a cura di Gianna Di Caro
Docenti imegnatii nelle attività di laboratorio:
- Renata Andruccioli
- Rosa Maria Bacchini
- Fiammetta Baldacci
- Luisa Barbiani
- Elena Castellari
- Luigi Gobbi
- Paride Principi
- Rosalba Ugolini
LABORATORIO DI STORIA
1) Che cosa è il laboratorio di storia
È un'attività di lettura e di interpretazione di fonti storiche svolta dagli studenti in
classe come metodo di apprendimento della storia in forma attiva e coinvolgente. Chiama
in causa le capacità degli allievi, ponendoli di fronte ad un problema da risolvere,
formulando ipotesi e argomentandole. Introduce pertanto, in forma sistematica e
programmatica, una innovazione metodologica che tende a rompere la sequenza
spiegazione-interrogazione spesso causa di apprendimento puramente meccanico e
scarsamente motivante. Modificando la tipologia dei documenti e il livello di problemi a
seconda dell'età e del grado di scuola, il laboratorio è praticabile in ogni tipo di istituto.
Sul piano storiografico tiene presente, nell'ambito dei programmi ministeriali, le
diverse "storie": storia politica, economica, sociale, culturale e della mentalità. Vengono
così messe a fuoco, di volta in volta, le diverse sintassi che entrano a costruire il
"codice" della storia. Ciò significa che un documento può essere letto prevalentemente
come fonte per la storia della mentalità, o della storia economica, e così via, a seconda
della sua tipologia e delle chiavi di lettura che si decide di utilizzare.
2) Giustificazione teorica del laboratorio di storia
2.1 - La psicologia dell'apprendimento
Ogni metodo ha, ovviamente, dei riferimenti teorici che lo giustificano e sul quale
poggia la sua validità. Nel caso del laboratorio essi vanno individuati in due ambiti :
1 - una tradizione di psicologia dell'apprendimento che privilegia i processi di
interazione sociale della conoscenza;
2 - una riflessione metastorica relativa alle procedure argomentative ed esplicative che
sono proprie del discorso storico.
Rispetto al primo punto ci si è richiamati ad una linea di ricerca propria di un gruppo
di psicopedagogisti che fanno capo al Dipartimento dei Processi di sviluppo e
socializzazione dell'Università di Roma "La Sapienza". Come scrivono nell'opera che
raccoglie i risultati dell'indagine (Clotilde Pontecorvo, Anna Maria Ajello, Cristina
Zucchermaglio,
Discutendo si impara. Interazione sociale e conoscenza a scuola, Carrocci, Roma 1998,
6^ ristampa), la ricerca ha come fondamento teorico una istanza costruttivista che si
propone di studiare l'evoluzione delle conoscenze e il cambiamento concettuale. A questo
scopo mette in primo piano i soggetti, gli allievi, “per sapere "quello che sanno",
utilizzando il contesto naturale della comunicazione didattica come situazione ecologica
per lo studio dello sviluppo”. Le ricercatrici sottolineano i diversi contributi disciplinari che
sono confluiti nella loro ricerca, a testimonianza della complessità del fenomeno studiato
(pedagogia, filosofia, sociolinguistica, psicologia). Nella presentazione di Discutendo si
impara dichiarano di avere espresso ”un'opzione per un tipo di interazione caratterizzata
dalla discussione, dal confronto delle opinioni, dalla produzione di argomentazioni. È un
modo particolare di vedere l'interazione sociale a scuola: non un qualsiasi tipo di
interazione, ma un'interazione di tipo argomentativo che può essere creata, in una
varietà di contesti comunicativi e su una varietà di argomenti e contenuti disciplinari,
nell'ambito di un contesto sociale, quale è quello della scuola, finalizzato alla trasmissione
e costruzione della conoscenza”.
Clotilde Pontecorvo nell'introduzione all'opera citata ricorda i contributi determinanti di
Vygotskij e di Bruner nella psicologia dello sviluppo e dell'apprendimento. Il riferimento a
Vygotskij (L.S. Vygotskij, Pensiero e linguaggio, 1934) si richiama al concetto della
mediazione sociale nello sviluppo cognitivo; in Bruner (J. Bruner, Cultura e sviluppo
umano, 1986) il principio che viene valorizzato è l'idea della costruzione della conoscenza
mediata da strumenti culturali (da sistemi di segni e da sistemi simbolici). Dalla tradizione
psicologica di cui Vygotskij e Bruner sono esponenti deriva una concezione di
apprendimento intesa essenzialmente come costruzione che mette l'accento su aspetti
non puramente trasmissivi del sapere. Costruire la conoscenza significa trovarsi in una
situazione problematica, avere gli strumenti per capire il problema e avanzare le ipotesi
di soluzione. Ciò comporta l'attività del soggetto che mette in gioco tutte le funzioni che
sono abitualmente parte della vita scolastica, come l'ascolto, la lettura, il domandare, il
riflettere, il formulare eventuali risposte.
Nel campo dell'insegnamento della storia la ricerca, condotta da Hilda Girardet, si è
svolta nel corso di alcuni anni (nel 1983, 1987, 1989, 1991) ed ha avuto come
campo d'indagine la scuola elementare. Sono state esaminate modalità di
spiegazione storica nel corso dell'analisi di fonti storiche da parte di bambini di 10-11
anni.
Il lavoro è stato poi ripreso e commentato in un saggio a cura di Clotilde Pontecorvo La
condivisione della conoscenza (La Nuova Italia, Firenze 1993).
Non possiamo non rilevare l'enorme distacco tuttora esistente tra il livello d
elaborazione teorica raggiunto dalla ricerca in alcune sedi universitarie e le difficoltà con le
quali i suoi risultati vengono fatti propri dalle scuole, o, quantomeno, analizzati e discussi.
Mancano evidentemente gli strumenti ed i raccordi che rendono possibile il rapporto
scuola-università, prassi scolastica e ricerca. Non a caso nel saggio Forme di
ragionamento condiviso nella comprensione di argomenti storici (Clotilde Pontecorvo,
Hilda Girardet e Cristina Zucchermaglio) nell'opera citata si scrive ”Se l'apprendimento è
soprattutto un processo di costruzione sociale delle conoscenze e competenze, cioè "un
ingresso nella cultura tramite il sostegno dei membri più competenti" (Bruner, 1986) ciò
che viene appreso in un contesto sociale sono anche le procedure culturali di
ragionamento. Le caratteristiche sociali e costruttive dei processi di apprendimento sono
ancora largamente sottovalutate o non considerate nella maggior parte dei contesti
educativi: per questa ragione, volendo studiare i processi sociali di acquisizione delle
conoscenze abbiamo costruito (e inserito in un contesto scolastico) contesti di
apprendimento innovativi che abbiamo definito discussioni: questi contesti hanno
permesso ai bambini di praticare un apprendistato cognitivo alle modalità culturali di
ragionare e argomentare” (Collins, Brown, Newman, 1989).
