dottrina A CIASCUNA VERIFICA IL SUO VERBALE DI CONSTATAZIONE La Suprema Corte dice che la partecipazione del contribuente alla fase istruttoria prevista dall’art. 12, settimo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), e cioè la possibilità di comunicare agli organi di controllo, al termine della verifica da questi eseguita, le proprie osservazioni e richieste, è una fase che insorge soltanto quando la verifica si chiude con la redazione del verbale di constatazione. Questa redazione, e qui sta il problema che intendiamo esaminare, sarebbe obbligatoria soltanto quando si tratta di «ispezioni e verifiche fiscali eseguiti nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali industriali, agricole, artistiche o professionali» (1). Non sarebbe invece per nulla attuale nel caso delle c.d. verifiche «a tavolino», quando cioè si tratta di controlli effettuati «a seguito di segnalazioni, rapporti, comunicazioni ricevute da altri organismi od autorità, nell’ambito dei rapporti di cooperazione, ovvero direttamente dalla Polizia giudiziaria … ovvero nel caso di accertamento effettuato … in base a documenti ed elementi acquisiti a seguito di richieste, questionari od inviti». Secondo alcune Commissioni tributarie (2), l’attività di verifica deve invece sempre chiudersi, comunque si svolga, con la redazione del processo verbale di constatazione. Per conseguenza, la fase istruttoria prevista dal citato art. 12 della legge n. 212/2000 è un antecedente logico dell’avviso di accertamento. Il divario di posizioni non è di poco conto, dipendendo da esso la legittimità dell’accertamento che non sia stato preceduto da detta fase istruttoria. Il processo verbale di cui si parla è un documento ricognitivo di natura amministrativa (3). Di lui si oc(1) Così Cass., sez. trib., 26 settembre 2012, n. 16354, in Boll. Trib. On-line. (2) L’ultima tra queste, Comm. trib. prov. di Trento, sez. I, 2 gennaio 2013, n. 1, in Corr. trib., 2013, 957, con nota di F. TUNDO, Conferme sull’illegittimità dell’avviso di accertamento notificato senza preventiva consegna del PVC. Nello stesso senso, Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XII, 27 gennaio 2012, n. 4, in Boll. Trib., 2012, 947, secondo cui «qualunque attività di natura istruttoria diretta alla verifica della dichiarazione tributaria o tale da comportare l’esame in ufficio dei documenti prodotti dal contribuente stesso, su invito dell’Amministrazione finanziaria è qualificabile come attività di verifica. In sostanza, ai fini dell’osservanza del principio del contraddittorio, il contribuente deve essere posto in condizione di conoscere le rilevazioni eseguite e le constatazioni effettuate, per consentire al contribuente stesso di potersi difendere, presentando le opportune osservazioni». (3) Cfr. Cass, sez. III pen., 13 maggio 1997, n. 4432, in Boll. Trib. On-line. Il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza o dai funzionari degli Uffici finanziari, rientra nella categoria dei documenti extraprocessuali ricognitivi di natura amministrativa (art. 234 c.p.p.). Non è, infatti, un atto processuale, poiché non è previsto dal codice di rito o dalle norme di attuazione (art. 207 disp. att. c.p.p.); né può essere qualificato quale «particolare modalità di inoltro della notizia 726 Boll. Trib. 10 • 2013 cupa il sesto comma dell’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. «Di ogni accesso» si legge «deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute … Il contribuente ha diritto di averne copia». Anche l’art. 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, si occupa del verbale: «le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale» (4). Entrambe le norme dicono del modo in cui questa attività di verifica, enumerata a mo’ di limite, deve essere verbalizzata (5). Nulla dicono in relazione al tema che ci interessa, e cioè se esso verbale debba essere o meno redatto anche in occasione delle verifiche senza accesso nei locali del contribuente. La soluzione del quesito richiede pertanto un’analisi delle varie disposizioni che si interessano dell’argomento, non potendosi ritenere che il tutto possa risolversi sulla base del contenuto letterale della norma dell’art. 52 sopra riportata e, soprattutto, sulla base dell’idea che la stessa esaurisca la problematica in discorso. Ad esempio, i libri ed i