CancerStat Umbria Registro Tumori Umbro di Popolazione Anno IV No. 9 Settembre 2013 ISSN 2039-814X Registro Nominativo delle Cause di Morte Registro Regionale dei Mesoteliomi Direttore: Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci Dipartimento di Medicina sperimentale. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza Il cancro del retto M. Lupattelli, E. Corgna, V. Lancellotta, C. Aristei CancerStat Umbria Registro Tumori Umbro di Popolazione Anno IV No. 9, Settembre 2013 Registro Nominativo delle Cause di Morte ISSN 2039-814X Registro Regionale dei Mesoteliomi Pubblicato da: Direttore: Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci Collaboratori: Anna Maria Petrinelli Daniela Costarelli Fortunato Bianconi Valerio Brunori Daniela D’Alò Silvia Leite Chiara Lupi Rosaria Palano Maria Saba Petrucci Francesco Spano Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza Emilio Duca Paola Casucci Marcello Catanelli Mariadonata Giaimo Codice CINECA-ANCE E205269 Registro Tumori Umbro di Popolazione Dipartimento di Medicina sperimentale. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Via del Giochetto 06100 Perugia Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366 Fax: +39.075.585.7317 Email: [email protected] URL: www.rtup.unipg.it IL CANCRO DEL RETTO Il cancro del retto Marco Lupattelli1, Enrichetta Corgna2, Valentina Lancellotta1, Cynthia Aristei3 1 S.C. Radioterapia Oncologica, Azienda Ospedaliera, Perugia S.C. Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera, Perugia 3 S.C. Radioterapia Oncologica, Azienda Ospedaliera e Università degli Studi, Perugia. 2 sopravvivenza dei pazienti con cancro del retto è altamente dipendente dallo stadio della malattia alla diagnosi e in Europa è del 54% a 5 anni (1, 4). Nei pazienti con malattia localizzata la sopravvivenza a 5 anni è intorno al 90%, nella malattia a localizzazione regionale intorno al 70% e nella malattia metastatica circa il 10%. EPIDEMIOLOGIA E’ difficile separare dal punto di vista epidemiologico il cancro del retto da quello del colon perché gli studi non considerano separatamente le due patologie; infatti, in genere, si parla sempre di cancro del colon-retto. E’ il terzo tumore più frequente in entrambi i sessi in Europa, dove si stima che nel 2012 vengano diagnosticati circa 215.000 nuovi casi, il 30% dei quali ha origine nel retto (1). L’incidenza è di circa il 9.4% per il sesso maschile e del 10.1% per il sesso femminile (2, 3). C’è una differente distribuzione geografica dell’incidenza che va da un valore superiore a 40 per 100.000 abitanti nei paesi occidentali (Stati Uniti, Australia, Europa occidentale) a un valore inferiore a 5 per 100.000 abitanti in Africa e in alcune zone dell’Asia. Mentre nei paesi del Nord Europa e della sua parte occidentale l’incidenza rimane stabile, si osserva una tendenza alla riduzione negli Stati Uniti ed una tendenza all’incremento nei paesi asiatici e dell’Europa dell’Est a rapido sviluppo economico. La mortalità complessiva nel mondo per cancro del colon-retto è circa la metà dell’incidenza e la neoplasia rappresenta la quarta causa di morte per cancro. Nei paesi occidentali la mortalità è in riduzione sia nel sesso maschile che nel sesso femminile a causa di una diagnosi precoce e per l’accesso a migliore trattamento chirurgico e a terapia adiuvante, mentre è in incremento nei paesi dell’Europa dell’Est. La FATTORI DI RISCHIO Numerosi sono i fattori di rischio associati all’incidenza del cancro del colon-retto, alcuni non sono modificabili come l’età e i fattori ereditari, mentre i fattori ambientali e quelli legati allo stile di vita possono essere modificati. L’incidenza del cancro del colon-retto aumenta con l’età, dai 40 anni aumenta progressivamente e oltre il 90% dei tumori si presenta in pazienti con età superiore ai 50 anni, anche se è in aumento nelle persone più giovani; infatti negli Stati Uniti il tumore del colon-retto è uno dei 10 tumori più frequenti tra i 20 e 49 anni di entrambi i sessi (5). Circa il 95% dei casi di cancro del colon-retto sporadico si sviluppa da polipi adenomatosi che costituiscono lesioni precancerose. Il periodo di latenza per la trasformazione maligna di un polipo è stimato dai 5 ai 10 anni, la scoperta e la rimozione di un adenoma prima della sua trasformazione maligna riduce il rischio del cancro del colon-retto anche se c’è una maggiore probabilità, rispetto alla popolazione generale, di 409 IL CANCRO DEL RETTO sviluppare in futuro un tumore metacrono. Un individuo con una storia di adenoma ha un rischio maggiore di sviluppare un cancro del colon-retto rispetto a un altro che non ha mai avuto adenomi (6, 7). Anche i pazienti affetti da malattie infiammatorie dell’intestino, come la retto-colite ulcerosa o il morbo di Crohn, hanno un rischio di sviluppare un cancro del colon-retto da 4 a 20 volte superiore ai soggetti normali. La maggior parte dei tumori del colon-retto si presenta in soggetti che non hanno una storia familiare di cancro del colon-retto o malattie predisponenti, tuttavia circa il 20% dei pazienti ha un altro membro della famiglia che è stato affetto da questa malattia. Le persone con una storia di cancro del colon-retto o di polipi adenomatosi in uno o più parenti di primo grado hanno un rischio aumentato di ammalarsi di cancro; il rischio aumenta se la storia familiare è più forte come avere un parente di primo grado ad un’età < ai 60 anni o due o più parenti di primo grado ad ogni età. Circa il 5-10% dei cancri del colon-retto dipendono da malattie ereditarie. Le più comuni sono le sindromi poliposiche comprendenti la FAP (Familial Adenomatous Polyposis) e le sue varianti, la MAP (MYH-Associated Polyposis) e le poliposi amatromatose (PJS-Peutz-Jeghers Syndrome-e JPS-Juvenile Polyposis Syndrome) e la sindrome di Lynch definita anche Hereditary Non Polyposis Colorectal Cancer (HNPCC). Sono stati identificati anche i geni responsabili di queste 2 forme ereditarie: la FAP, così come le sue varianti, è una sindrome a trasmissione autosomica dominante legata a una mutazione del gene oncosoppressore APC (adenomatouspolyposis-coli), mentre la HNPCC è associata a mutazione a carico dei geni del “mismatch repair” (principalmente MLH1 ed MSH2, meno frequentemente MSH6 e più raramente PMS2) che codificano proteine coinvolte nell’identificazione e riparazione del DNA (8-10). L’identificazione dei pazienti affetti da tale patologia è necessaria per la definizione di adeguati programmi di sorveglianza clinica. Alcune evidenze suggeriscono che lo sviluppo del tumore del colon-retto può essere associato a un alto consumo di carni rosse e a basso consumo di fibre e vegetali. Anche una vita sedentaria con scarsa attività fisica, e di conseguenza, il sovrappeso e l’obesità, sono fattori che incrementano il rischio di ammalarsi di cancro del colon-retto, mentre un regolare esercizio fisico riduce il rischio. Il fumo di sigarette è responsabile di circa il 12% delle morti per cancro colo-rettale poiché le sostanze cancerogene presenti sono importanti per lo sviluppo dei polipi adenomatosi. Anche l’abuso di alcool, che agendo da solvente permette la penetrazione di altre molecole cancerogene e genera radicali liberi e quasi sempre si associa ad una dieta povera di nutrienti essenziali, è un fattore che favorisce lo sviluppo di cancro del colon-retto soprattutto tra i soggetti di età più giovane. Alcuni studi prospettici hanno suggerito l’esistenza di una correlazione tra la carenza di vitamina D, l’incidenza di cancro del colon-retto e un’aumentata mortalità specie negli III-IV stadi di malattia. Attualmente però non vi sono evidenze che supportino il ruolo terapeutico della vitamina D in ambito oncologico (11-13). Il tumore del colon-retto può essere rivelato dallo screening, di conseguenza la diagnosi e la cura possono essere applicate in maniera tempestiva e condurre alla riduzione della mortalità che è l’obiettivo principale dello screening. I metodi usati per lo screening sono i seguenti: FOBT (test del sangue occulto), la sigmoidoscopia, la colonscopia, la colonscopia virtuale. Le indicazioni sulle modalità dello screening non sono univoche. Gli strumenti più aggressivi come la colonscopia avrebbero una maggiore sensibilità diagnostica ma a scapito della accettabilità del test, la sigmoidoscopia che è meno aggressiva avrebbe una migliore accettazione ma identifica il 30-40% delle lesioni. La ricerca di sangue occulto nelle feci è più accettabile ma ha bassa sensibilità e deve essere 410 IL CANCRO DEL RETTO ripetuto ogni due anni perché risulti efficace. Per la determinazione del sangue occulto il test immunologico sembra superiore al test al guaiaco. L’uso di marcatori fecali e della colonscopia virtuale sono ancora sperimentali e non codificati. Per i soggetti che presentano un rischio aumentato di sviluppare un tumore del colon-retto per storia familiare, pregresso tumore o polipo, malattie infiammatorie intestinali lo screening con colonscopia va iniziato in età più precoce e condotto con maggiore frequenza. Per i pazienti con sindromi familiari ereditarie esistono protocolli di sorveglianza più intensivi (11-13). clinica e patologica considerata di riferimento è quella aggiornata di recente dall’AJCC secondo la classificazione TNM 7a edizione del 2010 (14), anche se alcuni autori suggeriscono la 5a edizione e spesso si utilizza ancora la stadiazione secondo Dukes modificata secondo Astler-Coller. DIAGNOSI Il cancro del retto può essere diagnosticato in un paziente che presenta sintomi o può risultare in un soggetto sottoposto a screening. Nel sospetto di una neoplasia del retto i pazienti devono essere sottoposti a colonscopia totale. La pancolonscopia è considerata l’esame più importante per la diagnosi delle neoplasie colorettali con una sensibilità del 96-97% e una specificità del 98% (I, A). La colonscopia deve escludere lesioni sincrone o altre condizioni patologiche del colon o del retto e consente di eseguire un prelievo bioptico. In caso di stenosi che renda impossibile la colonscopia totale questa deve essere prevista entro 6-12 mesi dall’intervento chirurgico. In alternativa alla colonscopia totale si può impiegare la rettosigmoidoscopia associata al clisma con doppio contrasto. La colonscopia virtuale può essere utile nello studio del colon in alternativa al clisma opaco nei pazienti che non hanno una colonscopia completa. Nei tumori del retto è fondamentale l’esecuzione dell’esplorazione rettale che consente di valutare clinicamente neoplasie fino a 6-7 cm dall’orifizio anale. Macroscopicamente il tumore del retto si presenta come lesione ulcerata, ulcero-vegetante o stenosante il lume intestinale. Istologicamente la variante più frequente è costituita dall’adenocarcinoma; forme più rare come il linfoma, il tumore neuroendocrino, il carcinoma epidermoidale e il tumore stromale gastrointestinale rappresentano solo il 3% dei tumori rettali. ANATOMIA In relazione alla sede di insorgenza si distinguono tumori del retto alto, medio e basso. Il retto alto inizia a una distanza