L'ultima ricerca di cui si ha notizia nel campo dell'insegnamento della storia, condotta
con questi criteri, è stata realizzata nel 1991 in due classi della stessa scuola elementare,
con due diversi insegnanti; sono stati studiati 39 allievi inseriti in due quarte elementari, di
una scuola romana, dall'età media di 9 anni e mezzo. Le discussioni, registrate, sono
state analizzate sia sotto il profilo delle operazioni argomentative sia sotto quello delle
procedure epistemiche e si possono vedere nell'opera sopra citata.
Rimanendo ancora nel campo della psicologia dell'apprendimento un testo
fondamentale per l'attuale lavoro è stato l'opera di H. Gardner, Sapere per comprendere
(Feltrinelli, Milano 1999) da cui si ricava una chiara definizione del concetto di
comprensione. Scrive infatti Gardner che si ha ”comprensione di un concetto, di
un'abilità, di una teoria, di un campo del sapere, quando si è in grado di applicare
opportunamente tale comprensione in una situazione nuova”.
Nel campo della storia si ha comprensione quando, di fronte ad un fenomeno storico
ci si chiede quale sia il suo significato, perché i soggetti hanno agito in quel determinato
modo, quali erano i vincoli e le possibilità implicite in quella situazione, come facciamo a
sapere ciò che è necessario conoscere per rispondere a queste domande. La
comprensione storica non è pertanto l'equivalente del possesso di un insieme di
informazioni, non più di quanto la comprensione dei testi letterari sia il semplice possesso
di un repertorio di titoli e di nomi, o la competenza della lingua latina sia la pura
conoscenza di regole morfosintattiche.
Nella comprensione storica sono implicite sia procedure di spiegazione che
dipendono da modelli di causalità diversi da quelli di ordine fisico, sia ricostruzione di
contesti spesso complessi, considerati a diversi livelli descrittivi e di profondità. Per lo più
si tratta di spiegazioni che sono incorporate nella struttura del discorso come parte
integrante della ricostruzione del passato, comunicata nella tipica forma argomentativa
del ragionamento storico. Non sempre accade che nello studio della storia, come
processo lineare e sequenziale, scarsamente problematizzato, emergano proprio questi
procedimenti esplicativi che costituiscono il tessuto stesso delle vicende, ciò che dà loro
significato, rendendole intellegibili. Il che cosa è successo prevale quasi sempre sul
come, sul perché e anche quando le spiegazioni sono date la loro struttura implicita ne
impedisce la problematizzazione. Non si produce così quell'apprendimento che
chiamiamo comprensione e che consiste nella capacità di ricostruire quella tessitura
complessa di azioni strategiche e di contesti molteplici (economico, sociale, politico, ecc.)
nell'ambito dei quali l'agire storico diventa comprensibile. D'altronde dobbiamo tener
presente che nessuna sequenza fattuale può essere conosciuta (a nessuna età) senza la
messa in opera di particolari strategie cognitive, magari già collaudate in altri ambiti. Per
questo le spiegazioni a cui gli allievi ricorrono nascono da una semplificazione che mette
in atto giudizi categoriali di tipo oppositivo, decontestualizzati e riduttivi: la coppia
buono/cattivo finisce così spesso per essere il modello più usato nella spiegazione
storica (a cui può talvolta affiancarsi quella di intelligente/stupido, e simili): la spiegazione
storica si riduce ad una attribuzione categoriale, lontana da qualunque effettiva
comprensione del fenomeno. Questo procedimento è d'altronde favorito dalla natura
stessa della comunicazione sociale dei mass-media che, fondata sulla notizia, è
necessariamente decontestualizzata e semplificata, oltre ad essere accompagnata da un
forte impatto emotivo.
La complessità della comprensione storica al contrario deriva in buona parte dalla
necessità di tenere insieme le azioni degli uomini, individuali e collettive, e i contesti in cui
esse si svolgono. In altri termini, la spiegazione deve essere contestualizzata.
Un'altra forma di semplificazione, meno rozza della precedente, ma altrettanto
negativa ai fini della comprensione dei processi storici, consiste nel dividere motivazioni e
intenzioni da un lato, e contesti e scenari dall'altro. Il risultato di questa separazione porta
a leggere le motivazioni dei soggetti storici ricorrendo sempre a categorie puramente
valutative (buono/cattivo), sganciate da qualunque riferimento contestuale, in modo tale
che gli attori sembrano recitare sempre la stessa scena, con poche varianti, su un
palcoscenico di cui cambiano solo i "fondali". Da qui l'idea di una sorta di inutilità della
conoscenza storica che appare come un succedersi di azioni in cui si celebra da un lato il
trionfo della potenza e, dall'altro, la catastrofe degli sconfitti, vicende alterne delle "umane
genti" per dirla con linguaggio foscoliano. L'altro risultato di questa divisione è la
conoscenza dei contesti, descritti come scenari "remoti", come il luogo delle "cause" o
come strutture analizzate secondo la logica di sistemi autoregolantisi. Questo tipo di
spiegazione si esprime spesso ad un tale livello di generalizzazione, favorito dall'uso di
modelli tratti dalle scienze sociali, da rendere molto difficile vedere i nessi con le azioni
concrete degli uomini, o, nei casi estremi, da far scomparire addirittura dalla scena gli
stessi soggetti che diventano funzioni della struttura. (Così , ad esempio, se il
macrosistema economico è autoregolantesi, gli uomini sono non più soggetti, ma funzioni
del sistema stesso). Pertanto, se le azioni sganciate dal contesto slittano inevitabilmente
lungo la china delle spiegazioni puramente categoriali-valutative, i contesti senza gli attori
tendono a suggerire l'idea di cause puramente meccanicistiche che operano
indipendentemente dalla volontà degli uomini. Nel primo caso la ricostruzione del passato
si svolge in chiave prevalentemente soggettivistica e volontaristica; nel secondo si
esprime secondo una visione orientata in senso deterministico. In entrambi i casi si perde
ciò che è specifico della comprensione storica: la ricostruzione critica del passato che
ne metta in luce i nessi problematici, le articolazioni interne, i vincoli di realtà che
hanno condizionato i soggetti, il campo delle scelte.
