentemente sono stati pubblicati i risultati di un
lavoro nel quale si afferma che il fenomeno principale che porta alla comparsa di
adipociti bruni nei depositi descritti come “Bianchi” e’ quello della
transdifferenziazione e lo sviluppo di nuovi adipociti bruni dai preadipociti appare
essere un fenomeno raro (Barbatelli et al.2010 ). Poiché il numero totale di
adipociti resta invariato, la riduzione di volume dell’organo adiposo si spiega con
la riduzione di volume delle ML (-16%) e delle UL (-66%). Il prevalente colore
chiaro dell’organo adiposo a 28°C può essere spiegato tramite la bassa percentuale
di ML UCP1 positive e la loro debole immunoreattività, quindi dallo stato
ipoattivo delle ML nei controlli (28°C). Questa ipoattivazione è anche associata
alla riduzione di volume, del numero mitocondriale e un minore sviluppo della
rete nervosa e vascolare, tutti fattori che contribuiscono al colore bianco dei tessuti
adiposi (Di Girolamo et al., 1998; Cinti 2001, Cinti 2002).
Confrontando questo lavoro con il precedente (Murano et al., 2005), si puo’
confermare che gli SV129 possiedono anche a condizioni di termoneutralita’ una
maggior quantita’ di tessuto adiposo bruno, infatti proprio questa sembrerebbe
essere una delle principali spiegazioni della resistenza di questo ed altri ceppi allo
sviluppo di un fenotipo obeso (Almind et al., 2006). L’ organo adiposo dei B6
dopo 10 giorni di esposizione al freddo
73
subisce un aumento di cellule
multiloculari molto piu’ significativo, soprattutto nel sottocutaneo anteriore,
dimostrando una inaspettata plasticita’, nonostante la loro tendenza a sviluppare
facilmente obesita’ e malattie correlate ad essa se alimentati con HFD. Infatti negli
Sv129 passando dal caldo al freddo si nota un aumento di espressione dell’ UCP1
del 22%, mentre nei B6 del 69%. Considerando che negli SV129 anche dopo
esposizione a freddo rimane piu’ elevato il numero di adipociti ML UCP1 + che
costituiscono in enrambe le condizioni il citotipo predominante, possiamo
affermare che nei B6 l’ organo adiposo possiede un’ elevata plasticita’.
Anche la trasformazione dell’ organo Adiposo dei topi C57BL sembra proprio
avvenire per transdifferenziazione. Con il passaggio da caldo a freddo infatti si
assiste ad un significativo aumento del numero degli adipociti ML (34.17 x 106 vs
92.48 x 106, p=0.011) e ad un equivalente riduzione del numero degli adipociti UL
(115.97 x 106 vs 68.91x 106, p=0.05), ma non ad un aumento significativo del
numero totale di adipociti (150.14 x 106 vs 161.39 x 106 , p=0.14). Negli animali
acclimatati al freddo, il volume degli adipociti ML e UL si riduce del 3% e del
27%; il valore di questa riduzione spiega l’aspettata riduzione di volume
dell’intero organo adiposo acclimatato al freddo . Questi dati sono a sostegno di
quanto recentemente pubblicato dal nostro laboratorio, infatti lo stesso andamento
e’ stato osservato studiando il comportamento dell’ organo adiposo degli Sv129
dopo esposizione al freddo (Murano 2005; Murano 2008). Il fenomeno della
transdifferenziazione e’ caratterizzato dal mantenimento dello stesso numero di
cellule e dalla diminuzione di volume dell’ intero organo giustificata dalla
diminuzione di volume degli adipociti sia bianchi che bruni.