registri in corso di scritturazione, dice l’art. 51, non possono formare oggetto di esibizione. La facoltà, per l’organo procedente, di «eseguirne o farne eseguire copie o estratti», attiene alla conservazione della prova e non tanto all’ispezione in quanto tale. Essi vanno dunque ispezionati all’interno dell’azienda. Ancorché non coercibile, nulla vieta che il contribuente possa produrre avanti all’Ufficio tali libri e registri per renderne possibile l’ispezione senza l’accesso di reato» (art. 221 disp. att. c.p.p.), in quanto i connotati di quest’ultima sono diversi. Nel momento in cui emergono indizi di reato, e non meri sospetti, occorre, però, procedere secondo le modalità prescritte dall’art. 220 disp. att. c.p.p. Ne deriva che la parte di documento, compilata prima dell’insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito. (4) Cfr. circ. 29 dicembre 2008, n. 1/G.d.F., in Boll. Trib., 2009, 378; e M. REGGI, Le nuove verifiche tributarie, Milano, 2000, 117. (5) Sul punto cfr. B. AIUDI, Brevi osservazioni sul processo verbale, in Boll. Trib., 1987, 561; e F. TUNDO, Processo verbale di constatazione a garanzia del contraddittorio nella fase di verifica, in Corr. trib., 2011, 2089, in nota a Cass., sez. trib., 12 maggio 2011, n. 10381, secondo cui «qualora sia stato effettuato un accesso nei locali destinati all’esercizio dell’attività o negli altri luoghi indicati dall’art. 52 Dpr 26 ottobre 1972 n. 633, i funzionari che hanno proceduto sono tenuti a redigere processo verbale secondo le indicazioni contenute nel comma 6 del medesimo art. 52, che non prescrive affatto, tantomeno a pena di nullità, che nello stesso debbano essere formulati rilievi o addebiti, essendo tale fase del procedimento finalizzata soltanto all’acquisizione di dati, elementi, notizie, successivamente utilizzabili dall’Amministrazione per l’emanazione dell’eventuale avviso di accertamento». dottrina nei suoi locali. Siccome all’interno della procedura di accertamento dell’imposta, il processo verbale è l’unico atto che svolge la funzione di prova dei fatti che in tale ispezione vengono acclarati, ne deriva che, se al termine di questa ispezione il verbale non venisse redatto, di questa non rimarrebbe alcuna traccia. A parte questo, certo è che il contenuto e le modalità di tale ispezione sarebbero identiche a quelle eseguite in occasione dell’accesso. Ancora. L’art. 24 della legge n. 4/1929 sopra riportato non fa alcuna distinzione in relazione al modo in cui le operazioni di verifica si svolgono. Dice solo che le violazioni alle leggi finanziarie debbono essere constatate mediante il processo verbale. La norma di cui all’art. 5-bis del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, nel testo introdotto dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2012, n. 133), prevede che «Il contribuente può prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4». Conditio sine qua non per usufruire di questa opportunità è l’esistenza di un verbale di constatazione. Difficile pensare che questa norma, contenuta nel decreto sull’accertamento per adesione, le cui regole si applicano «ad ogni controversia tributaria e, perciò, a ogni questione di fatto e diritto di estimazione semplice e complessa» (6), possa applicarsi soltanto alle violazioni che vengano accertate in occasione degli accessi nei locali del contribuente. La Corte di Cassazione è sempre stata restia a riconoscere l’obbligatorietà del contraddittorio amministrativo prima della notifica dell’avviso di accertamento (7). Anche in questo caso, la sua posizione si ferma all’analisi letterale delle disposizioni normative, nessuna delle quali impone all’Amministrazione finanziaria di farlo. Per quanto a nostra conoscenza, questa posizione risale alla sentenza della Corte di Cassazione n. 11094/1999 (8). Si discuteva di un avviso di accertamento che si basava sulle presunzioni legali collegate alle operazioni bancarie del contribuente. Durante la verifica, la Guardia di finanza aveva chiesto al contribuente di dimostrare che la determinazione del reddito imponibile teneva conto di tali operazioni. Pareva dunque normale che l’Ufficio non fosse obbligato a ripetere la fase dialettica che si era già svolta avanti a quest’ultima (9). A parte i principi di economicità dell’azione amministrativa, è certo che l’art. 63 del D.P.R. n. 633/1972 