dal margine anale superiore a 11-12 cm e si estende per 3-4 cm (questa misurazione può variare in base alla metodica utilizzata) fino alla giunzione con il sigma. Questa parte è rivestita da peritoneo e le neoplasie insorte in questa sede hanno un comportamento biologico simile a quelle insorte nel colon e come tali possono essere usualmente trattate (neoplasie del retto intraperitoneale). Il retto medio è situato tra gli 11 e i 7 cm, mentre il retto basso a una distanza inferiore ai 7 cm dal margine anale. Il limite distale è rappresentato dalla linea pettinea (o linea dentata) che definisce l’inizio del canale anale. Il retto medio e basso o retto extraperitoneale è avvolto dal mesoretto che è un tessuto linfovascolare, adiposo e nervoso. Esso è delimitato dalla fascia viscerale, che origina dal promontorio sacrale e termina a livello della fascia che ricopre i muscoli elevatori dell’ano. Il drenaggio linfatico e satellite delle arterie avviene principalmente in tre direzioni: a) il primo livello è localizzato nel mesoretto e drena in senso craniale verso i linfonodi mesenterici inferiori; b) lateralmente nei linfonodi iliaci interni e, con minore incidenza, c) caudalmente nei linfonodi iliaci esterni e negli inguinali. La stadiazione 411 IL CANCRO DEL RETTO PRESENTAZIONE CLINICA E SINTOMI STADIAZIONE Poiché il carcinoma del retto extraperitoneale presenta delle peculiarità sia da un punto di vista diagnostico che terapeutico, che lo distinguono dal carcinoma del retto intraperitoneale, è fondamentale identificare la posizione del tumore rispetto alla riflessione peritoneale. La sede e l’estensione locale di malattia vengono infatti utilizzati per definire l’approccio terapeutico più adeguato sia da un punto di vista chirurgico (tipo e intento) che non chirurgico (eventuale trattamento preoperatorio radioterapico o radiochemioterapico) (III, A) (17-21). Un’accurata stadiazione ci permette inoltre di definire la presenza di metastasi a distanza che indirizza il paziente verso un trattamento chemioterapico. Tutti i pazienti con cancro del retto devono essere sottoposti a valutazione clinica adeguata, esami di laboratorio (profilo emato-biochimico) e Molto simili a quelli del tumore del colon, nel tumore del retto possono manifestarsi i seguenti sintomi: sanguinamento, modificazioni delle funzioni intestinali, dolore addominale, ostruzione intestinale, perdita di peso, calo dell’appetito, debolezza. L’esame clinico (esplorazione rettale) può far rilevare una massa palpa-bile e la presenza di sangue rosso vivo nel retto. Nella malattia metastatica possono essere presenti adenopatie palpabili, epatomegalia o segni clinici di malattia polmonare. Gli esami di laboratorio possono rilevare la presenza di anemia ferrocarenziale o alterazioni della funzione epatica (15, 16). 412 IL CANCRO DEL RETTO valutazione dello stato di salute (cosiddetto “performance status”) rapportato anche ad eventuali comorbidità concomitanti. Complessivamente per una adeguata stadiazione di malattia è raccomandato eseguire l’eco-endoscopia rettale, RM pelvi con mdc e TC torace-addome con mdc (17-21). Parametro T e N. Come detto, la neoplasia viene identificata con l’esplorazione rettale (completata nella donna con la visita ginecologica) e la rettoscopia (endoscopio rigido o flessibile) con biopsia. Il riferimento anatomico per esplorazione rettale e rettoscopia è il margine anale, mentre per la RM è la giunzione anorettale ossia lo sfintere anale interno (SAI). La definizione della sede (retto inferiore vs medio vs superiore) è più attendibile e accurata con l’endoscopio rigido piuttosto che con quello flessibile (22). La RM rappresenta l’esame più accurato per l’identificazione della neoplasia e la posizione rispetto alla riflessione peritoneale e all’apparato sfinterico. L’estensione transparietale della neoplasia (grado d’infiltrazione della parete, coinvolgimento fascia mesorettale, interessamento organi circostanti) viene valutata con ecoendoscopia e RM (23). Dati provenienti da una meta-analisi di 90 studi che hanno valutato il ruolo di eco endoscopia, RM e TC nella stadiazione preoperatoria del cancro del retto, dimostrano che eco endoscopia e RM hanno grado di sensibilità sovrapponibile (94%) nel definire l’interessamento parietale di malattia quantunque l’eco-endoscopia sia risultata più specifica nel definire infiltrazione neoplastica (86 vs 69%) (24). La TC non è attualmente considerata l’opzione diagnostica ottimale per definire l’estensione locale di malattia; anche se quando la RM non è disponibile, rappresenta una valida alternativa per i tumori del retto medio-superiore (21). Il limite principale dell’eco-endoscopia e della RM è la capacità di differenziare il T2 dal T3; infatti il rischio di sovrastimare l’estensione di malattia arriva fino al 30-40% (21). Il cT3 rappresenta un sottogruppo estremamente eterogeneo con rischi differenti di ripresa locale e a distanza. Una limitazione all’uso dell’eco- endoscopia è l’alto grado di dipendenza dall’operatore e la presenza di lesioni stenosanti (24). Inoltre l’eco-endoscopia ha una minore accuratezza diagnostica nelle neoplasie localmente avanzate del retto medio-superiore. Viceversa il vantaggio della RM è la capacità di ottenere immagini di alta qualità per lo studio del mesoretto e della fascia mesorettale (24); per tale motivo tale esame viene considerato di scelta nei pazienti con malattia localmente avanzata (cT3T4) (18, 25-27). I dati di letteratura dimostrano che l’eco-endoscopia è da preferire nelle lesioni iniziali (cT1-T2), mentre nelle forme localmente avanzate (cT3-T4) l’utilizzo della RM consente una migliore definizione del grado d’infiltrazione del mesoretto, della fascia mesorettale e degli organi circostanti. Eco-endoscopia e RM hanno la stessa accuratezza nel definire l’infiltrazione dell’apparato sfinterico (17, 20, 21) (III, A). Ai fini della valutazione del parametro N, tutte le indagini diagnostiche disponibili (ecoendoscopia, TC, RM) presentano limitazioni, essendo la diagnosi basata su criteri dimensionali (diametro ≥ 8 mm). Se le indagini strumentali non documentano linfonodi di dimensioni ≥ 8 mm con caratteristiche radiologiche di malignità ma solo linfonodi più piccoli, l’accuratezza diagnostica, indipendentemente dalla metodica impiegata, si riduce ulteriormente perché la maggior parte delle metastasi linfonodali si verificano in linfonodi di diametro inferiore ai 6 mm rendendo pertanto non adeguato il criterio dimensionale. Dati derivanti da una meta-analisi dimostrano che sensibilità e specificità delle tre metodiche sono sovrapponibili: TC 55% e 74%, eco-endoscopia 67% e 78%, RM 66% e 76% (21, 24, 28). La PET-TC con FDG non migliora l’accuratezza diagnostica linfonodale (IV, D). Pertanto per la capacità di studiare tutte le stazioni linfonodali pelviche (intra- ed extramesorettali) la RM viene considerato l’esame di scelta (26, 27) (II, B). Parametro M. La TC torace-addome superiore rappresenta l’esame di elezione per la definizione dell’estensione di malattia extrapelvica (IV, A) (17-21). Infatti la TC 413 IL CANCRO DEL RETTO è superiore in termini di accuratezza diagnostica, sia all’ecografia epatica che all’Rx del torace nella definizione del coinvolgimento rispettivamente epatico e polmonare. Non vi è indicazione all’uso routinario della PET o alla RM per lo studio del fegato. In particolare la PET va riservata a casi particolari (es. pazienti candidabili a resezione di metastasi epatiche o polmonari o esclusione di metastasi in pazienti con valore molto elevato di CEA alla diagnosi oppure per la definizione di adenopatie pelviche) (I,C) e la RM dell’addome superiore con mdc può essere utilizzata in alternativa alla PET per chiarire la natura di lesioni epatiche di incerto significato (con mdc epatospecifici) o quando vi è controindicazione all’uso di mdc iodati (IV, A). La scintigrafia ossea e lo studio dell’encefalo (TC/RM) devono essere utilizzati solo in pazienti con sintomi specifici di localizzazione di malattia (IV, B) (17-21). - - - presenza o assenza di malattia nei linfonodi loco-regionali e numero dei linfonodi interessati adesione o invasione degli organi adiacenti presenza o assenza di metastasi a distanza grado di differenziazione tumorale G3-4, l’invasione linfatica, venosa e perineurale e l’interessamento del margine di resezione. Perforazione o ostruzione dell’organo Interessamento del margine di resezione circonferenziale Ci sono altri potenziali fattori prognostici come p53, k-ras, espressione bcl-2, l’indice di proliferazione cellulare e l’aneuploidia che sono in studio per valutare la condizione ad alto rischio. Anche la presenza di elevati valori preoperatori di CEA può rappresentare un indice di prognosi sfavorevole. Tuttavia solo lo stadio di malattia (tumore, linfonodi e metastasi a distanza) è parametro validato. La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti affetti da cancro del retto è maggiore del 90% per lo stadio I, del 60-85% per lo stadio II e del 2580% per lo stadio III. I pazienti con stadio IV di malattia presentano una sopravvivenza a 5 anni inferiore al 10%. Nell’ambito di ogni stadio il rischio di ripresa della malattia e la sopravvivenza globale variano in base ai differenti sottogruppi definiti dal parametro T e N (31). MARCATORI TUMORALI Il marcatore tumorale più studiato è l’antigene carcinoembrionale o CEA che può essere utile nella stadiazione preoperatoria, nel monitoraggio dei pazienti in trattamento chemioterapico o chemio-radioterapico e nel follow-up dei pazienti operati e sottoposti a terapie adiuvanti. Tuttavia il CEA presenta un basso valore predittivo per la diagnosi in pazienti asintomatici legato alla relativa bassa specificità e sensibilità. Quantunque parimenti impiegato, la determinazione del CA 19-9 non è sostenuta da uguali evidenze scientifiche (29, 30). CLASSIFICAZIONE TNM Il TNM è un duplice sistema che include una classificazione clinica (pre-trattamento) e patologica (istopatologica post-chirurgica). E’ necessario distinguere le due classificazioni poiché sono basate su differenti metodiche di esame e si propongono scopi diversi. La classificazione clinica è definita cTNM, mentre quella patologica pTNM. Quando la sigla TNM viene impiegata senza alcun prefisso si intende quale classificazione clinica. In generale il cTNM rap- PROGNOSI La ripresa di malattia (sia come metastasi a distanza o loco-regionale) dopo chirurgia radicale è il problema più importante e molto spesso è causa di morte. La prognosi del cancro del retto dipende da numerosi fattori, in particolare dallo stadio del tumore e dalla sua biologia ma anche da fattori relativi al paziente: 414 IL CANCRO DEL RETTO presenta la base per la scelta di trattamento e il pTNM la base per la valutazione prognostica. M1b metastasi in più di un organo o nel peritoneo Classificazione TNM-American Joint Committee on Cancer (AJCC) 7th edition 2010 (14). Suddivisione in stadi. Stadio 0 Tis N0M0 Stadio I T1N0M0 T2N0M0 Stadio IIa T3N0M0 Stadio IIb T4aN0M0 Stadio IIc T4bN0M0 