L’OLOCAUSTO RACCONTATO AL CINEMA LA VITA È BELLA SCHINDLER’S LIST TRAIN DE VIE IL PIANISTA Guido è un giovane pieno di vitalità e allegria, un fine intellettuale che, insieme al suo amico tappezziere Ferruccio, lascia la campagna per cercare la felicità in città. Intenzionato ad aprire una libreria, si innamora di una donna, la strappa al promesso sposo e ci fa un figlio. La vita scorre tranquilla finché non si scopre che Guido è di origini ebree e un brutto giorno lui e il figlio vengono arrestati e internati in un lager. Per Guido l'imperativo è quello di proteggere il suo bambino, preservarlo dall'orrore. Perciò Guido gli fa credere che il campo di concentramento sia solo un gioco collettivo, dove è necessario rispettare certe regole, piegarsi alle stranezze per accumulare punti e vincere un premio straordinario: un carro armato vero! Con la forza d’animo di Guido la messa in scena regge fino alle soglie della liberazione quando Guido, travestitosi da donna per cercare di avvicinare Dora, viene scoperto e fucilato. Il piccolo Giosuè immedesimatosi nel suo “gioco” rimane nascosto fino all’arrivo degli americani con i loro carri armati. Uno di loro lo fa salire sull’enorme macchina da guerra. Il bambino ritrova la mamma tra la gente in fuga dal lager e, raggiante di felicità, grida “Abbiamo vinto!”. La vita è bella LA VITA È BELLA Polonia, 1939-1945. Oskar Schindler è un imprenditore intraprendente e spregiudicato, intenzionato a trarre il massimo profitto dalla situazione bellica. Riesce, grazie ai suoi abili intrallazzi, a stringere solidi rapporti d'affari con i nazisti che occupano la Polonia e a farsi così assegnare la proprietà di una fabbrica confiscata agli ebrei. Per la produzione utilizza manodopera ebrea non retribuita e con il passare del tempo e il crescere delle persecuzioni la sua fabbrica dà rifugio ad un numero crescente di ebrei, che così sfuggono alla deportazione nei lager e a morte sicura. L'industriale finisce per trovarsi sempre più coinvolto in un sistematico impegno umanitario teso a salvare vite umane, ricorrendo a questo scopo anche alla corruzione dei gerarchi nazisti ed all'imbonimento di Goeth, crudele comandante del campo di sterminio di Cracovia, al quale riesce a sottrarre parecchi internati. A guerra finita Schindler ha esaurito completamente il suo patrimonio, ma ha salvato più di mille ebrei e a lui andrà per sempre la loro riconoscenza e quella dei loro discendenti. Schindler’s List 1941: lo spettro della deportazione minaccia la sorte di un intero villaggio yiddish dell'Europa centrale. Per scampare al pericolo imminente gli ebrei decidono di autodeportarsi, travestendo una parte degli abitanti da soldati nazisti e comprando un intero treno, un vagone dopo l’altro. Un piano (apparentemente) folle, ma mai quanto la destinazione: addirittura la Palestina, dopo un percorso a zig zag verso la Russia, fino in Crimea, per poi sbarcare in Asia Minore e raggiungere la terra promessa. L'idea, neanche a dirlo, è del classico pazzo del villaggio, quasi una figura di fool shakespeariano, a cui qualunque idiozia è concessa, e dietro la cui stravaganza si celano ragionamenti alla fine assai sensati. Il viaggio alla base di Train de vie si trasforma in un picaresco girovagare, con alle spalle i tedeschi (quelli veri) ed i partigiani della Resistenza (molto perplessi). A complicare le cose l'ideale del Comunismo inizia a diffondersi nei vagoni del convoglio ferroviario, attirando le fantasie represse dei più giovani. L'esilarante fuga degli ebrei-comunisti si conclude con l'incontro con un gruppo di gitani che hanno avuto la loro stessa idea. Il finale chiude con una punta di tragicità dolceamara una storia sicuramente sviluppata sul registro portante della commedia - incentrata sui toni caustici dell'umorismo yiddish. Train de vie Władysław Szpilman è un pianista ebreo che suona per la radio di Varsavia, città nella quale vive quando inizia la persecuzione della Germania nazista. All'inizio è costretto a suonare in alcuni locali per soli ebrei, poi perde anche quella possibilità. La famiglia viene deportata, ma egli si salva perché un poliziotto ebreo riesce a sottrarlo alla fila di gente che viene caricata sul treno della morte. Per il protagonista inizia così un doloroso percorso esistenziale: prima viene nascosto da una coppia di amici, poi da un altro amico. Ogni volta deve fuggire; coloro che lo proteggono di volta in volta sono scoperti e catturati. Gli alleati stanno per avanzare, quando trova rifugio - solo e malato - all'interno di una casa diroccata nel ghetto di Varsavia, ormai deserto. Lì l'ufficiale tedesco Wilm Hosenfeld, dopo averlo sentito suonare al pianoforte ancora depositato nella casa ormai abbandonata, lo aiuta a porsi in salvo. Per il pianista è il momento dell'estremo batticuore (ma anche dell'estrema liberazione): l'ufficiale gli risparmia la vita e gli dona il suo cappotto. All'arrivo dei sovietici, inizialmente viene scambiato per un ufficiale nazista, poi viene portato in salvo. Successivamente i sovietici fanno prigionieri i soldati tedeschi e viene catturato anche l'ufficiale tedesco che aiutò il pianista. In seguito, il protagonista tenta di salvargli la vita, ma scopre che il campo dove l'ufficiale era stato trasferito con tutti gli prigionieri era stato smantellato, e Hosenfeld era scomparso senza lasciare traccia. Egli morirà prigioniero in Russia nel 1952 mentre Spzilman, che nel finale vediamo suonare in un orchestra, riuscirà a tornare alla vita che conduceva prima della guerra. Il pianista