attribuisce alla Guardia di (6) Così F. GALLO, La natura giuridica dell’accertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2002, 435. (7) In relazione a queste problematiche cfr. F. FIORDALISI, Sull’applicabilità del termine di 60 giorni ex art. 12, settimo comma, della legge n. 212/2000, agli avvisi di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati, in Boll. Trib., 2012, 1247, con ivi gli opportuni richiami alla giurisprudenza e alla dottrina. (8) Così Cass., sez. I, 6 ottobre 1999, n. 11094, in Boll. Trib., 2000, 220; questa la massima: «nessuna norma impone la convocazione del contribuente in sede amministrativa, prima dell’accertamento, per giustificare le operazioni bancarie oggetto di verifica; ciò in quanto l’ufficio può sicuramente agire, con il ritiro eventuale del provvedimento nella fase di autotutela, in caso di osservazioni e/o giustificazioni proposte dall’interessato anche dopo il suo intervento nella stesura del verbale di constatazione della Guardia di finanza». (9) Cfr. B. AIUDI, Rilevanza presuntiva delle movimentazioni bancarie ed interpello del contribuente, in Boll. Trib., 2000, 165. finanza il potere di procedere «secondo le norme e con le facoltà di cui agli articoli 51 e 52 alle operazioni ivi indicate» (10). Per strano che possa sembrare, la sentenza è poi divenuta il paradigma della tesi volta a negare tout court la necessità del preventivo interpello del contribuente. Si è venuto così affermando che la legittimità dell’accertamento non è per nulla subordinata al preventivo interpello del contribuente volto a instaurare il contraddittorio amministrativo. Posizione, questa, da ultimo confermata dalla Corte di Cassazione (11) secondo cui l’accertamento basato sulla utilizzazione dei dati relativi alle movimentazioni bancarie è legittima «ancorché senza previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, atteso che la legge tributaria lo prevede come mera facoltà dell’amministrazione tributaria e non già come obbligo» (12). Se la convocazione del contribuente non condiziona dunque l’applicazione della presunzione legale prevista dall’art. 52, secondo comma, del D.P.R. n. 633/1972 (13), ciò significa che questa fase volta a consentire al contribuente di fornire i necessari chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei suoi conti bancari, deve essere necessariamente effettuata in sede contenziosa. Un accertamento che scambia, ad esempio, per ricavi tutte le operazioni finanziarie annotate nelle colonne “dare” e “avere” di un mastro di conto corrente, volutamente omettendo l’accertamento della condizione di legge per rendere operante una tale presunzione, questo impone: ricorrere al giudice tributario per risolvere una questione prettamente amministrativa (14). (10) Cfr. circ. 19 ottobre 2006, n. 32/E, in Boll. Trib., 2006, 1617, «qualora tale fase dialettica sia stata svolta con l’intervento di altro organo competente e, segnatamente, dalla Guardia di finanza, il contributo offerto da tale contraddittorio, se ritenuto appagante per l’analisi dell’ufficio, esonera quest’ultimo dalla successiva ripetizione dell’esperimento, semprechè formalizzato in un processo verbale. Peraltro siffatta interpretazione, oltre a rispettare i principio di economicità, efficienza, efficacia e trasparenza dell’azione amministrativa, si rivela altresì coerente con lo stesso dettato normativo che prevede - sia d’iniziativa che su richiesta dell’ufficio - la collaborazione della Guardia di finanza, tanto ai fini istruttori che repressivi, estendendole norme e le facoltà di cui agli artt. 51 e 52 del Dpr n. 633 del 1972 e dell’art. 32 del Dpr n. 600 del 1973 e, quindi, chiaramente, coinvolgendola anche per l’instaurazione del contraddittorio». (11) Cfr. Cass., sez. trib., 10 gennaio 2013, n. 446, in Boll. Trib. On-line. (12) Nello stesso senso, tra le altre, era andata Cass., sez. trib., 7 settembre 2007, n. 18868, e, prima ancora, Cass., sez. trib., 16 settembre 2005 n. 18421, entrambe in Boll. Trib. On-line. (13) Così Cass., sez. trib., 2 dicembre 2005, n. 26293, in Boll. Trib. On-line. (14) Vero quanto afferma (è possibile dubitare?) Corte Cost. 24 luglio 2009, ord. n. 244, in Boll. Trib., 2009, 1724, con nota di F. BRIGHENTI, Avviso di accertamento anticipato: è nullo se manca la motivazione sull’urgenza, che il procedimento di accertamento