La deglutizione
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Fisiopatologia della deglutizione
La deglutizione è un atto quanto mai complesso, che richiede, per potersi espletare
correttamente, l’intervento di una molteplicità di elementi partecipanti che vengono ad attivarsi in
maniera sequenziale.
È indispensabile quindi che l’organismo umano sia in grado, immediatamente dopo la
nascita, di poter effettuare un atto deglutitorio completo, in mancanza del quale la vita verrebbe
immediatamente a spegnersi a meno di un intervento terapeutico immediato. È per questo motivo
che il feto si prepara con grande scrupolo a questa sua indispensabile attività post-natale già a
partire dal quarto mese di vita intrauterina. Non è infrequente il riscontro, durante un controllo
ecografico, di un feto che si succhia il dito. Ma la deglutizione, nella sua complessità, richiede un
perfezionamento che porti all’instaurazione di un engramma cerebrale, che poi si manterrà per
tutta la vita (a meno che non sopravvengano circostanze esterne modificanti); perché il
meccanismo venga perfettamente recepito occorrono circa sei mesi. Durante questo periodo il
neonato è sensibile a spinte esterne di molteplici origini e che sono in grado di deviare il
recepimento del meccanismo da parte dell’encefalo, fino all’instaurarsi di una deglutizione
francamente scorretta.
Il meccanismo della deglutizione è basato, sul susseguirsi di una serie di contrazioni
muscolari che avvengono in modo coordinato e consequenziale, tali da far si che il bolo
alimentare, una volta raccolto sulla parte dorsale della lingua, inizi il suo cammino verso l’apparato
digerente.
Vengono così distinte una fase di preparazione del bolo, che si forma con la funzione
della muscolatura intrinseca ed estrinseca della lingua e di quella delle guance, e tre fasi della
deglutizione propriamente detta.
La prima fase, detta pure fase orale, è completamente consapevole e volontaria ed è
quella più facilmente modificabile con una rieducazione adeguata. La lingua parte da una
posizione "neutra" o di riposo (collegata alla rest position mandibolare) dove, per l’equilibrio
presente tra muscoli protrusori e retrusori, elevatori ed abbassatori, il corpo linguale assume una
postura non orizzontale, ma leggermente obliqua, con direzione dall’alto in basso e anteroposteriore (mesio-distale). Da questa posizione, in cui la punta della lingua viene a toccare
leggermente il palato nella regione centrale subito al di dietro della papilla interincisiva, mentre un
solco si scava progressivamente sulla superficie dorsale della lingua, inizia un movimento di
schiacciamento progressivo del corpo linguale al di sotto della volta palatina con direzione anteroposteriore, con scomparsa del solco e progressione del bolo ii verso il faringe. Il movimento
avviene grazie alla contrazione simultanea del m. longitudinale superiore e del m. trasverso nella
prima fase, seguita dalla contrazione dei muscoli Stiloglosso e Palatoglosso che tirano la base
della lingua in alto e indietro.
A questa fase fa quindi seguito la fase faringea. Quando il bolo passa nel faringe entrano
in contrazione il muscolo Salpingofaringeo per chiudere la tuba ed impedire un reflusso di alimenti
dal faringe verso l’orecchio, i muscoli sovrajoidei, con lo scopo di sollevare l’osso joide e,
chiudendo il laringe, impedire il passaggio di sostanze nel canale respiratorio, i muscoli costrittori
superiore, medio ed inferiore che si contraggono in successione per ottenere la progressione del
cibo verso l’esofago.
Questa fase è consapevole, ma involontaria; ad essa fa seguito la fase esofagea,
inconsapevole ed involontaria. Anche queste fasi, seppure involontarie, possono risentire di un
trattamento di rieducazione della deglutizione, beneficiando del riequilibrio funzionale iniziato
lavorando sulla fase deglutitoria orale.
Durante l’atto deglutitorio “normale”’, con il passaggio del bolo dalla bocca al faringe, viene
a crearsi una pressione aerea negativa, responsabile della detersione delle tube di Eustachio con
aspirazione dei muchi dall’orecchio verso il faringe e quindi con un’azione di detersione che si
ripete ritmicamente duemila volte nel corso delle ventiquattro ore.