Analizzando singolarmente i differenti depositi dell’ organo adiposo dei B6 e’
stato osservato che l’aumento di cellule ML metabolicamente attive e quindi
UCP1+ e’ significativo nel sottocutaneo anteriore e nell’ addomino-pelvico,
depositi che anche a caldo in quasi tutte le loro porzioni contengono sia adipociti
bianchi che bruni. La cosa interessante e’ che ad esempio nel Sottocutaneo
Posteriore ed il Mesenterico, depositi descritti classicamente come “ Bianchi”,
74
presentano una ridottissima quantita’ di ML UCP1+ a 28°C e dopo 10 giorni di
esposizione cronica a 6°C, non si osserva un aumento significativo di cellule ML,
tantomeno di quelle UCP1+, cosa che accadeva invece negli SV129. Questo dato
correla bene con il fatto che la resistenza di alcuni ceppi all’ obesita’ ed al diabete
indotto da dieta e’ attribuita proprio alla maggiore espressione di UCP1+ nei tipici
depositi bianchi. (Himms Hagen et al., 1994; Collins et al., 1997; Almind et al.
2006, Brian D. Fink et al., 2007, Guerra et al., 1998, Xue B. et al., 2005., Jimenez
et al., 2003, Xue 2007 J lip research). Ad esempio in un lavoro di Almind et al.
(2006) in collaborazione con il nostro laboratorio, la principale differenza tra le
due linee genetiche (SV129 e C57BL), cioe’ il piu’ elevato tasso metabolico negli
SV129, e’ spiegata almeno in parte con la presenza inaspettata di ML
metabolicamente attive all’ interno del tessuto adiposo bianco presente tra le fibre
muscolari della zampa. La quantita’ di UCP1 espressa in questo tessuto negli
Sv129 e’ di 9 volte piu’ alta rispetto a quella dei B6. Questo deposito
intermuscolare rappresenta meno del 10% di tutto l’ Organo adiposo, possiamo
pero’ osservare nello stesso lavoro che somministrando agli animali i β3 agonisti,
nel sottocutaneo e nel periepididimale (depositi bianchi) l’ espressione di UCP1
aumenta in modo significativo solo negli SV129, mentre nell’ IBAT si evidenzia
un incremento di UCP1 addirittura piu’ elevato nei B6. Questi dati concordano
con i risultati qui riportati, infatti nei depositi bianchi dell’ organo adiposo dei
C57BL come l’ inguinale, il periovarico o il mesenterico dopo esposizione cronica
al freddo non si osservano aumenti significativi di cellule UCP1 positive, che
addirittura sono assenti nel mesenterico, retroperitoneale e periovarico. Come
affermato da Sheila Collins (2004) questo potrebbe essere dovuto ad un difetto nei
recettori β3 in questo ceppo. A sostegno dell’ ipotesi che gli adipociti bruni che
compaiono nei depositi adiposi bianchi sia durante lo sviluppo che dopo
esposizione al freddo sono responsabili delle variazioni fenotipiche che portano
allo sviluppo di obesita’ vi sono anche i dati di Xue et al., (2005, 2007). Studiando
i depositi interscapolare e RP di topi C57BL e A/J (un altro ceppo resistente all’
75
obesita’) durante lo sviluppo neonatale, questo gruppo ha osservato come l’
espressione dell’ UCP1 nell’ IBAT non vada incontro a variazione nel tempo in
entrambe le linee: e’ espresso nel feto e continua ad esserlo durante l’ arco della
vita. Nel RP l’incremento di espressione di UCP1 compare in entrambe le linee a
10 giorni di vita, ma con una piu’ alta espressione negli A/J. Dai 20 ai 30 giorni di
vita le ML iniziano a diminuire nei B6, mentre negli A/J costituiscono ancora la
maggior parte delle cellule del RP. All’ eta’ di 2 mesi anche negli A/J si inizia ad
intravedere una scomparsa delle multiloculari, ma nel momento in cui gli animali
vengono messi a freddo per 7 giorni nel RP avviene un ripristino di ML UCP+ ,
questo non accade nei B6.