Stadio IIIa T1-2, N1a-c, M0 T1, N2a, M0 Stadio IIIb T3, T4a, N1a-c,M0 T2-3, N2a, M0 T1-2, N2b, M0 Stadio IIIc T4a, N2a-b, M0 T3, N2b, M0 T4b, N1-2, M0 Stadio IVa Ogni T, ogni N, M1a Stadio IVb Ogni T, ogni N, M1b TX Tumore primitivo non definibile T0 Tumore primitivo non evidenziabile Tis Carcinoma in situ: intraepiteliale o invasione della lamina propria [comprende cellule tumorali confinate all’interno della membrana basale ghiandolare (intra-epiteliale) o della lamina propria (intramucosa) che non raggiungono la sottomucosa] T1 Tumore che invade la sottomucosa T2 Tumore che invade la muscolare propria T3 Tumore con invasione attraverso la muscolare propria nella sottosierosa o nei tessuti pericolici e perirettali non ricoperti da peritoneo T4 Tumore che invade direttamente altri organi o strutture e/o perfora il peritoneo viscerale T4a tumore che perfora il peritoneo viscerale T4b tumore che invade direttamente altri organi o strutture Note. cTNM: classificazione clinica. pTNM: classificazione patologica. Prefisso “y”: tumori rettali classificati dopo trattamento neoadiuvante. Prefisso “r”: tumori rettali recidivati dopo un intervallo libero da malattia. NX Linfonodi regionali non valutabili N0 Non metastasi nei linfonodi regionali N1 Metastasi in 1-3 linfonodi regionali N1a metastasi in 1 linfonodo N1b metastasi in 2-3 linfonodi N1c depositi tumorali satelliti nella sottosierosa o nei tessuti non peritonealizzati pericolici e perirettali senza evidenza di metastasi linfonodali regionali N2 Metastasi in 4 o più linfonodi regionali N2a Metastasi in 4-6 linfonodi N2b Metastasi in 7 o più linfonodi DEFINIZIONE DEL TRG (Tumor Regression Grade dopo terapia neoadiuvante). Esistono due classificazioni speculari. E’ quindi importante definire a quale ci si riferisce. Grado (sec. Mandard) (32): 1. non cellule tumorali residue 2. occasionali cellule tumorali residue con marcata fibrosi 3. marcata fibrosi con cellule tumorali sparse o in gruppi 4. abbondanti cellule tumorali con scarsa fibrosi 5. non regressione tumorale Grado (sec. Dworack) (33): MX Metastasi a distanza non accertabili M0 Assenza di metastasi a distanza M1 Metastasi a distanza M1a metastasi confinate ad un organo (fegato, polmone, ovaio, linfonodi extraregionali) 415 IL CANCRO DEL RETTO TRG 0: assenza di regressione TRG 1: regressione minore: massa tumorale con fibrosi inferiore al 25% della massa TRG 2: Regressione moderata: fibrosi nel 2650% della massa tumorale residua TRG 3: Buona regressione: fibrosi superiore al 50% della massa tumorale TRG 4: Regressione completa. (sm3) è raccomandata chirurgia radicale (TME) (II, A) (29, 37-40). Viceversa nella categoria “low-risk” (rischio di metastasi linfonodali circa 2%) caratterizzata dai dati clinici suddetti comprendenti morfologia non piatta o ulcerata e associati a infiltrazione confinata agli strati superficiali della sottomucosa (sm1, sm2), assenza di invasione venolinfatica, istologia non mucinosa, margini chirurgici negativi, l’escissione locale va ritenuta un trattamento adeguato (III, B) (37-39, 41-44). Nelle lesioni cT2 (ovvero dove c’è l’infiltrazione della parete muscolare) non vi sono dati di letteratura che possano giustificare l’escissione locale nella pratica clinica quotidiana. Pertanto la chirurgia radicale TME rappresenta lo standard terapeutico (II, A) (29, 36-40). La limitazione principale delle procedure locali è rappresentata dall’impossibilità di definire lo stato patologico linfonodale. Infatti mentre il rischio di metastasi linfonodali per carcinomi T1 “low-risk” è dell’ordine del 2%, nei T1 “highrisk” può raggiungere il 20% (pari a quello del T2). In questo contesto clinico le metastasi linfonodali sono di difficile identificazione con l’eco-endoscopia. Questo giustifica il dato di letteratura secondo cui i pazienti non selezionati trattati con escissione locale hanno una maggiore incidenza di recidive locali rispetto a quelli trattati con chirurgia radicale (36, 45-47). I pazienti con cancro del retto che non hanno i requisiti per una chirurgia locale, devono essere sottoposti a chirurgia radicale standard. Il controllo loco-regionale di malattia nella chirurgia del cancro del retto è cambiato drammaticamente negli ultimi 15-20 anni. La TME rappresenta la procedura chirurgica raccomandata in pazienti con neoplasia del retto extraperitoneale (ovvero retto medio e inferiore) (17-21). Essa comporta la rimozione in blocco del mesoretto che comprende il tumore, le strutture linfatiche e vascolari, il tessuto adiposo fino alla fascia mesorettale con risparmio, quanto più possibile, del sistema nervoso autonomo (35, 48-50). Tale procedura determina in particolare la rimozione del tessuto di drenaggio linfatico di CHIRURGIA La chirurgia rappresenta la principale opzione terapeutica con intento curativo dei tumori del retto. In base a sede ed estensione di malattia, si possono utilizzare una vasta gamma di opzioni chirurgiche. Queste includono: procedure locali quali polipectomia, escissione transanale e TEM (transanal endoscopic microsurgery) o procedure più invasive comprendenti la resezione anteriore del retto (RAR) con TME (total mesorectal excision) e amputazione addomino-perineale (AAP) (34, 35). L’escissione transanale o la TEM possono essere appropriate per tumori allo stadio iniziale (cT1) selezionati, cioè caratterizzati da lesioni di dimensioni inferiori a 3 cm situati entro 8 cm dal margine anale, adenocarcinomi ben o moderaamente differenziati (G1 o G2), limitati a un terzo della circonferenza e per i quali non vi è evidenza di coinvolgimento linfonodale (N0). Tali procedure comportano l’escissione a tutto spessore fino al grasso perirettale con l’ottenimento di margini di resezione profondi e mucosi liberi da malattia. Deve essere evitata la frammentazione della lesione; il frammento escisso va orientato e bloccato prima della fissazione per consentire una corretta valutazione anatomopatologica del pezzo. Le procedure locali hanno minima morbidità e mortalità e consentono un rapido recupero postoperatorio (36). Se l’esame patologico documenta fattori prognostici negativi (categoria “high-risk”) rappresentati da margini chirurgici positivi, grading elevato (G3), invasione venolinfatica o invasione del terzo esterno della sottomucosa 416 IL CANCRO DEL RETTO tumori situati sopra il piano dei muscoli elevatori dell’ano. Non è raccomandata pertanto l’estensione della dissezione linfonodale oltre il campo di resezione della TME (es. stazioni linfonodali iliache interne o otturatorie), a meno che questi linfonodi non siano clinicamente sospetti (51). C’è sufficiente unanimità nel definire 1 cm come limite minimo accettabile di margine libero distalmente al limite inferiore della neoplasia, tranne che nei casi trattati con terapie preoperatorie (radioterapia o radio-chemioterapia), che possono usufruire di un margine anche sottocentimetrico in caso di risposta completa o quasi completa al trattamento preoperatorio. Può essere utile eseguire un esame istologico intraoperatorio per escludere l’infiltrazione della trancia di resezione distale. Nel caso in cui la struttura sfinterica anale sia libera da malattia e ben funzionante, la procedura viene completata con un’anastomosi colo-anale (chirurgia conservativa). La ricostruzione della continuità digestiva può essere diretta oppure prevedere il confezionamento di una neoampolla a J (J-puoch) nel tentativo di migliorare la funzione sfinteriale del paziente. La confezione di una stomia temporanea (ileo o colostomia) è sempre consigliata nelle anastomosi colo-anali o colorettali basse con TME, specie dopo trattamenti preoperatori, per il maggior rischio di complicanze perioperatorie (deiscenza anastomosi) (50, 52). Per lesioni neoplastiche del terzo superiore del retto (intraperitoneale) il trattamento di scelta è rappresentato dalla resezione anteriore del retto che si estende per 4-5 cm al di sotto del limite inferiore della neoplasia (escissione parziale del mesoretto) con la creazione di anastomosi colorettale (50, 52). Quando la neoplasia coinvolge lo sfintere anale e il piano dei muscoli elevatori dell’ano, è raccomandata l’amputazione addomino-perineale. Tale procedura comporta l’asportazione in blocco del retto, mesoretto, ano, del tessuto adiposo perianale e la creazione di una colostomia definitiva (53). Dati di letteratura provenienti da una “pooled analysis” di cinque studi randomizzati Europei relativi a pazienti con neoplasia localmente avanzata (cT3-T4) hanno dimostrato un’associazione tra la AAP e l’aumentato rischio di recidiva e di morte (54, 55). Si ritiene che tutti i pazienti candidati a intervento di amputazione addomino-perineale debbano essere sempre valutati per un eventuale trattamento preoperatorio finalizzato alla conservazione sfinterica (17, 19, 20). Dati relativi a studi randomizzati, dimostrano la fattibilità e l’efficacia della chirurgia laparoscopica. Il principale vantaggio è la minore invasività dell’atto chirurgico rispetto all’opzione standard (laparotomica), con conseguente minor dolore postoperatorio, minore perdita di sangue, precoce ripresa della funzione intestinale e delle normali attività quotidiane, unitamente ad un vantaggio estetico. Sebbene manchino dati a lungo termine degli studi randomizzati relativi alla sopravvivenza sia globale che libera da malattia che giustifichino l’uso della laparoscopia nella pratica clinica, essa è già ampiamente utilizzata in molti centri. E’ tuttavia opinione diffusa che l’uso della chirurgia laparoscopica dovrebbe essere riservata a chirurghi con ampia esperienza che operano in centri qualificati. Quanto alla chirurgia robotica, che negli ultimi anni si è affiancata a quella laparoscopica, i risultati a distanza sono ancora da valutare e i costi restano elevati (19, 56, 57). Dati di letteratura dimostrano che il volume operatorio del singolo chirurgo e dell’equipe in cui lavora è un fattore collegato non solo alla mortalità e alla percentuale di complicanze perioperatorie, ma anche alla prognosi dei pazienti. Pertanto il chirurgo deve essere considerato fattore prognostico indipendente (58). Il chirurgo deve riportare nella descrizione dell’intervento chirurgico (“report”), la tecnica chirurgica eseguita (con particolare riferimento al tipo di chirurgia e anastomosi confezionata), sede intra o extraperitoneale ed estensione della neoplasia, eventuali residui di malattia. In tal caso è consigliabile posizionare clips chirurgiche 417 IL CANCRO DEL RETTO finalizzate alla migliore definizione del volume di trattamento radioterapico postoperatorio (19, 20). significativamente peggiore. Questo comportamento è documentato nel cancro del retto stadio II-III (63). Il patologo svolge un ruolo fondamentale nella definizione dei margini chirurgici, adeguatezza della asportazione del mesoretto e stato del CRM (62, 64). Il patologo dovrebbe riportare nel referto descrizione relativa ad adeguatezza asportazione del mesoretto e integrità della fascia mesorettale (62, 64, 65). L’AJCC e il Collegio dei Patologi Americani (CAP) raccomandano il campionamento rispettivamente di 10-14 e 12-18 linfonodi per una corretta stadiazione di malattia (66). Il numero dei linfonodi esaminati varia con l’età, sesso, grado di differenziazione e sede della neoplasia. Il numero medio di linfonodi campionati dopo trattamento preoperatorio è significativamente minore di quelli ottenuti dopo chirurgia immediata. Due studi hanno definito rispettivamente in quattordici e superiore a dieci il numero minimo di linfonodi da esaminare in pazienti non sottoposti o sottoposti a trattamento preoperatorio con radioterapia. Vi è consenso tra le varie linee guida nel raccomandare il campionamento di almeno dodici linfonodi (14, 67-69). Vi sono evidenze a favore di una retrostadiazione di malattia (“downstaging”) nei pazienti sottoposti a chemio-radioterapia preoperatoria; di questi circa un quarto ottiene una remissione patologica completa. Come già definito nella settima edizione del TNM e nelle linee-guida nazionali e internazionali, quantunque non sia stato ancora documentato il suo valore prognostico, il patologo deve riportare il grado di regressione tumorale (TRG) ottenuto dopo trattamento preoperatorio. A tale proposito è raccomandato l’utilizzo del TRG secondo Mandard o Dworack (20, 32, 33). I noduli satelliti o depositi tumorali extralinfonodali, sono formazioni irregolari situate nel grasso perirettale che si trovano lontane dal tumore e che non contengono residui tissutali linfonodali, ma che sono all’interno dell’area di ANATOMIA PATOLOGICA La stadiazione patologica di malattia si ottiene dall’esame del campione chirurgico. E’ consigliato fare riferimento a linee guida nazionali o internazionali per la processazione e la refertazione patologica. A tale proposito le linee guida del Royal College of Pathologists del Regno Unito sono diffusamente accettate come standard minimo per il report di tale patologia (59). Sono da considerarsi criteri diagnostici minimi da riportare obbligatoriamente nel referto patologico: descrizione macroscopica del pezzo operatorio, istotipo, grado di differenziazione, profondità di invasione tumorale ed eventuale estensione a organi circostanti, invasione venolinfatica, invasione perineurale, distanza e stato dei margini di resezione prossimale, distale e circonferenziale, numero di linfonodi esaminati e numero di linfonodi sede di malattia. La completezza della resezione viene classificata come R0 in caso di asportazione radicale con margini chirurgici negativi; R1 per resezioni incomplete con coinvolgimento del/i margine/i chirurgico/i; R2 per resezioni incomplete con residuo macroscopico di malattia non asportato. Il margine circonferenziale o CRM (circumferential resection margin) è un importante parametro patologico che definisce lo spazio più piccolo esistente tra il tumore e il margine chirurgico ottenuto sul tessuto adiposo circostante il retto (creato dal chirurgo lungo la fascia mesorettale) o dal bordo di un linfonodo, e va misurato in millimetri. Si definisce positivo un CRM inferiore a 1 mm. Se comunque il CRM è inferiore a 2 mm il paziente ha un alto rischio di ripresa di malattia. Il CRM è fattore prognostico indipendente sia per la recidiva locale che per la sopravvivenza (19, 21, 60-62). Numerosi studi dimostrano che la presenza di invasione perineurale è associata a prognosi 418 IL CANCRO DEL RETTO drenaggio linfatico della neoplasia primitiva. Non sono considerati linfonodi completamente coinvolti dalla malattia, ma si pensa siano correlati a fenomeni di invasione linfovascolare o perineurale. Il numero di questi depositi extralinfonodali deve essere riportato nel referto patologico perché la loro presenza è correlata a una peggiore sopravvivenza globale e libera da malattia (70). I depositi tumorali extralinfonodali sono classificati come pN1c. della RT short-course preoperatoria in termini di riduzione delle recidive locali (6 vs 11%), viene confermato anche dopo chirurgia ottimale TME, come dimostrato dal Dutch Trial (74, 75). Dopo follow-up mediano di dodici anni, la RT shortcourse oltre a confermare il beneficio in termini di recidiva locale (ridotta del 50% rispetto alla sola TME) dimostra il vantaggio nella sopravvivenza cancro-specifica in pazienti con CRM negativo indipendentemente dalla distanza dal margine anale e l’aumento della sopravvivenza globale a dieci anni nei pazienti con CRM negativo e stadio III (76). La recidiva locale nel sottogruppo di pazienti con linfonodi positivi resta comunque elevata (21%). Il Medical Research Council (Trial CR07) dimostra la riduzione delle recidive locali e il miglioramento della sopravvivenza libera da malattia nei pazienti trattati con RT short-course preoperatoria rispetto a quelli sottoposti a TME seguita da chemio-radioterapia adiuvante nel sottogruppo con CRM positivo (77). Questo studio conferma le osservazioni riportate da una precedente esperienza Nord-Europea e dallo stesso Dutch trial: la radioterapia postoperatoria (50Gy) non compensa il CRM positivo (78, 79). Complessivamente il beneficio della RT preoperatoria viene confermato da ben quattro meta-analisi secondo cui questo trattamento riduce significativamente le recidive locali, migliora la sopravvivenza globale e causa-specifica (I, A) (80-83). Radioterapia verso radio-chemioterapia. Il beneficio ottenuto con la chemio-radioterapia postoperatoria ha portato ad adottare tale approccio nel “setting” preoperatorio. I vantaggi potenziali sono rappresentati dalla riduzione della diffusione di malattia, maggiore radiosensibilità correlata a un ambiente tissutale più ossigenato, minore tossicità, e secondo alcuni la possibilità di preservare lo sfintere anale. Viceversa lo svantaggio principale è correlato alla possibilità di sovrastimare l’estensione di malattia nelle forme iniziali (T1-T2) o al rischio di trattare pazienti con neoplasia già metastatica ma non MALATTIA LOCALMENTE AVANZATA (stadio II-III). Terapia neoadiuvante. Radioterapia. In generale i dati di letteratura documentano l’efficacia della TME in termini di riduzione delle recidive locali nel cancro del retto extraperitoneale, rispetto a una chirurgia che non prevede l’asportazione totale del mesoretto. Nonostante l’introduzione di una chirurgia TME certificata (studi Dutch e MRC CR07), la percentuale di recidiva locale nella malattia localmente avanzata resta elevata (oltre il 30% nel sottogruppo CRM positivo e N+) come dimostrato anche da un recente studio Scandinavo (71). Questo rappresenta la base razionale principale del trattamento preoperatorio. La maggior parte degli studi randomizzati di radioterapia preoperatoria (senza chemioterapia) documenta una riduzione della recidiva locale rispetto alla chirurgia da sola; in cinque di questi la differenza è statisticamente significativa. Lo Swedish Rectal Cancer Trial è l’unico studio che, oltre al beneficio sul controllo locale, riporta un vantaggio in sopravvivenza a favore del braccio sperimentale (RT short-course 25Gy in cinque frazioni seguita da chirurgia entro sette giorni) rispetto al braccio di controllo (chirurgia da sola) (72). Questo beneficio viene mantenuto dopo un follow-up mediano di tredici anni (73). L’alto tasso di recidive locali (27%) specie nei pazienti con linfonodi positivi trattati con sola chirurgia (46%) può essere spiegato con il tipo di chirurgia adottata che non prevedeva la TME. Il vantaggio 419 IL CANCRO DEL RETTO documentata. Negli Stati Uniti il trattamento radio-chemioterapico preoperatorio è diventato lo standard terapeutico; mentre in Europa viene utilizzato sia la RT da sola che la radiochemioterapia preoperatoria. Due studi randomizzati Europei hanno confrontato la radioterapia e la radio-chemioterapia nel cancro del retto extraperitoneale localmente avanzato. Il trattamento combinato ha ottenuto l’aumento delle remissioni complete patologiche, del controllo locale di malattia e della preservazione sfinterica rispetto alla sola radioterapia. Viceversa l’aggiunta della chemioterapia non determina il miglioramento della sopravvivenza (84, 85). Due studi randomizzati hanno confrontato la radioterapia preoperatoria short-course con la radio-chemioterapia preoperatoria “long-course” nella malattia localmente avanzata. Nonostante la terapia di combinazione si associ a una maggior percentuale di remissioni complete patologiche, riduzione dimensionale di malattia e minor percentuale di CMR positivo, non vi sono differenze statisticamente significative tra i due trattamenti preoperatori in termini di sopravvivenza globale e libera da malattia o di preservazione dello sfintere (86-88) (I, A). Per quanto attiene lo studio Polacco, si deve sottolineare il numero limitato dei pazienti arruolati, l’atteggiamento del chirurgo tendente a non modificare il tipo di chirurgia in base alla risposta ottenuta e l’assenza di un controllo di qualità della radioterapia. Nello studio Tedesco (CAO/ARO/AIO-94) la randomizzazione era stratificata per chirurgo e c’era un controllo di qualità centralizzato con il risultato che il Centro e il tipo di trattamento radiante sono risultati fattori prognostici indipendenti per il controllo locale di malattia (89). Realmente i dati del trial australiano indicano che la radio-chemioterapia sembrerebbe più efficace della RT short-course nel ridurre il rischio di recidiva locale, specialmente per i tumori distali (<5 cm dal margine anale), ma tale differenza non raggiunge la significatività statistica probabilmente per la numerosità della casistica (88). Questo “trend” può trovare conferma nei dati del Dutch trial, dove la RT short-course per i tumori distali è relativamente inefficace (90). In attesa di studi ulteriori, può essere ragionevole una politica che preveda la radiochemioterapia nelle lesioni distali, riservando lo short-course quando comodità, praticità, tossicità e costi rappresentano elementi prevalenti del trattamento. Dopo trattamento radio-chemioterapico preoperatorio una percentuale di pazienti variabile dal 10 al 25% ottiene una remissione completa patologica di malattia (pRC). Il significato prognostico della pRC di malattia è tuttora oggetto di controversie, anche se dati derivati dagli studi randomizzati dimostrano che l’aumentata incidenza della risposta patologica non si associa a un miglioramento della sopravvivenza globale e libera da malattia (85, 87, 91). Recentemente è stata pubblicata una meta-analisi che ha confrontato la radioterapia preoperatoria con la radio-chemioterapia preoperatoria in pazienti con malattia localmente avanzata resecabile (stadio II-III). La terapia di combinazione aumenta la percentuale di remissioni complete patologiche e migliora il controllo locale a cinque anni quantunque questo non si traduca in un aumento della preservazione sfinterica o della sopravvivenza globale e libera da malattia (92) (I, A). In conclusione le opzioni possibili sono rappresentate dalla radioterapia “short-course” e dalla radio-chemioterapia “long-course”. Il vantaggio della RT “short-course” è costituito dalla durata del trattamento (5 