Nella deglutizione scorretta le fasi della deglutizione restano le stesse, ma i tempi di transito
sono allungati e le contrazioni muscolari avvengono in maniera impropria.
La fase orale è quella che più ne risente; la lingua in questo caso inizia il suo movimento
partendo da una posizione di riposo già spesso alterata (quasi sempre la postura è bassa o
avanzata), e da questa posizione essa non si muove in alto e indietro, bensì in avanti,
appoggiando la sua base contro l’arco delle fauci e la porzione più posteriore del palato,
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incurvando la parte mediana in basso, formando una concavità sul dorso e dando luogo ad una
spinta rivolta in avanti, contro i denti superiori, contro gli inferiori o tra i denti stessi, dando luogo ad
alterazioni di sviluppo delle strutture ossee e quindi alle patologie che ben si conoscono. Il muscolo
precipuamente coinvolto è il Genioglosso, mentre Stiloglosso e Palatoglosso sono inattivi. La
deglutizione in questa circostanza può avvenire soltanto con l’aiuto della pressione positiva che
viene ad instaurarsi attraverso la contrazione dei muscoli Buccinatori e dell’Orbicolare delle labbra.
Essi infatti vengono ad assumere una funzione vicariante importantissima; senza la loro attività di
contrazione la lingua, muovendosi in direzione postero-anteriore, verrebbe a spingere il cibo fuori
della bocca, tramite la loro azione di stantuffo invece il bolo può essere spinto verso il faringe.
Il tipo di danno che si instaura è fondamentalmente in rapporto all’età del soggetto nel
quale si sviluppa. Una lingua che spinge in avanti può provocare nel paziente in crescita una
deformazione ossea con malposizione dentale e, frequentemente la comparsa di un morso aperto;
in un adulto che abbia resistito per anni ed anni alla spinta linguale per merito di un osso
particolarmente robusto, con il passare del tempo può instaurarsi un danneggiamento progressivo
del tessuto di sostegno degli elementi dentali con comparsa di migrazione e vacillamento prima e
perdita degli stessi in un secondo momento.
La spinta linguale può essere indirizzata anche nei settori laterali delle arcate dentarie, con
interposizione tra le arcate e mancata eruzione completa degli elementi dentali con conseguente
diminuzione della dimensione verticale e morso coperto. Tale aspetto paradossale è dovuto ad
una lingua che si intromette in entrambi i settori laterali, determinando un difetto di eruzione
dentaria e, di conseguenza, un affondamento del morso per mancanza di contatto tra le due arcate
dentarie.
La stessa interposizione è anche causa dei problemi di malposizione mandibolare e di
patrologia dell’articolazione temporo-mandibolare che spesso si riscontrano. Infatti, la presenza di
uno spazio libero in eccesso tra le arcate dentarie determina un sollevamento ed un arretramento
della mandibola nel momento della ricerca di un’occlusione dentaria.
Ma come spiegare con parole semplici ad un paziente il suo problema? Per farlo è forse
utile simulare un dialogo con un ipotetico paziente.
“Caro XXX, come hai visto dall’esame che abbiamo effettuato con l’aiuto della crema
luminosa che abbiamo messo sulla tua lingua, questa non si muove correttamente ma, al
momento di ingoiare, invece di schiacciarsi contro il palato, spinge contro i tuo denti”.
“Ma che differenza fa?”
“Se durante una giornata si ingoiasse una o poche volte, non ci sarebbe alcun problema; il
fatto è che nelle ventiquattro ore ingoiamo circa duemila volte ed ogni volta la lingua spinge contro
i denti con la forza di almeno un chilogrammo. Se moltiplichiamo questa quantità per le duemila
colte (è il numero medio di deglutizioni giornaliere) ci rendiamo conto che la spinta totale esercitata
dalla lingua nelle ventiquattro ore è di almeno duemila chilogrammi (è come tenere un elefante
appeso ai nostri denti). La pressione esercitata dalla lingua nella deglutizione normale è diretta
contro il palato che, nonostante lo spessore dell’osso, subisce una modellazione; nella deglutizione
scorretta tutta la spinta finisce contro i denti o tra i denti e questo causa a volte grandi deformità. E
non è colpa solo della lingua che spinge contro gli incisivi, ma il movimento scorretto determina
una mancanza di sostegno del palato e soprattutto una mancanza di spinta del cibo verso la gola.