I topi di alcuni ceppi come C57BL/6J sono altamente resistenti all’ induzione di
adipociti bruni sotto stimolazione adrenergica, mentre altre linee come A/J e 129
sono molto sensibili, e arrivano a livelli di UCP1 nel Retroperitoneale simili a
quelli presenti nell’ IBAT. (Xue et al., 2005; 2007)
Le principali differenze osservate tra i C57BL e A/J riguardanti l’ espressione di
mRNa e proteina UCP1 suggeriscono che le analisi genetiche quantitative dei
patway di trascrizione e di segnale potrebbero rivelare come le naturali variazioni
genetiche siano capaci di realizzare l’ induzione selettiva di adipociti bruni nei
depositi bianchi sotto stimolo adrenergico. (Kozak., 2008)
Le differenze osservate tra
IBAT e depositi bianchi per quanto riguarda l’
espressione del fenotipo bruno degli adipociti suggerisce differenti meccanismi di
sviluppo cellulare nei due tessuti. Anche nell’ uomo adulto una sottopopolazione
di adipociti che sono stati programmati come adipociti bruni nel neonato
potrebbero similmente essersi trasformati in bianchi durante lo sviluppo
postnatale. Nell’ uomo adulto queste cellule “withe adipocites-like”,potrebbero
ancora potenzialmente avere la capacita’ di rispondere a stimoli adrenergici per
sviluppare nuovamente la loro funzione intrinseca di “Brown adipocites” e
contribuire alla dissipazione di energia sotto condizioni di bilancio energetico
positivo.
76
In un lavoro pubblicato nel 2004 (Collins et al.) si mette in evidenza come la
lipolisi e la termogenesi negli adipociti (fenomeni legati ad una aumento del
fenotipo bruno) siano influenzate dal Background genetico e regolate tramite il
Sistema nervoso. Il SN simpatico gioca un ruolo cruciale nel regolare l’entrata ed
il consumo di energia in molti mammiferi. Le catecolamine , la cui azione e’
regolata attraverso i recettori β adrenergici incrementano la lipolisi e riducono l’
accumulo di trigliceridi nel WAT, mentre aumentano la termogenesi nel BAT
risultando in un decremento dell’accumulo totale di grasso corporeo. Tutti e 3 i
tipi di recettori β adrenergici sono espressi dagli adipociti, ma soltanto i β3 sono
adipocita- specifici e i relativi livelli di espressione variano tra le specie. In quasi
tutti i modelli di obesita’ animali, la capacita’ dei recettori β3 nello stimolare la
lipolisi e’ compromessa.
E’ stato osservato un decremento dell’ mRNA dei β3 e β1 nei modelli animali
Lept ob, mentre non avviene nessuna modificazione nell’ espressione dei β2.
Questi cambiamenti sembrano essere responsabili dell’ incapacita’ di mobilizzare
il grasso accumulato in risposta a farmaci β agonisti . Un simile decremento di
espressione dei recettori β1 e β3 e’ stato osservato anche in altri modelli di
obesita’ congenita . La completa assenza dei recett β nei topi KO sostengono
queste osservazioni riaffermando la visione che questi sono i maggiori regolatori
dell’ attivita’ delle catecolamine nello stimolare la mobilitazione del grasso e la
termogenesi.
Come i modelli di obesita’genetica i B6 sottoposti ad HFD mostrano gravi difetti
nella funzione e l’ espressione negli adipociti dei recettori β3 mentre negli A/J,
ceppo resistente all obesita’, non si osserva questa anomalia.
A discapito di questi difetti nell’ espressione dei βAR nel tessuto adiposo, in certe
circostanze i β3 agonisti possono prevenire o migliorare l’ obesita’ e il diabete in
varie specie. Un importante punto che riguarda tutti questi studi e’ che anche la
capacita’ dei β3 agonisti di stimolare la lipolisi e la termogenesi e normalizzare la
glicemia e l’ iperinsulinemia dipende dal background genetico (Collins 2004). La
77
dieta ricca di grassi influenza negativamente l’espressione e la funzione dei
recettori adrenergici degli adipociti ( Collins et al., 1997). Infatti si puo’ dire che
un trattamento cronico con i β3 agonisti non previene l’ obesita’ o il diabete
indotto da dieta nella linea B6, al contrario di quello che avviene negli A/J che
inoltre mostrano elevati livelli di UCP1 anche nei tipici depositi bianchi. Quindi
l’effetto dei β3 agonisti potrebbe essere mediato dall’ induzione degli adipociti
bruni nei depositi bianchi . In sintesi il background genetico appare essere il
fattore chiave determinante sia nella propensione allo sviluppo dell’ obesita’ che
del diabete nei B6. Sebbene la principale funzione del BAT sia nei roditori che
nell’ uomo sia correlata alla termoregolazione, la capacita’ di prevenire l’ obesita’
farmacologicamente e contemporaneamente di reclutare il BAT nei tipici depositi
bianchi supporta l’ ipotesi che indica il ruolo del tessuto adiposo nella regolazione
della composizione corporea (Collins et al., 2004; Kozak, 2008).
