n credit crunch fabene agli istituti
ma le sofferenze mangiano gli utili
BANKITALIA ASPETTA IL RISULTATO
DELL'ASSET QUALITYREVIEW
CHE POTREBBE DISSIPARE I DUBBI
DEI MERCATI INTERNAZIONALI
SULLA SOLIDITÀ DEL SISTEMA
ITALIANO E RIAPRIRE I CONFINI
AI FLUSSI INTERBANCARI
Marco Panara
segue dalla prima
aBancad'Italianonsi esprime così esplicitamente, ma
a leggere il Rapporto sulla
«Stabilità Finanziaria pubf blicato la settimana scorsa,
ilfeelingèquesto.Ineffettisequei dubbi si dissipassero almeno uno dei grandi problemi europei di questi mesi, la
rinazionalizzazione dei sistemi finanziari, che pesa sugli spread e sui flussi
interbancari, potrebbe essere risolto.
Il punto di partenza è che le banche
italiane sono solide. In effetti lo sono,
nonostante la lunga recessione, assai
più che in passato. Il patrimonio è cresciuto in assoluto e in relazione agli attivi, tanto che oggi il famoso Core Tier
1 supera 1' 11 per cento. Il rapporto tra
patrimonio e prestiti è sostanzialmente diminuito ed è tra i più bassi d'Europa, la presenza nei bilanci di posizioni
opache è marginale e anche la dipendenza dalla raccolta interbancaria internazionale (il cosiddetto funding
gap, ovvero la differenza tra la raccolta
diretta e gli impieghi) si è considerevolmente ridotto.
In un rapporto sul debito italiano
pubblicato il 31 ottobre, Roubini GlobalEconomics, notoriamente poco tenero, afferma di non aspettarsi rilevanti problemi di capitale. Aggiunge
inoltre che, basandosi sulle valutazioni delle sofferenze bancarie fatte dal
Fondo Monetario (150 miliardi di euro) e anche adottando un criterio assai
severo sulle perdite connesse, queste
potrebbero essere assorbite dalle riserve, dai margini che il sistema produce ed eventualmente dal patrimonio senza che questo scenda sotto l'8
per cento previsto da Basilea III. In sostanza una ulteriore certificazione di
solidità. Il che naturalmente non vuol
dire che se ilpaese invece di uscire dalla recessione entrasse in un ancorapiù
profonda, se il debito pubblico andasse fuori controllo o se altre variabili
scatenassero l'inferno, questa solidità
non possaessere seriamente messaalla prova.
Il problema in effetti non è la solidità
delle banche italiane ma la loro capacità di alimentare l'economia. Una
parte significativa del miglioramento
dei parametri di cui sopra abbiamo
parlato, dal rapporto patrimonio-attivi alla riduzione del funding gap, è infatti frutto della riduzione del credito,
che continua a declinare inesorabilmente. La Banca d'Italia usa una dicitura standard per descrivere le ragioni
delfenomeno: "Proseguela contrazione del credito. Vi contribuiscono sia la
debolezza della domanda sial'intonazione restrittiva dell'offerta di finanziamenti da parte delle banche, a sua
volta connessa soprattutto con la crescente rischiosità delle imprese".
La gabbia in cui è chiuso il sistema
bancario italiano è questa: poca domanda di credito buono, ,unpo'troppo credito cattivo erogato nel passato.
Non è solo colpa del destino cinico e
baro. Le banche hanno prestato senza
fare troppa attenzione negli anni buoni, le cronache sono piene di denarÒTacile a immobiliaristi e assicuratori, e
oggi privilegiano tanto la riduzione
dell'attivo che spesso non prendono in
considerazione la domanda di credito
anche quando si tratterebbe di credito
buono. La lunga recessione poi ci ha
messo del suo e l'esito finale di tutto ciò
è che le sofferenze continuano a cre-
scere, anche se si stanno stabilizzando, e gli accantonamenti si mangiano
quasi interamente i margini che le
banche riescono a produrre con la loro attività. Secondo il Rapporto sulla
stabilità finanziaria citato sopra, nel
primo semestre del 2013 il rendimento del capitale e delle riserve dei primi
34 gruppi bancari è scesa all'1,2 per
cento, a causa soprattutto delle rettifiche su crediti che si sono mangiate i tre
quarti delrisultato di gestione (un altro
pezzo se l'è mangiato la riduzione del
margine di interesse).
La previsione è che nel 2014 l'economia smetta di scendere e accenni un
lieve recupero. Se venisse rispettata, le
sofferenze dovrebbero smettere di aumentare. Resterebbe a quel punto il
problema dello stock: le banche non
fanno bene il loro lavoro se hanno in
pancia miliardi, in qualche caso decine di miliardi di crediti bloccati. La soluzione in cui spera la Banca d'Italia è
che la revisione della qualità degli attivi effettuata dalla Bce, insieme al più
favorevole del trattamento, fiscale delle rettifiche sui crediti spingale banche
a ridurre il valore al quale hanno le sofferenze in portafoglio fino a un punto
tale da rimettere in moto il mercato
delle cartolarizzazioni (che all'inizio
del secolo hanno consentito di ridurre
sostanzialmente l'ammontare dei crediti in sofferenza detenuti dalle banche e il loro rapporto con il totale dei
prestiti). Altri suggeriscono la creazione di una bad bank nella quale concentrare le sofferenze del sistema. Una
soluzione comunque va trovata, anche eventualmente con un contributo
pubblico (come avvenuto in passato).
Se l'economia riparte il costo del rischio si riduce, ma se il vagone di sofferenze che si devono trascinare dietro è
troppo pesante, le banche non avranno la forza di alimentare quella crescita, che rischierebbe così di essere troppo flebile e di breve durata.
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