Il cibo anzi verrebbe, seguendo il movimento linguale, buttato fuori dalla bocca se non subentrasse
la contrazione delle labbra e specialmente delle guance, che sono le massime responsabili della
deformazione del palato. quest’ultimo infatti viene a subire una pressione diretta dall’esterno
all’interno della bocca, che non viene bilanciata dalla pressione esercitata dalla lingua che, nella
deglutizione scorretta, non supporta affatto il palato. ciò provoca un restringimento di questo a
livello delle regioni laterali ed un suo contemporaneo innalzamento nelle cavità nasali che risultano
ristrette, determinando pure una deviazione del setto nasale che, programmato dalla natura per
essere di una determinata lunghezza, si deve adattare a svilupparsi in uno spazio minore.”
“È per questo allora che respiro con la bocca aperta?”
“Certo! Ciò determina un conseguente cambiamento dalla respirazione nasale a quella
orale, favorita anche dalla posizione bassa della lingua, nella quale prevale la funzione dei muscoli
che la spingono in fuori su quella dei muscoli che la sollevano in alto e la tirano indietro. È
estremamente importante che noi respiriamo tutti con il naso perché quando si respira bene il
cervello si ossigena meglio e si è più attenti a scuola e si è più forti nell’attività sportiva. Anche il
nostro portamento è più corrette e stiamo più diritti, prevenendo problemi alla colonna vertebrale
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come il terribile mal di schiena. Quando respiriamo con la bocca, come abbiamo detto, il palato è
stretto ed alto e ciò determina una diminuzione dello spazio aereo disponibile. L’aumento della
resistenza al passaggio dell’aria fa mantenere una respirazione prevalentemente orale,
instaurando un circolo vizioso che peggiora sempre più la situazione. È indispensabile quindi che
venga ripristinata una corretta respirazione prima che i danni siano così gravi da costringere
comunque ad un intervento chirurgico che ripristini uno spazio aereo adeguato. L’unico mezzo
valido a questo scopo è il trattamento miofunzionale.”
Effetti della deglutizione scorretta su organi ed apparati
I danni causati da una deglutizione scorretta non si esauriscono a livello orale, ma
interessano altri organi ed apparati, che vengono variamente colpiti.
L’apparato più intimamente coinvolto è quello respiratorio. Gli squilibri muscolari
determinano anomalie di forma del palato che si introflette nelle cavità nasali diventando stretto ed
alto (il cosiddetto palato ogivale) e ciò determina una diminuzione dello spazio aereo disponibile.
L’aumento della resistenza al passaggio dell’aria che ne consegue, favorisce una respirazione
prevalentemente orale, instaurando un circolo vizioso che peggiora sempre più la situazione. Il
palato ristretto condiziona infatti una difficoltà della lingua a sollevarsi al di sotto di esso, per una
incongruità progressivamente crescente tra grandezza della lingua stessa e diametro dell’arcata
dentaria superiore. La postura bassa della lingua che ne consegue e la sua alterata funzione
tendono a favorire ancora di più la respirazione orale e la pressione delle guance, che reiterano
l’effetto compressivo sul palato durante ogni atto deglutitorio.
Quando si respira con la bocca, il muco che si forma nei seni paranasali tende a ristagnare,
non essendo asportato dal flusso d’aria, e ciò induce un aumento di volume delle adenoidi, che
sono costrette ad un maggior carico di lavoro; quindi si tratta di solito di adenoidi soltanto più
voluminose del normale e non infiammate. Lo stesso può capitare alle tonsille che anch’esse sono
soggette ad un lavoro maggiore, essendo la maggior parte dell’aria convogliata nel cavo orale,
dove il filtro è costituito proprio dal tessuto tonsillare.