tributario non ha natura processuale, esso dovrebbe concludersi nella fase amministrativa senza appendici o code obbligatorie nella fase processuale. Il ricorso che ne segue non si caratterizza pertanto come libera espressione del diritto di difesa, ma come strumento atto a completare l’istruttoria deputata alla emanazione dell’atto impositivo. E ciò senza dire che quando la legge dispone l’applicabilità di determinate presunzioni: «se il contribuente non dimostra, che ne ha tenuto conto, ecc.» ci si trova di fronte ad un periodo ipotetico costituito da una proposizione subordinata condizionale «se il contribuente non dimostra», e dalla sua reggente «i dati sono posti a base delle rettifiche». In tale periodo, la proposizione condizionale che contiene l’ipotesi esprime la condizione da Boll. Trib. 10 • 2013 727 dottrina Un atto di questo genere è tutt’altro rispetto al principio di legalità e imparzialità dell’azione amministrativa (15), e stravolge il principio secondo cui l’accertamento è l’anello finale di un’attività istruttoria condotta sulla base delle regole di cui agli artt. 37 del D.R.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 51 del D.P.R. n. 633/1972. Condizione che di certo non ricorre se l’Amministrazione finanziaria rimette deliberatamente alla fase contenziosa, con ciò rendendola obbligatoria, l’acquisizione di quelle circostanze di fatto, positive o negative, necessarie a rendere compiuto il suo argomentare. E questo senza dire che, così facendo, si fa correre al contribuente un rischio del tutto nuovo e singolare: non riuscire a dimostrare, per ragioni di stampo prettamente processuali, l’onere probatorio che gli compete. Chi pratica il processo tributario conosce perfettamente l’attualità di questo asserto. Rischio, questo che mal si concilia, sul piano della parità di trattamento, rispetto a chi questo onere è invece chiamato ad assolvere di fronte ad un funzionario dell’Amministrazione che si apre alla conoscenza delle circostanze che il contribuente gli sottopone con spirito di leale collaborazione e senza i condizionamenti e le formalità che caratterizzano il processo. Il fatto che, come prova a minimizzare la Corte di Cassazione (16), il contribuente potrebbe fornire all’Ufficio dati e informazioni anche dopo la notifica delcui dipende quanto si afferma nella proposizione reggente; nel caso specifico, «i dati sono posti a base delle rettifiche», esprime la conseguenza che deriva dal realizzarsi della condizione «se il contribuente non dimostra». In un periodo così congegnato, l’ordine cronologico delle due azioni vuole dunque che l’ipotesi prevista nella proposizione reggente, e cioè l’utilizzazione dei dati bancari ai fini dell’accertamento, segua la mancata dimostrazione da parte del contribuente della circostanza sopra riferita e cioè che le operazioni bancarie hanno partecipato al calcolo della base imponibile ovvero che non avevano rilevanza a questo fine. In questo senso pare evidente che l’asserto della Corte di Cassazione, laddove tende a svalutare l’ordine temporale delle due azioni, indifferente essendo il fatto che i dati bancari siano posti a base delle rettifiche e degli accertamenti prima ancora che al contribuente sia stata offerta l’opportunità di «conciliarli» con il contenuto della sua dichiarazione, si pone in contrasto con il tenore letterale della norma. (15) A questo proposito F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Torino, 2011, 167, dice che «il contraddittorio nei procedimenti amministrativi è … obbligatorio secondo il diritto dell’Unione europea. Ed è tale anche secondo il diritto interno perché l’art. 1 della legge 241 richiama i principi dell’ordinamento comunitario. Inoltre, l’obbligatorietà del contraddittorio deriva dai principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione sanciti dall’art. 97 Cost.». Sulle garanzie del contribuente derivanti dai principi generali dell’ordinamento, e in particolare sul principio di coerenza (ex art. 3 Cost.), di legalità (ex art. 23 Cost.) e di imparzialità (ex art. 97 Cost.) cfr. F. MOSCHETTI, Procedimenti tributari e garanzie del cittadino, Padova, 1984, 48. (16) Cfr. Cass., sez. trib., 3 agosto 2012, n. 14026, in Boll. Trib. On-line, secondo cui «è legittima l’utilizzazione da parte dell’Amministrazione finanziaria dei movimenti dei conti