Dall’esame delle fibre parenchimali TH (Tirosina idrossilasi) positive, enzima
coinvolto nella sintesi delle catecolamine, la cui espressione è correlata al tasso di
sintesi di noradrenalina nei nervi simpatici (Flatmark, 2000), si e’ osservato che
con l’esposizione al freddo aumenta significativamente il numero delle fibre
nell’intero organo adiposo nei B6 cosi’ come avviene negli SV129. Osservando i
valori del TH nei vari depositi e’ evidente come nelle due linee a 28°C e a 6°C
esista un gradiente di innervazione che aumenta passando dal bianco al bruno,
contemporaneamente la densità delle fibre parenchimali TH positive aumenta nei
diversi depositi all’aumentare del contenuto percentuale delle ML UCP1+, tranne
nei B6 a caldo dove non si trova una perfetta correlazione, che pero’ appare dopo
un’esposizione cronica al freddo.
La mobilizzazione degli acidi grassi dal tessuto adiposo bianco mediante
attivazione del SNS, è stata dimostrata tramite alti livelli nel plasma di epinefrina
e norepinefrina, incremento nelle urine dei derivati delle catecolamine, ed aumento
del turnover delle catecolamine (Landsberg & Young, 1983; Leduc, 1961). Poichè
a 6°C nel bianco scompaiono quasi completamente le fibre parenchimali TH
78
positive, crediamo che quest’ultimo rappresenti a 28°C la parte periferica che non
essendo raggiunta da fibre noradrenergiche è incapace di trasformarsi. Questo
significa che esistono zone UL che non hanno innervazione noradrenergica a caldo
e a freddo, però reagiscono ugualmente allo stimolo del freddo, infatti il volume
dell’adipocita UL si riduce di circa il 27%.
Probabilmente questa riduzione di volume è dovuta all’aumento di ormoni
lipolitici quali il glucagone e l’ACTH (ormone adrenocorticotropo) e al
decremento dell’insulina, che è un potente agente antilipolitico (Rochon &
Bukowiecki, 1990). Nel tessuto adiposo bianco di ratti esposti al freddo si è visto
che c’è un aumento dei recettori per il glucagone (Uehara et al., 1986). Come
osservato negli Sv129 le aree bianche trasformate in miste a 6°C raggiungono la
stessa densità di fibre parenchimali TH positive delle aree miste già presenti a
28°C
(inter-renale,
perivescicale,
parametriale)
o
addirittura
aumentano
significativamente (interscapolare, inguinale,). Per quanto riguarda il deposito
mesenterico negli SV129 si aveva un aumento delle fibre TH positive passando
dal caldo al freddo, mentre nei B6 non vi e’ alcuna differenza, cio’ correla con l’
assenza di cellule UCP1+. Osservando il tessuto adiposo bruno nel mediastinico,
che è composto sia a 28°C e sia a 6°C per la maggior parte da adipociti bruni,
quindi in assenza di transdifferenziazione, non si assiste ad un aumento di fibre,
esattamente come accadeva negli SV129. Resta da capire perché a 28°C questo
deposito è così riccamente innervato. La densità delle fibre parenchimali TH
positive espressa come numero di fibre/100 adipociti, subisce variazioni differenti
nei diversi depositi adiposi. Anche se in alcuni depositi tale densità non varia o
varia poco, poiché con l’esposizione al freddo aumenta il numero di adipociti ML,
e il numero di fibre noradrenergiche ha una correlazione positiva con il numero di
adipociti ML, aumenta significativamente il numero di fibre nell’intero organo
adiposo nei topi C57BL (p=0.004) cosi’ come negli SV129 (p=0.01) di circa 3
volte. Le molecole che regolano il riarrangiamento dei nervi e l’eventuale
neoformazione nel tessuto adiposo bianco che si trasforma in misto sono
79
sconosciute. Negli ultimi anni e’ stato dimostrato che gli adipociti bianchi
producono un fattore di crescita neuronale (Peeraully et al., 2004). Ora viene
riconosciuta al WAT la funzione di organo endocrino che secerne diversi ormoni
sotto il controllo, in molti casi, del tono simpatico (Rayner, 2001).