La complessità della spiegazione storica è illustrata chiaramente da G. Leinnard
(Weaving Instructional Explanations in History, 1990); le procedure seguite da un
insegnante che intenda suggerire la spiegazione di un fenomeno storico, secondo lo
studioso americano, possono essere così indicate: in primo luogo viene presentata la
sequenza narrativa di ciò che è accaduto; vengono messi a fuoco i soggetti storici
(movimenti, individui, popoli, ceti, classi, stati, ecc...); le strutture che caratterizzano il
fenomeno (le varie forze in gioco, politiche, economiche, sociali...); i temi interpretativi di
lungo periodo (i processi, le relazioni); i metasistemi della storia, ossia i tipi di analisi, di
fonti, di controllo delle fonti che sono le procedure proprie dello storico di professione. In
questo percorso le operazioni didattiche sono diverse e non affrontabili tutte insieme o
concentrate nel breve periodo. Tuttavia, se non si tiene presente che una spiegazione
storica richiede la messa in campo di questo intreccio di piani e di relazioni, la didattica
della storia rischia di ridursi ad un puro espediente tecnico, senza rapporti con la natura
della disciplina.
Dal punto di vista della psicologia dell'apprendimento, una riflessione particolare
meritano i concetti storici e il processo cognitivo che gradualmente conduce alla loro
elaborazione. In questo campo è d'obbligo il richiamo a Vygotskij che ha dedicato uno
studio specifico al passaggio dai concetti "spontanei" ai concetti "scientifici". I primi sono
quelli acquisiti intuitivamente attraverso la comunicazione sociale, i secondi sono quelli
propri della disciplina. La transizione dagli uni agli altri si compie durante il passaggio
dalla fanciullezza all'adolescenza: è quindi un percorso lungo e graduale a cui fa
riferimento anche lo psicologo David P. Ausubel in Fattori cognitivi dell'apprendimento
(Educazione e processi cognitivi Angeli, Milano 1987)
a proposito delle
"preconoscenze".
Un esempio, a questo proposito, può essere utile per comprendere la gradualità
di questo processo. In bambini di scuola media inferiore l'idea di "Stato" come concetto
"spontaneo", prescientifico, corrisponde prevalentemente ad un "territorio definito da
confini" in quanto si richiama ad elementi percettivi, simbolici (le cartine geografiche, ad
esempio); in seguito, nella scuola media superiore lo stesso concetto può articolarsi e
ridefinirsi alla luce delle teorie elaborate dalle scienze politiche, giuridiche e storiche,
diventando stato-apparato, stato-ordinamento, stato-nazione e così via. L'elemento
"territorio" non scompare, evidentemente, ma viene ripensato alla luce di nuove
categorie e inserito in un contesto da cui trae significato e pertinenza, collegandosi
al concetto di "sovranità".
In questo percorso sarebbe errato imporre precocemente una conoscenza di tipo
definitorio, mentre si rivela più efficace e produttiva una metodologia che, di volta in volta,
nell'arco del tempo lungo dell'apprendimento, suggerisce una serie di materiali, di
informazioni, di problemi che sostengono il processo di elaborazione degli allievi,
arricchendo e correggendo la loro primitiva intuizione.
2.2) Le modalità di spiegazione della storia e l'argomentazione storica
I riferimenti teorici relativi alla natura epistemica della conoscenza storica sono stati
tratti soprattutto da due autori: da Georg Henrik von Wright, uno dei più noti esponenti
della filosofia analitica contemporanea, e da Chaim Perelman, autore della teoria
dell'argomentazione. Entrambi si sono occupati dei fondamenti dell'indagine e del
discorso storico; il primo nell'ambito del dibattito apertosi el 1942 con l'articolo di Carl G.
Hempel La funzione delle leggi generali in storia; il secondo affrontando, nella sua teoria
dell'argomentazione, (che ha per oggetto lo studio delle tecniche discorsive finalizzato a
produrre e ad accrescere assenso), la specificità del discorso storico come una forma di
argomentazione.
Al filosofo finlandese von Wright va il merito di avere liberato la cosiddetta ricerca
delle "cause", dei fenomeni storici da qualunque presupposto deterministico tratto dal
modello delle cause fisiche, istituendo una chiara differenza tra scienza della natura e
scienza umana; "Nelle scienze naturali, le idee deterministiche sono connesse con altre
idee, come quelle di regolarità universale, di ripetibilità e di controllo sperimentale. Nelle
scienze umane le connessioni immediate sono con idee quali motivazioni e pressione
sociale, direzionalità verso uno scopo e intenzionalità" (l'articolo del 1976 è stato tradotto
e pubblicato in italiano in La spiegazione storica, a cura di Raffaella Simili, Pratiche
editrice, Parma 1984).
Le motivazioni e gli scopi dell'azione si leggono all'interno di contesti storici
determinati, dipendono dai ruoli sociali dei diversi attori, dalla situazione, dalle strutture
giuridiche, politiche, economiche e culturali: "La storia, quando è scientifi-ca" e non
meramente cronachistica o narrativa, è un'indagine sulla logica degli eventi in un
frammento del passato con attori e istituzioni determinati... (la storia) studia
l'interazione fra mutamento storico e determinanti dell'azione umana... Tali determinanti
hanno in larga misura, per non dire preponderante, le loro radici nella struttura dell'edificio
sociale: nella distribuzione dei ruoli e nella istituzionalizzazione degli schemi di
comportamento. Cambiando questi determinanti sociali dell'azione, anche le azioni
risulteranno diverse. Ma i mutamenti nei determinanti sono, a loro volta, risultati di azioni tranne che nei casi in cui sono mutamenti naturali indipendenti dall'uomo - Le azioni
umane sono, pertanto, determinate dalla loro situazione storica, ma la situazione storica è
essa stessa risultato delle azioni umane".
Nella spiegazione storica dunque una dimensione saliente è l'intenzionalità. Per un
aspetto, la spiegazione storica ci porta a comprendere le intenzioni, gli scopi, i piani degli
attori sociali. Comprendere significa in questo senso attribuire un significato, utilizzare
termini e concetti per categorizzare le scelte di individui e di gruppi. Questa operazione
avviene attraverso il linguaggio che, evidentemente, non è uno strumento neutro, ma
riflette le pratiche, gli usi, le concezioni della comunità che lo parla e non è sempre adatto
a cogliere altre culture e civiltà di altri popoli lontani nel tempo e nello spazio. Da qui
deriva l'esigenza di "decentramento", di "mettersi nei panni degli altri", come
fondamentale presupposto della comprensione storica. A questo primo passo che si
esprime nella capacità di cogliere le intenzionalità, di comprendere i piani e gli scopi dei
soggetti storici, si accompagna una spiegazione che interpreta quelle stesse motivazioni
alla luce dei ruoli sociali ricoperti e dei contesti di azione. Utilizzando la tesi di von Wright
si possono individuare, nelle modalità esplicative utilizzate dagli allievi, tre diverse forme,
non necessariamente presenti sempre secondo una sequenza temporale:
- categoriale-valutativa
- motivazionale
- contestuale.