correnti bancari … intercorsi tra la banca ed il contribuente anche se questo non è stato previamente convocato per giustificare le operazioni oggetto di verifica, sia perché nessuna norma impone in via generale l’obbligo di previa convocazione prima dell’accertamento, sia perché non subisce pregiudizi il diritto di difesa del contribuente, che può essere esercitato non solo nella fase contenziosa, ma anche subito dopo l’accertamento, mediante la procedura di definizione con adesione, durante la quale sono sospesi il termine per l’impugnazione dell’avviso di accertamento, il termine per eseguire il pagamento dell’imposta e la stessa iscrizione a ruolo delle somme liquidate, così da consentire al contribuente di fornire dati ed informazioni al fine di sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela della p.a.». 728 Boll. Trib. 10 • 2013 l’accertamento, per «sollecitare l’attivazione dei poteri in autotutela», elude semplicemente il problema. Di certo, non lo risolve. Ancora. A differenza di quanto avviene nel processo civile, il cui giudice è chiamato ad accertare, in reciproca posizione di parità fra le parti, la consistenza del rapporto oggetto di giudizio, nel processo tributario entra in gioco un atto impositivo capace sin da subito di incidere nella sfera patrimoniale del contribuente attraverso l’immediata riscossione dell’imposta accertata. Un effetto di questo genere presuppone evidentemente che l’iter amministrativo che ha portato alla emanazione dell’atto impositivo si sia svolto in conformità alle norme e ai principi sopra menzionati. La posizione assunta dalle Commissioni di merito, per cui l’attività di verifica deve sempre concludersi con la redazione del verbale di constatazione, e questo sia quando essa verifica si svolge presso la sede del contribuente che presso l’Ufficio impositore, rappresenta una sorta di rivoluzione copernicana. Se, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 16354/2012 sopra citata, la redazione del verbale di constatazione diventa un obbligo che si collega ad ogni verifica, e dunque non soltanto a quelle che si svolgono previo accesso degli agenti presso la sede del contribuente, la questione della effettività del contraddittorio intesa come forma di partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento, può dirsi risolta. Il passaggio chiave della questione è questo. Se il contribuente viene posto nella condizione di conoscere le risultanze a suo carico attraverso la consegna del verbale di constatazione, egli può utilizzare la facoltà prevista dall’art. 12 della legge n. 212/2000 con la presentazione di eventuali memorie, documenti e quant’altro da lui ritenuto necessario per l’accertamento della realtà dei fatti (17). Sul contraddittorio si sono recentemente pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (18). Si discuteva degli studi di settore, ma il monito finale ne supera di gran lunga i confini. Il contraddittorio, si legge, «deve ritenersi un elemento essenziale e imprescindibile (anche in assenza di una espressa previsione normativa) del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa». L’inciso fra parentesi «anche in assenza di una espressa previsione normativa», deve essere opportunamente evidenziato. Se il contatto dialettico con il contribuente è un «elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento», questo significa che solo offrendo a quest’ultimo l’occasione per allegare quanto necessario per far emergere la realtà economica della sua attività, l’azione amministrativa diventa legittima. Se questo non si fa, se si fa strada l’idea che le (17) Per F. TUNDO, Illegittimo l’avviso di accertamento emanato dopo gli accessi in assenza del verbale di chiusura, in Corr. trib., 2013, 28, «attraverso il micro procedimento introdotto dallo Statuto il contribuente può, con uno sforzo più intenso, introdurre elementi valutativi più articolati di quelli offerti in sede di verifica nonché argomentazioni in diritto, precedenti giurisprudenziali, punti di vista della dottrina, al fine di convincere l’Amministrazione della correttezza del proprio comportamento e della fondatezza delle scelte effettuate». (18) Così Cass., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26635, in Boll. Trib., 2010, 303, con nota di M. PROIETTI, Presunzioni semplici quelle di parametri e studi di settore: la lettura costituzionalmente orientata delle Sezioni Unite. dottrina ragioni dell’erario consentono l’immediata notifica dell’avviso di accertamento, si finisce con lo scaricare sul giudice tributario funzioni e competenze diverse da quelle che gli appartengono, quali quelle di amministrazione attiva. Funzioni che, come la Consulta ha ricordato nella citata ordinanza n. 244/2009, per nulla gli competono. Non per niente, la novella dell’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sul contenzioso gli ha sottratto i poteri istruttori del vecchio testo, limitandoli a quelli necessari a conoscere «i fatti dedotti dalle parti». Così rendendo chiaro che il suo compito è soltanto quello di valutare le ragioni ed il profilo probatorio che sono alla base dell’accertamento oggetto di giudizio (19). Nel codice di procedura penale, alla cui disciplina l’art. 70 del D.P.R. n. 600/1973 rinvia «per quanto non è diversamente disposto», è previsto che la conclusione delle indagini preliminari venga comunicata al soggetto indagato con apposito avviso. In questo avviso, dice l’art. 415-bis c.p.p., deve essere espressamente specificato «che l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio». Si dirà che il pubblico ministero deve svolgere, in ottemperanza dell’art. 358 c.p.p., anche «accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta ad indagini». Il fatto che l’indagato sia chiamato a contribuire a queste indagini con eventuali allegazioni, rientra dunque a pieno titolo in questo spirito di ricerca della realtà dei fatti. Se questo è vero, è altrettanto vero che anche l’Amministrazione finanziaria deve cercare la verità quando indaga sul presupposto d’imposta previsto dalla legge. A fronte dell’art. 2 Cost., laddove si richiede al cittadino «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», c’è infatti l’art. 23 (19) Sui poteri istruttori delle Commissioni tributarie cfr. E.A. SEPE, in A. AMATUCCI - F.M. D’IPPOLITO (a cura di), Sistema di garanzie e processo tributario, Napoli, 2005, 245; e B. AIUDI, I poteri istruttori delle commissioni tributarie. Osservazioni sulla prova testimoniale, in Boll. Trib., 1993, 1349. il quale aggiunge che questi doveri di solidarietà non possono essere imposti «se non in base alla legge». L’art. 12 della legge n. 212/2000 laddove prevede che «il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori» ricalca esattamente questa logica. Anche qui, al pari di quanto avviene avanti al magistrato penale, si vuole garantire che la notifica dell’avviso di accertamento avvenga previa la opportuna valutazione critica delle osservazioni del contribuente (20). Per ottenere ciò, per garantire l’opportuna cooperazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente, bisogna superare l’idea che il contraddittorio sia legato alle sole ipotesi in cui la legge esplicitamente lo richiama, come ad esempio nell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 sulle disposizioni antielusive. La corretta applicazione del principio alla base dell’art. 12 della legge n. 212/2000 vuole che, come ha anche ricordato la Corte di Giustizia europea (21), i soggetti destinatari di provvedimenti impositivi siano «messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione». L’obbligo di procedere in questo modo, prosegue la Corte, incombe sulle Amministrazioni «quand’anche la normativa comunitaria applicabile non preveda espressamente siffatta formalità». In conclusione, se da un lato è vero che il primo obiettivo del contraddittorio è quello di tutelare il contribuente nei confronti di pretese erariali non debitamente istruite, è altrettanto vero che questo è anche l’esatto interesse dell’Amministrazione finanziaria la quale ha tutto il vantaggio, attraverso la partecipazione attiva del contribuente al procedimento di formazione dell’atto definitivo, di pervenire in tempi rapidi alla determinazione dell’obbligazione tributaria in conformità alla reale capacità contributiva del medesimo. Bruno Aiudi (20) Sulla illegittimità dell’avviso di accertamento che omette di valutare le memorie difensive, cfr. Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, sez. IV, 1° febbraio 2012, n. 10, in Boll. Trib. On-line. (21) Cfr. Corte Giust. UE, sez. II, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, in Boll. Trib. On-line. Boll. Trib. 10 • 2013 729