giorni), mentre lo svantaggio è dato dall’impossibilità di valutare la riduzione di malattia visto che la chirurgia viene eseguita entro 7-10 giorni dalla RT. Recentemente è stato dimostrato che anche con la RT “short-course” è possibile ottenere una retrostadiazione e riduzione dimensionale di malattia se la chirurgia viene ritardata a 6-8 settimane (93). Questo approccio comunque deve essere considerato sperimentale (III, B). La radio-chemioterapia ”long-course” ha il vantaggio di ottenere rispetto alla sola RT ”long420 IL CANCRO DEL RETTO course”, significativa riduzione di malattia (pRC), resecabilità, salvataggio sfinterico e miglior controllo locale (92, 94) (I, A). Pertanto: - - - Infatti la radioterapia “long-course” permette il rispetto di due requisiti: il tempo per il recupero del danno radio-indotto e un tempo adeguato per ottenere la riduzione dimensionale della malattia. I risultati degli studi clinici randomizzati pubblicati sono contrastanti e una recente metaanalisi non mostra differenza in termini di preservazione sfinterica tra le due modalità terapeutiche (87, 88, 92). Questo aspetto, come riportato in due dei quattro studi analizzati, può essere correlato alla riluttanza del chirurgo a modificare la valutazione preoperatoria sulla necessità di effettuare una chirurgia demolitiva, anche in pazienti che hanno ottenuto una riduzione significativa del volume di malattia dopo trattamento preoperatorio (92). RT “short-course” e radio-chemioterapia “long-course” sono equivalenti (in termini di recidive locali) in quelle neoplasie dove la riduzione di malattia non è necessaria e che non hanno il coinvolgimento della fascia mesorettale (cT3 MRF -/N0 retto medioalto). La RT “short-course” è caratterizzata da tempi di trattamento più brevi, minori costi, minore tossicità acuta (RT costoefficace) (I, A) RT “short-course” è il trattamento standard nei casi in cui la chemioterapia è controindicata per comorbidità (I, A) La radio-chemioterapia “long-course” è raccomandata nelle forme più avanzate dove la riduzione di malattia è necessaria, rappresentate da quelle neoplasie con coinvolgimento della fascia mesorettale o di organi circostanti (cT3 MRF-/+ N0 retto basso o cT3-4 MRF + N0-2) (I, A). Intervallo RT-chirurgia. Nella RT “shortcourse” la chirurgia viene effettuata dopo 2-3 giorni dalla fine del trattamento preoperatorio (I, A). Un’analisi effettuata in uno studio di RT preoperatoria “short-course” dimostra che la riduzione di malattia è più pronunciata quando l’intervallo è stato di almeno dieci giorni (99). Nel Dutch Trial quando l’intervallo è stato di sette giorni non è stata documentata riduzione di malattia. L’associazione RT “short-course” e chirurgia ritardata (dopo 6-8 settimane) nei pazienti in ottime condizioni generali deve ritenersi sperimentale (III, C). Nei pazienti anziani (età > 80 anni) o con comorbidità, che ricevono un trattamento “short-course”, la chirurgia dovrebbe essere ritardata a 6-8 settimane (IV, A). La giustificazione per un intervallo maggiore tra RT e chirurgia deriva da uno studio francese dove il passaggio da due a sei settimane determina l’aumento delle risposte obiettive (riduzione dimensionale) e delle risposte patologiche complete (100). L’intervallo tra la radio-chemioterapia “long-course” e la chirurgia dovrebbe essere non inferiore a sei settimane e non superiore 8-10 settimane (101, 102) (III, B). La maggior parte delle serie pubblicate con RT “long-course” raccomandano un intervallo di 4-8 settimane. Quantunque intervalli RT-chirurgia Chemioterapia di induzione seguita da radiochemioterapia. La chemioterapia di induzione (associata o meno a “targeted therapy”) seguita da radio-chemioterapia preoperatoria va considerata investigazionale (III, C). Gli studi pilota hanno dimostrato che tale opzione è fattibile e associata a un alto tasso di risposte obiettive, ma al momento deve essere utilizzata soltanto nell’ambito di studi clinici (95-98). Preservazione sfinterica. Teoricamente se l’obiettivo principale di un trattamento preoperatorio è rappresentato dal salvataggio dello sfintere, nell’impossibilità di ottenere tale risultato con una radioterapia “short-course” seguita da chirurgia entro 7-10 giorni (immediata), può essere raccomandata una radiochemioterapia “long-course” seguita da chirurgia a 6-8 settimane dalla fine della RT (ritardata). 421 IL CANCRO DEL RETTO più lunghi abbiano dimostrato un aumento delle risposte complete patologiche, non è tuttora chiaro se questo si associ a un reale beneficio clinico (100, 103-106). Nelle esperienze suddette, il pro-lungamento del tempo alla chirurgia non aumenta le complicanze perioperatorie o la percentuale di positività dei margini chirurgici (103, 106). localmente avanzato (T3-T4, N0-N+). Non è stata documentata alcuna differenza in termini di sopravvivenza globale e libera da malattia e percentuali di metastasi a distanza; ma il trattamento preoperatorio ha determinato la riduzione delle recidive locali (6 vs 13% p=0.006), una minore tossicità e l’aumento della preservazione sfinterica rispetto alla terapia postoperatoria (111). Tali risultati sono stati confermati a un follow-up mediano di undici anni (112). In questo studio il 18% dei pazienti, che erano stati classificati come cT3N0 e arruolati nel braccio standard, è realmente risultato pT1-2N0. Nonostante il rischio di sovrastimare l’estensione di malattia, il trattamento preoperatorio è da preferire poiché dopo radio-chemioterapia preoperatoria una minor percentuale di pazienti (25%) aveva metastasi linfonodali rispetto a quanto documentato nel braccio di controllo (40%). Il principale vantaggio della radio-chemioterapia postoperatoria è la migliore selezione del paziente perché si basa su stadiazione patologica (pTNM). Gli svantaggi includono un’aumentata tossicità sia acuta che cronica correlata alla presenza di anse intestinali nel volume di trattamento RT, un tessuto (letto chirurgico) ipossico e pertanto più radioresistente e se il paziente ha effettuato l’AAP una tossicità maggiore per la necessità di irradiare la cicatrice perineale (111, 113). Pertanto nel cancro del retto localmente avanzato i dati pubblicati supportano l’utilizzo della terapia di combinazione in fase preoperatoria (I, A). Dati di letteratura documentano il ruolo prognostico del CRM sul controllo locale di malattia. Pazienti con CRM positivo hanno una maggior percentuale di recidiva locale e peggiore sopravvivenza rispetto a quelli con CRM negativo. Recentemente il Medical Research Council ha pubblicato i risultati di uno studio randomizzato che ha confrontato RT “short course” (25Gy in cinque frazioni) seguita da chirurgia (TME) con chirurgia e radiochemioterapia postoperatoria nei pazienti con Rivalutazione strumentale dopo radiochemioterapia preoperatoria. E’ consigliabile ripetere la rivalutazione strumentale non prima di 4-6 settimane dalla fine della radioterapia. Attualmente nessuno degli esami diagnostici disponibili (eco-endoscopia, RM, TC) è in grado di definire con precisione il grado di risposta ottenuta. Quantunque sia possibile stabilire la riduzione dimensionale di malattia, l’accuratezza diagnostica in termini di yT, percentuale di regressione e risposta istopatologia è bassa (III, C). La RM sembrerebbe in grado di distinguere ypT0-2 da ypT3 (III, B), cosi come la RM funzionale sembrerebbe più sensibile della RM morfologica standard solo nella capacità di predire la remissione completa patologica (pRC) (107-109). Il ruolo della PET-TC è investigazionale (110). Nonostante dati preliminari interessanti sia in termini di sopravvivenza che di qualità della vita, l’approccio che prevede una politica di attesa (“wait and see policy”) o una chirurgia locale (TEM) in pazienti che ottengono la remissione completa clinico-strumentale di malattia dopo trattamento preoperatorio deve essere considerata investigazionale (18) (IV, C). Radio-chemioterapia preoperatoria vs radiochemioterapia postoperatoria. Il trattamento preoperatorio è stato confrontato con quello postoperatorio in tre studi randomizzati, di cui due (NSABP R-03 e INT 0147) chiusi anticipatamente per insufficiente arruolamento. Lo studio tedesco (CAO/ARO/AIO-94) ha confrontato la radio-chemioterapia pre- vs postoperatoria in pazienti affetti da cancro del retto 422 IL CANCRO DEL RETTO CRM positivo. Il trattamento preoperatorio ha determinato un beneficio statisticamente significativo in termini di recidive locali e sopravvivenza libera da malattia (77). Questo studio conferma le osservazioni dei precedenti studi Nord-Europei: la radioterapia postoperatoria non compensa un CRM positivo. Fattori predittivi indipendenti per CRM positivo sono rappresentati dal tipo chirurgia (AAP), invasione venolinfatica e risposta patologica minore al trattamento preoperatorio (114). modulato con l’acido folinico (126). Qualora vi fossero contro-indicazioni all’impiego del catetere venoso centrale (CVC) per l’infusione continua del 5FU, può essere considerato l’uso della capecitabina. Timing del trattamento postoperatorio radio-chemioterapico. La sequenza ottimale tra radioterapia e chemioterapia non è conosciuta. La maggior parte degli studi dimostra la fattibilità della tecnica ”sandwich” in cui uno o due cicli di chemioterapia sono seguiti dal trattamento combinato integrato di radio-chemioterapia concomitante e successiva chemioterapia (127). In pazienti sottoposti ad amputazione addominoperineale sembra che la DFS a dieci anni sia significativamente superiore nel braccio della RT precoce, suggerendo che se il trattamento preoperatorio non viene utilizzato, dopo AAP dovrebbe essere considerato un trattamento RT precoce (somministrato durante 1-2 ciclo chemioterapia) (117) [II, B]. L’efficacia del trattamento combinato adiuvante deve essere rapportata agli svantaggi rappresentati da: tossicità e “compliance” del paziente. La tossicità della RT postoperatoria è correlata al danno potenziale a carico dell’intestino tenue situato nel volume di irradiazione, al tessuto post-chirurgico ipossico e potenzialmente più radio-resistente, e se il paziente ha effettuato un’amputazione addomino-perineale, all’estensione del volume di radioterapia a comprendere la cicatrice perineale. I dati di letteratura documentano che il 20-35% dei pazienti non completa il programma terapeutico, per tossicità o rifiuto (116, 119, 125, 127-129). Fattori prognostici. Due “pooled analysis” hanno valutato la correlazione tra stadio TNM e sopravvivenza globale e libera da malattia e definito tre gruppi di rischio: intermedio (T12N1, T3N0), moderatamente elevato (T4N0, T3N1, T1-2N2) ed elevato (T4N1-2, T3N2). Pertanto, considerando le differenti percentuali di sopravvivenza globale (rispettivamente 7481% vs 61-69% vs 33-48%) e libera da malattia, è necessario utilizzare strategie terapeutiche differenti per le tre categorie di rischio (31, 127, Terapia adiuvante. Radioterapia. Nei pazienti che non hanno ricevuto una radioterapia preoperatoria e che sono ad alto rischio di recidiva della malattia dopo chirurgia è