La modalità di spiegazione categoriale-valutativa consiste nel valutare in modo
netto e drastico la condotta dei soggetti storici (individuo, gruppo, popolo, ecc.) secondo
attribuzioni di valore, qualificando un comportamento in senso positivo o negativo a
seconda che lo si ritenga accettabile o meno.
È chiaro che giudizi di questo tipo non presuppongono nessuna operazione di
decentramento o di comprensione storica, ma sono tuttavia rivelatori importanti di
un sistema di valori presenti nell'universo mentale dell'individuo e della comunità di
appartenenza. La modalità di spiegazione categoriale-valutativa è d'altronde molto
importante, perché stabilisce il significato, anche se semplificato e riduttivo, dell'evento di
cui si parla.
Un livello indubbiamente più complesso e più vicino alle procedure della ricerca
storiografica è quello proprio della spiegazione motivazionale che tende a fornire ragioni
del comportamento dei soggetti storici. Comprendere gli scopi, le intenzioni, i piani
d'azione di altri comporta un'attività di decentramento, il primo serio sforzo di dare un
significato all'evento passato, cercando di ricostruirne il senso traendolo dal passato
stesso. Questo livello di comprensione chiama in gioco anche maggiori conoscenze che,
connettendosi alle motivazioni del soggetto, le rendono comprensibili. Si giunge così alla
spiegazione contestuale che comporta la conoscenza del contesto in cui si svolge
l'azione, proprio perché i piani d'azione si comprendono alla luce del terreno sul quale si
articolano le posizioni dei vari soggetti sociali, dei loro ruoli, insieme all'azione vincolante
di norme e strutture che operano come istituzioni sociali.
Nel discorso storico le procedure epistemiche attraverso le quali si elaborano le
spiegazioni vengono argomentate, per cui si può affermare che la caratteristica tipica
della storia come discorso è l'argomentazione. A questo proposito scrive Perelman
(Obiettività e intelligibilità nella conoscenza storica, comunicazione del 1963, pubblicata
nel 1967 a Bruxelles, tradotta in italiano in C.Perelman, Il campo dell'argomentazione.
Nuova retorica e scienze umane, Pratiche editrice, Parma 1979): "... lo storico ha il
dovere di ricercare e di riunire le fonti senza le quali realizzerebbe soltanto un'opera
d'immaginazione. Ma la riuscita di questo lavoro suppone un tema almeno
approssimativamente circoscritto ed una informazione preliminare relativa al quadro in cui
questo tema verrebbe ad inserirsi... questi quadri possono essere più o meno generali,
più o meno precisi: essi sono costituiti dalle opinioni preliminari dello storico sul
comportamento degli uomini in generale, sul loro comportamento in un certo ambiente, ad
una certa epoca, sulle loro credenze e le loro aspirazioni, da quello che egli sa o crede di
sapere delle istituzioni umane, dell'evoluzione sociale, politica e economica, dalle sue
conoscenze e dei suoi pregiudizi in tutti gli ambiti.
In rapporto a questo contributo intellettuale si presenta il suo oggetto di studio,
sia che sia stato suggerito da un'ipotesi di lavoro o da certi documenti di cui il
ricercatore ha potuto aver conoscenza.- ...Le fonti giocano, in storia, in rapporto
all'ipotesi di lavoro e, in generale, in rapporto al quadro intellettuale preliminare, lo stesso
ruolo che i fatti sperimentali in rapporto alle teorie delle scienze naturali ".
Le fonti raccolte, selezionate e interpretate costituiscono dunque gli argomenti su cui
poggia la tesi storiografica dello storico. Ciò non vuol dire che esse costituiscono l'unico
aspetto argomentativo del discorso. In realtà tutta la conoscenza storica è intessuta di
operazioni argomentative fatte di confutazioni di tesi proprie di altri ricercatori, di
ammissioni di accordo totale o parziale, di concessioni nei confronti di opinioni
consolidate, di ricerca di consenso nei confronti del pubblico dei lettori attraverso l'appello
ad un sapere condiviso che può essere differente a seconda che il pubblico sia la stessa
comunità degli storici o un pubblico più vasto e generico.
Perelman introduce dunque nel processo comunicativo della conoscenza storica e
della sua comprensione il rapporto con il destinatario, facendo derivare da qui, l'obbligo
del ricercatore di spiegare ciò che a prima vista risulta incomprensibile perché lontano
dall'esperienza attuale : "Come un risultato sperimentale che contraddice le previsioni
teoriche ci obbliga a modificare le nostre teorie scientifiche per adattarle all'imprevisto,
così lo storico, di fronte ad avvenimenti incomprensibili per il suo uditorio, dovrà introdurre
nel suo racconto tutte le condizioni particolari che danno conto e spiegano, rendendoli
normali e comprensibili, i fatti che, a prima vista, risulterebbero aberranti".
L'organizzazione delle fonti, la loro interpretazione, la elaborazione del discorso
storico, sono frutto anche di categorie storiche, di concettualizzazioni, rivedibili e
modificabili nel corso del tempo, man mano che si scoprono nuove fonti, o nuovi metodi di
indagine, o nascono altri interessi ed esigenze dalle mutate condizioni del tempo. Il fatto
che queste categorie siano modificabili non ne sminuisce la funzione che è quella di
ordinare, di dare significato agli eventi che, in caso contrario, rimarrebbero frammentari e
incomprensibili. L'uso delle categorie storiche porta a costruire determinate
periodizzazioni perché suggerisce un criterio per stabilire gli eventi rilevanti, anche se
sappiamo che la "rilevanza" è, a sua volta, relativa a coloro che la stabiliscono in base
alle proprie scelte e alla propria cultura (ciò che è rilevante per la storia giapponese non è
rilevante per la storia della Svezia, ciò che era rilevante per i contemporanei del re goto
Teodorico non è rilevante per noi, e così via).
La consapevolezza della relatività delle categorie non è una ragione, scrive Perelman,
per farne a meno: "... bisogna constatare che le categorie che servono all'organizzazione
della nostra conoscenza del passato non possono essere interamente eliminate. Non
basta mostrare le imperfezioni dello strumento costituito da queste categorie perché
esse diventino sorpassate. Il solo modo di farne a meno consiste nella loro sostituzione
con altre categorie" (Storia e categorie nell'ambito della storia, comunicazione del 1968,
pubblicata a Bruxelles nel 1969, in italiano in Il campo dell'argomentazione, cit.).