L’aggiustamento dei nervi area dipendente che si ha con l’esposizione al freddo
probabilmente non avviene per la mobilizzazione degli acidi grassi ma per la
modulazione della secrezione di molecole richieste per l’adattamento del
metabolismo corporeo. A tale proposito, un aspetto è quello delle possibili
differenze anatomo-funzionali che intercorrono tra i vari depositi adiposi (Cousin
et al., 1993; Di Girolamo et al., 1998), differenze che possono essere alla base di
ruoli diversi nel metabolismo energetico e possono suggerire funzioni locali
ancora ignote. Osservando il tessuto adiposo dei B6 e’ stato interessante notare
come, a livello ottico, siano state riconosciute molto abbondanti, soprattutto a
freddo le cellule brune Pauciloculari, gia’ descritte dettagliatamente anche al TEM
da Barbatelli et al., (2010). Questo tipo di cellula e’ stato definito come il Marker
della transdifferenziazione proprio per le sue caratteristiche
intermedie tra
adipocita bianco e brunosia per quanto riguarda la morfologia e struttura cellulare
che dei mitocondri (Barbatelli et al., 2010). E’ stato interessante notare anche nel
presente lavoro che non tutte le PL esprimono la proteina UCP1, a conferma che si
tratta di uno stadio intermedio di transdifferenziazione in cui la cellula e’ ancora
ipoattiva. In conclusione il presente studio conferma che il WAT e il BAT
costituiscono un singolo multi-deposito che per il 58% ha una localizzazione
sottocutanea, come era stato osservato negli SV129. Anche nei B6 i depositi sia a
28°C e sia a 6°C possiedono tre tessuti diversi per composizione e per
innervazione: il tessuto adiposo bruno generalmente situato nel centro del
deposito, il bianco alla periferia e il misto interposto tra i due. La prevalenza di
adipociti bianchi nell’organo adiposo di questa linea (B6) è in linea con la sua
conosciuta tendenza a svilupppare un fenotipo obeso se sottoposto ad HFD.
Nonostante
questa
caratteristica
derivante
80
dal
background
genetico,
l’acclimatazione a freddo dimostra la plasticità dell’organo adiposo anche nei
C57BL, in particolare la sua abilità nell’incrementare le aree brune e miste a
discapito di quelle bianche e la sua abilità nel riarrangiare e neoformare i nervi.
Dunque anche l’ organo adiposo dei B6 possiede una certa plasticita’ per quanto
riguarda il fenotipo cellulare , questa e’ evidentemente determinata dal fenomeno
di transdifferenziazione che e’ sotto il controllo del Sistema nervoso e dei recettori
β3 adipociti specifici, che non sembrano avere difetti nella linea C57BL se
alimentati con una dieta normale. Questa plasticita’ finora era stata attribuita
unicamente ai modelli animali resistenti ad obesita’ e diabete.
In conclusione questo lavoro va a sostenere quanto gia’ precedentemente
osservato dal nostro gruppo a favore della teoria della Transdifferenziazione
Bianco-Bruna.
Inoltre la dimostrazione recente della presenza di un tessuto adiposo bruno
metabolicamente attivo in alcuni depositi dell’ uomo adulto ( Cypess et al., 2009;
Zingaretti et al., 2009) suggerisce che questo fenomeno potrebbe essere di grande
interesse per il trattamento del diabete e obesita’ soprattutto alla luce del
documentato effetto antidiabetico e antiobesita’degli adipociti bruni (Almind et
al., 2006; Guerra et al., 2001, Feldmann 2009).
.
81
CAP.VI
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studio morfologico e quantitativo dell`organo adiposo di topi c57bl/6j