raccomandato un trattamento adiuvante. La chemio-radioterapia è indicata nei pazienti con coinvolgimento del margine circonferenziale (CRM +), malattia localmente avanzata (≥T3 e/o N+), perforazione intestinale nella sede della neoplasia (115-119) (IA). Tale opzione deve essere proposta anche in caso di chirurgia inadeguata (residuo di malattia, non corretta asportazione del mesoretto) o numero di linfonodi esaminati < 12. La radioterapia adiuvante da sola è in grado di ridurre le recidive locali ma non determina un aumento della sopravvivenza. (80-83, 120, 121) (I, A). L’aggiunta della chemioterapia ha ottenuto un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza globale e libera da malattia a cinque anni rispetto alla radioterapia da sola (115, 119). Pertanto dal 1990, la radioterapia associata alla chemioterapia (5FU) adiuvante per un periodo di sei mesi rappresenta lo standard terapeutico di pazienti affetti da cancro del retto operato stadio II-III. (I, A) (122, 123). I risultati terapeutici ottenuti sono indipendenti dalla modalità di somministrazione del 5FU che può essere utilizzato in bolo o in infusione venosa continua protratta, o modulato con l’acido folinico (124-126). Viceversa la tossicità (prevalentemente ematologica) è maggiore quando il 5FU viene somministrato in bolo e 423 IL CANCRO DEL RETTO combinazione di fluoropirimidine e oxaliplatino, pertanto è raccomandato l’utilizzo di una fluoropirimidina in monochemioterapia (18, 21). La chemioterapia dovrebbe essere iniziata entro 6-8 settimane dalla chirurgia (IV, B) e comunque dopo completo recupero postoperatorio. Il trattamento dovrebbe durare globalmente circa sei mesi, pertanto se il paziente è stato sottoposto a radio-chemioterapia preoperatoria, la chemioterapia post-operatoria dovrebbe avere una durata massima di quattro mesi (IV, B) (18-21). 130-132). Le raccomandazioni della NCI Consensus Conference relative alla radiochemioterapia adiuvante sono state basate su studi dove non era prevista la TME o la valutazione di almeno dodici linfonodi. I pazienti appartenenti alla categoria a rischio intermedio dovrebbero essere valutati attentamente riguardo rischi e benefici della terapia adiuvante, poiché possono avere una bassa probabilità di ripresa locale e/o a distanza dopo chirurgia; pertanto in questo sottogruppo con neoplasia del retto superiore, adeguato margine di resezione circonferenziale e numero di linfonodi campionati (≥ 12), assenza di invasione veno-linfatica, il trattamento adiuvante potrebbe essere omesso (102, 127). MALATTIA LOCALMENTE AVANZATA NON RESECABILE (T4). La radio-chemioterapia preoperatoria rappresenta il trattamento standard (II, A). Come dimostrato da un recente studio di confronto tra radioterapia e radio-chemioterapia, il trattamento combinato migliora il controllo locale, il tempo al fallimento terapeutico, la sopravvivenza globale e causaspecifica (137). Un approccio alternativo può essere rappresentato dalla RT “short-course” con chirurgia ritardata nei pazienti con controindicazioni alla chemioterapia (93) (III, B). La chirurgia deve prevedere dove possibile l’asportazione in blocco della neoplasia rettale e dell’eventuale organo adiacente coinvolto. Nella malattia localmente avanzata inoperabile, in combinazione multimodale con radioterapia ± chemioterapia preoperatoria e chirurgia, può essere somministrato un sovradosaggio sul letto tumorale tramite IORT (Intra Operative Radiation Therapy). Le dosi tipicamente riportate di 10-20Gy, variano in base al tipo di resezione e di residuo chirurgico (R0, R1, R2). A oggi non esistono evidenze che supportino il suo impiego nella pratica clinica (malattia localmente avanzata o recidive) anche se le serie più recenti sembrerebbero documentare il miglioramento del controllo locale (138-140). Comunque, tale trattamento non compensa una chirurgia inadeguata (17) e la sua efficacia necessita di conferma in studi di fase III (III, B). Chemioterapia adiuvante. Diversamente dalle neoplasie del colon, il ruolo della chemioterapia adiuvante dopo trattamento preoperatorio (radiochemioterapia) nel cancro del retto è contradditorio e non dimostrato, come riportato negli studi randomizzati pubblicati (84, 85, 133, 134). Un’analisi eseguita nell’ambito dello studio EORTC 22921 sembrerebbe dimostrare un vantaggio statisticamente significativo della chemioterapia adiuvante sulla sopravvivenza nel sottogruppo di pazienti ypT0-2 (“responders”) (135). Una successiva “pooled analysis” condotta su 2795 pazienti sottoposti a trattamento preoperatorio, di cui 1572 trattati con chemioterapia adiuvante (5FU), dimostra un vantaggio statisticamente significativo sulla sopravvivenza globale (94). Tale dato è in contrasto con una revisione sistematica della letteratura relativa agli studi randomizzati (136). Una risposta definitiva non verrà ottenuta dagli studi cooperativi di fase III in corso o appena conclusi poiché tutti, ad eccezione dello studio SCRIPT che confronta follow-up vs capecitabina dopo trattamento preoperatorio e chirurgia, utilizzano 5FU o capecitabina come braccio di controllo. Riguardo al tipo di trattamento chemioterapico, non c’è evidenza dagli studi randomizzati che debba essere somministrata una 424 IL CANCRO DEL RETTO MALATTIA LOCALIZZATA (T1-T2). Regimi di trattamento radioterapico e chemioterapico. La radioterapia o radio-chemioterapia postoperatoria potrebbe essere considerata per pT1 sottoposti a escissione locale con fattori patologici negativi (margini chirurgici positivi, adenocarcinoma poco differenziato, invasione linfovascolare, sm3) nei pazienti che rifiutano la chirurgia (TME) o non operabili per patologie concomitanti (141, 142) (III, B). In alternativa alla chirurgia locale, può essere presa in considerazione la radioterapia endocavitaria o la brachiterapia ad alto rateo di dose (HDR). Queste due modalità di trattamento vanno comunque riservate a centri qualificati con ampia esperienza (143) (III, C). Il trattamento ottimale di un pT2 sottoposto a escissione locale, in assenza di studi clinici randomizzati, è rappresentato dalla chirurgia radicale TME (II, A). La radioterapia postoperatoria associata o meno alla chemioterapia può essere un’opzione alternativa quando il paziente rifiuta la chirurgia (specie se per la posizione della neoplasia è previsto il sacrificio dello sfintere anale) o la chirurgia radicale non è possibile per patologie concomitanti (III, B). In pazienti con cT2 specie del retto inferiore, che sono inoperabili per comorbidità concomitanti o che rifiutano la chirurgia radicale, può essere proposto un trattamento radio-chemioterapico preoperatorio seguito da escissione locale. Questo approccio, riportato in pochi studi (144), deve essere limitato a un sottogruppo di pazienti selezionati nell’ambito di studi clinici prospettici (III, B). La chemioterapia adiuvante da sola non è indicata (29, 38-40) (III, B). Radioterapia. Frazionamenti. Trattamento preoperatorio. Sono possibili due frazionamenti: “short-course”: prevede una dose di 25Gy in cinque frazioni/1 settimana seguita da chirurgia imme-diata entro 7-10gg dalla RT; “long-course”: prevede una dose di 45Gy in 25 frazioni sulla pelvi seguita da sovradosaggio di 5.4Gy in tre frazioni sulla sede di malattia per una dose totale di 50.4Gy in 5½ settimane, seguita da chirurgia ritardata a 4-8 settimane dalla RT (II, A). Nella malattia non resecabile può essere considerata una dose totale di 50.4-55.8Gy. Modalità di sovradosaggio locale quali brachiterapia o IORT sono da considerare ancora sperimentali (III, C). Trattamento postoperatorio: il regime convenzionale prevede una dose di 45Gy in 25 frazioni sulla pelvi seguito da sovradosaggio di 5,4-9Gy in 3-5 frazioni sul letto chirurgico (rappresentato dall’anastomosi), per una dose totale di 50.454Gy in 5½-6 settimane. Volumi trattamento. Nella RT preoperatoria “short-course” viene compreso il volume di malattia rappresentato da neoplasia rettale (mesoretto) e linfonodi locoregionali eventualmente coinvolti; viceversa nel trattamento “long-course” è inclusa la neoplasia e le stazioni linfonodali presacrali, otturatorie e iliache interne (estensione alla stazione iliaca esterna prevista solo per invasione degli organi circostanti – T4). Nella RT postoperatoria viene incluso il letto chirurgico insieme ai drenaggi linfonodali rappresentati dalla stazione presacrale, iliaca interna e otturatoria. L’estensione alla stazione linfonodale iliaca esterna è raccomandata solo per neoplasie estese agli organi circostanti (T4) (20). Globalmente, nelle neoplasie del retto extraperitoneale localizzate (T1-T2), in assenza di evidenze scientifiche che supportino l’impiego di trattamenti alternativi alla chirurgia convenzionale, si ritiene fondamentale discutere e condividere la scelta terapeutica con il paziente. Chemioterapia. La radioterapia preoperatoria “long-course” viene associata a una chemioterapia a base di fluoropirimidine (I, A). Il 5FU è il farmaco di scelta somministrato in infusione venosa continua protratta (225mg/mq/die) per tutta la durata della RT. Due studi (145, 146) 425 IL CANCRO DEL RETTO hanno recentemente dimostrato l’equivalenza di 5FU e capecitabina; pertanto la fluoropirimidina orale (825mg/mq/bid per os per tutta la durata della RT) può essere considerata una valida alternativa al 5FU specie se si considera la possibilità di risparmiare l’accesso venoso centrale (I, B). La combinazione delle fluoropirimidine con oxaliplatino o irinotecano è stata valutata in termini di risposta locale di malattia (pRC). Nonostante i risultati iniziali incoraggianti, le remissioni complete patologiche non sono migliorate rispetto a quelle ottenute dal solo 5FU, viceversa la polichemioterapia ha determinato l’aumento della tossicità (146-149). Comunque la pRC non sembra essere un surrogato della sopravvivenza (91). Pertanto, in attesa dei dati di sopravvivenza relativi agli studi suddetti, la chemioterapia con il 5FU o capecitabina resta lo standard terapeutico, mentre la combinazione a più farmaci deve considerarsi sperimentale e non dovrebbe essere usata nella pratica clinica (I, B). Parimenti investigazionale risulta la combinazione tra RT e farmaci biologici (cosiddetta “targeted therapy”) (21, 102, 127). Nell’ambito del trattamento postoperatorio, la chemioterapia è effettuata con fluoropirimidine (I, A) rappresentate dal 5FU (in bolo o in infusione continua) o dalla capecitabina. Il trattamento dovrebbe essere somministrato per un totale di sei mesi. Durante la radioterapia dovrebbe essere somministrato il 5FU, preferibilmente in infusione venosa continua protratta (225mg/mq/die), o in alternativa la capecitabina (825mg/mq/bid per os per tutta la durata della RT) (I, A). intento curativo alla diagnosi svilupperà una malattia metastatica. La strategia ottimale di trattamento per i pazienti con malattia metastatica dovrebbe essere discussa in un gruppo multidisciplinare per valutare gli obiettivi che possono essere i seguenti: la guarigione, il prolungamento della sopravvivenza, la palliazione