Il sapere storico si articola dunque attraverso modalità di spiegazione propria, e viene
comunicato attraverso operazioni che appartengono al campo dell'argomentazione. Se lo
studio della storia deve fondarsi sulla comprensione e quindi rispettare la
specificità della disciplina, allora l'impostazione dell'attività di insegnamentoapprendimento non può non prevedere dei momenti in cui gli allievi si misurino
proprio con lo specifico del discorso storico.
3) Finalità del Laboratorio di storia
Scopo del laboratorio è acquisire la conoscenza, da parte dell'insegnante, dei
processi cognitivi degli allievi nello studio della storia allo scopo di intervenire per
migliorare la qualità dell'apprendimento. Di solito, attraverso le verifiche siano esse orali o
scritte, i docenti valutano quanto gli studenti hanno imparato, quanto sanno, quanto non
hanno capito o hanno frainteso, ma non conoscono i processi di pensiero, le idee di
riferimento ("la matrice cognitiva") che gli allievi utilizzano per comprendere ed
organizzare le nuove conoscenze. Risulta così molto difficile procedere in quel lavoro di
revisione della programmazione che consiste nell'impostare diversamente le lezioni per
favorire un apprendimento meno superficiale e meccanico. In questi casi si ricorre a
constatazioni sconsolate del tipo "non studia", oppure "non ha metodo di studio", e ci si
limita a prendere atto di una situazione giudicata pressoché immodificabile. L'analisi dei
processi cognitivi consentita dal laboratorio non va confusa con l'uso di strumenti generici
di psicologia; si tratta invece di un'indagine che riguarda direttamente le modalità di
comprensione della storia.
Per questo, oggetto di ricerca sono le operazioni argomentative e le procedure
epistemiche compiute dai ragazzi nella lettura-interpretazione delle fonti. Il presupposto
psicologico è quello stesso esplicitato dalla ricerca del gruppo universitario PontecorvoAiello-Zucchermaglio, cioè che i giovani posseggono la capacità di argomentare e di
spiegare. Si tratta allora di condurre queste capacità al livello di abilità arricchite dalla
conoscenza e dalla pratica di categorie storiografiche e di materiali pertinenti. È evidente
che le abilità si acquisiscono con una pratica attiva e che questa deve essere stimolata da
una situazione problematica. Il laboratorio è appunto ciò che crea questa situazione.
Attraverso il laboratorio si introduce un elemento innovativo nella scuola, intesa non più
come il luogo dove si ascolta e si è interrogati, ma il luogo dove si lavora
intellettualmente per imparare.
Se vogliamo precisare le finalità del Laboratorio di storia sotto il profilo della ricerca
pedagogica potremmo dire che esso rientra nella ricerca-azione, perché di questa
tipologia ha tutte le caratteristiche: è una ricerca empirica, orientata alle decisioni ed ha
carattere qualitativo. Le decisioni sono assunte dagli insegnanti una volta che hanno
preso atto dei risultati della ricerca, e delle modalità del comportamento degli studenti in
classe, del livello di attenzione, di partecipazione, di coinvolgimento, oltre che dei
processi cognitivi che sono attestati dalle discussioni. Le decisioni si riferiscono ad una
serie di problemi, quali, ad esempio:
- lo spazio da accordare alle attività di laboratorio;
- la tipologia dei testi da utilizzare e il livello della loro fruibilità;
- i punti di forza e di debolezza emersi nelle operazioni argomentative e nelle procedure
epistemiche praticate dalla classe e la necessità di intervenire, eventualmente,
consolidando le conoscenze e arricchendo le abilità di lettura testuale, a seconda dei casi.
Sotto questo aspetto dunque il Laboratorio si configura come un'officina di lavoro in
cui l'esperto (il docente) valuta, nel corso stesso dell'attività, le competenze acquisite, ma
anche le difficoltà emerse, riorganizzando la programmazione didattica alla luce dei
risultati ottenuti.
Non si può prescindere, proprio sulla base delle esperienze fin qui realizzate, dal
valutare le finalità del Laboratorio dalla parte degli allievi. È infatti a questo proposito che
appaiono evidenti soprattutto i primi risultati positivi.
La situazione problematica creata dalla necessità di interpretare il fenomeno storico
attraverso la fonte, stimola la discussione, dando luogo a quel processo di interazione
sociale che è una forma di apprendimento, secondo l'ipotesi teorica a cui abbiamo fatto
riferimento. La necessità di interpretare promuove quel processo di decentramento che è
premessa indispensabile per giungere ad una spiegazione contestuale. Spesso la
tipologia della fonte promuove un doppio processo di decentramento: nei confronti
dell'autore stesso della fonte che ci presenta l'evento secondo i propri modelli culturali e il
proprio ruolo sociale e nei confronti del contenuto del testo. L'apprendimento storico
dunque, attraverso questo processo di elaborazione personale e collettivo, ripercorre le
modalità di pensiero che sono analoghe a quelle proprie della conoscenza storica,
giungendo alla comprensione e quindi alla competenza che, come si è visto in
precedenza, è qualcosa di più che non la semplice conoscenza fattuale.
Sotto questo aspetto dunque, finalità del Laboratorio è migliorare la qualità
dell'apprendimento storico degli allievi, attraverso la partecipazione alla soluzione di un
problema, l'interazione sociale che si attua nella discussione, la pratica
dell'argomentazione che è anche una pratica di discorso atta a favorire un modo di
pensare aperto al giudizio degli altri ed alla cooperazione.
4) Il metodo
Il metodo di lavoro del gruppo di insegnanti coordinato da esperti in ricerca didattica
consta di due fasi distinte: nella prima fase viene preparato il materiale di lavoro per la
classe, nella seconda viene valutato, sotto il profilo cognitivo, il testo prodotto dalla
discussione in classe degli allievi. Il materiale di lavoro è costituito da fonti selezionate
sulla base delle condizioni di fruibilità nella classe (devono rispondere a condizioni
"esterne" quali la programmazione didattica dell'insegnante, situandosi all'interno
dell'attività di insegnamento-apprendimento in quel determinato contesto; a condizioni
"interne" di leggibilità testuale, sia sotto l'aspetto semantico che sintattico). Alla selezione
delle fonti fa seguito la loro "preparazione" in vista della loro potenzialità nel sollecitare
ipotesi di soluzione a problemi di interpretazione.
Vengono pertanto elaborati due tipi di domande, mediamente: la prima è finalizzata
alla comprensione testuale, mirata a far emergere il significato del testo; la seconda è
rivolta a focalizzare l'interpretazione storica, a mettere in luce qualche aspetto della fonte
che arricchisce la nostra conoscenza relativa al tema preso in esame. Le domande da
rivolgere al testo come fonte possono, di volta in volta, anche a seconda del tipo di fonte,
tenere presente l'emittente, il destinatario, il contenuto, lo scopo, il luogo di ritrovamento,
il tempo di produzione della fonte stessa. Nella seconda fase di lavoro lo stesso gruppo
(costituito da insegnanti di classi parallele) prende in esame i testi delle discussioni
registrate, soffermandosi sulle sequenze più significative delle discussioni, sotto il duplice
profilo dell'argomentazione e delle procedure esplicative, evidenziando le diverse modalità
di spiegazione (categoriale, motivazionale, motivazionale-contestuale).
