teria primordiale. Da quel grafico, insomma, i cosmologi
possono risalire alle oscillazioni del plasma primordiale, vere e proprie onde sonore che hanno dato il via alle strutture
dell’universo.
Ebbene, dai dati di Planck emerge che, mentre a piccole
scale angolari lo spettro corrisponde perfettamente alle previsioni del modello standard, a grandi scale questa corrispondenza viene meno. Il segnale in questa parte dello spettro è
meno intenso: qualcuno, molto efficacemente, ha detto che la
sinfonia dell’universo è un po’ carente nei toni bassi.
Potrebbero sembrare anomalie tutto sommato marginali,
ma le conseguenze potrebbero invece essere piuttosto pesanti. Potremmo essere costretti ad ammettere che, su scale più
grandi, l’universo non è uniforme come ci si è sempre aspettato, contraddicendo dunque uno dei pilastri - l’isotropia - sui
quali si è fondata finora l’analisi dei cosmologi. Nessuno si
è ancora sbilanciato a spiegare le anomalie, ma qualche scenario comincia a far capolino. Per esempio si ipotizza che il
percorso della radiazione di fondo possa essere stato più
complicato di quanto abbiamo immaginato finora. Oppure si
incolpa di quella mancanza apparente di isotropia un’energia
oscura il cui valore non sia costante nel tempo. Oppure ancora – ipotesi davvero molto affascinante – si considerano
quelle anomale distribuzioni una traccia indelebile lasciata
nell’attuale universo dall’universo che lo ha preceduto prima
del “nostro” Big Bang.
Certo è che quell’universo neonato che Planck ha magistralmente ripreso sta lanciando nuove e cruciali sfide ai cosmologi.
Claudio Elidoro si è laureato in Astronomia all’Università di Bologna con una tesi sui Corpi
Minori del Sistema Solare. Nel tempo libero dagli impegni di lavoro (è insegnante) continua a
occuparsi di astronomia interessandosi soprattutto alle problematiche connesse all’impatto
di comete e asteroidi con il nostro pianeta.
E se la radiazione di fondo
fosse solo un localismo?
non tutti gli astronomi vedono nei risultati di Planck
una conferma del modello cosmologico corrente
Riccardo Scarpa
rande enfasi è stata giustamente data all’arrivo
dei risultati ultraprecisi ricavati dalle osservazioni
del satellite Planck.
Nel numero di marzo di Nature si legge che «Il telescopio Planck ha fornito la più dettagliata mappa mai
ottenuta della radiazione cosmica di fondo», ed effettivamente mai la radiazione cosmica di fondo era stata
studiata in simile dettaglio; così che – grazie a un notevole investimento di risorse umane ed economiche –
possiamo senz’altro dire che con Planck si è arrivati a
portare la cosmologia a un livello di precisione semplicemente fantastico.
G
Tutto il modello cosmologico attualmente in uso (Big
Bang + inflazione + energia oscura + materia oscura)
sembra sia stato confermato, con solo piccoli (ma significativi) ritocchi all’età dell’universo e alla costante di
Hubble.
Questo, almeno, è quanto sta apparendo nei mezzi di
comunicazione da un mese a questa parte… Ma davvero le cose stanno così?
COELUM 170 - 2013
Per quel che riguarda l’aspetto tecnico è certamente
vero. Planck ha raccolto e continua a raccogliere dati di
estrema qualità… ma per quanto riguarda l’aspetto interpretativo, siamo davvero capaci, per la prima volta
nella storia dell’umanità, di comprendere l’origine ed
evoluzione dell’intero universo? Siamo veramente al
punto di poter fissare l’età dell’universo con una precisione superiore a quella, per esempio, con cui stimiamo
l’età della Terra?
A mio avviso la risposta a queste domande è tendenzialmente negativa, e paradossalmente potrebbe essere
proprio la grande precisione dei dati di Planck a dare il
colpo di grazia a una visione cosmologica sempre più ortodossa e autoreferenziale. Vediamo perché.
nuovi dati mostrano una mappa dell’emissione di fondo
dell’intero cielo ottenuta dopo aver sottratto il contributo di tutte le fonti di emissioni conosciute, quali quelle di
stelle e galassie, in particolare della Via Lattea. Quello
che resta è un’emissione quasi omogenea, con piccole
fluttuazioni attorno al valore medio.