dei sintomi, il miglioramento della qualità della vita, il ritardo della progressione di malattia, la riduzione delle dimensioni della malattia. Quindi in base alle terapie disponibili, la strategia clinica nei pazienti con malattia metastatica inoperabile deve tener conto del principale obiettivo del trattamento che può essere potenzialmente curativo o palliativo. E’ possibile in base a differenti scenari clinici avere differenti approcci: 1) nei pazienti che si presentano all’esordio con una malattia metastatica sincrona limitata e resecabile (per esempio metastasi unica del fegato o del polmone) è consigliabile l’intervento chirurgico radicale (T e M). La strategia di trattamento per una malattia sincrona oligometastatica dovrebbe basarsi sulla possibilità di ottenere una resezione R0, sia per la malattia sistemica che per il tumore primitivo. I pazienti che presentano una malattia con resecabilità borderline possono ottenere una riduzione delle lesioni potenzialmente operabili con una terapia perioperatoria (II,B) 2) nei pazienti con malattia disseminata limitata ma non resecabile conviene eseguire una chemioterapia di conversione per portare la malattia alla resecabilità; 3) nei pazienti sintomatici con qualità di vita compromessa può essere utile una chemioterapia che consenta una rapida riduzione della massa tumorale e che conduca a una palliazione dei sintomi 4) nei pazienti asintomatici ma con malattia plurimetastatica l’uso di una chemioterapia sequenziale con i vari farmaci a disposizione e che tenga conto della tossicità è un’opzione ragionevole. I farmaci che hanno mostrato attività nella malattia metastatica sono le fluoropirimidine per via orale ed endovenosa, l’oxaliplatino, TRATTAMENTO DEL CANCRO METASTATICO Si definisce malattia metastatica una neoplasia che alla diagnosi o alla recidiva si presenta diffusa in più sedi. Circa il 20% dei pazienti con cancro del retto si presenta con malattia avanzata alla diagnosi e circa il 35% dei pazienti trattati con 426 IL CANCRO DEL RETTO l’irinotecan, gli anticorpi monoclonali anti-EGFR e anti-VEGF. I dati evidenziano che la sopravvivenza globale è influenzata dall’impiego di tutti i farmaci attivi nel corso dell’evoluzione della malattia. La polichemioterapia che prevede l’associazione di 5FU e Acido folinico (preferibile la somministrazione in infusione continua) con oxaliplatino e/o irinotecan è da impiegare in tutti i pazienti che possono tollerare il trattamento. Le fluoropirimidine orali (capecitabina) possono sostituire la monoterapia con 5FU. La capecitabina associata a oxaliplatino sostituisce i regimi infusionali, associata con l’Irinotecan va somministrata con attenzione perché può dare tossicità importante. In pazienti in adeguate condizioni generali e senza comorbidità l’associazione di tre farmaci (oxaliplatino, irinotecan, 5FU e acido folinico) in uno studio randomizzato, è risultata più efficace della terapia a due farmaci, anche se va riservata a pazienti selezionati per la possibile tossicità (150-158). L’uso dei farmaci “target oriented”, anticorpi monoclonali anti-EGFR (Cetuximab e Panitumumab) e anticorpi anti-VEGF (Bevacizumab) ha dimostrato di poter incrementare i risultati della chemioterapia. Il Bevacizumab può esser utilizzato in prima linea associato alla chemioterapia, indipendentemente dallo stato mutazionale di K-ras e in quei pazienti dove non è necessario avere una rapida riduzione della massa tumorale. Può essere utilizzato anche in seconda linea nei pazienti che non lo abbiano impiegato in prima linea. Studi osservazionali hanno evidenziato una maggiore sopravvivenza nei pazienti che proseguono Bevacizumab oltre la progressione. Il Cetuximab con la chemioterapia può essere utilizzato in tutte le linee di trattamento nei pazienti con K-ras WT (non mutato) ma anche in monoterapia nei pazienti intolleranti all’irinotecan. Il Panitumumab (anti-EGFR) può essere utilizzato in monoterapia in pazienti k-ras WT (non mutato) in pazienti sottoposti ad altre linee di chemioterapia che non abbiano utilizzato Cetuximab in precedenza o che lo abbiano sospeso per reazioni durante l’infusione (159166). Tra i nuovi farmaci che saranno a disposizione per il trattamento della malattia metastatica Aflibercet, inibitore di VEGF, ha mostrato un aumento di risposte, PFS e OS in combinazione con lo schema FOLFIRI (irinotecan +5FU/AF) in seconda linea anche in paziente pretrattati con Bevacizumab (167), mentre Regorafenib inibitore di tirosin-chinasi in terza linea e oltre è risultato superiore al placebo in termini di PFS e OS (168). Nei pazienti in buone condizioni generali in progressione dopo la prima linea deve essere presa in considerazione un trattamento di seconda linea. In alcuni casi possono essere ipotizzate anche linee successive. TRATTAMENTO DEL TUMORE PRIMITIVO NEL CANCRO DEL RETTO CON METASTASI SINCRONE Malattia resecabile. Per la malattia epatica e/o polmonare potenzialmente resecabile è consigliabile un trattamento con chemioterapia perioperatoria di circa tre mesi (II, B). Per la malattia localmente avanzata del retto un trattamento chemioterapico di circa tre mesi e un trattamento loco-regionale in base allo stadio, seguito da chirurgia del primitivo e da ulteriori tre mesi di chemioterapia post-operatoria potrebbe essere preso in considerazione (V, B). Nel caso il tumore primitivo del retto si presenti in stadio II (<T3N0) ma con metastasi a distanza resecabili, l’approccio terapeutico dovrebbe essere una chirurgia del primitivo e delle metastasi seguita da chemioterapia per sei mesi e da trattamento locale con radioterapia se per esempio c’è un CRM positivo (IV, B). Malattia non resecabile. Se la malattia inizialmente non è resecabile è necessario un trattamento d’induzione con chemioterapia. Se le 427 IL CANCRO DEL RETTO metastasi diventano resecabili dovrebbe essere preso in considerazione un trattamento locale del tumore primitivo e delle metastasi e da ulteriore trattamento chemioterapico. (IV, A). Se la malattia metastatica rimane inoperabile, si continua la chemioterapia utilizzando altri farmaci a disposizione (IV, B). Malattia mai resecabile. Se la malattia è così estesa da non diventare mai resecabile si prende in considerazione un trattamento palliativo e la chemioterapia sarà scelta sulla base di criteri legati al paziente e alle caratteristiche del tumore. Il trattamento del tumore primitivo con radioterapia e/o chirurgia (stomia) o inserimento di stent sarà preso in considerazione solo in situazioni d’emergenza (sanguinamento, occlusione, dolore) (IV, B). chirurgo esperto. Anche la combinazione con altre tecniche ablative come la radiofrequenza si è dimostrata efficace nei pazienti in cui c’è un interessamento dei margini di resezione o per lesioni che residuano alla chirurgia, tuttavia non può essere sostitutiva della chirurgia. La radioembolizzazione arteriosa epatica con microsfere di Ittrio-90 (SIRT) è in corso di valutazione in studi clinici randomizzati. Anche la Radioterapia Stereotassica risulta efficace per il controllo locale delle metastasi epatiche (169-178). Le metastasi polmonari costituiscono un segno di disseminazione ematogena, tuttavia la resezione di metastasi polmonari ha portato incoraggianti risultati con sopravvivenze a cinque e dieci anni rispettivamente del 40% e 30%. Da alcuni studi risulta che la resezione chirurgica radicale, il lungo intervallo libero e la presenza di una singola metastasi resecabile sono fattori prognostici favorevoli per la sopravvivenza. La presenza di metastasi ai linfonodi ilari e mediastinici, il numero e le dimensioni delle metastasi polmonari costituiscono un fattore indipendente di cattiva prognosi (179-181). Le metastasi peritoneali da tumore del colonretto spesso riguardano una condizione di malattia terminale con sopravvivenze che non superano i sei mesi. Anche l’uso dei più recenti farmaci antiblastici e degli agenti biologici che si usano nel carcinoma del colon-retto non ha dato risultati quando la malattia è presente a livello peritoneale. Un approccio chirurgico in questa fase, che consiste nella citoriduzione di tutte le lesioni peritoneali visibili associato alla somministrazione di chemioterapia intraperitoneale, ha riportato risultati positivi in molti studi. Tuttavia esiste un solo studio randomizzato che è insufficiente a rendere questa procedura un trattamento standard, considerate anche le tossicità riportate (182-184). TRATTAMENTO DELLA MALATTIA METASTATICA METACRONA La resezione chirurgica di metastasi epatiche, polmonari, e ovariche può essere curativa in pazienti selezionati così come il trattamento chirurgico della recidiva locale se potenzialmente operabile. Le metastasi epatiche Fino ai primi anni ’90 il trattamento delle metastasi epatiche si basava sulla chemioterapia sistemica o sull’infusione di farmaci citotossici direttamente nell’arteria epatica con sopravvivenza media in quest’ultimo caso di circa venti mesi. Lo sviluppo della chirurgia epato-biliare insieme all’uso di chemioterapia neoadiuvante con combinazione a più farmaci, ha condotto alla fattibilità di resezioni epatiche ottenendo sopravvivenze a cinque anni intorno al 40% con possibilità di guarigione in pazienti selezionati, purché i margini di resezione risultino negativi. Attualmente è possibile eseguire epatectomie in 2 tempi per situazioni in cui metastasi bilobari o multiple non sono resecabili in un unico intervento. Il numero di metastasi epatiche asportate non si correla a prognosi più sfavorevole se l’intervento è eseguito da un RADIOTERAPIA PALLIATIVA L’obiettivo principale è rappresentato dal controllo dei sintomi correlati alla neoplasia 428 IL CANCRO DEL RETTO primitiva o alla malattia metastatica. Pertanto la radioterapia può essere utilizzata con beneficio clinico nelle seguenti condizioni: - dolore loco-regionale (da compressione e/o infiltrazione) - rettorragia - dolore da metastasi ossee - sintomi neurologici correlati a metastasi cerebrali - metastasi polmonari ed epatiche. Il frazionamento standard prevede la somministrazione di 30 Gy/10 sedute o 20 Gy/5 sedute o monofrazione antalgica di 8 Gy (I, A). In casi selezionati rappresentati da pazienti con malattia oligometastatica (es. metastasi polmonare o cerebrale) può essere utilizzata in prima istanza la radioterapia stereotassica o la radiochirurgia (II, A) in alternativa alla chirurgia (III, A) (20). rappresentato dalla terapia multimodale. Un trattamento chirurgico aggressivo che possa comportare anche l’eviscerazione pelvica posteriore o totale può portare il paziente a una maggiore sopravvivenza libera da malattia. L’uso di una chemio-radioterapia d’induzione per pazienti non irradiati in precedenza con recidiva pelvica localmente avanzata, può condurre a un incremento di resecabilità chirurgica (187-190). Il ruolo di dosi elevate di radioterapia non è ben definito, probabilmente perché correlato alla eterogeneità della popolazione. La IORT comunque può determinare il miglioramento del controllo locale, ma i suoi risultati sono contrastanti e