Struttura Complessa
di Gastroenterologia
e di Endoscopia digestiva
Direttore: Dott. Felice Cosentino
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Ospedale San Giuseppe
Via San Vittore 12, Milano
Stitichezza (stipsi) cronica. Diagnosi e terapia
di Felice Cosentino (pubblicato il 22.09.2011)
Un problema sociale
Circa il 25-30% della popolazione soffre di stipsi, in particolare le donne in età adulta con
una frequenza 2-3 volte superiore all’uomo. L’età avanzata è un altro dei fattori
predisponenti ad un aggravarsi di questa patologia, probabilmente in relazione alle patologie
associate, all’uso di farmaci e alla riduzione di attività fisica. La stipsi costituisce un
problema sociale rilevante sia dal punto di vista economico, legato al consumo dei lassativi,
sia per la condizione psicologica di tali pazienti. Nel soggetto stitico, infatti, oltre al problema
della defecazione si associano altri sintomi digestivi (il meteorismo e il dolore addominale,
la sensazione di malessere generale, una digestione laboriosa con eruttazioni e gonfiore)
che possono essere più invalidanti dei disturbi dell’alvo.
Circa il 30% dei pazienti sofferenti di stipsi dichiara di assumere lassativi e l’inizio coincide
spesso con il “fai-da-te” e, quindi, con l’autoprescrizione. Il gioco poi è fatto: subentra una
dipendenza fisica e psicologica per cui non ci si libera più dal lassativo e si perdono pian
piano i riflessi naturali della defecazione.
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Per tale motivo è importante, non appena compaiono i primi sintomi di un’alterata
defecazione, rivolgersi al medico specialista anche perché dopo i 50 anni una irregolarità
dell’alvo può essere legata a patologie ben più gravi (polipi, tumore del colon, ecc.).
L’iter diagnostico e terapeutico della stipsi deve poi essere effettuato presso Centri di
provata esperienza che dispongono di tutte le figure professionali che operano
collegialmente su tale patologia.
Cosa intendiamo per stipsi?
Per stipsi (o stitichezza) generalmente viene intesa la diminuzione nella frequenza delle
evacuazioni, ma tale frequenza, nei soggetti normali, ha una variabilità che può andare da 3
evacuazioni al giorno a 3 alla settimana. Ciò significa che è sbagliato ritenersi stitici se non ci
si libera ogni giorno. Molti pazienti però si lamentano non tanto (o non solo ) della frequenza
quanto della particolare difficoltà dell’evacuazione e della consistenza delle feci. La parola
“stipsi” quindi può assumere un significato diverso a seconda dell’individuo e normalmente i
pazienti tendono a sopravalutare il problema. Da qui la necessità di classificare la stipsi
funzionale secondo determinati parametri clinici per differenziarla da quella organica e per
meglio impostarne il trattamento.
Secondo i Criteri di Roma III, quelli attualmente adottati, per la diagnosi di stipsi funzionale i
disturbi sotto elencati devono durare almeno per 3 mesi nell’arco dell’ultimo semestre:
1. Almeno due o più delle seguenti caratteristiche in almeno il 25% delle scariche:

Sforzo nella defecazione

Feci dure

Sensazione di evacuazione incompleta

Sensazione di occlusione

Meno di tre scariche alla settimana

Necessità di manovre manuali per poter evacuare
2. Evacuazioni rare senza ricorrere ai lassativi
3. Esclusione della Sindrome del colon Irritabile
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Meccanismo della defecazione
Tale meccanismo è complesso ed è regolato, nel soggetto normale, da processi sia volontari
che involontari. I movimenti peristaltici di tipo propulsivo del colon sinistro provocano, una o
più volte al giorno, l'arrivo delle feci nell'ampolla rettale, determinandone la distensione. A
questo punto il soggetto avverte lo stimolo alla defecazione, se però decide di ritardarla,
grazie all'aumento di pressione anale garantirà la continenza fino a quando con il termine
dell'onda propulsiva colica si ridurrà la pressione endorettale. Al contrario, se l'individuo
decide per la defecazione, la contrazione della muscolatura addominale e, soprattutto, del
diaframma a glottide chiusa, causerà un ulteriore aumento della pressione endorettale. La
contemporanea caduta della pressione del canale anale, legata al rilassamento dello sfintere
anale esterno e del pubo-rettale, con conseguente aumento dell'angolo ano-rettale ed
accorciamento del canale anale, opera in sinergia per favorire l'evacuazione.
Cause della stipsi
Fattori estrinseci. Le cause sono diverse: alimentari e stile di vita (basso apporto di fibre e
liquidi, sedentarietà); squilibri elettrolitici (ipercalcemia, ipokaliemia, ipermagnesemia);
endocrine e disordini metabolici (diabete, ipotiroidismi, iperparatiroidismo, insufficienza
renale cronica); neurologiche (Parkinson, neuropatie, sclerosi multipla, traumi alla colonn
vertebrali, sindrome della cauda equina, ecc.); terapie farmacologiche (diuretici,
anticolinergici, beta-bloccanti, antidepressivi, ecc.).
I fattori intrinseci sono legati al meccanismo della defecazione. Si distinguono due tipologie
di stipsi:

Stipsi da “rallentato transito”, dovuta alla ridotta funzione propulsiva di tutto il
colon che si traduce in un rallentamento nella spinta delle feci verso l’ano.

Stipsi da “defecazione ostruita”, con “blocco” delle feci a livello rettale per
alterazioni anatomiche (prolasso del retto, di un rettocele, di un enterocele) o alla
presenza di una disfunzione del muscolo puborettale o per altre disfunzioni del
perineo. Spesso queste patologie sono concomitanti.
In molte situazioni non è facile una netta distinzione fra le due forme in quanto la stipsi può
essere legata ad entrambi i meccanismi patogenetici.

Una terza condizione di stipsi funzionale è quella associata alla Sindrome
dell’intestino irritabile (SII). Caratteristica della SII è la presenza del sintomo
dolore addominale che migliora o si risolve con l’evacuazione.
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Complicanze
La stipsi cronica può essere responsabile di alcune complicanze , ad esempio:

Emorroidi. Lo sforzo defecatorio comporta un aumento della pressione
addominale che si ripercuote sul plesso venoso della giunzione anorettale.
Raramente tale pressione può comportare la rottura delle emorroidi.

Ragade anale. Il trauma sulla regione anale di feci dure può determinare la
fessurazione della mucosa anale. Lo spasmo dello sfintere è l’elemento che
favorisce poi la persistenza della ragade. La probabilità di sviluppo di una ragade
nella stipsi cronica è di 5 volte superiore rispetto alla normale popolazione.

Prolasso degli organi pelvici: utero, retto, vescica e vagina.