La pressione positiva che viene a crearsi nel cavo faringeo durante l’atto deglutitorio
determina ingestione di aria (la cosiddetta aerofagia), tendenza al “colon irritabile”, sensazione di
ripienezza, che porta ad interrompere il pasto, salvo poi aver fame dopo poco tempo, ma
avvertendo di nuovo, dopo pochi bocconi una sensazione di sazietà. Alla sensazione di
distensione addominale si accompagnano frequentemente eruttazione e flatulenze per
l’eliminazione del gas in eccesso.
Anche la masticazione è alterata, spesso lenta, stentata, a causa dell’iperlavoro dei
masseteri che partecipano in maniera impropria alla deglutizione. Caratteristica è la frequente
antipatia per la carne, per il fatto che richiede una masticazione accurata, masticazione che il
paziente, dato lo squilibrio esistente nella sua muscolatura orale e periorale, trova faticoso attuare,
preferendo l’ingestione di sostanze più morbide o che richiedano meno sforzo masticatorio. In altri
casi il paziente tende ad ingoiare il cibo velocemente, senza quasi masticarlo.
L’ingestione di aria è anche responsabile, nei primi mesi di vita, delle coliche gassose di
frequente riscontro durante l’allattamento con metodiche artificiali.
Il bambino che ingoia male è spesso affetto da otiti, inizialmente catarrali, che
successivamente possono divenire purulente; esse sono frequenti soprattutto nella prima infanzia
ed anche per esse si è voluta ricercare la causa nella pressione positiva che potrebbe determinare
un’inversione del flusso dei secreti presenti nell’orecchio medio e nelle tube di Eustachio, secreti
che, anziché essere aspirati e drenati nel cavo faringeo durante l’atto deglutitorio (spremuti per
così dire dalla contrazione del muscolo salpingo-faringeo), verrebbero a ristagnare all’interno della
tuba e dell’orecchio. Questa ipotesi patogenetica è avvalorata clinicamente dagli innumerevoli
miglioramenti delle audiometrie di bambini dopo la rieducazione miofunzionale.
La stessa variazione di pressione aerea all’interno dell’orecchio è stata presa in
considerazione per spiegare i miglioramenti o la scomparsa spesso completa degli acufeni,
patologia correlata in passato prima con problematiche circolatorie e poi anche malposizioni
mandibolari.
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Secondo le ipotesi più recenti, confortate appunto dai miglioramenti ottenuti con n
trattamento miofunzionale, la genesi degli acufeni sarebbe legata alle vibrazioni pressorie. In
condizioni normali i suoi, come sappiamo, vengono trasmessi come vibrazioni dalla membrana
timpanica a quella della chiocciola attraverso la messa in risonanza degli ossicini dell’orecchio fino
alla staffa che, appoggiata sulla membrana coclearie, trasmette le vibrazioni al liquido all’interno di
questa, provocando la comparsa di onde che vanno a stimolare le cellule del Corti, indovate nella
sua parete. Qui lo stimolo meccanico viene trasformato e inviato all’encefalo.
Alterazioni della pressione aerea darebbero luogo, soprattutto durante l’atto deglutitorio, ad
una compressione della membrana coclearie, producendo onde che verrebbero percepite come un
suono vago e fastidioso.
Anche il lavoro dello specialista del linguaggio risente quasi sempre in maniera
impressionante del miglioramento delle capacità della lingua e delle labbra che seguono ad un
trattamento miofunzionale. Nella stragrande maggioranza dei casi il trattamento logopedico può
divenire addirittura superfluo dopo la rieducazione miofunzionale dimostrando che, una volta che la
muscolatura è in grado di lavorare, il cervello sarà in grado di far sì che l’input inviato possa dare
effetti idonei, non ottenibili senza una corretta funzione muscolare.