Al centro dei due incontri del gruppo docente c'è il lavoro della classe che viene
organizzato in questo modo: si formano gruppi di quattro,cinque studenti ciascuno dei
quali sceglie un coordinatore che avrà il compito di riferire alla classe l'esito del lavoro;
esso consiste nella lettura del documento proposto e nelle risposte alle domande
suggerite. La discussione nel gruppo non viene registrata e le eventuali voci di dissenso
rispetto alla maggioranza si esprimeranno in sede di discussione collettiva. Questo
momento ha soprattutto lo scopo di mettere a fuoco il problema, di creare un minimo di
sapere comune in tutti i membri dei gruppi, così da favorire la partecipazione di tutta la
classe alla discussione generale. Il coordinatore può prendere qualche appunto per
essere in grado poi di relazionare, ma nulla più di questo, per evitare che il lavoro del
gruppo si trasformi in una sorta di verifica scritta. Le relazioni dei gruppi, spesso
costituite da tesi divergenti, costituiscono l'occasione della discussione ed è qui che si
realizza quella vera e propria interazione sociale di cui si è parlato in precedenza, dal
momento che il testo non svolge più un ruolo autonomo e vincolante, se non come
portatore di un problema che va risolto sul piano dell'interpretazione storica. I tempi del
lavoro in classe comprendono mediamente da un'ora e mezza a due ore, a seconda del
grado di coinvolgimento suscitato dal tema. Naturalmente il documento va
contestualizzato, vanno dati gli elementi informativi di base essenziali per comprendere il
significato del testo utilizzando gli strumenti di lettura pertinenti.
I testi-documenti sono unificati secondo criteri di natura storica e graduati per
difficoltà di lettura testuale.
Per la scuola media i criteri ordinatori sono i seguenti percorsi tematici:
-
l'orizzonte economico
l'uomo, la natura, l'ambiente
popoli, culture, mentalità
la legge e il potere
individuo, famiglia, società.
Per la scuola secondaria superiore i criteri ordinatori sono :
scenari storici corrispondenti a periodi che possono essere letti in modo unitario
perché dominati da una questione emergente (es.: l'età dei totalitarismi nel '900 o il
"Tardo Antico" tra la fine dell'età classica e l'inizio del Medioevo
concetti storiografici consolidati nella ricerca disciplinare, dotati di potere esplicativo
nell'ambito di un quadro spazio-temporale definito (ad esempio: Rinascimento,
Nazionalismo)
tematizzazioni che introducono prospettive di lungo periodo come la mondializzazione
del mercato, lo sviluppo delle comunicazioni, l'immaginario medioevale, la modernità,...).
IL LABORATORIO DI STORIA A RIMINI
di Paolo Angelini
La ricerca a cui ho partecipato si è svolta presso la scuola media inferiore "Dante
Alighieri" di Rimini, e vi hanno partecipato tre classi di terza media: Terza A (20 alunni, 11
femmine e 9 maschi), Terza G (27 alunni, 14 femmine e 13 maschi), Terza N (28 alunni,
17 femmine e 11 maschi).
La metodologia impiegata per l'analisi della discussione in classe è stata di due tipi:
la prima ha preso spunto dalla griglia di analisi delle operazioni argomentative e delle
procedure epistemiche presente in La condivisione della conoscenza, C.Pontecorvo,
1993, la seconda è stata effettuata con l'ausilio del software Alceste, che permette di
analizzare la struttura interna di un testo attraverso lo studio della distribuzione delle
parole, ed in particolare dell'associazione tra parole, nelle diverse parti del testo.
L'ipotesi alla base della sperimentazione è che i ragazzi di terza media, in quanto
novizi nel campo storico, possano essere in grado di padroneggiare le procedure
appropriate della disciplina, avendo la possibilità di poterle praticare in contesti significativi
di apprendimento e potendo contare su un adeguato sistema di supporto sociale al
processo di costruzione della conoscenza. Le operazioni argomentative fanno già parte,
d'altronde, del bagaglio conoscitivo degli alunni in quanto sono utilizzate quotidianamente
in contesti naturali di discorso.
Operazioni Argomentative e procedure epistemiche
Il "compito" affidato ai ragazzi si configura dunque come una situazione di problem
solving aperto, in cui la negoziazione è solo tra gli alunni e il testo. È importante
sottolineare come spesso all'interno di queste discussioni vi sia un alunno che prende il
ruolo dell'insegnante nello svolgimento del compito. Questo tipo di analisi ricerca,
all'interno di sequenze di ragionamento, sia le specifiche operazioni argomentative,
ovvero il motore socio-cognitivo della discussione, sia le specifiche procedure
epistemiche utilizzate dai ragazzi, ponendosi a livello di analisi dei turni e delle idee-unità
da cui sono composti (Pontecorvo, 1993).
Qui di seguito è riportata la tabella riassuntiva utilizzata per analizzare i risultati della
discussione riguardo alla fonte del Metternich; sono stati divisi classe per classe prima le
operazioni argomentative, e poi le procedure epistemiche utilizzate dagli alunni.
Ponte : Metternich
Metternich, Memorie, 1820
in A. De Bernardi, S.Guarracino, L'operazione storica (L'età contemporanea l'Ottocento), Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano 1987
Gli stessi elementi di distruzione che sconvolgono oggi la società già erano senza
dubbio presenti nei secoli passati, giacché ogni tempo ha visto nascere delle ambizioni
immorali, degli ipocriti, delle teste calde, dei falsi spiriti e dei fabbricanti di progetti; il
nostro tempo tuttavia, per il solo fatto della licenza della stampa, possiede, più che le
epoche precedenti, dei mezzi di contatto, di seduzione e di accordo ben più grandi,
facili ad essere messi in atto e ben più adatti per agire sulle più differenti classi sociali.
Noi non siamo certo i soli a domandarci se la società può esistere con la libertà di
stampa, flagello sconosciuto al mondo prima dell'ultima metà del diciassettesimo
secolo.