Fecalomi. Un ammasso di feci può bloccarsi nel retto e diventare sempre più
grosso e duro tale da creare in alcune situazioni un’ostruzione non più risolvibile
con la terapia conservativa (clisteri, sommistrazione di polietilenglicole, ecc.). A
volte bisogna intervenire chirurgicamente.
Diagnosi
La storia clinica e l’esame fisico devono essere condotti con l’intento di escludere cause
secondarie o sistemiche della stipsi. Da tenere conto, dunque, di eventuale familiarità per
cancro colo rettale o di malattie infiammatorie intestinale, della presenza di “sintomi di
allarme” come il sanguinamento rettale, l’anemizzazione, la perdita di peso e recenti
modifiche dell’alvo. Nel dubbio, e soprattutto se il paziente ha superato i 50 anni di età, il
medico procederà alla richiesta di accertamenti diagnostici per lo studio del colon
(colonscopia, clisma opaco, colonscopia virtuale).
L’esame fisico deve comprendere l’ispezione e la palpazione addominale alla ricerca di
un’eventuale distensione colica o di masse. Si deve poi procedere all’ispezione del perineo e
l’esplorazione digitale del retto alla ricerca di segni di: debolezza sfinteriale; discesa del
piano perineale; contrazione paradossa del muscolo puborettale; prolasso genitale/rettale;
lesioni anali o del retto.
Per lo studio mirato della stipsi sono disponibili diversi accertamenti.
Studio del tempo di transito intestinale. E’ il primo accertamento ed è un esame
fondamentale in quanto consente di distinguere le “false stipsi” da quelle vere. La tecnica
consiste nel far ingerire al paziente dei markers radio-opachi, di materiale plastico, e
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nell’eseguire una radiografia diretta dell’addome dopo 4 giorni. Un normale transito prevede
l’espulsione di almeno il 70-80% degli indicatori al quarto giorno mentre una ritenzione di più
del 20% è indice di un transito rallentato. Lo studio del tempo di transito intestinale è di facile
esecuzione e , nel caso di ritenzione dei markers, è possibile con una semplice valutazione,
riconoscere il segmento di colon nel quale c’è il rallentamento maggiore: colon destro,
sinistro o retto.
Manometria anorettale. Consente di valutare la forza e l’integrazione dei muscoli coinvolti
nella continenza e deputati ad un’evacuazione armonica. Permette inoltre di valutare la
sensibilità rettale allo stimolo evacuativo e di definire il sinergismo tra sensibilità rettale,
spinta addominale e rilascamento sfinteriale.
Test di espulsione del palloncino. Questo esame, che è una specie di simulazione
dell’atto fisiologico evacuativo, verifica se il soggetto, in posizione seduta, è in grado di
espellere un palloncino posizionato nel retto e gonfiato ad aria (50 cc). L’incapacità di
espulsione del palloncino è segno di una disfunzione del pavimento pelvico.
Defecografia RX. E’ un esame radiologico, dinamico, che consente di valutare l’espulsione
del mezzo di contrasto introdotto con una sonda nel retto, osservando eventuali alterazioni
anatomiche quali i prolassi, le invaginazioni, i rettoceli e l’eventuale incapacità dell’angolo
anorettale di rilassarsi durante l’evacuazione. Attualmente le principali società scientifiche
limitano l’uso di questa procedura radiologica ai casi di discrepanza tra esiti ottenuti con la
manometria anorettale e quelli con il test di espulsione del palloncino, esami questi ultimi
considerati “gold standard” per il disturbo dell’evacuazione.
Terapia
La terapia della stipsi deve essere mirata al “paziente con stipsi”. Ciò significa che deve
essere personalizzata non solo tenendo conto della causa, ma anche delle caratteristiche e
della storia clinica del soggetto. Le terapie sono spesso complementari e vanno dalle misure
dietetico-comportamentali a quelle farmacologiche, sino ad arrivare a quelle riabilitative
(come nella stipsi da defecazione ostruita).
La strategia terapeutica della stipsi non è semplice, come non è semplice il paziente con
stipsi che spesso viene al consulto medico dopo aver girato tanti ambulatori ed eseguito
tante terapie. Prima regola, quindi, è conquistare la fiducia del paziente rassicurandolo che si
troveranno i mezzi per diagnosticare e trattare correttamente la sua stipsi.
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Stipsi da rallentato transito
Consigli igienico-dietetici
Un adeguato apporto di liquidi (almeno 1 litro al giorno) e una corretta alimentazione sono i
punti di partenza per impostare il trattamento del paziente che lamenta stipsi. La correzione
di questi due aspetti risolve circa il 50% delle forme di stipsi. Per alimentazione corretta si
intende una dieta varia, con un adeguato contenuto di fibre ma anche di grassi. E’ noto che