Sono proprio queste fluttuazioni che eccitano tanto la
fantasia dei cosmologi, che sostengono si tratti delle piccole variazioni di densità da cui si sarebbero poi genera-
I
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radiazione cosmica di fondo che possono mettere in
dubbio le stesse basi della cosmologia. […] vi è una
differenza significativa nel segnale osservato nei
due emisferi opposti del cielo, e una regione fredda
eccessivamente grande. […] La nuova immagine di
Planck suggerisce che alle scale più grandi l’universo possa essere più complesso di quel che pensiamo».
Jan Tauber, Planck project scientist, commenta che
«le anomalie sono più serie di quel che si credeva,
suggerendo che qualcosa di fondamentale ci sfugge».
te le galassie. Per intenderci, si invoca il solito ragionamento del collasso gravitazionale. Se in un punto vi è più
massa che in quelli circostanti, allora la maggior forza
gravitazionale fa sì che su di esso si accumuli ancor più
massa, amplificando così la fluttuazione fino ad arrivare
alla formazione di strutture macroscopiche. Le differenze
di densità si manifestano nella radiazione cosmica di fondo come differenze di temperatura, tipicamente del millesimo di grado.
C’è soltanto un piccolo inconveniente… le fluttuazioni
sono così piccole che la materia ordinaria da sola non riuscirebbe mai a formare le galassie… la gravità, infatti, non
è abbastanza forte.
Qui viene fortunatamente in aiuto la “materia oscura”,
che con il suo contributo dominante fa sì che le galassie
si formino in tempi ragionevoli. O almeno è così che dicono le simulazioni.
Fin qui niente di nuovo, perché gli esperimenti anteriori a Planck, in particolare quello di WMAP, avevano già
mostrato tutto questo. Planck ha solo ritoccato alcuni valori, tra cui quello della costante di Hubble, ora portata a
67,15 km/s/Mpc (si noti la precisione…).
Se questo fosse tutto, sarebbe forse stato meglio risparmiare i 700 milioni di euro spesi per costruire il satellite. Però proprio l’estrema precisione di Planck ha reso
palese un effetto che seppur rilevato in precedenza, non
era mai stato considerato reale (per convenienza?).
Sul sito dell’ESA leggiamo: «Per la maggior parte, i
dati concordano estremamente bene con il modello
standard […] Allo stesso tempo, la loro straordinaria
qualità rivela la presenza di insidiose anomalie nella
22
Paolo Natoli dell’Università di Ferrara aggiunge che «le
anomalie indicano che manca ancora qualcosa nella
nostra comprensione dell’universo. Abbiamo bisogno
di un modello in cui queste anomalie cessino di essere anomalie e si convertano in predizioni del modello
stesso».
A parte il fatto che per definizione predizioni non potranno mai esserlo visto che i dati sono arrivati prima del
modello, qui si legge chiaramente tra le righe che c’è bisogno di nuovi parametri liberi.
In effetti, Krzysztof M. Górski del Jet Propulsion Laboratory manda a dire che le anomalie potrebbero obbligarci a «essere più creativi nello sviluppare plausibili
estensioni del modello standard», e l’inglese George
Efstathiou parla esplicitamente della necessita di una
nuova fisica.
Chiaramente, se la radiazione cosmica di fondo NON è
isotropa, allora viene meno uno dei pilastri base su cui
poggia tutta la cosmologia. Tutte le formule in uso non
sarebbero più valide e il principio cosmologico stesso
verrebbe inficiato. Come può lo spazio a noi circostante
essere rappresentativo di tutto il resto se le sue proprietà
sono diverse da un emisfero all’altro del cielo?
E le cose potrebbero andare ancora peggio se si arrivasse alla conclusione che la radiazione di fondo NON è
il residuo del Big Bang, ma solo un effetto relativamente
locale. Sarebbe necessario rivedere seriamente tutto il
quadro cosmologico, incluso lo stesso concetto di
espansione, con conseguenze, per l’astrofisica, del tutto
imprevedibili.
Rivoluzione, dunque? No, sono più propenso a credere che avremo presto la “Planck energy” o qualcosa di simile, l’ennesimo parametro libero con cui giocare per far
tornare i conti. Si accettano scommesse.
Riccardo Scarpa, veneziano, si è formato come
astronomo a Padova, per poi trasferirsi allo Space Telescope Science Institute, quindi all’osservatorio VLT
del Paranal in Cile. Attualmente è astronomo residente presso il telescopio GranTeCan di La-Palma - Canarie. Ha dedicato gran parte dei suoi studi agli AGN
e a teorie alternative della gravitazione.
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Coelum 170 ok