Operazioni Argomentative (Metternich)
________________________________________________________________
CLASSE 1
CLASSE 2
CLASSE 3
________________________________________________________________
Asserzioni
(9)
Asserzioni
(11) Asserzioni
(8)
Opposizioni
(1)
Opposizioni
(1) Opposizioni
Contro-opposizioni
(0)
Contro-opposizioni (0) Contro-opposizioni
Puntualizzazioni
(1)
Puntualizzazioni
(1) Puntualizzazioni
Giustificazioni
(1)
Giustificazioni
(1) Giustificazioni
Concessioni
(0)
Concessioni
(2) Concessioni
Problematizzazione
(0)
Problematizzazione (4) Problematizzazione
________________________________________________________________
(4)
(2)
(0)
(3)
(2)
(0)
Procedure Epistemiche (Metternich)
________________________________________________________________
CLASSE 1
CLASSE 2
CLASSE 3
________________________________________________________________
Predicazioni
Valutazioni
(8)
Appelli a
Motivi, intenzioni
e scopi
Contesto
(5)
Predicazioni
(3) Predicazioni
Valutazioni
(6) Valutazioni
(10)
(5)
Appelli a
(12) Appelli a
Significato parola
Motivi, intenzioni
(2)
"seduzione"
(1) e scopi
(3)
Attualità
(3) Passi della fonte
Contesto
(4) Regole e diritti
Presenza o mancanza
Contesto
di condizioni necessarie
(2)
Diritti dei cittadini
(1)
Significato della
fonte
(1)
(8)
(6)
(2)
(2)
(1)
(1)
L'analisi delle operazioni argomentative, in particolare, ci fornisce informazioni sul tipo
e il livello di interazione sociale raggiunta all'interno delle discussioni; una prevalenza di
asserzioni rispecchia, ad esempio, una serie di giustapposizioni di singoli interventi,
mentre la comparsa di altre argomentazioni come la problematizzazione, la
giustificazione e soprattutto l'opposizione, indica una argomentazione più articolata, un
confronto (e talvolta scontro) tra i diversi punti di vista con l'attuazione di quelle dinamiche
riconducibili al concetto di conflitto sociocognitivo.
Le tre classi che hanno partecipato alla ricerca hanno mostrato ognuna un approccio
caratteristico alla risoluzione del problema, da quello individualistico a quello sociale.
Analizzeremo ora le tre discussioni sopra citate cercando di individuare quale
approccio ha caratterizzato le tre classi che vi hanno partecipato.
- Classe 1 - rispetto alle altre, sembra privilegiare un approccio più individualistico, nella
discussione sulla fonte del Metternich; infatti le sue operazio ni argomentative fanno
riferimento in prevalenza alle asserzioni (9), e mostrano un uso limitato di altri tipi di
argomentazione; opposizioni (1), puntualizzazioni (1), giustificazioni (1). Il basso numero
di opposizioni in rapporto a quello delle asserzioni è indice di uno sviluppo della
discussione avvenuto principalmente come giustapposizioni di singoli interventi.
- Classe 2 - sviluppa invece un buon livello di argomentazione, dando particolare
spazio alle problematizzazioni (4) e alle concessioni (2), senza però trascurare l'utilizzo di
una opposizione, di una puntualizzazione e di una giustificazione. La prevalenza delle
problematizzazioni è indice di una presa in carico del contenuto della fonte, e di un suo
uso problematico per il raggiungimento della comprensione (è una richiesta di aiuto ai
compagni). Questa richiesta di aiuto è però solo in parte accolta, visto che la presenza di
un numero molto alto di asserzioni (11) testimonia ancora una discussione legata più alla
giustapposizione di singoli interventi che all'interazione sociale (seppur presente).
- Classe 3 - ha sviluppato un approccio alla comprensione della fonte storica di tipo
sociale. Vi sono infatti 4 opposizioni, 2 contro-opposizioni, 2 concessioni e 3
giustificazioni; il numero di asserzioni (8) risulta così bilanciato da un ampio ricorso alle
altre categorie argomentative. L'opposizione in particolare ci documenta un intenso
confronto tra diversi punti di vista, dando maggiore risalto, rispetto alle due classi
precedenti, al ruolo dell'interazione sociale nello sviluppo di una comprensione condivisa
della fonte storica.
Anche le procedure epistemiche utilizzate contribuiscono a caratterizzare i diversi
approcci alla discussione già emersi nell'analisi precedente sulle operazioni
argomentative.
Nella prima discussione infatti ogni classe utilizza una modalità epistemica diversa
dalle altre: in Classe 1 è riscontrabile una maggioranza di valutazioni, in Classe 2 di
appelli (in particolare al contesto), e in Classe 3 di valutazioni e predicazioni.
Le tre classi si caratterizzano quindi per un diverso approccio utilizzato nella
soluzione del compito, ovvero la condivisione della comprensione storica. La Classe 1 e
la Classe 3 rappresentano i due estremi all'interno dei quali si pone la Classe 2. Mentre
la Classe 3 ha un approccio al problema di tipo sociale, la Classe 1 ha un approccio
marcatamente individualistico; mentre la Classe 3 ricorre all'interazione sociale come
modalità di ricerca della comprensione, la Classe 1 si limita ad una serie di interventi
individuali autonomi.
Il diverso approccio (sociale o individualistico) si evidenzia anche nel diverso
utilizzo delle operazioni argomentative, ed è qui infatti che Classe 3 dimostra di
possedere un maggiore dinamismo nella discussione, alternando opposizioni a
concessioni, problematizzazioni a giustificazioni; la Classe 1 invece utilizza quasi
esclusivamente l'asserzione, indice di una scarsa interazione tra i diversi punti di vista
comunque esistenti.
Mentre l'uso di asserzioni senza opposizioni testimonia l'esistenza di un punto di vista
dominante ed esclusivo, l'insorgere nell'argomentazione di categorie come l'opposizione,
la problematizzazione e la contro opposizione, è indice di un confronto, e talvolta uno
scontro (il conflitto sociocognitivo) tra diverse opinioni verso un tentativo di conoscenza
condivisa da tutti i membri della classe.
Alceste
Le discussioni in classe delle fonti storiche sono state elaborate anche tramite
l'ausilio del software Alceste (Analyse dex lèxemes Coouccurents dans les Enouncès
Simples d'un Texte). Si tratta di uno strumento per l'analisi del contenuto di materiale
testuale di vario genere (interviste, articoli di stampa, discorsi politici, biografie, raccolta
di testi...), e può essere classificato come strumento di statistica testuale, seguendo la
terminologia di Lebart e Salem (1994), anche se i suoi obiettivi sono più vicini a quelli
dell'analisi del contenuto tradizionale rispetto a quelli della lessicometria (Reinert,
1997;1998).
Alceste ha come obiettivo l'analisi della struttura interna di un testo attraverso lo
studio della distribuzione dell'analisi delle parole, e in particolare dell'associazione tra
parole presenti nelle diverse parti del testo stesso: si tratta quindi, all'interno dello stesso
corpus, di analizzare "la struttura formale delle loro co-occorrenze negli enunciati di un
certo corpus" (Reinert, 1993, pag.9).