un soggetto “che si mette a dieta” diventa stitico, anche se aumenta il consumo di frutta e
verdura a scapito di latticini e carni rosse ( e cioccolato, uno dei più potenti lassativi!). Tra le
fibre vanno preferite quelle solubili che non contengono lignina e che limitano la produzione
di gas intestinali. Utile anche l’assunzione dei probiotici, ovvero preparazioni che contengono
microrganismi vivi che agiscono equilibrando la microflora batterica intestinale, artefice sia
dell’attività motoria del colon che del volume e consistenza delle feci. Accanto a queste
regole dietetiche è inoltre indispensabile una regolare attività fisica, adeguata all’età e alla
condizione fisica del soggetto.
Lassativi
Nella terapia della stipsi cronica, in mancanza di una risposta soddisfacente alle norme
dietetico-comportamentali è indicato l’uso di lassativi. Nella scelta di quale lassativo proporre
al paziente si deve tener conto del tipo di stipsi innanzittutto, quindi dei possibili effetti
collaterali della terapia, delle patologie concomitanti nonché della compliance alla terapia del
soggetto stesso. Esistono agenti di volume (mucillagini), lassativi di contatto (senna),
emollienti (vasellina), disaccaridi (lattulosio) e osmotici (sodio fosfato). Tra questi ultimi il
macrogol, a base di polietilenglicole, una sostanza inerte non fermentabile dalla flora
intestinale e non assorbibile dal tratto gastroenterico, rappresenta il trattamento di prima
scelta sia nel soggetto adulto che nel bambino, nell’anziano e in gravidanza. La maggior
parte degli studi clinici controllati hanno dimostrato infatti l’efficacia terapeutica di questo
prodotto sia nella gestione della stipsi a breve che a lungo termine, con pochi effetti
collaterali e con un’efficacia che si mantiene stabile nel tempo, evitando continui incrementi
nel dosaggio del farmaco. La terapia con i lassativi, non “guarisce” dalla stipsi, ma un loro
utilizzo adeguato e costante consente di regolarizzare le abitudini intestinali del soggetto.
Con in studio, ma ancora non in disponibili in Italia, nuove molecole sempre più promettenti
in termini di efficacia e di tollerabilità (enterocinetici, agonisti dei canali del cloro).
Terapia chirugica
La terapia chirurgica, nella stipsi da rallentato transito, deve essere indicata con estrema
cautela, e sempre dopo aver accertato la gravità della stipsi, il fallimento di ogni terapia ed
avere effettuato tutti gli accertamenti utili ad escludere una stipsi da “defecazione ostruita”.
L’intervento di scelta è la colectomia totale con ileo-retto-anastomosi. Il paziente però deve
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essere correttamente informato sulla reale efficacia (50% dei casi) nel risolvere la stipsi e
sulle possibili complicanze.
Da considerare, infine, che spesso i pazienti con stipsi severa hanno un rallentamento
generale di tutto il tratto gastro intestinale (stomaco, piccolo intestino, colon) e che
l’intervento chirurgico non risolve i problemi di svuotamento del tratto digestivo superiore.
Stipsi da defecazione ostruita
In tale forma di stipsi (presente nel 25-50% delle stipsi) accanto ad una terapia
farmacologica, il trattamento è fisiokinesiterapico o chirurgico, a seconda se il disturbo
alla base è funzionale (contrazione paradossa del puborettale) o anatomico (rettocele,
intussuscezione retto-anale, prolasso emorroidario).
La chinesiterapia consiste nel rendere il paziente “cosciente” della propria area perineale,
dei muscoli che la compongono e della loro funzione (in contrazione ed inibizione). La
fisiokinesi viene poi integrata dal biofeedback o rieducazione sfinteriale. Mediante tale
procedura, condotta da personale specializzato e che utilizza delle sonde rettali collegate ad
un sistema computerizzato, viene mostrata ai pazienti l'attività dei muscoli dello sfintere
anale, che devono essere contratti e rilassati a seconda dello stimolo dato. In tal modo viene
appreso e memorizzato il corretto meccanismo della defecazione.
Infine, si può far ricorso alla elettrostimolazione che migliora il controllo del tono anale e la
sensibilità rettale. Queste tecniche rieducative dovrebbero essere impostate anche nei
pazienti candidati alla chirurgia, selezionando quindi solo i “non responders” per il
procedimento più invasivo. Ripristinare l’anatomia infatti non significa necessariamente
ripristinare la funzione, che è invece il "desiderata" del paziente.
Per approfondire
Stipsi:
- Chronic Costipation. L.Leung; JABFM 2011; 24: 436-451
- Constipation. WGO Guideline; J Clin Gastroenterol 2011; 45:483-487
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(stipsi) cronica. Diagnosi e terapia