necessitano di conferma in studi clinici controllati (191, 192). Una condizione particolare è rappresentata da quel sottogruppo di pazienti che pur essendo stati precedentemente irradiati, sviluppano una recidiva pelvica come unica sede di malattia. In questi pazienti la re-irradiazione è potenzialmente associata a un alto rischio di tossicità tardiva. Sebbene pochi studi abbiano analizzato il ruolo della re-irradiazione nelle recidive pelviche, la radioterapia, anche combinata alla chemioterapia nell’ambito di un approccio preoperatorio, sembrerebbe fattibile, associata a tossicità accattabile e in grado di riportare alla resecabilità una percentuale non trascurabile di pazienti. Studi ulteriori prospettici sono comunque necessari (193, 194). Pertanto attualmente le opzioni terapeutiche della recidiva pelvica solitaria (M0) sono rappresentate da: Paziente non pretrattato con pregressa radioterapia pelvica: • Se operabile: radiochemioterapia preoperatoria “ long-course” seguita dopo 6-8 settimane da chirurgia (IIA) +/- IORT, e successiva chemioterapia adiuvante (138); • Se non operabile: si cerca di ottenere la resecabilità della lesione con lo schema sopra indicato. Paziente già pretrattato con pregressa radioterapia pelvica: RECIDIVA LOCALE Nel cancro del retto localmente avanzato (stadio II-III) i trattamenti combinati hanno determinato la riduzione delle riprese locali o loco-regionali di malattia a una percentuale inferiore al 10% (112). La diagnosi di recidiva è in genere correlata alla presenza di sintomi rappresentati da dolore, rettorragia, infezioni pelviche e sintomi ostruttivi o semplicemente dall’innalzamento del CEA. L’algoritmo diagnostico prevede l’esecuzione degli stessi esami, utilizzati nella neoplasia primaria, completati con la PET-TC e la conferma cito-istologica di recidiva pelvica di malattia (specie nei pazienti già trattati con radiochemioterapia). La recidiva locale si localizza prevalentemente nello spazio presacrale e dopo chirurgia conservativa a livello dell’anastomosi. Non vi sono sistemi di classificazione unanimemente accettati, anche se la stadiazione utilizzata da Suzuki-Gunderson correla significativamente con la sopravvivenza (185). La prognosi di questi pazienti è in genere infausta e la sopravvivenza mediana non è superiore a 1-2 anni (186). In generale il trattamento standard è 429 IL CANCRO DEL RETTO • Se resecabile: chirurgia seguita da chemioterapia adiuvante, oppure valutare la possibilità di un ritrattamento con radiochemioterapia seguito da chirurgia; • Se non resecabile: valutare un ritrattamento ai fini di ottenere la resecabilià in base al tempo intercorso dalla precedente irradiazione e associare possibilmente una chemioterapia radio sensibilizzante (20). In pazienti affetti da neoplasia del retto localmente avanzata (stadio II-III) sottoposti a chemio-radioterapia adiuvante, il follow-up dovrebbe essere protratto oltre i cinque anni. Dati derivanti da una “pooled analysis” di studi clinici randomizzati Nordamericani, dimostrano infatti che la sopravvivenza globale e libera da malattia continuano a diminuire dopo i cinque anni (31, 127, 130-132). Perciò, dopo terapia adiuvante, i controlli devono essere effettuati per almeno sette anni. Dati di letteratura relativi alla percentuale di recidive di malattia (75, 134) inducono ad adottare lo stesso comportamento (follow-up esteso oltre i cinque anni) in pazienti sottoposti a trattamento preoperatorio, come recentemente confermato dall’aggiornamento dello studio Tedesco CAO/ARO/AIO-94 di confronto tra chemio-radioterapia pre- vs postoperatoria (112). Il follow-up intensivo nel cancro del retto localmente avanzato (stadio II-III) sembra determinare il miglioramento della sopravvivenza globale (102). Sono ancora controverse la modalità e sequenza temporale secondo cui il follow-up dovrebbe essere effettuato. Sono necessari studi prospettici finalizzati alla definizione del tipo di follow-up, specie nei pazienti dove il rischio di ripresa della malattia è più elevato (cT3 MRF positivi - cT4 N+). La nostra proposta prevede: Esame clinico: ogni 3-4 mesi per i primi tre anni comprendente l’esplorazione rettale per lo studio dell’anastomosi e ogni sei mesi nei due anni successivi. CEA: ogni 3-4 mesi per i primi tre anni e ogni sei mesi nei due anni successivi. Colonscopia: nei pazienti senza uno studio preoperatorio completo del colon deve essere eseguita appena possibile, entro 6-12 mesi dall’intervento. Nei pazienti in cui l’esame evidenzia un colon indenne, esso va ripetuto a un anno dall’intervento poi dopo tre anni e quindi ogni cinque anni. Inoltre vi può essere indicazione a eseguire una rettoscopia ogni sei mesi per i primi 2-3 anni dalla chirurgia. FOLLOW-UP Nei pazienti affetti da neoplasia del retto in stadio iniziale (T1-T2 N0-stadio I) sottoposti a trattamento convenzionale non vi sono evidenze che un follow-up intensivo determini il miglioramento della sopravvivenza. Viceversa nei pazienti che seppure allo stadio iniziale (T1 con fattori patologici avversi, T2) vengono sottoposti a escissione locale associata a terapia adiuvante (radio o radio-chemioterapia preoperatoria o postoperatoria) può essere opportuno un followup intensivo finalizzato alla diagnosi precoce di recidiva locale dove la chirurgia di salvataggio è curativa in più del 50% dei casi (18-21). Nonostante il trattamento multimodale del tumore primitivo, circa il 30% dei pazienti con cancro del retto localmente avanzato presentano una ripresa di malattia. L’obiettivo principale di un programma di sorveglianza è rappresentato dalla diagnosi precoce della ripresa di malattia; tale comportamento ha un significato clinico solo se porta a un aumento della sopravvivenza. Negli ultimi anni, a seguito di revisioni sistematiche, è risultato un incremento di sopravvivenza stimato tra il 7% e il 13% per i pazienti che praticano un programma di sorveglianza più intensivo rispetto ai pazienti che praticano un programma di minima o non praticano alcun tipo di follow-up. L’incremento di sopravvivenza è stato attribuito alla diagnosi precoce della ripresa di malattia soprattutto se solitaria. Poiché le recidive locali o a distanza sono più frequenti nei primi tre anni dalla chirurgia, è ragionevole proporre un follow-up più intensivo in tale periodo. 430 IL CANCRO DEL RETTO TC addome-pelvi con contrasto ogni sei mesi per i primi tre anni, con estensione allo studio del torace ogni dodici mesi fino a tre anni dalla chirurgia. L’ecografia può sostituire la TC se usato mezzo di contrasto ecografico specifico e in caso di difficoltà logistiche. Dopo il terzo anno è consigliabile una ecografia epatica semestrale fino al quinto anno e successivamente con cadenza annuale fino al settimo-ottavo anno. La RM della pelvi con mdc o dell’addome superiore con mdc epatospecifico trova indicazione solo in caso di reperti sospetti alla TC. La PET con FDG nel follow-up del cancro del retto può essere indicata in caso di sospetta recidiva strumentale (finalizzato alla ristadiazione di malattia preoperatoria) e in caso di incremento progressivo di CEA non associato a segni radiologici di recidiva della malattia (195-200). APPENDICE 1. 431 IL CANCRO DEL RETTO diagnosis and management. Fam Cancer 2008;7:27–39. 11) Johnson I T, Lund E K. Review article: nutrition, obesity and colorectal cancer. Aliment Pharmacol Ther. 2007;26:161–181. 12) Zisman A L, Nickolov A, Brand R E, Gorchow A, Roy H K. Associations between the age at diagnosis and location of colorectal cancer and the use of alcohol and tobacco: implications for screening. 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Anno III, 2012 Numero 1 I tumori della vescica. Numero 2 Trend di mortalità per cause in Umbria. 1994-2010. Numero 3-4 I tumori delle alte vie aereo-digestive. supplemento 1 VIDEO. Tavola rotonda: La sanità pubblica in Umbria. Opinioni e prospettive. Numero 2 Incidenza del cancro in Umbria. 2007-2009. supplemento 2 PSA: to screen or not to screen. Parte B. Convegno – Città di Castello 24 novembre 2012. Numero 5 Ambiente e salute. Qualità dell’aria e prevenzione. Convegno – Perugia 25 febbraio 2012. Numero 4-5 • Attività oncologica della Clinica Dermatologica del Policlinico Universitario di Terni. • I dati 2008-2011 del Sistema di sorveglianza PASSI sugli screening in Umbria. • La prevenzione ambientale e gli esposti. Numero 6 • Screening mammografico. Gestire la complessità per guadagnare in salute. Convegno – Perugia 8-9 marzo 2012. • La georeferenziazione nella registrazione dei tumori: approccio metodologico e prospettive di studio. XVI Riunione scientifica annuale AIRTUM. Como 29-31 marzo 2012. supplemento 2 VIDEO. Tavola rotonda: Medicina predittiva e sanità pubblica. Numero 6 Il cancro dell’endometrio Numero 7 I tumori dell’ovaio. Numero 7-8 • PSA e screening per il carcinoma prostatico: le criticità viste dall’anatomopatologo. • EAU guidelines. Prostate cancer 2013. Numero 8-9 La geografia del cancro in Umbria: incidenza 19782008 Numero 3 Seminari della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva (10/12/2012 e 10-11/01/2013). Numero 10-11 I tumori multipli in Umbria. 1994-2008. Numero 12 • La Rete Regionale Oncologica dell’Umbria. • Comunicazioni del RTUP al 45° Congresso Nazionale SItI, S. Margherita di Pula, 3-6 ottobre 2012. • Il potenziale di salute del comune. 444 CANCERSTAT UMBRIA, ANNO IV NO.9 CancerStat Umbria CancerStat Umbria ISSN 2039-814X Anno I, 2010 Anno II, 2011 Numero 1 Mortalità per cause nelle ASL dell’Umbria. 20052009. Numero 0 Le statistiche del cancro e della mortalità in Umbria. Numero 2 Anni di vita potenziale persi (YPLL) in Umbria. 1995-1999 e 2005-2009. Numero1 • Ultime pubblicazioni dei collaboratori del RTUP. • Technology assessment della metodica di prelievo e di preparazione della citologia in fase liquida (LBC – Liquid Based Citology) …… Numero 3-4 Il cancro della prostata. Numero 5 • Ciò che bisogna sapere per decidere se sottoporsi allo screening per il cancro della prostata. • Partecipazione al IV round dello screening citologico della AUSL 2 dell’Umbria. Numero 6 Il cancro del rene. Numero 2 L’incidenza del cancro in Umbria, 2006-2008. Numero 3 • Il Registro Rumori Infantili UmbroMarchigiano. • La ricerca dei tumori professionali nell’ambito del progetto OCCAM. Numero 4 Il quadro epidemiologico per la programmazione della prevenzione oncologica regionale in Umbria. Numero 7 Fumo o salute. I sessione. Numero 8 I tumori della tiroide. Numero 5 Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010. Numero 9 Fumo o salute. II e III sessione. Numero 6 • Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria. Perugia 28/29 ottobre 2010. • Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione clinica del carcinoma della tiroide di origine follicolare: cosa dicono le linee guida? Numero 10 GISCoR. I sessione. Numero 11 GISCoR. II sessione. Numero 12 Il cancro del pene e del testicolo. Numero 7 Neoformazioni della cute e del cavo orale. Melanoma. Terni 13.11.2010 445 CANCERSTAT UMBRIA, ANNO IV NO.9 446