In realtà né la nozione di "parola", né quella di "enunciato" sono operazionalizzabili per
un'elaborazione automatica ed assistita dal computer. La "parola" viene così ridotta alla
sua "forma semplice, ovvero quella forma riscontrabile nel dizionario standard della
lingua a cui si fa riferimento. Ciò che è stato detto per la "parola" vale a maggior ragione
per l'"enunciato"; esso ha infatti un'oscillazione di significato molto ampia a seconda del
punto di vista che viene adottato, può essere infatti definito come la "proposizione", il
"paragrafo", la "frase", il "pensiero di senso compiuto".
Alceste suddivide gli enunciati in base ad un criterio empirico, basandosi sulla
punteggiatura presente nel testo. Si preferisce così sostituire a "parola" e "enunciato" le
loro operazionalizzazioni, "forma semplice" e "unità di contesto" rispettivamente, definendo
l'analisi di Alceste come lo studio delle co-occorrenze ("presenza concomitante di più
parole nel testo, Bolasco, 1997) nelle diverse unità di contesto del corpus.
Una delle prime operazioni del software è la Classificazione Discendente
Gerarchica, il cui scopo è quello di formare gruppi di enunciati tra loro simili, composti
cioè dalla stessa combinazione di parole; il percorso che viene attuato è quello di
suddividere gli enunciati del corpus in classi sempre più piccole, fino a quando non è più
possibile individuare classi sufficientemente diverse tra loro (Alceste non produce mai,
come risultato finale, più di dieci classi). La misura per calcolare la diversità tra classi è il
chi2 di associazione tra le singole parole: il valore del chi2 aumenta quando una parola è
molto presente negli enunciati di una classe e raramente negli enunciati delle altre classi
rimanenti.
A questo punto si deve introdurre il concetto di mondi lessicali: l'analisi statistica,
separando le unità di contesto in classi con una distribuzione di parole simili al loro interno,
permette di identificare il vocabolario specifico di ogni classe, dato da quelle forme
semplici più ricorrenti all'interno di una classe rispetto alle altre. L'analisi del vocabolario
specifico delle singole classi ci permette quindi di identificare i diversi mondi lessicali
(ovvero i diversi nuclei tematici) presenti nel corpus considerato. Secondo Reinert i mondi
lessicali rappresentano, a loro volta, le manifestazioni visibili dei "luoghi di enunciazione
più abituali", dei "luoghi di pensiero", degli "spazi mentali" sui quali il locutore si sofferma
per parlare di quel determinato argomento; quello che Alceste analizza è soltanto
l'aspetto semantico, il semplice fatto che una serie di parole si ripeta uguale in molti
enunciati è traccia, per Reinert, di un luogo sottostante comune e univoco, capace di
organizzare il discorso manifesto (Reinert, 1997).
Conclusioni
Sia i dati emersi dall'analisi delle operazioni argomentative, che quelli emersi
dall'elaborazione informatica di Alceste ci hanno evidenziato l'importanza della
discussione per la condivisione della comprensione storica.
Abbiamo verificato che una discussione in cui siano presenti opposizioni e conflitti fra
i diversi punti di vista, favorisce negli alunni l'approfondimento dei contenuti, la
negoziazione dei significati e la capacità di argomentare le proprie idee, costruendo quel
particolare tipo di cooperazione che permette di ottenere come risultato, un'idea, un
concetto non presenti inizialmente nel discorso di ogni singolo alunno.
Un fenomeno importante rilevato dai dati è stato proprio quello del confronto fra
diverse opinioni all'interno delle discussioni: il disaccordo fra gli alunni si è infatti
manifestato attraverso argomentazioni che hanno avuto il compito di giustificare e di
rendere chiaro il proprio punto di vista, nel tentativo di convincere "l'altro" della
correttezza, o perlomeno della legittimità del proprio intervento; sono dinamiche, queste,
che si possono ricondurre al modello del conflitto sociocognitivo (Carugati, Mugny, 1987).
Le tre classi che hanno partecipato al laboratorio hanno utilizzato tre approcci diversi
alla discussione, da quello individualistico a quello dell'interazione sociale. Ciò che qui è
utile evidenziare è come, al cospetto di una discussione senza opposizioni e conflitti,
vengano a mancare indizi importanti (operazioni argomentative, procedure epistemiche)
per capire se gli alunni condividono l'oggetto del discorso (la fonte storica) senza
ambiguità e fraintendimenti. L'utilizzo di un ricco vocabolario argomentativo è comunque
indice di una presa di posizione rispetto al documento, considerato come un punto di
partenza, e non solo di arrivo, per arricchire la discussione con problematiche riferite
anche al proprio vissuto individuale.
Alceste sottolinea come l'uso più ampio di categorie argomentative sia corrisposto
ad un vocabolario specifico più personalizzato e meno legato a termini ripresi
direttamente dal documento.
Riferimenti bibliografici
Angelini P.
2001,
Discutendo si impara? un esempio a proposito della storia nella scuola
media inferiore, Tesi di Laurea, Università di Bologna.
Bolasco S.
1995,
Criteri di lemmatizzazione per l'individuazione di coordinate semantiche
in Cipriani R., Bolasco S., Ricerca qualitativa e computer, Milano, Franco Angeli.
1997,
L'analisi informatica dei testi, in Ricolfi L. (a cura di), La ricerca qualitativa, Roma, La Nuova Italia Scientifica.
Carugati F., Selleri P.,
1996,
Psicologia sociale dell'educazione, Il Mulino, Bologna.
Girardet H., Fasulo A.,
1997,
I bambini riscrivono la storia: la costruzione retorica del punto di vista,
"Rassegna di Psicologia", numero 1, vol. XIV, Girardet H., GrazziniHoffman C., Pontecorvo C. (1985).
Matteucci M.C., Tomasetto C.,
2001,
Alceste: un software per l'analisi dei dati testuali, Università di Bologna,
in stampa.
Mugny M., Carugati F.,
1987,
Psicologia sociale dello sviluppo cognitivo, Firenze, Giunti Barbera.
1989,
L'intelligenza al plurale, Bologna, CLUEB.
Reinert M.,
1997,
Les "Mond Lexicaus" de six numéros de la revue "Le Surréalism au
service de la Révolution", Mélusine, L'Age d'Homme, XVI, 270-302.
1998,
Mondes Lexicaus et topoi dans l'approche Alceste, in Mellet S.,
Vuillaume M. (1998) (sous la direction de), Motts chiffrés et dèchiffrés,
Paris, Honoré Champion Editeur.
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il laboratorio di storia