Un ambito in cui è parimenti coinvolta la rieducazione miofunzionale è quello che riguarda i
problemi dell’occhio, occhio visto non solo come capacità visiva, ma anche e soprattutto come
funzione di messa a fuoco binoculare.
Innumerevoli sono i pazienti che, a fianco di una deglutizione scorretta, presentano
problemi di forie, strabismi conclamati, o più semplicemente di stanchezza oculare. In molti casi
abbiamo potuto accertare miglioramenti della coordinazione oculare e della mobilità oculare in
genere, scomparsa di “occhio pigro” e strabismi, ma anche miglioramenti del visus con scomparsa
di miopie e ipermetropie in pazienti giovani a seguito di una rieducazione muscolare oro-facciale.
La spiegazione risiede nel fatto che il mascellare, oltre a costituire il palato, fornisce anche
il pavimento all’orbita. Un palato ristretto si accompagnerà quindi, molto frequentemente ad
un’orbita ristretta e le cui suture mostrano poca o scarsa mobilità, con la conseguenza che l’occhio
è costretto ad adattarsi in uno spazio che presenta un diametro latero-laterale ristretto rispetto alle
esigenze di sfericità dell’occhio, che è costretto ad allungarsi per adattarsi alle disponibilità di
spazio. Un recupero di ampiezza del diametro permetterà all’occhio di riacquistare sfericità e
formazione dell’immagine a livello retinico. Può inoltre essere coinvolto anche un altro
meccanismo, derivante dalle variazioni di stimolazione del muscolo ciliare conseguenti alle
compressioni dei nervi cervicali dovute alle anomalie di postura. La stessa ristrettezza dell’orbita
può spiegare pure le difficoltà di funzionamento dei muscoli estrinseci che vengono a perdere
l’equilibrio indispensabile per la visione binoculare senza sforzo.
Ci sono poi due ambiti, che non verrebbero mai avvicinati ad una deglutizione scorretta, ma
che, nelle ricerche portate avanti, si sono dimostrati estremamente influenzati dalle patologie della
deglutizione.
Le problematiche posturali sono spesso intimamente legate a squilibri della muscolatura
oro-facciale e gli studi delle catene muscolari ci hanno dato una mano nello spiegare le modalità di
integrazione funzionale delle varie strutture corporee che partecipano alla instaurazione di
atteggiamenti posturali scorretti.
Basti pensare che fino a pochi anni fa gli ortopedici affermavano che le scoliosi
“idiomatiche” erano circa l’80%, mentre oggi questo numero si è drasticamente ridotto grazie
all’esame posturale di pazienti prima, durante e dopo un trattamento miofunzionale. Ricordiamo
soltanto che la catena muscolare antero-mediana trova la sua origine a livello della base cranica
proprio a livello della inserzione dei muscoli linguali. Tale catena coinvolge, tra gli altri, i muscoli
della superficie mediale della coscia e della gamba fino all’alluce. Esistono molte persone, anche
atleti professionisti, curate impropriamente con approcci di tipo kiropratico o fisioterapico, che
potrebbero ricevere molti più benefici da una rieducazione della muscolatura oro-facciale e della
deglutizione.
Il secondo ambito è quello dei problemi di ciclo mestruale che affiggono spesso donne
giovani o adulte che presentino una deglutizione scorretta. I primi studi sull’argomento sono stati
condotti in Messico su una popolazione di giovani che dovevano praticare un trattamento
ortodontico. Si è potuto constatare un miglioramento o un ripristino di una situazione fisiologia in
oltre il 70% delle pazienti che avevano praticato la correzione della deglutizione attraverso la
terapia miofunzionale allo scopo di migliorare i risultati ortodontici.
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È capitato di trattare donne adulte con problemi di fertilità che, seguite per problemi di
squilibri muscolari oro-facciali, si sono ritrovate gravide dopo anni di tentativi e di cure ormonali
privi di risultati. Stimolati da queste esperienze si porta avanti una ricerca accurata, che prenda in
considerazione sia i livelli ormonali che le possibili implicazioni di natura osteopatia e si spera al
più presto di poter portare un contributo scientifico alla comprensione del fenomeno.
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